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Un fante in rosso e nero! - Terra Nostra Onlus

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Giovanni Saitto<br />

<strong>Un</strong> <strong>fante</strong> <strong>in</strong> <strong>rosso</strong> e <strong>nero</strong>!<br />

Omaggio al soldato Placido Malerba,<br />

del 142° Reggimento Fanteria<br />

«Brigata Catanzaro»<br />

Presentazione di Mario Saccà<br />

Contributi di MARIO SACCÀ<br />

e<br />

ADOLFO ZAMBONI<br />

Edizioni del Poggio<br />

3


Ove sia santo e lagrimato<br />

il sangue per la Patria versato,<br />

e f<strong>in</strong>chè il sole<br />

risplenderà sulle sciagure umane.<br />

FRANCESCO GENTILE<br />

A tutti i «ragazzi» di Poggio Imperiale<br />

che,<br />

sui vari scenari di guerra,<br />

hanno donato<br />

il nome e il sangue alla Patria.<br />

5


PRESENTAZIONE<br />

Dopo ottantanove anni i coniugi Saitto hanno potuto rendere<br />

omaggio alla sepoltura di Placido Malerba, morto il 16 luglio 1917 a<br />

seguito di una grave ferita <strong>in</strong>fertagli dai suoi compagni della «Brigata<br />

Catanzaro», che si erano ribellati per difendere la speranza di vivere<br />

un po’ più a lungo dopo i massacri subiti nei lunghi mesi di permanenza<br />

<strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea sul Carso.<br />

Il volto del ventenne soldato di Poggio Imperiale è il primo che<br />

emerge dalle nebbie di una storia che ha ancora tanti aspetti oscuri,<br />

probabilmente non solo per caso.<br />

Gli storici di tutto il mondo hanno scritto su quella rivolta, l’unica<br />

nel nostro Esercito con armi alla mano.<br />

Non scoppiò improvvisamente, ma fu preceduta da eventi che maturarono<br />

le condizioni per l’esplosione del profondo malessere che pervadeva<br />

l’animo dei soldati, <strong>in</strong> prevalenza provenienti dalle regioni del<br />

Sud del Paese, troppo lontani dai loro affetti e spesso consapevoli di<br />

essere il sostegno a volte <strong>in</strong>dispensabile delle famiglie.<br />

Tutti avevano fatto il proprio dovere tanto che la Brigata aveva avuto<br />

riconoscimenti importanti dai comandi italiani ed era stimata e temuta<br />

dai soldati dell’esercito avversario. Nella letteratura austriaca della<br />

Guerra fu def<strong>in</strong>ita una «Sehr Gut Brigaten» (una ottima brigata), peraltro<br />

anche molto temuta, specie nei combattimenti corpo a corpo.<br />

1 - L’INCHIESTA PARLAMENTARE SU CAPORETTO E LE FUCILAZIONI<br />

A pag<strong>in</strong>a 367 par. 415 del II volume della Commissione Parlamentare<br />

d’Inchiesta su Caporetto, nel capitolo dedicato all’analisi dei modi <strong>in</strong><br />

cui venne applicato il regime penale durante lo svolgimento della<br />

guerra, è scritto:<br />

«Tra i motivi più frequenti di ammut<strong>in</strong>amenti e di rivolte sono state<br />

ricordate le promesse di periodi di licenza che qualche comandante, anche di<br />

grado elevato, faceva alle truppe e che poi le circostanze impedivano<br />

di mantenere.<br />

Per motivi di tal genere si ribellarono nel maggio del 1917 (la data<br />

corretta è il 15 - 16 luglio. Nel testo vi è un errore evidente, ndr) reparti<br />

7


della Brigata Catanzaro, che pure era considerata come ottima, giacché<br />

le bandiere dei reggimenti (141° e 142°, ndr) erano entrambe decorate:<br />

con l’oro il 141°, con l’argento il 142°.<br />

La rivolta durò dalle 10 di sera f<strong>in</strong>o al matt<strong>in</strong>o successivo e fu domata<br />

soltanto con l’<strong>in</strong>tervento della cavalleria e delle automitragliatrici. Molti<br />

dei colpevoli furono immediatamente fucilati.<br />

In tale circostanza fu lamentato che <strong>in</strong>dulgenze passate non avessero<br />

tempestivamente richiamato l’attenzione di chi poteva per taluni <strong>in</strong>dizi<br />

prevedere, e con opportune misure evitare, i tristi fatti; e fu altresì riconosciuto<br />

che la truppa era stanca e logora dalle fatiche sopportate, mentre<br />

il Comando supremo ne ignorava lo spirito, forse perché non vi era<br />

stata completa s<strong>in</strong>cerità di referti al riguardo.»<br />

Con poche parole si è fatto cenno ad un complesso di problemi la<br />

cui conoscenza ancora oggi, trascorsi novanta anni, è assolutamente<br />

<strong>in</strong>completa, come lo è la storia delle tante fucilazioni e delle esecuzioni<br />

sommarie, delle quali non si conobbero tutti i casi: molti rimasero, come<br />

gran parte dei caduti, «ignoti».<br />

Sono migliaia le sentenze dei Tribunali Militari, mai esam<strong>in</strong>ate,<br />

giacenti presso l’Archivio Centrale dello Stato. Nessuno conoscerà<br />

quanti sono stati gli uccisi da «fuoco amico», spesso solo per affermare<br />

un ist<strong>in</strong>to di potenza, <strong>in</strong>controllato ed <strong>in</strong>controllabile da qualsiasi<br />

autorità responsabile, da affermare est<strong>in</strong>guendo <strong>in</strong>giustamente la vita<br />

di un sottoposto.<br />

La questione delle esecuzioni sommarie e delle decimazioni emerse<br />

durante i lavori della Commissione Parlamentare d’Inchiesta su Caporetto.<br />

La polemica politica che ne seguì fu molto forte, soprattutto da<br />

parte dei socialisti, attraverso una <strong>in</strong>tensa campagna di stampa sul loro<br />

giornale L’Avanti!<br />

Era il 1919, la guerra era f<strong>in</strong>ita e se ne scoprivano gli aspetti ignoti<br />

alla generalità dei cittad<strong>in</strong>i.<br />

La censura vigente <strong>in</strong> tempo di guerra, esercitata sui giornali e anche<br />

sulle comunicazioni private dei militari, aveva ottenuto il silenzio su<br />

molte vicende, molte delle quali dal profilo molto <strong>in</strong>certo rispetto alla<br />

corretta applicazione del Codice Penale Militare.<br />

Sulla prima pag<strong>in</strong>a dell’organo ufficiale del PSI furono pubblicate<br />

numerose testimonianze che denunciavano episodi legati ad abusi<br />

8


commessi da ufficiali di grado diverso verso i propri soldati che ven<strong>nero</strong><br />

uccisi, talvolta assass<strong>in</strong>ati, trovando copertura nelle disposizioni del<br />

generale Cadorna <strong>in</strong> materia di discipl<strong>in</strong>a militare ed anche, <strong>in</strong> qualche<br />

caso, il suo plauso (come quello fatto al colonnello Thermes dopo la<br />

prima decimazione subita dalla «Brigata Catanzaro» il 28 maggio 1916,<br />

giorno seguente al vittorioso scontro di Monte Mosciagh).<br />

Non si conobbe mai il numero vero delle vittime delle esecuzioni<br />

sommarie: per le fonti ufficiali fu di 152, mentre per i socialisti era stato<br />

di un migliaio.<br />

L’<strong>in</strong>chiesta si concluse con un giudizio che costituì «un vero e proprio<br />

falso storico» e la scelta di dare l’immag<strong>in</strong>e di un esercito «governato<br />

con spirito paterno» con «un regime discipl<strong>in</strong>are mite ed umano se non<br />

vi fossero stati gli eccessi, peraltro episodici, dei due pr<strong>in</strong>cipali geni/<br />

demoni del conflitto, Cadorna e Capello.» (cfr. Pluviano e Guerr<strong>in</strong>i, Le<br />

fucilazioni sommarie nella Prima Guerra Mondiale).<br />

Eppure l’organo parlamentare si era anche avvalso della relazione<br />

dell’avvocato generale dell’Esercito Donato Antonio Tommasi, oggi<br />

reperibile a Milano presso il Museo del Risorgimento, che esam<strong>in</strong>ò<br />

numerosi carteggi del cessato Reparto discipl<strong>in</strong>a e, pur avendo richiesto<br />

al Comando Supremo di collaborare ed approfondire l’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e, non<br />

ebbe molto sostegno.<br />

Tuttavia presentò le sue conclusioni ed <strong>in</strong>dicò una serie di casi <strong>in</strong><br />

base ai quali espresse giudizi sull’applicazione del Codice Penale<br />

Militare <strong>in</strong> tempo di guerra: fu corretta <strong>in</strong> un numero limitato di casi<br />

(circa ventuno vittime) e illegittima negli altri (duecentodieci vittime).<br />

Il giudizio di Tommasi fu negativo sul vecchio sistema discipl<strong>in</strong>are<br />

italiano e sulla eccessiva severità imposta da Cadorna con sue circolari<br />

che ebbero effetto analogo a quello delle leggi, pur essendo un abuso di<br />

potere mai contrastato o sottoposto a controllo da parte del Re o del<br />

Governo.<br />

Il tempo che gli era stato concesso non consentiva altre possibilità<br />

sicché Tommasi propose il prolungamento dell’<strong>in</strong>chiesta, che non venne<br />

concesso. Le conclusioni dell’organo parlamentare non furono, perciò,<br />

particolarmente rilevanti.<br />

«L’amnistia dei disertori» promulgata nel 1919 non restituì la libertà<br />

a tutti i condannati dai Tribunali Militari di Guerra, come sottol<strong>in</strong>eò<br />

9


ipetutamente il quotidiano del PSI L’Avanti! per smentire le affermazioni<br />

della stampa di destra. Nel periodo tra le due guerre, diverse<br />

migliaia di soldati che non si erano macchiati di delitti di sangue, cont<strong>in</strong>uarono<br />

a languire nelle carceri militari italiane.<br />

In sostanza nel complesso non emerse una «giustizia giusta» nei casi<br />

<strong>in</strong> cui sarebbe stato corretto applicarla.<br />

Per chi vuole approfondire la conoscenza dell’<strong>in</strong>tera problematica<br />

r<strong>in</strong>vio ai libri ed ai documenti citati .<br />

F<strong>in</strong>o al 1968, data di pubblicazione del libro di Forcella e Monticone<br />

«Plotone di esecuzione», non si affrontò più l’argomento. Le famiglie non<br />

ne ebbero conoscenza perché le notizie sulla morte dei loro cari era<br />

pervenuta occultando la verità. Nelle lettere che il M<strong>in</strong>istero della Guerra<br />

aveva <strong>in</strong>viato si comunicava che il militare era caduto <strong>in</strong> combattimento,<br />

o era disperso. Durante le mie ricerche ho reperito numerosi documenti<br />

di questo tipo, riguardanti sia le vittime di fucilazioni che gli uccisi dai<br />

loro compagni durante la rivolta della Catanzaro.<br />

Fu così anche per Placido Malerba. Nessuno, pertanto, ebbe motivo<br />

per guardare dentro le cose e sapere cosa era successo.<br />

Giovanni Saitto, nel testo che ha elaborato, racconta che cosa avvenne<br />

a Santa Maria la Longa nella notte fra il 15 e il 16 luglio 1917: vi furono<br />

undici vittime dei rivoltosi e ventotto fucilati. Altre quattro fucilazioni<br />

furono eseguite nei giorni successivi a San Canziano d’Isonzo.<br />

I motivi non sono ancora chiari e fanno parte della ricerca <strong>in</strong> corso<br />

che dovrebbe stabilire se vi fu una componente politica nella rivolta,<br />

che alcune relazioni <strong>in</strong>viate al Comando Supremo, confermate da<br />

giornalisti ad esso vic<strong>in</strong>o come R<strong>in</strong>o Alessi, affermano.<br />

Oppure si trattò solo di un moto dovuto alle condizioni terribili nelle<br />

quali si trovarono quei soldati, come affermano le fonti socialiste ed<br />

almeno una delle relazioni delle quali ho scritto, collegate alla speranza<br />

di essere <strong>in</strong>viati <strong>in</strong> una zona dove i combattimenti erano meno pericolosi<br />

come il Trent<strong>in</strong>o. I dati rilevabili dalla pubblicazione del M<strong>in</strong>istero della<br />

Guerra «Brigate di Fanteria» dimostrano come su quella zona del fronte<br />

si moriva molto di meno rispetto al mattatoio del Carso.<br />

I soldati ne erano a conoscenza e la loro richiesta era, perciò, motivata.<br />

10


2 - LA STORIA DELLA MIA RICERCA<br />

Il 6 novembre 2003 scrissi su La Gazzetta del Sud, nella pag<strong>in</strong>a cittad<strong>in</strong>a,<br />

il mio primo articolo sulla «Brigata Catanzaro».<br />

Si sapeva poco su di essa, l’unica notizia circolante riguardava una<br />

generica fucilazione, assunta come motivo per affermare che … tanto<br />

vabbé … non era stata un buon esempio per ricordarne la storia.<br />

Tuttavia <strong>in</strong> uno dei quartieri nuovi era stata dedicata una via «Brigata<br />

Catanzaro».<br />

Se l’amm<strong>in</strong>istrazione comunale aveva fatto quella scelta ci doveva<br />

pur essere qualche buona ragione!<br />

Dopo diverse ricerche <strong>in</strong> biblioteca, sui giornali degli anni della<br />

Grande Guerra e su quelli del 1933, data dell’<strong>in</strong>augurazione del nostro<br />

Monumento ai Caduti, opera dello scultore calabrese Michele Guerrisi,<br />

v<strong>in</strong>citore del concorso nazionale appositamente <strong>in</strong>detto, ebbi la conv<strong>in</strong>zione<br />

che il 141° e 142° Reggimento Fanteria erano stati fra quelli più<br />

eroici e decorati del conflitto.<br />

Il primo aveva ottenuto la Medaglia d’Oro alla bandiera, il secondo<br />

quella d’Argento, entrambe custodite a Roma presso il Museo della<br />

Fanteria di Via Santa Croce <strong>in</strong> Gerusalemme. Il vessillo di epoca<br />

repubblicana ed il puntale, orig<strong>in</strong>ale, con l’elenco delle battaglie sono<br />

visibili nel Museo del Vittoriale, che ha sede all’<strong>in</strong>terno dell’Altare della<br />

Patria.<br />

La stampa locale, specie La Giov<strong>in</strong>e Calabria e Il Potere, riportavano<br />

numerose notizie sulle gesta della Brigata, oltre a lettere di suoi componenti<br />

e necrologi dei caduti.<br />

L’11 novembre 1933, giorno dell’<strong>in</strong>augurazione del Monumento, il<br />

Podestà davanti al Re Vittorio Emanuele III, venuto per presenziare<br />

all’<strong>in</strong>augurazione della bella opera di Guerrisi, esaltò l’eroica brigata<br />

che portava il nome di Catanzaro, città da dove erano partite altrettanto<br />

eroiche unità come le Brigate Brescia e Ferrara. Tutte e tre, combattendo<br />

<strong>in</strong>sieme, avevano conquistato le quattro cime del San Michele quando<br />

era stata presa Gorizia.<br />

Anche la Società Meridionale Elettrica, nel consegnare un contributo<br />

di c<strong>in</strong>quemila lire al comitato pro Monumento ai Caduti, aveva ricordato<br />

il leggendario 141° protagonista, con il 142°, di epiche battaglie.<br />

11


Il Re era lì, sul palco eretto nel mezzo della grande piazza pr<strong>in</strong>cipale,<br />

forse perché «motu proprio» aveva decorato con l’oro la bandiera del<br />

141° Reggimento e la sua presenza accresceva e confermava il significato<br />

della decisione.<br />

Non erano necessarie altre conferme, con quella documentazione la<br />

vicenda assumeva contorni molto diversi da quelli della vulgata: la<br />

fucilazione si collocava <strong>in</strong> un contesto che non r<strong>in</strong>negava il valore della<br />

Catanzaro.<br />

Decisi di acquisire altre notizie: <strong>in</strong> biblioteca trovai la copia del libro<br />

scritto dal capitano Adolfo Zamboni «Il 141° Fanteria nella Grande<br />

Guerra», arricchita da una lettera del Duca D’Aosta, comandante della<br />

3ª Armata durante la Guerra, stampato nel 1933, <strong>in</strong> seconda edizione,<br />

da Guido Mauro, editore e ufficiale della Brigata (la prima edizione era<br />

stata pubblicata a Padova da Draghi).<br />

La ristampa era una scelta puntuale, fatta per esaltare l’<strong>in</strong>augurazione<br />

del Monumento ai Caduti.<br />

Dai Musei Civici di Trieste mi spedirono la pubblicazione di «Fasti<br />

della 3ª Armata, La Brigata Catanzaro» a cura dello stabilimento Tipografico<br />

Capr<strong>in</strong>i, 1919.<br />

In più la riproduzione della cartol<strong>in</strong>a della lapide che era stata affissa<br />

nella Caserma Oberdan di Trieste nel 1919, dove la nostra unità venne<br />

probabilmente ospitata dopo la f<strong>in</strong>e del conflitto.<br />

Il nome del martire triest<strong>in</strong>o ricorreva spesso nella pubblicistica<br />

calabrese, segno evidente che il Risorgimento ed i valori nazionali erano<br />

molto presenti nel dibattito politico e culturale del nostro Sud e<br />

costituivano uno dei motivi fondanti del consenso alla Guerra.<br />

Il libro del colonnello Basilio Di Mart<strong>in</strong>o «La guerra della Fanteria», le<br />

cui fonti pr<strong>in</strong>cipali sono i diari storici del 141° e 142° Fanteria, completò<br />

la prima documentazione.<br />

Scrissi l’articolo cui ho fatto cenno all’<strong>in</strong>izio di questo racconto. Dopo<br />

la pubblicazione ricevetti due telefonate da Catanzaro, nelle quali si<br />

metteva ancora <strong>in</strong> evidenza la storia della decimazione, che apriva e<br />

concludeva un giudizio, ahimè, <strong>in</strong>fondato da parte dei miei <strong>in</strong>terlocutori.<br />

Fui molto sorpreso quando, alzando il telefono, sentii: «sono Zamboni,<br />

telefono da Padova, mi congratulo per l’articolo sulla Brigata Catanzaro.»<br />

Non era l’autore del libro che ho citato, ma il nipote ed omonimo<br />

12


<strong>in</strong>gegner Adolfo, custode e valorizzatore delle memorie dello zio al<br />

quale il pezzo di Gazzetta del Sud era stato spedito da un suo amico di<br />

Crotone.<br />

Era una co<strong>in</strong>cidenza? Forse non casuale, se penso a tutto ciò che è<br />

successo <strong>in</strong> seguito.<br />

Da quella prima conversazione sono nate due cose: l’amicizia e la<br />

ricerca comune che ha riportato la Brigata all’attenzione di un vasto<br />

pubblico e di molte Istituzioni: dalla Presidenza della Repubblica, ai<br />

Comuni dove era nata ed aveva combattuto.<br />

Lungo il camm<strong>in</strong>o altri <strong>in</strong>contri hanno <strong>in</strong>dicato la strada da percorrere<br />

per recuperare immag<strong>in</strong>i e ricordi di eventi e di uom<strong>in</strong>i. Non ho mai<br />

avuto <strong>in</strong>dicazioni sbagliate dalle persone o seguendo l’ist<strong>in</strong>to che mi<br />

ha portato <strong>in</strong> alcuni luoghi e non <strong>in</strong> altri.<br />

Questo libro ne è la testimonianza più vera e significativa.<br />

3 - INCONTRI ED EVENTI DAL 2004 AD OGGI<br />

Nel febbraio 2004 tornai al sacrario del San Michele che avevo visitato<br />

qualche anno prima: allora, entrando, ero stato colpito dalla fotografia<br />

del capitano Ettore Vitale, medaglia d’argento della Brigata Ferrara<br />

morto a ventisei anni il 25 novembre 1915; la sua memoria era ben<br />

presente nel luogo del suo sacrificio.<br />

La seconda visita fu meno fortunata, il piccolo Museo era chiuso per<br />

ristrutturazione. I reperti erano stati depositati nel Museo della Guerra<br />

di Gorizia.<br />

Scattata qualche fotografia ai cimeli del piazzale, agli obelischi ed<br />

alle lapidi che ricordavano anche la partecipazione della Catanzaro alla<br />

presa delle cime del San Michele, tornai verso San Mart<strong>in</strong>o del Carso.<br />

Fermai la macch<strong>in</strong>a vic<strong>in</strong>o ad un sentiero con alberi e arbusti. In<br />

questi posti a volte si vede qualche pezzo di tr<strong>in</strong>cea, una galleria o si<br />

trova qualche scheggia, frammento degli scontri fra gli opposti eserciti.<br />

Mi <strong>in</strong>camm<strong>in</strong>ai e dopo qualche dec<strong>in</strong>a di metri notai dei cippi <strong>in</strong><br />

cemento: ricordavano le Divisioni e le Brigate che avevano combattuto<br />

fra le cime uno e due del monte; c’era anche quello della Brigata<br />

Catanzaro: non l’avrei mai immag<strong>in</strong>ato! Ebbi la sensazione di essere<br />

stato guidato nel decidere quella sosta, forse dovevo ritrovare quel<br />

piccolo manufatto che si faceva presente a me, abitante della città che<br />

13


ecava lo stesso nome <strong>in</strong>ciso sul cippo. Per di più avevo scritto la storia<br />

di quei soldati. Le tr<strong>in</strong>cee, nelle quali avevano vissuto i tragici eventi,<br />

erano lì, visibili, anche se riempite con i sassi. «Stavo camm<strong>in</strong>ando sui<br />

passi della storia»: come si dice nella comunicazione di History Channel.<br />

In un attimo il tempo colmò un vuoto di quasi novanta anni<br />

co<strong>in</strong>volgendomi <strong>in</strong> una comprensibile emozione. Intanto la neve<br />

<strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a cadere e non fu facile tornare sui miei passi.<br />

L’immag<strong>in</strong>e fotografica del cippo sono visibili <strong>in</strong> questo libro e sul<br />

sito di cimeetr<strong>in</strong>cee, punto di riferimento fondamentale <strong>in</strong> tutta la storia<br />

che racconto: anche Giovanni Saitto è arrivato a me e Giulia Sattolo<br />

consultandolo.<br />

Tornai <strong>in</strong> quei luoghi nel luglio dello stesso anno facendo un lungo<br />

giro che comprese Gorizia, Ud<strong>in</strong>e e Palmanova.<br />

Avrei voluto trovare documentazioni sulla rivolta del 15 - 16 luglio<br />

1917 che aveva provocato la fucilazione di ventotto soldati della Brigata<br />

Catanzaro e saperne di più sulla «fossa comune» nella quale, «senza<br />

nome», erano stati gettati i cadaveri dei decimati.<br />

Santa Maria la Longa era l’<strong>in</strong>dispensabile punto di riferimento per<br />

l’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e. Al Comune la consultazione dei registri non fornì alcuna<br />

notizia. Appresi che i documenti, un tempo raccolti <strong>in</strong> una cartella, erano<br />

stati sottratti e f<strong>in</strong>iti chissà dove. Neppure nei registri parrocchiali vi<br />

erano annotazioni.<br />

Tuttavia una gentile addetta all’anagrafe telefonò al conte Anton<strong>in</strong>o<br />

di Colloredo Mells, conoscitore profondo della storia del paese, erede<br />

di colui che la sera della ribellione ospitava D’Annunzio; contro la sua<br />

villa avevano sparato i soldati ammut<strong>in</strong>ati <strong>in</strong>dividuando nel vate il<br />

simbolo dell’esaltazione della guerra. Il poeta non aveva serbato rancore<br />

ed era stato presente all’esecuzione dei soldati scrivendo l’unica testimonianza<br />

completa che possiamo leggere nel Libro Ascetico della Giov<strong>in</strong>e<br />

Italia sotto il titolo «Cantano i morti con la terra <strong>in</strong> bocca e le carene valicano<br />

i monti».<br />

Le notizie che contiene non sono tutte esatte, ma l’emozione e la<br />

pietà per il tragico evento sono ben espresse. Non si percepiscono<br />

critiche all’apparato militare che D’Annunzio, estensore di poesie al Re<br />

ed a Cadorna, non avrebbe mai sottoscritto.<br />

Bisognerebbe soffermarsi nell’esame del testo, molto diretto verso i<br />

14


contad<strong>in</strong>i del Sud per concludere con un’osservazione fondamentale: i<br />

simboli odierni di quella Guerra sono loro, il v<strong>in</strong>citore fu Diaz, colui<br />

che scrisse e musicò la «Leggenda del Piave» fu E. A. Mario 1 , tutti napoletani!<br />

Ma quale coscienza ne ha il nostro amato Sud? Che cosa recupera,<br />

attualizza e valorizza del sacrificio di quegli uom<strong>in</strong>i, partiti da questa<br />

parte d’Italia per andare a combattere lassù, <strong>in</strong> un’altra parte d’Italia<br />

per affermarne l’<strong>in</strong>dipendenza e l’unità? Questo, per me, è lo scopo<br />

fondante della ricerca e del recupero della memoria che è memoria<br />

storica, della vita di uom<strong>in</strong>i e delle loro comunità, di ciò che si pensava<br />

e si sarebbe voluto motivando la partecipazione al Conflitto.<br />

Noi non abbiamo le tr<strong>in</strong>cee, né i monti dove erano i nostri soldati,<br />

ma dobbiamo ricostruire il contesto generale degli eventi e farne oggetto<br />

di recupero dei valori che lo sottesero, che sono parte determ<strong>in</strong>ante<br />

della nostra identità.<br />

Certamente furono molti coloro che non andarono volentieri a fare<br />

il loro dovere, ma lo fecero f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo: anche i decimati e gli uccisi di<br />

Santa Maria la Longa erano stati valorosi, se è vero che le medaglie<br />

furono affisse sulle bandiere dei loro Reggimenti.<br />

Il conte di Colloredo mi raccontò le memorie che conservava. Poi<br />

volle farmi conoscere Giulia Sattolo, studentessa della facoltà di Storia<br />

dell’<strong>Un</strong>iversità di Ud<strong>in</strong>e, che aveva avuto assegnata la tesi sulla rivolta<br />

della quale mi stavo occupando.<br />

Dopo il cippo ecco un altro evento importante per la ricerca.<br />

Il giorno dopo andai al cimitero del paese per visitare il luogo della<br />

decimazione narrata da Gabriele D’Annunzio.<br />

1 - Pseudonimo di Ermete Giovanni Gaeta, il futuro E(rmes) A(lessandro)<br />

Mario, autore della «Leggenda del Piave» - oltre che di molte altre famosissime<br />

canzoni («Santa Lucia luntana», l’<strong>in</strong>comparabile dramma dell’emigrante;<br />

«Rosse rosse»; «O’ paese dò sole» e la «Marcia d’ord<strong>in</strong>anza della Mar<strong>in</strong>a»)<br />

nacque a Napoli il 5 maggio del 1884 e fu tra i protagonisti della generazione<br />

degli anni detti della «Vittoria». <strong>Un</strong> m<strong>in</strong>istro del tempo affermò che «la<br />

Leggenda del Piave giovò alla riscossa nazionale molto più di un generale, e valse a<br />

dare nuovo coraggio ai soldati, quanto mai demoralizzati per la ritirata di Caporetto».<br />

E. A. Mario morì nella città partenopea il 24 giugno del 1961.<br />

15


Vi tornai anche il giorno dopo per lasciare ai piedi del muro un fiore<br />

artificiale ed un biglietto, visibile su cimeetr<strong>in</strong>cee, <strong>in</strong> memoria di quei<br />

morti e delle loro vittime.<br />

In seguito andai a San Mart<strong>in</strong>o del Carso, Bosco Cappuccio, le tr<strong>in</strong>cee<br />

del Groviglio passano lì dove aveva combattuto la Brigata Catanzaro<br />

ed erano caduti alcuni dei suoi ufficiali, fra i quali il colonnello Arturo<br />

Cassoli, primo comandante del 142°, orig<strong>in</strong>ario di Ferrara, ma sposato<br />

nella mia città.<br />

A questo punto era necessario riportare la memoria e le conoscenze<br />

all’attenzione dei catanzaresi. Organizzai, con il consenso del Comune,<br />

un convegno con le presenze dei maggiori scrittori della storia della<br />

nostra unità: Di Mart<strong>in</strong>o, Pluviano e Guerr<strong>in</strong>i, Zamboni e <strong>in</strong> più il<br />

professor Chiara dell’<strong>Un</strong>iversità di Mess<strong>in</strong>a per l’<strong>in</strong>quadramento delle<br />

vicende nel nostro contesto storico.<br />

Venne anche Giulia Sattolo. Cimeetr<strong>in</strong>cee curò la parte fotografica e<br />

multimediale, come si può vedere sul sito ideato e gestito da Daniele<br />

Girard<strong>in</strong>i, un veneziano che, come noi, ama profondamente uom<strong>in</strong>i ed<br />

eventi di quegli anni.<br />

<strong>Un</strong>a bella mostra con documenti assolutamente <strong>in</strong>editi completò le<br />

manifestazioni, uniche del Mezzogiorno, per la celebrazione dei novanta<br />

anni dall’<strong>in</strong>izio del conflitto.<br />

Da allora la Brigata Catanzaro è stata la protagonista di <strong>in</strong>iziative<br />

importanti, <strong>in</strong>teramente descritte nel sito che ho già citato.<br />

I ragazzi delle scuole sono stati ad Asiago, nella circostanza sul<br />

Monte Mosciagh venne <strong>in</strong>augurato un cippo <strong>in</strong> memoria della Brigata,<br />

ideato e realizzato da Daniele Girard<strong>in</strong>i e Adolfo Zamboni. Il viaggio è<br />

proseguito a Gorizia e Santa Maria la Longa, dove i nostri studenti hanno<br />

portato una corona di fiori <strong>in</strong> memoria <strong>in</strong> quel cimitero contro il cui<br />

muro il Municipio ha fatto affiggere una targa che ricorda i ventotto<br />

fucilati.<br />

Nell’ottobre del 2005 si è svolto un convegno, organizzato dal<br />

Comune di Santa Maria, durante il quale sono emerse le ultime documentazioni<br />

trovate e riguardanti la rivolta.<br />

A Gorizia nel febbraio u.s. nell’<strong>in</strong>contro a più voci, organizzato dalla<br />

Prov<strong>in</strong>cia e presieduto dal dottor Pierluigi Lodi, ho potuto fare il punto<br />

sulla storia della Brigata e le ricerche <strong>in</strong> corso.<br />

16


Oggi posseggo altre <strong>in</strong>formazioni che permettono di ricostruire<br />

alcune battaglie (Mosciagh e Gorizia) ed anche le storie di alcuni<br />

protagonisti della ribellione del luglio 1917.<br />

Ho avuto la fortuna di avere le memorie di un soldato del 141°,<br />

Francesco Armogida, che visse vic<strong>in</strong>o Catanzaro, pubblicate sulla rivista<br />

Calabria Letteraria e su <strong>in</strong>ternet.<br />

Ho voluto raccontare l’<strong>in</strong>izio e il percorso compiuto, f<strong>in</strong> qui, della<br />

ricerca. È stata una rivelazione progressiva che nel libro <strong>in</strong> memoria di<br />

Placido Malerba trova il suo primo e più significativo compimento.<br />

Giovanni Saitto racconta il nostro <strong>in</strong>contro e lo scambio di notizie<br />

che l’ha portato a scrivere il testo. Oggi, grazie a Giulia Sattolo, conosciamo<br />

i nomi dei militari uccisi dai soldati <strong>in</strong> rivolta che lei ha trovato<br />

nei registri cimiteriali di Mereto di Capitolo, frazione di Santa Maria la<br />

Longa.<br />

Al term<strong>in</strong>e della Guerra i loro resti furono portati ad Ud<strong>in</strong>e, nella<br />

Chiesa di San Nicolò, dove i signori Saitto hanno potuto deporre un<br />

fiore sulla lapide di Placido Malerba.<br />

Le loro profonde emozioni descritte nel libro sono le mie, quelle di<br />

tutti noi che rendiamo omaggio alla valorosa memoria del giovane<br />

soldato, morto per essere stato fedele al suo dovere. Non è retorico<br />

esprimere commozione per averne potuto vedere il volto bello e sereno<br />

dei suoi venti anni. Omaggio e gratitud<strong>in</strong>e alla sua memoria.<br />

Assieme a lui giace un calabrese di Vallelonga, un paes<strong>in</strong>o montano<br />

delle Serre, che si chiamava V<strong>in</strong>cenzo Galati. Prima di morire nello stesso<br />

ospedale da campo numero 206, a causa dell’identico tipo di ferita, lo<br />

avevano processato per i fatti del Mosciagh e r<strong>in</strong>viato <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea.<br />

Era un contad<strong>in</strong>o, come la gran parte di quei soldati che erano stati<br />

<strong>in</strong>sieme eroi riconosciuti e decorati ma che, desiderosi di trovare una<br />

parte dei normali desideri di uom<strong>in</strong>i, si erano trovati a recitare parti<br />

contrapposte, sparandosi addosso.<br />

I parenti lontani di Galati sono emigrati <strong>in</strong> Canada. Ho comunicato<br />

ad uno di loro il ritrovamento della sepoltura. Mi auguro che possano<br />

visitarla, un giorno.<br />

<strong>Un</strong>’altra delle vittime, Luigi Trevisonne, era di Lucera, ma non ho<br />

altri dati.<br />

Anche i nomi di tre fucilati, e forse di un quarto, sono noti. Massimo<br />

17


Vitale, giornalista della RAI di Campobasso, ne ha trovato uno scrivendone<br />

nel libro «5000 croci».<br />

Di altri due, entrambi siciliani, ho r<strong>in</strong>tracciato le generalità leggendo<br />

i libri dei caduti pubblicato dal M<strong>in</strong>istero della Guerra <strong>in</strong>torno al 1928.<br />

Non ho notato né calabresi, né pugliesi fra i decimati. Può darsi,<br />

come ho verificato <strong>in</strong> altri casi, che non siano stati <strong>in</strong>seriti per mancanza<br />

di notizie. Solo la scoperta di qualche documento ufficiale potrà affermarlo<br />

o smentirlo.<br />

La ricerca proseguirà f<strong>in</strong>o a che, mi auguro presto, potremmo<br />

conoscere chi furono i protagonisti-vittime di quell’evento ancora oggi<br />

coperto da tanti misteri dovuti, anche, alla <strong>in</strong>spiegabile scomparsa di<br />

documenti importanti.<br />

Alcune notizie avute descrivono <strong>in</strong> modo terribile la decimazione:<br />

alcuni furono f<strong>in</strong>iti con la mitragliatrice o dagli ufficiali con le pistole.<br />

Non tutti erano, forse, responsabili perché dodici di loro erano stati<br />

sorteggiati uno ogni dieci. Gli altri sedici, come narrano le cronache,<br />

ven<strong>nero</strong> colti con le armi <strong>in</strong> mano.<br />

Ma le responsabilità più grandi, che emergono <strong>in</strong>teramente dalle<br />

relazioni note, non ven<strong>nero</strong> perseguite e furono scaricate su quei valorosi<br />

contad<strong>in</strong>i, pianti dal Poeta, che avevano già la stanchezza della morte,<br />

troppo a lungo loro compagna <strong>in</strong>separabile nelle lunghe giornate vissute<br />

