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Lezione 4 e 5 Psicologia Sociale - WikiMotorio

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<strong>Psicologia</strong> <strong>Sociale</strong><br />

AA. 2011/12<br />

Dinamiche di Gruppo<br />

Dr.ssa Francesca Riccardi<br />

Dr.ssa Francesca G. Naselli


LA LEADERSHIP<br />

Premessa<br />

Il leader<br />

è la persona che esercita più influenza in un<br />

gruppo degli altri membri<br />

più di quanto sia essa stessa influenzata


Riscoprire le radici etimologiche del termine:<br />

Inglese: to lead = condurre<br />

Latino: cum ducere = tirare insieme<br />

TO LEAD = ANDARE PER PRIMO<br />

Azione, esplorazione, guida e non “mandare”<br />

o “com-andare”


LA LEADERSHIP<br />

Definizioni<br />

(Novara e Sarchielli,1996)<br />

Potere = capacità di influenzare gli altri assicurandosi<br />

adesione o acquiescenza-compiacenza<br />

Autorità = potere attribuito agli individui secondo regole<br />

definite e legittimate<br />

Controllo = modalità per assicurarsi che venga rispettato un<br />

accordo<br />

Leadership = influenza che determina un consenso<br />

volontario rispetto a certi obiettivi del gruppo o<br />

dell’organizzazione. Persuasione degli altri per conseguire<br />

un obiettivo comune.


LE GRANDI TEORIE<br />

Leader come grande uomo = TEORIE DEI<br />

TRATTI<br />

Leader come comportamento = TEORIA<br />

DEGLI STILI DI LEADERSHIP<br />

Leader eader come interazione con la situazione =<br />

APPROCCIO SITUAZIONISTA<br />

Leader come processo = TEORIA<br />

TRANSAZIONALE


I PRIMI APPROCCI TEORICI ALLA<br />

COMPRENSIONE DELLA LEADERSHIP<br />

AVEVANO COME OBIETTIVO PRINCIPALE<br />

L’INDIVIDUAZIONE DI UNA SERIE DI<br />

TRATTI DI PERSONALITÀ<br />

PERSONALITÀ, ,<br />

FONDAMENTALMENTE INNATI, CHE<br />

POTESSERO RENDERE CONTO DEL<br />

SUCCESSO DI CERTE PERSONE<br />

NELL’ESERCIZIO DEL COMANDO


TRATTI TIPICI DEL<br />

Intelligenza<br />

Estroversione<br />

Cooperazione<br />

Adattabilità<br />

LEADER<br />

Spirito di iniziativa<br />

Fiducia in se stessi<br />

Controllo emotivo<br />

Capacità di tollerare lo stress


Teoria dei tratti<br />

TALE APPROCCIO HA GENERATO UNA SERIE DI<br />

CRITICHE CHE NE HANNO MESSO IN EVIDENZA LA<br />

DEBOLEZZA SIA DA UN PUNTO DI VISTA<br />

CONCETTUALE SIA DA UN PUNTO DI VISTA<br />

METODOLOGICO:<br />

non vengono presi in considerazione altri elementi del<br />

processo come l’atteggiamento degli altri e la<br />

situazione<br />

la lista di tratti predittiva della propensione al comando<br />

contiene troppi tratti diversi<br />

i tratti esaminati sono sempre posti in positivo


HOLLANDER (1985)<br />

SOSTIENE<br />

L’IMPOSSIBILITÀ DI<br />

CONSIDERARE LA<br />

LEADERSHIP<br />

COMPLETAMENTE<br />

AVULSA DAI FATTORI<br />

SITUAZIONALI IN<br />

QUANTO PROCESSO<br />

PRETTAMENTE<br />

INTERATTIVO


IN REALTÀ ANCHE SE LA LEADERSHIP VIENE SPESSO<br />

IDENTIFICATA NELLA FIGURA DI UN LEADER DEVE ESSERE<br />

VISTA COME UN PROCESSO PIUTTOSTO CHE COME UNA<br />

PERSONA, È UN FENOMENO COMPLESSO DI INTERAZIONE<br />

CHE COINVOLGE:<br />

IL LEADER (competenze, motivazioni, legittimità e<br />

caratteristiche personali)<br />

I COMPONENTI DEL GRUPPO (loro attese, competenze,<br />

motivazioni, caratteristiche personali)<br />

LA SITUAZIONE (struttura sociale, tipo di compito, norme,<br />

storia del gruppo)


LA TEORIA CLASSICA DEGLI<br />

STILI DI LEADERSHIP<br />

Mette in rapporto<br />

la funzione del<br />

leader con il<br />

clima sociale nel<br />

gruppo


Stile<br />

Effetti<br />

Lo studio dei comportamenti del leader<br />

Conclusioni<br />

Lewin, Lippitt e White (1939)<br />

AUTOCRATICO DEMOCRATICO LAISSEZ LAISSEZ-FAIRE FAIRE<br />

Esercita il potere<br />

dispoticamente<br />

determina la linea del<br />

gruppo, no al<br />

cambiamento<br />

Provoca aggressività<br />

e apatia<br />

Funziona in situazioni<br />

di emergenza.<br />

Produzione vs.<br />

soddisfazione<br />

Stimola la<br />

partecipazione,<br />

accetta critiche,<br />

distribuisce<br />

responsabilità<br />

Diminuisce<br />

l’aggressività, stimola<br />

la motivazione<br />

Relazioni interne vs.<br />

produttività,<br />

attenzione al singolo<br />

Disinteressato, non<br />

stimola, non<br />

controlla, non<br />

collabora, rispetto<br />

passivo dell’attività<br />

Gruppo poco coeso,<br />

no collaborazione<br />

Si trasforma<br />

facilmente in<br />

autoritario o<br />

scompare<br />

Risultati in base a due variabili: produttività e clima sociale


La griglia manageriale<br />

di Blake e Mouton<br />

La leadership si esercita su due variabili,<br />

ossia lo stile di comando dei dirigenti:<br />

– interesse per la produzione produzione (risultati, risultati,<br />

prestazioni, profitti)<br />

– interesse per le persone persone (fiducia, rispetto,<br />

obbedienza)<br />

Stile di leadership efficace e duraturo è<br />

quello che media


La griglia<br />

Interesse<br />

persone<br />

basso<br />

Circolo<br />

ricreativo Squadra<br />

Stile povero Orientato al<br />

compito<br />

Interesse produzione


Blake e Mouton (1964)<br />

5 stile di conduzione<br />

1. Stile povero o laissez-faire 1.1<br />

2. Amicale (circolo ricreativo). 1.9<br />

3. Orientato al compito (operativo duro). 9.1<br />

4. Orientato all’organizzazione (a metà strada). 5.5<br />

5. Centrato sul lavoro di gruppo (team). 9.9


… riflessioni riflessioni critiche critiche ……<br />

NESSUN TRATTO O COMPORTAMENTO<br />

DEL LEADER RISULTA EFFICACE IN<br />

OGNI CONTESTO, PER CUI CIÒ CHE<br />

CONTA, AI FINI DELLA<br />

VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA<br />

STESSA, È IL LIVELLO DI<br />

PERFORMANCE<br />

PERFORMANCE RAGGIUNTO DAL<br />

GRUPPO


APPROCCIO SITUAZIONISTA<br />

LA TEORIA DI CONTINGENZA DI FIEDLER<br />

I MODELLI DECISIONALI DI VROOM E<br />

YETTON<br />

LA PATH PATH GOAL GOAL THEORY THEORY<br />

LA LEADERSHIP SITUAZIONALE DI HERSEY E<br />

BLANCHARD


Situazione<br />

tre variabili considerate:<br />

La teoria della contingenza di<br />

FIEDLER (1967)<br />

Stile del leader<br />

Lo stile orientato al compito o alle relazioni è misurato sulla<br />

scala LPC (valutazione del collaboratore meno preferito)<br />

1. Relazione tra leader e membri (clima affettivo)<br />

2. Grado di precisione e chiarezza con cui è definito il<br />

compito<br />

3. Il potere accordato al leader dall’organizzazione


RAPPORTO TRA<br />

LEADER E<br />

SUBORDINATI<br />

Buone<br />

Scarse<br />

STRUTTURAZIONE DEL<br />

COMPITO<br />

Strutturato<br />

Destrutturato<br />

POTERE ACCORDATO<br />

AL LEADER<br />

Forte<br />

Debole<br />

Viene valutato il clima del gruppo di riferimento<br />

analizzando sia la percezione dei membri che<br />

quella del leader<br />

Vengono valutate le caratteristiche dell’obiettivo<br />

da raggiungere individuato da quattro variabili:<br />

chiarezza<br />

numero procedure possibili<br />

numero soluzioni corrette<br />

verificabilità del raggiungimento dell’obiettivo<br />

È misurato attraverso una check check--list list a 12 item item<br />

attraverso la quale il leader giudica quale sia il<br />

reale potere che ha nei confronti dei membri<br />

(promuovere, licenziare, premiare, ammonire,<br />

valutare etc..)


