Pagina 1 di 25 Alienazione Parentale: sindrome, disturbo ... - Aiaf
Pagina 1 di 25 Alienazione Parentale: sindrome, disturbo ... - Aiaf
Pagina 1 di 25 Alienazione Parentale: sindrome, disturbo ... - Aiaf
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
<strong>Alienazione</strong> <strong>Parentale</strong>: <strong>sindrome</strong>, <strong>di</strong>sturbo, organizzazione relazionale<br />
complessa o cos’altro? Alla ricerca <strong>di</strong> una definizione e <strong>di</strong> possibili soluzioni dal<br />
punto <strong>di</strong> vista giuri<strong>di</strong>co<br />
Carla Marcucci 1<br />
1. Il fenomeno dell’alienazione parentale esiste ed é riconosciuto dal giu<strong>di</strong>ce<br />
penale e civile italiano nonché dal giu<strong>di</strong>ce comunitario<br />
La giustizia civile e penale si trova spesso costretta a confrontarsi con fattispecie<br />
che hanno tutte le caratteristiche con le quali viene solitamente definita la<br />
<strong>sindrome</strong> da alienazione parentale.<br />
La Cassazione penale con sentenza in data 03.09.2009 n. 34838 ha<br />
riconosciuto il <strong>di</strong>ritto al risarcimento del danno endofamiliare ex art. 388 2°<br />
comma c.p. per elusione sistematica dei provve<strong>di</strong>menti sull’affidamento stabiliti<br />
dal giu<strong>di</strong>ce della separazione da parte della madre affidataria nei confronti del<br />
padre “trattandosi della deliberata volontà <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento psicologico<br />
della figlia della coppia, indotta così a non voler più incontrare il padre nei<br />
termini stabiliti nella separazione, e volto ad annullare la figura paterna”.<br />
Per giungere alla sentenza <strong>di</strong> condanna la Corte affronta e supera l’eccezione<br />
relativa alla mancanza dell’elemento soggettivo della fattispecie <strong>di</strong> cui all’art.<br />
388 2° comma c.p. , tesa ad escludere il dolo, pretendendo che sarebbe stata<br />
1 Avvocato del Foro <strong>di</strong> Lucca, componente dei consigli <strong>di</strong>rettivi delle<br />
associazioni AIAF TOSCANA (Associazione Italiana degli Avvocati per la<br />
Famiglia e per i minori) e AIADC (Associazione Italiana Avvocati <strong>di</strong> Diritto<br />
Collaborativo). Stu<strong>di</strong>o per la relazione al convegno sul tema “La Sindrome<br />
da alienazione parentale: attualità e controversie” organizzato dalla<br />
Fondazione Guglielmo Gulotta , Milano, 31 marzo 2012<br />
<strong>Pagina</strong> 1 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
sempre la stessa bambina (<strong>di</strong> cinque anni) a rifiutare, con pianti e manifestazioni<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio, il padre . La Suprema Corte, invece, trae dalle risultanze dei giu<strong>di</strong>zi<br />
<strong>di</strong> merito “l’univoca descrizione <strong>di</strong> un lampante e ra<strong>di</strong>cato della T. nei confronti del coniuge separato, tradottosi nella deliberata<br />
volontà <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento della piccola figlia della coppia, sì da dar luogo a<br />
quella che la sentenza <strong>di</strong> appello motivatamente qualifica come dei provve<strong>di</strong>menti sull’affidamento della bambina adottati dal giu<strong>di</strong>ce<br />
della separazione.”<br />
Con la sentenza n. 36503 del 23 settembre 2011 la Cassazione penale<br />
conferma la condanna per maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. della<br />
mamma e del nonno <strong>di</strong> una bambina, entrambi colpevoli <strong>di</strong> aver avuto un<br />
atteggiamento iperprotettivo, mantenuto anche in età preadolescenziale,<br />
connotato anche da deprivazioni sociali (impe<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> rapporti con i coetanei)<br />
e psicologiche, concretizzatesi, queste ultime, nella rimozione della figura<br />
paterna, prospettata come negativa e violenta, tanto da imporre alla bambina <strong>di</strong><br />
farsi chiamare con il cognome materno.<br />
La Corte, superando le eccezioni della <strong>di</strong>fesa tese ad affermare la non ricorrenza<br />
nella fattispecie <strong>di</strong> vessazioni e sopraffazioni reiterate e comunque la non<br />
percezione da parte della minore dei comportamenti contestati ai familiari come<br />
negativi, estende l’operatività del reato <strong>di</strong> maltrattamenti in famiglia a quelle<br />
situazioni che violano il “…rispetto integrale della loro personalità e delle loro<br />
potenzialità nello svolgimento <strong>di</strong> un rapporto fondato su costruttivi e<br />
<strong>Pagina</strong> 2 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
socializzanti vincoli familiari aperti alle risorse del mondo esterno, a<br />
prescindere da condotte pacificamente vessatorie e violente”.<br />
Di fronte all’assunto <strong>di</strong>fensivo del <strong>di</strong>fetto della seppur minima consapevolezza<br />
della madre <strong>di</strong> creare <strong>di</strong>sagio nel figlio, la Corte esclude la buona fede della<br />
signora poiché “tale profilo soggettivo non aveva più motivo <strong>di</strong> sussistere dopo<br />
i ripetuti sinergici interventi correttivi <strong>di</strong> una pluralità <strong>di</strong> esperti e tecnici<br />
dell’età evolutiva e del <strong>di</strong>sagio psichico ed i conformi interventi dell’autorità<br />
giu<strong>di</strong>ziaria”. La persistenza <strong>di</strong> tutte le condotte ascritte, in palese violazione<br />
delle prescrizioni e in<strong>di</strong>cazioni, segnala, a parere della Corte, la pacifica<br />
ricorrenza in capo alla madre e al nonno della intenzionalità che connota il<br />
delitto.<br />
Recentemente, con sentenza n. 5365 dell’11 gennaio 2012, la Cassazione<br />
penale ha affermato che integrano il reato <strong>di</strong> violenza privata le condotte<br />
aggressive della madre nei confronti dei figli volte ad impe<strong>di</strong>re loro <strong>di</strong> vedere il<br />
proprio padre e che si limitino all’occasione in cui questi sentono per telefono o<br />
incontrino il padre stesso ( escludendo il reato <strong>di</strong> maltrattamenti in assenza<br />
dell’abitualità <strong>di</strong> tali condotte, necessaria per inquadrare gli episo<strong>di</strong> in un regime<br />
<strong>di</strong> vita vessatorio finalizzato a mortificare la personalità del soggetto passivo ).<br />
Più complesso ed oscillante é l’orientamento del giu<strong>di</strong>ce civile, o meglio la<br />
prassi, per affrontare, risolvere e decidere fattispecie in cui si manifestino<br />
chiari atteggiamenti manipolativi <strong>di</strong> un genitore nei confronti dei figli tesi ad<br />
escludere l’altro genitore ed il conseguente rifiuto <strong>di</strong> questi da parte del figlio.<br />