<strong>in</strong> tr<strong>in</strong>cea.<br />

Nessuno dei diari o delle memorie f<strong>in</strong>o ad oggi note ha voluto dire<br />

di più.<br />

La mia speranza è che per ciascuno di loro sia possibile scrivere nome<br />

e cognome, conoscere il luogo dove riposano e ricostruire la loro storia.<br />

È una ricerca che si può compiere solo col cuore, con l’affetto che si<br />

deve avere per tutti loro e che ho provato e provo per Placido Malerba,<br />

primo fra i tornati alla vita ed alla memoria del nostro tempo.<br />

18<br />

Mario Saccà


PREFAZIONE<br />

In famiglia, sapevamo che, nel corso della Prima Guerra Mondiale,<br />

Placido Malerba, fratello del nonno paterno di mia moglie Primiana,<br />

donò la sua giovane vita alla Patria, ma oltre a questo strim<strong>in</strong>zito dato<br />

non eravamo a conoscenza di alcuna altra notizia: non sapevamo il luogo<br />

dove egli cadde e nemmeno dove venne sepolto. Eravamo completamente<br />

ignari della triste sorte occorsa al nostro soldato.<br />

Agli <strong>in</strong>izi del 2006, durante gli studi che stavo conducendo sui militari<br />

terranovesi caduti nei vari conflitti, capitolo <strong>in</strong>serito nel libro fotografico<br />

«L’album dei ricordi», ho ritrovato la dichiarazione di morte di Placido<br />

Malerba, redatta dal tenente medico Guido Valletti, <strong>in</strong> servizio a Santa<br />

Maria la Longa presso l’ospedale da campo N° 206, il giorno della dipartita<br />

del giovane <strong>fante</strong> terranovese.<br />

A questo punto la curiosità si è fatta strada: avendo a portata di<br />

mano seppur un m<strong>in</strong>imo <strong>in</strong>dizio, ho <strong>in</strong>iziato a scovare su «quel mondo<br />

villaggio» che è <strong>in</strong>ternet, cosa e quale avvenimento fosse legato alla<br />

cittad<strong>in</strong>a di Santa Maria la Longa, <strong>in</strong> quel di Ud<strong>in</strong>e. Venni a conoscenza<br />

di un caso di ammut<strong>in</strong>amento partito dalla 6ª Compagnia del 142°<br />

Reggimento Fanteria «Catanzaro», una tra le più valorose Brigate del<br />

nostro Esercito durante la Grande Guerra, proprio nel giorno immediatamente<br />

precedente la morte dello zio Placido.<br />

Sorpreso dalla sconvolgente notizia, ho sentito il dovere di andare<br />

f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo all’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e e, grazie ad una segnalazione apparsa sul<br />

sito web cimeetr<strong>in</strong>cee, vengo a sapere che una studiosa di Santa Maria<br />

la Longa, Giulia Sattolo, per la sua tesi di laurea, si sta <strong>in</strong>teressando<br />

proprio alla vicenda della protesta dei fanti della «Catanzaro».<br />

Interpellai prontamente Giulia la quale, nel corso del nostro colloquio,<br />

mi parlò molto ampiamente ed accuratamente della vicenda<br />

accaduta nel suo paese nell’ormai lontano 15 luglio del 1917. Ascoltavo<br />

attentamente il racconto di Giulia, la quale soddisfaceva ogni mia<br />

domanda. Inf<strong>in</strong>e mi parlò di Mario Saccà di Catanzaro, anche lui <strong>in</strong>teressato<br />

e studioso delle vicende dell’eroica Brigata calabrese.<br />

Chiamai lo stesso giorno Mario Saccà, al quale mi presentai e illustrai<br />

i motivi della telefonata. Saccà, molto cordiale e disponibile, mi confermò<br />

che Placido Malerba era <strong>in</strong>quadrato nel 142° Fanteria e che il suo nome<br />

19


era riportato tra i soldati morti a causa della rivolta, ma non seppe<br />

<strong>in</strong>dicarmi la Compagnia di appartenenza dello sfortunato <strong>fante</strong><br />

terranovese, cosa peraltro non riportata neppure sulla copia del foglio<br />

matricolare rilasciatami dall’Archivio di Stato di Foggia.<br />

Comunque dal colloquio con Saccà un dato importante emerse: che<br />

Placido Malerba non apparteneva alla schiera dei rivoltosi, i quali<br />

ven<strong>nero</strong> fucilati all’alba del 16 luglio e sepolti <strong>in</strong> una fossa comune nel<br />

cimitero di Santa Maria la Longa. Si suppone che ai primi accenni della<br />

rivolta sia <strong>in</strong>tervenuto per sedare gli animi, ma fu colpito al basso ventre<br />

da fuoco amico e la ferita gli fu fatale.<br />

Lo zio Placido fu sepolto nel cimitero militare di Santa Maria la Longa;<br />

nel 1940 fu riesumato e i suoi resti furono traslati nella cripta della<br />

Parrocchia di San Nicolò, al Tempio Ossario di Ud<strong>in</strong>e, dove ora Egli è<br />

<strong>in</strong>umato <strong>in</strong> forma perenne nella tomba numero 4775.<br />

Sulla gelida pietra, di marmo auris<strong>in</strong>a, che chiude il sepolcro, è riportata<br />

la seguente lapidaria scritta: SOLDATO MALERBA PLACIDO.<br />

Non un fiore, non una data!<br />

Lo scopo primario di questo lavoro è stato quello di rievocare la<br />

figura di Placido Malerba, uno dei tanti giovani chiamati dallo Stato ad<br />

assolvere al proprio dovere di italiano, e conoscere più da vic<strong>in</strong>o la<br />

triste vicenda, che fu l’epilogo della sua breve vita terrena, occorsa al<br />

suo Reggimento di appartenenza.<br />

Il sacrificio di Placido non fu vano e, ora, non verrà più dimenticato<br />

perché dietro la sua morte si cela il sacro ideale che riesce a superare<br />

tante barriere concettuali: l’amore per la Patria.<br />

Nel concludere questa mia premessa sento il dovere di r<strong>in</strong>graziare<br />

quanti hanno fornito il proprio contributo per la realizzazione di questo<br />

lavoro: Giulia Sattolo per la disponibilità; Mario Saccà e Adolfo Zamboni<br />

per aver concesso i propri scritti; Libero Grifone per la cordialità e<br />

l’amico Pasquale Guidone, sottufficiale dell’Esercito Italiano, per le<br />

ricerche presso l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito.<br />

20<br />

Giovanni Saitto


Fanti del Carso, li ricordate i «rossi e i neri»<br />

della Catanzaro? 141° e 142°: i numeri sacri<br />

della Calabria eroica!<br />

Dalle spiagge solatie del mar Jonio, dai villaggi<br />

sperduti tra la Sila e l’Aspromonte, dalle città<br />

risorte sulle rov<strong>in</strong>e dei terremoti, questi figli<br />

della terra che prima ebbe il nome d’Italia,<br />

accorsero cantando nei lunghi treni <strong>in</strong>fiorati e<br />

imbandierati al fronte lontano.<br />

Ogni conquista fu battezzata nel loro sangue,<br />

ogni cimitero fu popolato dei loro morti e noi<br />

tutti, fanti del Carso, che sapevamo con quanta<br />

devozione ciascuno di voi recasse quel voto, vi<br />

ammiravamo, o eroi della Catanzaro.<br />

21


LA «BRIGATA CATANZARO»<br />

La Brigata «Catanzaro»<br />

nasce nei primi mesi del 1915<br />

nell’imm<strong>in</strong>enza della Prima<br />

Guerra Mondiale, ed era<br />

composta da due reggimenti<br />

di <strong>fante</strong>ria: il 141°, che si formò<br />

a Catanzaro Mar<strong>in</strong>a (deposito<br />

del 48° <strong>fante</strong>ria), sotto il<br />

comando del colonnello<br />

Gaetano Perella, e il 142° che<br />

sorse a Cosenza (deposito del<br />

19° <strong>fante</strong>ria); entrambi i<br />

reggimenti erano formati da<br />

fanti delle regioni meridionali,<br />

ma la stragrande maggioranza<br />

era rappresentata da uom<strong>in</strong>i<br />

calabresi.<br />

Il precipitare degli eventi<br />

bellici fu comunicato al 141°<br />

Reggimento della Divisione<br />

Militare di Catanzaro alle<br />

19,40 del 22 maggio.<br />

Def<strong>in</strong>iti i preparativi, il 31 dello stesso mese la Brigata venne passata<br />

<strong>in</strong> rassegna, a Catanzaro Lido, dal suo comandante maggiore, generale<br />

Ferruccio Mola. Il 24 maggio 1915, la «Catanzaro» era <strong>in</strong>quadrata nella<br />

28ª Divisione del XIV Corpo d’Armata. La partenza avvenne il 7 giugno,<br />

<strong>in</strong> s<strong>in</strong>tonia con i reparti provenienti da Reggio Calabria. Pochi giorni<br />

dopo il reggimento passava a far parte della Terza Armata, che obbediva<br />

agli ord<strong>in</strong>i di Emanuele Filiberto di Savoia, duca d’Aosta, la cui tomba<br />

è alla testa dei caduti sepolti a Redipuglia.<br />

Nel primo anno bellico, la Brigata combatté valorosamente a<br />

Castelnuovo e a Bosco Cappuccio. Nel 1916 fu impegnata a Oslavia e,<br />

23


durante la Strafexpedition, sul Monte Mosciagh e sul Monte Cengio.<br />

Tornò poi sul Monte San Michele, a Nad Logen, a Nova Vas, sul Nad<br />

Bregom e a Hudi Log. Prima di Caporetto fu a Lucatic, sul Monte<br />

Hermada ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e a San Giovanni di Du<strong>in</strong>o. Nel 1918, dopo Caporetto,<br />

combatté sul Pria Forà, <strong>in</strong> Val d’Astico ed <strong>in</strong> Val Pos<strong>in</strong>a.<br />

Per il comportamento tenuto <strong>in</strong> combattimento si meritò la citazione<br />

nel «Bollett<strong>in</strong>o di Guerra» del Comando Supremo N° 369 del 29 maggio<br />

1916 e nel bollett<strong>in</strong>o N° 827 del 25 agosto 1918.<br />

Nel giugno del 1920 fu disciolta. 2<br />

2 - M. SACCÀ, 4 novembre: <strong>in</strong> ricordo della Brigata Catanzaro, articolo apparso su<br />

«La Gazzetta del Sud» del 6 novembre 2003 e pubblicato dal sito web<br />

www.cimeetr<strong>in</strong>cee.it, al quale vanno i miei r<strong>in</strong>graziamenti.<br />

24


PLACIDO MALERBA, UN FANTE DEL «142° CATANZARO»<br />

Quartogenito di Michele<br />

Malerba e Maria Giuseppa<br />

Crist<strong>in</strong>o, Placido nasce a Poggio<br />

Imperiale il 16 settembre del<br />

1896, come dall’atto di nascita<br />

che di seguito si riporta:<br />

«L’anno 1896, addì 19 di<br />

settembre a ore antimeridiane 9,<br />

nella Casa Comunale.<br />

Avanti a me Penna Caroppi<br />

Michele, S<strong>in</strong>daco e Ufficiale dello<br />

Stato Civile del Comune di Poggio<br />

Imperiale, è comparso Malerba<br />

Michele, di anni 30, cantoniere<br />

ferroviario, domiciliato <strong>in</strong> detto<br />

Comune, il quale mi ha dichiarato<br />

che alle ore antimeridiane 8 del dì<br />

16 del corrente mese, nella casa posta<br />

<strong>in</strong> via ferroviaria al N° 485, da Crist<strong>in</strong>o Maria Giuseppa, sua moglie, casal<strong>in</strong>ga,<br />

seco lui convivente, è nato un bamb<strong>in</strong>o di sesso maschile e a cui si dà il nome di<br />

Placido.<br />

Testimoni, Nista Domenico, di anni 23, campagnolo; e Petti Geremia, di<br />

anni 63, sarto.<br />

Letto il presente atto a tutti gli <strong>in</strong>tervenuti i medesimi non si sono meco<br />

sottoscritti perché illetterati.»<br />

Segue la firma del S<strong>in</strong>daco.<br />

Non conosciamo nulla dell’<strong>in</strong>fanzia di Placido, senz’altro il ragazzo<br />

avrà avuto un’adolescenza alquanto difficile: quella di un bamb<strong>in</strong>o<br />

qualsiasi della Poggio Imperiale di <strong>in</strong>izio Novecento, fatta di stenti e di<br />

r<strong>in</strong>unce. Figlio di un cantoniere delle ferrovie, nonostante la famiglia<br />

vivesse <strong>in</strong> un casello a guardia della tratta ferroviaria Foggia-Termoli,<br />

il ragazzo frequenta la scuola imparando a leggere e a scrivere, come<br />

da lui stesso dichiarato all’atto della visita di leva.<br />

Passano i giorni, gli anni, Placido cresce trascorrendo le spensierate<br />

giornate <strong>in</strong> aperta campagna, giocando e r<strong>in</strong>correndosi con il fratello<br />

25


Matteo, di due anni più grande. La sorella Filomena, del 1889, <strong>in</strong>vece,<br />

aiuta la madre nel disbrigo delle faccende domestiche.<br />

È una famiglia umile, ma molto unita quella di Michele Malerba,<br />

che si accresce il 1° maggio del 1899, quando viene alla luce il terzo dei<br />

maschi, Stignano.<br />

Ma la felicità <strong>in</strong> casa Malerba dura pochi mesi, poiché il 28 novembre<br />

del 1900, appena trentac<strong>in</strong>quenne, muore il capofamiglia Michele. Non<br />

potendo più restare nei locali delle ferrovie, Maria Giuseppa decide di<br />

far rientro a Poggio Imperiale con i quattro figli, tutti di m<strong>in</strong>ore età.<br />

Passa qualche anno, Filomena è cresciuta, è diventata una donna,<br />

una gran bella donna, su di lei hanno messo gli occhi diversi giovani<br />

poggioimperialesi; lei si <strong>in</strong>namora di Giuseppe Lellis, anche lui un bel<br />

ragazzo, di mestiere fa il calzolaio, ma appartiene ad una buona famiglia.<br />

Maria Giuseppa comb<strong>in</strong>a il matrimonio con la famiglia del giovane<br />

e, il 3 agosto del 1905, <strong>in</strong> casa Malerba si festeggia il matrimonio tra<br />

Pepp<strong>in</strong>o e Filomena.<br />

Due anni dopo, la coppia è rallegrata dalla nascita di una bamb<strong>in</strong>a:<br />

il 18 settembre, <strong>in</strong>fatti, Filomena dà alla luce Maria Nicola.<br />

26<br />

Giuseppe Lellis Filomena Malerba


Ma non c’è tempo per gioire,<br />

perchè pochi gioni prima di<br />

Natale, precisamente il 21<br />

dicembre, alla non tarda età di<br />

trentasette anni, abbandona la<br />

vita terrena anche Maria<br />

Giuseppa Crist<strong>in</strong>o: sono passati<br />

appena sette anni dalla morte di<br />

suo marito.<br />

Rimasti orfani di entrambi i<br />

genitori, i tre ragazzi, Matteo,<br />

Placido e Stignano, sono accolti<br />

<strong>in</strong> casa della sorella, la quale dopo<br />

un mese e quattro giorni dalla<br />

dipartita della madre è costretta<br />

a piangere ancora una volta: il 25<br />

gennaio, <strong>in</strong>fatti, la piccola Maria<br />

Nicola diventa un angelo del<br />

Signore.<br />

Passano i mesi, <strong>in</strong> casa Lellis<br />

Matteo Malerba, fratello di Placido.<br />

le giornate non sono più gioviali<br />

come lo erano poco tempo<br />

prima; il rapporto tra i coniugi<br />

si è <strong>in</strong>cr<strong>in</strong>ato: la presenza <strong>in</strong> casa dei tre cognati <strong>in</strong>fastidisce Pepp<strong>in</strong>o.<br />

Nonostante tutto, Filomena resta ancora una volta <strong>in</strong> stato <strong>in</strong>teressante:<br />

sembrano del tutto dissolte le discordie, ma il 3 marzo 1909<br />

scoppia ancora una lite, questa volta molto più furibonda delle altre<br />

volte. Giuseppe Lellis ha uno scatto d’ira e colpisce la moglie; Filomena<br />

accusa un malore: <strong>in</strong>terviene prontamente il medico, che non può far<br />

altro che constatare la morte della giovane donna e del bamb<strong>in</strong>o che<br />

ella portava <strong>in</strong> grembo.<br />

Placido, con i fratelli Matteo e Stignano, ora è rimasto davvero da<br />

solo, ma non c’è da disperare, ai ragazzi penserà la nonna materna,<br />

Maria Michela Maiorano, che li accudirà f<strong>in</strong>o a quando ognuno di loro<br />

prenderà la propria strada.<br />

Diventato ormai adulto, Placido <strong>in</strong>traprende l’arte del muratore<br />

27


28<br />

Stignano Malerba, fratello m<strong>in</strong>ore di Placido.


dando così un notevole<br />

contributo all’economia<br />

della famiglia. Sono<br />

lontani ricordi, ormai, i<br />

tristi giorni degli anni<br />

passati, legati alla prematura<br />

scomparsa dei genitori<br />

e della cara sorella<br />

Filomena, la mente del<br />

giovane sembra serena,<br />

ma il futuro che lo attende<br />

non è certamente tra i più<br />

rosei: tetre nubi e gelidi<br />

venti di guerra oscurano e<br />

spirano nell’azzurro cielo<br />

italiano.<br />

La situazione politica<br />

europea, <strong>in</strong>fatti, dom<strong>in</strong>ata<br />

dalla «Triplice Alleanza»<br />

(Germania, Austria-<strong>Un</strong>-<br />

L’assass<strong>in</strong>io di Francesco Giuseppe.<br />

gheria e Italia) e dalla<br />

«Triplice Intesa» (Francia,<br />

Inghilterra e Russia), è m<strong>in</strong>ata da sentimenti di odio e voglia di<br />

supremazia che nutrono entrambi gli schieramenti, gli uni nei confronti<br />

degli altri: la miccia è accesa, la bomba ad orologeria sta per esplodere<br />

da un momento all’altro. E la situazione precipita il 28 giugno 1914,<br />

quando a Sarajevo il nazionalista serbo Gavrilo Pr<strong>in</strong>cip, uccide l’arciduca<br />

Francesco Ferd<strong>in</strong>ando, erede al trono dell’impero austro-ungarico, e la<br />

moglie, la contessa Sofia Chotek.<br />

L’episodio si trasforma <strong>in</strong> un caso <strong>in</strong>ternazionale che, nel giro di<br />

pochissimi giorni, mette <strong>in</strong> moto una serie di reazioni che precipitano<br />

<strong>in</strong> un conflitto dalle enormi dimensioni: la Prima Guerra Mondiale.<br />

L’Austria accusa la Serbia di complicità nell’omicidio e le <strong>in</strong>via un<br />

ultimatum con condizioni <strong>in</strong>accettabili, dopodiché il 28 luglio 1914 le<br />

dichiara guerra. In aiuto della Serbia accorrono la Russia e la Francia, mentre<br />

la Germania si schiera al fianco dell’Austria, sua partner nell’alleanza.<br />

29


Ha così <strong>in</strong>izio il grande <strong>in</strong>cendio che, nel giro di pochi mesi,<br />

divamperà nell’<strong>in</strong>tera Europa.<br />

Allo scoppio delle ostilità, l’Italia proclama la sua neutralità, dichiarando<br />

di non dover entrare <strong>in</strong> guerra al fianco delle due Nazioni<br />

cobelligeranti, data la natura prettamente difensiva della «Triplice<br />

Alleanza».<br />

Nella nostra penisola si formano due correnti: la «neutralista» e quella<br />

«<strong>in</strong>terventista»; <strong>in</strong> entrambe, però, è vivo il desiderio di poter aggregare<br />

all’Italia i territori irredenti di Trento e di Trieste, posseduti dall’Austria.<br />

Ma la maggioranza degli italiani è più propensa alla neutralità, perché<br />

ritiene che per ottenere il Trent<strong>in</strong>o dall’Austria bisogna affidarsi alle<br />

trattative diplomatiche. Gli <strong>in</strong>terventisti, <strong>in</strong>vece, sostengono che soltanto<br />

partecipando fattivamente al conflitto si può raggiungere l’obiettivo di<br />

guadagnare le due città.<br />

Mentre il popolo italiano è impegnato a dibattere se «scendere o meno<br />

<strong>in</strong> campo», il governo <strong>in</strong>tavola trattative segrete sia con l’Austria, a cui<br />

<strong>in</strong>via un progetto <strong>in</strong> undici articoli, sia con le Nazioni dell’Intesa, con lo<br />

scopo di ottenere concrete promesse atte a garantire compensi territoriali<br />

all’Italia.<br />

In questo frattempo il consiglio dei m<strong>in</strong>istri, nella seduta del 2 agosto<br />

1914, decide di richiamare alle armi due classi di leva e di chiamare <strong>in</strong><br />

anticipo quella del 1894, la classe di Matteo, fratello maggiore di Placido 3 .<br />

3 - Nato il 7 ottobre del 1894, Matteo Malerba sostiene e supera la visita di leva al<br />

Distretto Militare di Foggia il 25 aprile 1914; <strong>in</strong> pari data è collocato <strong>in</strong> congedo<br />

illimitato. Scoppiata la Prima Guerra Mondiale, è chiamato alle armi il 19<br />

ottobre del 1915 e <strong>in</strong>quadrato nell’88° Reggimento Fanteria «Friuli». Il 31<br />

agosto 1916 è nom<strong>in</strong>ato «zappatore» e il 16 novembre 1917 passa <strong>in</strong> forza alla<br />

Brigata«Pavia» (27° e 28° Reggimento Fanteria). Conclusa la Grande Guerra,<br />

è collocato <strong>in</strong> congedo illimitato il 16 settembre del 1919. Per aver preso parte<br />

alla campagna di guerra 1915/18, è stato decorato della «Croce al merito di<br />

guerra». Dopo l’esperienza della Prima Guerra Mondiale, Matteo si arruola<br />

volontario, il 16 novembre 1936, per l’Africa Orientale Italiana e, con l’84°<br />

Reggimento Fanteria, parte da Napoli per l’Eritrea il 14 gennaio 1937. Sbarca<br />

a Massaua il 22 successivo e resta nelle ex colonie italiane s<strong>in</strong>o al term<strong>in</strong>e<br />

delle operazioni militari. Rientra <strong>in</strong> Italia il 15 agosto 139 con il<br />

cacciatorped<strong>in</strong>iere «Nazario Sauro»; il 14 novembre successivo è collocato <strong>in</strong><br />

congedo illimitato.<br />

30


Dopo numerose trattative, il 16 aprile 1915 l’Austria resp<strong>in</strong>ge le<br />

richieste italiane e il 28 di quello stesso mese, l’Italia a Londra firma,<br />

con le potenze dell’Intesa, il trattato con il quale si fissano i compensi<br />

territoriali per l’<strong>in</strong>tervento <strong>in</strong> guerra dell’Italia, che dovrà avvenire entro<br />

un mese dalla firma, a fianco di Inghilterra, Francia e Russia.<br />

Il 24 maggio 1915 l’Italia entra <strong>in</strong> guerra.<br />

Nell’autunno di quell’anno è chiamata alla visita di leva la classe del<br />

1896. Placido la sostiene a Foggia il 12 ottobre. Dal foglio matricolare<br />

rileviamo i suoi dati e contrassegni: statura metri 1.59; torace centimetri<br />

81; capelli rossi di forma ondulati; naso regolare; mento ovale; occhi<br />

castani; colorito bruno; dentatura sana.<br />

L’esito della visita è positivo, il giovane è dichiarato «abile arruolato <strong>in</strong><br />

prima categoria», ed è lasciato <strong>in</strong> congedo illimitato.<br />

Nel mentre Placido rientra al paese, giunge la chiamata per Matteo:<br />

il 19 ottobre deve presentarsi al Distretto per essere arruolato.<br />

Il fatto di essere <strong>in</strong> congedo illimitato provvisorio <strong>in</strong> una nazione<br />

che è <strong>in</strong> guerra, rende spasmodiche le giornate di Placido, che attende<br />

la chiamata <strong>in</strong> grigioverde da un momento all’altro.<br />

Le nostre truppe combattono aspramente e tantissimi soldati, tanti<br />

giovani fanti offrono la loro vita alla Patria sui vari fronti di battaglia,<br />

occorrono i sostituti. E la chiamata alle armi per Placido arriva puntuale.<br />

In una fredda matt<strong>in</strong>a di f<strong>in</strong>e autunno, il messo del Comune bussa a<br />

casa Crist<strong>in</strong>o: il 6 dicembre 1915 il nipote di Maria Michela deve<br />

presentarsi al Distretto Militare di Foggia.<br />

Nel giorno della festività di San Nicola, il giovane muratore lascia<br />

per sempre il suo paesello natio; saluta con gli occhi umidi la nonna,<br />

prende a sé il giovane fratello Stignano: sarà il loro ultimo crudele<br />

abbraccio. Inf<strong>in</strong>e lancia uno sguardo alle foto della mamma e del papà,<br />

ai quali <strong>in</strong>voca la protezione dal cielo.<br />

Alla stazione, la sbuf<strong>fante</strong> locomotiva annuncia il suo arrivo, un<br />

ultimo sguardo al paese, un ultimo ideale saluto ai suoi cari e poi via,<br />

Placido sale sul treno che lo porterà al capoluogo dauno. A Foggia la<br />

neo recluta viene dest<strong>in</strong>ata al deposito del 19° Reggimento Fanteria di<br />

Cosenza: è lì che deve imparare l’arte della guerra.<br />

Con la tradotta militare partita da Foggia il 13, Placido raggiunge la<br />

città calabrese il 15 dicembre.<br />

31


Il periodo di addestramento è molto breve, <strong>in</strong>fatti dura appena<br />

quattro mesi: <strong>in</strong> questi quattro mesi, Placido impara a marciare, a<br />

sparare, a lanciare le granate e ad eseguire gli ord<strong>in</strong>i.<br />

A morire no, quello non si può <strong>in</strong>segnare. Quello, nell’esercito di Cadorna,<br />

deve essere retaggio, condizione e discipl<strong>in</strong>a dello status di soldato. 4<br />

Ai primi di aprile del 1916, il <strong>fante</strong> di Poggio Imperiale è pronto ad<br />

affrontare i rischi della tr<strong>in</strong>cea, i pericoli degli scontri a fuoco: <strong>in</strong> prima<br />

l<strong>in</strong>ea servono uom<strong>in</strong>i che sostituiscono i fanti che sono caduti.<br />

Il 4 aprile 1916, Placido raggiunge, con altri complementi, i territori<br />

dichiarati <strong>in</strong> stato di guerra ed è <strong>in</strong>quadrato nel 142° Battaglione Fanteria<br />

della «Brigata Catanzaro», una tra le brigate più affidabili e gr<strong>in</strong>tose<br />

del nostro esercito, impegnata <strong>in</strong> quei giorni sulla l<strong>in</strong>ea del Carso.<br />

È fiero, Placido, di <strong>in</strong>dossare le mostr<strong>in</strong>e rosse e nere della gloriosa<br />

brigata, i cui fanti si sono già coperti di gloria nel primo anno di guerra<br />

a Castelnuovo del Carso, a Bosco Cappuccio e ad Oslavia, guadagnando,<br />

per la loro bandiera, la medaglia d’argento al valor militare con la<br />

seguente motivazione:<br />

«Pel valore spiegato nei combattimenti <strong>in</strong>torno a<br />

Castelnuovo del Carso e Bosco Cappuccio, sull’Altopiano<br />

d’Asiago, al San Michele, nella regione di Bosch<strong>in</strong>i ed al<br />

Nad Logem; per lo spirito aggressivo e l’alto sentimento<br />

del dovere sempre dimostrati (luglio 1915 - agosto 1916)». 5<br />

4 - M. VITALE: 5000 croci, Edizioni Enne, Foggia 2004, pag. 129.<br />

5 - Riassunti storici dei Corpi e Comandi nella guerra 1915-1918, Brigate di Fanteria,<br />

Volume IV, a cura del M<strong>in</strong>istero della Guerra, Comando del Corpo di Stato<br />

Maggiore - Ufficio Storico, Roma 1926, pag. 44.<br />

32


CON LA «CATANZARO» NELLA GRANDE GUERRA<br />

Dal 4 aprile 1916, qu<strong>in</strong>di, Placido è un <strong>fante</strong> dell’Esercito Italiano,<br />

impegnato <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea con il 142° Battaglione Fanteria costituente,<br />

con il 141°, la Brigata «Catanzaro». Giunto al Corpo, Placido non<br />

immag<strong>in</strong>a la sorpresa che lo attende, nel 142°, <strong>in</strong>fatti, trova <strong>in</strong>quadrati<br />

due compaesani: Nicola Tucci, classe 1888, e Antonio Imperiale, classe<br />

1894: quattro mesi dopo la sua partenza da Poggio Imperiale, f<strong>in</strong>almente<br />

due volti amici. Antonio è coetaneo di Matteo, fratello di Placido, <strong>in</strong>vece<br />

Nicola è più grande ed è anche sposato.<br />

Non sappiamo le Compagnie <strong>in</strong> cui erano <strong>in</strong>quadrati, senz’altro nel<br />

tempo libero si ritrovavano per scambiare quattro chiacchiere e anche<br />

per lenire quella mal<strong>in</strong>conia che attanagliava i loro cuori.<br />

Da quel momento <strong>in</strong> poi, i tre fanti terranovesi seguono tutte le<br />

vicende belliche e gli spostamenti della «Catanzaro» sui vari scenari<br />

del fronte. In quel periodo la Brigata è <strong>in</strong>quadrata nella 3ª Armata - che<br />

<strong>in</strong> seguito ebbe l’appellativo di «Armata del Carso» e che si onorava di<br />

obbedire agli ord<strong>in</strong>i di Emanuele Filiberto di Savoia, Duca d’Aosta – ed<br />

è posizionata sulla riva destra dell’Isonzo per agevolare un’opera-zione<br />

condotta da reparti schierati sulla s<strong>in</strong>istra del fiume; però l’improvvisa<br />

piena dell’Isonzo limita la cooperazione al solo fuoco di fucileria e di<br />

mitragliatrici.<br />

Con il 142°, Placido resta al fronte s<strong>in</strong>o al 13 maggio, giorno <strong>in</strong> cui il<br />

reggimento, sostituito dal 95° Fanteria «Ud<strong>in</strong>e», si porta nelle retrovie<br />

a Santa Maria la Longa, dove trova anche il 141°, per trascorrere una<br />

settimana di riposo.<br />

Dal 19 al 23 maggio, la Brigata è trasferita a scaglioni sull’altopiano<br />

di Asiago; nello stesso giorno 23, riceve l’ord<strong>in</strong>e di dislocarsi sul rovescio<br />

della l<strong>in</strong>ea che dalle pendici di Monte Longatico, per Monte<br />

Magnaboschi e Monte Busibollo, scende a Campiello (28ª Divisione),<br />

ma, giunta ad Osteria di Granezza, gli si dispone di portarsi a Pria<br />

dell’Acqua, dove si accampa. Il 25, passata alle dipendenze della 34ª<br />

Divisione, la «Catanzaro» si mette <strong>in</strong> marcia verso Asiago, arrestandosi<br />

a Villa del Brun. Di qui il I e II Battaglione del 141° sono <strong>in</strong>viati sul<br />

costone di Monte Meatta, a r<strong>in</strong>forzo della Brigata «Alessandria», mentre<br />

la 4ª Compagnia del 142° occupa, a scopo di copertura, la mulattiera a<br />

nord della strada Gallio - Val Frenzela, sp<strong>in</strong>gendo pattuglie verso le<br />

Melette di Gallio. Nella notte successiva la Brigata, con i quattro<br />

33


attaglioni disponibili, occupa la l<strong>in</strong>ea Monte Interrotto - Monte Catz -<br />

alture a nord est di Gallio, coprendo così la Valle dei Ronchi.<br />

Nella matt<strong>in</strong>ata del 26 maggio, gli austriaci attaccano il Monte<br />

Mosciagh creando scompiglio tra le file del 141°, ma l’<strong>in</strong>tervento<br />

congiunto della 4ª Compagnia del 142° e del III Battaglione del 141°<br />

costr<strong>in</strong>ge il nemico alla ritirata.<br />

Il 27 maggio due Battaglioni della «Catanzaro», il III del 141° ed il I<br />

del 142°, più una Compagnia del 142° sono posti a disposizione della<br />

Brigata «Salerno», comandata dal generale Fioroni, per riconquistare<br />

due batterie sul Monte Mosciagh e sostenere il ripiegamento della<br />

Brigata «Lombardia» sullo sperone di Val di Nos e su quello di<br />

Campomulo. Mentre il ripiegamento avviene senza <strong>in</strong>cidenti, il 141°, il<br />

I Battaglione del 142° e trecento uom<strong>in</strong>i della Brigata «Alessandria»,<br />

con reiterati e brillanti attacchi alla baionetta, riprendono i pezzi di<br />

artiglieria e recuperano anche i cassoni con le munizioni.<br />

La brillante operazione dei fanti della «Catanzaro» merita la citazione<br />

sul Bollett<strong>in</strong>o di Guerra N° 369 diramato dal Comando Supremo il 29<br />

maggio 1916 a firma del generale Luigi Cadorna: «In Val Lagar<strong>in</strong>a, nella<br />

notte sul 28 ed il matt<strong>in</strong>o successivo, l’avversario r<strong>in</strong>novò contro le nostre<br />

posizioni tra l’Adige e Vallarsa ost<strong>in</strong>ati sangu<strong>in</strong>osi attacchi, costantemente<br />

<strong>in</strong>franti dalla <strong>in</strong>crollabile resistenza delle <strong>in</strong>trepide truppe della 37ª Divisione.<br />

Nel settore Pos<strong>in</strong>a-Astico, il duello delle artiglierie durò ieri <strong>in</strong>tenso. Nel<br />

pomeriggio, il nemico <strong>in</strong> forze attaccò un tratto delle nostre posizioni a sud del<br />

torrente Pos<strong>in</strong>a. Dopo lotta accanita, fu resp<strong>in</strong>to con perdite rilevanti.<br />

Sull’altopiano di Asiago, le nostre truppe occupano attualmente,<br />

affermandovisi, le posizioni a dom<strong>in</strong>io della conca di Asiago. <strong>Un</strong> brillante<br />

contrattacco delle valorose <strong>fante</strong>rie del 141° reggimento (Brigata Catanzaro)<br />

liberò due batterie rimaste circondate sul Monte Mosciagh, portandone<br />

completamente <strong>in</strong> salvo i pezzi. In valle Sugana, semplici avvisaglie. Lungo la<br />

rimanente fronte, azioni delle artiglierie, più <strong>in</strong>tense nelle zone di Plava e di<br />

Monfalcone.»<br />

Il 28 maggio, <strong>in</strong> conseguenza di una forte azione del nemico, la<br />

«Catanzaro», d’ord<strong>in</strong>e superiore, ripiega sulla l<strong>in</strong>ea marg<strong>in</strong>ale<br />

dell’altopiano, mantenendo f<strong>in</strong>o a sera i reparti di protezione sulle<br />

posizioni di Monte Catz - alture di Case Giard<strong>in</strong>i - Monte Longara.<br />

L’esercito austroungarico tenta di molestare con pattuglie il<br />

34


movimento dei fanti, ma è resp<strong>in</strong>to decisamente dai nostri soldati. Nello<br />

stesso giorno è attaccata, con <strong>in</strong>tenso fuoco di fucileria, anche la<br />

Compagnia del 142° che occupa Quota 1116, ma questa risponde con<br />

veemenza al fuoco avversario e così il ripiegamento del 142° può<br />

avvenire a scaglioni f<strong>in</strong>o a Mezzavia, dove si raccoglie, il giorno<br />

successivo, anche il 141°, eccitato dopo la vittoriosa azione del 27.<br />

Il 30 maggio la Brigata, posta alle dipendenze della 30ª Divisione, si<br />

trasferisce sul rovescio di Monte Sprunck e, nella notte, il 142° disloca il<br />

