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Esercizi di analisi testuale - prof. Leonardo Sebastio

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<strong>Leonardo</strong> <strong>Sebastio</strong><br />

DALLA SCRITTURA<br />

ALLA LETTERATURA<br />

BARI 20100


SCRIVERE<br />

La scrittura è l’arte <strong>di</strong> formare caratteri dell’alfabeto d’una lingua, <strong>di</strong> combinarli, <strong>di</strong> comporne<br />

parole, tracciandoli in modo chiaro, netto, preciso, <strong>di</strong>stinto, elegante e facile; è ciò che si esegue<br />

comunemente su un foglio <strong>di</strong> carta con una penna e con l’inchiostro.<br />

Dobbiamo constatare che l’arte della scrittura viene trascurata molto. È così riprovevole scrivere<br />

male o vantarsi <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>fetto, come sarebbe una pronunzia <strong>di</strong>fettosa e vantarsene; si parla e si<br />

scrive per farsi capire. Non è affatto necessario che un bambino, sorretto da una fortunata con<strong>di</strong>zione<br />

economica, sappia scrivere come un maestro <strong>di</strong> scuola; ma chi proviene da una con<strong>di</strong>zione<br />

economica non florida e trovi modo <strong>di</strong> perfezionarsi nella scrittura, non avrebbe piena coscienza<br />

dell’importanza <strong>di</strong> questa risorsa, se la trascurasse. Per un caso in cui c’è bisogno <strong>di</strong> qualcuno che<br />

sappia <strong>di</strong>segnare, se ne verificano cento in cui c’è bisogno <strong>di</strong> qualcuno che sappia scrivere bene.<br />

Non esiste un posto fisso destinato a <strong>di</strong>segnatori, ce ne sono un’infinità per gli scrivani. Sono pochi<br />

i fanciulli ai quali si insegna il <strong>di</strong>segno: a tutti si insegna a scrivere.<br />

1º Per scrivere bisogna cominciare col possedere una penna d’oca tagliata.<br />

La penna d’oca può essere tagliata grossa o sottile a seconda della forza del carattere che ci si<br />

propone <strong>di</strong> tracciare, e a seconda della natura <strong>di</strong> questo carattere.<br />

Per le scritture rotonda, posata, grossa, me<strong>di</strong>a e piccola, la penna dev’essere <strong>di</strong>visa per un po’<br />

meno <strong>di</strong> due linee, forata all’altezza della fen<strong>di</strong>tura, e scavata sopra i due angoli che separano il<br />

taglio lungo dal becco della penna, in modo che il becco della penna abbia la lunghezza della fessura;<br />

e che lo spigolo del becco che corrisponde al pollice sia più lungo e più largo dell’altro per ogni<br />

tipo <strong>di</strong> scrittura a mano posata: la punta della penna dev’essere tagliata obliquamente ed il taglio<br />

lungo abbia il doppio della lunghezza<br />

del becco.<br />

Per la bastarda, la fen<strong>di</strong>tura<br />

dev’essere lunga due linee, o almeno<br />

più larga che per la rotonda; i lati della<br />

punta siano meno scavati; il taglio<br />

grande deve essere una volta e mezzo<br />

la lunghezza della punta, e l’estremità<br />

della punta deve essere anche tagliata<br />

obliquamente come per la rotonda.<br />

Per la corsiva grossa, me<strong>di</strong>a e<br />

piccola, e per i tratti della rotonda e<br />

della bastarda, la fen<strong>di</strong>tura deve essere<br />

lunga tre linee; i suoi lati devono<br />

essere pressoché <strong>di</strong>ritti, e gli spigoli<br />

degli angoli eguali, e il grande taglio<br />

abbia la stessa lunghezza della punta<br />

o della fen<strong>di</strong>tura.<br />

Il piccolo strumento d’acciaio <strong>di</strong><br />

cui ci si serve per tagliare la penna, si<br />

chiama temperino.<br />

2º La posizione del corpo. I maestri<br />

vogliono che il fianco sinistro<br />

sia più vicino allo scrittoio <strong>di</strong> quanto<br />

non lo sia il destro; che i gomiti cadano<br />

mollemente sulla tavola; che il<br />

peso del corpo sia tutto sostenuto dal<br />

braccio sinistro; che la gamba sinistra<br />

sia, sotto il tavolo, più in avanti della<br />

destra; che il braccio sinistro poggi<br />

completamente sullo scrittoio; che<br />

il suo gomito, in corrispondenza del<br />

bordo, sia <strong>di</strong>stanziato da corpo circa<br />

cinque <strong>di</strong>ta, che non ci siano che quat


tro o cinque <strong>di</strong>ta <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza tra il corpo ed il braccio destro; che la mano sinistra tenga fermo e<br />

<strong>di</strong>riga il foglio; che la mano destra poggi lievemente sullo scrittoio, in modo tale che ci sia uno spazio<br />

<strong>di</strong> circa un <strong>di</strong>ametro d’una penna or<strong>di</strong>naria tra l’inizio del <strong>di</strong>to mignolo e il piano della tavola, per la<br />

scrittura rotonda, e che l’intervallo sia un po’ meno per la bastarda; che la mano penda un po’ fuori<br />

per questa; e che sia un po’ più dritta per la prima; che la posizione del braccio non vari finché la<br />

<strong>di</strong>rezione del rigo non lo richieda; che delle cinque <strong>di</strong>ta le prime tre stringano la penna mentre le<br />

altre due siano ripiegate sotto la mano, e separate dalle prime tre <strong>di</strong> un mezzo <strong>di</strong>to; che il pollice<br />

sia leggermente flesso; che la sua punta sia un poco più su della fen<strong>di</strong>tura della penna; che tra la<br />

sua unghia e la penna ci sia la <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> una linea; che l’in<strong>di</strong>ce sia mollemente allungato sino alla<br />

metà dell’unghia del pollice; che l’estremità del pollice corrisponda a metà dell’unghia dell’in<strong>di</strong>ce,<br />

e lasci tra la sua unghia e la penna l’intervallo <strong>di</strong> una linea; che la penna non sia troppo inclinata,<br />

né troppo dritta; che il pugno sia posato sullo scrittoio assai leggermente, e che sia nella <strong>di</strong>rezione<br />

del braccio, senza essere ripiegato né all’interno né all’esterno.<br />

3º I movimenti. Ad essere precisi se ne <strong>di</strong>stinguono due, benché ce ne siano molti: il movimento<br />

delle <strong>di</strong>ta e quello del braccio; il primo è connesso alle lettere minuscole e ad alcune maiuscole; il<br />

secondo, alle lettere iniziali capitali, ai tratti, ai passaggi, agli svolazzi, e per la maggior parte delle<br />

maiuscole.<br />

Ho già detto che ce ne sarebbero ben <strong>di</strong> più, perché esistono circostanze che esigono movimenti<br />

coor<strong>di</strong>nati delle <strong>di</strong>ta e del pugno, delle <strong>di</strong>ta e del braccio. I primi si verificano nella scrittura <strong>di</strong> molte<br />

maiuscole; il secondo durante il tracciato delle code <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> lettere come la F e la G.<br />

4º Conoscere gli effetti della penna. Si riducono a due: i pieni e i sottili. In generale si chiama<br />

pieno tutto ciò che non è prodotto dalla sola punta della penna; sottile si chiama il segno lasciato<br />

dalla punta; la <strong>di</strong>rezione non c’entra. Sottile si <strong>di</strong>ce il tratto più esiguo che la penna può produrre;<br />

tutto ciò che non è questo segno si <strong>di</strong>ce pieno. Di qui si deduce che non esiste che un solo tratto<br />

sottile, e molti tipi <strong>di</strong> pieno.<br />

5º Distinguere le posizioni della<br />

penna. Non è possibile che le posizioni<br />

non varino all’infinito: ma l’arte li<br />

riduce a tre principali: cioè la penna <strong>di</strong><br />

faccia, o obliqua, o <strong>di</strong> traverso. Si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

faccia la penna quando allungando e<br />

piegando le <strong>di</strong>ta verticalmente produce<br />

un pieno perpen<strong>di</strong>colare che ha tutta<br />

la larghezza della punta; è chiaro che<br />

quando sia mossa orizzontalmente<br />

essa traccerà un sottile. La penna si<br />

<strong>di</strong>ce obliqua in tutte le situazioni in cui<br />

l’asta che produce è minore <strong>di</strong> quella<br />

che fa <strong>di</strong> faccia, e più marcata del sottile;<br />

è evidente allora che bisogna muoverla<br />

obliquamente per farle tracciare una<br />

linea sottile. La penna è <strong>di</strong> traverso nella<br />

situazione <strong>di</strong>ametralmente opposta a<br />

quella <strong>di</strong> faccia, cioè quando viene mossa<br />

orizzontalmente produce un segno<br />

che ha tutta la larghezza della punta;<br />

nel caso sia mossa pepen<strong>di</strong>colarmente,<br />

traccia una linea sottile.<br />

6º Applicare opportunamente le<br />

posizioni della penna. Si tiene la penna<br />

<strong>di</strong> faccia solo per alcune maiuscole o<br />

lettere terminanti con un sottile, per le<br />

minuscole come la s e la t. Così nel caso<br />

si tenga la penna <strong>di</strong> traverso. Perciò la<br />

posizione obliqua, a mezzo tra le due,<br />

che possono essere visti come i suoi<br />

limiti, è la madre <strong>di</strong> tutte le scritture.<br />

7º Scrivere. Per questo risultato<br />

6 • Dalla ſcrittura alla letteratura


isogna esercitarsi a lungo applicando gli insegnamenti a scritture ampie e larghe, prima <strong>di</strong> passare<br />

alle piccole e minute. Bisogna cominciar con i tratti più semplici ed elementari, e fermarsi solamente<br />

quando li si esegue alla perfezione; <strong>di</strong>segnare i sottili, i pieni, o aste; tracciare un sottile orizzontale<br />

da sinistra a destra, e chiuderlo con un’asta perpen<strong>di</strong>colare; tracciare un sottile orizzontale da<br />

destra a sinistra, e chiuderlo con un’asta perpen<strong>di</strong>colare; formare righe intere <strong>di</strong> sottili e <strong>di</strong> aste,<br />

<strong>di</strong>segnate alternatamente e <strong>di</strong> seguito; formare quadrati <strong>di</strong> due sottili e <strong>di</strong> due pieni paralleli tra loro;<br />

in seguito passare ai ton<strong>di</strong>, o imparare a collocare sottili e pieni; eseguire le lettere; imapare le loro<br />

forme generali, la proporzione delle loro <strong>di</strong>verse parti, i loro sottili, i loro pieni eccetera, comporre<br />

le lettere, tracciare le parole, tracciare le linee.<br />

Tutte le lettere sono rapportate alla I e alla O. […] Queste due vocali vengono chiamate lettere<br />

ra<strong>di</strong>cali […].<br />

Si <strong>di</strong>stingono molti tipi <strong>di</strong> scrittura chiamate rotonda, bastarda, legata, eccetera<br />

Dall’Encyclope<strong>di</strong>e ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, par une société de gens de lettres,<br />

Parigi, Briasson, David, Le Breton, Durand, 1751-1772, voce ecriture (Art méch.).<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 7


ANALISI TECNICA<br />

DELLA SCRITTURA<br />

DI SCRITTORI ITALIANI<br />

DALL’ 800 AL 2010


ALESSANDRO MANzONI<br />

I pROMESSI SpOSI<br />

cap. I<br />

Quel ramo del lago <strong>di</strong> Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non<br />

interrotte <strong>di</strong> monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare<br />

<strong>di</strong> quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura <strong>di</strong> fiume,<br />

tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che<br />

ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione,<br />

e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar<br />

poi nome <strong>di</strong> lago dove le rive, allontanandosi <strong>di</strong> nuovo, lascian l’acqua <strong>di</strong>stendersi<br />

e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. La costiera, formata dal deposito <strong>di</strong> tre<br />

grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto <strong>di</strong> san Martino,<br />

l’altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in<br />

vero lo fanno somigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo, purché sia<br />

<strong>di</strong> fronte, come per esempio <strong>di</strong> su le mura <strong>di</strong> Milano che guardano a settentrione,<br />

non lo <strong>di</strong>scerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli<br />

altri monti <strong>di</strong> nome più oscuro e <strong>di</strong> forma più comune. Per un buon pezzo, la<br />

costa sale con un pendìo lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli,<br />

in erte e in ispianate, secondo l’ossatura de’ due monti, e il lavoro dell’acque. Il<br />

lembo estremo, tagliato dalle foci de’ torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il<br />

resto, campi e vigne, sparse <strong>di</strong> terre, <strong>di</strong> ville, <strong>di</strong> casali; in qualche parte boschi, che si<br />

prolungano su per la montagna. Lecco, la principale <strong>di</strong> quelle terre, e che dà nome<br />

al territorio, giace poco <strong>di</strong>scosto dal ponte, alla riva del lago, anzi viene in parte a<br />

trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: un gran borgo al giorno d’oggi, e<br />

che s’incammina a <strong>di</strong>ventar città. Ai tempi in cui accaddero i fatti che pren<strong>di</strong>amo<br />

a raccontare, quel borgo, già considerabile, era anche un castello, e aveva perciò<br />

l’onore d’alloggiare un comandante, e il vantaggio <strong>di</strong> possedere una stabile guarni-<br />

Il romanzo si apre dunque con la descrizione dei luoghi: scopo è quello <strong>di</strong> fornire al lettore<br />

precise coor<strong>di</strong>nate geografiche entro le quali si svolgerà, realisticamente, l'azione. Questa poi<br />

andrà ad inserirsi in un altrettanto preciso e riconoscibile contesto storico, che ne determina<br />

in buona misura lo svolgimento: così che vicende dei personaggi e avvenimenti politici attirano<br />

in egual misura l'attenzione dello scrittore, che conoscendo le une e gli altri stabilisce rapporti<br />

causali reciproci e all’interno <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> loro. Insomma il romanzo storico racconta<br />

vicende e sentimenti così come sono determinati dalla (e determinano la) società politica e<br />

<strong>di</strong>plomatica. Il romanzo storico si proietta in un passato più o meno lontano.<br />

Lo stile. La sintassi.<br />

Il 1º periodo del romanzo è costituito da 10<br />

proposizioni: due reggenti coor<strong>di</strong>nate: 1) quel<br />

ramo... vien... a ristringersi.; 2) il ponte... par ...<br />

La 1ª reggente contiene una sola subor<strong>di</strong>nata relativa;<br />

la 2ª ne conta sette, <strong>di</strong> cui tre relative (la 2ª<br />

e la 3ª coord. tra loro), due oggettive coor<strong>di</strong>nate,<br />

una finale implicita, una locativa. Tanto nella 1ª<br />

quanto nella 2ª reggente il soggetto è seguito da<br />

una relativa (nella locativa il soggetto è <strong>di</strong>stanziato<br />

dal vb mercé una causale al gerun<strong>di</strong>o). Nella<br />

1ª, poi, a bilanciare il numero delle <strong>di</strong>pendenti,<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 11


Analisi Tecnica. Manzoni<br />

gione <strong>di</strong> soldati spagnoli, che insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del<br />

paese, accarezzavan <strong>di</strong> tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre;<br />

e, sul finir dell’estate, non mancavan mai <strong>di</strong> spandersi nelle vigne, per <strong>di</strong>radar l’uve,<br />

e alleggerire a’ conta<strong>di</strong>ni le fatiche della vendemmia. Dall’una all’altra <strong>di</strong> quelle<br />

terre, dall’alture alla riva, da un poggio all’altro, correvano, e corrono tuttavia,<br />

strade e stradette, più o men ripide, o piane; ogni tanto affondate, sepolte tra due<br />

muri, donde, alzando lo sguardo, non iscoprite che un pezzo <strong>di</strong> cielo e qualche<br />

vetta <strong>di</strong> monte; ogni tanto elevate su terrapieni aperti: e da qui la vista spazia per<br />

prospetti più o meno estesi, ma ricchi sempre e sempre qualcosa nuovi, secondo<br />

che i <strong>di</strong>versi punti piglian più o meno della vasta scena circostante, e secondo che<br />

questa o quella parte campeggia o si scorcia, spunta o sparisce a vicenda. Dove<br />

un pezzo, dove un altro, dove una lunga <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> quel vasto e variato specchio<br />

dell’acqua; <strong>di</strong> qua lago, chiuso all’estremità o piuttosto smarrito in un gruppo, in<br />

un an<strong>di</strong>rivieni <strong>di</strong> montagne, e <strong>di</strong> mano in mano più allargato tra altri monti che<br />

si spiegano, a uno a uno, allo sguardo, e che l’acqua riflette capovolti, co’ paesetti<br />

posti sulle rive; <strong>di</strong> là braccio <strong>di</strong> fiume, poi lago, poi fiume ancora, che va a perdersi<br />

in lucido serpeg giamento pur tra’ monti che l’accompagnano, degradando via via, e<br />

perdendosi quasi anch’essi nell’orizzonte. Il luogo stesso da dove contemplate que’<br />

vari spettacoli, vi fa spettacolo da ogni parte: il monte <strong>di</strong> cui passeggiate le falde, vi<br />

svolge, al <strong>di</strong> sopra, d’intorno, le sue cime e le balze, <strong>di</strong>stinte, rilevate, mutabili quasi<br />

a ogni passo, aprendosi e contornandosi in gioghi ciò che v’era sembrato prima<br />

un sol giogo, e comparendo in vetta ciò che poco innanzi vi si rappresentava sulla<br />

costa: e l’ameno, il domestico <strong>di</strong> quelle falde tempera gradevolmente il selvaggio,<br />

e orna vie più il magnifico dell’altre vedute.<br />

Per una <strong>di</strong> queste stra<strong>di</strong>cciole, tornava bel bello dalla passeggiata verso casa,<br />

sulla sera del giorno 7 novembre dell’anno 1628 don Abbon<strong>di</strong>o, curato d’una delle<br />

terre accennate <strong>di</strong> sopra: il nome <strong>di</strong> questa, nè il casato del personaggio, non si<br />

trovan nel manoscritto, nè a questo luogo nè altrove. Diceva tranquillamente il<br />

Manzoni si propone in prima persona: e lo fa pre sentandosi come narratore – I fatti che<br />

pren<strong>di</strong>amo a rac contare –; anzi, sembra segnare il passaggio dalla descrizione dei luoghi,<br />

geogra fica, a quella storica dei fatti. L’autore affronta la narra zione ricorrendo alla ironia, cioè<br />

affermando una cosa, inse gnavan la modestia, per intendere il contrario. Nello specifico l’ironia<br />

nasce dalla conoscenza che l’autore ha della storia e delle sue leggi etiche, che valuta i<br />

compor tamenti per <strong>di</strong>r così immorali degli uomini.<br />

Poi la descrizione riprende, facendo attenzione a farla apparire realistica tanto che il lettore<br />

è chiamato a parte cipare <strong>di</strong>rettamente, corrono tut tavia, non iscoprite, da dove con template,<br />

vi fa spettacolo. L’orizzonte non è più quello ampio dei monti, ma quello più limitato e vario<br />

del circondario <strong>di</strong> Lecco. L’attenzione si accentra sulle strade che percorrono la costa, su una<br />

delle quali prenderà avvio la vicenda oggetto del romanzo.<br />

tra il soggetto ed il vb sono collocate alcune<br />

incisive che rallentano l’enunciato, permettendo<br />

l’introduzione <strong>di</strong> particolari che acquistano<br />

rilievo proprio per la posizione antece dente al<br />

vb, il quale per altro, per <strong>di</strong>r così, <strong>di</strong>laga perché,<br />

<strong>di</strong> valore fraseo logico con significato durativo,<br />

regge due infiniti coord., ma logicamente consequen<br />

ziali. Lo schema sintattico della 1ª e della<br />

2ª reggente è pressoché identico: sogg., relat.,<br />

12 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

vb, espansioni del vb. Anche il secondo periodo<br />

è sintat ticamente ampio: torna la caratteristica<br />

<strong>di</strong>visione del sogg. dal vb: in questo caso è<br />

la frase implicita, risolvibile in una relativa. Ma<br />

ve<strong>di</strong> il ripetersi del <strong>di</strong>stanziamento anche nella<br />

consecutiva introdotta da talché. Qui tra il sogg.<br />

ed il vb si collocano tra l’altro una concessiva<br />

ed una relativa. Così nei perio<strong>di</strong> più brevi come<br />

il lembo estremo... è...; e dopo Lecco... giace.


Analisi Tecnica. Manzoni<br />

suo ufizio, e talvolta, tra un salmo e l’altro, chiudeva il breviario, tenendovi dentro,<br />

per segno, l’in<strong>di</strong>ce della mano destra, e, messa poi questa nell’altra <strong>di</strong>etro la<br />

schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, e buttando con un piede<br />

verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero: poi alzava il viso, e,<br />

girati oziosamente gli occhi all’intorno, li fissava alla parte d’un monte, dove la<br />

luce del sole già scomparso, scappando per i fessi del monte opposto, si <strong>di</strong>pingeva<br />

qua e là sui massi sporgenti, come a larghe e inuguali pezze <strong>di</strong> porpora. Aperto<br />

poi <strong>di</strong> nuovo il breviario, e recitato un altro squarcio, giunse a una voltata della<br />

stradetta dov’era solito d’alzar sempre gli occhi dal libro, e <strong>di</strong> guardarsi <strong>di</strong>nanzi:<br />

e così fece anche quel giorno. Dopo la voltata, la strada correva <strong>di</strong>ritta, forse un<br />

sessanta passi, e poi si <strong>di</strong>videva in due viottole, a foggia d’un ipsilon: quella a destra<br />

saliva verso il monte, e menava alla cura: l’altra scendeva nella valle fino a<br />

un torrente; e da questa parte il muro non arrivava che all’anche del passeggiero.<br />

I muri interni delle due viottole in vece <strong>di</strong> riunirsi ad angolo terminavano in un<br />

tabernacolo sul quale eran <strong>di</strong>pinte certe figure lunghe, serpeg gianti, che finivano<br />

in punta, e che, nell’intenzion dell’artista, e agli occhi degli abitanti del vicinato<br />

volevan <strong>di</strong>r fiamme; e, alternate con le fiamme, cert’altre figure da non potersi<br />

descrivere, che volevan <strong>di</strong>re anime del purgatorio: anime e fiamme a color <strong>di</strong> mattone,<br />

sur un fondo bigiognolo, con qualche scalcinatura qua e là. Il curato, voltata<br />

la stradetta, e <strong>di</strong>rizzando, com’era solito, lo sguardo al tabernacolo, vide una cosa<br />

che non s’aspettava, e che non avrebbe voluto vedere. Due uomini stavano, l’uno<br />

<strong>di</strong>rimpetto all’altro, al confluente, per <strong>di</strong>r così, delle due viottole: un <strong>di</strong> costoro, a<br />

cavalcioni sul muricciolo basso, con una gamba spenzolata al <strong>di</strong> fuori, e l’altro piede<br />

posato sul terreno della strada; il compagno, in pie<strong>di</strong>, appoggiato al muro, con le<br />

braccia incrociate sul petto. L’abito, il portamento, e quello che, dal luogo ov’era<br />

giunto il curato, si poteva <strong>di</strong>stinguer del l’aspetto, non lasciavan dubbio intorno alla<br />

lor con<strong>di</strong>zione. Avevano entrambi intorno al capo una reticella verde, che cadeva<br />

sull’omero sinistro, terminata in una gran nappa, e dalla quale usciva sulla fronte<br />

un enorme ciuffo: due lunghi mustacchi arricciati in punta: una cintura lucida <strong>di</strong><br />

cuoio, e a quella attaccate due pistole: un piccol corno ripieno <strong>di</strong> polvere, cascante<br />

sul petto, come una collana: un manico <strong>di</strong> coltellaccio che spuntava fuori d’un ta-<br />

Lo stile. La sintassi.<br />

Il primo periodo <strong>di</strong> quest’avvio <strong>di</strong> narrazione<br />

è costituito da cinque proposizioni reggenti<br />

coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong>stinte in due gruppi (le prime 3<br />

con la congiunzione e, come le ultime due). I<br />

due gruppi sono <strong>di</strong>stinti dai due punti (:) che<br />

qui non hanno la specifica funzione <strong>di</strong>chiarativa<br />

esplicativa, ma quella, più rara, <strong>di</strong> semplice<br />

scansione del periodo, le cui parti sono insieme<br />

<strong>di</strong>vise e collegate (il collegamento è qui evidente<br />

nell’avverbio temporale poi). All’interno <strong>di</strong> ogni<br />

regg. v’è almeno una subor<strong>di</strong>nata implicita<br />

espressa col participio passato o col gerun<strong>di</strong>o:<br />

tenendo, messa, guardando, buttando ecc. che<br />

arricchiscono il patrimonio delle subor<strong>di</strong>nate<br />

esplicite: la relativa che facevano, la locativa<br />

dove ... si <strong>di</strong>pingeva. Fatta eccezione per la<br />

1ª propos. (Diceva tranquillamente il suo ufizio<br />

che presenta tuttavia l’avverbio tra il vb e il<br />

complemento oggetto) nelle altre il soggetto è<br />

<strong>di</strong>stanziato dal vb con incisi solitamente verbali,<br />

che precisano, arricchendola, l’azione. Ciò conferisce<br />

alla scrittura <strong>di</strong> M. un andamento largo e<br />

piano, che mira a cogliere la complessa varietà<br />

delle vicende, degli uomini, delle cose. Il periodo<br />

successivo, pur venendo dopo un punto fermo,<br />

presenta un poi, identico a quello utilizzato nel<br />

precedente ed offre la stessa struttura sintat tica<br />

(cfr. l’uso del (:) non <strong>di</strong>chiarativo) sì da sembrarne<br />

naturale, non sintattica, prosecuzione. Nuovo<br />

è quello che inizia con Dopo la voltata, nel<br />

quale la sintassi cambia: presenta lo schema<br />

naturale <strong>di</strong> soggetto­vb­espansioni che affretta<br />

e drammatizza il racconto. Ma cfr. Il curato,<br />

voltata...in cui torna la struttura allargata del<br />

periodo. M., dunque, procede alternando una<br />

modalità all’altra.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 13


Analisi Tecnica. Manzoni<br />

schi no degli ampi e gonfi calzoni: uno spadone, con una gran guar<strong>di</strong>a traforata a<br />

lamine d’ottone, con gegnate come in cifra, forbite e lucenti: a prima vista si davano<br />

a conoscere per in<strong>di</strong>vidui della specie de’ bravi.<br />

Questa specie, ora del tutto perduta, era allora flori<strong>di</strong>ssima in Lombar<strong>di</strong>a, e già<br />

molto antica. Chi non ne avesse idea, ecco alcuni squarci autentici, che potranno<br />

darne una bastante de’ suoi caratteri principali, degli sforzi fatti per ispegnerla, e<br />

della sua dura e rigogliosa vitalità.<br />

Fino dall’otto aprile dell’anno 1583, l’Illustrissimo ed Eccellentissimo signor<br />

don Carlo d’Aragon, Principe <strong>di</strong> Castelvetrano, Duca <strong>di</strong> Terranuova, Marchese<br />

d’Avola, Conte <strong>di</strong> Burgeto, grande Ammiraglio, e gran Contestabile <strong>di</strong> Sicilia,<br />

Governatore <strong>di</strong> Milano e Capitan Generale <strong>di</strong> Sua Maestà Cattolica in Italia,<br />

pienamente informato della intollerabile miseria in che è vivuta e vive questa<br />

città <strong>di</strong> Milano, per cagione dei bravi e vagabon<strong>di</strong>, pubblica un bando contro <strong>di</strong><br />

essi. Dichiara e <strong>di</strong>ffinisce tutti coloro essere compresi in questo bando, e doversi<br />

ritenere bravi e vagabon<strong>di</strong>... i quali, essendo forestieri o del paese, non hanno<br />

esercizio alcuno, od avendolo, non lo fanno... ma, senza salario, o pur con esso,<br />

s’appoggiano a qualche cavaliere o gentiluomo, officiale o mercante... per fargli<br />

spalle e favore, o veramente, come si può presumere, per tendere insi<strong>di</strong>e ad altri …<br />

A tutti costoro or<strong>di</strong>na che, nel termine <strong>di</strong> giorni sei, abbiano a sgomberare il paese,<br />

intima la galera a’ renitenti, e dà a tutti gli ufiziali della giustizia le più stranamente<br />

ampie e indefinite facoltà, per l’esecuzione dell’or<strong>di</strong>ne. Ma, nell’anno seguente,<br />

il 12 aprile, scorgendo il detto signore, che questa Città è tuttavia piena <strong>di</strong> detti<br />

Vengono introdotti due nuovi personaggi: i bravi. M. interrompe la narra zione della fabula<br />

e si sofferma a spiegare chi fosse ro questi personaggi: per farlo ricorre a documenti che<br />

inverano, ren dendolo storico, il suo racconto; e così tracciano il quadro della so cietà italiana<br />

del Seicento. Il passaggio dalla situazione particolare a quella generale servirà a creare il<br />

continuo parallelismo tra in<strong>di</strong>viduo e società e tra in<strong>di</strong>viduo ed umanità.<br />

Vi sono altri significati in quei frammenti delle grida. Essi sono scritti in una lingua am pollosa<br />

che enfatizza la serie dei titoli nobiliari prima e le minacce <strong>di</strong> punizioni poi. Gli uni e le altre<br />

inconsi stenti ed inefficaci proporzionalmente all'enfasi. Di qui possiamo far derivare un<br />

avvertimento generale sul rapporto tra gli strumenti della lingua e della comunicazione, ed<br />

i contenuti <strong>di</strong> essa che possono essere esattamente <strong>di</strong> segno opposto alle apparenze: così<br />

lo scritto <strong>di</strong> quelle grida significa l’incapa cità e la debolezza dello scri vente. Ognuno deduca<br />

Lo stile. Il lessico.<br />

Termini come casato, ufizio, oziosamente, fessi,<br />

squarcio, confluente, omero ecc. appartengono<br />

ad un lessico che oggi noi sentiamo come<br />

letterario, come pure sentiamo letteraria la struttura<br />

del periodo manzo nia no. L’autore, invece,<br />

faceva riferimento al linguaggio me<strong>di</strong>o, parlato,<br />

che a quello letterario si opponeva: il romanzo<br />

rappresenta infatti una vera e propria rivoluzione<br />

linguistica in <strong>di</strong>rezione del popolare e del vivo.<br />

Notoriamente l’autore sottopose l’e<strong>di</strong>zione del<br />

1827 (in cui la popolarità coincideva col <strong>di</strong>aletto<br />

milanese) alla risciacquatura in Arno; ciò però<br />

non significò l’adozione <strong>di</strong> forme popolaresche<br />

come ad es. spengere per spegnere, piagnere<br />

per piangere; o delle forme dell’imperf. in<strong>di</strong>c.<br />

14 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

in -ea, alle quali preferisce quelle in -eva. I<br />

Promessi Sposi valsero anche a regolarizzare<br />

definitivamente molte forme della lingua italiana<br />

e ad in<strong>di</strong>viduare un linguaggio ’me<strong>di</strong>o’ capace<br />

<strong>di</strong> unificare la nazione appena nata. Qui non<br />

è il luogo d’illustrare meriti e peculiarità della<br />

lingua manzoniana: piuttosto andrà notato che<br />

la <strong>di</strong>stanza che oggi noi avvertiamo da essa<br />

corrisponde ad un itinerario d’impoverimento<br />

dell’italiano me<strong>di</strong>o, nel quale l’uso <strong>di</strong> vocaboli<br />

stranieri assume anche, se non sempre più,<br />

il ruolo <strong>di</strong> supplenza a termini, pur italiani, ma<br />

perduti dall’uso comune. Un recu pero, sia pur<br />

parziale, del lessico del romanzo manzoniano<br />

varrà ad arricchire <strong>di</strong> eleganza e <strong>di</strong> precisione<br />

terminologica il nostro linguaggio moderno.


Analisi Tecnica. Manzoni<br />

bravi... tornati a vivere come prima vivevano, non punto mutato il costume loro,<br />

né scemato il numero, dà fuori un’altra grida, ancor più vigorosa e notabile, nella<br />

quale, tra l’altre or<strong>di</strong>nazioni, prescrive:<br />

Che qualsivoglia persona, così <strong>di</strong> questa Città, come forestiera, che per due testimonj<br />

consterà esser tenuto, e comunemente riputato per bravo, et aver tal nome,<br />

ancorché non si verifichi aver fatto delitto alcuno... per questa sola riputazione <strong>di</strong><br />

bravo, senza altri in<strong>di</strong>zj, possa dai detti giu<strong>di</strong>ci e da ognuno <strong>di</strong> loro esser posto alla<br />

corda et al tormento, per processo informativo... et ancorché non confessi delitto<br />

alcuno, tuttavia sia mandato alla galea, per detto triennio, per la sola opinione e<br />

nome <strong>di</strong> bravo, come <strong>di</strong> sopra. Tutto ciò, e il <strong>di</strong> più che si tralascia, perché Sua<br />

Eccellenza è risoluta <strong>di</strong> voler essere obbe<strong>di</strong>ta da ognuno.<br />

All’u<strong>di</strong>r parole d’un tanto signore, così gagliarde e sicure, e accompagnate da<br />

tali or<strong>di</strong>ni, viene una gran voglia <strong>di</strong> credere che, al solo rimbombo <strong>di</strong> esse, tutti i<br />

bravi siano scomparsi per sempre. Ma la testimo nianza d’un signore non meno<br />

autorevole, né meno dotato <strong>di</strong> nomi, ci obbliga a credere tutto il contrario. » questi<br />

l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signor Juan Fernandez de Velasco, Contestabile<br />

<strong>di</strong> Castiglia, Cameriero maggiore <strong>di</strong> Sua Maestà, Duca della Città <strong>di</strong> Frias, Conte<br />

<strong>di</strong> Haro e Castelnovo, Signore della Casa <strong>di</strong> Velasco, e <strong>di</strong> quella delli sette Infanti<br />

<strong>di</strong> Lara, Governatore dello Stato <strong>di</strong> Milano, etc. Il 5 giugno dell’anno 1593, pienamente<br />

informato anche lui <strong>di</strong> quanto danno e rovine sieno... i bravi e vagabon<strong>di</strong>, e<br />

del pessimo effetto che tal sorta <strong>di</strong> gente, fa contra il ben pubblico, et in delusione<br />

della giustizia, intima loro <strong>di</strong> nuovo che, nel termine <strong>di</strong> giorni sei, abbiano a sbrattare<br />

il paese, ripetendo a un <strong>di</strong>presso le prescri zioni e le minacce medesime del suo<br />

predecessore. Il 23 maggio poi dell’anno 1598, informato, con non poco <strong>di</strong>spiacere<br />

dell’animo suo, che... ogni dì più in questa Città e Stato va crescendo il numero <strong>di</strong><br />

questi tali (bravi e vagabon<strong>di</strong>), né <strong>di</strong> loro, giorno e notte, altro si sente che ferite<br />

appostatamente date, omici<strong>di</strong>i e ruberie et ogni altra qualità <strong>di</strong> delitti, ai quali si<br />

rendono più facili, confidati essi bravi d’essere aiutati dai capi e fautori loro…<br />

prescrive <strong>di</strong> nuovo gli stessi rime<strong>di</strong>, accrescendo la dose, come s’usa nelle malattie<br />

ostinate. Ognuno dunque, conchiude poi, onninamente si guar<strong>di</strong> <strong>di</strong> contravvenire<br />

in parte alcuna alla grida presente, perché, in luogo <strong>di</strong> provare la clemenza <strong>di</strong><br />

Sua Eccellenza, proverà il rigore, e l’ira sua... essendo risoluta e determinata che<br />

questa sia l’ultima e perentoria monizione. […] Questo basta ad assicurarci che,<br />

nel tempo <strong>di</strong> cui noi trattiamo, c’era de’ bravi tuttavia.<br />

Che i due descritti <strong>di</strong> sopra stessero ivi ad aspettar qualcheduno, era cosa troppo<br />

evidente; ma quel che più <strong>di</strong>spiacque a don Abbon<strong>di</strong>o fu il dover accorgersi, per<br />

certi atti, che l’aspettato era lui. Perchè al suo apparire, coloro s’eran guardati in<br />

viso, alzando la testa, con un movimento dal quale si scorgeva che tutt’e due a<br />

ciò che crede a proposito della comuni cazione pubblica (<strong>di</strong> tutti i tempi) e non solo <strong>di</strong> quella<br />

politica.La narrazione riprende serra ta: perio<strong>di</strong> brevi con pro po sizioni legate più che <strong>di</strong>vise<br />

dal punto e virgola. E poi una serie <strong>di</strong> espressioni: a un tratto avevan detto; fu assalito a un<br />

tratto; domandò subito in fretta; fece un rapido esame. La concitazione non impe<strong>di</strong>sce la<br />

manifestazione – <strong>di</strong>remmo fulminante – dell’in tera psico logia del curato, nella quale affiora<br />

l’ironia del M.: l’esame che Abbon<strong>di</strong>o fa della sua coscienza consiste nella ricerca <strong>di</strong> un qualche<br />

peccato, sia pure involontario, contro qualche personaggio potente e prepotente, violento e<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 15


Analisi Tecnica. Manzoni<br />

un tratto avevan detto: è lui; quello che stava a cavalcioni s’era alzato, tirando la<br />

sua gamba sulla strada; l’altro s’era staccato dal muro; e tutt’e due gli s’avviavano<br />

incontro. Egli, tenendosi sempre il breviario aperto <strong>di</strong>nanzi, come se leggesse,<br />

spingeva lo sguardo in su, per ispiar le mosse <strong>di</strong> coloro; e, vedendoseli venir proprio<br />

incontro, fu assalito a un tratto da mille pensieri. Domandò subito in fretta a sè<br />

stesso, se, tra i bravi e lui, ci fosse qualche uscita <strong>di</strong> strada, a destra o a sinistra; e<br />

gli sovvenne subito <strong>di</strong> no. Fece un rapido esame, se avesse peccato contro qualche<br />

potente, contro qualche ven<strong>di</strong>cativo; ma, anche in quel turbamento, il testimonio<br />

consolante della coscienza lo rassicurava alquanto: i bravi però s’avvicinavano,<br />

guardandolo fisso. Mise l’in<strong>di</strong>ce e il me<strong>di</strong>o della mano sinistra nel collare, come<br />

per raccomodarlo; e, girando le due <strong>di</strong>ta intorno al collo, volgeva intanto la faccia<br />

all’in<strong>di</strong>etro, torcendo insieme la bocca, e guardando con la coda dell’occhio, fin<br />

dove poteva, se qualcheduno arrivasse; ma non vide nessuno. Diede un’occhiata,<br />

al <strong>di</strong> sopra del muricciolo, ne’ campi: nessuno; un’altra più modesta sulla strada<br />

<strong>di</strong>nanzi; nessuno, fuorchè i bravi. Che fare? tornare in<strong>di</strong>etro, non era a tempo:<br />

darla a gambe, era lo stesso che <strong>di</strong>re, inseguitemi, o peggio. Non potendo schivare<br />

il pericolo, vi corse incontro, perchè i momenti <strong>di</strong> quell’incertezza erano allora<br />

così penosi per lui, che non desiderava altro che d’abbreviarli. Affrettò il passo,<br />

recitò un versetto a voce più alta, compose la faccia a tutta quella quiete e ilarità<br />

che potè, fece ogni sforzo per preparare un sorriso; quando si trovò a fronte dei<br />

due galantuomini, <strong>di</strong>sse mentalmente: ci siamo; e si fermò su due pie<strong>di</strong>. « Signor<br />

curato, » <strong>di</strong>sse un <strong>di</strong> que’ due, piantandogli gli occhi in faccia.<br />

« Cosa comanda ? » rispose subito don Abbon<strong>di</strong>o, alzando i suoi dal libro, che<br />

gli restò spalancato nelle mani, come sur un leggio.<br />

« Lei ha intenzione, » proseguì l’altro, con l’atto minaccioso e iracondo <strong>di</strong> chi<br />

coglie un suo inferiore sull’intraprendere una ribalderia, « lei ha intenzione <strong>di</strong><br />

maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mon della! »<br />

« Cioè… » rispose, con voce tremolante, don Abbon<strong>di</strong>o: « cioè. Lor signori<br />

son uomini <strong>di</strong> mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero<br />

curato non c’entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi… e poi, vengon da noi, come<br />

s’anderebbe a un banco a riscotere; e noi… noi siamo i servitori del comune. »<br />

ven<strong>di</strong> cativo, al cui altare egli non avrebbe avuto dubbi a sacri ficare la propria coscienza e,<br />

quel che è peggio, i deboli e gli umili. Lo scrittore ironizza – ma è più sarcasmo –: il testimonio<br />

consolante della co scienza: la coscienza a vreb be dovuto rassicurarlo che egli non s’era<br />

messo in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> correre un qualche rischio provocando l’ira d’un potente. Per quan to<br />

ra<strong>di</strong>cale l’ironia del lo scrit tore (cfr. subito dopo i due galantuomini) è limitata nell’esten sione,<br />

passando egli alla de scrizione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> azioni che rendono chiari agli occhi del lettore<br />

il <strong>di</strong>sperante panico del curato che spera che qualcuno passi e la sua deci sione <strong>di</strong> affrontare<br />

il pe ricolo: e si fermò su due pie<strong>di</strong>.<br />

Il <strong>di</strong>alogo si svolge tra, o con, persone <strong>di</strong> basso <strong>prof</strong>ilo culturale; per <strong>di</strong> più la situa zione<br />

richiede ai bravi una comuni cazione efficace epperciò chiara: devono trasmettere una minaccia<br />

e perché questa raggiunga il suo scopo occorre che sia corro borata da informazioni<br />

inequivocabili; per cui vengono fatti i nomi e i cognomi degli sposi, anche perché appaia non<br />

suscettibile <strong>di</strong> alcun contrad<strong>di</strong>ttorio. Di qui il mes saggio essenziale e <strong>di</strong>retto del bravo: questo<br />

matrimonio non s’ha da fare. Nessun cerimo niale, nessun artificio verbale; neppure fiducia<br />

16 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Manzoni<br />

« Or bene, » gli <strong>di</strong>sse il bravo, all’orecchio, ma in tono solenne <strong>di</strong> comando,<br />

« questo matrimonio non s’ha da fare, ne domani, ne mai. »<br />

« Ma, signori miei, » replicò don Abbon<strong>di</strong>o, con la voce mansueta e gentile <strong>di</strong><br />

chi vuol persuadere un impaziente, « ma, signori miei, si degnino <strong>di</strong> mettersi ne’<br />

miei panni. Se la cosa <strong>di</strong>pendesse da me,… vedon bene che a me non me ne vien<br />

nulla in tasca… »<br />

« Orsù, » interruppe il bravo, « se la cosa avesse a decidersi a ciarle, lei ci<br />

metterebbe in sacco. Noi non ne sappiamo, nè vogliam saperne <strong>di</strong> più. Uomo<br />

avvertito… lei c’intende. »<br />

« Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragionevoli… »<br />

« Ma, » interruppe questa volta l’altro compagnone, che non aveva parlato fin<br />

allora, « ma il matrimonio non si farà, o… » e qui una buona bestemmia, « o chi lo<br />

farà non se ne pentirà, perchè non ne avrà tempo, e… » un’altra bestemmia.<br />

« Zitto, zitto, » riprese il primo oratore « il signor curato è un uomo che sa il<br />

viver del mondo; e noi siam galantuomini, che non vogliam fargli del male, purchè<br />

abbia giu<strong>di</strong>zio. Signor curato, l’illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone<br />

la riverisce caramente. »<br />

Questo nome fu, nella mente <strong>di</strong> don Abbon<strong>di</strong>o, come, nel forte d’un temporale<br />

notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in confuso gli oggetti, e<br />

accresce il terrore. Fece, come per istinto, un grand’inchino, e <strong>di</strong>sse: « se mi sapessero<br />

suggerire… ».<br />

« Oh! suggerire a lei che sa <strong>di</strong> latino ! » interruppe ancora il bravo con un riso<br />

tra lo sguaiato e il feroce. « A lei tocca. E sopra tutto, non si lasci uscir parola su<br />

questo avviso che le abbiam dato per suo bene; altrimenti… ehm… sarebbe lo stesso<br />

che fare quel tal matrimonio. Via, che vuol che si <strong>di</strong>ca in suo nome all’illustrissimo<br />

signor don Rodrigo? »<br />

« Il mio rispetto… »<br />

« Si spieghi meglio ! »<br />

« …Disposto… <strong>di</strong>sposto sempre all’ubbi<strong>di</strong>enza. » E, <strong>prof</strong>erendo queste parole,<br />

nelle parole (se la cosa dovesse decidersi a ciarle); più contano il linguaggio non verbale – quel<br />

piantargli gli occhi addosso, l’atto (si ba<strong>di</strong>: l’atto) minaccioso – e il tono della voce – il tono<br />

solenne <strong>di</strong> comando e le bestemmie –. Per contro don Abbon<strong>di</strong>o ha voce tremolante, abbonda<br />

in formule <strong>di</strong> convenienza, quasi balbet ta; è titubante nella formulazio ne sintattica, cerca una<br />

risposta sino a quella, per alcuni aspetti terribile, fanno i loro pasticci tra loro. Quest’ul tima<br />

espressione rappresenta una risposta al bravo che aveva ripetuto lei ha intenzione allo scopo<br />

<strong>di</strong> re sponsabilizzare l’ascoltatore in prima persona: egli invece scarica le responsa bilità sui<br />

giovani, pur senza l’intenzione <strong>di</strong> attribuir loro comportamenti meno che one sti (pasticcio<br />

poteva esser semplicemente quello <strong>di</strong> deci dere tra loro <strong>di</strong> sposarsi, <strong>di</strong> fissare il giorno della<br />

cerimonia – il termine torna altre due volte nel roman zo nell’accezione generica <strong>di</strong> imbroglio).<br />

Il bravo, come avviene spesso nel romanzo (e si pensi a don Ferrante), considera la lingua colta<br />

uno strumento per confondere i destinatari: il latino servirà a don Abbon<strong>di</strong>o per trovare una<br />

scusa e rimandare in<strong>di</strong>etro Renzo. D’altra parte, per il bravo, raccontare l’accaduto equivale<br />

ad un’azio ne, a celebrare cioè il matrimonio. I bravi, uomini d’azione e d’armi, non vogliono<br />

parole: perciò chiedono la risposta da dare a don Rodrigo: non capiscono la parola rispetto,<br />

vogliono l’atto <strong>di</strong> sottomissione del curato, perciò respingono il valore <strong>di</strong> complimento della<br />

sua rispo sta ed accettano quello dell’a deguamento alla volontà del loro padrone.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 17


Analisi Tecnica. Manzoni<br />

non sapeva nemmen lui se faceva una promessa o un complimento. I bravi le<br />

presero, o mostraron <strong>di</strong> prenderle nel significato più serio.<br />

« Benissimo, e buona notte, messere, » <strong>di</strong>sse l’un d’essi, in atto <strong>di</strong> partir col<br />

compagno. Don Abbon<strong>di</strong>o, che, pochi momenti prima, avrebbe dato un occhio<br />

per iscansarli, allora avrebbe voluto prolungar la conversazione e le trattative.<br />

« Signori… » cominciò, chiudendo il libro con le due mani; ma quelli, senza più<br />

dargli u<strong>di</strong>enza, presero la strada dond’era lui venuto, e s’allontanarono, cantando<br />

una canzonaccia che non voglio trascrivere. Il povero don Abbon<strong>di</strong>o rimase un<br />

momento a bocca aperta, come incantato; poi prese quella delle due stradette<br />

che conduceva a casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba dopo l’altra, che<br />

parevano aggranchiate. Come stesse <strong>di</strong> dentro, s’intenderà meglio, quando avrem<br />

detto qualche cosa del suo naturale, e de’ tempi in cui gli era toccato <strong>di</strong> vivere.<br />

Don Abbon<strong>di</strong>o (il lettore se n’è già avveduto) non era nato con un cuor <strong>di</strong> leone.<br />

Ma, fin da’ primi suoi anni, aveva dovuto comprendere che la peggior con<strong>di</strong>zione,<br />

a que’ tempi, era quella d’un animale senza artigli e senza zanne, e che pure non<br />

si sentisse incli nazione d’esser <strong>di</strong>vorato. La forza legale non proteg geva in alcun<br />

conto l’uomo tranquillo, inoff ensivo, e che non avesse altri mezzi <strong>di</strong> far paura altrui.<br />

Non già che mancassero leggi e pene contro le violenze private. Le leggi anzi<br />

<strong>di</strong>luviavano; i delitti erano enu merati, e particolareggiati, con minuta prolissità; le<br />

pene, pazzamente esorbitanti e, se non basta, aumentabili, quasi per ogni caso, ad<br />

arbitrio del legislatore stesso e <strong>di</strong> cento esecutori; le procedure, stu<strong>di</strong>ate soltanto a<br />

liberare il giu<strong>di</strong>ce da ogni cosa che potesse essergli d’impe<strong>di</strong>mento a <strong>prof</strong>erire una<br />

condanna: gli squarci che abbiam riportati delle gride contro i bravi, ne sono un<br />

piccolo, ma fedel saggio. Con tutto ciò, anzi in gran parte a cagion <strong>di</strong> ciò, quelle<br />

gride, ripubblicate e rinforzate <strong>di</strong> governo in governo, non servivano ad altro che<br />

ad attestare ampollosa mente l’impotenza de’ loro autori; o, se producevan qualche<br />

effetto imme<strong>di</strong>ato, era principalmente d’ag giunger molte vessazioni a quelle che i<br />

pacifici e i deboli già soffrivano da’ perturbatori, e d’accrescer le violenze e l’astuzia<br />

<strong>di</strong> questi. L’impunità era orga nizzata, e aveva ra<strong>di</strong>ci che le gride non toccavano,<br />

o non pote vano smovere. Tali eran gli asili, tali i pri vilegi d’alcune classi, in parte<br />

riconosciuti dalla forza legale, in parte tollerati con astioso silenzio, o impugnati<br />

con vane proteste, ma sostenuti in fatto e <strong>di</strong>fesi da quelle classi, con attività d’interesse,<br />

e con gelosia <strong>di</strong> puntiglio. Ora, quest’impunità minacciata e insultata, ma<br />

non <strong>di</strong>strutta dalle gride, doveva naturalmente, a ogni minaccia, e a ogni insulto,<br />

adoperar nuovi sforzi e nuove invenzioni, per conservarsi. Così accadeva in effetto;<br />

Benché don Abbon<strong>di</strong>o sia per sonaggio inventato, Manzoni adotta un metodo storico simile<br />

a quello che ha adoperato per i bravi e che adopererà sempre; quello che qui muta è che non<br />

allega documenti originali, bensì circostanze verosimili, ’cavate’ dai fatti reali del tempo e del<br />

luogo in cui la storia si svolge. Il verosimile deve essere un vero veduto dalla mente del l’artista<br />

e che è il prodotto, indotto dalla sua conoscenza del vero. L’autore « Fa... come chi, <strong>di</strong>segnando<br />

la pianta d’una città, ci aggiunge, in <strong>di</strong>verso colore, strade, piazze, e<strong>di</strong>fizi progettati;<br />

e col presentar <strong>di</strong>stinte dalle parti che sono, quelle che potrebbero essere, fa che si veda la<br />

ragione <strong>di</strong> pensarle riunite. La storia, <strong>di</strong>co, abbandona allora il racconto, ma per accostarsi,<br />

nella sola maniera possibile, a ciò che è lo scopo del raccon to », cioè la<br />

verità. Il carattere (inventato) del curato, che sa d’esser debole, trova conferma <strong>di</strong> verità nella<br />

situazione (storica, docu mentata) in cui versava l’ammi nistrazione della giustizia nel Seicento.<br />

18 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Manzoni<br />

e, all’apparire delle gride <strong>di</strong>rette a comprimere i violenti, questi cercavano nella<br />

loro forza reale i nuovi mezzi più opportuni, per continuare a far ciò che le gride<br />

venivano a proibire. Potevan ben esse inceppare a ogni passo, e molestare l’uomo<br />

bonario, che fosse senza forza propria e senza protezione; perché, col fine d’aver<br />

sotto la mano ogni uomo, per prevenire o per punire ogni delitto, assoggettavano<br />

ogni mossa del privato al volere arbitrario d’esecutori d’ogni genere. Ma chi, prima<br />

<strong>di</strong> commettere il delitto, aveva prese le sue misure per ricoverarsi a tempo in un<br />

convento, in un palazzo, dove i birri non avrebber mai osato metter piede; chi,<br />

senz’altre precauzioni, portava una livrea che impegnasse a <strong>di</strong>fenderlo la vanità e<br />

l’interesse d’una famiglia potente, <strong>di</strong> tutto un ceto, era libero nelle sue operazioni,<br />

e poteva ridersi <strong>di</strong> tutto quel fracasso delle gride. Di quegli stessi ch’eran deputati<br />

a farle eseguire, alcuni apparte nevano per nascita alla parte privilegiata, alcuni<br />

ne <strong>di</strong>pendevano per clientela; gli uni e gli altri, per educazione, per interesse, per<br />

consuetu<strong>di</strong>ne, per imitazione, ne avevano abbracciate le massime, e si sarebbero<br />

ben guardati dall’offenderle, per amor d’un pezzo <strong>di</strong> carta attaccato sulle cantonate.<br />

Gli uomini poi incaricati dell’esecuzione imme<strong>di</strong>ata, quando fossero stati<br />

intraprendenti come eroi, ubbi<strong>di</strong>enti come monaci, e pronti a sacrificarsi come<br />

martiri, non avrebber però potuto venirne alla fine, inferiori com’eran <strong>di</strong> numero<br />

a quelli che si trattava <strong>di</strong> sotto mettere, e con una gran probabilità d’essere abbandonati<br />

da chi, in astratto e, per così <strong>di</strong>re, in teoria, imponeva loro <strong>di</strong> operare. Ma,<br />

oltre <strong>di</strong> ciò, costoro eran generalmente de’ più abbietti e ribal<strong>di</strong> soggetti del loro<br />

tempo; l’incarico loro era tenuto a vile anche da quelli che potevano averne terrore,<br />

e il loro titolo un improperio. Era quin<strong>di</strong> ben naturale che costoro, in vece d’arrischiare,<br />

anzi <strong>di</strong> gettar la vita in un’impresa <strong>di</strong>sperata, vendessero la loro inazione,<br />

o anche la loro connivenza ai potenti, e si riservassero a esercitare la loro esecrata<br />

autorità e la forza che pure avevano, in quelle occasioni dove non c’era pericolo;<br />

nell’opprimer cioè, e nel vessare gli uomini pacifici e senza <strong>di</strong>fesa.<br />

L’uomo che vuole offendere, o che teme, ogni momento, d’essere offeso, cerca<br />

naturalmente alleati e compagni. Quin<strong>di</strong> era, in que’ tempi, portata al massimo<br />

punto la tendenza degl’in<strong>di</strong>vidui a tenersi collegati in classi, a formarne delle nuove,<br />

e a procurare ognuno la maggior potenza <strong>di</strong> quella a cui apparteneva. Il clero<br />

vegliava a sostenere e ad esten dere le sue immunità, la nobiltà i suoi privilegi, il<br />

militare le sue esenzioni. I mercanti, gli artigiani erano arrolati in maestranze e<br />

in confraternite, i giurisperiti formavano una lega, i me<strong>di</strong>ci stessi una corporazione.<br />

Ognuna <strong>di</strong> queste piccole oligarchie aveva una sua forza speciale e propria;<br />

in ognuna l’in<strong>di</strong>viduo trovava il vantaggio d’impiegar per sé, a proporzione della<br />

L’operazione ha due effetti: primo quello <strong>di</strong> dare cre<strong>di</strong>bilità al personaggio; secondo quello<br />

<strong>di</strong> rendere viva e palpitante la storia, <strong>di</strong> dare sostanza <strong>di</strong> vita, <strong>di</strong> sentimenti, <strong>di</strong> dolore alla sua<br />

essenzialità. Alla fine: <strong>di</strong> renderla artistica.<br />

Abbon<strong>di</strong>o non è il solo che si deve confrontare con la giusti zia degli uomini: in cerca <strong>di</strong> giustizia<br />

andrà Renzo quando chiederà spiegazioni del rinvio delle nozze; quando si recherà a<br />

casa d’Azzeccagarbugli; quan do aiuterà Ferrer a farsi strada tra la folla che asse<strong>di</strong>a il forno; e<br />

giustizia reclamerà all’osteria della Luna Rossa. Tal che la sua vicenda finisce per essere uno<br />

spaccato della vita italiana. A petto <strong>di</strong> Renzo sta Lucia che, invece, s’affida alla giustizia <strong>di</strong>vina,<br />

la quale, pur tra dolori e patimenti, la condurrà alla mèta. Per questa via la loro vicenda <strong>di</strong>viene<br />

emblema della vicenda più grande della storia umana sulla terra e del suo rap porto con Dio.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 19


Analisi Tecnica. Manzoni<br />

sua autorità e della sua destrezza, le forze riunite <strong>di</strong> molti. I più onesti si valevan<br />

<strong>di</strong> questo vantaggio a <strong>di</strong>fesa soltanto; gli astuti e i facinorosi ne ap<strong>prof</strong>ittavano,<br />

per condurre a termine ribalderie, alle quali i loro mezzi personali non sarebber<br />

bastati, e per assicurarsene l’impunità. Le forze però <strong>di</strong> queste varie leghe eran<br />

molto <strong>di</strong>suguali; e, nelle campagne principalmente, il nobile dovizioso e violento,<br />

con intorno uno stuolo <strong>di</strong> bravi, e una popolazione <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni avvezzi, per tra<strong>di</strong>zione<br />

famigliare, e interessati o forzati a riguardarsi quasi come sud<strong>di</strong>ti e soldati<br />

del padrone, esercitava un potere, a cui <strong>di</strong>fficilmente nessun’altra frazione <strong>di</strong> lega<br />

avrebbe ivi potuto resistere.<br />

Il nostro Abbon<strong>di</strong>o non nobile, non ricco, corag gioso ancor meno, s’era dunque<br />

accorto, prima quasi <strong>di</strong> toccar gli anni della <strong>di</strong>screzione, d’essere, in quella società,<br />

come un vaso <strong>di</strong> terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia <strong>di</strong> molti vasi <strong>di</strong> ferro.<br />

Aveva quin<strong>di</strong>, assai <strong>di</strong> buon grado, ubbi<strong>di</strong>to ai parenti, che lo vollero prete. Per <strong>di</strong>r<br />

la verità, non aveva gran fatto pensato agli obblighi e ai nobili fini del ministero<br />

al quale si de<strong>di</strong>cava: procacciarsi <strong>di</strong> che vivere con qualche agio, e mettersi in una<br />

classe riverita e forte, gli eran sembrate due ragioni più che sufficienti per una tale<br />

scelta. Ma una classe qualunque non pro tegge un in<strong>di</strong>viduo, non lo assicura, che<br />

fino a un certo segno: nessuna lo <strong>di</strong>spensa dal farsi un suo sistema particolare.<br />

Don Abbon<strong>di</strong>o, assorbito continuamente ne’ pensieri della propria quiete, non si<br />

curava <strong>di</strong> que’ vantaggi, per ottenere i quali facesse bisogno d’adoperarsi molto, o<br />

d’arrischiarsi un poco. Il suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti<br />

i contrasti, e nel cedere, in quelli che non poteva scansare. Neutralità <strong>di</strong>sarmata in<br />

tutte le guerre che scoppiavano intorno a lui, dalle contese, allora frequentissime,<br />

tra il clero e le podestà laiche, tra il militare e il civile, tra nobili e nobili, fino alle<br />

questioni tra due conta<strong>di</strong>ni, nate da una parola, e decise coi pugni, o con le coltellate.<br />

Se si trovava assolutamente costretto a prender parte tra due contendenti, stava<br />

col più forte, sempre però alla retroguar<strong>di</strong>a, e procurando <strong>di</strong> far vedere all’altro<br />

ch’egli non gli era volontariamente nemico: pareva che gli <strong>di</strong>cesse: ma perché non<br />

avete saputo esser voi il più forte? ch’io mi sarei messo dalla vostra parte. Stando<br />

alla larga da’ prepotenti, <strong>di</strong>ssimulando le loro soverchierie passeggiere e capricciose,<br />

corrispondendo con sommissioni a quelle che venissero da un’intenzione più<br />

seria e più me<strong>di</strong>tata, costringendo, a forza d’inchini e <strong>di</strong> rispetto gioviale, anche<br />

i più burberi e sdegnosi, a fargli un sorriso, quando gl’incontrava per la strada, il<br />

pover’uomo era riuscito a passare i sessant’anni, senza gran burrasche.<br />

Lo stile. L’elaborazione linguistica.<br />

Questo come un vaso <strong>di</strong> terra cotta... in compagnia<br />

<strong>di</strong> molti vasi <strong>di</strong> ferro, è una similitu<strong>di</strong>ne<br />

(che è una delle due forme in cui si presenta il<br />

paragone; l’altra è la comparazione, la quale<br />

comporta due elementi). Il suo scopo è qui<br />

esclusivamente quello <strong>di</strong> chiarire la con<strong>di</strong>zione<br />

psicologica <strong>di</strong> don Abbon <strong>di</strong>o. Al pari del caso <strong>di</strong><br />

la peggior con<strong>di</strong>zione, a que’ tempi, era quella<br />

d’un animale senza artigli e senza zanne, e<br />

che pure non si sentisse incli nazione d’esser<br />

<strong>di</strong>vorato, il paragone non aggiunge nulla al<br />

20 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

soggetto cui si riferisce: non è espansione <strong>di</strong><br />

qualcosa che è contenuto nel pre<strong>di</strong>cato cui si<br />

riferisce; ciò avviene per esempio nel caso <strong>di</strong> tu<br />

sei bella come una stella, dove stella mo<strong>di</strong>fica la<br />

qualità della bellezza già enunciata portandola al<br />

grado massimo. Il tipo <strong>di</strong> paragone chiarificatore<br />

è tipico <strong>di</strong> M. e risale alla volontà <strong>di</strong> produrre<br />

una comunicazione veri<strong>di</strong>ca, finalizzata alla<br />

comprensione <strong>di</strong> chi ascolti e legga. L’altro tipo<br />

servirà ad allargare i limiti dell’esprimibile, a<br />

sporgesi dall’orlo del conosciuto verso l’ignoto<br />

e l’inesprimibile.


