Un fante in rosso e nero! - Terra Nostra Onlus
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Giovanni Saitto<br />
<strong>Un</strong> <strong>fante</strong> <strong>in</strong> <strong>rosso</strong> e <strong>nero</strong>!<br />
Omaggio al soldato Placido Malerba,<br />
del 142° Reggimento Fanteria<br />
«Brigata Catanzaro»<br />
Presentazione di Mario Saccà<br />
Contributi di MARIO SACCÀ<br />
e<br />
ADOLFO ZAMBONI<br />
Edizioni del Poggio<br />
3
Ove sia santo e lagrimato<br />
il sangue per la Patria versato,<br />
e f<strong>in</strong>chè il sole<br />
risplenderà sulle sciagure umane.<br />
FRANCESCO GENTILE<br />
A tutti i «ragazzi» di Poggio Imperiale<br />
che,<br />
sui vari scenari di guerra,<br />
hanno donato<br />
il nome e il sangue alla Patria.<br />
5
PRESENTAZIONE<br />
Dopo ottantanove anni i coniugi Saitto hanno potuto rendere<br />
omaggio alla sepoltura di Placido Malerba, morto il 16 luglio 1917 a<br />
seguito di una grave ferita <strong>in</strong>fertagli dai suoi compagni della «Brigata<br />
Catanzaro», che si erano ribellati per difendere la speranza di vivere<br />
un po’ più a lungo dopo i massacri subiti nei lunghi mesi di permanenza<br />
<strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea sul Carso.<br />
Il volto del ventenne soldato di Poggio Imperiale è il primo che<br />
emerge dalle nebbie di una storia che ha ancora tanti aspetti oscuri,<br />
probabilmente non solo per caso.<br />
Gli storici di tutto il mondo hanno scritto su quella rivolta, l’unica<br />
nel nostro Esercito con armi alla mano.<br />
Non scoppiò improvvisamente, ma fu preceduta da eventi che maturarono<br />
le condizioni per l’esplosione del profondo malessere che pervadeva<br />
l’animo dei soldati, <strong>in</strong> prevalenza provenienti dalle regioni del<br />
Sud del Paese, troppo lontani dai loro affetti e spesso consapevoli di<br />
essere il sostegno a volte <strong>in</strong>dispensabile delle famiglie.<br />
Tutti avevano fatto il proprio dovere tanto che la Brigata aveva avuto<br />
riconoscimenti importanti dai comandi italiani ed era stimata e temuta<br />
dai soldati dell’esercito avversario. Nella letteratura austriaca della<br />
Guerra fu def<strong>in</strong>ita una «Sehr Gut Brigaten» (una ottima brigata), peraltro<br />
anche molto temuta, specie nei combattimenti corpo a corpo.<br />
1 - L’INCHIESTA PARLAMENTARE SU CAPORETTO E LE FUCILAZIONI<br />
A pag<strong>in</strong>a 367 par. 415 del II volume della Commissione Parlamentare<br />
d’Inchiesta su Caporetto, nel capitolo dedicato all’analisi dei modi <strong>in</strong><br />
cui venne applicato il regime penale durante lo svolgimento della<br />
guerra, è scritto:<br />
«Tra i motivi più frequenti di ammut<strong>in</strong>amenti e di rivolte sono state<br />
ricordate le promesse di periodi di licenza che qualche comandante, anche di<br />
grado elevato, faceva alle truppe e che poi le circostanze impedivano<br />
di mantenere.<br />
Per motivi di tal genere si ribellarono nel maggio del 1917 (la data<br />
corretta è il 15 - 16 luglio. Nel testo vi è un errore evidente, ndr) reparti<br />
7
della Brigata Catanzaro, che pure era considerata come ottima, giacché<br />
le bandiere dei reggimenti (141° e 142°, ndr) erano entrambe decorate:<br />
con l’oro il 141°, con l’argento il 142°.<br />
La rivolta durò dalle 10 di sera f<strong>in</strong>o al matt<strong>in</strong>o successivo e fu domata<br />
soltanto con l’<strong>in</strong>tervento della cavalleria e delle automitragliatrici. Molti<br />
dei colpevoli furono immediatamente fucilati.<br />
In tale circostanza fu lamentato che <strong>in</strong>dulgenze passate non avessero<br />
tempestivamente richiamato l’attenzione di chi poteva per taluni <strong>in</strong>dizi<br />
prevedere, e con opportune misure evitare, i tristi fatti; e fu altresì riconosciuto<br />
che la truppa era stanca e logora dalle fatiche sopportate, mentre<br />
il Comando supremo ne ignorava lo spirito, forse perché non vi era<br />
stata completa s<strong>in</strong>cerità di referti al riguardo.»<br />
Con poche parole si è fatto cenno ad un complesso di problemi la<br />
cui conoscenza ancora oggi, trascorsi novanta anni, è assolutamente<br />
<strong>in</strong>completa, come lo è la storia delle tante fucilazioni e delle esecuzioni<br />
sommarie, delle quali non si conobbero tutti i casi: molti rimasero, come<br />
gran parte dei caduti, «ignoti».<br />
Sono migliaia le sentenze dei Tribunali Militari, mai esam<strong>in</strong>ate,<br />
giacenti presso l’Archivio Centrale dello Stato. Nessuno conoscerà<br />
quanti sono stati gli uccisi da «fuoco amico», spesso solo per affermare<br />
un ist<strong>in</strong>to di potenza, <strong>in</strong>controllato ed <strong>in</strong>controllabile da qualsiasi<br />
autorità responsabile, da affermare est<strong>in</strong>guendo <strong>in</strong>giustamente la vita<br />
di un sottoposto.<br />
La questione delle esecuzioni sommarie e delle decimazioni emerse<br />
durante i lavori della Commissione Parlamentare d’Inchiesta su Caporetto.<br />
La polemica politica che ne seguì fu molto forte, soprattutto da<br />
parte dei socialisti, attraverso una <strong>in</strong>tensa campagna di stampa sul loro<br />
giornale L’Avanti!<br />
Era il 1919, la guerra era f<strong>in</strong>ita e se ne scoprivano gli aspetti ignoti<br />
alla generalità dei cittad<strong>in</strong>i.<br />
La censura vigente <strong>in</strong> tempo di guerra, esercitata sui giornali e anche<br />
sulle comunicazioni private dei militari, aveva ottenuto il silenzio su<br />
molte vicende, molte delle quali dal profilo molto <strong>in</strong>certo rispetto alla<br />
corretta applicazione del Codice Penale Militare.<br />
Sulla prima pag<strong>in</strong>a dell’organo ufficiale del PSI furono pubblicate<br />
numerose testimonianze che denunciavano episodi legati ad abusi<br />
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commessi da ufficiali di grado diverso verso i propri soldati che ven<strong>nero</strong><br />
uccisi, talvolta assass<strong>in</strong>ati, trovando copertura nelle disposizioni del<br />
generale Cadorna <strong>in</strong> materia di discipl<strong>in</strong>a militare ed anche, <strong>in</strong> qualche<br />
caso, il suo plauso (come quello fatto al colonnello Thermes dopo la<br />
prima decimazione subita dalla «Brigata Catanzaro» il 28 maggio 1916,<br />
giorno seguente al vittorioso scontro di Monte Mosciagh).<br />
Non si conobbe mai il numero vero delle vittime delle esecuzioni<br />
sommarie: per le fonti ufficiali fu di 152, mentre per i socialisti era stato<br />
di un migliaio.<br />
L’<strong>in</strong>chiesta si concluse con un giudizio che costituì «un vero e proprio<br />
falso storico» e la scelta di dare l’immag<strong>in</strong>e di un esercito «governato<br />
con spirito paterno» con «un regime discipl<strong>in</strong>are mite ed umano se non<br />
vi fossero stati gli eccessi, peraltro episodici, dei due pr<strong>in</strong>cipali geni/<br />
demoni del conflitto, Cadorna e Capello.» (cfr. Pluviano e Guerr<strong>in</strong>i, Le<br />
fucilazioni sommarie nella Prima Guerra Mondiale).<br />
Eppure l’organo parlamentare si era anche avvalso della relazione<br />
dell’avvocato generale dell’Esercito Donato Antonio Tommasi, oggi<br />
reperibile a Milano presso il Museo del Risorgimento, che esam<strong>in</strong>ò<br />
numerosi carteggi del cessato Reparto discipl<strong>in</strong>a e, pur avendo richiesto<br />
al Comando Supremo di collaborare ed approfondire l’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e, non<br />
ebbe molto sostegno.<br />
Tuttavia presentò le sue conclusioni ed <strong>in</strong>dicò una serie di casi <strong>in</strong><br />
base ai quali espresse giudizi sull’applicazione del Codice Penale<br />
Militare <strong>in</strong> tempo di guerra: fu corretta <strong>in</strong> un numero limitato di casi<br />
(circa ventuno vittime) e illegittima negli altri (duecentodieci vittime).<br />
Il giudizio di Tommasi fu negativo sul vecchio sistema discipl<strong>in</strong>are<br />
italiano e sulla eccessiva severità imposta da Cadorna con sue circolari<br />
che ebbero effetto analogo a quello delle leggi, pur essendo un abuso di<br />
potere mai contrastato o sottoposto a controllo da parte del Re o del<br />
Governo.<br />
Il tempo che gli era stato concesso non consentiva altre possibilità<br />
sicché Tommasi propose il prolungamento dell’<strong>in</strong>chiesta, che non venne<br />
concesso. Le conclusioni dell’organo parlamentare non furono, perciò,<br />
particolarmente rilevanti.<br />
«L’amnistia dei disertori» promulgata nel 1919 non restituì la libertà<br />
a tutti i condannati dai Tribunali Militari di Guerra, come sottol<strong>in</strong>eò<br />
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ipetutamente il quotidiano del PSI L’Avanti! per smentire le affermazioni<br />
della stampa di destra. Nel periodo tra le due guerre, diverse<br />
migliaia di soldati che non si erano macchiati di delitti di sangue, cont<strong>in</strong>uarono<br />
a languire nelle carceri militari italiane.<br />
In sostanza nel complesso non emerse una «giustizia giusta» nei casi<br />
<strong>in</strong> cui sarebbe stato corretto applicarla.<br />
Per chi vuole approfondire la conoscenza dell’<strong>in</strong>tera problematica<br />
r<strong>in</strong>vio ai libri ed ai documenti citati .<br />
F<strong>in</strong>o al 1968, data di pubblicazione del libro di Forcella e Monticone<br />
«Plotone di esecuzione», non si affrontò più l’argomento. Le famiglie non<br />
ne ebbero conoscenza perché le notizie sulla morte dei loro cari era<br />
pervenuta occultando la verità. Nelle lettere che il M<strong>in</strong>istero della Guerra<br />
aveva <strong>in</strong>viato si comunicava che il militare era caduto <strong>in</strong> combattimento,<br />
o era disperso. Durante le mie ricerche ho reperito numerosi documenti<br />
di questo tipo, riguardanti sia le vittime di fucilazioni che gli uccisi dai<br />
loro compagni durante la rivolta della Catanzaro.<br />
Fu così anche per Placido Malerba. Nessuno, pertanto, ebbe motivo<br />
per guardare dentro le cose e sapere cosa era successo.<br />
Giovanni Saitto, nel testo che ha elaborato, racconta che cosa avvenne<br />
a Santa Maria la Longa nella notte fra il 15 e il 16 luglio 1917: vi furono<br />
undici vittime dei rivoltosi e ventotto fucilati. Altre quattro fucilazioni<br />
furono eseguite nei giorni successivi a San Canziano d’Isonzo.<br />
I motivi non sono ancora chiari e fanno parte della ricerca <strong>in</strong> corso<br />
che dovrebbe stabilire se vi fu una componente politica nella rivolta,<br />
che alcune relazioni <strong>in</strong>viate al Comando Supremo, confermate da<br />
giornalisti ad esso vic<strong>in</strong>o come R<strong>in</strong>o Alessi, affermano.<br />
Oppure si trattò solo di un moto dovuto alle condizioni terribili nelle<br />
quali si trovarono quei soldati, come affermano le fonti socialiste ed<br />
almeno una delle relazioni delle quali ho scritto, collegate alla speranza<br />
di essere <strong>in</strong>viati <strong>in</strong> una zona dove i combattimenti erano meno pericolosi<br />
come il Trent<strong>in</strong>o. I dati rilevabili dalla pubblicazione del M<strong>in</strong>istero della<br />
Guerra «Brigate di Fanteria» dimostrano come su quella zona del fronte<br />
si moriva molto di meno rispetto al mattatoio del Carso.<br />
I soldati ne erano a conoscenza e la loro richiesta era, perciò, motivata.<br />
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2 - LA STORIA DELLA MIA RICERCA<br />
Il 6 novembre 2003 scrissi su La Gazzetta del Sud, nella pag<strong>in</strong>a cittad<strong>in</strong>a,<br />
il mio primo articolo sulla «Brigata Catanzaro».<br />
Si sapeva poco su di essa, l’unica notizia circolante riguardava una<br />
generica fucilazione, assunta come motivo per affermare che … tanto<br />
vabbé … non era stata un buon esempio per ricordarne la storia.<br />
Tuttavia <strong>in</strong> uno dei quartieri nuovi era stata dedicata una via «Brigata<br />
Catanzaro».<br />
Se l’amm<strong>in</strong>istrazione comunale aveva fatto quella scelta ci doveva<br />
pur essere qualche buona ragione!<br />
Dopo diverse ricerche <strong>in</strong> biblioteca, sui giornali degli anni della<br />
Grande Guerra e su quelli del 1933, data dell’<strong>in</strong>augurazione del nostro<br />
Monumento ai Caduti, opera dello scultore calabrese Michele Guerrisi,<br />
v<strong>in</strong>citore del concorso nazionale appositamente <strong>in</strong>detto, ebbi la conv<strong>in</strong>zione<br />
che il 141° e 142° Reggimento Fanteria erano stati fra quelli più<br />
eroici e decorati del conflitto.<br />
Il primo aveva ottenuto la Medaglia d’Oro alla bandiera, il secondo<br />
quella d’Argento, entrambe custodite a Roma presso il Museo della<br />
Fanteria di Via Santa Croce <strong>in</strong> Gerusalemme. Il vessillo di epoca<br />
repubblicana ed il puntale, orig<strong>in</strong>ale, con l’elenco delle battaglie sono<br />
visibili nel Museo del Vittoriale, che ha sede all’<strong>in</strong>terno dell’Altare della<br />
Patria.<br />
La stampa locale, specie La Giov<strong>in</strong>e Calabria e Il Potere, riportavano<br />
numerose notizie sulle gesta della Brigata, oltre a lettere di suoi componenti<br />
e necrologi dei caduti.<br />
L’11 novembre 1933, giorno dell’<strong>in</strong>augurazione del Monumento, il<br />
Podestà davanti al Re Vittorio Emanuele III, venuto per presenziare<br />
all’<strong>in</strong>augurazione della bella opera di Guerrisi, esaltò l’eroica brigata<br />
che portava il nome di Catanzaro, città da dove erano partite altrettanto<br />
eroiche unità come le Brigate Brescia e Ferrara. Tutte e tre, combattendo<br />
<strong>in</strong>sieme, avevano conquistato le quattro cime del San Michele quando<br />
era stata presa Gorizia.<br />
Anche la Società Meridionale Elettrica, nel consegnare un contributo<br />
di c<strong>in</strong>quemila lire al comitato pro Monumento ai Caduti, aveva ricordato<br />
il leggendario 141° protagonista, con il 142°, di epiche battaglie.<br />
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Il Re era lì, sul palco eretto nel mezzo della grande piazza pr<strong>in</strong>cipale,<br />
forse perché «motu proprio» aveva decorato con l’oro la bandiera del<br />
141° Reggimento e la sua presenza accresceva e confermava il significato<br />
della decisione.<br />
Non erano necessarie altre conferme, con quella documentazione la<br />
vicenda assumeva contorni molto diversi da quelli della vulgata: la<br />
fucilazione si collocava <strong>in</strong> un contesto che non r<strong>in</strong>negava il valore della<br />
Catanzaro.<br />
Decisi di acquisire altre notizie: <strong>in</strong> biblioteca trovai la copia del libro<br />
scritto dal capitano Adolfo Zamboni «Il 141° Fanteria nella Grande<br />
Guerra», arricchita da una lettera del Duca D’Aosta, comandante della<br />
3ª Armata durante la Guerra, stampato nel 1933, <strong>in</strong> seconda edizione,<br />
da Guido Mauro, editore e ufficiale della Brigata (la prima edizione era<br />
stata pubblicata a Padova da Draghi).<br />
La ristampa era una scelta puntuale, fatta per esaltare l’<strong>in</strong>augurazione<br />
del Monumento ai Caduti.<br />
Dai Musei Civici di Trieste mi spedirono la pubblicazione di «Fasti<br />
della 3ª Armata, La Brigata Catanzaro» a cura dello stabilimento Tipografico<br />
Capr<strong>in</strong>i, 1919.<br />
In più la riproduzione della cartol<strong>in</strong>a della lapide che era stata affissa<br />
nella Caserma Oberdan di Trieste nel 1919, dove la nostra unità venne<br />
probabilmente ospitata dopo la f<strong>in</strong>e del conflitto.<br />
Il nome del martire triest<strong>in</strong>o ricorreva spesso nella pubblicistica<br />
calabrese, segno evidente che il Risorgimento ed i valori nazionali erano<br />
molto presenti nel dibattito politico e culturale del nostro Sud e<br />
costituivano uno dei motivi fondanti del consenso alla Guerra.<br />
Il libro del colonnello Basilio Di Mart<strong>in</strong>o «La guerra della Fanteria», le<br />
cui fonti pr<strong>in</strong>cipali sono i diari storici del 141° e 142° Fanteria, completò<br />
la prima documentazione.<br />
Scrissi l’articolo cui ho fatto cenno all’<strong>in</strong>izio di questo racconto. Dopo<br />
la pubblicazione ricevetti due telefonate da Catanzaro, nelle quali si<br />
metteva ancora <strong>in</strong> evidenza la storia della decimazione, che apriva e<br />
concludeva un giudizio, ahimè, <strong>in</strong>fondato da parte dei miei <strong>in</strong>terlocutori.<br />
Fui molto sorpreso quando, alzando il telefono, sentii: «sono Zamboni,<br />
telefono da Padova, mi congratulo per l’articolo sulla Brigata Catanzaro.»<br />
Non era l’autore del libro che ho citato, ma il nipote ed omonimo<br />
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<strong>in</strong>gegner Adolfo, custode e valorizzatore delle memorie dello zio al<br />
quale il pezzo di Gazzetta del Sud era stato spedito da un suo amico di<br />
Crotone.<br />
Era una co<strong>in</strong>cidenza? Forse non casuale, se penso a tutto ciò che è<br />
successo <strong>in</strong> seguito.<br />
Da quella prima conversazione sono nate due cose: l’amicizia e la<br />
ricerca comune che ha riportato la Brigata all’attenzione di un vasto<br />
pubblico e di molte Istituzioni: dalla Presidenza della Repubblica, ai<br />
Comuni dove era nata ed aveva combattuto.<br />
Lungo il camm<strong>in</strong>o altri <strong>in</strong>contri hanno <strong>in</strong>dicato la strada da percorrere<br />
per recuperare immag<strong>in</strong>i e ricordi di eventi e di uom<strong>in</strong>i. Non ho mai<br />
avuto <strong>in</strong>dicazioni sbagliate dalle persone o seguendo l’ist<strong>in</strong>to che mi<br />
ha portato <strong>in</strong> alcuni luoghi e non <strong>in</strong> altri.<br />
Questo libro ne è la testimonianza più vera e significativa.<br />
3 - INCONTRI ED EVENTI DAL 2004 AD OGGI<br />
Nel febbraio 2004 tornai al sacrario del San Michele che avevo visitato<br />
qualche anno prima: allora, entrando, ero stato colpito dalla fotografia<br />
del capitano Ettore Vitale, medaglia d’argento della Brigata Ferrara<br />
morto a ventisei anni il 25 novembre 1915; la sua memoria era ben<br />
presente nel luogo del suo sacrificio.<br />
La seconda visita fu meno fortunata, il piccolo Museo era chiuso per<br />
ristrutturazione. I reperti erano stati depositati nel Museo della Guerra<br />
di Gorizia.<br />
Scattata qualche fotografia ai cimeli del piazzale, agli obelischi ed<br />
alle lapidi che ricordavano anche la partecipazione della Catanzaro alla<br />
presa delle cime del San Michele, tornai verso San Mart<strong>in</strong>o del Carso.<br />
Fermai la macch<strong>in</strong>a vic<strong>in</strong>o ad un sentiero con alberi e arbusti. In<br />
questi posti a volte si vede qualche pezzo di tr<strong>in</strong>cea, una galleria o si<br />
trova qualche scheggia, frammento degli scontri fra gli opposti eserciti.<br />
Mi <strong>in</strong>camm<strong>in</strong>ai e dopo qualche dec<strong>in</strong>a di metri notai dei cippi <strong>in</strong><br />
cemento: ricordavano le Divisioni e le Brigate che avevano combattuto<br />
fra le cime uno e due del monte; c’era anche quello della Brigata<br />
Catanzaro: non l’avrei mai immag<strong>in</strong>ato! Ebbi la sensazione di essere<br />
stato guidato nel decidere quella sosta, forse dovevo ritrovare quel<br />
piccolo manufatto che si faceva presente a me, abitante della città che<br />
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ecava lo stesso nome <strong>in</strong>ciso sul cippo. Per di più avevo scritto la storia<br />
di quei soldati. Le tr<strong>in</strong>cee, nelle quali avevano vissuto i tragici eventi,<br />
erano lì, visibili, anche se riempite con i sassi. «Stavo camm<strong>in</strong>ando sui<br />
passi della storia»: come si dice nella comunicazione di History Channel.<br />
In un attimo il tempo colmò un vuoto di quasi novanta anni<br />
co<strong>in</strong>volgendomi <strong>in</strong> una comprensibile emozione. Intanto la neve<br />
<strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a cadere e non fu facile tornare sui miei passi.<br />
L’immag<strong>in</strong>e fotografica del cippo sono visibili <strong>in</strong> questo libro e sul<br />
sito di cimeetr<strong>in</strong>cee, punto di riferimento fondamentale <strong>in</strong> tutta la storia<br />
che racconto: anche Giovanni Saitto è arrivato a me e Giulia Sattolo<br />
consultandolo.<br />
Tornai <strong>in</strong> quei luoghi nel luglio dello stesso anno facendo un lungo<br />
giro che comprese Gorizia, Ud<strong>in</strong>e e Palmanova.<br />
Avrei voluto trovare documentazioni sulla rivolta del 15 - 16 luglio<br />
1917 che aveva provocato la fucilazione di ventotto soldati della Brigata<br />
Catanzaro e saperne di più sulla «fossa comune» nella quale, «senza<br />
nome», erano stati gettati i cadaveri dei decimati.<br />
Santa Maria la Longa era l’<strong>in</strong>dispensabile punto di riferimento per<br />
l’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e. Al Comune la consultazione dei registri non fornì alcuna<br />
notizia. Appresi che i documenti, un tempo raccolti <strong>in</strong> una cartella, erano<br />
stati sottratti e f<strong>in</strong>iti chissà dove. Neppure nei registri parrocchiali vi<br />
erano annotazioni.<br />
Tuttavia una gentile addetta all’anagrafe telefonò al conte Anton<strong>in</strong>o<br />
di Colloredo Mells, conoscitore profondo della storia del paese, erede<br />
di colui che la sera della ribellione ospitava D’Annunzio; contro la sua<br />
villa avevano sparato i soldati ammut<strong>in</strong>ati <strong>in</strong>dividuando nel vate il<br />
simbolo dell’esaltazione della guerra. Il poeta non aveva serbato rancore<br />
ed era stato presente all’esecuzione dei soldati scrivendo l’unica testimonianza<br />
completa che possiamo leggere nel Libro Ascetico della Giov<strong>in</strong>e<br />
Italia sotto il titolo «Cantano i morti con la terra <strong>in</strong> bocca e le carene valicano<br />
i monti».<br />
Le notizie che contiene non sono tutte esatte, ma l’emozione e la<br />
pietà per il tragico evento sono ben espresse. Non si percepiscono<br />
critiche all’apparato militare che D’Annunzio, estensore di poesie al Re<br />
ed a Cadorna, non avrebbe mai sottoscritto.<br />
Bisognerebbe soffermarsi nell’esame del testo, molto diretto verso i<br />
14
contad<strong>in</strong>i del Sud per concludere con un’osservazione fondamentale: i<br />
simboli odierni di quella Guerra sono loro, il v<strong>in</strong>citore fu Diaz, colui<br />
che scrisse e musicò la «Leggenda del Piave» fu E. A. Mario 1 , tutti napoletani!<br />
Ma quale coscienza ne ha il nostro amato Sud? Che cosa recupera,<br />
attualizza e valorizza del sacrificio di quegli uom<strong>in</strong>i, partiti da questa<br />
parte d’Italia per andare a combattere lassù, <strong>in</strong> un’altra parte d’Italia<br />
per affermarne l’<strong>in</strong>dipendenza e l’unità? Questo, per me, è lo scopo<br />
fondante della ricerca e del recupero della memoria che è memoria<br />
storica, della vita di uom<strong>in</strong>i e delle loro comunità, di ciò che si pensava<br />
e si sarebbe voluto motivando la partecipazione al Conflitto.<br />
Noi non abbiamo le tr<strong>in</strong>cee, né i monti dove erano i nostri soldati,<br />
ma dobbiamo ricostruire il contesto generale degli eventi e farne oggetto<br />
di recupero dei valori che lo sottesero, che sono parte determ<strong>in</strong>ante<br />
della nostra identità.<br />
Certamente furono molti coloro che non andarono volentieri a fare<br />
il loro dovere, ma lo fecero f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo: anche i decimati e gli uccisi di<br />
Santa Maria la Longa erano stati valorosi, se è vero che le medaglie<br />
furono affisse sulle bandiere dei loro Reggimenti.<br />
Il conte di Colloredo mi raccontò le memorie che conservava. Poi<br />
volle farmi conoscere Giulia Sattolo, studentessa della facoltà di Storia<br />
dell’<strong>Un</strong>iversità di Ud<strong>in</strong>e, che aveva avuto assegnata la tesi sulla rivolta<br />
della quale mi stavo occupando.<br />
Dopo il cippo ecco un altro evento importante per la ricerca.<br />
Il giorno dopo andai al cimitero del paese per visitare il luogo della<br />
decimazione narrata da Gabriele D’Annunzio.<br />
1 - Pseudonimo di Ermete Giovanni Gaeta, il futuro E(rmes) A(lessandro)<br />
Mario, autore della «Leggenda del Piave» - oltre che di molte altre famosissime<br />
canzoni («Santa Lucia luntana», l’<strong>in</strong>comparabile dramma dell’emigrante;<br />
«Rosse rosse»; «O’ paese dò sole» e la «Marcia d’ord<strong>in</strong>anza della Mar<strong>in</strong>a»)<br />
nacque a Napoli il 5 maggio del 1884 e fu tra i protagonisti della generazione<br />
degli anni detti della «Vittoria». <strong>Un</strong> m<strong>in</strong>istro del tempo affermò che «la<br />
Leggenda del Piave giovò alla riscossa nazionale molto più di un generale, e valse a<br />
dare nuovo coraggio ai soldati, quanto mai demoralizzati per la ritirata di Caporetto».<br />
E. A. Mario morì nella città partenopea il 24 giugno del 1961.<br />
15
Vi tornai anche il giorno dopo per lasciare ai piedi del muro un fiore<br />
artificiale ed un biglietto, visibile su cimeetr<strong>in</strong>cee, <strong>in</strong> memoria di quei<br />
morti e delle loro vittime.<br />
In seguito andai a San Mart<strong>in</strong>o del Carso, Bosco Cappuccio, le tr<strong>in</strong>cee<br />
del Groviglio passano lì dove aveva combattuto la Brigata Catanzaro<br />
ed erano caduti alcuni dei suoi ufficiali, fra i quali il colonnello Arturo<br />
Cassoli, primo comandante del 142°, orig<strong>in</strong>ario di Ferrara, ma sposato<br />
nella mia città.<br />
A questo punto era necessario riportare la memoria e le conoscenze<br />
all’attenzione dei catanzaresi. Organizzai, con il consenso del Comune,<br />
un convegno con le presenze dei maggiori scrittori della storia della<br />
nostra unità: Di Mart<strong>in</strong>o, Pluviano e Guerr<strong>in</strong>i, Zamboni e <strong>in</strong> più il<br />
professor Chiara dell’<strong>Un</strong>iversità di Mess<strong>in</strong>a per l’<strong>in</strong>quadramento delle<br />
vicende nel nostro contesto storico.<br />
Venne anche Giulia Sattolo. Cimeetr<strong>in</strong>cee curò la parte fotografica e<br />
multimediale, come si può vedere sul sito ideato e gestito da Daniele<br />
Girard<strong>in</strong>i, un veneziano che, come noi, ama profondamente uom<strong>in</strong>i ed<br />
eventi di quegli anni.<br />
<strong>Un</strong>a bella mostra con documenti assolutamente <strong>in</strong>editi completò le<br />
manifestazioni, uniche del Mezzogiorno, per la celebrazione dei novanta<br />
anni dall’<strong>in</strong>izio del conflitto.<br />
Da allora la Brigata Catanzaro è stata la protagonista di <strong>in</strong>iziative<br />
importanti, <strong>in</strong>teramente descritte nel sito che ho già citato.<br />
I ragazzi delle scuole sono stati ad Asiago, nella circostanza sul<br />
Monte Mosciagh venne <strong>in</strong>augurato un cippo <strong>in</strong> memoria della Brigata,<br />
ideato e realizzato da Daniele Girard<strong>in</strong>i e Adolfo Zamboni. Il viaggio è<br />
proseguito a Gorizia e Santa Maria la Longa, dove i nostri studenti hanno<br />
portato una corona di fiori <strong>in</strong> memoria <strong>in</strong> quel cimitero contro il cui<br />
muro il Municipio ha fatto affiggere una targa che ricorda i ventotto<br />
fucilati.<br />
Nell’ottobre del 2005 si è svolto un convegno, organizzato dal<br />
Comune di Santa Maria, durante il quale sono emerse le ultime documentazioni<br />
trovate e riguardanti la rivolta.<br />
A Gorizia nel febbraio u.s. nell’<strong>in</strong>contro a più voci, organizzato dalla<br />
Prov<strong>in</strong>cia e presieduto dal dottor Pierluigi Lodi, ho potuto fare il punto<br />
sulla storia della Brigata e le ricerche <strong>in</strong> corso.<br />
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Oggi posseggo altre <strong>in</strong>formazioni che permettono di ricostruire<br />
alcune battaglie (Mosciagh e Gorizia) ed anche le storie di alcuni<br />
protagonisti della ribellione del luglio 1917.<br />
Ho avuto la fortuna di avere le memorie di un soldato del 141°,<br />
Francesco Armogida, che visse vic<strong>in</strong>o Catanzaro, pubblicate sulla rivista<br />
Calabria Letteraria e su <strong>in</strong>ternet.<br />
Ho voluto raccontare l’<strong>in</strong>izio e il percorso compiuto, f<strong>in</strong> qui, della<br />
ricerca. È stata una rivelazione progressiva che nel libro <strong>in</strong> memoria di<br />
Placido Malerba trova il suo primo e più significativo compimento.<br />
Giovanni Saitto racconta il nostro <strong>in</strong>contro e lo scambio di notizie<br />
che l’ha portato a scrivere il testo. Oggi, grazie a Giulia Sattolo, conosciamo<br />
i nomi dei militari uccisi dai soldati <strong>in</strong> rivolta che lei ha trovato<br />
nei registri cimiteriali di Mereto di Capitolo, frazione di Santa Maria la<br />
Longa.<br />
Al term<strong>in</strong>e della Guerra i loro resti furono portati ad Ud<strong>in</strong>e, nella<br />
Chiesa di San Nicolò, dove i signori Saitto hanno potuto deporre un<br />
fiore sulla lapide di Placido Malerba.<br />
Le loro profonde emozioni descritte nel libro sono le mie, quelle di<br />
tutti noi che rendiamo omaggio alla valorosa memoria del giovane<br />
soldato, morto per essere stato fedele al suo dovere. Non è retorico<br />
esprimere commozione per averne potuto vedere il volto bello e sereno<br />
dei suoi venti anni. Omaggio e gratitud<strong>in</strong>e alla sua memoria.<br />
Assieme a lui giace un calabrese di Vallelonga, un paes<strong>in</strong>o montano<br />
delle Serre, che si chiamava V<strong>in</strong>cenzo Galati. Prima di morire nello stesso<br />
ospedale da campo numero 206, a causa dell’identico tipo di ferita, lo<br />
avevano processato per i fatti del Mosciagh e r<strong>in</strong>viato <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea.<br />
Era un contad<strong>in</strong>o, come la gran parte di quei soldati che erano stati<br />
<strong>in</strong>sieme eroi riconosciuti e decorati ma che, desiderosi di trovare una<br />
parte dei normali desideri di uom<strong>in</strong>i, si erano trovati a recitare parti<br />
contrapposte, sparandosi addosso.<br />
I parenti lontani di Galati sono emigrati <strong>in</strong> Canada. Ho comunicato<br />
ad uno di loro il ritrovamento della sepoltura. Mi auguro che possano<br />
visitarla, un giorno.<br />
<strong>Un</strong>’altra delle vittime, Luigi Trevisonne, era di Lucera, ma non ho<br />
altri dati.<br />
Anche i nomi di tre fucilati, e forse di un quarto, sono noti. Massimo<br />
17
Vitale, giornalista della RAI di Campobasso, ne ha trovato uno scrivendone<br />
nel libro «5000 croci».<br />
Di altri due, entrambi siciliani, ho r<strong>in</strong>tracciato le generalità leggendo<br />
i libri dei caduti pubblicato dal M<strong>in</strong>istero della Guerra <strong>in</strong>torno al 1928.<br />
Non ho notato né calabresi, né pugliesi fra i decimati. Può darsi,<br />
come ho verificato <strong>in</strong> altri casi, che non siano stati <strong>in</strong>seriti per mancanza<br />
di notizie. Solo la scoperta di qualche documento ufficiale potrà affermarlo<br />
o smentirlo.<br />
La ricerca proseguirà f<strong>in</strong>o a che, mi auguro presto, potremmo<br />
conoscere chi furono i protagonisti-vittime di quell’evento ancora oggi<br />
coperto da tanti misteri dovuti, anche, alla <strong>in</strong>spiegabile scomparsa di<br />
documenti importanti.<br />
Alcune notizie avute descrivono <strong>in</strong> modo terribile la decimazione:<br />
alcuni furono f<strong>in</strong>iti con la mitragliatrice o dagli ufficiali con le pistole.<br />
Non tutti erano, forse, responsabili perché dodici di loro erano stati<br />
sorteggiati uno ogni dieci. Gli altri sedici, come narrano le cronache,<br />
ven<strong>nero</strong> colti con le armi <strong>in</strong> mano.<br />
Ma le responsabilità più grandi, che emergono <strong>in</strong>teramente dalle<br />
relazioni note, non ven<strong>nero</strong> perseguite e furono scaricate su quei valorosi<br />
contad<strong>in</strong>i, pianti dal Poeta, che avevano già la stanchezza della morte,<br />
troppo a lungo loro compagna <strong>in</strong>separabile nelle lunghe giornate vissute<br />
<strong>in</strong> tr<strong>in</strong>cea.<br />
Nessuno dei diari o delle memorie f<strong>in</strong>o ad oggi note ha voluto dire<br />
di più.<br />
La mia speranza è che per ciascuno di loro sia possibile scrivere nome<br />
e cognome, conoscere il luogo dove riposano e ricostruire la loro storia.<br />
È una ricerca che si può compiere solo col cuore, con l’affetto che si<br />
deve avere per tutti loro e che ho provato e provo per Placido Malerba,<br />
primo fra i tornati alla vita ed alla memoria del nostro tempo.<br />
18<br />
Mario Saccà
PREFAZIONE<br />
In famiglia, sapevamo che, nel corso della Prima Guerra Mondiale,<br />
Placido Malerba, fratello del nonno paterno di mia moglie Primiana,<br />
donò la sua giovane vita alla Patria, ma oltre a questo strim<strong>in</strong>zito dato<br />
non eravamo a conoscenza di alcuna altra notizia: non sapevamo il luogo<br />
dove egli cadde e nemmeno dove venne sepolto. Eravamo completamente<br />
ignari della triste sorte occorsa al nostro soldato.<br />
Agli <strong>in</strong>izi del 2006, durante gli studi che stavo conducendo sui militari<br />
terranovesi caduti nei vari conflitti, capitolo <strong>in</strong>serito nel libro fotografico<br />
«L’album dei ricordi», ho ritrovato la dichiarazione di morte di Placido<br />
Malerba, redatta dal tenente medico Guido Valletti, <strong>in</strong> servizio a Santa<br />
Maria la Longa presso l’ospedale da campo N° 206, il giorno della dipartita<br />
del giovane <strong>fante</strong> terranovese.<br />
A questo punto la curiosità si è fatta strada: avendo a portata di<br />
mano seppur un m<strong>in</strong>imo <strong>in</strong>dizio, ho <strong>in</strong>iziato a scovare su «quel mondo<br />
villaggio» che è <strong>in</strong>ternet, cosa e quale avvenimento fosse legato alla<br />
cittad<strong>in</strong>a di Santa Maria la Longa, <strong>in</strong> quel di Ud<strong>in</strong>e. Venni a conoscenza<br />
di un caso di ammut<strong>in</strong>amento partito dalla 6ª Compagnia del 142°<br />
Reggimento Fanteria «Catanzaro», una tra le più valorose Brigate del<br />
nostro Esercito durante la Grande Guerra, proprio nel giorno immediatamente<br />
precedente la morte dello zio Placido.<br />