<strong>Pagina</strong> 3 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
Il motivo é semplice: lo scopo del giu<strong>di</strong>zio penale é la sanzione <strong>di</strong> colui che ha<br />
violato la legge, certo più facilmente attuabile rispetto al ben più ampio<br />
obiettivo che si pone il giu<strong>di</strong>ce civile il quale deve decidere in merito alle<br />
relazioni più significative <strong>di</strong> una persona minorenne e delle responsabilità<br />
genitoriali verso la stessa ponendosi prioritariamente l’obiettivo <strong>di</strong> realizzare il<br />
suo interesse e benessere psicofisico.<br />
Si rintracciano non pochi esempi <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zi che, in un’ escalation <strong>di</strong><br />
provve<strong>di</strong>menti, che spesso coinvolgono contemporaneamente il giu<strong>di</strong>ce<br />
or<strong>di</strong>nario e quello minorile, tentano tutta la gamma dei possibili or<strong>di</strong>ni, in un<br />
continuum che si articola dal meno al più invasivo.<br />
Così si passa dalle prescrizioni, con minaccia <strong>di</strong> provvedere in modo più<br />
incisivo, all’affidamento al servizio sociale con mantenimento del collocamento<br />
presso il genitore “alienante” sino anche alla decadenza dalla potestà del<br />
genitore che pone in atto il comportamento teso ad escludere l’altro, passando<br />
attraverso tutta una serie <strong>di</strong> provve<strong>di</strong>menti interme<strong>di</strong> sempre più incisivi<br />
(Tribunale <strong>di</strong> Alessandria 24 giugno 1999, n. 318, Tribunale per i<br />
minorenni <strong>di</strong> Firenze 27.06.2000, Tribunale per i minorenni <strong>di</strong> Messina<br />
23.09. 2003, Tribunale <strong>di</strong> Firenze 10.12,2008, Tribunale <strong>di</strong> Firenze<br />
13.07.2009, Tribunale <strong>di</strong> Lucca, or<strong>di</strong>nanza G.I. 29.01 2010, Tribunale per i<br />
minorenni <strong>di</strong> Venezia, settembre 2010).<br />
L’introduzione dell’art. 709 ter c.p.c. con la L. 54/2006 ha consentito <strong>di</strong><br />
applicare anche una forma <strong>di</strong> punitive damages per sanzionare la mancata<br />
attuazione dei provve<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> affidamento ovvero comportamenti che ne<br />
<strong>Pagina</strong> 4 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
hanno ostacolato il corretto svolgimento in un ‘ottica tesa più che alla effettiva<br />
compensazione per la lesione del bene protetto ad assicurare l’attuazione del<br />
provve<strong>di</strong>mento o comunque la soluzione delle controversie ad esso relative.<br />
Tale rime<strong>di</strong>o é stato adottato, ad esempio, dal Tribunale <strong>di</strong> Messina con la<br />
sentenza 05 aprile 2007 n. 597 che ha condannato la madre, ex art. 709 ter n. 4,<br />
a pagare una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende e al<br />
risarcimento del danno, ex art. 709 ter n. 2, c.p.c., a favore del figlio minore sul<br />
presupposto <strong>di</strong> “un generale dovere <strong>di</strong> entrambi i genitori <strong>di</strong> attenersi a<br />
comportamenti satisfattivi dell’interesse del minore e fra questi quelli che sono<br />
strumentali a garantire il mantenersi e consolidarsi <strong>di</strong> un adeguato rapporto<br />
con entrambi anche nella crisi coniugale….”. Con la stessa sentenza che ha<br />
definito il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> separazione, il Tribunale <strong>di</strong> Messina, nel <strong>di</strong>chiarare la<br />
separazione dei coniugi ha affidato il figlio minore ad entrambi i genitori con<br />
mantenimento della domiciliazione privilegiata presso la madre “alienante”<br />
in<strong>di</strong>cando una lista <strong>di</strong> prescrizioni per il figlio (psicoterapia in<strong>di</strong>viduale,<br />
frequentazione quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> un centro <strong>di</strong> aggregazione ), per la madre (“deve<br />
prestare la massima , fattiva e leale collaborazione al programma che sarà<br />
pre<strong>di</strong>sposto dai servizi sociali, che terranno nota <strong>di</strong> ogni comportamento<br />
inadempiente o anche semplicemente non collaborante <strong>di</strong> modo che queste note<br />
possano, a richiesta della autorità giu<strong>di</strong>ziaria, essere allegate in eventuali futuri<br />
proce<strong>di</strong>menti”, accompagnare il figlio alle sedute <strong>di</strong> psicoterapia e controllare<br />
che vengano eseguite le relative in<strong>di</strong>cazioni terapeutiche), per entrambi i<br />
genitori (<strong>di</strong> comunicazione reciproca delle informazioni relative al figlio, <strong>di</strong><br />
<strong>Pagina</strong> 5 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
miglioramento dei loro rapporti anche seguendo prima un percorso terapeutico<br />
in<strong>di</strong>viduale e poi un percorso <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione familiare), per il padre (seguire il<br />
calendario d’incontri con il figlio secondo le in<strong>di</strong>cazioni del servizio sociale in<br />
forma progressiva per giungere ad attuare quello già <strong>di</strong>sposto dal tribunale).<br />
Nella motivazione della sentenza vi é un interessante passaggio proprio in tema<br />
<strong>di</strong> PAS e <strong>di</strong> <strong>di</strong>vergenze su <strong>di</strong> essa.<br />
Riferendosi alla CTU svolta nel corso del giu<strong>di</strong>zio l’estensore della sentenza<br />
scrive “ E’ quin<strong>di</strong> una consulenza molto più articolata ed approfon<strong>di</strong>ta , ma che<br />
alla fine <strong>di</strong>verge da quella eseguita in fase <strong>di</strong> reclamo quanto alle soluzioni<br />
proposte (l’allontanamento dalla madre) mentre invero non <strong>di</strong>verge in maniera<br />
apprezzabile in or<strong>di</strong>ne alla <strong>di</strong>agnosi sul bambino se non per il dato (in fondo<br />
trascurabile a fini giuri<strong>di</strong>ci) se la <strong>sindrome</strong> <strong>di</strong> alienazione parentale rilevata e<br />
descritta dal primo consulente costituisca o meno un <strong>di</strong>sturbo psichiatrico<br />
riconosciuto (cioè incluso nel DSM). Ciò é irrilevante ai fini che qui riguardano<br />
perché entrambi i consulenti osservano poi nella sostanza lo stesso <strong>di</strong>sagio<br />
grave: anzi la perizia Mazzone- Bianchini pur non dando <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo<br />
psichiatrico riconosciuto alla PAS <strong>di</strong>chiara che alcuni sintomi <strong>di</strong> essa sono<br />
effettivamente rilevabili in XY (pag. 10) e ciò pur non esprimendo una <strong>di</strong>agnosi<br />