Variabile considerata:<br />

La teoria della contingenza di<br />

VROOM E YETTON (1973)<br />

Stile del leader centrato sul processo di presa di decisioni<br />

(decision making)<br />

Gli stili decisionali sono 5 e variano su un<br />

continuum che va dall’autocratico al partecipativo


5 stili decisionali<br />

Autocratico: il leader prende le decisioni da solo senza consultare i membri<br />

Autocratico con richiesta d’informazioni ai collaboratori: il leader decide da solo<br />

i subordinati sono in parte implicati<br />

Consultivo individuale: il leader consulta individualmente i collaboratori e prende<br />

da solo la decisione<br />

Consultivo di gruppo: il leader consulta il gruppo e prende da solo la decisione<br />

Partecipativo: il leader condivide il problema col gruppo per arrivare ad una<br />

soluzione consensuale


MODELLO DELLA “PATH PATH GOAL GOAL<br />

THEORY” THEORY<br />

(sviluppata da House e Mitchell)<br />

Variabile considerata<br />

considerata: : gli aspetti<br />

motivazionali presenti nei<br />

gruppi<br />

I leader col loro comportamento<br />

influenzano la percezione dei<br />

subordinati rispetto al<br />

“sentiero “sentiero verso verso l’obiettivo”<br />

l’obiettivo”


Si basa su 2 assunti di<br />

base …<br />

1) il leader è tanto<br />

più accettato dai<br />

collaboratori quanto<br />

più questi lo<br />

considerano idoneo<br />

a soddisfare i loro<br />

bisogni<br />

immediatamente o<br />

nel futuro


2) il leader è<br />

particolarmente motivante<br />

quando riesce a convincere<br />

i collaboratori che la loro<br />

soddisfazione dipende dal<br />

raggiungimento di risultati<br />

brillanti (ovvero quando<br />

riesce ad integrare gli<br />

obiettivi personali dei<br />

collaboratori con gli obiettivi<br />

organizzativi) e che di<br />

questo cammino egli si farà<br />

carico (guida,<br />

chiarificazioni, ricompense<br />

adeguate).


Il leader per assumere una<br />

funzione motivante potrà adottare<br />

4 forme di leadership<br />

a) Comportamento strumentale<br />

strumentale: : “orientamento al compito”, efficace<br />

quando i collaboratori hanno difficoltà ad impegnarsi<br />

b) Comportamento supportivo supportivo: : include l’attenzione al benessere, alla<br />

relazione, efficace nel caso di compiti noiosi<br />

c) Comportamento partecipativo<br />

partecipativo: : anch’esso include l’attenzione alla<br />

relazione, efficace nel caso di collaboratori abili e con alte aspettative<br />

e che sono consapevoli di essere artefici della loro riuscita<br />

d) Comportamento orientato ai risultati risultati: : sfidante, elevate aspettative<br />

rispetto ai collaboratori e continua proposta di incentivi, efficace con<br />

collaboratori con forte desiderio di autorealizzazione


Contingentismo di<br />

Hersey e Blanchard<br />

Un elemento nuovo: la valutazione del<br />

livello di maturità dei collaboratori;<br />

L’idea implicita: il leader leader deve aiutare i<br />

propri collaboratori a crescere (se lo<br />

vogliono)<br />

Quindi deve adattare il suo stile alle loro<br />

capacità


La teoria della contingenza<br />

Hersey e Blanchard (1982)<br />

Quattro stili:<br />

1. Telling (direttivo): molta guida e poco sostegno, gruppi poco<br />

maturi<br />

2. Selling (persuasivo): molta guida e molto sostegno, gruppi con<br />

media-bassa maturità<br />

3. Participating (partecipativo): poca guida e molto sostegno,<br />

adatto con gli individui con buona maturità<br />

4. Delegating (delegante): poca guida e poco sostegno,<br />

indirizzato solo a gruppi con alta maturità ed esperienza


TEORIE TRANSAZIONALI<br />

TEORIA TRANSAZIONALE DI<br />

HOLLANDER<br />

TEORIA DELLA LEADERSHIP<br />

TRASFORMAZIONALE O CARISMATICA


HOLLANDER<br />

Il leader DEVE GUADAGNARE LA<br />

CREDIBILITA’ NEI PRIMI CONTATTI<br />

COL GRUPPO ATTRAVERSO:<br />

Iniziale conformità alle norme<br />

Legittimità<br />

Competenza rispetto agli scopi<br />

Identificazione col gruppo


La leadership carismatica<br />

Espressione estrema della leadership<br />

trasformazionale<br />

Il leader non solo si adatta alla situazione,<br />

ma la modifica in funzione della sua vision<br />

il carisma è “ “una una certa certa qualità qualità di di una una<br />

personalità personalità in in virtù virtù della della quale quale è è ritenuto ritenuto<br />

differente differente dagli dagli altri altri e e trattato trattato come come dotato dotato<br />

di di poteri poteri eccezionali”<br />

eccezionali” (Weber)


Comportamenti del leader<br />

carismatico<br />

Fornisce forti modelli di ruolo<br />

Ha una competenza elevata<br />

Esprime scopi ideologici<br />

Ha la capacità di comunicare un elevato<br />

grado di aspettative


Bass, 1985<br />

Leadership<br />

trasformazionale<br />

Fattori di leadership trasformazionale<br />

L’arte delle 4 “I”:<br />

Leadership<br />

transazionale<br />

Individuo (considerazione individuale)<br />

Intelletto (stimolazione intellettuale)<br />

Ispirazione (motivazione ispirazionale)<br />

Ideale (influenza idealizzata)<br />

non-leadership


Fattori di leadership transazionale<br />

Ricompensa contingente: si riferisce al processo di scambio per<br />

cui il leader ricompensa gli sforzi dei seguaci<br />

Direzione per eccezione (management-by-exception):<br />

attiva:osservazione da vicino dei sottoposti e immediato intervento<br />

per apportare le relative correzioni<br />

passiva: l’intervento del leader non è immediato, ma avviene<br />

quando non sono raggiunti gli standard previsti<br />

Fattore di non-leadership<br />

Laisser faire: il leader non si assume responsabilità, non prende<br />

decisioni, non fornisce feedback


DIFFERENZE DIFFERENZE TRA TRA DONNE DONNE E E<br />

UOMINI UOMINI<br />

LEADERSHIP<br />

FEMMINILE<br />

LEADERSHIP<br />

MASCHILE<br />

È di tipo “a rete” E’ di tipo gerarchico<br />

Il potere è energia da<br />

condividere<br />

Il conflitto è una<br />

opportunità<br />

Più competente nelle<br />

relazioni<br />

Il potere è dominio<br />

Il conflitto è una<br />

minaccia<br />

Più attenta al proprio<br />

ruolo


La Leadership nello sport<br />

Nello sport il leader è di solito<br />

l’allenatore, ma può anche essere un<br />

singolo atleta (come il capitano)<br />

all’interno della squadra<br />

Michel Jordan è un esempio di ottima<br />

leadership (leader orientato al<br />

compito)


