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Leggi - I Cistercensi

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NOTIZIE<br />

CISTERCENSI<br />

4-5<br />

ANNO TERZO<br />

LUGLIO - OTTOBRE<br />

1970<br />

Periodico bimestrale - Spedizione in Abbonamento Postale - Gruppo IV


NOTIZIE CISTERCE NSI<br />

Periodico bimestrale di vita cistercense<br />

SOMMARIO<br />

P. POLICARPO ZAKAR Le origini dell'Ordine Cistercense<br />

(III). Brevi osservazioni sugli studi degli ultimi<br />

quindici anni (1954-1969) Pago 189<br />

P. RAFFAELE SCACCIA Il Capitolo Generale Speciale<br />

e le Missioni <strong>Cistercensi</strong> » 200<br />

Florilegio Cistercense » 207<br />

La Mortificazione Sermone del Rev.mo Abate Generale<br />

al Capitolo Generale 1969 » 211<br />

D. FILIPPO AGOSTINI Il Monastero dii Claraval nel<br />

Brasile » 215<br />

Cronaca » 232<br />

ABBA BURUK WOLDEGABER Il monachesimo in E#


Le origini dell'Ordine Cistercense (111)*<br />

Brevi osservazioni sugli studi degli ultimi quindici anni<br />

(1954-1969)<br />

6. LA RELAZIONE DEL PROFESSORE DAVID KNOWLES<br />

David Knowles, insigne storico del monachesimo in Inghilterra<br />

(150), professore emerito dell'Università di Cambridge, tenne nel<br />

1962, nel quadro del «Birkbeck Lectures» nel Trinity College di<br />

Cambridge delle lezioni sui problemi più discussi della storia monastica,<br />

e cioè sui rapporti della Regala Magistri colla Regola di S. Benedetto<br />

e sui primi documenti della storia dell'Ordine Cistercense. Il<br />

testo di queste due lezioni è apparso nel 1963 (151).<br />

L'autore mise in iscritto le sue lezioni limitandosi ad esporre le tesi<br />

di Lefèvre (152) senza analizzarle a fondo. Knowles non intese presentare<br />

una propria teoria. Perciò il nostro compito è di precisare se<br />

egli ha interpretato rettamente le tesi di Lefèvre e le sue affermazioni<br />

corrispondono ai dati di fatto.<br />

La relazione di Knowles è di gradevole lettura, poiché l'autore<br />

più che discutere le questioni tecniche descrive il significato della<br />

problematica introdotta da Lefèvre per la storia delle origini dell'Ordine<br />

Cistercense. Ma proprio in ciò si rileva la sua debolezza; infatti<br />

egli nelle sue affermazioni resta superficiale e poco esatto. In più la<br />

sua relazione presenta pochissime note; ciò costituisce forse un'altra<br />

(*) Vedi Notizie <strong>Cistercensi</strong> 3(1970) 1-17 e 89-111.<br />

(150) Si pensi ad esempio al suo The Monastic arder in England (943-1216),<br />

Cambridge 1940 (21949), The Religious Orders in England, 3 volumi, Cambridge<br />

1948_1959, ecc.<br />

(151) Vedi KNOWLES nell'elenco delle abbreviazioni.<br />

(152) WINANDY e VAN DAMME 1 (solamente i primi due articoli) sono menzionati<br />

unicamente a pago 220. Effettivamente non sono stati neppure consultati tutti<br />

gli articoli di Lefèvre, benché siano enumerati a pago 198. Ad esempio a pago 204<br />

si parla contemporaneamente di tutte e quattro le Bolle «Sacrosancta », mentre<br />

Lefèvre per l'esattezza ne scoprì una quinta. Peraltro LÈFEVRE11 non fu usato da<br />

Knowles, anche se egli indica l'unica Bolla di Alessandro III da lui conosciuta con<br />

l'anno 1163 invece del 1165.<br />

- 189-


causa delle molte inesattezze che in essa si trovano. Se avesse tentato<br />

di documentare le sue osservazioni avrebbe rilevato sia elementi discussi<br />

ai quali gli autori non hanno neppure pensato, sia elementi<br />

assolutamente alieni dalle affermazioni degli autori citati.<br />

Dopo una breve esposizione della scoperta di Turk, Knowles descrive<br />

la tesi fondamentale di Lefèvre. Egli pensa che Lefèvre abbia confrontato<br />

tre codificazioni « complete» trovate nei manoscritti di Trento<br />

1711, Laibach 31 e nei testi di Digione che il Guignard aveva pubblicati.<br />

Knowles oltre a ciò afferma che Turk abbia ritenuti i testi<br />

editi da Guignard per il «dossier» presentato nel 1153 ad Eugenio<br />

III (153), mentre Lefèvre li avrebbe fissati circa nel 1163 (154).<br />

Questa osservazione attribuisce a Turk e a Lefèvre qualche<br />

cosa che loro non hanno mai asserito. Turk sapeva molto bene<br />

dall'esame delle Bolle « Sacrosancta» che la CCz, nella forma pubblicata<br />

da Guignard, non poté essere presentata nel 1152 (155). Inoltre la<br />

teoria dei manoscritti «completi» (Knowles li chiama dossier) deriva<br />

soltanto da Lefèvre, il quale però non incluse nella sua tesi fondamentale<br />

il terzo gruppo (i testi di Digione) nominati da Knowles, poiché<br />

questo terzo «gruppo », almeno nei manoscritti conosciuti oggi, non<br />

esiste affatto, in quanto Guignard ha raccolto i testi del suo Monuments<br />

primitijs cercando qua e là in diversi manoscritti.<br />

Knowles in vari punti sembra dimenticare tutto ciò. All'inizio del<br />

suo articolo esplicitamente parla di diversi manoscritti di Digione, che<br />

pubblicò Guignard e li indica anche in una nota ( 156); confonde poi<br />

Digione 601 (già 354), che contiene la CC\ con Digione 114 (già<br />

82) delle Consuetudines (157), e nella descrizione della tesi fondamentale<br />

di Lefèvre questi testi di diversi codici diventano un'unico « grup-<br />

(153) KNOWLES, 211. L'anno 1153 è certamente un errore di stampa o<br />

una svista. La « Sacrosancta » di Eugenio III è del 1 agosto 1152. Alcuni righi prima<br />

Knowles ascriveva il dossier di Eugenio III al 1152.<br />

(154) Cosi KNOWLES, 211; ma a pago 212 scrive che secondo Lefèvre, la CO<br />

nella sua forma definitiva è da collocarsi circa al 1180.<br />

(155) Vedi sopra pago 107, nota 127.<br />

(156) KNOWLES, 199, dove egli espressamente ricorda che il manoscritto 601<br />

contiene la CO, il 633 l'Exordium Parvum e il 114 gli «Instituta ».<br />

(157) Ibid., 201-202 egli descrive il manoscritto 601 nel modo seguente:<br />

«Il testo (della CC) era apparentemente puro, e quando poi Guignard ne aveva<br />

stampata l'edizione dal ms. 601 della Biblioteca Municipale di Digione, allora vi fu<br />

un generale convincimento che fosse stata detta l'ultima parola. Il manoscritto ~i<br />

Digione, scritto nelle diverse parti tra il 1191 e il 1236, proveniva da Citeaux ed 10<br />

esso si asseriva che era l'esemplare per tutto l'Ordine, con l'iscrizione 'ut praesens<br />

liber sit exemplum invariabile ...'. Il testo stesso - come dimostrò Guignard -<br />

era stato composto tra il 1173 ed il 1191, perché esso contiene nel suo calendario la<br />

festa di S. Tommaso di Canterbury, che fu canonizzato nel 1173... ».<br />

Knowles qui confonde il manoscritto 601 (già 354) della CC2 con quello<br />

- 190-<br />

-


po» (158). Lefèvre non ha mai asserito ciò, poichè conosceva molto bene<br />

che questo « gruppo », anche se poi forse esistette in qualche manoscritto,<br />

in nessun modo era paragonabile alla codificazione contenuta<br />

in Trento 1711 ed in Laibach 31. Così dobbiamo rilevare che Knowles<br />

non ha descritto affatto bene la tesi fondamentale di Lefèvre.<br />

In altre occasioni il nostro autore non solo non rigetta alcune tesi<br />

di Lèfevre sulla CC, ma in molti punti le approva (159). Egli vede<br />

l'essenziale non nella datazione dei documenti, ma nel fatto che la CC<br />

ha avuto un lungo sviluppo, che oggi è innegabile.<br />

In modo del tutto diverso egli giudica la teoria di Lefèvre in<br />

riferimento all'Ex.C. e all'Ex.P. Egli afferma che Lefèvre in nessun<br />

modo ha provato che l'Ex.P. non sia stato scritto prima del 1152 e che<br />

l'Ex. C. esisteva già nel 1119. È vero che Knowles accetta la tesi<br />

di Lefèvre secondo cui l'Ex.P. è uno scritto ufficiale sugli inizi dell'Ordine,<br />

ma rigetta proprio per questo l'opinione di Lefèvre il quale<br />

avrebbe voluto sostenere che l'Ex. P. tratta dell'origini dell'Ordine<br />

Cistercense in una maniera più o meno falsa. Ciononostante Knowles<br />

dichiara in seguito che ha delle difficoltà a datare al 1119 l'Ex.P. nella<br />

forma conosciuta oggi, poiché si afferma troppo esplicitamente che<br />

lo scritto deriva dai veri fondatori di Citeaux. Ma una tale insistenza<br />

114 (già 82) che non contiene la CC, ma solamente le Consuetudines e che da Guignard<br />

(XXVI) è datato tra il 1173-1191. Il manoscritto 114 è quello che spesso<br />

viene chiamato «manuscrit-type» per le parole riportate anche da Knowles. Il<br />

manoscritto 601, che contiene la CO, secondo Guignard (LXX) fu scritto tra il<br />

1191-1194 e fu proprietà dell'abbazia di Belleveaux e solo dopo il 1480 pervenne<br />

a Oteaux; infatti non appare ancora nel catalogo del 1480.<br />

(158) KNOWLES, 210-211: «Lefèvre... sostiene che essi mostrano l'esistenza<br />

di tre gruppi di manoscritti, ciascuno fatto in base a quattro documenti secondo lo<br />

schema seguente. L'enumerazione procede con ordine cronologico dei manoscritti di<br />

ciascun gruppo: ...Gruppo III: Exordium Cisterciensis Cenobii - Carta Caritatis<br />

(CC2) - Consuetudines (parecchi decreti) - offida Ecclesiastica, etc. Collezione dei<br />

M(onumenti) P(rimitivi) ».<br />

Qui c'è da notare che a) l'Ex. Cisterciensis Cenobii (Ex.P.) nei Monuments<br />

Primitils di Guignard fu preso dal manoscritto 633 (già 378) il quale è da datarsi tra<br />

il 1224-1236 (Guignard LX); b) la CC fu presa dal manoscritto 601 (vedi sopra nota<br />

157); c) Le Consuetudines in Guignard comprendono gli Ecclesiastica Offida, gli<br />

lnstituta Generalis Capituli apud Cistercium e gli Usus Conuersorum che si trovano<br />

in quest'ordine nel manoscritto 114. Quindi le Consuetudines, da una parte non<br />

sono da mettersi al medesimo livello con gli Instituta Generalis Capitali come fece<br />

Knowles - d'altra parte esse contengono gli Offida Ecclesiastica che Knowles espressamente<br />

indica a parte. A pago 215 per es. scrive: «Esso (l'Ex.P.) serve come una<br />

introduzione alla Carta Caritatis (CC2) nella collezione ufficiale dei M(onuments)<br />

P(rimitifs). - «Raccolta ufficiale» fatta da Guignard nel 1878...<br />

(159) KNOWLES, 211: «Lefèvre con una quantità di argomenti complicati, ma<br />

nello stesso tempo convincenti, dimostrò che il gruppo II (Ex.P. - CO -<br />

Instituta cap. gen. - Officia Eccl. del ms. di Laibach 31) era la collezione di Eugenio<br />

III nel 1152-3» - Knowles un po' più avanti pagg. 212·213 crede di seguire<br />

Lefèvre e tuttavia data la CCI al 1119.<br />

191 -


è troppo vistosa per<br />

Knowles non cerca di<br />

indicarlo.<br />

essere accettata incondizionatamente (160).<br />

risolvere questo problema, ma vuole solo<br />

Riepilogando, diciamo di prevedere che la relazione del professore<br />

Knowles troverà ampia diffusione fra gli studiosi e finirà coll'attirare<br />

la loro attenzione sul nostro problema: in ciò consisterà il suo merito.<br />

Dobbiamo però deplorare che questo famoso professore, il quale criticò<br />

tanto aspramente il metodo di esposizione di Turk e di Lefèvre<br />

(161), non abbia, egli stesso, evitato errori tanto spiacevoli (162).<br />

7. GLI ARTICOLI DELLA DOTTORESSA EDITH PASZTOR<br />

Dopo la pubblicazione del nostro articolo in tedesco (163), la<br />

dottoressa Edith Pasztor ha scritto due articoli sulle origini cistercensi.<br />

Il primo (164) potrebbe essere definito in qualche modo una recensione<br />

del nostro lavoro, il secondo (165) invece esamina tutta la problematica<br />

dal punto di vista metodologico, poiché, afferma la Pésztor, « il fatto<br />

che molti interrogativi siano ancora rimasti sospesi, dipende soprattutto<br />

... dai limiti di molti di questi studi, condotti senza quelle esi-<br />

(160) KNOWLES, 219.<br />

(161) KNOWLES, 209: «Né Turk né Lefèvre possono pretendere di essere maestri<br />

per chiarezza », Ibid., 220-221: «Gli storici che desiderano rendersi familiari con gli<br />

argomenti di questa materia devono percorrere un faticoso esercizio di cesello e quindi<br />

rendersi padroni dei suoi (di Lefèvre) sparsi e non bene assimilati articoli. Né Turk<br />

né Lefèvre hanno mostrato di essere padroni di tutti gli esercizi della perizia di uno<br />

studioso. Entrambi sono stati troppo precipitosi nel pubblicare le loro scoperte prima che<br />

esse potessero essere pienamente digerite e vagliate; entrambi di conseguenza hanno usato<br />

una enorme quantità di spazio su una materia che avrebbe meritato di essere esaminata<br />

severamente ed ordinata prima della stesura finale dell'articolo ed entrambi infine si sono<br />

dimostrati scrittori disordinati e giudici impulsivi ».<br />

(162) Oltre ai sopracitati errori siano puntualizzati anche i seguenti: a pago<br />

203 Knowles per es. scrive: «Turk descrive le sue scoperte in un articolo in sloveno<br />

in una oscurissima pubblicazione nel periodico Kapistran Nyomda, pp. 5-10, 27-8). In<br />

questa proposizione ci sono alcuni errori: a) Kapisztràn Nyomda non è una rivista ma è<br />

la tipografia S. Giovanni da Capistrano di Vrk (Ungheria) presso cui il P. Hiìmpfner pubblicò<br />

il suo libretto (Exordium Cistercii ...). (Knowles taccia questo libretto come una<br />

oscura pubblicazione, anche se, evidentemente, neppure lo conobbe). Se la Kapisztràn<br />

Nyomda fosse una rivista come Knowles pensava, avrebbe dovuto citare non solo la pagina<br />

ma anche l'annata della rivista; b) Il lavoro di Turk è apparso come libro nella serie delle<br />

pubblicazioni dell'Accademia slovena delle scienze (vedi Not. Cist. III (1970), p. 5, nota 7)<br />

quindi non è un articolo e non si tratta di una pubblicazione «oscurissima ».<br />

A pago 210 Knowles scrive: « ... della così detta Summa CC si è pensato a lungo<br />

che fosse un tardivo riassunto della CC edita da Guignard (CC2 di Turk) ...». Ma chi ha<br />

sostenuto questa opinione? La Summa CC fu pubblicata per la prima volta nel 1932<br />

e già Hiìmpfner (vedi Not. Cisto III (1970), p. 4, nota 5) ha rilevato che è anteriore alla<br />

CC allora conosciuta ~= CC2).<br />

(163) Vedi la nota di presentazione: Notizie <strong>Cistercensi</strong>, III (1970) p. 1.<br />

(164) E. PASZTOR, Studi e problemi relativi alle prime fonti cisterciensi: Annali<br />

della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari dell'Università di Roma 4(1964) 137-144.<br />

(165) E. PASZTOR, Le origini dell'Ordine Cisterciense e la riforma monastica:<br />

Analecta Cisto 21.(1965) 112-127.<br />

- 192-


genze critiche, filologiche e storiche, che sono invece indispensabili in<br />

tali ricerche» (166). La Pàsztor applica questi criteri agli studi di Lefèvre<br />

e di Van Damme, analizzando i problemi della CC (167) e delle<br />

fonti narrative, e specialmente i documenti contenuti nell'Ex. Parvum<br />

(168). Alla fine l'Autrice insiste molto opportunamente sulla<br />

necessità di inserire le origini cistercensi nel quadro storico del<br />

tempo (169).<br />

L'articolo della Pàsztor è stato recensito da Van Damme (170) che<br />

lo ha salutato con « gioia e grande speranza », mettendo in rilievo il pregio<br />

dell'oggettività e dell'imparzialità (171). Van Damme in genere accetta<br />

le critiche mossegli dalla Pàsztor, ma in parecchi punti cerca di<br />

difendere le sue posizioni senza però corroborarle con nuovi argomenti<br />

(172).<br />

L'articolo della Pàsztor ripete e completa quello che è stato detto<br />

nel nostro articolo pubblicato in tedesco. È fuor di dubbio che non<br />

sarà fatto nessun passo avanti nelle ricerche sulle origini <strong>Cistercensi</strong>,<br />

finché non saranno osservate scrupolosamente le raccomandazioni metodologiche<br />

dell'Autrice.<br />

8. LA BOLLA «AD HOC IN» DI CALLISTO II (1119}<br />

Nel 1964 J. A. Lefèvre ha dedicato un lungo articolo per discutere<br />

se la bolla «Ad hoc in» di Callisto II, che per la prima volta<br />

approvava la costituzione dei <strong>Cistercensi</strong>, avesse una «sottoscrizione<br />

lunga» o no (173). Per diverse ragioni in questo articolo, fino adesso,<br />

non abbiamo recensito il lavoro di Lefèvre, ma prima di concludere la<br />

presente rassegna desideriamo trattarlo.<br />

(166) Ivi, 113.<br />

(167) Ivi, 113-119.<br />

(168) Ivi, 119-126.<br />

(169) Ivi, 126 s. Ci contentiamo di questi brevi cenni, dato che l'articolo della<br />

Pàsztor è scritto in italiano ed è facilmente accessibile nelle Analecta Cisterciensia (Redazione<br />

e amministrazione: Piazza Tempio di Diana, 14 - 00153 Roma) .<br />

.(170) J. B. VAN DAMME, Les origines cisterciennes, Citeaux 18 (1967) 263-265.<br />

(171) Ibid., 263.<br />

(172) Dato che non si tratta di questioni di maggior rilievo, per le particolarità<br />

rimandiamo alla recensione stessa del Van Damme. Ci sia però permesso di domandare<br />

come mai arriva il Van Damme ad affermare che secondo la Pàsztor i fondatori di Citeaux<br />

sarebbero stati due volte a Lione per la prima lettera del legato Ugo: « ... la lettre du<br />

légat Hugues nie implicitement que les fondateurs soient allés deux fois à Lyon pour<br />

avoir une audience ... » iCueaux 18[1967] 263), quando la Pàsztor scrive semplicemente:<br />

« I monaci tornano da Lione à Molesmes ... » (p. 125).<br />

(173) J. A. LEFÈvRE, La bulle « Apostolicae Sedis » pour Cueaux aoait-elle une sous:<br />

cription longue?, Reuue Bénédectine 74( 1964) 111-143. Nel seguito citeremo questo articolo<br />

colla sigla LEFÈvRE 16. Notiamo subito qui che la bolla non comincia colle parole<br />

«Apostolicae Sedis » come farebbe supporre il titolo dell'articolo del Lefèvre, ma bensì<br />

con «Ad hoc in Apostolicae Sedis » ...<br />

- 193-


Lefèvre fu incuriosito dal fatto che nel ms. Caro C. 175 della<br />

Biblioteca Centrale di Zurigo la bolla finisce col testo seguente:<br />

«Ego Kalixtus katholicae ecclesiae episcopus confirmavi ut pitantiae<br />

non administrentur in refectorio apud Cistercium tempore generalis<br />

capituli. Finit Karta caritatis. Amen» (174).<br />

Lefèvre si domandava se le parole «ut pitantiae... capituli »<br />

potessero essere considerate come aggiunte dal papa stesso nel momento<br />

della firma o no, cioè poneva la questione dell'autenticità<br />

di questa « sottoscrizione lunga ». Per questo scopo ha descritto ampiamente<br />

i tredici manoscritti anteriori al secolo XVI contenenti la<br />

bolla per vedere le loro derivazioni e per arrivare a delle conclusioni<br />

che la sottoscrizione gli permetta di risolvere (175 ).<br />

L'esame mostra che dei tredici manoscritti soltanto nove riportano<br />

la firma: tre di essi l'hanno in forma breve, dunque senza le<br />

parole « ut pitantiae... capituli» (176), quattro in forma lunga (177)<br />

e due altri mano seritti hanno un testo ancora più lungo ( 178).<br />

Lefèvre si è chiesto spesso se poteva essere probabile che il<br />

papa, nella sua firma, avesse aggiunto questa decisione sulle pietanze.<br />

Ora propende per l'ipotesi ( 179). della autenticità della firma lunga (180)<br />

e crede che le regole della cancelleria di Callisto II non facciano difficoltà<br />

(181).<br />

(174) Vedi l'edizione nel]. B. VANDAMME,Documenta pro Cisterciensis Ordinis<br />

bistoriae ac [uris studio, Westmalle 1959, 21. Il testo è notato già nel TURK1, 18.<br />

(175) Questo esame occupa ben 24 pagine: LEFÈvRE16, 113-135.<br />

(176) Sono i manoscritti Metz 1247, Donaueschingen 413 e Tarragona 88.<br />

(177) Sono i manoscritti Heiligenkreuz 131, Lilienfeld 108, Zwettl 141 e Zurigo<br />

Biblioteca Centrale Caro C. 175. (Notiamo che Lefèvre in questo articolo invece di<br />

Caro C. 175 scrive quasi sempre erroneamente C. 275 (pp. 120, 130, 131, 132, invece<br />

nelle p. 134 e 142 sta «C. 175»).<br />

(178) Si tratta di due manoscritti inglesi: Londra, Brit, Mus. Addit 18148 e<br />

Manchester, Rylands Libr. lat. 319.<br />

(179) Sottolineamo che questa volta lo stesso Lefèvre parla di una ipotesi: «Je me<br />

rallie quant à mci, à eette hypothèse qui permet d'expliquer d'une manière plausible la<br />

composition du texte »: LEFÈvRE 16, 139.<br />

(180) Ibid., 140: «Il n'est plus possible d'affirmer que la présenee d'une souscription<br />

longue à la bulle de Calixte II soit due à la fantaisie d'un copiste, ni à une interpolation<br />

du XIII· siècle, dont on ne voit pas le motif ou l'intérèt à cette époque-là, La souscription<br />

longue adone bien été donnée, en 1119, par Calixte II à la demande des capitulants,<br />

désireux de voir approuver solennellement un statut d'actualité sur la pitanee des abbés.<br />

(181) LEFÈVRE16, 135 s. I due esempi invocati nella nota 1 della p. 136 però non<br />

sono affatto ad rem!<br />

- 194-<br />

--


La formula strana del ms. di Zurigo era già stata osservata dal<br />

Turk:<br />

« Scriptor ... subscriptionem Papae inepte ad aliquod statutum adiunxit<br />

(182) quod capitulum generale Ordinis Cisterciensis a. 1120, postquam<br />

CC a Papa iam approbata fuit, decreverat, sciI. ne abbatibus in<br />

capitulo generali congregatis pictantiae amplius administrarentur. Textus<br />

hoc modo confusus est ... » (183).<br />

Per Turk si trattava di un errore del copista e per lui la « sottoscrizione<br />

lunga» non era affatto autentica. .<br />

Van Damme recensendo 1'articolo del Lefèvre ha espresso parecchi<br />

dubbi sull'autenticità della firma (184). Egli rileva che Lefèvre<br />

non ha esaminato sufficientemente se si tratta dell'errore di un copista,<br />

poiché i manoscritti contenenti la firma breve sembrano essere<br />

di ben maggiore importanza: tre manoscritti contenenti la CCI ed<br />

altri due manoscritti completi della bolla hanno la firma breve (185).<br />

Entrare nell'esame dei singoli manoscritti per la questione della<br />

« sottoscrizione lunga» sarebbe qui fuori posto, ma ci sia permesso di<br />

proporre per la spiegazione del fenomeno una ipotesi che non vediamo<br />

proposta fino ad ora da nessuno.<br />

Dopo gli studi di Lefèvre, gli studiosi ritengono concordemente<br />

questa ordinaria successione dei documenti nelle famiglie di manoscritti<br />

contenenti il primitivo corpus cistercense:<br />

1) Exordium Parvum<br />

2) CC colla bolla di Callisto II<br />

3) Instituta Capituli Generalis apud Cistercium, Eccl. Officia, etc.<br />

Fino ad oggi conosciamo sette manoscritti contenenti la CCI (186).<br />

In tutti questi, la CCI è preceduta dall'Ex. Paruum, il quale è dunque<br />

una introduzione alla CCI. È da notare che tutti questi manoscritti<br />

contengono anche il capitolo De abbatiis dell' Ex. Paruum, il quale<br />

(182) Sarebbe stato meglio dire: « ... ad subscriptionem papae inepte titulum alicuius<br />

statuti adjunxit ... ».<br />

(183) TURK 1, 18.<br />

(184) ]. B. VANDAMME,Problème des origines de Ctteaux: Collectanea Cisto 27<br />

(1965) 239-242.<br />

(185) Si tratta dei manoscritti indicati nella nota 176 et dei manoscritti Parigi,Bibl.<br />

Nat. lat. 15292, fol. 236v. e Digione, Bibl. Municip. 598, p. 1355. (Di quest'ultimo<br />

non parla Lefèvre nel suo articolo).<br />

(186) Sono Laibach (Ljubljana), Bibl. Univo 31, Metz 1247, Tarragona 88 e 162,<br />

Poblet EC 27, Lisbona, Bibl. Nat. F. Alcobaça 187, Zurigo, uu. Centrale Caro C. 175.<br />

Non contiamo qui il ms. 413 di Donaueschingen, il quale ha una struttura particolare<br />

e contiene soltanto i capp. lO e Il della CCI.<br />

- 195-


capitolo manca però alla fine dell'Ex. Parvum quando è seguito non<br />

dalla CCI ma dalla Bolla di Callisto II e dalla CC 2 • La tabella seguente<br />

permette di vedere meglio la succesione dei documenti:<br />

Ms. Ex. Parvum CC1 Bolla CC'2Inst.Cap.Gen.<br />

cc. 1-17 c. 18 = c.12 = c.18<br />

De abbatiis della CC] dell'Ex. P.<br />

Tipo I 1 2 3 4 5<br />

Tipo II 1 manca manca 2 3 4<br />

Il fatto curioso è dunque il seguente: la bolla di Callisto II nel<br />

tipo II dei manoscritti appare come numero 18 del documento. Ma<br />

nel manoscritto di Zurigo il capitolo de abbatiis ha il numero 17 (187),<br />

così che anche là la bolla, anzi tutta la CCI colla bolla costituisce praticamente<br />

il numero 18. Ora la formula « ut pitantiae ... capituli » è<br />

il titolo nel n. 19 degli Instituta Capitali Generalis. La spiegazione<br />

più semplice dell'errore del copista ci sembra la seguente: il copista<br />

dopo aver trascritto i primi diciotto numeri, invece di cominciare dal<br />

numero 1 degli I nstituta Capituli Generalis, è passato al numero 19<br />

di questi il quale ha il titolo: «Dt pitantiae... capituli ». In altre<br />

parole: il fatto che il titolo « Ut pitantiae... capituli » porti il<br />

numero 19 lascia supporre come si sia arrivati all'errore (188). E una<br />

volta fatta la confusione, tutta una famiglia di manoscritti è stata<br />

contaminata.<br />

Vediamo ora la «sottoscrizione lunga» nei sei manoscritti descritti<br />

da Lefèvre. I sei manoscritti si dividono chiaramente in tre<br />

gruppi: il primo è costituito dal Ms. Caro C. 175 di Zurigo, il quale<br />

contiene la CCt;il secondo da due manoscritti inglesi; il terzo da tre<br />

manoscritti austriaci.<br />

a) Il ms. Caro C. 175 della Biblioteca Centrale di Zurigo<br />

Poichè il ms. non dà nessun numero agli Instituta monachorum cisterciensium<br />

de Molismo venientium che costituisce in tutti manoscritti<br />

ed edizioni il capitolo 15 dell'Ex. Parvum, il capitolo De abbatiis di-<br />

(187) J. B. VANDAMME, Documenta ..., Westmalle 1959, 21.<br />

(188) Questa ipotesi ci sembra la più semplice spiegazione del fatto. Purtroppo nessuno<br />

dei manoscritti colla « sottoscrizione lunga» conosciuta oggi contiene gli Instituta<br />

