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Gnomonica n° 9 - Nicola Severino

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 1<br />

<strong>Gnomonica</strong><br />

Storia, Arte, Cultura e Tecniche degli Orologi Solari<br />

+<br />

Bollettino della Sezione Quadranti Solari dell’ U.A.I. – Supplemento al N° Di AstronomiA UAI<br />

N° 9 Maggio 2001<br />

SPED. IN A.P. 70% FILIALE DI BELLUNO TAXE PERCUE – TASSA RISCOSSA – BELLUNO CENTRO<br />

In questo numero:<br />

Fabio Savian, Località e quadranti equivalenti, R. Anselmi, Lo stilo conico, A. Gunella, L’iter<br />

geometrico del righello di Middleton, G. Agnelli, Meridiana sul campaniletto di Carcina, Silvio Magnani,<br />

Orologio solare a riflessione ad “asta oscurante”, A. Gunella, La geometria dell’orologio italico<br />

orizzontale, Adriano Gaspani, L’astronomia dei monaci irlandesi, N. <strong>Severino</strong>, Curiosità gnomoniche in<br />

rete, Giacomo Bonzani, La meridiana dei partigiani, Carlo Valdameri, Il cosmo redento nell’iconografia<br />

degli antichi orologi solari, Silvano Bianchi, Un artista del tempo in canavese, A.Gunella-N.<strong>Severino</strong>, Il<br />

cane da tartufi, Fabio Savian, Sorrisi e gnomoni, Guido Tonello, V° incontro degli gnomonisti<br />

piemontesi, La vignetta di Giacomo Agnelli.<br />

Redazione - <strong>Nicola</strong> <strong>Severino</strong>, Via Lazio, 9 - 03030 Roccasecca (FR) Italy<br />

Phone 0776 - 56.62.09 nicola.severino@gnomonica.it<br />

1


<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 2<br />

Sommario<br />

R. Moia, Recensioni pag. 3<br />

Editoriale 5<br />

F. Savian, Località e quadranti equivalenti 6<br />

R. Anselmi, Lo stilo conico 14<br />

A. Gunella, Quale iter geometrico ha originato il righello di Middleton? 16<br />

G. Agnelli, Meridiana-Orologio solare sul campaniletto dell’oratorio di Carcina 19<br />

S. Magnani, Orologio solare a riflessione ad “asta oscurante” 22<br />

A. Gunella, La geometria dell’orologio italico orizzontale 27<br />

A. Gaspani, L’astronomia dei monaci irlandesi 31<br />

N. <strong>Severino</strong>, Curiosità gnomoniche in rete 40<br />

G. Bonzani, La meridiana dei Partigiani 45<br />

C. Valdameri, Il cosmo redento nell’iconografia degli antichi orologi solari… 47<br />

S. Bianchi, Un artista del tempo in Canavese 53<br />

A. Gunella – N. <strong>Severino</strong>, Il cane da tartufi… 54<br />

F. Savian, Sorrisi e Gnomoni 57<br />

G. Tonello, V° incontro degli gnomonisti piemontesi 58<br />

G. Agnelli, la vignetta di… 59,60<br />

<strong>Gnomonica</strong>, organo della Sezione Quadranti Solari dell’U.A.I. fondato da <strong>Nicola</strong> <strong>Severino</strong> nel settembre<br />

1998.<br />

Progetto editoriale, grafica di copertina, impaginazione<br />

<strong>Nicola</strong> <strong>Severino</strong><br />

Supervisione tecnica a cura di<br />

Alberto Cintio.<br />

Hanno collaborato:<br />

Giacomo Agnelli, Riccardo Anselmi, Silvano Bianchi, Giacomo Bonzani, Alberto Cintio, Adriano Gaspani,<br />

Alessandro Gunella, Silvio Magnani, Roberto Moia, <strong>Nicola</strong> <strong>Severino</strong>, Fabio Savian, Guido Tonello, Carlo<br />

Valdameri.<br />

Redazione presso cui inviare il materiale: <strong>Nicola</strong> <strong>Severino</strong> - Via Lazio, 9 - 03030 Roccasecca Staz. (FR) -Tel.<br />

0776 - 56.62.09<br />

e-mail nicola.severino@gnomonica.it, nicolaseverino@libero.it<br />

Redazione tecnica: Prof. Alberto Cintio, Largo S. Maria, 1 – 63010 Altidona (AP)<br />

Supplemento al n. , rivista dell’Unione Astrofili Italiani<br />

Vic. Osservatorio, 5 – 35122 PADOVA<br />

Registrata al Tribunale di Roma al n. 413/97<br />

Spedizione in abbonamento postale art. 2 Legge 662/96.<br />

Autorizzazione PT filiale di Belluno.<br />

Stampa: Tipografia Editoria DBS, via E. Fermi, 5 – 32030 Rasai di Seren del Grappa (BL)<br />

Direttore responsabile: Franco Foresta Martin<br />

In copertina: La meridiana “bifilare” di Fabio Savian, in una immagine tridimensionale, oggetto di lunghe<br />

discussioni sulla mailing list “<strong>Gnomonica</strong>italia”.<br />

2


<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 3<br />

a cura di R. Moia<br />

<br />

Riprendiamo, con questo numero di "<strong>Gnomonica</strong>", le recensioni della stampa gnomonica estera, tentando di<br />

recuperare, nel giro di un paio di numeri, l'arretrato che si è accumulato.<br />

RUNDSCHREIBEN - Bollettino semestrale del "Arbeitsgruppe Sonnenuhren" della "Oesterreichischer<br />

Astronomischer Verein" [Gruppo di Lavoro per i Quadranti Solari della Società Astronomica Austriaca],<br />

N° 19 - Maggio 2000 - (12 pag.)<br />

Heinz Siegmund : "Hoehensonnenuhren mit Ziffernprojection" [Orologi solari d’altezza con proiezione del<br />

quadrante] - (3 pag.)<br />

Analisi di particolari quadranti di altezza con indicazioni orarie di tipo digitale ubicate in zone di un tamburo<br />

cilindrico variabili con la declinazione del Sole.<br />

N° 20 - Novembre 2000 - (12 pag.)<br />

Helmut Sonderegger : "Shrirmsonnenuhren und deren Berechnung, Teil 1" [Orologi solari a ombrello, I<br />

parte] - (3 pag.)<br />

Descrizione di un progetto di un particolare orologio solare orizzontale bifilare presentato nel 1998 dallo<br />

spagnolo Rafael Soler Gayà in un concosso per la realizzazione di un quadrante per la città di Reutte nella<br />

Lechtal. Lo gnomone bifilare è costituito da uno stilo verticale su cui è saldato ad una certa altezza un disco,<br />

o ombrello, orizzontale. I due “fili” sono costituiti dallo stilo e dal bordo dell’anello.<br />

JAHRESSCHRIFT 2000 - (256 pagg.) - Volume annuale in formato 240x170 mm della "Deutsche<br />

Gesellschaft fuer Chronometrie" [Società tedesca di Cronometria]. Nell’ambito di detta Società opera fra gli<br />

altri lo "Arbeitskreis Sonnenuhren" [Gruppo di lavoro quadranti solari]. Il volume contiene, oltre ai contributi<br />

riguardanti soprattutto l’orologeria meccanica antica, anche 7 articoli sui quadranti solari per complessive 53<br />

pagine di testo (il 20% circa del totale).<br />

Armin Zenner : "Ueber das Analemma" [Sull’Analemma] - (15 pag.)<br />

Nell’articolo vengono passati in rassegna, anche attraverso costruzioni grafiche, i vari tipi di analemma. Il<br />

testo comprende un primo capitolo sull’analemma di Vitruvio con la sua costruzione di base, un “excursus”<br />

sui circoli polari e la rappresentazione della posizione del Sole nel corso dell’anno e del giorno. Segue un<br />

secondo capitolo sull’analemma e la trigonometria sulla sfera celeste. Altri due capitoli riguardano infine la<br />

rappresentazione della sfera celeste e i quadranti analemmatici di altezza con i tipi di Regiomontano,<br />

Apiano, Hans Dorn e J. de Roias.<br />

Rolf Wieland : "Anpassung einer azimutal montierten Sonnenuhr an die geographische Laenge and<br />

Breite" [Adattamento di un orologio solare a montatura azimutale alle coordinate geografiche longitudine e<br />

latitudine] - (5 pag.).<br />

L’articolo riguarda alcuni aspetti della “mobilità” dei quadranti solari ed ha il seguente sottotitolo: “Come<br />

può essere che il diffusissimo quadrante di Martin Bernhardt (un quadrante a disco concavo con gnomone<br />

a fuso) possa indicare il tempo medio dell’Europa centrale (TMEC) sia a Stoccarda che a Basilea anche se<br />

il Sole passa sopra Basilea 6 minuti più tardi?” (NB: fra Stoccarda e Basilea vi è una differenza di<br />

longitudine di circa un 1° 30').<br />

Heinz Sigmund : "Extra-terrestrische Gnomonik" (<strong>Gnomonica</strong> extraterrestre) - (17 pag.)<br />

L’articolo esamina, anche attraverso numerose fotografie e disegni, vari possibili tipi di quadranti solari<br />

teoricamente realizzabili sulla superficie lunare.<br />

ARCHAEOASTRONOMY N°25 - 2000 - Supplemento al Vol. 31 del "Journal for the History of Astronomy"<br />

(GB) - (92 pag.)<br />

A. Aveni, G. Romano : "Temple Orientations in Magna Graecia and Sicily" (7 pag.; 3 fig. ; 1 tab.)<br />

Nell'articolo sono presentati, analizzati e comparati, i dati relativi all'orientamento di 50 templi greci (22<br />

dell'Italia Meridionale o Magna Grecia e 28 della Sicilia).<br />

BULLETIN – British Sundial Society - B.S.S. (GB)<br />

3


<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 4<br />

Vol. 12 - N° 1 - Febbraio 2000 - (52 pag.)<br />

A. A. Mills : "Graeco-Roman Sundials" (I Parte – Orologi basati sulla sfera) - (9 pag.; 3 dis.; 7 foto; 2 tab.)<br />

In questo articolo sono brevemente descritti, dai punti di vista storico e tecnico, gli antichi orologi solari<br />

greco-romani a quadrante concavo detti hemispherium (a semisfera) ed hemicyclium (a zona sferica). Viene<br />

anche descritto il tracciato delle linee orarie (ore ineguali) per le varie latitudini. La bibliografia riporta 34 titoli<br />

di testi, articoli, etc.<br />

D. Young : "A Remote Reading Sundial". - (3 pag.; 3 foto)<br />

L'autore descrive la realizzazione, e relativi problemi pratici, di un orologio solare equatoriale a lettura<br />

remota. I raggi solari, captati da fotocellule "orarie" disposte equatorialmente, controllano l'accensione dei<br />

LED orari disposti sul quadrante circolare di un orologio remoto. Un commutatore permette di passare dal<br />

Tempo Medio di Greenwich (LED di colore rosso) all'Ora Legale Estiva (LED di colore verde).<br />

Vol. 12 - N° 2 - Giugno 2000 - (52 pag.)<br />

A. A. Mills : "Graeco-Roman Sundials" (II Parte – Orologi conici e di altre forme) - (7 pag.; 6 dis.; 3 foto)<br />

L'argomento degli antichi orologi greco-romani, trattato nel precedente numero del "Bulletin", (Vol.12 - N° 1<br />

- Febbraio 2000) è qui completato per quanto riguarda gli orologi conici. Sono descritte in particolare le<br />

relazioni fra l'angolo al vertice [del cono] e la latitudine del luogo. La bibliografia continua dall'articolo<br />

precedente riportando altri 19 titoli.<br />

J. Lester : "Some Mass Dials in Normandy" - (3 pag.; 5 foto; 1 tab.)<br />

Il breve articolo tratta della ricerca in Normandia (Francia) di orologi solari del tipo graffito sulle pareti rivolte<br />

a sud delle chiese e detti Scratch Dials o Mass Dials. Essi sono simili a quelli tracciati sulle chiese<br />

d'Inghilterra.<br />

T. Wood : "Photographing Mass Dials". (2 pag.; 4 foto)<br />

L'Autore fornisce dei suggerimenti per fotografare i cosiddetti Mass Dials (vedere recensione precedente) al<br />

fine di ottenere buone fotografie da inserire nel Registro dei Mass Dials (in corso di realizzazione).<br />

Vol. 12 - N° 3 - Ottobre 2000 - (52 pag.)<br />

Mario Arnaldi : "Medieval Monastic Sundials with six sectors: an investigation into their origin and<br />

meaning" (7 pag.; 4 dis.; 1 foto)<br />

L'Autore tratta il problema della suddivisione del giorno-luce nel corso della storia e in particolare la<br />

suddivisione in sei parti a scopo liturgico e civile.<br />

A. James : "Photographing Sundials". (5 pag.; 10 foto; 1 tab.)<br />

L'articolo comprende una serie di suggerimenti pratici per fotografare gli orologi solari (verticali, orizzontali e<br />

di altro tipo) e per stimare le loro dimensioni dai negativi nel caso di inaccessibilità degli orologi stessi.<br />

A. A. Mills : "Backwards Motion of the Shadow on a Sundial".(8 pag.; 9 dis.; 1 foto; 1 tab.)<br />

Il problema della retrogradazione dell'ombra nei quadranti solari è analizzato dall'Autore dai punti di vista<br />

storico, qualitativo e quantitativo, partendo dal racconto biblico del cosiddetto "Miracolo di Isaia". Viene<br />

descritta anche una simulazione fisica del fenomeno a latitudini dove esso non si verifica, usando il Sole<br />

vicino al solstizio d'estate o un simulatore del moto del Sole stesso. Una Bibliografia di 24 titoli e una<br />

Appendice di termini tecnici con le relative definizioni completano l'articolo.<br />

THE COMPENDIUM - Journal of the North American Sundial Society - N.A.S.S. (USA)<br />

Vol. 7 - N° 3 - Settembre 2000 - (32 pag.)<br />

J. S. Young : "Sunwheels for the 21st Century" (6 pag.; 1 dis.; 2 foto; 1 tab.)<br />

Nel campus dell'Università del Massachusetts (Amherst, MA, USA) è stato riprodotto, a scopo didattico, un<br />

tipico complesso megalitico. Esso viene visitato ogni anno da migliaia di studenti che vi possono compiere<br />

gli stessi rilievi, osservazioni, studi ed esperimenti, effettuati dagli archeoastronomi nell'intento di scoprire gli<br />

scopi e le modalità d'uso di questi monumenti durante la Preistoria.<br />

D. Collin : "The Theory of a Vertical Declining Bifilar Sundial" - Part III (5 pag.; 5 dis.)<br />

Si tratta del seguito degli articoli sulla teoria degli orologi verticali declinanti bifilari pubblicati sul Vol. 6 - N°<br />

4 del Dicembre 2000 (I Parte) e sul Vol. 7- N° 2 del Giugno 2000 (II Parte).<br />

Vol. 7 - N° 4 - Dicembre 2000 - (32 pag.)<br />

D. Collin : "The Theory of a Vertical Declining Bifilar Sundial" - Part IV (6 pag.; 12 dis.; 1 tab.)<br />

E' il quarto e ultimo articolo sulla teoria degli orologi verticali declinanti bifilari (vedere Vol. 7 N° 3 -<br />

Settembre 2000).<br />

Gianni Ferrari : "A curious property of Bifilar Sundials" (5 pag.; 7 dis.; 1 foto)<br />

4


<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 5<br />

L'Autore richiama le caratteristiche degli orologi bifilari e descrive le condizioni per le quali è possibile<br />

ottenere, su pareti declinanti/inclinate, la linea equinoziale orizzontale o inclinata di un angolo a scelta.<br />

D. W. Walton : "The Double Axes Sundial" (12 pag.; 13 dis.; 3 foto)<br />

Nell'articolo viene descritto un orologio solare a tempo medio, per varie latitudini e longitudini costituito da<br />

due piani orientati che si intersecano. La lettura viene effettuata su uno dei quattro quadranti tracciati sulle<br />

facce dei piani a seconda dell'ora e della stagione : 1) Mattino (5 am - 1 pm) inverno-primavera; 2) Mattino (5<br />

am - 1 pm) estate-autunno; 3) Pomeriggio (11 am - 7 pm) inverno-primavera; 4) Pomeriggio (11 am - 7 pm)<br />

estate-autunno.<br />

Editoriale<br />

Desidero ringraziare quanti hanno collaborato a questo numero e tutti coloro che hanno<br />

risposto al mio appello su <strong>Gnomonica</strong>italia relativo alle richieste di collaborazione da parte<br />

di tutti quanti gli appassionati di gnomonica. E’ evidente che non siamo in pochi a scrivere<br />

le proprie esperienze ed impressioni in questo campo e a condurre ricerche, sia in campo<br />

storico che teorico. E ancora una volta, la miscellanea di articoli di vario genere e di vario<br />

livello mi risulta alquanto gradita e rende piacevole la lettura di questa rivista,<br />

ultimamente in parte appesantita dal troppo tecnicismo di articoli specialistici.<br />

Ringrazio Roberto Moia che attraverso la ripresa della rubrica di recensioni, ci da ancora<br />

la possibilità di conoscere i contenuti delle altre riviste internazionali di gnomonica. Nuovi<br />

collaboratori, ci regalano preziosi articoli, come la “storia infinita” dei quadranti equivalenti<br />

di Fabio Savian, che ha valso anche una sfiziosa vignetta di Giacomo Agnelli – che<br />

ringrazio pure di cuore per il suo “rientro” – e l’interessantissimo lavoro di Carlo Valdameri,<br />

finora unico nel suo genere, sul rapporto tra gnomonica e significati cosmologico-religiosi,<br />

con iconografie gnomoniche finora mai viste.<br />

L’interessante ricerca (avrei potuto dividerla in due puntate, vista la lunghezza, ma ho<br />

preferito riportarla tutta anche a costo di non abbellirla con inutili immagini) di Adriano<br />

Gaspani, astronomo all’Osservatorio Astronomico di Brera, che ci ha gentilmente<br />

concesso il permesso di pubblicarla, da egli stesso riadattata per <strong>Gnomonica</strong>.<br />

Se non fosse anche per l’intervento di brevi articoli informativi, forse non avremmo mai<br />

saputo che a Beura Cardezza (Verbania), da quasi un anno e’ stata inaugurata un<br />

monumento-meridiana dedicata ai partigiani caduti il 27 giugno del 1944. E’ l’architetto<br />

gnomonista Giacomo (Gim) Bonzani che ce lo racconta.<br />

Io sono andato un “attimo” in giro navigando in Internet e sono venuto a conoscenza di<br />

piccole “cose gnomoniche” che comunico nel mio articolo “Curiosità gnomoniche in rete”.<br />

Si tratta di un vero e proprio miscuglio di informazioni prelevate da siti, a volte senza<br />

nessuna indicazione di autori e referenze bibliografiche, che potrebbero servire a chi si<br />

occupa di censimenti di meridiane ed altro. Inoltre, con l’amico Gunella, ho avuto l’idea di<br />

raccogliere in una breve rubrica dal titolo “Il cane da tartufi…cercando nelle infinite carte di<br />

<strong>Severino</strong>” (titolo completamente inventato da Gunella), commenti e recensioni di antichi<br />

libri di gnomonica, così come furono recensiti circa 3-4 secoli fa nella rivista “Acta<br />

Eruditorum”.<br />

Nello sperare che questo speciale spirito di collaborazione resti invariato anche in futuro,<br />

vi lascio alla lettura delle prossime pagine.<br />

<strong>Nicola</strong> <strong>Severino</strong><br />

5


<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 6<br />

Località e quadranti equivalenti Prima parte<br />

Fabio Savian<br />

Ci sono diversi metodi per disegnare il quadrante di un orologio solare. Quando il quadrante giace in un piano sia inclinato che<br />

declinante è possibile individuare una nuova località, che per brevità chiamerò equivalente, alle cui coordinate disegnare un<br />

quadrante orizzontale o<br />

verticale che risulti<br />

identico a quello da<br />

realizzare nella località<br />

originale.<br />

Teoricamente questo<br />

metodo acconsente di<br />

sviluppare un orologio in<br />

modo più semplice<br />

poiché sono più semplici<br />

le formule o i metodi<br />

geometrici per disegnare<br />

un quadrante orizzontale<br />

o verticale. In realtà non<br />

sempre si tratta di una<br />

semplificazione poiché la<br />

ricerca della località<br />

equivalente comporta dei<br />

calcoli che possono<br />

essere anche più<br />

complessi di quelli<br />

necessari per calcolare lo<br />

sviluppo del quadrante<br />

nel luogo originale con<br />

formule che tengano<br />

conto di inclinazione e<br />

declinazione. La ricerca<br />

delle località equivalenti<br />

comporta però<br />

interessanti speculazioni<br />

sui calcoli e<br />

sull’interpretazione dei<br />

parametri di un orologio<br />

che valgono<br />

l’approfondimento, inoltre<br />

il metodo ha una sua<br />

validità intrinseca che ha<br />

pari dignità con gli altri<br />

metodi ed è quindi<br />

assoggettabile alle<br />

preferenze personali.<br />

6


<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 7<br />

La ricerca di una località equivalente si basa sulla considerazione che spostando il quadrante parallelamente a se stesso in un altro<br />

punto della superficie terrestre l’elevazione dello stilo sul quadrante non cambia (la superficie terrestre è considerata idealmente<br />

come una sfera). L’elevazione rimane costante poiché lo stilo, essendo polare, è spostato parallelamente a se stesso come il<br />

quadrante e mantiene quindi il medesimo orientamento relativo. Essendo l’elevazione costante ci si potrebbe aspettare che il<br />

quadrante equivalente, spostato cioè parallelamente a se stesso in un’altra località, conservi il medesimo sviluppo, in realtà sono<br />

necessarie alcune considerazioni non banali.<br />

Nel disegno, oltre alla traslazione, i quadranti subiscono una rotazione nel piano a cui appartengono per poter conservare la base<br />

aderente al piano orizzontale locale. Questa rotazione non dipende solo dal modo di ritagliare una porzione, quadrata nel disegno,<br />

del piano che contiene il quadrante ma anche perché rispetto al nuovo orizzonte cambia la retta di massima pendenza. In prima<br />

analisi è lecito ignorare questa rotazione poiché le considerazioni su inclinazione e declinazione sono legate solo all’orientamento<br />

del piano in cui giace il quadrante, invariabile, rispetto al piano dell’orizzonte, variabile con la località.<br />

In questa trattazione considerò l’inclinazione zenitale, cioè l’angolo tra la retta zenitale e la retta di massima pendenza del piano del<br />

quadrante, e la declinazione Sud per l’Emisfero Boreale cioè l’angolo, Est o Ovest, tra la direzione Sud nel piano orizzontale e la<br />

perpendicolare alla base del quadrante ossia all’intersezione del piano del quadrante con l’orizzonte. Nel fare riferimento a punti<br />

sulla sfera dove considerare dei quadranti traslati parallelamente a se stessi userò il termine equivalente per brevità di espressione<br />

riferendomi sia al quadrante sia ai parametri dell’orologio.<br />

7


<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 8<br />

Quadrante inclinato diretto Questo quadrante non è declinante ma solo inclinato. L’inclinazione può essere anche negativa, caso<br />

in cui il quadrante può essere definito reclinante, ma nella trattazione si parlerà comunque genericamente di inclinazione essendo<br />

valida anche per valori negativi.<br />

Questo è il caso più semplice. La retta di massima pendenza è contenuta nel piano meridiano e l’intersezione del piano in cui giace il<br />

quadrante con il piano orizzontale è sempre perpendicolare alla linea meridiana. Spostando il quadrante parallelamente a se stesso<br />

lungo il meridiano, la retta di massima pendenza continuerà ad appartenere al piano meridiano anche nella nuova località mentre il<br />

nuovo piano orizzontale si otterrà per rotazione sull’asse Est-Ovest. Cambierà quindi l’angolo diedro fra il quadrante e il nuovo piano<br />

orizzontale, angolo che nel piano meridiano corrisponde al complemento a 90° dell’inclinazione, ne segue quindi che è possibile<br />

traslare il quadrante sul meridiano fino a raggiungere una località in cui l’inclinazione sia nulla, cioè con il quadrante verticale, oppure<br />

sia 90°, cioè con il quadrante orizzontale.<br />

Nota l’inclinazione i del quadrante alla latitudine f, è quindi possibile conoscere l’inclinazione equivalente ie ad una nuova latitudine<br />

fe: ie = f - fe + i<br />

Imponendo che l’inclinazione equivalente sia nulla o 90° si può calcolare la latitudine equivalente in cui il quadrante diviene verticale<br />

o orizzontale:<br />

Quadrante equivalente verticale: fe = f + i<br />

Quadrante equivalente orizzontale: fe = f + i - 90°<br />

Quando la latitudine equivalente supera i 90° la località equivalente ha superato il Polo ed è necessario considerarne il<br />

complemento a 180° nonché considerare l’antimeridiano. Latitudini negative hanno significato di latitudine Sud e se inferiori a -90° è<br />

necessario calcolarne il complemento a -180° e riferirsi all’antimeridiano.<br />

Il quadrante orizzontale o verticale nella rispettiva località equivalente è calcolato con formule più semplici rispetto a quelle che<br />

prevedono un’inclinazione qualunque alla località originale. La linea sustilare e la corrispondente ora sustilare non variano<br />

cambiando l’inclinazione poiché la declinazione rimane sempre nulla, mantenendo sempre nulli entrambi questi parametri.<br />

8


<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 9<br />

Quadrante inclinato e declinante Questo quadrante rappresenta un caso molto più complesso del precedente. Per analizzare il<br />

quadrante nelle località equivalenti si seguiranno due distinte linee d’indagine che convergeranno in un’unica visione contenente più<br />

soluzioni. Con la prima linea si valuta come variano inclinazione i e declinazione d al variare della località equivalente per<br />

determinare quali luoghi corrispondano ad un condizionamento dei due parametri. La seconda linea servirà a determinare come<br />

variano l’angolo e l’ora sustilare poiché variazioni di questi angoli condizionano il significato di quadrante equivalente. Il confronto fra<br />

gli esiti di queste due indagini porterà a più di una conclusione.<br />

Variazione dell’inclinazione e della declinazione Il caso si presenta più complesso poiché una traslazione del quadrante sul<br />

meridiano provoca una variazione dell’inclinazione ma anche della declinazione. Ciò comporta che al raggiungimento della latitudine<br />

in cui il quadrante equivalente diviene verticale la declinazione risulti diversa da quella originale e che non sia possibile raggiungere<br />

una latitudine in cui la declinazione si annulli o in cui il quadrante equivalente divenga orizzontale.<br />

Nel disegno un quadrante risulta inclinato e declinante sull’orizzonte dell’osservatore. Si simula la traslazione del quadrante ad una<br />

latitudine più a Nord ruotando l’orizzonte dell’osservatore sull’asse Est-Ovest finché lo zenit del nuovo orizzonte si trovi a giacere nel<br />

piano del quadrante, cioè l’inclinazione sia nulla.<br />

La declinazione è l’angolo tra il meridiano e la perpendicolare all’intersezione del quadrante con il piano orizzontale ma la si può<br />

indicare anche come l’angolo tra la stessa intersezione e la direzione Est-Ovest quindi nel disegno la declinazione sull’orizzonte<br />

dell’osservatore è l’angolo E-O-B. Sull’orizzonte equivalente la declinazione per rimanere invariata dovrebbe corrispondere<br />

all’angolo E-O-D poiché per costruzione O-B è identico a O-D ma dal disegno si nota che l’intersezione del quadrante con l’orizzonte<br />

equivalente genera un segmento O-C per cui la declinazione equivalente è l’angolo E-O-C visibilmente più piccolo di E-O-D.<br />

Questa costruzione è utile solo per dare un’indicazione visiva della variazione della declinazione ma non è la più pratica, per<br />

procedere ad un’analisi approfondita è preferibile considerare la sfera terrestre indicando sulla superficie in un generico punto P un<br />

quadrante inclinato e declinante con il relativo piano dell’orizzonte. Il piano che contiene il quadrante taglia la sfera generando un<br />

circolo il cui asse intercetta un punto Po sulla sfera dove il quadrante traslato risulterà orizzontale. In realtà i punti sono due se si<br />

considera anche quello agli antipodi.<br />

9


<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 10<br />

Si consideri infatti che i quadranti equivalenti giacciono sempre in un piano traslato parallelo a se stesso quindi lo spostamento può<br />

raggiungere un punto in cui il piano diventa tangente alla sfera e dove il quadrante risulta orizzontale. Questo punto Po sarà<br />

chiamato punto equivalente orizzontale.<br />

Si tratterà ora di individuare sulla sfera i parametri dell’orologio, come l’inclinazione e la declinazione, per poter procedere con la<br />

trigonometria sferica poiché, a fronte della sua apparente complessità, questo approccio permette l’analisi più completa e<br />

approfondita. Si consideri il circolo massimo che in P risulta perpendicolare all’intersezione del quadrante con il piano orizzontale.<br />