I gruppi, le dinamiche di<br />

gruppo e lo sport<br />

Lo sport implica gruppi e dinamiche di<br />

gruppo<br />

La maggior parte degli sport sono di<br />

squadra (anche in molti sport individuali si<br />

fa parte di una squadra)<br />

Anche il pubblico (tifosi) sono un gruppo<br />

Il gruppo influenza il singolo, ma anche il<br />

pubblico influenza l’atleta


I gruppi, le dinamiche di<br />

gruppo e lo sport<br />

Come si forma e si mantiene un gruppo?<br />

Quali elementi lo caratterizzano?<br />

- conformismo<br />

- leadership<br />

- risoluzione dei conflitti<br />

- presa di decisioni<br />

La presenza di altri influenza il<br />

comportamento del singolo? (facilitazione<br />

sociale, ozio sociale)<br />

Relazioni fra gruppi (stereotipi, pregiudizi)


Il Conformismo<br />

Serve per entrare ed essere accettati in un<br />

gruppo sociale<br />

È il cambiamento di un comportamento individuale<br />

dovuto all’influenza (reale o immaginaria) degli altri<br />

– Es. Applausi, vestirsi alla moda<br />

Motivi del conformismo<br />

– Informazionale (per decidere come comportarsi)<br />

– Normativo (rispetto delle norme sociali)<br />

– Nel tempo, i comportamenti dei membri si conformano e<br />

diventano distintivi della coesione del gruppo


Come si strutturano i<br />

gruppi?<br />

È necessario che nel gruppo sociale vi<br />

siano:<br />

– Norme: regole implicite di<br />

comportamenti, valori, credenze<br />

accettabili dal gruppo<br />

– Ruoli: aspettative condivise sul<br />

comportamento di alcuni membri


Dinamiche interpersonali<br />

in un gruppo sociale<br />

“il talento individuale fa vincere la<br />

partita, la squadra fa vincere il<br />

campionato”<br />

Michel Jordan


Cosa fa funzionare bene<br />

Il leader giusto<br />

un gruppo?<br />

Saper risolvere i conflitti<br />

Saper prendere le decisioni


Il repertorio del leader<br />

Quattro stili<br />

per creare risonanza


Il repertorio del leader<br />

Visionario<br />

spinge verso un ideale comune<br />

elevato;<br />

Chiede sincerità, trasparenza, empatia;<br />

Non funziona se non ha prestigio


Il repertorio del leader<br />

Coach<br />

Collega le aspirazioni individuali con gli<br />

obiettivi della squadra;<br />

faccia a faccia: goal setting individuale<br />

collegato al goal collettivo;<br />

feedback; delega; chiede capacità di ascolto<br />

(empatia) e consapevolezza emozionale;<br />

Non funziona con persone poco autonome


Il repertorio del leader<br />

Affiliativo<br />

Crea armonia, favorisce le relazioni<br />

interpersonali;<br />

Si concentra sui bisogni emotivi degli<br />

individui; loda;<br />

Rischia di essere percepito come<br />

tollerante alla mediocrità;<br />

Non funziona se non ha prestigio


Il repertorio del leader<br />

Democratico<br />

Valorizza l’apporto dei singoli, coinvolge con<br />

la partecipazione; comunicatore;<br />

necessario quando il leader è incerto della<br />

decisione;<br />

utile per avere feedback, idee nuove;<br />

Lati negativi: riunioni, rinvii, esitazioni,<br />

personale incompetente


Il repertorio del leader<br />

Autoritario<br />

Crea assonanza dando direttive chiare in<br />

situazioni di emergenza, placando timori;<br />

Adatto: in situazione di crisi; ma il leader deve<br />

controllare perfettamente le proprie emozioni<br />

negative (rabbia);<br />

Usato spesso e a sproposito: impatto negativo;<br />

freddo, intimidatorio, critico; scarso<br />

coinvolgimento fino a impatto emozionale<br />

devastante


Il leader e il gruppo<br />

Il leader ha una grande influenza sui<br />

comportamenti del gruppo:<br />

– riconoscendo e approvando obiettivi<br />

coerenti con il proposito generale del<br />

gruppo;<br />

– curando le relazioni interpersonali;<br />

– ma soprattutto contribuendo alla<br />

risoluzione dei conflitti all’interno del<br />

gruppo


La risoluzione dei conflitti<br />

I conflitti avvengono anche in presenza di una<br />

leadership forte<br />

Il leader per risolverli può:<br />

1) Usare le minacce:forzare a sottomettersi (sconsigliato)<br />

2) Usare la cooperazione: l’aiuto reciproco è benefico per<br />

ambo le parti (consigliato, ma difficile)<br />

I conflitti più difficili da risolvere sono i dilemmi<br />

sociali dove il vantaggio del singolo ha effetti<br />

dannosi per il gruppo, se la maggioranza adotta<br />

quel comportamento


Il dilemma del prigioniero<br />

Il “dilemma” riguarda due criminali arrestati dalla polizia,<br />

dopo un lungo inseguimento, perché sospettati di aver<br />

commesso una rapina. I due vengono sistemati in celle<br />

separate e a ciascuno viene fatta la seguente proposta: “se<br />

denuncerai il tuo complice potrai usufruire dello sconto di<br />

pena previsto per i collaboratori e ti lasceremo libero,<br />

mentre il tuo complice rimarrà in prigione per dieci anni.<br />

Questa offerta però è valida solo se il tuo complice non farà<br />

altrettanto, perché se anche lui ti accuserà allora sarete<br />

dichiarati entrambi colpevoli e pur usufruendo dello sconto<br />

per aver collaborato, rimarrete in carcere 5 anni ciascuno.<br />

Resta inteso che se entrambi decidete di tacere non<br />

potremo incriminarvi, e potremo condannarvi a un anno di<br />

prigione ciascuno per guida pericolosa e detenzione di<br />

armi”


La risoluzione dei conflitti<br />

Come si instaura la cooperazione?<br />

– Costruire forti relazioni interpersonali,<br />

Sostegno reciproco;<br />

– Visione comune del gruppo e degli obiettivi<br />

– Strategia chiara su come raggiungere gli<br />

obiettivi del gruppo<br />

– Fiducia nei risultati a lungo termine<br />

– Strumenti per la risoluzione:<br />

– comunicazione e negoziato --> soluzione<br />

integrativa. Le due parti concedono il massimo<br />

su aspetti che sono relativamente meno<br />

importanti per loro e più importanti per<br />

l’avversario


Prendere decisioni<br />

Il vantaggio del gruppo sull’individuo è<br />

nell’integrare informazioni per scegliere un modo di<br />

agire<br />

Le decisioni si raggiungono con la discussione<br />

Tre possibili risoluzioni<br />

– La maggioranza vince la discussione rinforza l’idea iniziale<br />

più popolare (inutili le obiezioni della minoranza)<br />

– La verità vince un numero crescente di membri riconosce<br />

la correttezza della proposta<br />

– Regola della prima proposta alternativa


Prendere decisioni<br />

La scelta del percorso decisionale<br />

dipende dalla decisione specifica da<br />

prendere<br />

– (conformismo informazionale e<br />

normativo)<br />

– l’importanza e la disponibilità delle<br />

informazioni<br />

– la popolarità del proponente


Perché si prendono<br />

cattive decisioni?<br />

Mancanza di informazioni<br />

– inesperienza<br />

– scarsa capacità di previsioni<br />

– poco tempo per riflettere<br />

– perché “il gruppo è infallibile” (distorsione<br />

cognitiva): chi ha dubbi deve stare zitto;<br />

la minoranza si conforma; il gruppo<br />

diventa incapace di correggersi


Perché si prendono<br />

cattive decisioni?<br />

Il “pensiero di gruppo” porta a cattive decisioni<br />

Tendenza a pensare che:<br />

– Il gruppo è infallibile<br />

– Tutti debbano sostenere la stessa decisione<br />

– Sono da respingere ogni informazione contraria<br />

Si instaura quando c’è:<br />

– alta coesione (individui simili per esperienze, valori)<br />

– emergono norme di gruppo: infallibilità, superiorità, no alla<br />

discussione<br />

– urgenza della decisione


Gli altri ci influenzano anche se non<br />

fanno parte del gruppo?