Cap. Gen.: per cui questa ipotesi non può essere comprovata.<br />

- 196-


venta capitolo 17. La CCI cosntuìsce il capitolo o numero 18 - da<br />

notare che la bolla di Callisto II, di nuovo per un errore, diventa<br />

capitolo 11 anziché 12 della CCI - ed alla fine c'è la « sottoscrizione<br />

lunga », che è il titolo del numero 19 degli Instituta Capituli Generalis.<br />

Che la numerazione continua dei documenti fosse in uso, si vede<br />

chiaramente per es. nel caso nel ms. 88 di Tarragona, nel quale la<br />

CCI dopo i 18 numeri dell' Ex Parvum riceve il numero 19 (189)<br />

Certamente non era il copista del ms. di Zurigo il primo ad introdurre<br />

la « sottoscrizione lunga », poiché questo codice non contiene<br />

gli Instituta Cap. Gen., ma le « Consuetudines quae servantur in domo<br />

Cisterciensi matre Ordinis »(190). L'errore si trovava dunque già nel<br />

ms. trascritto da colui che copiò il ms. di Zurigo.<br />

b)I mss. Londra, British Mus. Addit. 18148 e Manchester, Rylands<br />

Libr. lat. 319<br />

Questi due manoscritti si possono trattare insieme: manca in ambedue<br />

il capitolo de abbatiis, la bolla di Callisto II constituisce il numero<br />

18, e la firma del papa è seguita dal testo seguente:<br />

« Ego Calixtus catholice ecclesie episcopus confìrmavi ut pitancie<br />

non administrentur in refectorio apud Cistercium tempo re generalis<br />

capituli. Nos abbates illo tempore decem, sicut solemus Cistercium<br />

post annum venientes, rogabamus domnum Stepbanum et fratres, ne<br />

nobis in refectorio solite pitantie post duo pulmenta regularia presentarentur<br />

quia et in refectorio in distributione harum re rum videbatur<br />

esse quedam inquietudo fratrum et in mora illa diminutio dormitionis<br />

fratrum. Tuncque abbate illo et fratribus consentientibus stabilivimus<br />

ne ista nobis illo tempore amplius fierent » (191).<br />

Qui abbiamo non soltanto il titolo, ma anche il testo del numero<br />

19 degli I nstituta Cap. Cen.! Perciò qui l'errore è ancora più chiaro,<br />

tanto che anche nel ms. di Londra il testo « ut pitantie ... fìerent» è<br />

stato poi barrato.<br />

c) I mss. Heiligenkreuz 131, Lilienfeld 108 e Zwettl 141<br />

I manoscritti sono della medesima famiglia, ma non sono «tipI<br />

puri» per quanto alla successione dei documenti. Sono anche tardivi, e<br />

contengono la CC 2 •<br />

(189) Vedi Dos textos màs de la Carta Caritatis Prior: Poblet 2(1949)59.<br />

(190) Cf. B. GRIESSER, Consuetudines Domus Cisterciensis, Analecta S. O. Cisto<br />

3(1947) 138-146.<br />

(191) LEFÈVRE 16, 111.<br />

- 197-


Dopo i 17 numeri dell'Ex. Parvum (manca dunque il caput de<br />

abbatiis) segue la bolla di Callisto II, seguita a sua volta dalla CC 2<br />

•<br />

Anche qui ci fa pensare il fatto che dopo la bolla, la quale diventa<br />

numero 18 dell'Ex. Parvum, viene il titolo del num. 19 degli Instituta<br />

Cap. Ceno<br />

Notiamo ancora che Lefèvre ha tentato di dare anche una edizione<br />

critica della bolla di Callisto II. Purtroppo l'edizione non può soddisfare<br />

poiché contiene numerosi errori di trascrizione (192). La sottoscrizione<br />

nella sua edizione è breve, nonostante la sua ipotesi dell'autenticità<br />

della « sottoscrizione lunga ». Cosi per il testo completo bisognerà<br />

ricorrere ancora all'edizione Nomasticon Cisterciense (193),<br />

poiché il testo nelle edizioni Mansi, Migne, ed anche nel Marilier<br />

contengono alcuni errori (194).<br />

Siamo giunti alla fine della nostra relazione. Speriamo di essere<br />

riusciti a rendere chiare, per quanto era possibile, le diverse tesi.<br />

Da quanto è stato detto appare evidente che la questione della datazione<br />

dei primi documenti storici dell'Ordine Cistercense presenta una<br />

problematica molto difficile. Ciò potrebbe dispiacere a qualcuno. Ad<br />

(192) Ecco l'elenco delle sviste di Lefèvre: LEFÈVRE 16, 142 S.<br />

linea loeo lege<br />

9 gratulernur congratulantes<br />

14 necessariis necessaria<br />

17 gratulantes congaudentes<br />

19 decrevimus decrevistis<br />

22 nostri nostre<br />

25 satisfaciat satisfacian t<br />

30 confirmavi confirmavi et subscripsi<br />

32 Datur Daturn<br />

32 Sede1oco Sedeloci<br />

33 diacono diaconi<br />

(193) H. SÉ]ALON,Nomastieon Cisterciense, Solcsmes 1892, 73 S.<br />

(194) MANSI 21, 190 et MIGNE, Patr. Lat. 163, 1147 contengono quattro errori:<br />

numerando le linee secondo l'edizione del Lefèvre:<br />

linea 5 loeo recta lege recte<br />

23 loco confirmationi et constitutioni lege confirmationi huie et constitutioni<br />

29 loco laieos professos lege laicos vel professos<br />

32 loeo Sodoloci lege Sedeloci<br />

J. MARILlER, Cbartes et documents concernant l'Abbaye de Citeaux (1098-1182), Bibliotheea<br />

Cisterciensis, 1, Roma 1961, 81 s contiene le sviste seguenti:<br />

(Numeriamo le linee dell'edizione del Marilier)<br />

linea 18 loco nostre lege ves tre<br />

19 loco perturbatione lege perturbatrix<br />

25 loeo diaconus lege diaconi<br />

198 -


altri la nostra potrà sembrare una questione vana: se per la retta<br />

interpretazione della CC l'abate di Citeaux e i quattro proto-abati prima<br />

della Rivoluzione francese non esitarono ad intentare processi<br />

l'uno contro gli altri per oltre cento anni, gli storici contemporanei<br />

vorranno forse, magari sotto un'altra forma, riprendere le antiche ostilità?<br />

Noi pensiamo invece che questa discussione sia molto utile, anzi<br />

necessaria, Essa ha portato, fino ad ora, al bilancio seguente:<br />

1) Il problema della datazione dei documenti più discussi non è<br />

ancora definitivamente risolto. La discussione perciò non ha raggiunto<br />

il fine che si era proposto.<br />

2) Dai contributi della discussione, che si è svolta fino ad ora,<br />

è confermato chiaramente che la CC e le istituzioni dell'Ordine Cistercense<br />

hanno subito una lunga evoluzione, che già oggi può essere<br />

descritta a grandi linee, anche se saranno possibili piccoli spostamenti<br />

a causa della datazione non ancora definitivamente risolta.<br />

3) La discussione, come già abbiamo detto, non ha completamente<br />

chiarito la storia dei primi decenni della CC, ma ha contribuito molto<br />

alla retta conoscenza della CC 2 , che per secoli era la sola conosciuta<br />

e sulla quale si era tanto discusso.<br />

4) L'indagine sulle origini dell'Ordine Cistercense ha ancora molto<br />

cammino da percorrere,' Ci sembra che sia giunto il tempo di preparare<br />

una edizione veramente critica dei documenti recensiti sulla<br />

base di tutti i manoscritti, e di pubblicare un particolareggiato commentario<br />

almeno sulla CC. Con ciò si farebbe un grande passo avanti<br />

nella storiografia degli inizi dell'Ordine Cistercense (195). In attesa<br />

di ciò sarebbe utile abbandonare le dispute inutili e sterili.<br />

P. POLICARPO ZAKAR<br />

Ordinario di Storia Ecclesiastica<br />

all'Ateneo «S. Anselmo» in Roma<br />

(l95) Anche il P. Van Damme sembra essere di questo avviso: «Nous sommes<br />

toujours conscients de n'avoir fait que du provisoire. En vue d'aboutir à des conclusions<br />

valables, on devra abandonner les disputes non fondées sur des textes critiquement<br />

établis, et souhaiter que l'édition de ccs textes ne se fasse plus attendre longtemps. Hic<br />

labor, hoc opus! »: J. B. VANDAMME,Les origines Cisterciennes, Citeaux 18 (1967) 265.<br />

- 199-


IL CAPITOLO GENERALE SPECIALE<br />

E LE MISSIONI CISTERCENSI<br />

In ambedue i « periodi» del capitolo generale speciale si è parlato<br />

delle nostre missioni con ampie informazioni, con qualificati interventi,<br />

tra l'interesse generale. Il dibattito fu coronato da proposte concrete<br />

ed intelligen ti.<br />

La relazione sulle Missioni al primo periodo del Cap. Gen. Speciale.<br />

Relatore ufficiale fu il P. Gilberto Barnabé, già missionario per<br />

lunghi anni nel Vietnam, ed ora Segretario del P. Abate Generale a<br />

Roma. Egli ha elaborato un'accurata trattazione dottrinale sulla scia dei<br />

decreti conciliari. Alla parte dottrinale è seguita una rapida sintesi storica<br />

dell'attività missionaria del nostro Ordine dalle origini ai giorni<br />

nostri. In particolare rilievo sono poste le prescrizioni del Capitolo Generale<br />

del 1925, che definì I'indole, il genere di vita e le attività missionarie<br />

compatibili con la vita monastica tradizionale (ne facemmo cenno<br />

con l'articolo pubblicato nel numero 2-3, 1969 di questa rivista).<br />

Giova far osservare fin d'ora che la concezione che insisteva nel limitare<br />

la vita monastica missionaria ad attività «intra-monasteriali» è<br />

stata superata sotto la spinta di inderogabili necessità locali. Anche in<br />

terra di missione si è quindi realizzato quel sano « pluralismo » già legittimamente<br />

riconosciuto dall'Ordine con l'esistenza in seno ad esso<br />

di Congregazioni dedite ad attività « extra-rnonasteriali ».<br />

Alla fine, il relatore condensò le idee esposte, in sette proposizioni<br />

da discutersi e, eventualmente, da approvarsi.<br />

Le Missioni del Brasile<br />

L'Abate Antonio Moser riferisce sulla sua rmssione di Jequitibà<br />

in Brasile. Egli sottolinea l'obbligo stretto di ogni cristiano (tanto più<br />

di ogni religioso) di aiutare i missionari e le missioni; auspica che il<br />

Capitolo Generale valga a sensibilizzare al problema tutti i membri<br />

dell'Ordine; suggerisce mezzi adatti: aiuti spirituali e materiali, promozione<br />

delle vocazioni missionarie, passaggio di qualche monaco da<br />

un monastero europeo ad un monastero in terra di missione, fondazione<br />

di nuovi monasteri in terra di missione, ecc.<br />

- 200-


Le missioni d'Ajrica<br />

Il P. Raffaele Scaccia ribadisce l'obbligo, la necessità, la responsabilità<br />

personale e collettiva di tutti i <strong>Cistercensi</strong> a vivere l'ansia missionaria<br />

della Chiesa; suggerisce nuove forme di apostolato missiona- .<br />

rio, anche a scapito di eventuali limitazioni della propria attività in<br />

patria. Conclude esponendo minutamente l'origine, lo sviluppo e l'attuale<br />

consistenza dell'opera monastico-missionaria di Etiopia. Quest'opera,<br />

ormai affidata per intero ai « <strong>Cistercensi</strong> Etiopici », fu istituita dal<br />

sacerdote etiopico Abbà Hailé Mariam Ghebre Amlak (1895-1934).<br />

che indossò l'abito cistercense nell'Abbazia di Casamari col nome di<br />

Don Felice Maria il 7 dicembre 1930. L'esempio di Don Felice fu seguito<br />

man mano da altri giovani e da altri sacerdoti etiopici. Ora la<br />

missione etiopica consta di tre monasteri che contribuiscono al movimento<br />

ecumenico tra i fratelli separati della Chiesa Ortodossa Etiopica.<br />

P. Raffaele Scaccia termina il suo intervento con un accenno al processo<br />

di beatificazione di Don Felice Maria Ghebre Amlak, pioniere cistercense<br />

in terra d'Africa (relazione pubblicata su questa rivista n. 2-3,<br />

1969).<br />

Le missioni del V iet-nam<br />

A questo punto, un intervento commuove i 73 padri capitolari:<br />

si leva a parlare il venerando Stefano Tran-ngoc-Hoàng, Abate di Chauson<br />

(Viet-nam del Sud), con una proposta «realistica anzi materialistica<br />

», come egli stesso afferma: seduta stante, ognuno offra e sottoscriva<br />

una data somma in favore delle opere missionarie di... Jequitibà<br />

del Brasile!<br />

Particolare interesse suscita l'intervento del P. Giovanni Vuongdinh-Lam<br />

dell'Abbazia di Phuoc-ly (Viet-nam del Sud), che prospetta<br />

l'utilità e, d'altra parte, la complessità di un incontro col mondo monastico<br />

buddista che ha un influsso vastissimo e spesso determinante<br />

nel suo paese e in altre regioni dell'Asia. Si riserva di parlare più difìusamente<br />

su questo argomento nel secondo periodo del Capitolo Gene<br />

rale Speciale, dopo il Congresso del Monachesimo Asiatico, indetto a<br />

Bangkok per il dicembre 1968.<br />

In attesa di riprendere la discussione sulle Missioni nel secondo<br />

periodo del Capitolo Generale Speciale, viene intanto votata ed approvata<br />

la seguente proposta: «I Monasteri che sono in terra di missione,<br />

secondo le intenzioni del Concilio pongano particolare impegno nell'adattare<br />

la propria vita liturgica alle tradizioni e all'indole delle varie<br />

- 201 -


egioni, sì che essa diventi un'abbondante sorgente di vita spirituale<br />

per i monaci e nello stesso tempo una testimonianza ed un esempio<br />

vivo nel mezzo dei vari popoli ».<br />

Discussione sulle Missioni al II periodo del Cap. Gen. Speciale<br />

Si riprende la discussione sulle Missioni nella sessione XXV del<br />

6 agosto 1969. Il relatore P. Gilberto Barnabé fa un breve riferimento<br />

a quanto detto durante il primo periodo del Capitolo. Quindi tratta con<br />

succinta esposizione le due « Istruzioni» emanate dalla Santa Sede il<br />

24 febbraio 1969: sono i primi documenti pontifici emanati per applicare<br />

i decreti del Concilio Vaticano II riguardanti le Missioni.<br />

La seconda Istruzione « Relazioni tra Vescovi locali e Istituti Missionari»<br />

è rivolta quasi esclusivamente ai Superiori. La prima riguarda<br />

un po' tutti, anche se è indirizzata ai Vescovi e alle varie Conferenze<br />

Episcopali. Contiene fra l'altro le modalità circa la raccolta, la destinazione<br />

e la distribuzione delle offerte. Esse vanno così distribuite: le<br />

libere offerte dei fedeli vanno devolute alle varie Opere Pontificie per<br />

le Missioni (Propagazione della Fede, Clero Indigeno, Santa Infanzia,<br />

Associazione Missionaria del Clero); le singole diocesi, in quanto tali,<br />

versano annualmente alla S. Congregazione per l'Evangelizzazione un<br />

contributo proporzionato ai propri redditi. Il relatore cita alcuni esempi:<br />

la conferenza episcopale austriaca ha stabilito l'uno per cento; per le loro<br />

missioni e per il Terzo Mondo, i Protestanti di Germania hanno stabilito<br />

il due per cento nel 1969 e il cinque per cento negli anni successivi;<br />

]e conferenze di Teheran e di Beyruth del 1968 hanno chiesto<br />

alle nazioni più progredite l'uno per cento del reddito nazionale in<br />

favore dei paesi in via di sviluppo.<br />

Le Missioni nel Viet-nam<br />

Il relatore ripete in aula le parole che Paolo VI ha indirizzato ad<br />

una deputazione della Repubblica Viet-namita il 22 marzo 1969: «Dolore<br />

per la continuazione di una guerra così disastrosa; ammirazione per<br />

la fortezza d'animo del popolo Viet-namita ».<br />

Conferma che ancora nessuna notizia si ha dei nostri confratelli<br />

del monastero di Chau-son del Nord; informa il capitolo che dalla<br />

Pasqua alla fine di luglio 1969, per ben cinque volte, sempre di notte,<br />

i militari del fronte nazionale, armati, un centinaio per volta, son penetrati<br />

nel monastero di Chau-son del Sud, hanno svegliato i monaci di soprassalto,<br />

li hanno riuniti in una sala per lunghe ore di indottrina-<br />

- 202-


mento, e prima dell'alba sono partiti portando con sè grossi quantitativi<br />

di riso: otto quintali il 22 luglio! Se tali visite torneranno a ripetersi,<br />

egli pensa che sarà in pericolo la vita stessa del monastero,<br />

anche se i monaci sono decisi a rimanere sul posto pur con la prospettiva<br />

di una estrema miseria.<br />

Il relatore ricorda che nel monastero di Castagnier (Francia) e<br />

tra le Bernardine di Esquermes (Spagna). vivono alcune monache vietnamite,<br />

e che la Priora Generale delle Bernardine di Esquermes si è<br />

recata nel Viet-nam per studiare la fondazione di un monastero di<br />

monache nella diocesi di Dalat, ha avuto incontri con quel vescovo, ma<br />

ha deciso di aspettare finché la bufera della guerra non si plachi.<br />

Quindi, padre Bernabé invita il capitolo ad approvare le proposte<br />

presentate, che sono una sintesi del decreto conciliare «Ad Gentes»<br />

Egli dubita che un organismo centrale, creato presso la curia generalizia<br />

in Roma, possa essere veramente utile ed efficace per lo sviluppo delle<br />

missioni cistercensi; preferisce che ampia libertà di iniziative sia lasciata<br />

alle singole congregazioni: sarà cosi applicato il «principio di sussidiarietà<br />

», e, quando ce ne fosse bisogno, la curia generalizia potrà intervenire<br />

per aiutare e spronare le iniziative delle congregazioni.<br />

L'intervento del P. Raffaele Scaccia di Casamari<br />

Il P. Raffaele Scaccia, nel suo intervento complementare intende<br />

insistere sulla importanza di qualche nuova fondazione in «terra di<br />

Missione », nel senso stretto della parola, cioè tra popoli non cristiani:<br />

tale fondazione deve essere aperta ad ogni forma di apostolato, anche<br />

esterno.<br />

Fa poi notare che l'obbligo fatto ai fedeli di versare le loro<br />

offerte direttamente alle Pontificie Opere Missionarie, e l'obbligo delle<br />

singole diocesi di versare un'aliquota del loro reddito alla Sacra Congregazione<br />

per l'Evangelizzazione, ha avuto, almeno in Italia, un effetto<br />

negativo per le nostre missioni: infatti i Vescovi e parroci meno<br />

volentieri concedono il permesso di tenere « giornate missionarie»; ne<br />

deriva quindi la necessità di cercare privati benefattori, amici e simpatizzanti<br />

del nostro Ordine e delle nostre Opere; ma soprattutto sarà<br />

necessario promuovere il cosiddetto «gemellaggio» tra monasteri europei<br />

e monasteri in terra di missione.<br />

Il P. Raffaele sottolinea l'erezione in Abbazia Nullius, con annesso<br />

territorio diocesano, del monastero cistercense di Claraval (Brasile), erezione<br />

voluta proprio dalla Gerarchia locale. Comunica al capitolo che<br />

- 203-


l'Abate del grande monastero ortodosso etiopico del Bizen (300 monaci)<br />

ha partecipato a diverse cerimonie monastiche della nostra missione<br />

di Asmara (Eritrea). Ricorda la visita a Casamari dei tre vescovi<br />

ortodossi che facevano parte della delegazione della Chiesa Copta<br />

d'Egitto, venuta a Roma per prendere in consegna la preziosa reliquia<br />

dell' Apostolo San Marco, donata da Paolo VI alla Chiesa di Alessandria<br />

d'Egitto.<br />

Pone poi l'accento sulla fondazione di monasteri di monache cistercensi<br />

in Etiopia; l'attesa in questo senso è molto viva, e buona la<br />

prospettiva per il futuro, specialmente riguardo alle «vocazioni ».<br />

Il P. Samuele Asghedom vicepriore del monastero di Asmara, riprende<br />

questo tema, attestando che altri Istituti di Suore hanno trovato numerose<br />

vocazioni; egli stesso aveva fatto una proposta in questo senso<br />

all'Abate di Mehererau. Conferma l'utilità di proseguire i contatti fra<br />

i nostri confratelli e i monaci ortodossi; fa presente che alcuni nostri<br />

confratelli di Asmara e di Mendidà provengono dalle file del monachesimo<br />

ortodosso.<br />

L'intervento dell'Abate Antonio Moser di [equitibà<br />

Rifacendosi a quanto disse nel primo periodo del Capitolo, torna<br />

ad insistere con forza e molto sentimento su due punti: l. tutto l'Ordine<br />

deve essere sensibilizzato al problema missionario e al senso di<br />

corresponsabilità; 2. il Capitolo Generale si pronunzi chiaramente ed<br />

apertamente circa la compatibilità della vita missionaria con la vita<br />

monastica cistercense.<br />

Egli, personalmente, pensa che la vita missionaria ben si concilia<br />

con le esigenze della vita monastica e viceversa. Infatti, continua l'Abate<br />

Moser, a) la comunità monastica è una famiglia, mentre il missionario<br />

che vive solo in un territorio immenso, con impegni gravosi, facilmente<br />

si scoraggia o perde addirittura la vocazione; b) una comunità<br />

monastica che vive la sua vita di rinunzia è una testimonianza di fede<br />

che colpisce anche i più semplici, è una testimonianza di amore di Dio<br />

(solenne celebrazione della liturgia, consacrazione della vita alla gloria<br />

di Dio) e del prossimo (carità fraterna irradiata all'esterno mediante<br />

le opere sociali); c) la comunità monastica è anche testimonianza di lavoro,<br />

onesto, intenso, disinteressato, che sprona gli animi indolenti;<br />

d) il monastero è garanzia di continuità ad ogni sana iniziativa.<br />

L'abate Moser passa quindi a ricordare le attività svolte dalla sua<br />

missione e il bisogno di aiuto. Anche egli propone una specie di « ge-<br />

- 204-


mellaggio» suggerendo norme concrete. Egli desidera che ogni comunità<br />

elabori un progetto a carattere continuativo in favore di una particolare<br />

attività missionaria.<br />

Schema definitivo<br />

Con l'intervento dell' Abate Moser, la discussione non si esaurì.<br />

Anzi, fu questa l'occasione di molti altri interventi, più brevi ma anche<br />

essi efficaci. Alla luce delle nuove idee manifestate in aula, lo schema<br />

presentato nel 1968 fu ripetutamente modificato. Si arrivò quindi alla<br />

stesura dello schema definitivo che fu approvato a larghissima maggioranza.<br />

Lo riproduciamo:<br />

Il Capitolo Generale Speciale fa sue le premure della Chiesa perché<br />

«comprende perfettamente che resta ancora da svolgere un'opera<br />

missionaria ingente» (Ad Gentes, 10); perciò invita tutti i monaci e le<br />

monache del nostro Ordine ad « un profondo rinnovamento interiore, affinché<br />

avendo una viva coscienza della propria responsabilità in ordine<br />

alla diffusione del Vangelo, prendano la loro parte nell'opera missionaria<br />

presso le genti» (Ad Gentes, 35).<br />

« Sarà questo rinnovamento spirituale a far salire spontaneamente<br />

preghiere ed opere di penitenza a Dio, perché fecondi con la sua<br />

grazia il lavoro dei missionari» (Ad gentes, 36) e fioriscano vocazioni<br />

missionarie.<br />

«I presbiteri, nella loro cura pastorale, desteranno sempre tra<br />

i loro fedeli il più vivo interesse per l'evangelizzazione del mondo, inculcando<br />

la necessità e l'onere di coltivare le vocazioni missionarie nei<br />

loro figli e figlie» (Ad Gentes, 39), di pregare per le missioni, di con<br />

tribuire con le elemosine «facendosi quasi mendicanti per il Cristo<br />

e per la salvezza delle anime» (Ad Gentes, 39).<br />

Perciò:<br />

1) Il Capitolo Generale Speciale riconosce che il lavoro mISSIOnario<br />

nei nostri monasteri è un impegno di grandissima importanza,<br />

incessantemente raccomandatoci dalla Chiesa, e compatibile con la vita<br />

monastica nella sua duplice forma, contemplativa ed attiva.<br />

2) Considera come impegno ed attività di tutto l'Ordine il lavoro<br />

missionario dei nostri monasteri di Etiopia, del Viet-nam, del Brasile<br />

e della Bolivia.<br />

- 205-


3) Desidera:<br />

a) che i nostri monasteri missionari, sia maschili che femminili,<br />

svolgano la loro vita religiosa in modo tale che convenga all'indole,<br />

alla mentalità, agli usi propri di quelle regioni e del monachesimo indigeno;<br />

b) che gli stessi monasteri pratichino nelle loro forme di vita<br />

l'insegnamento sociale della Chiesa;<br />

c) che contribuiscano, nei limiti del possibile, alla evangelizzazione<br />

dei popoli vicini, alla propagazione della fede; promuovano il<br />

progresso della società e lavorino a risolvere i più urgenti problemi<br />

sociali.<br />

4) Esorta:<br />

a) ad alimentare efficacemente lo spinto missionario nella formazione<br />

della nostra gioventù, secondo gli statuti e il carattere proprio<br />

dei singoli monasteri;<br />

b) a riflettere sulle eventuali nuove fondazioni in terra di missione,<br />

in modo che « nelle chiese di nuova costituzione si promuovano<br />

varie forme di vita religiosa» (Ad Gentes, 18), sia iniziando la vita<br />

contemplativa presso le nuove Chiese, sia estendendo l'operosità pastorale<br />

ed educativa, al fine di dilatare il regno di Dio tra le genti;<br />

c) a cercare le vie ed i mezzi per concretizzare in modo efficace<br />

con sussidi spirituali e materiali le attività missionarie dei monasteri<br />

cistercensi. Raccomanda insistentemente che ciascuna comunità abbia rapporti<br />

efficienti con una determinata opera missionaria da aiutare regolarmente<br />

in modo particolare.<br />

5) A tutti coloro che nel nostro Ordine hanno il dovere di compiere<br />

le « visite canoniche» raccomanda di domandare, in ogni monastero<br />

da loro « visitato », che cosa si faccia in concreto per le missioni:<br />

gli elementi così raccolti vengano inseriti nelle relazioni da presentare<br />

ai Capitoli delle congregazioni e dell'Ordine.<br />

- 206-<br />

P. RAFFAELE SCACCIA


Florilegio Cistercense<br />

1. L'AMICIZIA - COME COLTIVARLA<br />

Niente è più utile e più bello per la natura umana che l'amicizia.<br />

Essa è la mutua benevolenza di due persone, benevolenza fondata sulla<br />

virtù e accompagnata dalla comunicazione dei beni.<br />

Come è bello quando i cuori sono cosi uniti che ogni segreto dell'uno<br />

può passare con sicurezza nell'altro! Come è bello quando il tuo<br />

amico è tale che lo puoi rendere con sicurezza partecipe degli affari<br />

tuoi: quando il suo parlare ti tranquillizza, la sua sentenza ti rassicura,<br />

