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Pagina 1 di 25 Alienazione Parentale: sindrome, disturbo ... - Aiaf

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<strong>Alienazione</strong> <strong>Parentale</strong>: <strong>sindrome</strong>, <strong>di</strong>sturbo, organizzazione relazionale<br />

complessa o cos’altro? Alla ricerca <strong>di</strong> una definizione e <strong>di</strong> possibili soluzioni dal<br />

punto <strong>di</strong> vista giuri<strong>di</strong>co<br />

Carla Marcucci 1<br />

1. Il fenomeno dell’alienazione parentale esiste ed é riconosciuto dal giu<strong>di</strong>ce<br />

penale e civile italiano nonché dal giu<strong>di</strong>ce comunitario<br />

La giustizia civile e penale si trova spesso costretta a confrontarsi con fattispecie<br />

che hanno tutte le caratteristiche con le quali viene solitamente definita la<br />

<strong>sindrome</strong> da alienazione parentale.<br />

La Cassazione penale con sentenza in data 03.09.2009 n. 34838 ha<br />

riconosciuto il <strong>di</strong>ritto al risarcimento del danno endofamiliare ex art. 388 2°<br />

comma c.p. per elusione sistematica dei provve<strong>di</strong>menti sull’affidamento stabiliti<br />

dal giu<strong>di</strong>ce della separazione da parte della madre affidataria nei confronti del<br />

padre “trattandosi della deliberata volontà <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento psicologico<br />

della figlia della coppia, indotta così a non voler più incontrare il padre nei<br />

termini stabiliti nella separazione, e volto ad annullare la figura paterna”.<br />

Per giungere alla sentenza <strong>di</strong> condanna la Corte affronta e supera l’eccezione<br />

relativa alla mancanza dell’elemento soggettivo della fattispecie <strong>di</strong> cui all’art.<br />

388 2° comma c.p. , tesa ad escludere il dolo, pretendendo che sarebbe stata<br />

1 Avvocato del Foro <strong>di</strong> Lucca, componente dei consigli <strong>di</strong>rettivi delle<br />

associazioni AIAF TOSCANA (Associazione Italiana degli Avvocati per la<br />

Famiglia e per i minori) e AIADC (Associazione Italiana Avvocati <strong>di</strong> Diritto<br />

Collaborativo). Stu<strong>di</strong>o per la relazione al convegno sul tema “La Sindrome<br />

da alienazione parentale: attualità e controversie” organizzato dalla<br />

Fondazione Guglielmo Gulotta , Milano, 31 marzo 2012<br />

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sempre la stessa bambina (<strong>di</strong> cinque anni) a rifiutare, con pianti e manifestazioni<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio, il padre . La Suprema Corte, invece, trae dalle risultanze dei giu<strong>di</strong>zi<br />

<strong>di</strong> merito “l’univoca descrizione <strong>di</strong> un lampante e ra<strong>di</strong>cato della T. nei confronti del coniuge separato, tradottosi nella deliberata<br />

volontà <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento della piccola figlia della coppia, sì da dar luogo a<br />

quella che la sentenza <strong>di</strong> appello motivatamente qualifica come dei provve<strong>di</strong>menti sull’affidamento della bambina adottati dal giu<strong>di</strong>ce<br />

della separazione.”<br />

Con la sentenza n. 36503 del 23 settembre 2011 la Cassazione penale<br />

conferma la condanna per maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. della<br />

mamma e del nonno <strong>di</strong> una bambina, entrambi colpevoli <strong>di</strong> aver avuto un<br />

atteggiamento iperprotettivo, mantenuto anche in età preadolescenziale,<br />

connotato anche da deprivazioni sociali (impe<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> rapporti con i coetanei)<br />

e psicologiche, concretizzatesi, queste ultime, nella rimozione della figura<br />

paterna, prospettata come negativa e violenta, tanto da imporre alla bambina <strong>di</strong><br />

farsi chiamare con il cognome materno.<br />

La Corte, superando le eccezioni della <strong>di</strong>fesa tese ad affermare la non ricorrenza<br />

nella fattispecie <strong>di</strong> vessazioni e sopraffazioni reiterate e comunque la non<br />

percezione da parte della minore dei comportamenti contestati ai familiari come<br />

negativi, estende l’operatività del reato <strong>di</strong> maltrattamenti in famiglia a quelle<br />

situazioni che violano il “…rispetto integrale della loro personalità e delle loro<br />

potenzialità nello svolgimento <strong>di</strong> un rapporto fondato su costruttivi e<br />

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socializzanti vincoli familiari aperti alle risorse del mondo esterno, a<br />

prescindere da condotte pacificamente vessatorie e violente”.<br />

Di fronte all’assunto <strong>di</strong>fensivo del <strong>di</strong>fetto della seppur minima consapevolezza<br />

della madre <strong>di</strong> creare <strong>di</strong>sagio nel figlio, la Corte esclude la buona fede della<br />

signora poiché “tale profilo soggettivo non aveva più motivo <strong>di</strong> sussistere dopo<br />

i ripetuti sinergici interventi correttivi <strong>di</strong> una pluralità <strong>di</strong> esperti e tecnici<br />

dell’età evolutiva e del <strong>di</strong>sagio psichico ed i conformi interventi dell’autorità<br />

giu<strong>di</strong>ziaria”. La persistenza <strong>di</strong> tutte le condotte ascritte, in palese violazione<br />

delle prescrizioni e in<strong>di</strong>cazioni, segnala, a parere della Corte, la pacifica<br />

ricorrenza in capo alla madre e al nonno della intenzionalità che connota il<br />

delitto.<br />

Recentemente, con sentenza n. 5365 dell’11 gennaio 2012, la Cassazione<br />

penale ha affermato che integrano il reato <strong>di</strong> violenza privata le condotte<br />

aggressive della madre nei confronti dei figli volte ad impe<strong>di</strong>re loro <strong>di</strong> vedere il<br />

proprio padre e che si limitino all’occasione in cui questi sentono per telefono o<br />

incontrino il padre stesso ( escludendo il reato <strong>di</strong> maltrattamenti in assenza<br />

dell’abitualità <strong>di</strong> tali condotte, necessaria per inquadrare gli episo<strong>di</strong> in un regime<br />

<strong>di</strong> vita vessatorio finalizzato a mortificare la personalità del soggetto passivo ).<br />

Più complesso ed oscillante é l’orientamento del giu<strong>di</strong>ce civile, o meglio la<br />

prassi, per affrontare, risolvere e decidere fattispecie in cui si manifestino<br />

chiari atteggiamenti manipolativi <strong>di</strong> un genitore nei confronti dei figli tesi ad<br />

escludere l’altro genitore ed il conseguente rifiuto <strong>di</strong> questi da parte del figlio.<br />