CARLO DOSSI<br />

LA DESINENzA IN A<br />

aTTO TERZO ScENa pRIMa<br />

còdIcE E cuORE.<br />

Ersilia Blandamore, vèdova Agnolotti, è nel suo Sancta-Sanctòrum, fra il pizzo<br />

della pettiniera, i pie<strong>di</strong> sul caldanino. In queste gelose località, odor <strong>di</strong> pasticca<br />

stantìa, non è <strong>di</strong>ffìcile d’incontrare una vèdova, màssime se sia sull’ammuffire;<br />

anzi <strong>di</strong>rèi, che una vèdova e il suo abbigliatojo non fanno se non una cosa, come<br />

ne fanno una sola alchimista e fornello. La non s’acconcia però, il che signìfica che<br />

la si è già acconciata. Difatti, la colta negligenza del suo abbigliamento e della sua<br />

pettinatura le deve èsser costata un mucchio <strong>di</strong> tempo, <strong>di</strong> riflessioni e <strong>di</strong> spilli. Ma<br />

or finalmente respira. Per quella sera, la freschezza e bellezza <strong>di</strong> Ersilia pòssono<br />

<strong>di</strong>rsi al sicuro; e però la troviamo, quantunque ancora seduta allo specchio e alle<br />

bugìe della teletta, esaminando uno scartafaccio giallastro, tolto probabilmente<br />

da quel vicino stipo <strong>di</strong> sàndalo, uno scartafaccio sù<strong>di</strong>cio da mille <strong>di</strong>ta curiali, tutto<br />

gualcito, a graffiature, a corni, fra il testamento ed il contratto <strong>di</strong> nozze. E madama<br />

ne legge un perìodo, poi dà una occhiata a un librino che innanzi le stà, il quale<br />

(me ne rincresce per voi, fabbricatori <strong>di</strong> versi) è puramente, è prosaicamente «il<br />

Cò<strong>di</strong>ce civile» al tìtolo delle «successioni.»<br />

Ma, a quanto pare, quella lettura e il raffronto non la soddìsfano troppo. Ersilia<br />

si morde spesso le labbra, sciupàndovi un sorrisetto fresco ancor <strong>di</strong> pittura. Ella<br />

ha bel lègger col cuore; il cò<strong>di</strong>ce, oh l’incivile! non ne riecheggia il tic-tac e le dà<br />

invece risposte che sono dosi <strong>di</strong> <strong>di</strong>gitale. Vògliono che le donne non intèndano<br />

bricia agli affari. Io non <strong>di</strong>co <strong>di</strong> no per gli affari degli altri, ma, quanto ai propri...<br />

¡alla larga!<br />

Carlo A. Pisani Dossi, 1849­ 1910, fu vicino alla scapigliatura milanese, pur non con<strong>di</strong>videndone<br />

sino in fondo gli ideali letterari e politici. A <strong>di</strong>ciott’anni scrisse L’altrieri: nero su bianco<br />

in cui rievocava la felice età della infanzia in una lingua che fondeva toni aulici ed espressioni<br />

quoti<strong>di</strong>ane. La ricerca linguistica caratterizzò tutta la sua produzione, convinto com’era che<br />

dopo Manzoni e Rovani, era necessario ricercare in quella tra<strong>di</strong>zione spunti <strong>di</strong> originalità e che<br />

questa poteva consistere in una lingua in cui potessero convivere forme antiche e moderne,<br />

auliche e comuni, vocaboli desueti e neologismi. Dopo un’autobiografia, Vita <strong>di</strong> Alberto Pisani,<br />

compose un conte philosophique <strong>di</strong> contenuti politici, La colonia felice. La <strong>di</strong>ssacrazione dei<br />

luoghi comuni è il risvolto contenutistico del suo pastiche linguistico: <strong>di</strong> qui la polemica antiaristocratica,<br />

anticlericale, misogina eccetera. La desinenza in A è l’impietoso ritratto della donna<br />

nella società del secondo Ottocento. L’apparenza è <strong>di</strong> una scrittura organica strutturata non in<br />

forma <strong>di</strong> romanzo <strong>di</strong> opera teatrale in tre atti, due intermezzi ed un finale: in realtà mai il Dossi<br />

riesce ad una composizione coerente: prevalgono in lui <strong>di</strong>gressioni, riflessioni. Il vero è che<br />

protagonista delle sue opere è sempre l’autore: «Lo scrittore umorista deve me<strong>di</strong>ocremente<br />

rendere interessante l’intreccio, affinché per la smania <strong>di</strong> <strong>di</strong>vorare il libro il lettore non sorvoli<br />

a tutte quelle minute e acute osservazioni che costituiscono appunto l’humour».<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 21


Analisi Tecnica. Dossi<br />

Senonchè il cuore, che ha bisogno suo cibo, le attira a poco a poco lo sguardo a<br />

un ritratto in fotografìa il quale posa sulla teletta, e la mano, che facilmente si lascia<br />

persuadere dagli occhi, ne segue tosto la strada. Esso è il ritratto <strong>di</strong> un militare, <strong>di</strong><br />

un officiale <strong>di</strong> cavallerìa. Ersilia lo ammira innamoratamente. Di qualsisìa fucina,<br />

gli sproni han sempre dolce sonato ad un orecchio <strong>di</strong> donna, chè essi annùnciano<br />

il gallo, quel gallo che è la passione delle galline; e così amore <strong>di</strong> cavallerìa arriva<br />

prima d’amore <strong>di</strong> fanterìa per la naturale ragione che bestia con quattro gambe fà<br />

più presto cammino <strong>di</strong> bestia con sole due. Aggiungi a quell’ufficiale una nomèa <strong>di</strong><br />

duellista; e quì tu impara, o poeta, che una stoccata <strong>di</strong> ferro vale presso alle donne<br />

assài meglio del complimento più acuto; aggiùngigli un <strong>prof</strong>umo <strong>di</strong> scapestrato<br />

(cara promessa al bel sesso), <strong>di</strong> giuocatore, ed anche un tantino <strong>di</strong> birba (sinònimo<br />

tra il sesso brutto <strong>di</strong> non minchione); poi, ¡sfida la più impiombata sottana<br />

a non liquefarsi! Ma nel guardar quel ritratto, il bocchino da popa <strong>di</strong> Ersilia si<br />

raggrinzò malizioso. Intanto la mano <strong>di</strong> lei s’era messa a frugare nello stipetto,<br />

dove scorgèvansi, alla mescolata, medaglioni a capelli, lèttere sciolte e a pacchetti,<br />

scatolucce, astuccini, , e ne traeva una tabacchiera rotonda <strong>di</strong> tartaruga, che ella<br />

pulì dalla pòlvere e depose vicino all’imàgine in fotografìa. Stava sulla tabacchiera<br />

un altro ritratto <strong>di</strong> uomo, una memoria preziosa per i molti brillanti. Sarèbbesi<br />

detto il padre <strong>di</strong> lei, anzi il nonno; ¡e ne era il marito! Pur, ¡grazie al cielo! un marito<br />

col «fu.» Oh pòvero «fu» <strong>di</strong> un sor Àngiolo! ¡quale magra figura fan lì quelli<br />

spauriti tuòi stinchi, invano <strong>di</strong>ssimulati dalle prò<strong>di</strong>ghe brache, veri compagni<br />

<strong>di</strong> quel terzo bastone cui ti puntelli a mostrarti, anche in pittura, un trepiede,<br />

a confronto dei gagliar<strong>di</strong> garretti e delle dense cosce dell’ùssero! oh come le tue<br />

spallucce, sulle quali stà scritto ignobilmente lo sgobbo, pàjono rattrappite innanzi<br />

ai larghi òmeri dell’ufficiale, che pòrtano così superbi la lor fanullàggine! oh come<br />

il tuo babbio, paragonato al faccione saldo <strong>di</strong> carni, pieno <strong>di</strong> succhio e baffuto del<br />

maggiore Parisi, sembra volere celarsi, più ancor vergognoso, nel cravattone e<br />

sue vele latine, ittèrico, senza peli, asciuttìssimo... come il tabacco <strong>di</strong> cui t’hanno<br />

fatto coperchio! Il quale tabacco ben ricordava ad Ersilia il naso del fu consorte,<br />

ma questo naso, ahimè! nulla. Sul che madama, aggricciando, spinse da sè quel<br />

ricordo <strong>di</strong> maritale Siberia.<br />

E tornò al testamento. Il testamento non èrasi intenerito. Eppure ella più non<br />

potèa serbar fedeltà ad un morto, ella che non avèane al vivo, ,<br />

la non poteva più sola<br />

Il lessico<br />

Pettiniera: mobiletto per toilette <strong>di</strong> signora.<br />

Caldanino: piccolo braciere.<br />

Abbigliatojo: spogliatoio.<br />

Mucchio <strong>di</strong> tempo: il senso figurato <strong>di</strong> ’mucchio’<br />

è anche in Manzoni.<br />

Elementi <strong>di</strong> stile<br />

Nel 2º pd la struttura sintattica è spezzata da<br />

quell’inciso, odor <strong>di</strong> pasticca stantìa, che riposta<br />

imme<strong>di</strong>atamente una sensazione dello scrittore,<br />

irrelata alla <strong>di</strong>egesi intrapresa. Di fatto lo scrittore<br />

si pone <strong>di</strong> fronte al suo personaggio come<br />

se questo fosse fuori si sé, e lo esamina ne<br />

22 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

scopre da in<strong>di</strong>zi pensieri ed atteggiamenti che<br />

non conosce a priori come avviene in Manzoni.<br />

D. enfatizza quest’atteggiamento quando, utilizzando<br />

un linguaggio colloquiale e <strong>di</strong>alettale,<br />

registra che la signora Ersilia non sta acconciandosi:<br />

i l c h e s i g n ì f i c a che la si è già<br />

acconciata. D i f a t t i ... E, subito dopo in questo<br />

medesimo cpv: e però la troviamo; e ancora:<br />

tolto probabilmente; e ancora: Ma, a quanto pare,<br />

quella lettura e il raffronto non la soddìsfano<br />

troppo. A ciò s’aggiunga l’allocuzione ai poeti,<br />

e a quei lettori che avrebbero preferito un’Ersilia<br />

più romanticamente atteggiata: me ne rincresce<br />

per voi, fabbricatori <strong>di</strong> versi: allocuzione questa


Analisi Tecnica. Dossi<br />

coricarsi in un letto che suo marito medèsimo avèa fatto costrurre per due. Benchè<br />

<strong>di</strong> cinigia cosparsi, i carboni del cuore <strong>di</strong> lei non èrano estinti. Ella era ancor bella,<br />

ancora piacente – e volse gli occhi allo specchio. Ma contentìssima non ne sembrò,<br />

dello specchio s’intende. Oh brutti specchi del giorno, non più fedeli come quelli<br />

<strong>di</strong> un tempo! Poichè madama indugiava su quel terrìbil confine che stà fra il vino<br />

e l’aceto, fra lo scettro e la scopa, fra il concèdere e il chièdere, il quale costa a una<br />

donna più indecisioni, più grattacapi che non costasse al gran Giulio il passaggio<br />

del Rubicone. Ed era un pezzo che Ersilia non festeggiava il suo compleanno, e<br />

già da cinque anni gliene mancava sempre uno a toccare que’ benedetti quaranta.<br />

Invano la onesta miseria si recideva per lei le sue trecce più nere; invano i baràttoli<br />

moltiplicàvansele attorno. Intònaco nuovo non rinnova la casa; paralumi e velette<br />

non ci nascòndono al tempo. Era un piattino che cominciava a putire, e però gli<br />

occorreva <strong>di</strong> bolognarsi-via alla svelta, pena la fogna; era una rosa in semenza, una<br />

bellezza tarmata e invocante... – e quì Ersilia rifisse lo sguardo pien d’adulterio<br />

e coheuil sur il ritratto dell’officiale, mentre <strong>di</strong>sotto la vèloutine le vampeggiava la<br />

guancia – invocante i mozziconi <strong>di</strong> sìgaro e il pepe.<br />

Oh il primo amore pàlpita bene, ma quanto più l’ùltimo! Delle sole due volte<br />

in cui si ama davvero, l’una all’A della vita, l’altra alla Zeta, se il primo amore può<br />

<strong>di</strong>rsi il para<strong>di</strong>so <strong>di</strong> Adamo, cioè dell’inscienza, l’altro lo è della scienza; è il para<strong>di</strong>so<br />

<strong>di</strong> Epicuro e Gorini. In quello infatti, l’età, l’istinto, l’imperioso bisogno <strong>di</strong> èssere<br />

buoni specialmente con uno, ci fanno gridare il «trovài» al primo non inamàbile<br />

oggetto <strong>di</strong> desinenza <strong>di</strong>versa nel qual ci scontriamo; àmasi allora il pan <strong>di</strong> tritello<br />

perchè l’appetito infie risce, nè ancor si conobbe il pan <strong>di</strong> frumento; e, quali ignari<br />

della Brianza e dei laghi, si và felici in campagna a Precotto; come si legge con<br />

entusiasmo il d’Azeglio imprevedendo Rovani e si suona Gounod insospettando<br />

Rossini. Nell’altro invece il gusto iscaltrì; si pônno fare confronti, si sceglie, e della<br />

scelta si sà godere; non c’è paura <strong>di</strong> rovesciare il bicchiere prima d’averlo alle<br />

volta parentetica, ma non per questo meno<br />

incisiva vuoi sotto il <strong>prof</strong>ilo dell’andamento del<br />

pd, vuoi sotto quello contenutistico e storico (e<br />

si veda quel polemico fabbricatori <strong>di</strong> versi che<br />

riduce i poeti (del suo tempo) a manovali della<br />

parola. A questo tipo <strong>di</strong> scrittura emotiva – nel<br />

senso che lo scrittore si pone in primo piano<br />

con le sue emozioni – corrisponde una sintassi<br />

che preferisce da un lato il periodare breve<br />

dall’altro il capoverso largo: il periodo infatti<br />

<strong>di</strong>fficilmente presenta più <strong>di</strong> due subor<strong>di</strong>nate;<br />

mentre più frequenti sono le coor<strong>di</strong>nate. Il 1º<br />

cpv è significativo. Nel suo 1º pd viene presentata<br />

la protagonista: solo nome cognome stato<br />

civile e dove si trova. Non la descrizione della<br />

donna sembra interessare D., ma la stanza:<br />

l’anastrofe del compl. <strong>di</strong> luogo nel 2º pd è il<br />

presupposto sintattico <strong>di</strong> una modalità narrativa<br />

teorizzata subito dopo, secondo la quale è<br />

possibile descrivere un personaggio partendo<br />

dagli oggetti che lo circondano. Tal che il pizzo<br />

della pettiniera, il caldanino, l’odore <strong>di</strong> pasticca<br />

stantìa, tratteggiano la figura <strong>di</strong> una donna dai<br />

gusti un po’ retrò, <strong>di</strong> una certa età (ha bisogno<br />

<strong>di</strong> scaldarsi i pie<strong>di</strong> !), parsimoniosa, se conserva,<br />

sino a farle <strong>di</strong>ventare stantie le pasticche. Il<br />

parallelismo oggetti­persone autorizza, poi l’uso<br />

del traslato ammuffita. Il 3º periodo brevissimo<br />

(una principale ed una relativa) pone l’accento<br />

sul movimento fisico della persona (si morde<br />

spesso le labbra): dai suoi atti D. deduce, o<br />

finge <strong>di</strong> dedurre; ché si tratta d’una riflessione<br />

ironica: fondamentalmente tautologica quando<br />

si <strong>di</strong>a per scontata, come lo è, la propensione<br />

femminile al trucco, che qui porge il destro alla<br />

misoginia d. – e si veda la beffarda <strong>di</strong>ttologia<br />

freschezza e bellezza in contrapposizione ad<br />

ammuffita–.<br />

Così agghindata Ersilia ha tra mani uno scartafaccio:<br />

ed ancora una volta l’attenzione del D.<br />

si volge al l’o ggetto: uno scartafaccio giallastro,<br />

..., uno scartafaccio sù<strong>di</strong>cio da mille <strong>di</strong>ta curiali,<br />

tutto gualcito, a graffiature, a corni, fra il testamento<br />

ed il contratto <strong>di</strong> nozze. Da un lato lo<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 23


Analisi Tecnica. Dossi<br />

labbra, ma senza spànderne goccia lo si centella – con calma, con eru<strong>di</strong>zione. Il<br />

primo amore ci apre insomma una via; l’ùltimo ce la chiude; il primo sottintende<br />

un secondo, l’ùltimo... nulla. Ed è perciò che ci attacchiamo a quest’ùltimo come<br />

alla tàvola estrema il naufrago.<br />

Dai quali pensieri agitata, madama si alzò e si <strong>di</strong>e’ a passeggiare.<br />

Apparve alla gialla portiera la bianca cuffietta ed il rosato visino <strong>di</strong> una servuccia<br />

annunziante: «il maggiore Parisi.»<br />

Ersilia tremò, benchè l’aspettasse. Infatti i trè giorni <strong>di</strong> tregua èran spirati. Il<br />

maggiore veniva per la risposta. Si trattava, pensate, <strong>di</strong> una mano e <strong>di</strong> un cuore e<br />

tutta lei <strong>di</strong>cèa «sì.» Ma il testamento rumoreggiava «no e no.» Avèa saputo il defunto<br />

perpetuare la <strong>di</strong> lui gelosìa. Da <strong>di</strong>eci anni lo mangiava la terra e non<strong>di</strong>meno<br />

la vèdova se lo sentiva, qual cataplasma, notte e dì sullo stòmaco.<br />

¿Che mai rispòndere dunque? A ventimila lire <strong>di</strong> rèd<strong>di</strong>to si valutava la <strong>di</strong> lei<br />

fedeltà: ¿valèvane forse altrettante Azzolino? Ahimè! (e sospirò) ¿Ebbene? ¿non si<br />

poteva proprio transìgere? ¿non sarebbe bastato al suo vedovile prurito il possesso<br />

d’un cuore? ¿non basterebbe al maggiore? e madama, sostando alla pettiniera, si<br />

rinfrescò col pennello un sorriso che una làgrima d’ira le avèa rapito.<br />

«¿E gli <strong>di</strong>co?» <strong>di</strong>mandò la servetta.<br />

scartafaccio svolge una funzione antifrastica alla<br />

bellezza che la donna ha preservato; dall’altro<br />

si <strong>di</strong>spone sul piano degli oggetti ’vecchi’, ’ammuffiti’<br />

che la connotano. Di qualche interesse<br />

è l’accumulazione in questo pd: lo scrittore<br />

accumula connotazioni dello scartafaccio, ma<br />

non utilizza la stessa formula o il medesimo<br />

elemento morfologico. La variazione avviene<br />

anche passando semplicemente da un campo<br />

semantico all’altro come avviene in: deve èsser<br />

costata un mucchio <strong>di</strong> tempo, <strong>di</strong> riflessioni e<br />

<strong>di</strong> spilli. Un’ultima notazione meritano alcune<br />

callidae iuncturae: come gelose località dove<br />

località sta per stanza; e gelose ha valore passivo,<br />

<strong>di</strong> tenute gelosamente, inaccessibili. Come<br />

l’ossimoro colta negligenza; l’ambiguità carica<br />

d’ironia <strong>di</strong> bugìe della teletta che può avere il<br />

significato <strong>di</strong> portacandele della toeletta, e <strong>di</strong><br />

toeletta che serve a mentire sulla reale bellezza<br />

della donna.<br />

Il 2º cpv presenta un a quanto pare, che permette<br />

a D. <strong>di</strong> sottolineare la sua <strong>di</strong>stanza dal<br />

personaggio, che è sotto osservazione, non<br />

scientifica, certo ironica se <strong>di</strong>ssacra una locuzione<br />

passata in uso comune, sorrisetto fresco,<br />

corretto con ancor <strong>di</strong> pittura. Non meno ironico<br />

è il lègger col cuore abbinato al co<strong>di</strong>ce, che però<br />

non ricambia l’intenzione d’Ersilia. E l’esclamazione,<br />

oh l’incivile !, giocata sull’equivoco co<strong>di</strong>ce<br />

civile­incivile.<br />

Il lessico. Tra lingua letteraria, <strong>di</strong>aletti e<br />

altre lingue<br />

Bricia: dall’emiliano brisa, sta per briciola.<br />

24 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Babbio: lombar<strong>di</strong>smo per volto.<br />

Piattino: vivanda.<br />

Bolognarsi-via: lombar<strong>di</strong>smo per sbarazzarsi:<br />

Ersilia doveva sbarazzarsi si sé stessa, dandosi<br />

a qualcuno.<br />

Coheuil: una specie <strong>di</strong> Rimmel.<br />

Véloutine: cipria.<br />

Lo stile<br />

La trama del racconto è, ben si vede, veramente<br />

esile: sulle poche e semplici azioni della<br />

protagonista D. tesse una più ampia trama <strong>di</strong><br />

sue riflessioni sul tipo <strong>di</strong> donna rappresentato<br />

da Ersilia: è un <strong>di</strong>alogo continuo che lo scrittore<br />

instaura con il lettore, del quale si richiede<br />

la partecipazione e la complicità (aggiungi ...<br />

aggiungigli... sfida... pensate): scrittore e lettore<br />

osservano, analizzano Ersilia, meglio: gli oggetti<br />

che le vengono in mano, indovinano le reazioni<br />

della donna. In questo <strong>di</strong>alogo prevalgono le<br />

modalità del linguaggio parlato: esclamazioni<br />

(¡grazie al cielo!... ahimè!...), allusioni (quel gallo<br />

che è la passione delle galline), calembour (...<br />

memoria preziosa per i molti brillanti); sino alle<br />

allocuzioni <strong>di</strong>rette ed esplicite: e quì tu impara, o<br />

poeta, che una stoccata <strong>di</strong> ferro vale presso alle<br />

donne assài meglio del complimento più acuto;<br />

dove poeta sta per lettore romantico. Ed ancora<br />

la battuta polemica: i larghi òmeri dell’ufficiale,<br />

che pòrtano così superbi la lor fanullàggine! –<br />

la qual battuta allinea un vocabolo raro come<br />

fanullàggine, scempiato della n, al <strong>di</strong>alettismo<br />

babbio –. Tuttavia sarebbe un errore pensare<br />

che la scrittura d. sia riproduzione del parlato


Analisi Tecnica. Dossi<br />

«Vengo.»<br />

La cameriera fe’ per andàrsene.<br />

«¡Stà!» <strong>di</strong>sse Ersilia cacciando rinfusamente e cò<strong>di</strong>ce e tabacchiera e carte legali<br />

nello scrignetto, che serrò a chiave. «Vojaltri andate pure a dormire. Dovete èssere<br />

stanchi. Il maggiore ha molti affari con mè... Chiuderò io la porta...»<br />

Richiese la cameriera con un ghignuzzo:«E pel scaldaletto?»<br />

Ma Ersilia, cristianamente:«Scuso senza stasera.»<br />

(ciò avviene semmai nei <strong>di</strong>aloghi) l’operazione<br />

<strong>di</strong> D. è proposta <strong>di</strong> una modalità alternativa alla<br />

manzoniana (o com’egli <strong>di</strong>ceva in prosecuzione<br />

ed esaurimento del manzonismo). Ciò che ne<br />

I promessi era allocuzione al lettore o <strong>di</strong>screta<br />

richiesta <strong>di</strong> complicità e partecipazione, qui si fa<br />

colloquio continuo, familiarità (col lettore colto):<br />

è che D. s’affianca al lettore e con lui parla del<br />

personaggio e della storia narrata. Dunque la<br />

sua resta un’operazione letteraria e colta. Si<br />

veda E tornò al testamento: qui son recupera ti<br />

mo<strong>di</strong> e detti popolari, intònaco nuovo non rinnova<br />

la casa, oppure, piattino che cominciava<br />

a putire; ma anche espressioni più colte come<br />

più grattacapi che non costasse al gran Giulio il<br />

passaggio del Rubicone (e più giù la menzione<br />

<strong>di</strong> Gorini, d’Azeglio, Rovani, Gounod, Rossini),<br />

o più auliche del tipo: benchè <strong>di</strong> ci nigia cosparsi<br />

i carboni del cuore <strong>di</strong> lei non erano estinti. Conta<br />

non solo e non tanto il variare del registro<br />

linguistico, quanto <strong>di</strong> quello espressivo: un pd<br />

come quello testé riportato, benchè <strong>di</strong> cinigia ...<br />

è semplicemente <strong>di</strong>egetico; dei due successivi<br />

assai peculiare è Ella era ancor bella... – e volse<br />

gli occhi allo specchio, dove la prima parte ha<br />

un andamento narrativo, la seconda parte, introdotta<br />

dall’e consecutivo, suggerisce l’idea che<br />

si tratta d’un frammento <strong>di</strong> flusso <strong>di</strong> coscienza.<br />

Non meno interessante è Ma contentìssima...<br />

dove l’inciso dello specchio s’intende, è precisazione<br />

ironica, che ammicca ad una complice<br />

misoginia: è scherzo che si prolunga nel pd<br />

seguente, <strong>di</strong> gusto aforismatico. Di lì a poco<br />

ecco inattesa una riflessione sociale: Invano la<br />

onesta miseria si recideva per lei le sue trecce<br />

più nere. A sua volta seguita da Oh il primo<br />

amore..., una <strong>di</strong>gressione sull’amore, il primo e<br />

gli altri. Lunga e fuor <strong>di</strong> luogo per il contenuto:<br />

ma fantasmagoria <strong>di</strong> metafore: straor<strong>di</strong>naria<br />

prova letteraria, <strong>di</strong> un qualche gusto barocco<br />

spesso affiorante: e cfr fra il vino e l’aceto, fra lo<br />

scettro e la scopa, fra il concedere e il chièdere.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 25


Analisi Tecnica. Dossi<br />

C’era una volta un signor Zèfiro Virgoletti. Egli era un omino <strong>di</strong> quelli, tutto<br />

elasticità e tutto pepe, nati a confòndere il fìsico assioma che «dal nulla vien nulla»,<br />

<strong>di</strong> quelli, che, cominciata la loro carriera arrampicàndosi <strong>di</strong>etro i calessi, rièscono<br />

a terminarla sdrajàtivi entro comodamente. E in verità, Virgoletti possedèa con<br />

abbondanza gl’in<strong>di</strong>spensàbili requisiti per fare una principale figura nel mondo<br />

– doppio pel sullo stòmaco e doppio bronzo sul viso. E già avèa, a quell’ora, esercitato<br />

ogni sorta <strong>di</strong> «mestieri leggeri», dal giornalista al cantante, dal ven<strong>di</strong>lùcido<br />

al can<strong>di</strong>dato polìtico, , avèa già fatto il maestro <strong>di</strong> quanto non conosceva neppure<br />

<strong>di</strong> vista e l’inventore d’ogni introvàbile cosa, fatto l’autore <strong>di</strong> òpere in mente Dei<br />

e il presidente <strong>di</strong> Società non ancor concepite, fatto il dottore della magnetizzata<br />

e l’emigrato e il ferito «per la patria contrada», e così avèa, per lire cinquanta,<br />

giurato in Lutero affine <strong>di</strong> rigiurare per cinquantuna nel papa; scritto quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

ascètica e negoziato <strong>di</strong> bambagina; cucito libri pel popolino sul modello-Cantù e<br />

offèrtogli insieme quel terno che per lui non sortiva; barato poi, composto bàlsami<br />

e aque per ogni classe <strong>di</strong> gonzi, cavato un dente per l’altro, ,<br />

compilando progetti a<br />

estinzione dei pùbblici dèbiti (e ciò mentr’era, per i privati, in catorbia) e fondando<br />

accademie <strong>di</strong> letterari e scientìfici scrocchi o banche predestinate a fallimenti<br />

lucrosi. ¡Ma ecchè! La stella della <strong>di</strong>sdetta brillàvagli immota sul capo. Vane le<br />

trappolerìe, vana la parlantina, la sfrontatezza, la insufficienza (che è tutto <strong>di</strong>re),<br />

egli, sul buono d’ogni intrapresa, si addava <strong>di</strong> trarre il fil senza groppo, <strong>di</strong> sparar<br />

senza palla, per cui raggiunti i trent’anni e sol trovàndosi in costa un appetito da<br />

eròe, avèa finalmente compreso che una fortuna, se non la scopriva già bell’e fatta,<br />

per conto suo non ne farebbe mai più.<br />

E così c’era una volta – appunto la volta del signor Virgoletti – una donna sul<br />

fiore della vecchiaja, che si chiamava la signora Savina Brembati. Vegetava costèi<br />

in Lomellina, tra i suòi fumìferi letamài, le sue stalle <strong>di</strong> vacche, le sue formaggerìe,<br />

inconscia siccome un pòlipo, vèrgine come... – non ci ha paragone. Ella era una<br />

montagna <strong>di</strong> grascia; un pud<strong>di</strong>ngo dï butiro e <strong>di</strong> manzo, e, perchè zoppa un tantino,<br />

godèa del sopranome <strong>di</strong> «<strong>di</strong>ligenza Franchetti senza una ruota.» Sulle poppe <strong>di</strong> lei si<br />

26 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

CARLO DOSSI<br />

INcENdIO dI lEgNa vEcchIa.<br />

La novella si apre con la descrizione dei personaggi. A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quella analizzata in precedenza<br />

qui le descrizioni hanno taglio psicologico o fisico­psicologico. Naturalmente ciò non<br />

vuol <strong>di</strong>re che D. recuperi modalità più tra<strong>di</strong>zionali, senza alcun intervento <strong>di</strong> innovazione e/o <strong>di</strong><br />

deformazione. E l’intervento è eminentemente linguistico, ma non esclusivamente, ché, anzi, la<br />

componente ironica e beffarda offre motivazioni e movenze ad una lingua straor<strong>di</strong>nariamente<br />

ricca <strong>di</strong> invenzione, capace <strong>di</strong> riutilizzare le più trite forme proverbiali. A cominciare da quel<br />

doppio pel sullo stòmaco e doppio bronzo sul viso, che innova grazie all’aggettivo ripetuto un<br />

modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re assai comune. L’intonazione ironica <strong>di</strong>viene satira sociale nel pd successivo dove<br />

l’enumerazione dei «mestieri leggeri», anticipazione <strong>di</strong> Gadda, allinea il ven<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> lucido ed il<br />

can<strong>di</strong>dato politico; o quando per stigmatizzare la facilità <strong>di</strong> cambiare ban<strong>di</strong>era viene riproposto il<br />

detto <strong>di</strong> ’giurare a Lutero e al Papa’; o ancora quando si contrabbanda per patriota ferito (come<br />

il gad<strong>di</strong>ano postino <strong>di</strong> Maragadàl). Oppure si fa satira letteraria se l’intraprendente Zèfiro cuce<br />

libri pel popolino sul modello­Cantù con la stessa facilità con cui dà numeri per il lotto. È che il<br />

protagonista è l’espressione <strong>di</strong> quella classe <strong>di</strong> piccoli affaristi che ponevano in atto ogni tipo


Analisi Tecnica. Dossi<br />

sarebbero accomodati agiatamente due gatti; per abbracciarla del tutto bisognava<br />

èssere in due. ¡Buona poi, vi sò <strong>di</strong>re! Stava in mezzo a cinquemila pèrtiche <strong>di</strong> marcita<br />

tutte sue e si contentava. Nelle dò<strong>di</strong>ci ore che la dormiva giù e nelle dò<strong>di</strong>ci dormite<br />

sù, non un pensiero in jattura del pròssimo. Anzi, la tenerella usciva dalla cucina<br />

ogniqualvolta vi si sgozzava un pollastro, raccomandando però <strong>di</strong> non buttarne<br />

via il sangue, e se vedèa un ragno, ¡Dio guar<strong>di</strong> toccarlo! ¡pòvera bestia! – chiamava<br />

tosto la serva con la ciabatta. E mensilmente faceva la sua carità della «svànzica»<br />

nella cassetta del sagrestano, e quando sentiva che qualche colono era caduto<br />

ammalato, recàvasi personalmente a vedere... se ciò fosse vero, purchè egli stesse a<br />

terreno, chè la <strong>di</strong> lei carità non saliva le scale. Russava poi la santa sua messa ogni<br />

domènica, mangiando devotamente a Natale il panettone, ostie a Pasqua e ova<br />

sode, rèquiem ai Morti e tempia, rosario a Ognissanti e castagne, e <strong>di</strong>giunando<br />

nelle feste <strong>di</strong> magro gàmberi e trote. Intorno a lei tutto ingrassava. Era lardo che<br />

respiràvano i pori. Fanny, la sua cagnina <strong>di</strong> grembo, dovèa spellarsi, camminando,<br />

la pancia. Capponi, oche e tacchini, buòi, giovenche e majali, parèano, per la pinguè<strong>di</strong>ne,<br />

bestie non mai vedute, , facèano quasi, più che appetito, paura. D’amore,<br />

già, non si parla. Troppa ciccia ovattava quel cuore per èssere leso da un dardo;<br />

¡eppòi l’amore è sì incòmodo! «Chi men ride, men piange,» <strong>di</strong>cèa lei. Ùnico vuoto<br />

che la signora Savina sentisse, era quello del ventre, ,<br />

zêppo il ventre, non pensava che<br />

al letto, ma non al letto <strong>di</strong> chi non vuol riposare, a un letto invece tutto mollezze,<br />

senza rimorsi e prurito, senza desìi, senza sogni, tranne qualcuno <strong>di</strong> lotto. Infatti<br />

il lotto era la sola emozione che la signora Savina si permettesse settimanalmente.<br />

E ben lo sanno que’ trè galabroni impuntigliàtisi a fare la corte alla sua uva e a<br />

<strong>di</strong>sputarsi quelle cinquemila pèrtiche <strong>di</strong> cuore, al primo de’ quali, cioè il dottore<br />

Semenza, un terrìbil barbone dalla voce in falsetto, ella fe’ <strong>di</strong>re che la smettesse con<br />

le serenate, perchè la notte fu fatta, non per sonar ma dormire, minacciàndolo, se<br />

seguitava, <strong>di</strong> rinfrescargli la testa con qualche cosa <strong>di</strong> meno innocente dell’aqua,<br />

mentre al secondo, che era il maestro Giglioli dalla schiena a D e dalle gambucce a<br />

X, osservò sur il muso, che lei non amava un bel niente quella poètica confidenza<br />

<strong>di</strong> intrapresa, sorretti da un’innegabile genialità, ma non da una simile onestà e preparazione<br />

(e come non scorgere la fervida attività della borghesia post­unitaria nelle banche che vanno<br />

<strong>di</strong> proposito in lucrosi fallimenti, o che danno vita ad accademie e circoli scientifici al fine <strong>di</strong><br />

conquistarsi un posto <strong>di</strong> potere): ché sempre e comunque ogni nuova impresa fa conto sulla<br />

dabbenaggine degli altri. È ancora l’enumerazione, all’apparenza caotica (ma proprio nel<br />

caos si fa satira politica e sociale), lo strumento <strong>di</strong> questo ritratto in forme variate, secondo<br />

un modello che s’è già visto in precedenza, come in vane le trappolerìe, vana la parlantina,<br />

la sfrontatezza, la insufficienza (che è tutto <strong>di</strong>re) che presenta solo per i primi due elementi<br />

l’anafora dell’aggettivo ’vano’; e per l’ultimo il rafforzamento (beffardo) dell’inciso. E subito<br />

dopo il raddoppiamento dei due mo<strong>di</strong> d’in<strong>di</strong>care l’inutilità dell’azione.<br />

Lo stile<br />

La descrizione <strong>di</strong> Savina Brembati si apre con<br />

la ripetizione della formula c’era una volta, rafforzata<br />

dall’e così, che stabilisce continuità del<br />

tono aneddotico, o meglio da apologo.<br />

Di grande efficacia il vegetava costei, vuoi per la<br />

scelta del verbo che in<strong>di</strong>ca l’assenza d’ogni vita<br />

spirituale nella donna sod<strong>di</strong>sfatta della ricchezza<br />

che le deriva dalla sua terra, vuoi per l’anastrofe<br />

del vb rispetto al sogg che conferisce un’andamente<br />

grave e gravemente ritmato dall’anafora<br />

del possessivo prima; e dalla ripetizione delle<br />

comparazioni dopo, la seconda delle quali sembra<br />

sfuggire dalle mani dello scrittore che non<br />

sa portarla a termine: e che dunque D.; vuol far<br />

apparire suggerita proprio dal ritmo del periodo.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 27


Analisi Tecnica. Dossi<br />

<strong>di</strong> dar del «tù» nei sonetti, e che del resto non si credesse <strong>di</strong> giulebbarla con que’<br />

nomi <strong>di</strong> Ninfa, <strong>di</strong> Madonna e <strong>di</strong> Àngelo, finchè tenesse nella fascietta un àgnus <strong>di</strong><br />

religione e una stadera in casa; e, quanto al terzo aspirante, sotto le ver<strong>di</strong> sembianze<br />

del patentato avvelenator del villaggio, il quale filava l’amore col viso <strong>di</strong> chi subisce<br />

un clistero e sospirava com’un’armònica frusta dalla minestra al caffè, non volle<br />

averlo più a pranzo, <strong>di</strong>cendo che le impauriva la fame.<br />

Ebbene – signori mièi – fu proprio in giro <strong>di</strong> cotesta fortezza, a quanto sembrava<br />

imprendìbile, che il signor Virgoletti, grattàtosi le sette volte il suo inventivo<br />

cotogno, aperse le parallele e le artiglierìe puntò.<br />

Era la primavera. ¿Vorreste una descrizione? Ne ho mille. Costa poco grandeggiar<br />

dell’altrùi... Ver nòvum: ver jam canòrum; vere nàtus est òrbis – vere concòrdant<br />

amòres; vere nùbunt àlites... – (e, seguitando, il mio nuovo lunario:) «consolàtevi,<br />

sentinelle e innamorati, i quali fate la guar<strong>di</strong>a a voi stessi, consumando stolidamente<br />

le suola sotto griglie che non si vògliono o sotto inferriate che non si pòssono<br />

aprire, il tempo dei raffreddori è passato; e consolàtevi, avari, che passò insieme il<br />

perìcolo <strong>di</strong> sciupar la pezzuola. Consolàtevi, vecchi, chè la scappaste pur bella; e<br />

voi, pavoncelle, chè potete <strong>di</strong> nuovo andar passeggiando le vostre penne alla moda.<br />

Consolàtevi, bimbi, le maggiostre rossèggiano, mentre per voi, bambinaje, rinverdìscon<br />

le allèe cogli annessi sergenti. E consolàtevi, osti fuori <strong>di</strong> porta, ricàcciano<br />

Il pd successivo vede il confluire <strong>di</strong> lemmi romaneschi<br />

(grascia), lombar<strong>di</strong> (butiro), <strong>di</strong> anglismi<br />

(pud<strong>di</strong>ngo) e <strong>di</strong> un riferimento colto, politico<br />

(alla inchiesta Franchetti che rilevava tra l’altro<br />

la pessima con<strong>di</strong>zione dei trasporti in Sicilia).<br />

Come nel precedente cpv le esclamazioni ricreano<br />

l’atmosfera del colloquio dello scrittore col<br />

lettore, del quale chiede la complice comprensione<br />

dell’ironia che si cela sotto l’apparente<br />

facilità <strong>di</strong>: Stava in mezzo a cinquemila pèrtiche<br />

<strong>di</strong> marcita tutte sue e si contentava. In cui la<br />

montagna <strong>di</strong> grascia trova consone collocazione<br />

ed immobilità ed insieme accontentamento <strong>di</strong><br />

quelle pertiche tutte sue.<br />

Sorvoleremo sulla ironia facilmente riscontrabile<br />

in tenerella, in la carità <strong>di</strong> lei non saliva le<br />

scale, in quel russare... la santa messa, in quel<br />

mangiare devotamente a Natale il panettone,<br />

spigolina, maturanza completa e così via; o<br />

nell’enumerazione delle bestie che in quella<br />

casa ingrassavano spropositatamente. Qui varrà<br />

porre in evidenza l’esclamativa ¡eppòi l’amore<br />

è sì incòmodo! che è bilicata tra osservazione<br />

dello scrittore e <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto libero; e subito<br />

dopo il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto. Inserzione quest’ultima<br />

limitata: ché prestissimo lascia il posto all’ironica<br />

scrittura del D.: conta, naturalmente, qui, il<br />

continuo variare della scrittura ed il conseguente<br />

variare della prospettiva con cui lo scrittore<br />

narra la storia.<br />

E conta soprattutto l’invenzione linguistica come,<br />

ma sono pochissimi esempi tra gli infiniti<br />

che si potrebbero fare: respirare lardo, fare la<br />

28 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

corte alla sua uva, cinquemila pèrtiche <strong>di</strong> cuore,<br />

la schiena a D e le... gambucce a X, inventivo<br />

cotogno. Fino a quella straor<strong>di</strong>naria descrizione<br />

della primavera che è insieme sfida e satira della<br />

letteratura e del letterario, gioco <strong>di</strong> prestigio<br />

d’invenzione linguistica ed esibizione epperciò<br />

<strong>di</strong>vertita <strong>di</strong>struzione d’ogni immaginazione poetica.<br />

Ché la primavera viene vista negli aspetti<br />

pratici, nei vantaggi che la buona stagione offre<br />

agli innamorati, non più costretti ad infreddarsi<br />

per attendere le loro belle; agli anziani che<br />

possono finalmente tirare un sospiro <strong>di</strong> sollievo<br />

per averla scampata bella, per gli avari che non<br />

dovranno più temere <strong>di</strong> consumare i fazzoletti;<br />

alle fanciulle che possono tornare a far mostra<br />

degli abiti alla moda e così via. È, insomma, il<br />

rifiuto della finzione poetica dell’abbellimento,<br />

per scoprire una realtà prosaica tutta tesa al<br />

vantaggio, meglio se economico: così è che<br />

la Savina va camminando tra le aiuole non<br />

poetiche <strong>di</strong> legumi: D’Annunzio lamenterà che<br />

le statue antiche si trovino in giar<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>ventati<br />

orti, e Gozzano che villa Amarena sia cinta da un<br />

panneggio <strong>di</strong> pannocchie <strong>di</strong> mais. In D. nessun<br />

rimpianto e nessun rammarico (così a proposito<br />

<strong>di</strong> Ersilia Blandamore), semmai la costatazione<br />

dell’errore dei poeti che avevano creduta reale<br />

la poesia, o che la poesia potesse essere posta<br />

in atto o trovarsi nella vita quoti<strong>di</strong>ana. La realtà è<br />

il campo <strong>di</strong> gente che ha i pie<strong>di</strong> in terra e non è<br />

<strong>di</strong>sposta a sacrificare un’ere<strong>di</strong>tà all’amore, che<br />

cede alle <strong>prof</strong>ferte <strong>di</strong> chi sa certo mantenere<br />

allegria, ma sa anche riscuotere i cre<strong>di</strong>ti. Questa


Analisi Tecnica. Dossi<br />

il capo<br />

,<br />

aspàragi ed avventori. Consolàtevi, àsini <strong>di</strong> quattro pie<strong>di</strong> e <strong>di</strong> due, il mese<br />

della Madonna già prude; consolàtevi, tarme, si ripòngono i panni. ¡Piangete invece,<br />

spazzacamini, sostrài, pellicciài, farmacòpole! ¡Lottajoli, piangete! chè, quanto più<br />

corte le notti, tanto meno ci ha sogni.»<br />

Era, dunque, del giorno annuale la primavera e del giornaliero anno l’estate<br />

(àlias, il mezzodì). La nostra rispettàbile dama scendeva machinosamente dal<br />

suo piano terreno e a traverso il giar<strong>di</strong>no – un giar<strong>di</strong>no, non dalle poètiche ajuole<br />

<strong>di</strong> fiori, ma tutto prose a legumi – incedèa, seguita dalla fedele Fanny, un po’<br />

tentennando, verso il cancello. Chè il cuoco quella stessa mattina nel pettinarla<br />

(stòmaco e testa in casa Brembati èrano in mano del cuoco) avèale raccontato <strong>di</strong><br />

uno strambo <strong>di</strong> uno che si vedèa da due o trè dì al cancello, ammirando per ore<br />

quel fico venuto appena d’Amèrica e benchè la curiosità (questa maschile virtù e<br />

femminile vizio) non parlasse tropp’alto nella signora Savina, purtuttavìa, siccome<br />

stavolta il sod<strong>di</strong>sfacimento <strong>di</strong> essa coincideva con la quoti<strong>di</strong>ana sua passeggiatella,<br />

la nostra signora la u<strong>di</strong>va e dàvale ascolto.<br />

Difatti, <strong>di</strong> là del cancello e appoggiato alla griglia, stava lo sconosciuto. Era un<br />

ometto tutto vestito <strong>di</strong> nero e dalla fisionomìa <strong>di</strong> sorcio da moscajola.<br />

Il quale, come scorse la dama, toccossi rispettosamente il cappello, e la dama,<br />

bene educata anche lei, gli rese con un cenno <strong>di</strong> capo il saluto.<br />

«Oh che pianta! oh che pianta!» esclamava l’ometto.<br />

«Scusi, madama... ¿La è forse una fìcus Linnei grattabolenta?»<br />

«¿Gratta...?» <strong>di</strong>mandò con un sorriso intrigato la signora Savina. «Sarà benìssimo.<br />

Ma se il signore,» aggiunse, scorgendo che Virgoletti volèa come schizzare<br />

i suòi curiosi occhiettini sul fico, «desiderasse <strong>di</strong> osservarla un po’ meglio...» ed<br />

aperse il cancello.<br />

¡Quanta compitezza! Virgoletti si confuse in ringraziamenti, si <strong>di</strong>lombò in riverenze,<br />

si sbracciò in scappellate. Volèa anzi tenere basso il cappello, ma la signora<br />

non lo permise. Fàttosi poi alla pianta, vi si accosciò. Un padre al non sperato<br />

ritorno dell’ùnico figlio non si sarebbe condotto altrimenti. Palpàvane il fusto<br />

quasichè non credesse ai propri occhi, <strong>di</strong>cèale frasi <strong>di</strong> tenerezza, la contemplava<br />

estasiato, tanto estasiato che la signora Savina dovette più <strong>di</strong> una volta e <strong>di</strong> due<br />

ripètergli: «¿è forse il signore un botànico?»<br />

«Un po’...» Virgoletti rispose; e lì, togliendo gl’incastri alla torrenziale sua lingua,<br />

la fe’ saputa com’ella possedesse un esemplare <strong>di</strong> fico, che nelle gran<strong>di</strong> collezioni <strong>di</strong><br />

Parigi e <strong>di</strong> Londra era chiamato «rarìssimo» e sulla propagazione <strong>di</strong> cui in aperto<br />

terreno pendèvano ancora in<strong>di</strong>avolate questioni e si èrano posti de’ grossìssimi<br />

realtà non s’affronta con le serenate o con la<br />

poesia, ma con l’astuzia e col senso degli affari.<br />

E questa è una realtà che non va contestata,<br />

né può esserlo, al più si potrà sorridere delle<br />

piccole gran<strong>di</strong> imprese <strong>di</strong> questa umanità <strong>di</strong>sillusa,<br />

che va alla ricerca dell’utile o del comodo:<br />

ma soprattutto sarà possibile trarre un qualche<br />

piacere dall’uso della parola, dalle invenzioni cui<br />

essa si presta, dalla possibilità <strong>di</strong> percorrerla in<br />

una vastità sino a Dossi sconosciuta.<br />

Il lessico<br />

Ver novum...: la nuova primavera: primavera<br />

<strong>di</strong> canti; l’universo è nato a primavera – a<br />

primaversa gli amori suonano all’unisono; a<br />

primavere si sposano gli uccelli.<br />

Allèe: francesismo per passeggiate.<br />

Sostrai: lombar<strong>di</strong>smo per ven<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> carbone.<br />

Farmacòpole: voce arcaica per farmacisti.<br />

Lottajoli: giocatori del lotto.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 29


Analisi Tecnica. Dossi<br />

premi; come, peraltro, il suo frutto non lusingasse troppo il palato, salvo a innestarlo<br />

con una cert’altra preziosa qualità, che sapeva lui, suo segreto, ma ch’egli<br />

avrebbe ben volentieri mostrata a una sì bella, a una così nòbile dama.<br />

Alla quale <strong>prof</strong>ferta, incartata in un complimento, la signora Savina non potè<br />

trattenere un sorriso <strong>di</strong> riconoscente accettazione; e, ¡tracch! il signor Virgoletti<br />

ci ribadì la promessa <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfar la promessa al domani. Cinque-e-cinque-<strong>di</strong>eci,<br />

lasciàronsi simpatizzando.<br />

E il giorno dopo arrivò e con esso l’innesto del signor Virgoletti. La signora<br />

Brembati porse lei stessa le bende per la lattea ferita e colle fòrbici che le pendèvano<br />

dalla cintura tagliò il superfluo spago del cappio. L’operazione riuscì a meraviglia.<br />

Zèfiro e la margotta annestàronsi perfettamente.<br />

Allora la dama, per <strong>di</strong>mostrargli in qualche maniera la gratitù<strong>di</strong>ne sua, lo invitò<br />

nel «<strong>di</strong> lei pòvero nido.» ¿Come mai <strong>di</strong>r <strong>di</strong> no alla cortesìa in persona? Per cui si<br />

pòsero insieme in cammino e la gentile elefantessa, sempre seguita dall’a<strong>di</strong>posa<br />

Fanny, condusse il nostro cecino a vedere i suòi «augelletti» (inten<strong>di</strong> la pollerìa)<br />

ch’ella ingrassava al filantròpico scopo che ingrassàssero lei, e le sue «scuderìe»,<br />

splèn<strong>di</strong>da occhiata <strong>di</strong> mammose giovenche e <strong>di</strong> cornutìssimi buòi, con la vicina<br />

formaggerìa dai càn<strong>di</strong><strong>di</strong> laghi <strong>di</strong> latte, fresco tanto da èssere ancora caldo, e dalle<br />

pietre mugnaje <strong>di</strong> cacio, pezzi da cento lire lievitati in commestìbile forma; poi,<br />

rasentando un ruscello, le cui rive èran tela e la spuma sapone, e passando framezzo<br />

a formidàbili torri <strong>di</strong> legna (nè ci volèa meno per cuòcer tutto quel riso<br />

che la incessante pila brillava) lo condusse a veder le sue «grotte», che avèano per<br />

stalattiti salami e per stalagmiti bottiglie, con uno sfondo <strong>di</strong> botti <strong>di</strong> cui nessuna<br />

rimbombava al nocchino, e i suòi «boschi» biancheggianti e ferventi <strong>di</strong> que’ preziosi<br />

operài – operài ad un tempo e materia – che càngiano foglie in seta quali artisti<br />

<strong>di</strong> genio. Non solo. Ella lo volle in sua casa, donde il fràgile lusso <strong>di</strong> noi citta<strong>di</strong>ni<br />

non avèa ancora ban<strong>di</strong>ta , la campagnuola massiccia como<strong>di</strong>tà, anzi lo ammise ne’<br />

penetrali più sacri, cioè nella stessa sua càmera dal verginale lettone matrimoniale,<br />

una càmera in cui si ammiràvano, non scatoloni <strong>di</strong> vesti ma <strong>di</strong> semenze e seccumi,<br />

non tavolette <strong>di</strong> pèttini ma <strong>di</strong> cioccolata, non vasi <strong>di</strong> fiori o manteca ma <strong>di</strong><br />

rosmarino e mostarda, e nel cucinone dal molto affumicato camino e dalle pareti<br />

<strong>di</strong> rame, lusso colà non ozioso, non sottointendèndogli manco la relativa morale<br />

(morale fatta più chiara dalla doppia misura del seggio) consistente in quel luogo,<br />

trionfatore del mè<strong>di</strong>co, che fu chiamato per eccellenza «il còmodo» dall’èssere<br />

forse solitamente l’incomodìssimo.<br />

E quì volontieri ripeteremmo le esclamazioni entusiaste del signor Virgoletti al<br />

màgico svilupparsi <strong>di</strong> cotante bellezze, ma il compositore ci avverte che in tipografia<br />

non sono punti ammirativi bastanti. Diremo solo, che le figliàvano come cìmici e<br />

con esse aumentava nella signora Savina il prurito <strong>di</strong> simpatìa per lui, tanto che<br />

quando si fu per lasciarsi (tossendo bronzinamente in quel punto la campanella<br />

del pranzo) ella il pregò... <strong>di</strong> restare.<br />

Dal quale pranzo data la nuova vita per tutti e due. Virgoletti trovàvasi infine a<br />

suo posto. Capo primo; vuòi la speciale conformazione, vuòi la non flòrida borsa,<br />

Virgoletti vivèa in un perpetuo appetito, il che, se non è la migliore ,<br />

delle commendatizie<br />

per noi che bruciamo più legna a stirare che a cuòcere e che, contenti del<br />

30 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Dossi<br />

fumo come gli Iddìi dell’Olimpo, spen<strong>di</strong>amo pel cuoco quanto dovrèbbesi in cibo,<br />

mangiando in gran porcellana porzioncine minùscole e bevendo in magnìfici vetri<br />

pèssimo vino, quasi che fosse il bicchiere e non il vino da bersi, se, <strong>di</strong>co, cotesta<br />

qualità <strong>di</strong> una bocca alta <strong>di</strong> cielo non è troppo benvisa a noi dall’ambiziosa miseria,<br />

