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<strong>La</strong> <strong>storia</strong> <strong>degli</strong> «altri» o una <strong>storia</strong> comune?:<br />

il regime di Enver Hoxha in Albania<br />

Una proposta didattica che promuove l’uso delle nuove tecnologie e<br />

fa conoscere la <strong>storia</strong> del Paese d’origine delle famiglie <strong>degli</strong> alunni albanesi<br />

di Sonia Pase<br />

1. Perché parlare della dittatura di Enver Hoxha?<br />

Motivazioni della scelta tematica<br />

Nella programmazione disciplinare di <strong>storia</strong> delle classi terze uno <strong>degli</strong> argomenti da cui<br />

non si può prescindere è quello dei totalitarismi del Novecento. Affrontare questa tematica<br />

insieme a ragazzi pre-adolescenti risulta di particolare importanza se si pensa che essi<br />

manifestano sempre più difficoltà a comprendere i messaggi che la società e le sue diverse<br />

articolazioni trasmettono agli individui e, in particolare, a decodificare linguaggi di carattere<br />

affabulatorio e <strong>per</strong>suasivo. <strong>La</strong> scuola deve farsi carico di sviluppare negli alunni una<br />

coscienza critica di fronte agli avvenimenti passati e presenti, di promuovere in loro la<br />

capacità di riflettere sui comportamenti che determinano la limitazione della libertà <strong>degli</strong><br />

individui o addirittura la violazione dei diritti umani; inoltre, nei ragazzi va accresciuta la<br />

consapevolezza di come, nei regimi dittatoriali, l’opinione pubblica sia pesantemente<br />

condizionata ed orientata, e di come sia fatto largo uso della violenza pur di soffocare<br />

qualsiasi tentativo di opposizione.<br />

Solitamente il tema dei totalitarismi viene sviluppato attraverso la comparazione fra i tre<br />

principali regimi che hanno caratterizzato la prima metà del XX secolo: Fascismo, Nazismo<br />

e Stalinismo. Per definire i loro tratti comuni, si tende a prendere in esame gli aspetti della<br />

formazione del consenso, della repressione <strong>degli</strong> oppositori mediante la forza, dell’impiego<br />

della polizia segreta quale strumento di controllo, dell’uso dei mezzi di comunicazione e di<br />

massa <strong>per</strong> la propaganda, dell’ideazione di eventi pubblici <strong>per</strong> celebrare il regime,<br />

dell’organizzazione del tempo libero dei giovani, del controllo sulla scuola e sui costumi,<br />

<strong>degli</strong> interventi in campo economico.<br />

Alla consueta modalità di presentazione della tematica, è stato possibile aggiungere<br />

un’integrazione: insegnando in una classe plurietnica, ho ritenuto opportuno illustrare<br />

l’argomento all’interno di una prospettiva di <strong>storia</strong> mondiale e non limitare la riflessione ai<br />

soli casi italiano, tedesco e russo. Ho colto l’occasione della presenza, nella classe terza in<br />

cui insegnavo, di tre alunni con origini albanesi (uno studente nato in Albania e due studenti<br />

1


nati in Italia da genitori albanesi) <strong>per</strong> approfondire la conoscenza del regime di Enver<br />

Hoxha, dittatore che governò l’Albania dal 1945 al 1985. Oltre che costituire un’alternativa<br />

ai <strong>per</strong>corsi tradizionali, una scelta di questo tipo ha avuto origine innanzitutto dalla volontà<br />

di coinvolgere in prima <strong>per</strong>sona una parte <strong>degli</strong> alunni non-italofoni, facendo loro conoscere<br />

un <strong>per</strong>iodo significativo della <strong>storia</strong> del Paese nel quale la loro famiglia ha radici: non va<br />

dato <strong>per</strong> scontato che i ragazzi con genitori migranti conoscano in modo approfondito la<br />

<strong>storia</strong> del Paese da cui proviene la loro famiglia o che siano consapevoli delle<br />

trasformazioni politiche in esso avvenute.<br />

Un obiettivo altrettanto prioritario è stato quello di far comprendere al resto della classe<br />

quale fosse la situazione della popolazione albanese nella seconda metà del Novecento,<br />

precedente agli anni Novanta, <strong>per</strong>iodo nel quale iniziò la fuga di molte <strong>per</strong>sone dall’Albania<br />

verso altri Paesi d’Europa, tra cui l’Italia. Capire tale <strong>per</strong>iodo storico avrebbe significato <strong>per</strong><br />

molti alunni italofoni avvicinarsi maggiormente al vissuto familiare, del tutto sconosciuto,<br />

dei tre compagni di classe e <strong>qui</strong>ndi scoprirne alcuni aspetti neppure lontanamente <strong>per</strong>cepiti.<br />

Non solo, un approccio come questo avrebbe <strong>per</strong>messo di far riflettere i ragazzi, da un lato,<br />

sul nesso tra situazione politica del Paese di origine e necessità, <strong>per</strong> una parte della<br />

popolazione, di allontanarsi da esso; dall’altro, di smentire i molti pregiudizi che spesso<br />

vengono rivolti contro i migranti, in generale, e gli albanesi, in particolare.<br />

2. Metodologie e strumenti utilizzati<br />

Al fine di destare la curiosità e l’attenzione <strong>degli</strong> alunni, ho scelto di avvalermi fin da subito<br />

di strumenti e metodologie didattiche accattivanti, attraverso il ricorso all’informatica, alla<br />

fotografia, al documentario, al film.<br />

Dovendo decidere quali strategie mettere in atto, ho tenuto conto di come oggi gli studenti<br />

siano profondamente cambiati rispetto ad un tempo e di come i new millennium learners<br />

possano sempre più essere connotati come digital learners 1 , soggetti che usano quasi<br />

naturalmente all’interno delle loro attività di apprendimento strumenti tecnologici molto<br />

differenziati e che si appropriano dei nuovi media in maniera del tutto indipendente e spesso<br />

molto lontana da quella <strong>degli</strong> adulti.<br />

Non è possibile trascurare il fatto che i digital natives siano caratterizzati da un uso<br />

fortemente comunicativo, creativo, sociale ed interattivo della tecnologia, la quale<br />

costruisce comunità di interessi e di divertimento. Da strumento di produttività individuale e<br />

1 P. Ferri, <strong>La</strong> scuola digitale. Come le nuove tecnologie cambiano la formazione, Bruno Mondadori, Milano<br />

2008, pp. 41-72.<br />

2


di calcolo è divenuto uno strumento di comunicazione, espressione e creazione condivisa<br />

della conoscenza, paragonabile ad “una galassia di esplorazione, novità e creatività”.<br />

L’uso ormai diffuso delle nuove tecnologie sta condizionando fortemente la<br />

rappresentazione, la conoscenza e l’es<strong>per</strong>ienza del mondo dei più giovani, i quali stanno<br />

sviluppando schemi di interpretazione diversi rispetto a quelli ideati dalle generazioni<br />

precedenti. Come ha messo in evidenza lo studioso di nuovi media e di tecnologie didattiche<br />

Wim Veen 2 , apprendere attraverso schermi, icone, suoni, giochi e navigazioni virtuali<br />

“significa sviluppare comportamenti di apprendimento non lineari”. L’uso stesso dei<br />

videogiochi (soprattutto quelli che richiedono strategia, riflessione e costruzione di mondi<br />

possibili) implica una costante attenzione proattiva e la soluzione a problemi che via via si<br />

manifestano; inoltre, comportamenti di appropriazione mediale molto frequenti presso i<br />

digital natives sono il multitasking e lo spostamento non lineare tra le fonti di informazione<br />

e i contesti di conoscenza. Le nuove generazioni apprendono <strong>per</strong> es<strong>per</strong>ienze e successive<br />

approssimazioni, secondo una logica che è più vicina a quella “abduttiva” di Peirce, che non<br />

alla logica induttiva di Galileo o a quella deduttiva di Aristotele: dotati di un approccio<br />

meno dogmatico, sistemico e sequenziale dei loro predecessori, imparano attraverso una<br />

progressiva sco<strong>per</strong>ta <strong>degli</strong> argomenti, costruendosi mano a mano gli strumenti adatti all’area<br />

di esplorazione del sa<strong>per</strong>e, attraverso prove ed errori. Accedono alle informazioni in tempo<br />

reale e “veloce”, secondo una temporalità sincopata che prevede lunghe pause di<br />

“distrazione” e improvvise accelerazioni di “attenzione” e concentrazione; si muovono<br />

rapidamente attraverso codici comunicativi e stimoli difformi che non sempre sono in grado<br />

di cogliere.<br />

A partire da queste considerazioni e dalla volontà di sottolineare quanto internet possa<br />

rappresentare, non solo un “luogo” di divertimento, di condivisione e di comunicazione<br />

virtuali, ma anche uno strumento attraverso il quale re<strong>per</strong>ire contenuti, informazioni,<br />

documenti utili a definire un argomento di studio, ho deciso di utilizzare Google Earth <strong>per</strong><br />

localizzare l’area oggetto di indagine, l’Archivio digitale dell’Istituto Luce <strong>per</strong> consultare il<br />

catalogo di fotografie di epoca fascista, YouTube <strong>per</strong> prendere visione di documentari e<br />

filmati intorno alla tematica scelta. Nel caso specifico dell’oggetto di indagine, YouTube ha<br />

costituito l’unica fonte di accesso a contenuti difficilmente re<strong>per</strong>ibili all’interno di manuali<br />

scolastici o di testi divulgativi: l’argomento della dittatura albanese non rientra ancora nei<br />

libri di <strong>storia</strong> <strong>per</strong> la scuola secondaria di I grado ed è stato solo in parte indagato; il film<br />

2 W. Veen, A New Force for Change. Homo zappiens, “The Learning Citizen” 7 (2003), pp. 5-7; W. Veen –<br />

B. Vrakking, Homo Zappiens. Growing up in a Digital Age, Network Continuum Education, London 2006.<br />

3


documentario “Albania: il paese di fronte” in lingua italiana e il film in lingua albanese (con<br />

sottotitoli in inglese) “Parrullat-Slogans”, scelti <strong>per</strong> questo <strong>per</strong>corso, costituiscono delle<br />

o<strong>per</strong>e di recentissima produzione di cui si può prendere visione unicamente sul web.<br />

Quanto alla scelta di proporre alcune scene di un film in lingua albanese, essa è stata dettata<br />

dal desiderio di valorizzare le abilità di comprensione in lingua madre e di traduzione dalla<br />

LM alla lingua italiana, quale lingua L2, dei tre alunni albanesi. Ho così deciso di affidare<br />

loro il compito di guardare l’intero film, di sintetizzarne il contenuto in lingua italiana e di<br />

o<strong>per</strong>are la traduzione dall’albanese all’italiano di alcune scene significative, <strong>per</strong> poi vederle<br />

insieme ai compagni e presentarle loro. Il mio intento è stato fin dall’inizio quello di mettere<br />

in luce come la presenza di alunni di madrelingua albanese fosse <strong>per</strong> l’intera classe una<br />

grande opportunità che avrebbe <strong>per</strong>messo di venire a conoscenza di materiali di notevole<br />

rilievo ed interesse, utili ad illustrare un tema di non semplice trattazione. Mi sono anche<br />

proposta di evidenziare l’importanza, <strong>per</strong> gli alunni non-italofoni, di conservare la lingua di<br />

origine (<strong>per</strong>altro molto parlata in famiglia anche dagli alunni nati in Italia) e di sottolineare<br />

come la sua conoscenza possa rappresentare un valore aggiunto nella formazione di un<br />

allievo. Tale obiettivo ac<strong>qui</strong>sta ancor più significato se si considera che due dei tre allievi<br />

albanesi avvertono la difficoltà di abitare in un Paese, l’Italia, che non sentono come<br />

veramente proprio e di parlare una lingua, quella italiana, che non appartiene al patrimonio<br />

culturale della loro famiglia. Nello specifico, l’alunno X (nel rispetto della privacy, si<br />

sceglie di indicare l’alunno con una lettera qualsiasi dell’alfabeto, non riconducibile ai suoi<br />

dati anagrafici) era consapevole di non aver raggiunto un buon livello di conoscenza della<br />

grammatica e di uso dei linguaggi specifici della lingua italiana tanto nelle produzioni scritte<br />

che in quelle orali; l’alunno Y, invece, pur avendo conseguito una padronanza maggiore<br />

della lingua italiana, era consapevole dei propri limiti nella conoscenza del lessico.<br />

Quest’ultimo, poi, viveva con disagio e vergogna il fatto che i propri genitori non avessero<br />

ac<strong>qui</strong>sito, nel corso della loro <strong>per</strong>manenza in Italia, un livello di conoscenza della lingua<br />

italiana elevato e che, negli incontri con gli insegnanti, dovesse lui tradurre il contenuto<br />

della comunicazione ai genitori. Tale aspetto ha accresciuto nel ragazzo un profondo senso<br />

di inferiorità ed abbattimento, al quale ha opposto sentimenti di rabbia e rifiuto.<br />

Al di là di queste motivazioni, attraverso la selezione di materiali fotografici e filmici, mi<br />

proponevo di andare incontro all’esigenza sempre più evidente dei ragazzi di affrontare gli<br />

argomenti di studio attraverso il supporto di immagini. Si constata che tematiche complesse<br />

come quelle inserite nella programmazione di <strong>storia</strong> non vengono immediatamente<br />

comprese se affidate alla sola lettura di un testo scritto o alla spiegazione dell’insegnante:<br />

4


tenendo conto dei diversi stili cognitivi che gli alunni possiedono, appare, invece, necessario<br />

l’uso di apparati iconografici attraverso i quali tutti gli alunni possano individuare i nuclei<br />

concettuali <strong>degli</strong> argomenti proposti e cogliere i legami di significato esistenti tra nozioni<br />

apprese.<br />

L’es<strong>per</strong>ienza didattica dimostra che gli alunni faticano molto a comprendere i fenomeni che<br />

hanno caratterizzato, nel corso dei secoli, la <strong>storia</strong> dell’umanità; molti di loro non riescono a<br />

rappresentare nella loro mente, ad immaginare, ad intuire quanto accaduto in un tempo<br />

anche relativamente recente, ma non più presente. Hanno bisogno di vedere quello di cui<br />

sentono parlare, di definire con maggiore dettaglio quanto rimane informe nella loro mente.<br />

Il linguaggio iconico e visuale è in grado di limitare i confini dell’indefinito e avvicinare<br />

l’alunno alla <strong>per</strong>cezione del reale 3 , anche grazie all’elevato numero di significati che esso<br />

esprime.<br />

L’immediatezza di un’immagine, tuttavia, nasconde anche elementi di complessità: la<br />

decodifica di un’immagine non è un’o<strong>per</strong>azione semplice, nasconde le insidie del<br />

fraintendimento, della manipolazione e della semplificazione; non è possibile avere un<br />

approccio ingenuo alla lettura delle immagini, esse sono “polisemiche” e <strong>qui</strong>ndi<br />

“ambigue” 4 .<br />

È <strong>per</strong> questo che, quando ho deciso di servirmi del linguaggio visuale, ho anche ipotizzato<br />

di condurre con i ragazzi una lettura dei molteplici messaggi ed informazioni che,<br />

contemporaneamente, le immagini trasmettono e sintetizzano. Mi sono proposta di far<br />

comprendere agli alunni come l’immagine non sia sempre ciò che rappresenta e come<br />

l’interpretazione di un’immagine sia mediata, e a volte condizionata, dalle conoscenze ed<br />

aspettative che ci accompagnano e sono frutto delle nostre es<strong>per</strong>ienze formative e di vita.<br />

Insieme a Liborio Termine 5 , bisogna riconoscere che:<br />

noi non vediamo mai quel che veramente c’è, ma qualcosa che si<br />

trova a metà strada tra ciò che sappiamo e ciò che ci attendiamo di<br />

vedere.<br />

3 M. Doglio, Media e scuola. Insegnare nell’epoca della comunicazione, Lupetti, Milano 2000.<br />

4 E. Musci, Il laboratorio con le fonti iconografiche, in P. Bernardi (a cura di), Insegnare <strong>storia</strong>. Guida alla<br />

didattica del laboratorio storico, De Agostini Scuola, Novara 2006, p. 170.<br />

5 L. Termine, <strong>La</strong> scrittura fotografica. Una s<strong>per</strong>imentazione con Franco Fontana di “educazione<br />

all’immagine”, <strong>La</strong> Nuova Italia, Firenze 1990, p. 16.<br />

5


È necessario, infatti, che soprattutto nello studio della <strong>storia</strong>, la visione dell’immagine<br />

fotografica o filmica non sia lasciata alla libera interpretazione dell’allievo 6 : essa va<br />

contestualizzata, va spiegata alla luce <strong>degli</strong> avvenimenti a cui fa riferimento e, laddove<br />

possibile, deve collegarsi con le conoscenze pregresse del discente. L’insegnante deve<br />

evitare, poi, che da parte <strong>degli</strong> studenti vi sia una fruizione passiva delle immagini: essi<br />

vanno stimolati ad interrogarsi sul significato delle stesse, ad ipotizzarne i destinatari, a<br />

cercare indizi, a risolvere dubbi e questioni legati alla fonte.<br />

Inoltre, da un punto di vista metodologico, l’immagine dovrebbe essere accompagnata da<br />

altri tipi di fonti e fatta dialogare con esse: solo un confronto tra fonti di natura diversa può<br />

definire con maggiore dettaglio le fasi e i momenti che caratterizzano un <strong>per</strong>iodo storico. Il<br />

rapporto tra parola e immagine deve connotarsi in termini di integrazione piuttosto che di<br />

opposizione, senza tuttavia che le immagini si limitino a corredare un testo, come accade<br />

ancora in molti manuali di <strong>storia</strong>. Convinta dell’utilità di un metodo come questo, ho<br />

utilizzato il documentario come icebreaker (“rompighiacchio”, input positivo a partire dal<br />

quale sviluppare la riflessione), <strong>per</strong> poi far “interagire” alcune sue sequenze con testi da me<br />

rielaborati <strong>per</strong> poter essere fruiti da un pubblico di giovani allievi o fonti scritte come brani<br />

tratti dal Diario di un intellettuale in un gulag albanese. Il riscatto della coscienza dalla<br />

barbarie di un socialismo reale e dall’Intervista sull’Albania. Dalle carceri di Enver Hoxha<br />

al liberismo selvaggio dello scrittore F. Lubonja o altre immagini riprodotte sulla facciata<br />

del “Museo storico nazionale d’Albania” di Tirana e riportate sulle co<strong>per</strong>tine della rivista di<br />

propaganda “Ylli”.<br />

Mi è parso interessante anche confrontare le informazioni tratte dall’analisi di questi<br />

documenti con il contenuto di un’intervista (a tutti gli effetti un metodo di ricerca storica) ai<br />

genitori dei tre allievi albanesi, testimoni diretti del <strong>per</strong>iodo della dittatura di Hoxha. Esso<br />

avrebbe offerto l’opportunità di stimolare nei tre alunni la curiosità verso un <strong>per</strong>iodo di<br />