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Il motivo é semplice: lo scopo del giu<strong>di</strong>zio penale é la sanzione <strong>di</strong> colui che ha<br />

violato la legge, certo più facilmente attuabile rispetto al ben più ampio<br />

obiettivo che si pone il giu<strong>di</strong>ce civile il quale deve decidere in merito alle<br />

relazioni più significative <strong>di</strong> una persona minorenne e delle responsabilità<br />

genitoriali verso la stessa ponendosi prioritariamente l’obiettivo <strong>di</strong> realizzare il<br />

suo interesse e benessere psicofisico.<br />

Si rintracciano non pochi esempi <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zi che, in un’ escalation <strong>di</strong><br />

provve<strong>di</strong>menti, che spesso coinvolgono contemporaneamente il giu<strong>di</strong>ce<br />

or<strong>di</strong>nario e quello minorile, tentano tutta la gamma dei possibili or<strong>di</strong>ni, in un<br />

continuum che si articola dal meno al più invasivo.<br />

Così si passa dalle prescrizioni, con minaccia <strong>di</strong> provvedere in modo più<br />

incisivo, all’affidamento al servizio sociale con mantenimento del collocamento<br />

presso il genitore “alienante” sino anche alla decadenza dalla potestà del<br />

genitore che pone in atto il comportamento teso ad escludere l’altro, passando<br />

attraverso tutta una serie <strong>di</strong> provve<strong>di</strong>menti interme<strong>di</strong> sempre più incisivi<br />

(Tribunale <strong>di</strong> Alessandria 24 giugno 1999, n. 318, Tribunale per i<br />

minorenni <strong>di</strong> Firenze 27.06.2000, Tribunale per i minorenni <strong>di</strong> Messina<br />

23.09. 2003, Tribunale <strong>di</strong> Firenze 10.12,2008, Tribunale <strong>di</strong> Firenze<br />

13.07.2009, Tribunale <strong>di</strong> Lucca, or<strong>di</strong>nanza G.I. 29.01 2010, Tribunale per i<br />

minorenni <strong>di</strong> Venezia, settembre 2010).<br />

L’introduzione dell’art. 709 ter c.p.c. con la L. 54/2006 ha consentito <strong>di</strong><br />

applicare anche una forma <strong>di</strong> punitive damages per sanzionare la mancata<br />

attuazione dei provve<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> affidamento ovvero comportamenti che ne<br />

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hanno ostacolato il corretto svolgimento in un ‘ottica tesa più che alla effettiva<br />

compensazione per la lesione del bene protetto ad assicurare l’attuazione del<br />

provve<strong>di</strong>mento o comunque la soluzione delle controversie ad esso relative.<br />

Tale rime<strong>di</strong>o é stato adottato, ad esempio, dal Tribunale <strong>di</strong> Messina con la<br />

sentenza 05 aprile 2007 n. 597 che ha condannato la madre, ex art. 709 ter n. 4,<br />

a pagare una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende e al<br />

risarcimento del danno, ex art. 709 ter n. 2, c.p.c., a favore del figlio minore sul<br />

presupposto <strong>di</strong> “un generale dovere <strong>di</strong> entrambi i genitori <strong>di</strong> attenersi a<br />

comportamenti satisfattivi dell’interesse del minore e fra questi quelli che sono<br />

strumentali a garantire il mantenersi e consolidarsi <strong>di</strong> un adeguato rapporto<br />

con entrambi anche nella crisi coniugale….”. Con la stessa sentenza che ha<br />

definito il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> separazione, il Tribunale <strong>di</strong> Messina, nel <strong>di</strong>chiarare la<br />

separazione dei coniugi ha affidato il figlio minore ad entrambi i genitori con<br />

mantenimento della domiciliazione privilegiata presso la madre “alienante”<br />

in<strong>di</strong>cando una lista <strong>di</strong> prescrizioni per il figlio (psicoterapia in<strong>di</strong>viduale,<br />

frequentazione quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> un centro <strong>di</strong> aggregazione ), per la madre (“deve<br />

prestare la massima , fattiva e leale collaborazione al programma che sarà<br />

pre<strong>di</strong>sposto dai servizi sociali, che terranno nota <strong>di</strong> ogni comportamento<br />

inadempiente o anche semplicemente non collaborante <strong>di</strong> modo che queste note<br />

possano, a richiesta della autorità giu<strong>di</strong>ziaria, essere allegate in eventuali futuri<br />

proce<strong>di</strong>menti”, accompagnare il figlio alle sedute <strong>di</strong> psicoterapia e controllare<br />

che vengano eseguite le relative in<strong>di</strong>cazioni terapeutiche), per entrambi i<br />

genitori (<strong>di</strong> comunicazione reciproca delle informazioni relative al figlio, <strong>di</strong><br />

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miglioramento dei loro rapporti anche seguendo prima un percorso terapeutico<br />

in<strong>di</strong>viduale e poi un percorso <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione familiare), per il padre (seguire il<br />

calendario d’incontri con il figlio secondo le in<strong>di</strong>cazioni del servizio sociale in<br />

forma progressiva per giungere ad attuare quello già <strong>di</strong>sposto dal tribunale).<br />

Nella motivazione della sentenza vi é un interessante passaggio proprio in tema<br />

<strong>di</strong> PAS e <strong>di</strong> <strong>di</strong>vergenze su <strong>di</strong> essa.<br />

Riferendosi alla CTU svolta nel corso del giu<strong>di</strong>zio l’estensore della sentenza<br />

scrive “ E’ quin<strong>di</strong> una consulenza molto più articolata ed approfon<strong>di</strong>ta , ma che<br />

alla fine <strong>di</strong>verge da quella eseguita in fase <strong>di</strong> reclamo quanto alle soluzioni<br />

proposte (l’allontanamento dalla madre) mentre invero non <strong>di</strong>verge in maniera<br />

apprezzabile in or<strong>di</strong>ne alla <strong>di</strong>agnosi sul bambino se non per il dato (in fondo<br />

trascurabile a fini giuri<strong>di</strong>ci) se la <strong>sindrome</strong> <strong>di</strong> alienazione parentale rilevata e<br />

descritta dal primo consulente costituisca o meno un <strong>di</strong>sturbo psichiatrico<br />

riconosciuto (cioè incluso nel DSM). Ciò é irrilevante ai fini che qui riguardano<br />

perché entrambi i consulenti osservano poi nella sostanza lo stesso <strong>di</strong>sagio<br />

grave: anzi la perizia Mazzone- Bianchini pur non dando <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo<br />

psichiatrico riconosciuto alla PAS <strong>di</strong>chiara che alcuni sintomi <strong>di</strong> essa sono<br />

effettivamente rilevabili in XY (pag. 10) e ciò pur non esprimendo una <strong>di</strong>agnosi<br />