è la più accetta, è la carìssima invece ai nostri fratelli rurali, ùnici ere<strong>di</strong> della paterna<br />

ampia ospitalità. Capo secondo; senza contare l’inalteràbile e inesaurìbile buon<br />

umore, porta<br />

,<br />

maestra nelle case de’ ricchi, Zèfiro possedèa, anzi era un manuale<br />

<strong>di</strong> cognizioni per ogni sorta <strong>di</strong> pranzo: ad esempio, un pollo ei lo sapeva trinciare<br />

tenèndolo infisso sul forchettone e sollevato dal tondo, sapeva con<strong>di</strong>r l’insalata in<br />

maniera da sod<strong>di</strong>sfare a <strong>di</strong>eci <strong>di</strong>versi palati, stappava in un colpo le più ostinate<br />

bottiglie, riempiendo con mille giochetti l’aspettazione fra l’una e l’altra portata<br />

ossìa traendo inaspettati partiti dagli stecchi, dai piatti, dalle posate... e vievìa. ¡Or<br />

voi pensate alla nostra agucchiella che non avèa mai visto altrettanto! Raggiava il<br />

suo onesto faccione, le tremolava la pappagorgia, e il rìdere, lagrimàndole a tratti,<br />

la obbligava a posar la forchetta per asciugarsi gli occhi col tovagliolo, mentre la<br />

serva, ad aquetarle il singhiozzo, le tambussava la schiena. Zèfiro poi dal buon<br />

successo eccitato, ingollava bocconi strangolatòi, raddoppiava le giullerìe, sentìvasi<br />

insieme, la se<strong>di</strong>a, fàrsigli sotto <strong>di</strong> minuto in minuto più sua.<br />

In poche parole, da quel desinare il signorino è <strong>di</strong> casa. Egli vi entra ogni mattina<br />

per dare un’occhiata alla stampa (rappresentata dal Sècolo) e alla margotta<br />

<strong>di</strong> fico che si abbàrbica con lui e non ne esce se non in là nella sera, dopo <strong>di</strong> avere<br />

perduto una dozzina <strong>di</strong> sol<strong>di</strong> giocando all’oca con la signora. Oltre il farle allegrìa,<br />

il signor Virgoletti rendèvale mille servizi; le regolava le pèndole, tenèale viva la<br />

poca corrispondenza, recàvale il sottopiede e sprimacciava il cuscino, leggèale il<br />

«Walter Scott» in modo d’addormentarla coll’insensìbile degradar della voce,<br />

velando quin<strong>di</strong> tacitamente la finestra o la làmpada e acchiappando le mosche e<br />

i farfalloni importuni. Nè alcuno meglio <strong>di</strong> lui accendeva e manteneva con tutta<br />

economìa il fuoco, nessuno affrittellava più elegantemente le uova e le frullava<br />

con maggior brìo la rossumatina. Egli era un <strong>di</strong>àvolo nell’inseguire un debitore<br />

moroso, finchè costùi, qual la gazzella il muschiato testìcolo, non gli gettasse la<br />

borsa, ed era un <strong>di</strong>o per ritrovare le più raffinate golosità o poltronerìe. Insomma<br />

il signor Virgoletti le <strong>di</strong>venne il factòtum, il cane barbino. ¡Guài se mancàvale un<br />

giorno! mandava in cerca <strong>di</strong> lui per tutto il villaggio, per tutto il paese; sbuffava<br />

finchè non gliel’avèsser condotto. Chè un incòmodo stesso – abitù<strong>di</strong>ne fatta – <strong>di</strong>venta<br />

un bisogno.<br />

Ma nel sentimento <strong>di</strong> assuefazione, a stilla a stilla se ne insinuava un secondo<br />

alquanto meno simmètrico. Vènus, quae vènit ad omnia, s’è ricordata della signora<br />

Savina. Quel cuore che parèa bruciato e gelato da un pezzo, conflagra, ¡e che<br />

fiamme! quella dolciaccia che già sorbiva dormitone da rè (ahi! la falsa metàfora)<br />

Il lessico<br />

Agugghiella: donna magra ed alta.<br />

Venus, quae...: Venere che s’intrufola dappertutto.<br />

Rossumatina: lombar<strong>di</strong>smo per tuorlo d’uova<br />

sbattuto con il vino.<br />

Walter Scott: è il famoso autore inventore del<br />

romanzo storico ottocentesco.<br />

Butirro: burro.<br />

Topia: filare d’uva.<br />

Adaqua: lombar<strong>di</strong>smo per innaffia.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 31


Analisi Tecnica. Dossi<br />

incomincia a sentir tutto stecchi la piuma del letto, incomincia ad alzarsi e a scènder<br />

nell’orto all’ora della rugiada, lei che a quella scendèvaci del sudore, a fare mazzi<br />

<strong>di</strong> fiori, lei che sol ne facèa d’aspàragi, a sospirare – la mano sull’amorosa spia<br />

del cuore – or guardando il cancello, ora l’orme degli scarponi <strong>di</strong> Zèfiro, per poi,<br />

quando questi riappare, affacciàrsegli incontro, sventolicchiando il moccichino,<br />

o, incomodando i suòi cento chili <strong>di</strong> polpa, sbassarsi a raccôrre una viola. ¡Pòvera<br />

spigolina! la si struggèa come butiro al fornello, mentre sembrava che la ciccia <strong>di</strong><br />

lei trasmigrasse all’amato. E tu càntami, Musa, gl’idìllici giorni in cui si perdèvano<br />

assieme fra l’erboline e i fagioli a caccia delle farfalle o passeggiàvano a braccio nell’ombre<br />

della lunghìssima topia, spicciolàndone l’uva; e mi canta le sere, trasvolate<br />

al camino, come due tòrtori, con Virgoletti mezzo perduto nelle balzane della<br />

fattora e leggente con li occhi che fiutàvan cipolle i fatti vari del Sècolo, oppure in<br />

giar<strong>di</strong>no su quel bubone <strong>di</strong> terra, quel sìntomo <strong>di</strong> montagna, già letamajo spento,<br />

fra il gracidar delle rane e l’infinito odore <strong>di</strong> sterco che l’universo fuma, tàcita lei<br />

qual testùggine, contemplando il lunone d’agosto o le lùcciole del firmamento,<br />

lui fiso agli occhi <strong>di</strong> lei (<strong>di</strong>co que’ delle orecchie, due senza-pari brillanti) e mormoràndole<br />

a tratti «¡o Savina, o Savina, intorno a voi tutto ama!»<br />

Finalmente, adaqua l’uno, adaqua l’altra, la pianta del loro amore cacciò fuori un<br />

bocciuolo. Già la nostra fattora trovava nel suo bel Zefiretto un po’ troppa modestia<br />

– una virtù che in simigliante partita è più lodata che amata. Ma il fico, come il<br />

bìblico pomo, risolse gli avvenimenti. Un anno s’era intessuto su lui e il primo suo<br />

frutto, in maturanza completa, pendèa qual làgrima lì per staccarsi dal ciglio. ¿Che<br />

attèndere più? Novella Eva, la signora Savina protese con un legger tremolìo la<br />

mano, lo <strong>di</strong>spiccò e lo <strong>di</strong>vise con il pròssimo Adamo. Tutti e due lo assaporàrono<br />

silenziosamente, deliziosamente; tutti e due si occhieggiàrono il «sì.»<br />

Senonchè, nel programma <strong>di</strong> quel giorno solenne, stava prima una scorpacciata<br />

<strong>di</strong> gala. E se questo è «l’adagio» del duettino a suon <strong>di</strong> forchette e <strong>di</strong> piatti e<br />

a stappar <strong>di</strong> bottiglie, quanto «all’allegro», sia che Adamo ne avesse litreggiato un<br />

po’ più, sia che avesse ingojato troppi tartufi e troppo formaggio <strong>di</strong> grana... ¡Via,<br />

bimbi!... un organetto sonava in cortile... la servitù scodellava in tinello... ambedùe<br />

sullo stesso <strong>di</strong>vano... fatto stà...<br />

Fatto stà, che chi rompe paga. La signora Savina Brembati, da quell’onestìssima<br />

donna che era, volle una riparazione e il signor Zèfiro Virgoletti, un galantomone<br />

anche lui, non si sentì <strong>di</strong> negàrgliela; pianse ma la sposò.<br />

E quì finirebbe il racconto; ma, giacchè, per contentare i lettori, bisogna che<br />

un pòvero scribaccino accompagni i suòi personaggi – uno almeno – fino al luogo<br />

comune (cioè il camposanto) e giacchè io, in propòsito, tengo col pùbblico colpe<br />

su colpe <strong>di</strong> rientrata curiosità, aggiungerò che, oggi a’ dì 20 ottobre del 1876, Zèfiro<br />

Virgoletti ha messo trè cose:<br />

1° ha messo pancia,<br />

2° ha messo carrozza,<br />

3° ha messo la moglie sotterra.<br />

¡Oh marito infelice! erè<strong>di</strong>ta 100,000 <strong>di</strong> rèd<strong>di</strong>to, ¡eppur trova forza <strong>di</strong> vìvere!<br />

32 • Dalla ſcrittura alla letteratura


GABRIELE D’ANNUNzIO<br />

IL pIACERE<br />

cap. III<br />

Alle un<strong>di</strong>ci egli era d’innanzi al palazzo; e l’ansia e l’impazienza lo <strong>di</strong>voravano.<br />

La bizzarria del caso, lo spettacolo della notte nivale, il mistero, l’incertezza gli<br />

accendevano l’imaginazione, lo sollevavano dalla realità.<br />

Splendeva su Roma, in quella memorabile notte <strong>di</strong> febbraio, un plenilunio<br />

favoloso, <strong>di</strong> non mai veduto lume. L’aria pareva impregnata come d’un latte<br />

immateriale; tutte le cose parevano esistere d’una esistenza <strong>di</strong> sogno, parevano<br />

imagini impalpabili come quelle d’una meteora, parevan esser visibili <strong>di</strong> lungi<br />

per un irra<strong>di</strong>amento chimerico delle loro forme. La neve copriva tutte le verghe<br />

dei cancelli, nascondeva il ferro, componeva un’opera <strong>di</strong> ricamo più leggera e più<br />

gracile d’una filigrana, che i colossi ammantati <strong>di</strong> bianco sostenevano come le<br />

querci sostengono le tele dei ragni. Il giar<strong>di</strong>no fioriva a similitu<strong>di</strong>ne d’una selva<br />

immobile <strong>di</strong> gigli enormi e <strong>di</strong>fformi, congelato; era un orto posseduto da una<br />

incantazione lunatica, un esanime para<strong>di</strong>so <strong>di</strong> Selene. Muta, solenne, <strong>prof</strong>onda,<br />

la casa dei Barberini occupava l’aria: tutti i rilievi grandeggiavano can<strong>di</strong><strong>di</strong>ssimi<br />

gittando un’ombra cerulea, <strong>di</strong>afana come una luce; e quei candori e quelle ombre<br />

sovrapponevano alla vera architettura dell’e<strong>di</strong>fizio il fantasma d’una pro<strong>di</strong>giosa<br />

architettura ariostèa.<br />

Chino a riguardare, l’aspettante sentiva sotto il fascino <strong>di</strong> quel miracolo che<br />

i fantasmi vagheggianti dell’amore si risollevavano e le sommità liriche del sentimento<br />

riscintillavano come le lance ghiacce dei cancelli alla luna. Ma egli non<br />

sapeva quale delle due donne avrebbe preferita in quello scenario fantastico: se<br />

Elena Heathfield vestita <strong>di</strong> porpora o Maria Ferres vestita d’ermellino. E, come<br />

il suo spirito piacevasi d’indugiare nell’incertezza della preferenza, accadeva che<br />

D’A. affronta qui la descrizione <strong>di</strong> una notte <strong>di</strong> plenilunio a Roma dopo una nevicata. La scrittura<br />

tende a cancellare ogni segnale <strong>di</strong> realismo: plenilunio favoloso, non mai veduto lume;<br />

tutte le cose non sono ma paiono. È che non la realtà esterna ad Andrea Sperelli interessa<br />

allo scrittore, bensì il modo con cui il suo personaggio la vede: per questa via la realtà perde<br />

tutta la sua oggettività per <strong>di</strong>ventare sensazione, sentimento <strong>di</strong> Andrea (poiché il personaggio<br />

Andrea coincide con l’autore, il romanzo dannunziano non sarà più tanto narrazione <strong>di</strong> vicende,<br />

fabula per <strong>di</strong>rla con Tomaševskij o trama secondo la definizione <strong>di</strong> Genette, ma allineerà<br />

impressioni dell’autore, atto del narrare, o narrazione <strong>di</strong>rebbe Genette). E poiché Andrea è<br />

un artista, è naturale che trasformi la realtà (la quale, dunque, non ha in sé più alcun valore) in<br />

altro, in sogno, e soprattutto in arte: la realtà, scrive D’A. che fa suoi i pensieri e i sentimenti del<br />

personaggio, ha un’esistenza <strong>di</strong> sogno, produce immagini impalpabili, ha la concretezza delle<br />

chimere. La neve viene utilizzata come strumento <strong>di</strong> trasformazione della realtà, nascondendo<br />

la materia (il ferro dei cancelli), e producendo un ricamo leggero e gracile come la filigrana.<br />

Così il giar<strong>di</strong>no si trasforma in un para<strong>di</strong>so <strong>di</strong> Selene (della luna); e, soprattutto, l’e<strong>di</strong>ficio dei<br />

Barberini perde tutta la sua concretezza per trasformarsi in prodotto poetico (una pro<strong>di</strong>giosa<br />

architettura ariostèa).<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 33


Analisi Tecnica. D’Annunzio<br />

nell’ansia dell’attesa si mescessero e confondessero stranamente due ansie, la reale<br />

per Elena, l’imaginaria per Maria.<br />

Un orologio suonò da presso, nel silenzio, con un suono chiaro e vibrante; e<br />

pareva come se qualche cosa <strong>di</strong> vitreo nell’aria s’incrinasse a ognun de’ tocchi.<br />

L’orologio della Trinità de’ Monti rispose all’appello; rispose l’orologio del Quirinale;<br />

altri orologi <strong>di</strong> lungi risposero, fiochi. Erano le un<strong>di</strong>ci e un quarto.<br />

Andrea guardò, aguzzando la vista, verso il portico. – Avrebbe ella osato attraversare<br />

a pie<strong>di</strong> il giar<strong>di</strong>no? – Pensò la figura <strong>di</strong> Elena tra il gran candore. Quella<br />

della senese risorse spontanea, oscurò l’altra, vinse il candore, can<strong>di</strong>da super nivem.<br />

La notte <strong>di</strong> luna e <strong>di</strong> neve era dunque sotto il dominio <strong>di</strong> Maria Ferres, come sotto<br />

una invincibile influenza astrale. Dalla sovrana purità delle cose nasceva l’imagine<br />

dell’amante pura, simbolicamente. La forza del Simbolo soggiogava lo spirito del<br />

poeta.<br />

Allora, sempre guardando se l’altra venisse, egli si abbandonò al sogno che gli<br />

suggerivano le apparenze delle cose.<br />

Era un sogno poetico, quasi mistico. Egli aspettava Maria. Maria aveva eletta<br />

quella notte <strong>di</strong> soprannaturale bianchezza per immolar la sua propria bianchezza al<br />

desiderio <strong>di</strong> lui. Tutte le cose bianche intorno, consapevoli della grande immolazione,<br />

aspettavano per <strong>di</strong>re ave ed amen al passaggio della sorella. Il silenzio viveva.<br />

« Ecco, ella viene: ince<strong>di</strong>t per lilia et super nivem. È avvolta nell’ermellino; porta i<br />

capelli constretti e nascosti in una fascia; il suo passo è più leggero della sua ombra;<br />

la luna e la neve sono men pallide <strong>di</strong> lei. Ave.<br />

« Un’ombra, cerulea come una luce che si tinga in uno zaffiro, l’accompagna. I<br />

gigli enormi e <strong>di</strong>fformi non s’inchinano, poiché il gelo li ha irrigi<strong>di</strong>ti, poiché il gelo<br />

li ha fatti simili agli asfo<strong>di</strong>lli che illuminavano i sentieri dell’Ade. Ben però, come<br />

quelli de’ para<strong>di</strong>si cristiani, hanno una voce; <strong>di</strong>cono: – Amen.<br />

« Così sia. L’adorata va ad immolarsi. Così sia. Ella è già presso l’aspettante;<br />

fredda e muta, ma con occhi ardenti ed eloquenti. Ed egli prima le mani, le care<br />

mani che chiudono le piaghe e schiudono i sogni, bacia. Così sia.<br />

« Di qua, <strong>di</strong> là, si <strong>di</strong>leguano le Chiese alte su colonne a cui la neve illustra <strong>di</strong><br />

volute e d’acanti magici il fastigio. Si <strong>di</strong>leguano i Fòri <strong>prof</strong>on<strong>di</strong>, sepolti sotto la neve,<br />

Lo stile. L’elaborazione linguistica.<br />

I participi presente qui usati, aspettante, vagheggianti,<br />

recuperano la funzione verbale che nel<br />

linguaggio parlato è del tutto estranea: tale<br />

funzione ricorre (e raramente) nella letteratura,<br />

D’A., invece, l’accentua, ottenendo lo scopo <strong>di</strong><br />

una descrizione sincretica del complesso stato<br />

d’animo <strong>di</strong> Andrea Sperelli: è così che i fantasmi<br />

dell’amore sono vagheggianti: non sono semplicemente<br />

immagini che appaiono alla mente,<br />

ma <strong>di</strong> loro la mente si compiace con desiderio e<br />

passione. Tuttavia servono anche ad allontanare<br />

dal quoti<strong>di</strong>ano e dalla realtà la situazione. Tutto<br />

in questo capoverso è fuga dal banale: le pulsioni<br />

del sentimento <strong>di</strong>ventano sommità liriche,<br />

che si accendono non delle solite fiamme della<br />

passione, ma, con un originale ossimoro, dei<br />

34 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

bagliori can<strong>di</strong><strong>di</strong> e fred<strong>di</strong> della neve che ricopre<br />

le lance... dei cancelli. Quella neve ghiacciata<br />

riscintilla. Non meraviglia che nello scenario<br />

fantastico, ove s’avverte il fascino del miracolo,<br />

realtà, sogni e simbolo (porpora = la passione;<br />

ermellino = la purezza) vivano insieme in una<br />

<strong>di</strong>mensione estetica.<br />

Lo stile. La sintassi.<br />

Il periodo sintattico <strong>di</strong> D’A. tende a coincidere<br />

con la proposizione; per solito nella struttura<br />

<strong>di</strong> sogg. vb espansioni: pertanto il suo stile è,<br />

sintatticamente, elementare, tanto più che tra<br />

le frasi e tra i perio<strong>di</strong> prevale la paratassi (la<br />

coor<strong>di</strong>nazione). Rara la subor<strong>di</strong>nazione, all’interno<br />

della quale D’A. pre<strong>di</strong>lige le forme implicite<br />

del gerun<strong>di</strong>o e del participio (pres. e pass.) che


Analisi Tecnica. D’Annunzio<br />

immersi in un chiarore azzurro, onde sorgono gli avanzi dei portici e degli archi<br />

verso la luna più inconsistenti delle lor medesime ombre. Si <strong>di</strong>leguano le fontane,<br />

scolpite in rocce <strong>di</strong> cristallo, che versano non acqua ma luce.<br />

« Ed egli poi le labbra, le care labbra che non sanno le false parole, bacia. Così<br />

sia. Fuor della fascia <strong>di</strong>scinta si effondono i capelli come un gran flutto oscuro, ove<br />

tutte sembran raccolte le tenebre notturne fugate dalla neve e dalla luna. Comis<br />

suis obumbrabit tibi et sub comis peccabit. Amen. »<br />

E l’altra non veniva! Nel silenzio e nella poesia cadevano <strong>di</strong> nuovo le ore degli<br />

uomini scoccate dalle torri e dai campanili <strong>di</strong> Roma. Qualche vettura, senza alcuno<br />

strepito, <strong>di</strong>scendeva per le Quattro Fontane verso la piazza o saliva a Santa Maria<br />

Maggiore faticosamente; e i fanali erano gialli come topazii nella chiarità. Pareva<br />

che, salendo la notte al colmo, la chiarità crescesse e <strong>di</strong>ventasse più limpida. Le<br />

filigrane dei cancelli riscintillavano come se i ricami d’argento vi s’ingemmassero.<br />

Nel palazzo, gran<strong>di</strong> cerchi <strong>di</strong> luce abbagliante splendevano su le vetrate, a simiglianza<br />

<strong>di</strong> scu<strong>di</strong> adamantini.<br />

Andrea pensò: – Se ella non venisse?<br />

Quella strana onda <strong>di</strong> lirismo passàtagli su lo spi- rito, nel nome <strong>di</strong> Maria,<br />

aveva coperta l’ansietà dell’attesa, aveva placata l’impazienza, aveva ingannato il<br />

desiderio. Per un attimo, il pensiero ch’ella non venisse gli sorrise. Poi <strong>di</strong> nuovo, più<br />

forte, lo punse il tormento dell’incertezza e lo turbò l’imagine della voluttà ch’egli<br />

avrebbe forse goduta là dentro, in quella specie <strong>di</strong> piccola alcova tiepida dove le<br />

rose esalavano un <strong>prof</strong>umo tanto molle. E, come nel giorno <strong>di</strong> San Silvestro, il suo<br />

sofferire era acuito da una vanità; poiché, sopra tutto, egli si rammaricava che uno<br />

squisito apparato d’amore andasse perduto senza effetto alcuno.<br />

Là dentro, il freddo era temperato del calore continuo che esalavano i tubi <strong>di</strong><br />

metallo pieni d’ac–qua bollente. Un fascio <strong>di</strong> rose bianche, nivee, lunari, posava su<br />

la tavoletta d’innanzi al se<strong>di</strong>le. Una pelle d’orso bianco teneva calde le ginocchia.<br />

La ricerca d’una specie <strong>di</strong> Symphonie en blanc majeur era manifesta in molte altre<br />

particolarità. Come il re Francesco I sul vetro della finestra, il conte d’Ugenta aveva<br />

non si pongono come proposizione <strong>di</strong>versa<br />

dalla reggente: Andrea guardò, aguzzando la<br />

vista, verso... Ogni periodo pertanto enuncia un<br />

solo particolare, con l’effetto <strong>di</strong> frammentare la<br />

narrazione, tanto più che i perio<strong>di</strong> si succedono<br />

con egual valore: è evidente l’intenzione <strong>di</strong> farli<br />

coincidere cronologicamente, sì che i particolari<br />

sono allineati l’un dopo l’altro per destare nel lettore<br />

un’impressione unica e sincronica. Proprio<br />

per questo modo <strong>di</strong> procedere senza legami tra<br />

i perio<strong>di</strong> (asindeto) e per il fine <strong>di</strong> comunicare<br />

un’impressione unitaria si può affermare che<br />

quello che la sintassi chiama periodo sia da D’A.<br />

sostituito dall’intero capoverso in cui i perio<strong>di</strong><br />

coincidono con le proposizioni, paratattiche<br />

e asindetiche: il periodo Un orologio suonò<br />

da presso ... è significativo. Il primo periodo è<br />

costituito da due proposizioni <strong>di</strong>vise dal punto e<br />

virgola ma unite dalla coor<strong>di</strong>nazione e con funzione<br />

esplicativa – a rigore dovrebbero essere<br />

due perio<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinti visto che il punto e virgola è<br />

assimilabile al punto fermo –. Subito dopo 1)un<br />

periodo legato al precedente dal significato del<br />

verbo rispose; e poi 2­3)altre due proposizioniperio<strong>di</strong><br />

il cui legame con il n. 1) non è logico ma<br />

formale, per la ripetizione (anafora) del verbo<br />

rispondere. Dunque i campanili <strong>di</strong> Roma suonano<br />

l’ora: lo scrittore li <strong>di</strong>stingue e <strong>di</strong>stinguendoli<br />

accumula particolari ed allarga spazialmente la<br />

<strong>di</strong>mensione del suono. L’ultimo periodo, erano<br />

le un<strong>di</strong>ci e un quarto, benché non presenti alcun<br />

nesso sintattico, aggruma in un unico spazio<br />

temporale tutte le precedenti pro posizioni, sì<br />

che i rintocchi della campane provenienti da<br />

luoghi <strong>di</strong>versi si fondono nell’attimo in cui Andrea<br />

Sperelli prende atto dell’ora.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 35


Analisi Tecnica. D’Annunzio<br />

inciso <strong>di</strong> sua mano sul vetro dello sportello un galante motto che, nell’appannatura<br />

fatta dall’alito, pareva brillare su una lastra <strong>di</strong> opale:<br />

Pro amore curriculum<br />

Pro amore cubiculum.<br />

E per la terza volta le ore sonarono. Mancavano a mezzanotte quin<strong>di</strong>ci minuti.<br />

L’aspettazione durava da troppo tempo: Andrea si stancava e s’irritava. Nell’appartamento<br />

abitato da Elena, nelle finestre dell’ala sinistra non vedevasi altro<br />

lume che quello esterno della luna. – Sarebbe dunque venuta ? E in che modo ?<br />

Di nascosto ? O con qual pretesto ? Lord Heathfield era, certo, a Roma. Come<br />

avrebbe ella giustificata la sua assenza notturna ? – Di nuovo, insorsero nell’animo<br />

dell’antico amante le acri curiosità intorno le relazioni che correvano tra Elena e il<br />

marito, intorno i loro legami coniugali, intorno il loro modo <strong>di</strong> vivere in comune,<br />

nella medesima casa. Di nuovo, la gelosia lo morse e la bramosia lo accese. Egli<br />

si ricordava delle allegre parole dette da Giulio Musèllaro, una sera, a proposito<br />

del marito; e si proponeva <strong>di</strong> prendere Elena ad ogni costo, per il <strong>di</strong>letto e per il<br />

<strong>di</strong>spetto. – Oh, s’ella fosse venuta !<br />

Una carrozza sopraggiunse ed entrò nel giar<strong>di</strong>no. Egli si chinò a guardare; riconobbe<br />

i cavalli d’Elena; intravide nell’interno una figura <strong>di</strong> dama. La carrozza<br />

<strong>di</strong>sparve sotto il portico. Egli restò dubitoso. – Tor-nava dunque <strong>di</strong> fuori ? Sola ?<br />

– Acuì lo sguardo verso il portico, intensamente. La carrozza usciva, per il giar<strong>di</strong>no,<br />

nella strada, imboccando la via Rasella: era vuota.<br />

Mancavano due o tre minuti all’ora estrema; ed ella non veniva ! L’ora sonò.<br />

Una terribile angoscia strinse il deluso. Ella non veniva !<br />

Non comprendendo egli le cause della impuntualità <strong>di</strong> lei, le si rivolse contro;<br />

ebbe un moto <strong>di</strong> collera subitaneo; e gli balenò anche il pensiero ch’ella avesse<br />

L’elaborazione linguistica.<br />

Andrea aspetta Elena che gli ha dato un appuntamento<br />

galante. Nell’attesa Andrea immagina,<br />

sogna. Il suo sogno, d’amore e <strong>di</strong> passione, è<br />

quasi mistico. L’ossimoro stabilisce la sintesi <strong>di</strong><br />

Eros e religione nella quale la casta Maria elegge<br />

<strong>di</strong> immolare (ma ve<strong>di</strong> la forma tronca, che è più<br />

aulica) in quella notte <strong>di</strong> sovrannaturale bianchezza<br />

la propria purezza al desiderio <strong>di</strong> Andrea.<br />

Maria, eleggere, immolare, notte... sovrannaturale,<br />

immolazione, ave, amen appartengono alla<br />

tipologia religiosa, e alla storia evangelica – la<br />

Bibbia è poco più avanti esplicitamente citata –.<br />

L’operazione <strong>di</strong> D’A. consiste, dunque, nell’adozione<br />

<strong>di</strong> un linguaggio comunemente avvertito<br />

come attinente al cristianesimo per un evento<br />

del tutto carnale e passionale (è lo stesso proce<strong>di</strong>mento<br />

che si rinviene nell’ironia, e che non va<br />

confuso con l’allegoria: con un termine recente<br />

e più ampio si <strong>di</strong>rebbe un metalogismo). Non<br />

v’è, non serve <strong>di</strong>re, alcuna intenzione blasfema:<br />

al contrario D’A. intende comunicare che la<br />

decisione <strong>di</strong> Maria Ferres <strong>di</strong> accon<strong>di</strong>scendere<br />

al desiderio <strong>di</strong> Andrea ha le caratteristiche <strong>di</strong><br />

36 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

eccezionale sublimità ed unicità. Per converso,<br />

l’immolazione <strong>di</strong> Maria costituisce una sorta<br />

<strong>di</strong> redenzione della passione <strong>di</strong> Andrea che in<br />

qualche modo si appropria della purezza della<br />

donna. Questa poi è in<strong>di</strong>cata con un’iperbole<br />

<strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria efficacia – La luna e la neve sono<br />

men pallide <strong>di</strong> lei – inserita com’è in una struttura<br />

sintattica (asindetica, usuale in questo D’A.) e<br />

lessicale forgiata sul calco del Cantico dei cantici,<br />

ed intessuta <strong>di</strong> aulici latinismi – constretti,<br />

<strong>di</strong>fformi, asfo<strong>di</strong>lli –. E cfr. Ed egli prima le mani, le<br />

care mani che chiudono le piaghe e schiudono<br />

i sogni, bacia.<br />

Di particolare efficacia è qui l’anafora <strong>di</strong> così sia<br />

che apre e chiude questi, <strong>di</strong>remmo, versetti dei<br />

miracoli <strong>di</strong> Maria Ferres. Qui ha valore sacrale,<br />

altrove serviva a collegare i brevi perio<strong>di</strong> della<br />

prosa dannunziana come nel caso <strong>di</strong> : L’aria<br />

pareva ...; tutte le cose parevano ..., parevano<br />

imagini o <strong>di</strong>: L’orologio ... rispose all’appello;<br />

rispose l’orologio del Quirinale; altri orologi <strong>di</strong><br />

lungi risposero. Non irrilevante è anche la funzione<br />

ritmica: una sorta <strong>di</strong> scansione della prosa<br />

che assume l’andamento del canto liturgico e<br />

del canto in generale.


Analisi Tecnica. D’Annunzio<br />

voluto infliggergli una umiliazione, un castigo, o ch’ella avesse voluto togliersi un<br />

capriccio, esasperare un desiderio. Or<strong>di</strong>nò al cocchiere, pel portavoce:<br />

– Piazza del Quirinale.<br />

Egli si lasciava attrarre da Maria Ferres; si abbandonava <strong>di</strong> nuovo al vago sentimento<br />

<strong>di</strong> tenerezza che, dopo la visita pomeri<strong>di</strong>ana, gli aveva lasciato nell’anima<br />

un <strong>prof</strong>umo e gli aveva suggerito pensieri e imagini <strong>di</strong> poesia. La delusione recente,<br />

ch’era per lui una prova del <strong>di</strong>samore e della malvagità <strong>di</strong> Elena, lo spingeva forte<br />

verso l’amore e la bontà della senese. Il rammarico per la bellissima notte perduta<br />

gli aumentava, ma sotto il riflesso del sogno <strong>di</strong>anzi sognato. Ed era, in verità, una<br />

delle notti più belle che sien trascorse nel cielo <strong>di</strong> Roma; era uno <strong>di</strong> quegli spettacoli<br />

che opprimono d’una immensa tristezza lo spirito umano perché soverchiano ogni<br />

potenza ammirativa e sfuggono alla piena comprension dell’intelletto.<br />

La piazza del Quirinale appariva tutta can<strong>di</strong>da, ampliata dal candore, solitaria,<br />

raggiante come un’acropoli olimpica su l’Urbe silenziosa. Gli e<strong>di</strong>fizii, intorno,<br />

grandeggiavano nel cielo aperto: l’alta porta papale del Bernini, nel palazzo del Re,<br />

sormontata dalla loggia, illudeva la vista <strong>di</strong>staccandosi dalle mura, avanzandosi,<br />

isolandosi nella sua magnificenza <strong>di</strong>fforme, dando imagine d’un mausoleo scolpito<br />

in una pietra siderea; i ricchi architravi del Fuga, nel palazzo della Consulta,<br />

sporgevano <strong>di</strong> su gli stipiti e <strong>di</strong> su le colonne transfigurati dalle strane adunazioni<br />

della neve. Divini, a mezzo dell’egual campo bianco, i colossi parevano sovrastare<br />

Elementi <strong>di</strong> comunicazione:<br />

lo scrittore ed il pubblico<br />

Il versetto del Salmo XC, 4: Comis suis obumbrabit<br />

tibi et sub comis eius sperabis (con le<br />

sue ali ti coprirà, e sotto le sue ali spererai,<br />

naturalmente nella salvezza dell’anima) viene<br />

trasformato da D’A. esattamente nel contrario<br />

Comis suis obumbrabit tibi et sub comis<br />

peccabit (con le sue ali ti coprirà, e sotto le ali<br />

peccherai): sul significato ideologico­letterario<br />

ci siamo soffermati altrove. Qui si rifletta sul<br />

valore che quella citazione ha sul piano della<br />

comunicazione: essa infatti presuppone che il<br />

lettore conosca non solo la Bibbia, ed in latino,<br />

ma sia in grado <strong>di</strong> riconoscere imme<strong>di</strong>atamente<br />

la variante sperabis/peccabit e naturalmente<br />

il valore che essa conferisce all’incontro con<br />

Elena. Anche il motto inciso sul vetro della vettura<br />

è in latino. Non si tratta semplicemente <strong>di</strong><br />

supporre un lettore dotato <strong>di</strong> cultura classica e<br />

biblica, ma anche dell’esclusione del lettore più<br />

<strong>di</strong>sarmato. Naturalmente i passi in latino sono<br />

assai più <strong>di</strong> quelli riportati: e si vedano i due<br />

giovini Eroi cignìgeni con i quali D’A. allude ai<br />

Dioscuri, semidei, figli (ma la genealogia è assai<br />

complessa) gemelli <strong>di</strong> Leda e <strong>di</strong> Giove, il quale<br />

per unirsi alla bellissima donna si era presentato<br />

sotto forma <strong>di</strong> un un cigno. Dalla loro unione<br />

nacque altresì Elena (poi rapita da Paride e<br />

portata a Troia) ed Elena si chiama la donna che<br />

Andrea sta attendendo. La deco<strong>di</strong>fica del passo<br />

del romanzo dunque richiede il possesso della<br />

mitologica greca; che poi permetta la riscostruzione<br />

della trama delle allusioni sottese. Il lettore<br />

deve con<strong>di</strong>videre, e riconoscere, la vasta cultura<br />

<strong>di</strong> A. Sperelli e dello scrittore, che si riflette nel<br />

personaggio. Cultura che non si limita alla sfera<br />

classica e biblica, investe la storia dell’architettura,<br />

della pittura. Insomma: non v’è espressione<br />

artistica che non desti qualche risonanza: l’alta<br />

porta papale del Bernini, le architravi del Fuga,<br />

il gruppo dei Dioscuri con l’obelisco: tutto serve<br />

alla definizione del destinatario non meno che a<br />

quella del narratore.<br />

La poetica e la retorica<br />

Se i singoli contenuti espressi e le singole scelte<br />

linguistiche ricercano un pubblico <strong>di</strong> alto <strong>prof</strong>ilo<br />

culturale instaurando un <strong>di</strong>alogo folto <strong>di</strong> richiami<br />

alle più <strong>di</strong>verse fonti culturali, l’operazione<br />

complessiva risulta segnare le <strong>di</strong>stanze tra lo<br />

scrittore­Andrea Sperelli ed il lettore: operazione<br />

complessiva che consiste nella trasformazione<br />

della realtà in emozione lirica. Il mondo esterno<br />

viene privato delle denotazioni oggettive per<br />

essere trasformato in sensazione, emozione,<br />

sentimento. Naturalmente D’A. compie questa<br />

operazione innanzi tutto a livello linguistico, per<br />

mezzo <strong>di</strong> un continuo spostamento della parola<br />

dall’uso comune, ricorrendo ad una pluralità <strong>di</strong><br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 37


Analisi Tecnica. D’Annunzio<br />

a tutte le cose. Le attitu-<strong>di</strong>ni dei Dioscuri e dei cavalli s’allargavano nella luce;<br />

le groppe ampie brillavano come ornate <strong>di</strong> gualdrappe gemmanti; brillavano gli<br />

omeri e l’un braccio levato <strong>di</strong> ciascun semi<strong>di</strong>o. E, sopra, <strong>di</strong> tra i cavalli, slanciavasi<br />

l’obelisco; e, sotto, aprivasi la tazza della fontana; e lo zampillo e l’aguglia salivano<br />

alla luna come uno stelo <strong>di</strong> <strong>di</strong>amante e uno stelo <strong>di</strong> granito.<br />

Una solennità augusta scendeva dal monumento. Roma, d’innanzi, si <strong>prof</strong>ondava<br />

in un silenzio qua- si <strong>di</strong> morte, immobile, vacua, simile a una città addormentata<br />

da un potere fatale. Tutte le case, le chiese, le torri, tutte le selve confuse<br />

e miste dell’architettura pagana e cristiana biancheggiavano come una sola unica<br />

selva informe, tra i colli del Gianicolo e il Monte Mario perduti in un vapore argentino,<br />

lontanissimi, d’una immaterialità inesprimibile, si- mili forse ad orizzonti<br />

d’un paesaggio selenico, che suscitavano nello spirito la visione d’un qualche astro<br />

semispento abitato dai Mani. La Cupola <strong>di</strong> S. Pietro, luminosa d’un singolare<br />

azzurro metallico nell’azzurro dell’aria, giganteggiava prossima alla vista così che<br />

quasi pareva tangibile. E i due giovini Eroi cignìgeni, bellissimi in quell’immenso<br />

candore come in un’apoteosi della loro origine, parevano gli immortali Genii <strong>di</strong><br />

Roma vigilanti sul sonno della città sacra.<br />

La carrozza rimase ferma d’innanzi alla reggia, lungo tempo. Di nuovo, il poeta<br />

mezzi: il ricorso alla accezione più ricercata<br />

delle parole (l’ora estrema, nel signif. <strong>di</strong> limite<br />

orario ultimo, sien trascorse con valore spaziale),<br />

o a forme arcaiche (si <strong>prof</strong>ondava; attitu<strong>di</strong>ni,<br />

per l’atteggiamento, posizione; sien per siano;<br />

<strong>di</strong>fformi per <strong>di</strong>verse), o <strong>di</strong> lemmi nuovi in forme<br />

arcaicizzanti (adunazioni <strong>di</strong> neve, agglomerati <strong>di</strong><br />

neve), o a forme tronche (comprension, sien),<br />

a nessi scomposti in luogo degli assimilati<br />

(su l’Urbe, <strong>di</strong> su gli stipiti, d’innanzi). Largo è<br />

l’impiego del superlativo, vuoi nell’aspetto<br />

morfologico vuoi in quello semantico: si<br />

veda ad es. un periodo come: Ed era, in verità,<br />

una delle notti più belle che sien<br />

trascorse nel cielo <strong>di</strong> Roma; era uno <strong>di</strong> quegli<br />

spettacoli che opprimono d’una immensa tristezza<br />

lo spirito umano perché soverchiano<br />

ogni potenza am-mirativa e s f u g g o n o<br />

alla piena comprension dell’intelletto.<br />

È importante notare come dopo la manifestazione<br />

dell’inesprimibilità della bellezza della<br />

notte romana D’Annunzio si accinga a descriverla.<br />

La piazza del Quirinale, dunque, era<br />

imbiancata (ma can<strong>di</strong>da ha anche accezione<br />

morale) dalla neve; tale qualità coloristica si<br />

connota <strong>di</strong> spazialità (ampliata dal candore)<br />

e <strong>di</strong> luminosità. La deformazione del colore è<br />

avvio <strong>di</strong> un’altra deformazione­trasformazione<br />

(per mezzo dei paragoni, e <strong>di</strong> quella gradatio<br />

<strong>di</strong>staccandosi, avanzandosi, isolandosi): quella<br />

sovrannaturale, mitologica, del luogo: come<br />

un’acropoli olimpica. Sostiene l’operazione<br />

una notazione equivoca, a metà tra oggettività<br />

38 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

e mito: gli e<strong>di</strong>fizii ... grandeggiavano nel cielo<br />

aperto. Proprio cielo aperto costituisce il perno<br />

su cui D’Annunzio punta per consolidare l’illusione<br />

della vista <strong>di</strong> fronte alla magnificenza <strong>di</strong><br />

un mausoleo <strong>di</strong> pietra siderea (e si veda la modalità<br />

con cui si struttura il paragone: dando<br />

l’immagine). Così è che <strong>di</strong>vini colossi trovano<br />

luogo appropriato accanto a cavalli ornati <strong>di</strong><br />

gualdrappe gemmanti. L’incantesimo onirico<br />

operato tuttavia non mira alla trasformazione<br />

definitiva e totale della realtà in mito, in bellezza:<br />

serve che la realtà resti tangibile con la sua<br />

implicazione <strong>di</strong> meravigliosa bellezza: E, ...,<br />

<strong>di</strong> tra i cavalli, slanciavasi l’obelisco; e, sotto,<br />

aprivasi la tazza della fontana; e lo zampillo e<br />

l’aguglia salivano alla luna come uno<br />

stelo <strong>di</strong> <strong>di</strong>amante e uno stelo <strong>di</strong><br />

granito.<br />

I paragoni sono il mezzo più efficace, anche più<br />

della metafora, per comunicare la tensione della<br />

realtà verso il sogno: si veda questo appena<br />

letto: come uno stelo <strong>di</strong> <strong>di</strong>amante; e subito dopo<br />

Roma... simile ad una città addormentata da un<br />

potere fatale. Il paragone infatti suppone sempre<br />

la tangibile me<strong>di</strong>azione dello scrittore, capace<br />

<strong>di</strong> cogliere e <strong>di</strong> comunicare, anche attraverso la<br />

<strong>prof</strong>essione <strong>di</strong> ineffabilità, la <strong>di</strong>vina bellezza delle<br />

cose, ed insieme <strong>di</strong> comunicare la propria <strong>di</strong>vina<br />

attitu<strong>di</strong>ne a leggerla e ad esprimerla: E i due<br />

giovini Eroi cignìgeni, bellissimi in quell’immenso<br />

candore come in un’apoteosi della loro origine,<br />

parevano gli immortali Genii <strong>di</strong> Roma vigilanti<br />

sul sonno della città sacra.


Analisi Tecnica. D’Annunzio<br />

seguiva il suo sogno inarrivabile. E Maria Ferres era vicina; forse anche vegliava,<br />

sognando; forse anche sentiva gravare sul cuore tutta la grandezza della notte e<br />

ne moriva d’angoscia; inutilmente.<br />

La carrozza passò, piano, d’innanzi alla porta <strong>di</strong> Maria Ferres, ch’era chiusa,<br />

mentre in alto i vetri delle finestre rispecchiavano il plenilunio guardando gli orti<br />

pènsili aldobran<strong>di</strong>ni ove gli alberi sorgevano, aerei pro<strong>di</strong>gi. E il poeta gittò il fascio<br />

delle rose bianche su la neve, come un omaggio, d’innanzi alla porta <strong>di</strong> Maria Ferres.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 39


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

Il TRENO ha fISchIaTO<br />

Farneticava. Principio <strong>di</strong> febbre cerebrale, avevano detto i me<strong>di</strong>ci; e lo ripetevano<br />

tutti i compagni d’ufficio, che ritornavano a due, a tre, dall’ospizio, ov’erano<br />

stati a visitarlo.<br />

Pareva provassero un gusto particolare a darne l’annunzio coi termini scientifici,<br />

appresi or ora dai me<strong>di</strong>ci, a qualche collega ritardatario che incon travano per via:<br />

– Frenesia, frenesia.<br />

– Encefalite.<br />

– Infiammazione della membrana.<br />

– Febbre cerebrale.<br />

E volevan sembrare afflitti; ma erano in fondo così contenti, anche per quel<br />

dovere compiuto; nella pienezza della salute, usciti da quel triste ospizio al gajo<br />

azzurro della mattinata invernale.<br />

– Morrà ? Impazzirà ?<br />

– Mah !<br />

– Morire, pare <strong>di</strong> no...<br />

– Ma che <strong>di</strong>ce ? che <strong>di</strong>ce ?<br />

– Sempre la stessa cosa. Farnetica...<br />

– Povero Belluca !<br />

E a nessuno passava per il capo che, date le specialissime con<strong>di</strong>zioni in cui<br />

quell’infelice viveva da tant’anni, il suo caso poteva anche essere naturalissimo; e<br />

che tutto ciò che Belluca <strong>di</strong>ceva e che pareva a tutti delirio, sintomo della frenesia,<br />

poteva anche essere la spiegazione più semplice <strong>di</strong> quel suo naturalissimo caso.<br />

Veramente, il fatto che Belluca, la sera avanti, s’era fieramente ribellato al suo<br />

capo-ufficio, e che poi, all’aspra riprensione <strong>di</strong> questo, per poco non gli s’era sca-<br />

Come Verga e Capuana, anche Pirandello parte dall’esposizione dei fatti, per <strong>di</strong>r così, nu<strong>di</strong><br />

e cru<strong>di</strong>: sono i fatti, i personaggi, gli avvenimenti ad aver un significato; lo scrittore non deve<br />

intervenire per rendere letteraria la realtà: è, anzi, questa che si narra da sé, con maggiore<br />

efficacia (è ancora l’impersonalità dell’arte, teorizzata da Verga). Consegue una scrittura meno<br />

elaborata formalmente, lessicalmente chiara, ma neutra; priva, tutto sommato, anche <strong>di</strong> quei<br />

<strong>di</strong>alettismi <strong>di</strong> cui s’erano compiaciuti molti veristi italiani. Naturalmente questo non vuol <strong>di</strong>re<br />

che la scrittura pirandelliana sia priva <strong>di</strong> qualunque attenzione formale: è che quell’attenzione è<br />

tutta concentrata sulla deco<strong>di</strong>ficazione del gioco della realtà; sì che la narrazione, anche quella<br />

teatrale, s’identifica con un progressivo <strong>di</strong>svelamento dell’intreccio – spesso dell’inganno o<br />

della follia – delle cose e degli eventi, e dei ben più concreti mo venti interiori degli uomini, che<br />

poi <strong>di</strong>vengono, anzi sono, i fatti che interessano P. Non è ancora <strong>analisi</strong> psicologica: è l’<strong>analisi</strong><br />

dell’ineliminalibile soggettività nell’interpretare della realtà. Lo svelamento del gioco della vita<br />

è l’oggetto precipuo della sua scrittura: perciò personaggi e fatti prendono la connotazione <strong>di</strong><br />

simboli che si muovono in vista <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mostrazione: quella dell’irrazionalità e dell’assur<strong>di</strong>tà<br />

della vita. Tal che P. liquidava sia la tipologia manzoniana sia quella verghiana.<br />

40 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

LUIGI pIRANDELLO<br />

NOVELLE pER UN ANNO


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

gliato addosso, dava un serio argomento alla supposizione che si trattasse d’una<br />

vera e propria alienazione mentale.<br />

Perché uomo più mansueto e sottomesso, più meto<strong>di</strong>co e paziente <strong>di</strong> Belluca<br />

non si sarebbe potuto immaginare.<br />

Circoscritto... sì, chi l’aveva definito così ? Uno dei suoi compagni d’ufficio. Circoscritto,<br />

povero Belluca, entro i limiti angustissimi della sua arida mansione <strong>di</strong><br />

computista, senz’altra memoria che non fosse <strong>di</strong> partite aperte, <strong>di</strong> partite semplici<br />

o doppie o <strong>di</strong> storno, e <strong>di</strong> defalchi e prelevamenti e impostazioni; note, libri-mastri,<br />

partitarii, stracciafogli e via <strong>di</strong>cendo. Casellario ambulante: o piuttosto, vecchio<br />

somaro, che tirava zitto zitto, sempre d’un passo, sempre per la stessa strada la<br />

carretta, con tanto <strong>di</strong> paraocchi.<br />

Orbene, cento volte questo vecchio somaro era stato frustato, fustigato senza<br />

pietà, così per ridere, per il gusto <strong>di</strong> vedere se si riusciva a farlo imbizzire un po’, a<br />

fargli almeno almeno drizzare un po’ le orecchie abbattute, se non a dar segno che<br />

volesse levare un piede per sparar qualche calcio. Niente ! S’era prese le frustate<br />

ingiuste e le crudeli punture in santa pace, sempre, senza neppur fiatare, come<br />

se gli toccassero, o meglio, come se non le sentisse più, avvezzo com’era da anni e<br />

anni alle continue solenni bastonature della sorte.<br />

Inconcepibile, dunque, veramente, quella ribellione in lui, se non come effetto<br />

d’una improvvisa alienazione mentale.<br />

Tanto più che, la sera avanti, proprio gli toccava la riprensione; proprio aveva<br />

il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> fargliela, il capo-ufficio. Già s’era presentato, la mattina, con un’aria<br />

Elementi <strong>di</strong> tecnica narrativa<br />

Il primo periodo della novella è costituito da una<br />

sola frase: la frase da un solo verbo: manca il<br />

soggetto. Farneticava vien dato come il dato<br />

più rilevante, già come l’oggetto <strong>di</strong> cui l’autore<br />

<strong>di</strong>svelerà l’ingannevolezza. In questa maniera il<br />

narratore anticipa il nucleo della vicenda che in<br />

seguito esporrà (prolessi della vicenda). Il 2º<br />

periodo è costituito da quattro frasi <strong>di</strong> cui la 1ª<br />

è un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto, benché non presenti le<br />

rituali interpunzioni <strong>di</strong> riconoscimento; anche<br />

in questa occupa la prima posizione un’espressione<br />

che è conferma del concetto contenuto<br />

nel 1º periodo: Principio <strong>di</strong> febbre cerebrale<br />

è traduzione in termini me<strong>di</strong>ci del comune e<br />

popolare farneticava.<br />

Il giu<strong>di</strong>zio della con<strong>di</strong>zione del protagonista<br />

tende a <strong>di</strong>venire inconfutabile proprio dall’autorevolezza<br />

del lessico me<strong>di</strong>co, prima ancora<br />

che dalla esplicitazione che si tratta <strong>di</strong> un referto<br />

me<strong>di</strong>co. La 2ª frase del periodo è introdotta da<br />

una e che ha valore esplicativo (=perciò) e<br />

dunque è ulteriore conferma, come lo sono la<br />

seguente relativa (ritornavano) e la locativa<br />

(visitarlo). La relativa allarga l’orizzonte della<br />

realtà umana in cui s’è originato (o, meglio, da<br />

cui è stato determinato) l’evento frenetico e<br />

nel quale stesso risiede ogni assur<strong>di</strong>tà poiché<br />

lì, ancora, viene formulato il giu<strong>di</strong>zio sulla follia<br />

<strong>di</strong> Belluca. L’assur<strong>di</strong>tà è chiarita nel secondo<br />

capoverso (che logicamente, se non proprio<br />

sintatticamente, si estende sino alla chiusura<br />

della prima parte della novella): in quel gusto<br />

particolare, così in contrasto con la situazione<br />

dolorosa <strong>di</strong> Belluca; più avanti il gusto si svelerà<br />

essere contentezza. P., insomma, denuncia la<br />

generale convinzione della società che Belluca<br />

sia impazzito, e dunque non ha responsabilità<br />

alcuna, e l’immorale – o folle ? – autocompiacimento<br />

sempre della società circa la propria<br />

sanità mentale (la pienezza della salute): allo<br />

scopo si serve dell’anonimia degli interventi orali<br />

che evidenzia la generalità del giu<strong>di</strong>zio.<br />

L’ultimo periodo della parte è introdotto da una<br />

e avversativa (=invece). Il <strong>di</strong>svelamento della<br />

verità in opposizione a quanto detto sinora viene<br />

realizzato attraverso un largo uso <strong>di</strong> superlativi<br />

assoluti e relativi: specialissime, la più<br />

semplice e 2 volte naturalissimo. P. con questi<br />

enfatizza il ruolo della ragione a petto della quale<br />

il compiacimento dei colleghi <strong>di</strong> Belluca appare<br />

vera stupi<strong>di</strong>tà: dell’evento frenetico che colpisce<br />

un uomo occorre indagare le cause non fermarsi<br />

alle apparenze e la ricerca delle cause potrà<br />

mettere in evidenza che la vera pazzia è quella<br />

<strong>di</strong> chi si ritiene sano e che crede <strong>di</strong> non avere<br />

responsabilità del mancato riconoscimento in<br />

sé e negli altri dell’umano.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 41


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

insolita, nuova; e – cosa veramente enorme, paragonabile, che so ? al crollo d’una<br />

montagna – era venuto con più <strong>di</strong> mezz’ora <strong>di</strong> ritardo.<br />

Pareva che il viso, tutt’a un tratto, gli si fosse allargato. Pareva che i paraocchi<br />

gli fossero tutt’a un tratto caduti, e gli si fosse scoperto, spalancato d’improvviso<br />

all’intorno lo spettacolo della vita. Pareva che gli orecchi tutt’a un tratto gli si<br />

fossero sturati e percepissero per la prima volta voci, suoni non avvertiti mai.<br />

Così ilare, d’una ilarità vaga e piena <strong>di</strong> stor<strong>di</strong>mento, s’era presentato all’ufficio.<br />

E, tutto il giorno, non aveva combinato niente.<br />

La sera, il capo-ufficio, entrando nella stanza <strong>di</strong> lui, esaminati i registri, le<br />

carte:<br />

– E come mai ? Che hai combinato tutt’oggi ?<br />

Belluca lo aveva guardato sorridente, quasi con un’aria d’impudenza, aprendo<br />

le mani.<br />

– Che significa ? – aveva allora esclamato il capo-ufficio, accostandoglisi e<br />

prendendolo per una spalla e scrollandolo. – Ohé, Belluca !<br />

– Niente, « aveva risposto Belluca, sempre con quel sorriso tra d’impudenza e<br />

d’imbecillità su le labbra. – Il treno, signor Cavaliere.<br />

– Il treno ? Che treno ?<br />

– Ha fischiato.<br />

– Ma che <strong>di</strong>avolo <strong>di</strong>ci ?<br />

– Stanotte, signor Cavaliere. Ha fischiato. L’ho sentito fischiare...<br />

– Il treno ?<br />

– Sissignore. E se sapesse dove sono arrivato ! In Siberia... oppure oppure... nelle<br />

foreste del Congo... Si fa in un attimo, signor Cavaliere !<br />

Gli altri impiegati, alle grida del capo-ufficio imbestialito, erano entrati nella<br />

stanza e, sentendo parlare così Belluca, giù risate da pazzi.<br />

Allora il capo-ufficio – che quella sera doveva essere <strong>di</strong> malumore – urtato da<br />

quelle risate, era montato su tutte le furie e aveva malmenato la mansueta vittima<br />

<strong>di</strong> tanti suoi scherzi crudeli.<br />

Se non che, questa volta, la vittima, con stupore e quasi con terrore <strong>di</strong> tutti, s’era<br />

ribellata, aveva inveito, gridando sempre quella stramberia del treno che aveva<br />

Il veramente con cui si apre la seconda parte della novella introduce nel racconto la <strong>di</strong>versa<br />

prospettiva temporale: dalle visite a Belluca nell’ospizio si passa a narrare l’evento che ha determinato<br />

il ricovero. Il narratore adotta un registro colloquiale con il lettore veramente, orbene,<br />

ancora veramente, tanto più che. Tale registro vale a rendere un’impressione <strong>di</strong> familiarità con<br />

il lettore al quale si racconta, si ba<strong>di</strong>, per il piacere <strong>di</strong> raccontare, un fatto straor<strong>di</strong>nario: quello<br />

d’un uomo solitamente pacifico e pacificamente sottomesso che senz’apparente motivo si<br />

ribella. Presto si fa chiara la richiesta <strong>di</strong> complicità alla tesi che sottostà alla narrazione: non<br />

v’è nulla <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario in quella vicenda perché è il risultato inevitabile <strong>di</strong> certe situazioni<br />

(tal che viene da chiedersi se questa novella sia un testo narrativo o argomentativo; o se P.<br />

non si serva sempre dei testi narrativi per argomentare. Si pensi alla Comme<strong>di</strong>a dantesca, a I<br />

Promessi sposi... e viene da chiedersi se tutta la letteratura non si componga <strong>di</strong> testi argomentativi<br />

che usano modalità narrative e liriche: insomma si tratta semplicemente <strong>di</strong> riba<strong>di</strong>re l’unità<br />

inscin<strong>di</strong>bile <strong>di</strong> forma e contenuti) P. perciò si pone come testimone non passivo, non è mero<br />

registratore dei fatti (come avveniva nei veristi), è bensì giu<strong>di</strong>ce e <strong>di</strong>panatore delle incongruenze<br />

della realtà. Tanto più sarà cre<strong>di</strong>bile quanto più egli saprà porsi al <strong>di</strong> sopra delle parti: <strong>di</strong> qui il<br />

42 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

fischiato, e che, per<strong>di</strong>o, ora non più, ora ch’egli aveva sentito fischiare il treno, non<br />

poteva più, non voleva più esser trattato a quel modo.<br />

Lo avevano a viva forza preso, imbracato e trasci-nato all’ospizio dei matti.<br />

Seguitava ancora, qua, a parlare <strong>di</strong> quel treno. Ne imitava il fischio. Oh, un<br />

fischio assai lamentoso, come lontano, nella notte; accorato. E, subito dopo, soggiungeva:<br />

– Si parte, si parte... Signori, per dove ? per dove ?<br />

E guardava tutti con occhi che non erano più i suoi. Quegli occhi, <strong>di</strong> solito cupi,<br />

senza lustro, aggrottati, ora gli ridevano luci<strong>di</strong>ssimi, come quelli d’un bambino o<br />

d’un uomo felice; e frasi senza costrutto gli uscivano dalle labbra. Cose inau<strong>di</strong>te,<br />

espressioni poetiche, immaginose, bislacche, che tanto più stupivano, in quanto<br />

non si poteva in alcun modo spiegare come, per qual pro<strong>di</strong>gio, fiorissero in bocca<br />

a lui, cioè a uno che finora non s’era mai occupato d’altro che <strong>di</strong> cifre e registri e<br />

cataloghi, rimanendo come cieco e sordo alla vita: macchinetta <strong>di</strong> computisteria.<br />