Prestazioni e pubblico<br />

Il pubblico ha un effetto sulla<br />

prestazione?<br />

L’effetto varia in base al tipo di<br />

compito (facile/difficile)<br />

– compito facile prestazione migliora<br />

– compito difficile prestazione peggiora


Gli altri ci influenzano anche<br />

se non fanno parte del<br />

gruppo?<br />

Effetto dell’attivazione<br />

– La presenza di altri aumenta l’attivazione:<br />

aumentano le risposte dominanti (automatiche)<br />

– bravo: risposta corretta<br />

– non preparato: risposta errata<br />

La presenza di persone che ci stanno<br />

giudicando aumenta l’attivazione<br />

(apprensione)<br />

Gli altri ci distraggono: conflitto di<br />

attenzione rispetto al compito (anche<br />

con rumori forti, luci ecc)


La facilitazione sociale<br />

nello sport<br />

Gli spettatori condizionano la prestazione<br />

dell’atleta (fans, folla ostile)<br />

La facilitazione avviene solo se distinguibile<br />

la responsabilità individuale: condizioni in<br />

cui il comportamento individuale in gara è<br />

distinguibile<br />

Se non distinguibile es. squadra di<br />

canottieri, tiro alla fune, allora il risultato<br />

finale dipende dalla somma degli sforzi<br />

individuali


Social loafing<br />

In caso di sforzo di gruppo la responsabilità<br />

individuale e la prestazione dell’individuo non è<br />

sotto osservazione<br />

– compito facile: minor impegno individuale ozio<br />

– compito difficile: meno ansia grazie al conforto del gruppo<br />

– migliori prestazioni<br />

– migliora il profitto collettivo<br />

compito facile: minore impegno individuale<br />

la prestazione dell’individuo non è sotto<br />

osservazione ozio


Riassumendo<br />

Se lo sforzo individuale può essere valutato valutato:<br />

– L’attivazione migliora la prestazione nei compiti<br />

semplici e la peggiora in quelli complessi complessi;<br />

Se lo sforzo individuale NON può essere<br />

valutato valutato:<br />

– Il rilassamento peggiora la prestazione nei<br />

compiti semplici e la migliora in quelli complessi


<strong>Psicologia</strong> <strong>Sociale</strong><br />

A.A. 2011/12<br />

LE RELAZIONI<br />

INTERGRUPPI<br />

Dr.ssa Francesca Riccardi<br />

Dr.ssa Francesca G. Naselli


LE RELAZIONI INTERGRUPPI<br />

La ricerca sul comportamento intergruppi si è<br />

focalizzata principalmente sulle cause che determinano<br />

il pregiudizio<br />

Esistono varie spiegazioni del pregiudizio e della<br />

discriminazione nei confronti di gruppi estranei. Questi<br />

possono dipendere:<br />

• da variabili di personalità (Adorno, 1950)<br />

• dalla competizione per uno stesso bene (Sherif,<br />

1966)<br />

• dalla semplice appartenenza di gruppo (Tajfel,<br />

1978)


Fattori di personalità come causa del<br />

pregiudizio<br />

La personalità autoritaria<br />

Secondo Adorno (1950), il pregiudizio nei confronti<br />

dell’outgroup dipende da caratteristiche di<br />

personalità<br />

Traendo spunto dalle teorie psicoanalitiche, Adorno<br />

sostiene che l’ostilità verso alcuni gruppi dipende dal<br />

tipo di educazione ricevuto durante l’infanzia


• Secondo questa prospettiva, quando i<br />

genitori sono troppo severi, il bambino<br />

svilupperebbe aggressività nei loro<br />

confronti<br />

• Non potendo palesare tale aggressività,<br />

per timore delle conseguenze, essa<br />

viene ridiretta nei confronti di persone<br />

più deboli o inferiori<br />

• Il risultato è una persona sottomessa<br />

all’autorità, e ostile nei confronti delle<br />

minoranze etniche


Partendo da questi presupposti Adorno creò la<br />

Scala-F, per rilevare le tendenze fasciste o<br />

democratiche delle persone.<br />

Gli individui che ottenevano alti punteggi sulla<br />

Scala-F avevano avuto un educazione rigida e<br />

conservatrice e manifestavano pregiudizio nei<br />

confronti di vari gruppi<br />

Al contrario, chi otteneva bassi punteggi aveva<br />

avuto un educazione equilibrata e non<br />

manifestava alcun tipo di pregiudizio


Limiti<br />

• Quando si focalizza la causa del pregiudizio su<br />

fattori di personalità di dimenticano i fattori<br />

socioculturali che, invece, sono molto rilevanti<br />

(perché mostrano pregiudizio sia persone con alti<br />

punteggi sia persone con bassi punteggi di<br />

autoritarismo?).<br />

• Le spiegazioni basate sulle differenze individuali non<br />

sono in grado di spiegare l’uniformità del<br />

pregiudizio (è possibile che un’intera popolazione<br />

abbia la stessa personalità?).<br />

• Le spiegazioni basate sulle variabili di personalità<br />

non tengono conto della specificità storica del<br />

pregiudizio, ovvero non tengono conto dell’aumento<br />

del pregiudizio che si verifica in alcuni periodi storici<br />

(è possibile che di colpo tutte le famiglie abbiano<br />

cambiato il modo di educare i figli?)


Hovland e Sears:<br />

la teoria del capro espiatorio<br />

La teoria del capro espiatorio sostiene che in situazioni<br />

di frustrazione si sfoga la propria aggressività su<br />

persone più deboli<br />

Essa trae origine dalla teoria della frustrazioneaggressività,<br />

secondo cui, l’aggressività di un individuo<br />

dipende dalla frustrazione: in seguito a frustrazioni<br />

aumenta l’aggressività<br />

Tale aggressività, quando non può essere diretta verso<br />

la fonte della frustrazione, si dirige verso un bersaglio<br />

più debole (il capro espiatorio)


In un esperimento Miller e Bugelski (1948),<br />

dimostrarono tali ipotesi.<br />

• Dissero ad un gruppo di ragazzi che soggiornava in un<br />

campo estivo che la sera sarebbero andati in paese<br />

• Rilevarono, quindi, gli atteggiamenti del gruppo di<br />

ragazzi verso alcune minoranze etniche<br />

• Successivamente dissero ai ragazzi che la gita in paese<br />

era stata annullata (evento frustrante)<br />

• Rilevarono nuovamente gli atteggiamenti nei confronti<br />

delle minoranze etniche<br />

• I risultati mostrano che gli atteggiamenti dopo la<br />

frustrazione erano peggiorati


Limiti<br />

• Il primo limite riguarda i risultati delle ricerche:<br />

in alcune ricerche viene confermata la teoria della<br />

frustrazione-aggressività, in altre no<br />

• Inoltre, sembra che l’aggressività non dipenda tanto<br />

da livelli assoluti di frustrazione, quanto da livelli<br />

relativi (teoria della deprivazione relativa)<br />

• Infine, secondo la teoria della frustrazioneaggressività<br />

il comportamento intergruppi è guidato<br />

dalle emozioni, piuttosto che da uno scopo


La teoria della deprivazione relativa<br />

Runciman (1966) e Gurr (1970)<br />

La teoria della deprivazione relativa sostiene che la<br />

soddisfazione di una persona o di un gruppo non<br />

dipendono dalla situazione oggettiva, ma dalla<br />

situazione relativa rispetto da altre persone o<br />

gruppi<br />

La persona o il gruppo provano deprivazione relativa<br />

quando ottengono meno di quanto si aspettavano, non<br />

in assoluto, ma rispetto ad una altra persona o un<br />

altro gruppo


Comportamento interpersonale<br />

vs.<br />

comportamento di gruppo<br />

Le spiegazioni del conflitto intergruppi basate su<br />

caratteristiche di personalità sostengono che il<br />

comportamento dell’individuo quando è da solo e<br />

quando è inserito in un gruppo è sostanzialmente<br />

uguale.<br />

Questa assunzione non è in grado di spiegare<br />

l’uniformità e la prevedibilità del comportamento degli<br />

individui quando sono in gruppo.<br />

A partire da questa evidenza, Tajfel (1978) ha distinto<br />

il comportamento interpersonale e il<br />

comportamento intergruppi


Il comportamento interpersonale si riferisce al<br />

comportamento dell’individuo in quanto individuo,<br />

che sociali a cui si appartiene rivestono un ruolo imp<br />

possiede caratteristiche uniche e che ha relazioni<br />

personali con altri individui<br />

In questo caso, le categorie sociali di appartenenza<br />

non sono importanti<br />

Il comportamento intergruppi, invece, fa<br />

riferimento all’individuo in quanto membro di gruppo<br />

e le categorie ortante.