<strong>storia</strong> vissuto anche dai loro genitori, di comprendere meglio alcune delle fasi della loro vita<br />

antecedenti l’arrivo in Italia, di cogliere alcuni tratti della loro cultura di appartenenza.<br />

Oltre a consentire ai ragazzi di avvicinarsi al vissuto dei genitori e di s<strong>per</strong>imentare il lavoro<br />

dello storico, tale espediente avrebbe <strong>per</strong>messo, poi, di coinvolgere le famiglie <strong>degli</strong><br />

studenti, assegnando loro un ruolo di primaria importanza, anche agli occhi del resto della<br />

6 A questo proposito, è magistrale l’insegnamento di Ivo Mattozzi : « far vedere la <strong>storia</strong> » implica la<br />

responsabilità dell’insegnante e della sua mediazione didattica; egli non deve semplicemente « mostrare »,<br />

« indicare », ma portare a costruire un comportamento visivo che intervenga ogni volta che entrano nel raggio<br />

<strong>per</strong>cettivo dello studente « immagini » che rinviano al passato (I. Mattozzi, Far vedere la <strong>storia</strong>, in E. Perillo –<br />

C. Santini (a cura di), Il fare e il far vedere nella <strong>storia</strong> insegnata, Polaris, Faenza 2004, p. 26).<br />

6


classe: la <strong>storia</strong> di famiglia e quella <strong>per</strong>sonale avrebbero potuto ac<strong>qui</strong>stare dignità e<br />

costituire una parte integrante nel <strong>per</strong>corso di ricostruzione storica non solo nazionale ma<br />

anche europea e mondiale.<br />

Una volta individuati gli obiettivi e le metodologie del <strong>per</strong>corso, ho definito la struttura di<br />

quest’ultimo, prevedendo quattro interventi e una verifica, <strong>per</strong> un totale di 6 ore, come<br />

schematizzato <strong>qui</strong> sotto:<br />

Lezioni e<br />

tempi<br />

1<br />

(1 ora)<br />

2<br />

(1 ora)<br />

3<br />

(1 ora)<br />

4<br />

(2 ore)<br />

5<br />

(1 ora)<br />

Argomenti da sviluppare<br />

Contestualizzazione della tematica. All’origine di una dittatura.<br />

L’intervento fascista in Albania e il movimento di Resistenza. L’ascesa di<br />

Enver Hoxha.<br />

L’ammirazione di Hoxha <strong>per</strong> Stalin. Gli interventi in campo economico.<br />

Lo sviluppo dell’istruzione.<br />

(Assegnazione <strong>per</strong> casa di esercizi e letture inerenti i seguenti temi:<br />

l’emancipazione e il ruolo delle donne, la ricostruzione del passato, il<br />

controllo dei costumi, l’opposizione alla religione)<br />

<strong>La</strong> propaganda a scuola e il film “Parrullat-Slogans”<br />

<strong>La</strong> lotta contro il nemico. Pagine di diario e interviste a confronto.<br />

Verifica<br />

7


3. Lezione 1. Il movimento di Resistenza e l’ascesa di Enver Hoxha<br />

Avvalendomi dell’aula LIM, dove era presente il collegamento internet, ho iniziato la<br />

lezione collegandomi a Google Earth (un software che genera immagini virtuali<br />

della Terra utilizzando immagini satellitari ottenute dal telerilevamento terrestre, da<br />

fotografie aeree e dati topografici memorizzati in una piattaforma GIS) <strong>per</strong> mostrare la<br />

localizzazione e alcune foto recenti della città di Argirocastro, nell’Albania meridionale,<br />

dove è nato un <strong>per</strong>sonaggio storico che ha rico<strong>per</strong>to un ruolo determinante nella vita del<br />

popolo albanese e di cui non ho voluto svelare subito l’identità. Ho preferito accedere,<br />

piuttosto, alla sezione “Albania” del sito dell’Archivio Storico dell’Istituto Luce<br />

(http://albania.archivioluce.com/archivioluce/jsp/schede/fotoPlayer.jsp?doc=406&db=luceC<br />

MS&index=1&id=undefined&section=albania/) 7 <strong>per</strong> mostrare altre immagini della città<br />

risalenti, questa volta, alla prima metà del Novecento<br />

1939, Donne, in una via di Argirocastro, riprese in abiti<br />

tradizionali in attesa dell'arrivo di Jacomoni<br />

codice foto: AL007/AL00000469<br />

1939, Donna albanese in abiti tradizionali con un bambino biondo in<br />

braccio ripresi in occasione della visita di Jacomoni ad Argirocastro<br />

codice foto: AL007/AL00000476<br />

1939, Un anziano albanese ripreso in occasione della visita di Jacomoni<br />

ad Agirocastro, mentre fa mostra di una specie di collanina<br />

codice foto: AL008/AL00000501<br />

e precisare che l’illustre albanese aveva vissuto la propria giovinezza in quegli anni, essendo<br />

nato nel 1908.<br />

Certa che i tre allievi albanesi che avevo in classe conoscessero il suo nome, ho chiesto loro<br />

se intuissero di chi stessi parlando e, immaginando la difficoltà che i compagni avrebbero<br />

avuto nel comprendere la pronuncia di una lingua tanto lontana dall’italiano, li ho invitati a<br />

trascrivere il nome e il cognome del noto <strong>per</strong>sonaggio sulla lavagna LIM: Enver Hoxha. I<br />

tre alunni non hanno avuto alcuna incertezza nell’indicare il nome del <strong>per</strong>sonaggio a cui<br />

facevo riferimento: questa è stata, fin da subito, una conferma del fatto che Enver Hoxha<br />

7 Le foto possono essere consultate nell’archivio digitale ma non stampate. È questo il motivo <strong>per</strong> cui non<br />

vengono riportate in questo articolo.<br />

8


aveva assunto un ruolo tale nella vita delle famiglie albanesi da divenire un <strong>per</strong>sonaggio<br />

estremamente venerato e di cui era impossibile non conoscere la biografia.<br />

<strong>La</strong> seconda delle foto selezionate dall’Archivio digitale dell’Istituto Luce, che mostra una<br />

donna con in mano un bambino vestito con un completino fascista, poi, mi ha dato modo di<br />

richiamare alla mente come, dal 1939 al 1943, in Albania (allora Regno di Albania) sia stato<br />

instaurato il Protettorato Italiano del Regno di Albania, in seguito alla guerra promossa dal<br />

regime fascista italiano e all’assunzione della corona da parte di Vittorio Emanuele III<br />

d’Italia, testimoniata dalla foto:<br />

1940, Riproduzione di un’immagine della cerimonia di<br />

incoronazione di Vittorio Emanuele III a Re d’Albania<br />

codice foto: AL026/AL00001963<br />

A questo punto ho spiegato come lo stesso Hoxha abbia vissuto da protagonista gli anni del<br />

Protettorato: dopo l’invasione italiana del 1939, egli rifiutò di iscriversi al partito fascista<br />

albanese e <strong>per</strong> questo venne rimosso dal suo posto di insegnante di francese a Coriza.<br />

Inoltre, soli due anni dopo, con l’aiuto dei comunisti jugoslavi, prese la guida del Partito<br />

Comunista Albanese (chiamato successivamente Partito del <strong>La</strong>voro) e del movimento di<br />

resistenza (Esercito di Liberazione Nazionale).<br />

Volendo far comprendere il <strong>per</strong>iodo nel quale Hoxha aveva vissuto la sua giovinezza e il<br />

contesto nel quale egli aveva maturato la decisione di militare nelle file del movimento di<br />

Resistenza, accedendo a You Tube, ho proiettato il film documentario “Albania: il paese di<br />

fronte” http://www.youtube.com/watch?v=G3o5ztQDEkw, una produzione<br />

dell'istituto Luce e di Fox Channel Italia, ideata nel 2008 dal giornalista Roland<br />

Sejko con la consulenza dello storico Roberto Morozzo della Rocca, che<br />

racconta un secolo di <strong>storia</strong> albanese, dalla proclamazione d'indipendenza al<br />

crollo del regime comunista, passando attraverso la caduta dell'im<strong>per</strong>o ottomano, la prima<br />

guerra mondiale, il dominio di re Zog, l'occupazione italiana dell'Albania, l'ascesa del<br />

dittatore Enver Hoxha. Il documentario, presentato il 13 novembre 2008 alla Casa del<br />

Cinema di Roma, contiene immagini di archivi italiani e albanesi, tra cui molte inedite.<br />

Ho ritenuto più opportuno iniziare la visione dal punto in cui viene narrato l’arrivo dei<br />

fascisti (avendo già studiato il Fascismo, i ragazzi avrebbero potuto ritrovare elementi noti)<br />

e, dopo aver distribuito una scheda (Allegato 1) nella quale avevo enucleato alcune<br />

9


questioni-chiave e avevo introdotto dei richiami iconografici, ho chiesto agli alunni di<br />

re<strong>per</strong>ire le risposte nel documentario.<br />

Successivamente, volendo sottolineare il grande ruolo assunto da Enver Hoxha nel<br />

movimento di Resistenza, ho ritenuto opportuno che fossero gli alunni, <strong>per</strong> primi, sulla base<br />

di quanto già studiato nelle lezioni precedenti, in merito ai movimenti di Resistenza italiana<br />

(approfondito mediante l’analisi della figura di Virginia Tonelli) e francese (attraverso il<br />

riferimento al coinvolgimento, condotto anche nel corso del viaggio di istruzione a Parigi,<br />

del giovane Guy Moquet), a richiamare alla memoria il concetto di Resistenza e a proporre<br />

una definizione, a partire da una mappa concettuale (Allegato 2) da completare prima a<br />

voce, mediante la modalità brainstorming, e poi <strong>per</strong> iscritto.<br />

<strong>La</strong> mappa è stata costruita attorno ad un ovale centrale nel quale i ragazzi dovevano<br />

riportare il significato del termine “Resistenza”, dopo aver richiamato alla memoria le<br />

proprie conoscenze sulla Resistenza italiana (<strong>per</strong>corso 1 , a sinistra dell’ovale) e sulla<br />

Resistenza francese (<strong>per</strong>corso 2 , a destra dell’ovale). Successivamente, spostandosi verso<br />

il basso della mappa, ai ragazzi veniva chiesto di seguire il <strong>per</strong>corso 3<br />

, che li invitava ad<br />

osservare una parte di documentario (minuti 00:43:52-00:53:10) e, a partire da alcune<br />

domande-guida, a re<strong>per</strong>ire informazioni sulla Resistenza albanese.<br />

10


Allegato 1<br />

Protettorato italiano<br />

del Regno d’Albania<br />

Che cosa spinse Mussolini a con<strong>qui</strong>stare l’Albania?<br />

(Il timore della Germania, <strong>La</strong> volontà di avere un<br />

trofeo internazionale...)<br />

Osserva il territorio in giallo: esso corrisponde al<br />

progetto di allargamento dei confini voluto dai<br />

fascisti e denominato ... (Grande Albania)<br />

Tale progetto avrebbe ottenuto grandi consensi da<br />

parte <strong>degli</strong> albanesi e aveva lo scopo di ...<br />

(giustificare l’occupazione italiana in Albania)<br />

11<br />

Quale ruolo assunse Re<br />

Vittorio Emanuele III in<br />

Albania ?<br />

(Vittorio Emanuele III<br />

divenne re di Albania)<br />

Visiterà molte volte<br />

l’Albania?<br />

Che cosa pensava di questo<br />

Paese?<br />

(No, il re visiterà solo una<br />

volta l’Albania. Riteneva<br />

questo Stato un “mucchio di<br />

sassi”)<br />

Riconosci questo <strong>per</strong>sonaggio? (Galeazzo Ciano)<br />

Considerò l’Albania un suo dominio.<br />

Di quali interventi si rese protagonista in Albania?<br />

(Inaugurò o<strong>per</strong>e pubbliche, diede il nome di suo padre a vie<br />

e piazze e chiamò la città di Porto Edda in onore di sua<br />

moglie, Edda Mussolini)


Allegato 2<br />

<strong>La</strong> Resistenza<br />

albanese<br />

Abbiamo incontrato<br />

questo termine<br />

parlando di Virginia<br />

Tonelli...<br />

1<br />

1<br />

1<br />

In che modo questa<br />

parola si inserisce nella<br />

<strong>storia</strong> d’Italia del<br />

Novecento?<br />

RESISTENZA<br />

...<br />

3<br />

12<br />

2<br />

Alla Resistenza è legata anche<br />

la <strong>storia</strong> di un giovane francese<br />

che « hai incontrato » ad una<br />

stazione della metropolitana di<br />

Parigi, durante il viaggio di<br />

istruzione.<br />

Ti ricordi il suo nome?<br />

Contro chi ha<br />

lottato? Con<br />

quali mezzi?<br />

<strong>La</strong> Resistenza non ebbe luogo solo in Italia e in Francia, ma anche in Albania.<br />

Guarda il documentario e trova le informazioni che ti possono aiutare a ricostruire le fasi<br />

della Resistenza albanese, a cui partecipò anche Enver Hoxha.<br />

1. Quando i rapporti tra Italia e Albania<br />

incominciarono a frantumarsi?<br />

2. Quando iniziò la Resistenza albanese?<br />

3. Dove avvenivano le o<strong>per</strong>azioni dei<br />

partigiani?<br />

4. Nei gruppi di partigiani erano presenti solo<br />

uomini o anche donne?<br />

5. Da chi venne guidato il Fronte di<br />

Liberazione?<br />

6. Dopo l’8 settembre 1943, chi si unì ai<br />

partigiani albanesi?<br />

7. Chi fu il braccio armato di Hoxha nel<br />

<strong>per</strong>iodo della Resistenza?<br />

8. Quali effetti produsse la lotta partigiana in<br />

Albania?<br />

9. Dopo essere stato combattente nella<br />

Resistenza, quale posto ottenne Enver Hoxha<br />

all’interno dello Stato?<br />

Prova a dare la definizione di una<br />

parola che hai già sentito usare:<br />

RESISTENZA<br />

1. (Dopo la sconfitta italiana in Grecia, a cui<br />

assistettero gli stessi soldati albanesi che<br />

facevano parte dell’esercito italiano)<br />

2. (<strong>La</strong> Resistenza albanese iniziò nel 1940)<br />

3. (Le o<strong>per</strong>azioni dei partigiani avvenivano tra i<br />

sentieri di montagna)<br />

4. (Nei gruppi di partigiani erano presenti anche<br />

donne)<br />

5. (Il Fronte di Liberazione venne guidato dal<br />

Partito Comunista albanese)<br />

6. (Dopo l’8 settembre 1943, ai partigiani<br />

albanesi si unirono gli italiani in fuga dai<br />

tedeschi, costituendo il “Battaglione Antonio<br />

Gramsci”)<br />

7. (Shehu)<br />

8. (I tedeschi furono sconfitti e lasciarono<br />

l’Albania nel 1944. Dopo la vittoria, il Fronte di<br />

Liberazione si autoproclamò “Governo<br />

provvisorio” e i partigiani diedero vita ad<br />

epurazioni e condanne a morte, eliminando ex<br />

collaboratori del Fascismo ed avversari politici<br />

scomodi. Vennero fucilati ed imprigionati molti<br />

sacerdoti, appartenenti soprattutto al clero del<br />

Nord, accusati di aver collaborato con il Regime<br />

Fascista).<br />

9.(Enver Hoxha divenne Presidente e Ministro<br />

della Difesa).<br />

2


4. Lezione 2 – L’ammirazione <strong>per</strong> Stalin anima la politica economica di Hoxha<br />

Volendo proseguire la trattazione mediante l’approfondimento del tema del rapporto tra<br />

Enver Hoxha e Stalin, ho ritenuto di anticipare la visione del filmato con la proiezione di un<br />

fumetto (Allegato 3) nel quale erano evidenti i due protagonisti dell’ipotetico dialogo, ma<br />

non le frasi da essi scambiate. L’obiettivo è stato quello di sollecitare nei discenti sia la<br />

curiosità di conoscere l’oggetto della comunicazione sia quello di predisporli a formulare<br />

ipotesi sui possibili rapporti tra i due <strong>per</strong>sonaggi storici.<br />

