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create dai greci e dai turchi, ma soprattutto quelle di questi ultimi fungevano da mezzo di propaganda ottomana e islamica, e non tenevano in considerazione la cultura albanese. I Turchi, in particolare, designavano gli albanesi con l’appellativo di “senza libri” e cercarono in ogni modo di impedire la conservazione della cultura albanese, proibendo anche l’istituzione di scuole autoctone. Un’eccezione era costituita dalla scuola di Korçë, fondata il 7 marzo 1887, in aperta disobbedienza al divieto imposto dai dominatori ottomani, e prima scuola nazionale dove si insegnava l’albanese. Il Partito del Lavoro Albanese la riconobbe come un modello e scelse la data della sua fondazione per celebrare la “giornata dell’insegnante” (festività presente ancora oggi). Considerando la scarsa istruzione una vera e propria emergenza sociale, il regime organizzò corsi intensivi per nuovi maestri che avrebbero dovuto spostarsi anche nelle regioni più remote dell’Albania e fondò il primo istituto di Studi Superiori, l’Istituto Pedagogico che, inizialmente nell’arco di due anni poi di quattro, avrebbe dovuto formare i nuovi insegnanti nelle discipline della lingua e della letteratura albanese, della storia, della geografia, della matematica, della fisica, della biologia e della chimica. Inoltre, fece in modo che la scuola elementare diventasse fin da subito scuola dell’obbligo, predispose un moderno sistema scolastico, con licei, scuole tecniche, professionali ed artistiche, ispirato al modello sovietico e nel 1957 inaugurò, per la prima volta nel Paese, l’Università. Poco a poco si cercò di rendere l’istruzione obbligatoria fino ai quattordici anni, la scuola media superiore durava quattro anni ed era suddivisa in istruzione generale (licei) e istruzione professionale (con 65 indirizzi). In merito a quest’ultima, era il piano della Pubblica Istruzione a stabilire il numero di studenti da ammettere, commisurato in funzione delle esigenze del settore produttivo. Nel momento in cui il regime decise di alfabetizzare la popolazione, si trovò anche a scegliere quale lingua insegnare. Certo esso non ignorava che la lingua albanese era una lingua indoeuropea non collocabile in nessuna delle grandi famiglie latine, slave o germaniche, formata da due principali tronconi (il ghego parlato a Nord e il tosco nelle regioni meridionali) e che, a causa delle numerose invasioni succedutesi nel corso dei secoli, aveva risentito delle molte lingue parlate dai dominatori stranieri. Ai tempi di Enver Hoxha, infatti, la lingua parlata dai suoi concittadini era un crogiolo di termini turchi, persiani, arabi, slavi, greci, italiani, francesi, tedeschi. Consapevole del fatto che anche la questione della lingua poteva costituire un elemento importante per promuovere il progetto di “nazionalizzazione” e di “occidentalizzazione”, il regime comunista decise di purificare la lingua da tutte le influenze straniere e, al contempo, 18
di sopprimere le varianti idiomatiche e locali, intervenendo sull’uso corrente che la popolazione ne faceva. Fu nominata un’apposita commissione e le venne dato il compito di individuare le parole “intruse” per poi sostituirle con parole inventate, ma dotate di una radice autoctona, e di creare neologismi a partire da termini già esistenti; la commissione si occupò anche di cancellare alcune parole che non potevano essere sostituite e di diffondere sia le parole nuove che i decreti di interdizione di quelle vecchie tramite la televisione, i giornali e soprattutto attraverso le scuole. In molti casi si trattò di una vera e propria imposizione di una lingua artificiale, puramente letteraria e compresa solo dai dotti, del tutto irriconoscibile per la maggior parte di albanesi ed impraticabile nella comunicazione quotidiana. Ho concluso la lezione sottolineando che, se gli sforzi condotti nel campo dell’istruzione avevano portato ad un effettivo abbattimento del tasso di analfabetismo, tale impegno era volto a rendere la scuola uno strumento finalizzato alla modernizzazione del Paese e un potente mezzo di indottrinamento ideologico. In particolare, vennero individuati quali destinatari della propaganda