Sorpreso dalla sconvolgente notizia, ho sentito il dovere di andare<br />
f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo all’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e e, grazie ad una segnalazione apparsa sul<br />
sito web cimeetr<strong>in</strong>cee, vengo a sapere che una studiosa di Santa Maria<br />
la Longa, Giulia Sattolo, per la sua tesi di laurea, si sta <strong>in</strong>teressando<br />
proprio alla vicenda della protesta dei fanti della «Catanzaro».<br />
Interpellai prontamente Giulia la quale, nel corso del nostro colloquio,<br />
mi parlò molto ampiamente ed accuratamente della vicenda<br />
accaduta nel suo paese nell’ormai lontano 15 luglio del 1917. Ascoltavo<br />
attentamente il racconto di Giulia, la quale soddisfaceva ogni mia<br />
domanda. Inf<strong>in</strong>e mi parlò di Mario Saccà di Catanzaro, anche lui <strong>in</strong>teressato<br />
e studioso delle vicende dell’eroica Brigata calabrese.<br />
Chiamai lo stesso giorno Mario Saccà, al quale mi presentai e illustrai<br />
i motivi della telefonata. Saccà, molto cordiale e disponibile, mi confermò<br />
che Placido Malerba era <strong>in</strong>quadrato nel 142° Fanteria e che il suo nome<br />
19
era riportato tra i soldati morti a causa della rivolta, ma non seppe<br />
<strong>in</strong>dicarmi la Compagnia di appartenenza dello sfortunato <strong>fante</strong><br />
terranovese, cosa peraltro non riportata neppure sulla copia del foglio<br />
matricolare rilasciatami dall’Archivio di Stato di Foggia.<br />
Comunque dal colloquio con Saccà un dato importante emerse: che<br />
Placido Malerba non apparteneva alla schiera dei rivoltosi, i quali<br />
ven<strong>nero</strong> fucilati all’alba del 16 luglio e sepolti <strong>in</strong> una fossa comune nel<br />
cimitero di Santa Maria la Longa. Si suppone che ai primi accenni della<br />
rivolta sia <strong>in</strong>tervenuto per sedare gli animi, ma fu colpito al basso ventre<br />
da fuoco amico e la ferita gli fu fatale.<br />
Lo zio Placido fu sepolto nel cimitero militare di Santa Maria la Longa;<br />
nel 1940 fu riesumato e i suoi resti furono traslati nella cripta della<br />
Parrocchia di San Nicolò, al Tempio Ossario di Ud<strong>in</strong>e, dove ora Egli è<br />
<strong>in</strong>umato <strong>in</strong> forma perenne nella tomba numero 4775.<br />
Sulla gelida pietra, di marmo auris<strong>in</strong>a, che chiude il sepolcro, è riportata<br />
la seguente lapidaria scritta: SOLDATO MALERBA PLACIDO.<br />
Non un fiore, non una data!<br />
Lo scopo primario di questo lavoro è stato quello di rievocare la<br />
figura di Placido Malerba, uno dei tanti giovani chiamati dallo Stato ad<br />
assolvere al proprio dovere di italiano, e conoscere più da vic<strong>in</strong>o la<br />
triste vicenda, che fu l’epilogo della sua breve vita terrena, occorsa al<br />
suo Reggimento di appartenenza.<br />
Il sacrificio di Placido non fu vano e, ora, non verrà più dimenticato<br />
perché dietro la sua morte si cela il sacro ideale che riesce a superare<br />
tante barriere concettuali: l’amore per la Patria.<br />
Nel concludere questa mia premessa sento il dovere di r<strong>in</strong>graziare<br />
quanti hanno fornito il proprio contributo per la realizzazione di questo<br />
lavoro: Giulia Sattolo per la disponibilità; Mario Saccà e Adolfo Zamboni<br />
per aver concesso i propri scritti; Libero Grifone per la cordialità e<br />
l’amico Pasquale Guidone, sottufficiale dell’Esercito Italiano, per le<br />
ricerche presso l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito.<br />
20<br />
Giovanni Saitto
Fanti del Carso, li ricordate i «rossi e i neri»<br />
della Catanzaro? 141° e 142°: i numeri sacri<br />
della Calabria eroica!<br />
Dalle spiagge solatie del mar Jonio, dai villaggi<br />
sperduti tra la Sila e l’Aspromonte, dalle città<br />
risorte sulle rov<strong>in</strong>e dei terremoti, questi figli<br />
della terra che prima ebbe il nome d’Italia,<br />
accorsero cantando nei lunghi treni <strong>in</strong>fiorati e<br />
imbandierati al fronte lontano.<br />
Ogni conquista fu battezzata nel loro sangue,<br />
ogni cimitero fu popolato dei loro morti e noi<br />
tutti, fanti del Carso, che sapevamo con quanta<br />
devozione ciascuno di voi recasse quel voto, vi<br />
ammiravamo, o eroi della Catanzaro.<br />
21
LA «BRIGATA CATANZARO»<br />
La Brigata «Catanzaro»<br />
nasce nei primi mesi del 1915<br />
nell’imm<strong>in</strong>enza della Prima<br />
Guerra Mondiale, ed era<br />
composta da due reggimenti<br />
di <strong>fante</strong>ria: il 141°, che si formò<br />
a Catanzaro Mar<strong>in</strong>a (deposito<br />
del 48° <strong>fante</strong>ria), sotto il<br />
comando del colonnello<br />
Gaetano Perella, e il 142° che<br />
sorse a Cosenza (deposito del<br />
19° <strong>fante</strong>ria); entrambi i<br />
reggimenti erano formati da<br />
fanti delle regioni meridionali,<br />
ma la stragrande maggioranza<br />
era rappresentata da uom<strong>in</strong>i<br />
calabresi.<br />
Il precipitare degli eventi<br />
bellici fu comunicato al 141°<br />
Reggimento della Divisione<br />
Militare di Catanzaro alle<br />
19,40 del 22 maggio.<br />
Def<strong>in</strong>iti i preparativi, il 31 dello stesso mese la Brigata venne passata<br />
<strong>in</strong> rassegna, a Catanzaro Lido, dal suo comandante maggiore, generale<br />
Ferruccio Mola. Il 24 maggio 1915, la «Catanzaro» era <strong>in</strong>quadrata nella<br />
28ª Divisione del XIV Corpo d’Armata. La partenza avvenne il 7 giugno,<br />
<strong>in</strong> s<strong>in</strong>tonia con i reparti provenienti da Reggio Calabria. Pochi giorni<br />
dopo il reggimento passava a far parte della Terza Armata, che obbediva<br />
agli ord<strong>in</strong>i di Emanuele Filiberto di Savoia, duca d’Aosta, la cui tomba<br />
è alla testa dei caduti sepolti a Redipuglia.<br />
Nel primo anno bellico, la Brigata combatté valorosamente a<br />
Castelnuovo e a Bosco Cappuccio. Nel 1916 fu impegnata a Oslavia e,<br />
23
durante la Strafexpedition, sul Monte Mosciagh e sul Monte Cengio.<br />
Tornò poi sul Monte San Michele, a Nad Logen, a Nova Vas, sul Nad<br />
Bregom e a Hudi Log. Prima di Caporetto fu a Lucatic, sul Monte<br />
Hermada ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e a San Giovanni di Du<strong>in</strong>o. Nel 1918, dopo Caporetto,<br />
combatté sul Pria Forà, <strong>in</strong> Val d’Astico ed <strong>in</strong> Val Pos<strong>in</strong>a.<br />
Per il comportamento tenuto <strong>in</strong> combattimento si meritò la citazione<br />
nel «Bollett<strong>in</strong>o di Guerra» del Comando Supremo N° 369 del 29 maggio<br />
1916 e nel bollett<strong>in</strong>o N° 827 del 25 agosto 1918.<br />
Nel giugno del 1920 fu disciolta. 2<br />
2 - M. SACCÀ, 4 novembre: <strong>in</strong> ricordo della Brigata Catanzaro, articolo apparso su<br />
«La Gazzetta del Sud» del 6 novembre 2003 e pubblicato dal sito web<br />
www.cimeetr<strong>in</strong>cee.it, al quale vanno i miei r<strong>in</strong>graziamenti.<br />
24
PLACIDO MALERBA, UN FANTE DEL «142° CATANZARO»<br />
Quartogenito di Michele<br />
Malerba e Maria Giuseppa<br />
Crist<strong>in</strong>o, Placido nasce a Poggio<br />
Imperiale il 16 settembre del<br />
1896, come dall’atto di nascita<br />
che di seguito si riporta:<br />
«L’anno 1896, addì 19 di<br />
settembre a ore antimeridiane 9,<br />
nella Casa Comunale.<br />
Avanti a me Penna Caroppi<br />
Michele, S<strong>in</strong>daco e Ufficiale dello<br />
Stato Civile del Comune di Poggio<br />
Imperiale, è comparso Malerba<br />
Michele, di anni 30, cantoniere<br />
ferroviario, domiciliato <strong>in</strong> detto<br />
Comune, il quale mi ha dichiarato<br />
che alle ore antimeridiane 8 del dì<br />
16 del corrente mese, nella casa posta<br />
<strong>in</strong> via ferroviaria al N° 485, da Crist<strong>in</strong>o Maria Giuseppa, sua moglie, casal<strong>in</strong>ga,<br />
seco lui convivente, è nato un bamb<strong>in</strong>o di sesso maschile e a cui si dà il nome di<br />
Placido.<br />
Testimoni, Nista Domenico, di anni 23, campagnolo; e Petti Geremia, di<br />
anni 63, sarto.<br />
Letto il presente atto a tutti gli <strong>in</strong>tervenuti i medesimi non si sono meco<br />
sottoscritti perché illetterati.»<br />
Segue la firma del S<strong>in</strong>daco.<br />
Non conosciamo nulla dell’<strong>in</strong>fanzia di Placido, senz’altro il ragazzo<br />
avrà avuto un’adolescenza alquanto difficile: quella di un bamb<strong>in</strong>o<br />
qualsiasi della Poggio Imperiale di <strong>in</strong>izio Novecento, fatta di stenti e di<br />
r<strong>in</strong>unce. Figlio di un cantoniere delle ferrovie, nonostante la famiglia<br />
vivesse <strong>in</strong> un casello a guardia della tratta ferroviaria Foggia-Termoli,<br />
il ragazzo frequenta la scuola imparando a leggere e a scrivere, come<br />
da lui stesso dichiarato all’atto della visita di leva.<br />
Passano i giorni, gli anni, Placido cresce trascorrendo le spensierate<br />
giornate <strong>in</strong> aperta campagna, giocando e r<strong>in</strong>correndosi con il fratello<br />
25
Matteo, di due anni più grande. La sorella Filomena, del 1889, <strong>in</strong>vece,<br />
aiuta la madre nel disbrigo delle faccende domestiche.<br />
È una famiglia umile, ma molto unita quella di Michele Malerba,<br />
che si accresce il 1° maggio del 1899, quando viene alla luce il terzo dei<br />
maschi, Stignano.<br />
Ma la felicità <strong>in</strong> casa Malerba dura pochi mesi, poiché il 28 novembre<br />
del 1900, appena trentac<strong>in</strong>quenne, muore il capofamiglia Michele. Non<br />
potendo più restare nei locali delle ferrovie, Maria Giuseppa decide di<br />
far rientro a Poggio Imperiale con i quattro figli, tutti di m<strong>in</strong>ore età.<br />
Passa qualche anno, Filomena è cresciuta, è diventata una donna,<br />
una gran bella donna, su di lei hanno messo gli occhi diversi giovani<br />
poggioimperialesi; lei si <strong>in</strong>namora di Giuseppe Lellis, anche lui un bel<br />
ragazzo, di mestiere fa il calzolaio, ma appartiene ad una buona famiglia.<br />
Maria Giuseppa comb<strong>in</strong>a il matrimonio con la famiglia del giovane<br />
e, il 3 agosto del 1905, <strong>in</strong> casa Malerba si festeggia il matrimonio tra<br />
Pepp<strong>in</strong>o e Filomena.<br />
Due anni dopo, la coppia è rallegrata dalla nascita di una bamb<strong>in</strong>a:<br />
il 18 settembre, <strong>in</strong>fatti, Filomena dà alla luce Maria Nicola.<br />
26<br />
Giuseppe Lellis Filomena Malerba
Ma non c’è tempo per gioire,<br />
perchè pochi gioni prima di<br />
Natale, precisamente il 21<br />
dicembre, alla non tarda età di<br />
trentasette anni, abbandona la<br />
vita terrena anche Maria<br />
Giuseppa Crist<strong>in</strong>o: sono passati<br />
appena sette anni dalla morte di<br />
suo marito.<br />
Rimasti orfani di entrambi i<br />
genitori, i tre ragazzi, Matteo,<br />
Placido e Stignano, sono accolti<br />
<strong>in</strong> casa della sorella, la quale dopo<br />
un mese e quattro giorni dalla<br />
dipartita della madre è costretta<br />
a piangere ancora una volta: il 25<br />
gennaio, <strong>in</strong>fatti, la piccola Maria<br />
Nicola diventa un angelo del<br />
Signore.<br />
Passano i mesi, <strong>in</strong> casa Lellis<br />
Matteo Malerba, fratello di Placido.<br />
le giornate non sono più gioviali<br />
come lo erano poco tempo<br />
prima; il rapporto tra i coniugi<br />
si è <strong>in</strong>cr<strong>in</strong>ato: la presenza <strong>in</strong> casa dei tre cognati <strong>in</strong>fastidisce Pepp<strong>in</strong>o.<br />
Nonostante tutto, Filomena resta ancora una volta <strong>in</strong> stato <strong>in</strong>teressante:<br />
sembrano del tutto dissolte le discordie, ma il 3 marzo 1909<br />
scoppia ancora una lite, questa volta molto più furibonda delle altre<br />
volte. Giuseppe Lellis ha uno scatto d’ira e colpisce la moglie; Filomena<br />
accusa un malore: <strong>in</strong>terviene prontamente il medico, che non può far<br />
altro che constatare la morte della giovane donna e del bamb<strong>in</strong>o che<br />
ella portava <strong>in</strong> grembo.<br />
Placido, con i fratelli Matteo e Stignano, ora è rimasto davvero da<br />
solo, ma non c’è da disperare, ai ragazzi penserà la nonna materna,<br />
Maria Michela Maiorano, che li accudirà f<strong>in</strong>o a quando ognuno di loro<br />
prenderà la propria strada.<br />
Diventato ormai adulto, Placido <strong>in</strong>traprende l’arte del muratore<br />
27
28<br />
Stignano Malerba, fratello m<strong>in</strong>ore di Placido.
dando così un notevole<br />
contributo all’economia<br />
della famiglia. Sono<br />
lontani ricordi, ormai, i<br />
tristi giorni degli anni<br />
passati, legati alla prematura<br />
scomparsa dei genitori<br />
e della cara sorella<br />
Filomena, la mente del<br />
giovane sembra serena,<br />
ma il futuro che lo attende<br />
non è certamente tra i più<br />
rosei: tetre nubi e gelidi<br />
venti di guerra oscurano e<br />
spirano nell’azzurro cielo<br />
italiano.<br />
La situazione politica<br />
europea, <strong>in</strong>fatti, dom<strong>in</strong>ata<br />
dalla «Triplice Alleanza»<br />
(Germania, Austria-<strong>Un</strong>-<br />
L’assass<strong>in</strong>io di Francesco Giuseppe.<br />
gheria e Italia) e dalla<br />
«Triplice Intesa» (Francia,<br />
Inghilterra e Russia), è m<strong>in</strong>ata da sentimenti di odio e voglia di<br />
supremazia che nutrono entrambi gli schieramenti, gli uni nei confronti<br />
degli altri: la miccia è accesa, la bomba ad orologeria sta per esplodere<br />
da un momento all’altro. E la situazione precipita il 28 giugno 1914,<br />
quando a Sarajevo il nazionalista serbo Gavrilo Pr<strong>in</strong>cip, uccide l’arciduca<br />
Francesco Ferd<strong>in</strong>ando, erede al trono dell’impero austro-ungarico, e la<br />
moglie, la contessa Sofia Chotek.<br />
L’episodio si trasforma <strong>in</strong> un caso <strong>in</strong>ternazionale che, nel giro di<br />
pochissimi giorni, mette <strong>in</strong> moto una serie di reazioni che precipitano<br />
<strong>in</strong> un conflitto dalle enormi dimensioni: la Prima Guerra Mondiale.<br />
L’Austria accusa la Serbia di complicità nell’omicidio e le <strong>in</strong>via un<br />
ultimatum con condizioni <strong>in</strong>accettabili, dopodiché il 28 luglio 1914 le<br />
dichiara guerra. In aiuto della Serbia accorrono la Russia e la Francia, mentre<br />
la Germania si schiera al fianco dell’Austria, sua partner nell’alleanza.<br />
29
Ha così <strong>in</strong>izio il grande <strong>in</strong>cendio che, nel giro di pochi mesi,<br />
divamperà nell’<strong>in</strong>tera Europa.<br />
Allo scoppio delle ostilità, l’Italia proclama la sua neutralità, dichiarando<br />
di non dover entrare <strong>in</strong> guerra al fianco delle due Nazioni<br />
cobelligeranti, data la natura prettamente difensiva della «Triplice<br />
Alleanza».<br />
Nella nostra penisola si formano due correnti: la «neutralista» e quella<br />
«<strong>in</strong>terventista»; <strong>in</strong> entrambe, però, è vivo il desiderio di poter aggregare<br />
all’Italia i territori irredenti di Trento e di Trieste, posseduti dall’Austria.<br />
Ma la maggioranza degli italiani è più propensa alla neutralità, perché<br />
ritiene che per ottenere il Trent<strong>in</strong>o dall’Austria bisogna affidarsi alle<br />
trattative diplomatiche. Gli <strong>in</strong>terventisti, <strong>in</strong>vece, sostengono che soltanto<br />
partecipando fattivamente al conflitto si può raggiungere l’obiettivo di<br />
guadagnare le due città.<br />
Mentre il popolo italiano è impegnato a dibattere se «scendere o meno<br />
<strong>in</strong> campo», il governo <strong>in</strong>tavola trattative segrete sia con l’Austria, a cui<br />
<strong>in</strong>via un progetto <strong>in</strong> undici articoli, sia con le Nazioni dell’Intesa, con lo<br />
scopo di ottenere concrete promesse atte a garantire compensi territoriali<br />
all’Italia.<br />
In questo frattempo il consiglio dei m<strong>in</strong>istri, nella seduta del 2 agosto<br />
1914, decide di richiamare alle armi due classi di leva e di chiamare <strong>in</strong><br />
anticipo quella del 1894, la classe di Matteo, fratello maggiore di Placido 3 .<br />
3 - Nato il 7 ottobre del 1894, Matteo Malerba sostiene e supera la visita di leva al<br />
Distretto Militare di Foggia il 25 aprile 1914; <strong>in</strong> pari data è collocato <strong>in</strong> congedo<br />
illimitato. Scoppiata la Prima Guerra Mondiale, è chiamato alle armi il 19<br />
ottobre del 1915 e <strong>in</strong>quadrato nell’88° Reggimento Fanteria «Friuli». Il 31<br />
agosto 1916 è nom<strong>in</strong>ato «zappatore» e il 16 novembre 1917 passa <strong>in</strong> forza alla<br />
Brigata«Pavia» (27° e 28° Reggimento Fanteria). Conclusa la Grande Guerra,<br />
è collocato <strong>in</strong> congedo illimitato il 16 settembre del 1919. Per aver preso parte<br />
alla campagna di guerra 1915/18, è stato decorato della «Croce al merito di<br />
guerra». Dopo l’esperienza della Prima Guerra Mondiale, Matteo si arruola<br />
volontario, il 16 novembre 1936, per l’Africa Orientale Italiana e, con l’84°<br />
Reggimento Fanteria, parte da Napoli per l’Eritrea il 14 gennaio 1937. Sbarca<br />
a Massaua il 22 successivo e resta nelle ex colonie italiane s<strong>in</strong>o al term<strong>in</strong>e<br />
delle operazioni militari. Rientra <strong>in</strong> Italia il 15 agosto 139 con il<br />
cacciatorped<strong>in</strong>iere «Nazario Sauro»; il 14 novembre successivo è collocato <strong>in</strong><br />
congedo illimitato.<br />
30
Dopo numerose trattative, il 16 aprile 1915 l’Austria resp<strong>in</strong>ge le<br />
richieste italiane e il 28 di quello stesso mese, l’Italia a Londra firma,<br />
con le potenze dell’Intesa, il trattato con il quale si fissano i compensi<br />
territoriali per l’<strong>in</strong>tervento <strong>in</strong> guerra dell’Italia, che dovrà avvenire entro<br />
un mese dalla firma, a fianco di Inghilterra, Francia e Russia.<br />
Il 24 maggio 1915 l’Italia entra <strong>in</strong> guerra.<br />
Nell’autunno di quell’anno è chiamata alla visita di leva la classe del<br />
1896. Placido la sostiene a Foggia il 12 ottobre. Dal foglio matricolare<br />
rileviamo i suoi dati e contrassegni: statura metri 1.59; torace centimetri<br />
81; capelli rossi di forma ondulati; naso regolare; mento ovale; occhi<br />
castani; colorito bruno; dentatura sana.<br />
L’esito della visita è positivo, il giovane è dichiarato «abile arruolato <strong>in</strong><br />
prima categoria», ed è lasciato <strong>in</strong> congedo illimitato.<br />
Nel mentre Placido rientra al paese, giunge la chiamata per Matteo:<br />
il 19 ottobre deve presentarsi al Distretto per essere arruolato.<br />
Il fatto di essere <strong>in</strong> congedo illimitato provvisorio <strong>in</strong> una nazione<br />
che è <strong>in</strong> guerra, rende spasmodiche le giornate di Placido, che attende<br />
la chiamata <strong>in</strong> grigioverde da un momento all’altro.<br />
Le nostre truppe combattono aspramente e tantissimi soldati, tanti<br />
giovani fanti offrono la loro vita alla Patria sui vari fronti di battaglia,<br />
occorrono i sostituti. E la chiamata alle armi per Placido arriva puntuale.<br />
In una fredda matt<strong>in</strong>a di f<strong>in</strong>e autunno, il messo del Comune bussa a<br />
casa Crist<strong>in</strong>o: il 6 dicembre 1915 il nipote di Maria Michela deve<br />
presentarsi al Distretto Militare di Foggia.<br />
Nel giorno della festività di San Nicola, il giovane muratore lascia<br />
per sempre il suo paesello natio; saluta con gli occhi umidi la nonna,<br />
prende a sé il giovane fratello Stignano: sarà il loro ultimo crudele<br />
abbraccio. Inf<strong>in</strong>e lancia uno sguardo alle foto della mamma e del papà,<br />
ai quali <strong>in</strong>voca la protezione dal cielo.<br />
Alla stazione, la sbuf<strong>fante</strong> locomotiva annuncia il suo arrivo, un<br />
ultimo sguardo al paese, un ultimo ideale saluto ai suoi cari e poi via,<br />
Placido sale sul treno che lo porterà al capoluogo dauno. A Foggia la<br />
neo recluta viene dest<strong>in</strong>ata al deposito del 19° Reggimento Fanteria di<br />
Cosenza: è lì che deve imparare l’arte della guerra.<br />
Con la tradotta militare partita da Foggia il 13, Placido raggiunge la<br />
città calabrese il 15 dicembre.<br />
31
Il periodo di addestramento è molto breve, <strong>in</strong>fatti dura appena<br />
quattro mesi: <strong>in</strong> questi quattro mesi, Placido impara a marciare, a<br />
sparare, a lanciare le granate e ad eseguire gli ord<strong>in</strong>i.<br />
A morire no, quello non si può <strong>in</strong>segnare. Quello, nell’esercito di Cadorna,<br />
deve essere retaggio, condizione e discipl<strong>in</strong>a dello status di soldato. 4<br />
Ai primi di aprile del 1916, il <strong>fante</strong> di Poggio Imperiale è pronto ad<br />
affrontare i rischi della tr<strong>in</strong>cea, i pericoli degli scontri a fuoco: <strong>in</strong> prima<br />
l<strong>in</strong>ea servono uom<strong>in</strong>i che sostituiscono i fanti che sono caduti.<br />
Il 4 aprile 1916, Placido raggiunge, con altri complementi, i territori<br />
dichiarati <strong>in</strong> stato di guerra ed è <strong>in</strong>quadrato nel 142° Battaglione Fanteria<br />
della «Brigata Catanzaro», una tra le brigate più affidabili e gr<strong>in</strong>tose<br />
del nostro esercito, impegnata <strong>in</strong> quei giorni sulla l<strong>in</strong>ea del Carso.<br />
È fiero, Placido, di <strong>in</strong>dossare le mostr<strong>in</strong>e rosse e nere della gloriosa<br />
brigata, i cui fanti si sono già coperti di gloria nel primo anno di guerra<br />
a Castelnuovo del Carso, a Bosco Cappuccio e ad Oslavia, guadagnando,<br />
per la loro bandiera, la medaglia d’argento al valor militare con la<br />
seguente motivazione:<br />
«Pel valore spiegato nei combattimenti <strong>in</strong>torno a<br />
Castelnuovo del Carso e Bosco Cappuccio, sull’Altopiano<br />
d’Asiago, al San Michele, nella regione di Bosch<strong>in</strong>i ed al<br />
Nad Logem; per lo spirito aggressivo e l’alto sentimento<br />
del dovere sempre dimostrati (luglio 1915 - agosto 1916)». 5<br />
4 - M. VITALE: 5000 croci, Edizioni Enne, Foggia 2004, pag. 129.<br />
5 - Riassunti storici dei Corpi e Comandi nella guerra 1915-1918, Brigate di Fanteria,<br />
Volume IV, a cura del M<strong>in</strong>istero della Guerra, Comando del Corpo di Stato<br />
Maggiore - Ufficio Storico, Roma 1926, pag. 44.<br />
32
CON LA «CATANZARO» NELLA GRANDE GUERRA<br />
Dal 4 aprile 1916, qu<strong>in</strong>di, Placido è un <strong>fante</strong> dell’Esercito Italiano,<br />
impegnato <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea con il 142° Battaglione Fanteria costituente,<br />
con il 141°, la Brigata «Catanzaro». Giunto al Corpo, Placido non<br />
immag<strong>in</strong>a la sorpresa che lo attende, nel 142°, <strong>in</strong>fatti, trova <strong>in</strong>quadrati<br />
due compaesani: Nicola Tucci, classe 1888, e Antonio Imperiale, classe<br />
1894: quattro mesi dopo la sua partenza da Poggio Imperiale, f<strong>in</strong>almente<br />
due volti amici. Antonio è coetaneo di Matteo, fratello di Placido, <strong>in</strong>vece<br />
Nicola è più grande ed è anche sposato.<br />
Non sappiamo le Compagnie <strong>in</strong> cui erano <strong>in</strong>quadrati, senz’altro nel<br />
tempo libero si ritrovavano per scambiare quattro chiacchiere e anche<br />
per lenire quella mal<strong>in</strong>conia che attanagliava i loro cuori.<br />
Da quel momento <strong>in</strong> poi, i tre fanti terranovesi seguono tutte le<br />
vicende belliche e gli spostamenti della «Catanzaro» sui vari scenari<br />
del fronte. In quel periodo la Brigata è <strong>in</strong>quadrata nella 3ª Armata - che<br />
<strong>in</strong> seguito ebbe l’appellativo di «Armata del Carso» e che si onorava di<br />
obbedire agli ord<strong>in</strong>i di Emanuele Filiberto di Savoia, Duca d’Aosta – ed<br />
è posizionata sulla riva destra dell’Isonzo per agevolare un’opera-zione<br />
condotta da reparti schierati sulla s<strong>in</strong>istra del fiume; però l’improvvisa<br />
piena dell’Isonzo limita la cooperazione al solo fuoco di fucileria e di<br />
mitragliatrici.<br />
Con il 142°, Placido resta al fronte s<strong>in</strong>o al 13 maggio, giorno <strong>in</strong> cui il<br />
reggimento, sostituito dal 95° Fanteria «Ud<strong>in</strong>e», si porta nelle retrovie<br />
a Santa Maria la Longa, dove trova anche il 141°, per trascorrere una<br />
settimana di riposo.<br />
Dal 19 al 23 maggio, la Brigata è trasferita a scaglioni sull’altopiano<br />
di Asiago; nello stesso giorno 23, riceve l’ord<strong>in</strong>e di dislocarsi sul rovescio<br />
della l<strong>in</strong>ea che dalle pendici di Monte Longatico, per Monte<br />
Magnaboschi e Monte Busibollo, scende a Campiello (28ª Divisione),<br />
ma, giunta ad Osteria di Granezza, gli si dispone di portarsi a Pria<br />
dell’Acqua, dove si accampa. Il 25, passata alle dipendenze della 34ª<br />
Divisione, la «Catanzaro» si mette <strong>in</strong> marcia verso Asiago, arrestandosi<br />
a Villa del Brun. Di qui il I e II Battaglione del 141° sono <strong>in</strong>viati sul<br />
costone di Monte Meatta, a r<strong>in</strong>forzo della Brigata «Alessandria», mentre<br />
la 4ª Compagnia del 142° occupa, a scopo di copertura, la mulattiera a<br />
nord della strada Gallio - Val Frenzela, sp<strong>in</strong>gendo pattuglie verso le<br />
Melette di Gallio. Nella notte successiva la Brigata, con i quattro<br />
33
attaglioni disponibili, occupa la l<strong>in</strong>ea Monte Interrotto - Monte Catz -<br />
alture a nord est di Gallio, coprendo così la Valle dei Ronchi.<br />
Nella matt<strong>in</strong>ata del 26 maggio, gli austriaci attaccano il Monte<br />
Mosciagh creando scompiglio tra le file del 141°, ma l’<strong>in</strong>tervento<br />
congiunto della 4ª Compagnia del 142° e del III Battaglione del 141°<br />
costr<strong>in</strong>ge il nemico alla ritirata.<br />
Il 27 maggio due Battaglioni della «Catanzaro», il III del 141° ed il I<br />
del 142°, più una Compagnia del 142° sono posti a disposizione della<br />
Brigata «Salerno», comandata dal generale Fioroni, per riconquistare<br />
due batterie sul Monte Mosciagh e sostenere il ripiegamento della<br />
Brigata «Lombardia» sullo sperone di Val di Nos e su quello di<br />
Campomulo. Mentre il ripiegamento avviene senza <strong>in</strong>cidenti, il 141°, il<br />
I Battaglione del 142° e trecento uom<strong>in</strong>i della Brigata «Alessandria»,<br />
con reiterati e brillanti attacchi alla baionetta, riprendono i pezzi di<br />
artiglieria e recuperano anche i cassoni con le munizioni.<br />
La brillante operazione dei fanti della «Catanzaro» merita la citazione<br />
sul Bollett<strong>in</strong>o di Guerra N° 369 diramato dal Comando Supremo il 29<br />
maggio 1916 a firma del generale Luigi Cadorna: «In Val Lagar<strong>in</strong>a, nella<br />
notte sul 28 ed il matt<strong>in</strong>o successivo, l’avversario r<strong>in</strong>novò contro le nostre<br />
posizioni tra l’Adige e Vallarsa ost<strong>in</strong>ati sangu<strong>in</strong>osi attacchi, costantemente<br />
<strong>in</strong>franti dalla <strong>in</strong>crollabile resistenza delle <strong>in</strong>trepide truppe della 37ª Divisione.<br />
Nel settore Pos<strong>in</strong>a-Astico, il duello delle artiglierie durò ieri <strong>in</strong>tenso. Nel<br />
pomeriggio, il nemico <strong>in</strong> forze attaccò un tratto delle nostre posizioni a sud del<br />
torrente Pos<strong>in</strong>a. Dopo lotta accanita, fu resp<strong>in</strong>to con perdite rilevanti.<br />
Sull’altopiano di Asiago, le nostre truppe occupano attualmente,<br />
affermandovisi, le posizioni a dom<strong>in</strong>io della conca di Asiago. <strong>Un</strong> brillante<br />
contrattacco delle valorose <strong>fante</strong>rie del 141° reggimento (Brigata Catanzaro)<br />
liberò due batterie rimaste circondate sul Monte Mosciagh, portandone<br />
completamente <strong>in</strong> salvo i pezzi. In valle Sugana, semplici avvisaglie. Lungo la<br />
rimanente fronte, azioni delle artiglierie, più <strong>in</strong>tense nelle zone di Plava e di<br />
Monfalcone.»<br />
Il 28 maggio, <strong>in</strong> conseguenza di una forte azione del nemico, la<br />
«Catanzaro», d’ord<strong>in</strong>e superiore, ripiega sulla l<strong>in</strong>ea marg<strong>in</strong>ale<br />
dell’altopiano, mantenendo f<strong>in</strong>o a sera i reparti di protezione sulle<br />
posizioni di Monte Catz - alture di Case Giard<strong>in</strong>i - Monte Longara.<br />
L’esercito austroungarico tenta di molestare con pattuglie il<br />
34
movimento dei fanti, ma è resp<strong>in</strong>to decisamente dai nostri soldati. Nello<br />
stesso giorno è attaccata, con <strong>in</strong>tenso fuoco di fucileria, anche la<br />
Compagnia del 142° che occupa Quota 1116, ma questa risponde con<br />
veemenza al fuoco avversario e così il ripiegamento del 142° può<br />
avvenire a scaglioni f<strong>in</strong>o a Mezzavia, dove si raccoglie, il giorno<br />
successivo, anche il 141°, eccitato dopo la vittoriosa azione del 27.<br />
Il 30 maggio la Brigata, posta alle dipendenze della 30ª Divisione, si<br />
trasferisce sul rovescio di Monte Sprunck e, nella notte, il 142° disloca il<br />
II Battaglione sul Monte Cengio per concorrere, col I Granatieri, al<br />
mantenimento di quelle posizioni; il III sul Monte Belmonte ed il I <strong>in</strong><br />
riserva di settore. Il nemico attacca nella notte verso Monte Belmonte e<br />
qualche suo elemento riesce ad <strong>in</strong>filtrarsi nelle nostre l<strong>in</strong>ee, ma il pronto<br />
<strong>in</strong>tervento del 141°, che da Monte Magnaboschi sp<strong>in</strong>ge un Battaglione<br />
a Monte Belmonte ed un altro a sbarrare Val Canaglia, vale a resp<strong>in</strong>gere<br />
l’attaccante a costo di gravi perdite.<br />
Il 3 giugno l’avversario ritenta l’attacco verso Cima Magnaboschi,<br />
ma le poche forze disponibili della «Catanzaro», presenti <strong>in</strong> quel settore,<br />
riescono a ricacciarlo nuovamente.<br />
Gli austriaci non desistono ed attaccano con <strong>in</strong>genti forze<br />
nuovamente il 142° che, seppur si batte con ardimento, per le <strong>in</strong>genti<br />
perdite subite è costretto a ripiegare dal Monte Belmonte f<strong>in</strong>o alla strada<br />
Campiello - Monte Panoccio e poi, resp<strong>in</strong>to da crescenti forze nemiche,<br />
f<strong>in</strong>o alla galleria presso lo sbocco di Val Canaglia; da qui, sostituito da<br />
altri reparti, si trasferisce a Canuss<strong>in</strong>o.<br />
Rilevata dalla «Forlì», il 7 giugno la Brigata si sposta a Calvene, il 9 a<br />
Breganze ed il 12 a Trevignano, passando sotto il comando della 19ª<br />
Divisione. Con partenze scaglionate, nei giorni tra il 23 giugno e il 1°<br />
luglio la «Catanzaro» si trasferisce a Fontaniva e da qui, proseguendo<br />
<strong>in</strong> treno, raggiunge Palmanova. Successivamente, per mezzo di<br />
autocarri, procede per Chiopris, passando alle dipendenze del’XI Corpo<br />
d’Armata.<br />
Il 5 luglio il 142° è <strong>in</strong>viato nella zona di Gradisca, dove occupa le<br />
tr<strong>in</strong>cee nel settore San Mart<strong>in</strong>o - Groviglio. Agli <strong>in</strong>izi di agosto la<br />
«Catanzaro» riceve l’ord<strong>in</strong>e di attacco alle tr<strong>in</strong>cee del Costone Viola<br />
Alto - Cima 1 - Cima 2 del Monte San Michele. Al 141° spettava il<br />
compito di puntare sulla parte alta del Costone Viola e su Cima 1, il<br />
35
142°, <strong>in</strong>vece, doveva puntare verso la Sella fra le cime, avendo cura,<br />
<strong>in</strong>oltre, di mantenere il collegamento con la Brigata «Brescia». 6<br />
Il giorno prima dell’attacco, il maggiore generale Carlo Sanna,<br />
comandante della «Catanzaro», chiama a rapporto i suoi ufficiali e<br />
impartisce loro le disposizioni:<br />
1° - Non lasciarsi <strong>in</strong>fluenzare dalle <strong>in</strong>evitabili fluttuazioni della lotta su<br />
altri settori, ma perseguire f<strong>in</strong>o all’estremo il proprio obiettivo.<br />
2° - Tenere alla mano i propri uom<strong>in</strong>i sia con l’occhio vigile dell’Ufficiale<br />
come con apposite pattuglie fidate, non permettere che alcuno si allontani<br />
specialmente per troppa e non veritiera pietà per i feriti, ai quali provvedono<br />
esclusivamente i porta-feriti.<br />
3° - Evitare dopo la conquista delle tr<strong>in</strong>cee i camm<strong>in</strong>amenti nemici, dove<br />
un solo tiratore ardito può fermare un reparto. La ‘pulizia’ dei camm<strong>in</strong>amenti<br />
sia affidata a pochi uom<strong>in</strong>i specialmente arditi con bombe a mano e baionette.<br />
4° - Non chiedere r<strong>in</strong>forzi se non <strong>in</strong> casi estremi.<br />
5° - Prevedere l’impiego di gas da parte del nemico - portare la maschera al<br />
collo e gli occhiali sull’elmetto - al m<strong>in</strong>imo dubbio far mettere le maschere.<br />
6° - Mandare <strong>in</strong>formazioni ogni 50° m<strong>in</strong>uto d’orologio, anche negative, ma<br />
procurare che non siano negative.<br />
7° - Tutti i militari porteranno due o tre sacchetti <strong>in</strong>filati nella c<strong>in</strong>tura per<br />
averli pronti al momento opportuno.<br />
8° - Mantenere sempre guarnita la tr<strong>in</strong>cea di partenza e ricordarsi <strong>in</strong> caso<br />
disperato che quella tr<strong>in</strong>cea non si abbandona per nessuna ragione. Questo<br />
ord<strong>in</strong>e è tassativo: VI SI MUORE DENTRO MA NON SI FA UN PASSO<br />
INDIETRO. 7<br />
6 - Lo schieramento della «Catanzaro» all’alba del 6 agosto 1917, giorno d’<strong>in</strong>izio<br />
della 6ª battaglia dell’Isonzo, era il seguente: dal Naso al Canalone Gatti il I<br />
ed il II Battaglione del 141°, ciascuno composta da due compagnia <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea<br />
e due di r<strong>in</strong>calzo; dal Canalone Gatti al camm<strong>in</strong>amento Lazzari due<br />
compagnie del II/142° e del III/142°. A sostegno di questi reparti vi erano<br />
le riserve reggimentali, il III/141° nel Canalone Gatti e le altre compagnie<br />
del II/142° e del III/142° nei ricoveri Tivoli. In terza l<strong>in</strong>ea, nei ricoveri di<br />
Sdrauss<strong>in</strong>a, come riserva di Brigata, vi erano il I Battaglione del 142° ed i<br />
genieri del 60° Battaglione.<br />
7 - B. DI MARTINO, La guerra della Fanteria 1915 - 1918, G<strong>in</strong>o Rossato Editore,<br />
36<br />
Valdagno 2002, pag. 146.