<strong>di</strong> certezza nella sua sussistenza. Tutti però rilevano che XY é fortemente ostile<br />

al padre e giustifica questa ostilità con un ricordo traumatico concordemente<br />

definito falso ovvero non atten<strong>di</strong>bile, e cioè che il padre gli avrebbe usato<br />

violenza, così come avrebbe usato violenza alla madre, quando era piccolo”.<br />

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Osservati nella fattispecie altri in<strong>di</strong>catori significativi (emarginazione della<br />

figura paterna surrogata con il riferimento allo zio paterno per l’identificazione<br />

maschile del bambino, rinforzamento da parte della madre dei comportamenti <strong>di</strong><br />

denigrazione paterna da parte del figlio, mancanza <strong>di</strong> demarcazione <strong>di</strong> confini<br />

affettivo-relazionali tra madre e figlio, utilizzo da parte del figlio <strong>di</strong> termini presi<br />

a prestito dalla madre o riferimento a fatti, luoghi e tempi che non conosce<br />

<strong>di</strong>rettamente), il Tribunale <strong>di</strong> Messina prosegue: “ Il dott. Chimez si esprime con<br />

certezza sulla <strong>sindrome</strong> <strong>di</strong> alienazione parentale e cioè che la madre ha indotto<br />

nel corso degli anni sentimenti <strong>di</strong> avversione nei confronti del padre<br />

(programming) determinando la comparsa <strong>di</strong> una patologia psichiatrica franca<br />

con rischio molto forte <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbi paranoi<strong>di</strong>, <strong>di</strong>sturbi della identità,<br />

tendenza a problemi sessuali; in atto il bambino presenta alto livello <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>pendenza emotiva, passività e bassa autostima, problemi relazionali, tendenza<br />

alla regressione (pag. 14 relazione Chimenzi). Di conseguenza, conclude il<br />

CTU, nessun approccio psicoterapico (comunque suggerito insieme al<br />

trattamento farmacologico) ha possibilità <strong>di</strong> successo se non mo<strong>di</strong>ficando<br />

ra<strong>di</strong>calmente le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> affidamento e l’habitat del bambino: in altre<br />

parole ricoverandolo sei mesi in una casa famiglia e successivamente<br />

spostandolo a casa del padre.”<br />

Per inciso il Giu<strong>di</strong>ce Istruttore nel corso del giu<strong>di</strong>zio aveva accolto il<br />

suggerimento del CTU e <strong>di</strong>sposto l’affidamento del minore al servizio sociale<br />

con allontanamento dalla madre e collocamento in una casa famiglia ma il<br />

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provve<strong>di</strong>mento venne subito sospeso a seguito <strong>di</strong> reclamo presentato ex art. 669<br />

terdecies c.p.c. ad altra sezione del Tribunale e successivamente annullato.<br />

L’interesse della decisione é data anche dall’ulteriore considerazione relativa al<br />

fatto che, pur nella <strong>di</strong>vergenza delle due relazioni peritali, una delle quale più<br />

sfumata relativa alla volontarietà della condotta materna, “ … all’o<strong>di</strong>erno<br />

giu<strong>di</strong>cante non interessa solo la valutazione in termini psicologici - freu<strong>di</strong>ani<br />

(tale é il metodo <strong>di</strong>chiaratamente adottato dai secon<strong>di</strong> CTU) della esegesi delle<br />

condotte della AA, bensì la valutazione giuri<strong>di</strong>ca del comportamento della<br />

madre che si fonda sulla osservazione complessiva della sua condotta, con<br />

particolare riferimento alla (in)ottemperanza prestata ai provve<strong>di</strong>menti del<br />

giu<strong>di</strong>ce nel corso dell’intero processo, nonché sulla osservazione delle<br />

pregresse vicende regolate dai provve<strong>di</strong>menti del Tribunale per i minorenni, ove<br />

come sopra esposto, si rilevano gli stessi schemi <strong>di</strong> comportamenti tenuti nel<br />

corso del presente processo.”<br />

La segnalata <strong>di</strong>fficoltà del giu<strong>di</strong>ce civile <strong>di</strong> intervenire efficacemente per porre<br />

fine a comportamenti manipolativi <strong>di</strong> un genitore sul figlio al fine <strong>di</strong> alienare<br />

l’altro genitore ha portato più <strong>di</strong> una volta l’Italia davanti alla Corte Europea.<br />

Ben nota é la condanna che l’Italia ha subito nel caso Piazzi v. Italia (ricorso n.<br />

36168/09) deciso con sentenza del 2 novembre 2010. La decisione é molto<br />

interessante perché interpreta in modo estensivo il dettato dell’art. 8 della<br />

Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Diritto al rispetto della vita privata<br />

e familiare) nel senso che tale articolo non si limita a prevedere un obbligo<br />

negativo, or<strong>di</strong>nando allo Stato <strong>di</strong> astenersi da ingerenze arbitrarie, ma impone<br />

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anche obblighi positivi inerenti il rispetto effettivo della vita privata e familiare.<br />

Conseguentemente, secondo la Corte Europea, il punto decisivo consiste nel<br />

sapere se le autorità nazionali hanno preso, per facilitare il riavvicinamento del<br />

figlio ad un genitore, tutte le misure necessarie che si potevano ragionevolmente<br />

esigere dalle stesse nella fattispecie “compresa l’istituzione <strong>di</strong> un arsenale<br />

giuri<strong>di</strong>co adeguato e sufficiente per assicurare i <strong>di</strong>ritti legittimi degli interessati<br />

come il rispetto delle decisioni giu<strong>di</strong>ziarie o <strong>di</strong> appropriati specifici<br />

provve<strong>di</strong>menti”.<br />

Per tutta una serie <strong>di</strong> motivi dettagliatamente illustrati la Corte Europea ha<br />

stimato che “ … le autorità nazionali hanno omesso <strong>di</strong> esercitare gli sforzi<br />

adeguati e sufficienti per far rispettare il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> visita del ricorrente<br />

permettendogli almeno <strong>di</strong> ristabilire il contatto con il suo bambino, e così hanno<br />

ignorato il suo <strong>di</strong>ritto al rispetto della sua vita familiare garantito dall’art. 8<br />

della Convenzione”.<br />

Nel caso <strong>di</strong> specie la Corte Europea ha affermato <strong>di</strong> non poter trascurare il<br />

parere dello psicologo menzionato in uno dei decreti del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> merito<br />

secondo il quale i tentativi della madre <strong>di</strong> aizzare il bambino contro il padre<br />

potevano condurre alla <strong>sindrome</strong> <strong>di</strong> alienazione parentale.<br />

Sia pur riconoscendo la <strong>di</strong>fficoltà del caso la Corte Europea censura il<br />

comportamento delle autorità nazionali affermando che “ … la mancanza <strong>di</strong><br />

cooperazione tra i genitori separati non può esonerare le autorità competenti<br />

dal mettere in pratica tutte le risorse <strong>di</strong>sponibili al fine <strong>di</strong> consentire il<br />

mantenimento del rapporto familiare . Ora, in questo caso le autorità nazionali<br />