Ora parlava <strong>di</strong> azzurre fronti <strong>di</strong> montagne nevose, levate al cielo; parlava <strong>di</strong> visci<strong>di</strong><br />

cetacei che, voluminosi, sul fondo dei mari, con la coda facevan la virgola. Cose,<br />

ripeto, inau<strong>di</strong>te.<br />

Chi venne a riferirmele insieme con la notizia dell’improvvisa alienazione<br />

mentale rimase però sconcertato, non notando in me, non che meraviglia, ma<br />

neppur una lieve sorpresa.<br />

Difatti io accolsi in silenzio la notizia.<br />

E il mio silenzio era pieno <strong>di</strong> dolore. Tentennai il capo, con gli angoli della bocca<br />

contratti in giù, amaramente, e <strong>di</strong>ssi:<br />

– Belluca, signori, non è impazzito. State sicuri che non è impazzito. Qualche<br />

cosa dev’essergli accaduta; ma naturalissima. Nessuno se la può spiegare, perché<br />

nessuno sa bene come quest’uomo ha vissuto finora. Io che lo so, son sicuro che mi<br />

spiegherò tutto natura-lissimamente, appena l’avrò veduto e avrò parlato con lui.<br />

riconoscimento che coloro che credevano alla pazzia <strong>di</strong> Belluca avessero un qualche punto<br />

<strong>di</strong> riferimento: dava un serio argomento alla supposizione. La modalità narrativa era già <strong>di</strong> A.<br />

Manzoni il quale più volte interviene nel suo romanzo e, vuoi ricorrendo alla conoscenza della<br />

storia vuoi rifacendosi all’altrettanto vera legge provvidenziale che la regge, spiegava al lettore<br />

l’intrinseca razionalità e consequenzialità degli eventi (particolari e generali). P. non conosce<br />

se non la storia degl’eventi particolari, dei quali ad<strong>di</strong>ta l’incongruenza, la follia, l’irrazionalità:<br />

la conseguenza non può che essere quella dell’approdo alla presa <strong>di</strong> coscienza che non v’è<br />

se non una legge: quella del caos.<br />

La strategia narrativa<br />

Il periodo coscritto... si <strong>di</strong>stende benché non vi<br />

siano evidenti i connettivi che leghino una frase<br />

all’altra, un periodo all’altro (operatori lessicali<br />

e grammaticali). Tuttavia la parola coscritto<br />

viene posta in corsivo e ad inizio <strong>di</strong> capoverso:<br />

è un segnale tipografico che connota l’aggettivo<br />

<strong>di</strong> forte autonomia, il cui valore sarà spiegato<br />

subito dopo: si tratta della definizione che <strong>di</strong><br />

Belluca e del suo comportamento avevano<br />

dato i colleghi d’ufficio. Il 2º periodo è ellittico<br />

del verbo perché vuole avere, ed ha, il valore <strong>di</strong><br />

risposta secca. L’anafora (la ripetizione <strong>di</strong> uno<br />

o più termini: in questo caso coscritto), poi,<br />

seguita dall’esclamativa, stabilisce la coerenza<br />

logico­sintattica con la ’risposta’ alla quale è<br />

omogenea per via dell’ellissi del verbo – così il<br />

terzo periodo – che assolve al ruolo <strong>di</strong> connettivo<br />

stilistico. Il risultato è quello <strong>di</strong> una grande<br />

rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> scrittura, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> intensa drammaticità.<br />

Tanto più s’avverte intensa se si tien<br />

conto del ricorso che P. fa – qui e nel successivo<br />

periodo – ad un proce<strong>di</strong>mento retorico che va<br />

sotto il nome <strong>di</strong> amplificazione, consistente<br />

nell’aggiunta <strong>di</strong> elementi lessicali, che, riferiti ad<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 43


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

Cammin facendo verso l’ospizio ove il poverino era stato ricoverato, seguitai a<br />

riflettere per conto mio:<br />

A un uomo che viva come Belluca finora ha vissuto, cioè una vita ’impossibile’,<br />

la cosa più ovvia, l’incidente più comune, un qualunque lievissimo inciampo<br />

impreveduto, che so io, d’un ciottolo per via, possono produrre effetti straor<strong>di</strong>narii,<br />

<strong>di</strong> cui nessuno si può dar la spiegazione, se non pensa appunto che la vita<br />

<strong>di</strong> quell’uomo è ’impossibile’. Bisogna condurre la spiegazione là, riattaccandola<br />

a quelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita impossibili, ed essa apparirà allora semplice e chiara.<br />

Chi veda soltanto una coda, facendo astrazione dal mostro a cui essa appartiene,<br />

potrà stimarla per se stessa mostruosa. Bisognerà riattaccarla al mostro; e allora<br />

non sembrerà più tale; ma quale dev’essere, appartenendo a quel mostro.<br />

Una coda naturalissima.<br />

Non avevo veduto mai un uomo vivere come Belluca.<br />

Ero suo vicino <strong>di</strong> casa, e non io soltanto, ma tutti gli altri inquilini della casa si<br />

domandavano con me come mai quell’uomo potesse resistere in quelle con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> vita.<br />

Aveva con sé tre cieche, la moglie, la suocera e la sorella della suocera: queste<br />

due, vecchissime, per cataratta; l’altra, la moglie, senza cataratta, cieca fissa; palpebre<br />

murate.<br />

Tutt’e tre volevano esser servite. Strillavano dalla mattina alla sera perché nessuno<br />

le serviva. Le due figliuole vedove, raccolte in casa dopo la morte dei mariti,<br />

l’una con quattro, l’altra con tre figliuoli, non avevano mai né tempo né voglia da<br />

badare ad esse; se mai, porgevano qualche ajuto alla madre soltanto.<br />

Con lo scarso provento del suo impieguccio <strong>di</strong> computista poteva Belluca dar<br />

da mangiare a tutte quelle bocche ? Si procurava altro lavoro per la sera, in casa:<br />

carte da ricopiare. E ricopiava tra gli strilli in<strong>di</strong>avolati <strong>di</strong> quelle cinque donne e<br />

uno stesso ambito semantico (significato),<br />

precisano il significato ed il grado del concetto<br />

prima espresso più genericamente. In vero qui<br />

P. combina amplificazione ed accumulazione,<br />

che a sua volta allinea una nuova serie <strong>di</strong><br />

elementi lessicali che riba<strong>di</strong>scono l’idea. Nello<br />

specifico limiti angustissimi e arida mansione <strong>di</strong><br />

computista (già computista allude ad un’attività<br />

priva d’ogni orizzonte spirituale) esplicitano<br />

il valore della coscrizione. La cui limitatezza<br />

viene amplificata da senz’altra memoria, la cui<br />

seguente elencazione serve solo a segnare i<br />

limiti dell’attività (inesistente) spirituale <strong>di</strong> Belluca:<br />

<strong>di</strong> partite semplici o doppie o <strong>di</strong> storno,<br />

e <strong>di</strong> defalchi... L’ultimo periodo del capoverso<br />

ancora ellettico del vb si apre con una metafora,<br />

casellario ambulante, che è coerente<br />

amplificazione <strong>di</strong> quanto detto nel precedente<br />

periodo e definitiva oggettualizzazione<br />

<strong>di</strong> Belluca (a momenti sarà animale): non più<br />

essere umano; ma oggetto privo <strong>di</strong> vita, archivio<br />

e memoria, forse or<strong>di</strong>nata, certo vuota d’ogni<br />

44 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

palpito e d’ogni fantasia. E P. si serve ancora<br />

una volta <strong>di</strong> un’amplificazione (si vedano la<br />

relativa che tirava zitto zitto; e d’un passo e per<br />

la stessa strada, che metteno in evidenza la natura<br />

del tutto sottomessa dell’animale­Belluca)<br />

combinata con l’anafora (sempre ... sempre).<br />

La tensione verso l’oralià o verso la teatralità<br />

è evidenziata da certi nessi, in particolare da<br />

quell’orbene (questo <strong>di</strong>scorso vale per tutta la<br />

novella), nell’uso assai modesto dell’ipotassi<br />

(subor<strong>di</strong>nazione), alla quale si preferiscono<br />

anafore <strong>di</strong> tutti i tipi (semplici: pareva ... pareva;<br />

esplicative: ilare ... ilarità). La tensione all’oralità<br />

è visibile anche nelle esclamazioni, niente !,<br />

in certi fatismi pleonastici, così, dunque,<br />

veramente, nel ricorso all’autocorrezione, o<br />

meglio. Tutto qesto convive facilmente con la<br />

metafora Belluca-asino, che è metafora popolare<br />

e d’uso comune, nel quale l’accezione<br />

<strong>di</strong> somaro=sciocco, ignorante è largamente<br />

accettata (oggi si preferiscono metafore sessuali),<br />

come lo è quella asino=lavoratore. Con


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

<strong>di</strong> quei sette ragazzi finché essi, tutt’e do<strong>di</strong>ci, non trovavan posto nei tre soli letti<br />

della casa.<br />

Letti ampii, matrimoniali; ma tre.<br />

Zuffe furibonde, inseguimenti, mobili rovesciati, stoviglie rotte, pianti, urli,<br />

tonfi, perché qualcuno dei ragazzi, al bujo, scappava e andava a cacciarsi fra le<br />

tre vecchie cieche, che dormivano in un letto a parte, e che ogni sera litigavano<br />

anch’esse tra loro, perché nessuna delle tre voleva stare in mezzo e si ribellava<br />

quando veniva la sua volta.<br />

Alla fine, si faceva silenzio, e Belluca seguitava a ricopiare fino a tarda notte,<br />

finché la penna non gli cadeva <strong>di</strong> mano e gli occhi non gli si chiudevano da sé.<br />

Andava allora a buttarsi, spesso vestito, su un <strong>di</strong>vanaccio sgangherato, e subito<br />

s<strong>prof</strong>ondava in un sonno <strong>di</strong> piombo, da cui ogni mattina si levava a stento, più<br />

intontito che mai.<br />

Ebbene, signori: a Belluca, in queste con<strong>di</strong>zioni, era accaduto un fatto ’naturalissimo’.<br />

Quando andai a trovarlo all’ospizio, me lo raccontò lui stesso, per filo e per<br />

segno. Era, sì, ancora esaltato un po’, ma naturalissimamente, per ciò che gli era<br />

accaduto. Rideva dei me<strong>di</strong>ci e degli infermieri e <strong>di</strong> tutti i suoi colleghi, che lo credevano<br />

impazzito.<br />

– Magari ! – <strong>di</strong>ceva. – Magari !<br />

Signori, Belluca, s’era <strong>di</strong>menticato da tanti e tanti anni – ma proprio <strong>di</strong>menticato<br />

– che il mondo esisteva.<br />

Assorto nel continuo tormento <strong>di</strong> quella sua sciagurata esistenza, assorto tutto<br />

il giorno nei conti del suo ufficio, senza mai un momento <strong>di</strong> respiro, come una<br />

A livello <strong>di</strong> macro­elementi rileva notare che la terza parte del racconto opera un ulteriore scarto<br />

temporale, con il ritorno al tempo in cui ha preso avvio il racconto: al momento delle visite<br />

dei colleghi all’ospizio. Lo scrittore attraverso segnali tipografici (gli spazi bianchi) scan<strong>di</strong>sce<br />

ora i tempi, ora le prospettive. Cammin facendo ... e Non avevo veduto mai ... introducono<br />

la riflessione dello scrittore sull’evento e il supporto logico della sua <strong>di</strong>agnosi; in particolare:<br />

« chi veda soltanto una coda, facendo astrazione dal mostro a cui essa appartiene, potrà stimarla<br />

per sé mostruosa. Bisognerà riattaccarla al mostro; e allora non sembrerà più tale; ma<br />

quale dev’essere, appartenendo a quel mostro » è espressione della filosofia del lontano<br />

<strong>di</strong> P. che consiste nel prendere le <strong>di</strong>stanze dalla realtà per coglierne l’intrinseca assur<strong>di</strong>tà ed<br />

grande facilità comunicativa (non sono necessari<br />

altri supporti per deco<strong>di</strong>ficare la metafora)<br />

il narratore­testimone utilizza i derivati imbizzire,<br />

calcio, frustate, punture, bastonature. La<br />

metafora resta facile, anzi, assume i toni della<br />

popolarità, ed imme<strong>di</strong>atamente comprensibile.<br />

Naturalmente questa tipologia scrittoria non<br />

significa superficialità: qui conta la costruzione<br />

degli eventi. Si veda il processo verbale con cui<br />

Belluca opera la sua liberazione, come la aperta<br />

confessione al capo­ufficio della sua fantasia e<br />

la conseguente riconquista della sua umanità: e<br />

se sapesse dove sono arrivato ! La formulazione<br />

della frase è lenta e parte da una comunicazione<br />

non verbale: aprendo le mani; poi da una parola<br />

insignificante: niente, seguita dal sostantivo che<br />

farà da soggetto alla frase­rivelazione, ma che<br />

per il momento, privo com’è <strong>di</strong> vb, richiede il<br />

completamento logico. P. strategicamente fa intervenire<br />

il capufficio che sospende la rivelazione<br />

del vb e il completamento della frase: Il tre-no ?<br />

Che treno ? e poi il il verbo. Mano a mano che<br />

Belluca <strong>di</strong>svela il suo sentire (che è sentire <strong>di</strong><br />

fantasia) aumenta l’irritata incomprensione del<br />

capo­ufficio che interviene interrompendo la<br />

pur breve frase <strong>di</strong> Belluca. Conviene appuntare<br />

l’attenzione sull’antagonismo tra la calma un po’<br />

folle dell’impiegato e la furia del suo superiore:<br />

è questo uno dei momenti in cui la strategia<br />

drammatico­narrativa <strong>di</strong> P. si fa più evidente.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 45


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

bestia bendata, aggiogata alla stanga d’una nòria o d’un molino, sissignori, s’era<br />

<strong>di</strong>menticato da anni e anni – ma proprio <strong>di</strong>menticato – che il mondo esisteva.<br />

Due sere avanti, buttandosi a dormire stremato su quel <strong>di</strong>vanaccio, forse per<br />

l’eccessiva stanchezza, insolitamente, non gli era riuscito d’addormentarsi subito.<br />

E, d’improvviso, nel silenzio <strong>prof</strong>ondo della notte, aveva sentito, da lontano,<br />

fischiare un treno.<br />

Gli era parso che gli orecchi, dopo tant’anni, chi sa come, d’improvviso gli si<br />

fossero sturati.<br />

Il fischio <strong>di</strong> quel treno gli aveva squarciato e portato via d’un tratto la miseria<br />

<strong>di</strong> tutte quelle sue orribili angustie, e quasi da un sepolcro scoperchiato s’era<br />

ritrovato a spaziare anelante nel vuoto arioso del mondo che gli si spalancava<br />

enorme tutt’intorno.<br />

S’era tenuto istintivamente alle coperte che ogni sera si buttava addosso, ed era<br />

corso col pensiero <strong>di</strong>etro a quel treno che s’allontanava nella notte.<br />

C’era, ah ! c’era, fuori <strong>di</strong> quella casa orrenda, fuori <strong>di</strong> tutti i suoi tormenti, c’era il<br />

mondo, tanto, tanto mondo lontano, a cui quel treno s’avviava... Firenze, Bologna,<br />

Torino, Venezia... tante città, in cui egli da giovine era stato e che ancora, certo,<br />

in quella notte sfavillavano <strong>di</strong> luci sulla terra. Sì, sapeva la vita che vi si viveva !<br />

La vita che un tempo vi aveva vissuto anche lui ! E seguitava, quella vita; aveva<br />

sempre seguitato, mentr’egli qua, come una bestia bendata, girava la stanga del<br />

molino. Non ci aveva pensato più ! Il mondo s’era chiuso per lui, nel tormento<br />

della sua casa, nell’arida, ispida angustia della sua computisteria... Ma ora, ecco,<br />

gli rientrava, come per travaso violento, nello spirito. L’attimo, che scoccava per<br />

lui, qua, in questa sua prigione, scorreva come un brivido elettrico per tutto il<br />

mondo, e lui con l’immaginazione d’improvviso risvegliata poteva, ecco, poteva<br />

seguirlo per città note e ignote, lande, montagne, foreste, mari... Questo stesso<br />

brivido, questo stesso palpito del tempo. C’erano, mentr’egli qua viveva questa vita<br />

’impossibile’, tanti e tanti milioni d’uomini sparsi su tutta la terra, che vivevano<br />

<strong>di</strong>versamente. Ora, nel medesimo attimo ch’egli qua soffriva, c’erano le montagne<br />

solitarie nevose che levavano al cielo notturno le azzurre fronti... Sì, sì, le vedeva,<br />

le vedeva, le vedeva così... c’erano gli oceani... le foreste...<br />

E, dunque, lui – ora che il mondo gli era rientrato nello spirito – poteva in<br />

qualche modo consolarsi ! Sì, levandosi ogni tanto dal suo tormento, per prendere<br />

con l’immaginazione una boccata d’aria nel mondo.<br />

Gli bastava !<br />

Naturalmente, il primo giorno, aveva ecceduto. S’era ubriacato. Tutto il mondo,<br />

dentro d’un tratto: un cataclisma. A poco a poco, si sarebbe ricomposto. Era<br />

ancora ebro della troppa troppa aria, lo sentiva.<br />

Sarebbe andato, appena ricomposto del tutto, a chiedere scusa al capo-ufficio,<br />

e avrebbe ripreso come prima la sua computisteria. Soltanto il capo-ufficio ormai<br />

inconsistenza. A quella filosofia è connessa la poetica de L’umorismo. Nell’opera umoristica<br />

la realtà viene colta nella sua incongruenza (nella sua stranezza, nel suo aspetto sorprendente<br />

ed umoristico), cosa che ci fa sorridere; subito dopo però interviene la riflessione che spiega la<br />

concatenazione delle con<strong>di</strong>zioni e dei fatti che porta alla situazione apparentemente comica:<br />

è così che questa si rivela, come <strong>di</strong>ce in questa nostra novella, naturalissima.<br />

46 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

non doveva pretender troppo da lui come per il passato: doveva concedergli che<br />

<strong>di</strong> tanto in tanto, tra una partita e l’altra da registrare, egli facesse una capatina,<br />

sì, in Siberia... oppure oppure... nelle foreste del Congo:<br />

– Si fa in un attimo, signor Cavaliere mio. Ora che il treno ha fischiato...<br />

la SIgNORa fROla<br />

E Il SIgNOR pONZa, SuO gENERO<br />

Ma insomma, ve lo figurate ? c’è da ammattire sul serio tutti quanti a non poter<br />

sapere chi tra i due sia il pazzo, se questa signora Frola o questo signor Ponza, suo<br />

genero. Cose che càpitano soltanto a Valdana, città <strong>di</strong>sgraziata, calamìta <strong>di</strong> tutti i<br />

forestieri eccentrici !<br />

Pazza lei o pazzo lui; non c’è via <strong>di</strong> mezzo: uno dei due dev’esser pazzo per forza.<br />

Perché si tratta niente meno che <strong>di</strong> questo… Ma no, è meglio esporre prima con<br />

or<strong>di</strong>ne.<br />

Sono, vi giuro, seriamente costernato dell’angoscia in cui vivono da tre mesi gli<br />

abitanti <strong>di</strong> Valdana, e poco m’importa della signora Frola e del signor Ponza, suo<br />

genero. Perché, se è vero che una grave sciagura è loro toccata, non è men vero che<br />

uno dei due, almeno, ha avuto la fortuna d’impazzirne e l’altro l’ha ajutato, séguita<br />

ad ajutarlo così che non si riesce, ripeto, a sapere quale dei due veramente sia pazzo;<br />

e certo una consolazione meglio <strong>di</strong> questa non se la potevano dare. Ma <strong>di</strong>co <strong>di</strong> tenere<br />

così, sotto quest’incubo, un’intera citta<strong>di</strong>nanza, vi par poco ? togliendole ogni<br />

sostegno al giu<strong>di</strong>zio, per modo che non possa più <strong>di</strong>stinguere tra fantasma e realtà.<br />

Un’angoscia, un perpetuo sgomento. Ciascuno si vede davanti, ogni giorno, quei due;<br />

Questa novella <strong>di</strong>venne poi il dramma Così è (se vi pare) (1917. Noi daremo l’e<strong>di</strong>zione del<br />

’25). La sua presenza qui è determinata dalla necessità <strong>di</strong> proporre in confronto la scrittura<br />

narrativa (novellistica, in particolare) e quella teatrale <strong>di</strong> L.P. Naturalmente, non è legittima<br />

nessuna generalizzazione, né all’interno dell’opera dello scrittore agrigentino, né nell’ambito<br />

delle tecniche della scrittura: si tratta qui solamente <strong>di</strong> proporre un esempio dal quale trarre<br />

qualche elemento <strong>di</strong> riflessione.<br />

Tecnica della narrazione<br />

Come nel caso de Il treno ha fischiato P. sceglie<br />

la modalità del colloquio col lettore: ve lo figurate<br />

?; Vi giuro; Ma no, è meglio esporre prima con<br />

or<strong>di</strong>ne; Vi par poco ? ... bisogna <strong>di</strong>rlo; Dico, non<br />

vi sembra... Ben presto, tuttavia scopriamo che<br />

lo scrittore fa parte della società <strong>di</strong> Valdana nella<br />

quale la vicenda appare in tutta la sua natura<br />

grottesca: è colui che in certa misura vive la situazione,<br />

in cert’altra misura cerca <strong>di</strong> spiegarla<br />

o <strong>di</strong> trovare i motivi dei comportamenti, soprattutto<br />

sociali. In vero c’è sempre una sostanziale<br />

ironia nei confronti della – sua – collettività che<br />

si trova nell’impossibilità <strong>di</strong> avere dei criteri <strong>di</strong><br />

giu<strong>di</strong>zio: Un’angoscia, un perpetuo sgomento.<br />

Ciascuno si vede davanti, ogni giorno, quei due;<br />

li guarda in faccia; sa che uno dei due è pazzo;<br />

li stu<strong>di</strong>a, li squadra, li spia e, niente ! non poter<br />

scoprire quale dei due; dove sia il fantasma,<br />

dove la realtà. E ancora: Nei panni del Prefetto,<br />

io... e così via. Ironica potrebbe altresì sembrare<br />

la considerazione che a deporre contro il signor<br />

Ponza è innanzi tutto il suo aspetto esteriore:<br />

Tozzo, senza collo, nero come un africano, con<br />

folti capelli ispi<strong>di</strong> su la fronte bassa. La signora<br />

Frola ha invece aspetto gentile, epperciò con<strong>di</strong>ziona<br />

positivamente gli abitanti <strong>di</strong> Valdana.<br />

Diciamo solo apparentemente ironica perché<br />

in realtà la situazione dei due nuovi arrivati<br />

destabilizza le certezze del modo comune <strong>di</strong><br />

pensare, credute universalmente e eternamern­<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 47


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

li guarda in faccia; sa che uno dei due è pazzo; li stu<strong>di</strong>a, li squadra, li spia e, niente !<br />

non poter scoprire quale dei due; dove sia il fantasma, dove la realtà. Naturalmente,<br />

nasce in ciascuno il sospetto pernicioso che tanto vale allora la realtà quanto il<br />

fantasma, e che ogni realtà può benissimo essere un fantasma e viceversa. Vi par<br />

poco ? Nei panni del signor prefetto, io darei senz’altro, per la salute dell’anima degli<br />

abitanti <strong>di</strong> Valdana, lo sfratto alla signora Frola e al signor Ponza, suo genero.<br />

Ma proce<strong>di</strong>amo con or<strong>di</strong>ne.<br />

Questo signor Ponza arrivò a Valdana or sono tre mesi, segretario <strong>di</strong> prefettura.<br />

Prese alloggio nel casolare nuovo all’uscita del paese, quello che chiamano “il Favo”.<br />

Lì. All’ultimo piano, un quartierino. Tre finestre che danno sulla campagna,<br />

alte, tristi (ché la facciata <strong>di</strong> là, all’aria <strong>di</strong> tramontana, su tutti quegli orti palli<strong>di</strong>,<br />

chi sa perché, benché nuova, s’è tanto intristita) e tre finestre interne, <strong>di</strong> qua, sul<br />

cortile, ove gira la ringhiera del ballatojo <strong>di</strong>viso da tramezzi a grate. Pendono da<br />

quella ringhiera, lassù lassù, tanti panierini pronti a esser calati col cor<strong>di</strong>no a un<br />

bisogno.<br />

Nello stesso tempo, però, con maraviglia <strong>di</strong> tutti, il signor Ponza fissò nel centro<br />

della città, e propriamente in Via dei Santi n. 15, un altro quartierino mobigliato <strong>di</strong><br />

tre camere e cucina. Disse che doveva servire per la suocera, signora Frola. E <strong>di</strong>fatti<br />

questa arrivò cinque o sei giorni dopo; e il signor Ponza si recò ad accoglierla, lui<br />

solo, alla stazione e la condusse e la lasciò lì, sola.<br />

Ora, via, si capisce che una figliuola, maritandosi, lasci la casa della madre per<br />

andare a convivere col marito, anche in un’altra città; ma che questa madre poi,<br />

non reggendo a star lontana dalla figliuola, lasci il suo paese, la sua casa, e la segua,<br />

e che nella città dove tanto la figliuola quanto lei sono forestiere vada ad abitare<br />

in una casa a parte, questo non si capisce più facilmente; o si deve ammettere tra<br />

suocera e genero una così forte incompatibilità da rendere proprio impossibile la<br />

convivenza, anche in queste con<strong>di</strong>zioni.<br />

Naturalmente a Valdana dapprima si pensò così. E certo chi scapitò per questo<br />

nell’opinione <strong>di</strong> tutti fu il signor Ponza. Della signora Frola, se qualcuno ammise<br />

che forse doveva averci anche lei un po’ <strong>di</strong> colpa, o per scarso compatimento o<br />

per qualche caparbietà o intolleranza, tutti considerarono l’amore materno che la<br />

traeva appresso alla figliuola, pur condannata a non poterle vivere accanto.<br />

Gran parte ebbe in questa considerazione per la signora Frola e nel concetto<br />

che subito del signor Ponza s’impresse nell’animo <strong>di</strong> tutti, che fosse cioè duro, anzi<br />

crudele, anche l’aspetto dei due, bisogna <strong>di</strong>rlo. Tozzo, senza collo, nero come un<br />

te valide. Il signor Ponza e la signora Frola, per<br />

<strong>di</strong> più, sono perfettamente adattati, rassegnati,<br />

alla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> non­conoscenza della verità,<br />

alla inestricabilità del reale: La signora Frola va<br />

spesso a trovare il genero alla prefettura per aver<br />

da lui qualche consiglio, o lo aspetta all’uscita<br />

per farsi accompagnare in qualche compera: e<br />

spessissimo, dal canto suo, nelle ore libere e<br />

ogni sera il signor Ponza va a trovare la signora<br />

Frola nel quartierino mobigliato. Questa stessa<br />

convinzione – che non è possibile conoscere<br />

la verità – è dello scrittore, abitante <strong>di</strong> Valdana.<br />

48 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Per altro L.P. contestualizza la vicenda in una<br />

città reale, in una via realistica <strong>di</strong> cui dà nome e<br />

numero civico, in un palazzo sul quale propone<br />

delle riflessioni non necessarie allo svolgimento<br />

della vicenda, utili a dare sostanza <strong>di</strong> verità alla<br />

narrazione: si veda la parentesi (ché la facciata<br />

<strong>di</strong> là, all’aria <strong>di</strong> tramontana, su tutti quegli orti<br />

palli<strong>di</strong>, chi sa perché, benché nuova, s’è tanto<br />

intristita). Oppure si veda il breve <strong>di</strong>alogo tra<br />

madre e figlia nel cortile del palazzo: esso non<br />

solo non aggiunge nulla a quanto già non si<br />

sapesse, ma è mera (o teatrale ?) ripetizione.


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

africano, con folti capelli ispi<strong>di</strong> su la fronte bassa, dense e aspre sopracciglia giunte,<br />

grossi mustacchi luci<strong>di</strong> da questurino, e negli occhi cupi, fissi, quasi senza bianco,<br />

un’intensità violenta, esasperata, a stento contenuta, non si sa se <strong>di</strong> doglia tetra o<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>spetto della vista altrui, il signor Ponza non è fatto certamente per conciliarsi<br />

la simpatia o la confidenza. Vecchina gracile, pallida, è invece la signora Frola, dai<br />

lineamenti fini, nobilissimi, e una aria malinconica, ma d’una malinconia senza<br />

peso, vaga e gentile, che non esclude l’affabilità con tutti.<br />

Ora <strong>di</strong> questa affabilità, naturalissima in lei, la signora Frola ha dato subito<br />

prova in città, e subito per essa nell’animo <strong>di</strong> tutti è cresciuta l’avversione per il<br />

signor Ponza; giacché chiaramente è apparsa a ognuno l’indole <strong>di</strong> lei, non solo<br />

mite, remissiva, tollerante, ma anche piena d’indulgente compatimento per il<br />

male che il genero le fa; e anche perché s’è venuto a sapere che non basta al signor<br />

Ponza relegare in una casa a parte quella povera madre, ma spinge la crudeltà fino<br />

a vietarle anche la vista della figliuola.<br />

Se non che, non crudeltà, protesta subito nelle sue visite alle signore <strong>di</strong> Valdana<br />

la signora Frola, ponendo le manine avanti, veramente afflitta che si possa<br />

pensare questo <strong>di</strong> suo genero. E s’affretta a decantarne tutte le virtù, a <strong>di</strong>rne tutto<br />

il bene possibile e immaginabile; quale amore, quante cure, quali attenzioni egli<br />

abbia per la figliuola, non solo, ma anche per lei, sì, sì, anche per lei; premuroso,<br />

<strong>di</strong>sinteressato… Ah, non crudele, no, per carità! C’è solo questo: che vuole tutta,<br />

tutta per sé la mo-gliettina, il signor Ponza, fino al punto che anche l’amore, che<br />

questa deve avere (e l’ammette, come no?) per la sua mamma, vuole che le arrivi<br />

non <strong>di</strong>rettamente, ma attraverso lui, per mezzo <strong>di</strong> lui, ecco. Sì, può parere crudeltà,<br />

questa, ma non lo è; è un’altra cosa, un’altra cosa ch’ella, la signora Frola, intende<br />

benissimo e si strugge <strong>di</strong> non sapere esprimere. Natura, ecco… ma no, forse una<br />

specie <strong>di</strong> malattia… come <strong>di</strong>re? Mio Dio, basta guardarlo negli occhi. Fanno in<br />

prima una brutta impressione, forse, quegli occhi; ma <strong>di</strong>cono tutto a chi, come<br />

lei, sappia leggere in essi: la pienezza chiusa, <strong>di</strong>cono, <strong>di</strong> tutto un mondo d’amore<br />

in lui, nel quale la moglie deve vivere senza mai uscirne minimamente, e nel quale<br />

nessun altro, neppure la madre, deve entrare. Gelosia? Sì, forse; ma a voler definire<br />

volgarmente questa totalità esclusiva d’amore.<br />

Egoismo? Ma un egoismo che si dà tutto, come un mondo, alla propria donna!<br />

Egoismo, in fondo, sarebbe quello <strong>di</strong> lei a voler forzare questo mondo chiuso<br />

d’amore, a volervisi introdurre per forza, quand’ella sa che la figliuola è felice, così<br />

Discorso <strong>di</strong>retto, in<strong>di</strong>retto,<br />

<strong>di</strong>retto libero, in<strong>di</strong>retto libero.<br />

Il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto, in<strong>di</strong>retto ecc. sono i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

citare, <strong>di</strong> riportare parole dei protagonisti del<br />

racconto, <strong>di</strong>fferenziandole da quelle dell’autore.<br />

Il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto evidenzia chi parla: Mario<br />

<strong>di</strong>sse: « Sono qui », epperciò <strong>di</strong> solito il vb è in<br />

prima persona, mentre è possibile trovare tutte<br />

le caratteristiche del linguaggio parlato, ellissi,<br />

esclamazioni, sospensioni e così via; il <strong>di</strong>scorso<br />

in<strong>di</strong>retto fa la parafrasi, o sintetizza, l’enunciato<br />

del parlante, epperciò <strong>di</strong> solito il vb è in terza<br />

persona e l’espressione è neutra. Nel <strong>di</strong>scorso<br />

in<strong>di</strong>retto libero il vb è in terza persona,<br />

ma si trovano le caratteristiche del linguaggio<br />

parlato: ellissi, esclamazioni ecc.; quando si<br />

riporta il soliloquio <strong>di</strong> un personaggio si ha il così<br />

detto flusso <strong>di</strong> coscienza (o stream of consciousness,<br />

o, in italiano, monologo interiore<br />

narrato, cfr più avanti). Se il soliloquio viene<br />

riportato in forma <strong>di</strong>retta, ma senza i rituali segni<br />

grafici e sintattici, allora si parlerà <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso<br />

<strong>di</strong>retto libero o monologo interiore citato.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 49


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

adorata… Questo a una madre può bastare! Del resto, non è mica vero ch’ella non<br />

la veda, la sua figliuola. Due o tre volte al giorno la vede: entra nel cortile della<br />

casa; suona il campanello e subito la sua figliuola s’affaccia <strong>di</strong> lassù.<br />

– Come stai Til<strong>di</strong>na?<br />

– Benissimo, mamma. Tu?<br />

– Come Dio vuole, figliuola mia. Giù, giù il panierino!<br />

E nel panierino, sempre due parole <strong>di</strong> lettera, con le notizie della giornata. Ecco,<br />

le basta questo. Dura ormai da quattr’anni questa vita, e ci s’è abituata la signora<br />

Frola. Rassegnata, sì. E quasi non ne soffre più.<br />

Com’è facile intendere, questa rassegnazione della signora Frola, quest’abitu<strong>di</strong>ne<br />

ch’ella <strong>di</strong>ce d’aver fatto al suo martirio, ridondano a carico del signor Ponza, suo<br />

genero, tanto più, quanto più ella col suo lungo <strong>di</strong>scorso si affanna a scusarlo.<br />

Con vera in<strong>di</strong>gnazione perciò, e anche <strong>di</strong>rò con paura, le signore <strong>di</strong> Valdana<br />

che hanno ricevuto la prima visita della signora Frola, accolgono il giorno dopo<br />

l’annunzio <strong>di</strong> un’altra visita inattesa, del signor Ponza, che le prega <strong>di</strong> concedergli<br />

due soli minuti d’u<strong>di</strong>enza, per una “doverosa <strong>di</strong>chiarazione”, se non reca loro<br />

incomodo.<br />

Affocato in volto, quasi congestionato, con gli occhi più duri e più tetri che<br />

mai, un fazzoletto in mano che stride per la sua bianchezza, insieme coi polsini e<br />

il colletto della camicia, sul nero della carnagione, del pelame e del vestito, il signor<br />

Ponza, asciugandosi <strong>di</strong> continuo il sudore che gli sgocciola dalla fronte bassa e dalle<br />

gote raschiose e violacee, non già per il caldo, ma per la violenza evidentissima<br />

dello sforzo che fa su se stesso e per cui anche le grosse mani dalle unghie lunghe<br />

gli tremano; in questo e in quel salotto, davanti a quelle signore che lo mirano<br />

quasi atterrite, domanda prima se la signora Frola, sua suocera, è stata a visita da<br />

loro il giorno avanti; poi, con pena, con sforzo, con agitazione <strong>di</strong> punto in punto<br />

crescenti, se ella ha parlato loro della figliuola e se ha detto che egli le vieta assolutamente<br />

<strong>di</strong> vederla e <strong>di</strong> salire in casa sua.<br />

Le signore, nel vederlo così agitato, com’è facile immaginare, s’affrettano a<br />

rispondergli che la signora Frola, sì, è vero, ha detto loro <strong>di</strong> quella proibizione <strong>di</strong><br />

Parlato e narrato<br />

S’è detto che a caratterizzare la novella è la<br />

<strong>di</strong>mensione colloquiale scelta dal narratore che<br />

qui sembra aver voluto eludere ogni momento<br />

descrittivo­narrativo. Si tratta sostanzialmente,<br />

infatti, <strong>di</strong> un unico <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto libero del<br />

narratore (cfr. ad es.: ... il signor Ponza non è<br />

fatto certamente per conciliarsi la simpatia o la<br />

confidenza. Vecchina gracile, pallida, è invece la<br />

signora Frola, dai lineamenti fini...), all’interno del<br />

quale i personaggi vengono introdotti a parlare<br />

ora in <strong>di</strong>scorsi in<strong>di</strong>retti liberi, ora in <strong>di</strong>scorsi<br />

<strong>di</strong>retti. Dunque, si tratta <strong>di</strong> una continua variazione<br />

della modalità elocutiva, più che narrativa,<br />

che conferisce alla novella una sua peculiare<br />

connotazione.<br />

50 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Andrà notato che il narratore­testimone pur<br />

cercando <strong>di</strong> porsi al <strong>di</strong> sopra delle parti, <strong>di</strong> fatto<br />

si fa portavoce volta a volta delle due fazioni<br />

della società <strong>di</strong> Valdana – l’una favorevole,<br />

l’altra contraria al signor Ponza, e viceversa<br />

nei confronti della signora Frola –: ciò <strong>di</strong> fatto<br />

comporta che la collettività sfuma sullo sfondo:<br />

Ciascuno si vede davanti, ogni giorno, quei<br />

due; li guarda in faccia; sa che uno dei due è<br />

pazzo; ... a Valdana dappima si pensò così;<br />

le signore <strong>di</strong> Valdana; insomma non esiste un<br />

vero e proprio deuteragonista, con un volto,<br />

con una personalità: sono le signore <strong>di</strong> Valdana<br />

(pressoché latitanti i maschi) a rilevare il caso e<br />

a trovarlo grottesco. Lo stesso narratore, s’è<br />

detto, assume le parti opposte.


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

vedere la figlia, ma anche tutto il bene possibile e immaginabile <strong>di</strong> lui, fino a scusarlo,<br />

non solo, ma anche a non dargli nessun’ombra <strong>di</strong> colpa per quella proibizione stessa.<br />

Se non che, invece <strong>di</strong> quietarsi, a questa risposta delle signore, il signor Ponza<br />

si agita <strong>di</strong> più; gli occhi gli <strong>di</strong>ventano più duri, più fissi, più tetri; le grosse gocce <strong>di</strong><br />

sudore più spesse; e alla fine, facendo uno sforzo ancor più violento su se stesso,<br />

viene alla sua “<strong>di</strong>chiarazione doverosa”.<br />

La quale è questa, semplicemente: che la signora Frola, poveretta, non pare,<br />

ma è pazza.<br />

Pazza da quattro anni, sì. E la sua pazzia consiste appunto nel credere che egli<br />

non voglia farle vedere la figliuola. Quale figliuola? È morta, è morta da quattro<br />

anni la figliuola: e la signora Frola, appunto per il dolore <strong>di</strong> questa morte, è impazzita:<br />

per fortuna, impazzita, sì, giacché la pazzia è stata per lei lo scampo dal suo<br />

<strong>di</strong>sperato dolore. Naturalmente non poteva scamparne, se non così, cioè credendo<br />

che non sia vero che la sua figliuola è morta e che sia lui, invece, suo genero, che<br />

non vuole più fargliela vedere.<br />

Per puro dovere <strong>di</strong> carità verso un’infelice, egli, il signor Ponza, seconda da<br />

quattro anni, a costo <strong>di</strong> molti e gravi sacrifici, questa pietosa follia: tiene, con <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>o<br />

superiore alle sue forze, due case: una per sé, una per lei; e obbliga la sua<br />

seconda moglie, che per fortuna caritatevolmente si presta volentieri, a secondare<br />

anche lei questa follia. Ma carità, dovere, ecco, fino a un certo punto: anche per<br />

la sua qualità <strong>di</strong> pubblico funzionario, il signor Ponza non può permettere che si<br />

creda <strong>di</strong> lui, in città, questa cosa crudele e inverosimile: ch’egli cioè, per gelosia o<br />

per altro, vieti a una povera madre <strong>di</strong> vedere la propria figliuola.<br />

Dichiarato questo, il signor Ponza s’inchina innanzi allo sbalor<strong>di</strong>mento delle<br />

signore, e va via. Ma questo sbalor<strong>di</strong>mento delle signore non ha neppure il tempo<br />

<strong>di</strong> scemare un po’, che rieccoti la signora Frola con la sua aria dolce <strong>di</strong> vaga malinconia<br />

a domandare scusa se, per causa sua, le buone signore si sono prese qualche<br />

spavento per la visita del signor Ponza, suo genero.<br />

E la signora Frola, con la maggior semplicità e naturalezza del mondo, <strong>di</strong>chiara<br />

a sua volta, ma in gran confidenza, per carità! poiché il signor Ponza è un pubblico<br />

funzionario, e appunto per questo ella la prima volta s’è astenuta dal <strong>di</strong>rlo, ma sì,<br />

perché questo potrebbe seriamente pregiu<strong>di</strong>carlo nella carriera; il signor Ponza,<br />

poveretto – ottimo, ottimo inappuntabile segretario alla prefettura, compìto,<br />

preciso in tutti i suoi atti, in tutti i suoi pensieri, pieno <strong>di</strong> tante buone qualità<br />

– il signor Ponza, poveretto, su quest’unico punto non… non ragiona più, ecco;<br />

il pazzo è lui, poveretto; e la sua pazzia consiste appunto in questo: nel credere<br />

che sua moglie sia morta da quattro anni e nell’andar <strong>di</strong>cendo che la pazza è lei,<br />

la signora Frola che crede ancora viva la figliuola. No, non lo fa per contestare<br />

in certo qual modo innanzi agli altri quella sua gelosia quasi maniaca e quella<br />

crudele proibizione a lei <strong>di</strong> vedere la figliuola, no; crede, crede sul serio il poveretto<br />

che sua moglie sia morta e che questa che ha con sé sia una seconda moglie.<br />

Caso pietosissimo! Perché veramente col suo troppo amore quest’uomo rischiò<br />

in prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere, d’uccidere la giovane moglietta delicatina, tanto che si<br />

dovette sottrargliela <strong>di</strong> nascosto e chiuderla a insaputa <strong>di</strong> lui in una casa <strong>di</strong> salute.<br />

Ebbene, il povero uomo, a cui già per quella frenesia d’amore s’era anche grave-<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 51


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

mente alterato il cervello, ne impazzì; credette che la moglie fosse morta davvero:<br />

e questa idea gli si fissò talmente nel cervello, che non ci fu più verso <strong>di</strong> levargliela,<br />

neppure quando, ritornata dopo circa un anno florida come prima, la moglietta<br />

gli fu ripresentata. La credette un’altra; tanto che si dovette con l’ajuto <strong>di</strong> tutti,<br />

parenti e amici, simulare un secondo matrimonio, che gli ha ridato pienamente<br />

l’equilibrio delle facoltà mentali.<br />

Ora la signora Frola crede d’aver qualche ragione <strong>di</strong> sospettare che da un pezzo<br />

suo genero sia del tutto rientrato in sé e ch’egli finga, finga soltanto <strong>di</strong> credere che<br />

sua moglie sia una seconda moglie, per tenersela così tutta per sé, senza contatto<br />

con nessuno, perché forse tuttavia <strong>di</strong> tanto in tanto gli balena la paura che <strong>di</strong> nuovo<br />

gli possa esser sottratta nascostamente. Ma sì. Come spiegare, se no, tutte le cure,<br />

le premure che ha per lei, sua suocera, se veramente egli crede che è una seconda<br />

moglie quella che ha con sé? Non dovrebbe sentire l’obbligo <strong>di</strong> tanti riguar<strong>di</strong> per<br />

una che, <strong>di</strong> fatto, non sarebbe più sua suocera, è vero? Questo, si ba<strong>di</strong>, la signora<br />

Frola lo <strong>di</strong>ce, non per <strong>di</strong>mostrare ancor meglio che il pazzo è lui; ma per provare<br />

anche a se stessa che il suo sospetto è fondato.<br />

– E intanto, « conclude con un sospiro che su le labbra le s’atteggia in un dolce<br />

mestissimo sorriso, « intanto la povera figliuola mia deve fingere <strong>di</strong> non esser lei,<br />

ma un’altra, e anch’io sono obbligata a fingermi pazza credendo che la mia figliuola<br />

sia ancora viva. Mi costa poco, grazie a Dio, perché è là, la mia figliuola, sana<br />

e piena <strong>di</strong> vita; la vedo, le parlo; ma sono condannata a non poter convivere con<br />

lei, e anche a vederla e a parlarle da lontano, perché egli possa credere, o fingere<br />

Dico, non vi sembra: P. chiama <strong>di</strong>rettamente in causa il lettore a giu<strong>di</strong>care la vicenda e a riflettere<br />

sulla <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> riconoscere la realtà: dov’è la realtà ? Il capoverso successivo serve a<br />

prevenire le possibili soluzioni che appaiono facili ed insieme fragili perché non si confrontano<br />

con l’assur<strong>di</strong>tà della vita. La signora Ponza, la donna che attualmente è la moglie dell’impiegato,<br />

in presenza <strong>di</strong> costui o della signora Frola non <strong>di</strong>rebbe mai la verità: cercherebbe, com’è<br />

naturale (ma la naturalezza è contraria alla ragionevolezza), d’accontentare l’una o l’altro. L’altra<br />

soluzione, costringerla ad un colloquio a quattr’occhi per evitare l’insi<strong>di</strong>a dei sentimenti, per<br />

farle confessare una verità ch’ella non può non sapere con certezza, è impe<strong>di</strong>ta dalla presenza<br />

d’un’altra irrazionalità, la gelosia del signor Ponza. L’irrazionalità presente nella vita <strong>di</strong> ognuno<br />

non è affatto <strong>di</strong> per sé un valore negativo, o giu<strong>di</strong>cabile come negativo: in casa Ponza non<br />

viene ammesso nessuno perché la donna non vuole correre il rischio che la signora Frola le<br />

entri in casa all’improvviso. Tal che l’isolamento è determinato da un atto <strong>di</strong> generosità. Come<br />

dalla medesima generosità è con<strong>di</strong>zionata l’assenza <strong>di</strong> una serva che avrebbe potuto costituire<br />

Tra morfologia e logica<br />

A mo’ d’esempio analizzeremo i tre capoversi<br />

del <strong>di</strong>scorso (in<strong>di</strong>retto libero) del signor Ponza<br />

alle signore <strong>di</strong> Valdana alle quali egli vuol fare una<br />

« <strong>di</strong>chiarazione doverosa ». Il primo capoverso<br />

contiene la <strong>di</strong>chiarazione: è composta da un<br />

solo periodo, a sua volta <strong>di</strong> due sole frasi <strong>di</strong> cui<br />

la reggente generica ed introduttiva: la quale è<br />

questa, la <strong>di</strong>pendente <strong>di</strong>chiarativa (in questo<br />

caso <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto).<br />

Il secondo capoverso si apre con una connessione<br />

logica anaforica che prelude alla<br />

52 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

trasformazione in <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto (<strong>di</strong>pende<br />

dall’in<strong>di</strong>catore che del periodo precedente !)<br />

del quale i perio<strong>di</strong> che lo compongono conservano<br />

molte caretteristiche: la frase è ellittica<br />

del vb (la frase nominale è tipica del <strong>di</strong>scorso<br />

<strong>di</strong>retto). Segue una coor<strong>di</strong>nata e con funzione<br />

<strong>di</strong>chiarativa, in cui appunto riporta, enfatizzandola,<br />

ad una nozione comune al parlante e<br />

all’ascoltatore. La successiva interrogativa (con<br />

l’anafora della identica parola) è un’altra costruzione<br />

nominale tanto da sembrare un’esclamativa.<br />

Tipico del linguaggio parlato è la posposizione<br />

del soggetto: tuttavia si tratta <strong>di</strong> un periodo


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

<strong>di</strong> credere che la mia figliuola, Dio liberi, è morta e che questa che ha con sé è una<br />

seconda moglie. Ma torno a <strong>di</strong>re, che importa se con questo siamo riusciti a ridare<br />

la pace a tutti e due? So che la mia figliuola è adorata, contenta; la vedo; le parlo;<br />

e mi rassegno per amore <strong>di</strong> lei e <strong>di</strong> lui a vivere così e a passare anche per pazza,<br />

signora mia, pazienza…<br />

Dico, non vi sembra che a Valdana ci sia proprio da restare a bocca aperta, a<br />

guardarci tutti negli occhi, come insensati? A chi credere dei due? Chi è il pazzo?<br />

Dov’è la realtà? dove il fantasma?<br />

Lo potrebbe <strong>di</strong>re la moglie del signor Ponza. Ma non c’è da fidarsi se, davanti<br />

a lui, costei <strong>di</strong>ce d’esser seconda moglie; come non c’è da fidarsi se, davanti alla<br />

signora Frola, conferma d’esserne la figliuola. Si dovrebbe prenderla a parte e farle<br />

<strong>di</strong>re a quattr’occhi la verità. Non è possibile. Il signor Ponza – sia o no lui il pazzo<br />

– è realmente gelosissimo e non lascia vedere la moglie a nessuno. La tiene lassù,<br />

un collegamento tra casa Ponza ed il mondo esterno. Resta che le motivazioni emozionali,<br />

sentimentali, mentre possono sod<strong>di</strong>sfare (e sod<strong>di</strong>sfano) il bisogno <strong>di</strong> risalire alla cause, non<br />

sod<strong>di</strong>sfano al bisogno <strong>di</strong> razionalità e dunque <strong>di</strong> conoscenza: tant’è che il prefetto s’accontenta<br />

delle spiegazioni del signor Ponza, mentre le signore <strong>di</strong> Valdana traggono una valutazione, sia<br />

pur solo genericamente, negativa. Ma dall’aspetto e dalla condotta: cioè la loro valutazione<br />

non ha fondamento sulla conoscenza dei fatti, ma su impressioni.<br />

A destabilizzare la società <strong>di</strong> Valdana ed il lettore – che dalla stranezza della situazione e dalle<br />

accuse reciproche <strong>di</strong> follia dedurrebbero rapporti burrascosi tra i due protagonisti – sopraggiunge<br />

la tenerezza che si manifesta quoti<strong>di</strong>anamente nelle azioni dei due. Non esiste nessuna<br />

conseguenzialità tra premesse ed esiti: le accuse reciproche, l’aspetto <strong>di</strong> Ponza e tutto il resto<br />

portano alla concretizzazione <strong>di</strong> una gran<strong>di</strong>ssima cor<strong>di</strong>alità tra i due: è che la vita è irrazionale.<br />

lungo, composto da frasi coor<strong>di</strong>nate dalla e, che<br />

assume qui funzione consecutiva; la locuzione<br />

per fortuna (simile a giustamente, opportunamente<br />

e simili) è, insieme, sintesi e giu<strong>di</strong>zio della<br />

consecutiva, sua valutazione positiva, ad essa<br />

fortemente coerente. Essa funziona anche da<br />

frase principale ellittica del vb, in cui l’anafora<br />

(dove la parola identica costituisce un cogente<br />

legame) impazzita fa da pre<strong>di</strong>cato nominale,<br />

dalla quale <strong>di</strong>pende un’ulteriore <strong>di</strong>chiarativa,<br />

giacché, che spiega la reggente per fortuna. Il<br />

connettivo logico (conclusivo) naturalmente<br />

chiude la serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiarative provando come<br />

veritiera quella che era stata presentata come<br />

« <strong>di</strong>chiarazione doverosa »: la pazzia è, per la<br />

signora Frola, rifugio dal dolore. In conclusione<br />

il signor Ponza adotta una sintassi morfologica<br />

e logica che rende il suo <strong>di</strong>scorso fortemente<br />

coeso e congruente. Si ba<strong>di</strong>, questa coerenza<br />

logica non fa chiarezza nella vicenda narrata: la<br />

signora Frola <strong>di</strong> qui a poco la <strong>di</strong>mostrerà falsa:<br />

non solo perché la <strong>di</strong>rà ’falsa’, ma soprattutto<br />

perché ella attribuirà al genero una condotta del<br />

tutto emotiva: non ragiona più, gelosia maniaca,<br />

crede... morta, troppo amore, gravemente alterato<br />

il cervello. Allora, tanto più serratamente<br />

logica sarà stata l’argomentazione cui ricorre il<br />

personaggio, tanto più apparirà risibile ed inutile<br />

il suo sforzo: è che per P. la razionalità non è più<br />

in grado <strong>di</strong> deco<strong>di</strong>ficare la realtà.<br />

Egli, il signor Ponza, è il deittico che segna la<br />

ripresa della modalità in<strong>di</strong>retta del <strong>di</strong>scorso, o<br />

meglio, che – nelle varietà <strong>di</strong>scorsivo­narrative<br />

adottate – mentre annuncia il passaggio dell’oggetto<br />

logico dell’argomentazione dalla signora<br />

Frola al signor Ponza, appunto, reintroduce il<br />

<strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto. Questo porta in primo piano il<br />

testimone­narratore (­espressione della società<br />

<strong>di</strong> Valdana) che, parafrasando il <strong>di</strong>scorso del<br />

vero locutore, fa proprie le sue parole. Narrativamente,<br />

insomma, la società, rappresentata<br />

dal narratore, ne con<strong>di</strong>vide le idee. Non a caso<br />

in questa parte <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto trovano<br />

spazio frasi che presentandosi come <strong>di</strong>chiarative,<br />

<strong>di</strong> fatto sono amplificazioni enfatiche<br />

delle affermazioni da cui <strong>di</strong>pendono. Si veda<br />

ad es.: seconda ... questa ... follia (reggente,<br />

affermazione): tiene (<strong>di</strong>chiarativa), con <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>o<br />

superiore alle sue forze (enfasi e <strong>di</strong>gressione),<br />

due case: una per sé, una per lei (enfasi). E si vedano<br />

gli enfatici: per fortuna, caritatevolmente,<br />

volentieri, anche lei. Ed infine il rafforzamento<br />

costituito da: ch’egli, cioè, per gelosia o per<br />

altro, vieti ...<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 53


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

come in prigione, sotto chiave; e questo fatto è senza dubbio in favore della signora<br />

Frola; ma il signor Ponza <strong>di</strong>ce che è costretto a far così, e che sua moglie stessa anzi<br />

glielo impone, per paura che la signora Frola non le entri in casa all’improvviso.<br />

Può essere una scusa. Sta anche <strong>di</strong> fatto che il signor Ponza non tiene neanche<br />

una serva in casa. Dice che lo fa per risparmio, obbligato com’è a pagar l’affitto <strong>di</strong><br />

due case; e si sobbarca intanto a farsi da sé la spesa giornaliera, e la moglie, che a<br />

suo <strong>di</strong>re non è la figlia della signora Frola, si sobbarca anche lei per pietà <strong>di</strong> questa,<br />

cioè d’una povera vecchia che fu suocera <strong>di</strong> suo marito, a badare a tutte le faccende<br />

<strong>di</strong> casa, anche alle più umili, privandosi dell’ajuto <strong>di</strong> una serva. Sembra a tutti<br />

un po’ troppo. Ma è anche vero che questo stato <strong>di</strong> cose, se non con la pietà, può<br />

spiegarsi con la gelosia <strong>di</strong> lui.<br />

Intanto, il signor Prefetto <strong>di</strong> Valdana s’è contentato della <strong>di</strong>chiarazione del<br />

signor Ponza. Ma certo l’aspetto e in gran parte la condotta <strong>di</strong> costui non depongono<br />

in suo favore, almeno per le signore <strong>di</strong> Valdana più propense tutte quante<br />

a prestar fede alla signora Frola. Questa, <strong>di</strong>fatti, viene premurosa a mostrar loro<br />

le letterine affettuose che le cala giù col panierino la figliuola, e anche tant’altri<br />

privati documenti, a cui però il signor Ponza toglie ogni cre<strong>di</strong>to, <strong>di</strong>cendo che le<br />

sono stati rilasciati per confortare il pietoso inganno.<br />

Certo è questo, a ogni modo: che <strong>di</strong>mostrano tutt’e due, l’uno per l’altra, un<br />

meraviglioso spirito <strong>di</strong> sacrifizio, commoventissimo; e che ciascuno ha per la<br />

presunta pazzia dell’altro la considerazione più squisitamente pietosa. Ragionano<br />

tutt’e due a meraviglia; tanto che a Valdana non sarebbe mai venuto in mente a<br />

nessuno <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che l’uno dei due era pazzo, se non l’avessero detto loro: il signor<br />

Ponza della signora Frola, e la signora Frola del signor Ponza.<br />

La signora Frola va spesso a trovare il genero alla prefettura per aver da lui<br />

qualche consiglio, o lo aspetta all’uscita per farsi accompagnare in qualche compera:<br />

e spessissimo, dal canto suo, nelle ore libere e ogni sera il signor Ponza va a<br />

trovare la signora Frola nel quartierino mobigliato; e ogni qual volta per caso l’uno<br />

s’imbatte nell’altra per via, subito con la massima cor<strong>di</strong>alità si mettono insieme; egli<br />

le dà la destra e, se stanca, le porge il braccio, e vanno così, insieme, tra il <strong>di</strong>spetto<br />

aggrondato e lo stupore e la costernazione della gente che li stu<strong>di</strong>a, li squadra, li<br />

spia e, niente!, non riesce ancora in nessun modo a comprendere quale sia il pazzo<br />

dei due, dove sia il fantasma, dove la realtà.<br />

54 • Dalla ſcrittura alla letteratura


MASChERE NUDE<br />

COSÌ È (SE VI pARE)<br />

(1925)<br />

ATTO I<br />

SCENA QUARTA<br />

Cameriere, detti poi la Signora Frola<br />

Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

Cameriere (presentandosi sulla soglia dell’uscio e annunziando) Permesso ? La signora<br />

Frola.<br />

Sirelli Oh ! Eccola qua.<br />

Agazzi Vedremo adesso se non sarà possibile, caro Lamberto !<br />

Signora Sirelli Benissimo ! Ah, sono proprio contenta !<br />

Amalia (alzandosi) La facciamo passare ?<br />

Agazzi No, ti prego, sie<strong>di</strong>. Aspetta che entri. Seduti, seduti. Bisogna star seduti. (Al<br />

cameriere) Fa’ passare.<br />

Il cameriere, via. Entrerà poco dopo la Signora Frola e tutti si alzeranno. La Signora Frola è una<br />

vecchina linda, modesta, affabilissima, con una grande tristezza negli occhi, ma attenuata da<br />

un costante dolce sorriso sulle labbra. La signora Amalia si farà avanti e le porgerà la mano.<br />