Precisando alla classe che avremmo potuto completare il fumetto solo una volta visto il<br />

filmato (e in particolare i minuti: 00:54:05-0:54:50 e da 01:05:12), ho fatto seguire alle<br />

immagini una serie di parole-chiave che gli alunni avrebbero dovuto introdurre nelle frasi da<br />

comporre.<br />

Allegato 3<br />

...<br />

...<br />

Il Padre dei Popoli Partito del <strong>La</strong>voro d’Albania Chi è?<br />

aiuti <strong>per</strong> la ricostruzione del Paese ammirazione<br />

13


Il documentario metteva in evidenza da una parte quanto, agli inizi, Hoxha risultasse<br />

piuttosto sconosciuto agli occhi di Stalin; dall’altra quanto il neo-dittatore albanese<br />

venerasse il “Padre” russo, a tal punto da lasciarsi consigliare sul nome del Partito<br />

comunista albanese, denominato “Partito del <strong>La</strong>voro d’Albania”. Non solo, essendo<br />

l’Albania della fine <strong>degli</strong> anni Quaranta un Paese con poche risorse, con un’economia<br />

arretrata e senza una produzione industriale, Hoxha chiese a Mosca aiuti <strong>per</strong> la ricostruzione<br />

del Paese. È proprio sul modello russo che egli voleva “ricostruire l’Albania e ricostruire gli<br />

Albanesi”. Inoltre, il giorno della morte di Stalin, Enver fece inginocchiare la popolazione<br />

davanti al monumento del defunto, che aveva ordinato di erigere in piazza Skanderbeg a<br />

Tirana; fece, anche, sottoscrivere a tutto il suo popolo una dichiarazione di fedeltà ai<br />

principi stalinisti.<br />

Come è stato evidenziato dal documentario, il cambiamento portò grande entusiasmo nella<br />

popolazione. A questo punto, dopo aver mostrato le sequenze del filmato corrispondenti ai<br />

minuti 00:59:36-01:00:16, è stato chiesto ai ragazzi di indicare quali fossero le immagini<br />

che testimoniavano questo stato d’animo e quale fosse il contesto nel quale erano state<br />

girate. Gli alunni hanno saputo riconoscere che queste ultime si riferivano ai lavori agricoli<br />

e che le riprese erano avvenute nelle campagne. Si riportano <strong>qui</strong> di seguito alcuni dei<br />

fotogrammi memorizzati dai ragazzi:<br />

14


Inoltre, sono stati in grado di collegare queste ultime all’informazione che veniva fornita nel<br />

video: fin dai primi anni del suo potere, Enver Hoxha promosse la riforma agraria e la<br />

collettivizzazione delle campagne. Tale accenno contenuto nel filmato mi ha dato modo di<br />

spiegare come l’intero settore agricolo fosse passato in mano dello Stato, che pianificò la<br />

produzione e lo sviluppo, e razionalizzò lo sfruttamento della terra <strong>per</strong> ricavare il massimo<br />

dei rendimenti. I contadini furono poco a poco integrati in coo<strong>per</strong>ative, obbligate a vendere<br />

la loro produzione allo Stato; lo Stato, a sua volta, fissò gli obiettivi di produzione <strong>per</strong><br />

ciascuna di esse. Attraverso l’abolizione della proprietà privata, venne a spezzarsi il secolare<br />

legame che aveva unito i contadini alle loro terre. Non solo, lo Stato, proponendosi di<br />

dimostrare l’errore commesso fino a quel momento nell’uso della terra, cercò di convincere<br />

i contadini della necessità di una messa in valore in termini economico-razionali. <strong>La</strong><br />

collettivizzazione delle terre avvenne in maniera graduale: all’inizio la proprietà privata era<br />

ancora consentita nel limite di 40 ettari e solo la parte eccedente di possedimenti venne<br />

messa in comune. Nel giro di pochi anni, <strong>per</strong>ò, l’estensione delle parti che era possibile<br />

detenere in proprietà venne ridotta drasticamente; tale norma venne estesa anche al<br />

possedimento del bestiame: nei primi anni Cinquanta era dato possedere fino a quattro<br />

vacche, successivamente il numero venne ridotto ad un capo; <strong>per</strong> quel che riguardava le<br />

pecore, alla fine <strong>degli</strong> anni Sessanta il numero fu limitato ad un quarto (da 40 a 10 capi).<br />

Fu proprio con gli anni Sessanta che il processo di collettivizzazione subì una decisa<br />

accelerazione, a tal punto che villaggi interi furono convertiti in coo<strong>per</strong>ative. Gli effetti di<br />

una scelta economica come questa, che era stata caratterizzata dall’estensione delle su<strong>per</strong>fici<br />

coltivabili, dai progressi nella meccanizzazione, dall’impiego massiccio dei fertilizzanti e<br />

dalla selezione delle sementi, furono ben presto visibili agli occhi di tutti: confrontando i<br />

dati di venti anni prima, l’incremento della produzione agricola risultò <strong>qui</strong>ntuplicato! Ad<br />

enfatizzare tali successi pensò poi la televisione di Stato che non <strong>per</strong>deva occasione <strong>per</strong><br />

mandare in onda immagini di trattori al lavoro, quale simbolo dell’Albania moderna.<br />

Il regime di Hoxha aveva strutturato il lavoro nelle campagne attorno a tre tipologie di<br />

strutture di coo<strong>per</strong>ative:<br />

- le “coo<strong>per</strong>ative ordinarie”, le coo<strong>per</strong>ative meno sviluppate che vivevano unicamente<br />

del loro lavoro e la cui produzione veniva comprata <strong>per</strong> intero dallo Stato;<br />

- le “coo<strong>per</strong>ative di tipo su<strong>per</strong>iore”, un’associazione di coo<strong>per</strong>ative ordinarie alle quali<br />

partecipava economicamente anche lo Stato, diventando comproprietario dei mezzi<br />

di produzione (macchine, animali, ambienti). Oltre a garantire ai lavoratori il 90%<br />

15


del salario, questo tipo di coo<strong>per</strong>ative potevano fissare dei prezzi inferiori anche <strong>per</strong><br />

la disponibilità, concessa loro dallo Stato, di presidi locali di macchine agricole<br />

(S.M.T.: Stazioni delle Macchine e dei Trattori);<br />

- le “fattorie di Stato”, proprietà di tutto il popolo, gestite direttamente dallo Stato,<br />

nelle quali i contadini erano dei lavoratori dipendenti che <strong>per</strong>cepivano un salario più<br />

consistente rispetto a quello che ricevevano nelle “coo<strong>per</strong>ative ordinarie”.<br />

Attraverso un fermo-immagine al minuto 1:00:36, in corrispondenza della seguente<br />

immagine,<br />

ho proseguito la trattazione sottolineando come l’obiettivo di rendere fertile la maggior<br />

parte del territorio nazionale abbia spinto lo Stato ad avviare una massiccia o<strong>per</strong>a di bonifica<br />

delle paludi. Animati dal motto “Attacchiamo le colline e le montagne <strong>per</strong> abbellirle e farne<br />

delle terre fertili al pari delle pianure”, migliaia di “volontari”, incessantemente impegnati<br />

nello zappare la terra, si impegnarono a dissodare le terre, a seminarle di grano e legumi e,<br />

nel sud del Paese, a terrazzare le colline <strong>per</strong> la coltura <strong>degli</strong> agrumi e delle olive.<br />

Tuttavia, gli interventi del regime non furono unicamente destinati alla riforma agraria: i<br />

primi piani <strong>qui</strong>nquennali, infatti, miravano soprattutto a trasformare l’Albania da Paese<br />

agrario arretrato a Paese industrializzato.<br />

A questo punto, ho chiesto agli alunni di ricordare gli interventi finalizzati allo sviluppo<br />

economico ed industriale mostrati nel video e, avvalendomi delle modalità “muto” e<br />

“fermo-immagine”, ho indicato le sequenze alle quali avrebbero dovuto fare riferimento:<br />

quelle, ai minuti 01:00:29-01:00:58, inerenti la costruzione delle prime linee ferroviarie,<br />

l’elettrificazione del Paese e la costruzione di centrali idroelettriche.<br />

16


Un intervento altrettanto decisivo o<strong>per</strong>ato dal regime fu quello a favore dell’istruzione e<br />

della lotta contro l’analfabetismo, grande piaga dell’Albania fin dai primi anni del<br />

Novecento. A commento delle immagini del filmato (01:00:59-01:01:16), nelle quali veniva<br />

messo in risalto il tentativo del regime di alfabetizzare la popolazione anche nei contesti più<br />

s<strong>per</strong>duti, mediante la costituzione di classi all’aria a<strong>per</strong>ta, e di insegnare a scrivere e leggere<br />

parole-chiave <strong>per</strong> il regime, come “Enver” e “partito”),<br />

ho aggiunto che, nella prima metà del secolo XX, l’analfabetismo toccava anche l’86% e, in<br />

molte zone rurali e montagnose, il 100%. Istituzioni scolastiche di un certo rilievo erano<br />

state fondate dal clero austriaco ed italiano, come quella di Scutari; altre scuole erano state<br />

17


create dai greci e dai turchi, ma soprattutto quelle di questi ultimi fungevano da mezzo di<br />

propaganda ottomana e islamica, e non tenevano in considerazione la cultura albanese. I<br />

Turchi, in particolare, designavano gli albanesi con l’appellativo di “senza libri” e cercarono<br />

in ogni modo di impedire la conservazione della cultura albanese, proibendo anche<br />

l’istituzione di scuole autoctone.<br />

Un’eccezione era costituita dalla scuola di Korçë, fondata il 7 marzo 1887, in a<strong>per</strong>ta<br />

disobbedienza al divieto imposto dai dominatori ottomani, e prima scuola nazionale dove si<br />

insegnava l’albanese. Il Partito del <strong>La</strong>voro Albanese la riconobbe come un modello e scelse<br />

la data della sua fondazione <strong>per</strong> celebrare la “giornata dell’insegnante” (festività presente<br />

ancora oggi). Considerando la scarsa istruzione una vera e propria emergenza sociale, il<br />

regime organizzò corsi intensivi <strong>per</strong> nuovi maestri che avrebbero dovuto spostarsi anche<br />

nelle regioni più remote dell’Albania e fondò il primo istituto di Studi Su<strong>per</strong>iori, l’Istituto<br />

Pedagogico che, inizialmente nell’arco di due anni poi di quattro, avrebbe dovuto formare i<br />

nuovi insegnanti nelle discipline della lingua e della letteratura albanese, della <strong>storia</strong>, della<br />

geografia, della matematica, della fisica, della biologia e della chimica. Inoltre, fece in<br />

modo che la scuola elementare diventasse fin da subito scuola dell’obbligo, predispose un<br />

moderno sistema scolastico, con licei, scuole tecniche, professionali ed artistiche, ispirato al<br />

modello sovietico e nel 1957 inaugurò, <strong>per</strong> la prima volta nel Paese, l’Università. Poco a<br />

poco si cercò di rendere l’istruzione obbligatoria fino ai quattordici anni, la scuola media<br />

su<strong>per</strong>iore durava quattro anni ed era suddivisa in istruzione generale (licei) e istruzione<br />

professionale (con 65 indirizzi). In merito a quest’ultima, era il piano della Pubblica<br />

Istruzione a stabilire il numero di studenti da ammettere, commisurato in funzione delle<br />

esigenze del settore produttivo.<br />

Nel momento in cui il regime decise di alfabetizzare la popolazione, si trovò anche a<br />

scegliere quale lingua insegnare. Certo esso non ignorava che la lingua albanese era una<br />

lingua indoeuropea non collocabile in nessuna delle grandi famiglie latine, slave o<br />

germaniche, formata da due principali tronconi (il ghego parlato a Nord e il tosco nelle<br />

regioni meridionali) e che, a causa delle numerose invasioni succedutesi nel corso dei secoli,<br />

aveva risentito delle molte lingue parlate dai dominatori stranieri. Ai tempi di Enver Hoxha,<br />

infatti, la lingua parlata dai suoi concittadini era un crogiolo di termini turchi, <strong>per</strong>siani,<br />

arabi, slavi, greci, italiani, francesi, tedeschi.<br />

Consapevole del fatto che anche la questione della lingua poteva costituire un elemento<br />

importante <strong>per</strong> promuovere il progetto di “nazionalizzazione” e di “occidentalizzazione”, il<br />

regime comunista decise di purificare la lingua da tutte le influenze straniere e, al contempo,<br />

18


di sopprimere le varianti idiomatiche e locali, intervenendo sull’uso corrente che la<br />

popolazione ne faceva. Fu nominata un’apposita commissione e le venne dato il compito di<br />

individuare le parole “intruse” <strong>per</strong> poi sostituirle con parole inventate, ma dotate di una<br />

radice autoctona, e di creare neologismi a partire da termini già esistenti; la commissione si<br />

occupò anche di cancellare alcune parole che non potevano essere sostituite e di diffondere<br />

sia le parole nuove che i decreti di interdizione di quelle vecchie tramite la televisione, i<br />

giornali e soprattutto attraverso le scuole. In molti casi si trattò di una vera e propria<br />

imposizione di una lingua artificiale, puramente letteraria e compresa solo dai dotti, del tutto<br />

irriconoscibile <strong>per</strong> la maggior parte di albanesi ed impraticabile nella comunicazione<br />

quotidiana.<br />

Ho concluso la lezione sottolineando che, se gli sforzi condotti nel campo<br />

dell’istruzione avevano portato ad un effettivo abbattimento del tasso di<br />

analfabetismo, tale impegno era volto a rendere la scuola uno strumento<br />

finalizzato alla modernizzazione del Paese e un potente mezzo di indottrinamento<br />

ideologico. In particolare, vennero individuati quali destinatari della propaganda i bambini<br />

della scuola elementare, a cui era consentito di affrancarsi dai vincoli familiari purché<br />

rispettassero gli ideali supremi del socialismo. A tal proposito, ai tre allievi albanesi ho<br />

affidato, quale compito <strong>per</strong> casa (mettendo a disposizione anche l’aula informatica della<br />

scuola, nel caso in cui non disponessero del collegamento internet a casa), la visione del<br />

film “Parrullat-Slogans” rintracciabile al link di YouTube<br />

http://www.youtube.com/watch?v=s3ewvwRZZnc e la traduzione in italiano di alcune<br />

scene, tra le quali quelle riguardanti:<br />

- il processo ad un alunno, Festim, che si era macchiato della “colpa” di aver detto che la<br />

Cina era un Paese revisionista;<br />

- la punizione al campo di lavoro dell’insegnante protagonista, André, <strong>per</strong> aver difeso il<br />

padre di Festim, essersi opposto alle norme del Partito e aver cercato di intessere una<br />

relazione con l’insegnante Diana.<br />

Il film, prodotto nel 2001 dal regista albanese Gjergj Xhuvani, è stato il primo film albanese<br />

ad essere selezionato al festival di Cannes, nella Quinzaine des Realisateurs; in<br />

quell’occasione, poi, è stato premiato con lo Young Critics Award. A Tokyo, invece, ha<br />

ricevuto il Golden prize. Per celebrare i cento anni dell’indipendenza albanese (1912-2012),<br />

il film è stato recentemente proiettato nell’ambito della rassegna “L’Albania nel suo<br />

19


Cinema”, che si è tenuta, dal 2 al 5 giugno 2012, presso la celebre Casa del Cinema di<br />

Roma.<br />

Ho anticipato alla classe che nella lezione seguente i tre compagni albanesi avrebbero<br />

sintetizzato il contenuto dell’intero film e, grazie alla loro traduzione dall’albanese<br />

all’italiano, supportata dai sottotitoli in inglese, sarebbe stato possibile anche alla classe<br />

vedere e capire le tre scene selezionate.<br />

Inoltre, quale approfondimento <strong>degli</strong> argomenti trattati in classe, ho distribuito due<br />

fotocopie con delle esercitazioni <strong>per</strong> casa:<br />

- la prima sviluppava i temi dell’emancipazione della donna e della ricostruzione del<br />

passato sotto il regime di Enver Hoxha (Allegato 4);<br />

- la seconda analizzava il tema del controllo dei costumi imposto dal dittatore<br />

albanese (Allegato 5).<br />

Successivamente ho suddiviso la classe in due gruppi (A e B) e ho precisato che il gruppo A<br />

avrebbe dovuto completare l’Allegato 4, mentre il gruppo B l’Allegato 5.<br />

L’ Allegato 4 si articolava nei seguenti esercizi:<br />

1. Il riempimento di un brano che sintetizzava le informazioni sulla modernizzazione<br />

dello stile dell’abbigliamento quale forma di emancipazione della donna;<br />

2. la lettura di un brano inerente la funzione assunta dalle donne nel regime di Hoxha<br />

e, a partire da esso, un esercizio di sintesi nel quale veniva richiesto un commento<br />

dell’immagine dipinta sulla facciata del “Museo storico nazionale d’Albania” di<br />

Tirana e delle fotografie riportate sulle co<strong>per</strong>tine della rivista Ylli (nome che in<br />

albanese significa « stella »). Quest’ultima era una rivista mensile pubblicata in<br />

Albania dal 1951 al 1991, quale strumento di propaganda del regime comunista di<br />

Enver Hoxha e dell’ideologia dell’« Uomo Nuovo ». Tale è l’importanza della<br />

rivista <strong>per</strong> la ricostruzione dell’immagine che il regime comunista voleva dare di sé<br />

che essa è stata oggetto di una mostra temporanea, dal titolo «Ylli: les couleurs de la<br />

dictature», al Festival Circulations, tenutosi dal 25 febbraio al 25 marzo 2012,<br />

presso il Parc de Bagatelle di Parigi (http://anouck.durand.free.fr/).<br />

3. Per introdurre il tema della rivisitazione della <strong>storia</strong> nazionale, era richiesto di<br />

cercare in Google Earth il nome della piazza sulla quale si affaccia il “Museo<br />

storico nazionale d’Albania” di Tirana di cui era appena stata analizzata la facciata<br />

principale. Il nome richiama un eroe nazionale: Skanderbeg.<br />

20


Seguiva, poi, la lettura di un brano sui momenti della <strong>storia</strong> albanese maggiormente<br />

enfatizzati dal popolo albanese. In questo testo riemergeva la figura di Skanderbeg,<br />

<strong>per</strong>sonaggio di cui i ragazzi hanno già sentito parlare nel video.<br />