la sua ilarità ti rallegra e la sua vista ti reca piacere.<br />

Che c'è di più dolce che trovare un uomo al quale non temi<br />

di confessare le tue colpe? un uomo che incontrandoti ti aiuta?<br />

Esistono degli insetti che pungono senza essere avvertiti; ma<br />

il gonfiore che ne segue rende manifesta la loro puntura: cosi gli amici<br />

buoni fanno il bene nel nascondimento e di esso ci si accorge solo<br />

dopo averlo ricevuto.<br />

La vera amicizia non sussiste senza il reciproco amore: si deve<br />

tuttavia cercare con maggior cura di amare che di essere amati. Per questo<br />

la benevolenza si ritiene come fondamento e la corrispondenza come<br />

contrassegno dell'amicizia.<br />

La vera amicizia, confermata dall'unzione di Gesù Cristo, è<br />

quella che non si fonda sul proprio interesse, né sopra qualità naturali,<br />

ma sul timor di Dio e sullo studio dei divini precetti. Nel male<br />

non vi può essere soda amicizia. - Occorre molta prudenza nella<br />

scelta dell'amico, secondo il proverbio: prima di scegliere un amico<br />

bisogna studiarlo bene.<br />

Quattro sono le condizioni che devi cercare in colui col quale<br />

desideri stringere amicizia.<br />

Fedeltà. È necessaria perché sia onesto il fine della tua amicizia<br />

e non degeneri nel peccato.<br />

Discrezione. Occorre per conoscere il tuo dovere verso l'amico<br />

e per sapere che cosa tu possa chiedergli.<br />

Pazienza. È necessaria per poter disporre l'animo a sopportare<br />

qualunque incomodo per l'amico.<br />

Dopo aver conosciuto queste qualità nell'amico scelto, esamina<br />

come egli si è comportato con gli amici precedenti: di qui potrai facilmente<br />

comprendere quale sarà con te.<br />

- 207-


L'amico fedele, finché vive, è un tesoro da conservare con premurosa<br />

cura; quando muore è da piangere dirottamente.<br />

Beato chi ha trovato un amico che lo corregge negli sbagli, lo<br />

solleva nelle cadute, lo incoraggia nelle difficoltà: in tutta la terra non<br />

troverà un tesoro simile.<br />

Molti si dicono amici, ma quelli veri sono pochissimi. Sono rari<br />

coloro che amano gratuitamente. Chi cerca se stesso, chi si è proposto<br />

interessi materiali non è un vero amico: egli ti si mostrerà tale<br />

fino a quando gli gioverai. La vera amicizia è molto rara.<br />

Il medico quando cura un infermo molto caro, non risparmia<br />

né ferro né fuoco; così non devi dissimulare e nascondere niente verso<br />

l'amico bisognoso di correzione. La condiscendenza che fomenta il<br />

vizio è da condannare. L'ammonizione però deve essere segreta, soave,<br />

senza nessuna parola aspra.<br />

Rifletti lungamente prima di accogliere taluno per amico, e quando<br />

l'avrai accolto affidati a lui con tutto il cuore e parlagli con tanta franchezza<br />

come faresti con te stesso: dividi dunque con lui tutti i tuoi<br />

pensieri.<br />

Card. GIOVANNI BONA,Cistercense<br />

(Guida al Cielo, cap. XXVI)<br />

2. IL MISTICISMO DI SANTA ILDEGARDA<br />

Tra la mistica così feconda di azione morale e di attività sociale<br />

di S. Bernardo e quella meditativa e amante del sapere dei Vittorini<br />

viene a porsi, e si distingue per la sua singolarità, la mistica di<br />

Santa Ildegarda, nutrita intellettualmente, ma svolta nell'elemento sentimentale<br />

e fantastico (ricco di espressività, di slancio femminile e vivo<br />

soprattutto nelle visioni) che avverte in tutto l'universo i segni di una<br />

voce profonda il cui significato non è tanto intellettuale e morale quanto<br />

estetico: musicale e sinfonico.<br />

Non solo la vita della natura, ma la vita stessa dell'uomo è sinfonia<br />

(« anima hominis symphoniam in se habet et symphonizans est »),<br />

Il pianto dell'uomo è segno di una sinfonia incompiuta, sinfonia di<br />

nostalgia di esilio, eco della patria perduta. La ragione dell'universo<br />

è simile ad una tromba che invita dall'eternità, con soavissimo suono,<br />

le cose tutte al coro dell'osanna, le cose che hanno come l'uomo una<br />

loro personalità morale.<br />

- 208-


« Rationalitas » vuol essere questa interpretazione religiosa e simbolica<br />

di un mondo tutto canoro rispetto al quale l'uomo è microcosmo;<br />

l'acqua corrisponde all'abbandono divino, la terra all'abbandono<br />

dei beni carnali, l'aria alla fede viva, il fuoco allo Spirito Santo.<br />

L'elemento fantastico rappresenta nella santa la vita stessa individuale<br />

della trascendenza divina che le fa apparire tutto attraverso visioni e<br />

le dà modo di vivere in un'atmosfera lirica di sogno, ma limpida e tersa<br />

in cui ogni cosa sembra nascere non da un contatto esteriore, ma proprio<br />

dalla vita dell'anima che ascolta e vede essa stessa direttamente,<br />

senza bisogno dei sensi.<br />

La Santa che nutrì sempre profonda ammirazione per S. Bernardo<br />

ed ebbe tuttavia una vita di intensa attività in cui dovette anche<br />

lottare con i Benedettini, segna nella storia del misticismo femminile<br />

un'esperienza dell'assoluto che vorremmo dire, sembra svolgersi tutta<br />

su un motivo musicale, come nota il Buonaiuti, il quale aggiunge: «si<br />

direbbe che la funzione assolta nel misticismo di S. Bernardo dal contatto<br />

vivificante della esistenza associata, è assolta invece nella contemplazione<br />

di Ildegarda dal senso sinfonico della natura ». Ed effettivamente<br />

(osserva il Besse) « si riconosce nella scelta del simbolo e nella<br />

descrizione un'immagine germanica, portata, come la poesia epica desidera,<br />

al misticismo, al gigantesco e al terrificante ».<br />

(S. M. Besth, L'anima sympbonisans, Santa Ildegarda,<br />

I Filosofi, I mistici medievali. Garzanti 1944, pp. 63-65).<br />

3. COMPRENSIONE E MISERICORDIA NEL SUPERIORE *<br />

All' Abate Guido, il fratello Bernardo augura spirito di scienza e<br />

di pietà.<br />

Considerando il misero stato di quest'infelice, sento certo compassione,<br />

ma temo ch'essa sia inutile; e inutile mi sembra davvero questa<br />

mia compassione se, pur riuscendo almeno a me fruttuosa, egli però<br />

continuerà a giacersene nella sua miseria.<br />

(*) La Lettera LXX fu indirizzata a Guido, abate delle Tre Fontane, prima filiale<br />

di Chiaravalle, fondata nel 1118 nella diocesi di Chàlons (da non confondersi con<br />

l'omonima abbazia romana, divenuta cistercense il 25 ottobre 1140). Il primo abate delle<br />

Tre Fontane fu Rogerio, che mori nel 1127 e gli successe Guido, destinatario della<br />

presente. In questa lettera S. Bernardo gli ricorda quali sensi di misericordia deve nutrire<br />

un Superiore, e lo esorta a revocare una sentenza pronunziata contro un monaco trasgressore<br />

della Regola.<br />

- 209-


A dire il vero, non il mio personale interesse mi spinge alla misericordia.<br />

Fu il contatto con la sventura del prossimo e il dolore di<br />

questo fratello a infondermi compassione nel più profondo del mio essere.<br />

La compassione infatti è un sentimento che non vien dominato<br />

dalla volontà e neppure è soggetto alla ragione: nessuno la può destare<br />

in sé con un atto volontario. Invece è essa, con la sua irresistibile<br />

forza, che si impone alle anime sensibili, affinché compatiscano coloro<br />

che soffrono. In me la compassione ha tale potere, che se anche<br />

fosse peccato l'essere misericordioso, non potrei cessare di esserlo, per<br />

quanti sforzi io facessi. Certo, l'intelletto e la volontà possono frenare<br />

gli effetti di questo sentimento; ma riusciranno forse ad impedirli?<br />

Lungi da me coloro che mi dicono, per consolarmi, che se colui per il<br />

quale io prego non si converte, la mia orazione tornerà ugualmente a<br />

mio profitto. E fino a quando il trasgressore continua nel suo atteggiamento,<br />

non presto orecchio a coloro che, per tranquillizzarmi, mi citano<br />

quel. testo: «La giustizia del giusto ricadrà sopra il giusto»<br />

(Ezech. XVII, 20). No, non voglio essere consolato, finché vedrò<br />

un fratello nella desolazione. E quindi, figlio mio amatissimo, anche<br />

se la tua anima è dominata da tale sentimento, o piuttosto perché<br />

non ne possiedi altri pur sembrando ti che questo infelice, nelle sue<br />

uscite dal monastero e nelle sue rientrate, abbia sorpassato il numero<br />

stabilito dalla Regola, tuttavia, dal momento che egli la vede diversamente,<br />

tu devi ascoltare la sua umile difesa non solo con pazienza, ma<br />

anche di buon grado, nella speranza di trovare un qualche ragionevole<br />

pretesto per salvare un uomo la cui salute è disperata: la quale<br />

(come tu sai per esperienza al pari di me), se con difficoltà potrà ottenerla<br />

nel chiostro, gli riuscirà ben più ardua nel mondo. Riunisci, pertanto,<br />

tutti i tuoi religiosi a capitolo, e accondiscendi a rivedere tutte<br />

le decisioni che hai preso contro di lui, affinché questo tuo atto di<br />

umiltà possa guarire la sua ostinazione, senza ledere la Regola, e con<br />

tale mezzo ti riesca d'ammetterlo ancora una volta in comunità. Ti assicuro:<br />

tornando sulle tue decisioni e permettendo alla misericordia di<br />

trionfate sulla giustizia, non dispiacerai a Dio il quale è giusto, sì, ma<br />

anche misericordioso. Sta bene.<br />

- 210-<br />

(S. Bernardo, Ep. LXX)


La mortificazione<br />

Sermone del Reuerendissimo Abate Generale al Capitolo Generale 1969<br />

Mi sia lecita una premessa: al Capitolo Generale oso parlare<br />

della mortificazione per il solo motivo che io, più di tutti, ho<br />

bisogno di meditare sull'argomento ed anche perché non si è stabilito<br />

un altro oratore. Incitando con le mie più che modeste parole i miei<br />

confratelli alla virtù, nutro la speranza di poter fare anch'io un giorno<br />

dei progressi, seguendo il loro esempio.<br />

Frattanto però non è mia intenzione di predicare la mortificazione<br />

a Voi presenti o agli assenti, bensì di dare alcune idee che<br />

possano offrire utili suggerimenti alle deliberazioni dei Capitoli delle<br />

Congregazioni o delle Comunità.<br />

Ascoltiamo prima il monito del Motu proprio «Ecc1esiae<br />

sanctae » (Norme, n. 22): «I religiosi si esercitino più di tutti gli<br />

altri fedeli nelle opere di penitenza e mortificazione. Gli esercizi di penitenza<br />

propri dell'Istituto siano riveduti in quanto è necessario, così<br />

che, tenendo conto delle tradizioni sia dell'Oriente che dell'Occidente<br />

nonché delle odierne esigenze e condizioni, i fratelli possano veramente<br />

tradurli in pratica anche assumendo nuove forme tolte dall'odierno<br />

"modus vivendi "».<br />

Nella Costituzione « Poenitemini » il S. Padre incita tutti i fedeli<br />

a compiere opere di mortificazione. Tuttavia, dichiarando che le<br />

disposizioni e le consuetudini che gli Istituti religiosi possiedono al riguardo,<br />

non vengono modificate, Egli ci vuol fare comprendere che<br />

gli stessi devono seguire le loro leggi particolari; ciò è infatti la logica<br />

conseguenza del privilegio dell'esenzione che riguarda specialmente la<br />

disciplina interna.<br />

Obbedendo dunque ai desideri ed ai precetti della Chiesa, dobbiamo<br />

cercare zelantemente di realizzare i suoi postulati nel nostro modo<br />

di vivere, adeguandoci ai nostri tempi.<br />

Anzitutto dobbiamo ascoltare la voce del Signore che ci invita<br />

e ci chiama a seguirLo. Egli ci dice con insistenza: «Se uno vuol<br />

venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda ogni giorno la sua<br />

croce e mi segua» (Luca 9, 23), « e chi non porta la sua croce e non<br />

viene dietro me, non può essere mio discepolo» (Luca 14, 27).<br />

E di nuovo aggiunge: «In verità, in verità vi dico: se il granello<br />

di frumento caduto in terra non muore, resta infecondo; se invece muore,<br />

produce molto frutto» (Giov. 12. 24 s.).<br />

- 211-


Il Signore dunque ci mostra la via della mortificazione, che dobbiamo<br />

sopportare ogni giorno nella croce, per vivere la nuova vita e<br />

produrre frutto.<br />

Egli stesso ha suggellato la Sua dottrina con la propria morte,<br />

offrendo Se stesso al Padre per noi.<br />

Non è necessario un commentario a queste parole, né io oserei<br />

aggiungerlo alla Vostra presenza. Tutti siamo consacrati alla croce per<br />

la professione monastica, siamo consacrati ad assomigliare a Cristo,<br />

nostro Signore, attraverso l'obbedienza fino alla morte, noi che<br />

cerchiamo di vivere la nostra vita per suo amore.<br />

E sappiamo che non potremo giungere né alla eminente<br />

conoscenza di Gesù Cristo (cf. Filipp. 3, 8). né al. possesso di quella<br />

maggiore carità per cui Egli ci ha amato per primo, se non portando<br />

ogni giorno la nostra croce, già in un certo modo anticipata e sopportata<br />

nella croce del Signore, affinché, innestati alla similitudine<br />

della Sua morte, gradatamente siamo trasformati nella Sua immagine.<br />

Permettetemi di citare in questo nesso una pagina egregiamente<br />

scritta nella Dichiarazione dei principali elementi della vita cistercense<br />

N. 65 (Atti della Curia, n. 17, pago 29):<br />

"La vita del monaco dev'essere imitazione dell'umile Cristo. Facendo<br />

sincera penitenza dei nostri peccati e consci dei nostri limiti,<br />

anche se sostenuti ad un tempo dalla divina misericordia, dobbiamo<br />

cercare la gloria di Dio, non la nostra. Con questo spirito di umiltà<br />

dobbiamo accogliere serenamente le tribolazioni e le privazioni<br />

ed essere contenti anche di modesti mezzi di vita.<br />

La vita monastica può esistere solamente nel segno della croce.<br />

Infatti, seguendo la carità di Cristo, di cui nessuno può averne una<br />

maggiore, entriamo nella via della rinuncia e mortifichiamo le nostre<br />

membra per servire al Dio vivo. Come i suoi discepoli cosi Cristo ha<br />

chiamato anche noi a portare ogni giorno la croce ».<br />

Al numero seguente sono ricordati esempi concreti ed occasioni in<br />

cui dobbiamo seguire il Signore che porta la Sua croce.<br />

Poi (al nr. 67) il testo continua nel seguente modo: «Inoltre,<br />

come nel battesimo abbiamo promesso di contraddire e di rinunciare<br />

a Satana e a tutte le sue opere, cosi nella vita monastica vogliamo<br />

fuggire il mondo, in quanto è soggetto al demonio, i desideri degli occhi,<br />

la concupiscenza della carne e la superbia della vita. La fuga dal<br />

mondo consiste prima di tutto nell'interna separazione dal modo di<br />

pensare di questo mondo che non aspetta nulla oltre il sepolcro e che<br />

- 212-


nulla di più stima m questa vita che i divertimenti del corpo e dell'anima.<br />

La separazione esterna dal « mondo» - praticata in diversi gradi<br />

e in diversi modi dalle nostre comunità - è un segno ed un mezzo<br />

di questa rinuncia interna ».<br />

Ed ora vorrei ritornare alla dottrina del nostro S. Padre Bernardo<br />

che ho richiamato alla Vostra memoria nella prolusione di questa sessione.<br />

Chi meglio del Dottor mellifluo che troviamo rappresentato frequentissimamente<br />

con gli strumenti della passione del Signore, che<br />

conosciamo esimio amatore della croce di Cristo, di cui sappiamo che<br />

fu un Maestro istruito per opera divina nella via del Signore, chi potrebbe<br />

più equamente, - dico - chi potrebbe in modo a noi più<br />

adatto, più da vicino insegnarci nella nostra quotidiana vita cistercense<br />

a seguire Gesù Cristo che porta la sua Croce? Egli infatti ha<br />

esposto in modo descrittivo la sua dottrina nella stessa definizione<br />

dell'Ordine.<br />

Basta dunque enumerare ed ordinare ciò che il nostro S. Padre<br />

Bernardo dice nell'epistola 142 ai monaci di S. Maria delle Alpi.<br />

Poiché la mortificazione dev'essere più spirituale che materiale e<br />

non ci conviene tanto strappare i vestiti quanto i nostri cuori, dobbiamo<br />

accedere a Dio salendo la scala dell'umiltà. Perciò « il nostro Ordine »,<br />

secondo S. Bernardo, « è umiltà, è disprezzo, povertà volontaria, è obbedienza;<br />

l'Ordine è stare sotto un maestro, - egli dice - essere<br />

soggetti all'abate, alla regola, alla disciplina ». Ecco le opere d'umiltà e<br />

di abnegazione di se stessi. Alla natura non piace un tale discorso, ma<br />

questa è la via che conduce a Dio. E in questo modo il nostro Ordine<br />

può essere « pace e gaudio nello Spirito Santo ». E questa via dell'umiltà<br />

conduce alla carità, di cui S. Bernardo dice che « il nostro Ordine<br />

è soprattutto osservare la via più eccellente, cioè la carità ».<br />

Ma S. Bernardo raccomanda anche quelle opere di mortificazione<br />

che sebbene siano rivolte all'interiorità, richiedono anche la pratica<br />

esteriore. « Il nostro Ordine, dice, è dedicarsi al silenzio, esercitarsi nei<br />

digiuni, nelle veglie, nelle orazioni, nel lavoro manuale ».<br />

Sebbene, come appare dal testo già citato della lettera Apostolica<br />

« Ecclesiae Sanctae », si debbano rivedere gli esercizi di penitenza propri<br />

ai singoli Istituti, in quanto non tutte le opere che poterono compiersi<br />

al tempo di S. Bernardo convengono alla costituzione fisica<br />

dell'uomo moderno, esse conservano tuttavia il loro valore ascetico<br />

e spirituale.<br />

Anche oggi i digiuni e le astinenze sono i mezzi adatti alla disci-<br />

- 213-


plina religiosa, prefigurati e raccomandati in diversi modi nella vita<br />

dei Santi. Chi di noi non saprebbe che la temperanza della lingua e la<br />

virtù della taciturnità conservano anche oggi il loro pieno valore, non<br />

ostante la necessità di contatto e le esigenze della vita religiosa? E se<br />

delle vigilie notturne si dice che fanno il monaco, ciò ha un senso profondo<br />

perché, teste l'esperienza, le ore notturne e mattutine sono molto<br />

adatte alla meditazione e alla preghiera, perché dispongono i nostri<br />

cuori e le nostre menti ad un'unione più intima col Signore ed inducono<br />

all'amore della croce ed allo spirito di sacrificio. Il lavoro manuale<br />

invece fu dato all'uomo già dall'origine per precetto divino, come<br />

particolare opera di mortificazione. Alla caratterizzazione ispiratrice<br />

di S. Bernardo potremmo aggiungere anche altri consigli che raccomandano<br />

astinenza dalle passioni o dalle gioie anche lecite della vita<br />

moderna; essi sono tuttavia così noti che non abbisognano di speciale<br />

menzione.<br />

Per incrementare lo sprnto e l'esercizio della mortificazione il<br />

Capitolo Generale stabilisce quanto segue:<br />

1. I Capitoli di ogni Congregazione e l'Abate o il Priore conventuale<br />

col suo Capitolo devono tenere consiglio, e stabilire dinanzi a Dio<br />

come possano promuovere utilmente e convenientemente lo spirito di<br />

penitenza e di mortificazione fra i propri confratelli.<br />

2. Riguardo alle astinenze, ai digiuni e ad altre opere di abnegazione<br />

e continenza che esercitiamo per amore della Croce, ciascuna<br />

Congregazione o Comunità stabilisca ciò che conviene meglio al carattere<br />

proprio della sua vita.<br />

3. La lodevole consuetudine di parlare e tacere a tempo giusto<br />

che fu sempre l'esercizio proprio dei monaci e che ci è raccomandata<br />

con vigorosa energia dalla nostra Regola, pur rispettando le esigenze<br />

della vita sociale, dev'essere fedelmente mantenuta e regolata convenientemente<br />

dai Superiori.<br />

4. Secondo la tradizione dell'Ordine Cistercense, oltre la Quaresima<br />

che è dedicata in particolar modo all'esercizio della penitenza, anche<br />

l'Avvento e le Vigilie delle solennità della Beata Vergine Maria vengono<br />

considerati tempi di gioiosa attesa e di penitenza.<br />

5. Gli esercizi di mortificazione hanno però solo lo scopo di renderci<br />

più pronti e più solleciti nell'amore verso nostro Signore e i nostri<br />

fratelli.<br />

- 214-


I NOSTRI MONASTERI<br />

IL Monastero di Claraval nel Brasile<br />

(Minas Gerais)<br />

Sperduto, come uccello, in terre lontane rigogliose e sconfinate,<br />

leggo, commosso, le nitide pagine di «Notizie <strong>Cistercensi</strong>» giunte al<br />

terzo anno di vita.<br />

Come un padre accoglie con gioia il figlio dal quale si era dolorosamente<br />

separato, così ho accolto il plico postale che porta incisi i<br />

caratteri a me assai noti, e, soddisfatto, ho ammirato l'entusiasmo dei<br />

confratelli che con tanto ardore indagano il passato glorioso dell'Ordine,<br />

ravvivano la linfa vitale che è santo alimento per i monaci generati nel<br />

segno di Cistercio, e convinti della bontà del loro ideale narrano il<br />

fervore di vita che oggi palpita nei nostri monasteri.<br />

Invano si cerca nel Brasile la tradizione e la gloria monastica del<br />

passato. Eppure questo Paese giovane lanciato verso un futuro di belle<br />

speranze, questo paese ricco di tante risorse, questo Popolo pieno di<br />

fede e tanto esuberante già conosce ed ammira le costruzioni monastiche<br />

che da vari decenni vanno sorgendo in ogni Stato della Repubblica<br />

Brasiliana. Anche qui i monaci hanno saputo e potuto imprimere<br />

i segni del loro lavoro materiale, spirituale, culturale, sociale; anche qui<br />

pregando e lavorando i monaci hanno le premesse per essere, come lo<br />

furono in Europa, componenti vitali per l'affermazione della civiltà cristiana<br />

libera immortale.<br />

Giunto di recente in questo monastero una delle mie preoccupazioni<br />

è stata quella di fissare e organizzare l'elenco degli avvenimenti<br />

che in venti anni, partendo da zero, si sono succeduti durante la realizzazione<br />

di una opera alla quale inizialmente forse nessuno osava<br />

dar credito.<br />

Alcuni fatti erano appena annotati su fogli volanti, altri l'ho<br />

dovuti tirar fuori dalla memoria dei protagonisti che poi hanno confermato<br />

e sottoscritto.<br />

Il lettore tenga presente che fino al 1953 Claraval si chiamava<br />

Garimpo das Canoas.<br />

- 215-


PRINCIPALI AVVENIMENTI DAL 1950 AL 1970<br />

15 Aprile 1950<br />

Il Rev.mo Mons. José Maria Pereira, Prelato Domestico di Sua<br />

Santità Pio XII e Visitatore Diocesano di Guaxupé, giunge a Garimpo<br />

das Canoas. Mons. Pereira tiene un corso di predicazione per preparare<br />

il popolo al ricevimento dei primi monaci cistercensi che devono giungere<br />

dall'Italia per fondare un monastero nella diocesi di Guaxupé.<br />

29 Aprile 1950 - Festa di San Roberto<br />

Giungono a Garimpo das Canoas i primi monaci cistercensi della<br />

Congregazione di Casamari. Essi sono: D. Pietro Agostini, D. Giustino<br />

Tatangelo, D. Carmelo Recchia, Fr. Nivardo Buttarazzi. Li accompagna<br />

S. E. Rev.ma Mons. Hugo Bressane de Araujo, vescovo di Guaxupé,<br />

l'abate Don Alfonso Heun, e i priori dei monasteri cistercensi di Itaporanga<br />

e di San José do Rio Pardo.<br />

Sono accolti da una grande moltitudine di popolo accorso anche<br />

dalle vicine città di Franca e di Ibirad. Il Dott. Tufy Jorge, nativo di<br />

Garimpo e Direttore del periodico « Francano» rivolge loro la parola<br />

e ringrazia S.E. Rev.ma per il dono che fa alla popolazione di Garimpo<br />

affidandola alle cure spirituali di monaci cistercensi italiani.<br />

Il ricevimento si conclude con il canto del «Te Deurn » nella<br />

chiesa parrocchiale.<br />

30 Aprile 1950<br />

Alle 1OilRev.mo P. Abate Don Alfonso Heun celebra la messa pontificale<br />

avendo come assistente il Rev.mo Mons. José Maria Pereira, come<br />

diacono e suddiacono i priori di Itaporanga e di San José do Rio Pardo.<br />

Dopo la santa messa S.E. il Vescovo Diocesano procede alla benedizione<br />

del Monastero dedicato allo Spirito Santo, della clausura papale<br />

limitata ad alcuni locali della casa parrocchiale, e ne dà le consegne<br />

al priore D. Pietro Agostini il quale per la prima volta si rivolge<br />

alle autorità ed alla popolazione parlando in portoghese.<br />

Alle ore 17 si svolge una solenne processione in onore dello Spirito<br />

Santo e di San Sebastiano.<br />

Il periodico « Francano» di Franca esce in edizione speciale presentando<br />

l'opera del Vescovo Diocesano e dei Monaci <strong>Cistercensi</strong>.<br />

- 216-


Prima della cena vari oratori si susseguono per salutare i nuovi<br />

monaci arrivati che hanno lasciato la loro patria con l'unico ideale di<br />

diffondere il Regno di Cristo. Spesse volte si fa il nome dell'Abate D.<br />

Nivardo Buttarazzi, Preside della Congregazione di Casamari, il quale<br />

in un gesto apostolico ha inviato i suoi monaci a Garimpo das Canoas<br />

per far germogliare l'Ordine Cistercense nella sperduta regione a sud<br />

di Minas Gerais.<br />

6 Luglio 1950<br />

Sua Ecc. Rev.ma, Don Hugo Bressane de Araujo, invia al priore<br />

D. Pietro Agostini il Decreto Episcopale e il Decreto della Sacra Congregazione<br />

del Concilio con i quali la parrocchia di Garimpo das Canoas<br />

viene affidata alla Congregazione Cistercense di Casamari.<br />

6 Agosto 1950<br />

I monaci promuovono la riunione di varie persone tra le quali<br />

viene costituita una commissione con lo scopo di reperire i fondi necessari<br />

per la costruzione di una nuova chiesa parrocchiale e del monastero.<br />

La chiesa attuale non può essere riparata; i monaci devono provvedere<br />

alla costruzione di un monastero che dia loro la possibilità di<br />

svolgere la vita monastica secondo le tradizioni dell'Ordine.<br />

16 Agosto 1950<br />

Il vescovo diocesano di Guaxupé approva la costituzione della<br />

Commissione autorizzandola a raccogliere i fondi necessari per la costruzione<br />

della chiesa e del monastero; con la sua autorevole parola<br />

egli stesso si fa promotore per la realizzazione del progetto.<br />

3 Settembre 1950<br />

Nella casa parrocchiale e sotto la presidenza del priore D. Pietro<br />

Agostini si riunisce la Commissione; la parrocchia viene suddivisa in<br />

diverse zone. A ciascun membro viene affidata una zona entro la quale<br />

dovrà raccogliere donativi ed offerte per la costruzione della chiesa<br />

e del monastero.<br />

28 Aprile 1951<br />

Sua Ecc. Rev.ma Don Hugo Bressane da Araujo, vescovo di Guaxupé<br />

giunge a Garimpo das Canoas per fare la visita pastorale. Alle ore<br />

- 217-


19 tra le acclamazioni del popolo, S. E. si dirige alla chiesa parrocchiale<br />

dove vengono celebrate le cerimonie prescritte dal Rituale. Durante la<br />

allocuzione, S. E. manifesta la propria felicità per la presenza di tre<br />

sacerdoti dell'Ordine Cistercense i quali, oltre al lavoro pastorale quotidiano,<br />

si vanno adoperando instancabilmente per consolidare e svi-luppare<br />

questa fondazione.<br />

29 Aprile 1951<br />

Alle ore 17, S.E. Rev.ma Don Hugo Bressane de Araujo, sul poggio<br />

della Croce che sovrasta la città di Garimpo, benedice solennemente<br />

la pietra fondamentale della nuova chiesa parrocchiale e del monastero.<br />

Entro la pietra fondamentale è inserita la seguente pergamena:<br />

«Il giorno 29 del mese di Aprile, festa di San Roberto fondatore<br />

e primo abate dell'Ordine Cistercense, nell'anno del Signore 1951,<br />

in questa parrocchia dello Spirito Santo in Garimpo das Canoas, diocesi<br />

di Guaxupé, municipio di Ibiracì, Stato di Minas Gerais (Brasile,)<br />

essendo Romano Pontefice il Papa Pio XII, Vescovo della Diocesi Don<br />

Hugo Bressane de Araujo, Abate Generale dell'Ordine Cistercense Don<br />

Matteo Quatember, Abate Preside della Congregiazione di Casamari<br />

in Italia Don Nivardo Buttarazzi, Parroco della parrocchia e Priore del<br />

primo monastero cistercense in Minas Gerais Dom Pietro Agostini,<br />

Presidente della Repubblica degli Stati Uniti del Brasile l'Ec.mo Sr.<br />

Dr. Getulio Dornelas Vargas, Governatore dello Stato di Minas Gerais<br />

l'Ec.mo Sr. Dr. Juscelino Kubitschek de Oliveira, Prefetto del Municipio<br />

l'Ill.mo Sr. José Temòteo de Andrade, e Viceprefetto municipale<br />

l'Ill.mo Sr. Mario Placido Cintra, presenti l'Ec.mo e Rev.mo Vescovo<br />

della Diocesi Dom Hugo Bressane de Araujo, l'Ec.mo e Rev.mo Mons.<br />

José Maria Pereira Prelato Domestico di Sua Santità, i monaci della<br />

prima comunità monastica: Dom Pietro Agostini priore e parroco della<br />

parrocchia, Dom Giustino Tatangelo e Dom Carmelo Recchia vigariicooperadori<br />

e Fr. Nivardo Buttarazzi, l'illustre Commissione delle Opere<br />

<strong>Cistercensi</strong> e l'ingegnere che le dirige Ill.mo Sr. Dr. Paolo Rocha de<br />