<strong>di</strong> certezza nella sua sussistenza. Tutti però rilevano che XY é fortemente ostile<br />
al padre e giustifica questa ostilità con un ricordo traumatico concordemente<br />
definito falso ovvero non atten<strong>di</strong>bile, e cioè che il padre gli avrebbe usato<br />
violenza, così come avrebbe usato violenza alla madre, quando era piccolo”.<br />
<strong>Pagina</strong> 6 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
Osservati nella fattispecie altri in<strong>di</strong>catori significativi (emarginazione della<br />
figura paterna surrogata con il riferimento allo zio paterno per l’identificazione<br />
maschile del bambino, rinforzamento da parte della madre dei comportamenti <strong>di</strong><br />
denigrazione paterna da parte del figlio, mancanza <strong>di</strong> demarcazione <strong>di</strong> confini<br />
affettivo-relazionali tra madre e figlio, utilizzo da parte del figlio <strong>di</strong> termini presi<br />
a prestito dalla madre o riferimento a fatti, luoghi e tempi che non conosce<br />
<strong>di</strong>rettamente), il Tribunale <strong>di</strong> Messina prosegue: “ Il dott. Chimez si esprime con<br />
certezza sulla <strong>sindrome</strong> <strong>di</strong> alienazione parentale e cioè che la madre ha indotto<br />
nel corso degli anni sentimenti <strong>di</strong> avversione nei confronti del padre<br />
(programming) determinando la comparsa <strong>di</strong> una patologia psichiatrica franca<br />
con rischio molto forte <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbi paranoi<strong>di</strong>, <strong>di</strong>sturbi della identità,<br />
tendenza a problemi sessuali; in atto il bambino presenta alto livello <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>pendenza emotiva, passività e bassa autostima, problemi relazionali, tendenza<br />
alla regressione (pag. 14 relazione Chimenzi). Di conseguenza, conclude il<br />
CTU, nessun approccio psicoterapico (comunque suggerito insieme al<br />
trattamento farmacologico) ha possibilità <strong>di</strong> successo se non mo<strong>di</strong>ficando<br />
ra<strong>di</strong>calmente le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> affidamento e l’habitat del bambino: in altre<br />
parole ricoverandolo sei mesi in una casa famiglia e successivamente<br />
spostandolo a casa del padre.”<br />
Per inciso il Giu<strong>di</strong>ce Istruttore nel corso del giu<strong>di</strong>zio aveva accolto il<br />
suggerimento del CTU e <strong>di</strong>sposto l’affidamento del minore al servizio sociale<br />
con allontanamento dalla madre e collocamento in una casa famiglia ma il<br />
<strong>Pagina</strong> 7 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
provve<strong>di</strong>mento venne subito sospeso a seguito <strong>di</strong> reclamo presentato ex art. 669<br />
terdecies c.p.c. ad altra sezione del Tribunale e successivamente annullato.<br />
L’interesse della decisione é data anche dall’ulteriore considerazione relativa al<br />
fatto che, pur nella <strong>di</strong>vergenza delle due relazioni peritali, una delle quale più<br />
sfumata relativa alla volontarietà della condotta materna, “ … all’o<strong>di</strong>erno<br />
giu<strong>di</strong>cante non interessa solo la valutazione in termini psicologici - freu<strong>di</strong>ani<br />
(tale é il metodo <strong>di</strong>chiaratamente adottato dai secon<strong>di</strong> CTU) della esegesi delle<br />
condotte della AA, bensì la valutazione giuri<strong>di</strong>ca del comportamento della<br />
madre che si fonda sulla osservazione complessiva della sua condotta, con<br />
particolare riferimento alla (in)ottemperanza prestata ai provve<strong>di</strong>menti del<br />
giu<strong>di</strong>ce nel corso dell’intero processo, nonché sulla osservazione delle<br />
pregresse vicende regolate dai provve<strong>di</strong>menti del Tribunale per i minorenni, ove<br />
come sopra esposto, si rilevano gli stessi schemi <strong>di</strong> comportamenti tenuti nel<br />
corso del presente processo.”<br />
La segnalata <strong>di</strong>fficoltà del giu<strong>di</strong>ce civile <strong>di</strong> intervenire efficacemente per porre<br />
fine a comportamenti manipolativi <strong>di</strong> un genitore sul figlio al fine <strong>di</strong> alienare<br />
l’altro genitore ha portato più <strong>di</strong> una volta l’Italia davanti alla Corte Europea.<br />
Ben nota é la condanna che l’Italia ha subito nel caso Piazzi v. Italia (ricorso n.<br />
36168/09) deciso con sentenza del 2 novembre 2010. La decisione é molto<br />
interessante perché interpreta in modo estensivo il dettato dell’art. 8 della<br />
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Diritto al rispetto della vita privata<br />
e familiare) nel senso che tale articolo non si limita a prevedere un obbligo<br />
negativo, or<strong>di</strong>nando allo Stato <strong>di</strong> astenersi da ingerenze arbitrarie, ma impone<br />
<strong>Pagina</strong> 8 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
anche obblighi positivi inerenti il rispetto effettivo della vita privata e familiare.<br />
Conseguentemente, secondo la Corte Europea, il punto decisivo consiste nel<br />
sapere se le autorità nazionali hanno preso, per facilitare il riavvicinamento del<br />
figlio ad un genitore, tutte le misure necessarie che si potevano ragionevolmente<br />
esigere dalle stesse nella fattispecie “compresa l’istituzione <strong>di</strong> un arsenale<br />
giuri<strong>di</strong>co adeguato e sufficiente per assicurare i <strong>di</strong>ritti legittimi degli interessati<br />
come il rispetto delle decisioni giu<strong>di</strong>ziarie o <strong>di</strong> appropriati specifici<br />
provve<strong>di</strong>menti”.<br />
Per tutta una serie <strong>di</strong> motivi dettagliatamente illustrati la Corte Europea ha<br />
stimato che “ … le autorità nazionali hanno omesso <strong>di</strong> esercitare gli sforzi<br />
adeguati e sufficienti per far rispettare il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> visita del ricorrente<br />
permettendogli almeno <strong>di</strong> ristabilire il contatto con il suo bambino, e così hanno<br />
ignorato il suo <strong>di</strong>ritto al rispetto della sua vita familiare garantito dall’art. 8<br />
della Convenzione”.<br />
Nel caso <strong>di</strong> specie la Corte Europea ha affermato <strong>di</strong> non poter trascurare il<br />
parere dello psicologo menzionato in uno dei decreti del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> merito<br />
secondo il quale i tentativi della madre <strong>di</strong> aizzare il bambino contro il padre<br />
potevano condurre alla <strong>sindrome</strong> <strong>di</strong> alienazione parentale.<br />
Sia pur riconoscendo la <strong>di</strong>fficoltà del caso la Corte Europea censura il<br />