II Battaglione sul Monte Cengio per concorrere, col I Granatieri, al<br />

mantenimento di quelle posizioni; il III sul Monte Belmonte ed il I <strong>in</strong><br />

riserva di settore. Il nemico attacca nella notte verso Monte Belmonte e<br />

qualche suo elemento riesce ad <strong>in</strong>filtrarsi nelle nostre l<strong>in</strong>ee, ma il pronto<br />

<strong>in</strong>tervento del 141°, che da Monte Magnaboschi sp<strong>in</strong>ge un Battaglione<br />

a Monte Belmonte ed un altro a sbarrare Val Canaglia, vale a resp<strong>in</strong>gere<br />

l’attaccante a costo di gravi perdite.<br />

Il 3 giugno l’avversario ritenta l’attacco verso Cima Magnaboschi,<br />

ma le poche forze disponibili della «Catanzaro», presenti <strong>in</strong> quel settore,<br />

riescono a ricacciarlo nuovamente.<br />

Gli austriaci non desistono ed attaccano con <strong>in</strong>genti forze<br />

nuovamente il 142° che, seppur si batte con ardimento, per le <strong>in</strong>genti<br />

perdite subite è costretto a ripiegare dal Monte Belmonte f<strong>in</strong>o alla strada<br />

Campiello - Monte Panoccio e poi, resp<strong>in</strong>to da crescenti forze nemiche,<br />

f<strong>in</strong>o alla galleria presso lo sbocco di Val Canaglia; da qui, sostituito da<br />

altri reparti, si trasferisce a Canuss<strong>in</strong>o.<br />

Rilevata dalla «Forlì», il 7 giugno la Brigata si sposta a Calvene, il 9 a<br />

Breganze ed il 12 a Trevignano, passando sotto il comando della 19ª<br />

Divisione. Con partenze scaglionate, nei giorni tra il 23 giugno e il 1°<br />

luglio la «Catanzaro» si trasferisce a Fontaniva e da qui, proseguendo<br />

<strong>in</strong> treno, raggiunge Palmanova. Successivamente, per mezzo di<br />

autocarri, procede per Chiopris, passando alle dipendenze del’XI Corpo<br />

d’Armata.<br />

Il 5 luglio il 142° è <strong>in</strong>viato nella zona di Gradisca, dove occupa le<br />

tr<strong>in</strong>cee nel settore San Mart<strong>in</strong>o - Groviglio. Agli <strong>in</strong>izi di agosto la<br />

«Catanzaro» riceve l’ord<strong>in</strong>e di attacco alle tr<strong>in</strong>cee del Costone Viola<br />

Alto - Cima 1 - Cima 2 del Monte San Michele. Al 141° spettava il<br />

compito di puntare sulla parte alta del Costone Viola e su Cima 1, il<br />

35


142°, <strong>in</strong>vece, doveva puntare verso la Sella fra le cime, avendo cura,<br />

<strong>in</strong>oltre, di mantenere il collegamento con la Brigata «Brescia». 6<br />

Il giorno prima dell’attacco, il maggiore generale Carlo Sanna,<br />

comandante della «Catanzaro», chiama a rapporto i suoi ufficiali e<br />

impartisce loro le disposizioni:<br />

1° - Non lasciarsi <strong>in</strong>fluenzare dalle <strong>in</strong>evitabili fluttuazioni della lotta su<br />

altri settori, ma perseguire f<strong>in</strong>o all’estremo il proprio obiettivo.<br />

2° - Tenere alla mano i propri uom<strong>in</strong>i sia con l’occhio vigile dell’Ufficiale<br />

come con apposite pattuglie fidate, non permettere che alcuno si allontani<br />

specialmente per troppa e non veritiera pietà per i feriti, ai quali provvedono<br />

esclusivamente i porta-feriti.<br />

3° - Evitare dopo la conquista delle tr<strong>in</strong>cee i camm<strong>in</strong>amenti nemici, dove<br />

un solo tiratore ardito può fermare un reparto. La ‘pulizia’ dei camm<strong>in</strong>amenti<br />

sia affidata a pochi uom<strong>in</strong>i specialmente arditi con bombe a mano e baionette.<br />

4° - Non chiedere r<strong>in</strong>forzi se non <strong>in</strong> casi estremi.<br />

5° - Prevedere l’impiego di gas da parte del nemico - portare la maschera al<br />

collo e gli occhiali sull’elmetto - al m<strong>in</strong>imo dubbio far mettere le maschere.<br />

6° - Mandare <strong>in</strong>formazioni ogni 50° m<strong>in</strong>uto d’orologio, anche negative, ma<br />

procurare che non siano negative.<br />

7° - Tutti i militari porteranno due o tre sacchetti <strong>in</strong>filati nella c<strong>in</strong>tura per<br />

averli pronti al momento opportuno.<br />

8° - Mantenere sempre guarnita la tr<strong>in</strong>cea di partenza e ricordarsi <strong>in</strong> caso<br />

disperato che quella tr<strong>in</strong>cea non si abbandona per nessuna ragione. Questo<br />

ord<strong>in</strong>e è tassativo: VI SI MUORE DENTRO MA NON SI FA UN PASSO<br />

INDIETRO. 7<br />

6 - Lo schieramento della «Catanzaro» all’alba del 6 agosto 1917, giorno d’<strong>in</strong>izio<br />

della 6ª battaglia dell’Isonzo, era il seguente: dal Naso al Canalone Gatti il I<br />

ed il II Battaglione del 141°, ciascuno composta da due compagnia <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea<br />

e due di r<strong>in</strong>calzo; dal Canalone Gatti al camm<strong>in</strong>amento Lazzari due<br />

compagnie del II/142° e del III/142°. A sostegno di questi reparti vi erano<br />

le riserve reggimentali, il III/141° nel Canalone Gatti e le altre compagnie<br />

del II/142° e del III/142° nei ricoveri Tivoli. In terza l<strong>in</strong>ea, nei ricoveri di<br />

Sdrauss<strong>in</strong>a, come riserva di Brigata, vi erano il I Battaglione del 142° ed i<br />

genieri del 60° Battaglione.<br />

7 - B. DI MARTINO, La guerra della Fanteria 1915 - 1918, G<strong>in</strong>o Rossato Editore,<br />

36<br />

Valdagno 2002, pag. 146.


L’eroica impresa dei fanti della «Catanzaro» sul Monte Mosciagh illustrata da<br />

Achille Beltrame sulla copert<strong>in</strong>a de «La Domenica del Corriere» Anno XVIII -<br />

N° 24 dell’11 - 18 giugno 1916.<br />

37


Con tutta la forza a sua<br />

disposizione, la «Catanzaro»<br />

<strong>in</strong>izia le operazioni il giorno<br />

6 agosto: com<strong>in</strong>cia la 6ª<br />

battaglia dell’Isonzo.<br />

Preceduti da <strong>in</strong>tenso<br />

fuoco di cannoni e bombarde<br />

da parte della Batteria<br />

«Amalfi» e del 37° Artiglieria,<br />

alle 15:30 i fanti<br />

muovono all’attacco: sotto il<br />

nutrito crepitare della fucileria<br />

e delle mitragliatrici del<br />

nemico, l’<strong>in</strong>tera l<strong>in</strong>ea avanza<br />

con irruenza. La vittoria per<br />

i nostri fanti si del<strong>in</strong>ea f<strong>in</strong><br />

dalle prime battute: alle<br />

16:45 il 141° conquista<br />

Costone Viola e Cima 1,<br />

Nicola Tucci<br />

mentre un’ora dopo il 142°<br />

riesce ad impadronirsi di<br />

Cima 2.<br />

Molti ufficiali austriaci sono fatti prigionieri dai nostri soldati, i quali<br />

entrano <strong>in</strong> possesso anche di quattro mitragliatrici e di gran quantità di<br />

materiale bellico.<br />

Alla f<strong>in</strong>e delle operazioni, a sera, Placido Malerba ed Antonio<br />

Imperiale gioiscono per il successo riportato dal nostro esercito, cosa<br />

che non potrà più fare Nicola Tucci, l’altro compaesano, che la sera del<br />

6 non rientra al campo: nelle fasi dell’attacco al San Michele è scomparso<br />

e per lui si è persa ogni traccia. Era nato a Manfredonia il 20 gennaio<br />

del 1888. A Poggio Imperiale lascia la moglie Maria Luigia Volpe e il<br />

figlio Francesco di appena un anno.<br />

Il 9 agosto, il 142°, cui è stato assegnato il tratto da Cima 1 alla Sella<br />

tra le l<strong>in</strong>ee 2 e 3, muove nuovamente all’attacco della cima del San<br />

Michele, occupando un tratto di tr<strong>in</strong>cea e catturando un cent<strong>in</strong>aio di<br />

prigionieri. Ma è una vittoria amara per il nostro Placido, che si ritrova<br />

38


senza l’altro suo compaesano<br />

e, forse, compagno<br />

d’<strong>in</strong>fanzia: Antonio Imperiale<br />

è caduto sotto il fuoco<br />

austriaco. Il giovane <strong>fante</strong><br />

terranovese aveva appena<br />

ventidue anni, a Poggio<br />

Imperiale lo piangeranno la<br />

madre Filomena Nista ed il<br />

padre Giuseppe.<br />

Ma non c’è tempo di<br />

lasciar cadere le lacrime per<br />

la morte dei due compaesani,<br />

la guerra per Placido, e<br />

per tutta la «Catanzaro»,<br />

cont<strong>in</strong>ua: il 10 agosto arriva<br />

l’ord<strong>in</strong>e del Comando che<br />

bisogna proseguire verso<br />

Quota 203 e Quota 242. Si<br />

prosegue a combattere, a<br />

Antonio Imperiale<br />

morire e a conquistare posizioni,<br />

<strong>in</strong> quello stesso giorno<br />

cadono <strong>in</strong> mani italiane Cotici, Quota 242, Quota 193 e il villaggio<br />

sloveno di Brestovic.<br />

Il giorno dopo la Brigata <strong>in</strong>izia l’attacco del Nad Logem, che conquista<br />

brillantemente il 12 agosto 1916 con l’aiuto dei fanti della «Lombardia».<br />

Dal 6 agosto, primo giorno della 6ª battaglia dell’Isonzo, la<br />

«Catanzaro» ha subito un elevato numero di perdite: sessantasei gli<br />

ufficiali caduti, mentre tremiladuecentoventotto sono i sottufficiali e i<br />

fanti che sono morti sotto il fuoco nemico.<br />

F<strong>in</strong>almente il 16 agosto arriva un periodo di tregua per i fanti dalle<br />

mostr<strong>in</strong>e <strong>in</strong> <strong>rosso</strong> e <strong>nero</strong> che, sostituiti dal 14° Reggimento Fanteria<br />

«P<strong>in</strong>erolo», trascorrono il riposo tra Fratta d’Isonzo e Villesse. Qui si<br />

scarica la tensione accumulata nei mesi scorsi, si scrive ai familiari, si<br />

ripensa ai compagni che purtroppo non ci sono più.<br />

Il 10 settembre la «Catanzaro» è dislocata nella zona Ferleti - Bonetti,<br />

39


sotto il comando della 31ª Divisione; il I e III Battaglione del 142°, dest<strong>in</strong>ati<br />

<strong>in</strong> r<strong>in</strong>calzo del 122° Fanteria, nella notte del 17, con un colpo di mano,<br />

riconquistano una parte di territorio tr<strong>in</strong>cerato <strong>in</strong> precedenza perduto dai<br />

fanti del 122°, mentre il giorno successivo si tenta <strong>in</strong>vano una sortita a<br />

Quota 208 sud: l’esercito austriaco vigila attentamente e resp<strong>in</strong>ge l’attacco.<br />

L’<strong>in</strong>clemenza del tempo e le necessità di rafforzare le posizioni<br />

raggiunte, obbligano una sosta delle operazioni; si trascorre l’ultima<br />

decade di settembre e la prima di ottobre a spostare i pezzi di artiglieria,<br />

a rifornirsi di viveri, a studiare nuove mosse, <strong>in</strong> poche parole ci si prepara<br />

ad un nuovo attacco.<br />

Alla «Catanzaro» viene assegnato il compito di agire verso i seguenti<br />

obiettivi: strada che da Nova Vas corre lungo la gola del saliente di<br />

Quota 208 nord; strada che da Quota 209 va a Nova Vas; l<strong>in</strong>ea Nad<br />

Bregom - Quota 206.<br />

L’offensiva, preparata nei dettagli, parte il pomeriggio del 10 ottobre:<br />

accertati gli effetti efficaci del fuoco di artiglieria, i fanti entrano <strong>in</strong><br />

azione: <strong>in</strong>izia l’8ª battaglia dell’Isonzo.<br />

Sono occupate tre l<strong>in</strong>ee di tr<strong>in</strong>cea ed il Nad Bregom; gli scontri<br />

proseguono anche nei giorni seguenti nella zona Hudi Log - Lukatic,<br />

mentre il 15 è conquistata Quota 206. Gli austroungarici tentano di<br />

riprendersi il territorio da poco diventato italiano, ma i nostri ardimentosi<br />

fanti li resp<strong>in</strong>gono con la baionetta.<br />

<strong>Un</strong> nuovo periodo di persistenti <strong>in</strong>temperie rallenta l’offensiva e la<br />

truppa trascorre il tempo rettificando e sistemando le nuove posizioni,<br />

la cui conquista costa alla «Catanzaro» la perdita di ventic<strong>in</strong>que ufficiali<br />

e di millequattrocentoventic<strong>in</strong>que fanti.<br />

Il 31 ottobre, migliorate le condizione atmosferiche, viene varata una<br />

nuova offensiva con il consueto fuoco di copertura di artiglieria e<br />

bombarde, mantenuto per tutta la notte e <strong>in</strong>tensificato all’alba del 1° di<br />

novembre, quando la «Catanzaro» irrompe tra le l<strong>in</strong>ee nemiche, oltrepassando<br />

due l<strong>in</strong>ee di tr<strong>in</strong>cee ed occupando Quota 238.<br />

Gli avversari tentano di aggirare i nostri fanti, i quali ripiegano f<strong>in</strong>o<br />

a ristabilire il collegamento con i reparti laterali, che riescono a<br />

mantenere un tratto della prima l<strong>in</strong>ea conquistata. La Brigata r<strong>in</strong>nova<br />

l’attacco, ma la reazione dei difensori e la necessità di non perdere il<br />

collegamento laterale, non permettono di ottenere risultati soddisfacenti.<br />

40


Il corpo esanime di un <strong>fante</strong> italiano tra i reticolati di una tr<strong>in</strong>cea. Nella foto <strong>in</strong><br />

basso, le nostre truppe avanzano dopo la ritirata del nemico sulla l<strong>in</strong>ea del<br />

Monte Magnaboschi.<br />

41


L’8 novembre la «Catanzaro» lascia il fronte e si porta nella zona tra<br />

Ruda - Campolongo - Perteole dove resta, per riord<strong>in</strong>arsi, f<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e<br />

del mese.<br />

Nuove eccezionali <strong>in</strong>temperie turbano gravemente le condizioni di<br />

vita dei soldati ed impediscono nuovi attacchi: l’<strong>in</strong>izio del secondo<br />

<strong>in</strong>verno di guerra mette a dura prova la mirabile resistenza dei fanti.<br />

Sulle zone montuose cade moltissima neve, <strong>in</strong> alcuni punti raggiunge<br />

addirittura l’altezza di quattro metri. Nella parti basse, <strong>in</strong>vece, le<br />

<strong>in</strong>cessanti piogge costr<strong>in</strong>gono i nostri soldati a vigilare sulle l<strong>in</strong>ee di<br />

difesa immersi nel fango.<br />

Il 1° dicembre la «Catanzaro» torna di nuovo <strong>in</strong> scena, questa volta<br />

teatro è il settore di Lukatic, dove trascorre un periodo di normale<br />

attività: le avverse condizioni atmosferiche non permettono nuovi<br />

assalti.<br />

Il mese di dicembre trascorre senza che accada qualcosa di significativo,<br />

si registrano solo piccole scaramucce, ma nulla d’importante.<br />

Arrivano le festività natalizie, i due eserciti, come se tacitamente<br />

avessero siglato una tregua del conflitto, fanno tacere le armi. La vigilia<br />

della festa più attesa, Placido la trascorre nelle grotte scavate <strong>in</strong> prima<br />

l<strong>in</strong>ea; a mezzanotte la Santa Messa, un fugace scambio di auguri con i<br />

commilitoni e poi a letto, con la mente volta ai fratelli, alla nonna Maria<br />

Michela e agli amici lasciati a Poggio Imperiale.<br />

È Natale, il secondo <strong>in</strong> guerra per Placido, ma è il primo Natale che<br />

il nostro <strong>fante</strong> trascorre <strong>in</strong> tr<strong>in</strong>cea, nel grigiore e nel rigore dell’<strong>in</strong>verno<br />

carsico; non c’è il caldo tavolo imbandito e il succulento pranzo preparato<br />

da nonna Michela, ma il fugace rancio consumato nella gavetta,<br />

forse a base di gallette, carne e cioccolata: niente di speciale per il giorno<br />

che ricorda la nascita del Figlio di Dio.<br />

Il giorno dopo, festa di Santo Stefano, per la «Catanzaro» giunge<br />

l’ord<strong>in</strong>e di trascorrere il Capodanno nelle retrovie ed <strong>in</strong>fatti, sostituita<br />

dalla «Caltanissetta», la Brigata si trasferisce a riposo tra Fauglio -<br />

Sevigliano - Perteole - San Pietro - Turriaco: è qui che i suoi fanti<br />

attenderanno e br<strong>in</strong>deranno l’arrivo del nuovo anno, che per Placido si<br />

rivelerà, purtroppo, un anno fatale.<br />

42


LA TRAGICA ESTATE DELLA BRIGATA «CATANZARO»<br />

Dopo le festività di f<strong>in</strong>e anno ed il periodo di riposo trascorso nelle<br />

retrovie, il 9 gennaio del 1917 la «Catanzaro» si disloca fra Redipuglia,<br />

Sant’Elia e Palazzo e nei giorni 22 e 23 rileva la «Salerno» nel tratto del<br />

fronte Lukatic – Hudi Log (34ª Divisione), ma senza compiere azioni di<br />

importante rilievo.<br />

Gli <strong>in</strong>izi del nuovo anno vedono subire una drastica riduzione delle<br />

ostilità su entrambi i fronti, dovuta anche alle avverse condizioni<br />

climatiche.<br />

Immersi nella rout<strong>in</strong>e della vita di tr<strong>in</strong>cea, dove i turni di guardia e le<br />

pattuglie notturne erano l’unico diversivo all’<strong>in</strong>cessante lavoro di consolidamento<br />

e rafforzamento delle posizioni, i battaglioni ruotavano con regolarità<br />

tra la prima l<strong>in</strong>ea e la riserva 8 , ed <strong>in</strong>fatti il 7 febbraio la Brigata è sostituita<br />

<strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea dalla «P<strong>in</strong>erolo».<br />

Con l’arrivo della primavera, il generale Cadorna dirama direttive<br />

ai vari Comandi per la ripresa dell’offensiva. Dopo la Santa Pasqua,<br />

caduta l’8 aprile, festeggiata nelle retrovie, alla «Catanzaro» <strong>in</strong>quadrata<br />

con la «Salerno» nella 34ª Divisione, XIII Corpo d’Armata, il 28 aprile<br />

1917 giunge l’Ord<strong>in</strong>e di Operazioni N° 26, emanato dal maggiore<br />

generale Giuseppe Ciancio, che stabilisce: Il XIII, oltrepassate con vigoroso<br />

sbalzo le l<strong>in</strong>ee nemiche, facendo preponderare la forza la proprio centro e<br />

specialmente all’ala s<strong>in</strong>istra, avanzerà rapidamente <strong>in</strong> direzione generale,<br />

all’<strong>in</strong>circa, da Nord-Ovest a Sud-Est, con obiettivo, da una parte la fronte<br />

Voiscizza <strong>in</strong>feriore - Krapenca e dall’altra l’orlo meridionale dell’altipiano (fra<br />

Krapenca e Fornaza) per qu<strong>in</strong>di puntare sull’Hermada aggirandone le difese. 9<br />

Nella notte tra il 1° e il 2 maggio, facendo fede agli ord<strong>in</strong>i ricevuti,<br />

gli <strong>in</strong>domiti fanti della «Catanzaro» tornano <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea nel settore<br />

antistante i capisaldi di Hudi Log e di Lukatic.<br />

Alle prime luci dell’alba del 23 maggio, con un <strong>in</strong>cessante fuoco di<br />

artiglieria, <strong>in</strong>izia la 10ª battaglia dell’Isonzo. I micidiali colpi sparati<br />

dai cannoni e dalle bombarde riescono a scard<strong>in</strong>are e distruggere le<br />

tr<strong>in</strong>cee nemiche, provocando enormi squarci. Alle 11, le pattuglie, uscite<br />

<strong>in</strong> ricognizione, riferiscono che le difese austriache sono state distrutte<br />

<strong>in</strong> più punti e i reticolati presentano enormi varchi, che permettono il<br />

8 - B. DI MARTINO, op. cit., pag. 190.<br />

9 - Ibidem, pag. 213.<br />

43


passaggio della <strong>fante</strong>ria la quale, alle 16:05, risoluta, veloce ed irruenta,<br />

muove all’attacco.<br />

Nel mentre il 141° occupa il caposaldo nemico di Lukatic, il 142°<br />

raggiunge e si attesta su Quota 247, ma l’<strong>in</strong>cessante bombardamento<br />

degli artiglieri austriaci costr<strong>in</strong>ge gli attaccanti a rimanere nelle posizioni<br />

occupate, anche perché la Brigata aveva subito sensibili perdite. In modo<br />

particolare chi ne resta più <strong>in</strong>teressato è il 142°, il cui I Battaglione perde<br />

il comandante, ed il III/142°, chiamato <strong>in</strong> soccorso del II/142°, che<br />

<strong>in</strong>cappa <strong>in</strong> un violento tiro di <strong>in</strong>terdizione da parte del nemico e lascia<br />

sul terreno parecchi dei suoi uom<strong>in</strong>i.<br />

Così è riassunta quella giornata sul diario della «Catanzaro»: Il<br />

bombardamento concentrato sulla nuova zona da noi occupata era <strong>in</strong>cessante.<br />

La truppa senza riparo, per effetto di questo bombardamento subì notevoli<br />

perdite. Le file dei combattenti cont<strong>in</strong>uavano ad assottigliarsi, sia per il gran<br />

numero dei feriti, sia per quelli che dovevano essere sottratti dalla prima l<strong>in</strong>ea<br />

per il trasporto dei feriti, per il rifornimento di acqua e munizioni. 10<br />

All’albeggiare del 24, il nemico attacca Quota 247, costr<strong>in</strong>gendo i<br />

fanti del 142° a ripiegare f<strong>in</strong>o a Quota 238, dove, però, riescono a<br />

mantenere il collegamento con la «Padova».<br />

Aiello del Friuli (Ud<strong>in</strong>e), 26 aprile 1917, la cerimonia della consegna delle<br />

medaglie al valore della Brigata «Catanzaro» (archivio Adolfo Zamboni). Foto<br />

tratta su <strong>in</strong>ternet all’<strong>in</strong>dirizzo www.cimeetr<strong>in</strong>cee.it/longa.htm<br />

10 - Ibidem, pag. 218.<br />

44


Il numero elevato di morti e feriti costr<strong>in</strong>ge il XIII Corpo d’Armata<br />

a sospendere le operazioni e a chiedere r<strong>in</strong>forzi. In quello stesso giorno,<br />

la 31ª Divisione, r<strong>in</strong>forzata dal 2° Reggimento Granatieri, che nel<br />

frattempo aveva rioccupato Quota 247, e dal 234° Reggimento Fanteria<br />

«Lario», riprende l’offensiva.<br />

A mezzogiorno l’artiglieria apre il fuoco, alle 14:00 la <strong>fante</strong>ria <strong>in</strong>izia<br />

l’attacco; ai fanti della «Catanzaro» spetta il compito di superare le<br />

antistanti posizioni e raggiungere il marg<strong>in</strong>e del Vallone fra Quota 219<br />

e Selo.<br />

L’azione dei nostri soldati è vanificata, però, dal violento fuoco delle<br />

mitragliatrici avversarie, che falciano moltissimi di loro. Il triste e sangu<strong>in</strong>oso<br />

pomeriggio del 25 maggio 1917 è così laconicamente descritto sul<br />

diario reggimentale della Brigata: Per oltre due ore è una lotta senza tregua,<br />

un succedersi di attacchi e contrattacchi con bombe a mano e fuoco di fucileria<br />

e mitragliatrici. Il crepitio delle mitragliatrici si ode dalla nostra l<strong>in</strong>ea, ma<br />

risponde più micidiale quello delle nemiche situate a Quota 224 e nelle tr<strong>in</strong>cee<br />

di Hudi Log sempre <strong>in</strong> possesso dell’avversario. Però le truppe del reggimento<br />

riescono a portarsi con l’ala s<strong>in</strong>istra a circa 200 metri a nord ovest di quota<br />

224 occupando la tr<strong>in</strong>cea nemica e con la destra sulle pendici di quota 247 dove<br />

si collegano saldamente coi reparti del 142° <strong>fante</strong>ria. Alle 16:30 il nemico sferra<br />

un violentissimo contrattacco che mette a dura prova le nostre truppe, sf<strong>in</strong>ite<br />

dalle lunghe ore di cont<strong>in</strong>ua lotta, affrante dalle sofferenze fisiche, assetate,<br />

ormai prive di ufficiali. I superstiti si lanciano con sublime sacrificio alla lotta<br />

a corpo a corpo con bombe a mano e ricacciano def<strong>in</strong>itiva-mente l’avversario.<br />

Nell’arduo combattimento rimane ferito di bomba a mano il comandante del I<br />

Battaglione, capitano Stefanelli, nobile esempio di coraggio e di valore. Il nemico<br />

allora scatenò un fuoco <strong>in</strong>fernale di fucileria e artiglieria su tutte le nostre<br />

posizioni compresa la 1ª l<strong>in</strong>ea. Avanzare ancora <strong>in</strong> condizioni simili significava<br />

esporre a sicuro sacrificio i superstiti. La destra non avanzava, a s<strong>in</strong>istra il<br />

nemico sempre <strong>in</strong> possesso delle tr<strong>in</strong>cee di Hudi Log. Le truppe, dopo aver<br />

superato la violenza dei contrattacchi nemici, si rafforzarono sulle posizioni<br />

raggiunte. 11<br />

Questa volta i fanti <strong>in</strong> <strong>rosso</strong> e <strong>nero</strong> non riescono a centrare gli obiettivi<br />

loro assegnati. Provata e sf<strong>in</strong>ita dai violenti, sangu<strong>in</strong>osi e stressanti<br />

11 - Ibidem, pag. 220.<br />

45


combattimenti, la «Catanzaro», nella notte tra il 25 e il 26 maggio, è<br />

rimpiazzata dalla «Lario». Il 142°, sostituito <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea dal 234°, dopo aver<br />

trascorso una breve sosta nelle tr<strong>in</strong>cee di Quota 208 e lungo la 4ª l<strong>in</strong>ea<br />

difensiva tra Oppacchiasella e Ferleti, lascia il fronte del Carso e si dirige<br />

alla volta di Polazzo e da qui, dopo una notte passata all’addiaccio,<br />

negli accantonamenti di Ruda e Perteole.<br />

Ma non c’è abbastanza tempo per riorganizzarsi, perché agli <strong>in</strong>izi di<br />

giugno l’esercito austroungarico sferra la controffensiva sull’Hermada,<br />

del tutto <strong>in</strong>attesa dai comandi italiani, che nel giro di pochi giorni mette<br />

fuori combattimento circa ventiduemila nostri soldati.<br />

Per arg<strong>in</strong>are l’avanzata nemica, il XIII Corpo d’Armata richiama <strong>in</strong><br />

l<strong>in</strong>ea la «Catanzaro», che il 2 giugno è trasferita fra Gonars e Morsano.<br />

Due giorni dopo, alle 10, il comando della Brigata riceve l’ord<strong>in</strong>e dalla<br />

34ª Divisione di allertare i suoi uom<strong>in</strong>i, mentre <strong>in</strong> serata, alle 19:50,<br />

giunge un fonogramma a mano del XIII Corpo d’Armata che dispone il<br />

trasferimento dei due reggimenti a Ferleti, con la prospettiva di un<br />

pronto impiego nei combattimenti.<br />

La notizia non è accolta con entusiasmo dai soldati che, dopo tanti<br />

mesi impiegati al fronte, accampano il diritto di godere un periodo di<br />

riposo nelle retrovie.<br />

Alle 20, pochi m<strong>in</strong>uti dopo aver ricevuto il messaggio, scoppia la<br />

protesta: dall’accampamento del 142° si odono una dec<strong>in</strong>a di colpi di<br />

fucile. La calma è subito ristabilita, ma per poco, poiché, <strong>in</strong>torno alle<br />

22:45, dalla 9ª Compagnia del 141° Fanteria partirono delle grida: «siamo<br />

stanchi, vogliamo riposare!» 12<br />

L’accenno di rivolta è però immediatamente sedato dagli ufficiali<br />

che, oltre a trarre <strong>in</strong> arresto quattro zappatori trovati con i fucili carichi<br />

e pronti a far fuoco, scoprono due fanti del I Battaglione del 142° nascosti<br />

<strong>in</strong> un vic<strong>in</strong>o campo di grano; i due saranno denunciati al tribunale<br />

militare come disertori.<br />

Interviene anche il colonnello V<strong>in</strong>cenzo Di Dio, comandante del<br />

Reggimento che, radunata la Brigata, richiama agli ord<strong>in</strong>i e al dovere i<br />

soldati, riprendendo <strong>in</strong> pugno la situazione.<br />

Intorno alla mezzanotte, i fanti della «Catanzaro», a bordo di<br />

12 - Ibidem, pag. 234.<br />

46


L’altipiano del Carso, zona di operazione della Brigata Catanzaro.<br />

47


autocarri, sono trasportati fra Sonetti e Ferleti e, nella notte dal 6 al 7,<br />

sostituiscono <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea i reparti della Brigata «Granatieri di Sardegna» e<br />

del 139° Fanteria «Bari» nel settore di Jamiano (61ª Divisione), tra Quota<br />

241 e la strada Komarice – Brestovizza.<br />

Ma la «bravata» di pochi giorni prima non passa <strong>in</strong>osservata agli<br />

alti comandi, che dispongono l’apertura di un’<strong>in</strong>chiesta. L’<strong>in</strong>crescioso<br />

episodio è, comunque, m<strong>in</strong>imizzato dal comando della Brigata che lo<br />

ritiene un fatto assolutamente isolato, come risulta dal rapporto del<br />

Comando Divisione del giorno dopo: Da <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i fatte sul posto, è risultato<br />

che, dei quattro <strong>in</strong>dividui arrestati, su due soli si hanno prove, mentre altri<br />

due, caporali, erano armati per servizio al momento degli spari e sembra che il<br />

loro fucile sia stato adoperato da ignoti. I due identificati hanno confessato di<br />

aver sparato alcuni colpi, come se avessero fatto la cosa più naturale del mondo,<br />

il che proverebbe l’<strong>in</strong>coscienza loro nel compiere il grave fatto. Perciò il<br />

Comandante del Reggimento e della Brigata non hanno ritenuto di prendere<br />

immediate estreme disposizioni a loro carico. 13<br />

Il turno <strong>in</strong> tr<strong>in</strong>cea trascorre senza che accada nulla di rilevante e il 25<br />

giugno la «Catanzaro» è sostituita dalla Brigata «Granatieri di Sardegna»<br />

ed <strong>in</strong>viata a riposo a Santa Maria la Longa, paes<strong>in</strong>o della media friulana,<br />

importante centro logistico della 3ª Armata, ritornando così a far parte<br />

della 34ª Divisione, trasferita, qu<strong>in</strong>di, alle dipendenze del VII Corpo<br />

d’Armata.<br />

Giunte nel paes<strong>in</strong>o alle porte di Ud<strong>in</strong>e, le truppe si accampano nei<br />

baraccamenti posti sulla strada che da Santa Maria conduce a Santo<br />

Stefano; la forza presente è di 62 ufficiali e 2277 militari di truppa. Il<br />

paes<strong>in</strong>o è gradevole, accogliente, i soldati già pregustano il lungo<br />

periodo di riposo promesso dai Comandi.<br />

Il 27 si procede alla parziale, nuova vestizione e si completa l’armamento.<br />

Poi, dal 29, arrivano i complementi. Il primo luglio il Reggimento, con le<br />

Compagnie mitragliatrici, torna alla piena forza: 67 ufficiali, 3057 uom<strong>in</strong>i di<br />

truppa.<br />

Istruzione al matt<strong>in</strong>o, libera uscita alla sera, bevute e mangiate nelle osterie<br />

del luogo, le ragazze del «cas<strong>in</strong>o» di guerra. Insomma i bravi fanti del 142°,<br />

come tutti i soldati del mondo quando sono a riposo, «fanno flanella», godono<br />

13 - Ibidem.<br />

48


Fanti italiani sulla prima l<strong>in</strong>ea del Nad Logem. Sotto, le zone <strong>in</strong>teressate dalla<br />

Strafexpedition austroungarica.<br />

49


i giorni quieti da trascorrere lontani dal fronte, dai pericoli, dalla morte. 14<br />

Seppur il comportamento assunto dai fanti, <strong>in</strong> questi giorni di riposo<br />

a Santa Maria, sembrasse aver fatto dimenticato del tutto il brutto<br />

episodio del 4 giugno, un s<strong>in</strong>tomo di malessere serpeggia tuttavia negli<br />

animi dei militari.<br />

Infatti, nel mentre gli alti comandi preparano l’<strong>Un</strong>dicesima Battaglia<br />

dell’Isonzo, voci su un possibile impiego della «Catanzaro» al fronte<br />

giungono alle orecchie dei fanti.<br />

E i presentimenti dei fanti diventano realtà il 15 luglio. È domenica;<br />

il tempo bello e il caldo estivo della media friulana <strong>in</strong>vitano i fanti alla<br />

tranquillità, all’ozio. Alle 7, di buon matt<strong>in</strong>o, il cappellano militare<br />

celebra la Santa Messa al campo, all’aperto. Molti fanti, tra cui probabilmente<br />

il nostro Placido, partecipano al rito religioso.<br />

Term<strong>in</strong>ata la funzione, molti soldati si spostano nel vic<strong>in</strong>o centro<br />

del piccolo paese, altri si recano sul canale Brentana a lavare i panni,<br />

altri ancora, <strong>in</strong>vece, passano il loro tempo libero nelle baracche a<br />

spidocchiarsi.<br />

A mezzogiorno viene distribuito il rancio, poi tutti a letto per la<br />

pennichella pomeridiana. I soldati già pregustano la dolce serata della<br />

domenica da trascorrere nell’osteria del paese o <strong>in</strong> compagnia di una<br />

bella ragazza del luogo: a Santa Maria ci sono alcune di loro che fanno<br />

dimenticare ai militari gli orrori della guerra.<br />

Altri, <strong>in</strong>vece, fanno un pensier<strong>in</strong>o per Ud<strong>in</strong>e, dove trascorrere il<br />

pomeriggio domenicale nei cas<strong>in</strong>i di guerra. Ma la distanza da percorrere<br />

a piedi, circa diciotto chilometri, distoglie i fanti a fare questa scelta.<br />

Tutto sembra calmo, tranquillo, nessuno può immag<strong>in</strong>are quello che<br />

da lì a poche ore sta per accadere.<br />

Improvvisamente, come un fulm<strong>in</strong>e a ciel sereno, nel tardo<br />

pomeriggio, <strong>in</strong>torno alle 7:00, arriva il temuto ord<strong>in</strong>e: bisogna partire.<br />

Infatti, un fonogramma del Comando della 45ª Divisione, foglio 5410<br />

Op., ad oggetto: «Spostamento della Brigata», dispone che i due reggimenti<br />

della «Catanzaro» devono lasciare gli accantonamenti di Santa Maria<br />

la Longa e portarsi a Staranzano per mettersi a disposizione del XIII<br />

Corpo d’Armata.<br />

14 - M. VITALE, op. cit., pag. 131.<br />

50


Due vedute aeree di Santa Maria la Longa. La prima parte del toponimo della<br />

cittad<strong>in</strong>a friulana rimanda alla chiesa parrocchiale di Santa Maria, foto <strong>in</strong> basso,<br />

dedicata appunto a Santa Maria Assunta. La seconda parte, <strong>in</strong>vece, associa il<br />

nome della cittad<strong>in</strong>a al fatto che le tre borgate del paese (Bôrc disore, Bôrc di<br />

mièç, Bôrc di Zumpìc) si sono fuse tra loro, dando orig<strong>in</strong>e ad un paese «lungo».<br />

51


Eccone il testo <strong>in</strong>tegrale:<br />

La Brigata deve trasferirsi dagli attuali alloggiamenti a Staranzano. Si danno<br />

disposizioni <strong>in</strong> merito. Il movimento deve avvenire il 16 corr. Per via ord<strong>in</strong>aria<br />

seguendo l’it<strong>in</strong>erario: Santa Maria la Longa, Palmanova, Visco, Aiello, Cadenzano,<br />

Ruda, Villa Vicent<strong>in</strong>a, Papariano, Pieris, Staranzano. La truppa<br />

addaccierà a Villa Vicent<strong>in</strong>a e d<strong>in</strong>torni per poi cont<strong>in</strong>uare la marcia<br />

l’<strong>in</strong>domani. 15<br />

In men che non si dica monta la protesta dei fanti <strong>in</strong> <strong>rosso</strong> e <strong>nero</strong>:<br />

dalle baracche del 141°, quello decorato di medaglia d’oro, si levano<br />

voci di protesta <strong>in</strong>vocanti il riposo e la richiesta di cambiare il fronte. I<br />

militari dopo circa quattro mesi trascorsi sul settore del Carso chiedono<br />

di essere spostati su quello trent<strong>in</strong>o, a loro dire molto più tranquillo.<br />

52<br />

<strong>Un</strong> gruppo di fanti italiani <strong>in</strong> un momento di riposo.<br />

15 - Archivio Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito (<strong>in</strong> seguito sarà<br />

AUSSME), Diario Storico della Brigata Catanzaro, 15 luglio 1917.