Questi due tipi di comportamento costituiscono i<br />

poli di un continuum<br />

• Al polo interpersonale ogni tipo di interazione è<br />

determinata dalle relazioni personali tra gli individui<br />

e dalle loro caratteristiche individuali<br />

• Al polo intergruppi ogni comportamento reciproco<br />

di due o più individui è determinato dalla loro<br />

appartenenza a diversi gruppi o categorie.<br />

Ogni comportamento dell’individuo può essere posto in<br />

un punto qualunque del continuum<br />

interpersonale/intergruppi


La collocazione nel continuum dipende da tre fattori:<br />

1) Precisione con cui si possono identificare le<br />

categorie sociali<br />

divisioni sociali evidenti comportamento<br />

intergruppi<br />

2) Grado di variabilità o uniformità del<br />

comportamento o degli atteggiamenti<br />

all’interno di un gruppo<br />

salienza del gruppo comportamento degli<br />

individui più simile<br />

3) Comportamenti e atteggiamenti di una<br />

persona nei confronti di un’altra sono una<br />

caratteristica idiosincratica o rivelano<br />

uniformità e prevedibilità<br />

incontri intergruppi percezioni e comportamenti 14<br />

preconcetti


Gli interessi del gruppo come causa del pregiudizio<br />

È possibile considerare il pregiudizio e la discriminazione<br />

intergruppi come risposte “normali” di persone “comuni”<br />

che si trovano in una situazione intergruppi.<br />

Nelle situazioni intergruppi, riveste molta importanza la<br />

natura degli scopi dei due gruppi.<br />

• Quando gli scopi sono incompatibili, ovvero quando un<br />

gruppo per ottenere qualcosa deve farlo a scapito di un<br />

altro gruppo, si adotta un orientamento competitivo ed<br />

aumenta il pregiudizio e l’ostilità nei confronti dell’altro<br />

gruppo.<br />

• Quando gli scopi sono concordanti, ovvero quando i<br />

gruppi hanno bisogno l’uno dell’altro per raggiungerli, i<br />

due gruppi adottano un orientamento cooperativo e le<br />

relazioni tra i gruppi sono più armoniose.<br />

Il pregiudizio, quindi, potrebbe dipendere dalla presenza di<br />

scopi incompatibili.


La teoria del conflitto realistico proposta da Sherif<br />

(1966) sostiene, appunto, che i conflitti tra i gruppi<br />

sorgano dalla competizione per le risorse.<br />

Gli atteggiamenti e il comportamento intergruppi<br />

riflettono gli interessi oggettivi del proprio gruppo<br />

nel confronto con gli altri gruppi.<br />

• Quando gli interessi sono in conflitto, aumenteranno<br />

gli atteggiamenti negativi, il pregiudizio e la<br />

discriminazione.<br />

• Quando gli interessi dei gruppi sono comuni, il<br />

comportamento dei due gruppi sarà più amichevole<br />

e cooperativo, e diminuirà il pregiudizio.


Gli studi di Sherif sui campi estivi<br />

Per verificare la sua teoria Sherif condusse tre esperimenti<br />

sul campo.<br />

I partecipanti alla ricerca erano tutti ragazzi bianchi, di 11 o<br />

12 anni, di classe media, sani, ben adattati, provenienti da<br />

famiglie stabili, psicologicamente equilibrati.<br />

I ragazzi, inoltre, non si conoscevano prima di arrivare al<br />

campo.<br />

Gli studi di Sherif comprendono tre fasi:<br />

1. formazione del gruppo<br />

2. competizione intergruppi<br />

3. riduzione del conflitto<br />

La fase di formazione del gruppo è preceduta dalla fase di<br />

scelta spontanea di amicizia interpersonale.


Scelta spontanea di amicizia interpersonale<br />

Questa fase è presente solo nei primi due esperimenti, ed ha<br />

la funzione di eliminare l’attrazione interpersonale come<br />

fattore esplicativo, serve, cioè per diminuire la possibilità che i<br />

risultati della ricerca dipendano dagli effetti dell’attrazione<br />

interpersonale.<br />

Durante questa fase i ragazzi alloggiano insieme e sono liberi<br />

di interagire e lavorare con chi preferiscono. Una volta<br />

stabilizzate le relazioni, si procede ad una valutazione<br />

dell’attrazione interpersonale.<br />

I ragazzi vengono quindi divisi in due capanne separando i<br />

migliori amici<br />

Da questo momento in poi i ragazzi interagiscono solo con i<br />

membri del proprio gruppo.<br />

Nel terzo esperimento i ragazzi non si incontrano mai prima<br />

della formazione dei gruppi


Formazione del gruppo<br />

Lo scopo principale di questa fase era assegnare un certo<br />

numero di compiti al gruppo (ad es., cucinare,<br />

campeggiare), che comprendevano un lavoro di squadra da<br />

parte dei ragazzi di ciascun gruppo, senza avere a che fare<br />

con l’altro gruppo.<br />

Nei primi due esperimenti, già in questa fase vi furono<br />

alcuni confronti spontanei tra i gruppi, in cui si favoriva il<br />

proprio gruppo.<br />

Il favoritismo per il proprio gruppo si verificava prima<br />

dell’inizio della fase di conflitto.<br />

Nel terzo esperimento, invece, i ragazzi non erano a<br />

conoscenza della presenza dell’altro gruppo, ma appena<br />

seppero della sua presenza decisero spontaneamente di<br />

sfidarlo in una competizione sportiva. La semplice presenza<br />

dell’altro gruppo suscitava sentimenti competitivi.


Competizione intergruppi<br />

In questa fase i due gruppi prendevano parte ad<br />

una serie di competizioni, in ognuna delle quali il<br />

gruppo vincente riceveva un premio, mentre il gruppo<br />

che perdeva non riceveva nulla.<br />

In questo modo si creava un oggettivo conflitto di<br />

interessi tra i due gruppi.<br />

I due gruppi si trovavano in una situazione di<br />

interdipendenza negativa: un gruppo guadagna ciò<br />

che l’altro gruppo perde


In questa fase Sherif notò che:<br />

• la presenza dell’outgroup aveva aumentato la<br />

coesione all’interno dei gruppi<br />

• gli atteggiamenti nei confronti dell’outgroup erano<br />

diventati negativi, mentre quelli nei confronti<br />

dell’ingroup erano diventati più positivi<br />

• il leader all’interno dei gruppi era cambiato, nel<br />

senso che diventavano leader ragazzi più aggressivi<br />

• gli eventi erano sistematicamente percepiti in<br />

maniera da favorire l’ingroup<br />

21


Riduzione del conflitto<br />

L’obiettivo di questa fase era introdurre degli scopi<br />

sovraordinati per trasformare le relazioni ostili in relazioni<br />

cooperative.<br />

Uno scopo sovraordinato è uno scopo che ha un forte richiamo<br />

per ogni gruppo, ma che nessun gruppo può raggiungere<br />

senza la partecipazione dell’altro.<br />

Uno di questi scopi fu progettato in modo da far rompere<br />

l’autocarro che portava le provviste. Per avere le provviste<br />

bisognava trainare l’autocarro fino al campo.<br />

I ragazzi erano motivati ad avere le provviste poiché era quasi<br />

ora di pranzo, tuttavia l’autocarro era molto pensante e l’unico<br />

modo per farlo arrivare al campo era che i membri di entrambi<br />

i gruppi lo trainassero insieme.<br />

L’introduzione di vari obiettivi sovraordinati portò a rendere le<br />

relazioni tra i due gruppi più amichevoli.