Amalia Favorisca, signora. (Tenendola per mano, farà le presentazioni): La Signora Sirelli,<br />

mia buona amica. – La signora Cini. – Mio marito. – Il signor Sirelli – La mia figliuola<br />

Dina – Mio fratello Lamberto Lau<strong>di</strong>si. – S’accomo<strong>di</strong>, signora.<br />

Il dramma presenta lo stesso caso della novella esaminata in precedenza. Naturalmente P.<br />

apporta delle variazioni. La prima è la scomparsa pressoché totale del narratore­testimone.<br />

S’è detto pressoché totale, dal momento che tra i personaggi troviamo Lamberto Lau<strong>di</strong>si, che<br />

assolve al ruolo <strong>di</strong> chi conosce la contrad<strong>di</strong>ttorietà della vita e si colloca in opposizione a quanti<br />

pretendono – dagli altri più che da sé stessi – comportamenti coerenti e razionali, o almeno<br />

coerenti a supposte leggi naturali o sociali. Sì che Lamberto Lau<strong>di</strong>si finisce per coincidere con<br />

il testimone della novella nella evidenziazione della contrad<strong>di</strong>ttorietà ed irrazionalità del reale.<br />

Una seconda variante funzionale al genere teatrale è che quella che era la società in<strong>di</strong>fferienziata<br />

<strong>di</strong> Valdana <strong>di</strong>viene qui una serie <strong>di</strong> personaggi la cui appartenenza sociale ha qualche<br />

rilevanza. Agazzi (al fianco del quale sta sua moglie Amalia, della quale Lamberto è fratello)<br />

è un Consigliere, dunque personaggio istituzionale; come istituzionali sono i personaggi del<br />

Prefetto e del Commissario. La scelta operata da P. rivela l’intenzione <strong>di</strong> portare sulla scena<br />

una società borghese che si riconosce in una precisa organizzazione, con leggi sue <strong>di</strong> rispetto<br />

<strong>di</strong> norme a salvaguar<strong>di</strong>a dell’onorabilità, dei valori della famiglia e così via. Per <strong>di</strong> più Il Prefetto<br />

ed il Commissario conferiscono alla vicenda rappresentata il carattere <strong>di</strong> vera e propria inchiesta,<br />

un poco poliziesca, e dunque volta a mantenere l’or<strong>di</strong>ne ed il buon nome delle istituzioni;<br />

a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto avveniva nella novella in cui i moventi dell’inchiesta erano addebitabili<br />

ad una più pettegola curiosità (in aderenza alla cor<strong>di</strong>ale colloquialità che la caratterizzava e<br />

caratterizza tanta parte della produzione novellistica <strong>di</strong> P.).<br />

Di qui, la costatazione del fallimento d’ogni tentativo <strong>di</strong> razionalizzazione della vita e della<br />

realtà sarà imputabile anche a quel tipo d’organizzazione sociale, o – ma è lo stesso – a quella<br />

ideologia che pretende <strong>di</strong> dare alla società un or<strong>di</strong>ne, quale che esso sia, e, or<strong>di</strong>nandola, <strong>di</strong><br />

mo<strong>di</strong>ficarla.<br />

Un’altra conseguenza deriva dalla impostazione inquisitoria della comme<strong>di</strong>a: ogni società si<br />

organizza su base burocratica: se la curiosità paesana può non concepire l’idea <strong>di</strong> verificare<br />

all’anagrafe la verità della cosa (perché non ha gli strumenti né l’investitura adatti), un prefetto<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 55


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

Signora Frola Sono dolente e chiedo scusa d’aver mancato fino ad oggi al mio dovere.<br />

– Lei, signora, con tanta degnazione mi ha onorata d’una visita, quando toccava a<br />

me <strong>di</strong> venire per la prima.<br />

Amalia Tra vicine, signora, non si bada a chi tocchi prima. Tanto più che lei, stando<br />

qui, sola, forestiera, chi sa, poteva avere bisogno…<br />

Signora Frola Grazie, grazie… troppo buona…<br />

Signora Sirelli La signora è sola in paese ?<br />

Signora Frola No, ho una figlia maritata: venuta anche lei, che è poco, qui.<br />

Sirelli Il genero della signora è il nuovo segretario della Prefettura: il signor Ponza, è<br />

vero ?<br />

Signora Frola Appunto, sì. E il signor Consigliere vorrà scusarmi, spero, e scusare<br />

anche mio genero.<br />

Agazzi Per <strong>di</strong>re la verità, signora, io mi sono avuto un po’ a male –<br />

Signora Frola (interrompendolo) – ha ragione, ha ragione ! Ma lei deve scusarlo !<br />

Siamo rimasti, creda, così scombussolati dalla nostra <strong>di</strong>sgrazia.<br />

Amalia Ah, già ! loro ebbero quel gran <strong>di</strong>sastro !<br />

Signora Sirelli Perdettero parenti ?<br />

Signora Frola Oh, tutti… – Tutti, signora mia. Del nostro paesello non c’è quasi più<br />

traccia: è rimasto lì tra le campagne, come un mucchio <strong>di</strong> rovine; abban-donate.<br />

e un commissario, invece, non possono non avere il dovere <strong>di</strong> percorrere le vie istituzionali per<br />

salvaguardare l’istituzione della quale alla fin fine sono i custo<strong>di</strong> ed i garanti. P. introduce così<br />

la storia del terremoto che avrebbe fatto scomparire tutti i documenti e, dunque, la possibilità<br />

<strong>di</strong> una verifica. Il terremoto, tuttavia, rende ancor più incomprensibile il comportamento del<br />

Ponza che, avendo perso tutta la sua famiglia sembra non essere interessato a ristabilire<br />

intorno a sé la trama <strong>di</strong> affetti. Conta che l’esigenza <strong>di</strong> dare una spiegazione accettabile al<br />

comportamento dei personaggi comporti nel <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> P. un incremento della irragionevolezza<br />

e della innaturalità <strong>di</strong> Ponza e <strong>di</strong> Frola.<br />

Un’ultima variante va qui sottolineata: l’arricchimento delle sfumature psicologiche dei personaggi,<br />

e soprattutto dei protagonisti. Tal che mentre il centro della novella era una vicenda<br />

familiare assurda; il centro del dramma sono gli in<strong>di</strong>vidui che vivono una vicenda assurda. Allo<br />

scopo P. si serve non solo dell’espressione <strong>di</strong>retta, <strong>di</strong>alogica, del dolore vissuto dai personaggi,<br />

bensì anche delle <strong>di</strong>dascalie che introdusse, numerose, nell’e<strong>di</strong>zione del 1925. Queste, che<br />

noi inten<strong>di</strong>amo come in<strong>di</strong>cazioni agli attori per un’esatta resa scenica dei personaggi, fanno<br />

parte integrante – e in Così è (se vi pare) in particolar modo – del <strong>di</strong>alogo tanto da suggerire<br />

l’impressione che non alle scene sia destinato il lavoro ma alla lettura. Per vero P. già da qualche<br />

anno aveva avvertito una forte sperequazione tra l’intenzione dell’autore e l’interpretazione degli<br />

attori: quegli mira all’arte, costoro al guadagno ed al successo. È che il teatro ha un destino<br />

’inovviabile’ che consiste nel fatto che l’autore produce una forma in qualche modo perfetta,<br />

l’attore <strong>di</strong> tale forma fa materia, per poi produrre una sua forma. L’unica possibilità <strong>di</strong> superare<br />

questa contrad<strong>di</strong>zione è che l’attore interpreti fedelissimamente la volontà dell’autore, che<br />

egli s’annulli completamente: cosa naturalmente impossibile, ché l’attore ha col pubblico un<br />

rapporto, anche economico, cui non può rinunciare.<br />

I mo<strong>di</strong> del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto<br />

Naturalmente, trasportata in teatro, la novella<br />

doveva perdere gran parte (non del tutto perché<br />

alcuni personaggi riferiscono parole <strong>di</strong> altri) del<br />

<strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto. Del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto il <strong>di</strong>alogo<br />

pirandelliano adopera largamente la ellissi<br />

del vb, l’anafora, l’enfasi, l’amplificazione,<br />

l’esclamazione. Il periodo è generalmente<br />

breve, spesso <strong>di</strong> una sola frase; come brevi<br />

sono i capoversi, o meglio le battute.<br />

56 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Nel linguaggio della signora Frola prevalgono il<br />

congiuntivo, spesso esortativo, talora ottativo,<br />

ed il con<strong>di</strong>zionale: segno sempre dell’ossequio<br />

che l’anziana donna porta ai rappresentanti<br />

<strong>di</strong> più alto grado <strong>di</strong> quell’ambiente sociale. In<br />

quello del signor Ponza è preferito il futuro suppositivo:<br />

Commendatore comprenderà, che ha<br />

connotazione più <strong>di</strong> rispetto che <strong>di</strong> ossequio.<br />

Più raziocinante il signor Ponza si <strong>di</strong>stende in<br />

battute più ampie ed articolate.


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

Sirelli Già ! s’è saputo !<br />

Signora Frola Io non avevo più che una sorella, con una figliuola anche lei, ma nubile.<br />

Per il mio povero genero la sciagura fu assai più grave. La madre, due fratelli, una<br />

sorella, e poi cognato, cognate, due nipotini.<br />

Sirelli Un’ecatombe !<br />

Signora Frola E sono sciagure per tutta la vita ! Si resta come stor<strong>di</strong>ti !<br />

Amalia Oh certo !<br />

Signora Sirelli Da un momento all’altro ! C’è da impazzire !<br />

Signora Frola Non si pensa più a nulla. Si manca senza volerlo, signor Consigliere.<br />

Agazzi Oh basta, prego, signora.<br />

Amalia Anche in considerazione <strong>di</strong> questa sciagura, io e la mia figliuola eravamo<br />

venute per le prime.<br />

Signora Sirelli ( friggendo) Già ! sapendo così sola la signora ! – Benché mi perdoni,<br />

signora, se oso do-mandarle come va che, avendo qua la figliuola, dopo una sciagura<br />

come questa, che… (peritosa, dopo aver filato così bene) mi sembra… dovrebbe far<br />

nascere nei superstiti il bisogno <strong>di</strong> star tutti uniti –<br />

Signora Frola (seguitando lei, per toglierla d’imbarazzo) – io me ne stia così sola, è<br />

vero ?<br />

Sirelli Già, ecco, pare strano, per essere sinceri.<br />

Signora Frola (dolente) Eh, lo capisco. (Poi, come per tentare una via <strong>di</strong> scampo) Ma…<br />

sa, son <strong>di</strong> parere che, quando un figliuolo o una figliuola sposano, si debbano lasciare<br />

a se stessi, a farsi la loro vita, ecco.<br />

Lau<strong>di</strong>si Benissimo ! Giustissimo ! Che dev’essere per forza un’altra, nelle nuove relazioni<br />

con la moglie o col marito.<br />

Signora Sirelli Ma non fino al punto, scusi Lau<strong>di</strong>si, da escludere dalla propria vita<br />

quella della madre !<br />

Lau<strong>di</strong>si Chi ha detto escludere ? Si parla adesso – se ho inteso bene – d’una madre che<br />

comprende che la figliuola non può e non deve rimanere legata a lei come prima,<br />

avendo ora un’altra vita per sé.<br />

Signora Frola (con viva riconoscenza) Ecco, è proprio così, signore ! Grazie ! Ho voluto<br />

proprio <strong>di</strong>r questo !<br />

Signora Cini Ma la sua figliuola, m’immagino, verrà, verrà qui spesso a tenerle compagnia.<br />

Signora Frola (tra le spine) Già… sì… ci ve<strong>di</strong>amo, certo…<br />

Sirelli (subito) Non esce mai <strong>di</strong> casa, però, la sua figliuola ! Almeno, nessuno l’ha mai<br />

veduta !<br />

Signora Cini Avrà forse da badare ai figliuoli !<br />

Signora Frola (subito) No, nessun figliuolo, ancora. E forse, ormai, non ne avrà più. È<br />

sposata già da sette anni. Ha da fare, in casa, certo. – Ma non è per questo. (Sorriderà,<br />

dolente; e soggiungerà per tentare un’altra via <strong>di</strong> scampo:) Noi sa – noi donne – siamo<br />

abituate, nei piccoli paesi, a star sempre in casa.<br />

Agazzi Anche quando ci sia la mamma da andare a vedere ? la mamma che non sta<br />

più con noi ?<br />

Amalia Ma la signora andrà lei a vedere la figliuola !<br />

Signora Frola (subito).Ah, certo ! Come no ? Una o due volte al giorno ci vado !<br />

Sirelli E sale, una, due volte al giorno, tutte quelle scale, fino all’ultimo piano <strong>di</strong> quel<br />

casone ?<br />

Signora Frola (smorendo, tentando ancora <strong>di</strong> volgere in riso il supplizio <strong>di</strong> quest’interrogatorio)<br />

Eh, no; non salgo, veramente. Ha ragione, signore: sarebbero troppe per<br />

me. Non salgo. La mia figliuola s’affaccia dalla parte del cortile e… e ci ve<strong>di</strong>amo, ci<br />

parliamo.<br />

Signora Sirelli Così soltanto ? Oh ! Non la vede mai da vicino ?<br />

Dina (cingendo col braccio il collo della madre) Io figlia, non pretenderei che mia madre<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 57


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

salisse per me ogni giorno novanta, cento scalini; ma non potrei contentarmi <strong>di</strong><br />

vederla, <strong>di</strong> parlarle da lontano, senza abbracciarla, senza sentirmela vicina.<br />

Signora Frola (vivamente turbata, imbarazzata) Ha ragione ! Eh sì, ecco, bisogna che io<br />

<strong>di</strong>ca. – Non vorrei che loro pensassero della mia figliuola quello che non è; che abbia per<br />

me poco affetto, poca considerazione. E anche <strong>di</strong> me che sono la mamma… Novanta,<br />

cento scalini non possono essere impe<strong>di</strong>mento a una madre, sia pur vecchia e stanca,<br />

quando poi abbia lassù il premio <strong>di</strong> potersi stringere al cuore la propria figliuola.<br />

Signora Sirelli (trionfante) Ah, ecco ! Lo <strong>di</strong>cevamo noi, signora ! Ci dev’essere una<br />

ragione !<br />

Amalia (con intenzione) C’è, ve<strong>di</strong>, Lamberto ? c’è una ragione !<br />

Sirelli (pronto) Suo genero, eh ?<br />

Signora Frola Oh, ma per carità, non pensino male <strong>di</strong> lui ! È un così bravo giovine !<br />

Lor signori non possono immaginare quanto sia buono ! Che affetto tenero e delicato,<br />

pieno <strong>di</strong> premure, abbia per me ! E non <strong>di</strong>co l’amore e le cure che ha per la mia figliuola.<br />

Ah, credano, che non avrei potuto desiderare per lei un marito migliore !<br />

Signora Sirelli Ma… allora ?<br />

Signora Cini Non sarà lui, allora, la ragione !<br />

Agazzi Ma certo ! Non mi sembra almeno possibile ch’egli proibisca alla moglie <strong>di</strong><br />

andare a trovar la madre, o alla madre <strong>di</strong> salire in casa per stare un po’ insieme con<br />

la figliuola !<br />

Signora Frola Proibire, no ! Io non ho detto che sia lui a proibircelo ! Siamo noi,<br />

signor Consigliere, io e mia figlia: ce ne asteniamo noi, spontaneamente, creda, per<br />

un riguardo a lui.<br />

Agazzi E come, scusi, <strong>di</strong> che potrebbe offendersi lui ? Non vedo !<br />

Signora Frola Non offendersi, signor Consigliere. – È un sentimento – un sentimento,<br />

signore mie, <strong>di</strong>fficile forse a intendere. Quando si sia inteso, però, non più <strong>di</strong>fficile<br />

– credano – a compatire; quantunque importi senza dubbio un sacrifizio non lieve,<br />

tanto a me, quanto alla mia figliuola.<br />

Agazzi Riconoscerà che almeno è strano, tutto questo che lei ci <strong>di</strong>ce, signora.<br />

Sirelli Già, e tale da suscitare e legittimare la curiosità.<br />

Agazzi Anche, <strong>di</strong>ciamo, qualche sospetto.<br />

Signora Frola Contro <strong>di</strong> lui ? No, per carità, non <strong>di</strong>ca ! Che sospetto, signor Consigliere<br />

?<br />

Agazzi Nessuno ! Non si turbi. Dico che si potrebbe sospettare.<br />

Signora Frola No, no ! E <strong>di</strong> che ? Se il nostro accordo è perfetto ! Siamo contente,<br />

contentissime, tanto io, quanto la mia figliuola.<br />

Signora Sirelli Ma è gelosia forse ?<br />

Signora Frola Per la madre ? Gelosia ? Non credo che si possa chiamare così, benché,<br />

non saprei veramente. – Ecco: egli vuole il cuore della moglie tutto per sé, fino al punto<br />

che anche l’amore che la mia figliuola deve avere per la sua mamma (e l’ammette,<br />

come no ? altro !) ma vuole che mi arrivi attraverso lui, per mezzo <strong>di</strong> lui, ecco !<br />

Agazzi Oh ! Ma scusi ! Mi sembra una crudeltà bella e buona, codesta !<br />

Signora Frola No, no, non crudeltà ! non <strong>di</strong>ca crudeltà, signor Consigliere ! È un’altra<br />

cosa, creda ! Non riesco a esprimermi… – Natura, ecco. Ma no… Forse, oh Dio<br />

mio, sarà magari una specie <strong>di</strong> malattia, se vogliono. È come una pienezza <strong>di</strong> amore<br />

– chiusa – ecco, sì, esclusiva; nella quale la moglie deve vivere, senza mai uscirne, e<br />

nella quale nessun altro deve entrare.<br />

Dina Neppure la madre ?<br />

Sirelli Un bell’egoismo, <strong>di</strong>rei !<br />

Signora Frola Forse. Ma un egoismo che si dà tutto, come un mondo, alla propria<br />

donna ! Egoismo, in fondo, sarebbe forse il mio, se volessi forzare questo mondo<br />

chiuso d’amore, quando so che la mia figliuola ci vive felice; così adorata ! – Questo,<br />

a una madre, signore mie, deve bastare, non è vero ? – Del resto, se io la vedo la mia<br />

58 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

figliuola e le parlo… (Con graziosa mossa confidenziale:) Il panierino che vado a tirare<br />

là nel cortile, porta su e giù, sempre, due paroline <strong>di</strong> lettera, con le notizie della giornata.<br />

– Mi basta questo. – E ormai già mi sono abituata; rassegnata, là, se vogliono !<br />

Non ne soffro più.<br />

Amalia Eh, dopo tutto, se son contente loro !<br />

Signora Frola (alzandosi) Oh, sì ! gliel’ho detto. Perché è tanto buono – credano !<br />

Come non potrebbe essere <strong>di</strong> più ! – Abbiamo ognuno le nostre debolezze, e bisogna<br />

che ce le compatiamo a vicenda. (Saluterà la signora Amalia:) Signora. (Saluterà le<br />

signore Sirelli e Cini, poi Dina; poi volgendosi al Consigliere Agazzi:) Mi avrà scusato…<br />

Agazzi Oh, signora, che <strong>di</strong>ce ! Le siamo gratissimi della visita.<br />

Signora Frola (saluterà col capo Sirelli e Lau<strong>di</strong>si, poi volgendosi alla signora Amalia) No<br />

prego… stia, stia, signora… non s’incomo<strong>di</strong>…<br />

Amalia Ma no, è mio dovere, signora.<br />

La Signora Frola uscirà accompagnata dalla signora Amalia, che rientrerà poco dopo.<br />

Sirelli Ma che ! ma che ! Vi siete contentati della spiegazione ?<br />

Agazzi Ma che spiegazione ? Qua ci deve esser sotto chi sa che mistero !<br />

Signora Sirelli E chi sa quanto deve soffrire quel povero cuore <strong>di</strong> madre !<br />

Dina Ma anche la figliuola, Dio mio !<br />

Pausa.<br />

Signora Cini (dall’angolo della stanza, dove si sarà rincantucciata per nascondere il pianto,<br />

con stridula esplosione) Le lagrime le tremavano nella voce !<br />

Amalia Già ! Quando ha detto che altro che cento scalini salirebbe, pur <strong>di</strong> stringersi<br />

al cuore la figliuola !<br />

Lau<strong>di</strong>si Io per me ho notato soprattutto uno stu<strong>di</strong>o, <strong>di</strong>co <strong>di</strong> più, un impegno <strong>di</strong> guardare<br />

da ogni sospetto il genero !<br />

Signora Sirelli Ma che ! Dio mio, se non sapeva come scusarlo !<br />

Sirelli Ma che scusare ! la violenza ? la barbarie ?<br />

SCENA QUINTA<br />

Cameriere, detti poi il Signor Ponza<br />

Cameriere (presentandosi sulla soglia) Signor Commendatore, c’è il signor Ponza che<br />

chiede d’essere ricevuto.<br />

Signora Sirelli Oh ! Lui !<br />

Sorpresa generale e movimento <strong>di</strong> curiosità ansiosa, anzi quasi sbigottimento.<br />

Scrivere il parlato<br />

Vari sono i mo<strong>di</strong> con cui il comportamento verbale<br />

si presenta nella vita e, naturalmente, nella<br />

letteratura. Il primo comportamento verbale si<br />

realizza tra due o più persone, con voce u<strong>di</strong>bile,<br />

variamente modulata, intorno ad un argomento,<br />

o partendo da un argomento. Perché si attui sono<br />

necessarie alcune con<strong>di</strong>zioni: la prima è che<br />

l’ascoltatore con<strong>di</strong>vida con il parlante non solo,<br />

ovviamente, la lingua, ma il livello qualitativo della<br />

lingua (colto, informale, gergale, e così via), ed il<br />

livello semantico (scientifico, letterario, evenenziale,<br />

generico e così via); è altresì necessario<br />

che tra chi parla e chi interloquisce si stabilisca<br />

o un’adesione o un’opposizione: insomma, si<br />

stabilisca o una con<strong>di</strong>visione delle idee o una loro<br />

contestazione. Dall’infinita varietà dei gra<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

con<strong>di</strong>visione dell’uno e dell’altra deriva l’infinita<br />

varietà dei tipi <strong>di</strong> comunicazione interpersonale.<br />

In questa grande varietà <strong>di</strong> forme <strong>di</strong>stingueremo<br />

due tipi fondamentali: lo scambio verbale<br />

tra due persone, e quello tra più persone; nel<br />

primo caso avremo il <strong>di</strong>alogo, nel secondo la<br />

conversazione. Il <strong>di</strong>alogo ha due modalità<br />

fondamentali: il così detto botta e risposta (il<br />

cui nome tecnico è sticomitia) ed il <strong>di</strong>alogo vero<br />

e proprio. Il primo è caratterizzato da battute<br />

brevi, anche semplici asserzioni o negazioni, la<br />

con<strong>di</strong>visione/opposizione è più rilevata. Questo<br />

non vuol <strong>di</strong>re che non possano essere trattati<br />

argomenti <strong>di</strong> rilievo (si pensi a: «Dio esiste ?»;<br />

«Ne parla tutto l’universo»; «L’universo è caos»,<br />

«Anche nel caos vigono leggi ferree », e<br />

così via). Caratterizzano la botta e risposta la<br />

velocità e il ritmo: per questo abbonderanno le<br />

ellissi del vb, del soggetto, dell’oggetto ecc.,<br />

le esclamazioni, le allusioni, le sospensioni.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 59


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

Agazzi Ricevuto da me ?<br />

Cameriere Sissignore. Ha detto così.<br />

Signora Sirelli Per carità, lo riceva qua, Commendatore ! – Ho quasi paura; ma una<br />

grande curiosità <strong>di</strong> vederlo da vicino, questo mostro !<br />

Amalia Ma che vorrà ?<br />

Agazzi Sentiremo. Sedete, sedete. Bisogna star seduti. Al cameriere Fallo passare.<br />

Il cameriere s’inchinerà e andrà via. Entrerà poco dopo il signor Ponza. Tozzo, bruno, dall’aspetto<br />

quasi truce, tutto vestito <strong>di</strong> nero, capelli neri, fitti, fronte bassa, grossi baffi neri.<br />

Stringerà continuamente le pugna e parlerà con sforzo, anzi con violenza a stento contenuta.<br />

Di tratto in tratto si asciugherà il sudore con un fazzoletto listato <strong>di</strong> nero. Gli occhi, parlando,<br />

gli resteranno costantemente duri, fissi, tetri.<br />

Agazzi Venga, venga avanti, signor Ponza ! Presentandolo: Il nuovo segretario signor<br />

Ponza: la mia signora – la signora Sirelli – la signora Cini – la mia figliuola – il signor<br />

Sirelli – Lau<strong>di</strong>si mio cognato. – S’accomo<strong>di</strong>.<br />

Ponza Grazie. Un momento solo e tolgo l’incomodo.<br />

Agazzi Vuol parlare a parte con me ?<br />

Ponza No, posso… posso anche davanti a tutti. Anzi… È… è una <strong>di</strong>chiarazione doverosa,<br />

da parte mia.<br />

Agazzi Dice per la visita della sua signora suocera ? Può farne a meno; perché –<br />

Ponza – non per questo, signor Commendatore. Tengo anzi a far sapere che la signora<br />

Frola, mia suocera, sarebbe venuta senza dubbio prima che la sua signora e la signorina<br />

avessero la bontà <strong>di</strong> degnarla d’una loro visita, se io non avessi fatto <strong>di</strong> tutto per<br />

impe<strong>di</strong>rglielo, non potendo permettere che ella faccia visite o ne riceva.<br />

Agazzi (con fiero risentimento) Ma perché, scusi ?<br />

Ponza (alterandosi sempre più, nonostante gli sforzi per contenersi) Mia suocera avrà<br />

parlato a lor signori della sua figliuola; avrà detto che io le proibisco <strong>di</strong> vederla, <strong>di</strong><br />

salire in casa mia ?<br />

Amalia Ma no ! La signora è stata piena <strong>di</strong> riguardo e <strong>di</strong> bontà per lei !<br />

Dina Non ha detto <strong>di</strong> lei altro che bene !<br />

Agazzi E che s’astiene lei, <strong>di</strong> salire in casa dalla figliuola, per un riguardo a un suo<br />

sentimento, che noi francamente le <strong>di</strong>ciamo <strong>di</strong> non comprendere.<br />

Ben tollerata (tollerata !) è la breve espressione<br />

<strong>di</strong>alettale o gergale.<br />

Nel <strong>di</strong>alogo vero e proprio la con<strong>di</strong>visione / opposizione<br />

s’arricchisce <strong>di</strong> sfumature e <strong>di</strong> mezzi<br />

toni, l’argomentazione tende ad enunciare cause<br />

e moventi. Tuttavia, la sintassi resta semplice,<br />

la grammatica facile; tanto che sono tollerabili<br />

taluni errori come l’anacoluto, la non concordanza<br />

soggetto­vb, una debole consecutio<br />

temporum, la sostituzione del congiuntivo<br />

con l’imperfetto. Sono tollerabili, s’è detto, non<br />

prescrittive: ché tanto nel parlato reale, quanto<br />

nella sua trascrizione è assolutamente preferibile<br />

non cadere in errori. Pirandello, anche quando,<br />

rarissimamente, adopera una cadenza <strong>di</strong>alettale,<br />

non indulge mai a mettere sulla bocca dei<br />

suoi personaggi la benché minima imprecisione<br />

sintattica.<br />

Se gli interlocutori sono più <strong>di</strong> due parleremo <strong>di</strong><br />

conversazione, la cui caratteristica principale<br />

è quella <strong>di</strong> proporre un’argomentazione – che<br />

nella sticomitia e nel <strong>di</strong>alogo è <strong>di</strong> norma assai<br />

ben in<strong>di</strong>viduata e ad<strong>di</strong>rittura unica (insomma si<br />

60 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

parla d’un solo argomento) – più varia ed involuta.<br />

I vari personaggi che partecipano apportano<br />

il loro contributo, non sempre però conseguenzialmente<br />

a quanto s’è detto e si sta <strong>di</strong>cendo, a<br />

meno che non ci rifacciamo ai <strong>di</strong>aloghi platonici<br />

come il Fedro, o il Convito, o ciceroniani, e a<br />

quelli quattro­cinquecenteschi, come gli Asolani<br />

<strong>di</strong> Pietro Bembo e Il Cortegiano <strong>di</strong> Baltasar<br />

Castiglione. Nella conversazione gli interlocutori<br />

fraintendono, portano le loro esperienze <strong>di</strong> vita<br />

e <strong>di</strong> pensiero (non sempre imme<strong>di</strong>atamente<br />

attinenti all’argomento e frammischiata ad altri<br />

inten<strong>di</strong>menti), talora non sentono ad<strong>di</strong>rittura,<br />

stabiliscono rapporti psicologici complessi o<br />

alternativi (si può assecondare un’idea solo<br />

per compiacere o per il gusto <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>re<br />

chi la sostiene): perciò la conversazione risulta<br />

più sfrangiata, piena <strong>di</strong> ripetizioni e <strong>di</strong> interventi<br />

sostenuti dal carattere <strong>di</strong> ciascun interlocutore,<br />

come fanno appunto, in Così è (se vi pare),<br />

Agazzi, Lau<strong>di</strong>si, Dina, oltre, naturalmente, ai<br />

protagonisti.


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

Signora Sirelli Anzi, se dovessimo <strong>di</strong>re proprio ciò che ne pensiamo…<br />

Agazzi Ma sì, ci è parsa una crudeltà, ecco ! una vera crudeltà !<br />

Ponza Sono qua appunto per chiarir questo, signor Commendatore. La con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

questa donna è pietosissima. Ma non meno pietosa è la mia, anche per il fatto che mi<br />

obbliga a scusarmi, a dar loro conto e ragione d’una sventura, che soltanto… soltanto<br />

una violenza come questa poteva costringermi a svelare. Si fermerà un momento a<br />

guardare tutti, poi <strong>di</strong>rà lento e staccato: La Signora Frola è pazza.<br />

Tutti (con un sussulto) Pazza ?<br />

Ponza Da quattro anni.<br />

Signora Sirelli (con un grido) Oh Dio, ma non pare affatto !<br />

Agazzi (stor<strong>di</strong>to) Come, pazza ?<br />

Ponza Non pare, ma è pazza. E la sua pazzia consiste appunto nel credere che io non<br />

voglia farle vedere la figliuola. Con orgasmo d’atroce e quasi feroce commozione: Quale<br />

figliuola, in nome <strong>di</strong> Dio, se è morta da quattro anni la sua figliuola ?<br />

Tutti (trasecolati) Morta ? – Oh !… – Come ? – Morta ?<br />

Ponza Da quattro anni. È impazzita proprio per questo.<br />

Sirelli Ma dunque, quella che lei ha con sé ? –<br />

Ponza – l’ho sposata da due anni: è la mia seconda moglie.<br />

Amalia E la signora crede che sia ancora la sua figliuola ?<br />

Ponza È stata la sua fortuna, se così può <strong>di</strong>rsi. Mi vide passare per via con questa mia<br />

seconda moglie, dalla finestra della stanza dove la tenevano custo<strong>di</strong>ta; credette <strong>di</strong><br />

rivedere in lei, viva, la sua figliuola; e si mise a ridere, e tremar tutta; si sollevò d’un<br />

tratto dalla tetra <strong>di</strong>sperazione in cui era caduta, per ritrovarsi in quest’altra follia,<br />

dapprima esultante, beata, poi a mano a mano più calma, ma angustiata così, in una<br />

rassegnazione a cui s’è piegata da sé; e tuttavia contenta, come han potuto vedere.<br />

S’ostina a credere che non è vero che sua figlia sia morta, ma che io voglia tenermela<br />

tutta per me, senza fargliela più vedere. È come guarita. Tanto che, a sentirla parlare,<br />

non sembra più pazza affatto.<br />

Amalia Affatto ! Affatto !<br />

Un tipo peculiare <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo è quello nel quale<br />

il parlante si rivolge esplicitamente ad un<br />

ascoltatore che tace del tutto o al più si limita<br />

ad interventi marginali. Si ha in tal caso il monologo.<br />

La presenza dell’ascoltatore bisogna<br />

sia rilevabile nell’interno dell’argomentazione:<br />

insomma l’ascoltatore svolge un silenzioso, ma<br />

attivo ruolo nella costruzione del <strong>di</strong>scorso del<br />

parlante almeno per la presenza <strong>di</strong> un sia pur<br />

generico in<strong>di</strong>catore (tu.., voi..., il pubblico). Nella<br />

letteratura teatrale esistono opere intere scritte<br />

in forma <strong>di</strong> monologo: basti pensare, tra le opere<br />

<strong>di</strong> P., a L’uomo dal fiore in bocca (ma tantissime<br />

delle Novelle per un anno sono monologhi del<br />

narratore); famosi i monologhi <strong>di</strong> Ettore Petrolini,<br />

ed il recente Mistero buffo <strong>di</strong> Dario Fo. Il<br />

monologo può costituire una parte, più o meno<br />

limitata <strong>di</strong> un dramma, <strong>di</strong> una comme<strong>di</strong>a, <strong>di</strong> una<br />

trage<strong>di</strong>a: si pensi al monologo dell’Amleto. In tal<br />

caso esso sembra sospendere l’azione scenica<br />

(s’è detto che non è una forma esclusivamente<br />

teatrale, ma si ritrova in ogni tipo <strong>di</strong> scrittura)<br />

e rappresenta un momento <strong>di</strong> riflessione sul<br />

personaggio parlante, o sull’azione che si sta<br />

svolgendo, tal che il monologo è facilmente<br />

in<strong>di</strong>viduabile all’interno del dramma.<br />

Prima <strong>di</strong> passare ad esporre sommariamente<br />

l’evoluzione del monologo, desideriamo analizzare<br />

il soliloquio, che rispetto al precedente<br />

si caratterizza per la sostanziale assenza del<br />

referente esterno: il parlante si rivolge a sé<br />

stesso epperciò è più libero dalla necessità <strong>di</strong><br />

mantenere la coerenza argomentativa, <strong>di</strong> farsi<br />

capire dall’interlocutore. Naturalmente non<br />

sono caratteristiche obbligatorie: tuttavia nel<br />

soliloquio prevale l’aspetto lirico, irrazionale, è<br />

una lunga eslamazione che non vuole persuadere<br />

nessuno e, alla fin fine, che non s’aspetta<br />

d’essere con<strong>di</strong>viso da nessuno.<br />

Proprio per queste caratteristiche il soliloquio<br />

ha trovato terreno fertile nell’<strong>analisi</strong> psicologica<br />

e con la scoperta dell’inconscio. Esso ha fortemente<br />

caratterizzato tanta parte del romanzo<br />

moderno,a partire dall’Ulisse <strong>di</strong> James Joyce nel<br />

quale il personaggio parla <strong>di</strong> sé senza l’esplicito<br />

intervento del narratore: è il flusso <strong>di</strong> coscienza,<br />

o monologo interiore che in Italia troverà<br />

una straor<strong>di</strong>naria utilizzazione nella Coscienza<br />

<strong>di</strong> Zeno <strong>di</strong> Italo Svevo.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 61


Analisi Tecnica. Pirandeo<br />

Signora Sirelli Eh sì, <strong>di</strong>ce proprio che è contenta così.<br />

Ponza Lo <strong>di</strong>ce a tutti. E ha per me veramente affetto e gratitu<strong>di</strong>ne. Perché io cerco<br />

d’assecondarla quanto più posso, anche a costo <strong>di</strong> gravi sacrifizii. Mi tocca tener due<br />

case. Obbligo mia moglie, che per fortuna si presta caritatevolmente, a raffermarla <strong>di</strong><br />

continuo in quella illusione: che sia sua figlia. S’affaccia alla finestra, le parla, le scrive.<br />

Ma, carità, ecco, dovere, fino a un certo punto, signori ! Non posso costringere mia<br />

moglie a convivere con lei. E intanto è come in carcere, quella <strong>di</strong>sgraziata, chiusa a<br />

chiave, per paura che ella non le entri in casa. Sì, è tranquilla, e poi così mite d’indole;<br />

ma, capiranno, si sentirebbe raccapricciare da capo a pie<strong>di</strong>, mia moglie, alle carezze<br />

ch’ella le farebbe.<br />

Amalia (scattando, con orrore e pietà insieme). Ah, certo, povera signora, immaginiamoci<br />

!<br />

Signora Sirelli (al marito e alla signora Cini) Ah, vuole dunque lei – sentite ? – star<br />

chiusa a chiave !<br />

Ponza (per troncare) Signor Commendatore, intenderà che io non potevo lasciar fare,<br />

se non forzato, questa visita.<br />

Agazzi Ah, intendo, intendo, ora; sì sì, e mi spiego tutto.<br />

Ponza Chi ha una sventura come questa deve starsene appartato. Costretto a far venire<br />

qua mia suocera, era mio obbligo fare davanti a loro questa <strong>di</strong>chiarazione: <strong>di</strong>co, per<br />

rispetto al posto che occupo; perché a carico d’un pubblico ufficiale non si creda in<br />

paese una tale enormità: che per gelosia o per altro io impe<strong>di</strong>sca a una povera madre<br />

<strong>di</strong> veder la figliuola. Si alzerà. Chiedo scusa alle signore d’averle involontariamente<br />

turbate. S’inchinerà. Signor Commendatore ! S’inchinerà; poi, davanti a Lau<strong>di</strong>si e Sirelli<br />

chinando il capo: Signori. E andrà via per l’uscio comune.<br />

Amalia (sbalor<strong>di</strong>ta) Uh… È pazza, dunque !<br />

Signora Sirelli Povera signora ! Pazza.<br />

Dina Ecco perché ! Si crede la madre, e quella non è la sua figliuola ! Si nasconde la faccia<br />

con le mani per orrore. Oh Dio !<br />

Signora Cini Ma chi l’avrebbe mai supposto !<br />

Agazzi Eppure… eh ! dal modo come parlava –<br />

Lau<strong>di</strong>si – tu avevi già capito ?<br />

Agazzi No… ma, certo che… non sapeva lei stessa come <strong>di</strong>re !<br />

Signora Sirelli Sfido, poverina: non ragiona !<br />

Sirelli Però, scusate: è strano, per una pazza. Non ragionava, certo. Ma quel cercare<br />

<strong>di</strong> spiegarsi perché il genero non voglia farle vedere la figliuola; e scusarlo, e adattarsi<br />

alle scuse trovate da lei stessa…<br />

Agazzi Oh bella ! Appunto questa è la prova che è pazza ! In questo cercar le scuse per<br />

il genero, senza poi riuscire a trovarne una ammissibile.<br />

Amalia Eh sì ! <strong>di</strong>ceva; si <strong>di</strong>s<strong>di</strong>ceva.<br />

Agazzi (a Sirelli) E ti pare che, se non fosse pazza, potrebbe accettare queste con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> non veder la figliuola se non da una finestra, con la scusa che adduce, <strong>di</strong> quel morboso<br />

amore del marito che vuol la moglie tutta per sé ?<br />

Sirelli Già ! E da pazza le accetta ? E vi si rassegna ? Mi sembra strano, mi sembra<br />

strano. A Lau<strong>di</strong>si: Tu che ne <strong>di</strong>ci ?<br />

Lau<strong>di</strong>si Io ? Niente !<br />

Dalla prosa al teatro<br />

Quello che Ponza <strong>di</strong>ce qui corrisponde pressoché<br />

alla lettera a ciò che si ritrova nella novella.<br />

L’attacco per fortuna, è identico. Più attenta è<br />

la ricostruzione della vicenda che si sostanzia<br />

<strong>di</strong> annotazioni realistiche: la stanza dove la<br />

tenevano custo<strong>di</strong>ta, si mise a ridere e tremar<br />

62 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

tutta e così via. Naturalmente, <strong>di</strong> tanto in tanto<br />

P. chiama in causa gli altri personaggi: come<br />

han potuto vedere, signori !, capiranno. E i suoi<br />

ascoltatori sulla scena sono fatti intervenire a<br />

spezzare la lunghezza della battuta, a ristabilire<br />

l’andamento <strong>di</strong>alogico che la novella non era<br />

tenuta a rispettare.


ITALO SVEVO<br />

LA COSCIENzA DI zENO<br />

da STORIa dEl MIO MaTRIMONIO<br />

Proprio quella mattina ebbi un’idea che credo m’abbia fortemente danneggiato<br />

privandomi <strong>di</strong> quel poco d’iniziativa virile che quel mio curioso stato d’adolescenza<br />

m’avrebbe concesso. Un dubbio doloroso: e se Ada m’avesse sposato solo perché<br />

indottavi dai genitori, senz’amarmi ed anzi avendo una vera avversione per me<br />

? Perché certamente tutti in quella famiglia, cioè Giovanni, la signora Malfenti,<br />

Augusta e Alberta mi volevano bene; potevo dubitare della sola Ada. Sull’orizzonte<br />

si deli neava proprio il solito romanzo popolare della giovinetta costretta<br />

dalla famiglia ad un matrimonio o<strong>di</strong>oso. Ma io non l’avrei permesso. Ecco la<br />

nuova ragione per cui dovevo parlare con Ada, anzi con la sola Ada. Non sarebbe<br />

bastato <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigerle la frase fatta che avevo preparata. Guar dandola negli occhi le<br />

avrei domandato: “Mi ami tu ?” E se essa m’avesse detto <strong>di</strong> sì, io l’avrei serrata fra<br />

le mie braccia per sentirne vibrare la sincerità.<br />

Così mi parve d’essermi preparato a tutto. Invece dovetti accor germi d’esser arrivato<br />

a quella specie d’esame <strong>di</strong>menticando <strong>di</strong> rivedere proprio quelle pagine <strong>di</strong> testo<br />

<strong>di</strong> cui mi sarebbe stato imposto <strong>di</strong> parlare.<br />

Diamo una breve sintesi del romanzo al fine <strong>di</strong> una corretta intelligenza del passo.<br />

Zeno Cosini, il protagonista, su consiglio dello psicanalista scrive la storia della sua vita<br />

attraverso gli episo<strong>di</strong> più significativi. La sua vera malattia è costituita dall’in<strong>di</strong>fferenza e dalla<br />

inettitu<strong>di</strong>ne a porre in atto le proprie aspirazioni e decisioni. Una grande luci<strong>di</strong>tà gliele rende<br />

note, questo fa sì che sia sempre <strong>di</strong>mi<strong>di</strong>ato tra l’auto<strong>analisi</strong> della sua inettitu<strong>di</strong>ne e l’incapacità,<br />

ma non volontà, <strong>di</strong> liberarsene. Risulta una scrittura fortemente ironica. Il proposito <strong>di</strong> liberarsi<br />

dal vizio del fumo apre il romanzo, con il conseguente fallimento d’ogni tentativo. La morte del<br />

padre conclude un rapporto fatto <strong>di</strong> malintesi sempre dolorosi, sino all’ultimo gesto del genitore<br />

che mal interpreta la volontà del figlio d’aiutarlo e gli dà uno schiaffo. Neppure questo dolore<br />

dura nell’animo <strong>di</strong> Zeno incapace <strong>di</strong> aderire anche a ciò che lo coinvolge; tuttavia egli ere<strong>di</strong>ta<br />

l’attività commerciale che porta avanti con sufficiente, fortunata abilità. Decide <strong>di</strong> sposarsi,<br />

perché lo fanno tutti, ed in<strong>di</strong>vidua le can<strong>di</strong>date nelle figlie <strong>di</strong> un più anziano commerciante. A<br />

quest’episo<strong>di</strong>o si riferisce il brano riportato. Egli è attratto dalla maggiore delle ragazze, Ada,<br />

che però andrà sposa a Guido Speier, aitante, spigliato giovane. Convolerà a nozze con Augusta,<br />

la meno affascinante, su cui nelle pagine riportate la madre cerca <strong>di</strong> attirare l’attenzione<br />

<strong>di</strong> Zeno, e a cui rivolgerà la proposta <strong>di</strong> matrimonio, dopo essere stato respinto dalle altre.<br />

Ad Augusta, comunque, resta legato da un affetto sincero, ma non <strong>prof</strong>ondo, sì che egli avrà<br />

un’amante, anche a questa legato superficialmente. Intanto l’impresa commerciale che egli ha<br />

costituito col cognato, rivela il carattere debole e scioperato <strong>di</strong> Guido Speier, sì che l’azienda<br />

presto cade in completa rovina. Guido, per ottenere dal suocero un ennesimo prestito, decide<br />

<strong>di</strong> fingere un suici<strong>di</strong>o; per caso sbaglia dose e muore. Zeno <strong>di</strong>menticherà <strong>di</strong> andare al suo<br />

funerale. Rimasto unico gestore dell’azienda, egli si riavvicina ad Ada. L’ultimo capitolo narra<br />

come lo psicanalista pubblichi il <strong>di</strong>ario per ven<strong>di</strong>carsi del paziente che rappresentava il suo<br />

fallimento. È che per Svevo la salute psicologica dell’intera umanità è definitivamente perduta:<br />

la sanità tornerà quando un’esplosione travolgerà il globo terrestre.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 63


Analisi Tecnica. Svevo<br />

Fui ricevuto dalla sola signora Malfenti che mi fece accomodare in un angolo<br />

del grande salotto e si mise subito a chiacchierare vivace mente impedendomi<br />

persino <strong>di</strong> domandare delle notizie delle fanciulle. Ero perciò alquanto <strong>di</strong>stratto e<br />

mi ripetevo la lezione per non <strong>di</strong>men ticarla al momento buono. Tutt’ad un tratto<br />

fui richiamato all’atten zione come da uno squillo <strong>di</strong> tromba. La signora stava elaborando<br />

un preambolo. M’assicurava dell’amicizia sua e del marito e dell’affetto<br />

<strong>di</strong> tutta la famiglia loro, compresavi la piccola Anna. Ci conoscevamo da tanto<br />

tempo. Ci eravamo visti giornalmente da quattro mesi.<br />

– Cinque ! – corressi io che ne avevo fatto il calcolo nella notte, ricordando<br />

che la mia prima visita era stata fatta d’autunno e che ora ci trovavamo in piena<br />

primavera.<br />

– Sì ! Cinque ! – <strong>di</strong>sse la signora pensandoci su come se avesse voluto rivedere il<br />

mio calcolo. Poi, con aria <strong>di</strong> rimprovero: – A me sembra che voi compromettiate<br />

Augusta.<br />

– Augusta ? – domandai io credendo <strong>di</strong> aver sentito male.<br />

– Sì ! – confermò la signora. – Voi la lusingate e la compromettete. 2<br />

Ingenuamente rivelai il mio sentimento.<br />

– Ma io l’Augusta non la vedo mai.<br />

Essa ebbe un gesto <strong>di</strong> sorpresa e (o mi parve ?) <strong>di</strong> sorpresa dolorosa.<br />

Io intanto tentavo <strong>di</strong> pensare intensamente per arrivare presto a spiegare<br />

Come si vede Zeno racconta la propria vita (è un memoriale, un <strong>di</strong>ario !), va alla ricerca delle<br />

cause della propria debolezza, scava negli episo<strong>di</strong>, nelle vicende, nei personaggi incontrati e<br />

nelle sue reazioni a petto <strong>di</strong> quelli. Insomma la propria vita, più l’interiore che quella esterna,<br />

costituisce l’oggetto della sua scrittura: essa viene organizzata, stu<strong>di</strong>ata, narrata, e narrata<br />

ad uno specifico lettore (al me<strong>di</strong>co). Da questo punto <strong>di</strong> vista la Coscienza <strong>di</strong> Zeno <strong>di</strong>fferisce<br />

poco dal romanzo tra<strong>di</strong>zionale. Certo qui narratore e personaggio coincidono a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

quel che accadeva nel romanzo storico o verista in cui il narratore voleva apparire non coinvolto<br />

nella storia; ancora: qui non gli eventi esterni spiegano comportamenti ed emozioni, ma<br />

questi ultimi (comportamenti ed emozioni) sono la chiave <strong>di</strong> lettura <strong>di</strong> quelli (gli eventi esterni).<br />

Quello <strong>di</strong> Svevo è dunque un monologo, non interiore, ma espresso e <strong>di</strong>retto al dottore e a sé<br />

stesso, l’uno e l’altro chiamati a giu<strong>di</strong>care il personaggio, quello che fa, gli uomini e le donne<br />

che incontra, e così via. Poiché autore e personaggio coincidono, l’uno e l’altro si sentono<br />

sottoposti al giu<strong>di</strong>zio del destinatario: <strong>di</strong> qui il tentativo continuo del narratore <strong>di</strong> giustificare<br />

il personaggio: insomma, il narratore non è affidabile; epperciò La coscienza non è neppure<br />

un’autobiografia vera e propria, nella quale l’autore tende a proporsi come imparziale giu<strong>di</strong>ce<br />

e spettatore: si pensi alle opere <strong>di</strong> Giulio Cesare in cui è adottata la terza persona.<br />

Proprio perché autobiografia, benché sui generis, il monologo sveviano è costruito logicamente,<br />

gli eventi sono narrati in maniera congruente, sia pure con una scansione temporale assai<br />

elastica. Il personaggio monologante ha una tesi da <strong>di</strong>mostrare, qualcuno da persuadere: è<br />

per questo che si <strong>di</strong>fferenzia notevolmente dal flusso <strong>di</strong> coscienza inventato da James Joyce<br />

e posto in atto nell’Ulisse. Qui lo scrittore irlandese riportava il continuo <strong>di</strong>alogo che l’uomo<br />

tiene con sé stesso durante il giorno: nessun segnale in<strong>di</strong>ca il passaggio dalla descrizione <strong>di</strong><br />

un luogo, <strong>di</strong> un personaggio e così via, alla riflessione interiore dei protagonisti; né la riflessione<br />

<strong>di</strong> questi si struttura in pensiero organico: più spesso si tratta <strong>di</strong> semplici emozioni, brandelli <strong>di</strong><br />

ricor<strong>di</strong> affioranti: ogni episo<strong>di</strong>o, anzi, ha come fonte delle sensazioni e, quin<strong>di</strong>, della narrazione<br />

un’organo del corpo: il cervello il naso, lo stomaco, e così via (ogni episo<strong>di</strong>o rappresenta un<br />

canto dell’O<strong>di</strong>ssea <strong>di</strong> Omero). Diamo qui come esempio una pagina tratta dalla Seconda Parte:<br />

Mr Bloom camminava inosservato per un vialetto lungo file <strong>di</strong> angeli rattristati, croci, colonne<br />

64 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Svevo<br />

quello che mi sembrava un equivoco <strong>di</strong> cui però subito intesi l’importanza. Mi<br />

rivedevo in pensiero, visita per visita, durante quei cinque mesi, intento a spiare<br />

Ada. Avevo suonato con Augusta e, infatt i, talvolta avevo parlato piú con lei, che<br />

mi stava a sentire, che non con Ada, ma solo perché essa spiegasse ad Ada le mie<br />

storie accompagnate dalla sua approvazione. Dovevo parlare chiaramente con la<br />

signora e <strong>di</strong>rle delle mie mire su Ada ? Ma poco prima io avevo risolto <strong>di</strong> parlare<br />

con la sola Ada e d’indagarne l’animo. Forse se avessi parlato chiara mente con la<br />

signora Malfenti, le cose sarebbero andate altrimenti e cioè non potendo sposare<br />

Ada non avrei sposata neppure Augusta. Lasciandomi <strong>di</strong>rigere dalla risoluzione<br />

presa prima ch’io avessi veduta la signora Malfenti e, sentite le cose sorprendenti<br />

ch’essa m’aveva dette, tacqui.<br />

Pensavo intensamente, ma perciò con un po’ <strong>di</strong> confusione. Volevo intendere,<br />

volevo indovinare e presto. Si vedono meno bene le cose quando si spalancano<br />

troppo gli occhi. Intravvi<strong>di</strong> la possibilità che volessero buttarmi fuori <strong>di</strong> casa. Mi<br />

parve <strong>di</strong> poter escluderla. Io ero innocente, visto che non facevo la corte ad Augusta<br />

ch’essi volevano proteggere. Ma forse m’attribuivano delle intenzioni su Augusta<br />

per non compromettere Ada. E perché proteggere a quel modo Ada, che non era<br />

piú una fanciullina ? Io ero certo <strong>di</strong> non averla afferrata per le chiome che in sogno.<br />

In realtà non avevo che sfiorata la sua mano con le mie labbra. Non volevo mi si<br />

inter<strong>di</strong>cesse l’accesso a quella casa, perché prima <strong>di</strong> abbandonarla volevo parlare<br />

con Ada. Perciò con voce tremante domandai:<br />

– Mi <strong>di</strong>ca Lei, signora, quello che debbo fare per non spiacere a nessuno.<br />

spezzate, tombe <strong>di</strong> famiglia, speranze <strong>di</strong> pietra che pregavano con gli occhi al cielo, cuori e mani<br />

della vecchia Irlanda. Più sensato spendere i sol<strong>di</strong> in qualche opera <strong>di</strong> carità per i vivi. Pregate per<br />

la pace dell’anima <strong>di</strong>. C’è qualcuno che veramente? Piantala e falla finita con lui. Scaricato. Come<br />

il carbone giù per una botola <strong>di</strong> cantina. Poi li ammucchiano insieme per guadagnar tempo. Il<br />

giorno dei morti. Il ventisette sarò alla sua tomba. Dieci scellini per il giar<strong>di</strong>niere. La tiene sgombra<br />

dalle erbacce. Vecchio anche lui. Piegato in due con le cesoie, a tagliare. Vicino alla porta della<br />

morte. Che si è spento. Che si è <strong>di</strong>partito dalla vita. Come se l’avessero fatto <strong>di</strong> loro volontà. Buttati<br />

fuori, tutti quanti. Che ha tirato le cuoia. Più interessante se vi <strong>di</strong>cessero chi erano. Il tal dei tali,<br />

carrozziere. lo ero rappresentante <strong>di</strong> linoleum. lo ho concordato con i cre<strong>di</strong>tori cinque scellini la<br />

sterlina. Oppure una donna con la casseruola. lo facevo un ottimo stufato irlandese. Elegia in un<br />

cimitero <strong>di</strong> campagna dovrebbe chiamarsi quella poesia <strong>di</strong> chi è Wordsworth o Thomas Campbell.<br />

Entrato nel riposo <strong>di</strong>cono i protestanti. La tomba del vecchio Dottor Murren. Il grande me<strong>di</strong>co lo<br />

ha chiamato nella sua casa <strong>di</strong> cura. Be’ questa per loro è la terra consacrata. Bella residenza <strong>di</strong><br />

campagna. Intonacata e ri<strong>di</strong>pinta a nuovo. Luogo ideale per fare una fumatina e leggere il Church<br />

Times. Gli annunci matrimoniali non cercano mai <strong>di</strong> abbellire. Corone rugginose appese a ganci,<br />

ghirlande bronzate. Miglior valore allo stesso prezzo. Però, i fiori sono più poetici. L’altro finisce<br />

per <strong>di</strong>ventar noioso, non appassendo mai. Non esprime nulla. Immortelles.<br />

Il periodare <strong>di</strong> J. Joyce in que sto passo si costruisce su frasi brevissime, praticamente tutte<br />

con un solo verbo, e solamente principali. Fra loro non v’è consequenzialità: non solo manca<br />

qualsiasi congiunzione subor<strong>di</strong>nante o coor<strong>di</strong>nante, ma manca – volutamente – ogni riferimento<br />

ad una congruenza. Le frasi infatti ora descrivono un oggetto, un personaggio, ora riportano<br />

un pensiero <strong>di</strong> Mr Bloom, un suo ricordo, un modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re e <strong>di</strong> sentire della società irlandese.<br />

Né esiste alcunché che permetta una precisa classificazione del tipo: pensò, vide, <strong>di</strong>sse, si<br />

<strong>di</strong>ceva e così via. Il lettore assiste al fluire vario e caotico <strong>di</strong> ciò che passa nella mente (e nei<br />

sensi) <strong>di</strong> Bloom. La realtà esterna ha vita autonoma assai esigua; più spesso essa è filtrata<br />

dallo sguardo e dalle impressioni dei protagonisti.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 65


Analisi Tecnica. Svevo<br />

Essa esitò. Io avrei preferito <strong>di</strong> aver da fare con Giovanni che pensava urlando.<br />

Poi, risoluta, ma con uno sforzo <strong>di</strong> apparire cortese che si manifestava evidente<br />

nel suono della voce, <strong>di</strong>sse:<br />

– Dovrebbe per qualche tempo venir meno frequentemente da noi; dunque<br />

non ogni giorno, ma due o tre volte alla settimana.<br />

È certo che se mi avesse detto rudemente <strong>di</strong> andarmene e <strong>di</strong> non ritornare piú,<br />

io, sempre <strong>di</strong>retto dal mio proposito, avrei supplicato che mi si tollerasse in quella<br />

casa, almeno per uno o due giorni ancora, per chiarire i miei rapporti con Ada.<br />

Invece le sue parole, piú miti <strong>di</strong> quanto avessi temuto, mi <strong>di</strong>edero il coraggio <strong>di</strong><br />

manifestare il mio risenti mento:<br />

– Ma se lei lo desidera, io in questa casa non riporrò piú piede !<br />

Venne quello che avevo sperato. Essa protestò, riparlò della stima <strong>di</strong> tutti loro<br />

e mi supplicò <strong>di</strong> non essere a<strong>di</strong>rato con lei. Ed io mi <strong>di</strong>mostrai magnanimo, le promisi<br />

tutto quello ch’essa volle e cioè <strong>di</strong> astenermi dal venire in quella casa per un<br />

quattro o cinque giorni, <strong>di</strong> ritornarvi poi con una certa regolarità ogni settimana<br />

due o tre volte e, sopra tutto, <strong>di</strong> non tenerle rancore.<br />

Fatte tali promesse, volli dar segno <strong>di</strong> tenerle e mi levai per allon tanarmi. La<br />

signora protestò ridendo:<br />

– Con me non c’è poi compromissione <strong>di</strong> sorta e può rimanere.<br />