Le richieste dei fanti sono riportate anche sul Diario Storico della<br />

Brigata. Ecco cosa scrive l’estensore del diario: Verso le ore 22:30 si udirono<br />

fucilate provenienti dagli accantonamenti dei due reggimenti della Brigata,<br />

accompagnate da alcune grida di «vogliamo riposo, vogliamo cambiar fronte,<br />

siamo stanchi».<br />

La protesta divampa, i fanti del 141° si impossessano di tre mitragliatrici<br />

e le puntano <strong>in</strong> direzione delle baracche degli ufficiali, facendo<br />

fuoco ad altezza d’uomo. Contemporaneamente i più decisi <strong>in</strong>vitano<br />

alla ribellione le truppe del 142°.<br />

L’<strong>in</strong>tervento degli ufficiali, seppur m<strong>in</strong>acciati, riesce a calmare,<br />

seppur per poco, la truppa e a frenare i più faziosi. L’episodio viene<br />

paragonato a quello del 4 giugno, ma <strong>in</strong> realtà non è la stessa cosa <strong>in</strong><br />

quanto, <strong>in</strong>torno alle 23:00 la rivolta scoppia <strong>in</strong> più punti e si estende<br />

rapidamente a tutta la Brigata, divenendo gravissima, dopo la mezzanotte<br />

nella 6ª Compagnia del 142° Fanteria. 16<br />

La rivolta degenera e assume gli aspetti di un vero e proprio conflitto<br />

a fuoco.<br />

I fac<strong>in</strong>orosi di ogni reggimento assaltarono i militari dell’altro reggimento<br />

m<strong>in</strong>acciandoli e sparando loro contro per <strong>in</strong>durli a far causa comune. 17<br />

Si spara con le mitragliatrici, vengono lanciate anche alcune bombe<br />

a mano; sono presi di mira gli ufficiali, i soldati che tentano di sedare<br />

gli scontri e coloro che non vogliono essere trasc<strong>in</strong>ati nella sommossa.<br />

Si contano i primi morti e feriti, tra cui il nostro <strong>fante</strong> Placido Malerba,<br />

che viene prontamente ricoverato nella vic<strong>in</strong>a filanda, adibita ad<br />

ospedale da campo. <strong>Un</strong>a pallottola gli si è conficcata al basso ventre,<br />

perde sangue, la ferita è molto grave. I medici tentano di <strong>in</strong>tervenire,<br />

gli tamponano lo squarcio, forse pensano anche d’<strong>in</strong>tervenire chirurgicamente.<br />

Ma tutto sarà <strong>in</strong>utile.<br />

Al campo, nel frattempo, la rivolta prosegue. A notte <strong>in</strong>oltrata il<br />

comando del Corpo d’Armata, messo al corrente di ciò che accade nella<br />

cittadella militare, prende i primi provvedimenti <strong>in</strong>viando a Santa Maria<br />

oltre cento carab<strong>in</strong>ieri, quattro automitragliatrici, due autocannoni e<br />

reparti di cavalleria.<br />

16 - AUSSME, Diario Storico del VII Corpo d’Armata, 16 luglio 1917.<br />

17 - M. PLUVIANO - I. GUERRINI, Le fucilazioni sommarie nella Prima Guerra Mondiale,<br />

Gaspari Editore, Ud<strong>in</strong>e 2004, pag. 71.<br />

53


La lotta, tranne brevi soste, si protrae per tutta la notte.<br />

<strong>Un</strong> riparto del 2° battaglione del 142° si era asserragliato <strong>in</strong> una posizione<br />

opportuna e con mitragliatrici faceva fuoco ost<strong>in</strong>ato cont<strong>in</strong>uando la resistenza.<br />

Desistette solo dopo che vide piazzati contro gli autocannoni. 18<br />

Gli scontri a fuoco cessano all’alba del giorno dopo grazie all’energico<br />

<strong>in</strong>tervento delle truppe <strong>in</strong>viate per sedarli.<br />

Ventotto militari, sedici dei quali colti con l’arma <strong>in</strong> pugno ed ancora<br />

calda per gli spari, e dodici estratti a sorte dai centoventi fanti della 6ª<br />

Compagnia del 142°, quella più esagitata, sono condotti al muro di c<strong>in</strong>ta<br />

del cimitero di Santa Maria e, alla presenza di due Compagnie, una per<br />

ciascun Reggimento, vengono immediatamente passati per le armi.<br />

Altri centoventitre militari sono arrestati e deferiti al Tribunale di<br />

Guerra. 19<br />

Dal Diario Storico del VII Corpo d’Armata si riporta il fonogramma<br />

N° 5778 <strong>in</strong> cui sono riportate le conseguenze della rivolta: Si deplorano,<br />

per causa dei rivoltosi, le seguenti perdite: morti ufficiali 2, truppa 1; feriti<br />

ufficiali 1, truppa 13 presso il 141° Fanteria, e presso il 142° - morti truppa 2;<br />

feriti ufficiali 2, truppa 6; fra i CC. RR. si è avuto un morto di truppa. 20<br />

Bilancio provvisorio, <strong>in</strong> quanto l’elenco dei decessi dovrà essere<br />

aggiornato, alle 16:15 del 16 luglio 1917, <strong>in</strong>fatti, il tenente medico di<br />

complemento, dottor Guido Valletti, a causa della gravità della ferita<br />

riportata la sera prima, dichiara la morte del soldato Placido Malerba.<br />

Il <strong>fante</strong> terranovese abbandona la vita terrena alla giovane età di<br />

ventuno anni.<br />

Nel tardo pomeriggio, il tenente d’amm<strong>in</strong>istrazione Riccardo de<br />

Rubertis, <strong>in</strong>caricato della tenuta dei registri di Stato Civile presso<br />

l’ospedale da campo N° 206, redige l’atto di morte:<br />

L’anno millenovecentodiciassette ad alli sedici del mese di luglio nel Comune<br />

di Santa Maria la Longa mancava ai vivi alle ore sedici e m<strong>in</strong>uti qu<strong>in</strong>dici <strong>in</strong> età<br />

18 - M. PLUVIANO - I. GUERRINI, op. cit., pag. 72.<br />

19 - Con sentenza del 1° agosto 1917, quattro soldati, ritenuti tra i pr<strong>in</strong>cipali<br />

promotori della rivolta, saranno condannati a morte mediante fucilazione<br />

al petto, altri, <strong>in</strong>vece, ritenuti solo complici, ad una pena di qu<strong>in</strong>dici anni e<br />

dieci mesi di reclusione militare.<br />

20 - AUSSME, Diario Storico del VII Corpo d’Armata, 16 luglio 1917.<br />

54


d’anni ventuno il soldato Malerba Placido del 142° Reggimento Fanteria<br />

1ªsezione Bettica N°[4387] di matricola, nativo di Poggio Imperiale, prov<strong>in</strong>cia<br />

di Foggia, figlio di fu Michele e di Crist<strong>in</strong>o Maria G., morto <strong>in</strong> seguito a<br />

peritonite acuta da ferita a canale completo da fucile al basso ventre, sepolto a<br />

Santa Maria la Longa. 21<br />

Soldati condotti al luogo della fucilazione, siamo nel 1917.<br />

21 - Archivio del Comune di Poggio Imperiale, Stato Civile, Registro degli atti<br />

di morte dell’anno 1917, Parte II, Serie C, Numero d’ord<strong>in</strong>e 8.<br />

55


Term<strong>in</strong>a <strong>in</strong> questo modo la guerra e la vita del soldato Placido<br />

Malerba, ma non per i suoi commilitoni i quali, alle 10:30 di quello stesso<br />

giorno, adempiono agli ord<strong>in</strong>i ricevuti ponendosi <strong>in</strong> marcia per raggiungere<br />

Saciletto, anziché Saranzano.<br />

All’atto della partenza e poco prima vi fu ancora qualche disord<strong>in</strong>e; fu sparato<br />

anche qualche colpo di fucile; molte grida sediziose furono emesse <strong>in</strong>sieme con<br />

<strong>in</strong>sulti all’<strong>in</strong>dirizzo degli squadroni prontamente <strong>in</strong>tervenuti. Fu fatto qualche<br />

arresto. La marcia si effettuò lentamente: molti soldati gettavano i pacchetti di<br />

cartucce. Vi è ancora un numero imprecisato di mancanti. 22<br />

I mezzi adoperati nella notte, cavalleria, automitragliatrici e autocannoni<br />

si spostarono colla brigata pronti per <strong>in</strong>tervenire alla prima occasione; la marcia<br />

però procedé bene, malgrado l’ora calda della giornata i cui effetti ven<strong>nero</strong><br />

mitigati da frequenti brevi fermate. 23<br />

Alle 8 antimeridiane di martedì 17 luglio, le truppe sono caricate su<br />

autocarri e trasferite a San Canziano, che raggiungono alle 16 di quello<br />

stesso giorno, accampandosi nei pressi di casc<strong>in</strong>a Massenzio, tornando<br />

alle dipendenze della 34ª Divisione.<br />

Ma vediamo come riporta la vicenda, <strong>in</strong> verità <strong>in</strong> modo molto<br />

laconico, il Diario Storico del 142°:<br />

15 Luglio Domenica: Si osserva l’orario festivo e si celebra la messa al campo.<br />

Poco dopo la ritirata alcuni militari del 141° Fanteria che occupano le<br />

baracche di fronte a quelle del Reggimento, emettono grida sediziose e<br />

sparano dei colpi di fucile, <strong>in</strong>vitando la truppa del 142° Fanteria a<br />

partecipare al movimento di rivolta.<br />

Tutti gli ufficiali <strong>in</strong>tervengono subito tra la truppa, ma il movimenta<br />

si estende e assume le forme di un conflitto a colpi di fucile e bombe a<br />

mano tra i militari rivoltosi che vorrebbero sp<strong>in</strong>gere la massa a<br />

partecipare alla rivolta, e quelli che si difendono per non essere trasc<strong>in</strong>ati<br />

al disord<strong>in</strong>e.<br />

Gli ufficiali riescono ad avere subito sotto mano la maggioranza dei<br />

reparti, che comandano, e circondano con essi i rivoltosi, che si sono<br />

impadroniti di tre mitragliatrici, con le quali cont<strong>in</strong>uano il fuoco, ma<br />

restano chiusi al centro dei baraccamenti. Così ogni loro tentativo di<br />

uscita e di allargamento del raggio della loro azione riesce vano.<br />

22 - M. PLUVIANO - I. GUERRINI, op. cit., pag. 73.<br />

23 - AUSSME, Diario Storico del VII Corpo d’Armata, 16 luglio 1917.<br />

56


L’antica filanda di Santa Maria la Longa, dov’era ubicato l’ospedale da campo<br />

N° 206, com’era ai tempi della guerra e, sotto, com’è oggi.<br />

57


24 - AUSSME, Diario Storico del 142° Reggimento Fanteria, 15 luglio 1917.<br />

25 - Sull’atto di morte del tenente Felice Bott<strong>in</strong>o, sono riportate le stesse cause<br />

che hanno portato alla morte il soldato Placido Malerba.<br />

26 - AUSSME, Diario Storico del 142° Reggimento Fanteria, 16 luglio 1917.<br />

58<br />

Forza presente: Ufficiali 58 - Truppa 2863<br />

Tempo: Bello<br />

Firmato il Colonnello<br />

Comandante di Reggimento<br />

Gaetano Amabile 24<br />

16 Luglio Lunedì: Prima dell’alba cessa il conflitto scoppiato nella notte<br />

precedente.<br />

Dei rivoltosi qualcuno è riuscito a fuggire, gli altri rientrano nelle<br />

loro baracche, restando <strong>in</strong> potere del Comando di Reggimento.<br />

Sono rimaste vittime della rivolta N. 17 militari, di cui 1 morto e 16<br />

feriti; il Maggiore Betti cav. Antonio, contuso, ed il Tenente Bott<strong>in</strong>o<br />

sig. Felice, mortalmente ferito 25 .<br />

Sul luogo si trova anche il Colonnello Brigadiere Danise cav. Adolfo,<br />

comandante della Brigata Catanzaro.<br />

D’ord<strong>in</strong>e del suddetto, N. 4 militari che furono lungo la notte sorpresi<br />

a partecipare alla rivolta vengono passati per le armi. Così pure nella<br />

6ª Compagnia del Reggimento, che <strong>in</strong> massa non ubbidì agli ord<strong>in</strong>i<br />

dei suoi ufficiali, ha luogo una decimazione ed altri 12 militari ad essa<br />

appartenenti sono passati per le armi.<br />

Alle ore 10:30 il Reggimento si trasferisce da Santa Maria la Longa a<br />

Saciletto dove giunge a sera e vi accampa.<br />

Forza presente: Ufficiali 55 - Truppa 2859<br />

Tempo: Bello<br />

Firmato il Colonnello<br />

Comandante di Reggimento<br />

Gaetano Amabile. 26


AUSSME, Lo scarno resoconto della giornata del 16 luglio 1917, riportato sul<br />

Diario Storico del 142° Battaglione Fanteria.<br />

59


Ma quali furono le cause che scatenarono questa rivolta, ben presto<br />

degenerata <strong>in</strong> un vero e proprio conflitto armato?<br />

La relazione del comando della 3ª Armata, <strong>in</strong>viata al generale<br />

Cadorna, <strong>in</strong>dividuò le seguenti cause:<br />

· la propaganda pacifista che riusciva, nonostante tutto, a raggiungere il<br />

fronte;<br />

· l’impressione generata tra i combattenti della Rivoluzione russa di<br />

febbraio e dalle notizie relative allo sfaldamento dell’esercito zarista;<br />

· i fenomeni di <strong>in</strong>discipl<strong>in</strong>a avvenuti precedentemente nella brigata;<br />

· il malcontento fra i soldati causato dalla conv<strong>in</strong>zione di subire un<br />

trattamento <strong>in</strong>giusto rispetto ad altre brigate.<br />

A differenza di casi consimili verificatisi <strong>in</strong> addietro <strong>in</strong> altre brigate –<br />

conclude il rapporto – <strong>in</strong> cui si ebbero più che altro manifestazioni <strong>in</strong>composte<br />

e tumultuose di <strong>in</strong>discipl<strong>in</strong>a e di disobbedienza, nel caso <strong>in</strong> esame si ebbe un<br />

vero e proprio sangu<strong>in</strong>oso tentativo d’imporre la volontà dei gregari a quella<br />

dei capi. Mentre, altra volta, si può escludere che sia stato precedentemente<br />

complottato e poi attuato un vero piano d’azione, è qui manifesta la l<strong>in</strong>ea<br />

direttiva concertata e mantenuta dai capi della rivolta, che fu <strong>in</strong>iziata da gruppi<br />

abbastanza numerosi di aderenti e fu poi favorita dalla facile adesione della<br />

maggioranza delle truppe, e si può dire di tutti quelli che non ne furono<br />

materialmente impediti. 27<br />

A queste cause, alcune di natura pacifiste altre generate dalle mire<br />

eversive di alcuni soldati, bisogna aggiungere anche motivi di carattere<br />

materiale che circolavano nella Brigata e cioè:<br />

· la sospensione delle licenze ai soldati siciliani, presenti <strong>in</strong> buon numero<br />

nella Brigata;<br />

· la conv<strong>in</strong>zione che spettasse ad un’altra Brigata essere rispedita <strong>in</strong><br />

tr<strong>in</strong>cea sul Carso;<br />

· la lunga permanenza sul Carso e il desiderio di passare ad un altro<br />

fronte;<br />

· la scarsa fibra morale dei complementi che avevano rimp<strong>in</strong>guato le fila<br />

dissanguate della Brigata. 28<br />

27 - M. PLUVIANO - I. GUERRINI, op. cit., pag. 74.<br />

28 - Ibidem.<br />

60


Non fu, qu<strong>in</strong>di, una rivolta preparata ed organizzata nei m<strong>in</strong>imi<br />

dettagli, anche se le sensazioni di un probabile richiamo <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea,<br />

per i fanti della «Catanzaro» erano ormai diventate concrete.<br />

Nei giorni immediatamente precedenti la ribellione, <strong>in</strong>fatti, a Santa<br />

Maria la Longa circolavano voci su una possibile e prossima sollevazione<br />

dei militari. Il parroco del paese, don Fiorenzo Ventur<strong>in</strong>i, comunicò al<br />

Comando della Brigata le <strong>in</strong>tenzioni dei soldati, ma questi sottovalutarono<br />

la cosa, anche se il Comando di Corpo d’Armata aveva dislocato<br />

nei pressi un cent<strong>in</strong>aio di carab<strong>in</strong>ieri. Il sacerdote ricorda poi le fasi<br />

della rivolta: <strong>in</strong>torno alle 22:30 il paese fu sconvolto da colpi di arma da fuoco,<br />

con i soldati che sparavano contro la sede del comando e contro la villa dei<br />

Colloredo, dove credevano risiedesse Gabriele D’Annunzio. I rivoltosi<br />

lanciavano bombe a mano e davano la caccia agli ufficiali. Briachi di odio,<br />

correvano <strong>in</strong> masse disord<strong>in</strong>ate verso la stazione e verso il campo di aviazione.<br />

Volevano <strong>in</strong>cendiare gli apparecchi e volevano che arrivassero i treni per<br />

ritornare alle loro case.<br />

Le tragiche giornate del 15 e 16 luglio del 1917, vissute dalla Brigata<br />

Catanzaro, rivivono nel racconto di due abitanti di Santa Maria la Longa,<br />

Baldo Fabris e Giona del Mestre, <strong>in</strong>tervistati dal giornalista Antonio<br />

Pitamitz nel 1981.<br />

Nei suoi ricordi, il del Mestre afferma che quando seppero che dovevano<br />

tornare subito al fronte, i soldati <strong>in</strong> paese dicevano: «Questa sera verrà il bello».<br />

Effettivamente tutti <strong>in</strong> paese sapevano che la rivolta ci sarebbe stata. Dovevano<br />

saperlo anche gli ufficiali, loro sapevano del malumore che serpeggiava tra i<br />

soldati. Poi la sera, verso le otto o le nove, sentimmo un fuoco di fucileria,<br />

sparavano un po’ contro tutti. Rimasero uccisi alcuni ufficiali e parecchi soldati.<br />

La gente seguiva dalle f<strong>in</strong>estre a suo rischio, perché fischiavano pallottole<br />

dappertutto. La rivolta durò tutta la notte, poi arrivarono autobl<strong>in</strong>do, <strong>fante</strong>ria,<br />

cavalleria per rimettere ord<strong>in</strong>e, <strong>in</strong>sieme ai carab<strong>in</strong>ieri. <strong>Un</strong> carab<strong>in</strong>iere rimase<br />

ucciso <strong>in</strong> paese, lo ritrovammo il matt<strong>in</strong>o dopo. Gli ammut<strong>in</strong>ati resistettero,<br />

ma ven<strong>nero</strong> presto disarmati, poi com<strong>in</strong>ciò la decimazione. Ma non fu una<br />

vera decimazione, presero fuori quelli che sembravano più colpevoli. Ne misero<br />

al muro parecchi al cimitero di Santa Maria la Longa. All’esecuzione i soli<br />

testimoni diretti furono i ragazz<strong>in</strong>i. Andarono a vedere coperti dal granturco<br />

che arrivava f<strong>in</strong>o al limite del cimitero. C’era il granone alto e, anzi, uno dei<br />

fucilati, rimasto solo ferito, era scivolato dal mucchio e si era nascosto tra le<br />

61


pannocchie, ma venne scoperto e un ufficiale gli diede il colpo di grazia. Il<br />

giorno dopo era tutto <strong>in</strong> silenzio. Li fecero partire tutti, con il fucile <strong>in</strong> spalla,<br />

ma senza otturatore. Diretti al fronte, ma a Saliceto, vic<strong>in</strong>o Cervignano, fecero<br />

un’altra decimazione, qu<strong>in</strong>di sciolsero i reggimenti e dispersero i fanti nelle<br />

altre unità. 29<br />

Il Fabris, <strong>in</strong>vece, seppur nativo di Santa Maria, non ha assistito personalmente<br />

alla tragedia, <strong>in</strong> quanto era militare <strong>in</strong> Cadore e venne a saperlo<br />

perché al mio reggimento - dice l’anziano friulano nella <strong>in</strong>tervista – venne<br />

un sergente della «Catanzaro» e mi raccontò quello che era successo. Anche lui<br />

era stato tirato dentro, mi disse, ma quando capì come sarebbe andata la baracca,<br />

se l’è squagliata, se n’è tenuto fuori. 30<br />

Dopo le molte epurazioni disposte dal comando d’Armata, sia tra<br />

gli ufficiali che tra la truppa, il 15 agosto la Brigata, riord<strong>in</strong>ata ed <strong>in</strong>serita,<br />

come già detto, nella 34ª Divisione, è dest<strong>in</strong>ata nel settore di Monfalcone,<br />

prendendo posizione nelle tr<strong>in</strong>cee Mandria – Sant’Antonio, Adamo,<br />

Samburgo, a Quota 85, <strong>in</strong> quelle tra Quota 21 e Quota 18 e nella cosiddetta<br />

«tr<strong>in</strong>cea dei sacchetti».<br />

Dopo le cruenti e sciagurate giornate di metà luglio 1917, per la<br />

«Catanzaro» la guerra cont<strong>in</strong>ua.<br />

Sul Carso i fanti della «Catanzaro» sarebbero ben presto tornati a morire,<br />

con la rassegnazione ed il tranquillo coraggio di sempre. 31<br />

29 - G. CORETTI, Santa Maria la Longa, villa sclavorum que similiter dicitur Meleretum,<br />

Ud<strong>in</strong>e 1989, pag. 221.<br />

30 - Ibidem, pag 222.<br />

31 - B. DI MARTINO, op. cit., pag. 239.<br />

62<br />

La 9ª Compagnia del 142° Reggimento Fanteria <strong>in</strong> una foto dell’epoca.


LA VISITA AL TEMPIO OSSARIO DI UDINE<br />

Appresa la tragica vicenda occorsa allo zio Placido Malerba nella<br />

Grande Guerra e il fatto che dal quel ormai remoto 16 luglio 1917 nessun<br />

familiare ha reso visita alla sua tomba, con mia moglie, Primiana<br />

Malerba, sua diretta nipote (ed io suo lontano cug<strong>in</strong>o), abbiamo sentito<br />

il dovere di recarci a far visita al luogo dove egli è sepolto: la Parrocchia<br />

di San Nicolò al Tempio Ossario di Ud<strong>in</strong>e.<br />

Avevamo già <strong>in</strong> programma un viaggio a Tor<strong>in</strong>o <strong>in</strong> occasione della<br />

cresima di un nipote e pertanto abbiamo deciso di recarci prima <strong>in</strong> Friuli<br />

e, da lì, <strong>in</strong> Piemonte.<br />

Giovedì 11 maggio 2006, allo spuntare dell’alba, siamo partiti <strong>in</strong> auto<br />

con i nostri ragazzi, Primiano e Carm<strong>in</strong>e, alla volta di Ud<strong>in</strong>e. Alle 12:30<br />

eravamo a Palmanova e, dopo aver sostato per consumare un frettoloso,<br />

ma gustoso pan<strong>in</strong>o <strong>in</strong> un’area di servizio dell’autostrada A4, alle 14:00<br />

raggiungiamo la cittad<strong>in</strong>a friulana di Santa Maria la Longa, dov’era ad<br />

attenderci Giulia Sattolo che, per la sua tesi di laurea, ha scelto di studiare<br />

il periodo storico legato alla protesta dei fanti della «Catanzaro».<br />

Con Giulia abbiamo visitato il cimitero di Santa Cecilia, teatro della<br />

fucilazione dei ventotto sfortunati fanti della Brigata Catanzaro; la<br />

vecchia filanda, edificio completamente ristrutturato, che ha ospitato<br />

l’ospedale da campo N° 206, dove ha trascorso le ultime ore terrene<br />

Placido Malerba, e, nei suoi pressi, la villa dei Colloredo Mels, dov’era<br />

ospitato, <strong>in</strong> quei tragici giorni di metà luglio 1917, il poeta-soldato<br />

abruzzese Gabriele D’Annunzio.<br />

È stato profondamente emozionante vedere i luoghi che hanno<br />

ospitato il nostro povero zio Placido; ripercorrere e calpestare quelle<br />

stesse zolle su cui, molto probabilmente, nel 1917, hanno camm<strong>in</strong>ato il<br />

nostro sfortunato soldato e tanti altri suoi commilitoni.<br />

Ci siamo soffermati più a lungo presso la struttura che durante la<br />

Prima Guerra Mondiale era adibita ad ospedale da campo, il luogo <strong>in</strong><br />

cui si è compiuto il tragico epilogo della giovane esistenza di Placido<br />

Malerba. Giulia ci ha descritto m<strong>in</strong>uziosamente com’era strutturato il<br />

suo paese nel periodo bellico; i luoghi dov’erano costruiti i baraccamenti<br />

dei soldati, non tanto distanti dal centro del piccolo paese della pianura<br />

friulana; come i fanti trascorrevano il tempo libero; della filanda e<br />

dell’antico cipresso, muto testimone di quei crudeli avvenimenti. Non<br />

si può non negare che un filo di commozione ha colpito i nostri cuori.<br />

63


<strong>Un</strong>’ora dopo, salutata Giulia, che r<strong>in</strong>graziamo per la sua disponibilità<br />

e la sua cordialità, saliti <strong>in</strong> macch<strong>in</strong>a, siamo partiti per Ud<strong>in</strong>e, che<br />

abbiamo raggiunto dopo pochi m<strong>in</strong>uti. Ci siamo diretti subito alla volta<br />

del Tempio, dove alle 15:30 ci attendeva il parroco della Parrocchia di<br />

San Nicolò, monsignor Vittor<strong>in</strong>o di Marco.<br />

Don Vittor<strong>in</strong>o ci ha accolto sul sagrato del Tempio e, dopo aver<br />

controllato su di un corposo registro il luogo di sepoltura dello zio<br />

Placido, ci ha condotto nella cripta del Tempio Ossario, costruzione<br />

<strong>in</strong>augurata il 22 maggio del 1940, che accoglie i resti di oltre 25.000<br />

soldati della Grande Guerra, tra cui quelli dell’alp<strong>in</strong>o Riccardo di Giusto,<br />

primo soldato italiano caduto sotto il fuoco del nemico proprio il 24<br />

maggio 1915, giorno <strong>in</strong> cui l’Italia si affacciava sul teatro della Prima<br />

Guerra Mondiale.<br />

Siamo rimasti attoniti nel vedere tutte le pareti della chiesa rivestite<br />

di auris<strong>in</strong>a, il marmo che si estrae nelle cave friulane, con su impressi i<br />

nomi dei soldati, disposti <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e alfabetico.<br />

Non è stato difficile trovare la parete che ci <strong>in</strong>teressava e, una volta<br />

trovata la nicchia dello zio, un velo di tristezza, accompagnata da un<br />

filo di entusiasmo, ha accomunato tutti noi: io ero emozionato, i ragazzi<br />

<strong>in</strong>curiositi, mia moglie, <strong>in</strong>vece, era commossa.<br />

Per la prima volta, da quel fatidico 16 luglio del 1917, Placido Malerba<br />

riceveva la visita dei suoi familiari.<br />

Primiana ha sfiorato con la mano il nome dello zio e, turbata, il suo<br />

volto si è rigato di lacrime.<br />

Dopo aver recitato con don Vittor<strong>in</strong>o delle preghiere <strong>in</strong> suffragio<br />

dell’anima dello zio-soldato, per ricordare lo straord<strong>in</strong>ario e significativo<br />

evento e trasmettere le nostre <strong>in</strong>tense sensazioni a chi legge queste righe,<br />

abbiamo scattato delle foto, che ci permetteranno di ricordare negli anni<br />

a venire la triste e sfortunata vicenda di Placido Malerba, un ragazzo di<br />

ventuno anni rapito alla sua famiglia e ai suoi affetti, dest<strong>in</strong>ato ad essere<br />

uno dei tanti «agnelli sacrificali» di quella catastrofe che procura rov<strong>in</strong>e<br />

e lutti <strong>in</strong> tante famiglie: la guerra.<br />

64


Da s<strong>in</strong>istra, Carm<strong>in</strong>e,<br />

Primiano, Primiana e<br />

Giulia Sattolo nei<br />

pressi del muro di<br />

c<strong>in</strong>ta del cimitero di<br />

Santa Maria la Longa.<br />

In basso, Carm<strong>in</strong>e alla<br />

stazione ferroviaria<br />

della cittad<strong>in</strong>a della<br />

media friulana.<br />

65


Santa Maria la Longa, sul muro di c<strong>in</strong>ta del cimitero, una corona <strong>in</strong> bronzo ed<br />

una targa ricordano i tragici avvenimenti del 15 e 16 luglio 1917.<br />

66


Cimitero di Santa Maria la Longa, la chiesa di Santa Cecilia.<br />

67


68<br />

Santa Maria la Longa, sopra, la<br />

vecchia filanda, ex ospedale da<br />

campo numero 206 nel corso della<br />

Prima Guerra Mondiale, come<br />

appare oggi. In questo luogo, alle<br />

16 e 15 del 16 luglio 1917, giorno<br />

della festività della Madonna del<br />

Carm<strong>in</strong>e, abbandonava la vita<br />

terrena il <strong>fante</strong> terranovese Placido<br />

Malerba. Nella foto a s<strong>in</strong>istra, il<br />

vecchio cipresso, che si erge<br />

maestoso nel parco della vecchia<br />

filanda, unico e «muto testimone»<br />

che ha visto spegnersi la giovane<br />

vita del soldato Placido Malerba.