Questo circolo massimo delimiterà con il meridiano in P un angolo pari alla declinazione del quadrante, per definizione stessa di<br />

declinazione, e sarà anche perpendicolare al circolo generato sezionando la sfera con il piano del quadrante quindi dovrà<br />

raggiungere l’asse di questa sezione dove si trova Po. L’angolo S-P-Po rappresenterà la declinazione d. Si consideri ora che il piano<br />

contenente il circolo massimo per P e Po contiene anche la retta di massima pendenza del quadrante e questa condizione è<br />

invariabile traslando il quadrante sul circolo. In effetti si potrebbe per un istante fingere che il circolo sia un meridiano rispetto al<br />

quale la declinazione sarebbe nulla e quindi ogni traslazione del quadrante su questo circolo provoca un cambiamento di<br />

inclinazione pari all’arco percorso come si è già analizzato per i quadranti non declinanti. In realtà la declinazione cambia in ogni<br />

punto del circolo poiché cambia l’angolo tra il meridiano passante per il punto sul circolo e il circolo stesso ma ciò che importa è che<br />

l’inclinazione varia sul circolo di un valore pari all’arco percorso. Questo ci permette di evincere che l’arco P-Po è pari al<br />

complemento a 90° dell’inclinazione i del quadrante poiché in Po la declinazione vale 90° e in P vale i. Poiché abbiamo considerato<br />

un punto qualunque P se ne deduce che tutti i punti Pq aventi in comune il punto equivalente orizzontale Po sono distanti da questo<br />

un arco complemento a 90° dell’inclinazione in Pq. Il punto equivalente orizzontale assume quindi un significato importante poiché<br />

fornisce una misura diretta dell’inclinazione di un quadrante equivalente in un punto qualunque della sfera nota l’ampiezza dell’arco<br />

che lo separa da Po. Ogni circolo avente Po sul proprio asse è perciò l’insieme delle località dove si trovano tutti i quadranti<br />

equivalenti di una data inclinazione e in particolare sul circolo massimo i cui punti distano 90° da Po si troveranno tutti i quadranti<br />

equivalenti verticali.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 11<br />

Si rende necessario esprimere le coordinate del punto Po che si possono ricavare grazie alle formule risolutive dei triangoli sferici<br />

applicate al triangolo N-P-Po ricordando che l’angolo N-P-Po corrisponde a 180°-d, l’arco N-P a 90°-f, l’arco Po-N a 90°-i. Indicherò<br />

con fo e lo la latitudine e la longitudine di Po posto che sia nulla la longitudine di P, l’angolo P-N-Po corrisponderà a lo e l’arco N-Po<br />

a 90°- fo.<br />

cos i sen d<br />

sen fo = sen i sen f - cos i cos f cos d sen lo = ---------------<br />

cos fo<br />

La formula della latitudine di Po rivela inoltre che questa è pari al valore dell’elevazione dello stilo per cui fo = e.<br />

Come caso particolare si può considerare che un orologio polare ha elevazione nulla e quindi Po si troverà sull’Equatore e il circolo<br />

massimo dei quadranti equivalenti verticali sarà costituito da un meridiano con il relativo antimeridiano. Un orologio equinoziale<br />

(altrimenti detto equatoriale) avrà invece elevazione pari a 90°, quindi Po si troverà al Polo e tutti i quadranti equivalenti verticali<br />

sull’Equatore.<br />

Nel caso generale di un qualunque punto P con una elevazione generica e il circolo massimo dei quadranti equivalenti verticali<br />

intercetterà il meridiano di P in un punto Pv che identifica il cercato punto sul meridiano dove il quadrante equivalente diviene<br />

verticale. Il circolo passante per Po e Pv forma con il meridiano un angolo che esprime la declinazione dv del quadrante verticale<br />

equivalente in Pv e che il disegno evidenzia diverso da quello originale in P, come ci si aspettava. Per il calcolo delle coordinate del<br />

punto Pv si considererà il triangolo sferico P-Pv-Po dove l’arco Po-Pv vale 90° ottenendo:<br />

11


<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 12<br />

tg i cos lo<br />

sen dv = cos i sen d tg Df = --------- tg fv = - --------cos<br />

d tg fo<br />

dove Df è la differenza di latitudine fra P e Pv mentre fv è la latitudine di Pv. E’ sottointeso che l’inclinazione iv sia nulla avendo<br />

imposto all’arco Po-Pv ampiezza di 90° e che la longitudine lv sia pure nulla essendo identica a l.<br />

È quindi possibile ricercare anche la località in cui un quadrante equivalente risulti sia verticale che non declinante. Questo punto si<br />

troverà ovviamente sul circolo dei quadranti equivalenti verticali e dovrà appartenere anche al meridiano di Po. Per quanto detto la<br />

declinazione in punto equivalente qualunque Pq è data dall’angolo fra il meridiano passante per Pq e il circolo massimo passante per<br />

Po e Pq, pertanto tutti i punti sul meridiano di Po avranno quadranti equivalenti non declinanti. Il punto cercato Pv2 ha la stessa<br />

longitudine di Po, per definizione l’inclinazione e la declinazione sono nulle e infine la latitudine sarà 90° + fo trovandosi Pv2 sul<br />

meridiano di Po e dovendo essere distante 90° da Po.<br />

lv2 = lo fv2 = fo + 90° iv2 = 0 dv2 = 0<br />

Per completare questa prima analisi considererò anche un punto equivalente qualunque Pq del quale siano note le coordinate lpq e<br />

fq, questo punto forma un triangolo sferico N-Po-Pq da cui ottenere le formule che permettono di calcolare l’inclinazione iq e la<br />

declinazione dq del relativo quadrante equivalente. La longitudine lq della formula è espressa come differenza di longitudine con Po<br />

pertanto se la si vuole esprimere rispetto al punto P con lpq dovremo considerare che lpq = lo + lq.<br />

cos fo sen lq<br />

sen iq = sen fo sen fq + cos fo cos fq cos lq sen dq = - -------------------<br />

cos iq<br />

Essendo ora in grado di capire e determinare come cambiano inclinazione e declinazione in un quadrante equivalente si rende<br />

necessario avviare un’altra indagine poiché traslando un quadrante cambia la linea di massima pendenza e quindi a priori non è<br />

chiaro come possano variare l’ora e l’angolo sustilare, variazioni che modificherebbero l’impianto delle linee orarie.<br />

Variazione dell’angolo sustilare I quadranti equivalenti hanno tutti la stessa elevazione dello stilo e poiché la sustilare è la linea sul<br />

quadrante generata dall’intersezione con il piano perpendicolare al quadrante e che contiene lo gnomone, ne segue che nella<br />

traslazione di quadrante e stilo è solidale anche la sustilare. In una traslazione, immaginando fisso quadrante, stilo e sustilare,<br />

cambia l’orientamento del piano orizzontale e ciò determina una retta di massima pendenza che forma un angolo con la retta<br />

sustilare di ampiezza variabile. Questo angolo s è l’angolo sustilare e una sua variazione implica che, determinata la retta di<br />

massima pendenza in una località equivalente, il complesso delle linee orarie apparirà ruotato rispetto alla linea di massima<br />

pendenza dello stesso quadrante osservato nella località originale.<br />

In teoria è come se si costruisse un orologio nella località equivalente e poi trasportandolo nella località originale lo si dovesse<br />

ruotare nel suo piano per la differenza fra i due angoli sustilari, rotazione da eseguire rispetto alla nuova linea di massima pendenza.<br />

In realtà questa è solo una figura retorica poiché se sul quadrante dell’osservatore si è tracciata la retta sustilare, i calcoli eseguiti<br />

con i parametri del quadrante equivalente permetteranno di tracciare le linee orarie rispetto alla sustilare e quindi la rotazione<br />

avverrà implicitamente senza realmente eseguirla.<br />

Se fra due località l’angolo sustilare fosse invariato non sarebbe necessaria alcuna rotazione, anche se teorica, quindi diviene<br />

interessante trovare il luogo dei punti in cui non varia s. La retta di massima pendenza è generata sul quadrante dall’intersezione<br />

con un piano che sia perpendicolare al quadrante e al piano orizzontale, se in una traslazione questo piano generatore non variasse<br />

orientamento non cambierebbe nemmeno l’angolo sustilare.<br />

Immaginando la consueta traslazione in cui si tiene fisso quadrante, stilo e sustilare e varia invece l’orientamento dell’orizzonte, si<br />

dovrebbe determinare per quale direzione i vari piani dell’orizzonte generati condividono il medesimo piano perpendicolare. Questa<br />

è una condizione già nota che si è vista verificata quando si trasla il quadrante su di un circolo massimo passante per Po, in questa<br />

circostanza infatti l’intersezione del quadrante con il piano orizzontale di un punto sul circolo genera un asse attorno al quale, per<br />

rotazione, si possono generare gli orizzonti degli altri punti equivalenti del circolo. Tutti questi piani degli orizzonti condividono lo<br />

stesso piano perpendicolare che risulta perpendicolare anche al quadrante, quindi sul quadrante si genererà sempre la stessa retta<br />

di massima pendenza con angolo fisso rispetto alla retta sustilare che si è detta invariabile.<br />

Si può dire quindi che l’angolo sustilare è costante per tutte le località equivalenti sullo stesso circolo massimo passante per Po,<br />

inoltre il meridiano di Po appartiene pure ad un circolo massimo e tutti i quadranti equivalenti su questo circolo hanno declinazione<br />

nulla, per quanto già appurato, e quindi anche angolo sustilare nullo come si evince dalla formula<br />

cos f sen d<br />

sen s = -----------------<br />

cos e<br />

Infine si può osservare che nella precedente analisi del triangolo sferico P-N-Po era stato trascurato l’angolo N-Po-P, calcolandone<br />

ora la formula, questa si rivela identica a quella per il calcolo di s.<br />

cos f sen d<br />

sen (N-Po-P) = -----------------<br />

cos e<br />

Quest’ultima considerazione permette di estendere il ragionamento ad un qualunque punto Pq e concludere che l’angolo sustilare di<br />

un quadrante equivalente in Pq è pari all’angolo fra il meridiano di Po e il circolo massimo passante per Po e Pq.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 13<br />

Riconsiderando il punto Pv2 potremo ora affermare che il quadrante equivalente verticale e non declinate ha angolo sustilare s v2<br />

nullo e differente quindi da s in P. Come già considerato ciò comporta che in P il quadrante potrà essere tracciato come un verticale<br />

non declinante rispetto ad una sustilare che non è verticale, come lo è in Pv2, ma ruotata di s rispetto alla propria retta di massima<br />

pendenza.<br />

Diverso il caso di Pv il cui angolo sustilare s v sarà dato dall’angolo Pv-Po-N del triangolo sferico N-Pv-Po già considerato e da cui si<br />

ricava<br />

sen s v = - tg lo sen fo<br />

Inoltre è possibile ricavare l’angolo Pv-Po-P che corrisponde alla più significativa differenza di angolo sustilare Dsv Ds tra P e Pv. Verrà<br />

considerato il triangolo sferico P-Pv-Po dove in particolare sono noti l’arco Pv-Po pari a 90°, l’arco P-Po complemento a 90°<br />

dell’inclinazione i e l’angolo Pv-P-Po complemento a 180° della declinazione d:<br />

tg Dsv Ds = - sen i tg d<br />

Fine prima parte.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 14<br />

Lo stilo conico<br />

Riccardo Anselmi, S.Vincent (AO)<br />

Se si osserva l'immagine di un quadrante solare a ore italiche e babiloniche, realizzata graficamente con il computer, si nota che le<br />

rette orarie italiche e quelle babiloniche formano una poligonale che diventa tanto più simile ad una curva quanto maggiore è il<br />

numero di rette orarie considerate. Si dimostra facilmente che tale curva, costruita per tangenti, è una conica che si ottiene<br />

sezionando un particolare cono con il piano del quadrante. Nell'esempio di figura 1 è un'ellisse ma, a seconda della declinazione o<br />

della latitudine, può diventare un'iperbole. Il cono ha il vertice nella punta dello stilo e l'asse coincidente con l'assostilo. La figura <strong>n°</strong>1<br />

si riferisce ad un orologio solare che presenta i<br />

seguenti parametri tecnici: latitudine 30 ° nord,<br />

declinazione 23° ovest. La forma dell'ellisse appare<br />

evidentissima. Si nota che l'asse maggiore si trova<br />

sulla retta sustilare e che il vertice giace sul piano<br />

dell'orizzonte. Il cono può essere usato come uno stilo<br />

dotato di alcune interessanti caratteristiche. E'<br />

possibile utilizzare un normale quadrante ad ore<br />

astronomiche per la lettura delle ore italiche e di quelle<br />

babiloniche. Si possono indicare le cifre di tali sistemi<br />

orari sulla linea del solstizio invernale o sulla linea<br />

dell'orizzonte. Infatti, una nota proprietà delle ore<br />

italiche, riportata anche da Rohr, ci dice che unendo<br />

opportunamente le intersezioni delle rette orarie<br />

astronomiche situate sulla linea dell'orizzonte e quelle<br />

sulla linea equinoziale si hanno le rette orarie italiche<br />

e babiloniche. Se, invece, lo si usa su un regolare<br />

quadrante ad ore italiche, la lettura dell'ora non è<br />

limitata alla sola punta dell'ombra ma, più agevolmente, a tutta la sua<br />

estensione.<br />

Considerando due linee tangenti alla conica che convergono nello stesso<br />

punto si intuisce la forma dell'ombra generata dal cono. Sul lato sinistro si<br />

leggono le ore italiche, sul destro quelle babiloniche. La punta dell'ombra<br />

funziona come quella di un normale ortostilo consentendo la individuazione<br />

delle varie linee diurne e la lettura dell'ora astronomica. La conica equivale<br />

ad una linea diurna di un ipotetico sole la cui declinazione raggiunge un<br />

valore pari alla colatitudine locale. Nel<br />

caso specifico risulta : δ = - 60°. In<br />

figura 3 sono meglio visibili le<br />

caratteristiche dello stilo conico. GN è<br />

l'ortostilo, AN, AN e TN sono tre<br />

generatrici. Il punto T, che giace sulla<br />

linea dell'orizzonte, rappresenta il<br />

punto di contatto della 24° ora italica<br />

e della 12° ora babilonica. Il triangolo<br />

ANG va ruotato di 90 gradi verso<br />

l'osservatore in modo che il vertice N<br />

sia sovrapposto a G. Se si taglia il<br />

cono con un piano ortogonale al suo<br />

asse si evidenzia la sua sezione<br />

circolare che può essere utile per la<br />

costruzione dello stilo conico.<br />

Pertanto il cono può essere<br />

rappresentato come in figura 4 dove<br />

si osserva il piano secante e, in<br />

proiezione, l'ellisse di base dello stilo.<br />

Quando la conica stilare è una<br />

iperbole, l'adozione di uno stilo conico<br />

diventa puramente teorica perché<br />

questo tipo di gnomone è difficilmente<br />

realizzabile. Le rette orarie italiche, alle ore 24, sono tangenti alla parte alta<br />

della conica stilare, poi, raggiunta la posizione limite in cui coincidono con un asintoto, si staccano dalla parte superiore per aderire a<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 15<br />

quella inferiore, generando un sistema di ore italiche basculanti. Questa caratteristica è tipica degli orologi solari posti a latitudini<br />

settentrionali o a quadranti molto declinanti. In questo caso è consigliabile l'adozione di un normale ortostilo a meno che non ci si<br />

senta in vena di compiere qualche virtuosismo gnomonico, dato che lo stilo conico assume la forma di un cono coricato. Per<br />

facilitare la realizzazione di uno stilo conico si propongono alcune formule. Se si taglia un cono a sezione circolare, con un piano<br />

obliquo (come<br />

( ) ( ) ⎟⎟<br />

gn ⋅sin<br />

ϕ ⎛ 1 1 ⎞<br />

cosε<br />

a = ⎜ +<br />

, l’eccentricità risulta: Ε = , dove ε è l’angolo tra<br />

2⋅<br />

sin ε ⎝sin<br />

ε + ϕ sin ε −ϕ<br />

⎠<br />

cosϕ<br />

c = Ε ⋅ da cui si ottiene il semiasse<br />

l’assostilo e la retta sottostilare, chiamato anche altezza sostilare o elevazione dello stilo, a<br />

2<br />

minore: b = a 1− Ε . Applicando le suddette formule all’esempio di figura 1 si ricavano i seguenti dati: assostilo = 0,25, r =<br />

0,1448, a = 0,2246, b = 0,161 e Ε = 0.6971. Lo studio di un piano inclinato che seziona un cono rivela, oltre alle ben note coniche,<br />

un interessante risvolto di carattere matematico e geometrico che, pur esulando leggermente dalla finalità gnomonica dell’articolo,<br />

desidero sottoporre all’attenzione del lettore, confidando nella sua benevolenza, dato che si presenta in modo del tutto fortuito. Si<br />

osservi la figura 4 e si immagini di variare a piacere l’angolo ε, o meglio il suo complementareω = 90 −ε<br />

, come in figura 5,<br />

assumendo il punto A in basso come polo. Ebbene i fuochi della conica descrivono una interessante curva asintotica, a forma di<br />

occhiello, di cui presento soltanto l’equazione polare e il grafico, avendo appunto scelto il polo A come origine delle coordinate polari,<br />

AQ come raggio vettore e ω come anomalia. Sia z 0 il tratto VH, l’equazione cercata risulta:<br />

0tan<br />

ϕ(<br />

cosϕ<br />

+ sin ω)<br />

ρ =<br />

cosω<br />

cosϕ<br />

+ sin ωsin<br />

ϕ<br />

z<br />

. La formula dell’eccentricità della conica stilare ci permette di stabilire, con assoluta<br />

precisione, le condizioni in cui si verifica il fenomeno delle “ore italiche basculanti”. Si consideri ora anche la formula<br />

sin ε = cos ϕcos<br />

d che esprime l’elevazione dello stilo ε in funzione della latitudine ϕ e della declinazione d . Per<br />

d = 0 e Ε = 1 si ottiene ϕ = 45 , risultato scontato che ci conferma che questa è la latitudine limite al disopra della quale<br />

non si può mai fruire di uno stilo conico a sezione ellittica, qualunque sia la declinazione dell’orologio solare. Al di sotto di questo<br />

limite le ellissi sono inizialmente molto allungate tendendo sempre più alla forma<br />

circolare man mano che la latitudine diminuisce. Questa non viene mai raggiunta o,<br />

per lo meno, quando ciò si verifica, il raggio è nullo. Variando la declinazione, a<br />

latitudini più meridionali, si possono trovare altri valori limiti oltre i quali risulta che<br />

l’eccentricità della conica stilare è maggiore di 1. Percos ε > cosϕ<br />

risulta<br />

Ε > 1 . Nel caso di figura 1, la declinazione limite oltre la quale lo stilo conico<br />

assume, sul quadrante, la sezione iperbolica si ha per d > ± 54.<br />

73 . La formula<br />

che ci fornisce il valore della declinazione oltre il quale l’eccentricità della conica<br />

stilare supera l’unità è la seguente: cos d = tan ϕ.<br />

Se si imposta un sistema di<br />

coordinate cartesiane che abbia in ascissa i valori della declinazione e in ordinata i<br />

valori di latitudine, la curva, composta da tutti i punti in cui le coppie ϕ e<br />

d determinano una conica stilare di eccentricità uguale a 1, è rappresentata dalla<br />

funzione d = arccos tan ϕ.<br />

Questo grafico e questa circostanza, ma non<br />

l'equazione, richiamano in modo straordinario, la parabola di sicurezza che si studia<br />

in fisica, curva oltre la quale un proiettile sparato da M, con la medesima velocità<br />

iniziale v 0 e con qualunque angolazione, non può mai colpire un bersaglio, perché<br />

si trova oltre la gittata massima del pezzo di artiglieria. Questa è la seconda<br />

digressione inserita in questo articolo ma il riferimento era troppo evidente ed<br />

invitante per non citarlo. Il software per la realizzazione grafica della curva ad occhiello, chiamato focaria.exe, e, quello della curva di<br />

sicurezza, chiamato sicura.exe, sono disponibili sul sito web: http://digilander.iol.it/sundials.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 16<br />

QUALE ITER GEOMETRICO HA ORIGINATO IL<br />

COSIDDETTO RIGHELLO DI MIDDLETON ?<br />

Alessandro Gunella, Biella AL<br />

Come mio solito, propongo al lettore la scoperta dell'acqua calda: chi trova trito l'argomento, non vada avanti.<br />

Il Cousins, nel suo testo (Sundials - London 1969 - 1972), a pag. 204 e segg. si interessa delle "dialling scales", facendo<br />

presente che il termine è in uso per lo meno dal 1767. (Si tratta in genere di righelli con scale opportune, che, disposti in un certo<br />

modo sulla parete, o sul piano, permettono di tracciare con facilità un orologio solare.) Si dilunga poi su un particolare tipo di tali<br />

righelli, che egli chiama "di Middleton" perché il modello a sue mani (in ottone, eseguito con cura, e dotato di libro d'istruzioni) è stato<br />

prodotto industrialmente o quasi, da tale Middleton. Riporta infine la trattazione trigonometrica che giustifica lo strumento, dovuta al<br />

Sig. J.G. Porter.<br />

Il trasferimento su righelli dei parametri delle linee orarie (e quindi la costruzione delle dialling scales) è di origine<br />

abbastanza antica, e si presta per altro ad una ricerca, che va ben oltre i limiti di questo articolo. Fra i costruttori cito per tutti Clavio<br />

(Constructio instrumenti ad Horologiorum descriptionem.. 1586 : cap. 16°) e Kircher (Ars Magna Lucis et Umbrae. 1646- Pag. 343 e<br />

segg.). Tutti i righelli sono sostanzialmente simili, e quelli citati sono graficamente molto vicini alle Scale di Middleton, anche se si<br />

basano su un principio diverso.<br />

E' possibile invece vedere delle scale, identiche a quelle che vogliamo trattare, nella Planche 2 del Dictionnaire raisonné del<br />

Sciences etc.. Tome 3ème- 1781- Lausanne et Berne.<br />

Pur riconoscendo nella dimostrazione matematica data da Cousins la correttezza e la completezza, mi permetto di<br />

contestarla dal punto di vista storico e logico: il costruttore (che mi è sconosciuto) del primo righello di questo genere difficilmente ha<br />

tratto l'idea da considerazioni trigonometriche: più ragionevolmente deve aver visto il problema come una logica conseguenza della<br />

intersezione del fascio di piani orari con altri piani. Ad esempio, la Fig. 109 del trattato di Ozanam (Récréations mathématiques -<br />

Ediz.1725) contiene tutte le costruzioni geometriche necessarie per affrontare il problema, anche se non approda ad uno strumento;<br />

ciò dimostra la ragionevolezza di questa mia contestazione.<br />

Propongo quindi in queste note una interpretazione puramente geometrica del problema, (anche se a volte userò dei<br />

termini trigonometrici per farmi capire; ma già prima del '300 lo strumento del Primo Mobile era noto, e si chiamava Sinus la<br />

semicorda; il termine "coseno" è più tardo, del 600 -sinus complementi) trattando casi elementari quali l'orologio orizzontale e quello<br />

verticale non declinante. In altri termini, lancio il sasso. Chi ha voglia, lo raccolga, e lo generalizzi, come ha fatto Cousins. Non è<br />

difficile, ma è poco pratico, e quindi sostanzialmente inutile.<br />

Premesse<br />

E' notorio che, se si tagliano le linee orarie di un orologio ad ore astronomiche con una retta parallela<br />

alla linea della terza ora, su tale retta si determinano delle intersezioni simmetriche rispetto alla sua<br />

intersezione con la nona ora (Si veda per Es. Bédos de Celles, planche 6). La proprietà è valida per qualsiasi<br />

retta parallela ad una linea oraria: la simmetria delle intersezioni avviene in riferimento all'intersezione con la<br />

linea sfalsata di 6 ore. La dimostrazione è elementare: basta considerare la retta come traccia di un piano<br />

parallelo al piano dell'ora di riferimento.<br />

Una conseguenza, che forse non è mai stata illustrata perché considerata ovvia, è la seguente:<br />

* In un orologio orizzontale, o verticale non declinante, se tracciamo la retta α parallela alla 3a ora (la 3a,<br />

perché la figura risulta simmetrica rispetto alla linea del mezzodì) a partire dall'intersezione K fra linea<br />

meridiana ed equinoziale, essa incrocia la linea dell'ora 6a in Q; la figura TQHK è un rettangolo, ma non<br />

solo: per ragioni geometriche la distanza TQ è uguale al raggio del cerchio equatoriale, origine grafica del<br />

quadrante.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 17<br />

* Se si considerano due quadranti<br />

costruiti per latitudini diverse, ma con lo<br />

stesso cerchio equatoriale, le linee orarie<br />

dei due orologi determinano sulle rette α<br />

e α' dei segmenti proporzionali: AD: A'D'<br />

= AQ:A'Q' = AB:A'B' ecc.. (Fig. 1)<br />

Inoltre il rapporto di proporzione si può<br />

avere anche con i punti su un'analoga<br />

intersezione del cerchio equatoriale.<br />

(sono A", B", ecc..)<br />

Conseguenze<br />

Nella fig. 2, che rappresenta la<br />

costruzione della linea della 3a ora in un<br />

qualsiasi orologio orizzontale, se<br />

consideriamo fissa la lunghezza ST del<br />

raggio equatoriale, al variare della latitudine<br />

varia la distanza TK = ST/sinϕ; di<br />

conseguenza variano la diagonale KQ ed in<br />

essa le posizioni dei punti E, D, A, B, C. Su<br />

questa premessa si può costruire il righello<br />

di Fig. 3: esso può essere in carta<br />

trasparente. TQ viene appoggiata alla linea delle ore 6, e TK alla linea meridiana. Le parallele alla linea<br />

meridiana si possono costruire facilmente tracciando l'orologio per una latitudine qualsiasi: la diagonale KQ,<br />

parallela alla 3a ora, che interseca le linee orarie del quadrante, determina le distanze AB=AD, AC=AE,<br />

AK=AQ.<br />

La posizione del punto K,<br />

relativamente alle varie latitudini,<br />

può essere individuata con la<br />

costruzione dei triangoli rettangoli<br />

gnomonici TSK della figura: ne<br />

sono stati disegnati alcuni, per<br />

illustrare come trovare la<br />

graduazione laterale lungo la linea<br />

meridiana. (Si tenga presente che<br />

per gli orologi verticali basta fare<br />

90° - ϕ, e usare lo stesso<br />

disegno). Si traccia sul righello la<br />

QK, che intersechi il fascio di<br />

parallele, e poi, trasferiti sul quadrante i punti C, B, A, D, E, si ottengono le linee orarie valide per quella<br />

latitudine.<br />

Il "righello" così concepito non ha nome, che io sappia, ma uno "strumento" analogo si trova già in Kircher.<br />

(1640)<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 18<br />

Con ragionamento<br />

analogo, ma opposto, si può<br />

considerare fissa la<br />

lunghezza della diagonale<br />

KQ, e variare invece la<br />

lunghezza del raggio<br />

equatoriale TK. E qui si<br />

hanno le scale (di Middleton)<br />

da costruirsi secondo la fig.<br />

4a e da usarsi secondo la fig.<br />

4b, in cui QK, debitamente<br />

suddivisa con i punti A, B, C,<br />

D E, è di lunghezza costante; e invece TQ è variabile, in relazione alla latitudine. La determinazione della<br />

scala grafica su TQ è fattibile per via grafica, con il disegno illustrato: il metodo è apparentemente laborioso,<br />

ma non più di tanto:<br />

TF sia uguale alla lunghezza voluta di QK; con centro in F si tracci l'arco di cerchio TH (si opera per il<br />

quadrante orizzontale).<br />

Per ogni latitudine ϕ occorrerà determinare la posizione di H: il triangolo gnomonico "provvisorio" sia<br />

HH0F, in cui HH0 è il raggio equatoriale, e HF=TF la distanza fra un ipotetico centro F dell'orologio e la<br />

linea equinoziale GT. In questo orologio il punto G è il punto della 3a ora, e la retta GF è la<br />

corrispondente della QK per questa latitudine. Basta tracciare da M la parallela a TF per trovare la "vera<br />

lunghezza" di QT per la latitudine ϕ. Si osservi che per ϕ= 90° la lunghezza massima di QT vale QK/√2<br />

Il tutto è raccolto in un righello che su un lato ha QK, con le suddivisioni orarie (e a volte le mezze ore, i quarti,<br />

gli ottavi, ecc..), e dall'altra QT, suddiviso debitamente in "latitudini". (Fig. 5)<br />

Per quanto riguarda i<br />

quadranti declinanti, si tenga<br />

presente che occorre determinare<br />

prima la sostilare, poi una<br />

perpendicolare alla sostilare che<br />

passi per il centro dell'orologio<br />

(con funzione di ora sesta fittizia),<br />

e ancora la "latitudine fittizia" del<br />

triangolo gnomonico. Bisogna poi<br />

individuare lo sfalsamento della linea meridiana rispetto alla sostilare, e per questo viene utile un righello che<br />

abbia anche le frazioni di ora, e non solo i punti A, B, C ecc.. Il problema diventa più complesso, ma sempre<br />

affrontabile con il righello.<br />

Dubito però che meriti fare acrobazie per adottarlo ancora: meglio forse ricorrere ad una costruzione<br />

suggerita dal Clavio, costruzione che per un certo periodo fu considerata "il ponte degli asini" per la sua<br />

semplicità, e poi praticamente dimenticata. (Ma proprio perché semplicissima dovrebbe essere considerata<br />

"del genio", o sbaglio?) Ne trattiamo ad una prossima occasione.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 19<br />