L’eroica impresa dei fanti della «Catanzaro» sul Monte Mosciagh illustrata da<br />
Achille Beltrame sulla copert<strong>in</strong>a de «La Domenica del Corriere» Anno XVIII -<br />
N° 24 dell’11 - 18 giugno 1916.<br />
37
Con tutta la forza a sua<br />
disposizione, la «Catanzaro»<br />
<strong>in</strong>izia le operazioni il giorno<br />
6 agosto: com<strong>in</strong>cia la 6ª<br />
battaglia dell’Isonzo.<br />
Preceduti da <strong>in</strong>tenso<br />
fuoco di cannoni e bombarde<br />
da parte della Batteria<br />
«Amalfi» e del 37° Artiglieria,<br />
alle 15:30 i fanti<br />
muovono all’attacco: sotto il<br />
nutrito crepitare della fucileria<br />
e delle mitragliatrici del<br />
nemico, l’<strong>in</strong>tera l<strong>in</strong>ea avanza<br />
con irruenza. La vittoria per<br />
i nostri fanti si del<strong>in</strong>ea f<strong>in</strong><br />
dalle prime battute: alle<br />
16:45 il 141° conquista<br />
Costone Viola e Cima 1,<br />
Nicola Tucci<br />
mentre un’ora dopo il 142°<br />
riesce ad impadronirsi di<br />
Cima 2.<br />
Molti ufficiali austriaci sono fatti prigionieri dai nostri soldati, i quali<br />
entrano <strong>in</strong> possesso anche di quattro mitragliatrici e di gran quantità di<br />
materiale bellico.<br />
Alla f<strong>in</strong>e delle operazioni, a sera, Placido Malerba ed Antonio<br />
Imperiale gioiscono per il successo riportato dal nostro esercito, cosa<br />
che non potrà più fare Nicola Tucci, l’altro compaesano, che la sera del<br />
6 non rientra al campo: nelle fasi dell’attacco al San Michele è scomparso<br />
e per lui si è persa ogni traccia. Era nato a Manfredonia il 20 gennaio<br />
del 1888. A Poggio Imperiale lascia la moglie Maria Luigia Volpe e il<br />
figlio Francesco di appena un anno.<br />
Il 9 agosto, il 142°, cui è stato assegnato il tratto da Cima 1 alla Sella<br />
tra le l<strong>in</strong>ee 2 e 3, muove nuovamente all’attacco della cima del San<br />
Michele, occupando un tratto di tr<strong>in</strong>cea e catturando un cent<strong>in</strong>aio di<br />
prigionieri. Ma è una vittoria amara per il nostro Placido, che si ritrova<br />
38
senza l’altro suo compaesano<br />
e, forse, compagno<br />
d’<strong>in</strong>fanzia: Antonio Imperiale<br />
è caduto sotto il fuoco<br />
austriaco. Il giovane <strong>fante</strong><br />
terranovese aveva appena<br />
ventidue anni, a Poggio<br />
Imperiale lo piangeranno la<br />
madre Filomena Nista ed il<br />
padre Giuseppe.<br />
Ma non c’è tempo di<br />
lasciar cadere le lacrime per<br />
la morte dei due compaesani,<br />
la guerra per Placido, e<br />
per tutta la «Catanzaro»,<br />
cont<strong>in</strong>ua: il 10 agosto arriva<br />
l’ord<strong>in</strong>e del Comando che<br />
bisogna proseguire verso<br />
Quota 203 e Quota 242. Si<br />
prosegue a combattere, a<br />
Antonio Imperiale<br />
morire e a conquistare posizioni,<br />
<strong>in</strong> quello stesso giorno<br />
cadono <strong>in</strong> mani italiane Cotici, Quota 242, Quota 193 e il villaggio<br />
sloveno di Brestovic.<br />
Il giorno dopo la Brigata <strong>in</strong>izia l’attacco del Nad Logem, che conquista<br />
brillantemente il 12 agosto 1916 con l’aiuto dei fanti della «Lombardia».<br />
Dal 6 agosto, primo giorno della 6ª battaglia dell’Isonzo, la<br />
«Catanzaro» ha subito un elevato numero di perdite: sessantasei gli<br />
ufficiali caduti, mentre tremiladuecentoventotto sono i sottufficiali e i<br />
fanti che sono morti sotto il fuoco nemico.<br />
F<strong>in</strong>almente il 16 agosto arriva un periodo di tregua per i fanti dalle<br />
mostr<strong>in</strong>e <strong>in</strong> <strong>rosso</strong> e <strong>nero</strong> che, sostituiti dal 14° Reggimento Fanteria<br />
«P<strong>in</strong>erolo», trascorrono il riposo tra Fratta d’Isonzo e Villesse. Qui si<br />
scarica la tensione accumulata nei mesi scorsi, si scrive ai familiari, si<br />
ripensa ai compagni che purtroppo non ci sono più.<br />
Il 10 settembre la «Catanzaro» è dislocata nella zona Ferleti - Bonetti,<br />
39
sotto il comando della 31ª Divisione; il I e III Battaglione del 142°, dest<strong>in</strong>ati<br />
<strong>in</strong> r<strong>in</strong>calzo del 122° Fanteria, nella notte del 17, con un colpo di mano,<br />
riconquistano una parte di territorio tr<strong>in</strong>cerato <strong>in</strong> precedenza perduto dai<br />
fanti del 122°, mentre il giorno successivo si tenta <strong>in</strong>vano una sortita a<br />
Quota 208 sud: l’esercito austriaco vigila attentamente e resp<strong>in</strong>ge l’attacco.<br />
L’<strong>in</strong>clemenza del tempo e le necessità di rafforzare le posizioni<br />
raggiunte, obbligano una sosta delle operazioni; si trascorre l’ultima<br />
decade di settembre e la prima di ottobre a spostare i pezzi di artiglieria,<br />
a rifornirsi di viveri, a studiare nuove mosse, <strong>in</strong> poche parole ci si prepara<br />
ad un nuovo attacco.<br />
Alla «Catanzaro» viene assegnato il compito di agire verso i seguenti<br />
obiettivi: strada che da Nova Vas corre lungo la gola del saliente di<br />
Quota 208 nord; strada che da Quota 209 va a Nova Vas; l<strong>in</strong>ea Nad<br />
Bregom - Quota 206.<br />
L’offensiva, preparata nei dettagli, parte il pomeriggio del 10 ottobre:<br />
accertati gli effetti efficaci del fuoco di artiglieria, i fanti entrano <strong>in</strong><br />
azione: <strong>in</strong>izia l’8ª battaglia dell’Isonzo.<br />
Sono occupate tre l<strong>in</strong>ee di tr<strong>in</strong>cea ed il Nad Bregom; gli scontri<br />
proseguono anche nei giorni seguenti nella zona Hudi Log - Lukatic,<br />
mentre il 15 è conquistata Quota 206. Gli austroungarici tentano di<br />
riprendersi il territorio da poco diventato italiano, ma i nostri ardimentosi<br />
fanti li resp<strong>in</strong>gono con la baionetta.<br />
<strong>Un</strong> nuovo periodo di persistenti <strong>in</strong>temperie rallenta l’offensiva e la<br />
truppa trascorre il tempo rettificando e sistemando le nuove posizioni,<br />
la cui conquista costa alla «Catanzaro» la perdita di ventic<strong>in</strong>que ufficiali<br />
e di millequattrocentoventic<strong>in</strong>que fanti.<br />
Il 31 ottobre, migliorate le condizione atmosferiche, viene varata una<br />
nuova offensiva con il consueto fuoco di copertura di artiglieria e<br />
bombarde, mantenuto per tutta la notte e <strong>in</strong>tensificato all’alba del 1° di<br />
novembre, quando la «Catanzaro» irrompe tra le l<strong>in</strong>ee nemiche, oltrepassando<br />
due l<strong>in</strong>ee di tr<strong>in</strong>cee ed occupando Quota 238.<br />
Gli avversari tentano di aggirare i nostri fanti, i quali ripiegano f<strong>in</strong>o<br />
a ristabilire il collegamento con i reparti laterali, che riescono a<br />
mantenere un tratto della prima l<strong>in</strong>ea conquistata. La Brigata r<strong>in</strong>nova<br />
l’attacco, ma la reazione dei difensori e la necessità di non perdere il<br />
collegamento laterale, non permettono di ottenere risultati soddisfacenti.<br />
40
Il corpo esanime di un <strong>fante</strong> italiano tra i reticolati di una tr<strong>in</strong>cea. Nella foto <strong>in</strong><br />
basso, le nostre truppe avanzano dopo la ritirata del nemico sulla l<strong>in</strong>ea del<br />
Monte Magnaboschi.<br />
41
L’8 novembre la «Catanzaro» lascia il fronte e si porta nella zona tra<br />
Ruda - Campolongo - Perteole dove resta, per riord<strong>in</strong>arsi, f<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e<br />
del mese.<br />
Nuove eccezionali <strong>in</strong>temperie turbano gravemente le condizioni di<br />
vita dei soldati ed impediscono nuovi attacchi: l’<strong>in</strong>izio del secondo<br />
<strong>in</strong>verno di guerra mette a dura prova la mirabile resistenza dei fanti.<br />
Sulle zone montuose cade moltissima neve, <strong>in</strong> alcuni punti raggiunge<br />
addirittura l’altezza di quattro metri. Nella parti basse, <strong>in</strong>vece, le<br />
<strong>in</strong>cessanti piogge costr<strong>in</strong>gono i nostri soldati a vigilare sulle l<strong>in</strong>ee di<br />
difesa immersi nel fango.<br />
Il 1° dicembre la «Catanzaro» torna di nuovo <strong>in</strong> scena, questa volta<br />
teatro è il settore di Lukatic, dove trascorre un periodo di normale<br />
attività: le avverse condizioni atmosferiche non permettono nuovi<br />
assalti.<br />
Il mese di dicembre trascorre senza che accada qualcosa di significativo,<br />
si registrano solo piccole scaramucce, ma nulla d’importante.<br />
Arrivano le festività natalizie, i due eserciti, come se tacitamente<br />
avessero siglato una tregua del conflitto, fanno tacere le armi. La vigilia<br />
della festa più attesa, Placido la trascorre nelle grotte scavate <strong>in</strong> prima<br />
l<strong>in</strong>ea; a mezzanotte la Santa Messa, un fugace scambio di auguri con i<br />
commilitoni e poi a letto, con la mente volta ai fratelli, alla nonna Maria<br />
Michela e agli amici lasciati a Poggio Imperiale.<br />
È Natale, il secondo <strong>in</strong> guerra per Placido, ma è il primo Natale che<br />
il nostro <strong>fante</strong> trascorre <strong>in</strong> tr<strong>in</strong>cea, nel grigiore e nel rigore dell’<strong>in</strong>verno<br />
carsico; non c’è il caldo tavolo imbandito e il succulento pranzo preparato<br />
da nonna Michela, ma il fugace rancio consumato nella gavetta,<br />
forse a base di gallette, carne e cioccolata: niente di speciale per il giorno<br />
che ricorda la nascita del Figlio di Dio.<br />
Il giorno dopo, festa di Santo Stefano, per la «Catanzaro» giunge<br />
l’ord<strong>in</strong>e di trascorrere il Capodanno nelle retrovie ed <strong>in</strong>fatti, sostituita<br />
dalla «Caltanissetta», la Brigata si trasferisce a riposo tra Fauglio -<br />
Sevigliano - Perteole - San Pietro - Turriaco: è qui che i suoi fanti<br />
attenderanno e br<strong>in</strong>deranno l’arrivo del nuovo anno, che per Placido si<br />
rivelerà, purtroppo, un anno fatale.<br />
42
LA TRAGICA ESTATE DELLA BRIGATA «CATANZARO»<br />
Dopo le festività di f<strong>in</strong>e anno ed il periodo di riposo trascorso nelle<br />
retrovie, il 9 gennaio del 1917 la «Catanzaro» si disloca fra Redipuglia,<br />
Sant’Elia e Palazzo e nei giorni 22 e 23 rileva la «Salerno» nel tratto del<br />
fronte Lukatic – Hudi Log (34ª Divisione), ma senza compiere azioni di<br />
importante rilievo.<br />
Gli <strong>in</strong>izi del nuovo anno vedono subire una drastica riduzione delle<br />
ostilità su entrambi i fronti, dovuta anche alle avverse condizioni<br />
climatiche.<br />
Immersi nella rout<strong>in</strong>e della vita di tr<strong>in</strong>cea, dove i turni di guardia e le<br />
pattuglie notturne erano l’unico diversivo all’<strong>in</strong>cessante lavoro di consolidamento<br />
e rafforzamento delle posizioni, i battaglioni ruotavano con regolarità<br />
tra la prima l<strong>in</strong>ea e la riserva 8 , ed <strong>in</strong>fatti il 7 febbraio la Brigata è sostituita<br />
<strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea dalla «P<strong>in</strong>erolo».<br />
Con l’arrivo della primavera, il generale Cadorna dirama direttive<br />
ai vari Comandi per la ripresa dell’offensiva. Dopo la Santa Pasqua,<br />
caduta l’8 aprile, festeggiata nelle retrovie, alla «Catanzaro» <strong>in</strong>quadrata<br />
con la «Salerno» nella 34ª Divisione, XIII Corpo d’Armata, il 28 aprile<br />
1917 giunge l’Ord<strong>in</strong>e di Operazioni N° 26, emanato dal maggiore<br />
generale Giuseppe Ciancio, che stabilisce: Il XIII, oltrepassate con vigoroso<br />
sbalzo le l<strong>in</strong>ee nemiche, facendo preponderare la forza la proprio centro e<br />
specialmente all’ala s<strong>in</strong>istra, avanzerà rapidamente <strong>in</strong> direzione generale,<br />
all’<strong>in</strong>circa, da Nord-Ovest a Sud-Est, con obiettivo, da una parte la fronte<br />
Voiscizza <strong>in</strong>feriore - Krapenca e dall’altra l’orlo meridionale dell’altipiano (fra<br />
Krapenca e Fornaza) per qu<strong>in</strong>di puntare sull’Hermada aggirandone le difese. 9<br />
Nella notte tra il 1° e il 2 maggio, facendo fede agli ord<strong>in</strong>i ricevuti,<br />
gli <strong>in</strong>domiti fanti della «Catanzaro» tornano <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea nel settore<br />
antistante i capisaldi di Hudi Log e di Lukatic.<br />
Alle prime luci dell’alba del 23 maggio, con un <strong>in</strong>cessante fuoco di<br />
artiglieria, <strong>in</strong>izia la 10ª battaglia dell’Isonzo. I micidiali colpi sparati<br />
dai cannoni e dalle bombarde riescono a scard<strong>in</strong>are e distruggere le<br />
tr<strong>in</strong>cee nemiche, provocando enormi squarci. Alle 11, le pattuglie, uscite<br />
<strong>in</strong> ricognizione, riferiscono che le difese austriache sono state distrutte<br />
<strong>in</strong> più punti e i reticolati presentano enormi varchi, che permettono il<br />
8 - B. DI MARTINO, op. cit., pag. 190.<br />
9 - Ibidem, pag. 213.<br />
43
passaggio della <strong>fante</strong>ria la quale, alle 16:05, risoluta, veloce ed irruenta,<br />
muove all’attacco.<br />
Nel mentre il 141° occupa il caposaldo nemico di Lukatic, il 142°<br />
raggiunge e si attesta su Quota 247, ma l’<strong>in</strong>cessante bombardamento<br />
degli artiglieri austriaci costr<strong>in</strong>ge gli attaccanti a rimanere nelle posizioni<br />
occupate, anche perché la Brigata aveva subito sensibili perdite. In modo<br />
particolare chi ne resta più <strong>in</strong>teressato è il 142°, il cui I Battaglione perde<br />
il comandante, ed il III/142°, chiamato <strong>in</strong> soccorso del II/142°, che<br />
<strong>in</strong>cappa <strong>in</strong> un violento tiro di <strong>in</strong>terdizione da parte del nemico e lascia<br />
sul terreno parecchi dei suoi uom<strong>in</strong>i.<br />
Così è riassunta quella giornata sul diario della «Catanzaro»: Il<br />
bombardamento concentrato sulla nuova zona da noi occupata era <strong>in</strong>cessante.<br />
La truppa senza riparo, per effetto di questo bombardamento subì notevoli<br />
perdite. Le file dei combattenti cont<strong>in</strong>uavano ad assottigliarsi, sia per il gran<br />
numero dei feriti, sia per quelli che dovevano essere sottratti dalla prima l<strong>in</strong>ea<br />
per il trasporto dei feriti, per il rifornimento di acqua e munizioni. 10<br />
All’albeggiare del 24, il nemico attacca Quota 247, costr<strong>in</strong>gendo i<br />
fanti del 142° a ripiegare f<strong>in</strong>o a Quota 238, dove, però, riescono a<br />
mantenere il collegamento con la «Padova».<br />
Aiello del Friuli (Ud<strong>in</strong>e), 26 aprile 1917, la cerimonia della consegna delle<br />
medaglie al valore della Brigata «Catanzaro» (archivio Adolfo Zamboni). Foto<br />
tratta su <strong>in</strong>ternet all’<strong>in</strong>dirizzo www.cimeetr<strong>in</strong>cee.it/longa.htm<br />
10 - Ibidem, pag. 218.<br />
44
Il numero elevato di morti e feriti costr<strong>in</strong>ge il XIII Corpo d’Armata<br />
a sospendere le operazioni e a chiedere r<strong>in</strong>forzi. In quello stesso giorno,<br />
la 31ª Divisione, r<strong>in</strong>forzata dal 2° Reggimento Granatieri, che nel<br />
frattempo aveva rioccupato Quota 247, e dal 234° Reggimento Fanteria<br />
«Lario», riprende l’offensiva.<br />
A mezzogiorno l’artiglieria apre il fuoco, alle 14:00 la <strong>fante</strong>ria <strong>in</strong>izia<br />
l’attacco; ai fanti della «Catanzaro» spetta il compito di superare le<br />
antistanti posizioni e raggiungere il marg<strong>in</strong>e del Vallone fra Quota 219<br />
e Selo.<br />
L’azione dei nostri soldati è vanificata, però, dal violento fuoco delle<br />
mitragliatrici avversarie, che falciano moltissimi di loro. Il triste e sangu<strong>in</strong>oso<br />
pomeriggio del 25 maggio 1917 è così laconicamente descritto sul<br />
diario reggimentale della Brigata: Per oltre due ore è una lotta senza tregua,<br />
un succedersi di attacchi e contrattacchi con bombe a mano e fuoco di fucileria<br />
e mitragliatrici. Il crepitio delle mitragliatrici si ode dalla nostra l<strong>in</strong>ea, ma<br />
risponde più micidiale quello delle nemiche situate a Quota 224 e nelle tr<strong>in</strong>cee<br />
di Hudi Log sempre <strong>in</strong> possesso dell’avversario. Però le truppe del reggimento<br />
riescono a portarsi con l’ala s<strong>in</strong>istra a circa 200 metri a nord ovest di quota<br />
224 occupando la tr<strong>in</strong>cea nemica e con la destra sulle pendici di quota 247 dove<br />
si collegano saldamente coi reparti del 142° <strong>fante</strong>ria. Alle 16:30 il nemico sferra<br />
un violentissimo contrattacco che mette a dura prova le nostre truppe, sf<strong>in</strong>ite<br />
dalle lunghe ore di cont<strong>in</strong>ua lotta, affrante dalle sofferenze fisiche, assetate,<br />
ormai prive di ufficiali. I superstiti si lanciano con sublime sacrificio alla lotta<br />
a corpo a corpo con bombe a mano e ricacciano def<strong>in</strong>itiva-mente l’avversario.<br />
Nell’arduo combattimento rimane ferito di bomba a mano il comandante del I<br />
Battaglione, capitano Stefanelli, nobile esempio di coraggio e di valore. Il nemico<br />
allora scatenò un fuoco <strong>in</strong>fernale di fucileria e artiglieria su tutte le nostre<br />
posizioni compresa la 1ª l<strong>in</strong>ea. Avanzare ancora <strong>in</strong> condizioni simili significava<br />
esporre a sicuro sacrificio i superstiti. La destra non avanzava, a s<strong>in</strong>istra il<br />
nemico sempre <strong>in</strong> possesso delle tr<strong>in</strong>cee di Hudi Log. Le truppe, dopo aver<br />
superato la violenza dei contrattacchi nemici, si rafforzarono sulle posizioni<br />
raggiunte. 11<br />
Questa volta i fanti <strong>in</strong> <strong>rosso</strong> e <strong>nero</strong> non riescono a centrare gli obiettivi<br />
loro assegnati. Provata e sf<strong>in</strong>ita dai violenti, sangu<strong>in</strong>osi e stressanti<br />
11 - Ibidem, pag. 220.<br />
45
combattimenti, la «Catanzaro», nella notte tra il 25 e il 26 maggio, è<br />
rimpiazzata dalla «Lario». Il 142°, sostituito <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea dal 234°, dopo aver<br />
trascorso una breve sosta nelle tr<strong>in</strong>cee di Quota 208 e lungo la 4ª l<strong>in</strong>ea<br />
difensiva tra Oppacchiasella e Ferleti, lascia il fronte del Carso e si dirige<br />
alla volta di Polazzo e da qui, dopo una notte passata all’addiaccio,<br />
negli accantonamenti di Ruda e Perteole.<br />
Ma non c’è abbastanza tempo per riorganizzarsi, perché agli <strong>in</strong>izi di<br />
giugno l’esercito austroungarico sferra la controffensiva sull’Hermada,<br />
del tutto <strong>in</strong>attesa dai comandi italiani, che nel giro di pochi giorni mette<br />
fuori combattimento circa ventiduemila nostri soldati.<br />
Per arg<strong>in</strong>are l’avanzata nemica, il XIII Corpo d’Armata richiama <strong>in</strong><br />
l<strong>in</strong>ea la «Catanzaro», che il 2 giugno è trasferita fra Gonars e Morsano.<br />
Due giorni dopo, alle 10, il comando della Brigata riceve l’ord<strong>in</strong>e dalla<br />
34ª Divisione di allertare i suoi uom<strong>in</strong>i, mentre <strong>in</strong> serata, alle 19:50,<br />
giunge un fonogramma a mano del XIII Corpo d’Armata che dispone il<br />
trasferimento dei due reggimenti a Ferleti, con la prospettiva di un<br />
pronto impiego nei combattimenti.<br />
La notizia non è accolta con entusiasmo dai soldati che, dopo tanti<br />
mesi impiegati al fronte, accampano il diritto di godere un periodo di<br />
riposo nelle retrovie.<br />
Alle 20, pochi m<strong>in</strong>uti dopo aver ricevuto il messaggio, scoppia la<br />
protesta: dall’accampamento del 142° si odono una dec<strong>in</strong>a di colpi di<br />
fucile. La calma è subito ristabilita, ma per poco, poiché, <strong>in</strong>torno alle<br />
22:45, dalla 9ª Compagnia del 141° Fanteria partirono delle grida: «siamo<br />
stanchi, vogliamo riposare!» 12<br />
L’accenno di rivolta è però immediatamente sedato dagli ufficiali<br />
che, oltre a trarre <strong>in</strong> arresto quattro zappatori trovati con i fucili carichi<br />
e pronti a far fuoco, scoprono due fanti del I Battaglione del 142° nascosti<br />
<strong>in</strong> un vic<strong>in</strong>o campo di grano; i due saranno denunciati al tribunale<br />
militare come disertori.<br />
Interviene anche il colonnello V<strong>in</strong>cenzo Di Dio, comandante del<br />
Reggimento che, radunata la Brigata, richiama agli ord<strong>in</strong>i e al dovere i<br />
soldati, riprendendo <strong>in</strong> pugno la situazione.<br />
Intorno alla mezzanotte, i fanti della «Catanzaro», a bordo di<br />
12 - Ibidem, pag. 234.<br />
46
L’altipiano del Carso, zona di operazione della Brigata Catanzaro.<br />
47
autocarri, sono trasportati fra Sonetti e Ferleti e, nella notte dal 6 al 7,<br />
sostituiscono <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea i reparti della Brigata «Granatieri di Sardegna» e<br />
del 139° Fanteria «Bari» nel settore di Jamiano (61ª Divisione), tra Quota<br />
241 e la strada Komarice – Brestovizza.<br />
Ma la «bravata» di pochi giorni prima non passa <strong>in</strong>osservata agli<br />
alti comandi, che dispongono l’apertura di un’<strong>in</strong>chiesta. L’<strong>in</strong>crescioso<br />
episodio è, comunque, m<strong>in</strong>imizzato dal comando della Brigata che lo<br />
ritiene un fatto assolutamente isolato, come risulta dal rapporto del<br />
Comando Divisione del giorno dopo: Da <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i fatte sul posto, è risultato<br />
che, dei quattro <strong>in</strong>dividui arrestati, su due soli si hanno prove, mentre altri<br />
due, caporali, erano armati per servizio al momento degli spari e sembra che il<br />
loro fucile sia stato adoperato da ignoti. I due identificati hanno confessato di<br />
aver sparato alcuni colpi, come se avessero fatto la cosa più naturale del mondo,<br />
il che proverebbe l’<strong>in</strong>coscienza loro nel compiere il grave fatto. Perciò il<br />
Comandante del Reggimento e della Brigata non hanno ritenuto di prendere<br />
immediate estreme disposizioni a loro carico. 13<br />
Il turno <strong>in</strong> tr<strong>in</strong>cea trascorre senza che accada nulla di rilevante e il 25<br />
giugno la «Catanzaro» è sostituita dalla Brigata «Granatieri di Sardegna»<br />
ed <strong>in</strong>viata a riposo a Santa Maria la Longa, paes<strong>in</strong>o della media friulana,<br />
importante centro logistico della 3ª Armata, ritornando così a far parte<br />
della 34ª Divisione, trasferita, qu<strong>in</strong>di, alle dipendenze del VII Corpo<br />
d’Armata.<br />
Giunte nel paes<strong>in</strong>o alle porte di Ud<strong>in</strong>e, le truppe si accampano nei<br />
baraccamenti posti sulla strada che da Santa Maria conduce a Santo<br />
Stefano; la forza presente è di 62 ufficiali e 2277 militari di truppa. Il<br />
paes<strong>in</strong>o è gradevole, accogliente, i soldati già pregustano il lungo<br />
periodo di riposo promesso dai Comandi.<br />
Il 27 si procede alla parziale, nuova vestizione e si completa l’armamento.<br />
Poi, dal 29, arrivano i complementi. Il primo luglio il Reggimento, con le<br />
Compagnie mitragliatrici, torna alla piena forza: 67 ufficiali, 3057 uom<strong>in</strong>i di<br />
truppa.<br />
Istruzione al matt<strong>in</strong>o, libera uscita alla sera, bevute e mangiate nelle osterie<br />
del luogo, le ragazze del «cas<strong>in</strong>o» di guerra. Insomma i bravi fanti del 142°,<br />
come tutti i soldati del mondo quando sono a riposo, «fanno flanella», godono<br />
13 - Ibidem.<br />
48
Fanti italiani sulla prima l<strong>in</strong>ea del Nad Logem. Sotto, le zone <strong>in</strong>teressate dalla<br />
Strafexpedition austroungarica.<br />
49
i giorni quieti da trascorrere lontani dal fronte, dai pericoli, dalla morte. 14<br />
Seppur il comportamento assunto dai fanti, <strong>in</strong> questi giorni di riposo<br />
a Santa Maria, sembrasse aver fatto dimenticato del tutto il brutto<br />
episodio del 4 giugno, un s<strong>in</strong>tomo di malessere serpeggia tuttavia negli<br />
animi dei militari.<br />
Infatti, nel mentre gli alti comandi preparano l’<strong>Un</strong>dicesima Battaglia<br />
dell’Isonzo, voci su un possibile impiego della «Catanzaro» al fronte<br />
giungono alle orecchie dei fanti.<br />
E i presentimenti dei fanti diventano realtà il 15 luglio. È domenica;<br />
il tempo bello e il caldo estivo della media friulana <strong>in</strong>vitano i fanti alla<br />
tranquillità, all’ozio. Alle 7, di buon matt<strong>in</strong>o, il cappellano militare<br />
celebra la Santa Messa al campo, all’aperto. Molti fanti, tra cui probabilmente<br />
il nostro Placido, partecipano al rito religioso.<br />
Term<strong>in</strong>ata la funzione, molti soldati si spostano nel vic<strong>in</strong>o centro<br />
del piccolo paese, altri si recano sul canale Brentana a lavare i panni,<br />
altri ancora, <strong>in</strong>vece, passano il loro tempo libero nelle baracche a<br />
spidocchiarsi.<br />
A mezzogiorno viene distribuito il rancio, poi tutti a letto per la<br />
pennichella pomeridiana. I soldati già pregustano la dolce serata della<br />
domenica da trascorrere nell’osteria del paese o <strong>in</strong> compagnia di una<br />
bella ragazza del luogo: a Santa Maria ci sono alcune di loro che fanno<br />
dimenticare ai militari gli orrori della guerra.<br />
Altri, <strong>in</strong>vece, fanno un pensier<strong>in</strong>o per Ud<strong>in</strong>e, dove trascorrere il<br />
pomeriggio domenicale nei cas<strong>in</strong>i di guerra. Ma la distanza da percorrere<br />
a piedi, circa diciotto chilometri, distoglie i fanti a fare questa scelta.<br />
Tutto sembra calmo, tranquillo, nessuno può immag<strong>in</strong>are quello che<br />
da lì a poche ore sta per accadere.<br />
Improvvisamente, come un fulm<strong>in</strong>e a ciel sereno, nel tardo<br />
pomeriggio, <strong>in</strong>torno alle 7:00, arriva il temuto ord<strong>in</strong>e: bisogna partire.<br />
Infatti, un fonogramma del Comando della 45ª Divisione, foglio 5410<br />
Op., ad oggetto: «Spostamento della Brigata», dispone che i due reggimenti<br />
della «Catanzaro» devono lasciare gli accantonamenti di Santa Maria<br />
la Longa e portarsi a Staranzano per mettersi a disposizione del XIII<br />
Corpo d’Armata.<br />
14 - M. VITALE, op. cit., pag. 131.<br />
50
Due vedute aeree di Santa Maria la Longa. La prima parte del toponimo della<br />
cittad<strong>in</strong>a friulana rimanda alla chiesa parrocchiale di Santa Maria, foto <strong>in</strong> basso,<br />
dedicata appunto a Santa Maria Assunta. La seconda parte, <strong>in</strong>vece, associa il<br />
nome della cittad<strong>in</strong>a al fatto che le tre borgate del paese (Bôrc disore, Bôrc di<br />
mièç, Bôrc di Zumpìc) si sono fuse tra loro, dando orig<strong>in</strong>e ad un paese «lungo».<br />
51
Eccone il testo <strong>in</strong>tegrale:<br />
La Brigata deve trasferirsi dagli attuali alloggiamenti a Staranzano. Si danno<br />
disposizioni <strong>in</strong> merito. Il movimento deve avvenire il 16 corr. Per via ord<strong>in</strong>aria<br />
seguendo l’it<strong>in</strong>erario: Santa Maria la Longa, Palmanova, Visco, Aiello, Cadenzano,<br />
Ruda, Villa Vicent<strong>in</strong>a, Papariano, Pieris, Staranzano. La truppa<br />
addaccierà a Villa Vicent<strong>in</strong>a e d<strong>in</strong>torni per poi cont<strong>in</strong>uare la marcia<br />
l’<strong>in</strong>domani. 15<br />
In men che non si dica monta la protesta dei fanti <strong>in</strong> <strong>rosso</strong> e <strong>nero</strong>:<br />
dalle baracche del 141°, quello decorato di medaglia d’oro, si levano<br />
voci di protesta <strong>in</strong>vocanti il riposo e la richiesta di cambiare il fronte. I<br />
militari dopo circa quattro mesi trascorsi sul settore del Carso chiedono<br />
di essere spostati su quello trent<strong>in</strong>o, a loro dire molto più tranquillo.<br />
52<br />
<strong>Un</strong> gruppo di fanti italiani <strong>in</strong> un momento di riposo.<br />
15 - Archivio Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito (<strong>in</strong> seguito sarà<br />
AUSSME), Diario Storico della Brigata Catanzaro, 15 luglio 1917.