Freitas, l'architetto che eseguirà il progetto Ill.mo Dr. Geraldo Foroni,<br />

le Autorità ecclesiastiche e civili di Ibiracì e di Franca, e una grande<br />

moltitudine di popolo del luogo e delle località vicine degli Stati di<br />

Minas e di San Paolo, alle ore 17 si procedette alla benedizione ed alla<br />

collocazione della prima pietra della nuova chiesa parrocchiale che sarà<br />

costruita sotto gli auspici e le benedizioni di Nostra Signora dello Spirito<br />

Santo. Per eterna memoria fu redatto questo documento che fu<br />

sottoscritto da tutte le autorità ecclesiastiche e civili e da molte altre<br />

- 218-


persone presenti. Fu scritto da me, José Amando de Almeida, Segretario<br />

designato per questo fine ».<br />

Tutta la cerimonia fu filmata dal Sr. Orlando Meloni per iniziativa<br />

del Sr. Agostino Alves Taveira.<br />

Il corrispondente della stampa diocesana di Guaxupé pubblicò<br />

quanto segue: «Dire 28 e 29 Aprile, e dire giornate indimenticabili<br />

per Garimpo das Canoas, è come dire la stessa cosa. Mai questa città<br />

visse giorni tanto felici e allegri. Mai le sue vie furono contemporaneamente<br />

calcate da tanti piedi. In un solo giorno passarono tante auto<br />

sopra il ponte del fiume per trasportare illustri e distinti amici in questa<br />

cara terra. Tre grandi avvenimenti sono scritti con caratteri aurei: la<br />

venuta nella nostra terra del Sr. Vescovo Diocesano nostro amato Padre<br />

e pastore, il primo anniversario della venuta dei Padri <strong>Cistercensi</strong>, la<br />

benedizione della prima pietra della nuova chiesa parrocchiale».<br />

30 Aprile 1951<br />

Dopo aver partecipato alla processione delle Rogazioni, S.E.<br />

Rev.ma celebra la santa messa. Alle ore 9,30, festeggiato dalla popolazione,<br />

lascia Garimpo dirigendosi verso Guaxupé. Prima di partire<br />

scrive nel1ibro parrocchiale: «Furono giornate di grande consolazione<br />

per il nostro cuore vedendo con quanto zelo i Padri <strong>Cistercensi</strong> dirigono<br />

queste buone anime. E una grazia immensa del cielo la venuta dei Figli<br />

del glorioso San Bernardo in questa zona. Misericordia Domini in<br />

aeternum cantabo! Iddio incoraggi, conforti e benedica religiosi tanto<br />

santi ».<br />

20 Agosto 1951<br />

San Bernardo, abate di Clairvaux e Dottore della Chiesa, è proclamato<br />

protettore di Garimpo das Canoas.<br />

13 Marzo 1952<br />

È acquistato un camion «Chevrolet Gigante» che dovrà servire<br />

per il trasporto di materiali per la costruzione della chiesa e del monastero.<br />

18 Ottobre 1952<br />

L'Ec.mo e Rev.mo Fr. Inàcio joào Dal Monte, che dal 21 maggio<br />

è stato nominato vescovo di Guaxupé, fa la sua prima visita pastorale<br />

nella parrocchia di Garimpo. Al termine della visita cosi scrive nel libro<br />

- 219-


parrocchiale: «La chiesa parrocchiale è molto vecchia ed è necessario<br />

costruirne una nuova. Per questo i buoni PP. <strong>Cistercensi</strong> già hanno dato<br />

inizio a quella nuova che sarà grande e bella ».<br />

In questa circostanza S.E. Rev.rna designò Don Giustino Tatangelo<br />

come pro-vicario nella parrocchia di Nostra Senhora das Dòres in Ibiracì.<br />

20 e 23 Agosto 1953<br />

Sono organizzate particolari celebrazioni per commemorare l'Ottavo<br />

centenario della morte di San Bernardo. Il Rev.mo Don Atanasio<br />

Merkle, abate del monastero cistercense di I taporanga , celebra la messa<br />

pontificale. I canti sono eseguiti dal coro dei Fratelli Maristi del Collegio<br />

Champagnat di Franca; la banda musicale composta dagli alunni<br />

dello stesso collegio contribuisce a rendere più lieta la conclusione dei<br />

fes teggiamen ti.<br />

Il popolo approva con giubilo le proposte fatte dal priore D. Pietro<br />

Agostini: emancipare il distretto di Garimpo dal municipio di Ibiracì<br />

rendendolo municipio autonomo, e chiamare il nuovo municipio col<br />

nome di Claraval in omaggio alla famosa abbazia di Clairvaux della<br />

quale San Bernardo fu primo abate. A questo scopo è costituita una<br />

commissione formata dai signori Joaquim Cintra, Antonio Saad, Jorge<br />

Ibrahim Saad, Benjamim Salomào, Mario Placido Cintra, Augusto de<br />

Castro. Più volte lo stesso P. Priore si reca con la Commissione presso<br />

le autorità statali di Belo-Horizonte per ottenere l'emancipazione da<br />

lui proposta.<br />

17 Gennaio 1954<br />

La felice idea di emancipazione di Garimpo das Canoas da Ibiraci<br />

e della denominazione di Claraval, patrocinata dal deputato Sr. Dr.<br />

Augusto Batista de Figuiredo e accolta benevolmente dall'emerito Governatore<br />

di Minas Gerais Sr. Dr. Juscelino Kubitschek, è una realtà.<br />

Alle ore 14,30 lo stesso deputato Augusto Batista de Figuriedo,<br />

dopo l'esecuzione dell'inno nazionale, procede alla proclamazione del<br />

nuovo municipio: il nome di Garimpo das Canoas viene cancellato<br />

dai documenti e dalle carte geografiche del Brasile e viene sostituito<br />

per sempre con quello di Claraval.<br />

29 Gennaio 1954<br />

Giunge dall'Italia Don Remigio Facecchia. L'Abate Preside della<br />

Congregazione di Casamari lo ha inviato non solo per aiutare le attività<br />

- 220-


pastorali nella parrocchia, ma anche per dare alla piccola comunità di<br />

Claraval la possibilità di organizzarsi sempre di più secondo le norme<br />

della disciplina monastica.<br />

25 Febbraio 1954<br />

La stampa locale continua a mettere in rilievo l'importanza della<br />

creazione del nuovo municipio di Claraval. Da San Paolo il Sr. Dr. E. F.<br />

Muriel scrive:<br />

«Claraval és Burgo, és pequenina,<br />

plantada em solo da velha Minas;<br />

vermelha e fecunda. Das Serras aos Gerais.<br />

Apòs a florada, curvam os frutos os cafezais!<br />

Eis que Piratinga antes pequenina,<br />

por ser grande, hoje se engagnalou!<br />

Tu Claraval: Nao duvides!<br />

Teus guias, dar te-ào esplendor!<br />

20 Ottobre 1954<br />

La comunità e la popolazione di Claraval festeggiano solennemente<br />

il 25° anniversario di ordinazione sacerdotale del priore e parroco<br />

D. Pietro Agostini. La festa è stata preceduta da un triduo eucaristico<br />

predicato dal Rev.mo Mons. José Maria Matias da Silva, parroco di<br />

Areado.<br />

Alle ore 10,30 il Rev.do priore e parroco D. Pietro Agostini ha celebrato<br />

la messa solenne. Dopo il vangelo, il Rev.mo Mons. Herminio<br />

Malzoni, ha tenuto il discorso di circostanza portando particolari saluti<br />

ed auguri da parte del vescovo di Guaxupé.<br />

Alle ore 17, dopo la santa messa celebrata dal Vicario Generale<br />

della Diocesi, Mons. Herminio Malzoni si è svolta una solenne processione<br />

eucaristica per le vie della città; la processione si è conclusa<br />

con il canto del « Te Deum» nella chiesa parrocchiale.<br />

Oltre a Mons. José Maria Matias da Silva e a Mons. Herminio<br />

Malzoni in rappresentanza del vescovo di Guaxupé, hanno partecipato<br />

al1a celebrazione due Padri Agostiniani di Franca, tre monaci cistercensi<br />

del monastero di San José do Rio Pardo, il Rev.mo Mons. José<br />

de Olivera Campos, il Padre Teodoro Fernandes di Ibiracì, Mons.<br />

José Ornelas, tre Fratelli Gabrielisti di Cassia, il Padre José Vich, e<br />

Mons. Jeronimo Madureira Mancini di San Sebastiào do Paraiso.<br />

- 221-


lO Novembre 1954<br />

Giunge dall'Italia il Rev.mo Don Nivardo Buttarazzi, Abate Preside<br />

della Congregazione di Casamari, per compiere la visita regolare.<br />

Rimane compiaciuto per i lavori di costruzione della nuova chiesa parrocchiale<br />

e del monastero. Nel ringraziare il popolo che con tanta liberalità<br />

contribuisce alla esecuzione dei lavori di costruzione, promette<br />

che invierà altri monaci per lo sviluppo della fondazione monastica<br />

della Congregazione di Casamari nel Brasile.<br />

3 Marzo 1955<br />

Il Rev.do P. Priore D. Pietro Agostini e Don Carmelo Recchia<br />

si recano in Italia per visitare i confratelli e i parenti.<br />

20 Giugno 1955<br />

Inizia una settimana di predicazione in preparazione al .Primo<br />

Congresso Eucaristico Diocesano e al 36


Don Silvio Capobianco diplomato nell'Istituto Gualandi di Roma per<br />

la riabilitazione dei sordomuti.<br />

24 Agosto 1957<br />

Nella città di Franca si inaugura l'Istituto Donna Deodolinda. I<br />

coniugi Donna Deodolinda da Silva e Signor Pio Siverino da Silva,<br />

nativi di Franca avevano donato ai monaci di Claraval una vasta area<br />

con edificio allo scopo di farvi funzionare un Istituto per l'educazione<br />

dei sordomuti.<br />

Don Silvio Capobianco è incaricato per questo insegnamento.<br />

16 Luglio 1958<br />

La comunità che inizialmente si era sistemata nei locali della vecchia<br />

casa parrocchiale, si trasferisce negli appartamenti, già preparati,<br />

del nuovo monastero che sta sorgendo sul poggio della Croce.<br />

18 Gennaio 1959<br />

Don Carmelo Recchia è 'un monaco zelante e lavoratore instancabile.<br />

Le sue energie giovanili le sta adoperando senza concedersi riposo<br />

sia per la cura pastorale del popolo di Claraval sia per la costruzione<br />

della Chiesa e del monastero. Ma con altrettanto impegno egli lavora<br />

per dare assistenza alla popolazione della campagna che vive tanto<br />

lontano dal centro di Claraval. Col suo modo di fare semplice e quasi<br />

timoroso ma risoluto si è accattivata la benevolenza di tutti, ed ha<br />

ottenuto dal Sr. Delmiro Barbosa Cintra la donazione di un terreno<br />

per la costruzione di una cappella e di un edificio scolastico nella<br />

località «Portera da Pedra» che dista da Claraval venti chilometri.<br />

28 Febbraio 1960<br />

L'iniziativa di Don Carmelo è una realtà. Alle ore 14,30 si benedice<br />

solennemente l'edificio scolastico e la cappella in onore di San<br />

Giuseppe Operaio nella località di Portera da Pedra. Oltre ai numerosissimi<br />

abitanti dei casolari vicini, erano presenti le maestre: Dalva<br />

Contra e Celina de Freitas che hanno l'incarico di insegnare non solo<br />

le discipline scolastiche ma anche il catechismo.<br />

16 Novembre 1960<br />

L'Ec.mo e Rev.mo vescovo di Guaxupé, Fr. Inàcio joào Dal<br />

Monte, fa la seconda visita pastorale in Claraval. Si reca a visitare la<br />

- 223-


cappella e l'edificio scolastico in Portera da Pedra, e la frazione di<br />

« Paiolihno », che dista 15 chilometri da Claraval, dove sta sorgendo<br />

una cappella in onore di Nossa Senhora de Lourdes. Il vescovo rimane<br />

edificato per l'opera svolta dai monaci cistercensi che in dieci anni dalla<br />

loro venuta in questa zona della diocesi di Guaxupé si sono resi già<br />

tan to benemeriti.<br />

Il vescovo si augura che quanto prima i monaci, come è loro desiderio<br />

e programma, possano far funzionare una scuola apostolica per<br />

la formazione di monaci e di sacerdoti brasiliani.<br />

20 Dicembre 1960<br />

Don Silvio Capobianco torna definitivamente in Italia. L'Istituto<br />

Donna Deodolinda per il recupero dei sordomuti cessa la sua attività<br />

per mancanza di insegnanti qualificati.<br />

L'edificio è adibito come asilo per i ciechi in attesa che i monaci<br />

di Claraval lo trasformino in seminario.<br />

26 Giugno 1961<br />

Il Rev.do P. Priore D. Pietro Agostini, accompagnato da Don<br />

Agostino Caputi, si reca in Italia per partecipare al Capitolo Generale<br />

della Congregazione di Casamari.<br />

24 Settembre 1961<br />

La comunità di Claraval si rallegra e ringrazia il Signore per la<br />

conferma di Don Nivardo Buttarazzi nella carica di Abate di Casamari<br />

e Preside della Congregazione medesima.<br />

15 Giugno 1962<br />

Fr. Nivardo Buttarazzi torna definitivamente m Italia.<br />

28 Dicembre 1962<br />

Giungono dall'Italia Don Gabriele Panetta e Fr. Giuseppe Papetti<br />

come membri effettivi della comunità di Claraval.<br />

24 Febbraio 1963<br />

I monaci di Claraval, nella speranza di garantire una rendita fissa<br />

per il sostentamento della comunità e per lo sviluppo delle opere che<br />

- 224-


intendono creare, acquistano una fazenda in località « Sete Volte» nel<br />

municipio di Sacramento.<br />

15 Maggio 1966<br />

Anche la nuova chiesa parrocchiale, sebbene non del tutto rifinita,<br />

è pronta per potervi svolgere tutte le funzioni religiose. Era stato invitato<br />

il vescovo diocesano per la benedizione, ma, impossibilitato perché<br />

malato, S.E. Rev.ma aveva delegato il priore e parroco D. Pietro<br />

Agostini. La consacrazione della chiesa sarà effettuata in seguito al termine<br />

della costruzione di tutto il monastero.<br />

23 Ottobre 1966<br />

Lo zelo di Don Carmelo Recchia ottiene un nuovo successo. Alle<br />

ore lO si benedice e si colloca la prima pietra per la costruzione dell'edificio<br />

scolastico e della cappella in onore del « Sagrado Coraçào de<br />

Jesus » nella frazione di Andrades distante da Claraval venti chilometri.<br />

Il terreno è stato donato dal Sr. Atìlio Chierigato.<br />

15 Aprile 1967<br />

Altri due monaci: Don Silverio Vecchiarelli e Don Vittore Mailli,<br />

giungono dall'Italia. La comunità è ora abbastanza numerosa, ma<br />

è necessario prendere iniziative per procurare vocazioni brasiliane.<br />

6 Giugno 1967<br />

Alle ore Il,30 è stato inaugurato solennemente l'edificio .scolastico<br />

del «Sagrado Coraçào de J esus» nella frazione di Andrades.<br />

Dopo la celebrazione della santa messa, Don Carmelo Recchia ha tenuto<br />

un discorso ponendo in rilievo la necessità di procurare l'istruzione<br />

ai bambini e l'assistenza religiosa agli abitanti della frazione.<br />

Don Carmelo Recchia si reca temporaneamente in Italia per motivi<br />

di salute, per visitare i confratelli e parenti.<br />

1 Agosto 1967<br />

Il Rev.mo ed Ec.mo Vescovo di Gauxupé, Don José de Almeida<br />

Batista Pereira, fa la sua prima visita pastorale in Claraval. Si reca<br />

a visitare anche le cappelle di Portera da Pedra, di Piolihno e di<br />

Andrades.<br />

- 225-


2 febbraio 1968<br />

Dall'Italia giunge il Rev.mo Padre Abate Preside, Don Nivardo<br />

Buttarazzi per compiere la visita regolare. Comunica che ormai sono<br />

a buon punto le pratiche per erigere Claraval ad Abbazia Nullius;<br />

tanto la Santa Sede come la Curia Diocesana di Guaxupé avevano tenuto<br />

conto delle esigenze e delle caratteristiche derivanti dalle Costituzioni<br />

della Congregazione di Casamari.<br />

19 maggio 1968<br />

Il Rev.do P. Priore Don Pietro Agostini si reca in Italia dovendo<br />

partecipare al Capitolo Generale Speciale della Congregazione di Casamari.<br />

Con lui viaggia anche Fr. Giuseppe Papetti.<br />

29 Giugno 1968<br />

Avvenimento storico ed onorifico: il Santo Padre Paolo VI eleva<br />

la chiesa di Claraval ad Abbazia Nullius con territorio, separandola<br />

dalla diocesi di Guaxupé e rendendola suffraganea dell'arcidiocesi di<br />

Pouso Alegre (MG). La Costituzione Apostolica porta la data dell'Il<br />

maggio 1968. La nuova circoscrizione ecclesiastica abbraccerà i municipi<br />

di Claraval e di Ibirad per l'estensione di 816 chilometri quadrati<br />

e con circa 18.000 abitanti. L'Abbazia Nullius avrà carattere secolare,<br />

indipendente dal Monastero, ma il Prelato sarà lo stesso Superiore del<br />

Monastero di Claraval.<br />

18 Ottobre 1968<br />

L'Ec.rno e Rev.mo Vescovo di Luz (MG), Don Belchior Joaquim<br />

da Silva Neto C.M., conferisce ad un monaco di Claraval, Don Giustino<br />

Tatangelo, l'incarico di vigario nella parrocchia di Delfinopolis che appartiere<br />

alla diocesi di Luz.<br />

15 Novembre 1968<br />

Torna dall'Italia Don Carmelo Recchia. Oltre a trascorrere<br />

un periodo di riposo aveva partecipato alla prima parte del Capitolo<br />

Generale Speciale della Congregazione di Casamari come delegato della<br />

comunità di Claraval.<br />

16 Marzo 1969<br />

Si dà inizio solennemente alla Scuola Apostolica «San Bernardo<br />

». Don Vittore Mailli, che aveva avuto le relazioni necessarie con<br />

- 226-


i ragazzi e loro genitori, è il primo rettore di questo gruppo formato<br />

da ragazzi di Claraval, di Ibirad e di Franca.<br />

L'Ec.mo e Rev.mo Vescovo di Luz nomina i monaci sacerdoti di<br />

Claraval cooperatori per la parrocchia di Delfinopolis. Il provvedimento<br />

si è reso necessario perché i sacerdoti alternativamente si danno il<br />

cambio per il servizio religioso nelle parrocchie di Ibiracì, di Delfinopolis<br />

e nelle cappelle rurali in esse comprese, che si trovano a notevole<br />

distanza le une dalle altre.<br />

19 Agosto 1969<br />

Il priore e parroco D. Pietro Agostini, che ancora si trova in<br />

Italia per motivi di salute è nominato primo abate dell'Abbazia Nullius<br />

di Claraval.<br />

28 Settembre 1969<br />

I monaci di Claraval esortano i fedeli a unirsi spiritualmente<br />

alla solenne cerimonia della benedizione abbaziale di D. Pietro Agostini<br />

che si celebra nell'antica abbazia di Valvisciolo in Italia. La solenne benedizione<br />

è stata impartita dal Rev.mo Fr. Sighardo Kleiner, Abate<br />

Generale dell'Ordine Cistercense.<br />

14 Novembre 1969<br />

Giunge dall'Italia il Rev.mo Don Nivardo Buttarazzi, Abate<br />

Preside della Congregazione di Casamari, e il Rev.mo Don Gregorio<br />

Battista, Abate Procuratore Generale dell'Ordine Cistercense. Lo scopo<br />

della loro visita è di predisporre le cose necessarie per l'installazione<br />

canonica e per la presa di possesso della Abbazia di Claraval da parte<br />

del Rev.mo Don Pietro Agostini che già si trova in viaggio marittimo<br />

per tornare in Brasile.<br />

28 Novembre 1969<br />

L'Ec.mo e Rev.mo Arcivescovo Don Humberto Mozzoni, Nunzio<br />

Apostolico nel Brasile, nomina I'Ec.mo e Rev.mo Don José D'Angelo<br />

Neto, Arcivescovo di Pouso Alegre, esecutore della Costituzione Apostolica<br />

«Caelestis Urbis Visio» con la quale è stata costituita l'Abbazia<br />

Nullius di Clara val.<br />

- 227-


29 Novembre 1969<br />

La comunità di Claraval aumenta ancora per l'arrivo dall'Italia del<br />

monaco Don Filippo Agostini, Attualmente la comunità è formata da<br />

otto sacordoti, un fratello converso, e la Scuola Apostolica con ventitré<br />

alunni.<br />

30 Novembre 1969<br />

Il Rev.mo P. Abate Don Pietro Agostini con cerimonia solenne<br />

prende possesso dell'Abbazia Nullius di Claraval. Sono presenti: il<br />

Rev.mo Don José D'Angelo Neto, arcivescovo di Pouso Alegre; il<br />

Rev.mo Don José Alvares Macuar, vescovo titolare di Colybi; il Rev.mo<br />

Don Nivardo Buttarazzi, Abate Preside della Congregazione di Casamari;<br />

il Rev.mo Don Atanasio Merkle, abate del monastero cistercense<br />

di Itaporanga; il Rev.mo Don Roberto Fluck, abate del monastero<br />

cistercense di Itatinga; il Rev.mo Don Angelo Sabatini, abate del monastero<br />

olivetano di Sao Bento in Ribeirào Preto; il Rev.mo Don Gregorio<br />

Battista Abate Procuratore Generale dell'Ordine Cistercense;<br />

il Rev.do Jannes Baptista, parroco in Franca; il Rev.do Don Bonifacio<br />

Cicconofri, monaco cistercense del monastero di Sao José do Rio<br />

Pardo; il Rev.do Giovanni Battista Scotti, parroco della parrocchia di<br />

Santa Rita in Franca; il Sig. Geronimo Placido Bardosa, sindaco di<br />

Claraval; il Sig. joào Miaicci, Sindaco di Ibiracì, una grande folla di<br />

amici e parrocchiani accorsi da Claraval, da Ibiracì e da Franca.<br />

Il Rev.mo Padre Abate Preside di Casamari era andato a prelevare il<br />

Rev.mo Padre Abate Don Pietro che si era trattenuto nel monastero di<br />

Sào Bento di Ribeirào Preto. Sono giunti a Claraval alle ore 15, come era<br />

previsto, accolti da prolungati applausi e da fragorosi scoppi di mortaretti.<br />

Il sindaco di Claraval ha salutato il nuovo Abate a nome della<br />

popolazione congratulandosi anche per il suo ritorno in Brasile. Subito<br />

dopo si è svolta nell'interno della grande basilica la solenne cerimonia<br />

della presa di possesso. È stata letta la Costituzione Apostolica « Caelestis<br />

Urbis Visio » e il Decreto di nomina del primo abate Don Pietro<br />

Agostini. Quindi l'Arcivescovo di Pouso Alegre ha preso la parola<br />

ponendo in rilievo il significato storico della Costituzione Apostolica<br />

con la quale è stata eretta l'Abbazia Nullius di Claraval, e il lavoro<br />

dei monaci cistercensi che hanno meritato la fiducia del Santo Padre<br />

tanto da affidar loro la giurisdizione ecclesiastica di Claraval e di<br />

Ibiracì. Subito dopo ha preso la parola il nuovo Abate Don Pietro<br />

Agostini che ha ringraziato il Papa, l'Arcivescovo di Pouso Alegre, l'Abate<br />

Preside di Casamari, i confratelli dell'Ordine e in particolare quelli<br />

- 228-


Claraval del Brasile - La nuova abbazia sul Poggio della Croce


Claraval del Brasile - La Chiesa e il Campanile della nuova abbazia.