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sono rimaste al <strong>di</strong> sotto rispetto a quanto si poteva ragionevolmente prevedere<br />

da loro: il tribunale ha delegato la gestione degli incontri ai servizi sociali , che<br />

dal loro canto hanno delegato alla madre la gestione del percorso terapeutico<br />

del bambino.”<br />

Nello stesso senso la Corte Europea si era già pronunciata cinque anni prima nel<br />

caso Bove c. Italia (ricorso n. 30595/02) definito con sentenza in data 30<br />

giugno 2005. Anche in tal caso fu riconosciuta la violazione dell’art. 8 da parte<br />

delle autorità nazionali per non aver dato attuazione concreta al <strong>di</strong>ritto del<br />

ricorrente ad incontrare la figlia.<br />

Questa decisione é interessante perché in essa si precisa tuttavia che le autorità<br />

nazionali non avevano l’obbligo <strong>di</strong> ricorrere a provve<strong>di</strong>menti coercitivi dovendo<br />

avere innanzitutto come obiettivo interesse superiore del minore.<br />

2. Il riconoscimento della alienazione parentale come <strong>sindrome</strong> e suo<br />

inserimento nel DSM V. Quali i vantaggi e quali i rischi?<br />

Dunque il fenomeno dell’alienazione parentale esiste e rappresenta una vera e<br />

propria sfida per giu<strong>di</strong>ci, avvocati e professionisti della salute mentale che si<br />

devono misurare con la soluzione giu<strong>di</strong>ziaria e/o il trattamento terapeutico del<br />

caso, oltre a rappresentare un problema enorme, gravido <strong>di</strong> conseguenze spesso<br />

per tutta la vita, per il bambino che ne è vittima e per le relazioni parentali.<br />

Credo che nessuno possa contestare la realtà <strong>di</strong> tale fenomeno. 2<br />

2 Nel <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge n. 957 “Mo<strong>di</strong>fiche al co<strong>di</strong>ce civile e al co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

procedura civile in materia <strong>di</strong> affidamento con<strong>di</strong>viso” e nel <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge<br />

n. 2800 “Mo<strong>di</strong>fiche alla <strong>di</strong>sciplina dell’affidamento con<strong>di</strong>viso” é previsto <strong>di</strong><br />

inserire all’art. 709 ter del co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> procedura civile dopo il secondo<br />

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L’aspetto problematico da affrontare è capire se l’alienazione parentale possa<br />

essere una <strong>di</strong>agnosi psichiatrica e come tale possa essere inserita nel DSM V e a<br />

quale titolo , se come “mental <strong>di</strong>sorder” o come “relational problem.” 3<br />

Come ha ben spiegato il Prof. Bernet l’alienazione parentale può essere<br />

<strong>di</strong>agnosticata semplicemente come un <strong>di</strong>sturbo mentale del bambino, che crede<br />

falsamente che sua madre o suo padre sia persona pericolosa/o o spregevole o<br />

semplicemente sacrificabile. Oppure l’alienazione parentale può essere descritta<br />

come un problema relazionale nell’ambito del quale due genitori intrattengono<br />

una relazione molto conflittuale ed il figlio ha una relazione patologicamente<br />

invischiata con il genitore preferito e <strong>di</strong> paura e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzo ingiustificati con il<br />

genitore alienato. Inoltre tutti e tre contribuiscono in qualche modo al risultato<br />

finale della falsa credenza del bambino.<br />

Da un punto prettamente scientifico la soluzione non può che venire dalla<br />

comunità me<strong>di</strong>co - psichiatrica mentre l’operatore del <strong>di</strong>ritto dovrà interrogarsi<br />

se da un eventuale riconoscimento possano derivare maggiori garanzie ai fini<br />

dell’accertamento del fatto e maggiori risorse per la soluzione del problema o<br />

se, al contrario, in esso siano insiti rischi e, nel caso, come ovviarli.<br />

Nel <strong>di</strong>battito, spesso ideologico, che contrappone i sostenitori della PAS come<br />

<strong>sindrome</strong> dai cd. negazionisti l’operatore del <strong>di</strong>ritto ha interesse a capire quali<br />

comma il seguente” Il comprovato con<strong>di</strong>zionamento della volontà del minore,<br />

in particolare se mirato al rifiuto dell’altro genitore attivando la <strong>sindrome</strong> <strong>di</strong><br />

alienazione genitoriale, costituisce inadempienza grave, che può comportare<br />

l’esclusione dall’affidamento”.<br />

3 William Bernet, “Parental Alienation, DSM-V, and ICD-11” The American<br />

Journal of Family Therapy, 38:76-­‐187, 2010<br />

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siano le ricadute del riconoscimento della PAS sul processo, penale e civile,<br />

quali i vantaggi e quali i rischi.<br />

In via generale rendere un fenomeno <strong>di</strong>agnosticabile da un punto <strong>di</strong> vista clinico<br />

significa avere maggiore consapevolezza del problema che dobbiamo affrontare,<br />

avere strumenti certi e uniformi per in<strong>di</strong>viduarlo e nominarlo.<br />

Da tutto questo consegue anche una maggior certezza sotto il profilo della<br />

terapia da seguire secondo i protocolli che la comunità scientifica avrà ritenuto<br />

più efficaci per il caso.<br />

Questa maggiore certezza – <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnosi e <strong>di</strong> terapia – avrebbe come risultato<br />

imme<strong>di</strong>ato che giu<strong>di</strong>ce ed operatori della salute mentale cesserebbero <strong>di</strong><br />

muoversi per tentativi, come si ha l’impressione che oggi siano costretti a fare,<br />

“inventandosi” <strong>di</strong> volta in volta l’intervento ritenuto più opportuno in<br />

considerazione della reazione dei soggetti coinvolti nella relazione familiare<br />

patologica, collezionando spesso più insuccessi che successi.<br />

Ciascuno <strong>di</strong> loro potrebbe seguire un protocollo comune, sia nella<br />

in<strong>di</strong>viduazione del fenomeno che nel suo trattamento in senso lato, sia da un<br />

punto <strong>di</strong> vista me<strong>di</strong>co che giu<strong>di</strong>ziario. 4<br />

Quando un fenomeno é <strong>di</strong>agnosticato come malattia vi é anche maggior<br />

consapevolezza delle conseguenze negative che un dato comportamento provoca<br />

4 Nelle Linee Guida redatte dalla Società Italiana <strong>di</strong> Neuropsichiatria<br />

dell’Infanzia e dell’Adolescenza in tema <strong>di</strong> Abuso sui Minori nella revisione<br />

approvata in CD SINPIA il 15.02.2007 al n. 3.3 la Sindrome <strong>di</strong> <strong>Alienazione</strong><br />