Le richieste dei fanti sono riportate anche sul Diario Storico della<br />
Brigata. Ecco cosa scrive l’estensore del diario: Verso le ore 22:30 si udirono<br />
fucilate provenienti dagli accantonamenti dei due reggimenti della Brigata,<br />
accompagnate da alcune grida di «vogliamo riposo, vogliamo cambiar fronte,<br />
siamo stanchi».<br />
La protesta divampa, i fanti del 141° si impossessano di tre mitragliatrici<br />
e le puntano <strong>in</strong> direzione delle baracche degli ufficiali, facendo<br />
fuoco ad altezza d’uomo. Contemporaneamente i più decisi <strong>in</strong>vitano<br />
alla ribellione le truppe del 142°.<br />
L’<strong>in</strong>tervento degli ufficiali, seppur m<strong>in</strong>acciati, riesce a calmare,<br />
seppur per poco, la truppa e a frenare i più faziosi. L’episodio viene<br />
paragonato a quello del 4 giugno, ma <strong>in</strong> realtà non è la stessa cosa <strong>in</strong><br />
quanto, <strong>in</strong>torno alle 23:00 la rivolta scoppia <strong>in</strong> più punti e si estende<br />
rapidamente a tutta la Brigata, divenendo gravissima, dopo la mezzanotte<br />
nella 6ª Compagnia del 142° Fanteria. 16<br />
La rivolta degenera e assume gli aspetti di un vero e proprio conflitto<br />
a fuoco.<br />
I fac<strong>in</strong>orosi di ogni reggimento assaltarono i militari dell’altro reggimento<br />
m<strong>in</strong>acciandoli e sparando loro contro per <strong>in</strong>durli a far causa comune. 17<br />
Si spara con le mitragliatrici, vengono lanciate anche alcune bombe<br />
a mano; sono presi di mira gli ufficiali, i soldati che tentano di sedare<br />
gli scontri e coloro che non vogliono essere trasc<strong>in</strong>ati nella sommossa.<br />
Si contano i primi morti e feriti, tra cui il nostro <strong>fante</strong> Placido Malerba,<br />
che viene prontamente ricoverato nella vic<strong>in</strong>a filanda, adibita ad<br />
ospedale da campo. <strong>Un</strong>a pallottola gli si è conficcata al basso ventre,<br />
perde sangue, la ferita è molto grave. I medici tentano di <strong>in</strong>tervenire,<br />
gli tamponano lo squarcio, forse pensano anche d’<strong>in</strong>tervenire chirurgicamente.<br />
Ma tutto sarà <strong>in</strong>utile.<br />
Al campo, nel frattempo, la rivolta prosegue. A notte <strong>in</strong>oltrata il<br />
comando del Corpo d’Armata, messo al corrente di ciò che accade nella<br />
cittadella militare, prende i primi provvedimenti <strong>in</strong>viando a Santa Maria<br />
oltre cento carab<strong>in</strong>ieri, quattro automitragliatrici, due autocannoni e<br />
reparti di cavalleria.<br />
16 - AUSSME, Diario Storico del VII Corpo d’Armata, 16 luglio 1917.<br />
17 - M. PLUVIANO - I. GUERRINI, Le fucilazioni sommarie nella Prima Guerra Mondiale,<br />
Gaspari Editore, Ud<strong>in</strong>e 2004, pag. 71.<br />
53
La lotta, tranne brevi soste, si protrae per tutta la notte.<br />
<strong>Un</strong> riparto del 2° battaglione del 142° si era asserragliato <strong>in</strong> una posizione<br />
opportuna e con mitragliatrici faceva fuoco ost<strong>in</strong>ato cont<strong>in</strong>uando la resistenza.<br />
Desistette solo dopo che vide piazzati contro gli autocannoni. 18<br />
Gli scontri a fuoco cessano all’alba del giorno dopo grazie all’energico<br />
<strong>in</strong>tervento delle truppe <strong>in</strong>viate per sedarli.<br />
Ventotto militari, sedici dei quali colti con l’arma <strong>in</strong> pugno ed ancora<br />
calda per gli spari, e dodici estratti a sorte dai centoventi fanti della 6ª<br />
Compagnia del 142°, quella più esagitata, sono condotti al muro di c<strong>in</strong>ta<br />
del cimitero di Santa Maria e, alla presenza di due Compagnie, una per<br />
ciascun Reggimento, vengono immediatamente passati per le armi.<br />
Altri centoventitre militari sono arrestati e deferiti al Tribunale di<br />
Guerra. 19<br />
Dal Diario Storico del VII Corpo d’Armata si riporta il fonogramma<br />
N° 5778 <strong>in</strong> cui sono riportate le conseguenze della rivolta: Si deplorano,<br />
per causa dei rivoltosi, le seguenti perdite: morti ufficiali 2, truppa 1; feriti<br />
ufficiali 1, truppa 13 presso il 141° Fanteria, e presso il 142° - morti truppa 2;<br />
feriti ufficiali 2, truppa 6; fra i CC. RR. si è avuto un morto di truppa. 20<br />
Bilancio provvisorio, <strong>in</strong> quanto l’elenco dei decessi dovrà essere<br />
aggiornato, alle 16:15 del 16 luglio 1917, <strong>in</strong>fatti, il tenente medico di<br />
complemento, dottor Guido Valletti, a causa della gravità della ferita<br />
riportata la sera prima, dichiara la morte del soldato Placido Malerba.<br />
Il <strong>fante</strong> terranovese abbandona la vita terrena alla giovane età di<br />
ventuno anni.<br />
Nel tardo pomeriggio, il tenente d’amm<strong>in</strong>istrazione Riccardo de<br />
Rubertis, <strong>in</strong>caricato della tenuta dei registri di Stato Civile presso<br />
l’ospedale da campo N° 206, redige l’atto di morte:<br />
L’anno millenovecentodiciassette ad alli sedici del mese di luglio nel Comune<br />
di Santa Maria la Longa mancava ai vivi alle ore sedici e m<strong>in</strong>uti qu<strong>in</strong>dici <strong>in</strong> età<br />
18 - M. PLUVIANO - I. GUERRINI, op. cit., pag. 72.<br />
19 - Con sentenza del 1° agosto 1917, quattro soldati, ritenuti tra i pr<strong>in</strong>cipali<br />
promotori della rivolta, saranno condannati a morte mediante fucilazione<br />
al petto, altri, <strong>in</strong>vece, ritenuti solo complici, ad una pena di qu<strong>in</strong>dici anni e<br />
dieci mesi di reclusione militare.<br />
20 - AUSSME, Diario Storico del VII Corpo d’Armata, 16 luglio 1917.<br />
54
d’anni ventuno il soldato Malerba Placido del 142° Reggimento Fanteria<br />
1ªsezione Bettica N°[4387] di matricola, nativo di Poggio Imperiale, prov<strong>in</strong>cia<br />
di Foggia, figlio di fu Michele e di Crist<strong>in</strong>o Maria G., morto <strong>in</strong> seguito a<br />
peritonite acuta da ferita a canale completo da fucile al basso ventre, sepolto a<br />
Santa Maria la Longa. 21<br />
Soldati condotti al luogo della fucilazione, siamo nel 1917.<br />
21 - Archivio del Comune di Poggio Imperiale, Stato Civile, Registro degli atti<br />
di morte dell’anno 1917, Parte II, Serie C, Numero d’ord<strong>in</strong>e 8.<br />
55
Term<strong>in</strong>a <strong>in</strong> questo modo la guerra e la vita del soldato Placido<br />
Malerba, ma non per i suoi commilitoni i quali, alle 10:30 di quello stesso<br />
giorno, adempiono agli ord<strong>in</strong>i ricevuti ponendosi <strong>in</strong> marcia per raggiungere<br />
Saciletto, anziché Saranzano.<br />
All’atto della partenza e poco prima vi fu ancora qualche disord<strong>in</strong>e; fu sparato<br />
anche qualche colpo di fucile; molte grida sediziose furono emesse <strong>in</strong>sieme con<br />
<strong>in</strong>sulti all’<strong>in</strong>dirizzo degli squadroni prontamente <strong>in</strong>tervenuti. Fu fatto qualche<br />
arresto. La marcia si effettuò lentamente: molti soldati gettavano i pacchetti di<br />
cartucce. Vi è ancora un numero imprecisato di mancanti. 22<br />
I mezzi adoperati nella notte, cavalleria, automitragliatrici e autocannoni<br />
si spostarono colla brigata pronti per <strong>in</strong>tervenire alla prima occasione; la marcia<br />
però procedé bene, malgrado l’ora calda della giornata i cui effetti ven<strong>nero</strong><br />
mitigati da frequenti brevi fermate. 23<br />
Alle 8 antimeridiane di martedì 17 luglio, le truppe sono caricate su<br />
autocarri e trasferite a San Canziano, che raggiungono alle 16 di quello<br />
stesso giorno, accampandosi nei pressi di casc<strong>in</strong>a Massenzio, tornando<br />
alle dipendenze della 34ª Divisione.<br />
Ma vediamo come riporta la vicenda, <strong>in</strong> verità <strong>in</strong> modo molto<br />
laconico, il Diario Storico del 142°:<br />
15 Luglio Domenica: Si osserva l’orario festivo e si celebra la messa al campo.<br />
Poco dopo la ritirata alcuni militari del 141° Fanteria che occupano le<br />
baracche di fronte a quelle del Reggimento, emettono grida sediziose e<br />
sparano dei colpi di fucile, <strong>in</strong>vitando la truppa del 142° Fanteria a<br />
partecipare al movimento di rivolta.<br />
Tutti gli ufficiali <strong>in</strong>tervengono subito tra la truppa, ma il movimenta<br />
si estende e assume le forme di un conflitto a colpi di fucile e bombe a<br />
mano tra i militari rivoltosi che vorrebbero sp<strong>in</strong>gere la massa a<br />
partecipare alla rivolta, e quelli che si difendono per non essere trasc<strong>in</strong>ati<br />
al disord<strong>in</strong>e.<br />
Gli ufficiali riescono ad avere subito sotto mano la maggioranza dei<br />
reparti, che comandano, e circondano con essi i rivoltosi, che si sono<br />
impadroniti di tre mitragliatrici, con le quali cont<strong>in</strong>uano il fuoco, ma<br />
restano chiusi al centro dei baraccamenti. Così ogni loro tentativo di<br />
uscita e di allargamento del raggio della loro azione riesce vano.<br />
22 - M. PLUVIANO - I. GUERRINI, op. cit., pag. 73.<br />
23 - AUSSME, Diario Storico del VII Corpo d’Armata, 16 luglio 1917.<br />
56
L’antica filanda di Santa Maria la Longa, dov’era ubicato l’ospedale da campo<br />
N° 206, com’era ai tempi della guerra e, sotto, com’è oggi.<br />
57
24 - AUSSME, Diario Storico del 142° Reggimento Fanteria, 15 luglio 1917.<br />
25 - Sull’atto di morte del tenente Felice Bott<strong>in</strong>o, sono riportate le stesse cause<br />
che hanno portato alla morte il soldato Placido Malerba.<br />
26 - AUSSME, Diario Storico del 142° Reggimento Fanteria, 16 luglio 1917.<br />
58<br />
Forza presente: Ufficiali 58 - Truppa 2863<br />
Tempo: Bello<br />
Firmato il Colonnello<br />
Comandante di Reggimento<br />
Gaetano Amabile 24<br />
16 Luglio Lunedì: Prima dell’alba cessa il conflitto scoppiato nella notte<br />
precedente.<br />
Dei rivoltosi qualcuno è riuscito a fuggire, gli altri rientrano nelle<br />
loro baracche, restando <strong>in</strong> potere del Comando di Reggimento.<br />
Sono rimaste vittime della rivolta N. 17 militari, di cui 1 morto e 16<br />
feriti; il Maggiore Betti cav. Antonio, contuso, ed il Tenente Bott<strong>in</strong>o<br />
sig. Felice, mortalmente ferito 25 .<br />
Sul luogo si trova anche il Colonnello Brigadiere Danise cav. Adolfo,<br />
comandante della Brigata Catanzaro.<br />
D’ord<strong>in</strong>e del suddetto, N. 4 militari che furono lungo la notte sorpresi<br />
a partecipare alla rivolta vengono passati per le armi. Così pure nella<br />
6ª Compagnia del Reggimento, che <strong>in</strong> massa non ubbidì agli ord<strong>in</strong>i<br />
dei suoi ufficiali, ha luogo una decimazione ed altri 12 militari ad essa<br />
appartenenti sono passati per le armi.<br />
Alle ore 10:30 il Reggimento si trasferisce da Santa Maria la Longa a<br />
Saciletto dove giunge a sera e vi accampa.<br />
Forza presente: Ufficiali 55 - Truppa 2859<br />
Tempo: Bello<br />
Firmato il Colonnello<br />
Comandante di Reggimento<br />
Gaetano Amabile. 26
AUSSME, Lo scarno resoconto della giornata del 16 luglio 1917, riportato sul<br />
Diario Storico del 142° Battaglione Fanteria.<br />
59
Ma quali furono le cause che scatenarono questa rivolta, ben presto<br />
degenerata <strong>in</strong> un vero e proprio conflitto armato?<br />
La relazione del comando della 3ª Armata, <strong>in</strong>viata al generale<br />
Cadorna, <strong>in</strong>dividuò le seguenti cause:<br />
· la propaganda pacifista che riusciva, nonostante tutto, a raggiungere il<br />
fronte;<br />
· l’impressione generata tra i combattenti della Rivoluzione russa di<br />
febbraio e dalle notizie relative allo sfaldamento dell’esercito zarista;<br />
· i fenomeni di <strong>in</strong>discipl<strong>in</strong>a avvenuti precedentemente nella brigata;<br />
· il malcontento fra i soldati causato dalla conv<strong>in</strong>zione di subire un<br />
trattamento <strong>in</strong>giusto rispetto ad altre brigate.<br />
A differenza di casi consimili verificatisi <strong>in</strong> addietro <strong>in</strong> altre brigate –<br />
conclude il rapporto – <strong>in</strong> cui si ebbero più che altro manifestazioni <strong>in</strong>composte<br />
e tumultuose di <strong>in</strong>discipl<strong>in</strong>a e di disobbedienza, nel caso <strong>in</strong> esame si ebbe un<br />
vero e proprio sangu<strong>in</strong>oso tentativo d’imporre la volontà dei gregari a quella<br />
dei capi. Mentre, altra volta, si può escludere che sia stato precedentemente<br />
complottato e poi attuato un vero piano d’azione, è qui manifesta la l<strong>in</strong>ea<br />
direttiva concertata e mantenuta dai capi della rivolta, che fu <strong>in</strong>iziata da gruppi<br />
abbastanza numerosi di aderenti e fu poi favorita dalla facile adesione della<br />
maggioranza delle truppe, e si può dire di tutti quelli che non ne furono<br />
materialmente impediti. 27<br />
A queste cause, alcune di natura pacifiste altre generate dalle mire<br />
eversive di alcuni soldati, bisogna aggiungere anche motivi di carattere<br />
materiale che circolavano nella Brigata e cioè:<br />
· la sospensione delle licenze ai soldati siciliani, presenti <strong>in</strong> buon numero<br />
nella Brigata;<br />
· la conv<strong>in</strong>zione che spettasse ad un’altra Brigata essere rispedita <strong>in</strong><br />
tr<strong>in</strong>cea sul Carso;<br />
· la lunga permanenza sul Carso e il desiderio di passare ad un altro<br />
fronte;<br />
· la scarsa fibra morale dei complementi che avevano rimp<strong>in</strong>guato le fila<br />
dissanguate della Brigata. 28<br />
27 - M. PLUVIANO - I. GUERRINI, op. cit., pag. 74.<br />
28 - Ibidem.<br />
60
Non fu, qu<strong>in</strong>di, una rivolta preparata ed organizzata nei m<strong>in</strong>imi<br />
dettagli, anche se le sensazioni di un probabile richiamo <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea,<br />
per i fanti della «Catanzaro» erano ormai diventate concrete.<br />
Nei giorni immediatamente precedenti la ribellione, <strong>in</strong>fatti, a Santa<br />
Maria la Longa circolavano voci su una possibile e prossima sollevazione<br />
dei militari. Il parroco del paese, don Fiorenzo Ventur<strong>in</strong>i, comunicò al<br />
Comando della Brigata le <strong>in</strong>tenzioni dei soldati, ma questi sottovalutarono<br />
la cosa, anche se il Comando di Corpo d’Armata aveva dislocato<br />
nei pressi un cent<strong>in</strong>aio di carab<strong>in</strong>ieri. Il sacerdote ricorda poi le fasi<br />
della rivolta: <strong>in</strong>torno alle 22:30 il paese fu sconvolto da colpi di arma da fuoco,<br />
con i soldati che sparavano contro la sede del comando e contro la villa dei<br />
Colloredo, dove credevano risiedesse Gabriele D’Annunzio. I rivoltosi<br />
lanciavano bombe a mano e davano la caccia agli ufficiali. Briachi di odio,<br />
correvano <strong>in</strong> masse disord<strong>in</strong>ate verso la stazione e verso il campo di aviazione.<br />
Volevano <strong>in</strong>cendiare gli apparecchi e volevano che arrivassero i treni per<br />
ritornare alle loro case.<br />
Le tragiche giornate del 15 e 16 luglio del 1917, vissute dalla Brigata<br />
Catanzaro, rivivono nel racconto di due abitanti di Santa Maria la Longa,<br />
Baldo Fabris e Giona del Mestre, <strong>in</strong>tervistati dal giornalista Antonio<br />
Pitamitz nel 1981.<br />
Nei suoi ricordi, il del Mestre afferma che quando seppero che dovevano<br />
tornare subito al fronte, i soldati <strong>in</strong> paese dicevano: «Questa sera verrà il bello».<br />
Effettivamente tutti <strong>in</strong> paese sapevano che la rivolta ci sarebbe stata. Dovevano<br />
saperlo anche gli ufficiali, loro sapevano del malumore che serpeggiava tra i<br />
soldati. Poi la sera, verso le otto o le nove, sentimmo un fuoco di fucileria,<br />
sparavano un po’ contro tutti. Rimasero uccisi alcuni ufficiali e parecchi soldati.<br />
La gente seguiva dalle f<strong>in</strong>estre a suo rischio, perché fischiavano pallottole<br />
dappertutto. La rivolta durò tutta la notte, poi arrivarono autobl<strong>in</strong>do, <strong>fante</strong>ria,<br />
cavalleria per rimettere ord<strong>in</strong>e, <strong>in</strong>sieme ai carab<strong>in</strong>ieri. <strong>Un</strong> carab<strong>in</strong>iere rimase<br />
ucciso <strong>in</strong> paese, lo ritrovammo il matt<strong>in</strong>o dopo. Gli ammut<strong>in</strong>ati resistettero,<br />
ma ven<strong>nero</strong> presto disarmati, poi com<strong>in</strong>ciò la decimazione. Ma non fu una<br />
vera decimazione, presero fuori quelli che sembravano più colpevoli. Ne misero<br />
al muro parecchi al cimitero di Santa Maria la Longa. All’esecuzione i soli<br />
testimoni diretti furono i ragazz<strong>in</strong>i. Andarono a vedere coperti dal granturco<br />
che arrivava f<strong>in</strong>o al limite del cimitero. C’era il granone alto e, anzi, uno dei<br />
fucilati, rimasto solo ferito, era scivolato dal mucchio e si era nascosto tra le<br />
61
pannocchie, ma venne scoperto e un ufficiale gli diede il colpo di grazia. Il<br />
giorno dopo era tutto <strong>in</strong> silenzio. Li fecero partire tutti, con il fucile <strong>in</strong> spalla,<br />
ma senza otturatore. Diretti al fronte, ma a Saliceto, vic<strong>in</strong>o Cervignano, fecero<br />
un’altra decimazione, qu<strong>in</strong>di sciolsero i reggimenti e dispersero i fanti nelle<br />
altre unità. 29<br />
Il Fabris, <strong>in</strong>vece, seppur nativo di Santa Maria, non ha assistito personalmente<br />
alla tragedia, <strong>in</strong> quanto era militare <strong>in</strong> Cadore e venne a saperlo<br />
perché al mio reggimento - dice l’anziano friulano nella <strong>in</strong>tervista – venne<br />
un sergente della «Catanzaro» e mi raccontò quello che era successo. Anche lui<br />
era stato tirato dentro, mi disse, ma quando capì come sarebbe andata la baracca,<br />
se l’è squagliata, se n’è tenuto fuori. 30<br />
Dopo le molte epurazioni disposte dal comando d’Armata, sia tra<br />
gli ufficiali che tra la truppa, il 15 agosto la Brigata, riord<strong>in</strong>ata ed <strong>in</strong>serita,<br />
come già detto, nella 34ª Divisione, è dest<strong>in</strong>ata nel settore di Monfalcone,<br />
prendendo posizione nelle tr<strong>in</strong>cee Mandria – Sant’Antonio, Adamo,<br />
Samburgo, a Quota 85, <strong>in</strong> quelle tra Quota 21 e Quota 18 e nella cosiddetta<br />
«tr<strong>in</strong>cea dei sacchetti».<br />
Dopo le cruenti e sciagurate giornate di metà luglio 1917, per la<br />
«Catanzaro» la guerra cont<strong>in</strong>ua.<br />
Sul Carso i fanti della «Catanzaro» sarebbero ben presto tornati a morire,<br />
con la rassegnazione ed il tranquillo coraggio di sempre. 31<br />
29 - G. CORETTI, Santa Maria la Longa, villa sclavorum que similiter dicitur Meleretum,<br />
Ud<strong>in</strong>e 1989, pag. 221.<br />
30 - Ibidem, pag 222.<br />
31 - B. DI MARTINO, op. cit., pag. 239.<br />
62<br />
La 9ª Compagnia del 142° Reggimento Fanteria <strong>in</strong> una foto dell’epoca.
LA VISITA AL TEMPIO OSSARIO DI UDINE<br />
Appresa la tragica vicenda occorsa allo zio Placido Malerba nella<br />
Grande Guerra e il fatto che dal quel ormai remoto 16 luglio 1917 nessun<br />
familiare ha reso visita alla sua tomba, con mia moglie, Primiana<br />
Malerba, sua diretta nipote (ed io suo lontano cug<strong>in</strong>o), abbiamo sentito<br />
il dovere di recarci a far visita al luogo dove egli è sepolto: la Parrocchia<br />
di San Nicolò al Tempio Ossario di Ud<strong>in</strong>e.<br />
Avevamo già <strong>in</strong> programma un viaggio a Tor<strong>in</strong>o <strong>in</strong> occasione della<br />
cresima di un nipote e pertanto abbiamo deciso di recarci prima <strong>in</strong> Friuli<br />
e, da lì, <strong>in</strong> Piemonte.<br />
Giovedì 11 maggio 2006, allo spuntare dell’alba, siamo partiti <strong>in</strong> auto<br />
con i nostri ragazzi, Primiano e Carm<strong>in</strong>e, alla volta di Ud<strong>in</strong>e. Alle 12:30<br />
eravamo a Palmanova e, dopo aver sostato per consumare un frettoloso,<br />
ma gustoso pan<strong>in</strong>o <strong>in</strong> un’area di servizio dell’autostrada A4, alle 14:00<br />
raggiungiamo la cittad<strong>in</strong>a friulana di Santa Maria la Longa, dov’era ad<br />
attenderci Giulia Sattolo che, per la sua tesi di laurea, ha scelto di studiare<br />
il periodo storico legato alla protesta dei fanti della «Catanzaro».<br />
Con Giulia abbiamo visitato il cimitero di Santa Cecilia, teatro della<br />
fucilazione dei ventotto sfortunati fanti della Brigata Catanzaro; la<br />
vecchia filanda, edificio completamente ristrutturato, che ha ospitato<br />
l’ospedale da campo N° 206, dove ha trascorso le ultime ore terrene<br />
Placido Malerba, e, nei suoi pressi, la villa dei Colloredo Mels, dov’era<br />
ospitato, <strong>in</strong> quei tragici giorni di metà luglio 1917, il poeta-soldato<br />
abruzzese Gabriele D’Annunzio.<br />
È stato profondamente emozionante vedere i luoghi che hanno<br />
ospitato il nostro povero zio Placido; ripercorrere e calpestare quelle<br />
stesse zolle su cui, molto probabilmente, nel 1917, hanno camm<strong>in</strong>ato il<br />
nostro sfortunato soldato e tanti altri suoi commilitoni.<br />
Ci siamo soffermati più a lungo presso la struttura che durante la<br />
Prima Guerra Mondiale era adibita ad ospedale da campo, il luogo <strong>in</strong><br />
cui si è compiuto il tragico epilogo della giovane esistenza di Placido<br />
Malerba. Giulia ci ha descritto m<strong>in</strong>uziosamente com’era strutturato il<br />
suo paese nel periodo bellico; i luoghi dov’erano costruiti i baraccamenti<br />
dei soldati, non tanto distanti dal centro del piccolo paese della pianura<br />
friulana; come i fanti trascorrevano il tempo libero; della filanda e<br />
dell’antico cipresso, muto testimone di quei crudeli avvenimenti. Non<br />
si può non negare che un filo di commozione ha colpito i nostri cuori.<br />
63
<strong>Un</strong>’ora dopo, salutata Giulia, che r<strong>in</strong>graziamo per la sua disponibilità<br />
e la sua cordialità, saliti <strong>in</strong> macch<strong>in</strong>a, siamo partiti per Ud<strong>in</strong>e, che<br />
abbiamo raggiunto dopo pochi m<strong>in</strong>uti. Ci siamo diretti subito alla volta<br />
del Tempio, dove alle 15:30 ci attendeva il parroco della Parrocchia di<br />
San Nicolò, monsignor Vittor<strong>in</strong>o di Marco.<br />
Don Vittor<strong>in</strong>o ci ha accolto sul sagrato del Tempio e, dopo aver<br />
controllato su di un corposo registro il luogo di sepoltura dello zio<br />
Placido, ci ha condotto nella cripta del Tempio Ossario, costruzione<br />
<strong>in</strong>augurata il 22 maggio del 1940, che accoglie i resti di oltre 25.000<br />
soldati della Grande Guerra, tra cui quelli dell’alp<strong>in</strong>o Riccardo di Giusto,<br />
primo soldato italiano caduto sotto il fuoco del nemico proprio il 24<br />
maggio 1915, giorno <strong>in</strong> cui l’Italia si affacciava sul teatro della Prima<br />
Guerra Mondiale.<br />
Siamo rimasti attoniti nel vedere tutte le pareti della chiesa rivestite<br />
di auris<strong>in</strong>a, il marmo che si estrae nelle cave friulane, con su impressi i<br />
nomi dei soldati, disposti <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e alfabetico.<br />
Non è stato difficile trovare la parete che ci <strong>in</strong>teressava e, una volta<br />
trovata la nicchia dello zio, un velo di tristezza, accompagnata da un<br />
filo di entusiasmo, ha accomunato tutti noi: io ero emozionato, i ragazzi<br />
<strong>in</strong>curiositi, mia moglie, <strong>in</strong>vece, era commossa.<br />
Per la prima volta, da quel fatidico 16 luglio del 1917, Placido Malerba<br />
riceveva la visita dei suoi familiari.<br />
Primiana ha sfiorato con la mano il nome dello zio e, turbata, il suo<br />
volto si è rigato di lacrime.<br />
Dopo aver recitato con don Vittor<strong>in</strong>o delle preghiere <strong>in</strong> suffragio<br />
dell’anima dello zio-soldato, per ricordare lo straord<strong>in</strong>ario e significativo<br />
evento e trasmettere le nostre <strong>in</strong>tense sensazioni a chi legge queste righe,<br />
abbiamo scattato delle foto, che ci permetteranno di ricordare negli anni<br />
a venire la triste e sfortunata vicenda di Placido Malerba, un ragazzo di<br />
ventuno anni rapito alla sua famiglia e ai suoi affetti, dest<strong>in</strong>ato ad essere<br />
uno dei tanti «agnelli sacrificali» di quella catastrofe che procura rov<strong>in</strong>e<br />
e lutti <strong>in</strong> tante famiglie: la guerra.<br />
64
Da s<strong>in</strong>istra, Carm<strong>in</strong>e,<br />
Primiano, Primiana e<br />
Giulia Sattolo nei<br />
pressi del muro di<br />
c<strong>in</strong>ta del cimitero di<br />
Santa Maria la Longa.<br />
In basso, Carm<strong>in</strong>e alla<br />
stazione ferroviaria<br />
della cittad<strong>in</strong>a della<br />
media friulana.<br />
65
Santa Maria la Longa, sul muro di c<strong>in</strong>ta del cimitero, una corona <strong>in</strong> bronzo ed<br />
una targa ricordano i tragici avvenimenti del 15 e 16 luglio 1917.<br />
66
Cimitero di Santa Maria la Longa, la chiesa di Santa Cecilia.<br />
67
68<br />
Santa Maria la Longa, sopra, la<br />
vecchia filanda, ex ospedale da<br />
campo numero 206 nel corso della<br />
Prima Guerra Mondiale, come<br />
appare oggi. In questo luogo, alle<br />
16 e 15 del 16 luglio 1917, giorno<br />
della festività della Madonna del<br />
Carm<strong>in</strong>e, abbandonava la vita<br />
terrena il <strong>fante</strong> terranovese Placido<br />
Malerba. Nella foto a s<strong>in</strong>istra, il<br />
vecchio cipresso, che si erge<br />
maestoso nel parco della vecchia<br />
filanda, unico e «muto testimone»<br />
che ha visto spegnersi la giovane<br />
vita del soldato Placido Malerba.