di Claraval che da venti anni continuano a lavorare con lui in questa<br />

porzione della Chiesa di Cristo. È seguito il canto del «Te Deum»<br />

e la santa messa concelebrata.<br />

8 Dicembre 1969<br />

Alle ore 1O il Rev.mo Don Pietro Agostini si reca a Ibirad per un<br />

primo contatto ufficiale con i parrocchiani di questa città. Dopo aver<br />

ricevu to gli omaggi da parte del sindaco e della popolazione, celebra la<br />

santa messa durante la quale si distribuiscono numerose comunioni.<br />

11 Dicembre 1969<br />

Dalla Curia abbaziale di Claraval vengono notificate le seguenti<br />

nomine: Dom Vittore Mailli, parroco di Claraval; Dom Giustino Tatangelo,<br />

parroco di Ibirad; Dom Gabriele Panetta Dom Agostino<br />

Caputi, Dom Carmelo Recchia, Dom Silverio Vecchiarelli cooperatori<br />

delle due parrocchie di Claraval e di Ibira.cì; Dom Filippo Agostini,<br />

Vicario Generale e Segretario dell' Abate. Poiché Dom Vittore Mailli<br />

è nominato parroco di Claraval, l'incarico di Rettore della Scuola Apostolica<br />

viene affidato a Dom Carmelo Recchia che avrà come coadiutore<br />

Dom Silverio Vecchiarelli.<br />

12 Dicembre 1969<br />

Il Rev.mo Padre Abate Dom Nivardo Buttarazzi e il Rev.mo Padre<br />

Abate Dom Gregorio Battista tornano in Italia.<br />

24 Dicembre 1969<br />

Alle ore 24 il Rev.mo Padre Abate Dom Pietro Agostini celebra<br />

la prima messa pontificale nella cattedrale di Claraval.<br />

31 Dicembre 1969<br />

Alle ore 24 il Rev.mo Padre Abate Dom Pietro Agostini celebra<br />

la messa solenne nella chiesa parrocchiale di Ibirad.<br />

3 Maggio 1970<br />

Per la prima volta il Rev.mo Padre Abate amministra la cresima<br />

nella cappella di Sào José Operario nella frazione di Portera da Pedra.<br />

- 229-


8 Maggio 1970<br />

Per la prima volta il Rev.mo Padre Abate amministra la cresima<br />

nella cappella del Sagrado Coraçào de Jesus nella frazione di Andrades.<br />

lO Maggio 1970<br />

Per la prima volta il Rev.mo Padre Abate amministra la cresima<br />

nella chiesa cattedrale di Claraval.<br />

12 Maggio 1970<br />

Per la prima volta il Rev.mo Padre Abate amministra la cresima<br />

nella cappella di Nossa Senhora de Lourdes nella frazione di Paiolihno.<br />

Benedice anche una campana che è stata donata dalla zelatrice Inàcia<br />

de Freitas.<br />

16 Maggio 1970<br />

Nella sua ultima visita il Rev.mo Padre Abate di Casamari aveva<br />

dato disposizioni di preparare i documenti necessari e trovare una<br />

ditta specializzata per la perforazione di un pozzo semi-artesiano la cui<br />

acqua dovrà servire anche a beneficio della popolazione che finora usa<br />

soltanto acqua di cisterne o di pozzi poco profondi e quindi inquinati.<br />

Il proprietario della ditta incaricata per perforare il pozzo è un<br />

italiano della provincia di Piacenza che conosce bene il nostro monastero<br />

di Chiaravalle. Alle ore 15, dopo la benedizione impartita da<br />

Dom Gabriele, iniziano i lavori di perforazione.<br />

25 Maggio 1970<br />

Il Rev.mo Padre Abate Dom Pietro Agostini si reca a Brasilia,<br />

capitale degli Stati Uniti del Brasile, per prendere parte alla Conferenza<br />

Nazionale dei Vescovi del Brasile, e per partecipare all'Ottavo Congresso<br />

Eucaristico Nazionale.<br />

14 Giugno 1970<br />

Per la prima volta il Rev.mo P. Abate si reca ad amministrare la<br />

cresima nella località di «Os Acutos» distante undici chilometri da<br />

Claraval. Finora qui c'è solamente l'edificio scolastico, e la popolazione<br />

è tanta. Il parroco Dom Vittore MailIi ha intenzione di erigere una<br />

cappella dedicata a Sào Geraldo.<br />

29 Giugno 1970<br />

Nel monastero vi è una gran festa perché gli amici residenti<br />

in Franca e molti parrocchiani si sono riuniti intorno al Rev.mo P.<br />

Abate per complimentarlo nel giorno del suo onomastico.<br />

- 230-


7 Luglio 1970<br />

Il Rev.mo Padre Abate si reca in Italia per prendere parte alla<br />

sessione conclusiva del Capitolo Generale Speciale della congregazione<br />

di Casamari. Viaggia con lui anche Dorn Carmelo Recchia in qualità<br />

di delegato della comunità di Claraval.<br />

Il lettore forse potrà interessarsi solo relativamente a quanto riferito<br />

nelle pagine precedenti. Ma coloro che ne sono stati i protagonisti,<br />

con soddisfazione ricordano e ammirano ciò che è stato<br />

compiuto in questi venti anni. Ricordano e, nello stesso tempo, dimenticano<br />

le difficoltà incontrate, le delusioni avute, gli scoraggiamenti subiti<br />

in questo remoto angolo a sud di Minas Gerais.<br />

Ciò che è stato compiuto non è opera inerte che, per quanto bella,<br />

rimane come ornamento del paesaggio per soddisfare la curiosità di<br />

chi passa. Claraval è monastero, è parrocchia, è sede dell'Abbazia<br />

Nullius con territorio. Quindi è centro di vita dalla quale devono fluire<br />

energie per un lavoro tanto impegnativo. In seguito avrò occasione di<br />

far conoscere meglio quale e quanto lavoro si offre quotidianamente<br />

ai monaci cistercensi: In particolare mi rivolgo ai giovani della Congregazione<br />

di Casamari.<br />

Se amate la solitudine e il raccoglimento, qui c'è un monastero<br />

moderno capace di accogliervi per realizzare il vostro ideale e comunicarlo<br />

ai giovani brasiliani; se amate l'attività apostolica, qui vi sono<br />

le parrocchie con numerose cappellanie, dislocate in frazioni assai distanti<br />

dal centro di Claraval, capaci di soddisfare lo zelo missionario<br />

e anche lo spirito di avventura proprio dei giovani. Quante anime, ancora<br />

semplici, attendono la presenza, la parola, l'azione del sacerdote!<br />

Il campo di lavoro è vasto, la messe è abbondante: venite! Ma preparatevi.<br />

Prima di accettare l'nvito, per risparmiarvi esperienze inutili<br />

e delusioni scoraggianti, imparate per tempo la lingua, studiate i costumi<br />

di questo popolo, cercate di conoscere le caratteristiche climatiche<br />

di queste zone e poi mettetevi a disposizione dei superiori. Ricordate il<br />

proverbio: dal dire al fare c'è di mezzo il mare. Ma qui c'è di mezzo<br />

l'oceano, e come siamo lontani! E tu, giovane, hai paura di questo?<br />

E che giovane sei?<br />

- 231-<br />

DON FILIPPO AGOSTINI


CRONACA<br />

1. ABBAZIA DI CASAMARI<br />

Il 14 agosto alle ore 18 un nostro Diacono: D. Celestino Parente<br />

ha ricevuto la Sacra Ordinazione Sacerdotale dal Vescovo della<br />

diocesi di Veroli-Frosinone, Mons. Giuseppe Marafini. La Concelebrazione<br />

per l'occasione è stata molto solenne con 13 Sacerdoti. Assistevano,<br />

oltre la comunità, circa 50 sacerdoti e molti familiari del<br />

nostro confratello. Da notare che D. Celestino ha altri due fratelli<br />

sacerdoti nella nostra Congregazione: D. Amedeo, economo a Chiavarelle<br />

della Colomba (Piacenza) e D. Lino, Rettore del Seminario minore<br />

di S. Domenico di Sora (Frosinone).<br />

2. CERTOSA DI FIRENZE<br />

Dall'otto di agosto fino al venti dello stesso mese è stato ospite<br />

nella nostra Certosa il noto grafico fiorentino Ugo Fanfani. In questo<br />

periodo il maestro Fanfani ha approntato una mostra comprendente<br />

32 schizzi della Certosa, completando così la precedente eseguita alcuni<br />

mesi or sono. Ormai la Certosa è stata vista in tutti i suoi aspetti<br />

più caratteristici. La mostra inaugurata il 15 settembre è rimasta aperta<br />

fino al 15 ottobre nella Cella del Certosino.<br />

Presentazione della Mostra<br />

Conoscemmo, noi della Certosa, Ugo Fanfani e la sua opera<br />

meno di un anno fà, quando amici cortesi ci invitarono alla « Saletta<br />

Everest» al Galluzzo, dove erano in bella mostra numerosi disegni<br />

de LA CERTOSA.<br />

Osservavamo, girando attorno alle pareti, quei disegni, quegli<br />

schizzi, quelle «macchie ». E finito il primo giro se ne iniziava un<br />

secondo; e la seconda volta parevano più belli della prima; e la terza<br />

più belli della seconda ...<br />

Ad un certo momento eravamo rimasti soli, noi della Certosa;<br />

no: c'era ancora, alle nostre spalle, lui Ugo Fanfani, silenzioso, tranquillo?<br />

chi sa? ... , timido e modesto, nella sua simpatica sagoma da<br />

vecchio fiorentino.<br />

E noi, sl, eravamo Il fra quattro pareti, ma stavamo ammirando<br />

la nostra Certosa come la si ammira dal vero, con la gioia negli occhi,<br />

splendida e meravigliosa, in una giornata di sole primaverile.<br />

- 232-


Qualcuno disse che la Certosa era, per questo artista, una tappa<br />

obbligatoria. Era la verità: troppi ricordi legano Ugo Fanfani alla<br />

Certosa del Galluzzo suo paese natale.<br />

Ma ora, due mostre, alla distanza di dieci mesi, sulla Certosa,<br />

non è un po' troppo? Ripetizione inutile? Mancanza di fantasia? Sarebbe<br />

come dire che il nostro, allestendo diverse mostre su Firenze,<br />

non abbia fatto che ripetersi e denotare scarsa fantasia!<br />

Fantasia? Non è possibible conoscere l'opera di questo artista e<br />

pensare che gli faccia difetto la fantasia.<br />

È l'amore ai suoi luoghi che spinge il Fanfani a disegnare. È la<br />

fede in tutte le cose antiche e care che porta avanti il suo discorso pittorico.<br />

L'intesa perfetta tra lui e la sua città «ha radici profonde,<br />

addentellate in quel sangue oscuro che scorre nelle vene di tutti i<br />

fiorentini» (Ubaldo Bardi).<br />

E poi, tra le due mostre de La Certosa c'è una differenza sostanziale:<br />

la prima fu preparata dall'esterno, la seconda dall'interno.<br />

Perché il Fanfani è venuto a vivere in Certosa, ha fatto vita di comunità,<br />

ha partecipato alla nostra liturgia, a turno ha servito a mensa,<br />

con grande modestia da parte sua, con somma edificazione da parte<br />

nostra. E poi ha esplorato, ha scovato gli angoli occulti, ha spiato i<br />

segreti penetrali. E ha disegnato: col suo grande cuore, col suo animo<br />

istintivamente religioso, in colloquio intenso con la sua Certosa,<br />

con la storia seicentesca di questo Monastero che fu definito «la<br />

preghiera di pietra» della famiglia Acciaiuoli.<br />

Firenze, Certosa 15 settembre 1970<br />

Al P. Priore e alla comunità dei Monaci <strong>Cistercensi</strong><br />

Il P. Priore e la Comunità<br />

dei Monaci <strong>Cistercensi</strong><br />

Nella mia piccola bottega accucciata ai piedi di Palazzo Vecchio)<br />

ho letto la Sua presentazione: sono commosso.<br />

Lei ha avuto parole troppo buone e belle che io non merito.<br />

Nel periodo che sono stato Vostro ospite ho avuto la possibilità<br />

di disegnare i mirabili «aspetti» della Certosa (i disegni forniranno<br />

il materiale per questa prossima mostra) ma soprattutto la Vostra vita<br />

comunitaria trascorsa nelle Sante pratiche liturgiche) mi ha ancor<br />

maggiormente avvicinato a Dio.<br />

Con deferenza e stima.<br />

- 2.33 -<br />

Ugo Fanfani


***<br />

Il 10 agosto in occasione della festa del patrono della Chiesa<br />

della Certosa è stato inaugurato l'impianto elettrico delle 5 campane.<br />

L'impianto è stato eseguito dalla ditta GalIorini di Arezzo.<br />

***<br />

Il 4, 14, 27 settembre sono stati eseguiti nel piazzale antistante<br />

la Chiesa tre concerti organizzati dall'AIDEM (Associazione italiana<br />

diffusione educazione musicale).<br />

3. ABBAZIA DI CASAMARI<br />

25-26 Settembre: Convegno Studi Storici Ciociari<br />

Nella sala del collegio S. Bernardo dell'Abbazia di Casamari si è<br />

svolto il secondo Convegno di Studi Storici Ciociari, organizzato dall'Archivio<br />

di Stato di Frosinone. Un folto gruppo di studiosi ha attestato<br />

il progressivo sviluppo che il centro viene assumendo nel contesto<br />

culturale della Ciociaria.<br />

Al secondo anno di vita il sodalizio ha ampliato i propri interessi<br />

sviluppando ricerche nel campo della storia e dell'archivistica<br />

locali.<br />

I lavori si sono aperti alla presenza del Cardinale Eugenio Tisserant,<br />

Decano del Sacro Collegio e Bibliotecario ed Archivista di S.<br />

R.C., dei Vescovi di Frosinone-Vevoli, Mons. Marafini, e di Sora-Aquino-Pontecorvo,<br />

Mons. Musto, dell'Ispettore Generale degli Archivi di<br />

Stato prof. Russo e del Direttore Generale prof. Lombardi, del Prefetto<br />

di Frosinone Conte, del Presidente della Dante Alighieri preside<br />

Jadanza e dei funzionari della Direzione Generale degli Archivi di<br />

Stato prof. Saladino, dotto Arganelli, del Dott. Mannino della Sovraintendenza<br />

archivistica, di numerose autorità militari, civili e di studiosi.<br />

È stato chiamato a presiedere i lavori il prof. Astuti, ordinario<br />

di Storia del diritto all'Università di Roma. Quindi l'Abate Preside<br />

di Casamari, D. Nivardo Buttarazzi, dopo aver portato il saluto agli<br />

intervenuti, ha parlato sulle vicende dell'archivio di Casamari e dell'annessa<br />

biblioteca che attualmente conta circa 30 mila volumi. Il<br />

Direttore dell'Archivio di Stato di Frosinone, dotto Francesco Nuzzo,<br />

prima di passare alla relazione sul «Metodo di ricerca nell'ambito<br />

del Centro di Studi Storici» ha rivolto un sentito ringraziamento per<br />

- 234-


la fattiva collaborazione all'abate Preside di Casamari e a D. Raffaele<br />

Scaccia. Nello svolgimento del tema il dotto Nuzzo ha messo in risalto<br />

il valore della storia locale in funzione di quella generale sostenendo<br />

che è necessario introdurre negli studi storici la interdisciplinarietà.<br />

. Il Card. Tisserant ha svolto la prolusione inaugurale «Archivi<br />

manastici e cultura storica », lumeggiando con rara efficacia espositiva<br />

il valore dei documenti conservati in Mesopotamia, in Grecia e a Roma.<br />

Si è quindi intrattenuto sulla sistemazione e conservazione degli Achivi.<br />

La seconda giornata dei lavori ha avuto inizio con la relazione<br />

del prof. Corrado Venanzi, dell'Istituto di Storia e di Arte del Lazio<br />

Meridionale, il quale ha parlato su « Il contributo degli archivi per lo<br />

studio dei monumenti della Ciociaria ». Partendo da personali esperienze<br />

condotte nel campo dell'architettura, ha messo in relazione le<br />

proprie ricerche con il contributo di quelle portate a termine negli<br />

Archivi, concludendo che lo storico è soprattutto un ricercatore e che<br />

in molti casi è necessario abbandonare i testi storici per studiare la storia<br />

nella documentazione naturalistica.<br />

Il prof. Antonio Caradonna ha parlato su «Il processo a Fra<br />

Pietro da Monte San Giovanni Campano) abate di Fossanova » rifacendosi<br />

a documenti inediti per mezzo dei quali ha ricostruito con chiarezza<br />

e dovizia di particolari le vicende che portarono al processo contro Fra<br />

Pietro accusato di intesa con gli Angioini.<br />

A conclusione dei lavori della mattinata vi sono state due comunicazioni:<br />

la prima di Alfredo Sergio su « Per uno studio delle tradizioni<br />

popolari in Ciociaria », nella quale dopo aver sottolineato la mancanza<br />

di studi a carattere scientifico sul folklore della Provincia, ha<br />

ricordato alcuni usi ancora in auge indicando la necessità di documentare<br />

quelli estinti od in via di esserlo; la seconda di Carlo Vona su<br />

« Il castello di Selva Molle di Frosinone» in cui il relatore ha descritto,<br />

con l'ausilio di diapositive, i resti di alcune torri di avvistamento ancora<br />

esistenti nella valle del Sacco.<br />

Nel primo pomeriggio i convegnisti hanno effettuato una gradita<br />

visita alla Certosa di Trisulti soffermandosi tra l'altro nella famosissima<br />

Farmacia.<br />

I lavori sono ripresi con i tre ultimi interventi. Augusto Mastrantoni<br />

ha tenuto la interessante e documentata comunicazione «Ricerche<br />

su Fabrateria uetus » sulla scorta di numerose testimonianze Storiche<br />

e resti epigrafici, distinguendo origini e caratteristiche delle due<br />

città romane di Fabrateria vetus e nova. La dotto Gabriella Loreto ha<br />

parlato sui «Rapporti tra la casa D)Angiò e l'Abbazia di Casamari »<br />

- 235-


esaminando 18 copie di documenti inediti del periodo angioino, trovati<br />

nell'archivio di Casamari, nei quali sono elencati privilegi e sinecure<br />

concessi all'Abbazia di Casamari. Alla fine degli interventi il prof. Torquato<br />

Vizzaccaro ha parlato sulla «Iconologia di S. Benedetto in<br />

Italia» esaminando nei vari affreschi del Medio Evo italiano l'aspetto<br />

fisico del padre del monachesimo occidentale.<br />

Il dotto Nuzzo nel riassumere i lavori, ha messo in risalto il<br />

contributo organizzativo del Cav. Antonio Peruzza, autore fra l'altro<br />

di ricerche sul dialetto ciociaro e della sig.na Lilli Pacilli.<br />

Il direttore generale degli Archivi di Stato, prof. Lombardi si è<br />

compiaciuto delle iniziative prese dal Centro di Studi Storici assicurando<br />

il pieno appoggio alle opportune iniziative prese dal Dott.<br />

Nuzzo e dai suoi collaboratori e dando appuntamento al 3° Convegno<br />

di Studi. D. Raffaele Scaccia, ringraziando i presenti a nome dell'Abate,<br />

ha auspicato una più stretta collaborazione tra monaci e laici per la<br />

soluzione dei più assillanti problemi della società contemporanea.<br />

4. ABBAZIA DI CASAMARI<br />

28-30 Settembre: Ufficio catechistico diocesano<br />

L. Sergio<br />

Sempre nella Sala del Collegio S. Bernardo dell'Abbazia di Casamari<br />

si sono tenute due giornate di Studio organizzate dall'Ufficio catechistico<br />

diocesano (Veroli-Frosinone).<br />

Il 28 Settembre dopo la relazione di Fratel Mansueto Guarnacci<br />

del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, sul tema «Documento<br />

di base - Il rinnovamento della catechesi italiana », si sono avuti<br />

per tutto il resto della giornata gruppi di studio per puntualizzare la<br />

situazione ed offrire eventuali conclusioni.<br />

Il 30 Settembre dopo la relazione del Rev.do D. Giovanni Di<br />

Michele sui « Nuovi metodi di insegnamento della religione nelle scuole<br />

italiane» si sono formati nuovi gruppi di studio per venire incontro<br />

con opportuni suggerimenti alla richiesta formulata dal Clero nella riunione<br />

del giugno scorso.<br />

5. ROMA, CASA GENERALIZIA DELL'ORDINE CISTERCENSE<br />

Associazione S. Benedetto Patrono d'Europa<br />

Nei primi giorni d'ottobre 1970, nella Casa Generalizia dell'Ordine<br />

cistercense, è stata tenuta la riunione assembleare dell« Associazione<br />

S. Benedetto patrono d'Europa ».<br />

- 236-


È noto che la predetta Associazione ha avuto origine dal discorso<br />

che Paolo VI pronunciò il 24 ottobre 1964 nell'Abbazia di Montecassino,<br />

ove il Santo Fondatore del Monachesimo occidentale fu proclamato<br />

celeste patrono di tutta l'Europa. Di quell'Europa cristiana,<br />

alla quale molto deve la civiltà, e che faticosamente le anime più<br />

elette tentano di unire. Le basi di uno statuto dell'« Associazione S.<br />

Benedetto Patrono d'Europa» furono gettate soltanto nel 1968 attorno<br />

ad un Vescovo, tre Abati generali e l'Abate di un monastero.<br />

Nel 1969, a seguito di autorevoli adesioni, si ebbe una elaborazione<br />

approfondita dello statuto stesso; finalmente il 16 giugno 1970<br />

l'Associazione aveva la possibilità di erigersi in forma ufficiale. Il<br />

Comitato d'onore è presieduto dal Cardinale Hoeffner, Arcivescovo<br />

di Colonia, il Presidente è Mons. Guido Bentivoglio, Arcivescovo di<br />

Catania, mentre i due Vice-Presidenti sono Mons. Rupp, Vescovo di<br />

Monaco Principato, ed il P. Abate Sigardo Kleiner, Generale dell'Ordine<br />

dei <strong>Cistercensi</strong>. Il Segretario Generale è Dom Jean Roy, Abate di<br />

Notre Dame de Fontgonbault, mentre la sede sociale è ospitata nella<br />

Abbazia cistercense di Hauterive (Altaripa). in Svizzera.<br />

Il compito dell'Istituzione è di promuovere lo sviluppo della civiltà<br />

cristiana in un'Europa spiritualmente unita, di seguire cioè le<br />

orme dei predecessori benedettini, inserendo il loro esempio ed il<br />

loro insegnamento nell'attuale contesto storico.<br />

I vari punti del programma sono orientati in due direzioni: la<br />

prima riguarda la parte spirituale, la seconda il rapporto con il mondo<br />

esterno.<br />

Per la prima direzione si vuole principalmente mantenere alta la<br />

purezza della Fede e delle tradizioni cattoliche, con la filiale e fiduciosa<br />

obbedienza al Papa e con lo spirito dei Dottori, «in primis »<br />

S. Tommaso d'Aquino, educato a Montecassino con spirito tipicamente<br />

europeo. Per la seconda si esprime un desiderio di più viva partecipazione<br />

alla vita degli uomini, con lo sviluppo di scuole cattoliche e<br />

con la penetrazione nel mondo operaio e contadino. Il tutto sarà attuato<br />

in un clima di spirito ecumenico e missionario. Quest'anno,<br />

come abbiamo detto, si è svolta, ai primi di Ottobre, la prima riunione<br />

assembleare che verrà ripetuta annualmente l'l ed il 2 ottobre<br />

a Roma, presso la Casa Generalizia dell'Ordine Cistercense.<br />

Sono state interessanti le cose dette in questa prima riunione,<br />

ma noi riferiamo qualcosa solo sulle relazioni dei <strong>Cistercensi</strong>.<br />

- 2.37 -


In apertura del Convegno, Mons. Bentivoglio iniziava la sua prolusione<br />

in latino: con parole commosse salutava e ringraziava i Cardinali<br />

presenti, e, fatta una sintesi sull'origine dell'Associazione, ne<br />

commentava. gli scopi, che trovano la loro unica e profonda radice<br />

nelle parole del S. Padre su S. Benedetto «che cementò quell'unità<br />

spirituale d'Europa in forza della quale popoli divisi sul piano linguistico,<br />

etnico e culturale avvertirono di costituire l'unico Popolo di<br />

Dio; unità che, grazie allo sforzo costante di quei monaci che si misero<br />

al seguito di si insigne Maestro, divenne la caratteristica distintiva<br />

del Medio Evo ».<br />

L'Abate Generale Kleiner insisteva quindi sulla necessità della<br />

preghiera, concetto fondamentale della Regola di S. Benedetto, riconoscendo<br />

cosi la trascendenza di Dio, oggi tanto posta in dubbio;<br />

trascendenza che tutto il sistema educativo della Regola benedettina<br />

mette fortemente in rilievo ai fini della formazione del monaco - e<br />

dell'uomo - nel giusto apprezzamento di se stesso e nella valorizzazione<br />

della sua autentica identità.<br />

6. CIVITELLA CASANOVA, 26-27 SETTEMBRE 1970<br />

Civitella Casanova, nel pescarese, sembrava sempre più lontana<br />

al P. Abate di Casamari, a D. Anselmo, a D. Benedetto e a D. Guglielmo,<br />

partiti da Casamari senza studiare bene il percorso. Dopo la<br />

« gincana » della Valle Roveto splendida di ombre nel suo verde profumato,<br />

ci attendeva il Fucino in un tripudio di sole e di campi ingialliti.<br />

Abbiamo visto Celano dominata da un enorme castello: Celano,<br />

la cui gente canta ancora in un latino molto approssimato il «Dies<br />

irae » del suo illustre poeta Tommaso. Quindi abbiamo sfiorato Capestrano,<br />

patria di un santo del quale, oggi, si conosce per lo più solo<br />

il nome: San Giovanni da Capestrano. La scalata a Forca di Penne<br />

fu durissima per l'automobile, s'intende, ma inebriante per noi.<br />

Finalmente raggiungemmo la prima tappa del nostro itinerario:<br />

Vicoli, dove il parroco ci accolse con cortesia tutta abruzzese. Li,<br />

prima sorpresa: da Civitella ci vengono incontro, freschi e giulivi,<br />

due confratelli della Certosa di Firenze, il rag. Santedicola, promotore<br />

della manifestazione e il sig. Cesarino Granchelli di Civitella.<br />

Con essi percorriamo i sette chilometri che ancora ci separano<br />

da Civitella, dove le autorità civili e il parroco-abate D. Umberto Di<br />

- 238-


Giacomo ci attendono con un cospicuo gruppo di cittadini, ansiosi di<br />

sapere «che cosa» fossero i cistercensi. Numerosi striscioni ci salutano<br />

lungo le strade: «Ben tornati a Civitella », «Viva l'Abate dei<br />

<strong>Cistercensi</strong> », «Civitella saluta i monaci di Casa mari ».<br />

All'ingresso del paese, davanti alla chiesa cinquecentesca della<br />

Cona, il Sindaco ci rivolge un breve saluto, e l'abate di Casamari nngrazia<br />

precisando i motivi della visita.<br />

Ci si reca quindi presso il Monumento ai Caduti di Civitella, dove<br />

il vicesindaco Prof. Antonio Di Clemente e il rag. Nicola Santedicola<br />

depongono una corona, e il P. Abate recita le preci di rito intercalate<br />

dai canti liturgici eseguiti dalla «Schola» parrocchiale. Dal<br />

piazzale del Monumento si forma un lungo corteo di automobili che<br />

si dirige verso i ruderi dell'antica abbazia. Aggrappata ad un pendio<br />

roccioso, in uno scenario fiabesco di montagne eterne, l'abbazia presenta<br />

ancora nelle sue rovine, rese misteriose dall'ora crepuscolare, i<br />

segni dell'antica grandezza. L'interesse non è dei soli monaci, competenti<br />

in architettura, ma di tutto il popolo che si sente onorato e<br />

lieto di poterei accompagnare nella «sua» abbazia. I ragazzi che già<br />

ci conoscono per nome, si arrampicano su una vecchia torre che domina<br />

la valle e gridano a gran voce: «Padre Anselmo! Padre Anselmo!<br />

», lieti solo di essere visti e salutati amichevolmente. Uno di essi<br />

legge anche una poesia di un poeta civitellese: quasi un pianto sulle<br />

rovine e un desiderio struggente di resurrezione.<br />

Ci salutiamo quindi C011 la gente di Villa Celiera e di Vestea,<br />

che per l'occasione è scesa ad incontrare gli amici-nemici di Civitella,<br />

e a stipulare con essi un definitivo trattato di pace.<br />

La mattina seguente, domenica, aria di gran festa per le vie<br />

cittadine, con volti nuovi di gente semplice venuta dalle campagne e<br />

dai monti. Don Anselmo celebra un matrimonio e fa commuovere<br />

gli sposi. Quindi, per la solenne concelebrazione si forma un corteo<br />

dalla casa parrocchiale alla chiesa gremita di gente che nel suo commosso<br />

stupore è rimasta ordinata e composta. Il meraviglioso organo<br />

della chiesa parrocchiale accoglie i concelebranti con un «allegro<br />

maestoso» di Haendel, cui segue il canto gregoriano dell'antifona<br />

dell'Introito, eseguita dagli stessi concelebranti. All'omelia il P. Abate<br />

illustra diffusamente il significato della nostra visita a Civitella: stabilire<br />

contatti di amicizia fra i cistercensi di Casamari e i civitellesi<br />

per un concreto reciproco aiuto. D. Benedetto legge quindi da una<br />

enorme pergamena il testo seguente:<br />

- 239-


L'Abate Presidente Generale<br />

della Congregazione di Casamari<br />

del Sacro Ordine Cistercense<br />

Alle autorità civili e religiose<br />

e a tutto il nobile popolo di<br />

Civitella Casanova<br />

Salute nel Signore.<br />

Consapevoli della particolare venerazione che VOI tutti nutrite<br />

verso il nostro sacro Ordine Cistercense.<br />

Memori dello speciale affetto e devozione e dei molteplici legami<br />

spirituali e di 1avoro che per tanti secoli hanno unito le sorti della<br />

vostra comunità civile alle sorti della comunità monastica dell'Abbazia<br />

di Casanova,<br />

Consci delle particolari relazioni di stima, e di aiuto vicendevole<br />

che per secoli sono intercorse tra la vostra Abbazia di Casanova e la<br />

nostra Abbazia di Casamari,<br />

Auspicando in questa storica e solenne giornata che gli antichi<br />

rapporti di solidarietà umana e di cristiana carità fra il venerabile<br />

Ordine Cistercense e i cittadini di Civitella Casanova siano ripristinati<br />

ed abbiano per il futuro nuovo impulso e nuovo vigore,<br />

Dichiariamo che i cittadini di Civitella Casanova, in segno di<br />

singolarissimo privilegio e a testimonianza del particolare affetto che<br />

per essi nutriamo, sono spiritualmente affiliati al nostro venerabile<br />

Ordine Cistercense, divenendo cosi partecipi, in vita e in morte, dei<br />

meriti di ogni esercizio di penitenza e di pietà che con l'aiuto di Dio<br />

si compie e si compirà nel nostro Ordine.<br />

Invitiamo il caro popolo civitellese a rendersi meritevole di questo<br />

privilegio con l'esercizio di una coerente vita di fede cristiana, sotto<br />

la protezione di Maria Santissima, speciale patrona dell'Ordine Cistercense.<br />