I risultati di questi esperimenti dimostrano l’insufficienza<br />

delle teorie che spiegano il conflitto tra gruppi in termini di<br />

fattori di personalità.<br />

Infatti, in questi esperimenti si vede come dei bambini<br />

normali modificarono sistematicamente il proprio<br />

comportamento adeguandosi alla relazione intergruppi.<br />

Inoltre, i cambiamenti avvenuti nei ragazzi erano stati<br />

troppo veloci per poter essere attribuiti a caratteristiche di<br />

personalità.<br />

Sherif concluse che discriminazione e il pregiudizio tra i<br />

gruppi dipendono dall’incompatibilità di obiettivi<br />

materiali.


La semplice appartenenza al gruppo come causa<br />

di pregiudizio<br />

Alcuni studiosi hanno analizzato il favoritismo per il<br />

proprio gruppo (ingroup bias) nel contesto dei gruppi<br />

minimi.<br />

I gruppi minimi o gruppi minimali sono gruppi in cui<br />

la categorizzazione ingroup/outgroup viene effettuata<br />

in base ad un criterio debole.<br />

Inoltre, tra i due gruppi mancano le condizioni che di<br />

solito sono associate al conflitto intergruppi (ad es.,<br />

competizione per uno stesso bene che solo uno dei<br />

due gruppi può ottenere).


Rabbie e Horwitz (1969) ipotizzarono che la<br />

condizione essenziale di discriminazione intergruppi<br />

possa essere determinata dalla percezione di una<br />

interdipendenza nel destino dei membri del<br />

gruppo.<br />

Nel loro esperimento, alunni che non si conoscevano<br />

venivano casualmente assegnati a due gruppi (verdi o<br />

blu).<br />

I membri dei due gruppi portavano delle targhette<br />

identificative con il colore del proprio gruppo.<br />

I membri dei due gruppi sedevano ai due lati di un<br />

paravento (i verdi da una parte e i blu dall’altra), ogni<br />

partecipante, quindi, poteva interagire solo con i<br />

membri dell’ingroup.


Vennero create due condizioni sperimentali<br />

• Nella condizione di controllo si passava<br />

direttamente alla fase successiva.<br />

• Nella condizione sperimentale i partecipanti<br />

ricevevano (o no) delle radioline.<br />

Nella fase successiva veniva tolto il paravento e ogni<br />

membro dei due gruppi leggeva ad alta voce alcune<br />

notizie biografiche.<br />

I membri di entrambi i gruppi valutavano il<br />

partecipante che stava parlando.


I risultati mostrano che nella condizione di destino<br />

comune i partecipanti esibivano favoritismo per il<br />

proprio gruppo: le valutazione dei membri dell’ingroup<br />

erano più favorevoli delle valutazioni dei membri<br />

dell’outgroup.<br />

Nella condizione di controllo questo non si verificava.<br />

La conclusione fu che l’appartenenza ad un gruppo<br />

produce ingroup bias quando tale appartenenza<br />

coincide con un’esperienza comune di ricompensa o<br />

deprivazione (ricevere o meno la radiolina).<br />

La condivisione di un destino comune, da sola,<br />

può generare favoritismo per l’ingroup.


L’esperimento di Tajfel et al. (1971)<br />

Tajfel e collaboratori minimizzarono ulteriormente le<br />

caratteristiche della situazione intergruppi. L’obiettivo<br />

era di definire le condizioni minime in cui un<br />

individuo effettua delle distinzioni tra il proprio<br />

gruppo di appartenenza e un altro gruppo.<br />

L’ipotesi era che la semplice appartenenza di gruppo<br />

(senza conflitto o destino comune) avrebbe prodotto<br />

favoritismo per l’ingroup, la sola categorizzazione<br />

ingroup/outgroup avrebbe prodotto<br />

discriminazio- ne


Con lo scopo di eliminate dalla situazione sperimentale tutte<br />

le variabili che di norma producono favoritismo, furono<br />

adottati alcuni criteri nella strutturazione dell’esperimento.<br />

• Non doveva esserci alcuna interazione faccia a faccia<br />

tra i membri del proprio gruppo, del gruppo estraneo o<br />

tra i gruppi<br />

• L’appartenenza al gruppo doveva essere anonima<br />

• Non doveva esserci alcuna precedente ostilità tra i<br />

gruppi<br />

• Non doveva esserci alcun conflitto di interesse tra i<br />

gruppi<br />

• Non doveva esserci alcun legame utilitaristico o<br />

strumentale tra le risposte dei soggetti e i loro interessi<br />

personali<br />

• Non doveva esserci un destino comune tra i membri del<br />

gruppo


L’esperimento si svolgeva in due fasi:<br />

• Nella prima fase, i soggetti eseguivano un compito<br />

banale che consisteva nell’esprimere una preferenza<br />

per i dipinti di un pittore astratto (Klee o Kandinski).<br />

Si creavano, quindi, due gruppi: quelli che preferivano<br />

Klee e quelli che preferivano Kandinski.<br />

• Nella seconda fase, i partecipanti ricevevano un<br />

blocchetto contenente delle matrici di assegnazione di<br />

risorse. Tramite queste matrici assegnavano delle<br />

quote di denaro a membri dell’ingroup e<br />

dell’outgroup. Le persone a cui si assegnava il denaro<br />

erano anonime, nel senso che era indicato solo il gruppo<br />

di appartenenza e un numero.<br />

In nessun caso i partecipanti avrebbero ricompensato se<br />

stessi.


Esempi di matrice<br />

a) Libretto per il gruppo Klee<br />

Queste cifre indicano le ricompense a favore di:<br />

Membro n. 74 del gruppo Klee 25 23 21 19 17 15 13 11 9 7 5 3 1<br />

Membro n. 44 del gruppo Kandinski 19 18 17 16 15 14 13 12 11 10 9 8 7<br />

b) Libretto per il gruppo Klee<br />

Queste cifre indicano le ricompense a favore di:<br />

Membro n. 15 del gruppo Kandinski 25 23 21 19 17 15 13 11 9 7 5 3 1<br />

Membro n. 38 del gruppo Klee 19 18 17 16 15 14 13 12 11 10 9 8 7<br />

Ogni matrice veniva presentata due volte, invertendo le<br />

ricompense per i membri dei due gruppi.<br />

I partecipanti dovevano scegliere una colonna della matrice.<br />

Questa matrice era costruita in modo da rilevare la<br />

tendenza a massimizzare la differenza tra l’ingroup e<br />

l’outgroup.


Risultati<br />

a) Libretto per il gruppo Klee<br />

Queste cifre indicano le ricompense a favore di:<br />

Membro n. 74 del gruppo Klee 25 23 21 19 17 15 13 11 9 7 5 3 1<br />

Membro n. 44 del gruppo Kandinski 19 18 17 16 15 14 13 12 11 10 9 8 7<br />

b) Libretto per il gruppo Klee<br />

Queste cifre indicano le ricompense a favore di:<br />

Membro n. 15 del gruppo Kandinski 25 23 21 19 17 15 13 11 9 7 5 3 1<br />

Membro n. 38 del gruppo Klee 19 18 17 16 15 14 13 12 11 10 9 8 7<br />

Nella matrice a i partecipanti di solito scelgono l’equità tra i<br />

due gruppi (13/13).<br />

Nella matrice b, invece, i partecipanti tendono ad assegnare<br />

più al proprio gruppo (11/12), rinunciando a somme di<br />

denaro superiori (25/19) pur di guadagnare più dell’altro<br />

gruppo.