Santa Maria la Longa, la villa dei Colloredo Mels, costruzione del XVII secolo,<br />

che ha ospitato Gabriele D’Annunzio, com’era nel 1917 e, nella foto <strong>in</strong> basso,<br />

com’è oggi.<br />

69


Primiano, Primiana e Carm<strong>in</strong>e posano per una foto ricordo sul sagrato del<br />

Tempio Ossario di Ud<strong>in</strong>e, nella cui cripta è <strong>in</strong>umato <strong>in</strong> forma perenne lo zio<br />

Placido Malerba, morto nel corso della Prima Guerra Mondiale. La realizzazione<br />

del Tempio Ossario è stata voluta dall’allora parroco della Parrocchia di San<br />

Nicolò, don Clemente Arturo Cossett<strong>in</strong>i il quale, al ritorno del servizio militare<br />

prestato nell’Esercito Italiano durante la Grande Guerra, concepì l’idea di<br />

raccogliere <strong>in</strong> un tempio votivo le salme dei militari italiani. Su progetto<br />

dell’architetto ud<strong>in</strong>ese Prov<strong>in</strong>o Valle (che nel 1930 sarà sostituito dall’architetto<br />

romano Alessandro Limongelli, autore dell’Ossario al <strong>fante</strong> italiano sul Monte<br />

San Michele), nel 1925 hanno <strong>in</strong>izio i lavori del nuovo Tempio, che sarà<br />

consacrato solennemente nel 1940. Ai lati del portale d’<strong>in</strong>gresso le quattro<br />

statue, realizzate da Silvio Olivo, artista ud<strong>in</strong>ese allievo di Attilio Selva,<br />

raffigurano il Mar<strong>in</strong>aio, l’Alp<strong>in</strong>o, il Fante e l’Aviere. All’<strong>in</strong>terno dell’edificio<br />

religioso si possono ammirare opere di Giann<strong>in</strong>o Castiglioni, Aurelio Mistruzzi,<br />

Jacopo Palma e Francesco Bassano. Nel 1976 la struttura subì notevoli danni<br />

per il forte terremoto e richiese un lungo periodo di ristrutturazione, che portò<br />

il Tempio ai nuovi dettami richiesti dal Concilio Ecumenico Vaticano II.<br />

70


Ud<strong>in</strong>e, Piazzale XXVI Luglio, la facciata e il portone d’<strong>in</strong>gresso del Tempio<br />

Ossario.<br />

71


Primiana con i figli Primiano, a s<strong>in</strong>istra, e Carm<strong>in</strong>e, all’<strong>in</strong>gresso della Parrocchia<br />

di San Nicolò al Tempio Ossario di Ud<strong>in</strong>e.<br />

72


Ud<strong>in</strong>e, cripta del Tempio Ossario, una parete contenente i resti di centoventi<br />

soldati. Nella qu<strong>in</strong>ta fila dal basso, qu<strong>in</strong>ta da s<strong>in</strong>istra, la lapide che chiude la<br />

nicchia con l’urna di Placido Malerba.<br />

73


Primo piano della lapide, <strong>in</strong> marmo auris<strong>in</strong>a, che racchiude i resti del nostro<br />

soldato. Sotto, l’altare della cripta dove vengono celebrate le Sante Messe <strong>in</strong><br />

suffragio dei caduti. Da notare, ai lati dell’altare, le altre lapidi che racchiudono<br />

i piccoli loculi contenenti le ossa di altri militari.<br />

74


... una volta trovata la nicchia dello zio, un velo di tristezza, accompagnata da<br />

un filo di entusiasmo, ha accomunato tutti noi: io ero emozionato, i ragazzi<br />

<strong>in</strong>curiositi, mia moglie, <strong>in</strong>vece, era commossa. Per la prima volta, da quel fatidico<br />

16 luglio del 1917, Placido Malerba riceveva la visita dei suoi familiari.<br />

Primiana ha sfiorato con la mano il nome dello zio e, turbata, il suo volto si è<br />

rigato di lacrime ...! In questa foto, Carm<strong>in</strong>e, Primiana e l’autore del presente<br />

lavoro posano accanto alla tomba dello zio Placido Malerba. È stato, questo, il<br />

momento più <strong>in</strong>tenso, emozionante e commovente della nostra visita al Tempio<br />

Ossario di Ud<strong>in</strong>e.<br />

75


76<br />

Sopra, il Sacrario Militare di Redipuglia. In una<br />

tomba comune di questo mesto ed eloquente<br />

luogo del ricordo sono <strong>in</strong>umati, ignoti tra gli<br />

ignoti, i ventotto fanti della Brigata Catanzaro<br />

fucilati a Santa Maria la Longa la matt<strong>in</strong>a di<br />

lunedì 16 luglio 1917. Nella foto a s<strong>in</strong>istra, il<br />

cippo posto su Quota 1 del Monte San Michele<br />

che ricorda la partecipazione della «Catanzaro»<br />

alla VIª Battaglia dell’Isonzo e alla presa di<br />

Gorizia. Alla conquista del San Michele parteciparono,<br />

<strong>in</strong> affiancamento alla «Catanzaro», la<br />

Brigata «Brescia» e la Brigata «Ferrara», mentre<br />

erano di appoggio i Granatieri di Sardegna.<br />

(R<strong>in</strong>grazio Mario Saccà per il contributo)


HANNO SCRITTO DELLA VICENDA<br />

Pochi mesi dopo la f<strong>in</strong>e delle ostilità, i giornali posero <strong>in</strong> luce alcuni<br />

episodi negativi che ebbero come protagoniste le truppe italiane impegnate<br />

nella Prima Guerra Mondiale. In risposta agli articoli esposti dai<br />

quotidiani giunsero due lettere, pubblicate sull’«Avanti!» del 16 agosto<br />

1919 e sul «Giornale del Popolo» del 24 successivo. Dalle missive, scritte<br />

da ex ufficiali dell’Esercito, si evidenzia il sentimento che pervadeva<br />

nei militari della «Catanzaro» prima dell’ammut<strong>in</strong>amento, le cause che<br />

lo determ<strong>in</strong>arono e le conseguenze che ne derivarono.<br />

Ci riferisce dell’episodio anche Attilio Frescura dalle pag<strong>in</strong>e del suo<br />

«Diario di un imboscato», che apre questo capitolo. 32<br />

(...) 16 giugno<br />

<strong>Un</strong> episodio doloroso: la rivolta della brigata Catanzaro, i cui due reggimenti<br />

sono fregiati di medaglie d’oro e d’argento, segni del valore e del sangue. <strong>Un</strong>a<br />

celebre brigata, che accorsa <strong>in</strong> Trent<strong>in</strong>o nel maggio del 1916, ha compiuto prodigi<br />

di eroismo, ripetendoli di poi, ancora sul Carso, sul Nad-Logem, a Monte San<br />

Michele, a quota 208 Nord, sul Nad-Bregom, nelle tre battaglie dell’ottobre e<br />

novembre 1916 e <strong>in</strong> questa del maggio. Sfruttata, credendosi perseguitata,<br />

perché ai numerosi siciliani che la compongono le licenze ord<strong>in</strong>arie sono concesse<br />

per pochi giorni al mese (si sono formate delle bande di disertori, <strong>in</strong> Sicilia, che<br />

si difendono nelle tr<strong>in</strong>cee!) la brigata al grido: «Vogliamo cambiar fronte!» è<br />

corsa questa notte alle armi, sparando fucili e mitragliatrici all’impazzata. Si<br />

deplorano dei morti, ufficiali e truppa e carab<strong>in</strong>ieri, e dei feriti. Vi sono stati 28<br />

fucilati sul posto e altri 127 tradotti alle carceri: non avranno anch’essi una<br />

sorte migliore.<br />

Così, nel sangue fraterno, questa brigata ha rit<strong>in</strong>to il <strong>rosso</strong> delle sue bandiere!<br />

Ciò si deve all’opera dei «complementi» che provengono dai feriti, dai<br />

condannati e, sopra tutto, dai riformati, che si sono a lungo dibattuti fra una<br />

visita e l’altra. Costoro portano il loro disperato tenace attaccamento alla vita.<br />

Essi sanno che sul Carso - e nella brigata Catanzaro - fatalmente si muore.<br />

Speranza non c’è. Allora, come bestie <strong>in</strong>seguite, essi si difendono e urlano il<br />

loro diritto alla vita. E, nel morire, essi tentano la loro disperata difesa. Intanto<br />

oggi è stato denunciato al tribunale di guerra, per avere <strong>in</strong> una lettera propalato<br />

la notizia, un soldato che ha com<strong>in</strong>ciato così: I fratelli hanno ucciso i fratelli.<br />

32 - Le pag<strong>in</strong>e del diario e le lettere riportate <strong>in</strong> questo capitolo sono pubblicate<br />

su Internet all’<strong>in</strong>dirizzo http://www.cimeetr<strong>in</strong>cee.it/longa.htmsito.<br />

77


La retorica è sempre dannosa... Anche quella dei propagandisti delle nostre<br />

gazzette. I quali farebbero opera ben migliore se persuadessero il Paese a tenere<br />

un contegno <strong>in</strong> armonia al duro sacrificio dei combattenti e se ai combattenti<br />

facessero giungere immediato il conforto delle provvidenze sociali a favore delle<br />

loro famiglie, nonché se persuadessero S. E. Cadorna a mutare strategia.<br />

L’episodio della brigata Catanzaro è isolato.<br />

Che esso sia un monito, però!<br />

Dalla prima pag<strong>in</strong>a dell’«Avanti!» del 16 agosto 1919<br />

78<br />

Soldati che si ribellano e sono fucilati a Santa Maria la Longa<br />

Caro «Avanti!»<br />

La campagna da te così coraggiosamente <strong>in</strong>iziata contro i fucilatori è sacrosanta<br />

e tutti gli onesti, a qualunque partito appartengano, devono approvarla. Ma se<br />

tu volessi registrare tutti i casi di barbarie verificatisi durante la guerra, del<br />

genere di quelli con tanto c<strong>in</strong>ismo confessati da Graziani, dovresti pubblicare<br />

per parecchie settimane un numero quotidiano di sedici pag<strong>in</strong>e. E nemmeno,<br />

forse, esauriresti la materia. Poiché la guerra, coi poteri straord<strong>in</strong>ari e brutali<br />

conferiti a migliaia di del<strong>in</strong>quenti, degenerati, megalomani e prepotenti, <strong>in</strong>vestiti<br />

di comando e spesse volte premiati per l’energia dimostrata verso i disgraziati<br />

che erano alle loro dipendenze, ha giustificato d<strong>in</strong>anzi alle <strong>in</strong>umane leggi militari<br />

gli assass<strong>in</strong>i compiuti freddamente, premeditatamente per puro spirito di<br />

malvagità.<br />

Chi potrà mai descrivere l’orrore delle decimazioni ord<strong>in</strong>ate da Comandanti di<br />

Corpi d’Armata e di Divisioni? Compagnie, battaglioni, reggimenti, brigate<br />

<strong>in</strong>tere all<strong>in</strong>eate per assistere alla nefanda scena dell’assass<strong>in</strong>io dei loro commilitoni,<br />

scelti dal caso. Tristissimi ricordi che la mente vorrebbe aver per sempre<br />

dimenticati.<br />

Ti voglio citare soltanto il tragico fatto della brigata Catanzaro (così si chiamava<br />

quella composta dal 141° e 142° <strong>fante</strong>ria). Quegli <strong>in</strong>felici soldati, dopo oltre<br />

due anni di <strong>in</strong><strong>in</strong>terrotta permanenza nell’<strong>in</strong>ferno del Carso, dopo un turno di<br />

oltre quaranta giorni di tr<strong>in</strong>cea, scalzi, cogli abiti a brandelli, pieni di pidocchi,<br />

emaciati e stremati dalle fatiche e dalle privazioni, ridotti ad uno stato<br />

addirittura spettrale, furono f<strong>in</strong>almente mandati a riposo a Santa Maria la<br />

Longa. Nella brigata, da parecchio tempo, serpeggiava un vivo malcontento<br />

pel rancio scarsissimo e pessimo, pei lunghi turni di tr<strong>in</strong>cea, pei brevissimi


periodi di riposo, per la mancanza o pei ritardi enormi delle concessioni di<br />

licenze (allora v’era la licenza annuale di qu<strong>in</strong>dici giorni, ma quattro qu<strong>in</strong>ti<br />

dei soldati non riuscivano ad averla nemmeno dopo 18 o 19 mesi!), per lo<br />

spettacolo demoralizzante che si ripeteva ormai da troppo tempo di reparti<br />

mandati al massacro - <strong>in</strong>utile massacro! - da capi megalomani e cocciuti, che si<br />

facevano poi belli dell’ardimento e dello spirito di combattività da essi (!)<br />

dimostrato per scroccare promozioni per merito di guerra e decorazioni!<br />

Sono cose queste che tutti quelli che sono stati al fronte sanno benissimo.<br />

Ma ritorniamo al 141° e 142°. Dicevo dunque che i poveri fanti erano andati a<br />

riposo a Santa Maria la Longa. Per calmare la loro legittima esasperazione era<br />

stata sparsa fra i soldati la voce che dopo un lungo turno di riposo, tutta la<br />

brigata sarebbe stata trasferita su un fronte calmo: la Carnia o il Cadore. Passano<br />

quattro o c<strong>in</strong>que giorni ed arriva dalla Divisione un fonogramma che richiamava<br />

tutta la brigata <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea con la massima urgenza.<br />

Vistisi turlup<strong>in</strong>ati <strong>in</strong> modo così barbaro, i poveri fanti che non erano riusciti<br />

nemmeno ancora a spidocchiarsi, perdettero la pazienza e si ribellarono ai propri<br />

ufficiali.<br />

Inutile dire quel che avvenne. Giudizi capitali pronunciati ed eseguiti a tamburo<br />

battente contro soldati, forse <strong>in</strong>nocenti dell’ammut<strong>in</strong>amento, decimazioni, ecc.<br />

ecc. I sopravvissuti dei due reggimenti, <strong>in</strong>colonnati fra due file di automitragliatrici<br />

bl<strong>in</strong>date con l’automobile del generale <strong>in</strong> testa, ricondotti, come un<br />

branco di pecore spaventate, <strong>in</strong> tr<strong>in</strong>cea. Sarebbe da meravigliarsi se tali soldati<br />

si fossero, alla prima occasione propizia, arresi al nemico?<br />

Il fatto avvenne nei primi di luglio del 1917.<br />

Che dire poi di ufficiali i quali si vantavano, pubblicamente <strong>in</strong> presenza di<br />

ufficiali e soldati, di aver ucciso a rivoltellate soldati ed ufficiali subalterni<br />

durante le azioni?<br />

<strong>Un</strong> ufficiale<br />

Da «Il Giornale del Popolo» del 24 agosto 1919<br />

La Brigata Catanzaro e la Commissione d’<strong>in</strong>chiesta<br />

Ill.mo Signor Direttore,<br />

In una delle lettere di S. E. il generale Cadorna al Governo, pubblicate nella<br />

relazione della Commissione d’Inchiesta per i fatti di Caporetto, è rilevato un<br />

episodio doloroso della Brigata Catanzaro.<br />

79


Così come viene esposto, senza aver accennato alle cause che l’hanno generato<br />

e senza aver detto con quali atti di valore la Brigata abbia cancellato dopo di<br />

quell’episodio la sua macchia, esso può produrre <strong>in</strong> chi legge una valutazione<br />

che non risponderebbe alle tradizioni di gloria e di sacrifizi ormai consacrate<br />

nella storia della «Brigata di ferro» (frase di S. E. il generale Cadorna). Nella<br />

lettera suaccennata sembra che la rivolta della Brigata Catanzaro sia uno dei<br />

s<strong>in</strong>tomi precursori della disfatta di Caporetto e si ricolleghi a tutte quelle<br />

manifestazioni di disfattismo che cercavano di annullare i ge<strong>nero</strong>si sentimenti<br />

ed il valore nell’animo del soldato italiano.<br />

Invece la rivolta fu generata da ben altre cause.<br />

La Brigata Catanzaro è stata una di quelle poche che hanno assolto il compito<br />

di brigata di assalto sul Carso dal giugno 1915 al settembre 1917. I due<br />

reggimenti presero parte a tutte le azioni svoltesi sul Carso e concorsero<br />

potentemente ad arrestare l’offensiva nel Trent<strong>in</strong>o, dove il 141° conquistò tanta<br />

gloria nel ritogliere alla baionetta agli austriaci alcuni cannoni nostri caduti<br />

<strong>in</strong> mano del nemico, sul Mosciagh. Per tanti atti di valore, che credo <strong>in</strong>utile<br />

enumerare, al 141°, di motu proprio di S. M. il RE, fu assegnata la medaglia<br />

d’oro con una motivazione che affermava essere stato «sempre ed ovunque di<br />

esempio ai valorosi»; e al 142° la medaglia di argento. S<strong>in</strong> dalla f<strong>in</strong>e del 1916,<br />

per gli enormi sacrifici di vite dati dalla Brigata sulle aspre rocce del Carso,<br />

generali comandanti di divisione e di corpo d’armata promisero agli eroici fanti<br />

un avvicendamento su altra fronte più calma. Di ciò possono fare altissima<br />

testimonianza S. E. il tenente generale Sailer ed il maggior generale Thermes.<br />

Queste promesse non furono mai mantenute, anche quando dopo l’offensiva<br />

del maggio – giugno 1917 la Brigata fu stremata quasi completamente. Quando,<br />

dopo un piccolo periodo di riposo, i vecchi elementi della Brigata seppero che si<br />

sarebbe ritornati sul Carso, e per la grande offensiva dell’Hermada, scoppiò<br />

ist<strong>in</strong>tivo un movimento di rivolta, che si accese violentissimo per la stessa<br />

natura dei fanti, quasi tutti meridionali. A riprova di questo c’è il fatto che<br />

tutti i soldati, <strong>in</strong> quella notte della rivolta, gridavano: «Vogliamo far la guerra,<br />

ma su altra fronte! Ci sono molte Brigate imboscate <strong>in</strong> Carnia e sul Trent<strong>in</strong>o!»<br />

E che l’animo dei nostri soldati non fosse <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>ato dal disfattismo, lo prova il<br />

valore spiegato dalla Brigata stessa nell’offensiva dell’agosto - settembre 1917<br />

(Hermada) valore che fu esaltato (e per la terza volta durante la guerra) <strong>in</strong> un<br />

bollett<strong>in</strong>o di guerra del Comando Supremo.<br />

Quando fu noto il disastro di Caporetto ai nostri soldati essi piansero ed<br />

80


asserivano <strong>in</strong>genuamente (eravamo allora <strong>in</strong> Val d’Astico, nel Trent<strong>in</strong>o) che<br />

se ci fossero stati loro il disastro non sarebbe avvenuto.<br />

Questa è la verità, signor Direttore, e spero che Ella voglia farla rifulgere dalle<br />

colonne del suo giornale. E mi permetto esprimere il doloroso stupore mio e di<br />

tutti i miei colleghi perché un fatto di simile natura sia stato reso pubblico, <strong>in</strong><br />

quel modo, senza i particolari necessari per lumeggiarne la vera essenza e citando<br />

il nome della gloriosa Brigata – certamente una delle più belle fra le Brigate di<br />

nuova formazione dell’esercito italiano – quando quei dolorosi episodi, più o<br />

meno gravi, per le identiche ragioni cui sopra ho accennato, si sono verificati<br />

<strong>in</strong> quasi tutte le migliori Brigate che hanno combattuto sul Carso.<br />

Come ultima prova di quel che ha dato alla Patria la Brigata Catanzaro, le<br />

basti sapere che i complementi ricevuti da essa dal giugno del 1915 all’ottobre<br />

del 1917, per sopperire alle perdite patite, superano i trentaseimila.<br />

R<strong>in</strong>graziandola per la cortese ospitalità mi creda<br />

Ten. Giorgio Nuanes<br />

Ufficiale di collegamento P.141. Regg. Fanteria<br />

La prima pag<strong>in</strong>a del «Giornale d’Italia» del 30 maggio 1916 che riporta la<br />

brillante azione dei fanti della «Catanzaro» sul Mosciagh. (Archivio Adolfo<br />

Zamboni)<br />

81


82<br />

<strong>Un</strong>a tr<strong>in</strong>cea sull’Altopiano di Asiago, zona su cui operò la «Catanzaro».


LA «DECIMAZIONE» NEI RICORDI DI GABRIELE D’ANNUNZIO<br />

Come abbiamo già visto nelle pag<strong>in</strong>e precedenti, a Santa Maria la<br />

Longa, nelle cruenti e tragiche giornate del 15 e 16 luglio 1917, era<br />

presente anche il poeta Gabriele D’Annunzio, ospite dei Colloredo Mels,<br />

presso la cui residenza i fanti della Catanzaro protestarono e spararono<br />

addirittura alcuni colpi di arma da fuoco, i cui fori sono visibili ancora<br />

oggi sulla facciata dell’abitazione della nobile famiglia friulana.<br />

Il «vate» assistette di persona alla fucilazione dei ventotto fanti, rei e<br />

decimati, promotori della rivolta della notte del 15 e lasciò ai posteri la<br />

sua testimonianza di quel funesto avvenimento che si può leggere nel<br />

Libro Ascetico della Giov<strong>in</strong>e Italia sotto il titolo «Cantano i morti con la terra<br />

<strong>in</strong> bocca e le carene valicano i monti».<br />

Dissanguata da troppi combattimenti, consunta <strong>in</strong> troppe tr<strong>in</strong>cee, stremata<br />

di forze, non restaurata dal troppo breve riposo, costretta a ritornare nella<br />

l<strong>in</strong>ea del fuoco, già sovversa dai sobillatori come quel battaglione della Quota<br />

28 che aveva gridato di non voler più essere sp<strong>in</strong>to al macello, l’eroica Brigata<br />

«Catanzaro» una notte, a Santa Maria la Longa, presso il mio campo d’aviazione<br />

si ammut<strong>in</strong>ò. (…) La sedizione fu doma con le bocche delle armi corazzate. Il<br />

fragore s<strong>in</strong>istro dei carri d’acciaio nella notte e nel matt<strong>in</strong>o lacerava il cuore<br />

del Friuli carico di presagi. <strong>Un</strong>a parola spaventevole correva coi mul<strong>in</strong>elli di<br />

polvere, arrossava la carrareccia, per la via battuta: «La decimazione! La<br />

decimazione!». L’imm<strong>in</strong>enza del castigo <strong>in</strong>crudeliva l’arsura (…) Di schiena<br />

al muro grigio furono messi i fanti condannati alla fucilazione, tratti a sorte<br />

nel mucchio dei sediziosi. Ce n’erano della Campania e della Puglia, di Calabria<br />

e di Sicilia: quasi tutti di bassa statura, scarni, bruni, adusti come i mietitori<br />

delle belle messi ov’erano nati. Il resto dei corpi nei poveri panni grigi pareva<br />

confondersi con la calc<strong>in</strong>a, quasi <strong>in</strong>tridersi con la calc<strong>in</strong>a come i ciottoli. E da<br />

quello scoloramento e agguagliamento dei corpi mi pareva l’umanità dei volti<br />

farsi più espressiva, quasi più avvic<strong>in</strong>armisi, per non so qual rilievo terribile<br />

che quasi mi ferisse con gli spigoli dell’osso. I fucilieri del drappello all<strong>in</strong>eati<br />

attendevano il comando, tenendo gli occhi bassi, fissando i piedi degli <strong>in</strong>felici,<br />

fissando le grosse scarpe deformi che s’appigliavano al terreno come radici<br />

maestre. Io traversavo il muro col mio penoso occhio di l<strong>in</strong>ee; e scoprivo i<br />

seppellitori anch’essi all<strong>in</strong>eati dall’altra parte con le vanghe e con le zappe<br />

pronti a scavare la fossa vasta e profonda. Non mi facevano male come gli<br />

sguardi dei condannati alla fossa. I morituri mi guardavano. I loro sguardi<br />

83


smarriti non più erravano ma si fermavano su me che dovevo essere pallido<br />

come se la vita mi avesse abbandonato prima di abbandonarli. Gli orecchi mi<br />

sibilavano come nell’<strong>in</strong>izio della vertig<strong>in</strong>e, ma era il ronzio delle mosche<br />

immonde.<br />

Siete <strong>in</strong>nocenti?<br />

Forse trasognavo. Forse la voce non passò la chiostra de’ miei denti. Ma<br />

perché allora il silenzio divenne più spaventoso, e tutte le facce umane apparvero<br />

più esangui? E perché l’afa del matt<strong>in</strong>o d’estate s’approssimò e s’appesantì<br />

come se il cielo della Campania e il cielo della Puglia e il cielo della Calabria e<br />

il cielo di Sicilia precipitassero <strong>in</strong> quell’ardore fermo e bianco?<br />

Siete <strong>in</strong>nocenti? Siete traditi dalla sorte della decimazione? Si, vedo. La<br />

figura eroica del vostro reggimento è riscolpita nella vostra angoscia muta,<br />

nell‘osso delle vostre facce che hanno il colore del vostro grano, di quel grano<br />

g<strong>rosso</strong> che si chiama grano del miracolo, o contad<strong>in</strong>i. Siete contad<strong>in</strong>i. Vi conosco<br />

alle mani. Vi conosco al modo di tenere i piedi <strong>in</strong> terra. Non voglio sapere se<br />

siete <strong>in</strong>nocenti, se siete colpevoli. So che foste prodi, che foste costanti. La legione<br />

tebana, la sacra legione tebana, fu decimata due volte. Espiate voi la colpa? O<br />

espiate la Patria contam<strong>in</strong>ata, la stessa vostra gloria contam<strong>in</strong>ata? Ci fu una<br />

volta un re che non decimava i suoi secondo il costume romano ma faceva<br />

uccidere tutti quelli che nella statura non arrivassero all’elsa della sua grande<br />

spada. Di mezza statura voi siete, uom<strong>in</strong>i di aratro, uom<strong>in</strong>i di falce. Ma che<br />

importa? Tutti non dobbiamo oggi arrivare con l’animo all’elsa della spada<br />

d’Italia? Il Dio d’Italia vi riarma, e vi guarda. I fanti avevano discostato dal<br />

muro le schiene. Tenevano tuttora i piedi piantati nella zolla ma le g<strong>in</strong>occhia<br />

flesse come sul punto di entrare nelle impronte delle calcagna. E, con una<br />

passione che curvava anche me verso terra, vidi le loro labbra muoversi, vidi<br />

nelle loro labbra smorte formarsi la preghiera: la preghiera del tugurio lontano,<br />

la preghiera dell’oratorio lontano, del santuario lontano, della lontana madre,<br />

dei lontani vecchi. (…) Le armi brillarono. (…) M’appressai. Attonito riconobbi<br />

le foglie dell’acanto (…). Recisi i gambi col mio pugnale. Raccolsi il fascio.<br />

Tornai verso gli uom<strong>in</strong>i morti che con le bocche prone affidavano al cuor della<br />

terra il sospiro <strong>in</strong>terrotto dagli uom<strong>in</strong>i vivi. E tolsi le frasche ignobili di sul<br />

frantume sangu<strong>in</strong>oso. Ch<strong>in</strong>o, lo ricopersi con l’acanto.<br />

Gabriele d’Annunzio<br />

84


LA BRIGATA «CATANZARO» A MONTE MOSCIAGH<br />

di MARIO SACCÀ<br />

La Brigata Catanzaro il 27 maggio 1916 fu protagonista di un’azione<br />

che rafforzò il morale delle truppe italiane impegnate a contrastare la<br />

Strafexpedition, ideata e guidata dal capo di stato maggiore austriaco<br />

Conrad, che nei tredici giorni trascorsi dall’<strong>in</strong>izio dell’offensiva - 15<br />

maggio 1916 - aveva registrato solo vittorie facendo temere l’<strong>in</strong>vasione<br />

della pianura veneta e l’aggiramento delle truppe italiane schierate sul<br />

fronte isont<strong>in</strong>o.<br />

L’evento, se si fosse verificato, avrebbe provocato la f<strong>in</strong>e della guerra<br />

con la nostra sconfitta. Ma il 141° Reggimento della nostra unità militare,<br />

nel corso di un contrattacco condotto con impeto, diede un primo<br />

segnale di riscossa riconquistando, sul Monte Mosciagh, i cannoni persi<br />

durante un attacco degli austriaci. La Brigata, prima schierata sul Carso,<br />

era stata richiamata, assieme ad altre, sul fronte degli Altipiani di Asiago<br />

e Folgaria per rafforzare la difesa contro la «Spedizione Punitiva».<br />

Per raccontare quanto accadde facciamo parlare i documenti.<br />

Nel diario di guerra è scritto:<br />

Giovedì 18 maggio 1916 il Generale comandante la Brigata Catanzaro,<br />

Sanna, fu chiamato a rapporto dal comandante della 28ª Divisione di<br />

Fanteria che ord<strong>in</strong>ò ai due reggimenti che la componevano - 141° e<br />

142° - di tenersi pronti alla mobilitazione.<br />

Venerdì 19 il telegramma N° 24647 della Direzione trasporti stabilì<br />

la partenza da Palmanova per Vicenza di un battaglione del 141°. In<br />

giornata il comando della Divisione <strong>in</strong>viò due fonogrammi: il 971<br />

segnalò l’arrivo a Santa Maria la Longa di mezzi per il trasporto di un<br />

battaglione del 142°; il 979 dispose la partenza degli altri due battaglioni<br />

del 141°.<br />

Alle 13:29 di quel giorno partì il 3°/141°, alle 18:23 ed alle 23:23 lo<br />

seguirono rispettivamente il 1° e il 2°/141°. La 6ª e 7ª compagnia e tre<br />

plotoni dell’8ª compagnia del 142° si mossero da Santa Maria la Longa<br />

con sessantaquattro autocarri, portando con sé due sezioni di mitragliatrici.<br />

Sabato 20 maggio partirono le unità residue del 142°: il 3° battaglione<br />

alle 4:09, il 1° ed il resto del 2° alle 13:00<br />

Domenica 21 fu la volta del comando della Brigata, dei comandi del<br />

141° e 142°, della compagnia zappatori e di una sezione mitragliatrici.<br />

85


Tutti andarono a Vicenza. La «Catanzaro» fu <strong>in</strong>serita nella 5ª Armata,<br />

al comando del generale Frugoni, già capo della 2ª, che se le truppe<br />

austriache avessero raggiunto la pianura veneta - obiettivo della<br />

Strafexpedition - avrebbe avuto il compito di contrastarle sul quel<br />

territorio. Ma le cose andarono diversamente e l’Armata divenne fonte<br />

di riserve da <strong>in</strong>viare alla prima l<strong>in</strong>ea degli Altipiani. I giornali davano<br />

le prime notizie dell’attacco di Conrad: nei sei giorni <strong>in</strong>iziali la destra<br />

dell’esercito austriaco aveva strappato agli italiani una posizione dopo<br />

l’altra e <strong>in</strong>flitto gravi perdite. La nostra difesa crollava «a pezzo a pezzo»,<br />

specie sulla s<strong>in</strong>istra e al centro, schiudendo agli avversari la strada verso<br />

Tiene e Schio.<br />

Il 141°, dopo una sosta a Padova, raggiunse Marostica e da lì fu <strong>in</strong>viato<br />

verso Asiago, che raggiunse seguendo la via più breve.<br />

Durante il tragitto - scrive il sottotenente Adolfo Zamboni (aiutante<br />

maggiore del comandante del II Battaglione maggiore Corrado) nei suoi<br />

diari - ci si offre lo spettacolo desolante dei primi profughi: sono vecchi<br />

montanari dalla pelle abbronzata, donne e bamb<strong>in</strong>i macilenti per i disagi del<br />

viaggio, a piedi o su carrette, cariche di povere masserizie. Questi <strong>in</strong>felici ci<br />

narrano i primi avvenimenti: dal giorno 16 (maggio ndr) hanno lasciato le<br />

loro case; i nostri si ritirano sotto l’urto violentissimo del nemico. Da Cima<br />

<strong>Un</strong>dici al Pasubio la l<strong>in</strong>ea è rotta, i forti di Verena e Campolongo sono <strong>in</strong><br />

possesso degli austriaci, i quali calano per le valli, tutti i paesi sono <strong>in</strong> fiamme.<br />

I soldati italiani non si scoraggiano - «noi siamo - dicono - la Brigata di<br />

ferro. Gli austriaci non ci fanno paura».<br />

La notte del 23 maggio il Reggimento giunse a Pria dell’Acqua,<br />

avanzando cautamente f<strong>in</strong>o alle pendici del Kaberlaba. Alle prime luci<br />

dell’alba videro Asiago, la cittad<strong>in</strong>a era <strong>in</strong> fiamme, colpita dai 380 e dai<br />

420 imperiali. Quel giorno ricorreva il primo anniversario dell’entrata<br />

<strong>in</strong> guerra dell’Italia e Vittorio Emanuele III pubblicò un proclama rivolto<br />

ai soldati italiani facendo voti «perché ogni miglior fortuna ci accompagni<br />

nelle future lotte».<br />

Era un augurio necessario per le truppe che, accorse da ogni parte<br />

del fronte, stavano organizzando una l<strong>in</strong>ea di resistenza per opporsi al<br />

disastro.<br />

Il colonnello Di Mart<strong>in</strong>o nel suo libro «La Guerra della <strong>fante</strong>ria 1914 -<br />

1918» parla così della «Catanzaro»: «I veterani del Carso e di Oslavia<br />

86


arrivavano preceduti da una consolidata fama di duri combattenti e non avevano<br />

bisogno di troppe raccomandazioni».<br />

Il terreno dell’Altopiano presentava caratteristiche molto diverse da<br />

quelle del fronte isont<strong>in</strong>o e non avevamo combattenti addestrati alla<br />

bisogna. Il comandante del XIV Corpo d’Armata il 25 maggio si pose il<br />

problema e, con un ord<strong>in</strong>e <strong>in</strong>oltrato a tutta la catena di comando, <strong>in</strong>dicò<br />

i modi per affrontare lo scontro.<br />

Alle 12:45 del 24 al 141° Fanteria venne recapitato l’ord<strong>in</strong>e di <strong>in</strong>viare<br />

due battaglioni a sostegno della Brigata Alessandria, impegnata sul<br />

Monte Meatta: si mossero alle 15:,30, ma a quell’ora gli austriaci avevano<br />

già occupato la montagna: l’Alessandria era stata massacrata e la Brigata<br />

Lombardia non era <strong>in</strong> grado di contenere l’impeto della 3ª Armata<br />

avversaria. I soldati ven<strong>nero</strong> dirottati sulla l<strong>in</strong>ea Monte Mosciagh –<br />

Monte Interrotto f<strong>in</strong>o ad allora affidata ad una difesa debole. Vi giunsero<br />

alle 3 del matt<strong>in</strong>o del 26 ed alle 7:00 <strong>in</strong>iziò, violenta, la battaglia. Il<br />

comandante, colonnello Thermes aveva detto ai suoi: «Figliuoli, se occorre<br />

sacrificatevi tutti. Pensate: se il nemico riuscirà a superare queste ultime<br />

resistenze, <strong>in</strong> poche ore sarà al piano. Non dovete permettere tanta <strong>in</strong>famia».<br />

«In seguito ad azione di sorpresa – si legge nel diario storico della Brigata<br />

- sono perdute dai nostri due batterie di campagna (sei cannoni) e quattro<br />

cassoni (contenitori di munizioni)».<br />

La 4ª Compagnia del 141° riceve l’ord<strong>in</strong>e di contrattaccare immediatamente<br />

e «lo fa con slancio riuscendo se non a riprendere i pezzi almeno ad<br />

impedire che siano portati via» tenendoli sotto il tiro dei fucili.<br />

«Era già una vittoria, ma - afferma Zamboni - bisognava riconquistare i<br />

pezzi».<br />

Gli austriaci ritirati dalla cima del Mosciagh, la tenevano sotto il<br />

fuoco delle mitragliatrici. La notte fra il 26 e il 27 trascorse fra gli spari<br />

ed un violento temporale. Il Reggimento era privo di copertura sul fianco<br />

destro e temeva l’aggiramento.<br />

Verso l’alba, alle 5:45, giunse l’ord<strong>in</strong>e: «Oggi ed al più presto il 141°<br />

Reggimento Fanteria eseguirà un’azione contro il nemico cercando di riprendere<br />

i pezzi di artiglieria abbandonati».<br />

I fanti erano privi di cibo da due giorni, ma il rancio ed il caffè caldo<br />

giunsero <strong>in</strong> tempo «e tutti i soldati possono ristorarsi e riprendere vigore.»<br />

Prosegue Zamboni « ... nel pomeriggio il maggiore Corrado, mentre<br />

87


perlustrava la l<strong>in</strong>ea avanzata, venne ferito ad un braccio, il prode ufficiale non<br />

lascia trapelare nulla alla truppa; mi avverte dell’accaduto e mi dichiara che<br />

non lascerà il posto di combattimento, tanto più che al calar delle tenebre il<br />

battaglione dovrà attaccare per raggiungere la l<strong>in</strong>ea dei cannoni e liberarli.<br />

Per ogni evenienza si mette <strong>in</strong> più stretto contatto col capitano Ippolito, siciliano<br />

di Canicattì, (poi caduto sul San Michele del Carso il 7 agosto 1916 e sepolto a<br />

Sdrauss<strong>in</strong>a) che comanda la 7ª Compagnia… egli ha pensato di scegliere pochi<br />

audaci per fare un colpo di mano sull’imbrunire. Munisce i suoi uom<strong>in</strong>i di<br />

grosse corde, li guida strisciando f<strong>in</strong>o ai pezzi, li raggiunge, ma è notato dal<br />

nemico che scatena un fuoco d’<strong>in</strong>ferno. Non tutti ritornano... le perdite<br />

aumentano: cadono i sottotenenti Marotta, Padula, Mastronardi e Siconolfi<br />

prima ancora che <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ci l’azione».<br />

Verso il tramonto il 141° Fanteria, al comando tattico della Brigata<br />

Salerno, che conta solo su un nucleo di superstiti, riceve ord<strong>in</strong>e d’attacco<br />

che <strong>in</strong>izia alle 20:45.<br />

Annota Zamboni: «Il primo battaglione rimarrà nella sua posizione sulla<br />

s<strong>in</strong>istra, fra l’Interrotto e il Mosciagh, il secondo svolgerà l’azione, protetto<br />

sulla destra dal terzo battaglione, che f<strong>in</strong>almente può raggiungere la l<strong>in</strong>ea, e<br />

r<strong>in</strong>forzato dal primo battaglione del 142° Fanteria. Perché l’azione possa riuscire<br />

è necessario che le truppe muovano senza far fuoco… facendo uso della sola<br />

baionetta. Appena superato il ciglione del Monte e costretto il nemico a ritirarsi<br />

i soldati potranno impegnarsi col fuoco onde trattenere l’avversario e consentire<br />

ai nostri di recuperare i pezzi».<br />

«I tentativi sono ripetuti e per due ore la battaglia si svolge paurosa perché<br />

le tenebre aumentano l’orrore. Perdiamo altri dieci ufficiali e un cent<strong>in</strong>aio di<br />

uom<strong>in</strong>i di truppa, ma la l<strong>in</strong>ea dei cannoni è raggiunta e superata, i nostri<br />

artiglieri possono <strong>in</strong> parte recuperare il materiale, <strong>in</strong> parte renderlo <strong>in</strong>servibile».<br />