Esortiamo quindi i cittadini di Civitella Casanova ad alimentare<br />

questo sodalizio con i monaci dell'Ordine attraverso una costante<br />

preghiera che li veda uniti tutti insieme di fronte a Dio nella reciprocità<br />

di un sentimento di fratellanza spirituale.<br />

Civitella Casanova, 27 settembre 1970.<br />

240 -


La pergamena, sottoscritta dall'Abate, dal parroco, dai monaci,<br />

dal sindaco e dalle altre autorità presenti, viene quindi firmata da<br />

centinaia di cittadini che vogliono cosi perpetuare il loro nome su<br />

questo singolare documento. Fra i tanti episodi ci piace ricordare il<br />

più umile, quello di una anziana donna del popolo, Maria Domenica<br />

Sablone, che si fa largo tra la ressa, si accosta al tavolo dove è spiegata<br />

la pergamena e dice: «Nella mia vita ho fatto tante croci perché<br />

non so né leggere né scrivere ma questa volta accanto alla croce<br />

voglio che ci sia anche il mio nome», e pregò una compiacente signora<br />

che le era accanto di scrivere il suo nome.<br />

I fedeli non nascondono nel loro immobile silenzio il profondo<br />

senso di commozione che li pervade: alcuni forse non capiscono bene,<br />

ma tutti avvertono che si tratta di un raro privilegio loro concesso.<br />

Come segno di particolare amicizia, l'abate di Casamari ha donato alla<br />

Chiesa parrocchiale due preziose casule e altri arredi sacri. Il parroco<br />

ha ringraziato a nome dei civitellesi per tanta generosità ed ha promesso<br />

l'impegno da parte di tutti a voler continuare ed accrescere lo<br />

spirito di amicizia e di solidarietà coi cistercensi.<br />

Nel pomeriggio arriva puntualissimo il Vescovo di Penne-Pescara,<br />

Mons. Jannucci, accolto sul sagrato della Chiesa dall'abate, dal parroco,<br />

dal sindaco e dai monaci. Si va quindi nel palazzo del comune, dove<br />

nell'aula dell'Assemblea, il Sindaco prof. Vincenzo Del Colle, con parole<br />

brevi ed incisive esprime la gratitudine della cittadinanza ai monaci<br />

bianconeri e offre loro un pannello di legno intarsiato con gli stemmi di<br />

Civitella, di Vestea e di Villa Celiera, opera espressamente eseguita da<br />

un artista locale: Sablone Pierino. Segue quindi la perfetta rievocazione<br />

storica dell'abbazia di Casanova, letta dal Vicesindaco prof. Galileo Cirone,<br />

informatissimo e preciso. Anche il Vescovo di Penne-Pescara<br />

ricorda le abbazie di Casanova, di Arabona, di S. Maria di Tagliacozzo,<br />

che fiorirono in Abruzzo come centri di vita spirituale e fari di civiltà;<br />

auspica il ritorno dei cistercensi nella sua cara terra di Abruzzo ed augura<br />

ai giovani padri presenti di essere i futuri superiori delle risorte<br />

abbazie.<br />

Don Benedetto legge quindi il discorso ufficiale dei cistercensi, che<br />

ci piace riportare per intero:<br />

« La presenza di noi monaci dell'abbazia di Casamari qui a Civitella<br />

ha suscitato la curiosità di molte persone sull'origine e sull'attività dei<br />

cistercensi. La vostra cara terra d'Abruzzo, cosi ricca un tempo di floride<br />

abbazie, non è più abitata dai monaci bianchi.<br />

Molti monasteri fiorirono in questa nobile regione, testimoni di<br />

- 241 -


una gloria passata. Ma se Casanova e altre abbazie sono oggi ruderi e<br />

monumenti vuoti, l'ordine cistercense è sempre vivo e valido. Siamo ridotti<br />

in numero, ma non vi è continente che non abbia più di un monastero<br />

cistercense: tutte le crisi, interne od esterne, che hanno travagliato<br />

la Chiesa in generale e il monachesimo in particolare non sono<br />

riuscite a far scomparire questo ordine, che ha ormai quasi nove secoli<br />

di storia. Se una istituzione ha potuto resistere cosi a lungo, significa<br />

che oltre al divino volere, 'c'è stata una solida organizzazione di base che<br />

l'ha reso sempre attuale ed efficiente.<br />

Ma eccovi a larghe linee la nostra storia.<br />

In Borgogna, nell'anno 1098. in un monastero benedettino chiamato<br />

Molesme, l'abate Roberto, tormentato dal desiderio di maggior<br />

perfezione, aspira a ristabilire l'equilibrio scomparso tra preghiera e<br />

lavoro, cosi saggiamente disposto nella «Regula Monasteriorum» di<br />

San Benedetto. Si ritira perciò con ventuno confratelli in un luogo solitario<br />

e malsano chiamato Citeaux, Cistercio, presso Dijon. Il «novum<br />

monasterium » che ha dato origine al nome che portiamo, rappresentò<br />

cosi uno sforzo di ritorno alla purezza originale della Regola benedettina,<br />

al di là di ogni interpretazione e inflessione apportata dai secoli.<br />

Povertà, penitenza, solitudine formarono le basi del nuovo monastero.<br />

I primi <strong>Cistercensi</strong> erano convinti di aver ritrovato la sorgente,<br />

l'acqua pura delle origini. Si disse che essi erano i « puritani della regolarità<br />

». Per riprendere la felice espressione di Papa Giovanni, si può<br />

dire che essi intrapresero l'aggiornamento della vita benedettina, cosi<br />

rispettata e compromessa insieme, in un'epoca in cui l'idea di perfezione<br />

cristiana era inconcepibile al di fuori del chiostro.<br />

A Roberto, rientrato a Molesme per ordine di Urbano II, successe<br />

dapprima Alberico che consolidò la comunità, poi Stefano Harding, genio<br />

pratico, e inglese per di più, che amò « la regola e il luogo ». (Amator<br />

regulae et loci). Roberto, Alberico, Stefano, i tre «frati ribelli »,<br />

ringiovanirono arditamente l'istituzione più importante del loro tempo<br />

e della Chiesa d'allora: la vita monastica d'Occidente. Stefano fu il<br />

«Solone della nuova repubblica », l'autore della carta di fondazione<br />

dell'ordine, la famosa «Charta charitatis» che stabill un sistema di<br />

controllo dell'abbazia madre sulle filiali, basato più sul legame della<br />

carità che sulla centralizzazione giuridico-amministrativa.<br />

Stefano ebbe la gioia e l'insigne privilegio di ammettere nel suo<br />

monastero, in un momento particolarmente difficile, il giovane Bernardo<br />

di Fontaine, accompagnato da altri trenta nobili borgognoni. Bernardo,<br />

genio universale, sarà il dominatore del suo secolo. Al suo confronto,<br />

- 242-


Federico Barbarossa, i re di Francia e di Castiglia, Sugeri di Brabante<br />

e persino i papi Innocenzo II ed Eugenio III sembrano figure tenui ed<br />

evanescenti. Bernardo era dotato di una eloquenza travolgente: «Anche<br />

se tuo padre dovesse stendersi sulla soglia della tua casa, se tua madre<br />

coi capelli sparsi e i vestiti a brandelli dovesse mostrarti il seno che ti<br />

allattò e il tuo nipoti no si attaccasse al tuo collo, passa sul corpo di tuo<br />

padre e su quello di tua madre e cammina. Senza tirar fuori una lacrima,<br />

vola verso lo stendardo della Croce. In simili casi il più alto<br />

grado di pietà filiale significa essere crudeli col Cristo ». Dietro l'esempio<br />

di Bernardo, giovani di ogni condizione e paese - compresa l'Irlanda,<br />

dove mai nessun benedettino aveva messo piede - affluirono<br />

a Citeaux, sedotti dall'eterno fascino che un programma radicale esercita<br />

sugli animi di forte tempra.<br />

Lo sviluppo dell' Abbazia segui una stupenda progressione. Dal<br />

1113 al 1115 quattro fondazioni videro la luce: La Ferté, Pontigny,<br />

Clairvaux e Morimond. Queste abbazie, a loro volta feconde, diedero<br />

origine a numerose altre filiali organizzate dalla « Carta della carità ».<br />

Alla morte di Stefano Harding, l'Ordine contava 73 abbazie; alla morte<br />

di S. Bernardo (1153), il numero era già di 343. Alla fine del medioevo<br />

si raggiunge la straordinaria cifra di 742 monasteri, sparsi<br />

in tutto il mondo cristiano, dal Portogallo alla Russia, dalla Scandinavia<br />

alla Sicilia, alla Siria. Si può dire che l'Europa tutta fosse<br />

cistercense.<br />

In Italia i <strong>Cistercensi</strong> vennero introdotti da S. Bernardo e<br />

si diffusero presto in tutta la penisola. Tra le prime abbazie ricordiamo<br />

quella di Fossanova e quella di Casamari.<br />

In Abruzzo fu proprio Casanova ad accogliere i primi monaci<br />

provenienti dalle Tre Fontane di Roma (1195). L'abbazia organizzata<br />

e disciplinata fin dal1e origini fondò nella prima metà del sec. XIII<br />

altri monasteri, tra i quali Ripalta nelle Puglie, S. Spirito d'Ocre, e<br />

Santa Maria nelle Isole Tremiti. I <strong>Cistercensi</strong> di Casanova, da tutti<br />

stimati per la fedeltà agli impegni, meritarono la fiducia delle città<br />

vicine che affidarono loro delicate mansioni come la custodia delle<br />

chiavi della città, dei depositi delle armi, dei pubblici sigilli, la sovrintendenza<br />

della cancelleria e la cura delle fortificazioni.<br />

Il periodo di splendore di Casanova continuò fino al sec. XIV.<br />

Tempi meno felici furono causati dal trasferimento della sede papale<br />

ad Avignone, dal grave scisma d'Occidente che tanto afflisse la Chiesa,<br />

oltre che dalla generale crisi religiosa del Rinascimento. L'istituzione<br />

della Commenda accrebbe per Casanova, come per tutte le abbazie, di-<br />

- 243-


sordini e soprusi. Dopo il Concilio di Trento, per lo sforzo unanime<br />

dei religiosi di buona volontà e per l'insistenza dei Pontefici che<br />

miravano alla riforma della Chiesa, si sensibilizzò lo spirito di solidarietà<br />

fra i monasteri che stavano rischiando l'isolamento e, di conseguenza,<br />

la fine. In questa felice prospettiva di unione nacquero le<br />

congregazioni monastiche. Dopo lunghe e laboriose trattative Gregorio.<br />

XV ratificò nel 1623 la creazione della Congregazione Romana, di<br />

cui facevano parte Casamari, Casanova, Fossanova e altri monasteri<br />

del Lazio e dell'Abruzzo. Ebbero inizio così le relazioni fra Casamari<br />

e Casanova che durarono un secolo e mezzo circa. Durante questo<br />

tempo si intrecciarono scambi materiali e aiuti spirituali con generosa<br />

carità da ambo le parti. Casanova decadde e finì solo quando, per cause<br />

non ancora ben precisate, l'abbazia rimase isolata sia da Casamari che<br />

dalla congregazione calabro-lucana, alla quale era stata in seguito unita.<br />

Dopo un assenza così lunga i <strong>Cistercensi</strong> tornano oggi tra voi,<br />

non in veste di semplici e compiaciuti turisti, ma con scopi e intenzioni<br />

ben definite. Vi facciamo notare intanto che i <strong>Cistercensi</strong> sono<br />

duri a morire. «Comme les chènes les moines sont éternels », diceva<br />

Lacordaire: «I monaci sono eterni come le querce ». La fiamma ac- -<br />

cesa da Roberto a Citeaux non è ancora spenta, e il messaggio di<br />

Bernardo ci sembra più valido che mai: «Abbandono, umiltà, povertà<br />

volontaria, obbedienza, ma anche gioia e pace nello Spirito Santo ».<br />

Questa gioia e questa pace vorremmo comunicare a voi, cari<br />

Civitellesi, e ristabilire i vecchi legami di amicizia. La solidarietà che<br />

unì Casamari e Casanova per superare, con il reciproco aiuto, disagi<br />

e incertezze, deve rinascere ancora. Oggi più che mai noi <strong>Cistercensi</strong><br />

abbiamo la certezza di poter dire «qualcosa di nuovo e di antico»<br />

al mondo: e nella nostra meravigliosa esperienza monastica ci sembra<br />

di essere insostituibili. La ricerca più profonda di ogni essere umano,<br />

è una avventura che talvolta ci esalta e talvolta ci lascia sgomenti, ma<br />

rende straordinariamente divina la nostra esistenza. Vi confessiamo<br />

tuttavia che non siamo dei purosangue dell'ascetica cristiana: abbiamo<br />

cercato di inserirei nella società che ci circonda, prestando la nostra<br />

opera civilizzatrice e pacifica tra gente di ogni condizione e razza,<br />

con tutta semplicità ma con la massima determinazione.<br />

Venite a Casamari e vi renderete conto che i <strong>Cistercensi</strong> non<br />

sono pezzi da museo, ma è gente più viva che mai. Potrete ammirare<br />

una splendida abbazia che è uno dei capolavori dell'arte medioevale<br />

meglio conservati in Italia. Potrete rivivere forse, per alcune ore, nel-<br />

- 244-


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l'atmosfera in CUI VIssero i vostri antenati. Vi sembrerà insomma di<br />

essere un po' a casa vostra.<br />

Vi ringraziamo per averci accolti con onore e con affetto e vi preghiamo<br />

di invitarci ancora. Siamo ansiosi di farci maggiormente conoscere<br />

non solo nella nostra particolare veste bianconera, ma nella<br />

nostra vita, negli ideali che ci muovono e nella gioia che ci caratterizza.<br />

È quanto vi possiamo dare. Crediamo però che sia il meglio<br />

di noi stessi. Ma anche noi abbiamo bisogno del vostro aiuto. Non<br />

fraintendetemi. Siamo qui non per far raccolta di denaro o di viveri<br />

da devolvere per il bene del nostro monastero. Né ci servono abbazie<br />

abbandonate o immense tenute per la costruzione di chiese o di case<br />

religiose. Vi chiediamo di più: ci serve che qualcuno di voi abbia il<br />

coraggio di lasciare tutto per diventare cistercense. Vedete, non occorrono<br />

molte qualità: direi che basta la salute e molta buona volontà,<br />

oltre naturalmente all'invito da parte di Dio. Chissà quanti giovani<br />

hanno già sentito quest'attrattiva verso l'Assoluto, verso una vita<br />

più alta e un ideale più puro. Chiedete al Signore il dono della vocazione<br />

per voi e per le persone a voi care che ritenete adatte a questa<br />

vita. Siate sicuri che sarà un guadagno per tutti.<br />

E se veramente questo nostro desiderio dovesse realizzarsi, allora<br />

si che potremmo lavorare insieme con piani concreti per il bene<br />

di questa regione. Perché il mondo, nonostante il progresso e il benessere<br />

materiale, ha bisogno soprattutto di collaborazione e di amore.<br />

Da oggi vi consideriamo nostri veri amici e siamo certi che anche<br />

voi ci onorerete della vostra amicizia. E ognuno di voi possa ripetere<br />

nelle immancabili prove della vita la frase del re Filippo Augusto<br />

nella notte della battaglia di Bouvines: «So che i miei amici <strong>Cistercensi</strong><br />

sono in piedi e pregano per me ».<br />

Prende quindi la parola il rag. Nicola Santedicola che di queste<br />

rare giornate è stato il promotore e il mecenate. Appassionato e nostalgico<br />

figlio di Civitella residente a Firenze, egli ricorda gli anni<br />

quando fanciullo andava «a rubbà le cerasa a Do' Beniamino »; ed<br />

esprime concretamente il suo amore ai Civitellesi istituendo una borsa<br />

di studio per un ragazzo povero e meritevole, che sarà scelto da una<br />

apposita commissione locale. L'abate di Casamari, da parte sua, risponde<br />

al nobile gesto offrendo anch'egli una borsa di studio per un<br />

altro ragazzo di Civitella. I due candidati prescelti frequenteranno il<br />

corso completo di studi dal quarto ginnasio al terzo liceo classico nel-<br />

- 245-


l'Istituto-Convitto parificato che i monaci dirigono nell'abbazia di<br />

Casamari.<br />

A conclusione della serata, sono state proiettate e commentate<br />

da D. Anselmo e da D. Benedetto alcune serie di diapositive delle abbazie<br />

cistercensi di Casamari, di Piona (Como) e di Chiaravalle della<br />

Colomba (Piacenza) e delle Certose di Trisulti (Frosinone), Firenze<br />

e Pavia.<br />

La solenne funzione di ringraziamento, officiata dall'abate di Casamari,<br />

ha completato il vasto e vario programma delle «giornate civitellesi<br />

».<br />

7. CONGREGAZIONE DI CASAMARI<br />

Come annunciato nel n. 3, pago 139 di «Notizie <strong>Cistercensi</strong> »,<br />

durante la scorsa estate si è svolta l'ultima parte del Capitolo Generale<br />

Speciale della Congregazione di Casamari.<br />

I lavori iniziati il 14 luglio sono terminati il 12 settembre, con<br />

una breve interruzione dal 13 al 23 agosto.<br />

Questa parte finale del Capitolo Speciale voluto dal Concilio Ecumenico<br />

Vaticano Secondo, è stata la più lunga e laboriosa. In essa si<br />

son trattati molti problemi interessanti la Congregazione, e sono state<br />

prese decisioni che con l'aiuto di Dio si spera influiscano positivamente<br />

sulla vita monastica dei nostri monasteri, e possano produrre frutti<br />

copiosi di santità nell'animo dei singoli religiosi spronandoli a perfezionare<br />

di giorno in giorno il dono di se stessi al Signore.<br />

Mentre ci ripromettiamo di trattare ampiamente nei prossimi numeri<br />

qualcuno fra gli argomenti più interessanti, questa volta ci limitiamo<br />

a dare l'elenco (non del tutto completo) delle questioni dibattute<br />

in Capitolo.<br />

1 - Governo della Congregazione:<br />

a) Capitolo della Congregazione;<br />

b) Il consiglio maggiore della Congregazione;<br />

c) L'Abate Preside della Congregazione;<br />

2 - Governo dei Monasteri;<br />

3 - Dichiarazione sulla fisionomia e funzione della Congregazione di<br />

Casamari;<br />

4 - Clausura, raccoglimento, silenzio;<br />

- 246-


5 - Formazione dei candidati:<br />

a) postulantato;<br />

b) noviziato;<br />

c). chiericato;<br />

6 - Conferenze capitolari e capitolo delle colpe;<br />

7 - L'attività missionaria della Congregazione;<br />

8 - L'attività pastorale nelle parrocchie e in altri campi specializzati;<br />

9 - L'orario monastico in rapporto specialmente al lavoro dei monaci;<br />

lO - Gli strumenti della comunicazione sociale nell'uso dei monaci;<br />

Il - Nuovi esperimenti nella celebrazione dell'Ufficio divino;<br />

12 - L'abito monastico, nomi e appellativi dei monaci;<br />

13 - Problemi economici, specialmente in rapporto alla costituzione di<br />

un fondo comune della Congregazione;<br />

14 - Elezione del Consiglio Maggiore e dell'Economo Generale;<br />

15 Elezione della commissione degli studi;<br />

16<br />

Elezione<br />

stituzioni.<br />

della commissione incaricata della revisione delle Co-<br />

8. POLONIA<br />

Il rev.mo P. Benedetto Matejkiewicz, Abate di Wachock (Polonia).<br />

e Preside della Congregazione cistercense polacca ha celebrato il venticinquesimo<br />

della Sua consacrazione sacerdotale il 30 agosto U.S., con<br />

una solenne celebrazione eucaristica nella chiesa abbaziale di Szczyrzyc,<br />

sua città natale.<br />

Per la lieta ricorrenza Egli aveva invitato in Polonia l'Abate<br />

Preside di Casamari ed altri confratelli italiani ai quali è legato da<br />

amicizia fraterna.<br />

I confratelli italiani, trattenuti dai lavori del Capitolo Generale,<br />

non hanno potuto raccogliere il gentile invito. Ma uniti spiritualmente<br />

a lui, hanno ringraziato il Signore in unità di cuori ed hanno pregato<br />

perché al rev.mo abate Matejkiewicz siano concessi ancora lunghi anni<br />

di fervido lavoro per il bene della sua Congregazione e di tutto il<br />

caro popolo polacco.<br />

La redazione e tutta la famiglia di «Notizie <strong>Cistercensi</strong>» partecipa<br />

con animo sincero e fraterno.<br />

- 247


1. L'Innografo [ared<br />

Il monachesimo in Etiopia *<br />

Occorre notare innanzi tutto che la personalità di Jared oscilla<br />

tra il vero e il leggendario. La tradizione etiopica vede in lui il padre<br />

della innografia e l'iniziatore dei canti sacri. È venerato come santo nella<br />

chiesa etiopica. Visse nel secolo VI. Fu cresciuto ed istruito da un suo<br />

parente di nome Gedeone e raggiunse il sacerdozio. Una leggenda riferisce<br />

che, rapito in estasi, udì ed apprese le melodie dei Serafini<br />

che poi ripeté nella chiesa di Aksum davanti alla gerarchia e ai fedeli.<br />

Gli inni sacri di Jared sono raccolti in un grosso volume che si<br />

chiama « Digguà» e sono fondamentali per la conoscenza della liturgia<br />

etiopica. I modi musicali del canto attribuiti a Jared sono di tre<br />

specie: Gheez, Ezl e Ararai, che furono trasmessi per tradizione orale.<br />

Solo nel secolo XVI si procedette ad una specie di trascrizione ortografica.<br />

Il canto originato da Jared è accompagnato dal suono dei sistri<br />

e da danze originali, giunte fino ai nostri tempi.<br />

II. Il periodo oscuro dell'Etiopia<br />

Verso la fine del primo millennio dell'era cristiana, l'Etiopia precipita<br />

in una spaventosa crisi. Le ragioni sono politico-religiose.<br />

Nella parte orientale della nazione, verso il Mar Rosso, si registrò<br />

una marcata penetrazione musulmana. I Maomettani divennero padroni<br />

di tutta la zona costiera, anche se col versamento di particolari tributi<br />

riconoscevano la loro dipendenza dall'Etiopia cristiana. Tuttavia<br />

venne a mancare ai cristiani l'egemonia marittima che avevano goduto<br />

durante il periodo Aksumita, con il conseguente isolamento e la mancanza<br />

di comunicazioni con gli altri popoli dell'estremo Oriente. Solo<br />

gli sporadici contatti con la sede Alessandrina ed i pellegrinaggi in Terra<br />

Santa ci hanno conservato notizie frammentarie di questo sfortunato<br />

periodo.<br />

Le vicende più deplorevoli si verificarono però, con maggiori disastri,<br />

nell'Ovest del paese. Le popolazioni a sud del Nilo Azzurro, presero<br />

l'offensiva sotto la direzione di una crudelissima sovrana. Ciò spiega<br />

l'origine della leggenda della regina Giuditta. Per opera di costei il<br />

(*) Le precedenti puntate sono in Not. Cisto II (1969), fase. 2-3, pp. 46-48 e fase.<br />

4, pp. 40-46.<br />

- 248-


Regno Cristiano etiopico fu raso al suolo. Gli invasori distrussero le<br />

chiese, fecero schiavi i cristiani, crollò la dinastia reggente sostituita in<br />

seguito da quella degli Zaguè.<br />

III. La restaurazione dell'Impero con il contributo dei monaci.<br />

La lunga crisi che afflisse l'Etiopia cominciò a mutarsi in meglio<br />

verso la fine del secolo XIII. Per circa 115 anni, fino al 127 O, il regno<br />

fu nelle mani della dinastia degli Zaguè, ritenuta usurpatrice. Tuttavia vi<br />

furono sovrani di incontrastata rettitudine, tra cui emerse il santo costruttore<br />

delle chiese monolitiche: Lalibelà.<br />

Gli Zaguè erano di origine camitica, di religione ebraica con successiva<br />

propaganda religiosa cristiana. La loro tradizione monarchica<br />

era fondata sulla legge fratriarcale, per cui l'eredità passava dall'uno<br />

all'altro dei fratelli, per risalire infine ai figli del fratello maggiore.<br />

Con i sovrani di questa dinastia, il centro di gravità dello Stato<br />

si spostò nel mezzogiorno, nel Lastà, l'attuale regione del Wollò con<br />

capitale Rohà che poi prese il nome di Lalibelà. Il 1270 segnò la soppressione<br />

degli Zaguè e il ripristino della dinastia precedente. L'autore<br />

della soppressione degli Zaguè fu Jecunnò-Amlak. Egli si reputava discendente<br />

di Salomone e della Regina di Saba, e perciò continuatore dei<br />

sovrani spodestati dagli Zaguè.<br />

Il monachesimo giocò un ruolo di primo piano in questa restaurazione.<br />

L'ascesa dei Salomonidi fu opera e merito di un pio abate:<br />

Jesus Moà, superiore del monastero dell'Isoletta di S. Stefano di<br />

Haik e capo dell'intero monachesimo etiopico. Il sovrano seppe valersi<br />

dei successi dell'abate, al quale assegnò in compenso il terzo dei redditi<br />

delle terre che circondavano il lago.<br />

Una tradizione abbastanza accreditata afferma che il medesimo<br />

sovrano Jecunnò-Amlak stipulasse patti con l'Abate Teclé-Haimanot,<br />

discepolo di Jesus Moà, e cedesse un terzo dello Stato al monachesimo.<br />

Ciò è tramandato nel libro «Beele-Neghest» (= Ricchezza dei Re)<br />

redatto nel secolo XVI.<br />

IV. Crescente Fioritura Monastica<br />

Durante questo periodo l'Etiopia si popolò di monaci. I monasteri<br />

furono arricchiti di immensi possedimenti terrieri e di considerevoli<br />

privilegi. Per merito dei monaci, la Chiesa e lo Stato strinsero un vincolo<br />

di amicizia molto intenso. I monaci moltiplicarono l'attività missionaria<br />

specialmente nelle regioni meridionali e promossero lo studio<br />

- 249-


della letteratura etiopica. Il loro zelo nella predicazione fu un'arma efficace<br />

contro l'irrompente potenza maomettana. In compenso di tutta questa<br />

attività lo Stato fu munifico in tutti i sensi nei confronti del monachesimo.<br />