Santa Maria la Longa, la villa dei Colloredo Mels, costruzione del XVII secolo,<br />
che ha ospitato Gabriele D’Annunzio, com’era nel 1917 e, nella foto <strong>in</strong> basso,<br />
com’è oggi.<br />
69
Primiano, Primiana e Carm<strong>in</strong>e posano per una foto ricordo sul sagrato del<br />
Tempio Ossario di Ud<strong>in</strong>e, nella cui cripta è <strong>in</strong>umato <strong>in</strong> forma perenne lo zio<br />
Placido Malerba, morto nel corso della Prima Guerra Mondiale. La realizzazione<br />
del Tempio Ossario è stata voluta dall’allora parroco della Parrocchia di San<br />
Nicolò, don Clemente Arturo Cossett<strong>in</strong>i il quale, al ritorno del servizio militare<br />
prestato nell’Esercito Italiano durante la Grande Guerra, concepì l’idea di<br />
raccogliere <strong>in</strong> un tempio votivo le salme dei militari italiani. Su progetto<br />
dell’architetto ud<strong>in</strong>ese Prov<strong>in</strong>o Valle (che nel 1930 sarà sostituito dall’architetto<br />
romano Alessandro Limongelli, autore dell’Ossario al <strong>fante</strong> italiano sul Monte<br />
San Michele), nel 1925 hanno <strong>in</strong>izio i lavori del nuovo Tempio, che sarà<br />
consacrato solennemente nel 1940. Ai lati del portale d’<strong>in</strong>gresso le quattro<br />
statue, realizzate da Silvio Olivo, artista ud<strong>in</strong>ese allievo di Attilio Selva,<br />
raffigurano il Mar<strong>in</strong>aio, l’Alp<strong>in</strong>o, il Fante e l’Aviere. All’<strong>in</strong>terno dell’edificio<br />
religioso si possono ammirare opere di Giann<strong>in</strong>o Castiglioni, Aurelio Mistruzzi,<br />
Jacopo Palma e Francesco Bassano. Nel 1976 la struttura subì notevoli danni<br />
per il forte terremoto e richiese un lungo periodo di ristrutturazione, che portò<br />
il Tempio ai nuovi dettami richiesti dal Concilio Ecumenico Vaticano II.<br />
70
Ud<strong>in</strong>e, Piazzale XXVI Luglio, la facciata e il portone d’<strong>in</strong>gresso del Tempio<br />
Ossario.<br />
71
Primiana con i figli Primiano, a s<strong>in</strong>istra, e Carm<strong>in</strong>e, all’<strong>in</strong>gresso della Parrocchia<br />
di San Nicolò al Tempio Ossario di Ud<strong>in</strong>e.<br />
72
Ud<strong>in</strong>e, cripta del Tempio Ossario, una parete contenente i resti di centoventi<br />
soldati. Nella qu<strong>in</strong>ta fila dal basso, qu<strong>in</strong>ta da s<strong>in</strong>istra, la lapide che chiude la<br />
nicchia con l’urna di Placido Malerba.<br />
73
Primo piano della lapide, <strong>in</strong> marmo auris<strong>in</strong>a, che racchiude i resti del nostro<br />
soldato. Sotto, l’altare della cripta dove vengono celebrate le Sante Messe <strong>in</strong><br />
suffragio dei caduti. Da notare, ai lati dell’altare, le altre lapidi che racchiudono<br />
i piccoli loculi contenenti le ossa di altri militari.<br />
74
... una volta trovata la nicchia dello zio, un velo di tristezza, accompagnata da<br />
un filo di entusiasmo, ha accomunato tutti noi: io ero emozionato, i ragazzi<br />
<strong>in</strong>curiositi, mia moglie, <strong>in</strong>vece, era commossa. Per la prima volta, da quel fatidico<br />
16 luglio del 1917, Placido Malerba riceveva la visita dei suoi familiari.<br />
Primiana ha sfiorato con la mano il nome dello zio e, turbata, il suo volto si è<br />
rigato di lacrime ...! In questa foto, Carm<strong>in</strong>e, Primiana e l’autore del presente<br />
lavoro posano accanto alla tomba dello zio Placido Malerba. È stato, questo, il<br />
momento più <strong>in</strong>tenso, emozionante e commovente della nostra visita al Tempio<br />
Ossario di Ud<strong>in</strong>e.<br />
75
76<br />
Sopra, il Sacrario Militare di Redipuglia. In una<br />
tomba comune di questo mesto ed eloquente<br />
luogo del ricordo sono <strong>in</strong>umati, ignoti tra gli<br />
ignoti, i ventotto fanti della Brigata Catanzaro<br />
fucilati a Santa Maria la Longa la matt<strong>in</strong>a di<br />
lunedì 16 luglio 1917. Nella foto a s<strong>in</strong>istra, il<br />
cippo posto su Quota 1 del Monte San Michele<br />
che ricorda la partecipazione della «Catanzaro»<br />
alla VIª Battaglia dell’Isonzo e alla presa di<br />
Gorizia. Alla conquista del San Michele parteciparono,<br />
<strong>in</strong> affiancamento alla «Catanzaro», la<br />
Brigata «Brescia» e la Brigata «Ferrara», mentre<br />
erano di appoggio i Granatieri di Sardegna.<br />
(R<strong>in</strong>grazio Mario Saccà per il contributo)
HANNO SCRITTO DELLA VICENDA<br />
Pochi mesi dopo la f<strong>in</strong>e delle ostilità, i giornali posero <strong>in</strong> luce alcuni<br />
episodi negativi che ebbero come protagoniste le truppe italiane impegnate<br />
nella Prima Guerra Mondiale. In risposta agli articoli esposti dai<br />
quotidiani giunsero due lettere, pubblicate sull’«Avanti!» del 16 agosto<br />
1919 e sul «Giornale del Popolo» del 24 successivo. Dalle missive, scritte<br />
da ex ufficiali dell’Esercito, si evidenzia il sentimento che pervadeva<br />
nei militari della «Catanzaro» prima dell’ammut<strong>in</strong>amento, le cause che<br />
lo determ<strong>in</strong>arono e le conseguenze che ne derivarono.<br />
Ci riferisce dell’episodio anche Attilio Frescura dalle pag<strong>in</strong>e del suo<br />
«Diario di un imboscato», che apre questo capitolo. 32<br />
(...) 16 giugno<br />
<strong>Un</strong> episodio doloroso: la rivolta della brigata Catanzaro, i cui due reggimenti<br />
sono fregiati di medaglie d’oro e d’argento, segni del valore e del sangue. <strong>Un</strong>a<br />
celebre brigata, che accorsa <strong>in</strong> Trent<strong>in</strong>o nel maggio del 1916, ha compiuto prodigi<br />
di eroismo, ripetendoli di poi, ancora sul Carso, sul Nad-Logem, a Monte San<br />
Michele, a quota 208 Nord, sul Nad-Bregom, nelle tre battaglie dell’ottobre e<br />
novembre 1916 e <strong>in</strong> questa del maggio. Sfruttata, credendosi perseguitata,<br />
perché ai numerosi siciliani che la compongono le licenze ord<strong>in</strong>arie sono concesse<br />
per pochi giorni al mese (si sono formate delle bande di disertori, <strong>in</strong> Sicilia, che<br />
si difendono nelle tr<strong>in</strong>cee!) la brigata al grido: «Vogliamo cambiar fronte!» è<br />
corsa questa notte alle armi, sparando fucili e mitragliatrici all’impazzata. Si<br />
deplorano dei morti, ufficiali e truppa e carab<strong>in</strong>ieri, e dei feriti. Vi sono stati 28<br />
fucilati sul posto e altri 127 tradotti alle carceri: non avranno anch’essi una<br />
sorte migliore.<br />
Così, nel sangue fraterno, questa brigata ha rit<strong>in</strong>to il <strong>rosso</strong> delle sue bandiere!<br />
Ciò si deve all’opera dei «complementi» che provengono dai feriti, dai<br />
condannati e, sopra tutto, dai riformati, che si sono a lungo dibattuti fra una<br />
visita e l’altra. Costoro portano il loro disperato tenace attaccamento alla vita.<br />
Essi sanno che sul Carso - e nella brigata Catanzaro - fatalmente si muore.<br />
Speranza non c’è. Allora, come bestie <strong>in</strong>seguite, essi si difendono e urlano il<br />
loro diritto alla vita. E, nel morire, essi tentano la loro disperata difesa. Intanto<br />
oggi è stato denunciato al tribunale di guerra, per avere <strong>in</strong> una lettera propalato<br />
la notizia, un soldato che ha com<strong>in</strong>ciato così: I fratelli hanno ucciso i fratelli.<br />
32 - Le pag<strong>in</strong>e del diario e le lettere riportate <strong>in</strong> questo capitolo sono pubblicate<br />
su Internet all’<strong>in</strong>dirizzo http://www.cimeetr<strong>in</strong>cee.it/longa.htmsito.<br />
77
La retorica è sempre dannosa... Anche quella dei propagandisti delle nostre<br />
gazzette. I quali farebbero opera ben migliore se persuadessero il Paese a tenere<br />
un contegno <strong>in</strong> armonia al duro sacrificio dei combattenti e se ai combattenti<br />
facessero giungere immediato il conforto delle provvidenze sociali a favore delle<br />
loro famiglie, nonché se persuadessero S. E. Cadorna a mutare strategia.<br />
L’episodio della brigata Catanzaro è isolato.<br />
Che esso sia un monito, però!<br />
Dalla prima pag<strong>in</strong>a dell’«Avanti!» del 16 agosto 1919<br />
78<br />
Soldati che si ribellano e sono fucilati a Santa Maria la Longa<br />
Caro «Avanti!»<br />
La campagna da te così coraggiosamente <strong>in</strong>iziata contro i fucilatori è sacrosanta<br />
e tutti gli onesti, a qualunque partito appartengano, devono approvarla. Ma se<br />
tu volessi registrare tutti i casi di barbarie verificatisi durante la guerra, del<br />
genere di quelli con tanto c<strong>in</strong>ismo confessati da Graziani, dovresti pubblicare<br />
per parecchie settimane un numero quotidiano di sedici pag<strong>in</strong>e. E nemmeno,<br />
forse, esauriresti la materia. Poiché la guerra, coi poteri straord<strong>in</strong>ari e brutali<br />
conferiti a migliaia di del<strong>in</strong>quenti, degenerati, megalomani e prepotenti, <strong>in</strong>vestiti<br />
di comando e spesse volte premiati per l’energia dimostrata verso i disgraziati<br />
che erano alle loro dipendenze, ha giustificato d<strong>in</strong>anzi alle <strong>in</strong>umane leggi militari<br />
gli assass<strong>in</strong>i compiuti freddamente, premeditatamente per puro spirito di<br />
malvagità.<br />
Chi potrà mai descrivere l’orrore delle decimazioni ord<strong>in</strong>ate da Comandanti di<br />
Corpi d’Armata e di Divisioni? Compagnie, battaglioni, reggimenti, brigate<br />
<strong>in</strong>tere all<strong>in</strong>eate per assistere alla nefanda scena dell’assass<strong>in</strong>io dei loro commilitoni,<br />
scelti dal caso. Tristissimi ricordi che la mente vorrebbe aver per sempre<br />
dimenticati.<br />
Ti voglio citare soltanto il tragico fatto della brigata Catanzaro (così si chiamava<br />
quella composta dal 141° e 142° <strong>fante</strong>ria). Quegli <strong>in</strong>felici soldati, dopo oltre<br />
due anni di <strong>in</strong><strong>in</strong>terrotta permanenza nell’<strong>in</strong>ferno del Carso, dopo un turno di<br />
oltre quaranta giorni di tr<strong>in</strong>cea, scalzi, cogli abiti a brandelli, pieni di pidocchi,<br />
emaciati e stremati dalle fatiche e dalle privazioni, ridotti ad uno stato<br />
addirittura spettrale, furono f<strong>in</strong>almente mandati a riposo a Santa Maria la<br />
Longa. Nella brigata, da parecchio tempo, serpeggiava un vivo malcontento<br />
pel rancio scarsissimo e pessimo, pei lunghi turni di tr<strong>in</strong>cea, pei brevissimi
periodi di riposo, per la mancanza o pei ritardi enormi delle concessioni di<br />
licenze (allora v’era la licenza annuale di qu<strong>in</strong>dici giorni, ma quattro qu<strong>in</strong>ti<br />
dei soldati non riuscivano ad averla nemmeno dopo 18 o 19 mesi!), per lo<br />
spettacolo demoralizzante che si ripeteva ormai da troppo tempo di reparti<br />
mandati al massacro - <strong>in</strong>utile massacro! - da capi megalomani e cocciuti, che si<br />
facevano poi belli dell’ardimento e dello spirito di combattività da essi (!)<br />
dimostrato per scroccare promozioni per merito di guerra e decorazioni!<br />
Sono cose queste che tutti quelli che sono stati al fronte sanno benissimo.<br />
Ma ritorniamo al 141° e 142°. Dicevo dunque che i poveri fanti erano andati a<br />
riposo a Santa Maria la Longa. Per calmare la loro legittima esasperazione era<br />
stata sparsa fra i soldati la voce che dopo un lungo turno di riposo, tutta la<br />
brigata sarebbe stata trasferita su un fronte calmo: la Carnia o il Cadore. Passano<br />
quattro o c<strong>in</strong>que giorni ed arriva dalla Divisione un fonogramma che richiamava<br />
tutta la brigata <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea con la massima urgenza.<br />
Vistisi turlup<strong>in</strong>ati <strong>in</strong> modo così barbaro, i poveri fanti che non erano riusciti<br />
nemmeno ancora a spidocchiarsi, perdettero la pazienza e si ribellarono ai propri<br />
ufficiali.<br />
Inutile dire quel che avvenne. Giudizi capitali pronunciati ed eseguiti a tamburo<br />
battente contro soldati, forse <strong>in</strong>nocenti dell’ammut<strong>in</strong>amento, decimazioni, ecc.<br />
ecc. I sopravvissuti dei due reggimenti, <strong>in</strong>colonnati fra due file di automitragliatrici<br />
bl<strong>in</strong>date con l’automobile del generale <strong>in</strong> testa, ricondotti, come un<br />
branco di pecore spaventate, <strong>in</strong> tr<strong>in</strong>cea. Sarebbe da meravigliarsi se tali soldati<br />
si fossero, alla prima occasione propizia, arresi al nemico?<br />
Il fatto avvenne nei primi di luglio del 1917.<br />
Che dire poi di ufficiali i quali si vantavano, pubblicamente <strong>in</strong> presenza di<br />
ufficiali e soldati, di aver ucciso a rivoltellate soldati ed ufficiali subalterni<br />
durante le azioni?<br />
<strong>Un</strong> ufficiale<br />
Da «Il Giornale del Popolo» del 24 agosto 1919<br />
La Brigata Catanzaro e la Commissione d’<strong>in</strong>chiesta<br />
Ill.mo Signor Direttore,<br />
In una delle lettere di S. E. il generale Cadorna al Governo, pubblicate nella<br />
relazione della Commissione d’Inchiesta per i fatti di Caporetto, è rilevato un<br />
episodio doloroso della Brigata Catanzaro.<br />
79
Così come viene esposto, senza aver accennato alle cause che l’hanno generato<br />
e senza aver detto con quali atti di valore la Brigata abbia cancellato dopo di<br />
quell’episodio la sua macchia, esso può produrre <strong>in</strong> chi legge una valutazione<br />
che non risponderebbe alle tradizioni di gloria e di sacrifizi ormai consacrate<br />
nella storia della «Brigata di ferro» (frase di S. E. il generale Cadorna). Nella<br />
lettera suaccennata sembra che la rivolta della Brigata Catanzaro sia uno dei<br />
s<strong>in</strong>tomi precursori della disfatta di Caporetto e si ricolleghi a tutte quelle<br />
manifestazioni di disfattismo che cercavano di annullare i ge<strong>nero</strong>si sentimenti<br />
ed il valore nell’animo del soldato italiano.<br />
Invece la rivolta fu generata da ben altre cause.<br />
La Brigata Catanzaro è stata una di quelle poche che hanno assolto il compito<br />
di brigata di assalto sul Carso dal giugno 1915 al settembre 1917. I due<br />
reggimenti presero parte a tutte le azioni svoltesi sul Carso e concorsero<br />
potentemente ad arrestare l’offensiva nel Trent<strong>in</strong>o, dove il 141° conquistò tanta<br />
gloria nel ritogliere alla baionetta agli austriaci alcuni cannoni nostri caduti<br />
<strong>in</strong> mano del nemico, sul Mosciagh. Per tanti atti di valore, che credo <strong>in</strong>utile<br />
enumerare, al 141°, di motu proprio di S. M. il RE, fu assegnata la medaglia<br />
d’oro con una motivazione che affermava essere stato «sempre ed ovunque di<br />
esempio ai valorosi»; e al 142° la medaglia di argento. S<strong>in</strong> dalla f<strong>in</strong>e del 1916,<br />
per gli enormi sacrifici di vite dati dalla Brigata sulle aspre rocce del Carso,<br />
generali comandanti di divisione e di corpo d’armata promisero agli eroici fanti<br />
un avvicendamento su altra fronte più calma. Di ciò possono fare altissima<br />
testimonianza S. E. il tenente generale Sailer ed il maggior generale Thermes.<br />
Queste promesse non furono mai mantenute, anche quando dopo l’offensiva<br />
del maggio – giugno 1917 la Brigata fu stremata quasi completamente. Quando,<br />
dopo un piccolo periodo di riposo, i vecchi elementi della Brigata seppero che si<br />
sarebbe ritornati sul Carso, e per la grande offensiva dell’Hermada, scoppiò<br />
ist<strong>in</strong>tivo un movimento di rivolta, che si accese violentissimo per la stessa<br />
natura dei fanti, quasi tutti meridionali. A riprova di questo c’è il fatto che<br />
tutti i soldati, <strong>in</strong> quella notte della rivolta, gridavano: «Vogliamo far la guerra,<br />
ma su altra fronte! Ci sono molte Brigate imboscate <strong>in</strong> Carnia e sul Trent<strong>in</strong>o!»<br />
E che l’animo dei nostri soldati non fosse <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>ato dal disfattismo, lo prova il<br />
valore spiegato dalla Brigata stessa nell’offensiva dell’agosto - settembre 1917<br />
(Hermada) valore che fu esaltato (e per la terza volta durante la guerra) <strong>in</strong> un<br />
bollett<strong>in</strong>o di guerra del Comando Supremo.<br />
Quando fu noto il disastro di Caporetto ai nostri soldati essi piansero ed<br />
80
asserivano <strong>in</strong>genuamente (eravamo allora <strong>in</strong> Val d’Astico, nel Trent<strong>in</strong>o) che<br />
se ci fossero stati loro il disastro non sarebbe avvenuto.<br />
Questa è la verità, signor Direttore, e spero che Ella voglia farla rifulgere dalle<br />
colonne del suo giornale. E mi permetto esprimere il doloroso stupore mio e di<br />
tutti i miei colleghi perché un fatto di simile natura sia stato reso pubblico, <strong>in</strong><br />
quel modo, senza i particolari necessari per lumeggiarne la vera essenza e citando<br />
il nome della gloriosa Brigata – certamente una delle più belle fra le Brigate di<br />
nuova formazione dell’esercito italiano – quando quei dolorosi episodi, più o<br />
meno gravi, per le identiche ragioni cui sopra ho accennato, si sono verificati<br />
<strong>in</strong> quasi tutte le migliori Brigate che hanno combattuto sul Carso.<br />
Come ultima prova di quel che ha dato alla Patria la Brigata Catanzaro, le<br />
basti sapere che i complementi ricevuti da essa dal giugno del 1915 all’ottobre<br />
del 1917, per sopperire alle perdite patite, superano i trentaseimila.<br />
R<strong>in</strong>graziandola per la cortese ospitalità mi creda<br />
Ten. Giorgio Nuanes<br />
Ufficiale di collegamento P.141. Regg. Fanteria<br />
La prima pag<strong>in</strong>a del «Giornale d’Italia» del 30 maggio 1916 che riporta la<br />
brillante azione dei fanti della «Catanzaro» sul Mosciagh. (Archivio Adolfo<br />
Zamboni)<br />
81
82<br />
<strong>Un</strong>a tr<strong>in</strong>cea sull’Altopiano di Asiago, zona su cui operò la «Catanzaro».
LA «DECIMAZIONE» NEI RICORDI DI GABRIELE D’ANNUNZIO<br />
Come abbiamo già visto nelle pag<strong>in</strong>e precedenti, a Santa Maria la<br />
Longa, nelle cruenti e tragiche giornate del 15 e 16 luglio 1917, era<br />
presente anche il poeta Gabriele D’Annunzio, ospite dei Colloredo Mels,<br />
presso la cui residenza i fanti della Catanzaro protestarono e spararono<br />
addirittura alcuni colpi di arma da fuoco, i cui fori sono visibili ancora<br />
oggi sulla facciata dell’abitazione della nobile famiglia friulana.<br />
Il «vate» assistette di persona alla fucilazione dei ventotto fanti, rei e<br />
decimati, promotori della rivolta della notte del 15 e lasciò ai posteri la<br />
sua testimonianza di quel funesto avvenimento che si può leggere nel<br />
Libro Ascetico della Giov<strong>in</strong>e Italia sotto il titolo «Cantano i morti con la terra<br />
<strong>in</strong> bocca e le carene valicano i monti».<br />
Dissanguata da troppi combattimenti, consunta <strong>in</strong> troppe tr<strong>in</strong>cee, stremata<br />
di forze, non restaurata dal troppo breve riposo, costretta a ritornare nella<br />
l<strong>in</strong>ea del fuoco, già sovversa dai sobillatori come quel battaglione della Quota<br />
28 che aveva gridato di non voler più essere sp<strong>in</strong>to al macello, l’eroica Brigata<br />
«Catanzaro» una notte, a Santa Maria la Longa, presso il mio campo d’aviazione<br />
si ammut<strong>in</strong>ò. (…) La sedizione fu doma con le bocche delle armi corazzate. Il<br />
fragore s<strong>in</strong>istro dei carri d’acciaio nella notte e nel matt<strong>in</strong>o lacerava il cuore<br />
del Friuli carico di presagi. <strong>Un</strong>a parola spaventevole correva coi mul<strong>in</strong>elli di<br />
polvere, arrossava la carrareccia, per la via battuta: «La decimazione! La<br />
decimazione!». L’imm<strong>in</strong>enza del castigo <strong>in</strong>crudeliva l’arsura (…) Di schiena<br />
al muro grigio furono messi i fanti condannati alla fucilazione, tratti a sorte<br />
nel mucchio dei sediziosi. Ce n’erano della Campania e della Puglia, di Calabria<br />
e di Sicilia: quasi tutti di bassa statura, scarni, bruni, adusti come i mietitori<br />
delle belle messi ov’erano nati. Il resto dei corpi nei poveri panni grigi pareva<br />
confondersi con la calc<strong>in</strong>a, quasi <strong>in</strong>tridersi con la calc<strong>in</strong>a come i ciottoli. E da<br />
quello scoloramento e agguagliamento dei corpi mi pareva l’umanità dei volti<br />
farsi più espressiva, quasi più avvic<strong>in</strong>armisi, per non so qual rilievo terribile<br />
che quasi mi ferisse con gli spigoli dell’osso. I fucilieri del drappello all<strong>in</strong>eati<br />
attendevano il comando, tenendo gli occhi bassi, fissando i piedi degli <strong>in</strong>felici,<br />
fissando le grosse scarpe deformi che s’appigliavano al terreno come radici<br />
maestre. Io traversavo il muro col mio penoso occhio di l<strong>in</strong>ee; e scoprivo i<br />
seppellitori anch’essi all<strong>in</strong>eati dall’altra parte con le vanghe e con le zappe<br />
pronti a scavare la fossa vasta e profonda. Non mi facevano male come gli<br />
sguardi dei condannati alla fossa. I morituri mi guardavano. I loro sguardi<br />
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smarriti non più erravano ma si fermavano su me che dovevo essere pallido<br />
come se la vita mi avesse abbandonato prima di abbandonarli. Gli orecchi mi<br />
sibilavano come nell’<strong>in</strong>izio della vertig<strong>in</strong>e, ma era il ronzio delle mosche<br />
immonde.<br />
Siete <strong>in</strong>nocenti?<br />
Forse trasognavo. Forse la voce non passò la chiostra de’ miei denti. Ma<br />
perché allora il silenzio divenne più spaventoso, e tutte le facce umane apparvero<br />
più esangui? E perché l’afa del matt<strong>in</strong>o d’estate s’approssimò e s’appesantì<br />
come se il cielo della Campania e il cielo della Puglia e il cielo della Calabria e<br />
il cielo di Sicilia precipitassero <strong>in</strong> quell’ardore fermo e bianco?<br />
Siete <strong>in</strong>nocenti? Siete traditi dalla sorte della decimazione? Si, vedo. La<br />
figura eroica del vostro reggimento è riscolpita nella vostra angoscia muta,<br />
nell‘osso delle vostre facce che hanno il colore del vostro grano, di quel grano<br />
g<strong>rosso</strong> che si chiama grano del miracolo, o contad<strong>in</strong>i. Siete contad<strong>in</strong>i. Vi conosco<br />
alle mani. Vi conosco al modo di tenere i piedi <strong>in</strong> terra. Non voglio sapere se<br />
siete <strong>in</strong>nocenti, se siete colpevoli. So che foste prodi, che foste costanti. La legione<br />
tebana, la sacra legione tebana, fu decimata due volte. Espiate voi la colpa? O<br />
espiate la Patria contam<strong>in</strong>ata, la stessa vostra gloria contam<strong>in</strong>ata? Ci fu una<br />
volta un re che non decimava i suoi secondo il costume romano ma faceva<br />
uccidere tutti quelli che nella statura non arrivassero all’elsa della sua grande<br />
spada. Di mezza statura voi siete, uom<strong>in</strong>i di aratro, uom<strong>in</strong>i di falce. Ma che<br />
importa? Tutti non dobbiamo oggi arrivare con l’animo all’elsa della spada<br />
d’Italia? Il Dio d’Italia vi riarma, e vi guarda. I fanti avevano discostato dal<br />
muro le schiene. Tenevano tuttora i piedi piantati nella zolla ma le g<strong>in</strong>occhia<br />
flesse come sul punto di entrare nelle impronte delle calcagna. E, con una<br />
passione che curvava anche me verso terra, vidi le loro labbra muoversi, vidi<br />
nelle loro labbra smorte formarsi la preghiera: la preghiera del tugurio lontano,<br />
la preghiera dell’oratorio lontano, del santuario lontano, della lontana madre,<br />
dei lontani vecchi. (…) Le armi brillarono. (…) M’appressai. Attonito riconobbi<br />
le foglie dell’acanto (…). Recisi i gambi col mio pugnale. Raccolsi il fascio.<br />
Tornai verso gli uom<strong>in</strong>i morti che con le bocche prone affidavano al cuor della<br />
terra il sospiro <strong>in</strong>terrotto dagli uom<strong>in</strong>i vivi. E tolsi le frasche ignobili di sul<br />
frantume sangu<strong>in</strong>oso. Ch<strong>in</strong>o, lo ricopersi con l’acanto.<br />
Gabriele d’Annunzio<br />
84
LA BRIGATA «CATANZARO» A MONTE MOSCIAGH<br />
di MARIO SACCÀ<br />
La Brigata Catanzaro il 27 maggio 1916 fu protagonista di un’azione<br />
che rafforzò il morale delle truppe italiane impegnate a contrastare la<br />
Strafexpedition, ideata e guidata dal capo di stato maggiore austriaco<br />
Conrad, che nei tredici giorni trascorsi dall’<strong>in</strong>izio dell’offensiva - 15<br />
maggio 1916 - aveva registrato solo vittorie facendo temere l’<strong>in</strong>vasione<br />
della pianura veneta e l’aggiramento delle truppe italiane schierate sul<br />
fronte isont<strong>in</strong>o.<br />
L’evento, se si fosse verificato, avrebbe provocato la f<strong>in</strong>e della guerra<br />
con la nostra sconfitta. Ma il 141° Reggimento della nostra unità militare,<br />
nel corso di un contrattacco condotto con impeto, diede un primo<br />
segnale di riscossa riconquistando, sul Monte Mosciagh, i cannoni persi<br />
durante un attacco degli austriaci. La Brigata, prima schierata sul Carso,<br />
era stata richiamata, assieme ad altre, sul fronte degli Altipiani di Asiago<br />
e Folgaria per rafforzare la difesa contro la «Spedizione Punitiva».<br />
Per raccontare quanto accadde facciamo parlare i documenti.<br />
Nel diario di guerra è scritto:<br />
Giovedì 18 maggio 1916 il Generale comandante la Brigata Catanzaro,<br />
Sanna, fu chiamato a rapporto dal comandante della 28ª Divisione di<br />
Fanteria che ord<strong>in</strong>ò ai due reggimenti che la componevano - 141° e<br />
142° - di tenersi pronti alla mobilitazione.<br />
Venerdì 19 il telegramma N° 24647 della Direzione trasporti stabilì<br />
la partenza da Palmanova per Vicenza di un battaglione del 141°. In<br />
giornata il comando della Divisione <strong>in</strong>viò due fonogrammi: il 971<br />
segnalò l’arrivo a Santa Maria la Longa di mezzi per il trasporto di un<br />
battaglione del 142°; il 979 dispose la partenza degli altri due battaglioni<br />
del 141°.<br />
Alle 13:29 di quel giorno partì il 3°/141°, alle 18:23 ed alle 23:23 lo<br />
seguirono rispettivamente il 1° e il 2°/141°. La 6ª e 7ª compagnia e tre<br />
plotoni dell’8ª compagnia del 142° si mossero da Santa Maria la Longa<br />
con sessantaquattro autocarri, portando con sé due sezioni di mitragliatrici.<br />
Sabato 20 maggio partirono le unità residue del 142°: il 3° battaglione<br />
alle 4:09, il 1° ed il resto del 2° alle 13:00<br />
Domenica 21 fu la volta del comando della Brigata, dei comandi del<br />
141° e 142°, della compagnia zappatori e di una sezione mitragliatrici.<br />
85
Tutti andarono a Vicenza. La «Catanzaro» fu <strong>in</strong>serita nella 5ª Armata,<br />
al comando del generale Frugoni, già capo della 2ª, che se le truppe<br />
austriache avessero raggiunto la pianura veneta - obiettivo della<br />
Strafexpedition - avrebbe avuto il compito di contrastarle sul quel<br />
territorio. Ma le cose andarono diversamente e l’Armata divenne fonte<br />
di riserve da <strong>in</strong>viare alla prima l<strong>in</strong>ea degli Altipiani. I giornali davano<br />
le prime notizie dell’attacco di Conrad: nei sei giorni <strong>in</strong>iziali la destra<br />
dell’esercito austriaco aveva strappato agli italiani una posizione dopo<br />
l’altra e <strong>in</strong>flitto gravi perdite. La nostra difesa crollava «a pezzo a pezzo»,<br />
specie sulla s<strong>in</strong>istra e al centro, schiudendo agli avversari la strada verso<br />
Tiene e Schio.<br />
Il 141°, dopo una sosta a Padova, raggiunse Marostica e da lì fu <strong>in</strong>viato<br />
verso Asiago, che raggiunse seguendo la via più breve.<br />
Durante il tragitto - scrive il sottotenente Adolfo Zamboni (aiutante<br />
maggiore del comandante del II Battaglione maggiore Corrado) nei suoi<br />
diari - ci si offre lo spettacolo desolante dei primi profughi: sono vecchi<br />
montanari dalla pelle abbronzata, donne e bamb<strong>in</strong>i macilenti per i disagi del<br />
viaggio, a piedi o su carrette, cariche di povere masserizie. Questi <strong>in</strong>felici ci<br />
narrano i primi avvenimenti: dal giorno 16 (maggio ndr) hanno lasciato le<br />
loro case; i nostri si ritirano sotto l’urto violentissimo del nemico. Da Cima<br />
<strong>Un</strong>dici al Pasubio la l<strong>in</strong>ea è rotta, i forti di Verena e Campolongo sono <strong>in</strong><br />
possesso degli austriaci, i quali calano per le valli, tutti i paesi sono <strong>in</strong> fiamme.<br />
I soldati italiani non si scoraggiano - «noi siamo - dicono - la Brigata di<br />
ferro. Gli austriaci non ci fanno paura».<br />
La notte del 23 maggio il Reggimento giunse a Pria dell’Acqua,<br />
avanzando cautamente f<strong>in</strong>o alle pendici del Kaberlaba. Alle prime luci<br />
dell’alba videro Asiago, la cittad<strong>in</strong>a era <strong>in</strong> fiamme, colpita dai 380 e dai<br />
420 imperiali. Quel giorno ricorreva il primo anniversario dell’entrata<br />
<strong>in</strong> guerra dell’Italia e Vittorio Emanuele III pubblicò un proclama rivolto<br />
ai soldati italiani facendo voti «perché ogni miglior fortuna ci accompagni<br />
nelle future lotte».<br />
Era un augurio necessario per le truppe che, accorse da ogni parte<br />
del fronte, stavano organizzando una l<strong>in</strong>ea di resistenza per opporsi al<br />
disastro.<br />
Il colonnello Di Mart<strong>in</strong>o nel suo libro «La Guerra della <strong>fante</strong>ria 1914 -<br />
1918» parla così della «Catanzaro»: «I veterani del Carso e di Oslavia<br />
86
arrivavano preceduti da una consolidata fama di duri combattenti e non avevano<br />
bisogno di troppe raccomandazioni».<br />
Il terreno dell’Altopiano presentava caratteristiche molto diverse da<br />
quelle del fronte isont<strong>in</strong>o e non avevamo combattenti addestrati alla<br />
bisogna. Il comandante del XIV Corpo d’Armata il 25 maggio si pose il<br />
problema e, con un ord<strong>in</strong>e <strong>in</strong>oltrato a tutta la catena di comando, <strong>in</strong>dicò<br />
i modi per affrontare lo scontro.<br />
Alle 12:45 del 24 al 141° Fanteria venne recapitato l’ord<strong>in</strong>e di <strong>in</strong>viare<br />
due battaglioni a sostegno della Brigata Alessandria, impegnata sul<br />
Monte Meatta: si mossero alle 15:,30, ma a quell’ora gli austriaci avevano<br />
già occupato la montagna: l’Alessandria era stata massacrata e la Brigata<br />
Lombardia non era <strong>in</strong> grado di contenere l’impeto della 3ª Armata<br />
avversaria. I soldati ven<strong>nero</strong> dirottati sulla l<strong>in</strong>ea Monte Mosciagh –<br />
Monte Interrotto f<strong>in</strong>o ad allora affidata ad una difesa debole. Vi giunsero<br />
alle 3 del matt<strong>in</strong>o del 26 ed alle 7:00 <strong>in</strong>iziò, violenta, la battaglia. Il<br />
comandante, colonnello Thermes aveva detto ai suoi: «Figliuoli, se occorre<br />
sacrificatevi tutti. Pensate: se il nemico riuscirà a superare queste ultime<br />
resistenze, <strong>in</strong> poche ore sarà al piano. Non dovete permettere tanta <strong>in</strong>famia».<br />
«In seguito ad azione di sorpresa – si legge nel diario storico della Brigata<br />
- sono perdute dai nostri due batterie di campagna (sei cannoni) e quattro<br />
cassoni (contenitori di munizioni)».<br />
La 4ª Compagnia del 141° riceve l’ord<strong>in</strong>e di contrattaccare immediatamente<br />
e «lo fa con slancio riuscendo se non a riprendere i pezzi almeno ad<br />
impedire che siano portati via» tenendoli sotto il tiro dei fucili.<br />
«Era già una vittoria, ma - afferma Zamboni - bisognava riconquistare i<br />
pezzi».<br />
Gli austriaci ritirati dalla cima del Mosciagh, la tenevano sotto il<br />
fuoco delle mitragliatrici. La notte fra il 26 e il 27 trascorse fra gli spari<br />
ed un violento temporale. Il Reggimento era privo di copertura sul fianco<br />
destro e temeva l’aggiramento.<br />
Verso l’alba, alle 5:45, giunse l’ord<strong>in</strong>e: «Oggi ed al più presto il 141°<br />
Reggimento Fanteria eseguirà un’azione contro il nemico cercando di riprendere<br />
i pezzi di artiglieria abbandonati».<br />
I fanti erano privi di cibo da due giorni, ma il rancio ed il caffè caldo<br />
giunsero <strong>in</strong> tempo «e tutti i soldati possono ristorarsi e riprendere vigore.»<br />
Prosegue Zamboni « ... nel pomeriggio il maggiore Corrado, mentre<br />
87
perlustrava la l<strong>in</strong>ea avanzata, venne ferito ad un braccio, il prode ufficiale non<br />
lascia trapelare nulla alla truppa; mi avverte dell’accaduto e mi dichiara che<br />
non lascerà il posto di combattimento, tanto più che al calar delle tenebre il<br />