«Verso le 21:45 - è scritto nel rapporto ufficiale sullo scontro - dopo<br />

circa un’ora e tre quarti di accanito combattimento <strong>in</strong><strong>in</strong>terrotto, <strong>in</strong> un ultimo<br />

violentissimo attacco alla baionetta di tutta la l<strong>in</strong>ea si riuscì def<strong>in</strong>itivamente a<br />

ricacciare il nemico oltre cento metri dalla sua primitiva posizione ed a liberare<br />

i pezzi d’artiglieria che rimasero nelle nostre mani».<br />

«Il comandante della Brigata <strong>in</strong>caricò del recupero dei pezzi un capitano<br />

d’artiglieria, con tre subalterni, molti artiglieri e gran numero di robustissimi<br />

cavalli. Furono messi a disposizione anche sessanta soldati di <strong>fante</strong>ria… ma si<br />

manifestò subito grande difficoltà. Ven<strong>nero</strong> presi e trasportati sei cassoni: verso<br />

88


<strong>Un</strong> centro di smistamento militare del nostro esercito nella Prima Guerra<br />

Mondiale, dopo, foto <strong>in</strong> basso, c’era la tr<strong>in</strong>cea e ... la morte!<br />

89


le 2:28 venne da me (colonnello Thermes comandante del reggimento) il<br />

capitano d’artiglieria (Ippolito) e mi dichiarò che malgrado tutti gli sforzi,<br />

non era riuscito a smuovere i pezzi, sia perché molto affondati nel terreno, sia<br />

perché <strong>in</strong>tralciati da grossi tronchi d’albero. Il capitano mi assicurò di avere<br />

reso i pezzi <strong>in</strong>servibili levando loro gli otturatori ed i congegni di puntamento.<br />

Caricò il materiale su una carretta, compresi duecento proiettili e verso le 7<br />

lasciò il Mosciagh. Posso accertare, anche per testimonianze degli ufficiali di<br />

<strong>fante</strong>ria che hanno visto l’artiglieria al lavoro, che nessun mezzo venne lasciato<br />

pel recupero dei pezzi. La loro importanza era tale che molte vite erano state<br />

sacrificate per riprenderli!».<br />

Nel diario di guerra si notò brevemente: «alle 20:45 s’<strong>in</strong>izia l’attacco<br />

del 141° per recuperare i pezzi abbandonati, vi concorre la Compagnia di destra<br />

del battaglione Montuori. L’attacco riesce. Tempo: piove».<br />

L’azione ebbe un grande risalto: il generale Lequio, comandante le<br />

truppe dell’Altipiano, additò i fanti della Catanzaro come esempio e<br />

pubblicò un proclama da far leggere e commentare ai soldati: «Si è<br />

dimostrato <strong>in</strong> modo assoluto che quando si vuole si può v<strong>in</strong>cere, si v<strong>in</strong>ce. Il<br />

nemico reso baldanzoso dai precedenti successi è stato ributtato con slancio e<br />

valore. Esso avrà compreso che il soldato italiano sa stargli di fronte e sa<br />

v<strong>in</strong>cerlo… Mi compiaccio vivamente con tutti i valorosi delle truppe impegnate.<br />

Ora essi ne seguano l’esempio…»<br />

Sul bollett<strong>in</strong>o del Comando Supremo fu scritto: «Sull’Altopiano di<br />

Asiago le nostre truppe occupano attualmente, affermandovisi, le posizioni a<br />

dom<strong>in</strong>io della Conca d’Asiago. <strong>Un</strong> brillante contrattacco delle valorose <strong>fante</strong>rie<br />

del 141° Reggimento liberò due batterie rimaste circondate sul Monte<br />

Mosciagh».<br />

«Su Monte Mosciagh la baionetta recuperò il cannone»: fu, da allora, il<br />

motto della Brigata «Catanzaro».<br />

«Da questo fatto d’arme - scrisse il sottotenente padovano Adolfo<br />

Zamboni - muove la motivazione con cui alla bandiera del Reggimento - più<br />

tardi famoso per altre azioni sul Carso - venne concessa la medaglia d’oro<br />

al valor militare».<br />

90


LA 6ª BATTAGLIA DELL’ISONZO SUL SAN MICHELE 33<br />

da un manoscritto di ADOLFO ZAMBONI 34<br />

«sic nos non nobis»<br />

(così noi, ma non per noi )<br />

C<strong>in</strong>que battaglie dell’Isonzo avevano <strong>in</strong>franto lo slancio di una selva<br />

di petti eroici contro le vette del San Michele e la fosca coll<strong>in</strong>a cont<strong>in</strong>uava<br />

tuttavia a rimanere nelle mani dei valorosi difensori, che parevano<br />

essersi uniti con sacro giuramento a quel baluardo di resistenza, sul<br />

quale andava aumentando con ritmo spaventoso l’olocausto delle<br />

giovani vite, falciate dalla mitraglia sotto i reticolati.<br />

33 - La 6ª Battaglia dell’Isonzo (6-10 agosto 1916) è nota anche come «Battaglia di<br />

Gorizia» perché portò il nostro esercito alla conquista di quella città. (Questo<br />

capitolo, pubblicato sul sito web cimeetr<strong>in</strong>cee.it, è curato da Adolfo Zamboni<br />

junior, nipote dell’autore del manoscritto, che ha redatto anche queste note.)<br />

34 - Adolfo Zamboni nacque a Berra (Cologna Ferrarese) il 2 marzo del 1891.<br />

Sottotenente di complemento, comandò il 4° plotone dell’8ª Compagnia del<br />

II Battaglione del 141° Reggimento Fanteria, Brigata «Catanzaro», impegnato<br />

prevalentemente sul Carso e, per un breve periodo, sull’Altopiano di Asiago.<br />

Partecipò a tutti i più sangu<strong>in</strong>osi combattimenti (Bosco Cappuccio, San<br />

Mart<strong>in</strong>o del Carso, Monte San Michele, Nad Bregom, Hudi Log, Nad Logem,<br />

Hermada, Lukatic) e sull’Altopiano d’Asiago (Monte Mosciagh). Venne<br />

gravemente ferito durante l’attacco alla baionetta con cui il II Battaglione,<br />

<strong>in</strong>viato a contrastare l’offensiva austriaca sull’Altopiano d’Asiago (la<br />

cosiddetta «Strafexpedition»), con audace azione il 27 maggio 1916 riprese<br />

una batteria di cannoni italiani catturata dal nemico. Fu decorato con tre<br />

Medaglie d’Argento per il valore dimostrato nelle azioni sul Monte Mosciagh<br />

(27-28 maggio 1916), sul Monte San Michele (6 agosto 1916) e sull’Hermada<br />

(19-22 agosto 1917) e con la Croce al Merito di Guerra (18 febbraio 1918).<br />

Ottenne la promozione a tenente per merito eccezionale di guerra (12 ottobre<br />

1916). Il 16 agosto 1917 fu decorato dal Presidente della Repubblica Francese,<br />

Raymond Po<strong>in</strong>caré, con la Croce di Guerra con la Palma, la più alta<br />

onorificenza francese, con citazione all’ord<strong>in</strong>e del giorno dell’Esercito. Fu<br />

<strong>in</strong>signito della Croce di Cavaliere dell’Ord<strong>in</strong>e della Corona d’Italia per<br />

benemerenze di guerra. Dal suo diario di guerra ricavò alcune pubblicazioni,<br />

tra le quali: «Scene e figure della nostra Guerra» (1922), «Il 141° Reggimento<br />

Fanteria nella Grande Guerra» (1929), «Pellegr<strong>in</strong>aggio al Carso» (1934).<br />

91


A chi nei momenti di sosta arrischiava uno sguardo fuor della lugubre<br />

tr<strong>in</strong>cea non reggeva l’animo di sostenere la vista dei compagni che,<br />

nelle più tragiche positure <strong>in</strong> cui li aveva colti la morte, si disfacevano<br />

nel breve tratto che separava le opposte l<strong>in</strong>ee; spesso accanto alle gloriose<br />

salme ormai consunte dalla forza del tempo e degli elementi cadevano<br />

senza più speranza i miseri feriti, alla cui salvezza non giovava l’amore<br />

dei superstiti, ché la crudeltà della lotta o la diffidenza che nella carità<br />

si mascherasse il tradimento impedivano alle due parti di essere<br />

misericordiose verso i prodi fratelli.<br />

Quante volte, scesi dopo giorni di battaglie terribili dalla prima l<strong>in</strong>ea<br />

alle posizioni di riserva, nei ricoveri lungo l’Isonzo, tra Sdrauss<strong>in</strong>a 35 e<br />

Peteano, mirammo le schiere amiche uscire compatte dalla tr<strong>in</strong>cea e<br />

salire all’assalto cruento delle cime del San Michele!<br />

I nostri cuori che conoscevano lo spasimo dell’attacco seguivano<br />

trepidanti le ondate <strong>in</strong>calzantisi dei compagni, i quali si offrivano al<br />

sacrificio lanciando il grido fatidico, subito coperto dal suono s<strong>in</strong>istro<br />

delle mitragliatrici avversarie. Allora gli occhi nostri si velavano, i nervi<br />

si tendevano <strong>in</strong> uno sforzo doloroso, e come trasognati rimanevamo<br />

con lo sguardo fisso su quelle posizioni <strong>in</strong>fernali, dove la lotta prendeva<br />

gli aspetti più tragici. Poi il bombardamento nemico, il contrattacco, la<br />

nuova carnefic<strong>in</strong>a e il doloroso ripiegamento dei pochi.<br />

Questa triste vicenda si ripeté per mesi e mesi ad accrescere il martirio<br />

dei superstiti, e il San Michele divenne nome tristemente famoso, che il<br />

combattente non poteva né udire né pronunziare senza una stretta al<br />

cuore. <strong>Un</strong> alto ufficiale austriaco soleva ripetere: «Chi parte per il Carso<br />

non deve dire ‘arrivederci’ ma dica pure ‘addio’»; e così il combattente che si<br />

spostava da un settore all’altro, poteva disperar della vita se gli toccava<br />

<strong>in</strong> sorte la zona del San Michele, che le opposte artiglierie pareva<br />

scegliessero per i loro tragici duelli. E non soltanto nelle giornate di<br />

offensiva, ma sempre, senza pausa, di giorno e di notte, il monte<br />

sussultava per gli scoppi delle granate, si copriva di bianche nuvolette<br />

35 - I reparti tenuti <strong>in</strong> riserva nel settore del Monte San Michele e di San Mart<strong>in</strong>o<br />

trovavano ricovero nei ruderi della filanda di Sdrauss<strong>in</strong>a, situata sulla riva<br />

s<strong>in</strong>istra dell’Isonzo. <strong>Un</strong>a passerella, tenuta costantemente sotto tiro dall’artiglieria<br />

austroungarica, univa Sdrauss<strong>in</strong>a al Castello di Gradisca.<br />

92


degli shrapnel 36 , riecheggiava per il crepitar dei fucili e delle mitragliatrici.<br />

Ad un osservatorio d’artiglieria sul Podgora gli addetti stanno<br />

aspettando, trattenendo il fiato, preoccupandosi solo di quel che può<br />

accadere nel loro settore; quando, di tanto <strong>in</strong> tanto, uno con lo Zeiss<br />

vuol seguire la scia di un colpo lanciato dagli Italiani per vederne<br />

l’effetto, gli altri lo sconsigliano: «Non importa, va sul San Michele!» e<br />

con grande <strong>in</strong>differenza, con gli occhi semichiusi, si guarda al di là, alle<br />

fumate prodotte dalle esplosioni; sui pendii contrapposti, sull’Isonzo,<br />

su cui, sempre, quasi monotonamente si guarda anche nelle ore più<br />

quiete e si pensa: «tanto, questo non ci riguarda; importa solo a quelli<br />

del San Michele». Sulle cime del monte difensori e attaccanti, vic<strong>in</strong>i<br />

nelle opposte tr<strong>in</strong>cee, provavano le stesse sofferenze e spesso cadevano<br />

<strong>in</strong>sieme vittime della stessa granata che squarciandosi <strong>in</strong> mezzo a loro,<br />

sulla roccia carsica, si moltiplicava <strong>in</strong> mille nuovi terribili proietti. 37<br />

36 - La «granata a pallette» (o «shrapnel», così denom<strong>in</strong>ata dal nome dell’ufficiale<br />

<strong>in</strong>glese che l’aveva <strong>in</strong>ventata all’<strong>in</strong>izio dell’Ottocento) era un proiettile<br />

d’artiglieria da usare contro bersagli animati, contenente una carica esplosiva<br />

e numerose pallette metalliche che per mezzo di un congegno a tempo veniva<br />

fatta scoppiare lungo la traiettoria, prima di urtare contro il bersaglio. La<br />

spoletta, che orig<strong>in</strong>ariamente era di tipo rudimentale a miccia, successivamente<br />

venne perfezionata con meccanismi del tipo a tempo regolabile,<br />

che ne resero sicuro ed efficace l’impiego. L’esplosione avveniva <strong>in</strong> aria,<br />

dopo un tempo prestabilito graduando la spoletta. La carica di scoppio<br />

lanciava le pallette radialmente, disperdendole con violenza <strong>in</strong> un cono largo<br />

e profondo, <strong>in</strong> modo da <strong>in</strong>vestire con una rosa di cent<strong>in</strong>aia di micidiali<br />

pallette l’<strong>in</strong>terno delle tr<strong>in</strong>cee o le aree dove le truppe nemiche erano <strong>in</strong><br />

movimento o ammassate.<br />

37 - Augusto Gaddo, trent<strong>in</strong>o, soldato del 4° Reggimento Kaiserjaeger, così<br />

descrisse nel suo diario la vita sul San Michele: «… era un cont<strong>in</strong>uo bombardamento,<br />

se non era le granate era le pietre: difatti ogni granata che scoppiava<br />

distante anche 20 - 30 metri portava aspri blocchi di sasso.» Ed i soldati italiani,<br />

che oltre che ai rischi della guerra erano sottoposti a pesanti fatiche, alla<br />

privazione del sonno ed alle sofferenze della vita nelle tr<strong>in</strong>cee (<strong>in</strong>festate da<br />

parassiti e topi, spazzate dalla gelida bora <strong>in</strong>vernale o calc<strong>in</strong>ate dal sole<br />

delle torride estati carsiche), colpiti da polmoniti, congelamenti, colera e<br />

tifo e tormentati dalla sete (mezzo litro d’acqua era la razione giornaliera)<br />

cantavano amaramente: «A Villa Vicent<strong>in</strong>a ci stanno gl’imboscati e <strong>in</strong> cima al<br />

San Michele ci stanno i disperati.»<br />

93


La prima battaglia dell’Isonzo (giugno - luglio 1915) portò le nostre<br />

truppe sulla riva s<strong>in</strong>istra del fiume, donde con alterna vicenda riuscirono<br />

a guadagnare, tra la f<strong>in</strong>e di luglio e i primi di agosto (2ª battaglia), la<br />

l<strong>in</strong>ea tra Peteano e Bosco Cappuccio; dall’ottobre al dicembre (3ª e 4ª<br />

battaglia) v<strong>in</strong>cendo <strong>in</strong>audite difficoltà e procedendo a prezzo di sangue<br />

ge<strong>nero</strong>sissimo, le <strong>fante</strong>rie occuparono ancora qualche tratto della<br />

difficile dorsale del San Michele, sp<strong>in</strong>gendosi ripetutamente sulle cime<br />

del colle, dove però non poterono mantenersi; né miglior sorte ebbe il<br />

valore italiano nel marzo dell’anno successivo (5ª battaglia), sebbene i<br />

nostri dimostrassero tanta tenacia e abnegazione da lanciarsi per otto<br />

volte all’attacco di alcune posizioni nemiche.<br />

A render più funesta la già tragica storia della coll<strong>in</strong>a carsica, sulla<br />

quale le nostre belle brigate - Reg<strong>in</strong>a, Siena, Bologna, Ferrara, Bari,<br />

Brescia, Piacenza, Pisa ed altre - <strong>in</strong>sieme coi prodi battaglioni Bersaglieri<br />

avevano sacrificato il fiore della gioventù italica, all’alba del 29 giugno<br />

1916 il nemico consumò uno dei più grandi delitti che la storia ricordi:<br />

di sorpresa ven<strong>nero</strong> lanciati dalle quattro cime del San Michele i gas<br />

venefici che, sp<strong>in</strong>ti dal vento favorevole, scesero nelle nostre prime l<strong>in</strong>ee<br />

a ricercare le truppe delle brigate Reg<strong>in</strong>a e Pisa.<br />

L’alba era il momento più propizio e sicuro per il riposo del combattente<br />

che aveva trascorso la notte vegliando; così la forte gioventù che<br />

poteva attendersi la morte dal ferro e dal fuoco, con cui si esplica il<br />

valore del prode, e non mai dal tossico, che nasconde la perfida <strong>in</strong>sidia,<br />

cadde fulm<strong>in</strong>ata o attese <strong>in</strong> una <strong>in</strong>erzia dolorosa che la mazza ferrata<br />

f<strong>in</strong>isse quella straziante agonia. 38<br />

38 - All’alba del 29 giugno 1916 una nube giallo-verdastra di gas cloro e fosgene,<br />

sprigionata da 3.000 bombole disposte lungo una dozz<strong>in</strong>a di chilometri,<br />

sp<strong>in</strong>ta da un leggero vento favorevole, <strong>in</strong>vestì la prima e seconda l<strong>in</strong>ea<br />

italiana lungo le falde del Monte San Michele tenuta dalla 21ª e 22ª Divisione<br />

(XI Corpo d’Armata). L’effetto del gas fu particolarmente nocivo nel settore<br />

più a Sud, difeso dalle Brigate Reg<strong>in</strong>a (9° e 10° Reggimento) e Pisa (29° e 30°<br />

Reggimento). La <strong>fante</strong>ria nemica potè così penetrare facilmente nelle tr<strong>in</strong>cee<br />

di prima e seconda l<strong>in</strong>ea e massacrare barbaramente con mazze ferrate i<br />

difensori storditi per l’effetto dei gas, <strong>in</strong> particolare il fosgene, contro il quale<br />

le rudimentali maschere antigas <strong>in</strong> dotazione all’esercito italiano erano<br />

<strong>in</strong>efficaci. Subito però i superstiti di quelle stesse Brigate, con <strong>in</strong> testa i<br />

generali Sailer (Comandante della Brigata Reg<strong>in</strong>a) e Briganti (della Brigata<br />

94


Ricuperati tutti i nostri sistemi di prima l<strong>in</strong>ea dopo l’attacco nemico<br />

del 29 giugno, grazie all’eroismo dei superstiti delle Brigate che subirono<br />

il sacrificio e il pronto accorrere dei fanti della «Brescia» e della «Ferrara»,<br />

le posizioni italiane nella zona del San Michele rimasero immutate f<strong>in</strong>o<br />

alla 6ª Battaglia dell’Isonzo; ad una distanza che variava dai c<strong>in</strong>quanta<br />

ai cento passi si svolgeva la prima l<strong>in</strong>ea nemica che, partendo dall’Isonzo,<br />

presso la sua confluenza col Vippacco, per Bosch<strong>in</strong>i Inferiori, Quota<br />

124 risaliva lungo il costone Viola, volgeva bruscamente ad abbracciar<br />

cima 1 e correva sotto le altre tre cime del monte, f<strong>in</strong>o a San Mart<strong>in</strong>o.<br />

La lunga permanenza delle truppe nemiche nelle stesse posizioni<br />

aveva conferito a queste, per i cont<strong>in</strong>ui lavori, il carattere di veri fortilizi.<br />

<strong>Un</strong> corrispondente di guerra austriaco tra i più reputati affermò che<br />

la l<strong>in</strong>ea avanzata sul San Michele era costruita con la solidità di una<br />

fortezza; e ciò seppero, purtroppo, quanti cozzarono contro quel<br />

baluardo di resistenza. 39<br />

Pisa) ed i colonnelli Gandolfo (Comandante del 10° Fanteria), Facc<strong>in</strong>i (del<br />

29°) e Ronchi (del 30°) con un furioso contrattacco appoggiato dal fuoco di<br />

sbarramento dell’artiglieria italiana, ripresero le posizioni raggiunte dagli<br />

Austriaci e catturarono trecentottanta prigionieri, tra cui nove ufficiali. Al<br />

contrattacco parteciparono anche le Brigate Brescia (19° e 20° Fanteria) e<br />

Ferrara (48° Fanteria). Complessivamente le perdite italiane ammontarono a<br />

circa 200 ufficiali e 6.500 uom<strong>in</strong>i di truppa, di cui la metà uccisi dai gas. Questi<br />

furono sepolti nel «Cimitero degli Asfissiati», nei pressi del paese di Sdrauss<strong>in</strong>a<br />

Poggio Terzarmata, vic<strong>in</strong>o all’Isonzo. Degli altri 4.000 fanti rimasti <strong>in</strong>tossicati<br />

dai gas, molti morirono dopo lunghi e dolorosi ricoveri <strong>in</strong> ospedale.<br />

39 - Così Alice Schalek,una giornalista austriaca, descrisse la l<strong>in</strong>ea avanzata del<br />

San Michele «… è simile ad una fortezza. La tr<strong>in</strong>cea, profonda un metro, è scavata<br />

nella roccia e agli orli ci sono mucchi di sassi alti pure un metro, e così, dietro a<br />

questa parete, anche l’uomo più alto può passare <strong>in</strong>osservato. Non si valuterà mai<br />

abbastanza l’<strong>in</strong>credibile quantità di lavoro necessaria per la costruzione di queste<br />

tr<strong>in</strong>cee, eseguite con sprezzo della morte. Ogni sasso dovette essere portato di notte,<br />

ogni colpo di vanga dato al buio, <strong>in</strong> spazi ben noti a cent<strong>in</strong>aia di cecch<strong>in</strong>i. Per tutto<br />

un lungo anno essi (quattro reggimenti ungheresi che tenevano il Monte San<br />

Michele) si sono alternati nelle tr<strong>in</strong>cee, rimanendovi otto giorni e otto notti ciascuno,<br />

senza dormire, senza spogliarsi, ogni notte <strong>in</strong> battaglia. Poi passavano quattro notti<br />

sul dorso del Monte San Michele, nelle cosiddette postazioni delle riserve, dove<br />

potevano dormire di giorno, mentre di notte dovevano fare il pesante lavoro di<br />

scavare nella pietra.»<br />

95


Tutto il fronte dal fiume a cima 4 era diviso <strong>in</strong> dodici settori (Biene)<br />

e, sebbene il nemico fosse ovunque dom<strong>in</strong>ante, alcuni tratti erano così<br />

esposti da costituire anche per i difensori un pericolo cont<strong>in</strong>uo. Per<br />

esempio, la truppa che presidiava i settori quattro e c<strong>in</strong>que sul costone<br />

Viola - che formavano il collegamento tra la prima cima del San Michele<br />

e le posizioni sull’Isonzo - poteva dir d’avere costantemente un piede<br />

nella fossa.<br />

Da un anno si alternavano alla difesa del monte carsico quattro<br />

reggimenti ungheresi di Budapest, Debrecen, Grosswarde<strong>in</strong> e Stuhlweissenburg,<br />

appartenenti alla 20ª Divisione Honvèd. L’Austria non<br />

<strong>in</strong>vano aveva fatto assegnamento, per mantenere quel punto importantissimo<br />

del fronte, sul valore e sulla fedeltà magiara. Per quanto la difesa<br />

di tutto il sistema del San Michele gravitasse verso la prima l<strong>in</strong>ea<br />

costituita da due ord<strong>in</strong>i di tr<strong>in</strong>cee - alla distanza media di 50 metri -<br />

dall’Isonzo a San Mart<strong>in</strong>o, e da tre ord<strong>in</strong>i per il breve tratto di cima 3, il<br />

nemico aveva apprestato una seconda l<strong>in</strong>ea difensiva che, partendosi<br />

dalla s<strong>in</strong>istra del fiume, correva a 500 - 700 metri dalla prima, alla quale<br />

si riuniva verso l’abitato di San Mart<strong>in</strong>o.<br />

Lungo la l<strong>in</strong>ea avanzata numerosissimi si offrivano i ricoveri <strong>in</strong><br />

caverna, da Quota 124 alle Cime erano frequenti le controm<strong>in</strong>e; sul<br />

monte due gallerie congiungevano la prima tr<strong>in</strong>cea con dol<strong>in</strong>e<br />

96<br />

Il Monte San Michele visto dal versante dell’Isonzo.


etrostanti. Tutte le artiglierie dislocate nell’altipiano carsico con quelle<br />

situate nella piana di Gorizia potevano concorrere alla difesa del San<br />

Michele; ma il nemico traeva grande giovamento sopra tutto da quelle<br />

da campagna attorno a Cotici, dai gruppi di medio calibro sul rovescio<br />

del Brestovec f<strong>in</strong>o a Devetaki e da poche bocche da fuoco di grande<br />

potenza situate sul Nad Logem; riuscivano <strong>in</strong>oltre di grande efficacia<br />

alcuni pezzi di piccolo calibro a poche cent<strong>in</strong>aia di metri dalle prime<br />

l<strong>in</strong>ee, con numerosi appostamenti, e i lanciabombe di vari tipi.<br />

Nessun combattente del Carso ignora l’orrore della strage che f<strong>in</strong>o<br />

all’estate 1916 condussero i famosi «barilotti»; lanciate da posizioni più<br />

elevate delle nostre, queste diaboliche botti cariche di esplosivo<br />

rotolavano spesso lungo i costoni e i «canaloni» del Monte, dove stavano<br />

assiepati i r<strong>in</strong>calzi, ed esplodevano provocando perdite gravissime.<br />

Ricordo che un solo barilotto che scoppiò nell’ottobre 1915 a Bosco<br />

Cappuccio distrusse col posto di medicazione di un battaglione del 141°<br />

<strong>fante</strong>ria tutto il personale sanitario <strong>in</strong>sieme coi feriti. La dorsale del San<br />

Michele è solcata f<strong>in</strong> sotto le cime da profondi avvallamenti delimitati<br />

da alti costoni, e poiché il monte sale con notevole dislivello, a chi lo<br />

guarda dall’Isonzo, nei pressi di Peteano, appare come una mole<br />

piuttosto ardua. La l<strong>in</strong>ea italiana staccandosi dal fiume saliva lungo il<br />

costone Viola e aveva alle spalle il canalone Gatti che essa sbarrava<br />

sotto Cima 2. Era questa la posizione più <strong>in</strong>fida: gli Austriaci tentarono<br />

a varie riprese di colpirci da questo lato nord con l’<strong>in</strong>tento di avvolgere<br />

il nostro fianco e costr<strong>in</strong>gere i difensori ad arretrarsi. Ciò spiega anche<br />

come il fuoco delle nostre artiglierie fosse costante su quel pendio<br />

settentrionale f<strong>in</strong>o alla Cima 1 da cui si poteva temere una maggior<br />

pressione nemica.<br />

«Ancora come sempre - osservava nella sua visita la corrispondente<br />

Alice Schalek- gli italiani pigliano di mira l’altura nord e vi fanno sopra un<br />

vero <strong>in</strong>ferno. I pezzi di roccia devono esser volati <strong>in</strong> aria per oltre cento metri.»<br />

Dalle case di Peteano sale il canalone «Tivoli» che si affonda tra il<br />

costone della «Lira» e il costone «Bersaglieri» i quali si sp<strong>in</strong>gono f<strong>in</strong><br />

sotto Cima 3. Lungo i canaloni correvano i camm<strong>in</strong>amenti pr<strong>in</strong>cipali<br />

che conducevano alle vette ed erano attraversati da altri camm<strong>in</strong>amenti<br />

e da tr<strong>in</strong>cee di riserva, che avevano costituito altrettante tappe nella<br />

difficile conquista del Monte, così che questo, spoglio ormai d’ogni<br />

97


vegetazione, appariva tutto sconvolto dalle opere d’offesa e di difesa<br />

dell’uomo. Ogni piega di terreno conteneva un ricovero, ogni dol<strong>in</strong>a<br />

accoglieva un reparto, e tutto il versante del San Michele era un immenso<br />

formicaio umano. Che meraviglia se nessun colpo nemico cadeva a<br />

vuoto, specialmente di notte, quando era pur necessario compiere le<br />

operazioni di cambio e di rifornimento? Così i cimiteri lungo l’Isonzo<br />

si erano andati moltiplicando e ogni reggimento aveva un lembo di<br />

terra <strong>in</strong> cui raccoglieva le salme dei suoi prodi; ma spesso - ahimè - le<br />

circostanze della lotta non concedevano di dar riposo <strong>in</strong> un sacro rec<strong>in</strong>to<br />

ai valorosi caduti, che troppe volte dovevano essere sepolti dietro le<br />

tr<strong>in</strong>cee o presso i ricoveri dei vivi, ai quali restava affidata la cura delle<br />

povere fosse.<br />

Durante la «strafexpedition» 40 , e <strong>in</strong> seguito per resp<strong>in</strong>gere l’<strong>in</strong>vasore<br />

dalle terre d’Italia, la 3ª Armata era stata alleggerita di notevole quantità<br />

dei suoi effettivi. Il nemico aveva tentato qualche colpo di mano anche<br />

sul Carso, e non tutte le sue gesta erano state improntate a virtù militari,<br />

come poté attestare l’attacco coi gas asfissianti.<br />

Il mese di luglio 1916 trascorse abbastanza tranquillo; ai primi di<br />

quel mese la Brigata Catanzaro (141° e 142°), reduce dagli Altipiani,<br />

riprese le sue posizioni sul Carso e venne dest<strong>in</strong>ata sul San Michele.<br />

<strong>Un</strong>a grande alacrità nei lavori, nella preparazione di piazzole, nella<br />

riunione di abbondante materiale facevano presagire l’imm<strong>in</strong>enza di<br />

una importante azione, sull’esito della quale i vecchi combattenti non<br />

potevano essere soverchiamente fiduciosi, perché ormai troppi sforzi<br />

erano rimasti <strong>in</strong>efficaci, troppo sangue era stato sparso <strong>in</strong>vano su<br />

quell’<strong>in</strong>fausta pietraia.<br />

Non è qui il luogo di esam<strong>in</strong>are da un punto di vista critico gli<br />

obiettivi propostisi e gli effetti raggiunti dal Comando Supremo italiano<br />

con la VIª offensiva dell’Isonzo. Chi stende queste note vuol soltanto<br />

riferire storicamente quello di cui fu spettatore; ma un fatto è certo:<br />

arrestata l’offensiva austriaca nel Trent<strong>in</strong>o, sia pure <strong>in</strong> concordanza con<br />

40 - Iniziata all’alba del 15 maggio 1916 con un <strong>in</strong>tenso fuoco di artiglieria lungo<br />

tutto il fronte montano tra Adige e Valsugana, e proseguita il giorno dopo<br />

con l’attacco della <strong>fante</strong>ria, questa battaglia, detta anche «Offensiva di<br />

maggio», fu voluta dagli ex alleati austroungarici per punire il tradimento<br />

italiano alla Triplice Alleanza.<br />

98


<strong>Un</strong> camm<strong>in</strong>amento dell’Esercito Italiano sul San Michele. Nella foto <strong>in</strong> basso,<br />

carretti carichi di pacchi di pane tra<strong>in</strong>ati dai cani.<br />

99


una nuova e forte attività da parte dei Russi, il Comando <strong>in</strong> capo seppe<br />

nello spazio di quaranta giorni (26 giugno - 4 agosto) trasferire dagli<br />

Altipiani alla fronte orientale, con assoluta tranquillità di esecuzione<br />

nei movimenti, gli uom<strong>in</strong>i e il materiale necessari ad una potente azione;<br />

negli ultimi otto giorni (27 luglio - 4 agosto) riuscì a svolgere la «manovra<br />

strategica vera e propria, che consistette nel rapidissimo spostamento,<br />

prima delle artiglierie e delle bombarde, poi delle grandi unità e nel<br />

loro schieramento sul fronte delle operazioni. Caratteristiche di tale<br />

periodo la m<strong>in</strong>utissima accuratezza della preparazione, la rapidità<br />

nell’esecuzione, la segretezza dei movimenti ottenuta col far conoscere<br />

a ciascun reparto la propria dest<strong>in</strong>azione solo durante il viaggio e col<br />

partecipare agli organi <strong>in</strong>caricati del servizio ferroviario soltanto quei<br />

trasporti che direttamente o <strong>in</strong>direttamente li <strong>in</strong>teressassero.»<br />

L’attacco contro il campo tr<strong>in</strong>cerato di Gorizia doveva essere preceduto<br />

da un’azione diversiva laterale, con scopo puramente dimostrativo,<br />

per alleggerire il compito delle truppe che dovevano attaccare davanti<br />

alla città. Questa azione diversiva ebbe <strong>in</strong>izio il 4 agosto sull’estrema<br />

ala destra e riuscì a distrarre l’attenzione del nemico dai preparativi<br />

che gli Italiani stavano facendo <strong>in</strong> altri settori.<br />

In una seconda fase (6 agosto) si doveva condurre un attacco a fondo<br />

anche sul Carso avanzando f<strong>in</strong>o a raggiungere il Vallone per liberar il<br />

fianco meridionale della conca goriziana. Compiendo il massimo sforzo<br />

consentito dai nostri mezzi, ven<strong>nero</strong> concentrate sul basso Isonzo<br />

duemila bocche da fuoco, cifra neppure sognata nelle precedenti<br />

battaglie; ma la grande e felice novità che ci diede l’offensiva dell’agosto<br />

consistette, oltre che <strong>in</strong> una più armonica cooperazione tra artiglieria e<br />

<strong>fante</strong>ria, nell’<strong>in</strong>troduzione dell’impiego <strong>in</strong> vastissima misura di<br />

bombarde calibro 58 e 240, da cui era lecito attendere risultati efficaci.<br />

Ricordo dist<strong>in</strong>tamente che pochi giorni avanti l’<strong>in</strong>izio della battaglia,<br />

le zone più acconce del San Michele furono gremite di bombarde le<br />

quali attrassero gli sguardi curiosi e, perché no, i commenti piuttosto<br />

scettici dei fanti, che nelle due ultime notti (4 e 5 agosto) grondarono<br />

sangue per il trasporto febbrile di un numero <strong>in</strong>calcolabile di bombe<br />

dagli autocarri alle posizioni avanzate. Sulla destra dell’Isonzo tutte le<br />

artiglierie aggiustarono tempestivamente il tiro senza destar troppi<br />

sospetti nel nemico; sulla s<strong>in</strong>istra del Fiume concorse efficacemente<br />

100


all’azione la batteria «Amalfi» 41 , i cui cannonieri diedero <strong>in</strong> quei giorni<br />

esempio di una impareggiabile abnegazione. Ma sento qui il dovere di<br />

ricordare sopra tutto la condotta meravigliosa degli artiglieri del VI<br />

Gruppo obici pesanti campali e <strong>in</strong> particolare le batterie 13 a , 14 a , 15 a<br />

che, situate tra la piana di Villanova e Monte Fort<strong>in</strong>, batterono <strong>in</strong> modo<br />

sorprendente la l<strong>in</strong>ea nemica dall’Isonzo al San Michele. Sembrava che<br />

una mano <strong>in</strong>visibile aggiustasse ciascun colpo <strong>in</strong> un determ<strong>in</strong>ato punto<br />

della tr<strong>in</strong>cea: nessuno cadeva <strong>in</strong> fallo. La preparazione di fuoco riuscì<br />

dunque perfetta e certamente con gli artiglieri e coi bombardieri i fanti<br />

devono dividere la gloria della conquista del San Michele.<br />

Fanti italiani trasportano una bombarda da 240 mm sul Monte San Michele.<br />

41 - Il gruppo Amalfi era costituito da due batterie dotate degli obici da sbarco<br />

da 76/17 salvati dall’affondamento dell’<strong>in</strong>crociatore Amalfi al largo di<br />