MERIDIANA-OROLOGIO SOLARE SUL<br />

CAMPANILETTO DELL'ORATORIO DI CARCINA<br />

Giacomo Agnelli, Brescia<br />

L’orologio solare – detto impropriamente “meridiana” – è un arcaico strumento scientifico che si<br />

serve dell’ombra del sole per indicare il trascorrere del tempo, sia le ore della giornata sia le<br />

stagioni ed i mesi dell’anno. Poco più di un secolo fa era il regolatore della vita agreste ma anche<br />

degli orologi meccanici delle torri campanarie.<br />

C’è un ritorno d’interesse per le meridiane, soprattutto all’estero ma ora anche in Italia, un desiderio<br />

di conoscenza del modo con cui i nostri antenati misuravano il trascorrere del tempo. Oggidì, una<br />

riscoperta ed una valorizzazione culturale di questi segnatempo antichi si dimostra molto gradita a<br />

chi ama le cose dei nostri predecessori.<br />

A cosa serve oggidì una meridiana?<br />

Ai fini pratici non serve più: ci sono radio e TV che indicano l’ora esatta più volte il giorno onde<br />

poter regolare il nostro orologio! Ma se ben la guardate - la nostra meridiana - essa acquisterà un<br />

fascino tutto suo, come avere un gioiello antico da custodire, perché se ne conoscerete il valore<br />

attraverso il modo di “leggerla” ne proverete soddisfazione e la consegnerete poi ai più giovani da<br />

tramandare ai posteri.<br />

E’ vero: comprendere come funziona e come va letta non è immediato e nemmeno sembra facile!<br />

La cosa era invece ovvia a tutti (anche al volgo) nei tempi passati, quando non c’erano orologi da<br />

tasca o da polso e tutte quelle cose moderne che c’informano appena lo vogliamo. Si tratta allora di<br />

porre attenzione alle spiegazioni che verranno date… e vi piacerà sicuramente.<br />

La costruzione dell’opera<br />

L’idea di fare la meridiana sul campaniletto dell'oratorio nacque al sig. Primo Trivella, osservando<br />

un'opera del genere esistente presso la "Casa Albergo" per anziani di Castenedolo. Egli pensò di<br />

eseguire un analogo orologio solare all'oratorio del paese, a memoria dei coscritti della Classe 1940<br />

e li coinvolse, travolgendoli con tutto l'entusiasmo di cui è capace.<br />

Subito si mise in contatto con l'ing. Giacomo Agnelli, autore della meridiana di Castenedolo, e<br />

verso la metà di marzo furono fatti i rilievi, calcolando le coordinate del luogo (da indicare sulla<br />

meridiana, in alto a destra, Latitudine = LAT.45,628° e Longitudine, LONG.10,205°, nonché la<br />

declinazione della parete = DECL. 63,2°). Dopo di che si è fatto il progetto e le prove necessarie. Il<br />

marmista ha completato poi l'opera su di una pregevole lastra in pietra di Botticino e si disse: “La<br />

inaugureremo a maggio" ed ecco il giorno è arrivato!<br />

Le parole del motto<br />

Cominciamo ora a parlare delle scritte che campeggiano in alto a sinistra. Sono il richiamo solenne<br />

della meridiana e sono dette "Scritte Morali":<br />

Notte e nube sono a me nemiche<br />

Amica m'è ogn'altra cosa buona<br />

e meco la voglio come il Sol<br />

che m'illumina e dà vita<br />

Esse s'ispirano al sole, che illuminandola indica con l'ombra, proiettata dallo gnomone (che è lo<br />

stilo inclinato, fissato alla sommità della lastra), le ore solari del luogo e la fa quindi viva e<br />

funzionante: è la meridiana che poeticamente parla, ma l'osservatore è indotto a riflettere come su<br />

"un inno alla vita", cosicché "ogni cosa buona" è d'importante valenza, come l'amore ad ogni<br />

effettivo valore, che fa godere la nostra vita!<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 20<br />

L’ora del giorno indicata dall’ombra del sole<br />

E’ il sole con il suo movimento a generare l’ombra che ne indica l’ora del giorno (nel nostro caso,<br />

in prevalenza di pomeriggio). Pertanto la meridiana obbedisce a ciò e non alle regole civili, ossia a<br />

quelle degli orologi delle torri o dei campanili o del nostro che abbiamo al polso. C’è una<br />

differenza, che all’epoca dei nostri antenati non risultava: l’orologio va secondo un tempo medio e<br />

regolato in base ai "Fusi Orari Internazionali" e l’adozione dell’ora civile invernale od estiva, detta<br />

legale.<br />

Sarebbe lungo e difficile spiegare qui tale differenza, ma per chi volesse si può fare ugualmente una<br />

lettura in concordanza mediante una semplice somma algebrica, poiché l’ora locale del sole é<br />

generalmente sempre diversa sul nostro orologio, a volte in ritardo e a volte in anticipo: utilizzando<br />

la tabellina qui di seguito (con i mesi dell’anno ed i minuti in più o in meno da aggiungere ogni 10<br />

giorni; per quelli intermedi si fa un’interpolazione) si può valutare, secondo quanto segna la<br />

meridiana, l’ora effettiva che noi leggiamo sull’orologio.<br />

mesi GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC<br />

giorno 1 3 1/2 131/2 121/2 31/2 -21/2 -2 31/2 6 zero -10 -161/2 -111/2<br />

giorno 10 7 1/2 14 10 1 -31/2 -1/2 5 5 -3 13 16 -7<br />

giorno 20 11 131/2 7 1/2 -1 -31/2 1 6 3 -61/2 -15 -141/2 -2 1/2<br />

ult.giorno 131/2 121/2 31/2 -21/2 -2 31/2 6 zero -10 -161/2 -111/2 3 1/2<br />

(NB: quando vige l’ora legale l'orologio si sposta di un’ora in più e la meridiana la prevede dopo l'Equinozio)<br />

Il ciclo annuale ed i riferimenti religiosi<br />

Dal giorno più breve e la notte più lunga –in pratica a Natale (scientificamente il 21 dicembre,<br />

giorno del "Solstizio d'inverno") - è mostrato che il sole forma un’ombra che si allunga<br />

continuamente per sei mesi, dopo di che si ha il giorno più lungo e la notte più breve, ossia dal<br />

Solstizio d’inverno a quello dell’estate. Poi s’inverte, diminuisce continuamente per gli altri sei<br />

mesi dell’anno, indicando che il sole così si comporta: crescendo dall’inizio dell’inverno fino alla<br />

fine della primavera e poi calando dall’inizio dell’estate fino alla fine dell’autunno. In sostanza, si<br />

va dal Natale, secondo la Chiesa, fino il giorno di S. Giovanni Battista (nato sei mesi prima di<br />

Gesù, ma scientificamente il 21 di giugno, giorno del "Solstizio d'estate"). Questi due “Momenti<br />

estremi” sono rappresentati dalle curve: quella alta, rivolta all’insù, per l'inizio dell'inverno e quella<br />

bassa, rivolta all’ingiù, per l'inizio dell'estate. Poi c’è da notare il passaggio, per due volte, dalla<br />

linea diritta: quando l’ombra è in fase di crescita, si ha l’inizio della primavera (per la Chiesa è il<br />

giorno dell’Annunciazione dell’Angelo a Maria, nove mesi prima del Natale); sei mesi dopo, con<br />

l’ombra in calo, si ha l’inizio dell’autunno, al 23 settembre (in pratica è il giorno di San Michele<br />

arcangelo, il vincitore dei demoni). Nei due passaggi si hanno quindi gli "Equinozi, rispettivamente<br />

di primavera e d’autunno", giorni in cui in tutto il mondo si hanno esattamente 12 ore di luce ed<br />

altrettante di buio.<br />

I mesi zodiacali anziché quelli del nostro calendario<br />

Poiché le stagioni sono determinate dalla posizione del sole (meglio sarebbe dire la posizione della<br />

terra durante il percorso della sua orbita attorno al sole), qui anche i mesi sono riferiti alle stelle, più<br />

precisamente alle costellazioni dello zodiaco, laddove noi vediamo transitare il sole dalla terra.<br />

Nella nostra meridiana, i segni zodiacali sono indicati nel grafico circolare (che rappresenta l'orbita<br />

terrestre) a diretto confronto con le quattro stagioni indicate. Se ci troviamo nella fase d'ascesa del<br />

sole, vale a dire in inverno ed in primavera, i segni che valgono sono i primi sei e ciascuno entro la<br />

propria fascia tracciata: ciascuno va considerato esteso per tutta la giornata. Se invece ci troviamo<br />

nella fase di discesa del sole, vale a dire in estate ed in autunno, i segni considerati sono gli altri sei<br />

e ciascuno entro le stesse fasce dette prima e questi valevoli per tutta la giornata.<br />

Secondo il calendario zodiacale si inizia l’anno dalla primavera.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 21<br />

Ciascuna delle quattro stagioni, dai Solstizi agli Equinozi e viceversa, sono divise in tre<br />

mesi di circa 30 giorni ciascuna (l’anno anticamente era stimato di 360 giorni, ma 5 o<br />

anche 6 giorni di differenza non contano nella meridiana, poiché ai solstizi l’ombra sembra<br />

fermarsi). Pressappoco, contando dall’inizio della primavera, attorno al 20 d'ogni mese<br />

cambia il segno zodiacale. In primavera abbiamo l’Ariete, il Toro ed i Gemelli (i cui segni<br />

sono rispettivamente indicati così: II); in estate abbiamo il Cancro - che è il<br />

granchio, un pesce di mare - il Leone e la Vergine ( ); in autunno abbiamo la<br />

Bilancia, lo Scorpione ed il Sagittario ( ) ; in inverno, infine, abbiamo il<br />

Capricorno, l’Acquario ed i Pesci ( ).<br />

<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 22<br />

OROLOGIO SOLARE A RIFLESSIONE AD “ASTA OSCURANTE”<br />

Silvio Magnani, Canneto Pavese PV<br />

ESTRATTO<br />

Viene illustrato un orologio solare a riflessione a specchio orizzontale. La caratteristica peculiare<br />

dell’orologio è quella di poter funzionare, in determinate condizioni, sia con il quadrante in ombra, sia con il<br />

quadrante illuminato dal sole. A quadrante illuminato dal sole, l’ombra di un’asta verticale permette di<br />

evidenziare il bollo di luce riflesso dallo specchio. L’orologio è adatto ad essere impiegato su pareti<br />

verticali relativamente basse a forte sporgenza del tetto.<br />

Alcune volte è difficile posizionare un orologio solare sulla parete di un edificio, anche se favorevolmente<br />

orientata a sud, in quanto l’ombra proiettata sulla parete dall’aggetto del tetto o di un balcone, in<br />

determinate ore della giornata e/o in determinati periodi dell’anno, si allunga fino a coprire tutta la parete o<br />

gran parte di essa..<br />

La lunghezza verticale dell’ombra sulla parete di un edificio può essere espressa dalla formula:<br />

l = s · tgh / cos(Ap - As)<br />

dove:<br />

l = lunghezza verticale dell’ombra sulla parete<br />

s = sporgenza del tetto<br />

h = altezza del sole<br />

Ap = azimut della parete<br />

As = azimut del sole<br />

gli angoli Ap e As sono misurati dalla medesima origine e con eguale convenzione di verso.<br />

La lunghezza dell’ombra aumenta proporzionalmente alla sporgenza del tetto, aumenta con l’aumentare<br />

dell’altezza del sole ( proporzionalmente alla sua tangente ), aumenta all’aumentare di Ap - As ( es. ore<br />

del mattino e parete declinante ad ovest oppure ore del pomeriggio e parete declinante ad est ).<br />

Prendiamo ora in considerazione un orologio solare verticale tradizionale posizionato su una parete che si<br />

trova nelle condizioni precedentemente descritte ( vedi figura 1 ).<br />

Con A è indicata l’estremità di un ipotetico ortostilo che<br />

dovrà ovviamente, nelle ore di funzionamento dell’orologio,<br />

essere illuminata dal sole. L’ombra di A viene proiettata nel<br />

punto contrassegnato con A’; tale punto potrebbe trovarsi in<br />

una posizione troppo bassa relativamente alla parete. Di<br />

conseguenza anche il quadrante dell’orologio si troverebbe<br />

in posizione troppo bassa o comunque non idonea alla<br />

parete.<br />

La soluzione a questo problema, che viene qui di seguito<br />

presentata, consiste nel posizionare nel punto A uno<br />

specchietto orizzontale; il raggio di luce riflesso da tale<br />

specchietto cade nel punto A’’ ( vedi figura 2 ). Il quadrante<br />

dell’orologio può essere posizionato più in alto sulla parete<br />

in una posizione che può essere più consona.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 23<br />

La lettura dell’ora è fatta, in questo caso, non più con<br />

l’ombra dello stilo ma con un bollo di luce riflesso sulla<br />

parete dallo specchietto. Lo specchietto dovrà essere<br />

ovviamente illuminato dal sole durante il funzionamento<br />

dell’orologio. Inoltre per potere chiaramente distinguere il<br />

bollo di luce riflesso, la zona del quadro dove tale bollo<br />

andrà a cadere dovrà trovarsi in ombra; diversamente la<br />

sua immagine sarebbe “cancellata” dalla luminosità del<br />

quadro.<br />

Questo secondo problema viene risolto nel modo che<br />

ora viene descritto. Lo specchietto viene sospeso ad<br />

un’asta verticale di sezione preferibilmente circolare e di<br />

diametro preferibilmente uguale al diametro dello<br />

specchietto e comunque non di molto inferiore; l’asse<br />

dell’asta passa per il centro dello specchio supposto<br />

circolare ( anche uno specchio quadrato di più facile<br />

costruzione può andare bene ). In questo modo anche il centro del bollo di luce riflesso cadrà sempre<br />

sull’asse dell’ombra dell’asta ( ombra che è visibile sul quadrante come un segmento verticale ); infatti la<br />

componente orizzontale del movimento del bollo di luce e dell’ombra dell’asta sul quadrante sono uguali.<br />

Verticalmente invece il bollo di luce scorre lungo l’ombra dell’asta; l’asta avrà perciò una lunghezza tale da<br />

mantenere il bollo di luce all’interno della sua ombra. In tal modo il bollo di luce riflesso sarà sempre<br />

evidenziato, anche quando il quadrante è illuminato direttamente dal sole ( vedi figura 3 ). Sulla figura con<br />

A è indicato lo specchietto, con A’’ il bollo di luce<br />

riflesso e con a e a’ l’asta verticale e la sua<br />

ombra.<br />

latitudine 45° 03’ N<br />

longitudine 9° 16’ E<br />

azimut parete 70° 24’ O<br />

altezza parete su cui è posizionato l’orologio ca. 4 metri<br />

sporgenza del tetto ca. 1 metro<br />

distanza dello specchio dalla parete 320 mm<br />

diametro dello specchio 15 mm<br />

Viene ora presentata un’applicazione di quanto<br />

sopra descritto su un orologio verticale realizzato<br />

dallo scrivente a Canneto Pavese nel marzo<br />

2000.<br />

L’orologio è scolpito su una lastra di marmo<br />

bianco di Carrara di dimensioni 100 x 72 x 2 cm<br />

contornata da una cornice in marmo verde<br />

Guatemala. La lastra è stata incisa con l’aiuto di<br />

un piccolo scalpello pneumatico. Le linee e i<br />

numeri sono stati successivamente colorati con<br />

vernici acriliche all’acqua.<br />

Altri parametri che contraddistinguono l’orologio<br />

sono:<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 24<br />

tempo misurato : ore al tramonto e ore vere locali<br />

Esaminiamo l’illuminazione della parete durante le ore di funzionamento dell’orologio. Nei giorni di<br />

equinozio, alle ore 13 locali ( altezza e azimut del sole ca. 43° e 20°O ) la lunghezza verticale dell’ombra<br />

della sporgenza del tetto (applicando la formula precedentemente riportata ) è ca.1.45 metri, mentre alle<br />

ore 15 ( altezza e azimut del sole ca. 30° e 55° ) si riduce a 0.60 metri. Al solstizio estivo la lunghezza<br />

dell’ombra sarà rispettivamente ca. 2.60 metri e 1.10 metri e al solstizio invernale 0.60 e 0.10 metri. La<br />

parete durante l’anno e durante la giornata si troverà a volte quasi completamente in ombra e a volte quasi<br />

completamente in sole.<br />

Le foto ( figure 4 e 5 ) mostrano l’orologio funzionante rispettivamente con quadrante in ombra e con<br />

quadrante in sole. In entrambi i casi l’ora è indicata dal bollo di luce riflessa dallo specchio; il bollo di luce è<br />

evidenziato nel primo caso dall’ombra del tetto, nel secondo dall’ombra dell’asta verticale. La figura 6<br />

mostra la sospensione dell’asta realizzata con una mensola in ferro battuto. Altre soluzioni possono essere<br />

immaginate; ad esempio su balconi o balconate ( dove la meridiana si presta ad essere realizzata ), che<br />

hanno la parete spesso in ombra, l’asta può essere fissata direttamente al balcone superiore.<br />

Il supporto dello specchietto è collegato all’asta per mezzo di un sottile tondino di acciaio. Il foro realizzato<br />

nel centro dello specchietto per il passaggio del tondino proietta nel centro del bollo di luce una macchia<br />

scura che permette una più precisa lettura dell’ora.<br />

Il disegno dell’orologio a riflessione è praticamente uguale a quello di un orologio tradizionale, ma ribaltato<br />

verso l’alto attorno ad un asse orizzontale. Ne risulta una linea dell’orizzonte in posizione bassa sul<br />

quadrante mentre le altre linee orarie e diurne sono in posizione superiore e tanto più alte quanto<br />

maggiore è l’altezza del sole; l’osservatore ha quindi una visione del disegno dell’orologio più aderente alla<br />

realtà.<br />

L’ombra dell’asta verticale può funzionare anche come indicatore di azimut. Una scala di azimut è stata<br />

disegnata nella parte inferiore dell’orologio. Tale scala è visibile nelle foto . Sulla scala sono state riportate<br />

alcune posizioni significative; in particolare l’azimut del Monte Bianco e del Monviso visibili da quella<br />

posizione.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 25<br />

RINGRAZIAMENTO<br />

Un grazie all’amico Gianni Ferrari per il programma di cui mi<br />

sono avvalso nel calcolo dell’orologio e per i suoi preziosi<br />

consigli.<br />

Caro <strong>Severino</strong>,<br />

ho appena letto su <strong>Gnomonica</strong> (n.8) un articolo di E. del Favero (Le ore di un quadrante che non c'e più) su un orologio solare<br />

dall'aspetto inusuale e scomparso .<br />

Con questo mio messaggio vorrei segnalare che recentemente ho incontrato un orologio molto simile, in discreto stato di<br />

conservazione, di cui ti trasmetto due foto e qualche notizia, per eventuale segnalazione sulla rivista.<br />

L'orologio si trova a Gravedona (alto lago di Como) su una villetta in riva al lago. Ha la stessa impostazione dell'orologio in<br />

questione, ma diverse differenze, tra cui:<br />

- non è firmato nè datato (sarà dello stesso autore e della stessa epoca?);<br />

- porta un motto (Sine nube placet);<br />

- non porta le linee diurne, ma solo quelle orarie;<br />

- la scritta che si trova nella parte bassa inizia con: I DUE NOMONI...... (senza la G, che non è semplicemente cancellata dal tempo ,<br />

perchè non ci sarebbe lo spazio dove metterla );<br />

- ha il solo tempo medio di Roma (senza la successiva aggiunta per ottenere il tempo dell'Europa centrale).<br />

L'abside che si vede sullo sfondo di una delle fotografie è quella della bella chiesa romanica di S. Maria del Tiglio: è segnalata da<br />

tutte le guide del lago (vale un viaggio) e può servire come riferimento per trovare l'orologio.<br />

Sulla vicina chiesa di S. Vincenzo vi sono altri due orologi solari, ma quasi completamente cancellati.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 26<br />

complimenti per la rivista<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 27<br />

La geometria dell'orologio italico orizzontale Ovvero due tecniche grafiche per costruirlo.<br />

Alessandro Gunella, Biella AL<br />

Vorrei poter iniziare con una frase che ho trovato in parecchi testi del 500: "candide lector", o lettore candido, nel senso<br />

che il lettore cui si rivolgeva l'autore era del tutto impreparato all'argomento. Ma non me la sento, perché di solito i miei pochi lettori<br />

sono del tutto preparati, e perché tutto sommato anche gli eventuali impreparati potrebbero risentirsi. Si vede che i tempi erano<br />

diversi, e la parola "candido" aveva altre accezioni, o i lettori erano veramente "candidi". Pazienza, non comincerò mai così..<br />

Una variante, sempre negli stessi testi, è "lectori benevolo": al lettore che si appresta con animo ben disposto a leggere<br />

quanto gli viene propinato; ed è più accettabile.<br />

E' anche giusto avvisare il lettore, che quanto viene esposto qui non è l'unica possibile interpretazione delle basi teoriche<br />

per la costruzione dell'orologio italico. Tuttavia questa ha una sua coerenza logica, che ne fa una plausibile via d'approccio. Poiché<br />

parti di essa sono utilizzate praticamente in vari testi, dal 500 in avanti, è da credersi che il suo sviluppo sia stato affrontato a<br />

quell'epoca e che i libri ne abbiano riportato solo i risvolti pratici, senza per altro citare o dimostrare le origini geometriche. Ma era<br />

un'abitudine diffusa: si spiegava il come, senza curarsi di spiegare il perché, (per fortuna con qualche eccezione).<br />

L'orologio italico fu sostanzialmente abbandonato con l'inizio dell'800; morì si può dire di morte naturale, ucciso<br />

dall'avvento dell'industria e della ferrovia; a Roma l'adozione dell'orario francese al posto di quello italico fu decisa solo nel 1846 con<br />

un decreto di Pio IX. In quell'occasione il Belli scrisse:<br />

Sto sor Pio come vuoi ch'Iddio l'aiuti<br />

Quando ce viè a imbroià pe li soi fini<br />

Sino l'ore, li quarti e li minuti?<br />

Un'ultima osservazione: era mia intenzione occuparmi dell'orologio italico in generale, ma l'articolo rischiava di divenire un<br />

trattato; il lettore benevolo prenda questa come una prima puntata; purtroppo arriverà anche la seconda.<br />

Vari trattati antichi di <strong>Gnomonica</strong> spiegano il modus operandi per costruire l'orologio italico orizzontale,<br />

ma non ho trovato chi spieghi perché il metodo illustrato sia corretto. 1 Qualcuno, come il Cantone (Nuovo e<br />

facil modo di fare horologi solari ecc.. - Torino 1688), dà pure indicazioni quantitative errate, e buon per lui che<br />

si riferisce a latitudini vicine a 45°, per cui si ha una specie di compensazione, soprattutto per quadranti di<br />

modeste dimensioni. Inoltre il suo errore si riflette sulla sola lunghezza grafica delle linee orarie, non sulla loro<br />

posizione, per cui non incide sulle letture. C'è da dire infine che i quadranti italici orizzontali non erano di<br />

ampia diffusione, rimanendo per lo più confinati nei limiti relativamente angusti dei quadranti definiti "portatili",<br />

che però era meglio non spostare da dove stavano.<br />

La geometria del problema non è complessa, ma l'ignoto (per me) che ne ha sviscerato per primo gli<br />

elementi era certamente dotato di profonda "Coscienza Geometrica", e soprattutto di fantasia. Vediamo di<br />

chiarire il probabile iter mentale con cui si giunge alla soluzione grafica. Inutile dire che applicando ad essa<br />

semplici considerazioni, si ottiene poi con facilità una ragionevole<br />

soluzione analitica. Contro la mia abitudine mi servirò di tanto in tanto<br />

delle usuali annotazioni trigonometriche, per semplificare, cosciente che<br />

si potrebbe riscrivere il tutto senza ricorrere ad esse.<br />

Partiamo da un orologio che apparentemente non ha nulla a<br />

che fare:<br />

L'orologio italico equatoriale.<br />

Si tratta di uno strumento quasi teorico, sostanzialmente<br />

inutilizzabile per le sue dimensioni relativamente grandi, inventato<br />

probabilmente da Clavius, o da qualcun altro della sua epoca, al solo<br />

fine di illustrare la teoria. A differenza dell'orologio equatoriale<br />

"francese", in questo caso è rilevante la lunghezza dello stilo polare, o<br />

meglio il solo estremo O dello stilo. Interessiamoci per semplicità di una<br />

sola faccia dell'orologio, per esempio quella estiva; le linee orarie<br />

italiche vanno da una distanza infinita, il giorno dell'equinozio, a una distanza minima solstiziale abbastanza<br />

1 L'affermazione non è proprio esatta: Commandino, ad esempio, tratta tutti i sistemi orari insieme, perché costruisce la <strong>Gnomonica</strong> sull'Analemma<br />

di Tolomeo; quindi la base teorica c'è, ed è ben chiara e coerente. Clavius è a sua volta un perfetto teorico.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 28<br />

grande in relazione alla dimensione dello stilo, connessa, come proveremo a giustificare più avanti, con<br />

l'amplitudine ortiva massima solare η (Fig. 1).<br />

Per affrontare meglio il meccanismo, basta tenere presente che i piani orari italici inviluppano un cono<br />

il cui angolo al vertice è pari al doppio della latitudine (Fig. 2). Se immaginiamo di sostituire tale cono al posto<br />

dello gnomone, la sua direttrice sul piano equatoriale è un cerchio di<br />

raggio CS = r = l tgϕ, dove l è la lunghezza dello stilo polare e ϕ è la<br />

latitudine. Le linee orarie sono in questo caso delle semirette tangenti al<br />

cerchio, e i punti di tangenza sono uno ogni 15° lungo la circonferenza.<br />

(Sono le stesse linee orarie di prima, quando c'era il solo vertice O, ma<br />

partono dal cerchio direttore, perché questa volta l'ombra delle<br />

generatrici del cono "collabora" a evidenziarle. Si potrebbe dire che<br />

l'orologio italico equatoriale con il cono al posto dello stilo diventa uno<br />

strumento pratico, utilizzabile di fatto, perché basta che il piano polare si<br />

estenda per un modesto anello oltre la direttrice del cono per avere le<br />

linee orarie utili per sei mesi all'anno; al posto delle linee basterebbero<br />

addirittura dei punti orari italici, come si vede per alcuni punti della Fig.<br />

2.) Se immaginiamo che le linee orarie siano delle rette, invece che delle<br />

semirette, possiamo osservare (Fig. 3) che esse si incontrano a due a<br />

due lungo la orizzontale passante per la base C dello stilo polare.<br />

L'affermazione potrebbe valere anche per tutte le altre rette del piano equinoziale uscenti da O con angoli<br />

multipli di 15° rispetto a quella che abbiamo scelto, ma a noi serve quella sola, almeno per ora: la linea oraria<br />

23a si incontra su di essa con la 13a in K23 = K13; la linea oraria 22a con la 14a in K22 = K14, e così via.<br />

La linea oraria dell'ora 18a sarà ovviamente unica, tangente in K18 al cerchio e perpendicolare alla<br />

orizzontale. Le linee orarie 24a e 12a saranno entrambe<br />

orizzontali e parallele, e il loro punto K24 = K12 sarà a distanza<br />

infinita. Le linee orarie 11a, 10a, ecc.., quando ci sono (in<br />

piena estate), saranno simmetriche rispettivamente alla 13a,<br />

alla 14a ,ecc.. per cui attraverseranno la nostra orizzontale in<br />

punti simmetrici a K13, K14, ecc.. rispetto al centro O. Per la<br />

cronaca potremmo aggiungere, anche se non ha rilevanza in<br />

questo momento, che a linea OKn è la linea oraria delle ore 6<br />

di un orologio ad ore eguali.<br />

Se chiamiamo ϑn = [15°(hn - 18)] (in valore assoluto), l'angolo orario indicato nel disegno (Fig. 3),<br />

l'ipotenusa OKn del triangolo OKnH sarà OKn = l tgϕ/cosϑ.<br />

E tanto basti; vedremo l'utilità di queste note apparentemente inutili.<br />

Il quadrante orizzontale<br />

Per legare il discorso già fatto con quello che viene, ora dobbiamo considerare il quadrante orizzontale<br />

che si ottiene ruotando il piano di riferimento intorno alla retta orizzontale CKn di cui sopra. La lunghezza dello<br />

stilo polare CO delle figure precedenti resta quindi invariata. (Non dimentichiamo che l'antica tradizione<br />

assegnava all'orologio italico unicamente lo stilo perpendicolare al quadrante, e che quindi associare<br />

all'orologio uno stilo polare è già forzare la "disponibilità psicologica" dell'operatore.)<br />

Se osserviamo (Fig. 4) il cosiddetto triangolo gnomonico COM, ci rendiamo conto che esso è identico<br />

a SOC della Fig. 2. Il che significa che ribaltando OM e tracciando la solita costruzione grafica per determinare<br />

i punti orari sulla equinoziale (sappiamo tutti che la figura ribaltata è un quadrante equatoriale di tipo<br />

"francese", ma sovente non ce lo ricordiamo), noi costruiamo tanti triangoli MO'Pn del tutto identici ai triangoli<br />

OKnH del paragrafo precedente.<br />

Difatti come abbiamo visto, OM = O'M = l tgϕ, e gli angoli al centro corrispondono a ϑ = [15°(h - 18)]<br />

(in valore assoluto) in quanto il punto M corrisponde sicuramente alla 18a ora italica (non ci occupiamo, per<br />

ora, di quella "alla campana" che è sfalsata di mezz'ora). Quindi le ipotenuse O'Pn sono identiche alle distanze<br />

OKn della Fig. 3.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 29<br />

A questo punto il gioco è fatto: sul piano orizzontale abbiamo già la retta CKn, parallela alla<br />

equinoziale, che ci è servita per la rotazione del piano stesso; quindi essa è la stessa del quadrante<br />

equatoriale. Se a partire da C riportiamo su di essa la distanza O'P16 = O'P20 = CK16 = CK20 e uniamo K16 con<br />