Le chiese ed i monasteri fondati con il contributo dello<br />

Stato durante questo periodo divennero proverbialmente numerosi.<br />

All'espansione monastica furono legate alcune prerogative e<br />

dignità. Infine alcune turbolente controversie posero fine allo sviluppo<br />

del monachesimo.<br />

Dopo il 1445, per interessamento del Negus Zer'à Jacob la dignità<br />

di Capo del monachesimo etiopico passò dal Wollò allo Scioà,<br />

dal monastero di S. Stefano di Haik a quello di Debré-Libanos.<br />

Al Superiore di Debré-Libanos fu conferita la dignità di Ecceghiè<br />

(che conserva fino ad oggi) e cioè capo del monachesimo etiopico, consigliere<br />

per quanto riguarda la disciplina dei monasteri, e spesso anche<br />

confessore del Sovrano. In pratica fu anche anteposto al vescovo straniero<br />

in questioni religiose. Ottenne perfino uno dei più ambiti onori:<br />

sedere alla destra del sovrano. Ma nel secolo scorso l'Imperatore Teodoro<br />

II restituì al vescovo questo diritto.<br />

Il monachesimo etiopico si distinse fin dal secolo XIV in due grandi<br />

rami: quello meridionale con a capo il monastero di Debré-Libanos;<br />

quello settentrionale patrocinato dall'abate Eustatewos (morto<br />

dopo il 1344). Tra le due correnti si svilupparono violente controversie.<br />

Eustatewos, pur di raccogliere successi nella predicazione tra le<br />

popolazioni Agaw giudaizzanti, credette conveniente adottare alcune<br />

usanze ebraiche. Infatti oltre la domenica fu riconosciuta la festività<br />

del sabato, come presso gli Ebrei. I monaci Scioani, i meridionali, i<br />

figli spirituali di Teclé-Haimanot (morto intorno al 1312) si schierarono<br />

per l'abrogazione del sabato.<br />

La controversia in breve si estese anche tra il popolo che fu propenso<br />

per la riforma di Eustatewos. La questione riemerse nel secolo<br />

successivo sotto il regno del grande Zer'à-Jacob (1434-1468). Anche<br />

questi proclamò l'obbligatorietà del riposo sabatino. Ordinò anche la<br />

proibizione della caccia e altre attività.<br />

V. Il movimento letterario<br />

I promotori<br />

1. Amde-sion I (1314-1344) e il figlio Seife-Ar'ed (1344-1371) furono<br />

i fautori più rinomati della letteratura etiopica nel secolo XIV.<br />

- 250-


La cronaca delle guerre di Amde-sion e la Ghebre-Neghest (= Gloria<br />

dei Re) di cui si parlerà. in seguito, sono tra gli esempi migliori di<br />

questa produzione.<br />

2. Una personalità inconfondibile resta il metropolita egiziano<br />

Abuna Salama che fu vescovo dell'Etiopia per quarant'anni (1350-<br />

1390). Uomo dottissimo, l'Abuna Salama fece di ogni monastero un<br />

centro di studi. Iniziò la revisione della Bibbia tradotta anticamente<br />

dal greco, servendosi della Volgata araba. Promosse anche altre traduzioni<br />

in Gheez. Realizzò una salutare riforma nel clero. Compi grandi<br />

sforzi per sedare e sradicare idee dissidenti che serpeggiavano nei monasteri.<br />

3. Ma uno dei più grandi luminari dell'Etiopia resta il Negus<br />

Zer'à Jacob asceso al trono nel 1434. Egli apprese la vasta cultura all'ombra<br />

dei monasteri: « ... tende ad imporre alla nazione una disciplina<br />

tutta conventuale ». Con la sua ferrea potestà restaurò l'unità politica<br />

e religiosa del paese. Rese obbligatorio l'insegnamento religioso<br />

nei conventi e nelle chiese, pena la fustigazione. Prescrisse 33 feste<br />

mariane. Regolò i digiuni.<br />

Per attendere con calma ai suoi studi scelse una località chiamata<br />

Debré-berhan, presso l'attuale monastero cistercense di M~ndida.<br />

Ha lasciato infine varie opere.<br />

Alcune delle principali opere letterarie<br />

1. Cronaca delle guerre di Amde-sion: L'opera fu composta da un ecclesiastico<br />

vissuto durante il regno di Arnde-sion (1314-1344). L'autore<br />

è testimone oculare delle vicende che racconta. Mostra una buona conoscenza<br />

della S. Scrittura di cui fa buon uso. Probabilmente doveva essere<br />

uno degli «ecclesiastici del campo» che officiavano le cappelle-tende<br />

durante le spedizioni militari.<br />

2. Il Gbebre-Negbest = La Gloria dei Re: Quest'opera fu scritta per<br />

celebrare la gloria della dinastia dei Salomonidi. Fu redatta da Isac,<br />

dignitario ecclesiastico di Aksum, circa quarant'anni dopo l'ascesa dei<br />

Salomonidi, tra il 1314 e il 1322. L'autore ha rielaborato ed unificato<br />

racconti, tradizioni, profezie apocalittiche oralmente tramandate tra i<br />

cristiani dell'Oriente.<br />

Tra le narrazioni che costituiscono il vanto degli Etiopi ricordiamo:<br />

l'incontro della Regina di Saba con Salomone, la nascita del loro<br />

- 251 -


figlio Menelik, il racconto della venuta di Menelik e il trasporto clandestino<br />

dell'Arca dell'Alleanza da Gerusalemme ad Aksum, l'incoronazione<br />

di Menelik re dell'Etiopia.<br />

Il Ghebre-Neghest è un documento di capitale importanza per<br />

la conoscenza dei sentimenti nazionali e religiosi degli Etiopi.<br />

3. Il « Libro dei Misteri del Cielo e della Terra »: Contiene rivelazioni<br />

fatte da un angelo al santo abate Beselote Micael. Ne fu autore il monaco<br />

Isac che si chiama discepolo di Beselote Micael. Queste rivelazioni,<br />

in genere di ordine pedagogico, sono in relazione con i « Libri Segreti»<br />

della Bibbia.<br />

4. La leggenda del profeta Habacuc: la più antica traduzione dall'arabo<br />

in etiopico. Risale al 1293.<br />

5. Il Sinassario: consiste in brevi narrazioni di vite di santi, da leggersi<br />

in ciascun giorno dell'anno. Corrisponde presso a poco al Martirologio<br />

dei Latini. Fu tradotto dall'arabo in etiopico dal monaco egiziano<br />

Simone durante il secolo XIV. In seguito fu rielaborato da autori etiopi<br />

con l'aggiunta delle solennità etiopiche. Secondo gli Etiopisti, grazie<br />

alla rielaborazione, «l'opera ha un originale interesse per la storia<br />

religiosa e civile del paese ».<br />

6. Il Sinodos: È il documento giuridico-religioso della Chiesa alessandrina,<br />

adottato e tradotto dall'arabo in etiopico verso la fine del secolo<br />

XIV. Insieme al Sinodos è conveniente ricordare anche la «Didascalia<br />

» per la sua importanza canonica.<br />

7. Il libro dei Miracoli di Maria = Taammeré Mariam: Cominciò<br />

a formarsi in Occidente fin dal secolo XII. Una di queste raccolte,<br />

compilata probabilmente in francese, fu tradotta in arabo nell'oriente<br />

latino fra il 1237-1289. La versione araba fu accolta dalla Chiesa<br />

copta d'Egitto. Durante il governo dell'imperatore Dawit I (1382-<br />

1411) entrò nella letteratura etiopica. In seguito fu arricchita di altri<br />

racconti tipicamente etiopici. Il Prof. Cerulli che l'ha studiata a<br />

fondo afferma che l'opera «ci conserva importantissime testimonianze<br />

di avvenimenti relativi in modo particolare al secolo XV ed addirittura<br />

brani di opere etiopiche a noi non direttamente pervenute ».<br />

8. Gli atti (Apocrifi) degli Apostoli = Gadla Hawariat: una interessante<br />

collezione tradotta dall'arabo. Un codice che attualmente è a<br />

Parigi fu copiato a Gerusalemme nel 1379.<br />

- 252-


9. I Libri dei Monaci = Mesahifte Menekosat: questa raccolta consta<br />

di tre libri ascetici, fondamentali per la formazione monastica. Sono opera<br />

di tre autori Siri: Giovanni Saba, Isacco di Ninive (entrambi del<br />

secolo VI) e Filosseno di Mabbog, di poco anteriore agli altri due.<br />

La versione etiopica è una traduzione dall'arabo che risale ai secoli<br />

XIV-XV. Infine ricordiamo le opere principali di Zer'à Jacob.<br />

lO. Il libro della luce (Meshafe Berhan) e il Libro della Natività:<br />

(Meshofe Milad): con questi volumi l'autore provvede alla riforma<br />

ecclesiastica. Combatte usi e costumi non conformi al cristianesimo etiopico.<br />

Emana energici decreti e disposizioni contro le pratiche magiche.<br />

Confuta le eresie dei cosiddetti Stefaniti (negatori del culto della Santa<br />

Croce e della venerazione della Madonna) e quella dei Micaeli ti (negatori<br />

della conoscibilità di Dio).<br />

11. Il libro dell'Essenza (Meshafe Bahriy) e la Custodia del Sacramento<br />

(Taaqbo Mestir): racchiudono ordinamenti rigorosi, il primo<br />

circa l'efficacia della Estrema Unzione o Olio degli Infermi, il secondo<br />

sulla cautela nell'amministrare l'Eucarestia.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

CERULLI ENRICO, La Letteratura Etiopica, Milano 1968.<br />

DEI SABELLI LUCA, Storia di Abissinia, Volume I, Ed. Roma ><br />

ABBA BURUK ~OLDEGABER<br />

Cistercense etiopico<br />

anno<br />

XIV.<br />

MONROE]ONES ANDELISABETH, a History of Ethiopia, Oxford 1960,21962, 31965, 41966.<br />

ULLENFORDE'DWARD,The Ethiopians, An Introduction to Country and People, Oxford<br />

1960, 21966, 31967.<br />

- 253-<br />


Premessa<br />

La parola è musica<br />

Milioni di uomini, per secoli, si sono affannati in una ricerca<br />

tormentosa, intorno all'etimologia delle parole, facendone risaltare le<br />

sfumature più delicate. Pochi però si sono interrogati circa la « parola »,<br />

questo mezzo preziosissimo di comunicazione che l'Onnipotenza divina<br />

ci ha donato. I filosofi parlano di segno; ma che cosa è questo segno? Il<br />

celebre avvocato Francesco Carnelutti, meditando sul mistero della parola,<br />

così si esprime: «Da sessant'anni io faccio l'avvocato, e questo vuol<br />

dire far uso delle parole, un ponte per colmare la tremenda frattura<br />

che esiste tra uomo e uomo, soprattutto quando uno giudica e l'altro<br />

è giudicato; come mai non mi sarei domandato un giorno: ma che cosa<br />

è dunque questo strumento che il Signore mi ha messo tra le mani?<br />

Naturalmente per arrivare a capirne qualcosa, io dovevo leggere il<br />

Vangelo. Per me non c'è fonte più pura del sapere, che i discorsi del<br />

Cristo. Ora tra codesti discorsi ce ne sono alcuni che rispondono proprio<br />

alla domanda proposta poco fa. La virtù della parola è la virtù<br />

del seme. Cosa nasce da questo seme? Un miracolo. È il miracolo<br />

intuito dal centurione: "Sed dic tantum verbo et sanabitur servus<br />

meus "; il miracolo che il Centurione stesso era capace di operare<br />

quando diceva a uno dei suoi soldati: "va" ed egli andava, " vieni" ed<br />

egli veniva. Come si spiega codesta virtù? Quando il Maestro ha voluto<br />

chiarire a Nicodemo la differenza tra la carne e lo spirito, gli ha<br />

detto: "Lo Spirito non sai né donde viene né dove va, ma ne odi il<br />

suono" » (1). Da quanto ci dice il Carnelutti, ci accorgiamo che non<br />

basta presentare la parola come un segno: bisogna aggiungere che<br />

è un segno sonoro. A questa conclusione, si è arrivati dopo lunghe<br />

e laboriose esperienze.<br />

Parola-musica.<br />

La tecnica moderna, per mezzo di strumenti elettronici, è arrivata<br />

a scomporre le parole lettera per lettera, con una analisi simile a quella<br />

che ha portato alla frattura dell'atomo. Ecco quanto ci dice P. Ernetti<br />

sulla parola: «La parola possiede le qualità sufficienti e necessarie per essere<br />

musica: infatti la parola possiede toni di differente efformazione,<br />

(1) F. CARNELUTTI. Prefazione al Saggio Fonico-musicale di P. Ernetti - Fondazione<br />

G. Cini - Venezia.<br />

- 254-


possiede qualità sonore nei singoli suoni (intensità, altezza e timbro), e<br />

infine possiede la sinteticità melodica polarizzata intorno alla sillaba accentata,<br />

che unisce e fonde in un tutto melodico la parola, dandole non<br />

solo un significato di idea ut sic, ma anche un significato musicale. La<br />

parola, quindi, può essere considerata un perfettissimo microcosmo musicale<br />

e, per ciò stesso, la cellula generatrice della musicalità del discorso,<br />

a conferma di quanto diceva il Capella, che la chiamava seminarium<br />

musices » (2).<br />

L'analisi elettronica ci dice che le vibrazioni di una vocale o consonante<br />

sono del tutto differenti da quelle di un'altra vocale o consonante,<br />

non solo per quanto riguarda il movimento ma anche e soprattutto<br />

per quanto riguarda la differenza numerica caratterizzata da una<br />

varietà di cicli tipici o armonici che formano le varie lettere. Il nostro<br />

orecchio, purtroppo, non riesce a percepire tutti i fattori che concorrono<br />

a formare la fisionomia acustica della singola lettera, ma percepisce<br />

solo il tutto, cioè l'insieme di questi elementi che determinano il<br />

suono. « Noi distinguiamo una vocale o consonante, in quanto differente<br />

da altre, precisamente perché questo determinato fonema è costituito da<br />

altri fonemi; inoltre, importa moltissimo per valutare la musicalità<br />

del singolo fonema componente la parola, sapere perché una vocale<br />

è aperta o chiusa. Fondandomi sulla oscillazione elettronica, credo di<br />

poter dire che una vocale è aperta precisamente perché i suoi periodi<br />

regolari o ciclici sono più numerosi, più ricchi di armonici. La vocale<br />

invece è chiusa perché i periodi regolari e tipici sono meno numerosi,<br />

con pochi armonici. E' interessante notare, ancora, che la durata di una<br />

vocale è in rapporto diretto con l'accentuazione. Infatti nella vocale<br />

accentata si osservano più numerosi i cicli periodici delle vibrazioni» (3).<br />

Da quanto abbiamo ascoltato segue che noi percepiamo una vocale<br />

più o meno lunga proprio per la presenza di cicli periodici più o meno<br />

vibra tori. Questo in qualche modo cercava di spiegare Prisciano<br />

quando diceva che nella parola «Roma» l'accento cade su «Ro »,<br />

poiché «plus sonat». Ora possiamo dire che il singolo fonema,<br />

la singola sillaba, la parola, sono musica e possiedono perfetta musicalità<br />

perché possiedono le prerogative necessarie richieste dal concetto<br />

di musica. Sentiamo ancora ciò che dice P. Ernetti: «Ma, si<br />

dirà, è possibile parlare di musica, e quindi anche di musicalità di un<br />

fonema, di una sillaba, di una parola, quando non sussiste la diversità<br />

(2) P. ERNETTI. Parola-mus-ritmo. Fondazione G. Cini - Venezia.<br />

(3) P. ERNETTI. Parola-mus-ritmo. Fondazione G. Cini - Venezia.<br />

- 255-


tonale delle note? Sta proprio qui, credo, lo sbaglio fondamentale di<br />

coloro che negano la musicalità della parola. Il loro sbaglio cioè, sta<br />

nel falso concetto che hanno della musica. Credono che non sussista<br />

musica se non per la presenza di successione di note a intervalli più<br />

o meno congiunti. Ma non è cosi. Musica è successione di vibrazioni<br />

sonore disposte in movimento ordinato mediante le qualità fisiche del<br />

suono, e come tali percepite dal nostro orecchio e dalle nostre facoltà<br />

psichiche e intellettive» (4). Dopo tutto ciò che si è detto avanti, è<br />

chiaro che le parole posseggono un significato melodico. Nel parlare<br />

abbiamo una alternanza sonora e musicale dataci da elementi formanti<br />

sillabe accentate che posseggono maggiore intensità e quantità di vibrazioni<br />

sonore, ed elementi formanti sillabe atone che posseggono minore<br />

intensità di vibrazione. Possiamo affermare con certezza che,<br />

quando noi parliamo o leggiamo un brano sullo stesso tenore, non solo<br />

recitiamo ma, soprattutto, cantiamo. Seguendo attentamente i risultati<br />

degli apparecchi elettronici, si presenta ai nostri occhi un fenomeno<br />

meraviglioso: vediamo che tra un fonema e l'altro, cioè, tra la lettera<br />

precedente e quella seguente, non c'è un vuoto, come illusoriamente<br />

ci suggerisce il nostro orecchio, ma si nota una zona di compenetrazione<br />

di varie onde sonore, tanto che lo strumento non segna mai<br />

zero. Abbiamo detto precedentemente che ogni suono differisce dall'altro<br />

non solo per la maggiore o minore quantità di vibrazioni, ma anche<br />

per la diversa espressività che uno dà alla parola. Se non esistessero queste<br />

differenze musicali, noi non percepiremmo mai le sfumature sonore<br />

che passano tra una parola pronunciata in senso interrogativo e una<br />

in senso esclamativo, tra una espressione di gioia e una di dolore. Quindi,<br />

la parola è musica indipendentemente da come viene dizionata.<br />

Anche quando noi non ci pensiamo, l'unità musicale della parola, spontaneamente,<br />

ci dètta leggi di esecuzione. « L'unità dell'idea prodotta in<br />

noi dalla parola è causata dal fatto che la parola possiede in se stessa<br />

intrinsecamente una unità musicale, formata da più elementi musicali,<br />

che sono i vari fonemi concorrenti alla formazione della parola stessa.<br />

Ogni fonema ha una struttura intrinsecamente e sostanzialmente differente<br />

dagli altri. Ogni fonema, ogni sillaba, ogni parola, ogni frase<br />

del nostro linguaggio, sono elementi di comunicazione, unicamente perchè<br />

sono segni sonori e musicali, in quanto possiedono tutti i requisiti<br />

strutturali ed essenziali del segno sonoro e musicale» (5).<br />

(4) P. ERNETTI, O.C. - Venezia.<br />

(5) P. ERNETTI, o.c. - Venezia.<br />

ì<br />

256 -


Conclusione.<br />

Concludo riportando ancora le parole di F. Carnelutti: «Sotto<br />

l'A e 1'0 pronunciata dal bambino che comincia a parlare, sta una<br />

moltitudine di elementi, la cui scoperta ci lascia stupefatti. Ma quello<br />

che costituisce la maggior meraviglia, è che tali elementi si uniscono<br />

l'uno con l'altro, così che dall'unione delle lettere nasce la sillaba, dall'unione<br />

delle sillabe il vocabolo, dall'unione dei vocaboli la frase e via<br />

dicendo. L'analisi elettronica è riuscita a stabilire che tra lettera e lettera,<br />

tra sillaba e sillaba, tra vocabolo e vocabolo non c'è il nulla,<br />

ma qualcosa che non si riesce a definire » (6) . Tornano così le parole<br />

di Gesù: «Lo Spirito non sai donde viene né dove va, ma ne odi<br />

il suono ».<br />

DON ILDEBRANDO DI FULVIO, O. Cisto<br />

L'ardore mistico non è un lusso. Senza di esso, la vita morale<br />

rischia di essere un cammino all'indietro, l'ascesi si trasforma in<br />

aridità, la docilità in letargo, le pratiche religiose diventano "routine,"<br />

ostentazione, paura.<br />

De Lubac, Sur les cbemins de Dieu, pago 193<br />

(6) F. CARNELUTTI.Prefazione al Saggio Fonico-musicale di P. Ernetti. Fondazione<br />

G. Cini - Venezia.<br />

- 257-


Iean De La Croix Bouton O.C.S.O.<br />

STORIA DELL'ORDINE CISTERCENSE<br />

(Settima Puntata)<br />

PRIMA PARTE<br />

Fondazione dell'Abbazia di Citeaux<br />

(1098 - 1109)<br />

Molesme e San Roberto.<br />

Motivi della fondazione di Citeaux<br />

Di tutte le fondazioni dell'XI secolo nessuna conobbe una gloria<br />

paragonabile a quella del Nuovo Monastero costruito tra le foreste di<br />

Citeaux. Le ragioni di questo prodigioso successo saranno studiate jiù<br />

avanti. Ora ci preme esaminare il posto di Citeaux in quel grande movimento<br />

di rinnovamento monastico. Citeaux fu un'istituzione unica,<br />

« inaudita », senza precedenti negli annali del monachesimo? Ovvero<br />

la sua fondazione era stata preparata, prefigurata da quella di Molesme,<br />

di modo che il Nuovo Monastero sarebbe le restaurazione dell'opera<br />

di Molesme, decaduta o abortita? Altre teorie, più mitigate, sono<br />

state proposte allo scopo di spiegare la genesi cistercense. Ciascuna contiene<br />

una parte di verità. Noi cercheremo, prima d'ogni altra cosa, di<br />

mettere in evidenza l'opera di S. Roberto a Molesme, quest'illustre abbazia<br />

che un benedettino del XII secolo, Pietro di Celle, ha qualificata<br />

con l'appropriata immagine di «una robusta gallina che ha<br />

dato vita a tutto il pullulare cistercense ».<br />

La vita di S. Roberto, fondatore di Molesme, fu lunga e piuttosto<br />

movimentata. In qualche punto non è stata ben chiarita. Il ben noto<br />

lavoro del P. Seraphin Lenssen (Westmalle, 1937) ne dà le fonti. Qui<br />

seguiamo, come base della nostra esposizione, la fondamentale opera<br />

di M. J. Laurent, Cartulaire de Molesme, Parigi 1911, 2 vol., introduzione<br />

e testo, che correggeremo quando sarà necessario alla luce<br />

di ricerche più recenti.<br />

Roberto nacque nella Sciampagna verso il 1029 dai baroni Thierry<br />

ed Ermengarda, e da sua madre, donna molto pia, fu offerto al Si-<br />

- 258-


gnore sin dalla nascita. All'età di quindici anni entrò nel monastero di<br />

Montier-la-Celle presso Troyes. Ne divenne subito priore, e verso<br />

il 1069, per la sua crescente reputazione, dai monaci di S. Michel-de-<br />

Tonnerre fu scelto come loro abate. Non molto lontano da questa<br />

abbazia, nella foresta di Collan, vivevano alcuni eremiti, i quali, desiderosi<br />

di essere formati alla vita monastica, misero gli occhi addosso<br />

all'abate di S. Michel. Roberto avrebbe accondisceso volentieri alla loro<br />

richiesta, ma i suoi monaci si opposero. Poco dopo, comunque, in seguito<br />

ad alcune difficoltà con questi ultimi, egli li abbandonò ugualmente<br />

e tornò a Montier-la-Celle. Gli fu subito affidato il priorato di<br />

S. Ayoul-de-Provins, dipendente da Montier-la-Celle. Nel frattempo<br />

due degli eremiti di ColIan, che avevano domandato Roberto come superiore,<br />

si rivolsero alla S. Sede e dal Papa ottennero che fosse loro<br />

abate. Egli li iniziò alla vita monastica, e in seguito, data l'impraticabilità<br />

del luogo in cui vivevano, ottenne dai signori di Maligny - forse<br />

i suoi stessi genitori - l'allodio boscoso di Molesme. La fondazione data<br />

il 20 dicembre 1075.<br />

Fondazione di Molesme.<br />

Il documento redatto qualche settimana più tardi alla presenza di<br />

numerosi testimoni, tra cui Tesselino il Rosso, forse il padre di S. Ber- .<br />

nardo, nota che l'allodio veniva donato a Dio, alla Beata Vergine e ai<br />

fratelli che in quel luogo si sarebbero dedicati al loro servizio. A questo<br />

punto della vita di S. Roberto vogliamo soffermarci un istante<br />

sulla sua figura dolce e simpatica. Dedito al servizio del Signore sin<br />

dalla fanciullezza, era un uomo di Dio, ritenuto adatto a guidare gli<br />

altri sulla via della perfezione; lo si vede difatti quando gli eremiti<br />

di Collan e i monaci di Tonnerre se lo contendono. A Molesme sarà<br />

un direttore spirituale molto ricercato anche da elementi femminili, e<br />

si vedrà Maestro Brunone, professore a Reims, e due suoi discepoli<br />

venire a mettersi sotto la sua guida. L'erezione di Sèche-Fontaine, concessa<br />

da Roberto a Brunone nel 1082, sarà un primo tentativo della<br />

«vita certosina».<br />

Non si mostrava un riformatore austero e intransigente, e non trovava<br />

difficoltà a tirarsi indietro e sparire. D'altro canto fu un grande<br />

organizzatore, ed oggi a torto gli si rimprovererebbe di aver mancato<br />

di fermezza nel governo del suo monastero. Cosa avvenne esattamente?<br />

I primi anni di Molesme furono durissimi. La Vita Roberti racconta<br />

che i monaci mancando di pane dovevano accontentarsi di legumi. Il<br />

vescovo di Langres, in una sua visita al monastero nel 1083, mosso a<br />

- 259-


compassione lanciò un appello alla carità dei suoi vassalIi. Da quel<br />

momento tutto cambiò. I signori, soprattutto il duca di Borgogna e<br />

il conte di Troyes, moltiplicarono donazioni di terre ed elemosine, tanto<br />

che già nel 1084 iniziarono le fondazioni. L'autore del Cartulaire,<br />

M. Laurent, ha creduto poter distinguere nella storia di Molesme tra<br />

i tempi eroici dei primi anni in cui Roberto e i suoi monaci osservavano<br />

la Regola di S. Benedetto alla lettera, come più tardi i <strong>Cistercensi</strong>,<br />

e un secondo periodo in cui Roberto avrebbe ceduto alla corrente<br />

irresistibile degli usi contemporanei. Ma il P. Othon Ducourneau, nelle<br />

sue Origines cistercienses, ha dimostrato che « soltanto molto tempo<br />

dopo la fondazione i più zelanti dei monaci di Molesme pensarono di<br />

osservare la Regola in tutto il suo rigore ». Questa tesi, alla quale in<br />

seguito ha aderito anche M. Laurent (Annales de Bourgogne, t. VI<br />

1934, p. 229), è più conforme ai dati forniti dal Cartolario. Non vi si fa<br />

accenno alla Regola di S. Benedetto, agli inizi. Le donazioni sono, sì,<br />

terre, ma anche chiese, entrate di parrocchie, decime, villaggi, servi, ecc.,<br />

tutte cose che i <strong>Cistercensi</strong> rigetteranno. A Molesme si trovano anche<br />

ragazzi, prebendati in abito secolare e « religiosi» che vivono in case<br />

particolari. L'abbazia non godeva dell'esenzione e dipendeva dal vescovo<br />

di Langres, mentre l'organizzazione interna era nettamente cluniacense<br />

(cfr. Laurent, op. cit., paragrafi dedicati all'abate e ai dignitari). La<br />

stessa cosa era dell'organizzazione generale di tutta la congregazione<br />

di Molesme, che nel 1098 contava circa trentacinque priorati (e giunse<br />

fino al numero di sessantacinque), prescindendo dalle grangie, dalle<br />

piccole Cellae e dai priora ti di monache. Questo rapido aumento dei<br />

possedimenti di Molesme in pochi anni fece passare l'abbazia dalla più<br />

rigorosa povertà all'abbondanza e all'opulenza; il che tornò senza dubbio<br />

a detrimento della vita monastica. L'abbazia si trovò impigliata<br />

nella società feudale e immischiata negli affari del secolo. I documenti<br />

di Molesme hanno conservato il ricordo di grandi convegni feodali<br />

tenuti nell'abbazia sin dal 1084. «Queste ripetute riunioni della nobiltà<br />

feodale a Molesme mostrano con sufficiente chiarezza quale fu il<br />

lustro del monastero governato da S. Roberto; rivelano la notorietà e<br />

la reputazione di Molesme, meglio di qualsiasi altra cosa ». (M. Laurent,<br />

op. cit., I, 143).<br />

Divergenze in seno alla comunità.<br />

Dietro questa esteriorità di splendore si nascondeva tuttavia qualche<br />

difetto. Il principale era la mancanza di unione in seno alla comunità.<br />

Le vocazioni affluivano numerose, ma non tutti i monaci era-<br />

- 260-


Firenze - Cbiostro restaurato dell'antica abbazia cistercense di S. Maria Maddalena De' Pazzi<br />

(crf. Not. Cisto 1970-3, pago 141-144)