Venezia il 7 luglio 1915. <strong>Un</strong>a batteria dell’Amalfi era posizionata sulla riva<br />

s<strong>in</strong>istra dell’Isonzo, tra Sdrauss<strong>in</strong>a e Peteano a ridosso delle falde del Monte<br />

San Michele, a meno di un chilometro dalla prima l<strong>in</strong>ea.<br />

101


Gli Austro-<strong>Un</strong>garici non avevano «fatto <strong>in</strong> tempo a provvedere alla<br />

sistemazione delle forze; le truppe gettate sull’Isonzo, dopo le gravi lotte sulla<br />

frontiera tirolese, non avevano più la forza di resistenza necessaria».<br />

Ciò non si può contestare, per quanto - a dir vero - gli <strong>Un</strong>gheresi<br />

della 20 a Divisione Honved che erano a difesa del San Michele, lungi<br />

dall’arrendersi ai nostri attacchi, resistettero strenuamente per quattro<br />

giorni e tornarono ripetute volte alla riconquista delle posizioni; ugualmente<br />

valoroso fu il contegno delle altre truppe dell’«Isonzo Armée»<br />

nei vari settori.<br />

In effetti, il nemico vide distrutte le sue tr<strong>in</strong>cee da un fuoco potentissimo<br />

e i reticolati, che avevano tanto spesso sbarrata la via all’eroismo<br />

dei nostri, ven<strong>nero</strong> letteralmente annientati dalle bombarde, che furono<br />

per il nemico la più dolorosa delle rivelazioni. Ciò premesso, vediamo<br />

come procedette l’attacco alle posizioni del San Michele.<br />

F<strong>in</strong>o alla notte dal 5 al 6 agosto le tr<strong>in</strong>cee di prima l<strong>in</strong>ea dall’Isonzo<br />

a Cima 4 erano state tenute dalla Brigata Catanzaro, e precisamente da<br />

due battaglioni del 141° dalle Rocce Rosse (Isonzo) a Cima 1, e da due<br />

battaglioni del 142° da Cima 2 a Cima 4.<br />

Nell’imm<strong>in</strong>enza della battaglia tutto il settore venne assegnato a tre<br />

Brigate: Brescia, Catanzaro, Ferrara, costituenti la 22ª Divisione (generale<br />

Dabalà) alle dipendenze dell’XI Corpo d’Armata (generale Cigliana).<br />

Reparti della Brigata Brescia (19° e 20°) prendevano posizione<br />

dall’Isonzo al «Naso»; la Catanzaro dal «Naso» f<strong>in</strong> sotto Cima 2, il resto<br />

della Brescia sotto Cima 3 - Cima 4; la Ferrara (47° e 48°) davanti a Cima<br />

4 - Cappella diruta.<br />

Il Comando della 22ª Divisione con suo ord<strong>in</strong>e di operazione <strong>in</strong> data<br />

5 agosto disponeva che il tiro delle artiglierie e delle bombarde, più<br />

specialmente concentrato sulla fronte d’attacco, avesse <strong>in</strong>izio alle otto<br />

del giorno successivo (6 agosto). Esso avrebbe carattere di tiro alquanto<br />

più <strong>in</strong>tenso del consueto tiro metodico; dalle ore 12 alle 15:30<br />

assumerebbe la massima violenza. Dopo tale ora sarebbe leggermente<br />

allungato onde permettere l’avanzata delle <strong>fante</strong>rie, le quali dovevano<br />

essere protette nel loro movimento da una potente cort<strong>in</strong>a di fuoco.<br />

L’attacco veniva fissato per le ore 15:30 ed era necessario fosse irruente,<br />

su vasto fronte e per tutti gli squarci, <strong>in</strong> modo da piombare<br />

improvvisamente ed <strong>in</strong> forte numero sull’avversario costr<strong>in</strong>gendolo alla<br />

102


esa prima che i r<strong>in</strong>calzi avessero il tempo di accorrere sulla l<strong>in</strong>ea. Fissate<br />

altre norme per l’avanzata, il generale Dabalà così chiudeva il suo ord<strong>in</strong>e<br />

d’operazione: «Alle belle truppe delle valorose Brigate Brescia, Ferrara,<br />

Catanzaro, a tutte le truppe della mia Divisione che <strong>in</strong> una lotta lunga e faticosa<br />

han dato sempre le più mirabili prove di valore, non ho bisogno di rivolgere<br />

raccomandazioni o <strong>in</strong>citamenti. So che ognuno avrà l’animo saldo e pronto e<br />

teso tutto al compimento del suo sacro dovere. Rammento solo che non è soltanto<br />

la tr<strong>in</strong>cea che bisogna abbattere ma il nemico che ce ne contrasta il possesso e<br />

che questo nemico il 29 giugno ha già mostrato l’anima sua barbara e codarda.<br />

Emulando i vostri fratelli gloriosamente caduti e spietatamente assass<strong>in</strong>ati,<br />

voi scriverete una nuova pag<strong>in</strong>a trionfale nella storia della Patria.»<br />

Il Comandante della Brigata Catanzaro, generale Sanna, assegnava<br />

al 141° <strong>fante</strong>ria il tratto di fronte: noto Valloncello - testata Canalone<br />

Gatti, e al 142° il tratto: testata Canalone Gatti - sbocco <strong>in</strong> tr<strong>in</strong>cea del<br />

camm<strong>in</strong>amento Lazzari, presso Cima 3. L’azione della Brigata doveva<br />

svolgersi contemporaneamente, gravitando ogni sforzo sulla cima 1.<br />

Il Comandante del 141° <strong>fante</strong>ria, colonnello Thermes, disponeva <strong>in</strong><br />

conseguenza il seguente schieramento:<br />

a) Il I Battaglione dal noto Valloncello (collegato col II Battaglione<br />

del 19° <strong>fante</strong>ria) al Naso, con due compagnie <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea e due<br />

ad immediato r<strong>in</strong>calzo;<br />

b) Il II Battaglione dal Naso alla testata del Canalone Gatti (collegato<br />

col 142° <strong>fante</strong>ria), con due compagnie <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea e due ad<br />

immediato r<strong>in</strong>calzo;<br />

c) Il III Battaglione <strong>in</strong> riserva di reggimento lungo il Canalone Gatti,<br />

verso la sua testata.<br />

L’obiettivo del 141° reggimento - di cui si seguono <strong>in</strong> modo<br />

particolare le vicende <strong>in</strong> questa battaglia, perché chi stende queste note<br />

ebbe la ventura di esserne testimone e modesto attore - consisteva<br />

nell’attaccare tutto il fronte assegnatogli facendo gravitare lo sforzo<br />

pr<strong>in</strong>cipale su Cima 1 che doveva esser avvolta dalla s<strong>in</strong>istra per congiungersi<br />

al di là della vetta coi reparti del 142° i quali erano impegnati ad<br />

agire nello stesso senso dalla destra. L’ord<strong>in</strong>e di operazione dava <strong>in</strong>oltre<br />

disposizioni perché l’attacco avvenisse con c<strong>in</strong>que ondate successive,<br />

le quali dovevano mirare a superar la prima l<strong>in</strong>ea ed a raggiungere la<br />

seconda tr<strong>in</strong>cea nemica.<br />

103


Le condizioni morali delle truppe erano eccellenti; le tre Brigate che<br />

avevano il difficile compito di occupare il monte risultavano formate<br />

<strong>in</strong> gran parte di meridionali, e tra questi predom<strong>in</strong>ava l’elemento<br />

calabrese; per di più si trattava di soldati che conoscevano l’ardua lotta<br />

sul Carso; molti di essi erano consci, per la triste esperienza del 29<br />

giugno, che il nemico che ci stava d<strong>in</strong>anzi si era macchiato di un delitto<br />

che doveva esser punito per un supremo pr<strong>in</strong>cipio di civiltà: dietro di<br />

noi, presso l’Isonzo azzurro, giacevano tremila salme di asfissiati che<br />

aspettavano di esser vendicati.<br />

Il Comando della 22ª Divisione temendo forse qualche atto di<br />

rappresaglia da parte delle nostre truppe, memori dell’ancor recente<br />

strage, con suo ord<strong>in</strong>e del 5 agosto aveva disposto che i prigionieri non<br />

fossero maltrattati e non venissero privati di nulla, tranne che delle<br />

armi; avvertimento che <strong>in</strong> altra occasione avrebbe potuto sembrare<br />

superfluo, perché il soldato italiano fu sempre umanissimo col nemico<br />

v<strong>in</strong>to; ma questa volta era lecito pensare che nell’animo del nostro <strong>fante</strong><br />

fosse un sentimento di odio feroce contro chi, con raff<strong>in</strong>ata barbarie,<br />

aveva sfracellato il cranio dei morenti con le mazze ferrate.<br />

La quiete del matt<strong>in</strong>o limpidissimo del 6 agosto fu improvvisamente<br />

rotta da un latrare rabbioso dei pezzi da campagna cui seguirono i medi<br />

e grossi calibri; ma l’orrore più grande fu destato dagli scoppi delle<br />

bombarde il cui fracasso, vic<strong>in</strong>issimo a noi, produceva uno schianto<br />

<strong>in</strong>dicibile. Mentre tutte le artiglierie battevano le tr<strong>in</strong>cee di prima l<strong>in</strong>ea,<br />

costr<strong>in</strong>gendo i difensori ad r<strong>in</strong>tanarsi nelle vic<strong>in</strong>e caverne entro cui li<br />

ten<strong>nero</strong> imprigionati, le bombarde frantumavano i reticolati e li facevano<br />

saltare da ogni parte; il rov<strong>in</strong>io sulle cime e nelle tr<strong>in</strong>cee avversarie era<br />

tale che le nostre poche vedette dovevano venir mutate dopo brevissimo<br />

tempo, perché la forza dell’uomo non poteva resistere a tanta <strong>in</strong>fernale<br />

strage. 42 Il nemico dovette rimanere sbigottito e, nulla potendo fare sulle<br />

42 - Le bombarde avevano ricevuto il compito di aprire c<strong>in</strong>que varchi sul fronte<br />

d’attacco della Brigata Catanzaro: tre da c<strong>in</strong>quanta metri di larghezza tra il<br />

Valloncello ed il Naso, tra il Naso ed il Quadrivio Alto e tra il Quadrivio<br />

Alto e Cima 1; due da cento metri di larghezza davanti a Cima 1 e Cima 2.<br />

Dal Diario della Brigata: «Gli effetti dei medii calibri e particolarmente quelli<br />

delle bombarde erano già visibili, <strong>in</strong>teri tratti di tr<strong>in</strong>cea erano sconvolti e varchi<br />

importanti erano aperti nei reticolati, ridotti altrove un <strong>in</strong>forme groviglio. Alle<br />

104


posizioni avanzate, tenne sotto il suo fuoco le nostre riserve e volse la<br />

sua ira contro le batterie. 43 Ma la lunga durata della preparazione,<br />

l’<strong>in</strong>tensità con cui si effettuò dopo il mezzogiorno f<strong>in</strong>ì per disorientarlo,<br />

così che quando le nostre prime ondate - all’ora precisa - si portarono<br />

celermente sulla tr<strong>in</strong>cea nemica, trovarono pochi difensori <strong>in</strong>tontiti,<br />

<strong>in</strong>capaci di resistenza. Ma allorché i nostri risalirono dalla tr<strong>in</strong>cea<br />

austriaca di prima l<strong>in</strong>ea f<strong>in</strong> sulle cime del San Michele per tentarne il<br />

rovescio, dalla seconda l<strong>in</strong>ea avversaria si aprì un fuoco così violento<br />

di mitragliatrici che i valorosi assalitori, man mano che si profilavano<br />

sulla vetta, venivano fulm<strong>in</strong>ati. Fu necessario farli passare per i<br />

camm<strong>in</strong>amenti che, per quanto sconvolti e battuti, offrivano ancora un<br />

riparo sufficiente per <strong>in</strong>canalare le truppe moventi all’attacco del<br />

secondo ord<strong>in</strong>e di difese. È opportuno ricordare che il versante del San<br />

Michele opposto all’Isonzo scende dolcemente a formar il pianoro tra<br />

Cotici e Crnci che si mantiene, senza notevoli accidentalità del terreno,<br />

a poco più di 200 metri di altezza. Il nemico pertanto si era ridotto<br />

all’estrema difesa della seconda l<strong>in</strong>ea che, come si disse avanti, correva<br />

a circa 500-700 metri dalla prima, dal parco Barone Bianchi (Isonzo) a<br />

Bosco<strong>nero</strong> (Quota 237) e versante nord-est del San Michele.<br />

14:30 <strong>in</strong>formazioni dei comandanti del reggimento mi riferivano che i risultati del<br />

tiro erano tali da dare l’affidamento di tentare l’assalto. Maggiore era stata l’efficacia<br />

delle bombarde e delle artiglierie sul fronte dal Valloncello alla testata del Canalone<br />

Gatti. Poca efficacia si era <strong>in</strong>vece raggiunta sul fronte fra cima 1 e cima 2, anzi su<br />

quest’ultima solamente appariva del<strong>in</strong>eato un varco di una diec<strong>in</strong>a di metri. Per il che<br />

richiesi su quel tratto una maggiore azione dei medii calibri, ord<strong>in</strong>ai al Comando del<br />

142° <strong>fante</strong>ria di valersi per l’irruzione dell’unico varco che vi era e di farne aprire altri<br />

dalla prima ondata, perché l’azione fosse sempre decisa e senza esitazione.» L’«Ord<strong>in</strong>e<br />

d’Operazione» della Brigata aveva previsto che l’azione delle bombarde fosse<br />

completata da quella dei lancia torped<strong>in</strong>i e dei mozziconi di tubi di gelat<strong>in</strong>a,<br />

questi ultimi gettati da squadre ardite durante la preparazione di artiglieria e<br />

dagli esploratori della prima ondata. Il generale Sanna aveva <strong>in</strong>oltre stabilito<br />

che ogni battaglione <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea avesse un drappello del Genio con<br />

strumenti da zappatore e p<strong>in</strong>ze tagliabili. A tale scopo il LX Battaglione aveva<br />

messo a disposizione del 141° due plotoni di c<strong>in</strong>quanta zappatori.<br />

43 - Dal Diario della Brigata: «L’artiglieria nemica rispose col tiro preciso sulle nostre<br />

tr<strong>in</strong>cee e sul rovescio e specialmente lungo il Canalone, bersaglio ben noto ai suoi<br />

colpi, producendo le prime perdite.»<br />

105


Dopo la conquista della prima l<strong>in</strong>ea, mentre salivano le successive<br />

ondate e si sp<strong>in</strong>gevano contro la seconda l<strong>in</strong>ea austriaca, com<strong>in</strong>ciarono<br />

a scendere con frotte di prigionieri, <strong>in</strong> parte scovati nei ricoveri e nelle<br />

caverne, le barelle dei feriti; tra essi il tenente colonnello Gav<strong>in</strong>o<br />

Manunta, che a Magnaboschi, <strong>in</strong>sieme col generale Carlo Sanna,<br />

impugnò il fucile e mosse con pochi superstiti contro il nemico attaccante.<br />

Sotto Cima 1 <strong>in</strong>contrai una barella che caricava un giovanissimo<br />

ufficiale: aveva la giubba aperta e sul petto roseo di adolescente un foro<br />

di pallottola da cui usciva un filo di sangue. Era il sottotenente Renzo<br />

Caraffa, romano, un valoroso che ad Oslavia contribuì col suo reparto,<br />

<strong>in</strong> una <strong>in</strong>diavolata notte del gennaio 1916, ad arrestare gli Austriaci.<br />

Aveva gli occhi socchiusi e pareva riposare.<br />

- Coraggio, Caraffa - gli gridai passandogli vic<strong>in</strong>o, tra lo scoppio<br />

metallico degli shrapnel.<br />

Egli mi riconobbe alla voce, aprì gli occhi, atteggiò le labbra ad un<br />

triste sorriso e mi disse:<br />

- Addio, amico; buona fortuna a te; per me è f<strong>in</strong>ita.<br />

Cessò di soffrire tre giorni dopo nell’ospedale da campo 031 a<br />

Mariano.<br />

<strong>Un</strong>o sguardo pietoso a chi cadeva e a chi soffriva sul terreno della<br />

lotta, e avanti; di più non poteva consentire alla fraterna carità verso i<br />

compagni la violenza della battaglia.<br />

Il nemico, riavutosi, tentò di contrattaccare e quando si poté conv<strong>in</strong>cere<br />

che ormai non aveva più alcuna speranza di riprendere le posizioni<br />

perdute, scatenò un uragano di fuoco sulle cime del monte. 44<br />

Alle ore 18:30 i nostri avevano raggiunti tutti gli obiettivi e si erano<br />

sp<strong>in</strong>ti f<strong>in</strong>o a Bosch<strong>in</strong>i Superiori e a Cotici; più tardi ricevettero ord<strong>in</strong>e di<br />

ritirarsi e prender saldo possesso delle cime del San Michele, occupando<br />

con poche forze anche la seconda tr<strong>in</strong>cea nemica, perché sull’estrema destra<br />

della Divisione gli <strong>Un</strong>gheresi non avevano punto ceduto; <strong>in</strong>fatti il sistema<br />

di tr<strong>in</strong>ceramenti di San Mart<strong>in</strong>o cadde soltanto il giorno dieci agosto.<br />

44 - Dal Diario della Brigata: «Alle 18:30 contro le nostre posizioni sulle cime dopo<br />

<strong>in</strong>tenso bombardamento si sferra un violento contrattacco nemico. Il combattimento<br />

è breve accanito ma l’occupazione delle cime rimane saldamente assicurata.»<br />

106


Fanti della Brigata «Catanzaro» al riparo nel «Villaggio Catanzaro». In basso,<br />

postazione italiana sul Carso.<br />

107


I nostri soldati <strong>in</strong>iziarono subito i lavori per metter le l<strong>in</strong>ee, già<br />

avversarie, <strong>in</strong> condizioni di servire alla nostra difesa; ven<strong>nero</strong> allo scopo<br />

impiegate le ultime riserve della Brigata.<br />

Sul far della sera, mentre le truppe attendevano febbrilmente ai lavori<br />

di rafforzamento, gli <strong>Un</strong>gheresi <strong>in</strong>iziarono i loro tentativi di attacco,<br />

che durarono tutta la notte; non ebbero buona sorte per la costante,<br />

energica resistenza dei nostri fanti, il cui spirito combattivo era<br />

aumentato <strong>in</strong> seguito al vittorioso risultato dell’azione.<br />

A r<strong>in</strong>forzo della «Catanzaro» 45 ven<strong>nero</strong> assegnati, nella notte dal 6<br />

al 7, due battaglioni Granatieri, uno dei quali (il 4° del 1° Reggimento)<br />

prese posizione a s<strong>in</strong>istra di Cima 1 dove il nemico, appena spuntò<br />

l’alba, attaccò <strong>in</strong> forze rilevanti. Era la vecchia tattica che si r<strong>in</strong>novava:<br />

si trattava, cioè, di premere sul lato settentrionale del San Michele e<br />

costr<strong>in</strong>gere i nostri ad arretrare, con grave danno, qualora la manovra<br />

fosse riuscita, di tutti i difensori del monte. Invece l’avversario lasciò <strong>in</strong><br />

nostro possesso buon numero di prigionieri tra i quali due comandanti<br />

di battaglione. Strano a dirsi, truppa e ufficiali manifestarono segni<br />

evidenti d’apprensione; o essi temevano rappresaglie, o erano sbigottiti<br />

per la maniera strana <strong>in</strong> cui, attaccanti, erano caduti prigionieri;<br />

parevano <strong>in</strong>fatti ignari dei nostri felici successi del giorno precedente e<br />

si erano presentati davanti alle posizioni italiane con poca accortezza.<br />

Comunque, furono rassicurati e cortesemente trattati: così poco i<br />

45 - Alle ore 18:00 il generale Sanna aveva chiesto r<strong>in</strong>forzi al suo comandante di<br />

Divisione col seguente messaggio: «Da Comando Brigata Catanzaro a Comando<br />

22ª Divisione. L’ardita avanzata ha portato molte perdite; le posizioni occupate<br />

han richiesto subito r<strong>in</strong>calzo, che ho dovuto assolutamente <strong>in</strong>viare impegnando<br />

tutte le mie riserve. Urgono reparti freschi <strong>in</strong> r<strong>in</strong>forzo. Almeno un reggimento per<br />

parare specialmente possibili contrattacchi. Sarebbe doloroso rischiare di perdere il<br />

frutto di un’operazione riuscita f<strong>in</strong>o ad ora splendidamente. Prigionieri 600 - 24<br />

ufficiali. F.to Gen. Sanna.» Così il generale Dabalà, comandante della 22ª<br />

Divisione, rispondeva alle ore 20:00 alla richiesta di r<strong>in</strong>forzi da parte del<br />

generale Sanna: «Comando della Brigata Catanzaro. Assegno a codesta Brigata il<br />

1° regg.to Granatieri che giungerà stasera a Gradisca e proseguirà per Peteano.<br />

Inoltre la 82ª comp. Genio che giungerà alle ore 22 a Gradisca e proseguirà subito<br />

per Peteano per essere impiegata nei lavori di rafforzamento della 1ª l<strong>in</strong>ea. Prego<br />

predisporre ord<strong>in</strong>i circa impiego delle truppe. F.to Gen. Dabalà.»<br />

108


nostri fanti dimostrarono di ricordarsi della fatale giornata dei gas. Gli<br />

è che i combattenti del Carso, conoscendo le tribolazioni della lotta su<br />

quel malaugurato terreno, provavano un senso di simpatia anche per i<br />

nemici ridotti <strong>in</strong>offensivi, poiché anch’essi soggetti alle identiche<br />

sofferenze.<br />

Ben a ragione, dopo che i due popoli cessarono di essere ostili, sulla<br />

cima terza del San Michele fu posta da Sua Altezza Reale il Duca d’Aosta<br />

una lapide con l’epigrafe:<br />

Su queste cime<br />

Italiani e <strong>Un</strong>gheresi<br />

combattendo da prodi<br />

si affratellarono nella morte.<br />

Per tutto il giorno 7 l’artiglieria avversaria batté rabbiosamente le<br />

cime del San Michele e le testate dei canaloni dove erano i r<strong>in</strong>calzi;<br />

ormai, essendosi arretrata la l<strong>in</strong>ea austriaca, i grossi calibri avevano<br />

buon gioco su tutte le vette del monte e i nostri poveri fanti subirono<br />

perdite gravissime.<br />

Cadde quel giorno, squarciato da granata, il comandante <strong>in</strong>ter<strong>in</strong>ale<br />

del II Battaglione del 141° <strong>fante</strong>ria, capitano Giovanni Ippolito, siciliano,<br />

che ad un’anima delicatissima univa il coraggio e la decisione dei forti.<br />

Questo valoroso ufficiale, ben noto per la sua encomiabile condotta a<br />

Bosco Cappuccio, ad Oslavia e sugli Altipiani, guadagnò tre medaglie<br />

d’argento nei fatti d’arme che si svolsero dal maggio all’agosto 1916.<br />

Egli non ebbe, però, la legittima soddisfazione di fregiarsene il petto,<br />

perché all’epoca del conferimento il suo nobile cuore aveva già cessato<br />

di battere. In due giorni d’azione caddero sulla cima del San Michele i<br />

migliori ufficiali del 141° <strong>fante</strong>ria: il tenente Salvatore Campanile, i<br />

sottotenenti Eugenio Adamo, Dante Biasi, Salvatore Bongiorno, Rosario<br />

De Biase, Antonio Incorvaia, Giuseppe Sardella, Michele Spanò. E cadde<br />

anche il sottotenente Salvatore Cicero, siciliano, il più piccolo ufficiale<br />

del reggimento; grande macchietta, procurava di divertirci durante i<br />

periodi di riposo col suo ricchissimo repertorio; il suo buonumore<br />

talvolta era balsamo ai nostri cuori. «Su, su» - diceva quando, tornati<br />

dalla l<strong>in</strong>ea di fuoco ci si riuniva a mensa e, contatici, trovavamo più<br />

alto il numero degli assenti che dei presenti.<br />

109


– «Su, allegri, che non è ancora venuta la nostra ora» e dava mano all’arte<br />

sua gustosissima. <strong>Un</strong>a volta, però, con una punta di mestizia, alludendo<br />

alla sua bassa statura, l’ho sentito osservare:<br />

- «Ragazzi, se io cado sul campo, ho il presentimento che mi cercherete e<br />

non mi troverete».<br />

A Cima 1 scomparve nella mischia e il suo corpo non fu più trovato.<br />

Visione veramente tragica quella del San Michele dopo la nostra<br />

conquista! Tra il groviglio di reticolati sconvolti, le tr<strong>in</strong>cee <strong>in</strong> rov<strong>in</strong>a, i<br />

massi lanciati ovunque dagli scoppi apparivano miserandi resti umani;<br />

gli sbocchi dei camm<strong>in</strong>amenti erano gremiti di cadaveri; i valorosi<br />

assalitori si erano susseguiti nell’attacco e lo spettacolo terribile dei<br />

caduti non aveva arrestato i compagni che, tentando di superarli e<br />

proceder oltre, erano stati fulm<strong>in</strong>ati accanto a loro.<br />

Gli <strong>in</strong>felici impugnavano ancora il fucile con la baionetta <strong>in</strong>astata e<br />

pareva che attendessero un segnale per cont<strong>in</strong>uare ad avanzare. Come<br />

la guerra univa <strong>in</strong>sieme tutti i contrasti, non era difficile trovare, con gli<br />

strumenti di morte, ovunque dissem<strong>in</strong>ati, oggetti che richiamavano a<br />

un sentimento di pietà. Così sul parapetto della tr<strong>in</strong>cea a Cima 1 r<strong>in</strong>venni<br />

una Bibbia, nuovissima, ancora aperta. Certamente il possessore aveva<br />

att<strong>in</strong>to al più gran libro della sapienza umana un po’ di conforto <strong>in</strong><br />

tanta bufera d’odio distruttore.<br />

A r<strong>in</strong>vigorir le forze dei combattenti giunse, nel pomeriggio del<br />

giorno 7, un fonogramma della Divisione del seguente tenore: «Fanterie<br />

VI Corpo Armata sono arrivate a 500 metri dalla Stazione meridionale di<br />

Gorizia sotto il ponte <strong>in</strong> ferro. Gli Austriaci ritirano le artiglierie di medio e<br />

g<strong>rosso</strong> calibro».<br />

Tutti gli occhi cercavano, tra la cort<strong>in</strong>a di fumo che avvolgeva l’Isonzo<br />

e la piana di Gorizia, di seguire il movimento dei nostri fratelli che,<br />

occupati f<strong>in</strong>almente il Sabot<strong>in</strong>o e il Podgora, si acc<strong>in</strong>gevano a passare il<br />

sacro Fiume; e poiché era possibile discernere, <strong>in</strong> tanto furor di fuoco, il<br />

progresso delle <strong>fante</strong>rie, cercavamo di <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>arlo osservando<br />

l’allungarsi del tiro delle artiglierie che aprivano la strada agli assalitori.<br />

Furono momenti di una commozione così <strong>in</strong>tensa che vidi le lagrime<br />

solcare le guance dei vecchi fanti del Carso; e quel sentimento di<br />

tenerezza faceva s<strong>in</strong>golare contrasto con l’aspetto esteriore dei<br />

combattenti, laceri, <strong>in</strong>sangu<strong>in</strong>ati, coi volti anneriti. L’entusiasmo per la<br />

110


vittoria che si profilava completa diede alle truppe la forza di sostenere<br />

i ripetuti attacchi con cui il nemico tentò, il giorno otto, di farci<br />

ridiscendere il declivio del Monte. Davanti a San Mart<strong>in</strong>o, sul costone<br />

dell’«albero isolato» e f<strong>in</strong>o alla «cappella diruta» cont<strong>in</strong>uava il fuoco<br />

delle nostre artiglierie; segno che gli <strong>Un</strong>gheresi resistevano disperatamente.<br />

Sul San Michele <strong>in</strong>tanto bisognava attendere che procedesse l’estrema<br />

destra; e cadevano i nostri santificando col loro sangue le cime conquistate.<br />

Il Comandante dell’XI Corpo d’Armata faceva pervenire, il giorno<br />

8, pel tramite della 22ª Divisione, parole di vivo elogio alle truppe delle<br />

Brigate Brescia, Ferrara, Catanzaro «per il contegno brillante ed<br />

ammirabilmente ardito spiegato nella giornata del 6 agosto, nella quale furono<br />

conquistate le cime del San Michele»; estendeva il suo profondo<br />

compiacimento alla Brigata Granatieri di Sardegna «per la salda tenace<br />

resistenza nel mantenere a qualunque costo le posizioni conquistate» e<br />

term<strong>in</strong>ava esaltando «il contegno superiore ad ogni elogio dell’Artiglieria,<br />

del Genio e dei Bombardieri i quali coadiuvarono con ammirabile efficacia l’opera<br />

delle <strong>fante</strong>rie così nell’ardita conquista come nella tenace resistenza». 46<br />

Queste parole furono degno premio ai valorosi che si immolarono, e<br />

<strong>in</strong>citamento ai sopravvissuti, ai quali nuovi sacrifici venivano richiesti.<br />

Il giorno 9 agosto venne ripartito il fronte della 22ª Divisione <strong>in</strong> modo<br />

che alla Brigata Catanzaro toccò il settore Cima 1, sella tra Cima 2 e<br />

Cima 3. In conseguenza i granatieri passarono sulla destra della<br />

«Catanzaro»; il fronte di Cima 1 rimase alle poche truppe del 141°<br />

<strong>fante</strong>ria; il solo comandante di battaglione superstite, maggiore<br />

Mang<strong>in</strong>elli, fu ferito durante le operazioni del nuovo assetto dato alla<br />

l<strong>in</strong>ea.<br />

46 - Così il Generale Sanna <strong>in</strong>iziava l’Ord<strong>in</strong>e del Giorno dell’8 agosto 1916 della<br />

Brigata: «Ufficiali, sottufficiali, caporali e soldati della Brigata Catanzaro! Sono<br />

onorato ed orgoglioso di essere al vostro comando. I giovani soldati, nuovi al fuoco,<br />

hanno marciato come i vecchi di Castelnuovo - Bosco Cappuccio - San Mart<strong>in</strong>o -<br />

Oslavia - Mosciagh - Monte Cengio - Magnaboschi - Lemerle. Non ne dubitavo. I<br />

soldati della Brigata Catanzaro sono ben noti per il loro valore alla Nazione come al<br />

nemico. Avete occupato di slancio posizioni fortissime ed organizzate che da più di<br />

un anno tenevano sotto la loro sorveglianza tutta la pianura …»<br />

111


Mentre i reparti italiani entravano vittoriosi <strong>in</strong> Gorizia, il nemico<br />

concentrando tutti i suoi sforzi tentò un ultimo disperato attacco sul San<br />

Michele e, per l’<strong>in</strong>tera giornata del 9, fu una lotta accanita nella quale da<br />

una parte e dall’altra si ebbero forti perdite. 47 Alle ore 10:30 di quel matt<strong>in</strong>o<br />

si doveva attaccare con lo scopo di cooperare con le truppe del VI Corpo<br />

d’Armata e sp<strong>in</strong>ger la nostra occupazione f<strong>in</strong>o alla 3ª l<strong>in</strong>ea austriaca; ma<br />

giunta l’ora dell’attacco si scatenò da parte dell’avversario un fuoco<br />

<strong>in</strong>tenso di mitragliatrici che annientava i nostri a mano a mano che le<br />

ondate venivano sferrate all’assalto. Purtroppo non fu possibile disporre<br />

subito di nuove truppe, e si dovette r<strong>in</strong>unziare per il momento all’avanzata<br />

per non compromettere le posizioni che con tanto sangue erano state nei<br />

giorni precedenti conquistate. Durante la notte venne dest<strong>in</strong>ata sulla<br />

s<strong>in</strong>istra della «Catanzaro» una nuova brigata, la «Lombardia», di cui un<br />

battaglione fu assegnato a r<strong>in</strong>forzo del 141° <strong>fante</strong>ria.<br />

All’alba del giorno 10 le nostre pattuglie annunziarono che il nemico<br />

batteva da ogni parte <strong>in</strong> ritirata verso il Vallone. Incom<strong>in</strong>ciò allora la<br />

discesa dal San Michele puntando verso Quota 193 - Nad Logem; il<br />

movimento venne eseguito sotto un violentissimo fuoco di grossi calibri,<br />

che però non produsse perdite sensibili <strong>in</strong> quanto mancavano ormai<br />

all’avversario dei veri obiettivi. Chi potrebbe ritrarre la gioia dei soldati<br />

a calcar con tanta baldanza il terreno che per oltre un anno era stato<br />

presidio sicuro del nemico, il quale vi aveva appostato le armi più<br />

<strong>in</strong>sidiose, che produssero tanta strage dei nostri? I vecchi fanti ad ogni<br />

appostamento di artiglieria sul rovescio del Monte, a Cava di Pietra e a<br />

Cotici sostavano, osservavano e pretendevano conoscere che proprio<br />

di là si era sparato <strong>in</strong> questo o quel settore, <strong>in</strong> questo o quel punto della<br />

nostra tr<strong>in</strong>cea. Per quanto la ritirata fosse stata predisposta con ogni<br />

diligenza, alcuni reparti di copertura ed altri che stavano <strong>in</strong> ricoveri<br />

47 - Così annota il Diario del 141° Fanteria relativamente al giorno 9 agosto: «…<br />

fu un succedersi di violenti attacchi e contrattacchi; alla f<strong>in</strong>e, dopo aspra lotta durata<br />

circa un’ora, il nemico dopo aver subite numerose perdite venne cacciato sulla 3a<br />

l<strong>in</strong>ea. Le perdite nei reparti del 3° Battaglione e due Compagnie del 2°, che avevano<br />

sostenuto l’urto e resp<strong>in</strong>to l’attacco, furono gravi, il Comandante del 3° Battaglione<br />

rimase ferito, i reparti quasi privi di ufficiali. Ancora giorno il Reggimento era<br />

rimasto con un unico Capitano, con soli pochissimi ufficiali, c<strong>in</strong>que mitragliatrici<br />

danneggiate dal tiro di artiglieria; i reparti erano di molto assottigliati.» La tenuta<br />

del Diario del Reggimento era affidata al sottotenente Zamboni, che conservò<br />

alcuni fogli delle m<strong>in</strong>ute.<br />

112


l<strong>in</strong>dati caddero prigionieri. A Cotici r<strong>in</strong>venimmo un posto di comando<br />

i cui ospiti dovevano aver da poco sloggiato, come dimostravano<br />

manifesti segni. Però nessuno aveva tempo di arrestarsi a lungo perché,<br />

stabiliti i collegamenti, ci si doveva portare ad immediato contatto con<br />

l’avversario, prima che questo si fosse sistemato fortemente a difesa.<br />

Ma dove si sarebbe fermato? Si sapeva che posizioni importanti<br />

risultavano esistenti a Quota 193 e sul Brestovec; qu<strong>in</strong>di si supponeva<br />

che, prima di ritirarsi ai marg<strong>in</strong>i settentrionali dell’altipiano di Comen,<br />

le milizie del Boroevic si sarebbero battute ancora ai limiti orientali del<br />

pianoro di Doberdò. Intanto ci colse la sera e dovemmo sostare,<br />

perlustrare il terreno e disporci per un possibile attacco al matt<strong>in</strong>o<br />

successivo. Ogni reparto staccò pattuglie col f<strong>in</strong>e di conoscere dove il<br />

nemico si era ritirato; il che non fu difficile, avendo notato, appena<br />

calarono le tenebre, che gli spari provenivano dall’altra parte del<br />

Vallone; dunque era necessario scendere dal pianoro, oltrepassare la<br />

depressione carsica e avanzare f<strong>in</strong> sotto il nuovo ord<strong>in</strong>e di tr<strong>in</strong>ceramenti<br />

austriaci che da Merna, attraverso il Vippacco, raggiungeva<br />

Oppacchiasella e Nova Vas e term<strong>in</strong>ava al Lisert. All’alba del successivo<br />

giorno 11 si <strong>in</strong>iziò il movimento per portarsi sotto le posizioni nemiche<br />

e attaccarle; ma quando, con perdite gravi, i nostri poterono raggiungere<br />

il fortilizio del Nad Logem 48 , dovettero arrestarsi, perché le tr<strong>in</strong>cee<br />