P16 e con P20 , otteniamo le linee italiche delle ore 16a e 20a. (Fig. 4); riportando la distanza O'P19 = O'P17 a<br />

partire da C otterremo quindi il punto K19 coincidente con K17 e quindi da esso e dai corrispondenti punti sulla<br />

equinoziale passeranno le due linee orarie italiche delle ore 17a e 19a; e così via. Nella figura si è evidenziata<br />

solo la costruzione relativa a K16 = K20.<br />

Per la linea delle 12 italiche non ci sono problemi: basta<br />

osservare (Fig. 4) il triangolo gnomonico cui è stata aggiunta la<br />

generatrice del cono OT, e si vede che per le proprietà del<br />

triangolo rettangolo (inscrivibile in un semicerchio) il punto T è a<br />

metà di CM. Quindi la linea della 12a ora sarà parallela alla<br />

equinoziale, e passerà nel punto medio fra C ed M. Per le linee<br />

orarie 11a, 10a, ecc.. basterà trasferire i relativi punti K13, K14 ecc..<br />

dall'altra parte e unirli con i punti P23, P22 ecc.., che sulla<br />

equinoziale corrispondono a P14, P13 ecc..<br />

E fin qui abbiamo risolto la prima parte del problema: ma<br />

quanto sono "lunghe" le linee orarie? Quanto si estende su di esse<br />

quello che Kircher chiama Eliodromo?<br />

La lunghezza delle linee orarie.<br />

Dobbiamo ricordare (e non è sempre facile, perché l'abitudine fa dimenticare l'origine delle tecniche<br />

operative) che le distanze O'Pn sono i ribaltamenti delle corrispondenti distanze dal vertice O dello stilo ai punti<br />

Pn, e inoltre che questi segmenti, uscenti da O, sono<br />

tutti perpendicolari allo stilo polare OC; ma anche i<br />

segmenti CKn sono perpendicolari ad OC; e ad ogni<br />

distanza OPn corrisponde la distanza identica CKn.<br />

Unendo ogni K con il corrispondente P, cioè<br />

costruendo le linee orarie, si origina quindi una serie di<br />

figure sghembe dotate di proprietà che definirei<br />

antimetriche (il termine è improprio; si tratta di una<br />

specie di simmetria elicoidale; una di queste figure è<br />

illustrata in una sorta di assonometria, nella Fig. 5),<br />

caratterizzate ognuna dal fatto che gli angoli CKnPn e<br />

KnPnO sono uguali. Ciò significa che abbiamo già sul<br />

piano del quadrante ("coricati" sul piano dell'orologio e quindi più facilmente maneggiabili) gli angoli α fra la<br />

direzione equinoziale del sole e la linea oraria.<br />

Per andare oltre ci occorre trovare una figura<br />

simile a quella che viene chiamata "maeneus", o "radio<br />

polare", o Triangolo dei Segni, o "Sciaterre", a seconda<br />

dei trattati; essa deve avere un angolo più ampio, perché<br />

le linee orarie italiche non convergono all'asse polare. Ci<br />

vengono in aiuto due fatti: il primo è che tutti i piani orari<br />

italici "affettano" il cono di declinazione del sole sempre<br />

con lo stesso angolo (perché ogni piano orario ha<br />

sempre l'angolo ϕ rispetto alla direzione polare, perché<br />

è tangente al cono di declinazione), e il secondo è che<br />

noi sappiamo quanto vale questo angolo perché<br />

abbiamo il piano dell'ora 24a che è orizzontale: l'angolo ricercato vale l'amplitudine ortiva massima del sole ai<br />

solstizi: considerando la declinazione massima del sole δ = 23,5° (non sparate se non siete d'accordo con i<br />

numeri), essa varrà :<br />

η = arcsin ( sin 23,5°/cosϕ).<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 30<br />

Basta tracciare (Fig. 6) gli angoli η a destra e a sinistra del vertice C, utilizzando quindi CKn come<br />

asse (o come bisettrice dell'angolo 2η) per intercettare sulle linee orarie due segmenti AnKn e KnBn, che<br />

andranno riportati "a rovescio", con il compasso a partire dal punto H a destra e a sinistra della equinoziale<br />

(Punti A'n e B'n. La quantità minore corrisponderà ovviamente alla escursione estiva del sole, perché l'orologio<br />

è orizzontale. Trascuro ulteriori dettagli per non appesantire ancora di più la trattazione, che è già un bel<br />

mattone; il lettore interessato saprà trovarli da sé.<br />

E' anche possibile trovare l'angolo η per via esclusivamente grafica, sovrapponendo il solito<br />

analemma di Vitruvio (o di Tolomeo, a seconda delle "Scuole") al triangolo gnomonico, come è illustrato dalla<br />

figura 6. Per illustrare l'iter grafico della determinazione delle linee con angolo η rispetto alla CKn ritengo non<br />

servano ulteriori commenti.<br />

Una seconda proprietà dell'orologio italico orizzontale<br />

I macellai delle mie parti, qualche anno addietro, facevano sempre quella che chiamavano "la giunta",<br />

cioè aggiungevano un osso o una parte meno pregiata al pezzo "di qualità" che era il vero oggetto della<br />

vendita. Questa seconda proprietà è una "giunta", ma non è meno pregiata del resto. Ed ha il pregio di essere<br />

in certo qual modo propedeutica a quanto spiegheremo per il quadrante verticale, se mai lo spiegheremo.<br />

Abbiamo appena affermato e dimostrato che le linee orarie italiche sono le rette di intersezione dei<br />

piani tangenti al cono con angolo al vertice 2ϕ e asse polare. E aggiungiamo ancora che le rette di tangenza,<br />

le generatrici del cono, sono anche rette di<br />

intersezione dei piani delle ore eguali, secondo questa<br />

regola: il piano della 24a ora italica è tangente lungo la<br />

retta di intersezione del piano delle ore 12 eguali;<br />

quello della 23a italica è tangente lungo la retta di<br />

intersezione del piano delle ore 11 eguali, e così via,<br />

con uno scarto costante di 12 ore fra le une e le altre.<br />

Teniamo ora presente che il piano della 24a ora italica<br />

è orizzontale, e quindi è parallelo al piano dell'orologio<br />

(negli orologi orizzontali italici quindi non si può<br />

disegnare la linea della 24a ora). Una delle<br />

conseguenze è che se un altro piano orario italico<br />

interseca il piano della 24a, la linea di intersezione è<br />

una linea oraria "eguale" intermedia fra le generatrici di<br />

tangenza del cono: in altri termini, più chiari:<br />

L'intersezione fra le linee italiche è la linea oraria delle<br />

23a e 24a 11 30 eguali<br />

22a e 24a 11 eguali<br />

21a e 24a 10 30 eguali<br />

20a e 24a 10 eguali<br />

e così via.<br />

E' ovvio che la retta intersezione di qualsiasi piano orario con il piano di rappresentazione dell'orologio<br />

è parallela alla (ipotetica) retta d'intersezione fra lo stesso piano orario e il piano della 24a ora italica, perché,<br />

ripeto, quest'ultimo è parallelo al piano del quadrante.<br />

Conseguenza: se voglio tracciare le ore italiche, posso costruire prima un orologio astronomico (o<br />

francese che dir si voglia) con le ore e le mezze ore e le sue brave linee solstiziali di declinazione; poi, per<br />

costruire la retta della 23a ora italica prenderò la parallela alla linea delle 11 30 astronomiche; per quella della<br />

22a ora italica la parallela alla linea delle 11 astronomiche, e così via, scalando di un'ora quelle italiche, e di<br />

mezz'ora quelle astronomiche. Per la lunghezza, ho già i limiti dell'eliodromo: sono le curve solstiziali, che non<br />

cambiano con il cambiare del sistema orario.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 31<br />

L’ASTRONOMIA DEI MONACI IRLANDESI<br />

Adriano Gaspani, Osservatorio Astronomico di Brera, MI<br />

Durante il primo millennio dopo Cristo il Cristianesimo ebbe grande impatto sulla societa' celtica irlandese e su quella romanoceltica<br />

britannica. Uno degli effetti piu' evidenti nel caso dell'Irlanda fu l'introduzione dell'abitudine alla scrittura su vasta scala.<br />

Questa fu un'innovazione di notevole importanza in quanto sappiamo, come ci testimonia anche Giulio Cesare nei "Commentarii de<br />

Bello Gallico" che i druidi celtici non scrivevano assolutamente nulla delle cose di religione. La spiegazione per questa usanza<br />

esiste e va ricercata nel modello culturale celtico che riteneva la natura una cosa viva ed in continua evoluzione, la cultura era<br />

tramandata oralmente e lo scrivere significava congelare un concetto impedendone l'evoluzione, quindi i druidi tendenzialmente<br />

non scrivevano e se necessario lo facevano con una certa riluttanza, anche per non divulgare il loro sapere. La Bibbia e ancor piu'<br />

i Vangeli, sono incentrati sulla vita di Cristo e numerosi furono gli scritti di commento alle Sacre Scritture che furono prodotti in<br />

Europa durante il I millennio con l'intento di mettere fortemente in evidenza i valori di etica e moralita' contenuti in esse e che erano<br />

alla base del Cristianesimo. Le sorgenti irlandesi sono le piu' ricche di scritti rispetto a quanto si rileva nel caso di altre regioni del<br />

nord Europa, questo favori' lo sviluppo di una concezione della Chiesa altomedioevale nord europea che potremmo definire<br />

"Hibernocentrica" (da Hibernia, nome con cui i Romani identificavano la mai conquistata Irlanda). In quest'ottica, la chiesa irlandese<br />

ebbe un ruolo predominante nella diffusione del Cristianesimo, non solo in Irlanda, ma anche sul resto del continente europeo.<br />

Un esempio di questo fatto e' che il sacramento della Confessione esercitato in forma privata, cioe' il penitente che confessa i<br />

propri peccati privatamente ed in segreto al sacerdote, fu un'innovazione proposta dagli esponenti della Chiesa irlandese e<br />

successivamente diffusasi in tutto il mondo cristiano europeo durante il primo millennio. Un altro esempio e' l'uso ancora oggi del<br />

vocabolo "parrocchia" il quale deriva da un termine antico irlandese utilizzato per indicare una diocesi intesa non come un territorio,<br />

ma come un insieme di tribu' praticanti il cristianesimo e non necessariamente insediate su territori confinanti. Nonostante questo,<br />

attualmente gli studiosi concordano nel riconoscere marcate differenze nelle varie comunita' ecclesiastiche in varie regioni<br />

dell'area celtica insulare, per esempio tra la Britannia, in cui il clero anglo era soprattutto di tipo benedettino e l'Irlanda dove<br />

l'influenza di Roma non era mai stata presente. Il Cristianesimo si diffuse nella Britannia Romano-Celtica sin dal IV secolo d.C. ed<br />

era considerato una delle religioni tollerate dallo stato al pari di altre presenti in una societa' a carattere marcatamente pantheistico.<br />

Per esempio a Caerwent esisteva una ridotta comunita' cristiana che conviveva senza conflitti con la restante popolazione dedita al<br />

paganesimo. Nelle immediate vicinanze della chiesa di Caerwent, che risale al IV secolo, gli archeologi hanno trovato una grande<br />

quantita' di sepolture, astronomicamente orientate, poste sulla direzione equinoziale e associate alla presenza del monogramma<br />

chi-ro (XP), simbolo di Cristo, che secondo alcuni eminenti medioevalisti francesi sembra racchiudere la simbologia delle quattro<br />

direzioni solstiziali solari e della linea meridiana. Accanto a cio' gli archeologi hanno ritrovato particolari recipienti, detti "agapi",<br />

utilizzati dai primi cristiani per usi alimentari. Il monaco Gildas nel suo "De Excidio et Conquestu Britanniae", che risale al V secolo<br />

cita esplicitamente la presenza sul territorio di monaci, abati e diaconi, suggerendo quindi l'esistenza di una chiesa episcopale ben<br />

organizzata e denunciando, gia' allora, la loro compiacenza, la loro corruzione e la loro connivenza con tiranni locali del calibro di<br />

Vortipor e Maelgwyn Gwynnedd.<br />

Il Cristianesimo si diffonde in Irlanda inizialmente per opera di S.Patrizio. Il V secolo d.C., e parte del VI, videro la presenza di molti<br />

missionari cristiani in Galles, nella Scozia e nell'Irlanda e molti furono gli asceti e gli eremiti che si ritirarono sui monti dedicandosi<br />

alla preghiera e alla meditazione. Tra i missionari troviamo nel 431 d.C. il diacono Palladio proveniente dalla chiesa di Auxerre (in<br />

Gallia) che fu inviato da papa Celestino in Irlanda quale primo vescovo della comunita' dei "credenti in Cristo" come erano<br />

chiamati i cristiani irlandesi. L'antico testo irlandese "Annales de Monte Fernandi", pero' riporta: > otto anni prima, cioe' nel 423. Suo compito era quello di contrastare la diffusione dell'eresia Pelagiana,<br />

diffusa dal monaco Pelagio e dal suo discepolo Celesio i quali sostenevano l'indipendenza dell'uomo libero dalla Grazia divina e<br />

quindi la negazione del peccato originale. Il piu' famoso esponente della Chiesa irlandese fu S. Patrizio, insieme all'altrettanto<br />

famoso San Colombano, che fondo' in tutta Europa una serie di monasteri e luoghi di culto di cui rimangono tracce anche<br />

attualmente. S.Colombano giunse in Lombardia nell'anno 612, con l'oro fornitogli dal nobile franco Clotario di Neustria, da sempre<br />

suo amico, fondo' il Monastero di Bobbio presso Piacenza e vi mori' tre anni dopo.<br />

A questo punto e' utile spendere alcune parole per descrivere le singolari caratteristiche del clero irlandese, o piu' generalmente<br />

celtico, durante la prima meta' del primo millennio. Il Cristianesimo fu accolto abbastanza favorevolmente dalla comunita' celtica in<br />

quanto il suo carattere spirituale aveva molti punti in comune con la religione tradizionale pagana, basti pensare alla concezione<br />

della morte intesa come un passaggio da una condizione di vita ad un'altra e all'immortalita' dell'anima, concetti comunemente<br />

sostenuti ed insegnati dai druidi, come lo stesso Cesare afferma nei Commentarii De Bello Gallico, attribuendo a queste<br />

convinzioni una notevole indifferenza al pericolo di morte in battaglia che caratterizzava i guerrieri celtici e che da sempre<br />

preoccupo' i Romani. I monaci irlandesi, denominati curiosamente "i Martiri Bianchi" per via del fatto che erano vestiti, come i druidi,<br />

con le caratteristiche vesti di lana bianca, furono i primi ad introdurre la consuetudine di rasarsi la testa lasciando solamente una<br />

corona di capelli da orecchio a orecchio, la cosiddetta "tonsura". Tutto sommato questi religiosi conservavano sia il modo di<br />

pensare che l'attitudine all'osservazione e allo studio della natura e dei suoi fenomeni, compresi quelli astronomici, tipiche dei druidi<br />

che da almeno un millennio avevano amministrato il culto pagano. Questi singolari uomini di chiesa tra cui vanno annoverati<br />

Caidoc, Fricor, Virgilio il Geometra (che divenne vescovo a Salisburgo, e su cui torneremo piu' avanti), San Cathal (che divenne<br />

vescovo di Taranto), girarono in lungo e in largo l'Europa fondando molti monasteri che poi sarebbero diventate citta' importanti<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 32<br />

quali Lumieges, Auxerre, Laon, Luxeuil, Liegi, Treviri, Salisburgo, Vienna, S.Gallo, Reichenau, Bobbio, Fiesole, Lucca e altri<br />

ancora. Fiesole ebbe per oltre mezzo secolo un vescovo "Scottorum sanguine creatus" cioe' nato da sangue irlandese: Donato<br />

l'Erudito. La maggior parte di queste personalita' produsse scritti di argomento astronomico, alcuni dei quali sono semplici<br />

registrazioni di fenomeni osservati visualmente, altri invece sono opere di piu' ampio respiro.<br />

Lo stesso S.Patrizio il quale pare pregasse Dio chiamandolo in antico irlandese "Drui" oppure "Draoi" (Druido), scrisse di cose<br />

astronomiche. I "Martiri Bianchi" si spinsero ad est fino a Kiev portando la loro cultura e quella dei classici latini che probabilmente,<br />

senza di loro, sarebbero andati distrutti al contrario dei classici greci che si propagarono in occidente attraverso le traduzioni arabe.<br />

Nell'anno 870 Heiric di Auxerre scrisse: >. Emblematica e' anche la storia di San Virgilio (Virgilio il Geometra) abate e poi vescovo a Salisburgo, che era un monaco<br />

irlandese di nome Fergal il quale era stato educato nel monastero di Cainnech (famoso, tra l'altro, per l'insegnamento<br />

dell'Astronomia), le cui opere di soggetto astronomico gli valsero, intorno al 750 d.C., dei problemi con l'anglo San Bonifacio da<br />

Crediton (noto come "il martello della Chiesa Celtica", per via del suo accanimento contro le usanze del clero irlandese, pitto e<br />

gallese). La feroce disputa relativamente alle speculazioni cosmografiche di Fergal considerate "scioccanti" fini' nelle mani di Papa<br />

Zaccaria di S. Severina il quale diede pero' ragione all'irlandese. Bonifacio da Crediton ricevette una lettera dal papa datata 1<br />

Maggio 748 in cui si accettava che


<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 33<br />

non era casuale, ma aveva alcuni significati simbolici ben precisi. Ciascun anello rappresentava una delimitazione dello spazio<br />

sacro rispetto a quello profano e quindi investito di divina protezione (questa e' una genuina tradizione celtica pagana). L'anello<br />

piu' interno doveva comprendere la chiesa, la casa dell'abate, il cimitero con le relative croci monumentali e il "cloightech", la torre<br />

cilindrica con il tetto conico tipica dei monasteri Irlandesi. I recinti piu' esterni invece ospitavano gli edifici adibiti a granaio, fattoria,<br />

laboratorio artigiano, cioe' luoghi meno interessati dal culto. Le entrate nei recinti in pietra erano sempre ritualmente poste ad<br />

oriente, in direzione del Sole nascente.<br />

Le tombe presenti a Nendrum sono poste di fronte all'entrata della chiesa e sono orientate nello stesso senso della chiesa, come lo<br />

sono gli scheletri in esse rinvenuti, considerando la direzione cranio-pelvi. Anche a Nendrum e' stata trovata traccia della<br />

"cloightech". Ad Inishmurry nella contea di Sligo troviamo una grande cinta muraria di quasi 80 metri di diametro all'interno della<br />

quale e' posta una chiesa in pietra con l'abside orientato a 121 gradi rispetto al meridiano astronomico locale che corrisponde alla<br />

direzione di levata del Sole alle feste celtiche di Imbolc e Samhain all'orizzonte fisico visibile dalla chiesa. All'interno del recinto<br />

delimitante il monastero troviamo la classica "clochan" cioe' la costruzione in pietra di forma semisferica riservata all'alloggio dei<br />

monaci e altri fabbricati, tutti in pietre a secco, riservati alle loro attivita' quotidiane. Tra i piccoli centri possiamo invece annoverare<br />

l'interessantissimo monastero di Church Island nella contea di Kerry, sempre in Irlanda. Il monastero si sviluppo' in due fasi ben<br />

distinte. La prima fase, quella piu' antica, vide la costruzione di una "senchell" cioe' una piccola chiesa in legno allineata lungo una<br />

direzione il cui azimut era circa 66.5 gradi ad est rispetto al meridiano astronomico locale e di una struttura abitativa circolare anche<br />

essa i legno. Lungo la stessa direzione furono allineate 33 sepolture di cui una contenente i resti di una donna, che probabilmente<br />

era al servizio dell'abate.<br />

Successivamente, qualche secolo dopo, venne costruita la chiesa in pietra di cui rimangono attualmente i resti, il cui asse fu<br />

spostato verso un azimut piu' prossimo alla linea equinoziale. Allineate con questa chiesa furono poste altre 8 sepolture. Il<br />

monastero e' circondato da un recinto di forma ovale allungato in direzione grosso modo solstiziale invernale all'interno del quale e'<br />

posta la chiesa in pietra allineata su una direzione lungo la quale il Sole equinoziale sorgeva all'orizzonte fisico locale elevato di<br />

alcuni gradi rispetto all'orizzonte astronomico. Le 33 sepolture raggruppate intorno all'angolo nord della chiesa e presso il muro di<br />

cinta poco oltre il "clochan" e appartenenti alla prima fase sono distribuite in modo che la direzione cranio-pelvi privilegi una linea il<br />

cui azimut e' correlato con la direzione del sorgere del Sole a Beltane e a Lughnashad. Le 8 sepolture raggruppate intorno<br />

all'angolo sud della chiesa risalgono alla seconda fase di sviluppo e sono distribuite in modo da essere orientate a 86 gradi di<br />

azimut, praticamente sulla direzione del sorgere del Sole alla data della Pasqua computata secondo la maniera celtica che prima<br />

dell'accettazione delle delibere del Concilio di Orleans era posta 7 giorni dopo l'equinozio di primavera, diversa quindi da quella<br />

propugnata dalla chiesa di Roma. Passando dalla prima alla seconda fase prevalse l'orientazione secondo i criteri "romani"<br />

(equinoziale) rispetto a quelli "celtici" piu' antichi (Beltane e Lughnasad). Tombe orientate verso la levata del Sole a Beltane e<br />

Lughnasad si trovano anche presso i resti dell'antico monastero di Dumnisk Fort, nella contea di Tyrone e lo stesso accade a<br />

Tullylish, nella contea di Down per il quale gli "Annali dell'Ulster" indicano la presenza di una comunita' monastica fin dal 809, anno<br />

in cui viene anche registrato (in cattivo latino) un fenomeno astronomico, un "fuoco celeste", probabilmente un'aurora boreale o il<br />

passaggio di una cometa: >. Reask, un altro antico monastero posto sulla<br />

penisola di Dingle nella contea di Kerry, fiorente dal V al X secolo e poi abbandonato, e' stato scavato dagli archeologi nel 1970. I<br />

resti di questo piccolo centro monastico mostrano il consueto muro in pietre a secco che circonda completamente il complesso<br />

entro cui e' posta la chiesa il cui abside risulta anch'esso allineato secondo una direzione probabilmente correlata con la levata del<br />

Sole il 25 Marzo cioe' nel giorno dell'anninciazione a Maria (o Incarnazione).<br />

Le numerose sepolture presenti nel sito risultano orientate allo stesso modo della chiesa e gli scheletri con la testa ad occidente. In<br />

questo luogo troviamo ben due grosse e caratteristiche croci monumentali celtiche in pietra, i resti di un granaio e di ben sei<br />

"clochan" indice del fatto che la comunita' religiosa ivi residente doveva essere formata da numerosi monaci, nonostante Reask<br />

fosse un piccolo centro. Presso Reask fu costruito tra l'VII e il XII secolo l'oratorio di Gallarus, che faceva parte a sua volta di un<br />

antico centro monastico minore. L'oratorio di Gallarus e' una struttura di pietre a secco (come qualsiasi costruzione rilevabile nei<br />

monasteri irlandesi di quel periodo) dalla caratteristica forma a barca capovolta che secondo la tradizione dovrebbe riferirsi alla<br />

barca di San Brendano il Navigatore. Esso e' orientato lungo la linea equinoziale, con l'abside ad oriente, ed e' dotato di un'unica<br />

finestrella sopra l'altare entro cui i raggi del Sole in levata equinoziale potevano entrare illuminando tutta l'interno. Vicino all'oratorio<br />

e' possibile ammirare una stupenda croce celtica in pietra sulla quale e' inciso il nome "Colum MacDinet" personaggio che rimane<br />

pero' sconosciuto. L'oratorio di Gallarus, con le sue pietre semplicemente appoggiate una sull'altra, sopravvive intatto ancora oggi<br />

dopo quindici secoli. Sempre nella penisola di Dingle troviamo Cillmaolceadir, la chiesa piu' grande e importante dei dintorni. Il sito,<br />

tradizionalmente associato a S. Brendano, sembra sia stato costruito da Maolcethair la cui morte e' ricordata nel martirologio del<br />

Donegal, nell'Irlanda orientale, nell'anno 636. Nei pressi della chiesa esisteva un importante monastero di cui non rimane alcuna<br />

traccia salvo una grossa lastra di pietra posta verticalmente e sui cui e' inciso "Anm Maile Inbir Maci Brocann" in alfabeto ogamico.<br />

La chiesa di Cillmaolceadir risale al XII secolo e risulta orientata astronomicamente in accordo con la levata del Sole equinoziale.<br />

Nei pressi della chiesa esiste un quadrante solare ("solam" in antico irlandese) risalente al XII secolo e la consueta croce<br />

monumentale celtica in pietra. La costante orientazione verso oriente delle chiese era dovuta al fatto che nelle Costituzioni<br />

Apostoliche del IV e V secolo veniva raccomandato ai fedeli di pregare dirigendosi verso l'est e lo stesso celebrante durante l'"Actio<br />

Liturgica" doveva parimenti essere rivolto in quella direzione. In virtu' di questo fatto, tecnicamente si rese necessario costruire le<br />

chiese orientate con l'abside ad oriente rispetto al baricentro della costruzione, tendenzialmente verso il punto di levata equinoziale,<br />

ma questo fatto non escluse l'orientazione dei luoghi di culto verso direzioni orientali piu' significative presenti nelle antiche<br />

tradizioni locali celtiche. Il metodo della ricognizione aerea ha consentito di individuare anche le aree adibite a solo cimitero entro<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 34<br />

cui gli scavi hanno permesso di trovare le tombe e gli scheletri in esse contenute. Queste strutture denominate "llan" in antico<br />

gallese contenevano generalmente alcune decine o piu' di tombe, mentre nel caso di sepolture di persone particolarmente sante, la<br />

tomba era posta isolata e il luogo era denominato "merthyr" (trasposizione del termine latino "martirium").<br />

Le tombe cristiane sono riconoscibili in quanto sono ad inumazione e completamente prive di beni materiali posti accanto al defunto,<br />

cosa che invece era di norma nel caso delle tombe pagane le quali in Irlanda e in Britannia erano generalmente a cremazione. Le<br />

sepolture cristiane risultano tutte astronomicamente orientate infatti sono poste in modo che lo scheletro sia disposto lungo la linea<br />

equinoziale, entro una deviazione di circa 5 gradi in piu' o in meno oppure lungo una linea il cui azimut rispetto al meridiano<br />

astronomico locale era intorno ai 115-120 gradi. Queste orientazioni non sono casuali, ma racchiudono particolari significati mistici.<br />

L'orientazione equinoziale era, come abbiamo gia' avuto occasione di constatare nel caso dei monasteri, legata al sorgere del Sole<br />

nel giorno di Pasqua computato alla maniera celtica, mentre la seconda orientazione e' in accordo con la levata del Sole nei giorni<br />

in cui cadevano le feste di Samhain e di Imbolc. Tra le due feste Samhain era di gran lunga la piu' importante, tanto che in Gaelico<br />

"Samain" e' attualmente il nome del mese di Novembre. La festa di Imbolc invece venne con l'andare dei secoli volutamente<br />

trascurata dal clero cristiano irlandese in quanto il suo significato mistico era difficilmente conciliabile con l'ideologia cristiana. Tutti<br />

gli scheletri trovati nelle tombe furono deposti la testa ad ovest e i piedi ad est in modo che il defunto potesse virtualmente guardare<br />

il Sole nascente all'alba.<br />

Le tombe nei cimiteri non erano le uniche a mostrare simili criteri; infatti analizzando le orientazioni di una grande quantita' di<br />

antichi luoghi di culto irlandesi, quali le chiese facenti parte dei monasteri e gli oratori costruiti grosso modo intorno alla meta' del<br />

primo millennio si perviene a mettere in evidenza che la distribuzione delle orientazioni tende ad avere in questo caso varie<br />

direzioni privilegiate. Due di esse sono qualle cardinali, quindi la direzione meridiana (nord-sud), peraltro molto rara, e quella<br />

equinoziale (est-ovest) con l'abside rivolto ad est. Le altre direzioni sono molto piu' interessanti in quanto i punti dell'orizzonte<br />

verso cui sono diretti gli assi dei luoghi di culto sono le posizioni di sorgere del Sole nelle date delle quattro feste principali<br />

celebrate dai Celti pagani prima della diffusione del Cristianesimo e cioe' Samhain, Imbolc, Beltane e Lughnasad. Assistiamo pero'<br />

ad un fenomeno degno di nota; infatti tali feste venivano celebrate anticamente in corrispondenza del sorgere eliaco di talune stelle<br />

importanti per la cultura celtica dell'eta' del Ferro. Samain e Beltane, celebrazioni rispettivamente in Novembre e Maggio e in onore<br />

di cavalieri e druidi, corrispondevano rispettivamente alla levata eliaca di Antares e Aldebaran e definivano l'inizio dell'anno celtico,<br />

del periodo di "oscurita'" cioe' la stagione invernale (Samhain, corripondente alla antica Trinvxtion Samoni dei Celti continentali) e<br />

del periodo di "luce", cioe' il periodo estivo (Beltane, in cui il dio Belenos era la divinita' celebrata e il fuoco il suo principale<br />

attributo).<br />

Presso i Celti la divisione stagionale dell'anno non era basata sul Sole, ma sulle stelle. Le feste di Imbolc e Lughnasad non<br />

delimitavano alcun periodo stagionale, ma erano feste agricole (Imbolc, dedicata alla dea Brigh) e sociali (Lughnasad, dedicata a<br />