Oltre all’analisi del testo, agli studenti veniva richiesto di ideare una linea del tempo<br />

con gli avvenimenti storici che il regime riteneva fondamentali <strong>per</strong> costruire una<br />

memoria collettiva.<br />

L’ Allegato 5, invece, era strutturato in:<br />

- un primo esercizio che prevedeva la lettura di un brano sul tema del controllo dei<br />

costumi da parte del regime, la ricerca di informazioni all’interno del testo<br />

medesimo e la spiegazione di alcuni collegamenti evidenziati attraverso il metodo<br />

della segnatura del testo;<br />

- un approfondimento che invitava ad entrare nel sito dell’Archivio Storico Istituto<br />

Luce e ad osservare alcune immagini relative ai vestiti tradizionali albanesi;<br />

- un secondo esercizio finalizzato a richiamare alla mente le informazioni, riportate<br />

nel documentario, in merito all’avversione di Hoxha <strong>per</strong> il clero e <strong>per</strong> la religione.<br />

Esso prevedeva il completamento di un brano e la redazione di brevi didascalie a<br />

immagini tratte dal video;<br />

- un ulteriore approfondimento che portava a consultare alcune fotografie presenti nel<br />

sito dell’Archivio Storico Istituto Luce e che riguardavano la compresenza di diversi<br />

culti negli anni precedenti alla dittatura comunista.<br />

21


Allegato 4<br />

1. Completa il testo con le informazioni che hai raccolto dalla visione del filmato “Il<br />

Paese di fronte”.<br />

Nel documentario visto in classe si sottolinea come uno <strong>degli</strong> obiettivi del regime fosse<br />

quello dell’emancipazione delle donne. Uno dei modi <strong>per</strong> ottenerla fu<br />

_________________________________________ (la modernizzazione dello stile<br />

dell’abbigliamento)*, come si vede nelle immagini delle ____________________ (sfilate di<br />

moda) organizzate dal regime.<br />

<strong>La</strong> commentatrice di uno di tali eventi sottolinea con orgoglio che le stoffe sono state<br />

prodotte ___________________________ (all’interno del Paese/in Albania). Una delle<br />

fabbriche di seta più rinomate del Paese era quella di ______________ (Scutari).<br />

Sfilano donne con abiti ___________ (da lavoro) adatti sia <strong>per</strong> i centri industriali che <strong>per</strong> i<br />

centri agricoli. Viene presentato anche l’abbigliamento <strong>degli</strong> _________________________<br />

(alunni della scuola elementare).<br />

Si evidenzia la bravura <strong>degli</strong> stilisti albanesi che disegnano vestiti<br />

_______________________ (semplici ma belli).<br />

*: tra parentesi vengono riportate le soluzioni, assenti nel foglio consegnato agli alunni.<br />

2. Ora leggi questo breve testo che approfondisce il tema dell’emancipazione femminile<br />

promossa dal regime di Enver Hoxha ed esegui gli esercizi che seguono.<br />

(testo da me riadattato sulla base delle informazioni contenute in: O. Romano, L’Albania nell’era<br />

televisiva. Le vie della demodernizzazione, L’Harmattan Italia, Torino 1999, pp. 55-56)<br />

Durante il governo comunista albanese si assistette ad una progressiva emancipazione della<br />

donna rispetto alla struttura patriarcale e alla deplorevole situazione che la vedeva<br />

soggiogata nell’ambiente tribale.<br />

22


Il partito comunista ha fatto leva sulla condizione femminile e ha promosso la liberazione<br />

delle donne allo scopo di renderle sue potenti alleate. Come si legge in un opuscolo<br />

propagandistico,<br />

Il P.L.A. (Partito del <strong>La</strong>voro d’Albania) dedicò nel suo programma una grande attenzione<br />

al risveglio e alla mobilitazione della donna [...] Il partito fece appello alla donna <strong>per</strong>ché si<br />

mobilitasse <strong>per</strong> spezzare con le proprie mani le catene del fanatismo, schierandosi a fianco<br />

dell’uomo nella lotta <strong>per</strong> l’indipendenza nazionale e anche nella lotta <strong>per</strong> liberare se stesse<br />

(<strong>La</strong> Nuova Albania , Albania – Informazioni<br />

generali, 8 Nentori, Tirana 1984, p. 212).<br />

Delle donne venne sottolineato il coraggio dimostrato nella Resistenza: “6.000 donne<br />

parteciparono alla lotta di liberazione” (<strong>La</strong> Nuova Albania , Albania – Informazioni generali, 8 Nentori, Tirana 1984, p. 215); inoltre, a<br />

partire dal 1943 esse si riunirono nell’Unione delle Donne Antifasciste Albanesi, un<br />

organismo molto attivo che raccoglieva le istanze femminili in campo politico e sociale.<br />

In loro favore vennero varate leggi speciali che riconoscevano alla donna nuovi diritti e si<br />

tentò in tutti i modi di sostituire gli usi tribali tradizionali con norme che garantivano un<br />

maggiore rispetto della sua dignità.<br />

Fu così che le donne si dimostrarono spesso le più agguerrite portabandiera della dottrina<br />

del partito e dell’ortodossia comunista. In alcuni momenti il partito si trovò <strong>per</strong>sino a dover<br />

tenere a freno l’entusiasmo delle militanti dell’Unione delle Donne, troppo intransigenti<br />

nelle loro richieste <strong>per</strong> un’accelerazione del processo d’emancipazione e nelle loro pressioni<br />

<strong>per</strong> la modernizzazione del Paese.<br />

Agli occhi di Enver Hoxha, l’uomo e la donna dovevano avanzare “in armonia di<br />

sentimenti, di fini, di ideali puri verso il comunismo”. L’uomo e la donna, indistinguibili nel<br />

loro statuto di soggetti di diritti e di bisogni, venivano ad essere integralmente omologati.<br />

A dimostrare la nuova condizione della donna era la possibilità di accedere al lavoro e di<br />

partecipare alla vita politica. Anche se il lavoro rappresentava una forma di affrancamento,<br />

di fatto esso si traduceva nel raddoppio delle incombenze a carico della donna che, nel<br />

nuovo regime, doveva faticare duramente in casa e fuori. Nel campo dell’istruzione le donne<br />

raggiunsero quasi la parità con l’uomo, e così pure nella vita sociale e produttiva. In ambito<br />

politico ed amministrativo il processo incontrava maggiori resistenze e comunque il potere<br />

23


cercava di dare l’esempio, eleggendo donne deputato e dando ruoli politici di una certa<br />

rilevanza. Il P.L.A. concesse alla donna <strong>per</strong>sino di difendere la patria con le armi.<br />

E gli interventi non si limitavano alla sola sfera sociale, ma coinvolgevano anche quella<br />

privata. Contro la pratica dei matrimoni contrattati tra clan, come ulteriore arma offensiva<br />

nei confronti delle istituzioni tribali e come ulteriore strategia di diffusione del processo di<br />

individualizzazione, il regime vegliò a che “l’amore fosse posto alla base di ogni<br />

matrimonio”. Fu lo stesso Enver ad affermarlo in uno dei suoi frequenti discorsi! Le coppie<br />

la cui relazione fosse osteggiata dalle rispettive famiglie (di solito <strong>per</strong> motivi di<br />

incompatibilità religiosa) usavano rivolgersi al partito <strong>per</strong>ché intercedesse a favore del loro<br />

matrimonio. E l’intervento del partito risultava immancabilmente fruttuoso.<br />

Le donne non erano le sole a cui il regime prestava attenzione. Vi erano anche i giovani.<br />

Anch’essi dovevano essere responsabilizzati e partecipare alla costruzione della nazione,<br />

all’edificazione del socialismo. I giovani vennero, così, reclutati in massa sia <strong>per</strong> le grandi<br />

o<strong>per</strong>e volontaristiche che come divulgatori della dottrina socialista.<br />

- Osserva la foto A e in particolare le figure cerchiate in rosso. <strong>La</strong> foto è stata scattata<br />

alla facciata del “Museo storico nazionale d’Albania” di Tirana (Eksposita Shqi<strong>per</strong>ia<br />

Sot);<br />

- ora confronta l’immagine A con le co<strong>per</strong>tine della rivista Ylli, strumento di<br />

propaganda del regime di Enver Hoxha;<br />

- infine, usando le informazioni contenute nel testo che hai letto, scrivi una sintesi sul<br />

ruolo rico<strong>per</strong>to dalla donna in Albania, negli anni della dittatura comunista.<br />

A.<br />

24


B.<br />

1.<br />

4.<br />

3.<br />

Ylli, agosto 1968 –<br />

Unite nella lotta comunista<br />

5. 6.<br />

Ylli, agosto 1972 –<br />

Donne nei lavori agricoli<br />

25<br />

Ylli, agosto 1979 –<br />

Al lavoro <strong>per</strong> la raccolta del<br />

grano nuovo<br />

A questo punto cerca il “Museo storico nazionale d’Albania” di Tirana in Google<br />

Earth.<br />

Ylli, marzo 1964 –<br />

Le tirocinanti<br />

radio-telegrafiste<br />

Natasha Buçko e<br />

Meleke Kaimi.<br />

2. 3.<br />

Ylli, luglio 1966 –<br />

Pronte <strong>per</strong> la difesa<br />

della nostra patria socialista<br />

Ylli, dicembre 1967 –<br />

<strong>La</strong> fabbrica di azoto di Fier.<br />

Il tecnico dell’installazione della<br />

produzione di ammoniaca,<br />

Vangjeli Zaka.<br />

<strong>La</strong> piazza in cui si trova il Museo è intitolata ad un eroe nazionale di cui hai sentito<br />

parlare nel video, Skanderbeg. Una sua statua è stata collocata nella piazza.


Egli fu uno <strong>degli</strong> eroi della <strong>storia</strong> albanese che Enver Hoxha ammirava di più e di cui<br />

volle conservare la memoria.<br />

Per scoprire in che modo Hoxha abbia tentato di ricostruire la <strong>storia</strong> del passato, leggi<br />

il brano riportato <strong>qui</strong> di seguito. Dopo la lettura, costruisci una linea del tempo nella<br />

quale metti in luce i <strong>per</strong>iodi storici che il regime voleva fossero conservati nella<br />

memoria collettiva.<br />

(testo da me riadattato sulla base delle informazioni contenute in: O. Romano, L’Albania nell’era<br />

televisiva. Le vie della demodernizzazione, L’Harmattan Italia, Torino 1999, pp. 37-41)<br />

Oltre a cancellare tutte le tracce di matrice straniera e a contrastare la mentalità e gli usi<br />

particolaristici tribali, Hoxha individuò come obiettivo quello di riscrivere la <strong>storia</strong> albanese,<br />

sottolineando oltremisura i rari momenti che testimoniavano la presenza di un fervore<br />

nazionalistico ed evitando di parlare dei lunghi <strong>per</strong>iodi in cui questo stesso spirito si<br />

dimostrava del tutto latitante.<br />

Volendo far emergere a tutti i costi una comune radice del popolo albanese, ma anche usare<br />

l’argomento dell’autoctonia del popolo albanese come elemento di coesione nazionale,<br />

stimolare nei cittadini un sentimento di appartenenza ad un ceppo etnico originale e distinto<br />

rispetto agli altri, alimentare un sentimento di fierezza <strong>per</strong> il fatto di essere un popolo antico<br />

almeno quanto quello greco e giustificare un senso di su<strong>per</strong>iorità nei confronti dei vicini<br />

slavi considerati <strong>degli</strong> invasori tardivi, il regime comunista reclutò archeologi con la<br />

consegna di scovare e ribadire un rapporto di discendenza diretta tra gli Illiri e gli abitanti<br />

del XX secolo. In realtà il legame con gli Illiri era quasi introvabile <strong>per</strong>ché di essi si sapeva<br />

poco o nulla: essi non avevano scrittura, lasciarono poche tracce sui loro costumi e furono<br />

rapidamente ellenizzati. Ampiamente sottaciuta era la sostanziale condizione di arretratezza<br />

del popolo illirico, se comparata con il livello di civiltà dei popoli confinanti.<br />

Hoxha non volle, invece, soffermarsi più del dovuto sul <strong>per</strong>iodo dell’invasione romana: se è<br />

innegabile che Durazzo e Apollonia divennero importanti basi <strong>per</strong> o<strong>per</strong>azioni militari e <strong>per</strong><br />

il commercio con l’Oriente, oltre che centri culturali di una certa caratura, va riconosciuto<br />

che ciò avvenne ad esclusivo beneficio dei colonizzatori.<br />

Il riferimento storico-mitico sul quale il regime ha più speculato è, invece, l’o<strong>per</strong>a di<br />

Skanderbeg (1405-1468). Il grande generale di origine albanese formato dai Turchi alla<br />

26


corte di Mehmet I, sfuggì al suo esercito d’adozione <strong>per</strong> fare ritorno sulle montagne<br />

d’Albania e proclamarne l’indipendenza dagli Ottomani. Tra le figure più rappresentative<br />

del XV secolo, unì i principati dell'Epiro e d'Albania e resistette <strong>per</strong> 25 anni ai tentativi di<br />

con<strong>qui</strong>sta dell'Im<strong>per</strong>o turco ottomano a difesa della sua Albania, dell'Europa e della fede<br />

cristiana dall'invasione ottomana; <strong>per</strong> tale motivo ottenne da Papa Callisto III gli appellativi<br />

di Atleta di Cristo e Difensore della Fede ed è considerato l'eroe nazionale dell'Albania.<br />

Il regime insistette molto sul tentativo, messo in atto dall’eroe, di riunificazione dei rissosi<br />

signorotti locali sotto un’unica bandiera e <strong>per</strong> una causa comune: alle province d’Albania,<br />

Skanderbeg diede la dignità di un’identificazione unitaria. Per ben 25 anni di seguito (dal<br />

1443 al 1468, anno della sua morte) le esigui guarnigioni di Giorgio Castriota (il vero nome<br />

dell’eroe) sconfissero l’enorme e potente armata ottomana, che annualmente conduceva una<br />

disastrosa campagna militare contro il generale ribelle.<br />

Nel celebrare le gesta dell’eroe, il regime comunista tenne nascosti i rapporti che<br />

Skanderbeg con la Chiesa di Roma e il ruolo funzionale che egli giocò a favore della<br />

cristianità occidentale ponendosi come ultimo baluardo contro l’avanzata ottomana.<br />

Un altro momento storico “edificante” enfatizzato oltremisura dal governo albanese fu la<br />

cosidetta Rilindja, il Rinascimento nazionale della seconda metà dell’Ottocento. I numerosi<br />

albanesi che vivevano ed o<strong>per</strong>arono nei Paesi europei tentarono di accendere la fiamma<br />

nazionalista anche in Albania. Il momento era propizio dato che la Turchia si trovava in<br />

gravi difficoltà: molte s<strong>per</strong>anze si aprirono con la sua sconfitta ad o<strong>per</strong>a dei Russi. Diversi<br />

patrioti albanesi diedoro vita alla Lega di Prizren con lo scopo di ottenere il riconoscimento<br />

dell’identità nazionale soprattutto da parte dell’Europa che continuava invece ad ignorare<br />

l’esistenza del piccolo Paese balcanico.<br />

27


1.<br />

Allegato 5<br />

- Leggi questo brano che approfondisce il tema del controllo dei costumi imposto<br />

dal regime di Enver Hoxha;<br />

- sottolinea le informazioni richieste dalle domande riportate nella colonna di<br />

destra (attenzione: le domande non sono state poste in corrispondenza delle<br />

relative risposte!);<br />

- spiega il motivo <strong>per</strong> cui alcune parole sono state collegate tra loro.<br />

(testo da me riadattato sulla base delle informazioni contenute in: O. Romano, L’Albania nell’era<br />

televisiva. Le vie della demodernizzazione, L’Harmattan Italia, Torino 1999, pp. 58-59)<br />

Nell’ambito dei costumi Hoxha è intervenuto non solo<br />

con semplici raccomandazioni, ma con norme<br />

inflessibili.<br />

L’abito, ad esempio, doveva uniformarsi al modello<br />

borghese occidentale, neutro e senza eccessi di stile; in<br />

particolare, <strong>per</strong> i dirigenti era di rigore il completo<br />

giacca, cravatta e pantaloni a tinta grigia o marrone. Per<br />

le donne era prescritta la gonna, né troppo lunga né<br />

troppo corta, all’altezza del ginocchio; i ragazzi<br />

dovevano sempre portare i capelli corti; la barba era<br />

pressocché vietata poiché troppo legata allo stile <strong>degli</strong><br />

ex-dominatori turchi.<br />

I costumi tradizionali erano sconsigliati o, meglio,<br />

costituivano motivo di derisione e venivano additati<br />

come segno di arretratezza culturale: li si indicava con<br />

l’appellattivo di “sopravvivenze”. Volendo evitare che le<br />

spose indossassero il costume tradizionale <strong>per</strong> la<br />

cerimonia nuziale, era stata a<strong>per</strong>ta a Tirana una boutique<br />

che esponeva dei bei vestiti da sposa bianchi e vaporosi<br />

nella migliore tradizione borghese.<br />

28<br />

In che modo il regime di Hoxha<br />

guardava ai costumi<br />

tradizionali?<br />

Quali vestiti erano consigliati<br />

alle future spose?<br />

Quale cambiamento avvenne<br />

nella musica popolare?