comportamento delle autorità nazionali affermando che “ … la mancanza <strong>di</strong><br />
cooperazione tra i genitori separati non può esonerare le autorità competenti<br />
dal mettere in pratica tutte le risorse <strong>di</strong>sponibili al fine <strong>di</strong> consentire il<br />
mantenimento del rapporto familiare . Ora, in questo caso le autorità nazionali<br />
<strong>Pagina</strong> 9 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
sono rimaste al <strong>di</strong> sotto rispetto a quanto si poteva ragionevolmente prevedere<br />
da loro: il tribunale ha delegato la gestione degli incontri ai servizi sociali , che<br />
dal loro canto hanno delegato alla madre la gestione del percorso terapeutico<br />
del bambino.”<br />
Nello stesso senso la Corte Europea si era già pronunciata cinque anni prima nel<br />
caso Bove c. Italia (ricorso n. 30595/02) definito con sentenza in data 30<br />
giugno 2005. Anche in tal caso fu riconosciuta la violazione dell’art. 8 da parte<br />
delle autorità nazionali per non aver dato attuazione concreta al <strong>di</strong>ritto del<br />
ricorrente ad incontrare la figlia.<br />
Questa decisione é interessante perché in essa si precisa tuttavia che le autorità<br />
nazionali non avevano l’obbligo <strong>di</strong> ricorrere a provve<strong>di</strong>menti coercitivi dovendo<br />
avere innanzitutto come obiettivo interesse superiore del minore.<br />
2. Il riconoscimento della alienazione parentale come <strong>sindrome</strong> e suo<br />
inserimento nel DSM V. Quali i vantaggi e quali i rischi?<br />
Dunque il fenomeno dell’alienazione parentale esiste e rappresenta una vera e<br />
propria sfida per giu<strong>di</strong>ci, avvocati e professionisti della salute mentale che si<br />
devono misurare con la soluzione giu<strong>di</strong>ziaria e/o il trattamento terapeutico del<br />
caso, oltre a rappresentare un problema enorme, gravido <strong>di</strong> conseguenze spesso<br />
per tutta la vita, per il bambino che ne è vittima e per le relazioni parentali.<br />
Credo che nessuno possa contestare la realtà <strong>di</strong> tale fenomeno. 2<br />
2 Nel <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge n. 957 “Mo<strong>di</strong>fiche al co<strong>di</strong>ce civile e al co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />
procedura civile in materia <strong>di</strong> affidamento con<strong>di</strong>viso” e nel <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge<br />
n. 2800 “Mo<strong>di</strong>fiche alla <strong>di</strong>sciplina dell’affidamento con<strong>di</strong>viso” é previsto <strong>di</strong><br />
inserire all’art. 709 ter del co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> procedura civile dopo il secondo<br />
<strong>Pagina</strong> 10 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
L’aspetto problematico da affrontare è capire se l’alienazione parentale possa<br />
essere una <strong>di</strong>agnosi psichiatrica e come tale possa essere inserita nel DSM V e a<br />
quale titolo , se come “mental <strong>di</strong>sorder” o come “relational problem.” 3<br />
Come ha ben spiegato il Prof. Bernet l’alienazione parentale può essere<br />
<strong>di</strong>agnosticata semplicemente come un <strong>di</strong>sturbo mentale del bambino, che crede<br />
falsamente che sua madre o suo padre sia persona pericolosa/o o spregevole o<br />
semplicemente sacrificabile. Oppure l’alienazione parentale può essere descritta<br />
come un problema relazionale nell’ambito del quale due genitori intrattengono<br />
una relazione molto conflittuale ed il figlio ha una relazione patologicamente<br />
invischiata con il genitore preferito e <strong>di</strong> paura e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzo ingiustificati con il<br />
genitore alienato. Inoltre tutti e tre contribuiscono in qualche modo al risultato<br />
finale della falsa credenza del bambino.<br />
Da un punto prettamente scientifico la soluzione non può che venire dalla<br />
comunità me<strong>di</strong>co - psichiatrica mentre l’operatore del <strong>di</strong>ritto dovrà interrogarsi<br />
se da un eventuale riconoscimento possano derivare maggiori garanzie ai fini<br />
dell’accertamento del fatto e maggiori risorse per la soluzione del problema o<br />
se, al contrario, in esso siano insiti rischi e, nel caso, come ovviarli.<br />
Nel <strong>di</strong>battito, spesso ideologico, che contrappone i sostenitori della PAS come<br />
<strong>sindrome</strong> dai cd. negazionisti l’operatore del <strong>di</strong>ritto ha interesse a capire quali<br />
comma il seguente” Il comprovato con<strong>di</strong>zionamento della volontà del minore,<br />
in particolare se mirato al rifiuto dell’altro genitore attivando la <strong>sindrome</strong> <strong>di</strong><br />
alienazione genitoriale, costituisce inadempienza grave, che può comportare<br />
l’esclusione dall’affidamento”.<br />
3 William Bernet, “Parental Alienation, DSM-V, and ICD-11” The American<br />
Journal of Family Therapy, 38:76-‐187, 2010<br />
<strong>Pagina</strong> 11 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
siano le ricadute del riconoscimento della PAS sul processo, penale e civile,<br />
quali i vantaggi e quali i rischi.<br />
In via generale rendere un fenomeno <strong>di</strong>agnosticabile da un punto <strong>di</strong> vista clinico<br />
significa avere maggiore consapevolezza del problema che dobbiamo affrontare,<br />
avere strumenti certi e uniformi per in<strong>di</strong>viduarlo e nominarlo.<br />
Da tutto questo consegue anche una maggior certezza sotto il profilo della<br />
terapia da seguire secondo i protocolli che la comunità scientifica avrà ritenuto<br />
più efficaci per il caso.<br />
Questa maggiore certezza – <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnosi e <strong>di</strong> terapia – avrebbe come risultato<br />
imme<strong>di</strong>ato che giu<strong>di</strong>ce ed operatori della salute mentale cesserebbero <strong>di</strong><br />
muoversi per tentativi, come si ha l’impressione che oggi siano costretti a fare,<br />
“inventandosi” <strong>di</strong> volta in volta l’intervento ritenuto più opportuno in<br />
considerazione della reazione dei soggetti coinvolti nella relazione familiare<br />
patologica, collezionando spesso più insuccessi che successi.<br />
Ciascuno <strong>di</strong> loro potrebbe seguire un protocollo comune, sia nella<br />
in<strong>di</strong>viduazione del fenomeno che nel suo trattamento in senso lato, sia da un<br />
punto <strong>di</strong> vista me<strong>di</strong>co che giu<strong>di</strong>ziario. 4<br />
Quando un fenomeno é <strong>di</strong>agnosticato come malattia vi é anche maggior<br />
consapevolezza delle conseguenze negative che un dato comportamento provoca<br />