Lugh, divinita' di maggior rilievo presso i Celti continentali e particolarmente presso i Celti irlandesi). Il connubbio tra insegnamenti<br />

cristiani e festivita' pagane derivo' dal fatto che i primi monaci irlandesi pur essendo cristiani conservarono nelle loro azioni e nei<br />

loro modi una forte matrice druidica derivante dalla precedente cultura pagana. Le tradizioni astronomiche diffuse da secoli nella<br />

classe druidica ed ereditate successivamente dai monaci cattolici fecero si che l'associazione simbolica tra Gesu' Cristo e il Sole<br />

apparisse un fatto del tutto naturale come lo era stato precedentemente per il dio Lugh e non solo una metafora biblica. Nella<br />

mitologia irlandese il dio Lugh aveva grandissimo rilievo ed era personificato come colui che conosceva tutti i segreti del cielo e<br />

della terra e al quale era curiosamente attribuita tra l'altro anche l'invenzione del gioco degli scacchi. Il simbolo astrale di Lugh era<br />

il Sole e la sua arma era una magica lancia la cui punta, rifletteva costantemente l'immagine del cielo stellato. Le date delle quattro<br />

feste tradizionali irlandesi furono cosi' trasposte al 1 Febbraio per Imbolc, al 1 Maggio per Beltane, al 1 Agosto per Lugnashad e al<br />

1 Novembre per Samhain. Tali date furono scelte in modo da essere grosso modo simmetriche intorno ai solstizi e agli equinozi,<br />

ma non coincidenti con essi poiche' questi punti non avevano, alla latitudine dell'Irlanda, alcuna rilevanza stagionale per i contadini<br />

e gli allevatori di bestiame. Le feste avvenivano quando la declinazione del Sole era mediamente intorno ai 16 gradi sopra o sotto<br />

l'equatore celeste, quindi a Beltane e a Lughnashad l'azimut di levata del Sole andava dai 60 ai 64 gradi, mentre a Beltane e<br />

Imbolc l'azimut del punto di levata del Sole andava dai 117 ai 120 gradi rispetto al meridiano astronomico locale.<br />

La trasposizione alle date fisse fu una conseguenza dell'entrata nell'uso comune tra il clero irlandese del calendario giuliano che<br />

era quello ufficialmente accettato dalla Chiesa di Roma, regolato sul Sole e completamente svincolato dalla Luna, anche se i<br />

calendari tradizionali basati sul computo lunare non vennero abbandonati se non molto tardi. L'estate quindi andava per gli<br />

Irlandesi dal 1 Maggio al 1 Novembre e il periodo estivo dal 1 Novembre al 1 Maggio successivo, non esistevano Primavera e<br />

Autunno come noi li intendiamo attualmente, cosi'e' scritto nel Sanas Chormaic. Presso gli antichi Irlandesi le direzioni<br />

astronomiche fondamentali, vale a dire la linea meridiana (la direzione nord-sud) e quella equinoziale (la est-ovest) erano intese in<br />

maniera piu' complessa rispetto a quanto era in uso presso le popolazioni europee contemporanee. Infatti le direzioni meridiana ed<br />

equinoziale sono usualmente definite sul piano orizzontale cioe' quel piano ideale che contiene l'osservatore e che interseca la<br />

sfera celeste producendo il cerchio dell'orizzonte astronomico locale. La direzione meridiana corrisponde a valori di azimut pari a 0<br />

gradi il punto cardinale Nord e 180 gradi il punto cardinale Sud. La direzione equinoziale corrisponde a valori di azimut pari a 90<br />

gradi, il punto cardinale Est e 270 gradi, il punto cardinale Ovest. Gli astri, durante il loro moto apparente dovuto alla rotazione della<br />

Terra sul suo asse, sorgono ogni giorno a oriente e tramontano ad occidente descrivendo un arco sulla sfera celeste al ritmo di 15<br />

gradi ogni ora. L'altezza massima raggiunta all'ora del passaggio al meridiano dipende sia dalla declinazione dell'astro che dalla<br />

latitudine geografica dell'osservatore e viene raggiunta lungo la linea meridiana in direzione sud (culminazione superiore). Dal lato<br />

opposto, in direzione nord avviene la culminazione inferiore, cioe' gli astri raggiungono la loro massima depressione al di sotto<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 35<br />

dell'orizzonte astronomico locale. Se un astro dista dal polo nord celeste un'arco inferiore a 90 gradi meno la latitudine del luogo di<br />

osservazione allora la culminazione inferiore avverra' ancora sopra l'orizzonte astronomico locale settentrionale e l'astro rimmarra'<br />

visibile per tutto l'anno (astro circumpolare). Prendendo a riferimento il Sole oppure la Luna, astri il cui moto si svolge praticamente<br />

lungo l'eclittica, possiamo rilevare che il passaggio al meridiano in direzione sud corrisponde ad un'altezza sull'orizzonte pari a 90<br />

gradi meno la latitudine del luogo piu' la declinazione dell'astro in quel momento. Alla latitudine geografica dell'Irlanda, che va<br />

grosso modo da 51 a 55 gradi l'ampiezza di tale angolo rimaneva grosso modo confinata, durante il primo millennio tra gli 11.5 e i<br />

62.5 gradi nel caso del Sole e tra 6.4 e 67.7 gradi per la Luna sopra l'orizzonte astronomico locale sud. Nella direzione opposta,<br />

cioe' verso nord, la situazione si invertiva e il Sole o la Luna passavano in culminazione inferiore sotto la linea dell'orizzonte<br />

astronomico locale degli stessi valori.<br />

I druidi celtici erano ottimi osservatori del cielo e dei suoi fenomeni, per cui sapevano determinare sperimentalmente i punti di<br />

culminazione superiore e inferiore degli astri. Lo stesso avvenne nel caso dei monaci irlandesi, infatti se analizziamo il criterio con<br />

cui essi stabilirono le direzioni fondamentali per l'orientamento osserviamo che la direzione Nord corrispondeva alla direzione verso<br />

il basso (antico irlandese: ichtar), mentre la direzione Sud era accoppiata con la nozione di "alto" (antico irlandese: tuas). La<br />

direzione Nord era anche accoppiata con la direzione sinistra, mentre il Sud con la direzione destra. Questo modo di vedere le<br />

cose si e' propagato nei secoli e anche attualmente nelle lingue di derivazione celtica i vocaboli che indicano il Nord sono gli stessi<br />

di quelli che indicano il lato sinistro e viceversa i vocaboli che indicano il Sud sono corrispondono esattamente a quelli che indicano<br />

il lato destro. Ad esempio nel dialetto dell'Isola di Sein, a nord della Bretagna, il termine "ar mor dehou" si traduce "il mare di<br />

destra" e si riferisce al tratto di mare posto a sud dell'isola, mentre il termine "ar mor kleiz" si traduce letteralmente "il mare di<br />

sinistra" e si riferisce al tratto di mare posto a nord dell'isola. Lo stesso succede nel caso di altre lingue di derivazione celtica quale<br />

il Cornico, il Gallese o il Manx. Per comprendere il perche' di questa singolare concezione dell'orientazione dobbiamo ricorrere<br />

nuovamente all'osservazione astronomica e a cosa essa ci suggerisce. Prendendo come riferimento il verso orientale della linea<br />

equinoziale, cioe' il settore di orizzonte entro il quale si possono osservare gli astri che sorgono, possiamo considerare un<br />

osservatore posto sulla linea meridiana e rivolto verso est. Il vocabolo della lingua antica irlandese che indica la generica direzione<br />

est e' "t-air" il cui significato etimologico e' "(che sta) davanti", mentre il corrispondente vocabolo che indica l'ovest e "t-iar" che<br />

letteralmente si traduce in "(che sta) dietro".<br />

L'osservatore rivolto verso il Sole nascente quindi corrisponde al sistema di riferimento che ha le sue radici nelle antiche usanze<br />

celtiche di cui quelle irlandesi sono espressamente documentate e giunte sino a noi. Infatti osserviamo che gli astri sorgono ad<br />

oriente, di fronte (t-air) all'osservatore, quindi si muoveranno percorrendo il suo lato destro. Gli astri salgono in cielo dirigendosi<br />

verso sud fino a transitare al meridiano. In questo modo essi diventano sempre piu' splendenti in quanto l'estinzione atmosferica<br />

diminuisce con l'aumentare dell'altezza apparente sull'orizzonte locale; essi quindi stanno attraversando la "meta' chiara del mondo"<br />

riservata ai vivi come gli antichi testi irlandesi definiscono il settore di cielo posto a meridione. Giunti al meridiano gli astri<br />

culminano superiormente, poi inizia la lenta discesa verso l'orizzonte occidentale che raggiungeranno all'ora del loro tramonto<br />

ponendosi alle spalle, cioe' dietro (t-iar) l'osservatore. Da questo momento essi si avvieranno verso nord declinando verso il lato<br />

sinistro del cielo che termina in basso, alla culminazione inferiore, al Nord. Gli astri ora sono posti in corrispondenza della "meta'<br />

oscura del mondo" in cui era posto, secondo i testi irlandesi pagani, il Sidhe cioe' il regno dei morti, degli eroi, degli esseri mitici e<br />

degli dei. Il sistema di orientazione rituale dei Celti era tale da contrapporre una parte oscura (il Nord) ad una luminosa (il Sud)<br />

secondo l'idea di una dicotomia molto cara ai druidi e che troviamo cablata pari pari anche nella divisione dei mesi lunari che fanno<br />

parte del calendario trovato a Coligny ed anche dell'anno stagionale celtico. Un simile criterio di orientazione rituale ci spinge a<br />

formulare alcune considerazioni.<br />

Le due stagioni in cui gli Irlandesi dividevano l'anno erano basate sulle feste rituali di Samhain e di Beltane, come espressamente<br />

documentato da Cormac Mac Cuileannain nel Sanas Chormaic . A Samhain la posizione di levata del Sole all'orizzonte<br />

astronomico locale era intermedia tra quella equinoziale e quella solstiziale invernale, tendenzialmente piu' vicina a quest'ultima e<br />

quindi consistentemente spostata verso Sud. L'altezza apparente raggiunta dal Sole alla sua culminazione superiore era ridotta,<br />

quindi il numero di ore di buio superava di gran lunga il numero di ore di luce in quanto la maggior parte della traiettoria apparente<br />

del Sole nel cielo si svolgeva al di sotto dell'orizzonte astronomico locale. Il settore di orizzonte che potremmo definire "oscuro"<br />

andava dal punto di tramonto a quello di levata del Sole a Samhain passando per il punto cardinale Nord. In questo periodo il<br />

Sidhe prevaleva sul mondo dei vivi. A Beltane la situazione era quella opposta infatti i punti di levata e di tramonto del Sole erano<br />

situati a nord dei punti equinoziali, ma poco prima dei punti solstiziali estivi. In questo periodo la traiettoria apparente del Sole era<br />

per la maggior parte percorsa al di sopra dell'orizzonte astronomico locale, quindi la lunghezza del giorno superava di gran lunga<br />

quella della notte. Questo era il periodo "chiaro" e il settore di orizzonte ad esso pertinente si stendeva dal punto di levata del Sole<br />

a Beltane al suo punto di tramonto includendo il punto cardinale sud. Queste considerazioni ci permettono di dividere il piano<br />

orizzontale locale che contiene l'osservatore in tre settori. Il primo e' quello che va dal punto di levata del Sole al solstizio estivo<br />

fino al corrispondente punto di tramonto allo stesso solstizio passando per il punto cardinale nord. Questo settore era<br />

completamente precluso al punto di levata del Sole alle latitudini tipiche dello sviluppo della cultura celtica e quindi era<br />

perpetuamente di dominio della parte oscura del mondo. Il secondo e' quello che va dal punto di levata del Sole al solstizio<br />

d'inverno fino al corrispondente punto di tramonto solstiziale invernale passando per il punto cardinale sud. Questo settore<br />

risultava invece perpetuamente precluso alla parte oscura Il terzo settore e' quello compreso tra i punti di levata e di tramonto del<br />

Sole al solstizio d'estate e quelli relativi al solstizio d'inverno. Questo poteva essere il settore in cui le due entita' rituali celtiche<br />

quella chiara e quella oscura lottavano durante l'anno predominando a turno a seconda della posizione del Sole sull'orizzonte e<br />

quindi del periodo stagionale in corso. Il moto apparente delle sfera celeste e quindi quello di tutti gli astri visibili fu tenuto in<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 36<br />

grande considerazione dai Celti. Infatti essi dovendo effettuare uno spostamento rituale stavano bene attenti ad effettuarlo da<br />

sinistra verso destra cioe' nella direzione della rotazione della sfera celeste, compierlo nel senso opposto avrebbe significato<br />

sventura. L'antica letteratura irlandese e' molto chiara in proposito e ancora oggi coloro che si recano in pellegrinaggio ai resti del<br />

monastero di Clonmacnoise, posto circa al centro dell'Irlanda sulle rive del fiume Shannon, fondato tra il 545 e il 548 dal monaco<br />

Ciaran, il 9 Settembre giorno in cui e' celebrato S. Ciaran, devono camminare pregando ed eseguendo tre giri completi del sito<br />

nella direzione del moto apparente del Sole in cielo.<br />

Il rito della circumambulazione in direzione concorde con il moto della sfera celeste rimane ancora presente anche nelle<br />

processioni cristiane in Bretagna quali ad esempio il percorso della Tromenie de Locronan. Il criterio irlandese, ma piu'<br />

generalmente celtico, di orientazione rituale era molto chiaramente correlato con il movimento della sfera celeste e degli astri piu'<br />

importanti visibili ad occhio nudo nel cielo. Tornando ai criteri di orientazione dei luoghi di culto dobbiamo rilevare che la direzione<br />

equinoziale prevede che il Sole sorga lungo essa quando e' posto sull'equatore celeste. La direzione equinoziale potrebbe essere<br />

correlata con la data della Pasqua che, come e' noto, si celebra attualmente nella domenica piu' vicina al primo plenilunio dopo<br />

l'equinozio di primavera. Essendo, pero' la data della Pasqua, mobile rispetto alla data di equinozio a causa dei vincoli lunari,<br />

l'orientazione in accordo con l'azimut del Sole nascente a Pasqua non poteva essere codificata in maniera fissa. L'equinozio di<br />

primavera avveniva a quell'epoca il 18 Marzo del calendario giuliano, ma la chiesa celtica festeggiava la Pasqua fissata rigidamente<br />

al 25 Marzo, vale a dire nella ricorrenza dell'Incarnazione di Gesu', senza considerare alcun vincolo lunare. Tale cosuetudine<br />

rimase in uso fino alla graduale accettazione delle delibere del Sinodo di Orleans. Proprio relativamente alla data della Pasqua e<br />

alla decisione di renderla festa mobile possiamo osservare che la Chiesa Celtica mise in evidenza quanto fosse disunita. Infatti,<br />

dal III al VII secolo d.C. avvennero furiose dispute a cui parteciparono i piu' eminenti esponenti delle varie comunita' cristiane<br />

celtiche relativamente ai differenti metodi di calcolo della data della Pasqua durante l'anno solare tropico.<br />

Le dispute assunsero per anni toni feroci fino ad arrivare all'adozione di un algoritmo di calcolo basato sul ciclo di Dionigi. Per<br />

calcolare la ciclicita' della data della Pasqua dobbiamo tenere conto della periodicita' con cui la domenica cade entro il ciclo<br />

settimanale (ogni 7 anni comuni le domeniche cadono nelle stesse date lungo l'anno giuliano), della periodicita' quadriennale<br />

dell'anno bisestile e del ciclo di Metone che vale 235 lunazioni pari a 19 anni. Infatti la Domenica di Pasqua si ripetera' nello stesso<br />

giorno di calendario giuliano ogni (4 x 7 x 19) = 532 anni. Questo ciclo e' noto come "Ciclo di Dionigi", da Dionigi il Piccolo<br />

(Dionysious Exiguus) che nel VI secolo costrui' una tavola utile per calcolare e predire la data della Pasqua avanti e indietro nel<br />

tempo. Questo personaggio fu il primo ad introdurre l'uso di contare gli anni partendo dall'anno della nascita di Cristo, ma in modo<br />

tale che mancasse l'anno "zero", usanza tutt'ora in vigore, ma che fu criticata da Beda il Venerabile circa un secolo dopo. Il ciclo di<br />

532 anni fu utilizzato anche da altri autori per il calcolo delle date della Pasqua. Infatti nel 457 d.C. Vittorio d'Aquitania pubblico' il<br />

"Canon Paschalis", opera interamente dedicata al metodo di calcolo della data della Pasqua. Egli sembra abbia per primo<br />

combinato il ciclo di Metone con con il ciclo di ripetizione domenicale di 7 x 4 = 28 anni ottenendo il valore di 532 anni giuliani citato<br />

sopra. Vittorio d'Acquitania suggeri' anche di iniziare il computo degli anni dal plenilunio seguente la crocifissione di Gesu'.<br />

Comunque il periodo di 532 anni appare anche nell'opera "Computus Paschalis sive de indicationibus cyclis solis et lunae"<br />

attribuita, con qualche dubbio, a Magno Aurelio Cassiodoro fondatore del monastero di Vivarium, in Calabria e datata 562 d.C.<br />

Successivamente, nel VII secolo, anche Beda il Venerabile si occupo' del problema compilando estese tavole fino all'anno 1200<br />

("De Paschae Celebratione Liber"). Nell'Irlanda meridionale esso fu adottato nel 630 d.C., ma solo nel 703 in varie parti della<br />

Britannia e nel 731 in altre. Nella terra dei Picti (attuale Scozia) e nel territorio dove l'Abbazia di Iona aveva la sua maggiore<br />

influenza, il Ciclo di Dionigi fu adottato nel 716. Le comunita' cristiane celtiche gallesi lo adottarono solamente nel 768. Infatti<br />

durante il Sinodo di Whitby svoltosi nel 664 e presieduto dal re Oswy di Northumbria, la maniera celtica di osservare la data della<br />

Pasqua, come era stata caldeggiata da Colman vescovo di Northumbria e dall'Abbadessa Hilda, cioe' fissa al 25 Marzo, fu sostituita<br />

dalla maniera romana, stabilita durante il concilio di Nicea e basata sul plenilunio equinoziale come fu fortemente voluto da<br />

Agilberto vescovo dei Sassoni dell'Ovest. La cronologia degli eventi importanti e il conteggio degli anni e dei secoli erano basati sul<br />

calendario giuliano sviluppato da Sosigene per conto di Giulio Cesare accettato dal Concilio di Nicea nel 325 d.C., ma anche su<br />

conteggi tradizionali basati sulla data di inizio del mondo (!) come stabilito in un antico testo Irlandese chiamato "Il Libro dei Quattro<br />

Maestri"; basta consultare gli Annali dell'Ulster o gli Annales de Monte Fernandi (Annales Domus Fratrum de Multifernan) per<br />

rendersene conto, infatti per molti secoli vennero riportate doppie o triple datazioni.<br />

L'Irlanda agli inizi del V secolo era divisa in quattro province indipendenti e sempre in lotta tra di loro, l'Ulaid (l'attuale Ulster) a<br />

nord, il Leinster ad est (con capitale Tara dove risiedeva il re supremo), il Munster a sud e il Connacht ad ovest; al centro un quinto<br />

piccolo territorio, il Meath. L'Ulster fu il primo territorio ad essere cristianizzato ad opera di S.Patrizio e i monasteri che lo<br />

popolarono produssero gli anonimi monaci che compilarono le cronache conosciute come "gli Annali dell'Ulster". All'inizio di ogni<br />

sezione annuale gli sconosciuti monaci che li compilarono dal 431 d.C. fino al 1500 circa riportarono non solo tutte le<br />

numerosissime guerre tribali tra una provincia e l'altra e spesso tra i nobili di una stessa provincia (si rilevano al ritmo di circa 5<br />

conflitti per anno) elencando in (cattivo) latino e in antico gaelico i vinti, i vincitori, i morti di rilievo, ma anche le date di insediamento<br />

e di morte di vescovi, abati e santi, gli incendi di chiese e monasteri, le pestilenze, le carestie, ma anche fenomeni naturali quali<br />

inverni particolarmente rigidi o estati particolarmente calde e una notevole quantita' di fenomeni astronomici osservati e<br />

documentati dai monaci. Per quanto riguarda la cronologia essa appare molto singolare, ad esempio all'inizio della sezione relativa<br />

al 460, anno della morte di papa Leone I troviamo: > in cui rileviamo<br />

le calende di Gennaio (Kl. Ienair 6 f.), l'eta' della Luna corrispondente al 23esimo giorno dopo il novilunio (l. 23.), la datazione<br />

secondo Dionigi il Piccolo (Anno Domini .cccc.lx.,) cioe' l'anno 460 e alla fine la datazione secondo il Libro dei Quattro Maestri pari<br />

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all'anno 4664 (.iiiimdclxiiii.) dalla creazione del mondo. Notiamo che Dionigi il Piccolo non era ancora nato nel 460, ma lo il suo<br />

schema cronologico risulta adottato nel testo; in realta' e' noto che i monaci irlandesi estesero i loro annali all'indietro nel tempo<br />

durante il periodo antecedente all'arrivo di S.Patrizio in Irlanda, durante il VI secolo. Si noti il modo inusuale di scrivere il numero<br />

4000 in cifre romane: non MMMM, ma IIIIM cioe' "quattro mille" e non "quattro volte mille", tipico degli irlandesi i quali peraltro<br />

scrivevano i numeri romani con lettere minuscole del loro alfabeto semiunciale celtico. Nelle citazione estratte dagli Annali<br />

dell'Ulster troviamo frequentemente dei riferimenti alle cronache di Beda il Venerabile, monaco benedettino anglo vissuto in<br />

Northumbria intorno al VI-VII secolo il quale scrisse numerose opere di argomento astronomico che furono un riferimento classico<br />

nei 6 secoli successivi. Il computo di Beda il Venerabile era diverso di un anno rispetto a quello in uso presso la chiesa di Roma, e<br />

in molti passi di inizio anno anche la datazione secondo Beda viene riportata.<br />

Il riferimento a Beda il Venerabile dimostra che gli Annali dell'Ulster furono compilati dal 500-600 in avanti ed estesi<br />

contemporaneamente all'indietro per un secolo. Negli Annali dell'Ulster troviamo citate ben 10 eclissi di Sole, 12 di Luna, 6<br />

passaggi di comete e 6 aurore boreali. Negli Annales Domus Fratrum de Multifernan, che furono estesi all'indietro nel tempo fino<br />

all'anno 45 d.C., sono registrate 6 eclissi di Sole, 8 eclissi di Luna e 4 passaggi di comete. I monaci irlandesi che scrissero gli<br />

Annales eseguirono un'accuratissima analisi delle Sacre Scritture con l'obbiettivo di dare una collocazione cronologica ad eventi<br />

importanti nell'ambito del Cristianesimo. Ad esempio nell'anno 49 e' riportata questa curiosa citazione: > che riferisce che la Madonna sarebbe morta a 68 anni nell'anno 49 d.C. Gli Annales riportano<br />

moltissimi altri fatti interessanti, ma quello che salta spontanemente all'occhio e' questi monaci erano dei veri esperti di calendari, di<br />

sistemi di conversione tra un computo e un'altro e di metodi di misura del tempo in quanto sapevano albilmente districarsi nelle<br />

complicate questioni di cronologia antica. La principale sorgente di notizie relativamente all'Astronomia monastica irlandese ci<br />

proviene dall'analisi degli annali redatti presso i vari monasteri dell'isola, i quali pero' presentano caratteristiche del tutto singolari.<br />

Gli annali monastici compilati nei monasteri dell'Irlanda cristiana a partire dall'anno 442 in poi rappresentano una risorsa storica<br />

importantissima e contengono elenchi di eventi di svariata natura osservati e registrati anno per anno, attraverso un'ottica<br />

monastica cronologicamente posta all'incirca nel periodo iniziale della cristianizzazione nell'isola ad opera di S.Patrizio, S.Brigida e<br />

dei loro seguaci avvenuta durante il V secolo d.C.<br />

I testi vennero redatti con regolarita' dall'inizio del V secolo d.C. fino alla dissoluzione dei monasteri, verso la fine del XVI secolo.<br />

L'analisi dei testi ha messo in evidenza che gli eventi venivano registrati in tempo reale rispetto al loro accadere. Attualmente sono<br />

noti una dozzina di annali e piu' precisamente gli Annali dell'Ulster, il Cronicon Scotorum, gli Annali di Tigernach (AT), gli Annali di<br />

Clonmacnoise, gli Annali di Inisfallen, gli Annali di Loch Ce', gli Annali di Connacht, gli Annali di Cotton MS Titus, gli Annali di<br />

Roscrea, gli Annali del Regno d'Irlanda o dei Quattro Maestri, gli Annali di Multifernan a cui si aggiungono due serie frammentarie<br />

che sono i "Miscellaneous Irish Annals" e i "Fragmentary Annals of Ireland". I testi furono generalmente compilati da generazioni di<br />

anonimi monaci che lavoravano negli "scriptoria" dei monasteri hibernici in cui erano fedelmente ricopiati i testi classici antichi sia<br />

sacri che profani e di cui possediamo magnifiche copie miniate con l'inconfondibile stile celtico insulare di altissimo valore artistico,<br />

quali ad esempio il Libro di Kells. La comprensione dei testi e' difficolosa, al di la' della lingua in cui sono scritti cioe' una mistura di<br />

"old Irish", cioe' antico gaelico, e cattivo latino, ma soprattutto per via dello stile criptico e con cui vengono pero' fedelmente riportati<br />

gli avvenimenti politici, ecclesiastici e naturali, ivi compresi quelli astronomici i quali occupano un posto marginale in quanto<br />

nell'Irlanda medioevale erano sicuramente meno frequenti delle guerre, delle uccisioni o degli incendi delle chiese e dei monasteri.<br />

La distribuzione delle registrazioni di argomento astronomico non e' solo in relazione al ritmo con cui gli eventi accadevano, ma<br />

sono ipotizzabili altre ragioni come sara' messo in evidenza piu' oltre. I testi riportano quindi notizie relativamente alle eclissi di Sole<br />

e di Luna, alle comete, a strane nuvole o misteriosi fenomeni meteorologici, alle aurore boreali, ai terremoti e ad altri fenomeni<br />

degni di essere ricordati. L'analisi degli eventi astronomici elencati mostra che gli annali monastici irlandesi contengono accurate<br />

registrazioni di molte eclissi di Sole e di Luna oltre che ai passaggi di comete, ma essi non risultano essere esaustivi. Un fatto<br />

particolarmente stridente e' la completa assenza di segnalazioni relative a fenomeni planetari. La distribuzione delle 92 registrazioni<br />

che si riferiscono a 37 diversi eventi astronomici registrati nei vari testi, vede in testa gli Annali dell'Ulster con 31 eventi seguiti dagli<br />

Annali di Tigernach con 19 registrazioni e il Chronicon Scotorum con 18 eventi, il resto e' disperso nei restanti testi. Quando si<br />

confrontano differenti registrazioni degli stessi eventi contenute in differenti testi, il primo problema da risolvere riguarda la<br />

cronologia in quanto fino all'anno 1000 non era prassi in tutti i monasteri l'uso dell'Anno Domini, cioe' il conteggio degli anni dalla<br />

nascita di Gesu' come stabilito da Dionigi il Piccolo.<br />

A cio' si aggiunge anche qualche discrepanza di piu' o meno 1 anno dovuta agli usi e ai sistemi di conteggio locali. Anche quando<br />

l'Anno Domini era utilizzato, non sempre l'anno era fatto iniziare il 1 Gennaio, ma ad esempio gli Annali dell'Ulster utilizzarono fino<br />

al 1012 l'uso di far iniziare l'anno il 25 Marzo (ab Incarnatione Domini), cioe' dal giorno dell'Annunciazione a Maria, nove mesi esatti<br />

prima del Natale. (In realta' questa fu un'abitudine diffusa anche nel territorio bergamasco infatti l'ultimo documento notarile datato<br />

secondo questo stile risale al all'anno 1301). Nel caso degli Annali di Tigernach e del Chronicon Scotorum la cosa risulta ancora<br />

piu' complicata in quanto la cronologia secondo l'Anno Domini non e' usata del tutto nelle registrazioni precedenti al 1020, mentre<br />

dopo questa data gli Annali di Tigernach iniziano a seguire l'uso del computo dalla data presunta della nascita di Gesu'.<br />

Esaminando le registrazioni dei 37 eventi astronomici si puo' facilmente rilevare l'esistenza di due distinti stili di registrazione che<br />

corripondono a due fasi cronologiche ben distinte. La prima va dall'anno 442 al 612 durante i quali le registrazioni includono 6<br />

eventi di cui 1 passsaggio di cometa (442 d.C.) e 5 eclissi di Sole. Le registrazioni mostrano chiaramente una mancanza di<br />

originalita' e di essere state riprese e confrontate e corrette con quelle di altri documenti contemporanei anche di origine non<br />

irlandese copie dei quali giunsero, seguendo complicati percorsi, fino nei monasteri della verde isola, probabilmente portate dai<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 38<br />

monaci bianchi che viaggiavano attraverso l'Europa. Esiste comunque un'eccezione che riguarda l'eclisse solare dell'anno 594. Le<br />

registrazioni relative agli eventi avvenuti nel 442, ne 497 e nel 512 sembrano, a causa della similitudine delle descrizioni riportata<br />

dai vari annali, essere provenienti dalla Cronaca di Marcellino che e' noto fu usata dagli annalisti irlandesi fino allo VIII secolo per<br />

desumere le notizie relative ai terremoti, delle successioni dei vari papi e degli imperatori che si avvicendarono a Roma e<br />

nell'Europa continentale. Questo fatto appare evidente ricreando al computer i fenomeni citati con un buon software di simulazione<br />

del cielo, accurato per i periodi antichi. Ad esempio gli Annali di Inisfallen riportano che nell'anno 447 d.C. fu visibile un'eclisse di<br />