Il rapporto con la tradizione era fondato su un canone<br />

ambiguo: il regime aveva necessità di salvaguardare<br />

quei riferimenti culturali che potevano tornare utili alla<br />

formazione di un’identità nazionale e al contempo<br />

doveva combattere i legami tradizionali che impedivano<br />

la buona riuscita dei processi di sviluppo e di<br />

modernizzazione (la tradizione divenne oggetto di<br />

derisione e di diffidenza, fino ad apparire segno di<br />

ignoranza e di arretratezza).<br />

Un esempio a testimonianza di ciò si può ricavare<br />

nell’ambito della musica popolare: i magnifici canti<br />

polifonici dei montanari albanesi restavano del tutto<br />

intatti nei loro schemi armonici, ma le storie di vita<br />

tribale, le vendette, i miti e le leggende che raccontavano<br />

venivano integralmente sostituite con parole inneggianti<br />

agli eroi socialisti.<br />

Da un lato il regime appoggiava il modello borghese<br />

delle origini, dall’altro disprezzava le degenerazioni<br />

successive. Fu <strong>per</strong> questo motivo che la minigonna, i<br />

jeans, i capelli lunghi, i baffi, gli occhiali da sole, le<br />

borse da passeggio vennero considerate delle forme di<br />

regressione, esattamente come i costumi tradizionali.<br />

29<br />

Come dovevano pettinarsi i<br />

maschi?Potevano portare la<br />

barba?<br />

Come potevano vestirsi le<br />

ragazze?<br />

Nel brano si è fatto riferimento ai costumi tradizionali tanto avversati dal regime di<br />

Henver Hoxha.<br />

Per avere un’idea più chiara su quali fossero i costumi a cui si fa riferimento, collegati<br />

al sito dell’Archivio Storico dell’Istituto Luce<br />

(http://albania.archivioluce.com/archivioluce/jsp/schede/fotoPlayer.jsp?doc=406&db=luceC<br />

MS&index=1&id=undefined&section=albania/) e cerca le fotografie di cui è riportata<br />

l’indicazione <strong>qui</strong> sotto. Esse si riferiscono al <strong>per</strong>iodo immediatamente precedente la<br />

dittatura comunista.


1928, Due giovani donne, in abiti tradizionali, con zoccoli e<br />

cappelli, posano sullo sfondo di una montagna<br />

codice foto: A27-092/A00006549<br />

1928, Un uomo anziano, in abiti tradizionali con mantello nero di pelliccia,<br />

è ritratto in sella a un mulo<br />

codice foto: A27-092/A00006550<br />

1939, Esibizione di ballerine in costumi locali a Tirana in occasione<br />

dall'anniversario della marcia su Roma a Tirana<br />

codice foto: AL008/AL00000538<br />

1939, Tre donne, in abiti tradizionali, riprese in posa in un'area montuosa<br />

codice foto: AL009/AL00000635<br />

1939, Un gruppo di donne in costume ripreso in occasione di una<br />

rappresentazione teatrale<br />

codice foto: AL010/AL00000697<br />

1940, Tre giovani donne in costume cantano al microfono di Radio Tirana<br />

codice foto: AL014/AL00001041<br />

1940, Un gruppo di donne albanesi che indossano i costumi tradizionali<br />

codice foto: AL023/AL00001755<br />

1940, Una donna albanese che indossa il costume tradizionale<br />

codice foto: AL023/AL00001757<br />

1940, Il luogotenente Jacomoni in posa con alcuni uomini albanesi in<br />

abbigliamento tradizionale<br />

codice foto: AL026/AL00002024<br />

2. Come hai visto nel filmato, alla fine <strong>degli</strong> anni Sessanta, quando iniziò la rivoluzione<br />

culturale cinese, anche l’Albania pensò di bandire tutto ciò che richiamava<br />

l’Occidente, dall’abbigliamento, alla letteratura, alla pittura, alla musica. Vennero<br />

fatti circolare <strong>per</strong>sino dei cartelloni che mostravano l’aspetto del “degenerato piccolo-<br />

borghese” con capelli lunghi, barba lunga, jeans a zampa di elefante, tacchi alti, con in<br />

mano un sassofono e una rivoltella. Quando giungevano dall’estero delle delegazioni,<br />

prima di entrare nel Paese queste ultime dovevano passare attraverso il controllo di un<br />

sarto-barbiere, appostato al confine.<br />

30


Completa il testo che segue con le parole riportate nel riquadro <strong>qui</strong> sotto.<br />

sport – religione – guerra – distrutti – ateo – proibita – clero - socialista<br />

Per Hoxha la barba è anche simbolo del ________ (clero)*, a cui il marxismo-leninismo<br />

albanese muove una vera e propria __________ (guerra). <strong>La</strong> ____________ (religione) è<br />

dichiarata fuori-legge e viene _____________ (proibita) qualsiasi pratica religiosa. I<br />

membri del clero vengono incarcerati e _____________ (<strong>per</strong>seguitati), gli edifici religiosi<br />

vengono __________ (distrutti) o chiusi. Alcune chiese fatte saltare con la dinamite; altre,<br />

risparmiate, vengono adibite ad uso profano come a case dello _______ (sport) o a della<br />

cultura ____________ (socialista). Nel 1976 l’Albania diventa <strong>per</strong> Costituzione l’unico<br />

Paese _______ (ateo) del mondo. Hoxha bandisce le religioni <strong>per</strong> affermare un nuovo<br />

progetto dottrinario, nel quale è imposta l’uniformità di pensiero.<br />

*: tra parentesi vengono riportate le soluzioni, assenti nel foglio consegnato agli alunni.<br />

Per approfondire questa tematica leggi il testo e poi completa le didascalie<br />

alle immagini riportate di seguito (<strong>qui</strong> non presenti).<br />

(testo da me riadattato sulla base delle informazioni contenute in: O. Romano, L’Albania nell’era<br />

televisiva. Le vie della demodernizzazione, L’Harmattan Italia, Torino 1999, pp. 51-54)<br />

L’art. 37 della Costituzione albanese del 1976 recitava: “Lo Stato non riconosce alcuna<br />

religione, sostiene e sviluppa la propaganda atea <strong>per</strong> inculcare negli uomini la concezione<br />

materialistica e scientifica del mondo”.<br />

Il P.L.A. (Partito del <strong>La</strong>voro Albanese) legittimò tale scelta con il fatto, del tutto innegabile,<br />

che la religione era stata storicamente importata, estranea all’autentica vocazione <strong>degli</strong><br />

autoctoni. Non solo si postulava che il popolo albanese fosse estraneo alla religione, ma si<br />

speculava anche sul rischio che il carattere pluriconfessionale potesse costituire un fattore di<br />

disgregazione nazionale. L’offensiva anti-religiosa non era finalizzata alla preservazione<br />

delle originarie forme di organizzazione familiare, ma costituiva un ulteriore strumento di<br />

deculturazione. In particolare attraverso la de-islamizzazione, si voleva sottrarre il Paese<br />

all’influenza medio-orientale ed avvicinarla alla sponda occidentale.<br />

31


Nel 1967 l’Albania fu considerata il primo stato ateo del mondo, i luoghi di culto vennero<br />

banditi, distrutti o messi a disposizione dello Stato che, nella maggior parte dei casi, li<br />

destinò ad altri usi (magazzini, depositi, cinema, luoghi <strong>per</strong> manifestazioni di vario genere)<br />

e, in pochissimi altri, li preservò in considerazione del loro rilevante valore storico-artistico.<br />

Si calcola che alla fine del 1967 più di duemila chiese, moschee, monasteri e altri luoghi di<br />

culto furono distrutti e privati del loro uso originario. <strong>La</strong> grande cattedrale di Scutari venne<br />

trasformata in un palazzetto dello sport, la cattedrale ortodossa di Korçë fu distrutta e le sue<br />

pietre servirono <strong>per</strong> costruire le gradinate di uno stadio.<br />

Il 6 febbraio del 1967 Enver Hoxha pronunciò un veemente discorso contro la religione e i<br />

costumi retrogradi; in seguito entrarono in azione le masse, che soprattutto attraverso<br />

l’Unione dei Giovani chiesero insistentemente l’abolizione della religione; ed infine il<br />

partito canalizzò la volontà popolare istituendo la norma contro i pregiudizi religiosi e i<br />

costumi retrogradi.<br />

<strong>La</strong> repressione fu molto dura specialmente nei confronti dei cattolici, il cui ricco patrimonio<br />

culturale e le cui fervide istanze anti-comuniste potevano creare non pochi problemi al<br />

regime: il clero fu dichiarato nemico della nazione. A Scutari, la città cattolica <strong>per</strong><br />

eccellenza, venne <strong>per</strong>sino inaugurato, in maniera ine<strong>qui</strong>vocabilmente provocatoria, un<br />

museo dell’ateismo.<br />

Le feste religiose vennero sostituite con manifestazioni a carattere civile consacrate al culto<br />

<strong>degli</strong> eroi nazionali, dei grandi pensatori del marxismo o alla celebrazione del raccolto, della<br />

vendemmia o della mietitura. Per controllare che i riti religiosi fossero effettivamente<br />

banditi anche entro le mura delle case private, non si esitava a reclutare gli insegnanti, i<br />

quali, il giorno successivo a quello di una festa religiosa, usavano domandare ai loro scolari<br />

come avessero trascorso la ricorrenza in famiglia, individuando in questo modo coloro che<br />

continuavano a praticare la loro fede. Persino i nomi di origine religiosa furono<br />

“sconsigliati” a favore di appellattivi più consoni come Luce, S<strong>per</strong>anza, Stella, Gioia,<br />

Coraggio.<br />

32


Adesso entra nel sito dell’Archivio Storico dell’Istituto Luce<br />

(http://albania.archivioluce.com/archivioluce/jsp/schede/fotoPlayer.jsp?doc=406&db=luceC<br />

MS&index=1&id=undefined&section=albania/) e, prendendo visione delle foto indicate <strong>qui</strong><br />

di seguito, osserva come, prima della dittatura comunista fossero rappresentate diverse<br />

religioni.<br />

1940, Le autorità religiose musulmane e greco-ortodosse sedute a<br />

tavola durante la Festa dell'Ashuré<br />

codice foto: AL020/AL00001485<br />

1940, Fedeli chini a pregare all'interno di una moschea<br />

codice foto: AL019/AL00001417<br />

1940, <strong>La</strong> Grande Moschea di Durazzo<br />

codice foto: AL019/AL00001412<br />

5. Lezione 3 – <strong>La</strong> propaganda a scuola: il film Parrullat-Slogans<br />

Nella terza lezione, dopo aver corretto gli esercizi proposti negli Allegati 4 e 5, ho lasciato<br />

spazio ai tre allievi albanesi affinché potessero presentare il film “Parrullat” che avevano<br />

visto a casa direttamente in lingua albanese. Essi hanno saputo sintetizzarne la trama,<br />

mettendo in luce come la <strong>storia</strong> fosse ambientata alla fine <strong>degli</strong> anni Settanta in una scuola<br />

elementare situata in una località tra le Alpi albanesi (a questo proposito, l’allievo X ha<br />

affermato che l’ambientazione del film gli ricordava molto il villaggio nel quale vive suo<br />

nonno), e come il protagonista, André, un insegnante di biologia giunto da poco nella<br />

scuola, fosse immediatamente venuto a conoscenza del fatto che insegnanti e alunni erano<br />

costretti dalla sezione del Partito del <strong>La</strong>voro a costruire con le pietre giganteschi slogans<br />

comunisti sui versanti delle montagne. Ai docenti era richiesto di seguire un rigido codice<br />

etico, che non lasciava spazio a forme di dissenso o di libera interpretazione; essi non erano<br />

liberi neppure di scegliere i libri di testo o di programmare attività alternative rispetto a<br />

quelle imposte dal Partito. I tentativi di André di ribellarsi al sistema risultarono del tutto<br />

fallimentari; egli venne duramente ripreso <strong>per</strong> essersi espresso a favore del genitore di un<br />

allievo che si era macchiato della colpa di aver detto che la Cina era un Paese revisionista e<br />

33


<strong>per</strong> non aver svolto il suo dovere nel completare bene gli slogans sulla collina. Inoltre, il<br />

desiderio manifesto di instaurare una relazione amorosa con un’altra insegnante, Diana, gli<br />

costò addirittura la detenzione in un campo di lavoro.<br />

I tre alunni hanno sottolineato la drammaticità delle condizioni nelle quali adulti e bambini<br />

erano costretti a vivere: li ha colpiti, in particolare, la condizione dei bambini costretti a<br />

lavorare, arrampicandosi sulle montagne, nella composizione di slogans a loro poco<br />

comprensibili, come “L’im<strong>per</strong>ialismo è una tigre di cartone”, “In alto lo spirito<br />

rivoluzionario”, “Il nemico peggiore è colui che dimentichi”, anziché poter studiare e vivere<br />

una vita serena.<br />

<strong>La</strong> traduzione di alcune sequenze da parte dei tre alunni albanesi ha <strong>per</strong>messo al resto della<br />

classe di comprendere ancor meglio determinati passaggi di un sistema che <strong>per</strong> molti tratti si<br />

è rivelato <strong>per</strong>verso. I ragazzi non si attendevano di sentirsi rivelata una realtà tanto dura e<br />

pesante, non immaginavano che la propaganda potesse a tal punto penetrare nella società,<br />

fino a condizionare in questo modo la vita <strong>degli</strong> studenti; hanno guardato con orrore ai<br />

metodi coercitivi e oppressivi del regime di Hoxha, scoprendo che cosa può voler dire avere<br />

limitate le libertà di pensiero, parola, azione.<br />

<strong>La</strong> scena che più di tutte ha coinvolto il gruppo di allievi è stata quella nella quale il figlio di<br />

un proletario declassato, povero e analfabeta subisce un vero e proprio processo <strong>per</strong> essersi<br />

confuso durante un’interrogazione e aver detto che “la Cina è un Paese revisionista".<br />

L’errore dell’alunno ebbe ri<strong>per</strong>cussioni pesanti anche sul padre, accusato di aver impartito<br />

una cattiva educazione al figlio e di avergli trasmesso idee del tutto scorrette.<br />

Viene riportato <strong>qui</strong> di seguito uno stralcio della traduzione effettuata dagli allievi dei minuti<br />

00:35:24-00:38:32.<br />

“…<br />

(Direttore della Scuola) – Vieni, Festim. Il Comitato è pronto <strong>per</strong> te (Il Direttore chiama<br />

Festim e lo invita a raggiungere l’aula dove si è riunito il Collegio dei Docenti e<br />

Capo del Comitato del Partito, signor Sabat).<br />

(Signor Sabat) – Vieni, Festim.<br />

(Diana) – Questo è assurdo!<br />

(Direttore della Scuola) – Per favore, dì al signor Sabat e a tutti gli altri chi, a casa, ti ha<br />

detto che la Cina era revisionista.<br />

(Festim) – Nessuno mi ha detto questo. Nessuno a casa. Nessuno.<br />

34


(Signor Sabat) – Festim, nessuno <strong>qui</strong> ti vuole picchiare. Guarda, sono gentile come non lo<br />

sono mai stato. Non succederà niente, né a te né a tuo padre. Devi solo dire chi ti ha<br />

convinto di questa idea.<br />

(Festim) – Ho solo ripetuto quello che ho imparato dai miei libri.<br />

(Signor Sabat) – Non ti stiamo chiedendo di recitare il libro. Devi dirci chi ti ha incitato a<br />

dire quello che hai detto in classe. E, poi, <strong>per</strong>ché il signor Djin avrebbe detto che ti<br />

sei corretto?<br />

(Festim) – Io non ho detto quella cosa. No!<br />

(Signor Sabat) – Ora è arrivato il tempo di collaborare. Non ho niente contro di te o contro<br />

tuo padre. Ma che cosa pensava tuo padre, che l’URSS fosse socialista, uh<br />

capitalista, …?<br />

(Insegnante) – Revisionista, compagno Sabat.<br />

(Signor Sabat) – Certo. Che cosa pensi? Diccelo!<br />

(Diana) – Non dovresti insistere, compagno Sabat. Lui non divulga niente. Stiamo <strong>per</strong>dendo<br />

il nostro tempo.<br />

(Signor Sabat) – Non così velocemente. Posso usare un altro tono. Festim, pensaci<br />

attentamente. Tu e tuo padre conoscete bene il compagno Sabat. <strong>La</strong> tua famiglia<br />

conosce bene quanto avviene nel nostro Paese. Tuo padre domani verrà a deporre<br />

nel mio ufficio. Tu ora puoi andartene (Festim si alza ed esce dall’aula).<br />

(Insegnante Djin) – È sicuramente un mio errore, compagno Sabat. Sono consapevole di<br />

quello che sta avvenendo politicamente. So dove questi conigli revisionisti stanno<br />

scavando.<br />

(Ritenendo la seduta sciolta, gli insegnanti si alzano <strong>per</strong> andarsene)<br />

(Signor Sabat) – Non così veloci, sedetevi.<br />

Ciò che ha colpito l’intera classe, poi, è stato che lo sceneggiatore del film, oltre che autore<br />

di un libro di racconti uscito in Italia nel 2006 con il titolo I compagni di pietra, abbia<br />

insegnato <strong>per</strong> diversi anni, durante il regime comunista, nelle scuole elementari delle regioni<br />

montuose dell’Albania e <strong>qui</strong>ndi abbia vissuto in prima <strong>per</strong>sona l’es<strong>per</strong>ienza narrata sia nel<br />

film che nel libro.<br />

Ho concluso l’ora con un’ulteriore sollecitazione che invitava gli alunni a domandarsi, una<br />

volta a casa, <strong>per</strong> quale motivo la foto riportata <strong>qui</strong> sotto fosse stata strappata in tal modo.<br />

35<br />

…”


Quello che ho assegnato non era un vero e proprio compito, ma un’attività di problem-<br />

solving nella quale gli alunni avrebbero dovuto trovare la soluzione ad un “mistero”. <strong>La</strong><br />

lezione successiva sarebbero stati invitati a confrontare le loro ipotesi <strong>per</strong> poi dirimere la<br />

questione.<br />

6. Lezione 4 – <strong>La</strong> lotta contro il nemico. Pagine di diario ed interviste a confronto<br />

All’inizio della lezione gli alunni sono stati coinvolti nella risoluzione del quesito proposto<br />

la volta precedente. Gli studenti hanno condiviso le loro ipotesi e l’idea prevalente è stata<br />

che l’amore tra i due sposi fosse finito a causa di un allontanamento da parte del marito.<br />