4 Nelle Linee Guida redatte dalla Società Italiana <strong>di</strong> Neuropsichiatria<br />
dell’Infanzia e dell’Adolescenza in tema <strong>di</strong> Abuso sui Minori nella revisione<br />
approvata in CD SINPIA il 15.02.2007 al n. 3.3 la Sindrome <strong>di</strong> <strong>Alienazione</strong><br />
<strong>Parentale</strong> é catalogata come “Abuso Psicologico” “Una ulteriore forma <strong>di</strong><br />
abuso psicologico può consistere nella alienazione <strong>di</strong> una figura genitoriale<br />
da parte dell’altra sino alla co-costruzione nel bambino <strong>di</strong> una “Sindrome <strong>di</strong><br />
<strong>Alienazione</strong> Genitoriale (Gardner, 1984):”<br />
<strong>Pagina</strong> 12 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
sulla salute e ciò attribuirebbe, nel caso specifico, una maggiore responsabilità<br />
al genitore alienante che non si adegua alla cura prescritta non ponendo in atto<br />
tutti quei comportamenti necessari ad interrompere l’azione <strong>di</strong> programmazione<br />
del figlio.<br />
Una <strong>di</strong>agnosi precoce della malattia consentirebbe <strong>di</strong> intervenire subito in modo<br />
appropriato con la probabilità <strong>di</strong> una prognosi positiva, se è vero quanto<br />
affermava Isabella Buzzi nel 1997 “La cosa positiva <strong>di</strong> questa <strong>sindrome</strong> é che se<br />
il genitore programmatore ferma la programmazione la <strong>sindrome</strong> scompare”. 5<br />
Dalla <strong>di</strong>agnosi del fenomeno conseguirebbe anche una maggiore responsabilità<br />
per tutti gli altri soggetti che con il genitore alienante eventualmente colludono<br />
(ad esempio, nuovo partner, familiari) ma anche i professionisti coinvolti<br />
(avvocati, terapeuti, consulenti <strong>di</strong> parte), spesso protagonisti quanto i loro<br />
assistiti <strong>di</strong> condotte censurabili, per questi ultimi anche sotto il profilo<br />
deontologico. Come ha evidenziato Janet Johnston,, definendola “tribal<br />
warfare”, infatti, intorno al genitore alienante vi è spesso un’intera comunità<br />
alleata, costituita da terapeuti che rinforzano la visione <strong>di</strong> un genitore<br />
completamente buono e <strong>di</strong> un genitore completamente cattivo e da avvocati che<br />
polarizzano le posizioni in un conflitto senza esclusioni <strong>di</strong> colpi.<br />
Il rischio é invece rappresentato dalla utilizzazione strumentale della <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong><br />
PAS o da errate <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> PAS.<br />
5 I. Buzzi, “La <strong>sindrome</strong> <strong>di</strong> alienazione genitoriale” in Cigoli V., Gulotta G &<br />
Santi G (a cura <strong>di</strong>) , “Separazione, <strong>di</strong>vorzio e affidamento dei figli”, Giuffrè,<br />
Milano, II Ed. 1997, pp. 177-‐188.<br />
<strong>Pagina</strong> 13 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
Pertanto l’attenzione degli operatori, della salute mentale e del <strong>di</strong>ritto, deve<br />
essere rivolta a <strong>di</strong>fferenziare i casi <strong>di</strong> alienazione parentale da quelli che non<br />
rientrano in tale categoria, con una netta <strong>di</strong>scriminazione dell’atteggiamento <strong>di</strong><br />
rifiuto <strong>di</strong> una figura genitoriale basato su ragionevoli motivazioni da quello che<br />
non ha alcun fondamento, se non la manipolazione ed il con<strong>di</strong>zionamento<br />
dell’altro genitore (“alienation” v. “estrangement”).<br />
Per la mia esperienza professionale i casi <strong>di</strong> alienazione parentale si<br />
caratterizzano generalmente per il ricorrere, quasi ridondante, <strong>di</strong> un preciso<br />
repertorio facilmente in<strong>di</strong>viduabile, del quale fa parte, innanzitutto,<br />
l’atteggiamento <strong>di</strong> totale spregio posto in essere dal genitore alienante rispetto a<br />
tutte le in<strong>di</strong>cazioni, prescrizioni, or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ci, operatori del servizio sociale e<br />
periti, tanto da risolversi in un comportamento altamente antisociale e <strong>di</strong> aperta<br />
violazione della legge.<br />
Senza contare tutti gli altri in<strong>di</strong>ci, da sempre evidenziati dagli stu<strong>di</strong>osi del<br />
fenomeno, che nelle carte processuali vengono riferii nella frequente presenza<br />
<strong>di</strong> un nuovo partner del genitore alienante, chiamato dal bambino alienato<br />
“papà” o “babbo”, mentre il padre biologico viene chiamato con il nome <strong>di</strong><br />
battesimo o con un nomignolo usualmente <strong>di</strong>spregiativo; nel rifiuto<br />
ingiustificato <strong>di</strong> qualsiasi relazione, sia con il genitore alienato che con tutto il<br />
relativo ramo parentale, a fronte <strong>di</strong> una relazione <strong>di</strong> affetto precedente alla<br />
separazione dei genitori, solo per fare qualche esempio.<br />
Ben <strong>di</strong>versi e <strong>di</strong> altra natura sono gli atteggiamenti ambivalenti <strong>di</strong> quei bambini<br />
che, soprattutto nella imme<strong>di</strong>atezza della separazione dei genitori, incontrano<br />
<strong>Pagina</strong> 14 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
qualche volta <strong>di</strong>fficoltà a <strong>di</strong>staccarsi anche per tempo limitato da uno dei<br />
genitori, solitamente quello <strong>di</strong> maggior riferimento o con il quale sono<br />
maggiormente abituati a stare, e mostrano perplessità o decisi rifiuti ad<br />
intrattenersi da soli con l’altro genitore facendo fatica ad abituarsi ad una nuova<br />
realtà familiare.<br />
Qui siamo ancora nell’ambito della fisiologia dei rapporti familiari, in una fase<br />
<strong>di</strong> adattamento che, se ben gestita, evolve positivamente nella attuazione <strong>di</strong> un<br />
rapporto sod<strong>di</strong>sfacente con entrambi i genitori.<br />
A maggiore ragione non é classificabile come un fenomeno <strong>di</strong> PAS<br />
l’atteggiamento del bambino che rifiuta un genitore che é stato lontano,<br />
trascurante, maltrattante o ad<strong>di</strong>rittura abusante.<br />
In questo caso il bambino dovrà ricevere tutte le forme <strong>di</strong> tutela e <strong>di</strong> protezione<br />
possibili, graduate secondo la gravità della condotta genitoriale.<br />
Solitamente il comportamento del bambino e quello del genitore che al bambino<br />
continua ad avere pieno accesso sono molto <strong>di</strong>fferenti nei casi <strong>di</strong> PAS rispetto a<br />
quelli che tali non sono: l’ atteggiamento del genitore alienante, come quello del<br />
figlio, si manifesta come privo <strong>di</strong> ambivalenza e dubbi, ad<strong>di</strong>rittura pervaso da<br />