Sole, verso l'ora nona. Il calcolo astronomico mostra che il 23 Dicembre del 447, alle 12:58 ora locale, effettivamente avvenne<br />

l'eclisse in oggetto, ma la totalita' fu visibile dall'ora ottava alla nona in Francia Centrale, come correttamente rilevabile nel<br />

Chronicon Luxoviense, e non in Irlanda posta comunque geograficamente troppo a nord per essere compresa nella fascia di<br />

totalita'.<br />

La registrazione di Inisfallen e' quindi una trascrizione delle osservazioni eseguite presso il monastero di Lexuil. Un'altro caso e'<br />

quello dell'eclisse solare del 497 d.C. registrata contemporaneamente dagli Annali dell'Ulster, da quelli di Tigernach e dal<br />

Chronicon Scotorum, ma il Sole fu a malapena eclissato in Irlanda e le notizie rilevabili dagli annali sono pari pari quelle riportate da<br />

Marcellino il quale viveva nel sud della Gallia, luogo in cui l'eclisse fu invece visibile. Un'altra sorgente non irlandese fu quindi il<br />

Chronicon Luxoviense redatto dai monaci del monastero di Luxeuil in Francia, fondato da S.Colombano, monaco irlandese che<br />

mantenne comunque stretti rapporti con le istituzioni monastiche dell'isola. Altre notizie sembrano provenire dagli scritti del vescovo<br />

spagnolo Isidoro da Siviglia, come ad esempio nel caso dell'eclisse del 2 Agosto dell'anno 612 d.C. In questo caso il fenomeno<br />

venne registrato dagli Annali dell'Ulster, dal Chronicon Scotorum, negli Annali di Tigernach e in quelli di Clonmacnoise e in vari<br />

frammenti di altre registrazioni monastiche, ma tutti indicano l'ora ottava. I dati contenuti negli annali mostrano tutti di essere giusti<br />

nel caso di una localita' geografica posta circa 200 Km a ovest di Siviglia, luogo in cui effettivamente il vescovo e annalista Isidoro<br />

visse e opero'. Tra l'altro sembra proprio essere stata l'osservazione di questa eclisse totale ad indurre il re Sesibut ad incaricare<br />

Isidoro di redarre una cronaca degli avvenimenti rilevanti che accaddero durante gli anni. Casi simili si rilevano nel caso delle<br />

eclisse solare del 512, e della cometa osservata nel 442 d.C. Fa eccezione l'eclisse di Sole del 23 Luglio 594 la quale, presente<br />

negli annali dell'Ulster, di Tigernach, di Inisfallen e nel Chronicon Scotorum, e' associata a dei dati temporali e di aspetto dei Sole<br />

eclissato coerenti con quanto osservabile in Irlanda. In ogni caso l'abitudine di copiare gli eventi da altri manoscritti termina<br />

completamente nel 697 e successivamente le registrazioni mostrano di essere originali e ricavate da osservazioni astronomiche<br />

direttamente eseguite nei monasteri posti sull'isola.<br />

La seconda fase va dal 627 al 1133 e comprende 31 eventi i quali mostrano di essere piu' scrupolose e di corrispondere a<br />

registrazioni eseguite sulla base di osservazioni astronomiche effettivamente eseguite in Irlanda e in questo periodo non si rilevano<br />

tracce di influenze esterne all'isola. Questo appare chiaro soprattutto nel caso delle eclissi di Sole e di Luna in quanto i dati riportati<br />

corripondono agli istanti temporali e alla visibilita' dei fenomeni presso le localita' in cui erano posti i monasteri in cui gli annali<br />

furono redatti. Questo ci permette di affermare che per circa cinque secoli, cioe' tra il 627 e il 1133 nei monasteri esistevano alcuni<br />

monaci espressamente incaricati di eseguire precise osservazioni astronomiche, di tipo piu' qualitativo che quantitativo, ma in<br />

modo sistematico ed in via continuativa. Questo non implica che in epoche precedenti l'abitudine di osservare il cielo non esistesse,<br />

infatti sembrerebbe che i monaci irlandesi abbiano eseguito sistematiche osservazioni del cielo almeno dall'anno 594 d.C. in poi,<br />

ma la redazione degli annali utilizzava anche e soprattutto fonti esterne ai monasteri alle quali veniva dato molto peso. La cosa<br />

sorprendente e' che nel caso di alcuni annali, quali gli Annali dell'Ulster ad esempio, dopo il 1133 le registrazioni degli eventi<br />

astronomici cessano bruscamente e in alcuni casi cessa contemporaneamente anche l'uso della della lingua latina o della mistura<br />

latino-old Irish nella redazione dei testi, i quali diventano piu' corposi, scritti in solo gaelico e soprattutto orientati alla registrazione di<br />

importanti eventi politici ed ecclesiastici.<br />

A questo punto sorge in maniera del tutto naturale una questione di estremo interesse cioe' se le registrazioni che sono contenute<br />

negli annali rappresentano la totalita' delle osservazioni astronomiche eseguite dal clero irlandese durante il periodo altomedievale<br />

oppure no. Questa e' una questione a cui e' molto difficile rispondere, ma qualche ipotesi puo' essere avanzata. Prima di tutto va<br />

rilevato che disponismo di 10 eclissi solari documentate negli annali contro 40 visibili nell'Irlanda centrale durante il periodo che<br />

intercorre dal 627 al 1033, nelle quali la separazione apparente tra il centro del disco del Sole e quello della Luna fu inferiore o<br />

uguale a 6' d'arco. In secondo luogo si rileva che negli annali sono elencate 12 eclissi lunari caratterizzate da una difficoltosa<br />

visibilita' dovuta alla posizione della Luna nel cielo piuttosto sfavorevole, quindi visibili nelle ore che precedono di poco l'alba,<br />

oppure eclissi in cui la frazione di disco lunare coperta dall'ombra della Terra era molto ridotta. Le eclissi in oggetto sono quelle<br />

avvenute negli anni 691, 718, 734, 753, 763, 773, 788, 807, 865, 878, 921 e 1023 ed esse risultano accuratemente rilevate quindi<br />

e' difficile ammettere che i monaci abbiano ben osservato e ritenuto importanti queste eclissi di difficile visibilita' e abbiano<br />

completamente trascurato quelle molto piu' evidenti e visibili in orari e posizioni in cielo molto piu' favorevoli.<br />

Il fatto che eventi astronomici poco rilevabili, quali quelli riportati, siano stati di fatto rilevati ci obbliga ad ammettere l'esistenza di<br />

un'attivita' osservativa sistematicamente portata avanti con continuita', notte dopo notte, in caso contrario questi eventi non<br />

sarebbero stati rilevati. In piu' nel corso del X secolo risulta documentata una sola eclisse di Luna, negli Annali dell'Ulster, quella<br />

accaduta il 17 Dicembre dell'anno 921, i cui parametri sono essenzialmente stati correttamente determinati. Se la frequenza di<br />

registrazione nei vari testi avesse strettamente riflettuto l'interesse delle varie comunita' monastiche presenti sul territorio irlandese<br />

per l'osservazione dei fenomeni astronomici, allora un'accuratezza come quella rilevata nei resoconti contenuti negli annali sarebbe<br />

stata molto improbabile. Le registrazioni pertinenti al X secolo sono in totale quattro: le cometa del 912, l'aurora boreale del 917,<br />

l'eclisse lunare del 921 e una curiosissima descrizione datata 939 che riferisce che il Sole si coloro' di rosso durante il giorno e<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 39<br />

rimase tale per un giorno e mezzo. Il fenomeno e' stato identificato con l'effetto delle polveri ejettate dal vulcano islandese Eldja' la<br />

quale e' geologicamente molto ben documentata. La nuvola di polvere salita in cielo a seguito dell'eruzione oscuro' parzialmente il<br />

cielo per circa 30 ore e si diffuse per centinaia di chilometri lontano dal vulcano. Un'altro fatto interessante riguarda il passaggio<br />

della cometa di Halley nel 1066 e dell'esplosione della famosa supernova del 1054, nella costellazione del Toro.<br />

Negli annali si rileva che solo i giorni in cui la cometa fu piu' splendente e spettacolare sono riportati, mentre di fatto la cometa fu<br />

visibile in cielo per molto tempo e lo stesso capita per la SN1054. Questo significa che gli annalisti dovettero riportare nelle loro<br />

cronache solamente i giorni piu' importanti dell'evento selezionandoli dalla molto piu' estesa documentazione relativa<br />

all'osservazione dell'oggetto in cielo. In entrambi i casi rileviamo un'associazione tra il fenomeno astronomico e una ricorrenza<br />

ecclesiastica. Nel caso della Halley ne viene riportata la visibilita' nel martedi' successivo al lunedi' di Pasqua dell'anno 1066 e nel<br />

caso della SN1054 si tratta della domenica coincidente con la festa di S.Giorgio, nel martirologio della chiesa irlandese dell'epoca,<br />

quindi il 24 Aprile 1054. Un fatto singolare che merita attenzione riguarda la registrazione relativa all'aurora boreale e all'eclisse di<br />

Luna dell'anno 672. Al pari delle registrazioni relative alla Halley e alla SN1054 si osserva una preferenza per tramandare i<br />

fenomeni contemporanei tra loro e questo capita per almeno il 25% dei casi contenuti nei vari annali.<br />

Gli eventi relativi agli anni 447, 664, 691, 735, 753, 763, 865, 878 e 1023 sono tutti eventi doppi che si riferiscono al fatto che capiti<br />

un'eclisse solare nei pressi del Venerdi' Santo, quindi eclisse+crocifissione di Gesu' oppure eclissi di Luna e visione di un'aurora<br />

boreale, oppure la coincidenza di un'eclisse di Luna con la festa di S.Martino oppure il verificarsi di un'eclisse di Luna e una di Sole<br />

a mezza lunazione di distanza, quindi nello stesso mese di calendario. Siamo quindi indotti ad ammettere che gli eventi astronomici<br />

documentati negli annali sono quelli che per qualche ragione a noi sconosciuta meritarono l'inclusione nei testi e gli altri, anche se<br />

piu' evidenti ed importanti, non la meritarono. Il criterio di inclusione non fu la spettacolarita' dell'evento in se stessa tanto e' vero<br />

che molti fenomeni molto spettacolari non furono inclusi, ma quasi sembrerebbe che un fenomeno dovesse essere incluso nel<br />

momento in cui esso potesse essere classificato per qualche ragione come un portento o un importante segno divino degno di<br />

particolare considerazione. Dobbiamo ricordare che ci stiamo occupando di annali monastici, quindi redatti in un ottica<br />

prevalentemente religiosa e spesso fortemente intrisa di misticismo cristiano, quindi i concetti di associazione tra un fenomeno<br />

astronomico e una data importante del calendario liturgico locale erano escatologicamente molto importanti. Ad esempio un'eclisse<br />

di Sole accaduta nel Venerdi' Santo ricordava la Crocifissione e l'eclisse solare all'ora nona che i vangeli ci tramandano, oppure<br />

un'eclisse avvenuta a Pasqua (conteggiata alla maniera celtica e non romana) era importantissima.<br />

Molto pittoresco e' anche il linguaggio talvolta usato nelle descrizioni dei fenomeni, ad esempio la Luna che durante un'eclisse ha "il<br />

colore del sangue" oppure "Luna rosso sangue" oppure nel caso delle eclissi di Sole venne usato il termine di "Sole nero", oppure<br />

"draghi visti in cielo" nel caso delle aurore boreali, oppure comete descritte come "orribile portento" oppure "segno orribile e<br />

meraviglioso". Tutti questi fattori sono indiscutibili segni che furono le Sacre Scritture ad ispirare i criteri con cui i fenomeni da<br />

includere negli annali erano selezionati soprattutto l'Apocalisse o Libro delle Rivelazioni scritto da Giovanni Evangelista che per sua<br />

natura tratterebbe di "cio' che deve accadere" e dei segni premonitori che lo annunciano. Il libro dell'Apocalisse e le rivelazioni<br />

concernenti gli ultimi giorni del mondo fanno continue allusioni ai fenomeni astronomici. Ad esempio nel capitolo 6 par. 12 (Il sesto<br />

sigillo: l'universo sconvolto) si legge: , oppure il drago nel cielo citato nel capitolo 12 etc. In particolare se si confronta la<br />

casistica dei fenomeni naturali citati negli annali monastici irlandesi e quelli citati nel libro dell'Apocalisse si rileva che solamente i<br />

capitoli 14, 15, 17 e 18 sono privi di qualsiasi riferimento che puo' essere rilevato negli annali. Appare quindi facile ipotizzare che le<br />

osservazioni astronomiche avessero in realta' il probabile scopo di scrutare il cielo alla ricerca di questi terribili segni incipienti la<br />

fine del mondo profetizzata nel libro dell'Apocalisse.<br />

Questa ipotesi si accorda bene con la particolare enfasi dedicata agli eventi doppi, contemporaneamente celesti e terrestri,<br />

astronomici e liturgici in quanto essi somigliano molto meglio a quanto previsto dai libri dell'Apocalisse. Va anche messo in<br />

evidenza che la visione escatologica e mistica dei "segni" celesti non e' di origine irlandese, ma soprattutto gallo-romana come<br />

mostrano le cronache di Sulpicio Severo compilate nel sud della Gallia durante il V secolo d.C. e quelle compilate da Idazio nel nord<br />

della Spagna, le quali erano note in Irlanda, copiate e studiate nei monasteri. In precedenza e' stata messa in evidenza la completa<br />

carenza, negli annali, di notizie relative ai pianeti e alle loro posizioni. Questo e' semplicemente da imputare al fatto che il Libro<br />

dell'Apocalisse non si cura assolutamente dei pianeti e come tali furono trascurati dai monaci in quanto non avrebbero fornito alcun<br />

segnale relativo alla fine del mondo. Rimane ora da considerare dove furono presumibilmente eseguite le osservazioni<br />

astronomiche che sono incluse negli annali irlandesi. Fino all'anno 740 tutti gli annali trascrivono cronache provenienti dall'Abbazia<br />

di Iona le quali si riferiscono ad osservazioni astronomiche effettivamente eseguite in quel luogo. Nel periodo che va dal 740 al 912<br />

circa gli Annali dell'Ulster, quelli di Tigernach, il Chronicon Scotorum e gli Annali di Clonmacnoise riportano materiale proveniente<br />

dal monastero di Clonard, nella contea di Westmeath e da quello di Armagh nell'Irlanda del Nord i quali, con rilevante probabilita',<br />

sembrano essere stati i luoghi dove le osservazioni astronomiche furono effettivamente compiute.<br />

Dopo il 912 i monasteri di Clonmacnoise a Durrow nel centro dell'Irlanda sembrano essere stati i luoghi piu' probabili in cui le<br />

osservazioni astronomiche furono eseguite e i luoghi da cui provengono le notizie elencate negli Annali di Tigernach, nel Chronicon<br />

Scotorum e ovviamente negli stessi Annali di Clonmacnoise. Da questo si evince che la circolazione delle notizie e dei documenti<br />

manoscritti era frequentissima tra i vari centri monastici della verde isola, cosa per altri versi molto interessante considerato che in<br />

quel periodo storico l'Irlanda era divisa in quattro regni sempre in lotta tra loro e, a giudicare da quanto si legge nei vari annali<br />

monastici, con un ritmo medio di sette od otto guerre l'anno. Non era quindi facile sopravvivere, figuriamoci il dover viaggiare da un<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 40<br />

monastero all'altro portandosi dietro preziosi rotoli di pergamena che non dovevano andare distrutti. Negli annali si leggono notizie<br />

tali per cui non sempre l'abito monastico costituiva un elemento di sicurezza atto a garantire un certo rispetto e quindi una certa<br />

incolumita' a chi lo indossava, d'altra parte come abbiamo visto, le notizie e i manoscritti comunque viaggiavano in lungo e in largo<br />

per l'Europa portate dai monaci irlandesi le cui tracce sono spesso rilevabili ancora ai nostri tempi sia nella tomoponomastica che<br />

nei culti di taluni santi, quali S.Patrizio, S.Colombano, S.Brigida, S.Gallo e dello stesso Giovanni Evangelista, che ancora sono<br />

diffusi nelle vallate dell'Italia settentrionale e centrale.<br />

gaspani@brera.mi.astro.it<br />

Curiosità gnomoniche in rete<br />

Girovagando (forse meglio navigando) in rete, ho trovato queste notizie:<br />

<strong>Nicola</strong> <strong>Severino</strong>, Roccasecca FR<br />

Don Giuseppe Sanzeni - Dorilda Fumagalli De Bernardi La Meridiana di Osteno in Associazione per la protezione<br />

del Patrimonio Artistico e Culturale della Valle Intelvi Sede - Pellio Intelvi (Como), Via<br />

Provinciale Segreteria - Pellio Intelvi - Sig. Rosetta Spazzi - Tel. 031-830123 Segreteria - S.Fedele<br />

Intelvi - Arch. Matteo Motta Tel. 031-830253 – Quaderno 1996<br />

Aspetti caratteristici del paesaggio di Caprino<br />

Veronese<br />

LE MALGHE<br />

LE MERIDIANE<br />

Meridiana a S. Martino<br />

Nonostante l'invenzione dell'orologio meccanico, per molto tempo resistettero le meridiane, dei quadranti variamente<br />

elaborati che permettevano di conoscere l'ora solare quando l'ombra di un'asta metallica si proiettava sulle ore disegnate<br />

sul quadrante. Di queste testimonianze rimangono ancora alcune significative tracce sulle facciate di qualche casa e sono<br />

interessanti non solo per il loro valore storico, ma anche perchè talvolta sono munite di pregevoli ed elaborate decorazioni<br />

ed impreziosite da iscrizioni che generalmente ricordano l'implacabile fuggire del tempo ed ammoniscono sulla brevità<br />

della vita.<br />

Casa del Macello:<br />

Quella denominata "Casa del Macello" è in realtà il terzo dei palazzi eretti dai Fieschi alla fine del Seicento, a<br />

chiusura dello scenografico spazio dell’antica piazza di Casella. Come si evince da antiche carte conservate<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 41<br />

presso l’Archivio di Stato di Genova, al suo interno operavano la maggior parte dei macellai dell’intero feudo,<br />

essendo lo smercio della carne sottoposto ad un regime monopolistico e quindi di diretto controllo del conte<br />

Fieschi. Tuttavia, l’aspetto più interessante di questo edificio è la seguente: la sua facciata a meridione<br />

funzionava come un enorme orologio solare, anzi come più orologi solari, essendo incisa e dipinta con i<br />

classici segni delle meridiane. Su questa sorta di palinsesto murario, si sono succeduti nel tempo almeno tre<br />

orologi solari, a seconda del modo di indicare l’ora e la data corrente nelle diverse epoche storiche. Il<br />

recente restauro del manufatto ha riportato alla luce tre tipi di misurazione del tempo e cioè: le ore italiche, in<br />

uso nel Medioevo, contate a partire dal tramonto del Sole; le ore babiloniche, computate a partire dall’alba e<br />

in uso presso greci, romani, caldei, egizi, giudei; le ore astronomiche o francesi, il computo temporale<br />

attuale, da mezzanotte a mezzogiorno. Oltre a ciò sulla facciata comparivano segni necessari alla<br />

determinazione della data e alcune righe di testo, oggi illeggibile, forse di aiuto nella decifrazione dell’ora o<br />

forse di regolamentazione del mercato che si svolgeva nella sottostante piazza. Recenti ricerche hanno<br />

appurato che l’edificio è stato appositamente eretto orientandolo in modo da segnare esattamente il<br />

mezzogiorno locale, costituendo così una vera e propria casa-orologio-calendario, indispensabile e ben<br />

visibile - soprattutto prima della costruzione dell’edificio ottocentesco prospiciente - per le carovane di<br />

mercanti-mulattieri che giungevano da Genova.<br />

Per chi vuole saperne di più: Le Meridiane di "Casa del Macello", relazione tecnica di Lino Cossu (reperibile<br />

presso la Biblioteca Comunale di Casella); R. Santamaria, Casella: tracce di storia, in Aa.Vv., Dal Feudo al<br />

Comune. Aspetti di vita casellese fra Settecento e Ottocento, Ed. Eti-Esse, Montoggio 1997, pp. 9-18.<br />

PIZZOLI<br />

Questo edificio, a differenza degli altri di epoca medioevale che si trovano disseminati un pò dovunque nel territorio, è da attribuirsi<br />

al 1600 per i rimodernamenti effettuati dall'architetto e scultore francese Pietro Labitro che operava a L'Aquila.<br />

All'interno del castello, si trova una torre medioevale pentagonale a cui con molta probabilità doveva<br />

agganciarsi la cortina muraria di cui rimangono alcune tracce, e con la quale dovette formare un unico<br />

impianto difensivo.<br />

L'attuale edificio seicentesco, ha pianta quadrangolare nei cui vertici si trovano le casematte di tiro,<br />

leggermente sporgenti e dotate di una serie di feritoie archibugiere. Le facciate sono spartite da tre cornici<br />

marcapiano e su una di esse è affrescata una meridiana.<br />

Comune di Abbadia Lariana<br />

Lungo la provinciale 72, in direzione nord, a soli 7 chilometri dall'ormai capoluogo di provincia, si affaccia<br />

sulla suggestiva sponda del lago di Lecco il ridente Comune di Abbadia Lariana.<br />

Più in alto la chiesetta di San Rocco custodisce un dipinto del Santo. Fuori, su di un lato, la meridiana<br />

segna il trascorrere pacifico delle ore. La struttura è sorta come ex voto della popolazione in occasione di<br />

un'epidemia di colera scoppiata nel 1836.<br />

Questa torre per osservazioni astronomiche, chiamata Ch'ômsôngdae, è<br />

una delle più vecchie strutture esistenti in Corea ed è la più antica<br />

struttura di questo tipo esistente in Asia. Fu costruita nel 647,<br />

sedicesimo anno di regno della regina Sôndôk (632-647) durante il<br />

periodo di Silla.<br />

È costituita da 365 pietre, quanti sono i giorni dell'anno, e la base è<br />

formata da 12 pietre rettangolari, quanti sono i mesi. Ha una base<br />

quadrata sulla quale si erge la torre cilindrica con la punta rastremata.<br />

La base quadrata e le sezioni circolari della torre hanno un significato<br />

simbolico: rappresentano l'antica credenza popolare che il cielo fosse<br />

rotondo e la terra quadrata.<br />

Secondo quanto ci narrano i resoconti storici, gli osservatori si<br />

sdraiavano supini e guardavano gli oggetti celesti attraverso quattro<br />

cupole sistemate in un quadrato orientato verso i quattro punti cardinali<br />

(nord, sud, est e ovest). Gli astronomi studiavano le posizioni e il moto<br />

apparente dei corpi celesti, compilavano il calendario annuale e<br />

prevedevano fenomeni celesti come l'equinozio di primavera e<br />

d'autunno, il solstizio d'inverno e d'estate, e le eclissi solari e lunari. Gli<br />

antichi astronomi coreani osservavano anche le comete e le meteoriti,<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 42<br />

registrandone le apparizioni. L'apertura quadrata che si vede a metà altezza è rivolta a Sud e fu creata per<br />

permettere ai raggi del sole di toccare un certo punto sul pavimento all'equinozio di primavera e d'autunno e<br />

quando il sole attraversava il meridiano. La finestra era studiata in modo da non ammettere la luce del sole<br />

al solstizio d'estate. La torre serviva quindi anche a indicare in modo preciso il passaggio delle quattro<br />

stagioni.<br />

Si trova a Kyôngju a circa 100 km a nord di Pusan.<br />

Antiquarium "Celestino Piccolini" Guidonia Montecelio<br />

Terzo ripiano: meridiana.<br />

Pietracamela, m. 1005, uno dei comuni più alti della provincia di Teramo, è al riparo dei caratteristici roccioni<br />

che delimitano in basso i vasti Prati "retrivi" (Prati di Tivo), verde declivio morenico che si eleva verso il<br />

Corno Piccolo (m. 2655) ed il Corno Grande (m. 2912) del Gran Sasso d'Italia,Tra l'altro: la chiesa ex<br />

parrocchiale di San Giovanni (1432), sulla cui fronte spiccano il portalino inscritto, il campanile a vela, la<br />

meridiana antica e l'orologio, chiesa che ricorda un maestro Marcus de Tringiano;<br />

C’è una meridiana nel chiostro.<br />

IN MEMORIA DI<br />

René R.-J.Rohr<br />

l'Abbazia di Vallombrosa<br />

Il complesso monastico<br />

Rene R J Rohr è nato a Strasburgo nel 1905, dove completò gli studi<br />

prima di andare in marina. Egli fece una rapida carriera da sottotenente a<br />

capitano di lungo corso. Ha scritto 3 libri sui suoi viaggi intorno al<br />

mondo. Per le sue esperienze come ufficiale di marina, si interessò di<br />

problemi di gnomonica, creando e restaurando numerosi orologi solari.<br />

Sino dal 1954 ha pubblicato circa 250<br />

articoli e studi in una dozzina di paesi. La<br />

prima edizione del suo libro “Les cadrans<br />

solaires” fu scritta in francese, seguita da<br />

una edizione inglese pubblicata a Toronto<br />

nel 1970, e da una tedesca nel 1982 “ Die<br />

Sonnenuhr”. Ha anche scritto “ Les cadrans solaires anciens d’Alsace” nel 1971. Una edizione<br />

italiana è stata pubblicata nel 1988. L’autore è uno dei massimi esperti di gnomonica nel mondo. E’<br />

laureato e membro dell’Accademia di Alsazia (N.S.)<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 43<br />

VIA DEL MONASTERO, TUTTO COMINCIO' DA QUI<br />

Dalla cripta longobarda alla biblioteca dove fu custodita per un millennio la "Bibbia<br />

Amiatina"<br />

Per chi giunge ad Abbadia San Salvatore dalla direttrice romana, il punto di riferimento è viale Roma.<br />

Transitando da via Remedi, si continua dritti per Piazza della Repubblica dove si incontra un distributore<br />

"Esso", si prosegue per via Matteotti, senza mai deviare e così si giunge in viale Roma. Partendo da lì per<br />

accedere a via del Monastero, si percorre tutto il viale fino in fondo, si prende come punto di riferimento la<br />

fontana di Piazza XX Settembre, si gira a sinistra e si percorre via Cavour; si prosegue per circa 50 metri e si<br />

giunge ad un arco, si gira a destra e lì comincia via del Monastero. (…).<br />

Via del Monastero si trova a nord del paese rispetto al Palazzo Comunale, fa parte del complesso<br />

dell'Abbazia del Santissimo Salvatore. La più antica citazione risale ad un documento del Maggio 762 e la<br />

sua costruzione risale al periodo compreso tra la fine del VII secolo e l'inizio dell'VIII secolo.<br />

L'Abbazia era originariamente cinta da mura e vi si potva entrare solo attraverso delle porte. In caso di<br />

pericolo e durante la notte, venivano chiuse. Attraverso l'arco della porta di Sant’Anna, che da sull'odierna<br />

via Cavour, si entra in via del Monastero. Sul frontespizio dell'arco c'è lo stemma del Monastero formato da<br />

tre piccoli monti e dalle insegne dell'Abbazia: due pastorali incrociati e una nutria. Circa quaranta metri<br />

avanti c'è un secondo arco sormontato da un'antica meridiana e un breve sottopassaggio. Sulle pareti<br />

si nota quello che rimane di antichi affreschi che rappresentavano l'Arcangelo San Michele con la bilancia,<br />

nell'atto di amministrare la giustizia. (…).<br />

LA COSMOLOGIA DI PIAZZA DEL POPOLO<br />

Un progetto di Peter Greenaway per Roma<br />

23 - 30 giugno<br />

Il regista inglese Peter Greenaway propone a Piazza del Popolo, con il contributo dell'ACEA, un ambizioso<br />

progetto che trasformerà la celebre piazza per otto notti in una gigantesca meridiana. L'intervento, della<br />

durata di 10 minuti, sarà ripetuto dalle nove a mezzanotte ogni notte, accompagnato da un sottofondo di<br />

effetti sonori naturali e musicali.<br />

Piazza del Popolo ha il suo centro in un imponente obelisco egiziano proveniente da Eliopoli e collocato in<br />

età romana nel Circo Massimo. Sisto V lo fece rimuovere e trasportare nell'attuale piazza per segnare la<br />

congiunzione e il termine delle tre strade importanti che convergono nella Porta Nord di Roma.<br />

Questo Papa, grande costruttore entusiasta dell'architettura, ebbe anche l'idea di usare l'obelisco come lo<br />

stilo di una meridiana che avrebbe segnato - con la sua ampia ombra - il passaggio del sole e così il<br />

passaggio delle ore, sulla pavimentazione della piazza ma il progetto non ebbe mai corso. Il regista inglese<br />

Peter Greenaway riprende l'idea del Papa ed elabora un programma di luce e suoni che simula la<br />

concentrazione di giorno e notte: aurora, sorgere del sole, mezzogiorno, pomeriggio, tramonto, crepuscolo,<br />

sera, notte.<br />

La Piazza, prima sito di una foresta e poi di una vigna coltivata, si reputa fosse il luogo della tomba di<br />