Nessuno, <strong>per</strong>ò, ha pensato che questa separazione fosse stata imposta. È stato così che ho<br />

spiegato che questa è una delle foto utilizzate nel documentario bulgaro (che non ho<br />

mostrato ma di cui ho sintetizzato i contenuti) “Divorzio all’albanese” (2007), premiato con<br />

una nomination <strong>per</strong> la categoria European Film Academy miglior Film Documentario 2007,<br />

Prix “ARTE”, che racconta la <strong>storia</strong> delle molte coppie miste (formate da uomini albanesi e<br />

donne straniere) costrette a separarsi dopo che Krusciov aveva denunciato i crimini di Stalin<br />

e Hoxha aveva rifiutato qualsiasi relazione con i Paesi del Patto di Varsavia. Le donne di<br />

origine russa, polacca, bulgara che avevano sposato uomini albanesi furono imprigionate,<br />

costrette all'esilio e ad abbandonare le proprie famiglie solo <strong>per</strong>ché straniere; quelle che<br />

provarono ad opporsi finirono in prigione accusate di sabotaggio o spionaggio. Agli uomini<br />

rimasti soli non era <strong>per</strong>messo di vedere le loro mogli e neppure i figli che, ancora piccoli,<br />

vennero esiliati con le donne; alcuni padri riuscirono a vedere nuovamente i propri figli solo<br />

quando questi raggiunsero l’età dei trent’anni.<br />

36


Nel documentario sono testimoniate, in particolare, le storie di tre matrimoni: nel primo<br />

caso, quello di un albanese e una polacca, entrambi vengono condannati a morte dal regime,<br />

pena poi convertita, <strong>per</strong> l’uomo, in venticinque anni di carcere. <strong>La</strong> donna fu liberata grazie<br />

all'intervento del governo polacco ma la durezza <strong>degli</strong> interrogatori e le droghe<br />

somministratele compromisero la sua salute mentale. Nel secondo caso una donna russa<br />

rimase in carcere <strong>per</strong> dieci anni, ma nel frattempo il marito divorziò e, <strong>per</strong> dimostrare fedeltà<br />

al regime, si risposò con una donna albanese. Alla donna russa, che ora vive a Mosca, toccò<br />

anche di essere ripudiata pubblicamente dal figlio, <strong>per</strong>ché “nemica del popolo”. Nel terzo<br />

caso, invece, i coniugi, lui albanese e lei russa, rimasero in prigione <strong>per</strong> dodici anni ma alla<br />

fine riuscirono a ricongiungersi anche con i figli, nel frattempo affidati ad un’altra famiglia.<br />

Ho, <strong>qui</strong>ndi, proseguito la lezione con una riflessione intorno agli aspetti della paura e della<br />

ricerca di un nemico che, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, caratterizzarono il<br />

governo di Enver Hoxha (argomenti trattati nell’ultima mezz’ora del video “Albania: il<br />

paese di fronte”). Sollecitando l’intervento dei ragazzi nel sintetizzare il contenuto del<br />

filmato, è stato possibile evidenziare come il dittatore avesse condotto una vera e propria<br />

caccia al nemico, prima ancora che all’esterno, all’interno dell’Albania. Servendosi del<br />

Sigurimi, organo di polizia segreta, <strong>per</strong> reprimere i dissidenti al regime, aveva diffuso il<br />

terrore ovunque nel Paese: si poteva essere condannati anche <strong>per</strong> una parola fuori luogo e il<br />

tentativo di fuga era punibile con lunghi anni di prigionia, sempre che si riuscisse ad evitare<br />

le guardie al confine, autorizzate a sparare a vista e ad uccidere.<br />

Inoltre, dopo la morte di Stalin, Hoxha si allontanò dalle posizioni revisioniste di Krusciov e<br />

di tutti i Paesi dell’Europa dell’est che avevano abbandonato lo stalinismo. Rimasto ormai<br />

solo, lontano dall’Occidente così come dal blocco sovietico, già dai primi anni Sessanta si<br />

alleò con la Cina, che negli anni seguenti costituì l’unica via di salvezza, in grado di fornire<br />

denaro, tecnologie e grano.<br />

Il regime si avvalse di Radio Tirana <strong>per</strong> trasmettere informazioni propagandistiche,<br />

accusando tutto l’Ovest di im<strong>per</strong>ialismo e tutto l’Est di revisionismo; inoltre, tentò di<br />

disturbare il segnale televisivo di emittenti ritenute <strong>per</strong>icolose, come la RAI. Il Paese era a<br />

tutti gli effetti chiuso in sé stesso.<br />

Il dittatore guardò agli albanesi come ad un popolo che si sarebbe fatto fare largo nella<br />

<strong>storia</strong> con la forza delle armi: tutti, compresi uomini e bambini, dovevano sa<strong>per</strong> usare le<br />

armi ed essere pronti a difendere la patria contro il nemico. È <strong>per</strong> questo che, come è<br />

risultato evidente nel filmato, tutti dovevano prepararsi ad un possibile attacco: erano<br />

frequenti le immagini di momenti di ginnastica mattutina <strong>per</strong> gli impiegati, di donne che<br />

37


marciavano in divisa, di carri armati che sfilavano <strong>per</strong> le strade. Tale fu la psicosi ingenerata<br />

dall’idea di un accerchiamento imminente che presto l’Albania si riempì di bunker di<br />

cemento armato sparsi in tutto il Paese, <strong>per</strong>sino nei cimiteri.<br />

A questo punto della trattazione, uno dei tre allievi, X, ha affermato che anche lui aveva<br />

visto, in un giardino vicino a casa, in Albania, un bunker.<br />

Sempre più ossessionato, Hoxha viveva nel centro di Tirana in un quartiere controllato<br />

giorno e notte dai soldati. Divenuto paranoico, il dittatore incominciò a temere chiunque e a<br />

condannare a morte ministri, ufficiali e alti funzionari fino ad allora al suo fianco.<br />

A questo punto, volendo fornire una testimonianza delle misure adottate dal tiranno <strong>per</strong><br />

punire coloro che riteneva colpevoli di tradimento, ho introdotto la figura dell’intellettuale<br />

albanese Fatos Lubonja e ho affidato agli allievi, divisi in quattro gruppi, la lettura di alcune<br />

sue testimonianze di prigionia. Il compito di ciascun gruppo era quello di analizzare il testo<br />

assegnato e di scrivere una sintesi da presentare agli altri gruppi.<br />

Prima di dividere la classe in gruppi, ho spiegato come Fatos Lubonja sia uno dei molti<br />

albanesi che sono stati imprigionati come dissidenti del regime.<br />

Nato a Tirana nel 1951, è figlio del direttore della televisione albanese Todi Lubonja, che<br />

nel 1974, anno della laurea in fisica di Fatos, venne accusato di “liberalismo” e, considerato<br />

“nemico del Partito e del Popolo”, condannato al carcere. Dopo pochi mesi da questo<br />

avvenimento anche Fatos venne arrestato e incriminato <strong>per</strong> “agitazione e propaganda contro<br />

lo Stato” con una pena di sette anni di prigione. Nel 1979, mentre stava scontando la pena<br />

nel campo di lavori forzati a Spaç, fu accusato di essere uno dei fondatori di una<br />

organizzazione contro-rivoluzionaria e venne condannato ad altri sedici anni di detenzione.<br />

Nel frattempo, la moglie Zana, fu internata, non poté continuare gli studi universitari in<br />

Architettura e venne costretta al duro lavoro dei campi, mentre le due figlie, Anna e Teti,<br />

poterono frequentare solamente una scuola professionale che dava loro la possibilità di un<br />

lavoro, nel migliore dei casi, in qualche s<strong>per</strong>duta coo<strong>per</strong>ativa tra le montagne.<br />

Dopo la seconda condanna, da Spaç il giovane Lubonja fu inviato a Burel, forse il peggiore<br />

dei luoghi infernali del sistema carcerario albanese.<br />

In una delle celle di questo terribile luogo scrisse toccanti pagine di diario. Questo diario,<br />

oggi pubblicato con il titolo di Diario di un intellettuale in un gulag albanese. Il riscatto<br />

della coscienza dalla barbarie di un socialismo reale, è lo stesso dal quale sono stati tratti<br />

tre dei brani distribuiti ai ragazzi; il quarto brano, invece, è stato selezionato da un’intervista<br />

rilasciata dall’autore a Claudio Bazzocchi e oggi pubblicata con il titolo di Intervista<br />

sull’Albania. Dalle carceri di Enver Hoxha al liberismo selvaggio.<br />

38


A><br />

8 “Alla vista di un raggio di luce che giunge... da Oriente... pur se debole e lontana... decido<br />

di scrivere questi appunti come bozzetti di racconti e novelle, con la s<strong>per</strong>anza che un giorno<br />

potranno uscire insieme a me dal carcere ed allora essere rielaborati... trasformati da<br />

scheletri sepolti... in corpi vivi e vitali... è s<strong>per</strong>anza di cambiare esistenza.<br />

Potrò portare a termine questo lavoro solo quando sarò libero, <strong>per</strong>ché in carcere la mia<br />

ispirazione è appannata dalla continua depressione, provocatami soprattutto dalla scarsa<br />

alimentazione. Nessuno stimolo all’attività fisica e spirituale riesce a risvegliarsi con la<br />

dovuta forza. L’amore cede all’abbandono letargico. <strong>La</strong> gioia di pubblicare, di discutere<br />

animatamente sul nuovo, le contestazioni originali che caratterizzano i viventi, la novità dei<br />

tempi sono completamente assenti. L’occhio si abitua a vedere sempre le stesse indecenti<br />

immagini: scarpe e cappelli consunti, sparsi sul pavimento, indumenti logori e rattoppati<br />

gettati nel disordine dei letti, borracce d’acqua e vasi da notte impolverati, calze stinte<br />

appese qua e là su bastoni infilati nelle crepe delle pareti e della porta; muri intonacati e<br />

imbiancati alla meglio con poca calce e un orribile calendario dipinto a mano, dove spesso<br />

dimentichiamo di segnare il giorno.<br />

Un ambiente dove a malapena arriva la luce. Non so dove ho letto che una delle cause della<br />

depressione sia anche la meno intensa luminosità: e dopo, ad eccezione delle due ore<br />

giornaliere di aria, spesso senza sole, le altre trascorrono in cella. Qui piccole finestre a<br />

feritoia non solo sono bloccate da robuste inferriate nere <strong>per</strong> evitare l’evasione, ma anche da<br />

una fitta rete <strong>per</strong> impedire l’entrata o l’uscita di qualche lettera. Così metà della su<strong>per</strong>ficie<br />

utile all’irradiazione della luce solare è occupata dalla grata e dalle sbarre”.<br />

(Tratto da: F. Lubonja, Diario di un intellettuale in un gulag albanese. Il riscatto della<br />

coscienza dalla barbarie di un socialismo reale, Costantino Marco Editore, Lungro (CS)<br />

1994, pp. 3-4)<br />

8 <strong>La</strong> pagina di diario non è datata, ma l’anno a cui si fa riferimento è il 1990. Sebbene il <strong>per</strong>iodo segua la morte<br />

di Enver Hoxha, è evidente che la condizione dei prigionieri dovesse essere la stessa anche durante il regime<br />

del dittatore.<br />

39


B><br />

“Mio padre subì la prima <strong>per</strong>secuzione un anno o due dopo il suo trasferimento a Tirana<br />

come direttore generale della Radio Televisione. Venne accusato da Hoxha di liberalismo,<br />

di a<strong>per</strong>ture al degenerato spirito borghese, di essere un eterodosso ideologico, un ruffiano<br />

politico ed altre accuse sintetizzate nella formula ‘nemico del Popolo e del Partito’. <strong>La</strong><br />

campagna di <strong>per</strong>secuzione fu rabbiosa ad incominciare dal 1973. Il Sigurimi era in possesso<br />

di dossier di centinaia di intellettuali e gente comune che <strong>per</strong> dieci anni erano stati ‘lavorati’<br />

(parola del gergo della polizia <strong>per</strong> indicare che queste <strong>per</strong>sone erano state sottoposte a<br />

sorveglianza da lungo tempo). Era giunto il momento di agire. <strong>La</strong> pazienza del tiranno era al<br />

termine. <strong>La</strong> mannaia della dittatura del proletariato sarebbe caduta su tutti i corrotti dello<br />

spirito borghese. Sarebbero stati imprigionati, altri internati in villaggi o s<strong>per</strong>dute campagne,<br />

altri, dopo aver visto il destino <strong>degli</strong> amici, avrebbero ricevuto la proposta di diventare<br />

collaboratori del Sigurimi, e la maggior parte avrebbe accettato. Chi rifiutava seguiva i<br />

primi in carcere. Sotto queste <strong>per</strong>secuzioni avrebbero ceduto e si sarebbero piegate le altre<br />

migliaia di <strong>per</strong>sone che avevano incominciato a dissentire dal partito.<br />

Gli avvii di questa campagna iniziata con la <strong>per</strong>secuzione di mio padre, li vissi in libertà,<br />

mentre all’apice o nella mietitura, come veniva chiamata, ero già nel campo di Spaç. Fui tra<br />

i primi arrestati di questa nuova campagna. Trovai ancora vuoto uno dei due edifici dove<br />

erano alloggiati i reclusi. C’erano letti a castello a due a due. Ma subito dopo il furgone<br />

cellulare incominciò a scandire con una frequenza settimanale i suoi arrivi. ‘È arrivata la<br />

carne’ dicevano i detenuti, quando lo scorgevano salire dalla tortuosa montagna. In poco<br />

tempo i due edifici si riempirono. Così si dovette aggiungere una terza elevazione ai letti a<br />

castello.<br />

Gli arrestati provenivano da ogni angolo del Paese: erano intellettuali, gente comune e<br />

contadini. Accusati di ‘agitazione e propaganda’, erano stati condannati a sette o dieci anni<br />

di carcere. I loro crimini: ‘parole contro il regime profferte di nascosto in qualche angolo di<br />

bar, <strong>per</strong> strada o a casa’ e denunciati da qualche provocatore o da qualche pavido, oppure<br />

sco<strong>per</strong>ti <strong>per</strong> la delazione di amici già agli arresti. Raramente venivano condannati <strong>per</strong> gli<br />

scritti. Quando capitava, gli veniva cucito addosso tutto il codice penale <strong>per</strong> portare la pena<br />

a venticinque anni.”<br />

(Tratto da: F. Lubonja, Diario di un intellettuale in un gulag albanese. Il riscatto della<br />

coscienza dalla barbarie di un socialismo reale, Costantino Marco Editore, Lungro (CS)<br />

1994, pp. 12-13)<br />

40


C><br />

Nel suo diario, Fatos racconta anche la <strong>storia</strong> di Fetah Malasi, ufficiale comunista, espatriato<br />

clandestinamente dall’Albania, che dopo aver conosciuto l’Occidente decise di rietrare in<br />

patria <strong>per</strong> raccontare agli albanesi le menzogne diffuse dal regime comunista. Per poter<br />

rientrare in Albania, Fetah consegnò una richiesta scritta all’Ambasciata albanese in Italia. Il<br />

funzionario che accolse la domanda era un membro del Sigurimi e gli assicurò che avrebbe<br />

riferito il suo caso a Tirana e che si sarebbe premurato di aiutarlo, evitandogli qualsiasi<br />

punizione. In realtà, lo stesso funzionario comunicò a Tirana che stava <strong>per</strong> far rimpatriare un<br />

delinquente da tempo ricercato dal Sigurimi. Fu questa un’occasione favorevole <strong>per</strong> punirlo<br />

del fatto di non essersi pentito e di essere intenzionato a mettere in atto ulteriori<br />

provocazioni. Giunto in Albania, Fetah venne catturato, processato e condannato ad espiare<br />

la propria pena nel campo di Spaç, campo di lavori forzati a cui era stato destinato anche<br />

Fatos. Quest’ultimo ne fornisce una descrizione:<br />

“Il campo, la zona dove si lavora e le colline dove si trovano le gallerie delle miniere, sono<br />

recintati con filo spinato. Una rete di fili, come una gigantesca ragnatela, che durante la<br />

notte, <strong>per</strong> le luci dei fari, diventa fosforescente. Le torrette di vigilanza, distribuite ad<br />

intervalli regolari di cinquanta e cento metri, assomigliano al ciclope Polifemo: un corpo<br />

gigantesco e un unico occhio costituito dal faro che vigila sul ‘serpente nero’ o ‘il serpente<br />

buono’ come lo chiamano i carcerati: la lunga fila di condannati che escono dalle baracche<br />

del campo e s’inerpicano <strong>per</strong> il viottolo che li porta alla bocca delle gallerie...<br />

Dalla posizione del ‘serpente nero’ si snoda verso la collina, così come alla vista dei<br />

prigionieri che, finito il turno di lavoro, attendono all’a<strong>per</strong>to, fuori dalle gallerie, seduti tra<br />

le pietre di quella nuda distesa, il ritorno al campo, il Ciclope si staglia in lontananza.<br />

Fra poco, riunendosi e mettendosi in riga, anche quanti sono in attesa, formeranno un<br />

serpente nero che striscia scendendo dalla collina. Il suo colore è bruno, <strong>per</strong> la tinta<br />

approssimativa dei vecchi cappotti militari in dotazione ai detenuti. Il serpente, in salita, un<br />

po’ alla volta <strong>per</strong>de la sua coda di squadre inghiottite dalle prime gallerie ai piedi della<br />

collina, mentre il serpente in discesa si distende fino a raggiungere la sua lunghezza<br />

completa all’entrata del campo. L’occhio, come una telecamera, inquadra il serpente che<br />

discende dalla collina, lo attraversa interamente, dalla testa alla coda dove si ferma su due o<br />

tre condannati che, diversamente dagli altri in fila <strong>per</strong> due, procedono ad uno ad uno con le<br />

mani legate dietro la schiena. Fa un primo piano su questi. È Fetah. È ammanettato <strong>per</strong>ché<br />

non ha scavato i fornelli dell’esplosivo della miniera, ed ha lasciato gli altri detenuti senza il<br />