battaglione dovrà attaccare per raggiungere la l<strong>in</strong>ea dei cannoni e liberarli.<br />
Per ogni evenienza si mette <strong>in</strong> più stretto contatto col capitano Ippolito, siciliano<br />
di Canicattì, (poi caduto sul San Michele del Carso il 7 agosto 1916 e sepolto a<br />
Sdrauss<strong>in</strong>a) che comanda la 7ª Compagnia… egli ha pensato di scegliere pochi<br />
audaci per fare un colpo di mano sull’imbrunire. Munisce i suoi uom<strong>in</strong>i di<br />
grosse corde, li guida strisciando f<strong>in</strong>o ai pezzi, li raggiunge, ma è notato dal<br />
nemico che scatena un fuoco d’<strong>in</strong>ferno. Non tutti ritornano... le perdite<br />
aumentano: cadono i sottotenenti Marotta, Padula, Mastronardi e Siconolfi<br />
prima ancora che <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ci l’azione».<br />
Verso il tramonto il 141° Fanteria, al comando tattico della Brigata<br />
Salerno, che conta solo su un nucleo di superstiti, riceve ord<strong>in</strong>e d’attacco<br />
che <strong>in</strong>izia alle 20:45.<br />
Annota Zamboni: «Il primo battaglione rimarrà nella sua posizione sulla<br />
s<strong>in</strong>istra, fra l’Interrotto e il Mosciagh, il secondo svolgerà l’azione, protetto<br />
sulla destra dal terzo battaglione, che f<strong>in</strong>almente può raggiungere la l<strong>in</strong>ea, e<br />
r<strong>in</strong>forzato dal primo battaglione del 142° Fanteria. Perché l’azione possa riuscire<br />
è necessario che le truppe muovano senza far fuoco… facendo uso della sola<br />
baionetta. Appena superato il ciglione del Monte e costretto il nemico a ritirarsi<br />
i soldati potranno impegnarsi col fuoco onde trattenere l’avversario e consentire<br />
ai nostri di recuperare i pezzi».<br />
«I tentativi sono ripetuti e per due ore la battaglia si svolge paurosa perché<br />
le tenebre aumentano l’orrore. Perdiamo altri dieci ufficiali e un cent<strong>in</strong>aio di<br />
uom<strong>in</strong>i di truppa, ma la l<strong>in</strong>ea dei cannoni è raggiunta e superata, i nostri<br />
artiglieri possono <strong>in</strong> parte recuperare il materiale, <strong>in</strong> parte renderlo <strong>in</strong>servibile».<br />
«Verso le 21:45 - è scritto nel rapporto ufficiale sullo scontro - dopo<br />
circa un’ora e tre quarti di accanito combattimento <strong>in</strong><strong>in</strong>terrotto, <strong>in</strong> un ultimo<br />
violentissimo attacco alla baionetta di tutta la l<strong>in</strong>ea si riuscì def<strong>in</strong>itivamente a<br />
ricacciare il nemico oltre cento metri dalla sua primitiva posizione ed a liberare<br />
i pezzi d’artiglieria che rimasero nelle nostre mani».<br />
«Il comandante della Brigata <strong>in</strong>caricò del recupero dei pezzi un capitano<br />
d’artiglieria, con tre subalterni, molti artiglieri e gran numero di robustissimi<br />
cavalli. Furono messi a disposizione anche sessanta soldati di <strong>fante</strong>ria… ma si<br />
manifestò subito grande difficoltà. Ven<strong>nero</strong> presi e trasportati sei cassoni: verso<br />
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<strong>Un</strong> centro di smistamento militare del nostro esercito nella Prima Guerra<br />
Mondiale, dopo, foto <strong>in</strong> basso, c’era la tr<strong>in</strong>cea e ... la morte!<br />
89
le 2:28 venne da me (colonnello Thermes comandante del reggimento) il<br />
capitano d’artiglieria (Ippolito) e mi dichiarò che malgrado tutti gli sforzi,<br />
non era riuscito a smuovere i pezzi, sia perché molto affondati nel terreno, sia<br />
perché <strong>in</strong>tralciati da grossi tronchi d’albero. Il capitano mi assicurò di avere<br />
reso i pezzi <strong>in</strong>servibili levando loro gli otturatori ed i congegni di puntamento.<br />
Caricò il materiale su una carretta, compresi duecento proiettili e verso le 7<br />
lasciò il Mosciagh. Posso accertare, anche per testimonianze degli ufficiali di<br />
<strong>fante</strong>ria che hanno visto l’artiglieria al lavoro, che nessun mezzo venne lasciato<br />
pel recupero dei pezzi. La loro importanza era tale che molte vite erano state<br />
sacrificate per riprenderli!».<br />
Nel diario di guerra si notò brevemente: «alle 20:45 s’<strong>in</strong>izia l’attacco<br />
del 141° per recuperare i pezzi abbandonati, vi concorre la Compagnia di destra<br />
del battaglione Montuori. L’attacco riesce. Tempo: piove».<br />
L’azione ebbe un grande risalto: il generale Lequio, comandante le<br />
truppe dell’Altipiano, additò i fanti della Catanzaro come esempio e<br />
pubblicò un proclama da far leggere e commentare ai soldati: «Si è<br />
dimostrato <strong>in</strong> modo assoluto che quando si vuole si può v<strong>in</strong>cere, si v<strong>in</strong>ce. Il<br />
nemico reso baldanzoso dai precedenti successi è stato ributtato con slancio e<br />
valore. Esso avrà compreso che il soldato italiano sa stargli di fronte e sa<br />
v<strong>in</strong>cerlo… Mi compiaccio vivamente con tutti i valorosi delle truppe impegnate.<br />
Ora essi ne seguano l’esempio…»<br />
Sul bollett<strong>in</strong>o del Comando Supremo fu scritto: «Sull’Altopiano di<br />
Asiago le nostre truppe occupano attualmente, affermandovisi, le posizioni a<br />
dom<strong>in</strong>io della Conca d’Asiago. <strong>Un</strong> brillante contrattacco delle valorose <strong>fante</strong>rie<br />
del 141° Reggimento liberò due batterie rimaste circondate sul Monte<br />
Mosciagh».<br />
«Su Monte Mosciagh la baionetta recuperò il cannone»: fu, da allora, il<br />
motto della Brigata «Catanzaro».<br />
«Da questo fatto d’arme - scrisse il sottotenente padovano Adolfo<br />
Zamboni - muove la motivazione con cui alla bandiera del Reggimento - più<br />
tardi famoso per altre azioni sul Carso - venne concessa la medaglia d’oro<br />
al valor militare».<br />
90
LA 6ª BATTAGLIA DELL’ISONZO SUL SAN MICHELE 33<br />
da un manoscritto di ADOLFO ZAMBONI 34<br />
«sic nos non nobis»<br />
(così noi, ma non per noi )<br />
C<strong>in</strong>que battaglie dell’Isonzo avevano <strong>in</strong>franto lo slancio di una selva<br />
di petti eroici contro le vette del San Michele e la fosca coll<strong>in</strong>a cont<strong>in</strong>uava<br />
tuttavia a rimanere nelle mani dei valorosi difensori, che parevano<br />
essersi uniti con sacro giuramento a quel baluardo di resistenza, sul<br />
quale andava aumentando con ritmo spaventoso l’olocausto delle<br />
giovani vite, falciate dalla mitraglia sotto i reticolati.<br />
33 - La 6ª Battaglia dell’Isonzo (6-10 agosto 1916) è nota anche come «Battaglia di<br />
Gorizia» perché portò il nostro esercito alla conquista di quella città. (Questo<br />
capitolo, pubblicato sul sito web cimeetr<strong>in</strong>cee.it, è curato da Adolfo Zamboni<br />
junior, nipote dell’autore del manoscritto, che ha redatto anche queste note.)<br />
34 - Adolfo Zamboni nacque a Berra (Cologna Ferrarese) il 2 marzo del 1891.<br />
Sottotenente di complemento, comandò il 4° plotone dell’8ª Compagnia del<br />
II Battaglione del 141° Reggimento Fanteria, Brigata «Catanzaro», impegnato<br />
prevalentemente sul Carso e, per un breve periodo, sull’Altopiano di Asiago.<br />
Partecipò a tutti i più sangu<strong>in</strong>osi combattimenti (Bosco Cappuccio, San<br />
Mart<strong>in</strong>o del Carso, Monte San Michele, Nad Bregom, Hudi Log, Nad Logem,<br />
Hermada, Lukatic) e sull’Altopiano d’Asiago (Monte Mosciagh). Venne<br />
gravemente ferito durante l’attacco alla baionetta con cui il II Battaglione,<br />
<strong>in</strong>viato a contrastare l’offensiva austriaca sull’Altopiano d’Asiago (la<br />
cosiddetta «Strafexpedition»), con audace azione il 27 maggio 1916 riprese<br />
una batteria di cannoni italiani catturata dal nemico. Fu decorato con tre<br />
Medaglie d’Argento per il valore dimostrato nelle azioni sul Monte Mosciagh<br />
(27-28 maggio 1916), sul Monte San Michele (6 agosto 1916) e sull’Hermada<br />
(19-22 agosto 1917) e con la Croce al Merito di Guerra (18 febbraio 1918).<br />
Ottenne la promozione a tenente per merito eccezionale di guerra (12 ottobre<br />
1916). Il 16 agosto 1917 fu decorato dal Presidente della Repubblica Francese,<br />
Raymond Po<strong>in</strong>caré, con la Croce di Guerra con la Palma, la più alta<br />
onorificenza francese, con citazione all’ord<strong>in</strong>e del giorno dell’Esercito. Fu<br />
<strong>in</strong>signito della Croce di Cavaliere dell’Ord<strong>in</strong>e della Corona d’Italia per<br />
benemerenze di guerra. Dal suo diario di guerra ricavò alcune pubblicazioni,<br />
tra le quali: «Scene e figure della nostra Guerra» (1922), «Il 141° Reggimento<br />
Fanteria nella Grande Guerra» (1929), «Pellegr<strong>in</strong>aggio al Carso» (1934).<br />
91
A chi nei momenti di sosta arrischiava uno sguardo fuor della lugubre<br />
tr<strong>in</strong>cea non reggeva l’animo di sostenere la vista dei compagni che,<br />
nelle più tragiche positure <strong>in</strong> cui li aveva colti la morte, si disfacevano<br />
nel breve tratto che separava le opposte l<strong>in</strong>ee; spesso accanto alle gloriose<br />
salme ormai consunte dalla forza del tempo e degli elementi cadevano<br />
senza più speranza i miseri feriti, alla cui salvezza non giovava l’amore<br />
dei superstiti, ché la crudeltà della lotta o la diffidenza che nella carità<br />
si mascherasse il tradimento impedivano alle due parti di essere<br />
misericordiose verso i prodi fratelli.<br />
Quante volte, scesi dopo giorni di battaglie terribili dalla prima l<strong>in</strong>ea<br />
alle posizioni di riserva, nei ricoveri lungo l’Isonzo, tra Sdrauss<strong>in</strong>a 35 e<br />
Peteano, mirammo le schiere amiche uscire compatte dalla tr<strong>in</strong>cea e<br />
salire all’assalto cruento delle cime del San Michele!<br />
I nostri cuori che conoscevano lo spasimo dell’attacco seguivano<br />
trepidanti le ondate <strong>in</strong>calzantisi dei compagni, i quali si offrivano al<br />
sacrificio lanciando il grido fatidico, subito coperto dal suono s<strong>in</strong>istro<br />
delle mitragliatrici avversarie. Allora gli occhi nostri si velavano, i nervi<br />
si tendevano <strong>in</strong> uno sforzo doloroso, e come trasognati rimanevamo<br />
con lo sguardo fisso su quelle posizioni <strong>in</strong>fernali, dove la lotta prendeva<br />
gli aspetti più tragici. Poi il bombardamento nemico, il contrattacco, la<br />
nuova carnefic<strong>in</strong>a e il doloroso ripiegamento dei pochi.<br />
Questa triste vicenda si ripeté per mesi e mesi ad accrescere il martirio<br />
dei superstiti, e il San Michele divenne nome tristemente famoso, che il<br />
combattente non poteva né udire né pronunziare senza una stretta al<br />
cuore. <strong>Un</strong> alto ufficiale austriaco soleva ripetere: «Chi parte per il Carso<br />
non deve dire ‘arrivederci’ ma dica pure ‘addio’»; e così il combattente che si<br />
spostava da un settore all’altro, poteva disperar della vita se gli toccava<br />
<strong>in</strong> sorte la zona del San Michele, che le opposte artiglierie pareva<br />
scegliessero per i loro tragici duelli. E non soltanto nelle giornate di<br />
offensiva, ma sempre, senza pausa, di giorno e di notte, il monte<br />
sussultava per gli scoppi delle granate, si copriva di bianche nuvolette<br />
35 - I reparti tenuti <strong>in</strong> riserva nel settore del Monte San Michele e di San Mart<strong>in</strong>o<br />
trovavano ricovero nei ruderi della filanda di Sdrauss<strong>in</strong>a, situata sulla riva<br />
s<strong>in</strong>istra dell’Isonzo. <strong>Un</strong>a passerella, tenuta costantemente sotto tiro dall’artiglieria<br />
austroungarica, univa Sdrauss<strong>in</strong>a al Castello di Gradisca.<br />
92
degli shrapnel 36 , riecheggiava per il crepitar dei fucili e delle mitragliatrici.<br />
Ad un osservatorio d’artiglieria sul Podgora gli addetti stanno<br />
aspettando, trattenendo il fiato, preoccupandosi solo di quel che può<br />
accadere nel loro settore; quando, di tanto <strong>in</strong> tanto, uno con lo Zeiss<br />
vuol seguire la scia di un colpo lanciato dagli Italiani per vederne<br />
l’effetto, gli altri lo sconsigliano: «Non importa, va sul San Michele!» e<br />
con grande <strong>in</strong>differenza, con gli occhi semichiusi, si guarda al di là, alle<br />
fumate prodotte dalle esplosioni; sui pendii contrapposti, sull’Isonzo,<br />
su cui, sempre, quasi monotonamente si guarda anche nelle ore più<br />
quiete e si pensa: «tanto, questo non ci riguarda; importa solo a quelli<br />
del San Michele». Sulle cime del monte difensori e attaccanti, vic<strong>in</strong>i<br />
nelle opposte tr<strong>in</strong>cee, provavano le stesse sofferenze e spesso cadevano<br />
<strong>in</strong>sieme vittime della stessa granata che squarciandosi <strong>in</strong> mezzo a loro,<br />
sulla roccia carsica, si moltiplicava <strong>in</strong> mille nuovi terribili proietti. 37<br />
36 - La «granata a pallette» (o «shrapnel», così denom<strong>in</strong>ata dal nome dell’ufficiale<br />
<strong>in</strong>glese che l’aveva <strong>in</strong>ventata all’<strong>in</strong>izio dell’Ottocento) era un proiettile<br />
d’artiglieria da usare contro bersagli animati, contenente una carica esplosiva<br />
e numerose pallette metalliche che per mezzo di un congegno a tempo veniva<br />
fatta scoppiare lungo la traiettoria, prima di urtare contro il bersaglio. La<br />
spoletta, che orig<strong>in</strong>ariamente era di tipo rudimentale a miccia, successivamente<br />
venne perfezionata con meccanismi del tipo a tempo regolabile,<br />
che ne resero sicuro ed efficace l’impiego. L’esplosione avveniva <strong>in</strong> aria,<br />
dopo un tempo prestabilito graduando la spoletta. La carica di scoppio<br />
lanciava le pallette radialmente, disperdendole con violenza <strong>in</strong> un cono largo<br />
e profondo, <strong>in</strong> modo da <strong>in</strong>vestire con una rosa di cent<strong>in</strong>aia di micidiali<br />
pallette l’<strong>in</strong>terno delle tr<strong>in</strong>cee o le aree dove le truppe nemiche erano <strong>in</strong><br />
movimento o ammassate.<br />
37 - Augusto Gaddo, trent<strong>in</strong>o, soldato del 4° Reggimento Kaiserjaeger, così<br />
descrisse nel suo diario la vita sul San Michele: «… era un cont<strong>in</strong>uo bombardamento,<br />
se non era le granate era le pietre: difatti ogni granata che scoppiava<br />
distante anche 20 - 30 metri portava aspri blocchi di sasso.» Ed i soldati italiani,<br />
che oltre che ai rischi della guerra erano sottoposti a pesanti fatiche, alla<br />
privazione del sonno ed alle sofferenze della vita nelle tr<strong>in</strong>cee (<strong>in</strong>festate da<br />
parassiti e topi, spazzate dalla gelida bora <strong>in</strong>vernale o calc<strong>in</strong>ate dal sole<br />
delle torride estati carsiche), colpiti da polmoniti, congelamenti, colera e<br />
tifo e tormentati dalla sete (mezzo litro d’acqua era la razione giornaliera)<br />
cantavano amaramente: «A Villa Vicent<strong>in</strong>a ci stanno gl’imboscati e <strong>in</strong> cima al<br />
San Michele ci stanno i disperati.»<br />
93
La prima battaglia dell’Isonzo (giugno - luglio 1915) portò le nostre<br />
truppe sulla riva s<strong>in</strong>istra del fiume, donde con alterna vicenda riuscirono<br />
a guadagnare, tra la f<strong>in</strong>e di luglio e i primi di agosto (2ª battaglia), la<br />
l<strong>in</strong>ea tra Peteano e Bosco Cappuccio; dall’ottobre al dicembre (3ª e 4ª<br />
battaglia) v<strong>in</strong>cendo <strong>in</strong>audite difficoltà e procedendo a prezzo di sangue<br />
ge<strong>nero</strong>sissimo, le <strong>fante</strong>rie occuparono ancora qualche tratto della<br />
difficile dorsale del San Michele, sp<strong>in</strong>gendosi ripetutamente sulle cime<br />
del colle, dove però non poterono mantenersi; né miglior sorte ebbe il<br />
valore italiano nel marzo dell’anno successivo (5ª battaglia), sebbene i<br />
nostri dimostrassero tanta tenacia e abnegazione da lanciarsi per otto<br />
volte all’attacco di alcune posizioni nemiche.<br />
A render più funesta la già tragica storia della coll<strong>in</strong>a carsica, sulla<br />
quale le nostre belle brigate - Reg<strong>in</strong>a, Siena, Bologna, Ferrara, Bari,<br />
Brescia, Piacenza, Pisa ed altre - <strong>in</strong>sieme coi prodi battaglioni Bersaglieri<br />
avevano sacrificato il fiore della gioventù italica, all’alba del 29 giugno<br />
1916 il nemico consumò uno dei più grandi delitti che la storia ricordi:<br />
di sorpresa ven<strong>nero</strong> lanciati dalle quattro cime del San Michele i gas<br />
venefici che, sp<strong>in</strong>ti dal vento favorevole, scesero nelle nostre prime l<strong>in</strong>ee<br />
a ricercare le truppe delle brigate Reg<strong>in</strong>a e Pisa.<br />
L’alba era il momento più propizio e sicuro per il riposo del combattente<br />
che aveva trascorso la notte vegliando; così la forte gioventù che<br />
poteva attendersi la morte dal ferro e dal fuoco, con cui si esplica il<br />
valore del prode, e non mai dal tossico, che nasconde la perfida <strong>in</strong>sidia,<br />
cadde fulm<strong>in</strong>ata o attese <strong>in</strong> una <strong>in</strong>erzia dolorosa che la mazza ferrata<br />
f<strong>in</strong>isse quella straziante agonia. 38<br />
38 - All’alba del 29 giugno 1916 una nube giallo-verdastra di gas cloro e fosgene,<br />
sprigionata da 3.000 bombole disposte lungo una dozz<strong>in</strong>a di chilometri,<br />
sp<strong>in</strong>ta da un leggero vento favorevole, <strong>in</strong>vestì la prima e seconda l<strong>in</strong>ea<br />
italiana lungo le falde del Monte San Michele tenuta dalla 21ª e 22ª Divisione<br />
(XI Corpo d’Armata). L’effetto del gas fu particolarmente nocivo nel settore<br />
più a Sud, difeso dalle Brigate Reg<strong>in</strong>a (9° e 10° Reggimento) e Pisa (29° e 30°<br />
Reggimento). La <strong>fante</strong>ria nemica potè così penetrare facilmente nelle tr<strong>in</strong>cee<br />
di prima e seconda l<strong>in</strong>ea e massacrare barbaramente con mazze ferrate i<br />
difensori storditi per l’effetto dei gas, <strong>in</strong> particolare il fosgene, contro il quale<br />
le rudimentali maschere antigas <strong>in</strong> dotazione all’esercito italiano erano<br />
<strong>in</strong>efficaci. Subito però i superstiti di quelle stesse Brigate, con <strong>in</strong> testa i<br />
generali Sailer (Comandante della Brigata Reg<strong>in</strong>a) e Briganti (della Brigata<br />
94
Ricuperati tutti i nostri sistemi di prima l<strong>in</strong>ea dopo l’attacco nemico<br />
del 29 giugno, grazie all’eroismo dei superstiti delle Brigate che subirono<br />
il sacrificio e il pronto accorrere dei fanti della «Brescia» e della «Ferrara»,<br />
le posizioni italiane nella zona del San Michele rimasero immutate f<strong>in</strong>o<br />
alla 6ª Battaglia dell’Isonzo; ad una distanza che variava dai c<strong>in</strong>quanta<br />
ai cento passi si svolgeva la prima l<strong>in</strong>ea nemica che, partendo dall’Isonzo,<br />
presso la sua confluenza col Vippacco, per Bosch<strong>in</strong>i Inferiori, Quota<br />
124 risaliva lungo il costone Viola, volgeva bruscamente ad abbracciar<br />
cima 1 e correva sotto le altre tre cime del monte, f<strong>in</strong>o a San Mart<strong>in</strong>o.<br />
La lunga permanenza delle truppe nemiche nelle stesse posizioni<br />
aveva conferito a queste, per i cont<strong>in</strong>ui lavori, il carattere di veri fortilizi.<br />
<strong>Un</strong> corrispondente di guerra austriaco tra i più reputati affermò che<br />
la l<strong>in</strong>ea avanzata sul San Michele era costruita con la solidità di una<br />
fortezza; e ciò seppero, purtroppo, quanti cozzarono contro quel<br />
baluardo di resistenza. 39<br />
Pisa) ed i colonnelli Gandolfo (Comandante del 10° Fanteria), Facc<strong>in</strong>i (del<br />
29°) e Ronchi (del 30°) con un furioso contrattacco appoggiato dal fuoco di<br />
sbarramento dell’artiglieria italiana, ripresero le posizioni raggiunte dagli<br />
Austriaci e catturarono trecentottanta prigionieri, tra cui nove ufficiali. Al<br />
contrattacco parteciparono anche le Brigate Brescia (19° e 20° Fanteria) e<br />
Ferrara (48° Fanteria). Complessivamente le perdite italiane ammontarono a<br />
circa 200 ufficiali e 6.500 uom<strong>in</strong>i di truppa, di cui la metà uccisi dai gas. Questi<br />
furono sepolti nel «Cimitero degli Asfissiati», nei pressi del paese di Sdrauss<strong>in</strong>a<br />
Poggio Terzarmata, vic<strong>in</strong>o all’Isonzo. Degli altri 4.000 fanti rimasti <strong>in</strong>tossicati<br />
dai gas, molti morirono dopo lunghi e dolorosi ricoveri <strong>in</strong> ospedale.<br />
39 - Così Alice Schalek,una giornalista austriaca, descrisse la l<strong>in</strong>ea avanzata del<br />
San Michele «… è simile ad una fortezza. La tr<strong>in</strong>cea, profonda un metro, è scavata<br />
nella roccia e agli orli ci sono mucchi di sassi alti pure un metro, e così, dietro a<br />
questa parete, anche l’uomo più alto può passare <strong>in</strong>osservato. Non si valuterà mai<br />
abbastanza l’<strong>in</strong>credibile quantità di lavoro necessaria per la costruzione di queste<br />
tr<strong>in</strong>cee, eseguite con sprezzo della morte. Ogni sasso dovette essere portato di notte,<br />
ogni colpo di vanga dato al buio, <strong>in</strong> spazi ben noti a cent<strong>in</strong>aia di cecch<strong>in</strong>i. Per tutto<br />
un lungo anno essi (quattro reggimenti ungheresi che tenevano il Monte San<br />
Michele) si sono alternati nelle tr<strong>in</strong>cee, rimanendovi otto giorni e otto notti ciascuno,<br />
senza dormire, senza spogliarsi, ogni notte <strong>in</strong> battaglia. Poi passavano quattro notti<br />
sul dorso del Monte San Michele, nelle cosiddette postazioni delle riserve, dove<br />
potevano dormire di giorno, mentre di notte dovevano fare il pesante lavoro di<br />
scavare nella pietra.»<br />
95
Tutto il fronte dal fiume a cima 4 era diviso <strong>in</strong> dodici settori (Biene)<br />
e, sebbene il nemico fosse ovunque dom<strong>in</strong>ante, alcuni tratti erano così<br />
esposti da costituire anche per i difensori un pericolo cont<strong>in</strong>uo. Per<br />
esempio, la truppa che presidiava i settori quattro e c<strong>in</strong>que sul costone<br />
Viola - che formavano il collegamento tra la prima cima del San Michele<br />
e le posizioni sull’Isonzo - poteva dir d’avere costantemente un piede<br />
nella fossa.<br />
Da un anno si alternavano alla difesa del monte carsico quattro<br />
reggimenti ungheresi di Budapest, Debrecen, Grosswarde<strong>in</strong> e Stuhlweissenburg,<br />
appartenenti alla 20ª Divisione Honvèd. L’Austria non<br />
<strong>in</strong>vano aveva fatto assegnamento, per mantenere quel punto importantissimo<br />
del fronte, sul valore e sulla fedeltà magiara. Per quanto la difesa<br />
di tutto il sistema del San Michele gravitasse verso la prima l<strong>in</strong>ea<br />
costituita da due ord<strong>in</strong>i di tr<strong>in</strong>cee - alla distanza media di 50 metri -<br />
dall’Isonzo a San Mart<strong>in</strong>o, e da tre ord<strong>in</strong>i per il breve tratto di cima 3, il<br />
nemico aveva apprestato una seconda l<strong>in</strong>ea difensiva che, partendosi<br />
dalla s<strong>in</strong>istra del fiume, correva a 500 - 700 metri dalla prima, alla quale<br />
si riuniva verso l’abitato di San Mart<strong>in</strong>o.<br />
Lungo la l<strong>in</strong>ea avanzata numerosissimi si offrivano i ricoveri <strong>in</strong><br />
caverna, da Quota 124 alle Cime erano frequenti le controm<strong>in</strong>e; sul<br />
monte due gallerie congiungevano la prima tr<strong>in</strong>cea con dol<strong>in</strong>e<br />
96<br />
Il Monte San Michele visto dal versante dell’Isonzo.
etrostanti. Tutte le artiglierie dislocate nell’altipiano carsico con quelle<br />
situate nella piana di Gorizia potevano concorrere alla difesa del San<br />
Michele; ma il nemico traeva grande giovamento sopra tutto da quelle<br />
da campagna attorno a Cotici, dai gruppi di medio calibro sul rovescio<br />
del Brestovec f<strong>in</strong>o a Devetaki e da poche bocche da fuoco di grande<br />
potenza situate sul Nad Logem; riuscivano <strong>in</strong>oltre di grande efficacia<br />
alcuni pezzi di piccolo calibro a poche cent<strong>in</strong>aia di metri dalle prime<br />
l<strong>in</strong>ee, con numerosi appostamenti, e i lanciabombe di vari tipi.<br />
Nessun combattente del Carso ignora l’orrore della strage che f<strong>in</strong>o<br />
all’estate 1916 condussero i famosi «barilotti»; lanciate da posizioni più<br />
elevate delle nostre, queste diaboliche botti cariche di esplosivo<br />
rotolavano spesso lungo i costoni e i «canaloni» del Monte, dove stavano<br />
assiepati i r<strong>in</strong>calzi, ed esplodevano provocando perdite gravissime.<br />
Ricordo che un solo barilotto che scoppiò nell’ottobre 1915 a Bosco<br />
Cappuccio distrusse col posto di medicazione di un battaglione del 141°<br />
<strong>fante</strong>ria tutto il personale sanitario <strong>in</strong>sieme coi feriti. La dorsale del San<br />
Michele è solcata f<strong>in</strong> sotto le cime da profondi avvallamenti delimitati<br />
da alti costoni, e poiché il monte sale con notevole dislivello, a chi lo<br />
guarda dall’Isonzo, nei pressi di Peteano, appare come una mole<br />
piuttosto ardua. La l<strong>in</strong>ea italiana staccandosi dal fiume saliva lungo il<br />
costone Viola e aveva alle spalle il canalone Gatti che essa sbarrava<br />
sotto Cima 2. Era questa la posizione più <strong>in</strong>fida: gli Austriaci tentarono<br />
a varie riprese di colpirci da questo lato nord con l’<strong>in</strong>tento di avvolgere<br />
il nostro fianco e costr<strong>in</strong>gere i difensori ad arretrarsi. Ciò spiega anche<br />
come il fuoco delle nostre artiglierie fosse costante su quel pendio<br />
settentrionale f<strong>in</strong>o alla Cima 1 da cui si poteva temere una maggior<br />
pressione nemica.<br />
«Ancora come sempre - osservava nella sua visita la corrispondente<br />
Alice Schalek- gli italiani pigliano di mira l’altura nord e vi fanno sopra un<br />
vero <strong>in</strong>ferno. I pezzi di roccia devono esser volati <strong>in</strong> aria per oltre cento metri.»<br />
Dalle case di Peteano sale il canalone «Tivoli» che si affonda tra il<br />
costone della «Lira» e il costone «Bersaglieri» i quali si sp<strong>in</strong>gono f<strong>in</strong><br />
sotto Cima 3. Lungo i canaloni correvano i camm<strong>in</strong>amenti pr<strong>in</strong>cipali<br />
che conducevano alle vette ed erano attraversati da altri camm<strong>in</strong>amenti<br />
e da tr<strong>in</strong>cee di riserva, che avevano costituito altrettante tappe nella<br />
difficile conquista del Monte, così che questo, spoglio ormai d’ogni<br />
97
vegetazione, appariva tutto sconvolto dalle opere d’offesa e di difesa<br />
dell’uomo. Ogni piega di terreno conteneva un ricovero, ogni dol<strong>in</strong>a<br />
accoglieva un reparto, e tutto il versante del San Michele era un immenso<br />
formicaio umano. Che meraviglia se nessun colpo nemico cadeva a<br />
vuoto, specialmente di notte, quando era pur necessario compiere le<br />
operazioni di cambio e di rifornimento? Così i cimiteri lungo l’Isonzo<br />
si erano andati moltiplicando e ogni reggimento aveva un lembo di<br />
terra <strong>in</strong> cui raccoglieva le salme dei suoi prodi; ma spesso - ahimè - le<br />
circostanze della lotta non concedevano di dar riposo <strong>in</strong> un sacro rec<strong>in</strong>to<br />
ai valorosi caduti, che troppe volte dovevano essere sepolti dietro le<br />
tr<strong>in</strong>cee o presso i ricoveri dei vivi, ai quali restava affidata la cura delle<br />
povere fosse.<br />
Durante la «strafexpedition» 40 , e <strong>in</strong> seguito per resp<strong>in</strong>gere l’<strong>in</strong>vasore<br />
dalle terre d’Italia, la 3ª Armata era stata alleggerita di notevole quantità<br />
dei suoi effettivi. Il nemico aveva tentato qualche colpo di mano anche<br />
sul Carso, e non tutte le sue gesta erano state improntate a virtù militari,<br />
come poté attestare l’attacco coi gas asfissianti.<br />
Il mese di luglio 1916 trascorse abbastanza tranquillo; ai primi di<br />
quel mese la Brigata Catanzaro (141° e 142°), reduce dagli Altipiani,<br />
riprese le sue posizioni sul Carso e venne dest<strong>in</strong>ata sul San Michele.<br />
<strong>Un</strong>a grande alacrità nei lavori, nella preparazione di piazzole, nella<br />
riunione di abbondante materiale facevano presagire l’imm<strong>in</strong>enza di<br />
una importante azione, sull’esito della quale i vecchi combattenti non<br />
potevano essere soverchiamente fiduciosi, perché ormai troppi sforzi<br />
erano rimasti <strong>in</strong>efficaci, troppo sangue era stato sparso <strong>in</strong>vano su<br />
quell’<strong>in</strong>fausta pietraia.<br />
Non è qui il luogo di esam<strong>in</strong>are da un punto di vista critico gli<br />
obiettivi propostisi e gli effetti raggiunti dal Comando Supremo italiano<br />
con la VIª offensiva dell’Isonzo. Chi stende queste note vuol soltanto<br />
riferire storicamente quello di cui fu spettatore; ma un fatto è certo:<br />
arrestata l’offensiva austriaca nel Trent<strong>in</strong>o, sia pure <strong>in</strong> concordanza con<br />
40 - Iniziata all’alba del 15 maggio 1916 con un <strong>in</strong>tenso fuoco di artiglieria lungo<br />
tutto il fronte montano tra Adige e Valsugana, e proseguita il giorno dopo<br />
con l’attacco della <strong>fante</strong>ria, questa battaglia, detta anche «Offensiva di<br />
maggio», fu voluta dagli ex alleati austroungarici per punire il tradimento<br />
italiano alla Triplice Alleanza.<br />
98
<strong>Un</strong> camm<strong>in</strong>amento dell’Esercito Italiano sul San Michele. Nella foto <strong>in</strong> basso,<br />
carretti carichi di pacchi di pane tra<strong>in</strong>ati dai cani.<br />
99
una nuova e forte attività da parte dei Russi, il Comando <strong>in</strong> capo seppe<br />
nello spazio di quaranta giorni (26 giugno - 4 agosto) trasferire dagli<br />
Altipiani alla fronte orientale, con assoluta tranquillità di esecuzione<br />
nei movimenti, gli uom<strong>in</strong>i e il materiale necessari ad una potente azione;<br />
negli ultimi otto giorni (27 luglio - 4 agosto) riuscì a svolgere la «manovra<br />
strategica vera e propria, che consistette nel rapidissimo spostamento,<br />
prima delle artiglierie e delle bombarde, poi delle grandi unità e nel<br />
loro schieramento sul fronte delle operazioni. Caratteristiche di tale<br />
periodo la m<strong>in</strong>utissima accuratezza della preparazione, la rapidità<br />
nell’esecuzione, la segretezza dei movimenti ottenuta col far conoscere<br />
a ciascun reparto la propria dest<strong>in</strong>azione solo durante il viaggio e col<br />
partecipare agli organi <strong>in</strong>caricati del servizio ferroviario soltanto quei<br />
trasporti che direttamente o <strong>in</strong>direttamente li <strong>in</strong>teressassero.»<br />
L’attacco contro il campo tr<strong>in</strong>cerato di Gorizia doveva essere preceduto<br />
da un’azione diversiva laterale, con scopo puramente dimostrativo,<br />
per alleggerire il compito delle truppe che dovevano attaccare davanti<br />
alla città. Questa azione diversiva ebbe <strong>in</strong>izio il 4 agosto sull’estrema<br />
ala destra e riuscì a distrarre l’attenzione del nemico dai preparativi<br />
che gli Italiani stavano facendo <strong>in</strong> altri settori.<br />
In una seconda fase (6 agosto) si doveva condurre un attacco a fondo<br />
anche sul Carso avanzando f<strong>in</strong>o a raggiungere il Vallone per liberar il<br />
fianco meridionale della conca goriziana. Compiendo il massimo sforzo<br />
consentito dai nostri mezzi, ven<strong>nero</strong> concentrate sul basso Isonzo<br />
duemila bocche da fuoco, cifra neppure sognata nelle precedenti<br />
battaglie; ma la grande e felice novità che ci diede l’offensiva dell’agosto<br />
consistette, oltre che <strong>in</strong> una più armonica cooperazione tra artiglieria e<br />
<strong>fante</strong>ria, nell’<strong>in</strong>troduzione dell’impiego <strong>in</strong> vastissima misura di<br />
bombarde calibro 58 e 240, da cui era lecito attendere risultati efficaci.<br />
Ricordo dist<strong>in</strong>tamente che pochi giorni avanti l’<strong>in</strong>izio della battaglia,<br />
le zone più acconce del San Michele furono gremite di bombarde le<br />
quali attrassero gli sguardi curiosi e, perché no, i commenti piuttosto<br />
scettici dei fanti, che nelle due ultime notti (4 e 5 agosto) grondarono<br />
sangue per il trasporto febbrile di un numero <strong>in</strong>calcolabile di bombe<br />
dagli autocarri alle posizioni avanzate. Sulla destra dell’Isonzo tutte le<br />