Nerone. Certamente è stata la porta attraverso la quale la regina Cristina di Svezia fece ingresso in una<br />

Roma trionfale che celebra la sua conversione al cattolicesimo. Per salutarla, c'è un motto latino scolpito<br />

sull'arco centrale: FELICI FAUSTO INGRESSUI (Per un felice e fausto ingresso).<br />

L'ispirazione è venuta da tutti questi eventi: la mistura storica di Egitto e Roma Imperiale, la funzione<br />

urbanistica della Chiesa cattolica, la simmetria delle chiese di Santa Maria fluttuanti come navi barocche<br />

lungo la rotta del Corso, e la particolare ispirazione della bella luce drammatica dei dipinti del Caravaggio<br />

nella chiesa di Santa Maria del Popolo, che segna il confine al lato Nord della piazza.<br />

«Ho un progetto ambizioso per Piazza del Popolo. L'obelisco al centro della piazza era stato concepito come<br />

lo stilo di una gigantesca meridiana. Alla fine del Cinquecento, Sisto V aveva progettato di disporre molti di<br />

questi orologi architettonici nei crocevia più importanti della città. Mi piacerebbe reintrodurre questa idea,<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 44<br />

creando uno spettacolo in cui l'obelisco si trovi al centro di un cerchio di luce artificiale semovente che simuli<br />

il ciclo giorno-notte, sole-luna.<br />

In questo modo, dopo il tramonto, Piazza del Popolo diventerebbe una sorta di enorme planetario meccanico<br />

con la funzione di indicare il passaggio del sole e della luna intorno al globo terrestre nelle 24 ore. La luce si<br />

"muoverà" secondo un ciclo di dieci minuti, a cominciare dal tramonto naturale e continuerà fino a<br />

mezzanotte ripetendosi continuamente con un solo minuto di intervallo tra ogni ciclo.<br />

Questo gioco di luci sarà abbastanza veloce da poter essere seguito (e anticipato) senza tuttavia essere di<br />

impedimento al traffico o di disturbo ai residenti. La luce bassa e di un rosso carico sorgerà a est tra la<br />

chiesa di Santa Maria del Popolo e la terrazza panoramica del Pincio e si muoverà similmente al sorgere del<br />

sole, diventando sempre più alta e assumendo i toni dell'arancio, del giallo e del bianco-crema per<br />

raggiungere lo zenith, bianca e brillante, sopra via del Corso tra Santa Maria in Monte e Santa Maria dei<br />

Miracoli.<br />

Dopo aver raggiunto i toni di luce più chiari e brillanti, il "sole" tramonterà lentamente, diventando pian piano<br />

arancio, rosa, e infine rosso e viola, in corrispondenza del lato nord-ovest della piazza. Il rimanente terzo<br />

"ciclo di 24 ore" proietterà sulla Porta del Popolo una luce blu e bianca a rappresentare le stelle e la luna. A<br />

tutto ciò, se possibile, si aggiungeranno suggestive comete e stelle cadenti simulate da piccole fonti di luce<br />

situate sulle lanterne di Santa Maria in Monte Santo e Santa Maria dei Miracoli, sulla loggia, sulla discesa<br />

del Pincio, sulle due fontane ai lati della piazza e sopra la stessa Porta del Popolo. Lo spettacolo si<br />

concluderà con l'illuminazione della scritta "Felici fausto ingressui", che io traduco come "Per un'entrata<br />

felice e propizia". Mi piacerebbe sottolineare con un'illuminazione appropiata l'importanza della Porta del<br />

Popolo come varco di ingresso alla città di Roma ed esaltare la magnificenza delle tre strade che si<br />

dipartono dall'ovale della piazza. Una porta, una meridiana, una figura geometrica: Ingresso, Tempo,<br />

Matematica.» (Peter Grenaway)<br />

Nella vecchia fattoria - Orologi solari portatili<br />

Anni fa, mi trovavo a Nova Feltria, lungo la valle del fiume Marecchia. Ero lì per lavoro, e mentre ero a tavola nell'attesa fra un<br />

piatto di tortelli con l'ortica e un secondo di verdure miste mi misi a disegnare l'Orologio cilindrico che vedete nella foto.<br />

L'Orologio cilindrico portatile non è una mia invenzione, già i romani lo usavano, ma io ho pensato di modificare la parte alta<br />

dello strumento trasformandola nel capo di un anatroccolo. Ne costruii circa un centinaio, di cui otto fanno parte della mia<br />

collezione privata.<br />

Sono allegri, mi tengono compagnia e non sporcano per casa, l'unico difetto è che quando sono tutti assieme fanno un gran<br />

Quak Quak.<br />

PETRALIA SOTTANA<br />

Abitanti: 3.770. Altitudine: m 1.000 s.l.m. Estensione territoriale: ha 17.804. Superficie<br />

ricadente in area di parco: ha 5.891. Distanza dal capoluogo<br />

Chiesa della Misericordia, che sita lungo il corso presenta una torre campanaria del 1597 e, su un lato del campanile, una<br />

meridiana solare del 1882 in marmo bianco.<br />

Il Terrazzo delle Rose<br />

..........Una scaletta, ricoperta da un pergolato di glicine, ci introduce<br />

nel Terrazzo delle Rose, splendido esempio di giardino all'italiana,<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 45<br />

con le sue aiuole geometriche in cui, quasi per tutto l'anno,<br />

fioriscono bellissime e profumate varietà di rose (un innesto<br />

particolare, a cinque petali, curato personalmente dalla figlia di<br />

Lord Grimthorpe, Lucille, vinse negli anni 30 un premio speciale al<br />

concorso di San Remo, e fu chiamato la Rosa di Ravello). Al centro,<br />

notiamo scolpita in una pietra chiara, una meridiana solare, sui lati<br />

esterni invece, quattro statue ornamentali.<br />

..........Le statue raffigurano: Flora, Dea dei Fiori e della primavera,<br />

Leda con Cigno, e, due lottatori greci, Damosseno e Greucante. In<br />

prossimità di quest'ultimo, come altro invito alla sosta e alla<br />

meditazione, un sedile, sulla cui spalletta leggiamo la poetica<br />

iscrizione: «Oh luna della mia delizia che non conosce declino la<br />

luna del cielo sta sorgendo una volta ancora così come sorgendo<br />

ancora in seguito spierà attraverso questo stesso giardino cercando<br />

noi invano».<br />

..........Attribuita fino a qualche tempo fa erroneamente allo scrittore<br />

inglese D.H. Lawrence, sappiamo ora essere opera del poeta,<br />

nonché astronomo e matematico persiano Omar Khayyam, nato<br />

nell'XI secolo, ma I cui scritti furono apprezzati, in Inghilterra, in<br />

special modo nel '700. Sul lato posteriore, sopra una caratteristica<br />

fontana con al centro un mascherone zampillante, leggiamo:<br />

«Sparge Rosas Parcentes Dexteras Odi», richiamo alla prodigalità<br />

con il prossimo e all'avversione verso la gentilezza umana..........<br />

LA MERIDIANA DEI PARTIGIANI<br />

.<br />

. VILLA CIMBRONE<br />

Via S. Chiara, 26<br />

84010 Ravello (SA) - ITALY<br />

Tel. +39 (0)89 85.74.59 - Fax +39 (0)89 85.77.77<br />

E-mail: info@villacimbrone.it<br />

Giacomo (Gim) Bonzani<br />

Pretesto, nobile, per questa meridiana, è stato un intervento di manutenzione straordinaria al<br />

monumento dedicato ai Partigiani caduti la mattina del 27 giugno 1944. Intervento ideato dal<br />

Presidente ANPI Ossola Paolo Bologna e proposto all’Amministrazione Comunale di Beura-<br />

Cardezza. La popolazione locale aveva, nel dopoguerra, costruito un piccolo piazzale latistante la<br />

strada carrozzabile, tra Beura e Cosasca, ponendovi al centro una stele in pietra con incisi i nomi<br />

delle nove vittime: Aini Guerrino, Badella Cesare, Binda Teresa, Femminis Francesco, Lamperti<br />

Pierino, Macchi Luigi, Mapelli Otello, Passerini Bruno, Sacchi Luigi.<br />

L’intervento di manutenzione ha previsto uno spostamento della stele dal centro verso lo spigolo<br />

Nord-Est della piazzola, oltre ad una pulitura della stessa e la riproduzione dei nominativi incisi.<br />

Nei lati afferenti lo spigolo con la stele, la messa a dimora di una siepe, che fungerà da quinta di<br />

verde. Nella coltivazione verticale di questa siepe (nel tempo) una graduale riduzione in altezza<br />

della stessa verso il cippo, consentirà di esaltarne la presenza e, traguardandola, vedere la zona dove<br />

sono stati fucilati i nove Partigiani. Zona che si trova nella retrostante campagna a circa 30 metri<br />

verso le pendici della montagna. Sul lato della piazzola verso la strada e su quello contiguo verso<br />

Beura, sono stati posti nove cippi metallici di forma cilindrica tagliati in sommità: i nove martiri.<br />

Davanti alla stele sono state ubicate delle lastre in serizzo ossolano a filo di terreno. Queste<br />

costituiscono la meridiana in oggetto.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 46<br />

Le caratteristiche, tutte mirate al luogo ed al semanticismo di tale monumento, sono:<br />

• Linee orarie ad ore Babiloniche, cioè con le ore contate a partire dall’alba e non dalla<br />

mezzanotte, come d’uso comune. Le ore indicate vanno dalle 3 alle 10,30 (l’ultima alba). Va<br />

detto che questo metodo di misurazione del tempo, in auge oltre mille anni fa, poco diffuso da<br />

noi, opera una differenza di sei ore in più da quelle reali (10,30 equivalgono alle 16,30).<br />

• Linea oraria a tempo medio civile, del nostro orologio, delle 10,30 (ora dell’eccidio). Oggi<br />

bisogna tener conto dell’ora estiva o legale, che allora non c’era. Per un tratto, una linea curva<br />

da cui si dipartono le rette orarie 3-10,30. Quella linea è percorsa dal sole il giorno 27 giugno,<br />

quale calendario perenne. Le linee orarie, la curva “ad otto” delle 10,30 e quella diurna del 27 di<br />

giugno, sono dipinte in rosso (il colore del sangue).<br />

• Quelle linee ortogonali formate dalla congiunzione delle quattro lastre di serizzo, sono dipinte in<br />

azzurro (colore identificativi di alcuni reparti Partigiani). Questo orientamento delle lastre, fa si<br />

che le linee in azzurro indichino la vera direzione dei punti cardinali, con ad Est la zona della<br />

fucilazione.<br />

• Tutte queste indicazioni sono fornite dall’ombra di una lastra triangolare di granito sardo posta<br />

verticalmente, quale gnomone polare. La linea retta delle 10,30 delle ore babiloniche, termina<br />

con una punta di freccia, diretta verso la stele ed il prato retrostante il monumento.<br />

• Questa meridiana, originale ed unica nel VCO, presenta anche due scritte, a sinistra: Ore<br />

dell’alba; a destra dello gnomone, vicino alla retta delle 10,30, Ultima latet, l’ultima ora uccide.<br />

L’ubicazione del luogo, non consente l’insolazione durante tutto l’anno. Per questo la curva<br />

delle 10,30 è “tagliata” sulla linea blu, la linea percorsa dall’ombra il 21 marzo ed il 23<br />

settembre di ogni anno (linea equinoziale).<br />

E’ questo dunque, un piccolo esempio di quanto si possa “far parlare anche le pietre” forgiandole<br />

con ragione e sentimento, fondendo astronomia, matematica e soprattutto il cuore, perché tutto<br />

concorra al ricordo di quanto accaduto quella piovosa mattina del 27 giugno 1944 alle ore 10,30.<br />

Per il dimensionamento ed i calcoli di questa meridiana, si sono utilizzati i seguenti parametri:<br />

- Latitudine Nord 46° 09’<br />

- Longitudine Est GWC -8° 31’ Declinazione 0°<br />

- Altezza dell’ortostilo 50 cm Dimensioni totali 1,85 x 2,85 m.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 47<br />

Il Cosmo Redento nell’iconografia degli antichi orologi solari: considerazioni su<br />

un manuale manoscritto ed un’indagine a ritroso nel tempo.<br />

Carlo Valdameri<br />

Oggetto del presente studio sarà trattare della rappresentazione cosmologica negli antichi orologi solari,<br />

considerando le raffigurazioni presenti nei quadranti dal punto di vista non dello gnomonista, bensì da quello di<br />

chi si interessa di iconografia.<br />

Come infatti tutto ciò che è espressione di una cultura, anche gli orologi solari comunicano informazioni<br />

tramite la loro conformazione ed i simboli che talvolta in essi compaiono.<br />

Queste informazioni non riguardano quindi solo e strettamente l’aspetto del computo del tempo, altresì<br />

indicano, più o meno chiaramente od allusivamente, in quale visione del mondo e delle cose era considerato<br />

lo scorrere e lo scandire delle ore nella vita degli uomini per i quali l’orologio solare è stato eseguito 2 .<br />

Per questa ragione a chi scrive è parso allora corretto mettere in relazione l’iconografia che si trova sulle<br />

“meridiane” con altre iconografie simili, legate a contesti diversi –ma, beninteso, certamente non estranei -<br />

diffuse non solo nelle espressioni della gnomonica, ma anche artistiche ed architettoniche .<br />

E’ possibile che i risultati di questo confronto appaiano scontati agli gnomonisti; ciò nondimeno, dal punto di<br />

vista di chi gnomonista non è, appare utile segnalarli<br />

Il cosmo come Corpo Mistico del Cristo negli orologi solari<br />

Il punto specifico che sarà tema di questo studio è quello della rappresentazione cosmologica negli orologi<br />

solari. Diciamo subito che essa, da sempre, è da considerarsi tutt’altro che sconosciuta dalle realizzazioni<br />

della scienza gnomonica: basta indicare il “globo di Matelica” di età classica certamente a sua volta collegato<br />

al “globo terrestre” di Talete ed Eudosso. 3<br />

In verità poi, l’occasione particolare di affrontare questo argomento ci è stata fornita sfogliando un manoscritto<br />

presente nella biblioteca Gambalunghiana di Rimini: si tratta dell’ “Horologium”, un manualetto datato agli inizi<br />

del XVII° secolo e che nell’intestazione porta il nome di Cagnoli –Belmonte (sc.-ms. 259 4 ). Il volume è stato<br />

scritto in volgare e latino, corredato di bei disegni e di una serie di istruzioni e dati tecnici utili a realizzare<br />

meridiane.<br />

A questo fine, alla pagina 44 è riportata una “Rota Graduum”: ovvero la rappresentazione del cerchio<br />

dell’orizzonte graduato, con tanto di nomi dei venti inseriti secondo la loro provenienza e la segnalazione dei<br />

punti cardinali.<br />

Quello che però attrae l’attenzione in questo disegno impostato in modo così tecnico, è un piccolo segno nella<br />

parte inferiore sinistra della “Rota”: si tratta di una piccola forma vagamente<br />

romboidale inclinata, ben delineata nel contorno con la penna nera,<br />

vivacemente colorata e nitidamente distinguibile (purtroppo non così<br />

nell’immagine allegata: l’autore se ne scusa).<br />

Particolarmente rilevante pare inoltre il contenuto dell’iscrizione in versi che<br />

compare sopra il disegno 5 .<br />

Essa recita, in un latino seicentesco,:<br />

Traduzione:<br />

Ruota dei Gradi. O asta mortale.<br />

Guarda il dolore supremo del mio<br />

cuore. L’iniqua folla dei Giudei<br />

diede con mani scellerate e<br />

nefande la Grazia. Quale dolore<br />

simile alle pene di Gesù?<br />

2 Non si è voluto espressamente parlare di “periodo storico” poiché questo già di per sé implicherebbe una qualche “classificazione”<br />

alla quale invece questo genere di cose per sua natura sfugge.<br />

3 Francesco Azzarita: “Il Globo di Matelica” su “UAI Astronomia” nn. 6 e 7 del 1988.<br />

4<br />

L’esempio da cui partiamo, in questo caso, dà l’occasione di segnalare, la presenza di diversi manoscritti di scienza<br />

gnomonica tra i quali il più antico è appunto l’“Horologium”.<br />

5 In alto si legge: Hic Crocifixus ovans bis quattuor ansus ademit;/ Grammmata tria pro nobis igne cremando tria.<br />

A fondo pagina: Frondeo frugis Inops: si mors secat actraet orcus./ Iudicis extentam, Virgo, morari manum. L’autore ringrazia il prof.<br />

Paolo Piantieri per l’aiuto fornito nella traduzione. “Charum” dalla radice di “Charitum” la Grazia.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 48<br />

Rota Graduum Mortalis asta . Cerne Supremum mei<br />

Cordis dolorem . Turba Iudei(o?)m improba<br />

Charum scelestis manibus nefandis dedit<br />

Poenis Iesum . Cerne . Quis similis dolor?<br />

Vista l’esplicita connessione del testo con il disegno, ciò che esso pare proporre è quindi l’identificazione della<br />

piccola “asola” con la ferita del Costato del Crocifisso dalla quale, appunto, è scaturita la Salvezza per il<br />

Creato 6 . A prima vista la cosa è piuttosto sconcertante.<br />

Cosa può significare questo?<br />

La spiegazione proviene senz’altro dalla concezione mistica del cosmo, tipica del medioevo, nella quale il<br />

Creato coincideva con il Corpo Mistico di Cristo: l’autore del manoscritto seicentesco ne è erede e<br />

sicuramente ad essa fa riferimento.<br />

Questa concezione, dalla quale hanno origine alcune rappresentazioni grafiche piuttosto caratteristiche, ha<br />

alla base una teologia che deriva in particolare da espressioni paoline secondo le quali: (Cristo)<br />

“E’ l’immagine del dio invisibile… Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui. Egli è anche il capo del<br />

corpo, cioè della Chiesa, il principio, il primogenito di coloro che risorgono dai morti. Perché piacque a Dio di<br />

far abitare in Lui ogni pienezza e in Lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua<br />

croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli.” (Col 1,15-20 passim)<br />

“….Egli (il Padre) ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza<br />

aveva in lui (Gesù Cristo) prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in<br />

Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra”. (Efesini1,3-14)<br />

Perfettamente coerente con questo è l’inno seguente composto Da San Fortunato (VI secolo)-Pange lingua<br />

gloriosi lauream certaminis- inserito nella liturgia del Venerdì Santo:<br />

Felle potus, ecce languet;<br />

Spina, clavi, làncea<br />

Mite corpus perforàrunt:<br />

Unda manat et cruor,<br />

Terra, pontus, astra, mundus,<br />

Quo lavàntur flùmine!<br />

6 Charbonneau – Lassay “Il giardino del Cristo ferito” Arkeios – Roma 1995 pp. 9-30<br />

Eccolo spossato, dissetato con fiele.<br />

Dal corpo delicato,<br />

trafitto dalle spine, dai chiodi e dalla lancia,<br />

sgorga sangue e acqua;<br />

da quale lavacro sono purificati terra, mare, cielo<br />

-il mondo intero!<br />

Qui a fianco è la “Rota Graduum” in “Horologium” di<br />

Cagnoli Belmonte, p.44 –SC.MS. 259 della Biblioteca<br />

Gambalunga di Rimini.<br />

L’immagine della ferita, purtroppo poco evidente<br />

nell’immagine qui a destra, si trova nella parte del<br />

quadrante in basso a sinistra.<br />

Alcuni versi composti in latino seicentesco appaiono<br />

anche in alto ed in basso nella pagina. Probabilmente il<br />

tutto è concepito in funzione di un messaggio più o meno<br />

criptico legato al simbolismo dei numeri citati (“..bis<br />

quattuor..”, “Grammata tria..” ). Lasciamo agli esperti di<br />

queste cose l’avventurarsi nell’arduo latino seicentesco<br />

nel quale è realizzato il componimento<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 49<br />

Conseguenza di questa visione sono, ad esempio, rappresentazioni come quelle del mappamondo di Ebstorf<br />

7 con il cosmo rappresentato come Corpo di Cristo del quale emerge il capo in alto, le mani ai lati ed i piedi in<br />

basso.<br />

In particolare, fu l’intero Creato ad essere redento dal Sangue di Cristo che sgorga dalla Ferita, come indica il<br />

succitato inno di San Fortunato: ecco quindi che si può trovare anche un cosmo disegnato dettagliatamente8 a<br />

forma di cuore con continenti e mari sui quali spicca la Piaga nel<br />

costato di Cristo come si nota in una tarda incisione (1708) 9 .<br />

Cosmo dettagliatamente disegnato<br />

a forma di cuore con continenti e<br />

mari sui quali spicca la Piaga nel<br />

costato di Cristo come si trova in<br />

una tarda incisione (1708)<br />

Si arriva così a comprendere il significato di rappresentazioni come<br />

quella dell’Horologium di Cagnoli – Belmonte che evidentemente agli inizi del XVII° secolo (o forse qualche<br />

decennio prima?) propone una visione mistica del cosmo, ancora di stampo prettamente medievale, in cui è<br />

sentita religiosamente la necessità di glorificare il senso profondo della Redenzione. 10<br />

Tuttavia la Rota Graduum dell’Horologium riminese, che pure è una cosmologia finalizzata a realizzazioni<br />

gnomoniche, di fatto non è il disegno di un orologio solare; essa permette però di considerare con un<br />

interesse particolare alcuni esempi di quadranti circolari.<br />

Ad esempio, si percepisce allora molto chiaramente il senso della rappresentazione cosmica del famoso<br />

“marmo astronomico” della Certosa di Saint-Denis d’Orques (Sarthe), con il Cuore ferito circondato dai simboli<br />

dei pianeti 11 (XVI° -. XVII° sec.): il tutto al centro di un quadrante circolare.<br />

Su questo marmo citiamo Charbonneau- Lassay :“ Al di sopra del Cuore irraggiante, è stato praticato un<br />

foro in un momento posteriore al compimento della scultura, ed un oggetto metallico, la cui parte<br />

superiore era più grossa del diametro del foro, vi ha lasciato la sua traccia. Era un’asta o<br />

semplicemente un chiodo?<br />

Ho interrogato degli astronomi, degli esperti di gnomonica, degli archeologi, ma nessuno ha potuto<br />

trovare un’utilità pratica a questo marmo che non potrebbe essere né un quadrante solare, né nulla di<br />

analogo.<br />

Rimane da supporre che sia stato eseguito per essere semplicemente il “pendant” ornamentale e simmetrico<br />

di un quadrante solare, orizzontale o verticale, posti ognuno da ciascun lato di un’entrata, ad esempio, e che<br />

la sua decorazione sia stata dettata dalla sola idea di una glorificazione del Cuore di Gesù il più possibile<br />

espressiva.”<br />

7 Gervase of Tilbury, ca. 1234. Non ci è stato possibile reperire l’immagine del Mappamondo. In ogni caso il Cristo forma una croce<br />

con la posizione del capo, delle mani e dei piedi. Un’immagine del Mappamondo di Ebstorf è visibile a http://sun1.cip.fak14.unimuenchen.de/~wallicz/ebst.htm.<br />

8 l’incisione appartiene al XVIII° sec. e ciò che è disegnato è una mappa del globo terrestre; in realtà è sempre l’idea del cosmo<br />

intero che si vuole rendere.<br />

9da Charbonneau – Lassay “Il giardino del Cristo ferito” Arkeios – Roma 1995 pag.139. “Cor IESU – cor Universi” recitano i cartigli<br />

degli angeli intorno all’universo – cuore di Cristo. Per gentile concessione di Arkeios.<br />

10 Non va certo dimenticato che la realizzazione di orologi solari fu a lungo quasi esclusivamente legata a scopi religiosi.<br />

11 Charbonneau – Lassay” Il giardino….”pp.129-144. L’immagine è a p.132 Per gentile concessione di Arkeios.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 50<br />

Per ciò che concerne il “marmo astronomico” lasciamo la<br />

valutazione se si tratti o meno di un orologio solare agli<br />

storici della scienza gnomonica; ciò non di meno,<br />

Entrambi i due quadranti a fianco si<br />

trovano a Finistère. Il primo a sinistra<br />

è datato al 1733 (disegni dell’autore<br />

tratti da fotografie).<br />

Nella stessa Bretagna esistono<br />

diverse altre opere simili risalenti ai<br />

secc. XVI°-XVIII°:<br />

.<br />

Il famoso “marmo astronomico” della<br />

Certosa di Saint-Denis d’Orques<br />

(Sarthe), con il Cuore ferito circondato<br />

dai pianeti (XVI° sec.).<br />

certamente essa è una rappresentazione del cosmo concepita, come quella dell’Horologium 12 , per esaltare la<br />

virtù salvifica della Ferita nel costato di Cristo.<br />

La certezza di trovarsi di fronte quadranti che mostrano la Redenzione del cosmo ottenuta attraverso la<br />

Piaghe della Croce si può infine trovare in diversi quadranti, dei sec. XVI°- XVIII° della Bretagna dove la<br />

raffigurazione degli strumenti della Passione, assieme alle immagini del sole e della luna –allusione all’eclissi<br />

avvenuto durante al Morte di Cristo, ma anche alla portata cosmica dell’avvenimento- sicuramente allude allo<br />

stesso significato salvifico per cui in altri casi si è rappresentata la Ferita del costato od il Cuore ferito del<br />

Cristo.<br />

A questo punto si è visto come in manifestazioni della scienza gnomonica che possiamo considerare risalenti<br />

ai primi secoli dell’età moderna vi sia stata espressa la volontà di raffigurare l’universo redento dal Sacrificio<br />

del Cristo. Non tralasciamo, inoltre, il fatto che la forma circolare del quadrante rimanda tendenzialmente ad<br />

all’idea antica di cosmo sferico e concluso: in realtà quest’idea poteva essere considerata attuale ancora nel<br />

XVI° e XVII° sec.; anche nel secolo successivo essa era certamente utilizzabile, più o meno passivamente,<br />

soprattutto per esprimere il concetto mistico di Redenzione Universale 13 .<br />

Si è comunque già accennato al fatto che l’immagine grafica del cosmo come Corpo Mistico del Cristo è di<br />

origine medievale; infatti, nelle ricerche sull’iconografia, è cosa piuttosto frequente che immagini di epoca più<br />

recente, come quelle appena descritte, rimandino a opere precedenti fornendone a volte la chiave<br />

interpretativa.<br />

Rivolgendo quindi lo sguardo a ritroso nel tempo e ponendo l’attenzione su alcune espressioni iconografiche<br />

presenti in quadranti solari propriamente attribuibili al medioevo, tentiamo di indicare in che modo e con quali<br />

modalità il concetto di Salvezza del Creato, avvenuto attraverso le ferite del Cristo, sia stato reso negli orologi<br />

solari di questo periodo.<br />

12 Chi scrive non può che confessare la propria ignoranza in campo gnomonico; tuttavia, alla luce di una minima conoscenza degli<br />

schemi tipici degli orologi ad ore canoniche, non pare poi del tutto improbabile che il “marmo” possa trattarsi di un orologio solare.<br />

Charbonneau-Lassay pubblicò i propri lavori nella prima metà del XX° secolo e sarebbe interessante conoscere se esistono studi sul<br />

“marmo” a lui successivi.<br />

13 A proposito del “marmo astronomico” della Certosa di Saint-Denis, così Charbonneau-lassay si esprime:…E’ vero che dal 1507<br />

Copernico si rese conto del reale assetto della nostra costellazione solare:il Sole al centro e la Terra, semplice pianeta come gli altri,<br />

che con essi descrive lo stesso cammino di vassallaggio attorno all’astro. Ma Copernico pubblicò la sua scoperta solo nel 1543, ed<br />

anche nel secolo seguente, al tempo di Galileo, il suo sistema era ancora combattuto dagli scolastici. L’ispiratore della scultura della<br />

Certosa di Saint-Denis poteva dunque ancora credere con serenità, a metà del XVI secolo , al vecchio sistema degli antichi<br />

astronomi…Charbonneau – Lassay, op. cit. p.133. Per il sec. XVIII°, mutatis mutandis, basta vedere rappresentazione del Cosmo<br />

come Cuore ferito del 1708.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 51<br />

Diciamo pure che, per quanto chi scrive si a conoscenza, tutto sommato, di un numero limitato di esempi di<br />

quadranti medievali - noti tra l’altro non dall’osservazione diretta, bensì principalmente tramite fotografie e<br />

disegni - si è tuttavia in grado di affermare con sufficiente certezza che il tema della cristiano della Salvezza è<br />

sicuramente trattato ed anzi sottolineato in alcuni quadranti eseguiti anteriormente al XVI° sec. . E’ doveroso<br />

però sottolineare che, almeno nei casi più interessanti, questo tema è in realtà espresso non tanto tramite il<br />

riferimento al potere salvifico delle Ferite, ma bensì con il concetto, di origine remota, del Cristo porta del cielo<br />

(vedi esempi di Winchester e Corhampton).<br />

Il discorso a questo proposito sarebbe - almeno dal punto di vista del significato mistico attribuito ai fenomeni<br />

astronomici - forse ancor più interessante e pregno di implicazioni di quello che si è appena affrontato.<br />