48 - «La quota 212 era più nota sotto il nome di Nad Logem; era questa una posizione<br />

formidabile: i tr<strong>in</strong>ceramenti risultavano scavati nella nuda roccia, dalla quale<br />

apparivano soltanto le feritoie munite di mitragliatrici; per arrivare alle tr<strong>in</strong>cee<br />

bisognava <strong>in</strong>frangere un groviglio di reticolati della profondità di parecchi metri. Il<br />

povero <strong>fante</strong> dovette fermarsi e rannicchiarsi sotto la fortezza <strong>in</strong>espugnabile <strong>in</strong> attesa<br />

dell’<strong>in</strong>dispensabile opera di distruzione dell’artiglieria pesante e delle bombarde.<br />

Nel pomeriggio del giorno stesso giunsero i bombardieri e piazzarono le loro armi<br />

che destavano sbigottimento nel nemico. La matt<strong>in</strong>a successiva (12 agosto) si videro<br />

salire nell’aria, capovolgersi e piombare sulle posizioni avversarie migliaia di terribili<br />

bombe da 240 mm le quali, scoppiando, producevano uno schianto nell’anima. Verso<br />

mezzogiorno, compiuta l’opera di preparazione, le <strong>fante</strong>rie, già duramente provate<br />

durante l’attesa, mossero all’assalto e con ripetuti sforzi poterono occupare il Nad<br />

Logem che costituiva uno dei più forti capisaldi della nuova l<strong>in</strong>ea; oltre 600<br />

prigionieri, quasi tutti ungheresi, che si erano battuti come leoni, e alcuni pezzi<br />

d’artiglieria pesante (comandata da Germanici, come stavano ad attestare alcuni<br />

elmi col famoso chiodo) caddero nelle mani dei nostri soldati.<br />

113


scavate nella roccia a fior di terra erano protette da fittissimi reticolati<br />

ancora <strong>in</strong>tatti. Soltanto il giorno dopo, con l’aiuto delle artiglierie e delle<br />

bombarde, i nostri riuscirono ad assaltare il tr<strong>in</strong>cerone del Nad Logem<br />

ed a conquistarlo con ardua lotta. 49 Fu questo per la Brigata Catanzaro<br />

e per le valorose consorelle il più degno coronamento alla conquista<br />

del San Michele; la notte del 15 agosto i pochissimi sopravvissuti alla<br />

battaglia 50 , attraversando il pianoro per quella stessa via che il nemico<br />

aveva tante volte percorsa, rividero le cime del monte su cui ormai dopo<br />

un anno di guerra accanita regnava la pace: e anche i morti che da mesi<br />

e mesi vi erano sepolti giacevano f<strong>in</strong>almente <strong>in</strong> pace!<br />

Ora la vegetazione, tornata rigogliosa sul San Michele, ha nascosto tutte<br />

le ferite che un tempo ven<strong>nero</strong> aperte nei suoi fianchi e sulle Cime. Ma i<br />

combattenti che tornano lassù per rivivere, con un senso nostalgico del<br />

passato eroico, i tempi epici della loro giov<strong>in</strong>ezza, vedono tuttora come <strong>in</strong><br />

visione le truppe amiche salire lungo i canaloni del monte alle Cime<br />

contrastate; presi allora da profonda commozione, sostano di quando <strong>in</strong><br />

quando e richiamano alla mente la dolce immag<strong>in</strong>e dei compagni caduti,<br />

che cont<strong>in</strong>uano a vivere nel pensiero e nel cuore dei superstiti.<br />

49 - Così il Diario del 141°: «Il Comando della Brigata Catanzaro con ord<strong>in</strong>e d’operazione<br />

ricevuto alle ore 3 avverte che alle ore 6:30 s’<strong>in</strong>izierà il fuoco di demolizione<br />

delle nostre artiglierie e bombarde; durerà f<strong>in</strong>o alle 11:30, alla quale ora tutte le<br />

<strong>fante</strong>rie dovranno muovere all’attacco delle posizioni nemiche per snidare l’avversario<br />

ed <strong>in</strong>seguirlo. All’ora precisa s’<strong>in</strong>izia il fuoco d’artiglieria di piccolo e medio calibro,<br />

unitamente a quello, efficacissimo, delle bombarde. Le tr<strong>in</strong>cee nemiche ed i reticolati<br />

vengono sconquassati. Giunta l’ora stabilita, allungatosi il tiro delle nostre artiglierie,<br />

le <strong>fante</strong>rie mossero all’assalto che riuscì mirabilmente.» Il comandante dell’XI<br />

Corpo d’Armata, tenente generale Cigliana, così scrisse nel suo messaggio<br />

del 12 agosto 1916 al Comandante della Brigata Catanzaro: «Prego la S. V.<br />

volere ancora una volta confermare alla Brigata Catanzaro, alla formazione della<br />

quale sono orgoglioso di aver presieduto, tutto il mio compiacimento per aver<br />

constatato anche <strong>in</strong> questa circostanza che sa mantenere le sue belle tradizioni.»<br />

50 - Tra il 5 luglio ed il 14 agosto 1916 la Brigata Catanzaro perse 69 ufficiali (22<br />

morti, 40 feriti e 7 dispersi) e 3.395 soldati (363 morti, 2.439 feriti e 593<br />

dispersi). Le perdite complessive nel corso della Battaglia di Gorizia furono<br />

da parte italiana 1.759 ufficiali e 49.475 soldati; da parte austriaca 862 ufficiali<br />

e 39.285 soldati. Tale era stato il prezzo per la conquista di una fascia di<br />

terreno profonda circa sei chilometri e lunga circa ventic<strong>in</strong>que.<br />

114


Tr<strong>in</strong>cee sul Monte San Michele e, <strong>in</strong> basso, un albergo-trattoria di Mezzavia<br />

trasformato <strong>in</strong> ospedale da campo.<br />

115


116<br />

BRIGATA CATANZARO<br />

Ord<strong>in</strong>e del giorno del 23 agosto 1916.<br />

Ufficiali, sottufficiali, caporali e soldati della Brigata Catanzaro. Sua Altezza<br />

Reale il Comandante della 3ª Armata, per testimoniare il suo Augusto<br />

compiacimento pel contegno valoroso tenuto dalla Brigata nelle brillanti<br />

operazioni compiute dal 6 al 14 agosto, si è degnato passare oggi <strong>in</strong> rivista i<br />

reggimenti. L’onore che vien fatto dal Pr<strong>in</strong>cipe Reale valoroso nostro duce è<br />

grande ricompensa a quanto tutti abbiamo fatto per la gloria della nostra<br />

ITALIA <strong>in</strong> questi giorni di lotte accanite e fortunate, durante i quali il nostro<br />

sleale nemico ha sentito ben duro l’urto delle armi nostre. Ma l’alto onore<br />

impegna anche maggiormente per l’avvenire le nostre forze per far si che le<br />

tradizioni già gloriose della giovane Brigata non si smentiscano mai. Diamo<br />

con fiducia e con orgoglio a una tale ora tutti noi stessi per il buon nome della<br />

nostra Brigata, per l’immancabile successo della nostra guerra. Sarà nostro<br />

motto d’ora <strong>in</strong>nanzi quello che l’Augusto Pr<strong>in</strong>cipe si è ieri compiaciuto designare<br />

per la Brigata: PIÙ AVANTI - PIÙ IN ALTO! Più avanti, più <strong>in</strong> alto; ora e<br />

sempre per il RE e per la PATRIA.<br />

Il presente ord<strong>in</strong>e sarà letto alla truppa per tre giorni consecutivi.<br />

Il Maggior Generale Comandante la Brigata f.to Sanna


MIO NONNO, FANTE DELLA «CATANZARO»<br />

di LIBERO GRIFONE<br />

La passione per gli accadimenti<br />

storici, soprattutto quelli<br />

legati alla mia terra di orig<strong>in</strong>e e<br />

che hanno, <strong>in</strong> qualsiasi modo,<br />

co<strong>in</strong>volto miei compaesani o,<br />

ancor più, qualche mio antenato,<br />

mi hanno portato a ricercare<br />

documenti e fonti ufficiali<br />

per tracciare un quadro, seppure<br />

scarno, di episodi che<br />

hanno avuto valenza storica e<br />

sociale, riguardanti il primo<br />

conflitto mondiale, con riferimento<br />

particolare a vicende che<br />

hanno visto co<strong>in</strong>volti i miei<br />

nonni ed i loro fratelli, non<br />

volontari, ma tutti richiamati<br />

Domenico Grifone<br />

alle armi <strong>in</strong> occasione di quel<br />

tremendo conflitto. Alcuni di<br />

loro dettero la vita, altri la salvarono per un soffio e, comunque tutti,<br />

forse <strong>in</strong>volontariamente, dettero il massimo per la Patria.<br />

Questa passione è nata dai frequenti racconti che mi venivano narrati,<br />

da bamb<strong>in</strong>o, dalle mie nonne e parenti <strong>in</strong> genere su questi episodi, come<br />

d’altronde si faceva <strong>in</strong> molte case che avevano avuto familiari co<strong>in</strong>volti<br />

<strong>in</strong> quel conflitto, e, soprattutto, dai racconti che ebbi la fortuna di<br />

ascoltare dalla viva voce di mio nonno paterno Domenico Grifone, classe<br />

1887, l’unico familiare e protagonista di tali fatti, all’epoca, ancora <strong>in</strong><br />

vita e che ho potuto conoscere.<br />

Per saperne di più, ho confrontato i racconti di nonno Domenico<br />

con pag<strong>in</strong>e tratte dai diari dei reparti ove militò (conservati presso<br />

l’Archivio Storico dell’Esercito), leggendo testi di importanti studiosi<br />

sull’argomento e, soprattutto, spulciando nei ruoli e fogli matricolari,<br />

ed allegati annessi, conservati presso l’Archivio di Stato di Campobasso,<br />

non solo di mio nonno ma anche di altri conterranei che furono<br />

<strong>in</strong>quadrati negli stessi reparti ove egli era arruolato.<br />

117


In questa mia ricerca, sono stato spronato ed <strong>in</strong>coraggiato da studiosi<br />

ed appassionati di larga fama, che ho avuto la fortuna di conoscere e<br />

che r<strong>in</strong>grazio, i quali, a vario titolo, si sono occupati e si occupano di<br />

vicende legate alla Prima Guerra Mondiale e, fra questi, il catanzarese<br />

Mario Saccà,valente giornalista e ricercatore <strong>in</strong>stancabile su tutto ciò<br />

che ha visto protagonisti tantissimi suoi conterranei, soldati <strong>in</strong>quadrati<br />

nella Brigata «Catanzaro» che hanno avuto, chi più e chi meno, le stesse<br />

vicissitud<strong>in</strong>i di mio nonno Domenico; l’<strong>in</strong>gegner Adolfo Zamboni,<br />

omonimo dello zio pluridecorato ed ufficiale nel 141° Fanteria, al quale<br />

noi, legati a questi episodi, siamo tutti obbligati per la nobile <strong>in</strong>iziativa<br />

avuta dallo stesso nella posa del cippo <strong>in</strong> onore della «Catanzaro» sul<br />

Monte Mosciagh, con la bellissima e commovente cerimonia dello scorso<br />

settembre; Giulia Sattolo, valente ricercatrice e laureanda con tesi di<br />

laurea proprio sulla Brigata «Catanzaro», <strong>in</strong> particolare per gli episodi<br />

accaduti nel territorio di Santa Maria la Longa nel luglio 1917, sua terra<br />

di orig<strong>in</strong>e, e, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, Giovanni Saitto, da Poggio Imperiale (FG), appassionato<br />

come me di tutto ciò che riguarda la storia legata al suo territorio<br />

di orig<strong>in</strong>e con la co<strong>in</strong>cidenza di avere avuto lo zio Placido Malerba<br />

<strong>in</strong>quadrato nel 142° Fanteria, che condivise tutti gli accadimenti relativi<br />

a quei reparti, s<strong>in</strong>o all’estremo sacrificio della vita, spezzata all’alba<br />

del 16 luglio 1917, proprio <strong>in</strong> Santa Maria la Longa.<br />

Gli amici che ho appena elencato, li ho conosciuti alla manifestazione<br />

tenutasi a Catanzaro nel maggio-giugno 2005, <strong>in</strong> occasione del 90°<br />

anniversario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale e della costituzione<br />

della Brigata «Catanzaro». Infatti, navigando <strong>in</strong> <strong>in</strong>ternet, appresi<br />

di questa manifestazione e, sapendo che mio nonno aveva militato nella<br />

«Catanzaro», fui attratto da tale <strong>in</strong>iziativa. Il 28 maggio 2005, giornata<br />

conclusiva del convegno, partii <strong>in</strong> auto, accompagnato da mio figlio<br />

Crescenzo, alla volta della città di Catanzaro. Dopo oltre quattro ore di<br />

viaggio, raggiungemmo il Palazzo Municipale di Catanzaro, sede del<br />

convegno, peraltro già apertosi e, alla f<strong>in</strong>e, quando Mario Saccà, ideatore<br />

e moderatore dello stesso, dette la parola al pubblico presente, per<br />

eventuali ulteriori <strong>in</strong>terventi, volli portare il saluto e la testimonianza<br />

della terra di Molise alla manifestazione, citando, appunto, l’appartenenza<br />

di mio nonno Domenico a tale Brigata unitamente a tanti altri<br />

figli del Molise (basti pensare solamente ai circa 150 caduti molisani<br />

morti nel corso della Prima Guerra Mondiale e <strong>in</strong>quadrati nella<br />

118


«Catanzaro»). Ebbi, tra l’altro, il piacere di conoscere il senatore Veraldi,<br />

l’assessore Sgromo, il Comandante del Distretto Militare di Catanzaro,<br />

colonnello Lo Raggio, ed il tenente colonnello Chianesi.<br />

Mio nonno Domenico Grifone, nato a Guardiaregia (CB) il 17 settembre<br />

1887, da Crescenzo e Piazza Alfons<strong>in</strong>a, soldato di leva di 1ª categoria,<br />

Distretto Militare di Campobasso, già riformato, nel 1907, alla visita di<br />

leva per deficienza toracica, richiamato per mobilitazione il 4 aprile<br />

1916, idoneo e arruolato, giunse il 2 maggio 1916 al Distretto Militare di<br />

Campobasso e, <strong>in</strong> data 10 maggio 1916, venne trasferito presso il<br />

Deposito del 18° Fanteria di stanza a Chieti, unitamente al compaesano<br />

Giacomantonio Pallotta, classe 1889, anch’egli chiamato alle armi per<br />

mobilitazione.<br />

La famiglia di mio nonno (moglie e due figli <strong>in</strong> tenera età) dovette<br />

subito fare i conti con la mala burocrazia <strong>in</strong> quanto l’allora s<strong>in</strong>daco di<br />

Guardiaregia ritenne di non riconoscere loro il sussidio giornaliero<br />

dovuto alle famiglie dei militari richiamati, <strong>in</strong> quanto, secondo lui, non<br />

avendo prestato a suo tempo il servizio di leva, Grifone Domenico non<br />

poteva considerarsi richiamato. Qu<strong>in</strong>di, oltre al danno di vedersi tolto<br />

il capofamiglia, unico sostentamento economico, la beffa di non riscuotere<br />

il sussidio dovuto per le famiglie dei richiamati.<br />

Il Distretto Militare di Campobasso, <strong>in</strong>teressato del caso, pose rimedio<br />

a tale sconcio, <strong>in</strong>viando una nota al s<strong>in</strong>daco di Guardiaregia ed <strong>in</strong>vitandolo<br />

a corrispondere il sussidio giornaliero alla famiglia del militare<br />

Domenico Grifone che, essendo della classe 1887, richiamata dopo lo<br />

scoppio della guerra, doveva considerarsi a tutti gli effetti richiamato<br />

alle armi.<br />

Il 15 agosto 1916 mio nonno ed il compaesano Giacomantonio<br />

Pallotta, giunsero <strong>in</strong> territorio dichiarato <strong>in</strong> stato di guerra e, proiettati<br />

subito al fronte, vestirono le mostr<strong>in</strong>e <strong>rosso</strong>nere del 141° Fanteria della<br />

Brigata «Catanzaro», da ricomporre dopo il dissanguamento subito nei<br />

combattimenti del maggio 1916 sull’altopiano di Asiago e di quei giorni<br />

di agosto sul San Michele.<br />

Il 141° Fanteria, unitamente al reggimento gemello 142°, venne<br />

nuovamente impiegato nel tormentato fronte carsico, il settore più terribile<br />

di tutto il fronte italiano, nel mese di settembre, <strong>in</strong> occasione della<br />

settima battaglia dell’Isonzo (le famose spallate volute dal Cadorna) e<br />

qui, Domenico Grifone <strong>in</strong>contra il compaesano ed amico Francesco Serio,<br />

119


classe 1891, già reduce dalla Campagna di Libia nel 1911, quale soldato<br />

di leva. Richiamato allo scoppio della guerra, è da un anno al fronte<br />

<strong>in</strong>quadrato nel 124° Fanteria - Brigata «Chieti». Il Serio, ormai veterano<br />

del fronte e stanco di tante battaglie sul Carso, <strong>in</strong>coraggiato dall’avere<br />

<strong>in</strong>contrato un compaesano e vecchio amico, propone a nonno Domenico,<br />

appena giunta la notte, di autolesionarsi entrambi, <strong>in</strong> modo da essere<br />

allontanati dal fronte ed <strong>in</strong>viati <strong>in</strong> convalescenza. Nonno Domenico,<br />

meno esperto, non se la sente, <strong>in</strong>vece, il Serio, colpendosi ripetutamente<br />

al g<strong>in</strong>occhio, ottiene di essere allontanato dal territorio dichiarato <strong>in</strong><br />

stato di guerra, ma solo per qualche mese, poiché dal novembre 1916,<br />

con il 248° Fanteria è di nuovo <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea.<br />

Ai primi di ottobre il 141° Fanteria è sempre nelle tr<strong>in</strong>cee del Carso,<br />

per l’ottava battaglia dell’Isonzo, che mieterà moltissime vittime tra le<br />

truppe italiane attaccanti, particolarmente per la conquista delle<br />

munitissime posizioni austroungariche di Quota 208 Nord e Sud,<br />

ritenute <strong>in</strong>espugnabili, che vengono brillantemente conquistate, a costo<br />

di elevatissime perdite, dai due reggimenti della «Catanzaro». In quella<br />

occasione, a poche cent<strong>in</strong>aia di metri dal 141° Fanteria, è schierato il<br />

212° Fanteria - Brigata «Pescara», già dist<strong>in</strong>tosi sull’altopiano di Asiago,<br />

sempre a fianco della «Catanzaro», ove milita il fratello di nonno<br />

Domenico, Michele, classe 1896, che, al primo violentissimo assalto,<br />

avvenuto alle ore 14,30 del 10 ottobre 1916, viene ferito mortalmente<br />

all’addome da scheggia di granata nei pressi di Nova Vas, rimanendo<br />

<strong>in</strong>sepolto (come dal registro reggimentale degli atti di morte).<br />

Al fronte, anche <strong>in</strong> assenza di violenti combattimenti, la vita è sempre<br />

molto dura e, a proposito, nonno Domenico raccontava che, davanti<br />

alle tr<strong>in</strong>cee presidiate dal 141°, nella terra di nessuno, vi erano delle<br />

piante di melo con ancora qualche frutto e, di notte, eludendo la vigilanza<br />

del nemico, loro, strisciando, dopo essere usciti dalle tr<strong>in</strong>cee e<br />

raggiunta la pianta, coglievano qualche frutto s<strong>in</strong>o a quando gli austroungarici<br />

non se ne accorsero e, nottetempo, puntando improvvisamente<br />

un faro <strong>in</strong> direzione delle piante, aprirono il fuoco ferendo mortalmente<br />

alcuni militari italiani.<br />

Nuovamente impiegata nei furibondi assalti della nona battaglia<br />

dell’Isonzo, nel mese di novembre e sempre nel martoriato settore<br />

Carsico, la «Catanzaro» rimane <strong>in</strong> tr<strong>in</strong>cea s<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e di dicembre del<br />

1916, quando pers<strong>in</strong>o quel settore diventa meno <strong>in</strong>candescente. Ma, a<br />

120


causa del rigido <strong>in</strong>verno, molti militari si ammalano gravemente e, proprio<br />

per questo, il 3 marzo 1917, il compaesano e commilitone di nonno<br />

Domenico, Pallotta Giacomantonio, viene <strong>in</strong>viato <strong>in</strong> convalescenza per<br />

cento ottanta giorni, a causa di malattia contratta al fronte. Questi non<br />

farà più ritorno <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea e, alla f<strong>in</strong>e della convalescenza, sarà<br />

dest<strong>in</strong>ato nuovamente al Deposito del 18° Fanteria di stanza a Chieti.<br />

Nella primavera del 1917, appena prima della ripresa delle offensive<br />

volute dal Cadorna, la Brigata «Catanzaro» viene rimodulata e<br />

rimp<strong>in</strong>guata con l’arrivo di nuovi complementi, distribuendo i veterani<br />

oramai adusi alle battaglie, nelle varie compagnie dei due reggimenti<br />

della Brigata, per meglio amalgamarli con i nuovi arrivati. In questa<br />

riorganizzazione, nonno Domenico viene trasferito dal 141° al 142° - 7ª<br />

compagnia, con la quale, nel maggio di quell’anno, prende parte<br />

all’ennesima terribile battaglia sul Carso, denom<strong>in</strong>ata decima battaglia<br />

dell’Isonzo, con il consueto dissanguamento della «Catanzaro» che, il 2<br />

giugno, ritirata dal fronte, dovrà riorganizzarsi ancora una volta. Nonno<br />

Domenico è <strong>in</strong>quadrato nella 9ª compagnia del 142°. Il riposo quasi<br />

non esiste, <strong>in</strong>fatti il 4 giugno, a causa di un violentissimo contrattacco<br />

sferrato dal nemico sul Carso con la resa di alcuni reparti italiani presenti<br />

al fronte, i due reggimenti della «Catanzaro» vengono riproiettati nelle<br />

tr<strong>in</strong>cee per turare le falle apertesi e, nel corso di violenti combattimenti,<br />

l’8 giugno 1917, a Quota 219 (def<strong>in</strong>ita, dai combattenti di ambo le parti,<br />

«il carnaio») nei pressi di Jamiano, nonno Domenico rimane ferito al<br />

braccio destro da scheggia di granata, senza, però, essere allontanato<br />

dalle tr<strong>in</strong>cee, data la scarsità di uom<strong>in</strong>i nella Brigata a causa delle recenti<br />

notevoli perdite non ancora rimp<strong>in</strong>guate dai nuovi complementi.<br />

Solamente il 26 giugno 1917 la Brigata «Catanzaro» viene <strong>in</strong>viata a<br />

riposo nelle retrovie e, precisamente, nella località di Santa Maria la<br />

Longa, importante centro logistico della 3 a armata. Il riposo è più che<br />

meritato anche per riord<strong>in</strong>are i due reggimenti che, dopo le ultime<br />

perdite subite, sono ridotti all’osso. Infatti ai primi di luglio arrivano i<br />

complementi, soprattutto dai depositi del 48° Fanteria di Catanzaro e<br />

del 19° Fanteria di Cosenza, riportando il numero degli effettivi alla<br />

normalità, con la contestuale promessa, da parte dei Comandi superiori,<br />

di un cambio di fronte di impiego della «Catanzaro», togliendola dal<br />

settore Carsico e ricollocandola sul più tranquillo settore trent<strong>in</strong>o.<br />

Nei baraccamenti di Santa Maria la Longa la vita della truppa scorre<br />

121


monotona e tranquilla, ma tutto questo, improvvisamente, viene turbato<br />

da notizie che <strong>in</strong>iziano a circolare tra i militari della «Catanzaro». Infatti,<br />

si ha sentore che i Comandi dei due reggimenti devono tenere le «truppe<br />

alla mano»<strong>in</strong> vista di un imm<strong>in</strong>ente reimpiego degli stessi sul fronte<br />

Carsico, per l’ennesima offensiva voluta dal generale Cadorna.<br />

La sera del 15 luglio 1917 (domenica), all’ora della ritirata dei militari<br />

nei baraccamenti, si ha la certezza che il matt<strong>in</strong>o seguente tutta la Brigata<br />

dovrà mettersi <strong>in</strong> marcia per raggiungere, <strong>in</strong> due giorni, il fronte carsico.<br />

Dai due reggimenti si levano grida di protesta: «siamo stanchi, vogliamo<br />

un cambio di fronte così come promesso, vogliamo andare <strong>in</strong> licenza». I più<br />

fac<strong>in</strong>orosi esplodono colpi di arma da fuoco <strong>in</strong> aria, poi anche lancio di<br />

bombe a mano e, qualche reparto, impossessatosi di alcune mitragliatrici,<br />

apre il fuoco pers<strong>in</strong>o contro la villa dei conti di Colloredo-Mels che <strong>in</strong><br />

quei giorni ospita Gabriele D’Annunzio. Oltre a nonno Domenico, molti<br />

i molisani presenti <strong>in</strong> quel momento nei due reggimenti (la truppa è<br />

costituita da siciliani e calabresi <strong>in</strong> maggioranza e da meridionali <strong>in</strong><br />

genere) e non è dato sapere quale sia stato il loro ruolo nella rivolta. Già<br />

<strong>in</strong> precedenza la Brigata «Catanzaro» aveva dato qualche segno di<br />

<strong>in</strong>discipl<strong>in</strong>a, sentendosi sfruttata ed impiegata oltremodo, a differenza<br />

di altre Brigate, come il 4 giugno 1917 <strong>in</strong> occasione del repent<strong>in</strong>o ritorno<br />

al fronte. A causa di ciò era tenuta sotto stretta osservazione dagli alti<br />

comandi militari e, dai primi di luglio, alcuni carab<strong>in</strong>ieri, travestiti da<br />

fanti, erano stati <strong>in</strong>filtrati nei due reggimenti, proprio per controllare<br />

meglio ogni cosa. Grazie a questo, già da qualche giorno si sapeva che<br />

qualcosa di g<strong>rosso</strong> sarebbe accaduto e, pertanto, la sera del 15 luglio erano<br />

presenti sul posto oltre cento carab<strong>in</strong>ieri ed alcuni reparti di cavalleria<br />

impiegati solitamente <strong>in</strong> compiti di polizia militare. Con l’<strong>in</strong>tervento di<br />

questi reparti e, soprattutto, con l’<strong>in</strong>tervento di quasi tutti gli ufficiali<br />

della Brigata, compreso il Comandante della stessa, nella notte tra il 15<br />

ed il 16 luglio, la situazione parve tornare sotto controllo, con quasi tutte<br />

le Compagnie dei due reggimenti tenute alla mano dagli Ufficiali<br />

<strong>in</strong>tervenuti che riuscirono a sedare, <strong>in</strong> modo efficace e def<strong>in</strong>itivo, il moto<br />

di rivolta.<br />

All’alba del 16 luglio solamente la 6ª Compagnia del 142°, <strong>in</strong> massa,<br />

si ost<strong>in</strong>ava a non desistere dalla ribellione, asserragliata al centro dell’accampamento,<br />

cont<strong>in</strong>uando a sparare, con fucili e mitragliatrici, contro i<br />

militari chiamati a sedare il moto di ammut<strong>in</strong>amento, soprattutto<br />

122


all’<strong>in</strong>dirizzo dei soldati delle altre compagnie della Brigata, con il<br />

ferimento di molti e l’uccisione di alcuni altri. Si ha la certezza<br />

dell’uccisione di due ufficiali, uno del 141° e l’altro del 142°, e del<br />

ferimento del soldato del 142° Placido Malerba, classe 1896, da Poggio<br />

Imperiale, Distretto Militare di Foggia, che spirerà nell’ospedale da<br />

campo di Santa Maria la Longa nel pomeriggio di quello stesso giorno.<br />

Verso le ore 6:00 si ha ragione anche degli ultimi rivoltosi e, subito,<br />

ventotto militari dei due reggimenti vengono fucilati quali capi e<br />

<strong>in</strong>iziatori della rivolta, compresi 12 militari della 6ª compagnia del 142°,<br />

estratti a sorte con il metodo della decimazione, per non fucilare tutta<br />

la compagnia e, tra questi ha la sventura di capitarvi il molisano<br />

Domenico Gianandrea, classe 1885, da Salcito, Distretto Militare di<br />

Campobasso, reo solamente di appartenere alla 6ª compagnia. Furono<br />

eseguiti molti arresti di sospetti, anche nei giorni successivi.<br />

La Brigata, sotto scorta, viene comunque trasferita a ridosso del fronte<br />

carsico, così come stabilito e, nei giorni seguenti, si avrà il trasferimento<br />

di diversi ufficiali <strong>in</strong> altri reparti, compreso i due comandanti di<br />

reggimento, accusati forse di essere stati poco energici, e la concessione<br />

di licenze a molti militari che, da più di un anno non facevano ritorno<br />

presso le famiglie, motivo, come si è detto, di grave malcontento presso<br />

i combattenti della Brigata, licenze spesso negate data la lontananza<br />

dei militari dai luoghi di orig<strong>in</strong>e, essendo nella quasi totalità meridionali.<br />

In questo contesto, Domenico Grifone venne <strong>in</strong>viato, nei primi di<br />

agosto e per qualche giorno, <strong>in</strong> licenza, ma, appena giunto <strong>in</strong> Guardiaregia<br />

e riabbracciati i familiari, il 5 di agosto fu prelevato dai Carab<strong>in</strong>ieri<br />

della locale stazione e dest<strong>in</strong>ato a piantonare il cadavere di tale Giovanni<br />

Albanese (Ciannone), possidente del posto, trovato morto ammazzato<br />

a colpi di fucile nei pressi del torrente Quir<strong>in</strong>o. Tale piantonamento<br />

durò s<strong>in</strong>o all’arrivo dell’Autorità giudiziaria che, con i mezzi di<br />

locomozione dell’epoca, impiegò molto tempo a raggiungere, dal<br />

capoluogo di prov<strong>in</strong>cia, lo sperduto paesello di Guardiaregia. Così,<br />

nonno Domenico passò parte della breve licenza prima <strong>in</strong> viaggio dal<br />

fronte e poi a svolgere servizio di pattugliamento <strong>in</strong> ausilio ai Carab<strong>in</strong>ieri<br />

del paese, carenti a loro volta di uom<strong>in</strong>i.<br />

Fatto rientro al reggimento, Domenico Grifone prende parte<br />

all’ultima offensiva sul Carso, denom<strong>in</strong>ata undicesima battaglia<br />

dell’Isonzo e, nella circostanza, fu protagonista, <strong>in</strong>sieme ad altri militari<br />

123


del 142° Fanteria, della cattura di un folto gruppo di austroungarici,<br />

compreso un ufficiale superiore da cui si fece consegnare il c<strong>in</strong>turone<br />

di ord<strong>in</strong>anza che, successivamente, portò a casa, forse come cimelio o,<br />

più verosimilmente, per utilità personale. Tuttora tale c<strong>in</strong>turone è<br />

conservato <strong>in</strong> famiglia.<br />

Fu questa davvero l’ultima battaglia a cui prese parte nonno<br />

Domenico, poiché, <strong>in</strong> data 23 agosto 1917, il Consiglio di Amm<strong>in</strong>istrazione<br />

presso il Deposito del 19° Reggimento Fanteria, con sede <strong>in</strong><br />

Cosenza, esam<strong>in</strong>ati gli atti pervenuti dal fronte, dal Comando del 142°<br />

Reggimento Fanteria - 9ª Compagnia, deliberò per l’attribuzione di<br />

lesione per causa di servizio, riconoscendo la ferita subita dal nonno, al<br />

braccio destro da scheggia di granata, nel combattimento dell’8 giugno<br />

1917 a Quota 219, come già descritto.<br />

A seguito di tale atto deliberativo, il nonno fu richiamato al Deposito<br />

del 19° Fanteria <strong>in</strong> Cosenza, rimanendo nei reparti operanti nelle retrovie<br />

per l’<strong>in</strong>tero anno 1918, s<strong>in</strong>o al 1° aprile 1919, data di congedo. Anche <strong>in</strong><br />

questo periodo di servizio, più tranquillo, il nonno fu sconvolto da un<br />

grave evento luttuoso, con la morte, avvenuta a metà ottobre 1918, della<br />

moglie Crist<strong>in</strong>angela Sampogna e della primogenita Maria Alfonsa, a<br />

causa della «spagnola», la terribile epidemia che, <strong>in</strong> quegli anni,<br />

imperversò <strong>in</strong> tutta Europa, provocando milioni di vittime, sicuramente<br />

concausa la terribile guerra <strong>in</strong> corso. Nonno Domenico, <strong>in</strong>viato <strong>in</strong> licenza<br />

straord<strong>in</strong>aria e ignaro della morte contemporanea della moglie e della<br />

primogenita, apprese la dolorosa notizia appena sceso dal treno, nella<br />

piccola stazione ferroviaria di Guardiaregia, da un giovane parente che,<br />

appena lo vide, <strong>in</strong>genuamente gli riferì quanto accaduto, provocando<br />

la reazione scomposta, ma comprensibile, di nonno Domenico.<br />

Comunque la vita cont<strong>in</strong>ua e, nel maggio 1919, nonno Domenico,<br />

congedato da poco, convolò a seconde nozze con nonna Ros<strong>in</strong>a Piazza,<br />

ricreandosi una famiglia.<br />

124


SOMMARIO<br />

PRESENTAZIONE.................................................................................. 7<br />

PREFAZIONE ....................................................................................... 9<br />

LA «BRIGATA CATANZARO» .......................................................................... 13<br />

PLACIDO MALERBA, UN FANTE DEL «142° CATANZARO» ..........................25<br />

CON LA «CATANZARO» NELLA GRANDE GUERRA ............................... 33<br />

LA TRAGICA ESTATE DELLA BRIGATA «CATANZARO»..................................43<br />

LA VISITA AL TEMPIO OSSARIO DI UDINE ........................................... 63<br />

HANNO SCRITTO DELLA VICENDA ....................................................... 77<br />

LA «DECIMAZIONE» NEI RICORDI DI GABRIELE D’ANNUNZIO .............. 83<br />

LA BRIGATA «CATANZARO» A MONTE MOSCIAGH ............................. 85<br />

LA 6ª BATTAGLIA DELL’ISONZO SUL SAN MICHELE ............................. 91<br />

ORDINE DEL GIORNO DEL 23 AGOSTO 1916 ........................................116<br />

MIO NONNO, FANTE DELLA «CATANZARO» .............................................. 117<br />

125


126<br />

F<strong>in</strong>ito di stampare nel mese di luglio 2006 presso:<br />

Greco & Greco Editori<br />

Milano<br />

Copyright 2006 by Edizioni del Poggio<br />

71010 Poggio Imperiale (FG)

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