un sentimento <strong>di</strong> vittoria e quasi <strong>di</strong> sfida.<br />
In buona sostanza e in sintesi, dobbiamo sempre ricordare che il rifiuto della<br />
relazione con un genitore da parte <strong>di</strong> un bambino é solo un sintomo che può<br />
avere molte possibili cause e l’alienazione parentale rappresenta solo una <strong>di</strong><br />
queste.<br />
<strong>Pagina</strong> 15 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
A ben vedere, a mio parere, un’appropriata <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>fferenziale, con criteri<br />
scientificamente definiti e con<strong>di</strong>visi, resa possibile dal riconoscimento della<br />
alienazione parentale come vera e propria malattia, potrà ridurre la possibilità <strong>di</strong><br />
uso strumentale del concetto con essa espresso nei contenziosi relativi<br />
all’affidamento, domiciliazione e frequentazione dei figli minori.<br />
Anche nei processi penali una maggior chiarezza nello screening dei sintomi<br />
nella <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>fferenziale renderà più <strong>di</strong>fficile e non più facile l’uso che il<br />
genitore realmente abusante potrebbe tentare <strong>di</strong> fare della PAS per nascondere il<br />
suo comportamento.<br />
Il giu<strong>di</strong>ce, sia civile che penale, nella sua qualità <strong>di</strong> peritus peritorum, dovrà<br />
sempre confrontare i risultati dell’accertamento peritale con le evidenze<br />
istruttorie perché la migliore <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> carattere me<strong>di</strong>co psichiatrico dovrà<br />
comunque confrontarsi con le risultanze istruttorie del giu<strong>di</strong>zio.<br />
Ed anzi, spesso sarà l’accertamento dei fatti effettuato dal giu<strong>di</strong>ce a mettere in<br />
luce il comportamento <strong>di</strong> ciascuna parte dando elementi che per il perito si<br />
traducono in sintomi.<br />
3. Riflessioni sulle possibili soluzioni <strong>di</strong> carattere giu<strong>di</strong>ziario<br />
Come ho già detto il giu<strong>di</strong>ce civile si trova spesso impotente <strong>di</strong> fronte alle più<br />
gravi forme <strong>di</strong> alienazione parentale.<br />
Raramente in Italia viene adottata la soluzione proposta da Gardner per tali casi<br />
e consistente nell’allontanamento del bambino dal genitore alienante e nel<br />
collocamento presso l’altro genitore o presso una comunità familiare o terzi.<br />
<strong>Pagina</strong> 16 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
Nella nostra realtà non mi risulta vi siano esperienze collaudate quali i Family<br />
Bridges 6 , nati dapprima per offrire ai bambini rapiti da estranei alla famiglia<br />
una fase ed un luogo <strong>di</strong> passaggio ed utilizzati poi anche per i bambini alienati<br />
da un genitore nel contesto <strong>di</strong> <strong>di</strong>vorzi conflittuali.<br />
Il giu<strong>di</strong>ce italiano, nella maggior parte dei casi, lascia il bambino con il genitore<br />
alienante nella impossibilità <strong>di</strong> attuare praticamente un <strong>di</strong>verso provve<strong>di</strong>mento<br />
<strong>di</strong> collocamento del figlio presso il genitore alienato per sottrarlo all’opera <strong>di</strong><br />
manipolazione.<br />
Spesso a questo si aggiunge la prescrizione <strong>di</strong> far seguire al bambino un<br />
trattamento psicoterapico accompagnato talvolta dall’invito, o dalla<br />
prescrizione, ai genitori <strong>di</strong> seguire un percorso <strong>di</strong> sostegno alla genitorialità<br />
variamente denominato.<br />
Troppo spesso tali iniziative del giu<strong>di</strong>ce restano prive <strong>di</strong> effettiva attuazione e<br />
sono variamente “sabotate” dal genitore alienante.<br />
In tal caso il giu<strong>di</strong>ce “aumenta la dose” ed affida il bambino al servizio sociale,<br />
pur mantenendolo collocato presso il genitore alienante, spesso però<br />
6 R. A. Warshak, “Family Bridges: Using Insight from Social Science to<br />
Reconnect Parents and Alienated Children”, Family Court Review, Vol. 48 No.<br />
1, January 2010 48-‐80.<br />
Condotti da due professionisti i Family Bridges offrono un luogo sicuro che<br />
dà al bambino alienato e al genitore bersaglio la possibilità <strong>di</strong> trascorrere<br />
insieme, e lontano dal genitore alienante, quattro giorni consecutivi,<br />
durante i quali ristabilire una normale relazione. I professionisti coinvolti<br />
sono psicologi che non effettuano però alcun trattamento terapeutico sulla<br />
coppia genitore/figlio ma allestiscono tutta una serie <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong><br />
carattere educativo per favorire un pensiero critico ed autonomo nel<br />
bambino , evitare <strong>di</strong> essere nuovamente catturato nella trappola del<br />
conflitto dei genitori, avere una visione realistica <strong>di</strong> entrambi i genitori e<br />
favorire la ripresa dei rapporti con il genitore alienato.<br />
<strong>Pagina</strong> 17 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
<strong>di</strong>menticando <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care i poteri e i doveri dell’ affidatario e del collocatario<br />
circostanza questa che, laddove la potestà non sia limitata o sospesa, crea non<br />
pochi problemi e confusione circa chi può (e deve) fare cosa.<br />
Spesso all’esito <strong>di</strong> tante iniziative <strong>di</strong> questo tipo, che si susseguono per anni in<br />
un incalzante quanto inutile aumento delle persone e dei mezzi messi in campo,<br />
si giunge alla fine a rassegnarsi al rifiuto del figlio, che nel frattempo è spesso<br />
<strong>di</strong>venuto anche molto più grande, non perché si sia convinti che quella sia la<br />
soluzione migliore per quest’ultimo ma perché non si é stati capaci <strong>di</strong> fare<br />
qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso.<br />
Negli anni mi sono convinta che questo approccio al problema é del tutto inutile<br />
e destinato al fallimento.<br />
Se é vero che spesso non é possibile trasferire un bambino dalla casa del<br />
genitore alienante a quella del genitore alienato o presso terzi senza esporlo ad<br />
un rischio maggiore <strong>di</strong> quello che corre rimanendo dove si trova, é altrettanto<br />
vero, a mio parere, che <strong>di</strong> fronte al franco ed univoco manifestarsi del fenomeno<br />
della alienazione parentale – accertato in modo rigoroso - come lo é in molti<br />
casi, il giu<strong>di</strong>ce ha strumenti che dovrebbe utilizzare più spesso <strong>di</strong> quanto faccia,<br />
quanto meno per ridurre notevolmente il potere del genitore alienante.<br />