<strong>Parentale</strong> é catalogata come “Abuso Psicologico” “Una ulteriore forma <strong>di</strong><br />

abuso psicologico può consistere nella alienazione <strong>di</strong> una figura genitoriale<br />

da parte dell’altra sino alla co-costruzione nel bambino <strong>di</strong> una “Sindrome <strong>di</strong><br />

<strong>Alienazione</strong> Genitoriale (Gardner, 1984):”<br />

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sulla salute e ciò attribuirebbe, nel caso specifico, una maggiore responsabilità<br />

al genitore alienante che non si adegua alla cura prescritta non ponendo in atto<br />

tutti quei comportamenti necessari ad interrompere l’azione <strong>di</strong> programmazione<br />

del figlio.<br />

Una <strong>di</strong>agnosi precoce della malattia consentirebbe <strong>di</strong> intervenire subito in modo<br />

appropriato con la probabilità <strong>di</strong> una prognosi positiva, se è vero quanto<br />

affermava Isabella Buzzi nel 1997 “La cosa positiva <strong>di</strong> questa <strong>sindrome</strong> é che se<br />

il genitore programmatore ferma la programmazione la <strong>sindrome</strong> scompare”. 5<br />

Dalla <strong>di</strong>agnosi del fenomeno conseguirebbe anche una maggiore responsabilità<br />

per tutti gli altri soggetti che con il genitore alienante eventualmente colludono<br />

(ad esempio, nuovo partner, familiari) ma anche i professionisti coinvolti<br />

(avvocati, terapeuti, consulenti <strong>di</strong> parte), spesso protagonisti quanto i loro<br />

assistiti <strong>di</strong> condotte censurabili, per questi ultimi anche sotto il profilo<br />

deontologico. Come ha evidenziato Janet Johnston,, definendola “tribal<br />

warfare”, infatti, intorno al genitore alienante vi è spesso un’intera comunità<br />

alleata, costituita da terapeuti che rinforzano la visione <strong>di</strong> un genitore<br />

completamente buono e <strong>di</strong> un genitore completamente cattivo e da avvocati che<br />

polarizzano le posizioni in un conflitto senza esclusioni <strong>di</strong> colpi.<br />

Il rischio é invece rappresentato dalla utilizzazione strumentale della <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong><br />

PAS o da errate <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> PAS.<br />

5 I. Buzzi, “La <strong>sindrome</strong> <strong>di</strong> alienazione genitoriale” in Cigoli V., Gulotta G &<br />

Santi G (a cura <strong>di</strong>) , “Separazione, <strong>di</strong>vorzio e affidamento dei figli”, Giuffrè,<br />

Milano, II Ed. 1997, pp. 177-­‐188.<br />

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Pertanto l’attenzione degli operatori, della salute mentale e del <strong>di</strong>ritto, deve<br />

essere rivolta a <strong>di</strong>fferenziare i casi <strong>di</strong> alienazione parentale da quelli che non<br />

rientrano in tale categoria, con una netta <strong>di</strong>scriminazione dell’atteggiamento <strong>di</strong><br />

rifiuto <strong>di</strong> una figura genitoriale basato su ragionevoli motivazioni da quello che<br />

non ha alcun fondamento, se non la manipolazione ed il con<strong>di</strong>zionamento<br />

dell’altro genitore (“alienation” v. “estrangement”).<br />

Per la mia esperienza professionale i casi <strong>di</strong> alienazione parentale si<br />

caratterizzano generalmente per il ricorrere, quasi ridondante, <strong>di</strong> un preciso<br />

repertorio facilmente in<strong>di</strong>viduabile, del quale fa parte, innanzitutto,<br />

l’atteggiamento <strong>di</strong> totale spregio posto in essere dal genitore alienante rispetto a<br />

tutte le in<strong>di</strong>cazioni, prescrizioni, or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ci, operatori del servizio sociale e<br />

periti, tanto da risolversi in un comportamento altamente antisociale e <strong>di</strong> aperta<br />

violazione della legge.<br />

Senza contare tutti gli altri in<strong>di</strong>ci, da sempre evidenziati dagli stu<strong>di</strong>osi del<br />

fenomeno, che nelle carte processuali vengono riferii nella frequente presenza<br />

<strong>di</strong> un nuovo partner del genitore alienante, chiamato dal bambino alienato<br />

“papà” o “babbo”, mentre il padre biologico viene chiamato con il nome <strong>di</strong><br />

battesimo o con un nomignolo usualmente <strong>di</strong>spregiativo; nel rifiuto<br />

ingiustificato <strong>di</strong> qualsiasi relazione, sia con il genitore alienato che con tutto il<br />

relativo ramo parentale, a fronte <strong>di</strong> una relazione <strong>di</strong> affetto precedente alla<br />

separazione dei genitori, solo per fare qualche esempio.<br />

Ben <strong>di</strong>versi e <strong>di</strong> altra natura sono gli atteggiamenti ambivalenti <strong>di</strong> quei bambini<br />

che, soprattutto nella imme<strong>di</strong>atezza della separazione dei genitori, incontrano<br />

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qualche volta <strong>di</strong>fficoltà a <strong>di</strong>staccarsi anche per tempo limitato da uno dei<br />

genitori, solitamente quello <strong>di</strong> maggior riferimento o con il quale sono<br />

maggiormente abituati a stare, e mostrano perplessità o decisi rifiuti ad<br />

intrattenersi da soli con l’altro genitore facendo fatica ad abituarsi ad una nuova<br />

realtà familiare.<br />

Qui siamo ancora nell’ambito della fisiologia dei rapporti familiari, in una fase<br />

<strong>di</strong> adattamento che, se ben gestita, evolve positivamente nella attuazione <strong>di</strong> un<br />

rapporto sod<strong>di</strong>sfacente con entrambi i genitori.<br />

A maggiore ragione non é classificabile come un fenomeno <strong>di</strong> PAS<br />

l’atteggiamento del bambino che rifiuta un genitore che é stato lontano,<br />

trascurante, maltrattante o ad<strong>di</strong>rittura abusante.<br />

In questo caso il bambino dovrà ricevere tutte le forme <strong>di</strong> tutela e <strong>di</strong> protezione<br />

possibili, graduate secondo la gravità della condotta genitoriale.<br />

Solitamente il comportamento del bambino e quello del genitore che al bambino<br />

continua ad avere pieno accesso sono molto <strong>di</strong>fferenti nei casi <strong>di</strong> PAS rispetto a<br />

quelli che tali non sono: l’ atteggiamento del genitore alienante, come quello del<br />

figlio, si manifesta come privo <strong>di</strong> ambivalenza e dubbi, ad<strong>di</strong>rittura pervaso da<br />

un sentimento <strong>di</strong> vittoria e quasi <strong>di</strong> sfida.<br />