artiglierie aggiustarono tempestivamente il tiro senza destar troppi<br />
sospetti nel nemico; sulla s<strong>in</strong>istra del Fiume concorse efficacemente<br />
100
all’azione la batteria «Amalfi» 41 , i cui cannonieri diedero <strong>in</strong> quei giorni<br />
esempio di una impareggiabile abnegazione. Ma sento qui il dovere di<br />
ricordare sopra tutto la condotta meravigliosa degli artiglieri del VI<br />
Gruppo obici pesanti campali e <strong>in</strong> particolare le batterie 13 a , 14 a , 15 a<br />
che, situate tra la piana di Villanova e Monte Fort<strong>in</strong>, batterono <strong>in</strong> modo<br />
sorprendente la l<strong>in</strong>ea nemica dall’Isonzo al San Michele. Sembrava che<br />
una mano <strong>in</strong>visibile aggiustasse ciascun colpo <strong>in</strong> un determ<strong>in</strong>ato punto<br />
della tr<strong>in</strong>cea: nessuno cadeva <strong>in</strong> fallo. La preparazione di fuoco riuscì<br />
dunque perfetta e certamente con gli artiglieri e coi bombardieri i fanti<br />
devono dividere la gloria della conquista del San Michele.<br />
Fanti italiani trasportano una bombarda da 240 mm sul Monte San Michele.<br />
41 - Il gruppo Amalfi era costituito da due batterie dotate degli obici da sbarco<br />
da 76/17 salvati dall’affondamento dell’<strong>in</strong>crociatore Amalfi al largo di<br />
Venezia il 7 luglio 1915. <strong>Un</strong>a batteria dell’Amalfi era posizionata sulla riva<br />
s<strong>in</strong>istra dell’Isonzo, tra Sdrauss<strong>in</strong>a e Peteano a ridosso delle falde del Monte<br />
San Michele, a meno di un chilometro dalla prima l<strong>in</strong>ea.<br />
101
Gli Austro-<strong>Un</strong>garici non avevano «fatto <strong>in</strong> tempo a provvedere alla<br />
sistemazione delle forze; le truppe gettate sull’Isonzo, dopo le gravi lotte sulla<br />
frontiera tirolese, non avevano più la forza di resistenza necessaria».<br />
Ciò non si può contestare, per quanto - a dir vero - gli <strong>Un</strong>gheresi<br />
della 20 a Divisione Honved che erano a difesa del San Michele, lungi<br />
dall’arrendersi ai nostri attacchi, resistettero strenuamente per quattro<br />
giorni e tornarono ripetute volte alla riconquista delle posizioni; ugualmente<br />
valoroso fu il contegno delle altre truppe dell’«Isonzo Armée»<br />
nei vari settori.<br />
In effetti, il nemico vide distrutte le sue tr<strong>in</strong>cee da un fuoco potentissimo<br />
e i reticolati, che avevano tanto spesso sbarrata la via all’eroismo<br />
dei nostri, ven<strong>nero</strong> letteralmente annientati dalle bombarde, che furono<br />
per il nemico la più dolorosa delle rivelazioni. Ciò premesso, vediamo<br />
come procedette l’attacco alle posizioni del San Michele.<br />
F<strong>in</strong>o alla notte dal 5 al 6 agosto le tr<strong>in</strong>cee di prima l<strong>in</strong>ea dall’Isonzo<br />
a Cima 4 erano state tenute dalla Brigata Catanzaro, e precisamente da<br />
due battaglioni del 141° dalle Rocce Rosse (Isonzo) a Cima 1, e da due<br />
battaglioni del 142° da Cima 2 a Cima 4.<br />
Nell’imm<strong>in</strong>enza della battaglia tutto il settore venne assegnato a tre<br />
Brigate: Brescia, Catanzaro, Ferrara, costituenti la 22ª Divisione (generale<br />
Dabalà) alle dipendenze dell’XI Corpo d’Armata (generale Cigliana).<br />
Reparti della Brigata Brescia (19° e 20°) prendevano posizione<br />
dall’Isonzo al «Naso»; la Catanzaro dal «Naso» f<strong>in</strong> sotto Cima 2, il resto<br />
della Brescia sotto Cima 3 - Cima 4; la Ferrara (47° e 48°) davanti a Cima<br />
4 - Cappella diruta.<br />
Il Comando della 22ª Divisione con suo ord<strong>in</strong>e di operazione <strong>in</strong> data<br />
5 agosto disponeva che il tiro delle artiglierie e delle bombarde, più<br />
specialmente concentrato sulla fronte d’attacco, avesse <strong>in</strong>izio alle otto<br />
del giorno successivo (6 agosto). Esso avrebbe carattere di tiro alquanto<br />
più <strong>in</strong>tenso del consueto tiro metodico; dalle ore 12 alle 15:30<br />
assumerebbe la massima violenza. Dopo tale ora sarebbe leggermente<br />
allungato onde permettere l’avanzata delle <strong>fante</strong>rie, le quali dovevano<br />
essere protette nel loro movimento da una potente cort<strong>in</strong>a di fuoco.<br />
L’attacco veniva fissato per le ore 15:30 ed era necessario fosse irruente,<br />
su vasto fronte e per tutti gli squarci, <strong>in</strong> modo da piombare<br />
improvvisamente ed <strong>in</strong> forte numero sull’avversario costr<strong>in</strong>gendolo alla<br />
102
esa prima che i r<strong>in</strong>calzi avessero il tempo di accorrere sulla l<strong>in</strong>ea. Fissate<br />
altre norme per l’avanzata, il generale Dabalà così chiudeva il suo ord<strong>in</strong>e<br />
d’operazione: «Alle belle truppe delle valorose Brigate Brescia, Ferrara,<br />
Catanzaro, a tutte le truppe della mia Divisione che <strong>in</strong> una lotta lunga e faticosa<br />
han dato sempre le più mirabili prove di valore, non ho bisogno di rivolgere<br />
raccomandazioni o <strong>in</strong>citamenti. So che ognuno avrà l’animo saldo e pronto e<br />
teso tutto al compimento del suo sacro dovere. Rammento solo che non è soltanto<br />
la tr<strong>in</strong>cea che bisogna abbattere ma il nemico che ce ne contrasta il possesso e<br />
che questo nemico il 29 giugno ha già mostrato l’anima sua barbara e codarda.<br />
Emulando i vostri fratelli gloriosamente caduti e spietatamente assass<strong>in</strong>ati,<br />
voi scriverete una nuova pag<strong>in</strong>a trionfale nella storia della Patria.»<br />
Il Comandante della Brigata Catanzaro, generale Sanna, assegnava<br />
al 141° <strong>fante</strong>ria il tratto di fronte: noto Valloncello - testata Canalone<br />
Gatti, e al 142° il tratto: testata Canalone Gatti - sbocco <strong>in</strong> tr<strong>in</strong>cea del<br />
camm<strong>in</strong>amento Lazzari, presso Cima 3. L’azione della Brigata doveva<br />
svolgersi contemporaneamente, gravitando ogni sforzo sulla cima 1.<br />
Il Comandante del 141° <strong>fante</strong>ria, colonnello Thermes, disponeva <strong>in</strong><br />
conseguenza il seguente schieramento:<br />
a) Il I Battaglione dal noto Valloncello (collegato col II Battaglione<br />
del 19° <strong>fante</strong>ria) al Naso, con due compagnie <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea e due<br />
ad immediato r<strong>in</strong>calzo;<br />
b) Il II Battaglione dal Naso alla testata del Canalone Gatti (collegato<br />
col 142° <strong>fante</strong>ria), con due compagnie <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea e due ad<br />
immediato r<strong>in</strong>calzo;<br />
c) Il III Battaglione <strong>in</strong> riserva di reggimento lungo il Canalone Gatti,<br />
verso la sua testata.<br />
L’obiettivo del 141° reggimento - di cui si seguono <strong>in</strong> modo<br />
particolare le vicende <strong>in</strong> questa battaglia, perché chi stende queste note<br />
ebbe la ventura di esserne testimone e modesto attore - consisteva<br />
nell’attaccare tutto il fronte assegnatogli facendo gravitare lo sforzo<br />
pr<strong>in</strong>cipale su Cima 1 che doveva esser avvolta dalla s<strong>in</strong>istra per congiungersi<br />
al di là della vetta coi reparti del 142° i quali erano impegnati ad<br />
agire nello stesso senso dalla destra. L’ord<strong>in</strong>e di operazione dava <strong>in</strong>oltre<br />
disposizioni perché l’attacco avvenisse con c<strong>in</strong>que ondate successive,<br />
le quali dovevano mirare a superar la prima l<strong>in</strong>ea ed a raggiungere la<br />
seconda tr<strong>in</strong>cea nemica.<br />
103
Le condizioni morali delle truppe erano eccellenti; le tre Brigate che<br />
avevano il difficile compito di occupare il monte risultavano formate<br />
<strong>in</strong> gran parte di meridionali, e tra questi predom<strong>in</strong>ava l’elemento<br />
calabrese; per di più si trattava di soldati che conoscevano l’ardua lotta<br />
sul Carso; molti di essi erano consci, per la triste esperienza del 29<br />
giugno, che il nemico che ci stava d<strong>in</strong>anzi si era macchiato di un delitto<br />
che doveva esser punito per un supremo pr<strong>in</strong>cipio di civiltà: dietro di<br />
noi, presso l’Isonzo azzurro, giacevano tremila salme di asfissiati che<br />
aspettavano di esser vendicati.<br />
Il Comando della 22ª Divisione temendo forse qualche atto di<br />
rappresaglia da parte delle nostre truppe, memori dell’ancor recente<br />
strage, con suo ord<strong>in</strong>e del 5 agosto aveva disposto che i prigionieri non<br />
fossero maltrattati e non venissero privati di nulla, tranne che delle<br />
armi; avvertimento che <strong>in</strong> altra occasione avrebbe potuto sembrare<br />
superfluo, perché il soldato italiano fu sempre umanissimo col nemico<br />
v<strong>in</strong>to; ma questa volta era lecito pensare che nell’animo del nostro <strong>fante</strong><br />
fosse un sentimento di odio feroce contro chi, con raff<strong>in</strong>ata barbarie,<br />
aveva sfracellato il cranio dei morenti con le mazze ferrate.<br />
La quiete del matt<strong>in</strong>o limpidissimo del 6 agosto fu improvvisamente<br />
rotta da un latrare rabbioso dei pezzi da campagna cui seguirono i medi<br />
e grossi calibri; ma l’orrore più grande fu destato dagli scoppi delle<br />
bombarde il cui fracasso, vic<strong>in</strong>issimo a noi, produceva uno schianto<br />
<strong>in</strong>dicibile. Mentre tutte le artiglierie battevano le tr<strong>in</strong>cee di prima l<strong>in</strong>ea,<br />
costr<strong>in</strong>gendo i difensori ad r<strong>in</strong>tanarsi nelle vic<strong>in</strong>e caverne entro cui li<br />
ten<strong>nero</strong> imprigionati, le bombarde frantumavano i reticolati e li facevano<br />
saltare da ogni parte; il rov<strong>in</strong>io sulle cime e nelle tr<strong>in</strong>cee avversarie era<br />
tale che le nostre poche vedette dovevano venir mutate dopo brevissimo<br />
tempo, perché la forza dell’uomo non poteva resistere a tanta <strong>in</strong>fernale<br />
strage. 42 Il nemico dovette rimanere sbigottito e, nulla potendo fare sulle<br />
42 - Le bombarde avevano ricevuto il compito di aprire c<strong>in</strong>que varchi sul fronte<br />
d’attacco della Brigata Catanzaro: tre da c<strong>in</strong>quanta metri di larghezza tra il<br />
Valloncello ed il Naso, tra il Naso ed il Quadrivio Alto e tra il Quadrivio<br />
Alto e Cima 1; due da cento metri di larghezza davanti a Cima 1 e Cima 2.<br />
Dal Diario della Brigata: «Gli effetti dei medii calibri e particolarmente quelli<br />
delle bombarde erano già visibili, <strong>in</strong>teri tratti di tr<strong>in</strong>cea erano sconvolti e varchi<br />
importanti erano aperti nei reticolati, ridotti altrove un <strong>in</strong>forme groviglio. Alle<br />
104
posizioni avanzate, tenne sotto il suo fuoco le nostre riserve e volse la<br />
sua ira contro le batterie. 43 Ma la lunga durata della preparazione,<br />
l’<strong>in</strong>tensità con cui si effettuò dopo il mezzogiorno f<strong>in</strong>ì per disorientarlo,<br />
così che quando le nostre prime ondate - all’ora precisa - si portarono<br />
celermente sulla tr<strong>in</strong>cea nemica, trovarono pochi difensori <strong>in</strong>tontiti,<br />
<strong>in</strong>capaci di resistenza. Ma allorché i nostri risalirono dalla tr<strong>in</strong>cea<br />
austriaca di prima l<strong>in</strong>ea f<strong>in</strong> sulle cime del San Michele per tentarne il<br />
rovescio, dalla seconda l<strong>in</strong>ea avversaria si aprì un fuoco così violento<br />
di mitragliatrici che i valorosi assalitori, man mano che si profilavano<br />
sulla vetta, venivano fulm<strong>in</strong>ati. Fu necessario farli passare per i<br />
camm<strong>in</strong>amenti che, per quanto sconvolti e battuti, offrivano ancora un<br />
riparo sufficiente per <strong>in</strong>canalare le truppe moventi all’attacco del<br />
secondo ord<strong>in</strong>e di difese. È opportuno ricordare che il versante del San<br />
Michele opposto all’Isonzo scende dolcemente a formar il pianoro tra<br />
Cotici e Crnci che si mantiene, senza notevoli accidentalità del terreno,<br />
a poco più di 200 metri di altezza. Il nemico pertanto si era ridotto<br />
all’estrema difesa della seconda l<strong>in</strong>ea che, come si disse avanti, correva<br />
a circa 500-700 metri dalla prima, dal parco Barone Bianchi (Isonzo) a<br />
Bosco<strong>nero</strong> (Quota 237) e versante nord-est del San Michele.<br />
14:30 <strong>in</strong>formazioni dei comandanti del reggimento mi riferivano che i risultati del<br />
tiro erano tali da dare l’affidamento di tentare l’assalto. Maggiore era stata l’efficacia<br />
delle bombarde e delle artiglierie sul fronte dal Valloncello alla testata del Canalone<br />
Gatti. Poca efficacia si era <strong>in</strong>vece raggiunta sul fronte fra cima 1 e cima 2, anzi su<br />
quest’ultima solamente appariva del<strong>in</strong>eato un varco di una diec<strong>in</strong>a di metri. Per il che<br />
richiesi su quel tratto una maggiore azione dei medii calibri, ord<strong>in</strong>ai al Comando del<br />
142° <strong>fante</strong>ria di valersi per l’irruzione dell’unico varco che vi era e di farne aprire altri<br />
dalla prima ondata, perché l’azione fosse sempre decisa e senza esitazione.» L’«Ord<strong>in</strong>e<br />
d’Operazione» della Brigata aveva previsto che l’azione delle bombarde fosse<br />
completata da quella dei lancia torped<strong>in</strong>i e dei mozziconi di tubi di gelat<strong>in</strong>a,<br />
questi ultimi gettati da squadre ardite durante la preparazione di artiglieria e<br />
dagli esploratori della prima ondata. Il generale Sanna aveva <strong>in</strong>oltre stabilito<br />
che ogni battaglione <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea avesse un drappello del Genio con<br />
strumenti da zappatore e p<strong>in</strong>ze tagliabili. A tale scopo il LX Battaglione aveva<br />
messo a disposizione del 141° due plotoni di c<strong>in</strong>quanta zappatori.<br />
43 - Dal Diario della Brigata: «L’artiglieria nemica rispose col tiro preciso sulle nostre<br />
tr<strong>in</strong>cee e sul rovescio e specialmente lungo il Canalone, bersaglio ben noto ai suoi<br />
colpi, producendo le prime perdite.»<br />
105
Dopo la conquista della prima l<strong>in</strong>ea, mentre salivano le successive<br />
ondate e si sp<strong>in</strong>gevano contro la seconda l<strong>in</strong>ea austriaca, com<strong>in</strong>ciarono<br />
a scendere con frotte di prigionieri, <strong>in</strong> parte scovati nei ricoveri e nelle<br />
caverne, le barelle dei feriti; tra essi il tenente colonnello Gav<strong>in</strong>o<br />
Manunta, che a Magnaboschi, <strong>in</strong>sieme col generale Carlo Sanna,<br />
impugnò il fucile e mosse con pochi superstiti contro il nemico attaccante.<br />
Sotto Cima 1 <strong>in</strong>contrai una barella che caricava un giovanissimo<br />
ufficiale: aveva la giubba aperta e sul petto roseo di adolescente un foro<br />
di pallottola da cui usciva un filo di sangue. Era il sottotenente Renzo<br />
Caraffa, romano, un valoroso che ad Oslavia contribuì col suo reparto,<br />
<strong>in</strong> una <strong>in</strong>diavolata notte del gennaio 1916, ad arrestare gli Austriaci.<br />
Aveva gli occhi socchiusi e pareva riposare.<br />
- Coraggio, Caraffa - gli gridai passandogli vic<strong>in</strong>o, tra lo scoppio<br />
metallico degli shrapnel.<br />
Egli mi riconobbe alla voce, aprì gli occhi, atteggiò le labbra ad un<br />
triste sorriso e mi disse:<br />
- Addio, amico; buona fortuna a te; per me è f<strong>in</strong>ita.<br />
Cessò di soffrire tre giorni dopo nell’ospedale da campo 031 a<br />
Mariano.<br />
<strong>Un</strong>o sguardo pietoso a chi cadeva e a chi soffriva sul terreno della<br />
lotta, e avanti; di più non poteva consentire alla fraterna carità verso i<br />
compagni la violenza della battaglia.<br />
Il nemico, riavutosi, tentò di contrattaccare e quando si poté conv<strong>in</strong>cere<br />
che ormai non aveva più alcuna speranza di riprendere le posizioni<br />
perdute, scatenò un uragano di fuoco sulle cime del monte. 44<br />
Alle ore 18:30 i nostri avevano raggiunti tutti gli obiettivi e si erano<br />
sp<strong>in</strong>ti f<strong>in</strong>o a Bosch<strong>in</strong>i Superiori e a Cotici; più tardi ricevettero ord<strong>in</strong>e di<br />
ritirarsi e prender saldo possesso delle cime del San Michele, occupando<br />
con poche forze anche la seconda tr<strong>in</strong>cea nemica, perché sull’estrema destra<br />
della Divisione gli <strong>Un</strong>gheresi non avevano punto ceduto; <strong>in</strong>fatti il sistema<br />
di tr<strong>in</strong>ceramenti di San Mart<strong>in</strong>o cadde soltanto il giorno dieci agosto.<br />
44 - Dal Diario della Brigata: «Alle 18:30 contro le nostre posizioni sulle cime dopo<br />
<strong>in</strong>tenso bombardamento si sferra un violento contrattacco nemico. Il combattimento<br />
è breve accanito ma l’occupazione delle cime rimane saldamente assicurata.»<br />
106
Fanti della Brigata «Catanzaro» al riparo nel «Villaggio Catanzaro». In basso,<br />
postazione italiana sul Carso.<br />
107
I nostri soldati <strong>in</strong>iziarono subito i lavori per metter le l<strong>in</strong>ee, già<br />
avversarie, <strong>in</strong> condizioni di servire alla nostra difesa; ven<strong>nero</strong> allo scopo<br />
impiegate le ultime riserve della Brigata.<br />
Sul far della sera, mentre le truppe attendevano febbrilmente ai lavori<br />
di rafforzamento, gli <strong>Un</strong>gheresi <strong>in</strong>iziarono i loro tentativi di attacco,<br />
che durarono tutta la notte; non ebbero buona sorte per la costante,<br />
energica resistenza dei nostri fanti, il cui spirito combattivo era<br />
aumentato <strong>in</strong> seguito al vittorioso risultato dell’azione.<br />
A r<strong>in</strong>forzo della «Catanzaro» 45 ven<strong>nero</strong> assegnati, nella notte dal 6<br />
al 7, due battaglioni Granatieri, uno dei quali (il 4° del 1° Reggimento)<br />
prese posizione a s<strong>in</strong>istra di Cima 1 dove il nemico, appena spuntò<br />
l’alba, attaccò <strong>in</strong> forze rilevanti. Era la vecchia tattica che si r<strong>in</strong>novava:<br />
si trattava, cioè, di premere sul lato settentrionale del San Michele e<br />
costr<strong>in</strong>gere i nostri ad arretrare, con grave danno, qualora la manovra<br />
fosse riuscita, di tutti i difensori del monte. Invece l’avversario lasciò <strong>in</strong><br />
nostro possesso buon numero di prigionieri tra i quali due comandanti<br />
di battaglione. Strano a dirsi, truppa e ufficiali manifestarono segni<br />
evidenti d’apprensione; o essi temevano rappresaglie, o erano sbigottiti<br />
per la maniera strana <strong>in</strong> cui, attaccanti, erano caduti prigionieri;<br />
parevano <strong>in</strong>fatti ignari dei nostri felici successi del giorno precedente e<br />
si erano presentati davanti alle posizioni italiane con poca accortezza.<br />
Comunque, furono rassicurati e cortesemente trattati: così poco i<br />
45 - Alle ore 18:00 il generale Sanna aveva chiesto r<strong>in</strong>forzi al suo comandante di<br />
Divisione col seguente messaggio: «Da Comando Brigata Catanzaro a Comando<br />
22ª Divisione. L’ardita avanzata ha portato molte perdite; le posizioni occupate<br />
han richiesto subito r<strong>in</strong>calzo, che ho dovuto assolutamente <strong>in</strong>viare impegnando<br />
tutte le mie riserve. Urgono reparti freschi <strong>in</strong> r<strong>in</strong>forzo. Almeno un reggimento per<br />
parare specialmente possibili contrattacchi. Sarebbe doloroso rischiare di perdere il<br />
frutto di un’operazione riuscita f<strong>in</strong>o ad ora splendidamente. Prigionieri 600 - 24<br />
ufficiali. F.to Gen. Sanna.» Così il generale Dabalà, comandante della 22ª<br />
Divisione, rispondeva alle ore 20:00 alla richiesta di r<strong>in</strong>forzi da parte del<br />
generale Sanna: «Comando della Brigata Catanzaro. Assegno a codesta Brigata il<br />
1° regg.to Granatieri che giungerà stasera a Gradisca e proseguirà per Peteano.<br />
Inoltre la 82ª comp. Genio che giungerà alle ore 22 a Gradisca e proseguirà subito<br />
per Peteano per essere impiegata nei lavori di rafforzamento della 1ª l<strong>in</strong>ea. Prego<br />
predisporre ord<strong>in</strong>i circa impiego delle truppe. F.to Gen. Dabalà.»<br />
108
nostri fanti dimostrarono di ricordarsi della fatale giornata dei gas. Gli<br />
è che i combattenti del Carso, conoscendo le tribolazioni della lotta su<br />
quel malaugurato terreno, provavano un senso di simpatia anche per i<br />
nemici ridotti <strong>in</strong>offensivi, poiché anch’essi soggetti alle identiche<br />
sofferenze.<br />
Ben a ragione, dopo che i due popoli cessarono di essere ostili, sulla<br />
cima terza del San Michele fu posta da Sua Altezza Reale il Duca d’Aosta<br />
una lapide con l’epigrafe:<br />
Su queste cime<br />
Italiani e <strong>Un</strong>gheresi<br />
combattendo da prodi<br />
si affratellarono nella morte.<br />
Per tutto il giorno 7 l’artiglieria avversaria batté rabbiosamente le<br />
cime del San Michele e le testate dei canaloni dove erano i r<strong>in</strong>calzi;<br />
ormai, essendosi arretrata la l<strong>in</strong>ea austriaca, i grossi calibri avevano<br />
buon gioco su tutte le vette del monte e i nostri poveri fanti subirono<br />
perdite gravissime.<br />
Cadde quel giorno, squarciato da granata, il comandante <strong>in</strong>ter<strong>in</strong>ale<br />
del II Battaglione del 141° <strong>fante</strong>ria, capitano Giovanni Ippolito, siciliano,<br />
che ad un’anima delicatissima univa il coraggio e la decisione dei forti.<br />
Questo valoroso ufficiale, ben noto per la sua encomiabile condotta a<br />
Bosco Cappuccio, ad Oslavia e sugli Altipiani, guadagnò tre medaglie<br />
d’argento nei fatti d’arme che si svolsero dal maggio all’agosto 1916.<br />
Egli non ebbe, però, la legittima soddisfazione di fregiarsene il petto,<br />
perché all’epoca del conferimento il suo nobile cuore aveva già cessato<br />
di battere. In due giorni d’azione caddero sulla cima del San Michele i<br />
migliori ufficiali del 141° <strong>fante</strong>ria: il tenente Salvatore Campanile, i<br />
sottotenenti Eugenio Adamo, Dante Biasi, Salvatore Bongiorno, Rosario<br />
De Biase, Antonio Incorvaia, Giuseppe Sardella, Michele Spanò. E cadde<br />
anche il sottotenente Salvatore Cicero, siciliano, il più piccolo ufficiale<br />
del reggimento; grande macchietta, procurava di divertirci durante i<br />
periodi di riposo col suo ricchissimo repertorio; il suo buonumore<br />
talvolta era balsamo ai nostri cuori. «Su, su» - diceva quando, tornati<br />
dalla l<strong>in</strong>ea di fuoco ci si riuniva a mensa e, contatici, trovavamo più<br />
alto il numero degli assenti che dei presenti.<br />
109
– «Su, allegri, che non è ancora venuta la nostra ora» e dava mano all’arte<br />
sua gustosissima. <strong>Un</strong>a volta, però, con una punta di mestizia, alludendo<br />
alla sua bassa statura, l’ho sentito osservare:<br />
- «Ragazzi, se io cado sul campo, ho il presentimento che mi cercherete e<br />
non mi troverete».<br />
A Cima 1 scomparve nella mischia e il suo corpo non fu più trovato.<br />
Visione veramente tragica quella del San Michele dopo la nostra<br />
conquista! Tra il groviglio di reticolati sconvolti, le tr<strong>in</strong>cee <strong>in</strong> rov<strong>in</strong>a, i<br />
massi lanciati ovunque dagli scoppi apparivano miserandi resti umani;<br />
gli sbocchi dei camm<strong>in</strong>amenti erano gremiti di cadaveri; i valorosi<br />
assalitori si erano susseguiti nell’attacco e lo spettacolo terribile dei<br />
caduti non aveva arrestato i compagni che, tentando di superarli e<br />
proceder oltre, erano stati fulm<strong>in</strong>ati accanto a loro.<br />
Gli <strong>in</strong>felici impugnavano ancora il fucile con la baionetta <strong>in</strong>astata e<br />
pareva che attendessero un segnale per cont<strong>in</strong>uare ad avanzare. Come<br />
la guerra univa <strong>in</strong>sieme tutti i contrasti, non era difficile trovare, con gli<br />
strumenti di morte, ovunque dissem<strong>in</strong>ati, oggetti che richiamavano a<br />
un sentimento di pietà. Così sul parapetto della tr<strong>in</strong>cea a Cima 1 r<strong>in</strong>venni<br />
una Bibbia, nuovissima, ancora aperta. Certamente il possessore aveva<br />
att<strong>in</strong>to al più gran libro della sapienza umana un po’ di conforto <strong>in</strong><br />
tanta bufera d’odio distruttore.<br />
A r<strong>in</strong>vigorir le forze dei combattenti giunse, nel pomeriggio del<br />
giorno 7, un fonogramma della Divisione del seguente tenore: «Fanterie<br />
VI Corpo Armata sono arrivate a 500 metri dalla Stazione meridionale di<br />
Gorizia sotto il ponte <strong>in</strong> ferro. Gli Austriaci ritirano le artiglierie di medio e<br />
g<strong>rosso</strong> calibro».<br />
Tutti gli occhi cercavano, tra la cort<strong>in</strong>a di fumo che avvolgeva l’Isonzo<br />
e la piana di Gorizia, di seguire il movimento dei nostri fratelli che,<br />
occupati f<strong>in</strong>almente il Sabot<strong>in</strong>o e il Podgora, si acc<strong>in</strong>gevano a passare il<br />
sacro Fiume; e poiché era possibile discernere, <strong>in</strong> tanto furor di fuoco, il<br />
progresso delle <strong>fante</strong>rie, cercavamo di <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>arlo osservando<br />
l’allungarsi del tiro delle artiglierie che aprivano la strada agli assalitori.<br />
Furono momenti di una commozione così <strong>in</strong>tensa che vidi le lagrime<br />
solcare le guance dei vecchi fanti del Carso; e quel sentimento di<br />
tenerezza faceva s<strong>in</strong>golare contrasto con l’aspetto esteriore dei<br />
combattenti, laceri, <strong>in</strong>sangu<strong>in</strong>ati, coi volti anneriti. L’entusiasmo per la<br />
110
vittoria che si profilava completa diede alle truppe la forza di sostenere<br />
i ripetuti attacchi con cui il nemico tentò, il giorno otto, di farci<br />
ridiscendere il declivio del Monte. Davanti a San Mart<strong>in</strong>o, sul costone<br />
dell’«albero isolato» e f<strong>in</strong>o alla «cappella diruta» cont<strong>in</strong>uava il fuoco<br />
delle nostre artiglierie; segno che gli <strong>Un</strong>gheresi resistevano disperatamente.<br />
Sul San Michele <strong>in</strong>tanto bisognava attendere che procedesse l’estrema<br />
destra; e cadevano i nostri santificando col loro sangue le cime conquistate.<br />
Il Comandante dell’XI Corpo d’Armata faceva pervenire, il giorno<br />
8, pel tramite della 22ª Divisione, parole di vivo elogio alle truppe delle<br />
Brigate Brescia, Ferrara, Catanzaro «per il contegno brillante ed<br />
ammirabilmente ardito spiegato nella giornata del 6 agosto, nella quale furono<br />
conquistate le cime del San Michele»; estendeva il suo profondo<br />
compiacimento alla Brigata Granatieri di Sardegna «per la salda tenace<br />
resistenza nel mantenere a qualunque costo le posizioni conquistate» e<br />
term<strong>in</strong>ava esaltando «il contegno superiore ad ogni elogio dell’Artiglieria,<br />
del Genio e dei Bombardieri i quali coadiuvarono con ammirabile efficacia l’opera<br />
delle <strong>fante</strong>rie così nell’ardita conquista come nella tenace resistenza». 46<br />
Queste parole furono degno premio ai valorosi che si immolarono, e<br />
<strong>in</strong>citamento ai sopravvissuti, ai quali nuovi sacrifici venivano richiesti.<br />
Il giorno 9 agosto venne ripartito il fronte della 22ª Divisione <strong>in</strong> modo<br />
che alla Brigata Catanzaro toccò il settore Cima 1, sella tra Cima 2 e<br />
Cima 3. In conseguenza i granatieri passarono sulla destra della<br />
«Catanzaro»; il fronte di Cima 1 rimase alle poche truppe del 141°<br />
<strong>fante</strong>ria; il solo comandante di battaglione superstite, maggiore<br />
Mang<strong>in</strong>elli, fu ferito durante le operazioni del nuovo assetto dato alla<br />
l<strong>in</strong>ea.<br />
46 - Così il Generale Sanna <strong>in</strong>iziava l’Ord<strong>in</strong>e del Giorno dell’8 agosto 1916 della<br />
Brigata: «Ufficiali, sottufficiali, caporali e soldati della Brigata Catanzaro! Sono<br />
onorato ed orgoglioso di essere al vostro comando. I giovani soldati, nuovi al fuoco,<br />
hanno marciato come i vecchi di Castelnuovo - Bosco Cappuccio - San Mart<strong>in</strong>o -<br />
Oslavia - Mosciagh - Monte Cengio - Magnaboschi - Lemerle. Non ne dubitavo. I<br />
soldati della Brigata Catanzaro sono ben noti per il loro valore alla Nazione come al<br />
nemico. Avete occupato di slancio posizioni fortissime ed organizzate che da più di<br />
un anno tenevano sotto la loro sorveglianza tutta la pianura …»<br />
111
Mentre i reparti italiani entravano vittoriosi <strong>in</strong> Gorizia, il nemico<br />
concentrando tutti i suoi sforzi tentò un ultimo disperato attacco sul San<br />
Michele e, per l’<strong>in</strong>tera giornata del 9, fu una lotta accanita nella quale da<br />
una parte e dall’altra si ebbero forti perdite. 47 Alle ore 10:30 di quel matt<strong>in</strong>o<br />
si doveva attaccare con lo scopo di cooperare con le truppe del VI Corpo<br />
d’Armata e sp<strong>in</strong>ger la nostra occupazione f<strong>in</strong>o alla 3ª l<strong>in</strong>ea austriaca; ma<br />
giunta l’ora dell’attacco si scatenò da parte dell’avversario un fuoco<br />
<strong>in</strong>tenso di mitragliatrici che annientava i nostri a mano a mano che le<br />
ondate venivano sferrate all’assalto. Purtroppo non fu possibile disporre<br />
subito di nuove truppe, e si dovette r<strong>in</strong>unziare per il momento all’avanzata<br />
per non compromettere le posizioni che con tanto sangue erano state nei<br />
giorni precedenti conquistate. Durante la notte venne dest<strong>in</strong>ata sulla<br />
s<strong>in</strong>istra della «Catanzaro» una nuova brigata, la «Lombardia», di cui un<br />
battaglione fu assegnato a r<strong>in</strong>forzo del 141° <strong>fante</strong>ria.<br />
All’alba del giorno 10 le nostre pattuglie annunziarono che il nemico<br />
batteva da ogni parte <strong>in</strong> ritirata verso il Vallone. Incom<strong>in</strong>ciò allora la<br />
discesa dal San Michele puntando verso Quota 193 - Nad Logem; il<br />
movimento venne eseguito sotto un violentissimo fuoco di grossi calibri,<br />
che però non produsse perdite sensibili <strong>in</strong> quanto mancavano ormai<br />
all’avversario dei veri obiettivi. Chi potrebbe ritrarre la gioia dei soldati<br />
a calcar con tanta baldanza il terreno che per oltre un anno era stato<br />
presidio sicuro del nemico, il quale vi aveva appostato le armi più<br />
<strong>in</strong>sidiose, che produssero tanta strage dei nostri? I vecchi fanti ad ogni<br />
appostamento di artiglieria sul rovescio del Monte, a Cava di Pietra e a<br />
Cotici sostavano, osservavano e pretendevano conoscere che proprio<br />
di là si era sparato <strong>in</strong> questo o quel settore, <strong>in</strong> questo o quel punto della<br />
nostra tr<strong>in</strong>cea. Per quanto la ritirata fosse stata predisposta con ogni<br />
diligenza, alcuni reparti di copertura ed altri che stavano <strong>in</strong> ricoveri<br />
47 - Così annota il Diario del 141° Fanteria relativamente al giorno 9 agosto: «…<br />
fu un succedersi di violenti attacchi e contrattacchi; alla f<strong>in</strong>e, dopo aspra lotta durata<br />
circa un’ora, il nemico dopo aver subite numerose perdite venne cacciato sulla 3a<br />
l<strong>in</strong>ea. Le perdite nei reparti del 3° Battaglione e due Compagnie del 2°, che avevano<br />
sostenuto l’urto e resp<strong>in</strong>to l’attacco, furono gravi, il Comandante del 3° Battaglione<br />
rimase ferito, i reparti quasi privi di ufficiali. Ancora giorno il Reggimento era<br />
rimasto con un unico Capitano, con soli pochissimi ufficiali, c<strong>in</strong>que mitragliatrici<br />
danneggiate dal tiro di artiglieria; i reparti erano di molto assottigliati.» La tenuta<br />
del Diario del Reggimento era affidata al sottotenente Zamboni, che conservò<br />
alcuni fogli delle m<strong>in</strong>ute.<br />
112
l<strong>in</strong>dati caddero prigionieri. A Cotici r<strong>in</strong>venimmo un posto di comando<br />
i cui ospiti dovevano aver da poco sloggiato, come dimostravano<br />
manifesti segni. Però nessuno aveva tempo di arrestarsi a lungo perché,<br />
stabiliti i collegamenti, ci si doveva portare ad immediato contatto con<br />
l’avversario, prima che questo si fosse sistemato fortemente a difesa.<br />
Ma dove si sarebbe fermato? Si sapeva che posizioni importanti<br />
risultavano esistenti a Quota 193 e sul Brestovec; qu<strong>in</strong>di si supponeva<br />