La pronuncia <strong>di</strong> decadenza dalla potestà del genitore alienante, con la<br />
contestuale nomina <strong>di</strong> un tutore provvisorio che eserciti tutti i poteri inerenti la<br />
potestà che quel genitore non potrà più esercitare e che l’altro non può, almeno<br />
nei fatti, ancora esercitare, é uno <strong>di</strong> questi mezzi, forse il più invasivo ed<br />
efficace, se si esclude l’allontanamento del minore dal genitore alienante.<br />
<strong>Pagina</strong> 18 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
Di tutti i casi che mi é capitato <strong>di</strong> seguire, come avvocato o come curatore<br />
speciale del minore, nei quali vi sia stato un evidente fenomeno <strong>di</strong> alienazione<br />
<strong>di</strong> un genitore ad opera dell’altro, anche se non definito esplicitamente come<br />
PAS, quello che ha avuto maggiore successo per essere giunto alla completa<br />
riattivazione della relazione fra figlio e genitore alienato è l’unico nel quale il<br />
Tribunale per i minorenni <strong>di</strong> Firenze ha <strong>di</strong>chiarato decaduta la madre alienante<br />
con provve<strong>di</strong>mento imme<strong>di</strong>atamente esecutivo nominandomi tutore provvisorio<br />
del figlio <strong>di</strong> neppure 7 anni ed ha affidato quest’ultimo al padre, non munendo<br />
però quest’ultima parte della provvisoria esecutorietà per l’impossibilità <strong>di</strong><br />
pratica attuazione del decreto pronunciato nell’anno 2000.<br />
Quel bambino, infatti, “rifiutava” <strong>di</strong> vedere il padre da 4 anni e a nulla erano<br />
valsi i precedenti tentativi <strong>di</strong> ripresa della relazione genitoriale messi in atto<br />
attraverso i servizi sociali, il C.T.U., l’intervento dei giu<strong>di</strong>ci onorari, oltre a<br />
numerosi provve<strong>di</strong>menti variamente limitativi della potestà.<br />
La tutela si é protratta per ben quattro anni durante i quali il lavoro del tutore si<br />
è concretizzato in un lungo percorso, contrad<strong>di</strong>stinto da tappe, in riferimento a<br />
ciascuna delle quali sono stati posti obiettivi <strong>di</strong>versi.<br />
Alla fine <strong>di</strong> tale percorso la madre é stata reintegrata nella potestà, nel pieno<br />
accordo dell’altro genitore e del tutore e il figlio, affidato congiuntamente ai<br />
genitori, a seguito <strong>di</strong> una richiesta concorde degli stessi in tal senso, ha<br />
continuato a vivere con la madre, il marito <strong>di</strong> questa e la loro figlia ma ha<br />
frequentato regolarmente il padre che nel frattempo si era <strong>di</strong> nuovo sposato.<br />
<strong>Pagina</strong> 19 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
Paolo, così chiamerò quel bambino che oggi é ormai <strong>di</strong>venuto maggiorenne, si é<br />
successivamente trasferito a casa del padre dove vive ormai stabilmente.<br />
Nella <strong>di</strong>samina del caso mi sono molto interrogata sul perché il tutore ha<br />
“funzionato” quando tutte le iniziative precedenti avevano, al contrario, dato<br />
risultati del tutto fallimentari.<br />
Anche stando ai dati oggettivi, dopo solo un mese dal primo incontro <strong>di</strong> Paolo<br />
con il tutore, e quin<strong>di</strong> dall’inizio del loro rapporto, il bambino ha consentito <strong>di</strong><br />
incontrare il padre (dopo ben quattro anni <strong>di</strong> “rifiuto”!).<br />
Da un lato, certamente, la nascita <strong>di</strong> una figlia della nuova coppia costituita dalla<br />
mamma <strong>di</strong> Paolo e dal nuovo compagno ha favorito una ri-<strong>di</strong>stribuzione dei<br />
ruoli naturali e certamente anche la paura delle conseguenze giu<strong>di</strong>ziarie <strong>di</strong> fronte<br />
ad un comportamento ulteriormente ostacolante il riavvicinamento padre/figlio<br />
ha rappresentato un efficace deterrente.<br />
Ma pur considerando queste circostanze come sicuramente agevolanti ritengo<br />
che soprattutto altri siano stati gli elementi che maggiormente hanno decretato il<br />
successo <strong>di</strong> questo intervento.<br />
Innanzitutto, con l’introduzione della figura del tutore e l’impostazione che<br />
questi ha dato al suo lavoro, vi è stata una persona che tutti hanno vissuta come<br />
imparziale, in primo luogo Paolo.<br />
Quest’ultimo ha finalmente avuto qualcuno accanto che non gli chiedeva<br />
alleanze o conferme <strong>di</strong> fedeltà ma allentava le tensioni derivanti al bambino dai<br />
conflitti <strong>di</strong> lealtà ricordandogli, nei primi incontri, “il giu<strong>di</strong>ce vuole che tu<br />
incontri papà” tanto che Paolo, nel comunicare alla mamma che, dopo anni il<br />
<strong>Pagina</strong> 20 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
giorno dopo avrebbe incontrato il padre con il tutore, si giustificava <strong>di</strong>cendo “lo<br />
dobbiamo fare, prima si fa, meglio é, così ci togliamo il pensiero”.<br />
Per ri-cominciare é stato importante dare a Paolo la sensazione che non era lui a<br />
scegliere <strong>di</strong> rivedere il padre ma che qualcuno lo obbligava dall’esterno.<br />
Il desiderio manifestato liberamente <strong>di</strong> stare con il padre, infatti, é stata una<br />
conquista molto sofferta da parte <strong>di</strong> Paolo.<br />
Per ben due volte, in questo caso, apparentemente ho <strong>di</strong>satteso i “desideri”<br />
espressi da Paolo: all’inizio del nostro rapporto, quando il bambino mi chiedeva<br />
<strong>di</strong> non farlo incontrare con il padre, <strong>di</strong> non mo<strong>di</strong>ficare la sua situazione perché<br />
“io una famiglia ce l’ho, con un padre buono (ndr il compagno della mamma)<br />
anziché cattivo, come era l’altro (ndr. Il padre biologico), e sto bene così”; e<br />
quasi al termine, o almeno a quello che ritenevo sarebbe stato il termine, del<br />
nostro percorso insieme, quando Paolo mi chiese <strong>di</strong> ottenere per lui dal giu<strong>di</strong>ce<br />
<strong>di</strong> potersi trasferire a casa del padre e vivere sempre con lui, interrompendo ogni<br />
rapporto con la madre e la nuova famiglia <strong>di</strong> questa.<br />
In entrambi questi momenti, presentatisi a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tre anni l’uno dall’altro,<br />
mi é stato chiaro, nonostante la problematicità delle decisioni assunte, che sarei<br />
andata contro i reali desideri <strong>di</strong> Paolo, ed anche i suoi bisogni, se ne avessi<br />
seguito pe<strong>di</strong>ssequamente le in<strong>di</strong>cazioni verbali.<br />
Di fronte ad un bambino che mi chiedeva insistentemente <strong>di</strong> favorire un<br />
rapporto simbiotico <strong>di</strong>a<strong>di</strong>co prima con la madre, poi con il padre, in entrambi i<br />