E poiché io pregavo <strong>di</strong> lasciarmi andare per un impegno <strong>di</strong> cui solo allora m’ero<br />

ricordato, mentre era vero che non vedevo l’ora <strong>di</strong> essere solo per riflettere meglio<br />

alla straor<strong>di</strong>naria avventura che mi toccava, la signora mi pregò ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> rimanere<br />

<strong>di</strong>cendo che così le avrei data la prova <strong>di</strong> non essere a<strong>di</strong>rato con lei. Perciò<br />

rimasi, sottoposto con tinuamente alla tortura <strong>di</strong> ascoltare il vuoto cicaleccio cui<br />

la signora ora s’abbandonava sulle mode femminili ch’essa non voleva seguire, sul<br />

teatro e anche sul tempo tanto secco con cui la primavera s’annunziava.<br />

Poco dopo fui contento d’essere rimasto perché m’avvi<strong>di</strong> che avevo bisogno<br />

<strong>di</strong> un ulteriore chiarimento. Senz’alcun riguardo interruppi la signora, <strong>di</strong> cui non<br />

sentivo piú le parole, per domandarle:<br />

Scrivere dubbiosamente<br />

Il primo capoverso proposto riporta le riflessioni<br />

<strong>di</strong> Zeno. Dieci perio<strong>di</strong> lo compongono,<br />

fortemente connessi l’uno all’altro attraverso<br />

rinvii anaforici pur con <strong>di</strong>versa referenza (ebbi<br />

un’idea ... un dubbio doloroso; ... parlare con<br />

Ada ... <strong>di</strong>rigerle la frase...), od opposta referenza<br />

(certamente ... potevo dubitare) o con<br />

nessi <strong>di</strong>chiarativi (perché certamente...; ecco<br />

la nuova ragione ...), o congiunzioni coor<strong>di</strong>native<br />

(<strong>di</strong> particolare interesse le due interrogative<br />

in<strong>di</strong>rette introdotte dal se più la e con funzione<br />

aggiuntivo-rafforzativa: e se Ada m’avesse<br />

sposato...; e se essa m’avesse detto <strong>di</strong> sì). Un<br />

periodo, con valore chiaramente conclusivo,<br />

sull’orizzonte si delineava... (dal quale <strong>di</strong>pendono<br />

altri sei perio<strong>di</strong>) non ha connettivo esplicito.<br />

Il secondo capoverso si compone <strong>di</strong> due perio<strong>di</strong><br />

legati dall’avversativa invece che introduce una<br />

66 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

metafora attenuata da specie. Della quale metafora<br />

andrà notato non tanto il valore estetico<br />

che non esiste, quanto la connotazione che<br />

conferisce all’incontro con la possibile suocera.<br />

Insomma esiste una vera e propria casistica<br />

degli esami ne La coscienza <strong>di</strong> Zeno: qui basti:<br />

« Stavo preparandomi a Graz per il primo esame<br />

<strong>di</strong> stato e accuratamente avevo notati tutti i testi<br />

<strong>di</strong> cui abbisognavo fino all’ultimo esame. Finì<br />

che pochi giorni prima dell’esame m’accorsi<br />

<strong>di</strong> aver stu<strong>di</strong>ato delle cose <strong>di</strong> cui avrei avuto<br />

bisogno solo alcuni anni dopo. Perciò dovetti<br />

rimandare l’esame ». È all’interno <strong>di</strong> tale casistica<br />

che occorre inquadrare questa occorrenza.<br />

Ciò vale per Svevo come per ogni altro autore<br />

<strong>di</strong> comunicazione scritta. Insomma, tanto in<br />

sede <strong>di</strong> <strong>analisi</strong> <strong>di</strong> un testo, quanto in quella <strong>di</strong><br />

composizione è opportuno tenere in conto il<br />

ruolo <strong>di</strong> certe ripetizioni vuoi semplicemente


Analisi Tecnica. Svevo<br />

– E tutti in famiglia sapranno che lei m’ha invitato a tenermi lontano da questa<br />

casa ?<br />

Parve dapprima ch’essa neppure avesse ricordato il nostro patto. Poi protestò:<br />

– Lontano da questa casa ? Ma solo per qualche giorno, inten<strong>di</strong>a moci. Io non<br />

ne <strong>di</strong>rò a nessuno, neppure a mio marito ed anzi le sarei grata se anche lei volesse<br />

usare la stessa <strong>di</strong>screzione.<br />

Anche questo promisi, promisi anche che se mi fosse stata chiesta una spiegazione<br />

perché non mi si vedesse piú tanto <strong>di</strong> spesso, avrei addotti dei pretesti<br />

varii. Per il momento prestai fede alle parole della signora e mi figurai che Ada<br />

potesse essere stupita e addolorata dalla mia improvvisa assenza. Un’immagine<br />

gradevolissima !<br />

Poi rimasi ancora, sempre aspettando che qualche altra ispirazione venisse a<br />

<strong>di</strong>rigermi ulteriormente, mentre la signora parlava dei prezzi dei commestibili<br />

nell’ultimo tempo <strong>di</strong>venuti onerosissimi.<br />

Invece <strong>di</strong> altre ispirazioni, capitò la zia Rosina, una sorella <strong>di</strong> Gio vanni, piú<br />

vecchia <strong>di</strong> lui, ma <strong>di</strong> lui molto meno intelligente. Aveva però qualche tratto della<br />

sua fisonomia morale bastevole a caratterizzarla quale sua sorella. Prima <strong>di</strong> tutto<br />

la stessa coscienza dei proprii <strong>di</strong>ritti e dei doveri altrui alquanto comica, perché<br />

priva <strong>di</strong> qualsiasi arma per imporsi, eppoi anche il vizio <strong>di</strong> alzare presto la voce.<br />

Essa credeva <strong>di</strong> aver tanti <strong>di</strong>ritti nella casa del fratello che – come appresi poi<br />

– per lungo tempo considerò la signora Malfenti quale un’intrusa. Era nubile e<br />

viveva con un’unica serva <strong>di</strong> cui parlava sempre come della sua piú grande nemica.<br />

Quando morì raccomandò a mia moglie <strong>di</strong> sorvegliare la casa finché la serva che<br />

l’aveva assistita non se ne fosse andata. Tutti in casa <strong>di</strong> Giovanni la sopportavano<br />

temendo la sua aggressività.<br />

Ancora non me ne andai. Zia Rosina pre<strong>di</strong>ligeva Ada fra le nipoti. Mi venne<br />

il desiderio <strong>di</strong> conquistarmene l’amicizia anch’io e cercai una frase amabile a<br />

lessicali, vuoi <strong>di</strong> espressioni per misurare l’effetto<br />

<strong>di</strong> quale che sia comunicazione. L’<strong>analisi</strong>, o la<br />

costruzione, delle relazioni intertestuali, dell’intertesto,<br />

sono alla base d’ogni comprensione <strong>di</strong><br />

ciò che è scritto. Solo dopo è possibile de<strong>di</strong>carsi<br />

a quello che si chiama extra­testo (il tessuto<br />

ideologico, storico e così via che sta fuori della<br />

comunicazione scritta presa in esame e che può<br />

attenere tanto all’autore medesimo quanto alla<br />

società cui appartiene) che permetterà la più<br />

ampia visione delle implicazioni contenute nel<br />

testo. Del tutto fuorviante può essere il proce<strong>di</strong>mento<br />

che dall’extra­testo vuol passare alla<br />

comprensione del (inter­)testo.<br />

Il terzo capoverso introduce un altro personaggio,<br />

non nuovo nella storia: è la madre<br />

della donna <strong>di</strong> cui è innamorato, Ada, e <strong>di</strong><br />

Augusta, la donna che non ostante tutto finirà<br />

per sposare. La signora Malfenti gioca adesso<br />

un ruolo assai importante per il futuro <strong>di</strong> Zeno:<br />

sta mettendo in atto il primo serio tentativo <strong>di</strong><br />

sostituire nelle mire matrimoniali del giovane<br />

Augusta ad Ada, l’unica <strong>di</strong> cui è egli innamorato.<br />

La futura suocera gioca d’anticipo, ponendo in<br />

atto una fine strategia donnescamente furba.<br />

Non ostante la qualità dell’episo<strong>di</strong>o, la scrittura<br />

resta <strong>di</strong>staccata: è ancora la mera registrazione<br />

<strong>di</strong> fatti, detti, personaggi ed eventi. Il primo<br />

periodo (una reggente, una rapida relativa cui<br />

si coor<strong>di</strong>na un’altra relativa, ed infine una subor<strong>di</strong>nata<br />

implicita) ha per soggetto sintattico<br />

e narrativo la signora Malfenti. Nel secondo<br />

l’attenzione si sposta su Zeno che subisce le<br />

conseguenze (perciò) dell’azione dell’interlocutrice.<br />

Nel primo periodo due soli aggettivi, sola<br />

e grande: l’uno e l’altro apparentemente neutri<br />

– sono in posizione prenominale e quin<strong>di</strong><br />

con valore presumibilmente accessorio – sono<br />

fortemente funzionali a chiarire la con<strong>di</strong>zione<br />

del giovane, che, dunque, si trova in un colloquio<br />

riservatissimo (sola) ed ufficiale (grande),<br />

senza testimoni, ma anche senza la possibilità<br />

<strong>di</strong> creare un <strong>di</strong>versivo al <strong>di</strong>scorso. Fortemente<br />

funzionale è altresì l’avverbio velocemente: la<br />

velocità è strumento tattico della Malfenti che<br />

così riserva a sé stessa tutta l’iniziativa del col­<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 67


Analisi Tecnica. Svevo<br />

in<strong>di</strong>rizzarle. Mi ricordai oscuramente che l’ultima volta in cui l’avevo vista (cioè<br />

intravvista, perché allora non avevo sentito il bisogno <strong>di</strong> guardarla) le nipoti, non<br />

appena essa se ne era andata, ave vano osservato che non aveva una buona cera.<br />

Anzi una <strong>di</strong> esse aveva detto:<br />

– Si sarà guastato il sangue per qualche rabbia con la serva !<br />

Trovai quello che cercavo. Guardando affettuosamente il faccione grinzoso<br />

della vecchia signora, le <strong>di</strong>ssi:<br />

– La trovo molto rimessa, signora.<br />

Non avessi mai detta quella frase. Mi guardò stupita e protestò:<br />

– Io sono sempre uguale. Da quando mi sarei rimessa ?<br />

Voleva sapere quando l’avessi vista l’ultima volta. Non ricordavo esatt amente<br />

quella data e dovetti ricordarle che avevamo passato un intero pomeriggio insieme,<br />

seduti in quello stesso salotto con le tre signorine, ma non dalla parte dove<br />

eravamo allora, dall’altra. Io m’ero proposto <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrarle dell’interessamento,<br />

ma le spiegazioni ch’essa esigeva lo facevano durare troppo a lungo. La mia falsità<br />

mi pesava producendomi un vero dolore.<br />

La signora Malfenti intervenne sorridendo:<br />

– Ma lei non voleva mica <strong>di</strong>re che zia Rosina è ingrassata ?<br />

Diavolo ! Là stava la ragione del risentimento <strong>di</strong> zia Rosina ch’era molto grossa<br />

come il fratello e sperava tuttavia <strong>di</strong> <strong>di</strong>magrire.<br />

– Ingrassata ! Mai piú ! Io volevo parlare solo della cera migliore della signora.<br />

Tentavo <strong>di</strong> conservare un aspetto affettuoso e dovevo invece tratte nermi per<br />

non <strong>di</strong>re un’insolenza.<br />

Zia Rosina non parve sod<strong>di</strong>sfatta neppur allora. Essa non era mai stata male<br />

nell’ultimo tempo e non capiva perché avesse dovuto appa rire malata. E la signora<br />

Malfenti le <strong>di</strong>ede ragione:<br />

loquio, relegando Zeno in un ruolo subor<strong>di</strong>nato<br />

se non passivo. L’affabulazione violenta della<br />

Malfenti non era stata prevista: Zeno ha un suo<br />

schema mentale col quale avrebbe affrontato<br />

(o avrebbe voluto affrontare) la realtà (se questa<br />

fosse <strong>di</strong>pesa solamente da lui): egli sembra<br />

non sentire la donna, è <strong>di</strong>stratto, part. pass.<br />

aggett. con chiara funzione pre<strong>di</strong>cativa. Il terzo<br />

periodo s’accentra su una locuzione a metà<br />

tra metaforica e luogo comune, simile a specie<br />

d’esame del capoverso precedente: nell’un<br />

caso e nell’altro sembrano segnare il momento<br />

in cui Zeno comprende la situazione in cui sta<br />

per, o già si trova a, confrontarsi con la realtà. La<br />

presa <strong>di</strong> coscienza della situazione si fa rilevare<br />

anche dal <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto, le frasi­perio<strong>di</strong><br />

sono brevissimi e si susseguono velocemente,<br />

legate dalla semantica della conoscenza e della<br />

stima. Il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto emerge su un dato<br />

trascurabile: da quanti mesi Zeno frequenta<br />

casa Malfenti. La donna aveva quantificato<br />

all’ingrosso; il giovane corregge: « Cinque ! »,<br />

ma la sua precisazione è un’ammissione <strong>di</strong><br />

68 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

colpa, o meglio la signora Malfenti l’interpreta e<br />

impone l’interpretazione come un’ammissione<br />

<strong>di</strong> colpa. Di qui quell’aria <strong>di</strong> rimprovero con cui<br />

trova espressione il <strong>di</strong>segno della madre, A me<br />

sembra che voi compromettiate Augusta. Il che<br />

voleva <strong>di</strong>re che il comportamento tenuto sino ad<br />

allora da Zeno, e cui egli aveva attribuito il significato<br />

<strong>di</strong> corte serrata alla sorella più grande e più<br />

bella, veniva interpretato ufficialmente (visto che<br />

a <strong>di</strong>rglielo è la moglie del capo <strong>di</strong> casa) come<br />

lusinga alla più brutta delle sorelle. E questo<br />

veniva espresso con la secchezza dell’essenzialità<br />

della comunicazione. Il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto<br />

più che un <strong>di</strong>alogo è un botta e risposta, una<br />

sticomitia <strong>di</strong> cinque battute.<br />

Il capoverso essa ebbe – che chiude il frammento<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto – è composto da<br />

un solo periodo <strong>di</strong> due frasi delle quali una<br />

incisa, tra parentesi. Esso attiene alla signora<br />

Malfenti: le sue reazioni sono così riassunte in<br />

un’impressione, neppur poi, così certa, semmai<br />

fuggitiva. Invece i capoversi successivi, in cui<br />

Svevo espone pensieri ed emozioni <strong>di</strong> Zeno,


Analisi Tecnica. Svevo<br />

– Anzi, è una sua caratteristica <strong>di</strong> non mutare <strong>di</strong> cera – <strong>di</strong>sse rivolta a me.<br />

– Non le pare ?<br />

A me pareva. Era anzi evidente. Me ne andai subito. Porsi con gran de cor<strong>di</strong>alità<br />

la mano a zia Rosina sperando <strong>di</strong> rabbonirla, ma essa mi concedette la sua<br />

guardando altrove.<br />

Non appena ebbi varcata la soglia <strong>di</strong> quella casa il mio stato d’animo mutò. Che<br />

liberazione ! Non avevo piú da stu<strong>di</strong>are le intenzioni della signora Malfenti né <strong>di</strong><br />

forzarmi <strong>di</strong> piacere alla zia Rosina. Credo in verità che se non ci fosse stato il rude<br />

intervento <strong>di</strong> zia Rosina, quella politicona della signora Malfenti avrebbe raggiunto<br />

perfettamente il suo scopo ed io mi sarei allontanato da quella casa tutto contento<br />

<strong>di</strong> essere stato trattato bene. Corsi saltellando giú per le scale. Zia Rosina era stata<br />

quasi un commento della signora Malfenti. La signora Malfenti m’aveva proposto<br />

<strong>di</strong> restar lontano dalla sua casa per qualche giorno. Troppo buona la cara signora !<br />

Io l’avrei com piaciuta al <strong>di</strong> là delle sue aspettative e non m’avrebbe rivisto mai piú<br />

! M’avevano torturato, lei, la zia ed anche Ada ! Con quale <strong>di</strong>ritto ? Perché avevo<br />

voluto sposar mi ? Ma io non ci pensavo piú ! Com’era bella la libertà !<br />

Per un buon quarto d’ora corsi per le vie accompagnato da tanto sentimento.<br />

Poi sentii il bisogno <strong>di</strong> una libertà ancora maggiore. Dovevo trovare il modo <strong>di</strong><br />

segnare in modo definitivo la mia volontà <strong>di</strong> non rimettere piú il piede in quella<br />

casa. Scartai l’idea <strong>di</strong> scrivere una lettera con la quale mi sarei congedato. L’abbandono<br />

<strong>di</strong>veniva piú sdegnoso ancora se non ne comunicavo l’intenzione. Avrei<br />

semplice mente <strong>di</strong>menticato <strong>di</strong> vedere Giovanni e tutta la sua famiglia.<br />

Trovai l’atto <strong>di</strong>screto e gentile e perciò un po’ iro nico col quale avrei segnata la<br />

Di qualche interesse è la conversazione tra Zeno, la signora Malfenti e zia Rosina: si tratta<br />

della vicenda, <strong>di</strong>remmo, d’una frase. Zeno sta tentando <strong>di</strong> stabilire un rapporto cor<strong>di</strong>ale; ricorda<br />

un evento lontano che la riguardava, un pettegolezzo per la verità, dunque non riferibile;<br />

non ostante ciò vi fonda il suo intervento: La trovo molto rimessa, signora. Che è, comunque,<br />

un’espressione <strong>di</strong> cortesia, alla quale ci si sarebbe aspettati un’altrettanto cortese succinta<br />

risposta, la quale però avrebbe significato lo stabilirsi <strong>di</strong> un rapporto positivo, se non d’intesa,<br />

con zia Rosina: Mi venne il desiderio <strong>di</strong> conquistarmene l’amicizia anch’io. Avverse al tentativo<br />

<strong>di</strong> Zeno stanno due intenzionalità: l’una, quella della aggressiva zia, refrattaria ad ogni familiarità;<br />

l’altra della politicona madre <strong>di</strong> Ada che fomenta l’ostilità della cognata contro Zeno,<br />

che non sta andando via, e che con quella frase cortese intende stabilire una (pur del tutto<br />

sono larghi, composti <strong>di</strong> più perio<strong>di</strong>, a loro volta<br />

costituiti da più frasi. Il primo io intanto tentavo...<br />

ha un preciso perno semantico che costituisce<br />

il filo conduttore semantico: equivoco ... aveva<br />

parlato ... spiegasse ... mie storie ... doveva parlare<br />

... <strong>di</strong>rle ... avevo risolto <strong>di</strong> parlare ... avessi<br />

parlato. È che Zeno si era presentato a casa<br />

Malfenti con l’intenzione <strong>di</strong> mettere in chiaro le<br />

cose con Ada e finalmente farsi <strong>di</strong>re chiaramente<br />

l’inevitabile (supposta !) corrispondenza degli<br />

amorosi affetti. Ora la manifestazione verbale<br />

dei suoi pensieri si rivela essere arma a doppio<br />

taglio: esiste un modo per togliere <strong>di</strong> mezzo<br />

ogni equivoco (non potendo sposare Ada...),<br />

ma egli è completamente dominato dalla veloce<br />

chiacchiera dell’interlocutrice: perciò tace. Si<br />

veda l’ultimo periodo del capoverso. Si tratta<br />

<strong>di</strong> una reggente costituita dal solo verbo: tacqui,<br />

introdotta dalla coor<strong>di</strong>nazione e con valore<br />

conclusivo, e preceduta da due subor<strong>di</strong>nate<br />

implicite, lasciandomi e sentite, <strong>di</strong> cui la seconda<br />

è un ablativo assoluto (più relativa) epperciò<br />

fortemente con<strong>di</strong>zionante. L’essenzialità <strong>di</strong><br />

quest’ultimo periodo, che afferma una non<br />

azione, un non fare, contrasta con i precedenti<br />

introdotti da elementi chiaramente orientati nella<br />

segnalazione dell’incertezza: tentavo ... infatti,<br />

talvolta... ma solo ... ma poco prima... forse<br />

se ... Il capoverso successivo presenta uno<br />

schema assai simile: dopo la serie confusione...,<br />

volevo intendere..., si vedono meno bene... ma<br />

forse..., Zeno confessa la sua resa: mi <strong>di</strong>ca Lei<br />

... quello che debbo fare...<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 69


Analisi Tecnica. Svevo<br />

mia volontà. Corsi da un fioraio e scelsi un magnifico mazzo <strong>di</strong> fiori che in<strong>di</strong>rizzai<br />

alla signora Malfenti accompagnato dal mio biglietto da visita sul quale non scrissi<br />

altro che la data. Non occorreva altro. Era una data che non avrei <strong>di</strong>menticata<br />

piú e non l’avrebbero <strong>di</strong>menticata forse neppure Ada e sua madre: 5 Maggio,<br />

anniversario della morte <strong>di</strong> Napoleone.<br />

Provvi<strong>di</strong> in fretta a quell’invio. Era importantissimo che giungesse il giorno<br />

stesso.<br />

Ma poi ? Tutto era fatto, tutto, perché non c’era piú nulla da fare ! Ada restava<br />

segregata da me con tutta la sua famiglia ed io dovevo vivere senza fare piú nulla,<br />

in attesa che qualcuno <strong>di</strong> loro fosse venuto a cercarmi e darmi l’occasione <strong>di</strong> fare<br />

o <strong>di</strong>re qualche cosa d’altro.<br />

Corsi al mio stu<strong>di</strong>o per riflettere e per rinchiudermi. Se avessi ceduto alla mia<br />

dolorosa impazienza, subito sarei ritornato <strong>di</strong> corsa a quella casa a rischio <strong>di</strong><br />

arrivarvi prima del mio mazzo <strong>di</strong> fiori. I pretesti non pote vano mancare. Potevo<br />

anche averci <strong>di</strong>menticato il mio ombrello !<br />

Non volli fare una cosa simile. Con l’invio <strong>di</strong> quel mazzo <strong>di</strong> fiori io avevo assunta<br />

una bellissima attitu<strong>di</strong>ne che bisognava conservare. Do vevo ora stare fermo,<br />

perché la prossima mossa toccava a loro.<br />

Il raccoglimento ch’io mi procurai nel mio stu<strong>di</strong>olo e da cui m’a spettavo<br />

un sollievo, chiarì solo le ragioni della mia <strong>di</strong>sperazione che s’esasperò fino alle<br />

lagrime. Io amavo Ada ! Non sapevo ancora se quel verbo fosse proprio e continuai<br />

l’<strong>analisi</strong>. Io la volevo non solo mia, ma anche mia moglie. Lei, con quella<br />

sua faccia marmorea sul corpo acerbo, eppoi ancora lei con la sua serietà, tale da<br />

non intendere il mio spirito che non le avrei insegnato, ma cui avrei rinunziato<br />

per sempre, lei che m’avrebbe insegnata una vita d’intelligenza e <strong>di</strong> lavoro. Io la<br />

volevo tutta e tutto volevo da lei. Finii col conchiudere che il verbo fosse proprio<br />

quello: Io amavo Ada.<br />

Mi parve <strong>di</strong> aver pensata una cosa molto importante che poteva guidarmi. Via<br />

le esitazioni ! Non m’importava piú <strong>di</strong> sapere se ella mi amasse. Bisognava tentare<br />

<strong>di</strong> ottenerla e non occorreva piú parlare con lei se Giovanni poteva <strong>di</strong>sporne.<br />

Prontamente bisognava chiarire tutto per arrivare subito alla felicità o altrimenti<br />

<strong>di</strong>menticare tutto e guarire. Perché avevo da soffrire tanto nell’attesa ? Quando<br />

avessi saputo – e potevo saperlo solo da Giovanni – che io definitivamente avevo<br />

perduta Ada, almeno non avrei piú dovuto lottare col tempo che sarebbe continuato<br />

a trascorrere lentamente senza ch’io sentissi il bisogno <strong>di</strong> sospin gerlo. Una<br />

cosa definitiva è sempre calma perché staccata dal tempo.<br />

improbabile, visto il personaggio cui è <strong>di</strong>retta) alleanza, con cui rafforzare le possibilità <strong>di</strong> un<br />

suo rapido ritorno in casa Malfenti ed in prospettiva un sostegno nella conquista <strong>di</strong> Ada. La<br />

furba suocera ottiene il suo scopo: me ne andai subito; Rosina non guarderà neppure Zeno<br />

che le bacia la mano. La frase <strong>di</strong> cortesia ha suscitato una battaglia nella quale Zeno riporta<br />

un’ulteriore sconfitta.<br />

Poco più avanti, un’altra questione, per così <strong>di</strong>re, linguistica: il verbo amare rende adeguatamente<br />

il sentimento che Zeno prova nei confronti <strong>di</strong> quella giovane ? E poi quando decide<br />

<strong>di</strong> tentare <strong>di</strong> chiedere la mano <strong>di</strong> Ada al padre, Zeno si pone ancora un altro problema <strong>di</strong><br />

comunicazione e <strong>di</strong> lingua.<br />

70 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Svevo<br />

Corsi subito in cerca <strong>di</strong> Giovanni. Furono due le corse. Una verso il suo ufficio<br />

situato in quella via che noi continuiamo a <strong>di</strong>re delle Case Nuove, perché così<br />

facevano i nostri antenati. Alte vecchie case che offuscano una via tanto vicina<br />

alla riva del mare poco frequentata all’ora del tramonto, e dove potei procedere<br />

rapido. Non pensai, camminando, che a preparare piú brevemente che fosse<br />

possibile la frase che dovevo <strong>di</strong>rigergli. Bastava <strong>di</strong>rgli la mia determinazione <strong>di</strong><br />

sposare sua figlia. Non avevo né da conquiderlo né da convincerlo. Quell’uomo<br />

d’affari avrebbe saputa la risposta da darmi non appena intesa la mia domanda.<br />

Mi preoccupava tuttavia la quistione se in un’occasione simile avrei dovuto parlare<br />

in lingua o in <strong>di</strong>aletto.<br />

Ma Giovanni aveva già abbandonato l’ufficio e s’era recato al Tergesteo. Mi vi<br />

avviai. Piú lentamente perché sapevo che alla Borsa dovevo attendere piú tempo<br />

per potergli parlare da solo a solo. Poi, giunto in via Cavana, dovetti rallentare per<br />

la folla che ostruiva la strett a via. E fu proprio battendomi per passare traverso<br />

a quella folla, che ebbi finalmente come in una visione la chiarezza che da tante<br />

ore cercavo. I Malfenti volevano ch’io sposassi Augusta e non volevano ch’io<br />

sposassi Ada e ciò per la semplice ragione che Augusta era inna morata <strong>di</strong> me e<br />

Ada niente affatto. Niente affatto perché altrimenti non sarebbero intervenuti a<br />

<strong>di</strong>viderci. M’avevano detto ch’io compromett evo Augusta, ma era invece lei che<br />

si comprometteva amandomi. Compresi tutto in quel momento, con viva chiarezza,<br />

come se qual cuno della famiglia me l’avesse detto. E indovinai anche che<br />

Ada era d’accordo ch’io fossi allontanato da quella casa. Essa non m’amava e non<br />

m’avrebbe amato almeno finché la sorella sua m’avesse amato. Nel l’affollata via<br />

Cavana avevo dunque pensato piú <strong>di</strong>rittamente che nel mio stu<strong>di</strong>o solitario.<br />

Oggidì, quando ritorno al ricordo <strong>di</strong> quei cinque giorni memoran<strong>di</strong> che mi<br />

condussero al matrimonio, mi stupisce il fatto che il mio animo non si sia mitigato<br />

all’apprendere che la povera Augusta mi amava. Io, ormai scacciato da casa Malfenti,<br />

amavo Ada irosamente. Perché non mi <strong>di</strong>ede alcuna sod<strong>di</strong>sfazione la visione<br />

chiara che la signora Malfenti m’aveva allontanato invano, perché io in quella casa<br />

rimanevo, e vici nissimo ad Ada, cioè nel cuore <strong>di</strong> Augusta ? A me pareva invece<br />

una nuova offesa l’invito della signora Malfenti <strong>di</strong> non compromettere Augusta<br />

e cioè <strong>di</strong> sposarla. Per la brutta fanciulla che m’amava, avevo tutto il <strong>di</strong>sdegno che<br />

non ammettevo avesse per me la sua bella sorella, che io amavo.<br />

Accelerai ancora il passo, ma deviai e mi <strong>di</strong>ressi verso casa mia. Non avevo piú<br />

bisogno <strong>di</strong> parlare con Giovanni perché sapevo ormai chia ramente come condurmi;<br />

con un’evidenza tanto <strong>di</strong>sperante che forse finalmente m’avrebbe data la<br />

pace staccandomi dal tempo troppo lento. Era anche pericoloso parlarne con quel<br />

maleducato <strong>di</strong> Giovanni. La signora Malfenti aveva parlato in modo ch’io non<br />

l’avevo intesa che là in via Cavana. Il marito era capace <strong>di</strong> comportarsi altrimenti.<br />

Forse m’a vrebbe detto ad<strong>di</strong>rittura: “Perché vuoi sposare Ada ? Ve<strong>di</strong>amo ! Non<br />

faresti meglio <strong>di</strong> sposare Augusta ?”. Perché egli aveva un assioma che ricordavo<br />

e che avrebbe potuto guidarlo in questo caso: “Devi sempre spiegare chiaramente<br />

l’affare al tuo avversario perché allora appena sarai sicuro d’intenderlo meglio<br />

<strong>di</strong> lui !”. E allora ? Ne sarebbe conseguita un’aperta rottura. Solo allora il tempo<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 71


Analisi Tecnica. Svevo<br />

avrebbe potuto cam minare come voleva, perché io non avrei piú avuta alcuna<br />

ragione d’ingerirmene: sarei arrivato al punto fermo !<br />

Ricordai anche un altro assioma <strong>di</strong> Giovanni e mi vi attaccai perché mi procurava<br />

una grande speranza. Seppi restarvi attaccato per cinque giorni, per quei<br />

cinque giorni che convertirono la mia passione in malattia. Giovanni soleva <strong>di</strong>re<br />

che non bisogna aver fretta <strong>di</strong> arrivare alla liquidazione <strong>di</strong> un affare quando da<br />

questa liquidazione non si può attendersi un vantaggio: ogni affare arriva prima<br />

o poi da sé alla liqui dazione, come lo prova il fatto che la storia del mondo è tanto<br />

lunga e che tanto pochi affari sono rimasti in sospeso. Finché non si è proceduti<br />

alla sua liquidazione, ogni affare può ancora evolversi vantag giosa mente.<br />

Non ricordai che v’erano altri assiomi <strong>di</strong> Giovanni che <strong>di</strong>cevano il contrario<br />

e m’attaccai a quello. Già a qualche cosa dovevo pur attac carmi. Feci il proposito<br />

ferreo <strong>di</strong> non movermi finché non avessi appreso che qualche cosa <strong>di</strong> nuovo avesse<br />

fatto evolvere il mio affare in mio favore. E ne ebbi tale danno che forse per questo,<br />

in seguito, nessun mio proposito m’accompagnò per tanto tempo.<br />

Non appena fatto il proposito, ricevetti un biglietto dalla signora Malfenti. Ne<br />

riconobbi la scrittura sulla busta e, prima <strong>di</strong> aprirlo, mi lusingai fosse bastato quel<br />

mio proposito ferreo, perché essa si pentisse <strong>di</strong> avermi maltrattato e mi corresse<br />

<strong>di</strong>etro. Quando trovai che non conteneva che le lettere p.r. che significavano il<br />

ringraziamento per i fiori che le avevo inviati, mi <strong>di</strong>sperai, mi gettai sul mio letto<br />

e ficcai i denti nel guanciale quasi per inchiodarmivi e impe<strong>di</strong>rmi <strong>di</strong> correr via a<br />

rompere il mio proposito. Quanta ironica serenità risultava da quelle iniziali ! Ben<br />

maggiore <strong>di</strong> quella espressa dalla data ch’io avevo apposta al mio biglietto e che<br />

significava già un proposito e forse anche un rimprovero. Remember aveva detto<br />

Morfologia<br />

Incertezza o invenzione<br />

Si noti l’uso della coor<strong>di</strong>nazione e nel periodo<br />

furono cinque giorni. Dopo la prima che è una<br />

semplice copula, se ne presenta una <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile<br />

interpretazione: da escludere la funzione consecutiva<br />

del tipo: piove e resto in casa; e quella<br />

esplicativa del tipo: piove e ci bagniamo; così<br />

come l’avversativa l’aggiuntiva eccetera. La<br />

funzione che sembra avvicinarsi <strong>di</strong> più è quella<br />

della paraipotassi (del tipo: quando avrai fatto<br />

questo, ed io ti <strong>di</strong>rò – all’interno della quale<br />

sono catalogabili tutte le funzioni ipotattiche),<br />

se non fosse che tale funzione, assai <strong>di</strong>ffusa<br />

nell’italiano antico, è scomparsa nell’italiano<br />

moderno. A rendere <strong>di</strong>fficile ogni rapporto <strong>di</strong><br />

coor<strong>di</strong>nazione e <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nazione sta il cambio<br />

<strong>di</strong> soggetto: le notti e i giorni nella prima frase;<br />

io nella successiva. Se le altre possono supportare<br />

la funzione coputaliva, qualche problema<br />

comporta l’asindeto che lega i due elementi<br />

dell’anafora libertà in cui il secondo elemento<br />

ha valore esplicativo: colpisce che tale valore<br />

sia affidato ad una virgola.<br />

72 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Alcuni critici hanno voluto vedere in questo ed<br />

in altri (molti) casi simili certa <strong>di</strong>fficoltà sintattica<br />

<strong>di</strong> Svevo attribuibile anche alla città d’origine,<br />

Trieste; altri vi hanno letto delle precise scelte<br />

stilistiche. Non è questo il luogo per proporre<br />

una soluzione; qui basti il suggerimento ai giovani<br />

lettori <strong>di</strong> attendere d’essere <strong>di</strong>ventati famosi<br />

per proporre proprie morfologia e sintassi.<br />

Un caso analogo a quello su analizzato è quello<br />

presente nel capoverso corsi subito in cerca...<br />

presente nel brano riportato. Il terzo periodo è<br />

formato da tre frasi, la cui reggente è ellitica del<br />

verbo; poi una relativa che regge una locativa<br />

dove...: quest’ultima non è introdotta solamente<br />

dalla congiunzione subor<strong>di</strong>nante dove, bensì<br />

anche dalla e che crea un’eguaglianza con la<br />

precedente frase (ma v’è anche la virgola !): tal<br />

che sembrano essere compresenti equivalenza<br />

e subor<strong>di</strong>nazione. Cui s’ha da aggiungere il<br />

cambio <strong>di</strong> soggetto, che, però, questa volta, è<br />

supportato dalla subor<strong>di</strong>nante. Nella medesima<br />

relativa va notato l’uso inconsueto <strong>di</strong> tanto<br />

avanti all’aggettivo, con valore <strong>di</strong> avverbio <strong>di</strong><br />

quantità, equivalente a molto, assai (cfr. ancora<br />

in questo passo: tempo tanto secco, tanto lun-


Analisi Tecnica. Svevo<br />

Carlo I prima che gli tagliassero il collo e doveva aver pensata la data <strong>di</strong> quel giorno!<br />

Anch’io avevo esortata la mia avversaria a ricordare e temere !<br />

Furono cinque giorni e cinque notti terribili ed io ne sorvegliai le albe e i tramonti<br />

che significavano fine e principio e avvicinavano l’ora della mia libertà, la<br />

libertà <strong>di</strong> battermi <strong>di</strong> nuovo per il mio amore.<br />

Mi preparavo a quella lotta. Oramai sapevo come la mia fanciulla voleva io fossi<br />

fatto. M’è facile <strong>di</strong> ricordarmi dei propositi che feci allora, prima <strong>di</strong> tutto perché<br />

ne feci d’identici in epoca piú recente, eppoi perché li annotai su un foglio <strong>di</strong> carta<br />

che conservo tuttora. Mi proponevo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare piú serio. Ciò significava allora<br />

<strong>di</strong> non raccon tare quelle barzellette che facevano ridere e mi <strong>di</strong>ffamavano, facendomi<br />

anche amare dalla brutta Augusta e <strong>di</strong>sprezzare dalla mia Ada. Poi v’era il<br />

proponimento <strong>di</strong> essere ogni mattina alle otto nel mio ufficio che non vedevo da<br />

tanto tempo, non per <strong>di</strong>scutere sui miei <strong>di</strong>ritti con l’Olivi, ma per lavorare con<br />

lui e poter assumere a suo tempo la <strong>di</strong>rezione dei miei affari. Ciò doveva essere<br />

attuato in un’epoca piú tranquilla <strong>di</strong> quel la, come dovevo anche cessar <strong>di</strong> fumare<br />

piú tar<strong>di</strong>, cioè quando avessi riavuta la mia libertà, perché non bisognava peggiorare<br />

quell’orribile intervallo. Ad Ada spettava un marito perfetto. Perciò v’erano<br />

anche varii proponimenti <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carmi a letture serie, eppoi <strong>di</strong> passare ogni giorno<br />

una mezz’oretta sulla pedana e <strong>di</strong> cavalcare un paio <strong>di</strong> volte alla settimana. Le<br />

ventiquattr’ore della giornata non erano troppe.<br />

Durante quei giorni <strong>di</strong> segregazione la gelosia piú amara fu la mia compagna<br />

<strong>di</strong> tutte le ore. Era un proposito eroico quello <strong>di</strong> voler cor reggersi <strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>fetto<br />

per prepararsi a conquistare Ada dopo qualche settimana. Ma intanto ? Intanto<br />

ch’io m’assoggettavo alla piú dura con strizione, si sarebbero tenuti tranquilli gli<br />

altri maschi della città e non avrebbero cercato <strong>di</strong> portarmi via la mia donna ?<br />

Fra <strong>di</strong> loro v’era certamente qualcuno che non aveva bisogno <strong>di</strong> tanto esercizio<br />

ga, tanto pochi). E nel valore <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrativo:<br />

accompagnato da tanto sentimento.<br />

Un’ultima notazione morfologica vogliamo qui<br />

proporre: riguarda l’uso <strong>di</strong>alettale della preposizione<br />

<strong>di</strong>. Si veda tanto più <strong>di</strong> spesso, mutare<br />

<strong>di</strong> cera, faresti meglio <strong>di</strong> sposare, è facile <strong>di</strong><br />

ricordarmi, significava allora <strong>di</strong> non raccontare<br />

eccetera.<br />

Accanto a queste forme <strong>di</strong>alettali si allineano<br />

lemmi aulici come conquidere, o sciatti come <strong>di</strong>rigerle<br />

la frase, o espressioni para­dannunziane<br />

che lasciano trasparire la sensualità <strong>di</strong> Zeno:<br />

l’avrei serrata fra le mie braccia per sentirne<br />

vibrare la sincerità.<br />

Sul romanzo contemporaneo<br />

Dalla certezza all’ambiguità<br />

Zeno è il primo personaggio del romanzo contemporaneo.<br />

Del personaggio ottocentesco<br />

l’autore tracciava un <strong>prof</strong>ilo ben definito: si pensi<br />

a Lucia Mondella, all’Innominato, a Mastro Don<br />

Gesualdo, al Marchese <strong>di</strong> Roccaver<strong>di</strong>na, alla<br />

Pisana, ma anche ad Andrea Sperelli. Zeno –<br />

come Leopold Bloom dell’Ulysses <strong>di</strong> J. Joyce,<br />

qui, sì, simile – è caratterizzato da un <strong>prof</strong>onda<br />

ambiguità: la pagina che chiude il romanzo, e<br />

che sovverte tutte le definizioni che del personaggio<br />

il lettore aveva tentato <strong>di</strong> dare, è la prova<br />

tangibile della volontà dello scrittore <strong>di</strong> rifiutare<br />

la parola conclusiva. È Michail Bachtin che ha<br />

teorizzato il personaggio in <strong>di</strong>venire per il<br />

tipo <strong>di</strong> romanzo contemporaneo che ha come<br />

capostipite Dostoevskij: lo scrittore russo rifiuterebbe<br />

infatti <strong>di</strong> costruire per i suoi personaggi<br />

un itinerario spirituale che giunga ad un approdo<br />

conclusivo. La parola conclusiva (monologica)<br />

è sopraffazione; solo la parola polifonica stabilisce<br />

un <strong>di</strong>alogo, col personaggio e col lettore:<br />

è segno della ricerca <strong>di</strong> verità che è comune<br />

a chi scrive e a chi legge. Proprio perché non<br />

giunge ad una vera conclusione, il romanzo dostoevskiano<br />

non propone un itinerario spirituale<br />

dei personaggi che si svolga lineare nel tempo<br />

come avveniva nel romanzo storico; ma è un<br />

tempo in cui passato, presente e futuro sono<br />

vissuti in un’alternanza caotica e <strong>di</strong>sorganica.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 73


Analisi Tecnica. Svevo<br />

per essere gra<strong>di</strong>to. Io sapevo, io credevo <strong>di</strong> sapere che quando Ada avesse trovato<br />

chi faceva al caso suo, avrebbe subito consentito senza attendere <strong>di</strong> innamorarsi.<br />

Quando in quei giorni io m’imbattevo in un maschio ben vestito, sano e sereno,<br />

l’o<strong>di</strong>avo, perché mi pareva facesse al caso <strong>di</strong> Ada. Di quei giorni, la cosa che meglio<br />

ricordo è la gelosia che s’era abbassata come una nebbia sulla mia vita.<br />

Dell’atroce dubbio <strong>di</strong> vedermi portar via Ada in quei giorni non si può ridere,<br />

ormai che si sa come le cose andarono a finire. Quando ripenso a quei giorni <strong>di</strong><br />

passione sento un’ammirazione grande per la <strong>prof</strong>etica anima mia.<br />

Varie volte, <strong>di</strong> notte, passai sotto alle finestre <strong>di</strong> quella casa. Lassú apparentemente<br />

continuavano a <strong>di</strong>vertirsi come quando c’ero stato an ch’io. Alla<br />

mezzanotte o poco prima, nel salotto si spegnevano i lumi. Scappavo pel timore<br />

<strong>di</strong> essere scorto da qualche visitatore che allora doveva lasciare la casa.<br />

Ma ogni ora <strong>di</strong> quei giorni fu affannosa anche per l’impazienza. Perché nessuno<br />

domandava <strong>di</strong> me ? Perché non si moveva Giovanni ? Non doveva egli meravigliarsi<br />

<strong>di</strong> non vedermi né a casa sua né al Ter gesteo ? Dunque era d’accordo anche lui<br />

ch’io fossi stato allonta nato ? Interrompevo spesso le mie passeggiate <strong>di</strong> giorno e<br />

<strong>di</strong> notte per correre a casa ad accertarmi che nessuno fosse venuto a domandare<br />

<strong>di</strong> me. Non sapevo andare a letto nel dubbio, e destavo per interrogarla la povera<br />

Maria. Restavo per ore ad aspettare in casa, nel luogo ove ero piú facilmente<br />

raggiungibile. Ma nessuno domandò <strong>di</strong> me ed è certo che se non mi fossi risolto<br />

a movermi io, sarei tuttavia celibe.<br />

Una sera andai a giocare al club. Era da molti anni che non mi vi facevo vedere<br />

per rispetto ad una promessa fatta a mio padre. Mi pareva che la promessa non<br />

potesse piú valere poiché mio padre non poteva aver previste tali mie dolorose<br />

circostanze e l’urgente mia necessità <strong>di</strong> procurarmi uno svago. Dapprima guadagnai<br />

con una fortuna che mi dolse perché mi parve un indennizzo della mia sfortuna<br />

in amore. Poi perdetti e mi dolse ancora perché mi parve <strong>di</strong> soggiacere al giuoco<br />

com’ero soggiaciuto all’amore. Ebbi presto <strong>di</strong>sgusto del giuoco: non era degno <strong>di</strong><br />

me e neppure <strong>di</strong> Ada. Tanto puro mi rendeva quell’amore !<br />

Di quei giorni so anche che i sogni d’amore erano stati annientati da quella<br />

realtà tanto rude. Il sogno era oramai tutt’altra cosa. Sognavo la vittoria invece<br />

che l’amore. Il mio sonno fu una volta abbellito da una visita <strong>di</strong> Ada. Era vestita<br />

<strong>di</strong> sposa e veniva con me all’altare, ma quando fummo lasciati soli non facemmo<br />

all’amore, neppure allora. Ero suo marito e avevo acquistato il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> domandarle:<br />

“Come hai potuto permettere ch’io fossi trattato così ?” Di altro <strong>di</strong>ritto non<br />

mi premeva.<br />

Trovo in un mio cassetto degli abbozzi <strong>di</strong> lettere ad Ada, a Giovanni e alla<br />

signora Malfenti. Sono <strong>di</strong> quei giorni. Alla signora Malfenti scri vevo una lettera<br />

semplice con la quale prendevo congedo prima d’intra prendere un lungo viaggio.<br />

Non ricordo però <strong>di</strong> aver avuto una tale intenzione: non potevo lasciare la città<br />

quando non ero ancora certo che nessuno sarebbe venuto a cercarmi. Quale<br />

sventura se fossero venuti e non m’avessero trovato ! Nessuna <strong>di</strong> quelle lettere è<br />

stata inviata. Cre do anzi le avessi scritte solo per mettere in carta i miei pensieri.<br />

74 • Dalla ſcrittura alla letteratura


ALBERTO MORAVIA<br />

GLI INDIffERENTI<br />

capITOlO xvI<br />

Quando furono sulla soglia del portone si accorsero che pioveva <strong>di</strong>rottamente;<br />

senza violenza, ma con una sciatta abbondanza come da un catino sfondato;<br />

un gran fruscio torrenziale empiva l’oscurità; un livido velo d’acqua ribolliva<br />

sul lastrico della strada; grondaie, stillici<strong>di</strong>, rigagnoli, la grossa pioggia vecchia <strong>di</strong><br />

due settimane <strong>di</strong> tempo sfogava da ogni parte il suo fiotto impuro fermentato a<br />

lungo nei fianchi delle nubi; sotto il <strong>di</strong>luvio le case stavano dritte e nere; i fanali<br />

affogavano; i marciapie<strong>di</strong> inondati assumevano l’aspetto anfibio delle banchine<br />

per metà sommerse, nei porti <strong>di</strong> mare.<br />

Curvi sotto l’acquata, camminarono in fretta, contro i muri, badando a ripararsi<br />

sotto quell’unico ombrello che avevano; ad una voltata un’automobile da piazza,<br />

libera, li assalì col raggio dritto dei suoi fanali accesi; salirono e partirono.<br />

Sedettero l’uno a fianco all’altro, nell’oscurità; non si guardarono, non parlarono;<br />

i sobbalzi della corsa li facevano saltare e urtarsi come due fantocci senza<br />

vita, dalle membra <strong>di</strong> legno, dagli occhi spalancati ed estatici; Michele stava quasi<br />

<strong>di</strong>steso, appoggiato al fondo e pareva me<strong>di</strong>tare; Carla seduta, un po’ curva, tentava<br />

<strong>di</strong> seguire la corsa; e non ci riusciva; i vetri erano bagnati, un freddo vapore<br />

Diamo una breve sintesi del romanzo al fine <strong>di</strong> una corretta intelligenza del passo.<br />

Mariagrazia, vedova, già ricca borghese ha sperperato il suo patrimonio, deve perciò una<br />

grossa somma a Leo Merumeci, suo amante, che, stanco per le scene <strong>di</strong> gelosia, decide<br />

<strong>di</strong> riscuotere il suo cre<strong>di</strong>to. Propone alla donna <strong>di</strong> vendere la villa. Alla <strong>di</strong>scussione tra i due<br />

assistono i figli <strong>di</strong> Mariagrazia, Michele e Carla. Il giovane nutre una <strong>prof</strong>onda ostilità verso<br />

l’amante della madre, che ora fa la corte anche alla sorella, e verso il mondo borghese cui,<br />

però, né lui né la sorella sanno rinunciare veramente. Tanto che quando Leo propone a Carla<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare sua amante in cambio <strong>di</strong> una <strong>di</strong>lazione, la giovane non rifiuta benché presto ne<br />

Scomporre la realtà<br />

Il primo capoverso dell’ultimo capitolo de Gli<br />

in<strong>di</strong>fferenti si apre con una larga descrizione<br />

<strong>di</strong> una serata piovosa. È composto da un notevole<br />

numero <strong>di</strong> perio<strong>di</strong> composti <strong>di</strong> una frase. I<br />

perio<strong>di</strong> sono segnati da punti e virgola: questo<br />

permette all’autore <strong>di</strong> mutare soggetto ad ogni<br />

periodo (fatta eccezione per il secondo membro<br />

logicamente legato al primo nel soggetto, ma<br />

ellittico del vb) e nello stesso tempo <strong>di</strong> mantere<br />

una sostanziale unitarietà <strong>di</strong> contenuto. Il paesaggio<br />

piovoso viene scomposto in una serie <strong>di</strong><br />

elementi: prima la quantità (con ... abbondanza)<br />

ed il modo (sciatta); poi il suono (gran fruscio<br />

torrenziale); poi il colore (livido velo); infine le<br />

apparenze urbane (grondaie, stillici<strong>di</strong>, rigagnoli...<br />

– si noti la serie <strong>di</strong> sostantivi in sintassi<br />

nominale – le case ... i fanali ... i marciapie<strong>di</strong>).<br />

La pioggia assume i toni <strong>di</strong> fiacchezza, <strong>di</strong> <strong>di</strong>sfacimento<br />

e <strong>di</strong> corruzione che circolano in tutto<br />

il romanzo e che in questo capitolo trovano un<br />

momento <strong>di</strong> particolare evidenza: allo scopo<br />

serve un largo impiego degli aggettivi come<br />

sciatta ... sfondato ... gran ... torrenziale ... livido<br />

... grossa ... vecchia ... impuro ... dritte e nere<br />

... anfibio; cui danno man forte alcune immagini<br />

metaforiche (metasememi <strong>di</strong>rebbe il Gruppo<br />

µ) del tipo come da un catino sfondato; un ...<br />

velo d’acqua ribolliva; sfogava ... il suo fiotto<br />

impuro fermentato a lungo nei fianchi delle nubi;<br />

i fanali affogavano; i marciapie<strong>di</strong> ... assumevano<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 75


Analisi Tecnica. Moravia<br />

li appannava; impossibile veder nulla. Le parve <strong>di</strong> essere chiusa fuori dal mondo,<br />

sola col fratello in quella scatola buia e <strong>di</strong> essere portata a grande velocità verso un<br />

luogo sconosciuto; dove ? così finivano la giornata e la sua vecchia vita: con una<br />

domanda alla quale era impossibile rispondere; dove si va <strong>di</strong> giorno o <strong>di</strong> notte, con<br />

l’oscurità e la pioggia o in piena luce ? Nessuno lo sa; ebbe paura! volle restringere<br />

la sua meta, rimpicciolire il suo mondo, vedere tutta la sua esistenza come una<br />

stanza angusta. « Sposerò Leo » pensò. Fissava con quei suoi occhi stanchi il vetro<br />

<strong>di</strong> faccia, e le parve <strong>di</strong> vedere affacciarsi, delinearsi su quella superficie lucida e buia<br />

delle figurette luminose; o vetri <strong>di</strong> casa, nelle notti piovose, vetri <strong>di</strong> treno, loquaci e<br />

monotoni, dagli scintillii misteriosi, finestre aperte sulla campagna nera dei sogni:<br />

Ecco… ecco… affiorare da quell’ombra i gra<strong>di</strong>ni assolati <strong>di</strong> una chiesa, lei tutta can<strong>di</strong>da<br />

nei suoi lunghi veli <strong>di</strong> sposa, col volto un po’ curvo, doveva essere una giornata<br />

<strong>di</strong> sole, aggrappata al braccio del suo compagno; e <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> loro uscire, svestirsi <strong>di</strong><br />

quell’oscurità, una per una, le figure del corteo nuziale; la madre molto lontana,<br />

doveva certamente piangere ma non si vedeva, con un rotondo e smagliante mazzo<br />

<strong>di</strong> fiori tra le mani; Michele a testa bassa come se avesse guardato dove metteva i<br />

resti insod<strong>di</strong>fatta. Michele assiste con in<strong>di</strong>fferenza alle meschine vicende che si svolgono<br />

attorno a lui, alla mene materne (Mariagrazia ignora la relazione con la figlia) per riconquistare<br />

Leo, alle attenzioni che a lui rivolge Lisa. Finché non viene a conoscenza della relazione della<br />

sorella: allora decide <strong>di</strong> ammazzare Leo, ma lo fa con una rivoltella scarica. L’ira <strong>di</strong> Michele è<br />

provocata anche dal fatto che egli aveva pensato, solo pensato !, <strong>di</strong> ’cedere’ la sorella a Leo in<br />

cambio del denaro dovuto: ora vede realizzarsi quello che lui ha pensato e gli pare si realizzi la<br />

sua personale meschinità. Ma Carla ha accettato <strong>di</strong> sposare Leo proprio per avere quel lusso<br />

che la povertà le aveva precluso. Tutto sommato è ’facile’, non v’è alcun motivo <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care<br />

e se qualche compromesso è necessario esso è largamente compensato dai vantaggi. Così<br />

Carla si prepara per la festa mascherata, dove si recherà anche la madre che non sa ancora<br />

della sua decisione e che è felice <strong>di</strong> reincontrare l’amante.<br />

l’aspetto anifibio delle banchine ... <strong>di</strong> mare. Un<br />

confronto con il lessico <strong>di</strong> P. narratore e <strong>di</strong> Svevo<br />

rivela facilmente la scelta ampia e ricca che lo<br />

scrittore romano fa nella scrittura, che utilizza<br />

la descrizione del mondo esterno per rendere,<br />

<strong>di</strong>remmo, tangibilmente lo stato d’animo dei<br />

personaggi.<br />

Il secondo capoverso precisa la modalità descrittiva.<br />

Ancora alcuni punti e virgola ritmano tre<br />

frasi caratterizzate dalla velocità dei movimenti<br />

<strong>di</strong> persone e cose: Michele e Carla cercano <strong>di</strong><br />

ritornare a casa bagnandosi il meno possibile<br />

(si noti il lemma acquata, piuttosto inconsueto<br />

per acquazzone), camminano non vicino ai, ma<br />

contro i muri; badando – più colto rispetto a<br />

cercando e a tentando, come più colto è voltata<br />

per curva o svolta, quando una borghese auto<br />

da piazza (taxi è voce registrata dal Panzini nel<br />

1913, il romanzo è del ’29), li illumina coi fari.<br />

L’evento, in realtà banalissimo, viene presentato<br />

in modo da esprimere fasti<strong>di</strong>o: un’automobile ...<br />

li assalì col raggio dritto dei suoi fanali accesi:<br />

tralasciando assalì, che è palmare evidenza,<br />

varrà notare l’amplificazione della espressio­<br />

76 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

ne che per comunicare il concetto avrebbe<br />

richiesto solamente l’assalì « con la luce dei<br />

fanali »: qui la luce <strong>di</strong>viene raggio, aggettivato<br />

pleonasticamente dal punto <strong>di</strong> vista concettuale,<br />

ma efficamente ai fini dell’idea, con dritto; non<br />

<strong>di</strong>verso è l’uso del possessivo suoi e del participio<br />

(del tutto ’illogico’) accesi. È che l’assalì<br />

acquista più precisa denotazione da raggio,<br />

dritto e accesi, mentre suoi sottolinea l’alterità,<br />

se non l’ostilità dell’assalto. Insomma si manifesta<br />

qui la decisione <strong>di</strong> dare una descrizione<br />

te<strong>di</strong>osa, o atte<strong>di</strong>ata, del mondo, corrispettiva<br />

della con<strong>di</strong>zione psichica dei protagonisti, presi<br />

a un tempo da in<strong>di</strong>fferenza e <strong>di</strong>sgusto (più tar<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>rà ne La noia: « ... la realtà, quando mi annoio,<br />

mi ha sempre fatto l’effetto che fa una coperta<br />

troppo corta, ad un dormiente, in una notte d’inverno<br />

»). L’ultima frase, che conclude il periodo<br />

e l’azione, viene dopo un salto narrativo: Carla<br />

e Michele non chiamano o fermano il taxi, ma<br />

dopo esserne stati illuminati salirono e partirono.<br />

Non è, dunque, la realistica descrizione degli<br />

eventi che interessa Moravia; il succedersi degli<br />

eventi è sommariamente in<strong>di</strong>cato: contano le


Analisi Tecnica. Moravia<br />

pie<strong>di</strong>; Lisa in uno straor<strong>di</strong>nario vestito primaverile; e molti altri invitati <strong>di</strong> cui non<br />

si <strong>di</strong>stinguevano le facce, le donne vestite <strong>di</strong> bianco, gli uomini <strong>di</strong> nero, sparpagliati,<br />

affollati <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> loro; alcuni ancora per metà nell’ombra, altri in piena luce, tutti<br />

molto eleganti, si potevano <strong>di</strong>stinguere le pieghe impeccabili dei pantaloni degli<br />

uomini; ciascuno <strong>di</strong> essi stringeva tra le mani una luccicante tuba dai molti riflessi;<br />

si potevano <strong>di</strong>stinguere fiore per fiore i mazzi colorati e ton<strong>di</strong> delle donne… Tutti<br />

uscivano dal portale invisibile della chiesa, <strong>di</strong>scendevano <strong>di</strong>etro gli sposi; gli scalini<br />

erano pieni <strong>di</strong> sole; poi, improvvisamente scoppiava una musica lenta, religiosa, che<br />

a passo a passo pareva seguire il corteo nuziale, organo o campane ? le pareva <strong>di</strong><br />

u<strong>di</strong>rli, quei suoni trionfali che l’accompagnavano; erano solenni, ma colmi <strong>di</strong> una<br />

tristezza amara ed esultante come se ella così vestita, così aggrappata al braccio<br />

<strong>di</strong> suo marito, non stesse andando verso la gioia, ma invece verso un sacrificio<br />

ingrato, verso una vita piena <strong>di</strong> sgomento e d’insuperabili <strong>di</strong>fficoltà…<br />