che, prima di ritirarsi ai marg<strong>in</strong>i settentrionali dell’altipiano di Comen,<br />
le milizie del Boroevic si sarebbero battute ancora ai limiti orientali del<br />
pianoro di Doberdò. Intanto ci colse la sera e dovemmo sostare,<br />
perlustrare il terreno e disporci per un possibile attacco al matt<strong>in</strong>o<br />
successivo. Ogni reparto staccò pattuglie col f<strong>in</strong>e di conoscere dove il<br />
nemico si era ritirato; il che non fu difficile, avendo notato, appena<br />
calarono le tenebre, che gli spari provenivano dall’altra parte del<br />
Vallone; dunque era necessario scendere dal pianoro, oltrepassare la<br />
depressione carsica e avanzare f<strong>in</strong> sotto il nuovo ord<strong>in</strong>e di tr<strong>in</strong>ceramenti<br />
austriaci che da Merna, attraverso il Vippacco, raggiungeva<br />
Oppacchiasella e Nova Vas e term<strong>in</strong>ava al Lisert. All’alba del successivo<br />
giorno 11 si <strong>in</strong>iziò il movimento per portarsi sotto le posizioni nemiche<br />
e attaccarle; ma quando, con perdite gravi, i nostri poterono raggiungere<br />
il fortilizio del Nad Logem 48 , dovettero arrestarsi, perché le tr<strong>in</strong>cee<br />
48 - «La quota 212 era più nota sotto il nome di Nad Logem; era questa una posizione<br />
formidabile: i tr<strong>in</strong>ceramenti risultavano scavati nella nuda roccia, dalla quale<br />
apparivano soltanto le feritoie munite di mitragliatrici; per arrivare alle tr<strong>in</strong>cee<br />
bisognava <strong>in</strong>frangere un groviglio di reticolati della profondità di parecchi metri. Il<br />
povero <strong>fante</strong> dovette fermarsi e rannicchiarsi sotto la fortezza <strong>in</strong>espugnabile <strong>in</strong> attesa<br />
dell’<strong>in</strong>dispensabile opera di distruzione dell’artiglieria pesante e delle bombarde.<br />
Nel pomeriggio del giorno stesso giunsero i bombardieri e piazzarono le loro armi<br />
che destavano sbigottimento nel nemico. La matt<strong>in</strong>a successiva (12 agosto) si videro<br />
salire nell’aria, capovolgersi e piombare sulle posizioni avversarie migliaia di terribili<br />
bombe da 240 mm le quali, scoppiando, producevano uno schianto nell’anima. Verso<br />
mezzogiorno, compiuta l’opera di preparazione, le <strong>fante</strong>rie, già duramente provate<br />
durante l’attesa, mossero all’assalto e con ripetuti sforzi poterono occupare il Nad<br />
Logem che costituiva uno dei più forti capisaldi della nuova l<strong>in</strong>ea; oltre 600<br />
prigionieri, quasi tutti ungheresi, che si erano battuti come leoni, e alcuni pezzi<br />
d’artiglieria pesante (comandata da Germanici, come stavano ad attestare alcuni<br />
elmi col famoso chiodo) caddero nelle mani dei nostri soldati.<br />
113
scavate nella roccia a fior di terra erano protette da fittissimi reticolati<br />
ancora <strong>in</strong>tatti. Soltanto il giorno dopo, con l’aiuto delle artiglierie e delle<br />
bombarde, i nostri riuscirono ad assaltare il tr<strong>in</strong>cerone del Nad Logem<br />
ed a conquistarlo con ardua lotta. 49 Fu questo per la Brigata Catanzaro<br />
e per le valorose consorelle il più degno coronamento alla conquista<br />
del San Michele; la notte del 15 agosto i pochissimi sopravvissuti alla<br />
battaglia 50 , attraversando il pianoro per quella stessa via che il nemico<br />
aveva tante volte percorsa, rividero le cime del monte su cui ormai dopo<br />
un anno di guerra accanita regnava la pace: e anche i morti che da mesi<br />
e mesi vi erano sepolti giacevano f<strong>in</strong>almente <strong>in</strong> pace!<br />
Ora la vegetazione, tornata rigogliosa sul San Michele, ha nascosto tutte<br />
le ferite che un tempo ven<strong>nero</strong> aperte nei suoi fianchi e sulle Cime. Ma i<br />
combattenti che tornano lassù per rivivere, con un senso nostalgico del<br />
passato eroico, i tempi epici della loro giov<strong>in</strong>ezza, vedono tuttora come <strong>in</strong><br />
visione le truppe amiche salire lungo i canaloni del monte alle Cime<br />
contrastate; presi allora da profonda commozione, sostano di quando <strong>in</strong><br />
quando e richiamano alla mente la dolce immag<strong>in</strong>e dei compagni caduti,<br />
che cont<strong>in</strong>uano a vivere nel pensiero e nel cuore dei superstiti.<br />
49 - Così il Diario del 141°: «Il Comando della Brigata Catanzaro con ord<strong>in</strong>e d’operazione<br />
ricevuto alle ore 3 avverte che alle ore 6:30 s’<strong>in</strong>izierà il fuoco di demolizione<br />
delle nostre artiglierie e bombarde; durerà f<strong>in</strong>o alle 11:30, alla quale ora tutte le<br />
<strong>fante</strong>rie dovranno muovere all’attacco delle posizioni nemiche per snidare l’avversario<br />
ed <strong>in</strong>seguirlo. All’ora precisa s’<strong>in</strong>izia il fuoco d’artiglieria di piccolo e medio calibro,<br />
unitamente a quello, efficacissimo, delle bombarde. Le tr<strong>in</strong>cee nemiche ed i reticolati<br />
vengono sconquassati. Giunta l’ora stabilita, allungatosi il tiro delle nostre artiglierie,<br />
le <strong>fante</strong>rie mossero all’assalto che riuscì mirabilmente.» Il comandante dell’XI<br />
Corpo d’Armata, tenente generale Cigliana, così scrisse nel suo messaggio<br />
del 12 agosto 1916 al Comandante della Brigata Catanzaro: «Prego la S. V.<br />
volere ancora una volta confermare alla Brigata Catanzaro, alla formazione della<br />
quale sono orgoglioso di aver presieduto, tutto il mio compiacimento per aver<br />
constatato anche <strong>in</strong> questa circostanza che sa mantenere le sue belle tradizioni.»<br />
50 - Tra il 5 luglio ed il 14 agosto 1916 la Brigata Catanzaro perse 69 ufficiali (22<br />
morti, 40 feriti e 7 dispersi) e 3.395 soldati (363 morti, 2.439 feriti e 593<br />
dispersi). Le perdite complessive nel corso della Battaglia di Gorizia furono<br />
da parte italiana 1.759 ufficiali e 49.475 soldati; da parte austriaca 862 ufficiali<br />
e 39.285 soldati. Tale era stato il prezzo per la conquista di una fascia di<br />
terreno profonda circa sei chilometri e lunga circa ventic<strong>in</strong>que.<br />
114
Tr<strong>in</strong>cee sul Monte San Michele e, <strong>in</strong> basso, un albergo-trattoria di Mezzavia<br />
trasformato <strong>in</strong> ospedale da campo.<br />
115
116<br />
BRIGATA CATANZARO<br />
Ord<strong>in</strong>e del giorno del 23 agosto 1916.<br />
Ufficiali, sottufficiali, caporali e soldati della Brigata Catanzaro. Sua Altezza<br />
Reale il Comandante della 3ª Armata, per testimoniare il suo Augusto<br />
compiacimento pel contegno valoroso tenuto dalla Brigata nelle brillanti<br />
operazioni compiute dal 6 al 14 agosto, si è degnato passare oggi <strong>in</strong> rivista i<br />
reggimenti. L’onore che vien fatto dal Pr<strong>in</strong>cipe Reale valoroso nostro duce è<br />
grande ricompensa a quanto tutti abbiamo fatto per la gloria della nostra<br />
ITALIA <strong>in</strong> questi giorni di lotte accanite e fortunate, durante i quali il nostro<br />
sleale nemico ha sentito ben duro l’urto delle armi nostre. Ma l’alto onore<br />
impegna anche maggiormente per l’avvenire le nostre forze per far si che le<br />
tradizioni già gloriose della giovane Brigata non si smentiscano mai. Diamo<br />
con fiducia e con orgoglio a una tale ora tutti noi stessi per il buon nome della<br />
nostra Brigata, per l’immancabile successo della nostra guerra. Sarà nostro<br />
motto d’ora <strong>in</strong>nanzi quello che l’Augusto Pr<strong>in</strong>cipe si è ieri compiaciuto designare<br />
per la Brigata: PIÙ AVANTI - PIÙ IN ALTO! Più avanti, più <strong>in</strong> alto; ora e<br />
sempre per il RE e per la PATRIA.<br />
Il presente ord<strong>in</strong>e sarà letto alla truppa per tre giorni consecutivi.<br />
Il Maggior Generale Comandante la Brigata f.to Sanna
MIO NONNO, FANTE DELLA «CATANZARO»<br />
di LIBERO GRIFONE<br />
La passione per gli accadimenti<br />
storici, soprattutto quelli<br />
legati alla mia terra di orig<strong>in</strong>e e<br />
che hanno, <strong>in</strong> qualsiasi modo,<br />
co<strong>in</strong>volto miei compaesani o,<br />
ancor più, qualche mio antenato,<br />
mi hanno portato a ricercare<br />
documenti e fonti ufficiali<br />
per tracciare un quadro, seppure<br />
scarno, di episodi che<br />
hanno avuto valenza storica e<br />
sociale, riguardanti il primo<br />
conflitto mondiale, con riferimento<br />
particolare a vicende che<br />
hanno visto co<strong>in</strong>volti i miei<br />
nonni ed i loro fratelli, non<br />
volontari, ma tutti richiamati<br />
Domenico Grifone<br />
alle armi <strong>in</strong> occasione di quel<br />
tremendo conflitto. Alcuni di<br />
loro dettero la vita, altri la salvarono per un soffio e, comunque tutti,<br />
forse <strong>in</strong>volontariamente, dettero il massimo per la Patria.<br />
Questa passione è nata dai frequenti racconti che mi venivano narrati,<br />
da bamb<strong>in</strong>o, dalle mie nonne e parenti <strong>in</strong> genere su questi episodi, come<br />
d’altronde si faceva <strong>in</strong> molte case che avevano avuto familiari co<strong>in</strong>volti<br />
<strong>in</strong> quel conflitto, e, soprattutto, dai racconti che ebbi la fortuna di<br />
ascoltare dalla viva voce di mio nonno paterno Domenico Grifone, classe<br />
1887, l’unico familiare e protagonista di tali fatti, all’epoca, ancora <strong>in</strong><br />
vita e che ho potuto conoscere.<br />
Per saperne di più, ho confrontato i racconti di nonno Domenico<br />
con pag<strong>in</strong>e tratte dai diari dei reparti ove militò (conservati presso<br />
l’Archivio Storico dell’Esercito), leggendo testi di importanti studiosi<br />
sull’argomento e, soprattutto, spulciando nei ruoli e fogli matricolari,<br />
ed allegati annessi, conservati presso l’Archivio di Stato di Campobasso,<br />
non solo di mio nonno ma anche di altri conterranei che furono<br />
<strong>in</strong>quadrati negli stessi reparti ove egli era arruolato.<br />
117
In questa mia ricerca, sono stato spronato ed <strong>in</strong>coraggiato da studiosi<br />
ed appassionati di larga fama, che ho avuto la fortuna di conoscere e<br />
che r<strong>in</strong>grazio, i quali, a vario titolo, si sono occupati e si occupano di<br />
vicende legate alla Prima Guerra Mondiale e, fra questi, il catanzarese<br />
Mario Saccà,valente giornalista e ricercatore <strong>in</strong>stancabile su tutto ciò<br />
che ha visto protagonisti tantissimi suoi conterranei, soldati <strong>in</strong>quadrati<br />
nella Brigata «Catanzaro» che hanno avuto, chi più e chi meno, le stesse<br />
vicissitud<strong>in</strong>i di mio nonno Domenico; l’<strong>in</strong>gegner Adolfo Zamboni,<br />
omonimo dello zio pluridecorato ed ufficiale nel 141° Fanteria, al quale<br />
noi, legati a questi episodi, siamo tutti obbligati per la nobile <strong>in</strong>iziativa<br />
avuta dallo stesso nella posa del cippo <strong>in</strong> onore della «Catanzaro» sul<br />
Monte Mosciagh, con la bellissima e commovente cerimonia dello scorso<br />
settembre; Giulia Sattolo, valente ricercatrice e laureanda con tesi di<br />
laurea proprio sulla Brigata «Catanzaro», <strong>in</strong> particolare per gli episodi<br />
accaduti nel territorio di Santa Maria la Longa nel luglio 1917, sua terra<br />
di orig<strong>in</strong>e, e, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, Giovanni Saitto, da Poggio Imperiale (FG), appassionato<br />
come me di tutto ciò che riguarda la storia legata al suo territorio<br />
di orig<strong>in</strong>e con la co<strong>in</strong>cidenza di avere avuto lo zio Placido Malerba<br />
<strong>in</strong>quadrato nel 142° Fanteria, che condivise tutti gli accadimenti relativi<br />
a quei reparti, s<strong>in</strong>o all’estremo sacrificio della vita, spezzata all’alba<br />
del 16 luglio 1917, proprio <strong>in</strong> Santa Maria la Longa.<br />
Gli amici che ho appena elencato, li ho conosciuti alla manifestazione<br />
tenutasi a Catanzaro nel maggio-giugno 2005, <strong>in</strong> occasione del 90°<br />
anniversario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale e della costituzione<br />
della Brigata «Catanzaro». Infatti, navigando <strong>in</strong> <strong>in</strong>ternet, appresi<br />
di questa manifestazione e, sapendo che mio nonno aveva militato nella<br />
«Catanzaro», fui attratto da tale <strong>in</strong>iziativa. Il 28 maggio 2005, giornata<br />
conclusiva del convegno, partii <strong>in</strong> auto, accompagnato da mio figlio<br />
Crescenzo, alla volta della città di Catanzaro. Dopo oltre quattro ore di<br />
viaggio, raggiungemmo il Palazzo Municipale di Catanzaro, sede del<br />
convegno, peraltro già apertosi e, alla f<strong>in</strong>e, quando Mario Saccà, ideatore<br />
e moderatore dello stesso, dette la parola al pubblico presente, per<br />
eventuali ulteriori <strong>in</strong>terventi, volli portare il saluto e la testimonianza<br />
della terra di Molise alla manifestazione, citando, appunto, l’appartenenza<br />
di mio nonno Domenico a tale Brigata unitamente a tanti altri<br />
figli del Molise (basti pensare solamente ai circa 150 caduti molisani<br />
morti nel corso della Prima Guerra Mondiale e <strong>in</strong>quadrati nella<br />
118
«Catanzaro»). Ebbi, tra l’altro, il piacere di conoscere il senatore Veraldi,<br />
l’assessore Sgromo, il Comandante del Distretto Militare di Catanzaro,<br />
colonnello Lo Raggio, ed il tenente colonnello Chianesi.<br />
Mio nonno Domenico Grifone, nato a Guardiaregia (CB) il 17 settembre<br />
1887, da Crescenzo e Piazza Alfons<strong>in</strong>a, soldato di leva di 1ª categoria,<br />
Distretto Militare di Campobasso, già riformato, nel 1907, alla visita di<br />
leva per deficienza toracica, richiamato per mobilitazione il 4 aprile<br />
1916, idoneo e arruolato, giunse il 2 maggio 1916 al Distretto Militare di<br />
Campobasso e, <strong>in</strong> data 10 maggio 1916, venne trasferito presso il<br />
Deposito del 18° Fanteria di stanza a Chieti, unitamente al compaesano<br />
Giacomantonio Pallotta, classe 1889, anch’egli chiamato alle armi per<br />
mobilitazione.<br />
La famiglia di mio nonno (moglie e due figli <strong>in</strong> tenera età) dovette<br />
subito fare i conti con la mala burocrazia <strong>in</strong> quanto l’allora s<strong>in</strong>daco di<br />
Guardiaregia ritenne di non riconoscere loro il sussidio giornaliero<br />
dovuto alle famiglie dei militari richiamati, <strong>in</strong> quanto, secondo lui, non<br />
avendo prestato a suo tempo il servizio di leva, Grifone Domenico non<br />
poteva considerarsi richiamato. Qu<strong>in</strong>di, oltre al danno di vedersi tolto<br />
il capofamiglia, unico sostentamento economico, la beffa di non riscuotere<br />
il sussidio dovuto per le famiglie dei richiamati.<br />
Il Distretto Militare di Campobasso, <strong>in</strong>teressato del caso, pose rimedio<br />
a tale sconcio, <strong>in</strong>viando una nota al s<strong>in</strong>daco di Guardiaregia ed <strong>in</strong>vitandolo<br />
a corrispondere il sussidio giornaliero alla famiglia del militare<br />
Domenico Grifone che, essendo della classe 1887, richiamata dopo lo<br />
scoppio della guerra, doveva considerarsi a tutti gli effetti richiamato<br />
alle armi.<br />
Il 15 agosto 1916 mio nonno ed il compaesano Giacomantonio<br />
Pallotta, giunsero <strong>in</strong> territorio dichiarato <strong>in</strong> stato di guerra e, proiettati<br />
subito al fronte, vestirono le mostr<strong>in</strong>e <strong>rosso</strong>nere del 141° Fanteria della<br />
Brigata «Catanzaro», da ricomporre dopo il dissanguamento subito nei<br />
combattimenti del maggio 1916 sull’altopiano di Asiago e di quei giorni<br />
di agosto sul San Michele.<br />
Il 141° Fanteria, unitamente al reggimento gemello 142°, venne<br />
nuovamente impiegato nel tormentato fronte carsico, il settore più terribile<br />
di tutto il fronte italiano, nel mese di settembre, <strong>in</strong> occasione della<br />
settima battaglia dell’Isonzo (le famose spallate volute dal Cadorna) e<br />
qui, Domenico Grifone <strong>in</strong>contra il compaesano ed amico Francesco Serio,<br />
119
classe 1891, già reduce dalla Campagna di Libia nel 1911, quale soldato<br />
di leva. Richiamato allo scoppio della guerra, è da un anno al fronte<br />
<strong>in</strong>quadrato nel 124° Fanteria - Brigata «Chieti». Il Serio, ormai veterano<br />
del fronte e stanco di tante battaglie sul Carso, <strong>in</strong>coraggiato dall’avere<br />
<strong>in</strong>contrato un compaesano e vecchio amico, propone a nonno Domenico,<br />
appena giunta la notte, di autolesionarsi entrambi, <strong>in</strong> modo da essere<br />
allontanati dal fronte ed <strong>in</strong>viati <strong>in</strong> convalescenza. Nonno Domenico,<br />
meno esperto, non se la sente, <strong>in</strong>vece, il Serio, colpendosi ripetutamente<br />
al g<strong>in</strong>occhio, ottiene di essere allontanato dal territorio dichiarato <strong>in</strong><br />
stato di guerra, ma solo per qualche mese, poiché dal novembre 1916,<br />
con il 248° Fanteria è di nuovo <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea.<br />
Ai primi di ottobre il 141° Fanteria è sempre nelle tr<strong>in</strong>cee del Carso,<br />
per l’ottava battaglia dell’Isonzo, che mieterà moltissime vittime tra le<br />
truppe italiane attaccanti, particolarmente per la conquista delle<br />
munitissime posizioni austroungariche di Quota 208 Nord e Sud,<br />
ritenute <strong>in</strong>espugnabili, che vengono brillantemente conquistate, a costo<br />
di elevatissime perdite, dai due reggimenti della «Catanzaro». In quella<br />
occasione, a poche cent<strong>in</strong>aia di metri dal 141° Fanteria, è schierato il<br />
212° Fanteria - Brigata «Pescara», già dist<strong>in</strong>tosi sull’altopiano di Asiago,<br />
sempre a fianco della «Catanzaro», ove milita il fratello di nonno<br />
Domenico, Michele, classe 1896, che, al primo violentissimo assalto,<br />
avvenuto alle ore 14,30 del 10 ottobre 1916, viene ferito mortalmente<br />
all’addome da scheggia di granata nei pressi di Nova Vas, rimanendo<br />
<strong>in</strong>sepolto (come dal registro reggimentale degli atti di morte).<br />
Al fronte, anche <strong>in</strong> assenza di violenti combattimenti, la vita è sempre<br />
molto dura e, a proposito, nonno Domenico raccontava che, davanti<br />
alle tr<strong>in</strong>cee presidiate dal 141°, nella terra di nessuno, vi erano delle<br />
piante di melo con ancora qualche frutto e, di notte, eludendo la vigilanza<br />
del nemico, loro, strisciando, dopo essere usciti dalle tr<strong>in</strong>cee e<br />
raggiunta la pianta, coglievano qualche frutto s<strong>in</strong>o a quando gli austroungarici<br />
non se ne accorsero e, nottetempo, puntando improvvisamente<br />
un faro <strong>in</strong> direzione delle piante, aprirono il fuoco ferendo mortalmente<br />
alcuni militari italiani.<br />
Nuovamente impiegata nei furibondi assalti della nona battaglia<br />
dell’Isonzo, nel mese di novembre e sempre nel martoriato settore<br />
Carsico, la «Catanzaro» rimane <strong>in</strong> tr<strong>in</strong>cea s<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e di dicembre del<br />
1916, quando pers<strong>in</strong>o quel settore diventa meno <strong>in</strong>candescente. Ma, a<br />
120
causa del rigido <strong>in</strong>verno, molti militari si ammalano gravemente e, proprio<br />
per questo, il 3 marzo 1917, il compaesano e commilitone di nonno<br />
Domenico, Pallotta Giacomantonio, viene <strong>in</strong>viato <strong>in</strong> convalescenza per<br />
cento ottanta giorni, a causa di malattia contratta al fronte. Questi non<br />
farà più ritorno <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea e, alla f<strong>in</strong>e della convalescenza, sarà<br />
dest<strong>in</strong>ato nuovamente al Deposito del 18° Fanteria di stanza a Chieti.<br />
Nella primavera del 1917, appena prima della ripresa delle offensive<br />
volute dal Cadorna, la Brigata «Catanzaro» viene rimodulata e<br />
rimp<strong>in</strong>guata con l’arrivo di nuovi complementi, distribuendo i veterani<br />
oramai adusi alle battaglie, nelle varie compagnie dei due reggimenti<br />
della Brigata, per meglio amalgamarli con i nuovi arrivati. In questa<br />
riorganizzazione, nonno Domenico viene trasferito dal 141° al 142° - 7ª<br />
compagnia, con la quale, nel maggio di quell’anno, prende parte<br />
all’ennesima terribile battaglia sul Carso, denom<strong>in</strong>ata decima battaglia<br />
dell’Isonzo, con il consueto dissanguamento della «Catanzaro» che, il 2<br />
giugno, ritirata dal fronte, dovrà riorganizzarsi ancora una volta. Nonno<br />
Domenico è <strong>in</strong>quadrato nella 9ª compagnia del 142°. Il riposo quasi<br />
non esiste, <strong>in</strong>fatti il 4 giugno, a causa di un violentissimo contrattacco<br />
sferrato dal nemico sul Carso con la resa di alcuni reparti italiani presenti<br />
al fronte, i due reggimenti della «Catanzaro» vengono riproiettati nelle<br />
tr<strong>in</strong>cee per turare le falle apertesi e, nel corso di violenti combattimenti,<br />
l’8 giugno 1917, a Quota 219 (def<strong>in</strong>ita, dai combattenti di ambo le parti,<br />
«il carnaio») nei pressi di Jamiano, nonno Domenico rimane ferito al<br />
braccio destro da scheggia di granata, senza, però, essere allontanato<br />
dalle tr<strong>in</strong>cee, data la scarsità di uom<strong>in</strong>i nella Brigata a causa delle recenti<br />
notevoli perdite non ancora rimp<strong>in</strong>guate dai nuovi complementi.<br />
Solamente il 26 giugno 1917 la Brigata «Catanzaro» viene <strong>in</strong>viata a<br />
riposo nelle retrovie e, precisamente, nella località di Santa Maria la<br />
Longa, importante centro logistico della 3 a armata. Il riposo è più che<br />
meritato anche per riord<strong>in</strong>are i due reggimenti che, dopo le ultime<br />
perdite subite, sono ridotti all’osso. Infatti ai primi di luglio arrivano i<br />
complementi, soprattutto dai depositi del 48° Fanteria di Catanzaro e<br />
del 19° Fanteria di Cosenza, riportando il numero degli effettivi alla<br />
normalità, con la contestuale promessa, da parte dei Comandi superiori,<br />
di un cambio di fronte di impiego della «Catanzaro», togliendola dal<br />
settore Carsico e ricollocandola sul più tranquillo settore trent<strong>in</strong>o.<br />
Nei baraccamenti di Santa Maria la Longa la vita della truppa scorre<br />
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monotona e tranquilla, ma tutto questo, improvvisamente, viene turbato<br />
da notizie che <strong>in</strong>iziano a circolare tra i militari della «Catanzaro». Infatti,<br />
si ha sentore che i Comandi dei due reggimenti devono tenere le «truppe<br />
alla mano»<strong>in</strong> vista di un imm<strong>in</strong>ente reimpiego degli stessi sul fronte<br />
Carsico, per l’ennesima offensiva voluta dal generale Cadorna.<br />
La sera del 15 luglio 1917 (domenica), all’ora della ritirata dei militari<br />
nei baraccamenti, si ha la certezza che il matt<strong>in</strong>o seguente tutta la Brigata<br />
dovrà mettersi <strong>in</strong> marcia per raggiungere, <strong>in</strong> due giorni, il fronte carsico.<br />
Dai due reggimenti si levano grida di protesta: «siamo stanchi, vogliamo<br />
un cambio di fronte così come promesso, vogliamo andare <strong>in</strong> licenza». I più<br />
fac<strong>in</strong>orosi esplodono colpi di arma da fuoco <strong>in</strong> aria, poi anche lancio di<br />
bombe a mano e, qualche reparto, impossessatosi di alcune mitragliatrici,<br />
apre il fuoco pers<strong>in</strong>o contro la villa dei conti di Colloredo-Mels che <strong>in</strong><br />
quei giorni ospita Gabriele D’Annunzio. Oltre a nonno Domenico, molti<br />
i molisani presenti <strong>in</strong> quel momento nei due reggimenti (la truppa è<br />
costituita da siciliani e calabresi <strong>in</strong> maggioranza e da meridionali <strong>in</strong><br />
genere) e non è dato sapere quale sia stato il loro ruolo nella rivolta. Già<br />
<strong>in</strong> precedenza la Brigata «Catanzaro» aveva dato qualche segno di<br />
<strong>in</strong>discipl<strong>in</strong>a, sentendosi sfruttata ed impiegata oltremodo, a differenza<br />
di altre Brigate, come il 4 giugno 1917 <strong>in</strong> occasione del repent<strong>in</strong>o ritorno<br />
al fronte. A causa di ciò era tenuta sotto stretta osservazione dagli alti<br />
comandi militari e, dai primi di luglio, alcuni carab<strong>in</strong>ieri, travestiti da<br />
fanti, erano stati <strong>in</strong>filtrati nei due reggimenti, proprio per controllare<br />
meglio ogni cosa. Grazie a questo, già da qualche giorno si sapeva che<br />
qualcosa di g<strong>rosso</strong> sarebbe accaduto e, pertanto, la sera del 15 luglio erano<br />
presenti sul posto oltre cento carab<strong>in</strong>ieri ed alcuni reparti di cavalleria<br />
impiegati solitamente <strong>in</strong> compiti di polizia militare. Con l’<strong>in</strong>tervento di<br />
questi reparti e, soprattutto, con l’<strong>in</strong>tervento di quasi tutti gli ufficiali<br />
della Brigata, compreso il Comandante della stessa, nella notte tra il 15<br />
ed il 16 luglio, la situazione parve tornare sotto controllo, con quasi tutte<br />
le Compagnie dei due reggimenti tenute alla mano dagli Ufficiali<br />
<strong>in</strong>tervenuti che riuscirono a sedare, <strong>in</strong> modo efficace e def<strong>in</strong>itivo, il moto<br />
di rivolta.<br />
All’alba del 16 luglio solamente la 6ª Compagnia del 142°, <strong>in</strong> massa,<br />
si ost<strong>in</strong>ava a non desistere dalla ribellione, asserragliata al centro dell’accampamento,<br />
cont<strong>in</strong>uando a sparare, con fucili e mitragliatrici, contro i<br />
militari chiamati a sedare il moto di ammut<strong>in</strong>amento, soprattutto<br />
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all’<strong>in</strong>dirizzo dei soldati delle altre compagnie della Brigata, con il<br />
ferimento di molti e l’uccisione di alcuni altri. Si ha la certezza<br />
dell’uccisione di due ufficiali, uno del 141° e l’altro del 142°, e del<br />
ferimento del soldato del 142° Placido Malerba, classe 1896, da Poggio<br />
Imperiale, Distretto Militare di Foggia, che spirerà nell’ospedale da<br />
campo di Santa Maria la Longa nel pomeriggio di quello stesso giorno.<br />
Verso le ore 6:00 si ha ragione anche degli ultimi rivoltosi e, subito,<br />
ventotto militari dei due reggimenti vengono fucilati quali capi e<br />
<strong>in</strong>iziatori della rivolta, compresi 12 militari della 6ª compagnia del 142°,<br />
estratti a sorte con il metodo della decimazione, per non fucilare tutta<br />
la compagnia e, tra questi ha la sventura di capitarvi il molisano<br />
Domenico Gianandrea, classe 1885, da Salcito, Distretto Militare di<br />
Campobasso, reo solamente di appartenere alla 6ª compagnia. Furono<br />
eseguiti molti arresti di sospetti, anche nei giorni successivi.<br />
La Brigata, sotto scorta, viene comunque trasferita a ridosso del fronte<br />
carsico, così come stabilito e, nei giorni seguenti, si avrà il trasferimento<br />
di diversi ufficiali <strong>in</strong> altri reparti, compreso i due comandanti di<br />
reggimento, accusati forse di essere stati poco energici, e la concessione<br />
di licenze a molti militari che, da più di un anno non facevano ritorno<br />
presso le famiglie, motivo, come si è detto, di grave malcontento presso<br />
i combattenti della Brigata, licenze spesso negate data la lontananza<br />
dei militari dai luoghi di orig<strong>in</strong>e, essendo nella quasi totalità meridionali.<br />
In questo contesto, Domenico Grifone venne <strong>in</strong>viato, nei primi di<br />
agosto e per qualche giorno, <strong>in</strong> licenza, ma, appena giunto <strong>in</strong> Guardiaregia<br />
e riabbracciati i familiari, il 5 di agosto fu prelevato dai Carab<strong>in</strong>ieri<br />
della locale stazione e dest<strong>in</strong>ato a piantonare il cadavere di tale Giovanni<br />
Albanese (Ciannone), possidente del posto, trovato morto ammazzato<br />
a colpi di fucile nei pressi del torrente Quir<strong>in</strong>o. Tale piantonamento<br />
durò s<strong>in</strong>o all’arrivo dell’Autorità giudiziaria che, con i mezzi di<br />
locomozione dell’epoca, impiegò molto tempo a raggiungere, dal<br />
capoluogo di prov<strong>in</strong>cia, lo sperduto paesello di Guardiaregia. Così,<br />
nonno Domenico passò parte della breve licenza prima <strong>in</strong> viaggio dal<br />
fronte e poi a svolgere servizio di pattugliamento <strong>in</strong> ausilio ai Carab<strong>in</strong>ieri<br />
del paese, carenti a loro volta di uom<strong>in</strong>i.<br />
Fatto rientro al reggimento, Domenico Grifone prende parte<br />
all’ultima offensiva sul Carso, denom<strong>in</strong>ata undicesima battaglia<br />
dell’Isonzo e, nella circostanza, fu protagonista, <strong>in</strong>sieme ad altri militari<br />
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del 142° Fanteria, della cattura di un folto gruppo di austroungarici,<br />
compreso un ufficiale superiore da cui si fece consegnare il c<strong>in</strong>turone<br />
di ord<strong>in</strong>anza che, successivamente, portò a casa, forse come cimelio o,<br />
più verosimilmente, per utilità personale. Tuttora tale c<strong>in</strong>turone è<br />
conservato <strong>in</strong> famiglia.<br />
Fu questa davvero l’ultima battaglia a cui prese parte nonno<br />
Domenico, poiché, <strong>in</strong> data 23 agosto 1917, il Consiglio di Amm<strong>in</strong>istrazione<br />
presso il Deposito del 19° Reggimento Fanteria, con sede <strong>in</strong><br />
Cosenza, esam<strong>in</strong>ati gli atti pervenuti dal fronte, dal Comando del 142°<br />
Reggimento Fanteria - 9ª Compagnia, deliberò per l’attribuzione di<br />
lesione per causa di servizio, riconoscendo la ferita subita dal nonno, al<br />
braccio destro da scheggia di granata, nel combattimento dell’8 giugno<br />
1917 a Quota 219, come già descritto.<br />
A seguito di tale atto deliberativo, il nonno fu richiamato al Deposito<br />
del 19° Fanteria <strong>in</strong> Cosenza, rimanendo nei reparti operanti nelle retrovie<br />
per l’<strong>in</strong>tero anno 1918, s<strong>in</strong>o al 1° aprile 1919, data di congedo. Anche <strong>in</strong><br />
questo periodo di servizio, più tranquillo, il nonno fu sconvolto da un<br />
grave evento luttuoso, con la morte, avvenuta a metà ottobre 1918, della<br />
moglie Crist<strong>in</strong>angela Sampogna e della primogenita Maria Alfonsa, a<br />
causa della «spagnola», la terribile epidemia che, <strong>in</strong> quegli anni,<br />
imperversò <strong>in</strong> tutta Europa, provocando milioni di vittime, sicuramente<br />
concausa la terribile guerra <strong>in</strong> corso. Nonno Domenico, <strong>in</strong>viato <strong>in</strong> licenza<br />
straord<strong>in</strong>aria e ignaro della morte contemporanea della moglie e della<br />
primogenita, apprese la dolorosa notizia appena sceso dal treno, nella<br />
piccola stazione ferroviaria di Guardiaregia, da un giovane parente che,<br />
appena lo vide, <strong>in</strong>genuamente gli riferì quanto accaduto, provocando<br />
la reazione scomposta, ma comprensibile, di nonno Domenico.<br />
Comunque la vita cont<strong>in</strong>ua e, nel maggio 1919, nonno Domenico,<br />
congedato da poco, convolò a seconde nozze con nonna Ros<strong>in</strong>a Piazza,<br />
ricreandosi una famiglia.<br />
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SOMMARIO<br />
PRESENTAZIONE.................................................................................. 7<br />
PREFAZIONE ....................................................................................... 9<br />
LA «BRIGATA CATANZARO» .......................................................................... 13<br />
PLACIDO MALERBA, UN FANTE DEL «142° CATANZARO» ..........................25<br />
CON LA «CATANZARO» NELLA GRANDE GUERRA ............................... 33<br />
LA TRAGICA ESTATE DELLA BRIGATA «CATANZARO»..................................43<br />
LA VISITA AL TEMPIO OSSARIO DI UDINE ........................................... 63<br />
HANNO SCRITTO DELLA VICENDA ....................................................... 77<br />
LA «DECIMAZIONE» NEI RICORDI DI GABRIELE D’ANNUNZIO .............. 83<br />
LA BRIGATA «CATANZARO» A MONTE MOSCIAGH ............................. 85<br />
LA 6ª BATTAGLIA DELL’ISONZO SUL SAN MICHELE ............................. 91<br />
ORDINE DEL GIORNO DEL 23 AGOSTO 1916 ........................................116<br />
MIO NONNO, FANTE DELLA «CATANZARO» .............................................. 117<br />
125
126<br />
F<strong>in</strong>ito di stampare nel mese di luglio 2006 presso:<br />
Greco & Greco Editori<br />
Milano<br />
Copyright 2006 by Edizioni del Poggio<br />
71010 Poggio Imperiale (FG)