i bambini della scuola elementare, a cui era consentito di affrancarsi dai vincoli familiari purché rispettassero gli ideali supremi del socialismo. A tal proposito, ai tre allievi albanesi ho affidato, quale compito per casa (mettendo a disposizione anche l’aula informatica della scuola, nel caso in cui non disponessero del collegamento internet a casa), la visione del film “Parrullat-Slogans” rintracciabile al link di YouTube http://www.youtube.com/watch?v=s3ewvwRZZnc e la traduzione in italiano di alcune scene, tra le quali quelle riguardanti: - il processo ad un alunno, Festim, che si era macchiato della “colpa” di aver detto che la Cina era un Paese revisionista; - la punizione al campo di lavoro dell’insegnante protagonista, André, per aver difeso il padre di Festim, essersi opposto alle norme del Partito e aver cercato di intessere una relazione con l’insegnante Diana. Il film, prodotto nel 2001 dal regista albanese Gjergj Xhuvani, è stato il primo film albanese ad essere selezionato al festival di Cannes, nella Quinzaine des Realisateurs; in quell’occasione, poi, è stato premiato con lo Young Critics Award. A Tokyo, invece, ha ricevuto il Golden prize. Per celebrare i cento anni dell’indipendenza albanese (1912-2012), il film è stato recentemente proiettato nell’ambito della rassegna “L’Albania nel suo 19
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di sopprimere le varianti idiomatiche e locali, intervenendo sull’uso corrente che la<br />
popolazione ne faceva. Fu nominata un’apposita commissione e le venne dato il compito di<br />
individuare le parole “intruse” <strong>per</strong> poi sostituirle con parole inventate, ma dotate di una<br />
radice autoctona, e di creare neologismi a partire da termini già esistenti; la commissione si<br />
occupò anche di cancellare alcune parole che non potevano essere sostituite e di diffondere<br />
sia le parole nuove che i decreti di interdizione di quelle vecchie tramite la televisione, i<br />
giornali e soprattutto attraverso le scuole. In molti casi si trattò di una vera e propria<br />
imposizione di una lingua artificiale, puramente letteraria e compresa solo dai dotti, del tutto<br />
irriconoscibile <strong>per</strong> la maggior parte di albanesi ed impraticabile nella comunicazione<br />
quotidiana.<br />
Ho concluso la lezione sottolineando che, se gli sforzi condotti nel campo<br />
dell’istruzione avevano portato ad un effettivo abbattimento del tasso di<br />
analfabetismo, tale impegno era volto a rendere la scuola uno strumento<br />
finalizzato alla modernizzazione del Paese e un potente mezzo di indottrinamento<br />
ideologico. In particolare, vennero individuati quali destinatari della propaganda i bambini<br />
della scuola elementare, a cui era consentito di affrancarsi dai vincoli familiari purché<br />
rispettassero gli ideali supremi del socialismo. A tal proposito, ai tre allievi albanesi ho<br />
affidato, quale compito <strong>per</strong> casa (mettendo a disposizione anche l’aula informatica della<br />
scuola, nel caso in cui non disponessero del collegamento internet a casa), la visione del<br />
film “Parrullat-Slogans” rintracciabile al link di YouTube<br />
http://www.youtube.com/watch?v=s3ewvwRZZnc e la traduzione in italiano di alcune<br />
scene, tra le quali quelle riguardanti:<br />
- il processo ad un alunno, Festim, che si era macchiato della “colpa” di aver detto che la<br />
Cina era un Paese revisionista;<br />
- la punizione al campo di lavoro dell’insegnante protagonista, André, <strong>per</strong> aver difeso il<br />
padre di Festim, essersi opposto alle norme del Partito e aver cercato di intessere una<br />
relazione con l’insegnante Diana.<br />
Il film, prodotto nel 2001 dal regista albanese Gjergj Xhuvani, è stato il primo film albanese<br />
ad essere selezionato al festival di Cannes, nella Quinzaine des Realisateurs; in<br />
quell’occasione, poi, è stato premiato con lo Young Critics Award. A Tokyo, invece, ha<br />
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il film è stato recentemente proiettato nell’ambito della rassegna “L’Albania nel suo<br />
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