41


materiale che doveva essere estratto. Arrivati al campo, i prigionieri, dopo la conta<br />

dell’ufficiale di guardia, entrano a due a due, mentre un poliziotto conduce Fetah dal<br />

su<strong>per</strong>iore. Incomincia l’interrogatorio.<br />

- Minatore Fetah, <strong>per</strong>ché non hai fatto i buchi?<br />

- Non c’era aria nel martello pneumatico.<br />

- Bene, non c’era aria nel martello pneumatico.<br />

- Senza aria il martello non funziona.<br />

- Ho capito che non c’era aria, ma non hai risposto alla mia domanda, - incomincia a urlare<br />

l’ufficiale... e già si sa, di lì a poco ordinerà di portarlo in cella di isolamento”.<br />

(Tratto da: F. Lubonja, Diario di un intellettuale in un gulag albanese. Il riscatto della<br />

coscienza dalla barbarie di un socialismo reale, Costantino Marco Editore, Lungro (CS)<br />

1994, pp. 52-53)<br />

D><br />

“Quanti anni sei stato a Spaç?<br />

Sono rimasto cinque anni in quella miniera. Il lavoro era organizzato in tre turni che si<br />

cambiavano ogni settimana. Il primo turno era alla mattina. Dovevi alzarti alle cinque,<br />

vestirti e andare a mangiare alla mensa. Alle sei dovevi essere pronto, <strong>per</strong>ché arrivavano i<br />

poliziotti a prenderti <strong>per</strong> inserirti in una delle varie brigate in cui erano organizzati i<br />

pringionieri.<br />

<strong>La</strong> mensa era anche il luogo in cui, nella pausa del turno di lavoro, si poteva leggere il<br />

giornale e si dovevano leggere le o<strong>per</strong>e di Enver Hoxha e ascoltare la propaganda di<br />

rieducazione. [...]<br />

Il terzo turno era il più pesante: svegliarsi alle nove di sera, mangiare e alle dieci<br />

incamminarsi con la brigata e con i poliziotti verso la montagna. Il lavoro durava tutta la<br />

notte fino alle sette del mattino, quando uscivamo dalla galleria e scendevamo in fila verso<br />

il campo. Mangiavamo verso le otto e poi dovevamo aspettare l’appello: morti dal sonno,<br />

verso le nove, volevamo andare a dormire, ma dovevamo aspettare l’ufficiale <strong>per</strong> l’appello.<br />

Solo alle dieci potevamo andare a dormire nella camerata fino alle tredici. Dopo il pranzo<br />

dovevamo aspettare di nuovo l’appello e sorbirci la lettura della stampa. Verso le diciassette<br />

tornavamo a dormire e alle ventuno di nuovo la sveglia <strong>per</strong> andare a lavorare.<br />

42


Ma la cosa terribile era quando ci facevano lavorare anche alla domenica, <strong>per</strong>ché partivamo<br />

alle nove di sera e lavoravamo l’intera notte e, dopo aver dormito solo due o tre ore, al<br />

lunedì pomeriggio dovevamo tornare di nuovo in miniera <strong>per</strong> il secondo turno. Tremendo!<br />

[...] all’interno del carcere –attraverso le spie- si sentiva tutta la pressione dei servizi segreti.<br />

[...] C’erano anche i ‘topi di cella’, i prigionieri che venivano mandati come spie dal campo<br />

di prigionia nei commissariati di tutta l’Albania, dove si trovavano altri prigionieri in attesa<br />

di processo. [...]<br />

Qualcuno provava a scappare?<br />

Sì, ci furono due tentativi durante la mia prigionia a Spaç. Il primo fu compiuto da due<br />

<strong>per</strong>sone, in inverno, durante il turno di notte. Non visti dalla guardia delle torrette,<br />

scivolarono sotto il filo spinato e uscirono. Durante l’appello le guardie si accorsero che<br />

mancavano due <strong>per</strong>sone. Tutto il nord dell’Albania si mobilitò. L’organizzazione era<br />

eccezionale. I fuggitivi raggiunsero le montagne di Puka, sotto molta neve e con un freddo<br />

terribile. Nel campo ci fu grande tensione, tutti noi s<strong>per</strong>avamo che riuscissero a fuggire.<br />

Rimasero senza mangiare <strong>per</strong> cinque giorni fra le montagne, dopo di che si arresero. Furono<br />

condannati a venticinque anni.<br />

Ci provarono altri due, uno dei quali aveva già tentato la fuga molti anni prima. [...]<br />

In realtà il problema più grande non era uscire dal campo ma andarsene dall’Albania, <strong>per</strong>ché<br />

una volta fuggiti dal campo non si poteva in alcun modo rimanere nel Paese e farla franca.<br />

Fuori dal campo, i due passarono il fiume Drin al confine con la Macedonia dove furono<br />

catturati da gente comune, poiché in quei casi veniva mobilitata anche la popolazione civile.<br />

Uno venne condannato a morte, l’altro a venticinque anni. Il primo <strong>per</strong>ò venne graziato dal<br />

dittatore in segno di attenzione nei confronti della minoranza greca a cui apparteneva”.<br />

(Tratto da: F. Lubonja, Intervista sull’Albania. Dalle carceri di Enver Hoxha al liberismo<br />

selvaggio, Il Ponte, Bologna 2004, pp. 60-64)<br />

Dopo aver sintetizzato a voce il contenuto dei brani, ho chiesto ai tre alunni albanesi di<br />

leggere ai compagni l’intervista che avevano rivolto ai loro genitori, al fine di confrontare le<br />

informazioni in esse raccolte con quelle tratte dall’analisi, effettuata durante tutto il<br />

<strong>per</strong>corso, dei diversi documenti.<br />

43


Vengono riportate <strong>qui</strong> di seguito alcune delle parti più significative:<br />

“…<br />

(dall’intervista di Z al papà)<br />

Z - Papà, cosa pensavi della dittatura di Enver Hoxha quando abitavi in Albania?<br />

P – Non avevamo vie d’uscita, eravamo isolati, la propaganda del regime diffondeva l’idea<br />

che gli altri Paesi stavano peggio. Eravamo costretti ad accettare questa situazione. <strong>La</strong><br />

scelta del regime ci sembrava l’unica ragionevole.<br />

Z – Com’è stato vivere sulla tua pelle la dittatura?<br />

P – Essendo un militare di carriera, non potevo andare contro corrente e, a dire la verità, se<br />

confronto la mia situazione con quella delle classi o<strong>per</strong>aie, a me non andava poi così<br />

male.<br />

Z – Eri a favore o contro la dittatura?<br />

P – Come ho già detto, non conoscevamo quello che stava al di fuori dell’Albania e non<br />

avevamo molta scelta: eri costretto a stare con il partito, altrimenti avresti potuto mettere<br />

a rischio te stesso e la tua famiglia. Potevano venirti a prendere a casa, il regime non<br />

scherzava!<br />

Z – Quali simboli del comunismo erano presenti in città?<br />

P – In tutte le città erano presenti manifesti di propaganda comunista, a favore del<br />

proletariato e dell’indipendenza.<br />

Z – Come è stata condizionata la vostra vita?<br />

P – Per certi versi la nostra vita è stata fortemente condizionata. Non c’era molta libertà di<br />

movimento e non potevi spostarti da una parte all’altra, neanche all’interno<br />

dell’Albania: chi viveva in un paese non poteva spostarsi in città, i contadini (circa il<br />

70% della popolazione), <strong>per</strong> esempio, continuavano a fare il loro lavoro nelle campagne.<br />

Z – Come vi sentite a parlare della dittatura?<br />

P – Non vogliamo parlare della dittatura. Chi l’ha vissuta sulla propria pelle non ha la forza<br />

di guardare indietro nei ricordi, <strong>per</strong>ché sa che cosa vuol dire. Inoltre, stiamo sempre in<br />

44


allerta: la <strong>storia</strong> ci insegna che le dittature si instaurano durante una guerra o una forte<br />

crisi.<br />

C’è da dire, in ogni caso, che il giorno dei funerali di Enver Hoxha io ero presente alla<br />

parata in suo onore, vivendo quei tre giorni in prima <strong>per</strong>sona. Fra i presenti, in migliaia<br />

piansero <strong>per</strong> la scomparsa di quell’uomo.<br />

Z - Che cosa ammirava di più la gente in Enver?<br />

P - In Enver la gente ammirava la giustizia sociale <strong>per</strong>ché era una <strong>per</strong>sona che si interessava<br />

dei più deboli. Infatti <strong>per</strong>seguitava i kulaki <strong>per</strong> distribuire i beni e le terre al popolo.<br />

Z - Che cosa detestava in lui?<br />

P – Detestava il suo modo di “sbarazzarsi” <strong>degli</strong> avversari politici e di tutti quelli che erano<br />

contrari alla sua dottrina.<br />

Z - Quali materie studiavate a scuola? Il regime aveva imposto un “libro di Stato” o delle<br />

materie obbligatorie? Dovevate fare molta ginnastica?<br />

P – Oltre alle materie che si studiano ancora oggi, erano obbligatorie la <strong>storia</strong> del partito<br />

(PPSH) e soprattutto la dottrina marxista e leninista, l’economia capitalista di Marx sulle<br />

quali c’era l’esame di Stato.<br />

Per quanto riguarda la ginnastica, la mattina ci si riuniva tutti davanti alla scuola, si<br />

faceva l’appello e il saluto pubblico, poi un rappresentante di classe contava e riferiva<br />

gli assenti ed infine si faceva mezz’ora di ginnastica prima dell’inizio delle lezioni.<br />

Z - Nei libri come era descritto il mondo occidentale? E l’URSS?<br />

P – Il mondo occidentale veniva descritto vagamente e si parlava di terre governate dai più<br />

ricchi con forti diseguaglianze sociali. L’URSS, invece, veniva descritta come la grande<br />

patria, la terra di salvezza e di garanzia contro l’occidente capitalista.<br />

Z - Come era organizzato il vostro tempo libero? Avevate particolari restrizioni?<br />

P - No, non avevamo particolari restrizioni. Nel tempo libero si giocava quando si poteva,<br />

altrimenti si studiava o si aiutava in famiglia nei lavori di casa.<br />

Z - C’erano delle frasi ricorrenti nei discorsi di Enver?<br />

45


P – Sì, lui usava ripetere molte frasi <strong>per</strong> suscitare il consenso del popolo, tra cui: “Più forte è<br />

la dittatura del proletariato, più grande è la democrazia socialista”, “L’acqua dorme, il<br />

nemico non dorme” e “Mangeremo erba ma non ci piegheremo a nessuno”.<br />

Z - Come veniva condizionato il pensiero della gente?<br />

P – Il pensiero della gente veniva condizionato dalla propaganda, inoltre non si conosceva<br />

nulla al di fuori del nostro territorio.<br />

Z - Hai mai assistito o visto atti di repressione violenta?<br />

P – Personalmente non ho mai assistito a questi atti e nemmeno visto ma solo sentito dire.<br />

Del resto, io non mi <strong>per</strong>mettevo di dire nulla <strong>per</strong>ché se c’erano dei testimoni che<br />

dicevano che eri contro il partito finivi in prigione.<br />

Z - <strong>La</strong> gente temeva il regime?<br />

P – <strong>La</strong> gente temeva il regime a causa della poca libertà di parola e <strong>per</strong> l’impossibilità di<br />

mettersi contro il partito. <strong>La</strong> gente non aveva alternative, doveva farsene una ragione. E<br />

non poteva neanche lamentarsi troppo <strong>per</strong>ché il regime aveva portato alla<br />

modernizzazione del Paese.<br />

Z - C’erano dei riti da compiere in qualche giornata particolare? C’era una giornata in cui<br />

vi riunivate tutti?<br />

P – Innanzitutto le feste religiose erano state cancellate. Si festeggiavano, invece,<br />

Capodanno, l’Indipendenza e la Liberazione dal dominio nazi-fascista (28 e 29<br />

novembre), la Nascita del Partito (8 novembre), la Festa dei lavoratori (1 maggio) e la<br />

Festa <strong>degli</strong> insegnanti (7 marzo). In questi giorni ci si riuniva e si facevano delle parate.<br />

46


(dall’intervista di Y ai genitori)<br />

Y – Che cosa pensate di Enver Hoxha?<br />

P – Enver Hoxha era un uomo generoso, buono e responsabile. L’unica cosa che voleva era<br />

il bene del popolo albanese: se faceva una cosa la faceva non solo <strong>per</strong> il suo interesse ma<br />

anche <strong>per</strong> l’interesse del popolo.<br />

Y – Raccontatemi un po’ di lui...<br />

P – Enver Hoxha, o come dicevano a quel tempo il compagno Enver Hoxha, era un uomo al<br />

quale non piacevano le ingiustizie. Inoltre, lui non <strong>per</strong>metteva a nessuna ragazza o<br />

donna di tenere i capelli lunghi o sciolti, lui voleva che le donne tenessero i capelli corti;<br />

non <strong>per</strong>metteva a nessuna di mettersi la gonna, la minigonna, le canottiere, i<br />

pantaloncini corti, i leggins, e non <strong>per</strong>metteva a nessuna ragazza di truccarsi. Per lui<br />

tutto questo era una volgarità.<br />

Y – Qual era la vostra condizione di vita a quel tempo?<br />

P – Ovviamente non buona. C’era tanta povertà e la gente aveva appena un misero lavoro<br />

dal quale guadagnarsi qualche soldo <strong>per</strong> comprare il cibo. C’era, <strong>per</strong>ò, della gente che<br />

non aveva un lavoro e che sopravviveva con qualcosa che trovava <strong>per</strong> terra o dentro ai<br />

cestini. Per fortuna noi avevamo un lavoro, ma vedere gente non averne faceva sentire<br />

male e a volte, quando potevamo, aiutavamo queste <strong>per</strong>sone.<br />

Y – Cosa successe dopo la morte di Enver Hoxha?<br />

P – È cambiato tutto, <strong>per</strong>ché donne e ragazze che prima, sotto Enver, non si sarebbero mai<br />

<strong>per</strong>messe di mettersi il trucco o certi vestiti, ora lo facevano senza avere più paura. Non<br />

ricordiamo tanto poiché, non solo <strong>per</strong> noi, ma <strong>per</strong> tutti gli albanesi sono stati momenti<br />

terribili e di sofferenza. Inoltre, con il passare del tempo, ci siamo dimenticati di molte<br />

cose.<br />

Y- Come avete vissuto sulla vostra pelle questa dittatura?<br />

P – L’abbiamo vissuta con molto dolore e molta sofferenza. Vedevamo gente che moriva<br />

davanti ai nostri occhi, alcuni che combattevano tra la vita e la morte, altri che<br />

scappavano, e tanti altri che, senza farsi problemi, sparavano verso altra gente. Ancora<br />

47


oggi, quando alla TV sentiamo parlare di dittature, ci ricordiamo quei momenti di paura.<br />

…”<br />

<strong>La</strong> lettura delle interviste ha <strong>per</strong>messo alla classe di veder confermate alcune informazioni<br />

già ac<strong>qui</strong>site ma anche di aggiungere nuovi elementi all’indagine. In particolare, è emerso<br />

che anche se Enver Hoxha aveva commesso molti crimini ed atrocità, <strong>per</strong> alcuni albanesi<br />

egli rimase il “Padre della Patria”, a cui si doveva un sentimento di riconoscenza e<br />

devozione anche dopo la morte. In una parte della seconda intervista, nello specifico, si<br />

riconosce al politico di essere stato un uomo generoso e unicamente interessato al bene del<br />

suo popolo.<br />

Considerazioni di questo tipo hanno fatto riflettere la classe su come la propaganda del<br />

regime avesse fortemente influenzato le idee delle <strong>per</strong>sone e avesse fatto in modo che la<br />

popolazione si affezionasse al suo capo di Stato a tal punto da mettere in secondo piano le<br />

violenze e i soprusi da lui commessi. Non solo, è stato possibile capire come la definizione<br />

di un <strong>per</strong>iodo storico e l’analisi di un <strong>per</strong>sonaggio politico come Enver Hoxha costituiscano<br />

o<strong>per</strong>azioni tutt’altro che semplici: esse richiedono un confronto tra fonti diverse, una<br />

problematizzazione ed interrogazione delle stesse, un ascolto attento delle testimonianze<br />

orali, oltre che un’accurata interpretazione di quelle iconografiche e scritte, una valutazione<br />

dei diversi punti di vista, uno spiccato senso critico.<br />

7. Monitoraggio, verifica e valutazione<br />

Monitoraggio. Nel corso della prima lezione ho osservato la classe sia nel momento della<br />

visione del documentario “Albania: il paese di fronte” (valutando il grado di interesse e di<br />

attenzione <strong>degli</strong> alunni albanesi, di quelli non-italofoni non albanesi e di quelli italiani) sia<br />

nel momento in cui veniva richiesto lo svolgimento <strong>degli</strong> esercizi riportati negli Allegati 1 e<br />

2. Durante il completamento dell’Allegato 1, ho girato tra i banchi e ho cercato di<br />

comprendere:<br />

- se gli alunni fossero in grado di avvalersi delle tre immagini e della carta <strong>per</strong> richiamare<br />

alla memoria il contenuto del documentario;<br />

- se sapessero cogliere i nuclei tematici principali del documentario, a partire da domande-<br />

guida.<br />

Quando gli alunni erano impegnati nell’esecuzione delle richieste dell’Allegato 2, ho preso<br />

in considerazione le capacità <strong>degli</strong> allievi di:<br />

48


- ricordare quanto studiato in merito al <strong>per</strong>iodo della Resistenza italiana e francese e, sulla<br />

base delle nozioni apprese, di fornire il significato del termine “Resistenza”;<br />

- elaborare delle risposte servendosi delle informazioni contenute nel documentario.<br />