Si scosse; una mano, quella <strong>di</strong> Michele, stringeva la sua: l’ombra del vetro<br />

<strong>di</strong>lagava rapidamente sulle figurette luminose del corteo nuziale, come quella <strong>di</strong><br />

una lastra fotografica bruciata dal sole; l’automobile aveva rallentato, si era fermata,<br />

aspettava, immobile, <strong>di</strong> attraversare una strada affollata; pioggia; fruscio;<br />

campanelli; trombe; voci; luci; facce; alfine con una scossa l’automobile si mosse,<br />

riparti:<br />

« Ebbene », ella domandò voltandosi « cosa c’è ? »<br />

Vide il fratello fare un gesto goffo e convulso con la mano: « Se non mi sbaglio »<br />

manifestazioni degli stati d’animo, o, meglio,<br />

dell’in<strong>di</strong>fferenza (che non equivale all’<strong>analisi</strong><br />

psicologica alla maniera <strong>di</strong> Svevo che ricerca le<br />

<strong>di</strong>namiche interiori verso una definizione del sé;<br />

la descrizione dello stato d’animo è descrizione<br />

d’un oggetto, complesso indubbiamente, che<br />

l’in<strong>di</strong>viduo piuttosto subisce, che non s’identifica<br />

con l’in<strong>di</strong>viduo, e che comunque semplicemente<br />

è così).<br />

La freddezza dell’enumerazione <strong>di</strong> oggetti raggiunge<br />

punte <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria efficacia nel terzo<br />

capoverso nel quale il ricorso alla scansione dei<br />

punto e virgola allinea sul medesimo piano cose,<br />

uomini, impressioni, immaginazioni. Il primo periodo,<br />

composto <strong>di</strong> otto frasi­periodo, accoglie<br />

la descrizione dei due protagonisti, oggettivati<br />

nelle posture dei corpi nel taxi e resi due fantocci<br />

senza vita, in drammatica contrad<strong>di</strong>zione con<br />

il larghissimo uso <strong>di</strong> verbi. Il secondo periodo è<br />

sintatticamente più vario: interrogative, esclamative<br />

interrompono la serie dei punto e virgola,<br />

ma non la monotona cadenza enumerativa,<br />

nella quale si <strong>di</strong>sfa la tensione problematica della<br />

domanda sul senso della vita. Funzionale alla<br />

resa dell’atte<strong>di</strong>amento è la domanda nella quale<br />

la moltiplicazione lessicale (ma cfr. più avanti:<br />

per mostrarsi quale era; nuda, perduta, povera)<br />

prende spunto dalla situazione reale del viaggio<br />

in taxi, ma banalizza il tema, sì che Carla sembra<br />

giocare, o, ad<strong>di</strong>rittura, non partecipare: dove<br />

si va <strong>di</strong> giorno o <strong>di</strong> notte, con<br />

l’oscurità e la pioggia o in piena<br />

luce ? abbiamo messo in staccato i termini<br />

pleonastici ai fini della comunicazione delle<br />

idee. Naturalmente assolvono ad una funzione<br />

risolutiva a petto della decisione <strong>di</strong> Carla, spaventata,<br />

<strong>di</strong> risolvere il problema contenendolo in<br />

<strong>di</strong>mensioni controllabili: onde « Sposerò Leo ».<br />

La decisione è definitiva: nessun segno d’imbarazzo,<br />

né <strong>di</strong> sofferenza, nessun ondeggiamento<br />

interiore. La decisione così presa suscita le<br />

immagini della futura cerimonia <strong>di</strong> nozze. È qui<br />

che affiora il pensiero della madre, già amante<br />

<strong>di</strong> Leo, ma è avvertita come invisibile presenza.<br />

Il pensiero <strong>di</strong> Carla si sofferma solo un attimo su<br />

quello che doveva essere il dramma familiare:<br />

subito le lagrime materne sono <strong>di</strong>menticate.<br />

In generale si veda come l’immaginazione scivoli<br />

su particolari insignificanti: le pieghe ... dei<br />

pantaloni, una luccicante tuba dai molti riflessi,<br />

i mazzi colorati e ton<strong>di</strong>, gli scalini.<br />

Se un suono l’avverte che quella decisione non<br />

significa automaticamente felicità, anzi può preludere<br />

ad una vita <strong>di</strong> sgomento e d’insuperabili<br />

<strong>di</strong>fficoltà, basterà che ella si scuota perché la<br />

dubitosa immaginazione svanisca.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 77


Analisi Tecnica. Moravia<br />

egli chiese con sforzo, « se non mi sbaglio non te l’ho detta la ragione per la quale<br />

dovresti rifiutare Leo ».<br />

Ella lo guardò: « No ».<br />

« Eccola ». Il ragazzo si chinò e cominciò in fretta senza transizione a raccontare:<br />

« Eccola la ragione… Oggi, prima <strong>di</strong> andar da Lisa…: a proposito, è stata lei<br />

a rivelarmi tutto, su te e Leo… »<br />

« Ah! è stata lei ».<br />

« Sì, a quel che pare vi aveva sorpresi ieri, nell’anticamera… Ma an<strong>di</strong>amo<br />

avanti… ieri, prima <strong>di</strong> andar da Lisa, non ricordo come, venni a pensare agli<br />

affari nostri, alle nostre con<strong>di</strong>zioni che in verità sono molto cattive… e a poco a<br />

poco mi addentrai tanto nei miei ragionamenti, che persi, come <strong>di</strong>re ? persi ogni<br />

ritegno, e mi sorpresi a pensare press’a poco questo: ’Ecco, noi siamo rovinati non<br />

c’è rime<strong>di</strong>o; tra un anno, se continuerà così, cadremo in miseria… per evitare<br />

questo <strong>di</strong>sastro non sarebbe consigliabile venire a qualche sacrificio o magari ad<br />

un compromesso ?’. La sola persona sulla quale si poteva contare per una simile<br />

combinazione era Leo… Dunque, per esempio, pensai allora quasi senza accorgermene,<br />

dato il carattere dell’uomo, è donnaiuolo, per una donna che gli piace<br />

darebbe tutto quel che ha; non sarebbe utile fargli capire che in cambio dei suoi<br />

denari io mi impegnerei, capisci ? a portargli mia sorella, Carla, tu, insomma, a<br />

portargliela in casa sua ? ».<br />

« Hai pensato questo ? » ella domandò voltandosi vivamente e guardandolo;<br />

in quel momento la luce <strong>di</strong> un fanale illuminò per un attimo la faccia <strong>di</strong> Michele;<br />

ella vide gli occhi aperti, <strong>di</strong>latati e sul volto bianco che accennava <strong>di</strong> sì, una ripugnante,<br />

goffa umiltà; stornò la testa; una tristezza angosciosa strinse il suo cuore<br />

tremante; l’automobile correva; Michele parlava:<br />

Moravia sostenne la necessità per il romanzo <strong>di</strong> superare la ’zavorra’ psicoanalitica per recuperare<br />

la realtà concreta, quella sensuale cui s’era venuta sostituendo la realtà del pensiero.<br />

Lo scrittore perciò sempre sottovaluterà i conflitti psicologici, giu<strong>di</strong>cati superflui ed inutili, un<br />

poco farseschi (« la vita era quel che era, meglio accettarla, che giu<strong>di</strong>carla »). È il caso del<br />

dramma interiore <strong>di</strong> Michele che soffre per aver pensato <strong>di</strong> liberarsi degli impacci economici<br />

col matrimonio <strong>di</strong> Carla con Leo: Carla dopo un breve atto d’orgoglio gli confermerà la decisione<br />

<strong>di</strong> sposare l’amante della madre, esattamente per gli stessi motivi che fanno penare<br />

il fratello. Ai suoi scrupoli opporrà un « È facile » che li banalizza del tutto; e rinvierà come<br />

fasti<strong>di</strong>o comunque superabile il contrasto con la madre che considera Leo ancora come suo<br />

amante: <strong>di</strong> fatto si tratta d’una alzata <strong>di</strong> spalle nei confronti d’un problema che s’affronterà,<br />

certo, ma del quale per il momento non conviene preoccuparsi. Il vero è che i motori delle azioni<br />

<strong>di</strong> Carla, <strong>di</strong> Mariagrazia, <strong>di</strong> Leo e <strong>di</strong> tutti i personaggi moraviani sono le pulsioni primarie della<br />

sessualità e del denaro: tutto ciò che contorna, che viene implicato, vuoi <strong>di</strong> psicologico, vuoi <strong>di</strong><br />

rapporti sociali, familiari e così via, ha consistenza assai fragile, tanto da non permettere alcun<br />

coinvolgimento e tanto meno identificazione. È per questo che i personaggi degli In<strong>di</strong>fferenti<br />

paiono estranei alla vicenda in cui si trovano immersi e che pure nasce dai loro istinti e dalle<br />

loro esigenze. Conta che la realtà esterna – come quella interiore – non determini alcuna vera<br />

problematizzazione: essa è così, e non si può far nulla perché sia <strong>di</strong>versa. Se<br />

Pirandello e Svevo (e poco dopo Gadda) avevano <strong>di</strong>mostrato falsa l’idea che esistesse una<br />

realtà conoscibile e mo<strong>di</strong>ficabile a nostro piacimento; il romanzo neorealista, che si è soliti<br />

far cominciare dagli In<strong>di</strong>fferenti, tenta <strong>di</strong> ricostruire la realtà cercandone i moventi (nel caso <strong>di</strong><br />

Moravia il sesso e il denaro; mentre Elio Vittorini ed Ignazio Silone penseranno <strong>di</strong> poterla mutare).<br />

78 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Moravia<br />

« Ho pensato questo… e mi pare <strong>di</strong> vederlo, sai ? » egli fece con la mano un gesto<br />

come se avesse voluto afferrare qualche cosa; « mi pareva <strong>di</strong> vedere come saremmo<br />

andati tutti e tre, io, te e Leo in casa <strong>di</strong> quest’ultimo … ; quando son turbato mi<br />

par <strong>di</strong> vedere le cose che penso … ; come avremmo preso il tè nel salotto <strong>di</strong> Leo,<br />

come alfine io me ne sarei partito, <strong>di</strong>scretamente, secondo gli accor<strong>di</strong> prestabiliti,<br />

lasciandoti sola insieme con Leo… ».<br />

« È orribile » ella mormorò con spavento, ma Michele non la udì.<br />

« Allora… capisci ? quando vi vi<strong>di</strong> poco fa, seduti l’uno in faccia all’altro, davanti<br />

alla finestra del salotto, e u<strong>di</strong>i Leo proporti <strong>di</strong> sposarlo … mi sembrò <strong>di</strong> scorgere<br />

la scena che avevo immaginato … succede a tutti … : si va per la strada, si pensa<br />

<strong>di</strong> trovare delle persone in certi atteggiamenti, e infatti si trovano… Ma nel mio<br />

caso c’era quel calcolo in più, quel calcolo sul denaro <strong>di</strong> Leo. ’Ecco’ mi <strong>di</strong>ssi, ’tutto<br />

è avvenuto come avevo pensato, come non avrei dovuto pensare, tutto è come se<br />

veramente io avessi detto a Leo: Senti Leo… c’è Carla, mia sorella… è una bella e<br />

florida ragazza’ … Non offenderti… è così che immaginavo parlargli… ».<br />

« Non mi offendo » ella mormorò senza voltarsi, « continua pure ».<br />

« Una bella, florida ragazza » ripeté Michele; « tu mi dai del denaro, molto, ti<br />

addossi il sostentamento della mia famiglia e io in cambio… in cambio ti lascio<br />

mano libera su Carla… fanne quel che vuoi… ».<br />

« Ma cosa pensavi… » ella proruppe triste e irritata; « cosa pensavi ch’io fossi ?<br />

un oggetto ? un animale ? ».<br />

« No, ma sapevo » rispose Michele con un mezzo sorriso <strong>di</strong> vittoria « che ti<br />

annoiavi… come <strong>di</strong>re ? che eri nelle con<strong>di</strong>zioni adatte, che avresti facilmente<br />

ceduto… »<br />

« Sapevi questo ? » ella mormorò.<br />

« Che non avessi agito » continuò Michele senza rispondere « non aveva<br />

ormai più importanza … : ne avrei subito lo stesso il rimorso … : vedendovi, là,<br />

sposati, vivendo <strong>di</strong> quei denari, ne avrei sempre sofferto come <strong>di</strong> una vera colpa…<br />

Il lessico<br />

All’interno <strong>di</strong> una generale me<strong>di</strong>età lessicale<br />

affiorano <strong>di</strong> tanto in tanto locuzioni più ricercate.<br />

Abbiamo già detto <strong>di</strong> automobile da piazza<br />

(più avanti si veda conduttore per il non ancora<br />

accettato autista) e <strong>di</strong> acquata, s’aggiungano<br />

vetro <strong>di</strong> faccia, stornò la testa. Si veda il caso <strong>di</strong><br />

ginocchia accavalciate: non solo egli fa ricorso<br />

ad un participio passato <strong>di</strong> uso non comune,<br />

ma non le gambe sono accavalciate secondo<br />

la formula più <strong>di</strong>ffusa, ma le ginocchia: tal che<br />

l’espressione presa in considerazione è praticamente<br />

unica. Così peculiari per l’intriseco<br />

ossimoro sono fruscìo oceanico; impiastricciata<br />

<strong>di</strong> un lussureggiante belletto e occhi affogati in<br />

una languida tintura nera.<br />

Contrad<strong>di</strong>ttorietà ideologica è quella che si<br />

rinviene in ripugnante, goffa umiltà: dal momento<br />

che il retaggio cristiano induce a vedere<br />

nell’umiltà una virtù, è poco frequente l’aggettivazione<br />

negativa, benché non manchino<br />

esempi: superba (G.B. Marino), finta, esagerata<br />

e così via. Decisamente raro è ripugnante, che<br />

deriva <strong>di</strong>rettamente dall’ideologia espressa nel<br />

romanzo moraviano (che, s’è detto, respinge<br />

ogni complicazione psicologica) dal carattere <strong>di</strong><br />

Carla che aveva provato la medesima sensazione<br />

quando per colpa <strong>di</strong> un movimento brusco<br />

dell’automobile il fratello s’era troppo avvicinato:<br />

« Un sobbalzo della vettura li gettò ripugnanti<br />

l’uno contro l’altro ».<br />

Due sole le metafore <strong>di</strong> qualche rilievo: una che<br />

abbiamo avuto modo <strong>di</strong> incontrare: i marciapie<strong>di</strong><br />

inondati assumevano l’aspetto anfibio delle<br />

banchine per metà sommerse, nei porti <strong>di</strong> mare;<br />

la seconda, sempre attinente al genere marino:<br />

allora osservò, arenata sull’orlo della strada,<br />

come un cetaceo lasciato lì dall’alluvione, una<br />

forma nera e lunga, una grande automobile.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 79


Analisi Tecnica. Moravia<br />

capisci ?… capisci ?… » egli ripeté preso da una subita esasperazione, afferrandola<br />

per un braccio; « capisci ?… Si pensa una brutta, malvagia azione, ma non la si<br />

fa… poi tutto avviene come si aveva pensato, ma non completamente, fino ad un<br />

certo punto, in modo da poterne ancora impe<strong>di</strong>re l’esecuzione… Cosa si deve fare<br />

allora ? si cercherà <strong>di</strong> opporsi, d’impe<strong>di</strong>re che questa cosa orribile avvenga… se non<br />

lo si fa, è come se si fosse stati complici dal principio alla fine, è come se io ti avessi<br />

veramente ceduta a Leo per il suo denaro, e ti avessi veramente portata in casa<br />

sua… Capisci ora ? se tu lo sposi per me è come se veramente io avessi favorito la<br />

vostra unione, la vostra colpa, avessi da una parte spinto te tra le braccia <strong>di</strong> Leo e<br />

dall’altra ricevuto il denaro… capisci ?… capisci ora ?… ». Un sobbalzo della vettura<br />

li gettò ripugnanti l’uno contro l’altro; silenzio, l’automobile correva:<br />

« Mi perdoni » domandò alfine il ragazzo con voce commossa e umile, curvandosi<br />

in avanti, accanto alla sorella; « mi perdoni, Carla ?… ».<br />

Ella taceva e guardava davanti a sé; poi ebbe un riso sforzato e secco:<br />

« Non c’è nulla da perdonare » rispose; « non mi hai fatto nulla… nulla <strong>di</strong><br />

male… cosa avrei da perdonarti ? » Silenzio. « Non ho nulla da perdonare a nessuno<br />

» ella ripeté esasperata, con voce <strong>di</strong> pianto, senza <strong>di</strong>stogliere gli occhi dal<br />

vetro dell’automobile; « a nessuno… non voglio che essere lasciata in pace ». Gli<br />

occhi le si empirono <strong>di</strong> lacrime; tutti erano colpevoli e nessuno, ma ella era stanca<br />

<strong>di</strong> esaminare se stessa e gli altri; non voleva perdonare, non voleva condannare, la<br />

vita era quel che era, meglio accettarla, che giu<strong>di</strong>carla, che la lasciassero in pace.<br />

Parve a Michele <strong>di</strong> trovare in queste parole la sua definitiva condanna: « Non<br />

ho fatto nulla » si ripeté con stupore, ché gli pareva <strong>di</strong> essere invecchiato, <strong>di</strong> aver<br />

molto vissuto in quel solo giorno: « è vero… non ho fatto nulla… nient’altro che<br />

pensare… ». Un fremito <strong>di</strong> paura lo scosse: “Non ho amato Lisa… non ho ucciso<br />

Leo… non ho che pensato… ecco il mio errore”. Si chinò, afferrò una mano della<br />

fanciulla:<br />

« Ma lo rifiuterai, non è vero ? » domandò ansio-samente; « <strong>di</strong>mmi che lo<br />

rifiuterai… ».<br />

Silenzio: « Lo sposerò » ella <strong>di</strong>sse alfine; silenzio ancora: « Cosa avverrebbe <strong>di</strong><br />

La sintassi<br />

S’è più su visto come Moravia spesso proceda<br />

attraverso la moltiplicazione <strong>di</strong> sostantivi e <strong>di</strong><br />

aggettivi e sul piano più strettamente sintattico<br />

attraverso serie (anche lunghe) <strong>di</strong> brevi frasiperio<strong>di</strong><br />

scan<strong>di</strong>ti da punto e virgola: la subor<strong>di</strong>nazione<br />

viene sostituita dalla frammentazione in<br />

una moltepilicità <strong>di</strong> principali, neppure sempre<br />

coor<strong>di</strong>nate, semplicemente giustapposte in<br />

una sorta d’accumulazione <strong>di</strong> frasi vuoi nelle<br />

descrizioni della realtà, vuoi nelle introspezioni,<br />

vuoi nei <strong>di</strong>aloghi. Più su abbiamo esaminato<br />

alcuni momenti descrittivi; qui esamineremo<br />

il più (sintatticamente) articolato <strong>di</strong>alogo tra<br />

Michele e Carla in automobile, allorché il primo<br />

confessa il non realizzato progetto. Alla risposta<br />

negativa con la quale Carla <strong>di</strong>chiarava <strong>di</strong> non<br />

conoscere il motivo per il quale avrebbe dovuto<br />

80 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

respingere Leo, Michele comincia l’esposizione<br />

con una determinazione temporale (oggi, prima<br />

...) subito interrotta dall’esposizione del ruolo<br />

avuto da Lisa nella scoperta. Poi, finalmente,<br />

la confessione vera e propria: qui una serie <strong>di</strong><br />

perio<strong>di</strong> composti al più da una reggente e da<br />

una subor<strong>di</strong>nata: nostre con<strong>di</strong>zioni che ... sono<br />

... cattive; mi addentrai tanto ... che persi; poi<br />

due reggenti senza legame sintattico: siamo<br />

rovinati non c’è rime<strong>di</strong>o; una ipotetica <strong>di</strong> primo<br />

tipo; una interrogativa con finale implicita.<br />

La frammentazione sintattica giunge nel periodo<br />

successivo ad una sorta <strong>di</strong> sconnessione. La<br />

conclusiva introdotta dal dunque viene interrotta<br />

da una temporale, poi da una causale<br />

implicita, una oggettiva retta dal pensai. Un<br />

punto e virgola introduce (separa ?) il verbo della<br />

conclusiva: sarebbe + utile, pre<strong>di</strong>cato della soggettiva<br />

fargli capire. La soggettiva comporta


Analisi Tecnica. Moravia<br />

me se non lo sposassi ? » ella continuò con voce triste e dura; « che cosa <strong>di</strong>venterei<br />

… ? Pensaci un istante… in queste con<strong>di</strong>zioni… ». E fece un gesto come per<br />

mostrarsi quale era; nuda, perduta, povera: « Sarebbe una pazzia rifiutarlo, non<br />

mi resta che sposarlo… ». Tacque, guardando come prima davanti a sé.<br />

La rigi<strong>di</strong>tà del tono aveva persuaso Michele più <strong>di</strong> qualsiasi ragione: « Tutto è<br />

finito » pensò guardando le guance puerili <strong>di</strong> Carla, che il fanale dell’automobile<br />

illuminava; « è una donna ». Si sentì vinto: « E così Carla » domandò ancora come<br />

un bambino mal convinto, « lo sposerai ? ».<br />

« Lo sposerò » ella ripeté senza voltarsi.<br />

La corsa dell’automobile volgeva alla fine; le strade si allargavano, si spopolavano;<br />

non più case, ma ville chiare e cupi giar<strong>di</strong>ni fra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> pioggia; scarsi i fanali,<br />

larghi e deserti i marciapie<strong>di</strong>. Carla seguiva attentamente la corsa e con quella<br />

stessa velocità i pensieri turbinavano nella sua mente eccitata e stanca; l’automobile<br />

era la sua vita, lanciata ciecamente nell’oscurità. Avrebbe sposato Leo … vita in<br />

comune, mangiare insieme, uscire insieme, viaggi, sofferenze, gioie … avrebbero<br />

avuto una bella casa, un bell’appartamento in un quartiere elegante della città …<br />

qualcheduno entra nel salotto arredato con lusso e buon gusto, è una signora sua<br />

amica, ella le viene incontro … prendono il tè insieme, poi escono; la sua macchina<br />

le aspetta alla porta; salgono; partono … Ella si sarebbe chiamata signora,<br />

signora Merumeci, strano, signora Merumeci … Le pareva <strong>di</strong> vedersi, un po’ più<br />

alta, più grande, le gambe ingrossate, i fianchi più larghi, il matrimonio ingrassa,<br />

dei gioielli al collo e sulle <strong>di</strong>ta, ai polsi; più dura, più fredda, splen<strong>di</strong>da ma fredda,<br />

come se avesse avuto, là, <strong>di</strong>etro quei suoi occhi rigi<strong>di</strong>, un segreto, e per conservarlo<br />

nascosto, avesse ucciso nella sua anima ogni sentimento. Così atteggiata, vestita<br />

elegantemente, eccola entrare nella sala affollata <strong>di</strong> un albergo; suo marito la segue,<br />

Leo, un po’ più calvo, un po’ più grasso, ma non molto cambiato; si seggono,<br />

prendono il tè, ballano, molti la guardano e pensano: « Bella, bella donna ma cattiva<br />

… non sorride mai … ha gli occhi duri … sembra una statua … chissà a che cosa<br />

pensa ». Altri in pie<strong>di</strong>, laggiù presso le colonne della sala, mormorano tra <strong>di</strong> loro:<br />

« Ha sposato l’amico <strong>di</strong> sua madre … un uomo più vecchio <strong>di</strong> lei … non lo ama<br />

e certamente deve avere un amante ». Tutti mormorano, pensano, la guardano;<br />

una oggettiva che ... mi impegnerei (interrotta<br />

dall’inciso interrogativo, capisci ?), oggettiva<br />

che si conclude con la ripetizione <strong>di</strong> ’portare’.<br />

Naturalmente si può <strong>di</strong>re che un periodare così<br />

spezzato, talora caotico, risponde alla situazione<br />

psicologica in cui si trova il parlante: e questo<br />

corrisponderebbe al vero. Bisognerà tuttavia<br />

tenere presente che quell’accumulazione <strong>di</strong><br />

frammenti <strong>di</strong> pensieri e <strong>di</strong> eventi corrisponde<br />

perfettamente alla modalità descrittiva che abbiamo<br />

analizzata all’inizio del capitolo.<br />

Così come corrisponde anche il momento in<br />

cui Carla pensa al suo futuro drammaticamente<br />

segnato dal paragone: l’automobile era la sua<br />

vita, lanciata nell’oscurità. Dapprima una serie<br />

<strong>di</strong> sostantivi (o verbi sostantivati) in asindeto, poi<br />

un gruppo <strong>di</strong> immaginazioni <strong>di</strong>sposte in or<strong>di</strong>ne<br />

cronologico, compaginate in frasi ora coor<strong>di</strong>nate<br />

in polisindeto, più spesso in asindeto: è<br />

una signora sua amica, ella le viene incontro …<br />

prendono il tè insieme, poi escono; la sua macchina<br />

le aspetta alla porta; salgono; partono. Le<br />

immagini che passano nella mente <strong>di</strong> Carla si<br />

susseguono rapidamente, e nell’insieme compongono<br />

un progetto <strong>di</strong> vita ma <strong>di</strong> una vita in<br />

cui azioni, persone, eventi si accumulano senza<br />

stabilire un vero nesso logico tra loro, senza<br />

strutturarsi veramente in un <strong>di</strong>scorso unitario,<br />

giacché non l’apparenza borghese e perbenista<br />

è vera, ma la pulsione sessuale e l’avi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong><br />

denaro, unici ed immo<strong>di</strong>ficabili perni intorno ai<br />

quali ruota una fasti<strong>di</strong>osa, insignificante folla <strong>di</strong><br />

piccoli eventi, obblighi sociali e così via.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 81


Analisi Tecnica. Moravia<br />

ella sta seduta accanto a quel suo marito, tiene le ginocchia accavalciate, fuma …<br />

effetto <strong>di</strong> gambe, il vestito è succinto, la scollatura è <strong>prof</strong>onda … tutti l’osservano<br />

con bramosia come se volessero morderla; ella risponde loro con sguar<strong>di</strong> pieni<br />

d’in<strong>di</strong>fferenza … Una camera … ecco: la signora Merumeci, in ritardo per qualche<br />

visita <strong>di</strong> obbligo, corre incontro al suo amante; tra quelle braccia perde quella sua<br />

durezza <strong>di</strong> statua, queste donne rigide sono sempre le più ardenti, ri<strong>di</strong>venta fanciulla,<br />

piange, ride, balbetta, è come una prigioniera liberata che rivede alfine la luce<br />

… la sua gioia è bianca, tutta la stanza è bianca, ella è senza macchia tra le braccia<br />

dell’amante … la purezza è ritrovata. Poi, quando vien l’ora, stanca e felice, torna<br />

alla casa coniugale e ricompone sul suo volto l’abituale freddezza … La sua vita<br />

continua così per degli anni … molti la invi<strong>di</strong>ano … ella è ricca, si <strong>di</strong>verte, viaggia,<br />

ha un amante, che più ? tutto quel che può avere una donna lo ha…<br />

L’automobile si fermò; <strong>di</strong>scesero; non pioveva più; l’aria era fredda e nebbiosa;<br />

un vento umido agitava senza posa il fogliame cupo dei giar<strong>di</strong>ni. Carla saltò<br />

agilmente la larga pozza che si frapponeva fra il marciapiede e la via, e dritta, in<br />

pie<strong>di</strong> sotto un fanale, aspettò che il fratello avesse pagato; allora osservò, arenata<br />

sull’orlo della strada, come un cetaceo lasciato lì dall’alluvione, una forma nera e<br />

lunga, una grande automobile; il cofano brillava; col berretto calato sugli occhi,<br />

incastrato sul suo se<strong>di</strong>le, il conduttore dormiva. « La macchina dei Berar<strong>di</strong> » ella<br />

pensò stupita, e ad un tratto si ricordò <strong>di</strong> quell’invito per il ballo mascherato.<br />

« Michele » <strong>di</strong>sse al fratello che le veniva incontro scavalcando con precauzione<br />

le pozze del fossato; « la macchina dei Berar<strong>di</strong> ».<br />

« Già » egli osservò con una rapida occhiata all’automobile: « saranno venuti<br />

a prenderci ».<br />

Entrarono nel parco; l’attraversarono in silenzio, guardando con cautela dove<br />

mettevano i pie<strong>di</strong>; rumore della ghiaia calpestata; umi<strong>di</strong>tà; ombre cupe e fantastiche<br />

contro il cielo nebbioso; vasto fruscìo oceanico dei gran<strong>di</strong> alberi; senso <strong>di</strong><br />

tregua; non pioveva più.<br />

Nel vestibolo caldo e illuminato Michele si tolse il pastrano e il cappello:<br />

« Carla » <strong>di</strong>sse alfine alla sorella che sulla soglia della porta lo aspettava: « quando<br />

parlerai a mamma <strong>di</strong> questo matrimonio ? »<br />

Ella lo guardò: « Domani » rispose tranquillamente.<br />

Passarono nel corridoio; un rumore <strong>di</strong> voci e <strong>di</strong> risa arrivava dal salotto; la<br />

fanciulla si avvicinò alle tende che nascondevano quella porta, le allargò con precauzione,<br />

spiò per un istante:<br />

« Sono tutti là » <strong>di</strong>sse voltandosi; « tutt’e tre … Pippo, Mary e Fanny ».<br />

Salirono la scala; nell’anticamera vennero loro incontro la madre e Lisa; la<br />

madre si era già travestita da spagnuola: aveva la faccia molle e patetica tutta impiastricciata<br />

<strong>di</strong> un lussureggiante belletto, guance accese e punteggiate <strong>di</strong> nèi, labbra<br />

vermiglie, occhi affogati in una languida tintura nera; il costume da spagnuola,<br />

lungo e tutto nero, le ondeggiava intorno ad ogni dondolìo dei fianchi, con una<br />

molle abbondanza <strong>di</strong> pieghe; un sontuoso velo ricamato a giorno le ricadeva dal<br />

largo pettine <strong>di</strong> tartaruga sulle spalle grasse, sulle braccia larghe, tremule e nude;<br />

teneva tra le mani un ventaglio <strong>di</strong> piume <strong>di</strong> struzzo, sorrideva stupidamente e come<br />

paurosa <strong>di</strong> turbare con qualche movimento l’equilibrio della sua acconciatura,<br />

82 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Moravia<br />

camminava con la testa dritta e rigida; al suo fianco, come il giorno accanto alla<br />

notte, stava Lisa, bion<strong>di</strong>ccia, <strong>di</strong> una bianchezza farinosa, tutta vestita <strong>di</strong> chiaro.<br />

Appena vide Carla e Michele la madre venne loro incontro: « È tar<strong>di</strong> » gridò<br />

prima ancora che avessero finito <strong>di</strong> salire. « I Berar<strong>di</strong> aspettano già da un quarto<br />

d’ora ».<br />

Era sod<strong>di</strong>sfatta, contenta: Lisa aveva passato tutto il pomeriggio con lei: <strong>di</strong> conseguenza<br />

l’amante le aveva detto la verità e non la tra<strong>di</strong>va; dalla gioia si era mostrata<br />

affabilissima con l’amica, le aveva fatto mille confidenze, e per un istante avrebbe<br />

anche pensato d’invitarla al ballo <strong>di</strong> quella sera; ma vi aveva rinunziato un poco per<br />

un parsinionioso egoismo, un poco perché i Berar<strong>di</strong> conoscevano pochissimo Lisa<br />

e avrebbero potuto offendersi <strong>di</strong> questa sua libertà. « Presto … presto » ripeteva a<br />

Carla che immobile la contemplava; « presto, vatti a mascherare… »<br />

« Devo mascherarmi ? » domandò la fanciulla con voce dubitosa e <strong>prof</strong>onda,<br />

senza alzare gli occhi da terra.<br />

La madre rise : « Svegliati Carla », <strong>di</strong>sse agitandosi con quel suo ondeggiante velo<br />

spagnuolo; « a che cosa pensi ? … non vorrai mica andare al ballo senza mascherarti<br />

? ». Prese la figlia per un braccio: « An<strong>di</strong>amo » soggiunse « an<strong>di</strong>amo … se no<br />

facciamo tar<strong>di</strong> ».<br />

Con un gesto meccanico Carla si tolse <strong>di</strong> testa il cappello e scuotendo la grossa<br />

testa indolente e arruffata seguì la madre; il velo spagnuolo ondeggiava con eleganza<br />

dalle due sporgenze fasciate delle natiche; Carla la guardava e le pareva, vedendola<br />

così eguale a se stessa, così immutabile, che nulla in quel pomeriggio fosse avvenuto:<br />

« Eppure » pensava « Bisognerà informarla <strong>di</strong> questo matrimonio ». Così, l’una<br />

trascinando l’altra, uscirono dall’anticamera.<br />

Restarono soli Lisa e Michele; fin dal primo momento la donna aveva osservato<br />

dal suo angolo, con una curiosità avida e turbata, quei due, fratello e sorella, che<br />

arrivavano insieme; ora, dopo avere invano aspettato che il ragazzo parlasse per<br />

il primo, gli si avvicinò:<br />

« Ebbene » domandò senza nascondere questo suo in<strong>di</strong>screto interessamento;<br />

« <strong>di</strong>mmi … com’è andata ? ».<br />

Egli si voltò, la guardò: « com’è andata » ripeté lentamente; « com’è andata ?<br />

… male è andata … gli ho sparato addosso ».<br />

« Misericor<strong>di</strong>a! » esclamò Lisa con un terrore esagerato, guardandolo vivamente<br />

« e l’hai ferito ? ».<br />

« Neppure toccato ».<br />

« Vieni qui ». Eccitata ella lo attirò sul <strong>di</strong>vano e gli sedette accanto: « Sie<strong>di</strong>ti<br />

qui…, raccontami… ».<br />

Ma Michele ebbe un gesto stanco e impaziente: « Ora no … più tar<strong>di</strong> ». Osservava<br />

quella carne rosea e bionda, quel petto florido … un desiderio insaziabile lo<br />

invadeva <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare anche per un solo istante la sua miseria… « Vai al ballo<br />

? » domandò alfine poiché ebbe cessato <strong>di</strong> esaminarla.<br />

« No ».<br />

« Allora »; egli esitò: l’allora, poiché neppure io ci vado, vengo a cena da te …<br />

e così … ti racconterò tutto ».<br />

La vide assentire con entusiasmo: « Va bene, benissimo … ceneremo insieme ».<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 83


Analisi Tecnica. Moravia<br />

E sorrise con amarezza. « Questa volta » pensò irritato e compiaciuto « non aver<br />

paura, non temere, non ti respingerò ».<br />

Un <strong>di</strong>sgusto opaco l’opprimeva; i suoi pensieri non erano che ari<strong>di</strong>tà, deserto;<br />

nessuna fede, nessuna speranza alla cui ombra riposare e rinfrescarsi; la falsità e<br />

l’abbiezione <strong>di</strong> cui aveva pieno l’animo egli le vedeva negli altri, sempre, impossibile<br />

strapparsi dagli occhi quello sguardo scoraggiato, impuro che si frapponeva<br />

tra lui e la vita; un po’ <strong>di</strong> sincerità, si ripeteva riaggrappandosi alla sua vecchia<br />

idea fissa, « un po’ <strong>di</strong> fede … e avrei ucciso Leo … ma ora sarei limpido come una<br />

goccia d’acqua ».<br />

Si sentiva soffocare; guardò Lisa, pareva contenta: « Come vivi ? » avrebbe<br />

voluto gridarle: « sinceramente ? con fede ? <strong>di</strong>mmi come riesci a vivere ». I suoi<br />

pensieri erano confusi, contrad<strong>di</strong>ttori: « E ancora » pensava con un brusco, <strong>di</strong>sperato<br />

ritorno alla realtà, « forse questo <strong>di</strong>pende soltanto dai miei nervi scossi …<br />

forse non è che una questione <strong>di</strong> denaro o <strong>di</strong> tempo o <strong>di</strong> circostanze ». Ma quanto<br />

più si sforzava <strong>di</strong> ridurre, <strong>di</strong> semplificare il suo problema, tanto più questo gli appariva<br />

<strong>di</strong>fficile, spaventoso. « È impossibile andare avanti così ». Avrebbe voluto<br />

piangere; la foresta della vita lo circondava da tutte le parti, intricata, cieca; nessun<br />

lume splendeva nella lontananza: « im-possibile ».<br />

Tornarono la madre e Carla, travestita quest’ultima da Pierrot; aveva il volto<br />

nascosto da una mascherina <strong>di</strong> raso nero, portava un enorme collare oscillante<br />

intorno al collo, giubbetto, pantaloni, scarpine <strong>di</strong> seta bianca con gran<strong>di</strong> bottoni<br />

neri; camminava sulle punte dei pie<strong>di</strong>, col tricorno un po’ <strong>di</strong> traverso, e sorrideva<br />

misteriosamente:<br />

« Come vi sembriamo ? » domandò la madre.<br />

« Molto bene … molto bene » ripeté Lisa: « <strong>di</strong>vertitevi ».<br />

« È quel che faremo » <strong>di</strong>sse la fanciulla con uno scoppio <strong>di</strong> risa; così travestita<br />

si sentiva un’altra, più gaia, più leggera … Si avvicinò al fratello, gli <strong>di</strong>ede sulla<br />

spalla un colpetto col ventaglio. « E con te domani parleremo » <strong>di</strong>sse a bassa voce;<br />

la confessione nell’automobile le aveva lasciato una penosa impressione; le pareva<br />

che Michele si stesse rovinando la vita; « è invece tutto è così semplice », aveva<br />

pensato infilandosi davanti allo specchio i pantaloni da Pierrot: « lo prova il fatto<br />

che nonostante quel che è avvenuto io mi travesto e vado al ballo ». Avrebbe voluto<br />

gridarglielo a Michele: « tutto è così semplice », e già pensava <strong>di</strong> fargli trovar del<br />

lavoro, un posto, un’occupazione qualsiasi, da Leo, appena si sarebbero sposati…<br />

Ma la madre la trascinava:<br />

« An<strong>di</strong>amo » ripeteva « an<strong>di</strong>amo … i Berar<strong>di</strong> aspettano ».<br />

Discesero la scala, l’uno accanto all’altra, il Pierrot bianco e la spagnuola nera;<br />

sul pianerottolo la madre fermò la figlia:<br />

« Ricordati » le mormorò in un orecchio « <strong>di</strong> essere … come <strong>di</strong>re ? … gentile<br />

con Pippo … Ci ho ripensato … forse ti ama … è un buon partito ».<br />

« Non aver paura » rispose Carla seriamente.<br />

Discesero la seconda rampa. Ora la madre sorrideva sod<strong>di</strong>sfatta: pensava che<br />

anche l’amante sarebbe venuto al ballo, e pregustava una piacevole serata.<br />

84 • Dalla ſcrittura alla letteratura


RICCARDO BACChELLI<br />

IL MULINO DEL pO<br />

dal capITOlO II<br />

« Il giorno dell’Ascensa, portan il maio a chi non se la pensa », <strong>di</strong>sse l’oste con<br />

un altro proverbio.<br />

Scacerni lo guardò sorpreso e accigliato, ma quello parlava per puro amor <strong>di</strong><br />

proverbiare in rima. Per altro è tempo <strong>di</strong> chiarir l’enigma al lettore: è un fatto che<br />

la notte della vigilia dell’Ascensione, era andato davvero a piantar la frasca del<br />

’maggio’ alla porta <strong>di</strong> una giovinetta, Dosolina Malvegoli, che abitava a Palazzo<br />

Diamantina, già fastoso d’antichi signori, ora spelonca e tugurio <strong>di</strong> povere famiglie.<br />

E Dosolina, che non s’aspettava d’essere richiesta con quella <strong>di</strong>chiarazione<br />

d’amore, non aveva saputo indovinare da chi le fosse venuta; per modestia, non<br />

ostante che d’esser bella se lo fosse sentito <strong>di</strong>re già piú volte, e per ritegno, perché<br />

era tanto giovane, e tanto povera.<br />

« Ragazzate », aveva detto suo padre sentendo che era stato portato il maggio<br />

a Dosolina.<br />

Non molti certamente eran piú poveri <strong>di</strong> Princivalle Malvegoli, e pochissimi<br />

d’una povertà piú maligna e penosa, che non gli fruttava nemmeno compassione.<br />

Infatti pretendeva, e forse con ragione, <strong>di</strong> <strong>di</strong>scendere da una famiglia <strong>di</strong> nobili<br />

Malvegoli, ma non aveva saputo produrre altra prova che quel nome, Princivalle,<br />

ere<strong>di</strong>tario in famiglia. La gente rideva, ché non ne aveva ere<strong>di</strong>tato altri beni, ed era<br />

poco per cavarsi la fame con moglie e cinque figli. Ridessero: un giorno s’aveva da<br />

vedere che testa era la sua. I pochi denari che guadagnava un tempo, se li era spesi<br />

per riven<strong>di</strong>care il titolo e i beni, fidandosi d’un legale, che, spremuta fin all’osso la<br />

sua miseria, alla fine aveva saputo <strong>di</strong>rgli che le possessioni dei Malvegoli in ogni<br />

caso erano sfumate da cent’anni. Avesse avuti altri sol<strong>di</strong> e un legale onesto, avrebbe<br />

fatto veder che testa era la sua.<br />

La rivista «La Ronda» iniziò le pubblicazioni nel 1919 e le concluse nel 1923. Fu <strong>di</strong>retta da Vincenzo<br />

Cardarelli, Riccardo Bacchelli, Antonio Bal<strong>di</strong>ni ed altri, che si riconoscevano nell’amore<br />

per i classici, nella volontà <strong>di</strong> restituire <strong>di</strong>gnità al mestiere <strong>di</strong> scrittore. Cardarelli espresse, in<br />

quello che si può considerare il programma della rivista, l’assoluta priorità dello stile e della<br />

pulizia linguistica: « Per ritrovare, in questo tempo, un simulacro <strong>di</strong> castità formale ricorreremo<br />

a tutti gli inganni della logica, dell’ironia, del sentimento, ad ogni sorta <strong>di</strong> astuzie... Ci sostiene<br />

la sicurezza <strong>di</strong> avere un modo nostro <strong>di</strong> leggere e <strong>di</strong> rimettere in vita ciò che sembra morto. Il<br />

nostro classicismo è metaforico e a doppio fondo. Seguitare a servirsi con fiducia <strong>di</strong> uno stile<br />

defunto non vorrà <strong>di</strong>re per noi altro che realizzare delle nuove eleganze, perpetuare insomma,<br />

insensibilmente, la tra<strong>di</strong>zione della nostra arte. E questo stimeremo essere moderni alla<br />

maniera italiana, senza spatriarci ». La menzione dell’ironia nel <strong>di</strong>scorso programmatico non<br />

è senza rilievo, soprattutto per quanto attiene alla prassi <strong>di</strong> Bacchelli (a partire dal Diavolo a<br />

Pontelungo) <strong>di</strong> Emilio Cecchi, <strong>di</strong> Antonio Bal<strong>di</strong>ni; accanto ai quali andranno annoverati a pieno<br />

titolo nella «Ronda» e nella connotazione ironica del movimento Giorgio De Chirico e Alberto<br />

Savinio, Carrà. È che l’ironia serviva a bilanciare il « demone del classicismo » che trovava<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 85


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

E la gente rideva <strong>di</strong> quelle sue esigenze, che parevan una piú strampalata dell’altra.<br />

Era stato sensale <strong>di</strong> granaglie e <strong>di</strong> canapa, ricchezza questa del vicino bondesano.<br />

Fornito <strong>di</strong> una certa istruzione e d’una vivace parlantina, era stato in via <strong>di</strong><br />

guadagnarsi la vita, quando aveva voluto stabilirsi mercante, lavorar sul mercato<br />

<strong>di</strong> città e sui sol<strong>di</strong> in prestito. Era andato in malora: colpa dei cre<strong>di</strong>tori, dei prezzi,<br />

delle annate, delle stelle, <strong>di</strong> tutto e <strong>di</strong> tutti, s’intende, fuorché sua. S’era ridotto ad<br />

aprir bottega in una stanzaccia del Palazzo Diamantina, e ve lo lasciavano non<br />

tanto per pietà quanto perché non vi sarebbe andato a stare nessun altro: bottega<br />

<strong>di</strong> che, non si sarebbe saputo <strong>di</strong>re, essendo vuota la stanzaccia, polverosa e muffosa,<br />

tetra, in cui stentava la <strong>di</strong>sgraziata famiglia, cinque figli famelici e cenciosi,<br />

<strong>di</strong> cui la giovanissima Dosolina era maggiore. L’animosa moglie e madre, Donata<br />

Malvegoli, che non riusciva a sfamarli, era acerba verso la vanitosa dappocaggine<br />

<strong>di</strong> Princivalle:<br />

« Non stare a stu<strong>di</strong>ar tanto <strong>di</strong> chi è la colpa ».<br />

« Vorresti <strong>di</strong>re che ho sbagliato io? »<br />

« No: io ho sbagliato, purtroppo, a sposare un <strong>di</strong>sutile della tua forza ».<br />

« Sacrificatevi per la famiglia », sbraitava il Malvegoli, « se volete conoscere<br />

che cos’è la riconoscenza! »<br />

« Per la famiglia, <strong>di</strong>sgraziato? »<br />

nel culto dello stile e della lingua il momento <strong>di</strong> maggiore attenzione. Bisognava, scriveva A.<br />

Bal<strong>di</strong>ni, <strong>di</strong>stinguere nettamente la lingua parlata da quella scritta; e B. aggiungeva: «lo stile,<br />

oltre al resto, è una <strong>di</strong>fesa»: una <strong>di</strong>fesa dell’intellettuale dagli attacchi e dalle tentazioni della<br />

politica, ma anche, noi <strong>di</strong>remmo soprattutto, dallo sgretolamento dell’essere – sono parole<br />

<strong>di</strong> A. Saccone – e della realtà che altri coetanei scrittori (cfr. Pascoli, Pirandello, Moravia)<br />

drammaticamente registravano. Insomma la ricostruzione <strong>di</strong> uno stile letterario (della sua<br />

sintassi e del suo lessico) significava, in B., anche la ricostruzione della realtà; <strong>di</strong>versa, però,<br />

da quella romantica e manzoniana in particolare: ché in B. manca il progetto universalistico<br />

e quello operativo. La sua pre<strong>di</strong>lezione per la storia si nutre <strong>di</strong> amorevole simpatia per i suoi<br />

personaggi, per la realtà, anche la più minuta, in cui essi vivono. Così è che nel brano che<br />

abbiamo riportato la precisa designazione degli oggetti, delle parti del mulino galleggiante<br />

vanno riferite a tale atteggiamento <strong>di</strong> larga adesione alle cose del passato e del presente: non<br />

è mai accademismo, gusto per il lessico desueto; ma <strong>di</strong>fesa contro la <strong>di</strong>spersione e l’oblio <strong>di</strong><br />

cose, <strong>di</strong> mestieri, <strong>di</strong> uomini e vocaboli; contro l’oblio delle epoche della civiltà.<br />

Sintesi del romanzo. Lazzaro Scacerni, il protagonista della prima parte de Il mulino del Po,<br />

storia <strong>di</strong> tre generazioni <strong>di</strong> molinari ferraresi. Lazzaro è stato soldato nell’armata italiana <strong>di</strong><br />

Napoleone che ha combattuto in Russia e dove un ufficiale gli ha lasciato un’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> provenienza<br />

sacrilega. Liberatosi del tesoro, acquista un mulino, il San Michele, iniziando un’attività<br />

Extra<strong>di</strong>egesi ed intra<strong>di</strong>egesi<br />

Il capoverso Scacerni lo guardò... contiene<br />

una delle tante volte in cui l’autore Bacchelli<br />

si presenta come narratore, stabilendo un<br />

doppio legame: narratore­lettore e narratorepersonaggio.<br />

Il modulo è assai simile a quello<br />

<strong>di</strong> A. Manzoni: a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> questi, che più<br />

spesso illustra al lettore il contesto storico<br />

al fine <strong>di</strong> comprendere i comportamenti dei<br />

86 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

personaggi (narratore extra<strong>di</strong>egetico), B.<br />

indulge con maggiore frequenza sulla storia dei<br />

personaggi, sui cui moti d’animo lo scrittore si<br />

sofferma con affettuosa simpatia collocandosi<br />

all’interno della vicenda (narratore intra<strong>di</strong>egetico).<br />

Qui Scacerni, il protagonista, resta<br />

sorpreso dal proverbio detto dall’oste: è questa<br />

sorpresa che costituisce enigma per il lettore e<br />

che il narratore chiarisce con un davvero. Di qui<br />

deriva la presentazione <strong>di</strong> Dosolina Malvegoli e


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

Le <strong>di</strong>spute coniugali erano su questo tema lunghe ed acri, delle quali soffriva non<br />

poco Dosolina, giovinetta assestata, giu<strong>di</strong>ziosa, laboriosa, sulla quale incombeva<br />

tutta la cura dei fratellini, quando la madre era fuori a raccapezzare, talvolta quasi<br />

ad accattare, un pane per i figli. Quanto al padre, il poveraccio aveva sempre delle<br />

idee, gran<strong>di</strong>ose e confuse, e ci metteva anche della buona voglia.<br />

« Son le idee », <strong>di</strong>ceva Donata, « che ti rovinano. Faresti meglio a metterti a<br />

opera nei fossi ».<br />

« Un Malvegoli a cavar terra? »<br />

E la lite riprincipiava.<br />

Gran terra da canapa, il vicino bondesano, con ricco commercio: e Malvegoli<br />

me<strong>di</strong>atore riusciva a far contrattare talvolta qualche bella partita, ma i guadagni<br />

andavano ai cre<strong>di</strong>tori, e il poco rimanente all’osteria, dove teneva vive le conoscenze<br />

e le amicizie necessarie al suo mestiere <strong>di</strong> sensuale, e <strong>di</strong> chiappanuvole dalle<br />

larghe e lunghe vedute.<br />

« Hai tanti amici », irrideva Donata, « e un nemico solo ».<br />

« Chi? »<br />

« Te ».<br />

« Vorresti <strong>di</strong>re che farei bene… »<br />

Una volta, dai e dai, le scappò detto:<br />

della quale ignorava tutto, ma nella quale <strong>di</strong>venta un vero maestro. Si sposa con Dosolina<br />

Malvegoli, con la quale vive una vita tranquilla. Gli affari però saranno insi<strong>di</strong>ati da un brigante<br />

il Raguseo, tanto che Lazzaro si sentirà costretto a cercare qualcuno <strong>di</strong>sposto ad ammazzare<br />

il brigante. Vivrà sempre nel rimorso.<br />

La seconda parte del romanzo vede protagonista il figlio <strong>di</strong> Lazzaro, Giuseppe, ed è ambientata<br />

durante l’invasione austriaca. Giuseppe si dà al contrabbando; scoperto, è processato e<br />

messo in carcere. S’è arricchito, ma s’è anche inimicato tutti i conoscenti. Il figlio Lazzarino,<br />

tre<strong>di</strong>cenne, muore garibal<strong>di</strong>no a Mentana. Il Po va in piena ed invade le sue campagne: Giuseppe<br />

impazzisce e muore in manicomio.<br />

La terza parte, che giunge alla prima guerra mon<strong>di</strong>ale, è la più drammatica. La moglie <strong>di</strong><br />

Giuseppe, Cecilia, a causa della tassa sul macinato si dà al mercato nero. Sul punto d’essere<br />

sorpresa dai finanzieri, viene salvata dal figlio Princivalle con l’incen<strong>di</strong>o del mulino. Mentre<br />

infuriano le prime lotte socialiste, quest’ultimo si trova coinvolto nell’assassino <strong>di</strong> un pretendente<br />

della sorella. Più tar<strong>di</strong> un altro figlio <strong>di</strong> Cecilia, Giovanni, acquista un nuovo mulino, il San<br />

Michele II, dove vivrà con le sorelle, una delle quali avrà un figlio, Lazzaro, da uno sconosciuto<br />

della sua famiglia. Il legame logico e narrativo è<br />

la povertà in cui vive la fanciulla (ella abita in un<br />

tugurio) e riassunta in quel tanto povera che è<br />

espressione della fanciulla, riportato in <strong>di</strong>scorso<br />

in<strong>di</strong>retto libero.<br />

Varrà notare l’intervento dello scrittore per<br />

altro..., brevissimo e <strong>di</strong> scarsa utilità allo svolgimento<br />

del racconto, ma assai significativo della<br />

volontà <strong>di</strong> legare la vicenda dei protagonisti (la<br />

fabula) al contesto (l’intreccio) in cui essa si<br />

svolge, o, meglio, <strong>di</strong> effettuare passaggi graduali<br />

tra tempo della narrazione e ricostruzione. La<br />

stessa cosa era avvenuta con l’intervento dell’oste<br />

all’inizio del passo da noi riportato che aveva<br />

permesso a B. <strong>di</strong> operare un primo ritorno all’in­<br />

<strong>di</strong>etro nel tempo. All’interno <strong>di</strong> questo il <strong>di</strong>scorso<br />

<strong>di</strong>retto, « Ragazzate », introduce un ulteriore<br />

flash-back in cui i brevissimi inserti <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso<br />

in<strong>di</strong>retto libero estendono la struttura <strong>di</strong>alogica<br />

(il cui realismo è sottolineato dal ritornello far<br />

vedere che testa era la sua) anche al momento<br />

della descrizione, per <strong>di</strong>r così, storica, la quale<br />

in tal modo evita certo accademismo che si<br />

rinviene anche, ad esempio, ne I promessi sposi.<br />

E s’aggiunga l’ironia della gente che fa rima con<br />

quella, sempre benevola, dell’autore, che fa<br />

spremere fin all’osso la miseria <strong>di</strong> Princivalle, per<br />

concludere che le auliche possessioni... erano<br />

sfumate (possessione è termine d’uso raro, qui<br />

utilizzato perché antico e letterario).<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 87


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

« A legarti una pietra al collo e andare a buttarti in un canale ».<br />

Riconobbe d’aver infierito troppo e d’essersi messa dal torto, il che non la placò,<br />

anzi l’inasprì. Dosolina era scoppiata in pianto.<br />

« Ve<strong>di</strong> quei che fai? Fai piangere questa figlia innocente », <strong>di</strong>ceva Princivalle.<br />

« La faccio piangere io? » E Donata se la prese anche con Dosolina: « Chètati,<br />

sciocca figlia d’un padre imbecille! »<br />

Piú volte aveva temuto che i genitori venissero alle mani, e non vedeva mai<br />

rientrare il padre senza che un segreto tremore la inquietasse.<br />

Era una gentile e delicata bellezza: una persona minuta, <strong>di</strong> squisita perfezione,<br />

che se l’avesser fatta al tornio, cominciava a <strong>di</strong>re qualche giovine, non sarebbe<br />

riuscita meglio. I capelli, a scioglierli dalle treccioline strette, avrebbero spazzato<br />

in terra, copiosi e finissimi: una fastosa meraviglia, un oro <strong>prof</strong>uso, lumeggiato e<br />

ingentilito da una dolcezza <strong>di</strong> riflessi perlacei. Il volto era <strong>di</strong> bimba giu<strong>di</strong>ziosa, e già<br />

dolorosa, se non che gli occhi ridevano alla vita, azzurri come il fioraliso, stellanti<br />

e miti come cotesto fiore nell’oro delle messi mature. Solo che il fioraliso, dopo<br />

averle abbellite col fiore, se mischia il suo seme col grano, guasta poi il pane con<br />

un sapore amaro, mentre invece l’onesto nitore <strong>di</strong> quegli occhi <strong>di</strong>ceva tutta e sicura<br />

un’anima sana e sincera. Il collo, che teneva per vezzo un po’ piegato verso la<br />

spalla sinistra, aveva la leggiadria <strong>di</strong> uno stelo; la pelle era can<strong>di</strong>da, non imbrunita<br />

dal sole, poiché le incombenze <strong>di</strong> Dosolina attorno ai fratellini non la menavano<br />

<strong>di</strong> solito in campagna aperta, e anche perché serbarla così bianca era la sua unica<br />

ambizione femminina. Le giovani mani, gentili, già tanto ròse e consumate dalle<br />

fatiche domestiche, intenerivano a guardarle.<br />

Non conosceva il fiume, né barche e remi, né mulini e ulà, la bella ragazzetta,<br />

ma soltanto la grama terra della Diamantina, e l’alta canapa verde sui campi del<br />

bondesano al sole d’estate, drizzata in bianchi fasci al sole settembrino, dopo che<br />

il tiglio imputridì nei maceri che impuzzolentiscono il paese quant’è largo; ma le<br />

gràmole e i pettini da cardare. E forse, quando il crepuscolo indugiava sulle vette<br />

dei gran pioppi, ultimo resto dei viali che in antico s’incrociavano al Palazzo, e il<br />

Il capoverso successivo E la gente rideva...,<br />

apertosi, appunto, con una coor<strong>di</strong>nazione, che<br />

amplia l’arco sintattico e rafforza il registro colloquiale,<br />

gioca su più tipi <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo che sembrano<br />

convertire la ricostruzione dell’ambiente e della<br />

vita <strong>di</strong> Dosolina in narrazione della vicenda d’amore,<br />

o, per usare una terminologia strutturalista,<br />

converte l’intreccio in fabula (si potrebbe<br />

istituire un confronto con la ricostruzione della<br />

vita <strong>di</strong> fra’ Cristoforo ne I promessi sposi e con<br />

il <strong>di</strong>alogo tra Lodovico e il soverchiatore <strong>di</strong> <strong>prof</strong>essione).<br />

Infatti al <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto colpa dei<br />

cre<strong>di</strong>tori, dei prezzi delle annate ... che interrompere<br />

la ’storia’ <strong>di</strong> Princivalle fa seguito il botta e<br />

risposta con la moglie Donata il cui tema, <strong>di</strong> chi è<br />

la colpa ?, si ricollega al <strong>di</strong>sc. in<strong>di</strong>retto, all’apparenza<br />

saltando, <strong>di</strong> fatto trascinando in un unico<br />

registro, le informazioni sulla bottega <strong>di</strong> Palazzo<br />

Diamantina, sulla famiglia, sull’atteggiamento<br />

88 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

della moglie. Dopo cinque battute il <strong>di</strong>scorso<br />

<strong>di</strong>retto pare essersi concluso. Il capoverso successivo<br />

adotta l’imperfetto, tempo narrativo per<br />

eccellenza: basta che lo scrittore si lasci sfuggire<br />

... aveva sempre delle idee ... ecco che la lite<br />

tra marito e moglie riprende. Il proce<strong>di</strong>mento si<br />

ripete nel capoverso seguente fino a quando<br />

Donata, esasperata, si lascia scappar detto<br />

che meglio sarebbe che il marito si legasse una<br />

pietra al collo e si buttasse nel fiume. A questo<br />

punto Dosolina piange, ed il pianto della fanciulla<br />

è l’occasione per lo scrittore per soffermarsi a<br />

descrivere il carattere della giovane. Per questa<br />

via B. realizza un gioco assai capsulante con<br />

fusione <strong>di</strong> extra<strong>di</strong>egesi (lo scrittore racconta<br />

ponendosi fuori della storia) e intra<strong>di</strong>egesi (lo<br />

scrittore racconta ponendosi dentro della storia).