In buona sostanza e in sintesi, dobbiamo sempre ricordare che il rifiuto della<br />

relazione con un genitore da parte <strong>di</strong> un bambino é solo un sintomo che può<br />

avere molte possibili cause e l’alienazione parentale rappresenta solo una <strong>di</strong><br />

queste.<br />

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A ben vedere, a mio parere, un’appropriata <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>fferenziale, con criteri<br />

scientificamente definiti e con<strong>di</strong>visi, resa possibile dal riconoscimento della<br />

alienazione parentale come vera e propria malattia, potrà ridurre la possibilità <strong>di</strong><br />

uso strumentale del concetto con essa espresso nei contenziosi relativi<br />

all’affidamento, domiciliazione e frequentazione dei figli minori.<br />

Anche nei processi penali una maggior chiarezza nello screening dei sintomi<br />

nella <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>fferenziale renderà più <strong>di</strong>fficile e non più facile l’uso che il<br />

genitore realmente abusante potrebbe tentare <strong>di</strong> fare della PAS per nascondere il<br />

suo comportamento.<br />

Il giu<strong>di</strong>ce, sia civile che penale, nella sua qualità <strong>di</strong> peritus peritorum, dovrà<br />

sempre confrontare i risultati dell’accertamento peritale con le evidenze<br />

istruttorie perché la migliore <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> carattere me<strong>di</strong>co psichiatrico dovrà<br />

comunque confrontarsi con le risultanze istruttorie del giu<strong>di</strong>zio.<br />

Ed anzi, spesso sarà l’accertamento dei fatti effettuato dal giu<strong>di</strong>ce a mettere in<br />

luce il comportamento <strong>di</strong> ciascuna parte dando elementi che per il perito si<br />

traducono in sintomi.<br />

3. Riflessioni sulle possibili soluzioni <strong>di</strong> carattere giu<strong>di</strong>ziario<br />

Come ho già detto il giu<strong>di</strong>ce civile si trova spesso impotente <strong>di</strong> fronte alle più<br />

gravi forme <strong>di</strong> alienazione parentale.<br />

Raramente in Italia viene adottata la soluzione proposta da Gardner per tali casi<br />

e consistente nell’allontanamento del bambino dal genitore alienante e nel<br />

collocamento presso l’altro genitore o presso una comunità familiare o terzi.<br />

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Nella nostra realtà non mi risulta vi siano esperienze collaudate quali i Family<br />

Bridges 6 , nati dapprima per offrire ai bambini rapiti da estranei alla famiglia<br />

una fase ed un luogo <strong>di</strong> passaggio ed utilizzati poi anche per i bambini alienati<br />

da un genitore nel contesto <strong>di</strong> <strong>di</strong>vorzi conflittuali.<br />

Il giu<strong>di</strong>ce italiano, nella maggior parte dei casi, lascia il bambino con il genitore<br />

alienante nella impossibilità <strong>di</strong> attuare praticamente un <strong>di</strong>verso provve<strong>di</strong>mento<br />

<strong>di</strong> collocamento del figlio presso il genitore alienato per sottrarlo all’opera <strong>di</strong><br />

manipolazione.<br />

Spesso a questo si aggiunge la prescrizione <strong>di</strong> far seguire al bambino un<br />

trattamento psicoterapico accompagnato talvolta dall’invito, o dalla<br />

prescrizione, ai genitori <strong>di</strong> seguire un percorso <strong>di</strong> sostegno alla genitorialità<br />

variamente denominato.<br />

Troppo spesso tali iniziative del giu<strong>di</strong>ce restano prive <strong>di</strong> effettiva attuazione e<br />

sono variamente “sabotate” dal genitore alienante.<br />

In tal caso il giu<strong>di</strong>ce “aumenta la dose” ed affida il bambino al servizio sociale,<br />

pur mantenendolo collocato presso il genitore alienante, spesso però<br />

6 R. A. Warshak, “Family Bridges: Using Insight from Social Science to<br />

Reconnect Parents and Alienated Children”, Family Court Review, Vol. 48 No.<br />

1, January 2010 48-­‐80.<br />

Condotti da due professionisti i Family Bridges offrono un luogo sicuro che<br />

dà al bambino alienato e al genitore bersaglio la possibilità <strong>di</strong> trascorrere<br />

insieme, e lontano dal genitore alienante, quattro giorni consecutivi,<br />

durante i quali ristabilire una normale relazione. I professionisti coinvolti<br />

sono psicologi che non effettuano però alcun trattamento terapeutico sulla<br />

coppia genitore/figlio ma allestiscono tutta una serie <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong><br />

carattere educativo per favorire un pensiero critico ed autonomo nel<br />

bambino , evitare <strong>di</strong> essere nuovamente catturato nella trappola del<br />

conflitto dei genitori, avere una visione realistica <strong>di</strong> entrambi i genitori e<br />

favorire la ripresa dei rapporti con il genitore alienato.<br />

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<strong>di</strong>menticando <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care i poteri e i doveri dell’ affidatario e del collocatario<br />

circostanza questa che, laddove la potestà non sia limitata o sospesa, crea non<br />

pochi problemi e confusione circa chi può (e deve) fare cosa.<br />

Spesso all’esito <strong>di</strong> tante iniziative <strong>di</strong> questo tipo, che si susseguono per anni in<br />

un incalzante quanto inutile aumento delle persone e dei mezzi messi in campo,<br />

si giunge alla fine a rassegnarsi al rifiuto del figlio, che nel frattempo è spesso<br />

<strong>di</strong>venuto anche molto più grande, non perché si sia convinti che quella sia la<br />

soluzione migliore per quest’ultimo ma perché non si é stati capaci <strong>di</strong> fare<br />

qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso.<br />

Negli anni mi sono convinta che questo approccio al problema é del tutto inutile<br />

e destinato al fallimento.<br />

Se é vero che spesso non é possibile trasferire un bambino dalla casa del<br />

genitore alienante a quella del genitore alienato o presso terzi senza esporlo ad<br />

un rischio maggiore <strong>di</strong> quello che corre rimanendo dove si trova, é altrettanto<br />

vero, a mio parere, che <strong>di</strong> fronte al franco ed univoco manifestarsi del fenomeno<br />

della alienazione parentale – accertato in modo rigoroso - come lo é in molti<br />

casi, il giu<strong>di</strong>ce ha strumenti che dovrebbe utilizzare più spesso <strong>di</strong> quanto faccia,<br />

quanto meno per ridurre notevolmente il potere del genitore alienante.<br />

La pronuncia <strong>di</strong> decadenza dalla potestà del genitore alienante, con la<br />

contestuale nomina <strong>di</strong> un tutore provvisorio che eserciti tutti i poteri inerenti la<br />

potestà che quel genitore non potrà più esercitare e che l’altro non può, almeno<br />

nei fatti, ancora esercitare, é uno <strong>di</strong> questi mezzi, forse il più invasivo ed<br />

efficace, se si esclude l’allontanamento del minore dal genitore alienante.<br />

