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Leggi - I Cistercensi

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una gloria passata. Ma se Casanova e altre abbazie sono oggi ruderi e<br />

monumenti vuoti, l'ordine cistercense è sempre vivo e valido. Siamo ridotti<br />

in numero, ma non vi è continente che non abbia più di un monastero<br />

cistercense: tutte le crisi, interne od esterne, che hanno travagliato<br />

la Chiesa in generale e il monachesimo in particolare non sono<br />

riuscite a far scomparire questo ordine, che ha ormai quasi nove secoli<br />

di storia. Se una istituzione ha potuto resistere cosi a lungo, significa<br />

che oltre al divino volere, 'c'è stata una solida organizzazione di base che<br />

l'ha reso sempre attuale ed efficiente.<br />

Ma eccovi a larghe linee la nostra storia.<br />

In Borgogna, nell'anno 1098. in un monastero benedettino chiamato<br />

Molesme, l'abate Roberto, tormentato dal desiderio di maggior<br />

perfezione, aspira a ristabilire l'equilibrio scomparso tra preghiera e<br />

lavoro, cosi saggiamente disposto nella «Regula Monasteriorum» di<br />

San Benedetto. Si ritira perciò con ventuno confratelli in un luogo solitario<br />

e malsano chiamato Citeaux, Cistercio, presso Dijon. Il «novum<br />

monasterium » che ha dato origine al nome che portiamo, rappresentò<br />

cosi uno sforzo di ritorno alla purezza originale della Regola benedettina,<br />

al di là di ogni interpretazione e inflessione apportata dai secoli.<br />

Povertà, penitenza, solitudine formarono le basi del nuovo monastero.<br />

I primi <strong>Cistercensi</strong> erano convinti di aver ritrovato la sorgente,<br />

l'acqua pura delle origini. Si disse che essi erano i « puritani della regolarità<br />

». Per riprendere la felice espressione di Papa Giovanni, si può<br />

dire che essi intrapresero l'aggiornamento della vita benedettina, cosi<br />

rispettata e compromessa insieme, in un'epoca in cui l'idea di perfezione<br />

cristiana era inconcepibile al di fuori del chiostro.<br />

A Roberto, rientrato a Molesme per ordine di Urbano II, successe<br />

dapprima Alberico che consolidò la comunità, poi Stefano Harding, genio<br />

pratico, e inglese per di più, che amò « la regola e il luogo ». (Amator<br />

regulae et loci). Roberto, Alberico, Stefano, i tre «frati ribelli »,<br />

ringiovanirono arditamente l'istituzione più importante del loro tempo<br />

e della Chiesa d'allora: la vita monastica d'Occidente. Stefano fu il<br />

«Solone della nuova repubblica », l'autore della carta di fondazione<br />

dell'ordine, la famosa «Charta charitatis» che stabill un sistema di<br />

controllo dell'abbazia madre sulle filiali, basato più sul legame della<br />

carità che sulla centralizzazione giuridico-amministrativa.<br />

Stefano ebbe la gioia e l'insigne privilegio di ammettere nel suo<br />

monastero, in un momento particolarmente difficile, il giovane Bernardo<br />

di Fontaine, accompagnato da altri trenta nobili borgognoni. Bernardo,<br />

genio universale, sarà il dominatore del suo secolo. Al suo confronto,<br />

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