casi escludendo l’altro genitore, il mio sforzo é stato quello <strong>di</strong> portare Paolo<br />
verso l’accoglimento in sé, nello stesso momento, <strong>di</strong> entrambi i genitori e verso<br />
<strong>Pagina</strong> 21 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
il superamento <strong>di</strong> quel senso <strong>di</strong> colpa che lo affliggeva ogniqualvolta riteneva <strong>di</strong><br />
aver tra<strong>di</strong>to uno dei due venendo meno ad un vitale principio <strong>di</strong> lealtà tra<br />
combattenti una guerra senza esclusione <strong>di</strong> colpi (anche dopo che<br />
apparentemente era stata <strong>di</strong>chiarata la fine degli atti <strong>di</strong> belligeranza).<br />
Avere un costante rapporto con il bambino e <strong>di</strong>retto accesso al suo mondo,<br />
poterlo osservare in <strong>di</strong>versi ambienti nelle <strong>di</strong>namiche relazionali più varie, oltre<br />
a creare un rapporto <strong>di</strong> fiducia con lui, sul quale ho potuto costruire interventi<br />
che si sono rivelati positivi, sono state tutte risorse concorrenti che mi hanno<br />
dato fiducia nelle decisioni che andavo prendendo e hanno dato forza ad ogni<br />
mia azione.<br />
L’autorevolezza del mio ruolo mi ha consentito <strong>di</strong> muovermi rispetto agli adulti<br />
coinvolti, a cominciare dai genitori e dal partner della mamma ma non solo, con<br />
grande efficacia, in un alternarsi <strong>di</strong> “bastone e carota”, con un approccio<br />
decisamente conciliativo laddove veniva risposto in modo collaborativo ed<br />
altrettanto autoritario laddove intravedevo tentativi manipolativi o azioni<br />
<strong>di</strong>latorie.<br />
Con minore potere, ad esempio come curatore speciale del minore in altro<br />
analogo caso, non mi é stato possibile raggiungere gli stessi buoni risultati.<br />
Conclusivamente ritengo che in situazione <strong>di</strong> grave alienazione parentale ove<br />
non vi siano dubbi sul reiterato comportamento alienante <strong>di</strong> un genitore, sia<br />
opportuno incidere a livello giuri<strong>di</strong>co sul potere da questi esercitato<br />
pronunciando la decadenza dalla potestà e nominando un tutore piuttosto che, o<br />
<strong>Pagina</strong> 22 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
comunque prima <strong>di</strong>, trasferire il figlio dalla casa <strong>di</strong> un genitore all’altro,<br />
soluzione spesso non facilmente attuabile.<br />
La figura professionale alla quale penso è quella <strong>di</strong> un avvocato con una<br />
formazione ad hoc, e quin<strong>di</strong> necessariamente multi<strong>di</strong>sciplinare, che coniughi in<br />
sé competenze giuri<strong>di</strong>che e psicologiche, abbia la necessaria abilità <strong>di</strong><br />
rapportarsi ad una persona in età evolutiva ma anche ai vari componenti della<br />
famiglia in conflitto.<br />
Il ruolo del tutore interpretato da un assistente sociale o da uno psicologo, per<br />
quanto capaci e certamente da un punto <strong>di</strong> vista delle competenze psicologiche<br />
ancor più attrezzati, non avrebbe lo stesso impatto <strong>di</strong> forza ed autorevolezza che<br />
ha quello giocato da un avvocato, vissuto dal genitore alienante come colui che<br />
possiede gli strumenti per far sanzionare la sua condotta, fino anche<br />
all’allontanamento del figlio, in un rapporto molto prossimo al giu<strong>di</strong>ce.<br />
Ma un ruolo molto importante lo hanno anche gli avvocati <strong>di</strong> ciascun genitore.<br />
L’avvocato del genitore alienante dovrebbe sollecitare il cliente a chiedere aiuto<br />
nelle se<strong>di</strong> competenti per capire i motivi <strong>di</strong> quel suo comportamento e<br />
sensibilizzarlo circa i danni che può provocare al figlio e tale professionista<br />
dovrebbe giungere anche alla rinuncia al mandato nell’ipotesi in cui la<br />
sollecitazione cada nel vuoto e continui ad essergli richiesta una prestazione<br />
professionale che finirebbe per essere complice delle gravi azioni <strong>di</strong> quel<br />
genitore.<br />
L’avvocato del genitore alienato può essere la persona più in<strong>di</strong>cata per stimolare<br />
l’assistito a fare uno sforzo <strong>di</strong> analisi critica per capire in quale misura e<br />
<strong>Pagina</strong> 23 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
soprattutto come egli ha contribuito a porre in essere quella <strong>di</strong>namica familiare<br />
<strong>di</strong>sfunzionale che si é organizzata in un fenomeno <strong>di</strong> alienazione parentale.<br />
Se quella rappresentata può essere un’ipotesi <strong>di</strong> soluzione giu<strong>di</strong>ziaria del<br />
problema costituito dall’alienazione parentale lo sforzo della società, ed in<br />
particolare della comunità forense, dovrebbe essere in<strong>di</strong>rizzato a prevenire,<br />
piuttosto che curare, tale problema favorendo un cambiamento <strong>di</strong> mentalità circa<br />
la gestione della separazione ed il modo <strong>di</strong> affrontare questo importante<br />
passaggio esistenziale.<br />
Il contenzioso familiare relativo ai rapporti genitori/figli al momento della<br />
separazione è il contesto nel quale più facilmente si annida il seme<br />
dell’alienazione parentale.<br />
Ed é quel contenzioso familiare che va evitato con tutte le risorse che abbiamo,<br />
promuovendo e proponendo tutte le opzioni che consentano ai genitori <strong>di</strong><br />
giungere all’autorità giu<strong>di</strong>ziaria solo per l’omologa <strong>di</strong> accor<strong>di</strong> e non per ottenere<br />
un provve<strong>di</strong>mento in via autoritaria sui <strong>di</strong>ritti relazionali delle parti.<br />
Me<strong>di</strong>azione familiare e Pratica Collaborativa sono due opzioni che certamente<br />
scongiurano che nell’ambito familiare si possa attuare un così grave vulnus<br />
nello sviluppo del bambino, recidendo il suo attaccamento ad uno dei due<br />
genitori, e una così grave violazione del <strong>di</strong>ritto del figlio <strong>di</strong> mantenere un<br />
rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore, <strong>di</strong> ricevere cura,<br />
educazione e istruzione da entrambi e <strong>di</strong> conservare rapporti significativi con gli<br />
ascendenti e con i parenti <strong>di</strong> ciascun ramo genitoriale, come <strong>di</strong>spone l’art. 155<br />
del nostro co<strong>di</strong>ce civile.<br />
<strong>Pagina</strong> 24 <strong>di</strong> <strong>25</strong>
Mentre rimaniamo impegnati a curare la malattia dobbiamo essere attenti a<br />
prevenire il contagio e ad evitare che altri in futuro cadano malati.<br />
<strong>Pagina</strong> <strong>25</strong> <strong>di</strong> <strong>25</strong>