Firenze - Interno dell'antica Chiesa cistercense di S. Maria Maddalena De' Pazzi, restaurata<br />

dopo l'alluvione de 4 novembre 1966 (erf. Not. Cist. 1970-3, pago 141-144)


no animati allo stesso modo dallo spirito di Dio. Molti si adagiavano in<br />

una vita facile, favorita dall'abbondanza dei beni. Altri deploravano le<br />

alterazioni che si facevano alla Regola.<br />

Il periodo che va dal 1090 alla fondazione di Citeaux resta purtroppo<br />

oscuro. I dati della Vita Roberti non sono molto sicuri e i<br />

cronisti che parlano di Citeaux non sono sempre oggettivi. Possono dìstinguersi<br />

due episodi o, se si preferisce, due crisi:<br />

1.0 - Roberto, che presiedeva con saggezza a questa organizzazione<br />

sempre più complicata provò a raddrizzare la disciplina claustrale. Le<br />

sue osservazioni furono accolte male, ed egli come aveva fatto già in precedenza,<br />

imitando S. Benedetto allorché abbandonò i monaci di Vicovaro,<br />

non insisté oltre e si ritirò a Aux presso un gruppetto di eremiti<br />

che lo elessero subito abate. Ciò avvenne verso il 1090. Ma i monaci di<br />

Molesme si pentirono e, facendo ricorso alla S. Sede, riottennero il loro<br />

abate. La vita regolare riprese. Nel 1095 Roberto fece un lungo viaggio<br />

nelle Fiandre, dove ottenne ancora donazioni. Il 17 giugno, tra le acclamazioni<br />

dei baroni e del popolo il conte di Saint-Pol insediò i monaci<br />

di Molesme nel priorato di Lucheux e consegnò a Roberto le decime di<br />

Lucheux e di Sercuin e il villaggio di Neuvillette.<br />

2.0 - Nel frattempo a Molesme non regnava la pace. Alcuni monaci<br />

ardimentosi, soprattutto il priore Alberico, trovavano insufficiente la disciplina<br />

ristabilita a Molesme. Se ne rendeva conto anche Roberto. Si<br />

può dar credito a Guglielmo di Malmesbury, contrario a Roberto,<br />

quando scrive che due religiosi, la cui scienza quadrava con la loro<br />

virtù, furono scelti perché studiassero lo spirito dell'autore della<br />

Regola e l'esponessero agli altri, e che l'abate Roberto fece ricorso a<br />

ogni mezzo per ottenere l'adesione di tutta la comunità (Gesta Regum<br />

Angl. Lib. IV P.L. 179, 1288). Ulderigo Vitale immagina perfino il<br />

discorso di Roberto e le obiezioni dei monaci. C'erano stati già dei<br />

tentativi di secessione, e in questa occasione la maggioranza si rifiutò<br />

di cambiar costume. Secondo la Vita Roberti, Alberico (forse non<br />

ancora priore: si conoscono di questo periodo solo i priori Adamo<br />

e Raoul), Stefano ed altri due s'erano ritirati nella solitudine di<br />

Vinicus (forse Aigny, sulla Costa d'Oro). Nello stesso tempo (prima<br />

del 1094), riferisce un'antica cronaca di Savoia, «due austeri<br />

monaci, col permesso del loro abate, partirono dall'abbazia di Molesme<br />

per andarsene eremiti in luogo più solitario, al fine di starsene<br />

fuori del mondo». Si stabilirono a Aulps nel Chiablese. Nel 1097,<br />

prima del 12 marzo, S. Roberto eresse la cella di Aulps ad abbazia.<br />

La carta su cui figura come priore Alberico riferisce che i fratelli di<br />

- 261-


Aulps, desiderosi di seguire con più rigore i precetti di S. Benedetto<br />

e bene istruiti nella sua Regola, avevano chiesto un abate.<br />

Intanto a Molesme continuavano le discussioni senza che si giungesse<br />

a risultati concreti. Ciò che i ben pensanti desideravano era<br />

una vita separata dal mondo e conforme alla povertà monastica, quale<br />

era stata determinata da S. Benedetto. Ma non era facile cambiare<br />

l'organizzazione esistente. Allora, l'abate Roberto, il priore Alberico e<br />

qualcun altro, tra cui Stefano Harding, decisero di costruire un nuovo<br />

monastero, dove potessero seguire la Regola secondo il loro desiderio.<br />

Vedremo più avanti come si arrivò alla partenza di Roberto con<br />

ventuno monaci e alla fondazione di Citeaux il 21 marzo 1098.<br />

Ultimi anni di Roberto.<br />

Quando Roberto rientrò a Molesme (dopo il luglio del 1099), una<br />

gran folla accorse a festeggiare il suo ritorno. Nonostante i suoi più<br />

che settanta anni, riprese con mano ferma il governo dell'abbazia e vi<br />

esplicò una grande attività, di cui il Cartolario di Molesme permette<br />

di seguire le tappe.<br />

Nel 1102 ottiene dal vescovo di Langres una carta che enumera<br />

e conferma tutti i possedimenti di Molesme nella diocesi di Langres.<br />

Oltre l'abbazia, vi si contano sessantasei chiese o cappelle, compreso<br />

Saint-Didier, che Roberto aveva chiesto da poco. La carta, concessa il<br />

17 agosto 1101, chiama Roberto vir religiosus, e la sua abbazia religiosissimus<br />

molismentium conventus.<br />

Il 2 aprile 1104, l'abate di Molesme prende parte al Sinodo nazionale<br />

di Troyes, insieme a una folla di arcivescovi, vescovi e abati,<br />

e riceve cospicue donazioni dal conte di Sciampagna. Qualche giorno<br />

dopo, la domenica di Pasqua, a Molesme si tiene un convegno feodale,<br />

e l'abate e i monaci sono elogiati per la magnifica' accoglienza fatta<br />

ai baroni.<br />

Col passar degli anni l'attività dell'abate non scende di ritmo.<br />

Vengono fondati numerosi priorati, e uno di essi, Chàtenois, viene eretto<br />

ad abbazia (verso il 1107). Ne11110, alla presenza degli abati di Aulps,<br />

di Balerne e di Pothières, Roberto a Molesme dichiara la giurisdizione<br />

dell'abbazia di Aulps su Balerne e la giurisdizione di Molesme sull'una<br />

esulI' altra.<br />

Roberto morì, ancora in carica, all'età di ottantatré anni (17 aprile<br />

1110), e fu inumato con gran pompa nella chiesa abbaziale. Fin da<br />

allora ebbe inizio una lunga serie di guarigioni miracolose che rendono<br />

testimonianza alla sua santità.<br />

- 262


Roberto fu un grande abate. Malgrado le prove che ne contrassegnarono<br />

la vita, come quella di tutti i grandi servi di Dio, lasciò<br />

alla sua morte un'opera molto fiorente che durò fino alla rivoluzione.<br />

Ne aveva fondato anche un'altra, di cui non gli fu concesso di vedere il<br />

prodigioso sviluppo, ma che lo rivendica parimenti come suo pnma<br />

Padre, benché sotto altro titolo.<br />

FONDAZIONE DEL NUOVO MONASTERO<br />

OPERA DI S. ROBERTO<br />

Non abbiamo un racconto storico veramente completo e oggettivo<br />

della fondazione" del Nuovo Monastero nella foresta di Citeaux. Tra le<br />

fonti cistercensi, il testo chiamato Exordium Cistercii è troppo succinto,<br />

l'Exordium parvum è soprattutto la storia di un ideale, l'Exordium<br />

magnum, molto più tardivo, cede alla tentazione di fare della<br />

letteratura. Tra le fonti non cistercensi, Guglielmo di Malmesbury,<br />

sembra un po' parziale e Ulderico Vitale più o meno romanzato. La<br />

Vita Roberti, del XIII secolo, presenta una versione diversa da tutte<br />

le altre fonti: Alberico e Stefano, dopo il soggiorno a Vinicus, sarebbe<br />

ro andati a stabilirsi a Citeaux, dove Roberto, sentendo parlare della<br />

loro vita santa, li avrebbe raggiunti con ventidue compagni. Noi seguiamo<br />

l'Exordium paruum, che nella sua brevità resta il testo più<br />

completo, malgrado qualche lacuna che il Cartolario di Citeaux consente<br />

di colmare parzialmente.<br />

Verso l'inizio dell'anno 1098, S. Roberto, abate di Molesme, accompagnato<br />

dai confratelli Alberico, Odone, Giovanni, Stefano, Letaldo<br />

e Pietro, si recò a Lione dall'arcivescovo Ugo da Die, legato della<br />

Santa Sede, e gli dichiarò che da quel momento essi intendevano osservare<br />

più strettamente e più perfettamente la Regola di S. Benedetto,<br />

perché fino allora l'avevano seguita con tiepidezza e negligenza. A tale<br />

scopo imploravano l'assistenza del Legato. Chiedevano l'aiuto del Legato<br />

non per la riforma del loro monastero, quanto piuttosto per<br />

la costruzione di un nuovo edificio. Il Legato prese del tempo per riflettere<br />

e poi inviò loro una lettera in cui esaudiva il loro pio desiderio.<br />

Tale documento ha un'importanza capitale per la storia degli inizi di<br />

Citeaux. Senza far alcun rimprovero ai religiosi di Molesme, autorizza<br />

Roberto e i compagni, come pure tutti coloro che questi di comune<br />

- 263-


accordo decideranno di unire a sé, a ritirarsi in un altro luogo che la<br />

divina bontà loro designerà. Il Legato regolava così con prudenza e<br />

saggezza « la salute delle due parti, di quelli che partivano e di quelli<br />

che restavano ». Ciò significava riconoscere il genere di vita degli uni<br />

e degli altri. Non vi era indicato il luogo, ma è probabile che Roberto<br />

ebbe in merito un colloquio col visconte di Beaune, suo parente, già al<br />

suo ritorno da Lione, perché ora che la partenza era stata decisa bisognava<br />

affrettarsi.<br />

Non deve stupire il fatto che soltanto cinque monaci si recarono<br />

a Lione con l'abate e il priore per ottenere la desiderata autorizzazione.<br />

Roberto di solito si spostava' con una piccola scorta di monaci o servitori,<br />

i quali ricoprivano le funzioni di cappellano, di notaio e di ciambellano.<br />

Rientrato a Molesme, Roberto rese nota la decisione favorevole del<br />

Legato e scelse nella comunità coloro che volevano associarsi al suo<br />

disegno. Poco più di due anni prima, il 29 novembre 1095, il Papa<br />

Urbano II aveva posto Molesme sotto la protezione della S. Sede, ne<br />

aveva confermato i possedimenti ed aveva concesso alla comunità la<br />

facoltà di eleggersi l'abate liberamente. In forza di questo privilegio,<br />

il monaco Goffredo fu eletto abate da quelli che restavano ed insediato<br />

dal vescovo di Langres.<br />

Arrivo a Citeaux.<br />

Roberto e ventuno compagni s'erano già messi in cammino verso<br />

la foresta di Citeaux, « luogo coperto di boschi impenetrabili e di foreste<br />

fitte di spine - dice l'Exordium parvum - inaccessibile agli<br />

uomini e pullulante di bestie feroci ».<br />

Il che non è esatto. La carta di fondazione, infatti, che termina<br />

con un ragguaglio degli anni 1134-1143, ci informa che l'allodio di<br />

Citeaux era abitato da qualche famiglia di servi (almeno due), che lo<br />

coltivavano. E una frase, in verità ambigua, sembra perfino suggerire<br />

che una cappella dedicata alla Vergine esisteva già nel 1098 e che fu<br />

questa la prima chiesa dei religiosi venuti da Molesme (J. MARILIER,<br />

Les débuts de l'abbaye de Clteaux, in Mémoires ... 1955, p. 120). Il<br />

visconte di Beaune, Rainaldo, e la consorte Odierna di Montmorot, proprietari<br />

dell'allodio, ne donarono la parte nord. Quanto alla chiesa, i<br />

monaci non vollero accettarla dalle mani di un laico; allora il visconte<br />

l'abbandonò e i monaci cominciarono ad utilizzarla per il culto divino.<br />

L'arrivo a Citeaux è datato dall'Exordium magnum il 21 marzo, festa<br />

- 264-


di S. Benedetto, che in quell'anno 1098 cadeva nella domenica delle<br />

Palme.<br />

Il Legato Ugo da Die, che con zelo infaticabile si diede a promuovere<br />

in tutta la Francia la riforma del clero e che aveva approvato il<br />

passo di Roberto, vedeva l'opera iniziata a Citeaux con occhio così favorevole<br />

che scrisse al duca di Borgogna, Odone I, pregandolo di accordare<br />

la sua protezione ai religiosi del Nuovo Monastero e di aiutarli economicamente.<br />

Il duca, essendo molto legato a Roberto, ascoltò volentieri<br />

la preghiera. E' senza dubbio in seguito a questa lettera e allo scopo<br />

di aiutare i monaci che egli acquistò da Rainaldo la seconda parte<br />

dell'allodio di Citeaux al prezzo di venti scudi e qualche vigna a<br />

Beaune e ne fece dono al Nuovo Monastero. Rainaldo, tuttavia, manteneva<br />

a Citeaux due servi e una serva e la terra necessaria al loro sostentamento<br />

«secondo la decisione del duca, del visconte, dell'abate<br />

Roberto, e di Odierna di Montmorot se desidera unirsi a loro ».<br />

Nessun documento della fondazione di Citeaux riporta nei dettagli la formazione<br />

del patrimonio che, a quanto sembra, si costituì in due-tre<br />

atti. Abbiamo soltanto notizia dell'esistenza di un primo monastero<br />

nella parte nord dell'allodio, sul luogo chiamato oggi La Forgeotte,<br />

che più tardi da S. Alberico fu trasferito a mezzo miglio a sud, nell'attuale<br />

sito. L'Exordium parvum dice solamente che il duca fece terminare<br />

a proprie spese il monastero di legno iniziato dai monaci, senza<br />

precisare se si trattava della costruzione sulla prima o sulla seconda area.<br />

I servi e la terra che il visconte Rainaldo si era riservati verranno<br />

donati all'abbazia molto più tardi, tra il 1134 e il 1143.<br />

Secondo l'Exordium magnum, Roberto fu insediato canonicamente<br />

a Chalon dal vescovo Gualtiero, ma fu a Citeaux che i monaci<br />

venuti da Molesme rinnovarono la professione religiosa nelle mani del<br />

loro abate e promisero la loro nuova stabilità, secondo una formula che<br />

ci è stata tramandata (Paris, Bibl. Nat. Lat. 4221 fi) 2v).<br />

Le prime donazioni fatte al Nuovo Monastero furono rinnovate in<br />

occasione della dedicazione della chiesa, che riunì a Citeaux, oltre una<br />

folla immensa, il duca Odone, il visconte Rainaldo e il vescovo di Chalon.<br />

È probabile che la chiesa allora consacrata fosse quella di Rainaldo di<br />

Beaume, dedicata alla Beata Vergine già prima dell'arrivo dei monaci.<br />

Quando ebbe luogo questa dedicazione? Certamente prima del Natale<br />

1098. Forse il 15 agosto, ma non possiamo affermarlo. In ogni modo,<br />

è in questa occasione che fu redatto l'atto di fondazione del Nuovo Monastero,<br />

e in termini quasi identici a quelli della carta di erezione di<br />

Aulps ad abbazia (prima del 12 marzo 1097): ...domno Roberto et<br />

- 265-


fratribus qui cum eo Regulam sancti Benedicti arctius atque fidelius<br />

quam illuc usque tenuerant, observare cupiebant ... Altri favori concessi<br />

in quel giorno dal duca e dal visconte sono l'aver posto le loro donazioni<br />

sotto la protezione del vescovo di Chalon e l'esenzione del monastero<br />

da ogni obbligo feudale. Il duca, inoltre, concesse ai religiosi<br />

il diritto di usarsi liberamente dei suoi boschi e possedimenti vicini all'abbazia<br />

(la carta comprende una seconda parte redatta due anni più<br />

tardi sotto l'abate Alberico, che concerne i venti scudi dovuti al visconte<br />

per la vendita fatta al duca).<br />

L'ultimo documento in cui figura Roberto a Citeaux data dalla<br />

festa del Natale 1098. Quel giorno, alla presenza di una moltitudine<br />

di signori, il duca Odone fece dono al monastero di una vigna di sua<br />

proprietà a Meursault. Qualcuno ha affermato che il duca quel giorno<br />

avesse la sua corte a Citeaux, ma nessun documento ne fa cenno. E<br />

d'altro canto non sembra neppur verosimile che una moltiudine di quel<br />

genere potesse riunirsi in pieno inverno nel « deserto» di Citeaux.<br />

Ritorno di Roberto a Molesme.<br />

Nel frattempo i monaci di Molesme non avevano accettato con<br />

tanta disinvoltura la partenza dell'abate e di una parte considerevole<br />

della comunità. Ed ora si vedevano anche fatti oggetto di scherno da<br />

parte dei baroni e del vicinato per non aver saputo custodire il loro<br />

abate. Le famiglie feodali che avevano fatto all'abbazia tante donazioni<br />

ed avevano contribuito alla fondazione dei suoi priorati ora si domandavano<br />

se dopo la partenza di colui che ne era l'anima, l'istituto di Molesme<br />

non si sarebbe sfasciato. Le donazioni cessarono immediatamen-<br />

. te, e un conte, Guglielmo di Vevers, diede perfino fuoco a una dipendenza<br />

dell'abbazia. Forse il gesto non era stato premeditato, ma il<br />

nuovo abate ne rimase spaventato e, forse presentendo un'imminente<br />

rovina, pensò che l'unico rimedio alla situazione sarebbe stato far tornare<br />

Roberto. V'era una sola via per raggiungere lo scopo: rivolgersi<br />

direttamente alla S. Sede. E questo, appunto, i monaci fecero voluntate<br />

domini Gaufredi. A Citeaux si seppe subito che i religiosi di Molcsme<br />

s'erano rivolti personalmente al Sommo Pontefice e che questi, commosso<br />

dalla loro insistenza, aveva incaricato il Legato di interessarsi a<br />

far tornare Roberto nella sua abbazia.<br />

Il Legato Ugo da Die allora convocò un sinodo a Port-d'Anselle<br />

(località sulla Saona, non lontano da Pont-de-Velle, nell'Ain, oggi scomparsa),<br />

in cui convennero i vescovi di Autun, di Chalon, di Màcon, di<br />

Belley e gli abati di Tournus, di Digione e di Ainay, il cameriere del<br />

- 266-


Papa, Pietro, ed altri. Furono presenti anche tre monaci di Molesme,<br />

oltre l'abate, come portatori di una lettera del vescovo di Langres (il<br />

cui testo non ci è stato tramandato). I cistercensi invece non si presentarono<br />

(il Legato non ne fa alcun cenno l, sapendo la causa già risolta<br />

in anticipo. Erano stati, comunque, avvisati, perché fecero conoscere<br />

il loro desiderio mediante terzi.<br />

È nota la sentenza del sinodo di Port-d'Anselle: Roberto riprenderà<br />

il governo di Molesme, dopo aver sciolto i suoi monaci dalla promessa<br />

d'obbedienza e dopo aver deposto la croce e la cura della sua<br />

abbazia nelle mani del vescovo di Chalon; potranno tornare con lui<br />

a Molesme tutti quelli che lo desiderano; il vescovo di Langres renderà<br />

a Roberto il governo del suo precedente monastero, riconoscendo i diritti<br />

di Goffredo a un'eventuale successione a Roberto; nessuno dei due<br />

monasteri accoglierà monaci dell'altro senza l'autorizzazione dell'abate;<br />

i monaci del Nuovo Monastero riterranno la cappella e gli oggetti portati<br />

da Roberto, ad eccezione di un breviarum che conserveranno, d'accordo<br />

con i monaci di Molesme, fino alla festa di S. Giovanni Battista<br />

per ricopiarlo.<br />

S. Roberto esegui queste decisioni e tornò a Molesme. Il suo ritorno<br />

è stato interpretato nei modi più contrastanti. Mentre le più<br />

antiche fonti cistercensi si limitano a dire che Roberto tornò a Molesme<br />

su ordine del Legato, lo storico inglese Guglielmo di Malmesbury afferma<br />

che, non riuscendo ad adattarsi alla vita povera ed austera di<br />

Citeaux, egli si sarebbe messo d'accordo con i monaci di Molesme per<br />

essere ristabilito nelle sue vecchie funzioni. Corrado d'Eberbach, autore<br />

dell'Exordium magnum, arriva perfino a dire che « se avesse veramente<br />

amato la povertà del deserto, l'abate avrebbe potuto rifiutarsi di<br />

abbandonarla ». Queste espressioni dell'Exordium magnum, soppresse<br />

per ordine del Capitolo Generale e ritrovate ultimamente, sono state<br />

messe in gran risalto dal P. Othon Ducourneau. Ma la tesi del P.<br />

Othon è stata combattuta da M. Laurent, da J. B. Mahn e soprattutto<br />

dal P. Seraphin Lenssen che con ragione ritiene queste espressioni poco<br />

compatibili con la santità di Roberto. D'accordo con la Vita Roberti,<br />

essi vedono al contrario nella sottomissione di questi alle decisioni del<br />

Legato, un « atto di obbedienza eroico »; Altri storici, come Mgr. Turk,<br />

M. Folz, vedono nel ritorno di Roberto la necessità di riparare lo scandalo<br />

causato dalla sua partenza e il conseguente annullamento di tutto<br />

quanto era accaduto. In realtà - e l'Exordium paruum fu composto<br />

per dimostrarlo - tutto s'era svolto in perfetta regola. Il Legato,<br />

però, che aveva provveduto alla « salute delle due parti» ed autorizzato<br />

- 267-


la partenza dell'abate, non aveva previsto il pregiudizio che ne sarebbe<br />

derivato a Molesme. S. Roberto capi chiaramente che la sua presenza<br />

era più necessaria a Molesme che a Citeaux. E la decisioie del sinodo<br />

di Port-d'Anselle, dunque, lo trovò pronto a tornarvi, non «per risalire<br />

sul trono di gloria », come hanno voluto insinuare certuni di cui<br />

Guglielmo di Malmesbury si è fatto portavoce, ma per riprendervi la<br />

sua croce.<br />

(Traduzione di P. IGINO VONA, O. Cist.)<br />

Sembra che, oltre alla ospitalità tradizionale, i monasteri oggi<br />

debbano praticare qualcosa in più: un'accoglienza fraterna ad ogni<br />

uomo che cerca di dare un senso alla sua vita; accoglienza fraterna<br />

che deve consistere sopratutto nella partecipazione di beni e di esperienze<br />

spirituali.<br />

Vanno però rispettati i giusti limiti: altrimenti si rischia di<br />

pesare troppo sulla comunità e di turbare il raccoglimento necessario<br />

per attendere a Dio.<br />

André - Corneille Halflants ocso<br />

Collectanea <strong>Cistercensi</strong>a, 32-1970-2 pago 180<br />

- 268-<br />

-


In merito ad una vita di San Silvestro Abate<br />

Il Padre Samuele Giuliani, O.P., autore della recente vita di San<br />

Silvestro Abate, fondatore della Congregazione Benedettina Silvestrina<br />

(1), afferma che la vita monastica, per San Silvestro, è ordinata all'apostolato<br />

esterno e che l'escludere tale apostolato è un dimezzare, un<br />

tradire il programma e l'ideale silvestrini. Dice pure che il santo fondatore<br />

ha voluto fare del monaco un apostolo e dell'apostolo un monaco<br />

in modo tale che il Silvestrino che non facesse dell'apostolato esterno<br />

sarebbe una carica tura (2).<br />

A nostro avviso tutto ciò significa che apostolato esterno e vita<br />

monastica, secondo San Silvestro, sarebbero tra loro intimamente<br />

ed inscindibilmente uniti; che l'apostolato esterno sarebbe una<br />

conditio sine qua non per l'attuazione dell'ideale Silvestrino e un fine<br />

speciale o secondario della Congregazione Silvestrina (3). In questo<br />

modo la Congregazione automaticamente viene a non appartenere più<br />

all'Ordine Benedettino, ma alle Congregazioni o Ordini non monastici,<br />

dei quali il decreto Perjectae Caritatis del Concilio Vaticano II dice<br />

che «ex regula vel instituto vitam apostolicam intime consociant offido<br />

chorali observatiisque monasticis » (4).<br />

Le menzionate arbitrarie affermazioni del Padre Giuliani e le<br />

conseguenze da esse derivanti contrastano con il fatto storicamente certo<br />

che la congregazione Silvestrina è sempre stata considerata monastica<br />

e benedettina. Per diversi secoli essa si chiamò Orda Sancti Benedicti<br />

de Montefano. San Silvestro Abate adottò la Regola di San Benedetto<br />

e la propose ai suoi figli come norma di vita nell'integrità del<br />

suo ideale. Ebbene la Regula, pur non escludendo l'apostolato esterno,<br />

tuttavia non lo propone come parte integrale ed inscindibile del suo<br />

ideale o come fine speciale o secondario della vita monastica; tanto<br />

meno considera la vita monastica come ordinata all'apostolato esterno(5).<br />

(1) S. GIULIANI, O. P., Profilo di un Santo (S. Silvestro Abate), Terni 1968.<br />

(2) Ibid., pp. 9.3 e passim.<br />

(.3) Oltre le già citate affermazioni dell'Autore, ce ne sono altre che implicitamente<br />

propongono l'apostolato esterno come fine speciale o secondario della Congregazione<br />

Silvestrina. Ne riassumiamo alcune: San Silvestro avrebbe dato alla sua Congregazione<br />

un ideale nuovo, proprio, differente da quello di tutte le altre forme di vita benedettina,<br />

cioè l'apostolato esterno. La vita monastica, per San Silvestro non sarebbe più<br />

fine a se stessa, ma sarebbe ordinata alla missione diretta nel mondo, ecc... (Ibid ,<br />

pp. 93-95 e passim).<br />

(4) CONCoVAT. II, Perlectae Caritatis, n. 9, ultimo capoverso.<br />

(5) Cfr. Constitutiones, proemium, in Acta Congregationis Siloestrinae Ordinis<br />

Sancii Benedicti, 7, vol. 2°, n. 3, Roma 1966, pp. III-IV. Cfr. SAN BENEDETTO,La<br />

Regola, Testo, versione e commento a cura di D. Anselmo Lentini O.S.B., Montecassino<br />

1947, pp. XXI-XXII.<br />

- 269-


Ugualmente le affermazioni dell'Autore contrastano con ciò che<br />

dicono le Costituzioni della Congregazione Silvestrina: «Finis igitur<br />

quem Sanctus Pater Silvester in nostra Congregatione fundanda sibi<br />

proposuit, nullus alius fuit aut esse potuit quam vitam monasticam<br />

secundum Regulam Monasteriorum, seu secundum coenobiticam vivendi<br />

formam, instaurare, eamque necessitatibus adiunctisque sui temporis<br />

coaequare. Hic ergo est finis quem Silvestrinae Congregationis Monachi<br />

tanquam sibi proprium iure nativo semper habuerunt, prout testantur,<br />

praeter alia, Constituitionum multiplices editiones, quae tot<br />

sibi succedentibus saeculis prodierunt.<br />

« Si ergo quaeratur quisnam sit finis Silvestrinae Congregationis<br />

proprius atque specificus, respondendum est nullum alium proprium<br />

esse finem nisi illum ipsum quem vita monastica intendit, hominis<br />

scilicet consecrationem ad Dei servitium et ad propriam sanctificationem,<br />

iuxta illud Regulae Sancti Benedicti: Quaerere Deum. Nemo sane ignorat<br />

quod saeculorum decursu, Monachi, Sancti Benedicti Regulam profitentes,<br />

plura ac multiplicis generis aggressi sunt opera in Ecclesiae<br />

et animarum utilitatem, ex hoc autem inferre minime fas est in his operibus<br />

specificum Monachorum consistere finem, prout plerumque penes<br />

alias recentioris aetatis Congregationes religiosas obtinet. Vita enim<br />

monastica est quaedam forma vitae religiosae quae nullum habet finem<br />

secundarium specificum » (6).<br />

Abbiamo voluto fare queste osservazioni allibro del Padre Giuliani<br />

perché si tratta di cose della massima importanza in quanto toccano<br />

- più che non sembri a prima vista - gli elementi essenziali dell'ideale<br />

della Congregazione Silvestrina. Si tratta della finalità di una Congregazione<br />

religiosa che deve rimanere integra secondo lo spirito del<br />

Fondatore, come giustamente vuole il Concilio Vaticano II: «In ipsum<br />

Ecclesiae bonum cedi t ut instituta peculiarem suam indolem ac munus<br />

habeant. Ideo fideliter agnoscantur et observentur Fundatorum spiritus<br />

propriaque proposita, necnon sanae traditiones, quae omnia cuiusque<br />

instituti patrimonium constituunt » (7).<br />

(6) Ibid., pp. III·IV.<br />

(7) CONCo VAT. II, Perjectae Caritatis, o. 2 b.<br />

D. FRANCO POMPEI, O.S.B. SILV.<br />

- 270-

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