I risultati mostrarono una tendenza a favorire il proprio<br />

gruppo anche quando l’assegnazione al gruppo è fatta su<br />

una base insignificante.<br />

La discriminazione rilevata in questo esperimento<br />

• non dipende da attrazione personale per i membri<br />

dell’ingroup<br />

• non dipende da precedenti ostilità tra i gruppi<br />

• non dipende dalla presenza di un conflitto di interessi<br />

tra i gruppi<br />

• non dipende dall’interesse personale<br />

• non dipende dalla presenza di un destino comune<br />

La discriminazione è determinata dalla categorizzazione<br />

Klee/Kandinski (sovrastimatori/sottostimatori, X/Y).<br />

Tajfel concluse che la semplice categorizzazione<br />

ingroup/outgroup è sufficiente a creare<br />

discriminazione


Spiegazioni della discriminazione nei gruppi minimi:<br />

1. Ruolo delle norme<br />

La consapevolezza dei membri di appartenere ad un<br />

gruppo genera associazioni con squadre, il che rende<br />

saliente un tipo di norma competitiva<br />

Questa competitività non si manifesta del tutto perché<br />

nelle varie culture è saliente anche un’altra norma, la<br />

norma dell’imparzialità<br />

Critiche a questa spiegazione


• Se si spiega il comportamento tramite le norme si<br />

dovrebbe essere in grado di prevedere in quali<br />

situazioni si adotta la norma competitiva e in quali<br />

si adotta la norma dell’imparzialità<br />

• Le spiegazioni di tipo normativo sono troppo<br />

generali non consentono di prevedere variazioni<br />

sistematiche che si possono osservare all’interno<br />

di una cultura


2. La categorizzazione<br />

L’individuo ha bisogno di organizzare l’ambiente in cui vive<br />

e lo fa tramite il processo di categorizzazione. Gli elementi<br />

del mondo fisico e sociale, quindi, vengono divisi in<br />

categorie in base alle loro somiglianza. In questo modo<br />

l’individuo avrà a che fare con un numero limitato di<br />

categorie, invece che con innumerevoli casi singoli<br />

Doise (1976) - Una conseguenza della categorizzazione è<br />

la differenziazione categoriale, processo tramite cui si<br />

massimizzano le differenze tra gli elementi che<br />

appartengono a gruppi diversi e si minimizzano le differenze<br />

tra gli elementi che appartengono allo stesso gruppo<br />

Questo processo aiuta a discriminare i membri di una classe<br />

da chi non fa parte della stessa classe


Il contesto dei gruppi minimali è una situazione<br />

indefinita e per dargli chiarezza l’individuo si attacca<br />

all’unica informazione disponibile, ovvero<br />

l’appartenenza di gruppo.<br />

Una volta adottata la classificazione ingroup/outgroup<br />

entrerà in atto il processo di differenziazione categoriale.<br />

Nella situazione dei gruppi minimi l’unico modo per<br />

differenziare tra i due gruppi consiste nell’attribuire più<br />

denaro al proprio gruppo rispetto all’altro gruppo.<br />

Anche la spiegazione basata sulla categorizzazione non è<br />

sufficiente. Essa non spiega, infatti, per quale motivo<br />

quando si differenzia lo si fa sempre a favore del<br />

proprio gruppo e mai dell’altro.


La teoria dell’identità sociale (Tajfel, 1978)<br />

Tajfel definisce l’identità sociale come “quella parte<br />

del concetto di sé di un individuo che deriva dalla<br />

consapevolezza di appartenere ad un gruppo (o<br />

gruppi) sociale unita al valore e al significato emotivo<br />

attribuito a tale appartenenza”<br />

Dato che gli individui preferiscono avere un’immagine<br />

di sé positiva, piuttosto che negativa, e dato che una<br />

parte dell’immagine dell’individuo proviene<br />

dall’appartenenza di gruppo, ne deriva che gli individui<br />

preferiscono appartenere a gruppi valutati<br />

positivamente


Per giudicare il valore del proprio gruppo lo si<br />

confronta con altri gruppi<br />

L’esito di questi confronti è importante poiché<br />

influenza direttamente l’autostima delle persone.<br />

Per questo motivo si tende a distorcere il confronto,<br />

nel tentativo di creare una specificità o distintività<br />

positiva per il proprio gruppo, ovvero nel tentativo di<br />

differenziare positivamente il proprio gruppo dall’altro.


Uno studio sul campo<br />

La teoria dell’identità sociale è applicabile anche a<br />

gruppi reali. Un esempio è costituito da una ricerca di<br />

Brown (1978) condotta in una fabbrica<br />

Ai partecipanti, operai di tre diversi reparti (Sala<br />

attrezzi, Sviluppo e Produzione), venivano mostrate<br />

alcune matrici di assegnazione delle risorse simili a<br />

quelle utilizzate da Tajfel<br />

Interessanti sono i risultati del reparto Sala attrezzi:<br />

Ai partecipanti era chiesto di scegliere la paga<br />

settimanale da assegnare al proprio gruppo (Sala<br />

attrezzi) e agli altri due gruppi


Anche in questo caso i partecipanti dovevano scegliere una<br />

riga della matrice<br />

Sviluppo e Progettazione Sala attrezzi<br />

£ 70.30 £ 69.30<br />

£ 69.30 £ 68.80<br />

£ 68.30 £ 68.30<br />

£ 67.30 £ 67.80<br />

£ 66.30 £ 67.30<br />

I risultati indicano che la maggior parte dei partecipanti del<br />

reparto Sala attrezzi sceglie l’ultima riga della matrice<br />

(66.30/67.30). I partecipanti sono disposti a<br />

sacrificare una parte di guadagno pur di guadagnare<br />

più degli altri gruppi, ovvero, pur di creare una<br />

distintività positiva per il proprio gruppo


Il modello di Hinkle e Brown (1990)<br />

La teoria dell’identità sociale prevede che vi sia una<br />

relazione tra il livello di identificazione e il favoritismo per<br />

l’ingroup, nel senso che maggiore è l’identificazione più<br />

si dovrebbe discriminare a favore del proprio gruppo<br />

Tuttavia, in una rassegna di studi condotta da Hinkle e<br />

Brown si è visto che non sempre si trova questa relazione<br />

I due autori hanno, quindi, ipotizzato che le previsioni della<br />

teoria dell’identità sociale possano valere solo per alcune<br />

persone o gruppi<br />

Hinkle e Brown propongono di dividere le persone e i gruppi<br />

in quattro tipi derivati dall’incrocio di due dimensioni:<br />

Collettivismo/Individualismo e Orientamento<br />

Autonomo/Relazionale


Individualismo/Collettivismo<br />

Il collettivismo può essere definito come un modello<br />

sociale che considera individui strettamente legati tra<br />

loro, individui che si vedono come parti di una o più<br />

collettività (la famiglia, i colleghi di lavoro, la nazione); essi<br />

sono motivati nel loro comportamento più dagli obiettivi del<br />

gruppo d’appartenenza, che dagli obiettivi personali e<br />

seguono le norme imposte dalla collettività<br />

L’individualismo può essere definito come quel modello<br />

sociale che prende in esame individui slegati tra loro, che<br />

si percepiscono come indipendenti da qualsiasi<br />

gruppo sociale, motivati nel loro comportamento più dalle<br />

loro preferenze, dai propri bisogni e diritti, che da quelli del<br />

gruppo; essi danno la priorità agli obiettivi personali e,<br />

prima di associarsi con altri, fanno un’analisi razionale dei<br />

costi e dei benefici derivanti da tale unione


Orientamento Autonomo/Relazionale<br />

Questa dimensione si riferisce alla tendenza a<br />

valutare l’ingroup confrontandolo o meno con<br />

altri gruppi<br />

L’orientamento è autonomo nel caso in cui un gruppo<br />

viene valutato senza essere confrontato con altri<br />

gruppi<br />

L’orientamento è relazionale, invece, nel caso in cui<br />

un gruppo viene valutato tramite il confronto con altri<br />

gruppi<br />

Secondo i due autori gli individui e i gruppi che<br />

mostreranno ingroup bias saranno quelli collettivistici<br />

con orientamento relazionale; lo stesso non<br />

dovrebbe valere per gli individui e i gruppi<br />

individualistici con orientamento autonomo


Questa ipotesi è stata confermata da Hinkle e Brown<br />

dividendo gli individui che avevano partecipato a tre<br />

esperimenti in base alla tassonomia proposta, e rilevando,<br />

per ognuno dei quattro gruppi, la correlazione tra<br />

identificazione e favoritismo per l’ingroup.<br />

Orientamento<br />

individualista<br />

Orientamento relazionale<br />

0.24 0.55<br />

0.05 0.23<br />

Orientamento autonomo<br />

Orientamento<br />

collettivista<br />

Come appare dai risultati, per i membri classificati come<br />

collettivisti, con orientamento relazionale, si trova una<br />

correlazione elevata tra l’identificazione e la discriminazione.