Tuttavia, questo studio, insieme a esigenze ovvie di brevità, deve tenere conto di altre che impongono in<br />

qualche modo di dare completezza a quanto si è esposto sinora.<br />

Rimandiamo così ad un’eventuale futura occasione la trattazione di un tema affascinante come quello delle<br />

porte del cielo e si cercherà invece di concludere il viaggio a ritroso nel tempo tentando di esporre ciò che è<br />

possibile dire a proposito a proposito del modo in cui in alcuni orologi solari medievali è espressa la Salvezza<br />

cosmica attraverso il Sacrificio della Croce.<br />

Il tema delle Ferite redentrici negli orologi medievali.<br />

Particolarmente interessante appare<br />

l’inserimento dell’orologio solare nel<br />

manufatto il cui disegno, eseguito<br />

dall’autore sulla base di una fotografia, è<br />

riportato qui a fianco . L’opera si<br />

dovrebbe trovare in un cimitero di una<br />

chiesa francese, forse bretone.<br />

La tipologia del “Cristo Trionfante” ed il<br />

suo abbigliamento fanno pensare ad<br />

un’esecuzione del Crocefisso e<br />

dell’orologio in un periodo vicino alla<br />

seconda metà del XV° secolo.<br />

La tipica<br />

immagine della<br />

Sovranità del<br />

Cristo<br />

sull’Universo,<br />

redento dal<br />

Sacrificio della<br />

Croce.<br />

L’esempio più lampante di ciò che si è sopra accennato viene da questo orologio solare francese che<br />

dovrebbe risalire al tardo XV° secolo 14 . L’immagine del Cristo Trionfante (cioè vivo ed eretto sulla croce), , che<br />

sormonta il quadrante circolare immediatamente rimanda alla tipica rappresentazione della Sovranità di Cristo<br />

sul mondo come è stata espressa in mille occasioni nell’arte: ovvero con la Croce che sormonta il globo. Nel<br />

caso specifico, poi, la presenza stessa della figura di Gesù, scolpita a tutto tondo, esprime con chiarezza<br />

immediata l’idea di Redenzione che si compie attraverso il suo Sacrificio.<br />

14 L’autore non conosce l’ubicazione di questa opera e sarà grato a chiunque potrà fornire indicazioni utili in proposito.<br />

L’immagine presentata è un disegno dell’autore ricavato da una fotografia di<br />

A sinistra è rappresentato, in un<br />

disegno ricavato dallo Zinner, il<br />

quadrante di Darlington. Al centro è il<br />

disegno, opera dell’autore, del disco<br />

funerario merovingio proveniente da<br />

Armilloux. A destra è un altro disegno<br />

dell’autore con la raffigurazione del<br />

“segno” delle Ferite del Cristo.<br />

Quest’ultimo segno è diffusissimo<br />

nell’arte cristiana di tutti i tempi. Un<br />

lunghissimo repertorio di esempi si<br />

trova in “Il Giardino del Cristo ferito”,<br />

Roma 1997.<br />

51


<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 52<br />

Se sembra quindi che nulla si presti ad equivoci nell’interpretazione del Crocifisso francese, ben altro è il<br />

discorso che riguarda altri casi come la pietra incisa di Darlington (figura sopra a sinistra) sulla cui natura di<br />

contatore del tempo forse esistono più dubbi che certezze 15 . L’immagine che qui ne riportiamo è tratta da un<br />

disegno dello Zinner, già ripreso da N. <strong>Severino</strong> 16 .<br />

Al di là delle incertezze, ed in un certo senso proprio in ragione di esse, i paragoni vengono abbastanza<br />

spontanei con un disco funerario di epoca merovingia in osso, descritto da Charbonneau - Lassay 17 : secondo<br />

questo autore, la croce, che nel disco comprende i due cerchi interni ma non quello esterno (figura sopra, al<br />

centro), ha ancora una volta il significato di Redenzione cosmica. Nel caso specifico la circonferenza interna<br />

rappresenterebbe la terra e quella esterna il firmamento.<br />

L’oggetto di Darlington è invece formato in realtà da sei cerchi concentrici, dei quali i tre più interni sono<br />

sormontati da una croce e da quattro segmenti inclinati che però non arrivano al centro; sulla parte sinistra, a<br />

giudicare dal disegno dello Zinner, sembra comparire un simbolo astratto di quelli che in genere esprimono il<br />

concetto di “infinito” 18 .<br />

Per quanto riguarda il numero “sei” dei cerchi, esso richiama un concetto che sovente è messo in relazione<br />

con l’idea dell’intero creato, cioè quello dei sei giorni della Creazione.<br />

Nel caso specifico però, la croce copre solo la metà interna del numero dei cerchi: possiamo allora, in via di<br />

ipotesi, pensare che nella rappresentazione cosmologica, i tre cerchi esterni rappresentino la le tre dimensioni<br />

del Macrocosmo (dimensione terrestre, firmamento e Mondo celeste) quelli interni le tre dimensioni del<br />

microcosmo(elemento carnale, intellettuale e morale) cioè dell’uomo redento dalla Croce. Queste, almeno<br />

sono le categorie citate da Charbonneau – Lassay nella descrizione di una serie di manufatti 19 , tutti con la<br />

stessa conformazione dell’oggetto di Darlington.<br />

La cosa che comunque, per quanto ci riguarda, ancora una volta dovrebbe confermare la volontà di rendere il<br />

senso della Redenzione operata attraverso le Ferite sono i quattro segmenti inclinati che tendono verso il<br />

cento della Croce. Essi, infatti, formano un segno che si trova, in vari modi, ripetuto all’infinito per tutta l’arte<br />

cristiana: quello dei chiodi e della Croce (figura in alto a destra) 20 .<br />

.<br />

Infine, qualcosa di più di una suggestione ci è fornita da un altro esempio inglese<br />

(anch’esso piuttosto incerto nella<br />

classificazione delle sue funzioni originali): si<br />

parla di quello di Aldbrough, nel cui<br />

quadrante circolare, piuttosto distinguibile, in<br />

basso, sulla sinistra, compare una piccola<br />

immagine incisa che, sul piano simbolico, si<br />

può definire simile nel significato al celebre<br />

Qui a fianco, il quadrante di Aldbrough,<br />

in un disegno dell’autore, tratto da una<br />

fotografia. Il nodo di Salomone, in<br />

basso a sinistra nel la parte inferiore, è<br />

stato appositamente evidenziato<br />

rispetto alla realtà.<br />

“nodo di Salomone”: nella forma specifica si tratta di una sorta della cosiddetta “Croce di S. Brigida” 21 inclinata.<br />

15 Mario Arnaldi, ad esempio, ritiene che il “quadrante” di Darlington pur essendo stato utilizzato per un certo tempo come orologio<br />

solare, in origine abbia avuto funzioni diverse.<br />

16 In “<strong>Gnomonica</strong>” N. 2. N. <strong>Severino</strong>:"Ancora sulle ore canoniche, temporarie e planetarie".<br />

17 Charbonneau – Lassay: “Le Pietre misteriose del Cristo” p. 39 ed. Arkeios, Roma 1997. Il disegno è stato ripreso dall’autore.<br />

18 A chi scrive, poiché l’oggetto è noto solo tramite il disegno dello Zinner, è sorto il dubbio che esso, come a volte accade, possa<br />

essere stato stampato al rovescio; sul punto si chiede conferma o meno della cosa a chi dell’opera ha conoscenza diretta.<br />

19 Charbonneau – Lassay: “Le Pietre misteriose del Cristo” pp.36-44.<br />

20 Charbonneau – Lassay “Il giardino del Cristo ferito” : tutto il volume offre un interminabile repertorio di immagini di questo segno.<br />

Per quanto riguarda il segno “ϑ” inclinato che si nota nel disegno, esso dovrebbe essere niente di più di una scalfittura accidentale<br />

(Mario Arnaldi).<br />

21<br />

Dobbiamo la segnalazione della specifica presenza della “Croce” a Mario Arnaldi che qui ringraziamo per aver<br />

verificato, sulla base delle sue conoscenze, i risultati di questo studio basati, in origine, semplicemente sull’osservazione<br />

di disegni e fotografie.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 53<br />

La figura del “nodo di Salomone” è stata usata per rappresentare le ferite del Cristo in più di un’occasione 22 e,<br />

nello specifico, l’incisione compare proprio nel punto ove è indicato il segno della “Ferita” nella “Rota” del<br />

manoscritto seicentesco succitato 23 .<br />

Questa analogia, di per sé piuttosto interessante , costringe però ad ammettere che un solo confronto tra due<br />

opere così distanti tra loro nel tempo e nello spazio non sembra di per sé sufficiente per affermare con<br />

certezza una relazione tra esse; in definitiva, asserire detta relazione sulla base di quanto esposto parrebbe<br />

tanto affrettato, quanto, d’altra parte, davvero improprio sarebbe stato non citare questa possibilità .<br />

Lasciando così, a questo punto, il campo aperto ad ulteriori eventuali indagini e confronti, vogliamo allora<br />

concludere indicando come la presenza specifica della “Croce di S. Brigida” in questo quadrante , appaia, in<br />

ogni caso, tutt’altro che casuale: questo segno infatti, con la sua peculiare forma, di fatto accentua le<br />

caratteristiche “solari 24 ” e legate al divenire tempo del tema del “nodo di “Salomone” 25 e quindi, a sua volta,<br />

non fa altro che sottolineare e definire in senso “solare” le ragioni per cui è stato realizzato il disco di<br />

Aldbrough.<br />

UN ARTISTA DEL TEMPO IN CANAVESE.<br />

Silvano Bianchi<br />

Può succedere, girovagando per il Canavese, di imbattersi in una serie di orologi solari (e sono ormai ben sei!)<br />

dalle caratteristiche un po’ fuori dal comune sia per la semplicità costruttiva legata però ad un certo impatto<br />

spettacolare, sia per il particolare tipo di stilo con cui sono equipaggiati.<br />

Il loro autore è Bartolomeo Data un simpatico pensionato settantasettenne quasi un personaggio “tipico” del<br />

nostro Piemonte, semplice e schivo, che si diletta di apicoltura e produce, oltre che il miele, gradevoli infusi di<br />

frutta ed erbe, ma dotato da madre natura di notevoli capacità tecniche nonché di un innato senso matematico<br />

che lo porta ad intravedere geniali soluzioni là dove altri brancolano nel buio o si accontentano di una anonima<br />

normalità.<br />

Data si avvicina alla gnomonica nel 1990 dopo una vita di lavoro trascorsa nelle officine meccaniche della<br />

Olivetti e terminata alla Martinelli di Cuorgnè, dove si occupava della progettazione di macchine per il controllo<br />

numerico. Un avvicinamento quasi casuale, propiziato dalla richiesta di un vicino di casa che, evidentemente a<br />

conoscenza del suo ingegno e delle spiccate attitudini matematiche, gli chiede di aiutarlo a trasformare il<br />

quadrante solare che ha tentato di costruirsi in giardino in qualcosa che funzioni. Una sfida, ma che<br />

rappresenta il germoglio di un nuovo interesse e che schiude al Data le porte di un nuovo mondo. Ed è quindi<br />

di tale anno la sua prima realizzazione, il quadrante orizzontale che ancora oggi giace tra l’erba di un giardino<br />

di via Torre Maridon 6 a Ivrea (Fig. 1).<br />

A questo fanno seguito tutta una serie di<br />

realizzazioni, la maggior parte delle quali incise su<br />

lastre di alluminio dalla particolare sagomatura: le<br />

ritroviamo a Rocca Canavese in Frazione<br />

Remondato nella casa di famiglia, due sono<br />

visibili a Lessolo una in via Enzo Migliore e l’altra<br />

a casa Jorio, e poi ancora a Valperga in via Verdi<br />

14, a Castellamonte in strada Pelizzina 36 (Fig. 2)<br />

22<br />

Per esempio, nel reliquiario di Saint-Bonnet Avalouse (VII°-VIII° sec.) Charbonneau – Lassay “Il giardino del Cristo<br />

ferito”p. 56 Fig. 4.<br />

23 La ferita appare convenzionalmente nella parte destra del costato di Cristo.<br />

24 La figura di S. Brigida, che ha rappresentato ed indirizzato in senso cristiano molte delle valenze di Birgit, dea legata alla religione<br />

druidica, era invocata come “Sole della nostra razza”. Inoltre, nelle invocazioni tradizionali nell'antica lingua irlandese i nomi di Dio, di<br />

Gesù e di Maria erano fusi in un'unica espressione.<br />

25 Umberto Sansoni: Il nodo di Salomone – simbolo e archetipo d’Alleanza” ed. Electa Milano,1998.<br />

53


<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 54<br />

e, attualmente in progettazione, l’ultima sua fatica che si potrà presto ammirare ad Ivrea in via Torino 134.<br />

L’ora indicata è rigorosamente quella media del fuso, per cui ogni quadrante è corredato dalla curva<br />

cartesiana della Equazione del Tempo per le opportune correzioni. Su tale particolare l’Autore si è<br />

notevolmente concentrato, ricercando le condizioni di migliore sviluppo e visibilità della curva in modo da poter<br />

offrire la massima precisione di lettura. Il secondo punto di eccellenza dei quadranti è lo gnomone per il quale<br />

il Data ha ideato un ingegnoso sistema di posizionamento ed orientamento che permette di apportare all’atto<br />

della sistemazione dello stilo, ed eventualmente nel tempo, le dovute correzioni anche relativamente alla<br />

lunghezza del medesimo. I tre gabbiani stilizzati che completano ogni sua opera costituiscono la “firma”<br />

dell’Autore e fanno riferimento ai trascorsi come pilota di<br />

alianti.<br />

La fama del nostro gnomonista ha anche varcato i confini<br />

del Canavese: un suo lavoro è presente in Alice Castello<br />

(1998), mentre la Valle d’Aosta può vantare tre suoi<br />

quadranti su lastre di pietra a Lillaz, che ricordano nello stile<br />

del tracciato quelli del Capitano d’Albertis, anch’essi<br />

realizzati con ingegnose soluzioni non solo per lo stilo ma<br />

anche per le linee orarie il cui disegno ha richiesto un<br />

attimo di studi e riflessioni circa la vernice da utilizzare per<br />

garantire una lunga durata del tracciato. E qualcosa è<br />

ancora in preparazione ……<br />

Possiamo a ragione annoverare il Data tra i personaggi che<br />

hanno dato e daranno lustro alle nostre contrade: vogliamo<br />

perciò auguragli che possa continuare a farci ammirare le<br />

sue nuove creazioni ancora per lungo tempo!<br />

IL CANE DA TARTUFI<br />

Cercando nelle infinite carte di <strong>Severino</strong>…<br />

Alessandro Gunella – <strong>Nicola</strong> <strong>Severino</strong><br />

Come noto, tutti i libri che venivano stampati fra il 1500 ed il 1800 inoltrato<br />

dovevano avere il cosiddetto "imprimatur", cioè il permesso della Chiesa (o del<br />

Governate di turno): la censura dei tempi funzionava, eccome.<br />

Fra le infinite carte di <strong>Severino</strong>, trovate e fotocopiate chissà dove, abbiamo<br />

reperito i "rapporti" che il Censore di turno faceva dei libri che gli erano<br />

presentati: una specie di verbale, probabilmente ad uso dei colleghi, e addirittura<br />

stampato, da trasmettere probabilmente ad ecclesiastici e Conventi, a<br />

controprova che il libro pubblicato era veramente dotato di imprimatur, e che<br />

quest'ultimo non era fasullo.<br />

Abbiamo cominciato con la trascrizione di due recensioni, che dà un'idea sia del<br />

contenuto del libro, che del criterio usato dal censore.<br />

Quanto segue è la traduzione dei testi contenuti negli ACTA ERUDITORUM ,<br />

rispettivamente del 1686, per Ozanam, e del 1719 (Agosto) per il Gruber.<br />

1)<br />

54


<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 55<br />

METHODE GENERALE POUR TRACER des Cadrans sur toute sorte de plans<br />

&c…<br />

Cioè<br />

Metodo generale per tracciare gli orologi solari su qualsiasi piano, autore Il Sig.<br />

Ozanam, professore di Matematiche<br />

A Parigi, presso Stefano<br />

Micheletti - Anno 1685<br />

L'autore in una breve<br />

prefazione informa il lettore<br />

che questa è la seconda<br />

edizione del Libro,<br />

aumentata non di poco<br />

rispetto alla precedente:<br />

sono state aggiunte le parti<br />

che secondo l'esperienza<br />

dell'autore, e secondo il<br />

consiglio degli amici, sono<br />

parse necessarie per<br />

ottenere una precisa<br />

conoscenza della<br />

<strong>Gnomonica</strong>.<br />

Egli costruisce la<br />

<strong>Gnomonica</strong> in forma di riassunto di tutto quanto è stato detto da altri in merito a<br />

questa scienza, tenendo comunque presente questo teorema, come fondamento<br />

comune a tutti gli gnomonisti. Una linea retta rappresenta sul piano un circolo<br />

massimo della sfera, e può essere divisa in parti ineguali, che corrispondono ai<br />

gradi di quel cerchio. Ed espone l'uso di esso prima di servirsene per spiegare la<br />

pratica nella costruzione degli orologi, e nel metodo per tracciare le linee sul<br />

piano, quella dell'orizzonte, la sostilare, la linea meridiana; e come trovare<br />

l'altezza, la declinazione e la verticale del sole, l'elevazione del polo, la<br />

declinazione del piano, e come dividere la linea equinoziale in ore, ecc..<br />

utilizzando lemmi confermati da una facile e succinta dimostrazione.<br />

Successivamente, in tre capitoli, insegna a costruire gli orologi sul piano<br />

orizzontale, verticale ed inclinato; spiegando per ciascuno, in relazione alla<br />

diversa posizione dei piani, il metodo per disegnare gli archi dei segni zodiacali, le<br />

ore Italiche e quelle Babiloniche; i circoli d'altezza, le case celesti, i verticali ed i<br />

paralleli del sole.<br />

Nella parte finale del Capitolo 4° ed ultimo, nella corona del libro, descrive alcuni<br />

orologi meno comuni, come i portatili rettilineo, ellittico ed iperboloico, e quelli<br />

d'uso universale; e poi ancora l'astrolabio orizzontale, e l'orologio diottrico<br />

orizzontale.<br />

2)<br />

HOROGRAPHIA TRIGONOMETRICA, SEU methodus accuratissima… Autore P.<br />

BERNARDO GRUBER….<br />

Orologiografia trigonometrica, o metodo accuratissimo per tracciare, per mezzo<br />

dei Seni e delle Tangenti, qualsiasi orologio solare situato su qualsiasi piano fisso,<br />

comunque disposto, anche declinante ed inclinato; ed alcuni altri che sono detti<br />

55


<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 56<br />

da viaggio ecc.. spiegati con le loro ragioni teoriche, in aiuto ai lettori. Autore il<br />

Padre Bernardo Gruber, monaco del Sacro Ordine Cistercense nel Monastero<br />

Della B. V. Maria di Alto Vado, professore di Arti Liberali e di Filosofia nel Collegio<br />

Arcivescovile di Praga.<br />

Antica Praga - per i tipi di Wolffang Wickart - 1714<br />

Il Censore del Libro, Rev. P. Giorgio Thomas S.J., Professore di Matematiche<br />

nell'Accademia di Praga, nella sua Approvazione, descrivendo quanto si prefigge<br />

l'Autore, fa presente che Cristoforo Clavio, dopo aver trattato a fondo in quattro<br />

Libri la <strong>Gnomonica</strong> con il metodo grafico, ha confermato come sia molto difficile<br />

farne uso senza commettere<br />

imprecisioni, anche se ci si<br />

esercita a lungo e con<br />

continuità; e da quel punto, nel<br />

libro 5°, ha proposto il metodo<br />

aritmetico, considerandolo più<br />

preciso che non quello<br />

geometrico.<br />

Lo stesso criterio hanno<br />

adottato Picard in Francia, che<br />

ha spiegato come tracciare le<br />

linee necessarie alla<br />

costruzione degli orologi solari<br />

e i relativi angoli, con i metodi<br />

della Trigonometria, nella "Praxi Magnorum Sciatericorum"(di cui abbiamo fatto<br />

relazione negli "Atti" del 1695, pag. 129), e fra i Nostri il Chiarissimo<br />

Doppelmayer, nella quarta parte costituita dai capitoli 10° e 11°, che egli ha<br />

aggiunto alla terza edizione (1708) della <strong>Gnomonica</strong> del Welper.<br />

Lo stesso metodo ha seguito il Rev. P. Gruber, adattandolo a qualsiasi tipo di<br />

orologio solare, dopo aver sudato a lungo (come confessa nella prefazione ) nel<br />

seguire il metodo geometrico per tracciarli. Ha adattato i calcoli alle capacità dei<br />

principianti, in modo che essi possano imparare con le proprie forze.<br />

E premette, da ultimo, che senza dubbio che questi calcoli possono essere tratti<br />

dalla Sfera, dalla trigonometria e dall'Astronomia.<br />

In particolare: nella parte I, Cap. !°, spiega gli elementi necessari, da trarre dalla<br />

teoria della Sfera, e dalla parte Sferica dell'Astronomia, relativa alla Sfera ed al<br />

Primo Mobile. Nel Cap. 2° chiarisce gli elementi più comuni delle due<br />

Trigonometrie, e l'analisi dei triangoli rettangoli rettilinei e sferici; ma omette la<br />

soluzione dei triangoli obliquangoli, in quanto nel suo metodo sono di uso molto<br />

raro. Nel Cap. 3° risolve alcune questioni astronomiche relative al Primo Mobile,<br />

di cui egli si serve per il suo metodo, ed intanto insegna a computare la posizione<br />

vera del sole in qualsiasi momento, utilizzando le tavole solari contenute nella<br />

Astronomia Carolina dello Street. Aggiunge altri problemi necessari per la pratica,<br />

per esempio come trovare la linea meridiana, la declinazione e la inclinazione dei<br />

piani, e li riprende nell'appendice tratta dalla Geometria pratica, perché siano<br />

utili al futuro tracciamento degli orologi.<br />

Partendo da tali preliminari, passa al suo metodo, che applica nella seconda parte<br />

agli orologi principali, cioè a quelli equinoziali, ai polari, all'orizzontale ed a quelli<br />

verticali; per tutti insegna a tracciare non solo le linee orarie, ma anche come<br />

inserire i segni Zodiacali. E nella parte terza si dilunga con gli orologi secondari,<br />

che si tracciano su piani inclinati e declinanti sia rispetto al Primo Verticale, che<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 57<br />

rispetto al piano meridiano, o all'orizzonte, e su quelli reclinanti: e tratta anche<br />

degli orologi eccentrici. (NDT: Non identificati)<br />

Infine nella parte quarta applica il metodo agli orologi in cui si tracciano gli archi<br />

diurni e generi diversi di ore, e poi descrive quelli anulari, a quadrante, cilindrici,<br />

magnetici, lunari e stellari. A chiusura del testo, nel Colophon, ha posto il<br />

disegno di un orologio che è contemporaneamente solare, lunare e stellare. Sono<br />

aggiunte le tavole delle ascensioni rette dell'eclittica, e quelle delle corde, calcolate<br />

rispetto ad un raggio di 1000 parti, affinché non sia necessario cercare le corde,<br />

quando servono, dalle tavole dei Seni.<br />

SORRISI E GNOMONI<br />

di Fabio Savian & C.<br />

<strong>Gnomonica</strong>: studio al computer della disposizione dei nanetti di gesso nei giardini<br />

Angolo diedro: In auto, visuale dallo specchietto retrovisore. Con il raffreddore.<br />

Ascensione retta: teletrasporto<br />

Ascensione retta del Sole: mattina entusiastica in cui il Sole parte per la tangente (suggerimento Gianni<br />

Ferrari)<br />

Assostilo: sindacato produttori penne stilografiche<br />

Blocco dello gnomone con presa a malta:<br />

arresto del capobanda degli gnomi in attesa di estradizione (Alberto Nicelli)<br />

Circolo polare: club di esquimesi (Gianni Ferrari)<br />

Data Giuliana: ricorrenza da non dimenticare per non fare brutta figura come l’ultima volta<br />

Equazione del tempo: quando al nonno fa male il ginocchio dopo un po’ piove<br />

Equinozio: il fratello del papà del cavallo che state montando<br />

Equinozio: cavallo che perde tempo tra una corsa e l’altra<br />

Fisiognomica: esercizi aerobici prima di salire sul trabatello<br />

Foro gnomonico: fortuna sfacciata nel rintracciare una meridiana non ancora censita<br />

Fuso orario: tipo che abusa di stupefacenti ad intervalli regolari<br />

Gnomone polare: elfo ipertrofico della Scandinavia<br />

Inclinazione dell’eclettica: abitudine stravagante di una ragazza originale<br />

L’attitudine celeste: tendenza a dipingere tutto di azzurro<br />

Lemniscata: manovra spericolata con il modulo di discesa lunare delle missioni Apollo<br />

Numero primo: necessario per ordinare lo stesso piatto di spaghetti di soia in ristoranti cinesi<br />

diversi<br />

Ora media locale: risultato di una discussione fra gnomonisti sull’ora del posto<br />

Orologi a riflessione: orologi sui cui bisogna fermarsi a pensarci su un po’<br />

Orologio a riflessione di Cocteau:<br />

gli specchi dovrebbero riflettere un po’ prima di riflettere le immagini<br />

Ortostilo: bastone per sostenere le piante di pomodoro<br />

Piano meridiano: rompiballe che suona a mezzogiorno (Magun)<br />

Primo verticale: Il primo che arriva al traguardo della maratona senza stramazzare a terra<br />

Punti cardinali: alti prelati, visti da moolto lontano<br />

(di Alessandro Bergonzoni, segnalata da Giovanni Paltrinieri)<br />

Substilo: penna per scrivere sott’acqua<br />

Triangolo astronomico: segnalazione di guasto per astronavi<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 58<br />

V° incontro degli gnomonisti Piemontesi.<br />

Il 19 maggio 2001 si è svolto a Verbania-Pallanza il V° incontro degli gnomonisti Piemontesi. È sempre piacevole ritrovarsi specialmente<br />

per chi, come noi, deve sovente utilizzare la corrispondenza per scambiare le proprie informazioni, le nuove idee o gli ultimi lavori fatti. In Piemonte<br />

ci raduniamo una volta all’anno ma alcuni vorrebbero trovarsi più sovente anche senza tante formalità o programmi da discutere.<br />

L’incontro di quest’anno si è svolto presso l'attrezzatissima Sala Convegni del CNR-Istituto Italiano di Idrobiologia che gentilmente ci è<br />

stata messa a disposizione dalla Direzione su interessamento di R. Mosello. La giornata è stata stupenda, sia per il piacere di incontrare tanti amici<br />

quanto per la bellissima cornice che ci è stata data dal Lago Maggiore illuminato da un sole splendente. Numerosi sono stati i partecipanti - più di<br />

30 – alcuni dei quali provenienti dalla Lombardia e dalla Valle d’Aosta. Molto gradita la presenza della Signora Conxita Bou, appartenente alla<br />

Società Catalana di <strong>Gnomonica</strong> (Barcellona) impegnata nel censimento delle meridiane catalane.<br />

Dopo i saluti di benvenuto lo scrivente ha illustrato la situazione del censimento delle meridiane sia a livello nazionale (12.643) che<br />

regionale (4.059) distribuendo alcuni grafici nei quali, oltre ai normali dati, si metteva in evidenza come l’archivio piemontese sia affiancato da più<br />

di 4.500 immagini che riguardano circa il 50% delle meridiane censite.<br />

Sono seguiti gli interventi di S. Bianchi (proposta per una migliore diffusione dei dati raccolti a livello regionale), di R. Mosello (sintesi<br />

statistica sui dati raccolti in AQS), di E. Del Favero (presentazione delle bozze definitive del catalogo a stampa, difficoltà economiche - da parte<br />

dell’UAI - di finanziare il volume e proposta di autofinanziamento), di G. Mesturini (organizzazione dell’XI° Seminario Nazionale di <strong>Gnomonica</strong> che<br />

si terrà a Verbania-Intra nei giorni 22,23,24 marzo 2002), di G.C. Rigassio a nome di “Horologium” (rapporti con la Regione Piemonte per la<br />

richiesta di eventuali fondi ai fini della divulgazione), di S. Minuto (catalogo e CD delle meridiane della provincia di Novara), di G. Agnelli (la nuova<br />

meridiana su superficie cilindrica nella chiesa di Sant’ Angela Merici (BS) ed uso del “Trigono”), di F. Roveda (misurazione dell’Azimut di una parete<br />

con antico metodo grafico), di D. Banfo (modelli di meridiane auto-costruiti per la didattica), di R. Banfo (illustrazione di due cataloghi di meridiane<br />

stampati con particolari tecnologie e disponibilità per la stampa di eventuali opere future), di C. Bou (organizzazione e risultati conseguiti dalla<br />

Società Catalana di gnomonica).<br />

A disposizione dei partecipanti c’era l’originale maglietta (presentata da G.C. Rigassio alla trasmissione di RAI-3 “GEO & GEO”) sulla<br />

quale è stata stampata una meridiana perfettamente funzionante con stilo a “filo”.<br />

G. Agnelli invece ci ha lasciato, come ricordo, una simpatica vignetta sul nostro convegno.<br />

Lo scambio di opinioni, informazioni e discussioni è ovviamente continuato al ristorante i cui affreschi antichi, visibili nella facciata,<br />

armonizzavano perfettamente con la bellissima Chiesa della Madonna di Campagna (1519) ad esso adiacente. Al termine di un ottimo pranzo ci<br />

siamo scambiati i saluti in un accogliente dehors con la promessa di ritrovarci nuovamente.<br />

Guido Tonello<br />

Coordinatore per il censimento delle meridiane del Piemonte.<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 59<br />

La Vignetta di Giacomo Agnelli<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 60<br />

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<strong>Gnomonica</strong>, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – <strong>n°</strong> 8 Gennaio 2001 – pag. 61<br />

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