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Di tutti i casi che mi é capitato <strong>di</strong> seguire, come avvocato o come curatore<br />

speciale del minore, nei quali vi sia stato un evidente fenomeno <strong>di</strong> alienazione<br />

<strong>di</strong> un genitore ad opera dell’altro, anche se non definito esplicitamente come<br />

PAS, quello che ha avuto maggiore successo per essere giunto alla completa<br />

riattivazione della relazione fra figlio e genitore alienato è l’unico nel quale il<br />

Tribunale per i minorenni <strong>di</strong> Firenze ha <strong>di</strong>chiarato decaduta la madre alienante<br />

con provve<strong>di</strong>mento imme<strong>di</strong>atamente esecutivo nominandomi tutore provvisorio<br />

del figlio <strong>di</strong> neppure 7 anni ed ha affidato quest’ultimo al padre, non munendo<br />

però quest’ultima parte della provvisoria esecutorietà per l’impossibilità <strong>di</strong><br />

pratica attuazione del decreto pronunciato nell’anno 2000.<br />

Quel bambino, infatti, “rifiutava” <strong>di</strong> vedere il padre da 4 anni e a nulla erano<br />

valsi i precedenti tentativi <strong>di</strong> ripresa della relazione genitoriale messi in atto<br />

attraverso i servizi sociali, il C.T.U., l’intervento dei giu<strong>di</strong>ci onorari, oltre a<br />

numerosi provve<strong>di</strong>menti variamente limitativi della potestà.<br />

La tutela si é protratta per ben quattro anni durante i quali il lavoro del tutore si<br />

è concretizzato in un lungo percorso, contrad<strong>di</strong>stinto da tappe, in riferimento a<br />

ciascuna delle quali sono stati posti obiettivi <strong>di</strong>versi.<br />

Alla fine <strong>di</strong> tale percorso la madre é stata reintegrata nella potestà, nel pieno<br />

accordo dell’altro genitore e del tutore e il figlio, affidato congiuntamente ai<br />

genitori, a seguito <strong>di</strong> una richiesta concorde degli stessi in tal senso, ha<br />

continuato a vivere con la madre, il marito <strong>di</strong> questa e la loro figlia ma ha<br />

frequentato regolarmente il padre che nel frattempo si era <strong>di</strong> nuovo sposato.<br />

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Paolo, così chiamerò quel bambino che oggi é ormai <strong>di</strong>venuto maggiorenne, si é<br />

successivamente trasferito a casa del padre dove vive ormai stabilmente.<br />

Nella <strong>di</strong>samina del caso mi sono molto interrogata sul perché il tutore ha<br />

“funzionato” quando tutte le iniziative precedenti avevano, al contrario, dato<br />

risultati del tutto fallimentari.<br />

Anche stando ai dati oggettivi, dopo solo un mese dal primo incontro <strong>di</strong> Paolo<br />

con il tutore, e quin<strong>di</strong> dall’inizio del loro rapporto, il bambino ha consentito <strong>di</strong><br />

incontrare il padre (dopo ben quattro anni <strong>di</strong> “rifiuto”!).<br />

Da un lato, certamente, la nascita <strong>di</strong> una figlia della nuova coppia costituita dalla<br />

mamma <strong>di</strong> Paolo e dal nuovo compagno ha favorito una ri-<strong>di</strong>stribuzione dei<br />

ruoli naturali e certamente anche la paura delle conseguenze giu<strong>di</strong>ziarie <strong>di</strong> fronte<br />

ad un comportamento ulteriormente ostacolante il riavvicinamento padre/figlio<br />

ha rappresentato un efficace deterrente.<br />

Ma pur considerando queste circostanze come sicuramente agevolanti ritengo<br />

che soprattutto altri siano stati gli elementi che maggiormente hanno decretato il<br />

successo <strong>di</strong> questo intervento.<br />

Innanzitutto, con l’introduzione della figura del tutore e l’impostazione che<br />

questi ha dato al suo lavoro, vi è stata una persona che tutti hanno vissuta come<br />

imparziale, in primo luogo Paolo.<br />

Quest’ultimo ha finalmente avuto qualcuno accanto che non gli chiedeva<br />

alleanze o conferme <strong>di</strong> fedeltà ma allentava le tensioni derivanti al bambino dai<br />

conflitti <strong>di</strong> lealtà ricordandogli, nei primi incontri, “il giu<strong>di</strong>ce vuole che tu<br />

incontri papà” tanto che Paolo, nel comunicare alla mamma che, dopo anni il<br />

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giorno dopo avrebbe incontrato il padre con il tutore, si giustificava <strong>di</strong>cendo “lo<br />

dobbiamo fare, prima si fa, meglio é, così ci togliamo il pensiero”.<br />

Per ri-cominciare é stato importante dare a Paolo la sensazione che non era lui a<br />

scegliere <strong>di</strong> rivedere il padre ma che qualcuno lo obbligava dall’esterno.<br />

Il desiderio manifestato liberamente <strong>di</strong> stare con il padre, infatti, é stata una<br />

conquista molto sofferta da parte <strong>di</strong> Paolo.<br />

Per ben due volte, in questo caso, apparentemente ho <strong>di</strong>satteso i “desideri”<br />

espressi da Paolo: all’inizio del nostro rapporto, quando il bambino mi chiedeva<br />

<strong>di</strong> non farlo incontrare con il padre, <strong>di</strong> non mo<strong>di</strong>ficare la sua situazione perché<br />

“io una famiglia ce l’ho, con un padre buono (ndr il compagno della mamma)<br />

anziché cattivo, come era l’altro (ndr. Il padre biologico), e sto bene così”; e<br />

quasi al termine, o almeno a quello che ritenevo sarebbe stato il termine, del<br />

nostro percorso insieme, quando Paolo mi chiese <strong>di</strong> ottenere per lui dal giu<strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong> potersi trasferire a casa del padre e vivere sempre con lui, interrompendo ogni<br />

rapporto con la madre e la nuova famiglia <strong>di</strong> questa.<br />

In entrambi questi momenti, presentatisi a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tre anni l’uno dall’altro,<br />

mi é stato chiaro, nonostante la problematicità delle decisioni assunte, che sarei<br />

andata contro i reali desideri <strong>di</strong> Paolo, ed anche i suoi bisogni, se ne avessi<br />

seguito pe<strong>di</strong>ssequamente le in<strong>di</strong>cazioni verbali.<br />