I gruppi di status inferiore<br />

In molti casi i gruppi che si confrontano non hanno lo<br />

stesso status.<br />

Per i membri dei gruppi di status inferiore il confronto<br />

con i gruppi di status superiore potrebbe portare ad un<br />

esito negativo, con conseguente calo dell’autostima.<br />

Le strategie per ripristinare la positività dell’identità<br />

sociale possono essere sia individuali sia collettive e<br />

dipendono tre fattori.<br />

• Permeabilità/Impermeabilità dei confini dei gruppi<br />

• Legittimità/Illegittimità delle relazioni di status<br />

• Stabilità/Instabilità delle relazioni di status


Il continuum mobilità individuale/cambiamento sociale<br />

• Quando i confini tra i gruppi sono percepiti<br />

permeabili (si può passare da un gruppo all’altro),<br />

l’individuo usa strategie di mobilità individuale<br />

per ripristinare la positività della propria identità<br />

sociale ed elevare la propria autostima<br />

• Tenterà, quindi, di passare nel gruppo di status<br />

superiore<br />

• Quando, invece, i confini tra i gruppi sono<br />

percepiti impermeabili (non è possibile passare<br />

da un gruppo all’altro), l’individuo usa strategie<br />

collettive per risolvere i problemi legati alla propria<br />

identità<br />

• Le strategie collettive possono produrre<br />

cambiamento sociale


Il tipo di strategia collettiva adottata dai membri del<br />

gruppo di status inferiore dipende dalla stabilità e dalla<br />

legittimità delle relazioni di status.<br />

• Quando le relazioni di status sono legittime e stabili si<br />

può ripristinare la positività dell’identità sociale:<br />

cambiando il gruppo di confronto, cioè confrontandosi<br />

con un gruppo di status inferiore<br />

modificando le dimensioni di confronto, cioè trovando<br />

dimensioni in cui il proprio gruppo è superiore all’altro<br />

• Quando, invece, le relazioni di status sono percepite<br />

illegittime e instabili è possibile ripristinare un’identità<br />

sociale positiva:<br />

chiedendo un confronto diretto con il gruppo<br />

dominante, con lo scopo di modificare lo status dei<br />

due gruppi


Secondo la teoria dell’identità sociale, i fenomeni di<br />

discriminazione più forti si avranno quando i confini<br />

intergruppi sono percepiti impermeabili e l’inferiorità<br />

dell’ingroup è percepita illegittima e/o instabile


Scopi sovraordinati<br />

Riduzione del conflitto<br />

Una strategia per ridurre il conflitto consiste<br />

nell’introduzione di scopi sovraordinati. Tuttavia, questo<br />

porta alla riduzione del conflitto solo se:<br />

• l’esito della cooperazione è positivo<br />

• i gruppi hanno ruoli distinguibili e complementari<br />

Ridisegnare i confini della categoria<br />

Come abbiamo visto la semplice categorizzazione<br />

ingroup/outgroup produce discriminazione<br />

Un modo per ridurre la discriminazione consiste nel<br />

ridisegnare i confini delle categorie<br />

Questo si può fare in due modi:<br />

• creando un ingroup comune<br />

• incrociando le categorie


Creazione di un ingroup comune<br />

Secondo Gaertner et al., (1993) per ridurre la<br />

discriminazione gli individui appartenenti a gruppi<br />

diversi devono percepirsi come membri di uno stesso<br />

gruppo<br />

Bisogna passare, quindi, da una situazione in cui<br />

esiste un noi e un loro, ad una situazione in cui<br />

esiste un NOI più inclusivo


Categorizzazione incrociata<br />

La categorizzazione incrociata fa riferimento all’incrocio di<br />

una dimensione di categorizzazione (ad es., italianoalbanese)<br />

con una seconda (ad es., maschio-femmina), in<br />

modo da formare quattro gruppi (italiano/maschio,<br />

italiano/femmina, albanese/maschio, albanese/femmina)<br />

Es. Rispetto ad un maschio italiano:<br />

• Un maschio/italiano condivide entrambe le<br />

categorizzazioni è quindi membro di un doppio ingroup<br />

• una femmina/albanese è membro di un doppio<br />

outgroup, poiché differisce in entrambe le dimensioni<br />

• una femmina/italiana e un maschio/albanese sono<br />

membri di un ingroup parziale, poiché condividono solo<br />

una dimensione


La categorizzazione incrociata dovrebbe ridurre la<br />

discriminazione perché intervengono processi<br />

simultanei di differenziazione intercategoriale e<br />

assimilazione intracategoriale che si neutralizzano<br />

Tuttavia, la discriminazione si dovrebbe ridurre solo<br />

nei confronti dei membri del doppio ingroup e dei due<br />

ingroup parziali, ma dovrebbe aumentare nei confronti<br />

dei membri del doppio outgroup


L’ipotesi del contatto<br />

(Allport, 1954) Secondo questa ipotesi il contatto positivo<br />

tra membri di gruppi diversi riduce il pregiudizio.<br />

Tuttavia, gli effetti del contatto dipendono da vari fattori:<br />

il contatto deve essere intimo e prolungato<br />

i gruppi devono godere di uguale status nella situazione<br />

di contatto<br />

i gruppi devono cooperare nel raggiungimento di<br />

obiettivi comuni<br />

l’integrazione dei gruppi deve essere favorita dalle<br />

istituzioni


Contatto interpersonale vs. contatto intergruppi<br />

Secondo alcune teorie (Brewer & Miller, 1984) il contatto,<br />

per essere efficace, deve avvenire a livello interpersonale,<br />

tra individui decategorizzati, che si percepiscono come<br />

individui singoli<br />

Infatti, se la categorizzazione produce pregiudizio,<br />

l’eliminazione della categorizzazione dovrebbe ridurre il<br />

pregiudizio<br />

Il cambiamento di atteggiamento potrebbe non<br />

generalizzarsi a tutti i membri del gruppo


Visto che non è possibile generalizzare gli effetti positivi del<br />

contatto se questo avviene a livello interpersonale<br />

Hewstone e Brown (1986) propongono di mantenere<br />

salienti le rispettive appartenenze categoriali nella<br />

situazione di contatto<br />

Il contatto, cioè, deve avvenire a livello intergruppi, tra<br />

individui che si percepiscono membri dei rispettivi gruppi<br />

In questo modo, gli atteggiamenti positivi nei confronti dei<br />

membri dell’outgroup con cui si interagisce possono<br />

estendersi all’outgroup in generale


Tuttavia, se l’esperienza di contatto genera<br />

atteggiamenti negativi, questi si ripercuoteranno<br />

sulle valutazioni dell’outgroup<br />

Inoltre, quando il contatto avviene a livello<br />

intergruppi è sempre presente un certo livello di<br />

“ansia intergruppi”, che potrebbe diminuire gli<br />

effetti del contatto

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