Nella seconda lezione, poi, ho considerato:<br />

- l’abilità del gruppo-classe di servirsi delle informazioni del documentario e delle parole-<br />

chiave <strong>per</strong> completare il fumetto dell’Allegato 3 nel quale veniva immaginato un dialogo tra<br />

Stalin e Hoxha;<br />

- il grado di partecipazione <strong>degli</strong> alunni, quando stimolati ad interagire con l’insegnante e<br />

con i compagni <strong>per</strong> ricostruire, a partire dai dettagli forniti dal video, le vicende storiche<br />

correlate alla dittatura albanese;<br />

- la capacità <strong>degli</strong> studenti di ricordare immagini significative e utili a rispondere a delle<br />

domande rivolte loro.<br />

All’inizio della terza lezione, nell’ambito della correzione <strong>degli</strong> esercizi assegnati <strong>per</strong> casa,<br />

mi sono proposta di valutare le capacità di:<br />

- utilizzare le informazioni ascoltate nel filmato <strong>per</strong> trovare le parole-chiave necessarie al<br />

completamento di un testo;<br />

- confrontare fonti scritte e figurative al fine di elaborare una sintesi sul ruolo assunto dalla<br />

donna all’epoca della dittatura di Hoxha;<br />

- costruire una linea del tempo inerente i <strong>per</strong>iodi storici enfatizzati dal regime, servendosi<br />

dei dati contenuti in un testo proposto;<br />

- rintracciare in un brano le informazioni richieste e spiegare le ragioni di alcuni<br />

collegamenti tra parole segnalati nel testo;<br />

- a partire dalle informazioni contenute in un testo sulla restrizione dei costumi o<strong>per</strong>ata da<br />

Hoxha, formulare didascalie in corrispondenza di alcune immagini.<br />

Quanto all’esposizione da parte <strong>degli</strong> allievi albanesi, ho considerato le loro capacità di<br />

sintetizzare la trama del film, enunciandone gli elementi salienti, e di riferire il contenuto<br />

delle scene selezionate in modo chiaro; inoltre, ho preso in esame il loro grado di<br />

coinvolgimento e di accuratezza nello svolgere il compito proposto.<br />

Nel corso della quarta lezione, ho preso in considerazione le abilità di:<br />

- elaborare ipotesi di interpretazione di una fotografia utili a ricostruire vicende storiche;<br />

- sintetizzare un testo con lo scopo di riferirne il contenuto a compagni appartenenti ad un<br />

gruppo diverso dal proprio e che non hanno letto il brano in questione;<br />

- confrontare il contenuto di brani letti con quello delle interviste condotte dai compagni<br />

albanesi alle proprie famiglie, mettendo in luce similitudini e difformità.<br />

49


Verifica e valutazione. A conclusione del <strong>per</strong>corso è stata somministrata una prova che<br />

aveva lo scopo di verificare negli alunni, oltre alla conoscenza <strong>degli</strong> argomenti affrontati,<br />

anche le capacità di spiegare alcune relazioni di significato tra termini dati, servirsi di<br />

diverse tipologie di fonti (scritte e figurate) <strong>per</strong> illustrare una questione affrontata e di<br />

definire una tematica attraverso il completamento di uno schema. Essa prevedeva lo<br />

svolgimento dei seguenti tre esercizi:<br />

1) Sulla base delle informazioni che hai appreso, spiega i seguenti abbinamenti e descrivi la<br />

loro relazione con la figura di Enver Hoxha:<br />

Resistenza albanese – lotta partigiana; ammirazione – Stalin;<br />

rinnovamento – agricoltura; propaganda – scuola<br />

2) Osserva queste due immagini e, servendoti delle informazioni tratte dai brani letti e dal<br />

documentario visto, scrivi un breve testo che spieghi qual era la condizione della donna ai<br />

tempi della dittatura di Enver Hoxha.<br />

3) Confrontando le pagine scritte dall’autore albanese F. Lubonja con le interviste condotte<br />

ai genitori dei tuoi compagni (<strong>per</strong> alunni non albanesi)/ai tuoi genitori (<strong>per</strong> i tre alunni<br />

albanesi), hai potuto comprendere quale fosse l’atteggiamento di Hoxha nei confronti di<br />

nemici e dissidenti. Sulla base di queste testimonianze, completa lo schema <strong>qui</strong> sotto:<br />

50


Secondo Enver Hoxha,<br />

chiunque…<br />

è un NEMICO che va<br />

51<br />

fermato<br />

Quanto ai criteri di valutazione utilizzati, ho considerato accettabili gli elaborati nei quali:<br />

fossero state spiegate correttamente 2 delle 4 relazioni di significato proposte nell’esercizio<br />

1); nell’esercizio 2), fosse stata illustrata la tematica richiesta mediante il confronto di<br />

almeno una fonte scritta e una fonte figurata, attraverso un testo sufficientemente chiaro e<br />

corretto; in riferimento allo schema dell’esercizio 3), fosse stato completato in maniera<br />

esauriente un nodo concettuale su due.<br />

Ho ritenuto eccellenti, invece, le prove nelle quali: fossero state descritte in maniera corretta<br />

da 3 a 4 collegamenti del primo esercizio; fosse stato spiegato l’argomento in oggetto<br />

nell’esercizio 2) in modo chiaro, corretto e coerente, attraverso un confronto maturo tra le<br />

fonti scritte e figurative conosciute; fosse stato completato interamente lo schema<br />

dell’esercizio 3).<br />

8. Osservazioni conclusive<br />

Una riflessione complessiva sul <strong>per</strong>corso svolto mi ha <strong>per</strong>messo, poi, di individuare tra i<br />

fattori che hanno determinato la buona riuscita del lavoro:<br />

- il coinvolgimento attivo dell’intera classe nelle attività proposte e il suo interesse<br />

verso un argomento <strong>per</strong>cepito come insolito e curioso;<br />

- la disponibilità dei tre alunni albanesi a collaborare sia nella traduzione di alcune<br />

scene del film dall’albanese all’italiano che nella stesura dell’intervista alle loro<br />

famiglie;<br />

- la diversificazione delle metodologie proposte e l’uso di tecnologie accattivanti, in<br />

grado di attirare gli alunni;<br />

- l’attenzione riposta nella spiegazione dei diversi tipi di linguaggi, in particolare<br />

quelli visuale e scritto;<br />

- la dimensione laboratoriale assunta dal <strong>per</strong>corso e l’approccio investigativo rivolto<br />

alla tematica oggetto di studio;<br />

attraverso…


- la formulazione di attività che richiedevano l’uso di competenze diverse, prime fra<br />

tutte quelle del problem solving.<br />

In particolare, ho potuto constatare come sia importante stimolare negli allievi il desiderio<br />

della ricerca e dell’interpretazione di documenti non noti e come sia fondamentale<br />

accompagnarli nei processi di riconoscimento e di sco<strong>per</strong>ta <strong>degli</strong> “indizi” utili alla<br />

definizione del problema da risolvere. È importante che l’insegnante guidi gli alunni nella<br />

conoscenza dei diversi linguaggi specifici e nell’interrogazione delle fonti, fornendo tutti gli<br />

strumenti utili ad una comparazione di queste ultime e al loro possibile riutilizzo.<br />

Un’es<strong>per</strong>ienza di tipo laboratoriale come quella condotta ha <strong>per</strong>messo di accrescere la<br />

motivazione nei confronti della disciplina, spesso ritenuta ostica e poco accessibile: gli<br />

alunni hanno dimostrato grande entusiasmo nello s<strong>per</strong>imentare il mestiere dello storico e nel<br />

tentare di trovare delle risposte ai molti quesiti sorti durante le lezioni e nel lavoro a casa.<br />

Quanto alla somministrazione dei documenti, ho ritenuto utile suddividere il carico di lavoro<br />

tra il tempo d’aula e quello dei compiti domestici: tale scelta ha <strong>per</strong>messo ai ragazzi di<br />

riflettere con più tran<strong>qui</strong>llità sulle problematiche emerse e di affrontare lo studio delle fonti<br />

in maniera accurata. Molti di loro hanno compreso come il lavoro sui documenti richieda<br />

concentrazione e capacità di riflessione, utili ad affinare lo spirito critico.<br />

Se l’aspetto metodologico ha costituito una componente fondamentale dell’intero <strong>per</strong>corso,<br />

altrettanto determinante è stato l’approccio interculturale che, fin dall’inizio, ha<br />

caratterizzato la proposta. <strong>La</strong> presenza di tre allievi con famiglie di origine albanese ha<br />

<strong>per</strong>messo di sviluppare la tematica in maniera del tutto originale, accrescendo nell’intero<br />

gruppo di allievi la consapevolezza di quanto il plurilinguismo apporti un valore aggiunto<br />

nell’es<strong>per</strong>ienza didattica e nella formazione <strong>per</strong>sonale. Gli interventi dei tre alunni hanno<br />

<strong>per</strong>messo ai compagni di andare al di là di pregiudizi latenti legati all’origine familiare e di<br />

valorizzare in X, Y e Z aspetti ancora poco conosciuti.<br />

Venendo ora a riflettere nello specifico di questi tre alunni, ho potuto notare l’impegno e la<br />

serietà con la quale hanno portato a termine le consegne, indici del loro interesse e della<br />

grande soddisfazione nel poter dimostrare competenze assenti in altri allievi e, fino a quel<br />

momento, messe poco in evidenza. In particolare, l’allievo X, in altre attività poco coinvolto<br />

ed entusiasta, in questo <strong>per</strong>corso ha partecipato in maniera attiva, facendo emergere una<br />

certa fierezza nel comunicare ai compagni le proprie conoscenze.<br />

Il lavoro assegnato ha costituito un’occasione significativa <strong>per</strong> praticare in ambito scolastico<br />

e disciplinare la lingua madre; ha <strong>per</strong>messo anche l’interazione, tra alunno e famiglia e tra<br />

scuola e famiglia, nella costruzione di interventi di grande valore. In merito al<br />

52


coinvolgimento delle famiglie, la modalità dell’intervista è servita <strong>per</strong> sottolineare<br />

l’importanza di rivolgere, da parte della scuola, un’attenzione adeguata ai genitori non-<br />

italofoni, che spesso vivono l’es<strong>per</strong>ienza dell’isolamento e i sentimenti della solitudine,<br />

della frustrazione e del timore di venir giudicati.<br />

Non da ultimo, la scelta della tematica ha costituto un’opportunità di crescita nel mio<br />

<strong>per</strong>corso di formazione professionale: sono stata stimolata ad approfondire un argomento<br />

poco noto, a cercare documenti affidabili attraverso la navigazione in internet e la<br />

frequentazione di biblioteche e mediateche; ho s<strong>per</strong>imentato la didattica laboratoriale,<br />

servendomi di metodi e tecniche a volte poco usati. Ho provato grande interesse a<br />

conoscere, nel corso dei mesi, un <strong>per</strong>iodo storico affrontato ancora in maniera limitata dalla<br />

storiografia europea e che merita di essere inserito nelle programmazioni disciplinari. Ho<br />

confermato in me la convinzione che un insegnante deve essere ricercatore prima ancora che<br />

divulgatore, deve fare proprio il metodo dell’indagine storica e <strong>qui</strong>ndi <strong>per</strong>correre sentieri a<br />

volte tortuosi ed aspri, lungo i quali deve imparare a scegliere i molteplici indizi (fonti) che<br />

possono guidarlo. Attraverso il metodo della ricerca storica, l’insegnante è chiamato ad<br />

imparare le virtù della pazienza e dell’accurata osservazione, fondamentali <strong>per</strong> comprendere<br />

la complessità del divenire storico e dell’epoca contemporanea.<br />

53


Bibliografia<br />

P. Bernardi (a cura di), Insegnare <strong>storia</strong>. Guida alla didattica del laboratorio storico, De<br />

Agostini Scuola, Novara 2006.<br />

G. De Luna, L’occhio e l’orecchio dello storico. Le fonti audiovisive nella ricerca e nella<br />

didattica della <strong>storia</strong>, <strong>La</strong> Nuova Italia, Firenze 1993.<br />

M. Diana-M. Raga, Cinema e scuola. I film come strumenti di didattica, <strong>La</strong> Scuola, Brescia<br />

2002.<br />

M. Doglio, Media e scuola. Insegnare nell’epoca della comunicazione, Lupetti, Milano<br />

2000.<br />

M. Faggioli (a cura di), Tecnologie <strong>per</strong> la didattica, Apogeo, Milano 2010.<br />

P. Ferri, <strong>La</strong> scuola digitale. Come le nuove tecnologie cambiano la formazione, Bruno<br />

Mondadori, Milano 2008.<br />

<strong>La</strong> Nuova Albania , Albania – Informazioni generali,<br />

8 Nentori, Tirana 1984.<br />

F. Lubonja, Diario di un intellettuale in un gulag albanese. Il riscatto della coscienza dalla<br />

barbarie di un socialismo reale, Costantino Marco Editore, Lungro (CS) 1994.<br />

F. Lubonja, Intervista sull’Albania. Dalle carceri di Enver Hoxha al liberismo selvaggio, Il<br />

Ponte, Bologna 2004.<br />

E. Perillo – C. Santini (a cura di), Il fare e il far vedere nella <strong>storia</strong> insegnata, Polaris,<br />

Faenza 2004.<br />

A. Pieroni, Leggere la fotografia. Osservazione e analisi delle immagini fotografiche, Edup,<br />

Roma 2003.<br />

O. Romano, L’Albania nell’era televisiva. Le vie della demodernizzazione, L’Harmattan<br />

Italia, Torino 1999.<br />

A. Talamo (a cura di), Apprendere con le nuove tecnologie, <strong>La</strong> Nuova Italia, Firenze1998.<br />

L. Termine, <strong>La</strong> scrittura fotografica. Una s<strong>per</strong>imentazione con Franco Fontana di<br />

“educazione all’immagine”, <strong>La</strong> Nuova Italia, Firenze 1990, p. 16.<br />

W. Veen, A New Force for Change. Homo zappiens, “The Learning Citizen” 7<br />

(2003), pp. 5-7.<br />

W.Veen – B. Vrakking, Homo Zappiens. Growing up in a Digital Age, Network Continuum<br />

Education, London 2006.<br />

54


Lezione 1<br />

Sitografia immagini<br />

Foto dell’Archivio Storico dell’Istituto Luce su Argirocastro<br />

http://albania.archivioluce.com/archivioluce/jsp/schede/fotoPlayer.jsp?doc=406&db=luceC<br />

MS&index=1&id=undefined&section=albania/<br />

Icona macchina fotografica<br />

http://t2.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcSGN6k8d5k0n4omQd7-<br />

7O8OKboEJ9BzwqNCe596EG5XRAEcIb9N<br />

Icona video<br />

http://t2.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRf3KH9EXOPbo<strong>La</strong>KE41hpyB2nzPtBGUi24ck<br />

pqeMKAQNS4oIg2w<br />

Allegato 1<br />

Carta Albania<br />

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/9/90/Map_of_Albania_during_WW<br />

II.png/462px-Map_of_Albania_during_WWII.png<br />

Immagine Mussolini<br />

http://grandquebec.com/upl-files/mussolini.jpg<br />

Immagine Vittorio Emanuele III in Albania<br />

http://www.youtube.com/watch?v=Hdh6eI_Aw7U<br />

Immagine Ciano<br />

http://t0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRWisWNrSSL7vDTdkz4gBp94-<br />

GN1k75RDYhUsbE2jgyJEsJmZJL<br />

Lezione 2<br />

Quanto alle immagine tratte dalle sequenze del documentario, nel corpo del testo vengono<br />

riportati i minuti ai quali esse si riferiscono.<br />

Allegato 3<br />

Immagine Enver Hoxha<br />

http://espressostalinist.files.wordpress.com/2011/01/hoxha_mail1.jpg<br />

Immagine Stalin<br />

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/b/b4/StalinPortrait.jpg/225px-<br />

StalinPortrait.jpg<br />

55


Allegato 4<br />

Immagine della facciata dell’Eksposita Shqi<strong>per</strong>ia Sot di Tirana, Museo storico nazionale<br />

d’Albania<br />

http://www.trt.net.tr/medya4/resim/2012/06/14/52178601-6000-4c0f-9bc5-805a70760cfb<br />

444x333.jpg<br />

Immagini delle co<strong>per</strong>tine di “Ylli”, rivista di propaganda comunista<br />

http://anouck.durand.free.fr/<br />

Allegato 5<br />

Foto dell’Archivio Storico dell’Istituto Luce sui costumi tradizionali<br />

http://albania.archivioluce.com/archivioluce/jsp/schede/fotoPlayer.jsp?doc=406&db=luceC<br />

MS&index=1&id=undefined&section=albania/<br />

Foto dell’Archivio Storico dell’Istituto Luce su culti e rappresentanze religiose in epoca<br />

fascista<br />

(http://albania.archivioluce.com/archivioluce/jsp/schede/fotoPlayer.jsp?doc=406&db=luceC<br />

MS&index=1&id=undefined&section=albania/)<br />

Lezione 3<br />

Foto “Divorzio all’albanese”<br />

http://www.google.it/imgres?q=divorzio+all%27albanese&hl=it&biw=1366&bih=616&gbv<br />

=2&tbm=isch&tbnid=dtWT1S6rrN9mdM:&imgrefurl=http://www.balcanicaucaso.org/aree/<br />

Albania/Divorzio-all-albanese&docid=rc30WkT7xHnfM&imgurl=http://www.balcanicaucaso.org/var/obc/storage/images/aree/albania/divorzio-all-albanese/212771-1-ita-IT/Divorzio-allalbanese1_large.jpg&w=360&h=259&ei=xRDkT4WiEoXP4QTeo8nCCA&zoom=1<br />

Sitografia video<br />

“Albania: il paese di fronte”<br />

http://www.youtube.com/watch?v=G3o5ztQDEkw<br />

“Slogans” (“Parrullat”)<br />

http://www.youtube.com/watch?v=s3ewvwRZZnc<br />

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