Di fronte ad un bambino che mi chiedeva insistentemente <strong>di</strong> favorire un<br />

rapporto simbiotico <strong>di</strong>a<strong>di</strong>co prima con la madre, poi con il padre, in entrambi i<br />

casi escludendo l’altro genitore, il mio sforzo é stato quello <strong>di</strong> portare Paolo<br />

verso l’accoglimento in sé, nello stesso momento, <strong>di</strong> entrambi i genitori e verso<br />

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il superamento <strong>di</strong> quel senso <strong>di</strong> colpa che lo affliggeva ogniqualvolta riteneva <strong>di</strong><br />

aver tra<strong>di</strong>to uno dei due venendo meno ad un vitale principio <strong>di</strong> lealtà tra<br />

combattenti una guerra senza esclusione <strong>di</strong> colpi (anche dopo che<br />

apparentemente era stata <strong>di</strong>chiarata la fine degli atti <strong>di</strong> belligeranza).<br />

Avere un costante rapporto con il bambino e <strong>di</strong>retto accesso al suo mondo,<br />

poterlo osservare in <strong>di</strong>versi ambienti nelle <strong>di</strong>namiche relazionali più varie, oltre<br />

a creare un rapporto <strong>di</strong> fiducia con lui, sul quale ho potuto costruire interventi<br />

che si sono rivelati positivi, sono state tutte risorse concorrenti che mi hanno<br />

dato fiducia nelle decisioni che andavo prendendo e hanno dato forza ad ogni<br />

mia azione.<br />

L’autorevolezza del mio ruolo mi ha consentito <strong>di</strong> muovermi rispetto agli adulti<br />

coinvolti, a cominciare dai genitori e dal partner della mamma ma non solo, con<br />

grande efficacia, in un alternarsi <strong>di</strong> “bastone e carota”, con un approccio<br />

decisamente conciliativo laddove veniva risposto in modo collaborativo ed<br />

altrettanto autoritario laddove intravedevo tentativi manipolativi o azioni<br />

<strong>di</strong>latorie.<br />

Con minore potere, ad esempio come curatore speciale del minore in altro<br />

analogo caso, non mi é stato possibile raggiungere gli stessi buoni risultati.<br />

Conclusivamente ritengo che in situazione <strong>di</strong> grave alienazione parentale ove<br />

non vi siano dubbi sul reiterato comportamento alienante <strong>di</strong> un genitore, sia<br />

opportuno incidere a livello giuri<strong>di</strong>co sul potere da questi esercitato<br />

pronunciando la decadenza dalla potestà e nominando un tutore piuttosto che, o<br />

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comunque prima <strong>di</strong>, trasferire il figlio dalla casa <strong>di</strong> un genitore all’altro,<br />

soluzione spesso non facilmente attuabile.<br />

La figura professionale alla quale penso è quella <strong>di</strong> un avvocato con una<br />

formazione ad hoc, e quin<strong>di</strong> necessariamente multi<strong>di</strong>sciplinare, che coniughi in<br />

sé competenze giuri<strong>di</strong>che e psicologiche, abbia la necessaria abilità <strong>di</strong><br />

rapportarsi ad una persona in età evolutiva ma anche ai vari componenti della<br />

famiglia in conflitto.<br />

Il ruolo del tutore interpretato da un assistente sociale o da uno psicologo, per<br />

quanto capaci e certamente da un punto <strong>di</strong> vista delle competenze psicologiche<br />

ancor più attrezzati, non avrebbe lo stesso impatto <strong>di</strong> forza ed autorevolezza che<br />

ha quello giocato da un avvocato, vissuto dal genitore alienante come colui che<br />

possiede gli strumenti per far sanzionare la sua condotta, fino anche<br />

all’allontanamento del figlio, in un rapporto molto prossimo al giu<strong>di</strong>ce.<br />

Ma un ruolo molto importante lo hanno anche gli avvocati <strong>di</strong> ciascun genitore.<br />

L’avvocato del genitore alienante dovrebbe sollecitare il cliente a chiedere aiuto<br />

nelle se<strong>di</strong> competenti per capire i motivi <strong>di</strong> quel suo comportamento e<br />

sensibilizzarlo circa i danni che può provocare al figlio e tale professionista<br />

dovrebbe giungere anche alla rinuncia al mandato nell’ipotesi in cui la<br />

sollecitazione cada nel vuoto e continui ad essergli richiesta una prestazione<br />

professionale che finirebbe per essere complice delle gravi azioni <strong>di</strong> quel<br />

genitore.<br />

L’avvocato del genitore alienato può essere la persona più in<strong>di</strong>cata per stimolare<br />

l’assistito a fare uno sforzo <strong>di</strong> analisi critica per capire in quale misura e<br />

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soprattutto come egli ha contribuito a porre in essere quella <strong>di</strong>namica familiare<br />

<strong>di</strong>sfunzionale che si é organizzata in un fenomeno <strong>di</strong> alienazione parentale.<br />

Se quella rappresentata può essere un’ipotesi <strong>di</strong> soluzione giu<strong>di</strong>ziaria del<br />

problema costituito dall’alienazione parentale lo sforzo della società, ed in<br />

particolare della comunità forense, dovrebbe essere in<strong>di</strong>rizzato a prevenire,<br />

piuttosto che curare, tale problema favorendo un cambiamento <strong>di</strong> mentalità circa<br />

la gestione della separazione ed il modo <strong>di</strong> affrontare questo importante<br />

passaggio esistenziale.<br />

Il contenzioso familiare relativo ai rapporti genitori/figli al momento della<br />

separazione è il contesto nel quale più facilmente si annida il seme<br />

dell’alienazione parentale.<br />

Ed é quel contenzioso familiare che va evitato con tutte le risorse che abbiamo,<br />

promuovendo e proponendo tutte le opzioni che consentano ai genitori <strong>di</strong><br />

giungere all’autorità giu<strong>di</strong>ziaria solo per l’omologa <strong>di</strong> accor<strong>di</strong> e non per ottenere<br />

un provve<strong>di</strong>mento in via autoritaria sui <strong>di</strong>ritti relazionali delle parti.<br />

Me<strong>di</strong>azione familiare e Pratica Collaborativa sono due opzioni che certamente<br />

scongiurano che nell’ambito familiare si possa attuare un così grave vulnus<br />

nello sviluppo del bambino, recidendo il suo attaccamento ad uno dei due<br />

genitori, e una così grave violazione del <strong>di</strong>ritto del figlio <strong>di</strong> mantenere un<br />

rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore, <strong>di</strong> ricevere cura,<br />

educazione e istruzione da entrambi e <strong>di</strong> conservare rapporti significativi con gli<br />

ascendenti e con i parenti <strong>di</strong> ciascun ramo genitoriale, come <strong>di</strong>spone l’art. 155<br />

del nostro co<strong>di</strong>ce civile.<br />

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Mentre rimaniamo impegnati a curare la malattia dobbiamo essere attenti a<br />

prevenire il contagio e ad evitare che altri in futuro cadano malati.<br />

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