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

canto d’una « romanella » s’alzava in qualche parte a far piú vasta e lontana la<br />

solitu<strong>di</strong>ne della Diamantina, in quell’ora, le accadeva <strong>di</strong> sognare un evento dolcemente<br />

pauroso, un presentimento vago della fantasia, un qualcosa o un qualcuno<br />

veniente tra quei filari d’alberi come Guerin Meschino, dal mondo, a cercar <strong>di</strong> lei,<br />

povera cenerentola.<br />

Sotto gli alberi già s’addensava la notte, ma le vette cercavano ancora la luce<br />

con tremolio delicato, che pareva un’invocazione. Certo lei sentiva vicine al cuore<br />

le cime degli alberi giovani <strong>di</strong> cent’anni, benché non sapesse <strong>di</strong>rlo, né s’arrischiasse<br />

ad invocare neppure in segreto il suo giorno. La spauriva il presentimento stesso,<br />

e la solitu<strong>di</strong>ne, senza amiche né amici, poiché fra lei e le ragazze e i ragazzi dei<br />

conta<strong>di</strong>ni non c’era lo stesso sangue; l’aveva spaventata la madre anche, rigorosa<br />

fanatica d’onore e o<strong>di</strong>atrice delle ragazze che fallivano. Complice a farle peccare,<br />

quelle là, era la boscaglia e la macchia della selvatica Diamantina, erano, nel caloroso<br />

e pingue bondesano, i canapai, nel folto dei quali i tagliatori ogni anno scoprivano<br />

certi brevi spiazzi, dove la canapa, in tempo ch’era esile e tenera, appariva essere<br />

stata calcata: giaciture e covili segreti d’innamorati; ed erano argomento, in giro,<br />

<strong>di</strong> scherzi e <strong>di</strong> novelle salaci. Sua madre non si stancava <strong>di</strong> metterle innanzi l’infamia<br />

<strong>di</strong> qua e l’inferno <strong>di</strong> là, efferatamente: vedesse la tale <strong>di</strong>sonorata, la tal’altra<br />

svergognata, e una in prigione, un’altra al postribolo, rovina tutte <strong>di</strong> sé stesse,<br />

rovina molte della famiglia, causa <strong>di</strong> delitti e <strong>di</strong> vendette, talvolta assassine, finite<br />

sul patibolo, e tutte, senza remissione, tutte all’inferno.<br />

La colpa, secondo lei, era sempre poi tutta della donna, tentata o tentatrice che<br />

fosse, tanto che, benché donna, a sentirla, dannava il genere. E lei, Donata stessa,<br />

pensandoci fra sé, non era forse uno strano e irritante esempio <strong>di</strong> debolezza,<br />

quando rifletteva che, tenendo Princivalle nel conto in cui lo teneva, e si può <strong>di</strong>re<br />

in o<strong>di</strong>o, n’era pure innamorata? E quel che le faceva fare il subbuglio della carne,<br />

si vedeva in quei senza pane.<br />

« Ma io », <strong>di</strong>ceva l’innocente Dosolina cercando scampo da quei furori educativi,<br />

« ma io non ci penso a queste cose che <strong>di</strong>te ».<br />

« Perché sei una sciocca! »<br />

« E per non essere sciocca », obiettava con mitezza timorata ma sicura, « dovrei<br />

pensarci? »<br />

« Non devi pensarci, devi tremare: all’inferno, ai Novissimi ci cre<strong>di</strong>? »<br />

« Sono stata alla dottrina, mamma, e so quel che devo credere, ma credo bene<br />

che non ci andrò poi, se Dio m’aiuta, all’inferno ».<br />

Donata doveva tacere, ma quando veniva ogni tanto un prete ad officiare nella<br />

cappella del Palazzo, o andavan esse a far la comunione alla Pieve <strong>di</strong> Vigarano,<br />

stravagava, presa dalla tentazione <strong>di</strong> inquisire che peccati avesse confessati Dosolina,<br />

tanto che il parroco della Pieve credette <strong>di</strong> avvertirla e <strong>di</strong> riprenderla piú<br />

volte, senz’esito.<br />

Donata era tenuta in gran considerazione dai conta<strong>di</strong>ni, per una sua attitu<strong>di</strong>ne<br />

a curar gli ammalati e per certe me<strong>di</strong>cine <strong>di</strong> semplici e decotti e cataplasmi <strong>di</strong> cui<br />

aveva il segreto. Alla considerazione rispondeva col <strong>di</strong>sprezzo, ma non rifiutava<br />

l’opera sua, che fruttava regali da sostentare alla meglio la misera famiglia. I conta<strong>di</strong>ni<br />

erano anche persuasi che aggiungesse alle me<strong>di</strong>cine qualche parola che puzzava<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 89


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

<strong>di</strong> magia. Per queste faccende era spesso in giro, e fuor <strong>di</strong> casa si tormentava col<br />

pensiero dei pericoli, dai quali Dosolina era ben lontana; e in casa la tormentava<br />

coi sospetti iniqui e dolorosi, poiché amava quella e tutti i suoi figli, finalmente,<br />

collo stesso ardore penoso e travagliato.<br />

Non si sa che cosa non avrebbe sospettato e agitato, quando la mattina dell’Ascensione<br />

fu scoperto che era stato piantato il maio davanti la loro porta, se<br />

Princivalle non avesse detto:<br />

« Ragazzate! » soggiungendo subito, con un timore <strong>di</strong> vanitoso: « Che qualcuno<br />

ci abbia voluto fare una schernia? »<br />

« Vorrei vedere! » esclamò Donata: « Una schernia? A te, sì; non c’è dubbio,<br />

ma a noi? a me? Ci son io, e non dubitate che non si azzarderebbe nessuno. Chi<br />

l’ha piantato è un innamorato: però, se lo scopro, questi giovanotti avranno a che<br />

fare con me. Tu, intanto, non montarti la testa, eh Dosolina? »<br />

Era così lontana da ’montarsi la testa’, che anzi credeva al sospetto del padre, dolorosamente;<br />

e già s’era chiesto il perché <strong>di</strong> una cattiveria fatta a una poverina come<br />

lei, con quella pena confusa, con quell’angustia smarrita, che nei buoni è prodotta<br />

dalla scoperta della malignità cattiva, alla quale, per forza d’esperienza, posson ben<br />

rassegnarsi, non mai comprenderla. Aveva già pensato: « Mi scherniscono perché<br />

La sintassi<br />

Il capoverso Era così lontana..., legato narrativamente<br />

al precedente dall’anafora della locuzione<br />

’montarsi la testa’, presenta due atteggiamenti<br />

psicologici contrastanti <strong>di</strong> Dosolina: per un verso<br />

certa timida umiltà derivata dalla coscienza della<br />

povertà; per altro verso la fiducia del sogno<br />

e della fantasia derivatale dalle parole della<br />

madre. In questa sede basterà accennare <strong>di</strong><br />

sfuggita alla considerazione che l’uno e l’altro<br />

sentimento della fanciulla derivano dalle parole<br />

dei genitori. Qui interessa sottolineare come<br />

non vi sia nesso oppositivo, ma semplicemente<br />

temporale: Aveva già pensato [...] e già chinato<br />

il capo [...] quando il <strong>di</strong>scorso della madre [...].<br />

Il periodo successivo concreta la persuasione<br />

della giovane senza alcun segnale sintattico,<br />

neppure quello <strong>di</strong>chiarativo: così alla pena<br />

confusa, ed all’angustia smarrita succedono<br />

senza soluzione <strong>di</strong> continuità l’animo giovane e<br />

la calda e tenera fantasia.<br />

Per altro non è senza significato che i perio<strong>di</strong> si<br />

succedono ai perio<strong>di</strong>, i capoversi ai capoversi<br />

legandosi preferibilmente per via anaforica o<br />

coor<strong>di</strong>nativa: <strong>di</strong>fficilmente la subor<strong>di</strong>nazione<br />

supera il secondo grado (subor<strong>di</strong>nata <strong>di</strong><br />

subor<strong>di</strong>nata) comprendendo anche le implicite.<br />

Si veda la successione che principia col<br />

capoverso che abbiamo preso d’esempio:<br />

◊1ª principale (era)+consecutiva (credeva) ≠<br />

segno <strong>di</strong> separazione (;) ≈ principale coor<strong>di</strong>nata<br />

(s’era chie sto)+relativa sub. <strong>di</strong> primo<br />

grado (è prodotta)+relativa sub. <strong>di</strong> secondo<br />

90 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

grado (possono... rassegnarsi)≈ avversativa<br />

ellittica asindetica ≠ segno <strong>di</strong> separazione (.]◊<br />

2ª principale (aveva... pensato) ≠ segno <strong>di</strong><br />

separazione(:) ≠ <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto-◊3ª principale<br />

(scherni-scono)+sub.causale <strong>di</strong> primo gr.≠<br />

segno <strong>di</strong> separaz. ≈ principale coord. alla 2ª,<br />

ellittica dell’ausiliare+temporale sub. <strong>di</strong> primo<br />

gr.+oggettiva sub. <strong>di</strong> secondo gr.≠ segno <strong>di</strong> separazione<br />

◊ 4ª principale (correvano){+}relativa<br />

implicita sub. <strong>di</strong> primo grad. ≠ segno <strong>di</strong> separaz.<br />

(;) ≈ principale coord. alla 4ª (erano <strong>di</strong> corruccio)+<br />

oggettiva sub. primo grado (potessero<br />

riuscire)≠ segno <strong>di</strong> separaz. (.) ◊5ª olofrastica<br />

(no) ≠ segno <strong>di</strong> separazione(:) 6ª◊ principale.<br />

Utilizzando i simboli premessi alle definizioni<br />

avremo uno schema del genere (computando<br />

implicite ed olofrastiche frasi logiche):<br />

1.◊ + 1 ≠ ≈ + 1 + 2 ≈ ≠<br />

2.◊ ≠ ≈ + 1 + 2 ≠<br />

3.◊ + 1 ≠<br />

4.◊ {+} 1 ≠ + 2 ≠<br />

5.◊ ≠<br />

6.◊ ≠<br />

Se si tien conto che le principali sono giustapposte<br />

e non presentano nessun nesso esplicito<br />

<strong>di</strong> collegamento sì che il capoverso si configura<br />

come una sorta <strong>di</strong> polisindeto narrativo: risulta<br />

una scrittura piana <strong>di</strong> microeventi gustati e da far<br />

gustare singolarmente, che <strong>di</strong>ssimula il pur presente<br />

impegno psicologico sul personaggio. A<br />

completare il quadro si veda la fedeltà costante<br />

all’or<strong>di</strong>ne naturale (soggetto­verbo­oggetto o


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

son così povera », e già chinato il capo a questo destino, quando il <strong>di</strong>scorso della<br />

madre la persuase, quasi con violenza, d’avere un innamorato. L’animo giovane,<br />

la calda e tenera fantasia, correvano all’idea, al sogno, al segreto <strong>di</strong> cotesto ignoto<br />

meraviglioso, venuto dal mondo come il cavaliero della favola; e quei primi e vili<br />

sentimenti, <strong>di</strong> timore e d’umiliazione, adesso erano già <strong>di</strong> corruccio e d’aborrimento<br />

pur dal pensare che le speranze e il suo sogno potessero riuscire uno scherno, non<br />

piú della gente, ma della sorte. No: era il maio d’un innamorato.<br />

Di fatto, nei vari paesi, usavano <strong>di</strong>verse frasche, a seconda che il maio voleva<br />

significare amore, o gelosia, o <strong>di</strong>sprezzo e ripu<strong>di</strong>o. E, fra genti sempre state inclini<br />

alle burle e ai detti mordaci, usava anche il maio da burla, per castigo o vendetta<br />

delle ragazze superbe o <strong>di</strong>spettose o vane, o per semplice derisione, come aveva<br />

temuto Princivalle.<br />

Al dì dell’Ascensa, portan maio a chi non se ’l pensa; – il detto, non che a sperare<br />

amore, dunque dava anche a temere o<strong>di</strong>o.<br />

Il ben che ti ho voluto sia un cortello.<br />

Ma certo nessuno o<strong>di</strong>ava Dosolina. Donata si intestar<strong>di</strong>va a cercare chi si<br />

fosse arrischiato a tentarle la figliuola, e nei grami casolari sparsi della Diamantina<br />

stava <strong>di</strong>ventando una favola davvero, da farle cantar davanti casa qualche<br />

quartina satirica:<br />

Dosolina, non far tanto la granda,<br />

Perché ’l tuo padre non è ’l re <strong>di</strong> Francia,<br />

E la tua madre non è la regina:<br />

Non far tanto la granda, o Dosolina!<br />

Quel forestiero cacciatore era passato molte volte da Palazzo; e smontava da<br />

cavallo, o per farlo bere, o per comprar qualcosa, fingendo <strong>di</strong> credere all’insegna<br />

della bottega; e ogni volta Dosolina gli aveva dovuto rispondere che la bottega<br />

era sprovveduta. Non per questo costui aveva fatto come gli altri, che chiedevano<br />

con sorrisi pungenti che negozio fosse, se non c’era mai nulla, e avevan finito<br />

per seccarsi anche dello scherzo. Quel forestiero perseverava, con <strong>di</strong>screzione; e<br />

espansione imme<strong>di</strong>ata del verbo) nella <strong>di</strong>sposizione<br />

dei complementi all’interno della frase. A<br />

petto <strong>di</strong> questa facile semplicità <strong>di</strong> costruzione<br />

sintattica si collocano la scelta <strong>di</strong> un lessico<br />

letterario, ma antidannunziano, e soprattutto<br />

la gestione degli aggettivi: poverina (e viene<br />

in mente la Gertrude manzoniana costretta a<br />

subire la prepotenza paterna), pena confusa,<br />

angustia smarrita, buoni (cfr. alla fine del cap.<br />

iv de I prom. sp.:« angustia scrupolosa che<br />

spesso tormenta i buoni »), malignità cattiva,<br />

vili sentimenti; degli avverbi e in particolare quel<br />

dolorosamente staccato dal verbo, non solo<br />

dalla <strong>di</strong>stanza, ma dalla pausa della virgola, sì da<br />

variare l’or<strong>di</strong>ne naturale delle parole e proporre<br />

un’accezione assoluta. Di particolare efficacia la<br />

descrizione della nascita nell’animo <strong>di</strong> Dosolina<br />

del sogno d’amore: ché il riferimento all’animo<br />

giovane e alla calda ... fantasia si stempera in<br />

tenera, ed affonda nella <strong>di</strong>screzione attraverso<br />

un crescendo (gradatio) verso l’astrazione<br />

(idea, sogno, segreto), rafforzata dallo scarto<br />

linguistico costituito da quattro aggettivi, uno dei<br />

quali sostantivato (cotesto, ignoto, meraviglioso,<br />

venuto), un’apoteosi <strong>di</strong> vaghezza e <strong>di</strong> leggerezza<br />

se cavaliero e mondo portano con loro tutto<br />

l’implicito valore letterario reso palese da favola.<br />

Il lessico<br />

In arcioni sul cavallo: è, apparentemente, un’espressione<br />

pleonastica, è vero infatti che stare<br />

in arcione vale stare a cavallo, ma è anche vero<br />

che arcione in<strong>di</strong>ca solo la sella. Così D’Annunzio<br />

ne Il piacere: « ... a destra e a sinistra<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 91


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

non sorrideva, e mostrava <strong>di</strong> credere, gravemente, all’impacciata Dosolina che gli<br />

<strong>di</strong>ceva, arrossendo della bugia:<br />

« Dobbiamo rifornirci proprio in questi giorni ».<br />

Il forestiero era garbato, e, in arcioni sul cavallo grande ed estroso, col fucile<br />

a tracolla, col ferraiuolo o senza, aveva un’aria venturiera da colpire la fantasia.<br />

Egli capitava sempre quando la madre era fuori, ragion per cui Dosolina cercava<br />

d’abbreviare i <strong>di</strong>scorsi, benché neanche lui per indole fosse uomo da allungarli.<br />

Aveva imparato da lui ch’era un mugnaio <strong>di</strong> Po. Dopo averla vista, quegli occhi<br />

azzurri e quei capelli d’oro, il nostro Lazzaro era andato dal miglior sarto <strong>di</strong><br />

Crespino, civile e grosso borgo d’oltrepò, a farsi fare il vestito nuovo ed attillato,<br />

<strong>di</strong> fustagno, che in dosso ad uno ch’era già stato bel soldato, s’attagliava con una<br />

certa franca galanteria, da piacere alle donne come al tempo delle parate militari<br />

napoleoniche. Rivestito a modo, era andato poi dal barbiere:<br />

« Riducetemi in buona forma questa barba da mago sabino ».<br />

Il barbiere gli aveva proposte due o tre foggie, prima <strong>di</strong> metter le forbici in<br />

quella selva.<br />

« Barba da zappatore », or<strong>di</strong>nò l’antico soldato del genio, ricordandosi dei tempi<br />

suoi, quando la barba intiera era privilegio dei soldati del genio, concessa, per<br />

<strong>di</strong>stinzione, soltanto a militari scelti, nelle altre armi. Il barbiere sapeva invece che<br />

ora le barbe intiere si portavan dalle teste calde, dai liberali; e stava lì incerto, colle<br />

forbici infilate nell’in<strong>di</strong>ce e pollice. Da zappatore? Non sapeva come fosse fatta;<br />

e lo Scacerni si ricordò con un repentino velo <strong>di</strong> melanconia sull’animo, gli anni<br />

andati, i tempi in cui barbiere che si rispettasse avrebbe inteso senza spiegazioni.<br />

Che credeva costui: a uno zappaterra forse? Gli anni eran dunque già parecchi; e<br />

passarono a gran trotto <strong>di</strong>eci o do<strong>di</strong>ci cavalieri<br />

scarlatti tornanti dalla caccia della volpe. Uno,<br />

il duca <strong>di</strong> Beffi, passando rasente, si curvò in<br />

arcione per guardare nello sportello ». Dunque<br />

B. lo adopera nell’accezione più precisa e<br />

ristretta. Come anche V. Pratolini, Scialo: « La<br />

tirai su per il braccio e la misi sul cavallo davanti<br />

a me, in arcione, come cavalcavo io ».<br />

Cavallo grande ed estroso: anche estroso è<br />

utilizzato nel suo valore etimologico, che va a<br />

estri, Tommaseo­Bellini: « l’e. ha impeti d’impazienza<br />

».<br />

Ferraiuolo: Tommaseo cita Capponi: « ... il<br />

ferrajuolo ch’è proprio degl’Italiani e degli Spagnuoli,<br />

suol essere così ampio che si ravvolge<br />

sulla persona quasi due volte comodamente,<br />

alzando cioè una delle estremità inferiori <strong>di</strong><br />

esso (la destra per l’or<strong>di</strong>nario), così che venga<br />

a posare sull’opposta spalla a ricadere sopra<br />

la schiena; costume nostro e <strong>di</strong>gnitoso, e che<br />

ritiene del bello dell’arte, ... ».<br />

Aria venturiera: non ostante quell’aria risulti affascinante<br />

il termine non ha accezione positiva,<br />

altrove nel Mulino stesso ha <strong>di</strong>chiaratamente<br />

valore brigantesco e furfantesco.<br />

92 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Aveva imparato da lui: imparare ha come campo<br />

semantico quello segnato da apprendere,<br />

conoscere istruirsi, stu<strong>di</strong>are, impratichirsi, fare<br />

esperienza. Il campo s’estende anche a venire<br />

a sapere: più spesso riguarda una dottrina o<br />

un’abilità: imparai a scrivere da fra’ Lorenzo.<br />

Più raro, tanto che lo Zingarelli lo pone tra i<br />

regionali, è il caso <strong>di</strong> apprendere una singola<br />

nozione come in questo caso.<br />

Civile e grosso borgo: se borgo in<strong>di</strong>ca un piccolo<br />

centro abitato, civile lo connota come fornito<br />

dei servizi e delle attività proprie <strong>di</strong> una citta<strong>di</strong>na.<br />

Vestito nuovo e attillato: attillato oltre all’accezione<br />

<strong>di</strong> aderente ha quella <strong>di</strong> elegante,<br />

raffinato, che certo è l’accezione che si confà<br />

alla situazione narrata.<br />

Franca galanteria: la galanteria ha in sé il valore<br />

<strong>di</strong> eleganza a cui s’aggiunge una <strong>di</strong>sposizione<br />

alla comunicazione complimentosa nelle relazioni<br />

interpersonali, sopratutto degli uomini<br />

verso le donne allo scopo <strong>di</strong> sedurle. Tal che<br />

può annettersi il senso <strong>di</strong> vanitoso. Che qui B.<br />

evita con quel franca che <strong>di</strong>spone la galanteria<br />

su un piano <strong>di</strong> schiettezza ed onestà.


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

benché non gli pesassero, lo spaventavano, a confrontarli con quelli d’una certa<br />

ragazzina, e l’in<strong>di</strong>spettivano. Spiegò al barbiere la foggia voluta.<br />

« O Lazzaro », <strong>di</strong>sse fra sé guardandosi nello specchio a operazione finita, « vuoi<br />

in<strong>di</strong>spettirti cogli anni perché passano? »<br />

C’era nel detto un po’ <strong>di</strong> stizza, una specie <strong>di</strong> in<strong>di</strong>gnazione, assai timore, perché<br />

l’uomo, senza volerselo confessare, conosceva d’essere innamorato <strong>di</strong> vero amore<br />

per la prima volta adesso; e s’arrabbiava <strong>di</strong> non essersi accorto come gli fosse entrato<br />

in animo; e gli pareva che se potesse ricordarsi del punto preciso e del modo,<br />

avrebbe saputo rimandarlo fuori e liberarsene; e per questa ragione (ossia, quest’era<br />

la ragione che egli si dava), tornava il piú spesso che poteva a veder Dosolina Malvegoli.<br />

Le giornate lontano da lei gli eran <strong>di</strong>ventate lunghe e noiose. Intanto, sarto<br />

e barbiere l’avevano rincivilito, ma Dosolina e Donata avrebber pensato a tutti<br />

prima che a lui, quand’ebbe piantato il maio davanti alla sua porta la notte della<br />

vigilia dell’Ascensione; e quanto a lui, arrabbiava <strong>di</strong> non trovar modo d’entrarne<br />

in <strong>di</strong>scorso colla fanciulla. Stupiva molto che l’amore penetrato così <strong>di</strong> nascosto<br />

e con tanta forza, fosse tanto scabroso da palesare. Tutti i mo<strong>di</strong> tenuti trattando<br />

con altre donne, e con buon esito, verso Dosolina non solo gli apparivano <strong>di</strong>sadatti,<br />

ma offensivi, e si vergognava anche solo al pensiero d’applicarli a lei.<br />

Aveva provato a <strong>di</strong>rle:<br />

« Ho sentito che v’han portato il maio: è vero? »<br />

S’era fatta tutta rossa, e non sapendo come sviare il <strong>di</strong>scorso, aveva risposto il<br />

contrario <strong>di</strong> quel che credeva:<br />

« Oh, gente che non mi vuol bene! »<br />

« E chi può essere che non vi voglia bene? »<br />

« Gente che mi ha voluto schernire ».<br />

« E non potrebbe essere un innamorato, un galantuomo che vi voglia sposare?<br />

»<br />

« Ora volete burlarmi anche voi: chi ha da sposarmi, così povera come sono?<br />

»<br />

Scacerni, un po’ male<strong>di</strong>ceva l’idea che aveva avuta, un po’ se ne compiaceva,<br />

perché ora si sentiva sicuro che Dosolina non avesse innamorati; quella gran po-<br />

Lo scrittore affronta qui il tema dell’amore: sogni segreti e negati in Dosolina Melvegoli, sentimento<br />

non chiaro, tra accettato e respinto, in Lazzaro Scacerni. Più su s’è fatto cenno a come<br />

B. tratteggia la con<strong>di</strong>zione psicologica <strong>di</strong> Dosolina; ora, varrà trarre conferma dal modo con<br />

cui presenta il personaggio maschile. Vedremo come all’equilibrata eleganza della scrittura,<br />

si unisca una sostanziale eticità, fatta <strong>di</strong> pu<strong>di</strong>cizia e <strong>di</strong> rispetto. Naturalmente nostro compito<br />

qui è <strong>di</strong> analizzare i mezzi tecnici cui fa ricorso lo scrittore; in<strong>di</strong>care la strategia della sua<br />

scrittura, insomma, non perché si pensi che sintassi, lessico, stile, costituiscano un esaustivo<br />

approccio alla letteratura e alla poesia (che tuttavia non <strong>di</strong>speriamo <strong>di</strong> mostrare in scorcio),<br />

ma perché questi sembrano i mezzi più comprensibili (l’esperienza <strong>di</strong>ce: anche efficaci) per<br />

i giovani e in qualche misura imitabili: il lettore potrà appropriarseli per poi cercare un modo<br />

personale <strong>di</strong> rielaborarli.<br />

Di Lazzaro, qui, sappiamo che era passato molte volte dalla bottega del padre <strong>di</strong> Dosolina,<br />

che non s’era comportato come gli altri beffando l’inesistenza delle merci, che, infine, mostrava<br />

<strong>di</strong> credere alla bugia della fanciulla. Lazzaro giungeva nei momenti in cui Dosolina era sola,<br />

perciò ella cercava d’abbreviare i <strong>di</strong>scorsi; brevità che l’uomo assecondava <strong>di</strong> natura. B. non fa<br />

cenno alcuno ai sentimenti: non nessun termine che alluda alle emozioni dei due protagonisti:<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 93


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

vertà <strong>di</strong> lei gli pareva che agevolasse i suoi progetti. Potevan <strong>di</strong>r <strong>di</strong> no, quei tapini<br />

Malvegoli, a un agiato mugnaio pari suo? C’eran gli anni, va bene; ma non gli<br />

davan fasti<strong>di</strong>o. Poi pensava: « Non son gli anni miei, è la <strong>di</strong>fferenza fra i miei e i<br />

suoi: a me non dà fasti<strong>di</strong>o, ma a lei? ». Per uscir dall’imbroglio, finì coll’abbordare<br />

Princivalle peggio che da pirata, in mezzo <strong>di</strong> strada, senza scender da cavallo:<br />

« Ohè, statemi a sentire: se vostra figlia si contenta, io mi contento senza dote.<br />

Per saper come sto e come posso farla stare, chiedete, <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là da Po, se lavora<br />

il mulino San Michele, e chi è Lazzaro Scacerni ». Disse, e spronò lasciando quello<br />

a bocca aperta.<br />

Così Dosolina seppe chi aveva portato il maio all’uscio <strong>di</strong> casa sua, e, per la<br />

verità, fu piú stupefatta e intimi<strong>di</strong>ta che contenta. Felicissimo per contro era<br />

Princivalle Malvegoli, il quale con un tal genero non dubitava che rifiorissero i<br />

suoi progetti.<br />

« Ma tu » <strong>di</strong>ceva alla figlia « non mi fare quella faccia da malaugurio! »<br />

« Io? »<br />

« Mi sembri incantata! »<br />

« Lasciala pensarci », <strong>di</strong>ceva incerta e dubbiosa Donata; « tocca a lei ».<br />

« Che c’è, che c’è? Voi donne, adesso che la fortuna s’affaccia al mio uscio, sareste<br />

capaci <strong>di</strong> farla scappare, dopo che per la famiglia ho fatto tanto… »<br />

« Che l’hai ridotta alla fame », <strong>di</strong>sse perentoria sua moglie.« Fanne meno! E<br />

Dosolina lasciala stare ».<br />

« Ma io » <strong>di</strong>ceva intanto lei confusa « sto bene con voialtri ».<br />

« E io, sta tranquilla, non ti lascerò sforzare », concludeva Donata, arruffandosi<br />

come la chioccia in <strong>di</strong>fesa dei pulcini.<br />

piuttosto, subito un altro fatto: dopo averla vista – temporale – Lazzaro va – principale – dal<br />

miglior sarto del vicino borgo: non è assolutamente chiara, invece, la funzione sintattica dei<br />

due sostantivi, ed annessi, che s’incuneano in mezzo, quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro:<br />

si tratta forse <strong>di</strong> complementi oggetto del precedente vedere sintatticamente slegati; forse<br />

soggetti <strong>di</strong> una frase ellitica del verbo; forse, con qualche probabilità in più, elementi d’una<br />

esclamativa <strong>di</strong> cui la rinuncia, a priori, ad ogni enfasi ha contenuto lo slancio. Insomma, B.<br />

ancora non esplicita al lettore, perché non è chiaro neanche a Lazzaro, quale sia il movente<br />

interiore delle azioni che va compiendo. Tuttavia la coerenza comportamentale vuole che egli<br />

si rechi presso il barbiere a farsi dar forma alla barba incolta. Il <strong>di</strong>alogo (in<strong>di</strong>retto) tra Lazzaro<br />

che chiede una foggia ed il barbiere che l’ignora, perché vecchia, non è una <strong>di</strong>gressione: è<br />

un cambio <strong>di</strong> prospettiva. Infatti, in quel confronto, Lazzaro prende atto d’appartenere ad<br />

un’epoca passata e quin<strong>di</strong> d’essere anziano, se non proprio vecchio: l’in<strong>di</strong>spettiva il confronto<br />

con gli anni d’una certa ragazzina.<br />

Proviamo a rileggere. Il lettore intuisce <strong>di</strong> suo, ché B. non esplicita, che lo Scacerni si reca dal<br />

barbiere per quella cura dell’aspetto esteriore che viene suggerita dall’innamoramento; il capoverso<br />

si apre invece con una variazione <strong>di</strong> registro accompagnato da un mutamento <strong>di</strong> tempi<br />

narrativi (non morfologici: l’antico soldato del genio), e conseguentemente <strong>di</strong> linea narrativa:<br />

l’or<strong>di</strong>ne è fortemente perentorio «Barba da zappatore»; così la sottile elegia si spezza ed ogni<br />

riferimento esplicito alla con<strong>di</strong>zione psicologica viene cancellato dall’emergere, sommesso, del<br />

tema dell’età, ricordandosi, e dalla sosta sulla (brevissima) ’storia’ della foggia. Ora interviene<br />

il barbiere con considerazioni, sociali, sulle barbe dei liberali: e quanto a quella richiesta: non<br />

sapeva come fosse fatta.Nuovamente Lazzaro ha la sensazione del tempo, si ricordò, e ciò<br />

avviene con un velo <strong>di</strong> melanconia; e ancora una volta l’emozione è dettata dal suo passato<br />

<strong>di</strong> soldato. B., dunque, elude l’attesa del lettore creatasi ai primi tratti dell’i<strong>di</strong>llio: non si tratta<br />

94 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

Princivalle sedeva davanti alla magra e scon<strong>di</strong>ta polenta del desco famigliare,<br />

con faccia offesa e sprezzante; ma non durava molto, ché presto vi si vedevano i<br />

magni pensieri che gli passavano per il cervello come girandole d’artificio.<br />

A mezzo settembre, una giornata meravigliosa sul fiume in mezza piena, ricco<br />

e maestoso, genitori e figlia vennero in visita al San Michele, imbarcandosi <strong>di</strong> buon<br />

mattino a Santa Maria Maddalena, <strong>di</strong> là del ponte del Lagoscuro, dove padron<br />

Lazzaro li aveva mandati a prendere con un sandalo a due vogatori.<br />

Tante novità, l’idea <strong>di</strong> sposare, le questioni dai genitori, che a forza <strong>di</strong> <strong>di</strong>rsi l’un<br />

l’altra <strong>di</strong> lasciarla libera e <strong>di</strong> lasciarla pensare ai fatti suoi, le erano stati addosso<br />

dalla mattina alla sera, affannandola e frastornandola; l’uomo che la chiedeva in<br />

sposa; tanto queste cose turbavano Dosolina, che non capiva in che modo fosse<br />

arrivata tanto innanzi, sicché le pareva d’aver patito una specie <strong>di</strong> sopruso; insomma,<br />

avevano messo nell’animo suo un’avversione contro l’amore e gli sponsali<br />

già desiderati e sognati. Ma anche l’amore e il maio <strong>di</strong> Scacerni eran <strong>di</strong>ventati una<br />

tribolazione in quella casa della <strong>di</strong>sdetta, a Palazzo Diamantina.<br />

Non aveva trasceso in quei litigi suo padre contro la madre? Fino a <strong>di</strong>re una<br />

volta:<br />

« Ci vorrebbe il bastone per te, ci vorrebbe! »<br />

Glien’incolse male, per <strong>di</strong>re la verità:<br />

« Il bastone? Alla madre dei tuoi figli? Asino calzato, scannapane a tra<strong>di</strong>mento,<br />

lanternone! Sei e fosti sempre la <strong>di</strong>sgrazia tua e <strong>di</strong> chi ha da far con te, e non ti <strong>di</strong>co<br />

altro, perché c’è Dosolina ».<br />

Certo sarebbe stato meglio non <strong>di</strong>r neanche quelle parole, né altre, da spaurire<br />

e addolorare, e fra queste un’ultima frecciata, <strong>di</strong>scutendosi della visita al mulino<br />

San Michele. Era opportuno, secondo Princivalle, che i due giovani cominciassero<br />

a conoscersi; e Donata inviperita: « Che giovani? Potrebb’essere suo padre! » Insomma<br />

non fu male che nel metter piede in barca Donata fosse presa dalla paura<br />

dell’acqua. La barca era assai sottile:<br />

tutta della ricerca della suspence, semmai d’assecondare con una narrazione – che non corre<br />

subito, per così <strong>di</strong>re, al nòcciolo, che procede con soste e attese – l’incerto procedere della<br />

presa <strong>di</strong> coscienza del proprio innamoramento, che per altro Lazzaro non vuole confessare<br />

a sé stesso, e verso il quale nutre una qualche <strong>di</strong>ffidenza. Il ritegno nei confronti del proprio<br />

sentimento (un po’ <strong>di</strong> stizza, una specie <strong>di</strong> in<strong>di</strong>gnazione, assai timore) del protagonista verso la<br />

propria emozione si concreta in un’antiromantica indagine sulla propria vicenda psicologica,<br />

tanto più lievemente tratteggiata quanto più ingenui, vaghi, casti (innamorato <strong>di</strong> vero amore)<br />

sono poi gli atti – nessun’<strong>analisi</strong> della passione ancora ! – che ne conseguono. Anzi la scoperta<br />

dell’amore avviene in Lazzaro attraverso un percorso inverso all’ap<strong>prof</strong>on<strong>di</strong>mento e al<br />

compiacimento: ché, secondo lui, se avesse saputo in<strong>di</strong>viduare il modo e il momento preciso<br />

in cui quel sentimento gli era entrato in animo, avrebbe potuto liberarsene. Nient’affatto compiaciuto,<br />

Lazzaro s’arrabbia: s’arrabbia per non essersi accorto del come si era innamorato,<br />

s’arrabbia <strong>di</strong> non trovar modo d’entrarne in <strong>di</strong>scorso colla fanciulla, nei confronti della quale<br />

sente <strong>di</strong> non poter ricorrere ai mezzi e alle forme che pure altre volte, con altre donne, avevano<br />

dato buoni risultati.<br />

Una volta ci prova a rompere il ghiaccio con Dosolina indagando sul maio; ma la giovane<br />

s’era convinta che si trattase dello scherzo <strong>di</strong> qualcuno: ché nessuno avrebbe voluto sposare<br />

una fanciulla povera come lei. Il fatto che Lazzaro tragga qualche speranza dall’essere egli<br />

benestante, e dunque un buon partito, è il segno, non dell’albagia che viene dal denaro, sì<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 95


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

« Sedetevi pur como<strong>di</strong> », aveva detto il barcaiuolo, vedendoli impacciati.<br />

Venivan giú col filo della correntia veneta. Dosolina stupita, Princivalle ingrugnato,<br />

Donata agguantata a due mani al banco, a ginocchia strette, rattratta,<br />

sbirciando l’acqua limacciosa con occhio nemico; parevano una barca <strong>di</strong> trasognati,<br />

silenziosa. Ma parlava, in pie<strong>di</strong> al suo remo, il vogatore <strong>di</strong> poppa, padrone<br />

e nocchiero, poiché la barca chiedeva per allora <strong>di</strong> esser guidata piú che sospinta:<br />

e lesta andava, leggiera, con lunghe e leggiere vogate in cadenza, del padrone e del<br />

ragazzo al remo <strong>di</strong> prua. Vogava, e:<br />

« Non conviene » <strong>di</strong>ceva colui « aver paura del Po, chi ha da venire a viverci<br />

sopra. E l’abbiamo sentito <strong>di</strong>re anche da queste parti, che padron Lazzaro Scacerni<br />

aspettava qualcuno. Siamo contenti anche noi, perché gli vogliamo bene tutti. E<br />

io posso <strong>di</strong>re per primo che la giovine è bella, ma bella <strong>di</strong>molto. Padron Lazzaro?<br />

Un uomo ’per la quale’! Un galantuomo, un mugnaio che nel mestiere è maestro,<br />

una degna persona, poche parole e fatti molti. Lui non bada a quelli degli altri, ma<br />

vi so <strong>di</strong>re <strong>di</strong> sicuro che se gli altri volessero entrare nei suoi, troverebbero pane per<br />

i loro denti. Eh, non gli mancano le braccia, e al bisogno ha le mani pesanti, e un<br />

coraggio che per incontrarne il compagno, avete voglia a cercare! E lavoratore, e<br />

guadagnatore, e generoso nello spendere; e bell’uomo, che non guasta. Eh, chi lo<br />

sposerà, potrà <strong>di</strong>re d’essere la donna fortunata! »<br />

Princivalle gongolava; Dosolina era arrossita; in altre circostanze Donata<br />

avrebbe già troncato da un pezzo quell’elogio in bocca del barcaiuolo lusinghiero,<br />

che durò fin <strong>di</strong> là dalla Polesella, ma dovette pur tacere e badare a far forza <strong>di</strong> remi,<br />

quand’ebbe messa la prua fuori, per fendere <strong>di</strong> sbieco la corrente.<br />

« Adesso » avvertì prendendo il largo « non vi movete troppo ».<br />

dell’impaccio sentimentale in cui vive: la con<strong>di</strong>zione economica è una sorta <strong>di</strong> certezza che<br />

avrebbe rassicurato del tutto la sua titubante con<strong>di</strong>zione d’innamorato se non fosse stata quella<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> anni della quale aveva preso coscienza (e se ne era in<strong>di</strong>spettito), ma <strong>di</strong> traverso<br />

ed in<strong>di</strong>rettamente: per via <strong>di</strong> quella foggia <strong>di</strong> barba che non s’usava più.<br />

È che egli non aveva avuto modo <strong>di</strong> sperimentare comportamenti e modelli d’interazione<br />

<strong>di</strong>versi da quelli ru<strong>di</strong> del soldato del genio e del mugnaio che s’era dovuto far strada in un<br />

mestiere che non conosceva. Perciò decide <strong>di</strong> parlarne al padre, e lo fa peggio che da pirata,<br />

ma soprattutto lo fa eludendo ogni accenno ai sentimenti, puntando tutto sulla con<strong>di</strong>zione<br />

economica, sul rifiuto della dote. Per vero è anche l’argomento più convincente per Princivalle,<br />

ma anche quello che scalzava un dubbio non piccolo <strong>di</strong> Dosolina: quello derivante dalla sua<br />

povertà; così il se vostra figlia si contenta, io mi contento senza dote <strong>di</strong>viene aperta <strong>di</strong>chiarazione<br />

alla fanciulla, rassicurata circa la sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> povera: e tanto poteva essere<br />

sufficiente come <strong>di</strong>scorso amoroso.<br />

A portare avanti la vicenda d’amore saranno poi i genitori <strong>di</strong> Dosolina: ancora una volta affermando<br />

<strong>di</strong> non voler con<strong>di</strong>zionare la fanciulla e <strong>di</strong> lasciarla libera <strong>di</strong> decidere. Solo che glielo<br />

ripetevano tando <strong>di</strong> frequente che la giovane non ebbe mai il tempo <strong>di</strong> essere effettivamente<br />

libera; ma ciò che a noi preme <strong>di</strong> sottolineare che neppure adesso, il sentimento d’amore ha<br />

spazio d’esprimersi sì che l’esito letterario è quello <strong>di</strong> un sentimento estremamente pu<strong>di</strong>co<br />

e delicato, ma non per questo meno imperioso e coinvolgente grazie alla simpatia umana<br />

dello scrittore e alla sua strategia <strong>di</strong> trasferire i sentimenti negli atti (una sorta <strong>di</strong> correlativo<br />

oggettivo), nelle parole degli altri. Non è senza significato che Dosolina arrossica all’elogio<br />

che il barcaiolo tesse <strong>di</strong> Lazzaro portandola al mulino S. Michele, ma così non è un caso che,<br />

lei che non ha mai visto il fiume, sia la più tranquilla nel percorso acquatico verso la casa <strong>di</strong><br />

Lazzaro e, soprattuto, sia affascinata dallo spettacolo: Dosolina batté le mani: «... Guardate che<br />

pare d’oro »... Dosolina allegra, a cui non pareva l’aver occhi bastevoli per le tante meraviglie.<br />

96 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

Figurarsi Donata, ch’era già rigida e stecchita! Si scorgeva, ora che la fendevano,<br />

la forza e la velocità del fiume giallo e schiumoso, nei gorghi che descriveva attorno<br />

alla barchetta, nei larghi mulinelli fuggenti. Sui fianchi, sotto la prora sottile, e <strong>di</strong><br />

poppa, produceva rigurgiti e risucchi, che parevano avi<strong>di</strong> e insi<strong>di</strong>osi. Donata, a<br />

fissar la corrente, si sentiva il capogiro, ma non poteva <strong>di</strong>strarne gli occhi. Dosolina<br />

batté le mani:<br />

« Com’è grande e largo! Oh, bello, bello! Guardate, che pare d’oro ».<br />

Un oro pallido e annebbiato, in cui il sole settembrino andava tutto quanto<br />

in lucore. E Donata s’avvide quant’eran lontane ambe le rive, ed ebbe un grido <strong>di</strong><br />

paura soffocato.<br />

« Eh », fece il remigante, « che <strong>di</strong>reste se fosse in piena? »<br />

« Non è piena questa? » chiese con voce non troppo sicura il Malvegoli.<br />

« Mezza, sì e no ».<br />

« È per via che noi non sappiamo nuotare.<br />

« In caso, attaccatevi alla barca. Anche se si ribalta, sta a galla ».<br />

Al piacere <strong>di</strong> questo scherzo, il viso <strong>di</strong> Princivalle si fece scuro e ansioso quanto<br />

quello della moglie, che sgridò a denti stretti, quasi temesse <strong>di</strong> scrollar la barca col<br />

fiato o colla voce, sgridò Dosolina allegra, a cui non pareva d’aver occhi bastevoli<br />

per le tante meraviglie, e che si girava da tutte le parti:<br />

« Sta ferma, non ti muovere! Sei sorda? Non senti che può ribaltarsi?<br />

La sbofonchiata del barcaiuolo poté ben farle rabbia, ma non <strong>di</strong>minuir la pau-<br />

La sua allegria è esuberante e il barcaiolo deve calmarla; e quando le campane suonano il<br />

mezzodì (pareva che pronosticassero la meglio augurata delle giornate) la giovane pronunzia<br />

la frase dell’Annunciazione a Maria della sua prossima maternità.<br />

Da canto suo Lazzaro si preoccupa della sicurezza dell’attracco, aveva fatto sì il S. Michele<br />

apparisse festoso, assettato, pulito e lindo, aveva fatto apparecchiare la tavola. Tutto pareva<br />

esprimere un sentimento <strong>di</strong> serena felicità: v’era ... un senso <strong>di</strong> quiete animata, <strong>di</strong> benestare<br />

sereno, <strong>di</strong> pace umile e alta ... una dolcezza stupita, un benessere fisico ... Solo una frase<br />

mezza galante mezza grossolana: «Dosolina voi pesate quanto un fiore ». Poi la proposta <strong>di</strong><br />

matrimonio senz’altri preamboli sentimentali semmai ponendo la questione ancora in termini<br />

economici: «... spero che vorrete tornar padrona su questa bicocca »: è il momento sentimentale<br />

dell’incontro: Lazzaro e Dosolina si guardano negli occhi e la giovane trae fiducia da quello<br />

sguardo, scorge negli occhi <strong>di</strong> quello l’amore e ’presente’, non sente, cosa sia.<br />

Poi nuovamente il <strong>di</strong>scorso d’amore si presenta sotto le spoglie <strong>di</strong> spiegazione degli strumenti<br />

<strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> mugnaio, dei suoi proce<strong>di</strong>menti: i sentimenti al momento dell’esternazione sono<br />

resi concreti, e veri, tradotti da parole in oggetti, da chi non ha <strong>di</strong>mestichezza con le parole o<br />

non ama esibire l’animo, neppure a sé stesso. Princivalle, ingenuo (troppo !) estroverso, capisce<br />

e a suo modo traduce – inopportunamente – alla figlia. Il proce<strong>di</strong>mento metaforico, dallo<br />

spirituale agli oggetti, resta immutato e Lazzaro mostra una casetta sull’argine dove tenere la<br />

famiglia: non è ancora sua, ma è stata data la caparra: l’acquisterà solo se la persona che ha<br />

in mente gli darà una risposta positiva. Altrimenti preferirà perdere il denaro dato in pegno:<br />

è una straor<strong>di</strong>naria <strong>di</strong>chiarazione d’amore che riempie d’orgoglio Dosolina. Ma sono l’atto <strong>di</strong><br />

zittire ed allontanare Princivalle, ed il riguardo usatole da Lazzaro nell’esplicita <strong>prof</strong>essione che<br />

il consenso doveva giungere <strong>di</strong>rettamente e liberamente da lei, che paiono espressioni degli<br />

intimi sentimenti dell’uomo verso lei che è giovane e sognatrice. Nessun compiacimento sentimentale,<br />

il <strong>di</strong>alogo d’amore tra Dosolina e Lazzaro è fatto <strong>di</strong> poche e brevissime frasi improntate<br />

a ben altro che non alla dolcezza o alla lusinga (eccetto quell’una, sul peso della fanciulla).<br />

Così B. traduce in fatti concreti la segreta amorosa premura <strong>di</strong> Dosolina per l’or<strong>di</strong>ne con cui<br />

è rifatto il letto <strong>di</strong> Lazzaro: «Certo che se avesse moglie dormirebbe in un letto meglio fatto».<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 97


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

ra. Attraverso il fiume luminoso si rispondevano le campane delle due Guar<strong>di</strong>e,<br />

annunciando mezzodì; e pareva che pronosticassero la meglio augurata delle giornate,<br />

che già era la piú bella dell’anno. Dosolina si segnò e <strong>di</strong>sse: Angelus Domini<br />

nuntiavit Mariae. Donata non ebbe animo <strong>di</strong> staccar le mani dal banco neppure<br />

per segnarsi.<br />

Ecco la riva vicina; il nocchiere mise la prora sul mulino, che in un sol tratto<br />

sorse, così parve, e ingrandì alla vista, e si erse e nereggiò coi foschi fianchi dritti<br />

e robusti. La barchetta parve rimpicciolirglisi sotto bordo. E grande piú che mai,<br />

un po’ fosco anche lui, mentre l’ansietà dell’animo gli faceva il volto piú severo,<br />

usciva sull’an<strong>di</strong>aletto il padrone del San Michele, che prese la cima, in<strong>di</strong>cò a Donata<br />

e al Malvegoli i due piuoli per salire a bordo; li aiutò; ma quando fu la volta <strong>di</strong><br />

Dosolina, si sporse e chinò fuori, la cinse alla vita col braccio, e la issò lievemente,<br />

posandola sull’an<strong>di</strong>aletto con garbo e galanteria:<br />

« Dosolina, voi pesate quanto un fiore ».<br />

E com’ella, arrossendo, si accostava alla madre che veniva a fatica rimettendosi,<br />

egli aggiunse:<br />

« Siete in casa vostra, se vi degnate ».<br />

Dosolina lì per lì era troppo imbarazzata per guardarsi attorno, ma primo a<br />

far conoscenza col mulino era il piede. Infatti gli ormeggi, ai quali Lazzaro aveva<br />

aggiunta per piú sicurezza la stanga fissata nel fondo del fiume alla burga <strong>di</strong> vimini<br />

piena <strong>di</strong> sassi, lasciavano un certo giuoco agli scafi, che prueggiavano alternamente<br />

ad orza e a poggia, con un guizzo lento ed uguale, che pareva un accenno a salpare,<br />

quasi un desiderio <strong>di</strong> navigare, e dava vita alla mole, e leggerezza ai pie<strong>di</strong>. Tale<br />

moto oscillante tirava e allentava gli ormeggi, sicché i legni piatti della stanga e i<br />

cavi dell’ancore e da terra, sciaguattavano pigramente, sorgendo e riaffondando,<br />

nell’acqua lesta e animata, schiumosa e giallastra.<br />

Il San Michele era festoso, assettato, allestito, pulito e lindo, cogli sportelli delle<br />

case spalancati alla luce del bel giorno, e coi portelli della loggia, che servivano a<br />

chiuderla prorovia, sollevati e aperti. Nella loggia era imban<strong>di</strong>ta pulitamente una<br />

piccola tavola con quattro sgabelli. L’aria e il sole, dolci e temperati, scherzavano<br />

e lumeggiavano dentro e fuori. Il rumore lento e il grondare e stillare dell’ulà,<br />

pareva anch’esso un giuoco festoso e <strong>di</strong>vertente, e si sposava col ruotare animoso<br />

delle macine: piú che suono, questo, respiro e palpito della greve macchina. E v’era<br />

infatti un senso <strong>di</strong> quiete animata, <strong>di</strong> benestare sereno, <strong>di</strong> pace umile ed alta in un<br />

mondo <strong>di</strong>verso e solitario tra fiume e cielo, tra l’una riva lontana e la terra prossima<br />

nascosta <strong>di</strong>etro l’argine: e v’era una dolcezza stupita, un benessere fisico, che<br />

mischiava nella timi<strong>di</strong>tà della fanciulla una meraviglia molle, come l’odore della<br />

farina, grato e confortevole, si mischiava al sentore dell’acqua viva, al tanfetto<br />

delle melme rinvenute e dei legnami muci<strong>di</strong>, nell’aria ricca <strong>di</strong> salute e d’appetito<br />

mattutino e giovanile.<br />

« Ora mettiamoci a tavola », <strong>di</strong>ceva padron Lazzaro, « che è tar<strong>di</strong> e avrete fame.<br />

Di farvi vedere il mulino c’è tempo dopo. E voi », soggiunse a Dosolina, « spero<br />

che vorrete tornar presto padrona su questa bicocca ».<br />

Lo guardò negli occhi, trasalendo, ma prima <strong>di</strong> chinare i propri, si avvide che<br />

anche l’uomo quasi per effetto <strong>di</strong> quel senso benigno <strong>di</strong> tutte le cose, le dava fiducia,<br />

98 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

con fierezza <strong>di</strong> sentirsi bella. Negli occhi aveva scorto l’amore, e presentiva che cosa<br />

sia. E l’apprensione delle nozze era già un desiderarle: era timore, ma naturale, <strong>di</strong><br />

vergine ancor tenera, e pu<strong>di</strong>ca e costumata.<br />

Schiavetto mise in tavola, e fu fatto grande onore, da quei terrieri, al luccio in<br />

salsa con aglio, e al caviale e alla bottarga <strong>di</strong> Malvasone; e alla ’pinza alla molinara’,<br />

sfogliata <strong>di</strong> pane all’olio e senza lievito, cotta nella cenere ardente; e in fin<br />

<strong>di</strong> tavola a una persicata prelibata. Poi padron Lazzaro mostrò come si regolasse<br />

la forza dell’acqua all’ulà, calando col mulinello fra essa e la catena acquarola la<br />

paratoia dello scalettino. Per contro, affondando, in tempi <strong>di</strong> magra, lo scaletto<br />

triangolare, massiccio, si produceva un salto della corrente, che aumentava l’acqua<br />

e il suo impeto sulle pale. Mostrò i palmenti, e il sarzanello, il biadarolo, e tutti i<br />

congegni, posatamente, senza piú <strong>di</strong>scorrere <strong>di</strong> nozze, anzi neppure a Dosolina in<br />

particolare, sicché lei si sentiva daccapo in una nuova soggezione, e stava timida,<br />

accosto alla madre contegnosa e annuente. Spiegava, lo Scacerni, che quando le<br />

macine si eran troppo appianate, il mulino lavorava stracco, e bisognava rimetterlo<br />

in dente, scalpellando la faccia delle macine; spiegava che quando una <strong>di</strong> queste<br />

premeva troppo in mezzo, si <strong>di</strong>ceva mulino aperto in bocca, o, viceversa, aperto<br />

in ala. Mostrava i martelli con cui si scalpellavan le mole, e la fucina da fabbro, la<br />

ruota da arrotino, il bando del falegname, tutti gli arnesi dei tanti mestieri d’un<br />

compiuto mugnaio. Ma Princivalle Malvegoli, che aveva anche bevuto copiosamente,<br />

non si trattenne piú:<br />

« Un bel mulino, un gran mulino, un mulino stupendo! E voi, padron Lazzaro,<br />

un uomo, voi! Sapevo chi siete, e me lo <strong>di</strong>ceva anche poco fa quel galantuomo della<br />

barca, ma parola che non mi aspettavo tanto. Ohia! È il mulino che poi piú. Vi so<br />

<strong>di</strong>re che la mugnaia starà da regina. Vita, oh, vita! »<br />

Ora Dosolina avrebbe desiderato che sua madre facesse smettere la ciarla e<br />

coteste esclamazioni e la piaggeria, ma Donata sorrideva rabbonita.<br />

Videro la casa del sandoncello, e, fra or<strong>di</strong>gni da pesca e da caccia appesi o <strong>di</strong>sposti<br />

sulla ragna alla parete, la cuccetta del mugnaio, che <strong>di</strong>sse:<br />

« Qui ho dormito fino adesso, e » in<strong>di</strong>cando la fogara « qui ho fatto quel poco<br />

<strong>di</strong> cucina, quand’ero solo senza garzoni: furono principii duri ».<br />

« E d’ora innanzi, che Dio vi bene<strong>di</strong>ca », chiese Princivalle, « dove dormite,<br />

d’ora innanzi? »<br />

Dosolina ebbe un moto <strong>di</strong> stizza e <strong>di</strong> vergogna, ma Lazzaro:<br />

« D’ora innanzi, se le cose vanno come spero… »<br />

« E avete ragione <strong>di</strong> sperare! »<br />

« Se le cose vanno, <strong>di</strong>co, ho in vista, poco lontano da questa piarda, un po’ <strong>di</strong><br />

terra e una casetta, oh, non gran cosa, ma come <strong>di</strong>ce il proverbio: casa quanta ti<br />

copre ».<br />

« E terra quanta ne ve<strong>di</strong>! »<br />

« Eh, eh! Non tanta, ci corre: ma un po’ d’orto sì, qualche pertica <strong>di</strong> terra sì; un<br />

sitino insomma, ma buono e da starci bene. Dovrà badarci la mia donna, perché<br />

la campagna del mugnaio è il mulino: sempre che colei che intendo io, mi <strong>di</strong>ca <strong>di</strong><br />

sì e non <strong>di</strong> no ».<br />

« Di no a un pari vostro? »<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 99


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

« Non si sa mai; e in ogni caso deve <strong>di</strong>rlo colei, scusate ».<br />

Allora il Malvegoli cominciò a toccar col gomito Dosolina perché parlasse,<br />

molesto e fasti<strong>di</strong>oso. Lei taceva e cercava <strong>di</strong> scansarlo. E, sempre davanti alla<br />

cuccetta, egli <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> peggio:<br />

« Per starci in due », e rideva grossamente, « <strong>di</strong>ciamo la verità, questo lettino<br />

sarebbe scarso. È vero, » soggiunse piano strizzando l’occhio a Donata e a Scacerni,<br />

« che per i primi tempi il letto piace stretto ».<br />

« Va là », gli replicò, ma benevolmente, la moglie, « che sei una bestia ».<br />

« E l’avete già comprata, padron Lazzaro, l’avete già comprata la casa per la<br />

mugnaia, e questa vostra possessione nuova? »<br />

« Sono in parola e ho dato caparra, sempre in tempo a <strong>di</strong>sdrimi per altro ».<br />

« E perché <strong>di</strong>s<strong>di</strong>rvi poi? »<br />

« Perché ho messo gli occhi sopra una, che lei o nessun’altra ».<br />

« Fortunata quella! Ma hai sentito, Dosolina? » esclamò Malvegoli senza potersi<br />

piú contenere: « O quella o nessun’altra! »<br />

« Che cosa volete che senta », <strong>di</strong>sse ragionevolmente Donata, « se parlate sempre<br />

voi, benedett’uomo? »<br />

« La caparra, eh », insisteva un poco imbambolato dal vino Malvegoli, « la<br />

caparra? »<br />

« Piuttosto ci rinuncio, e mi contento del mulino, gli anni che mi avanzano<br />

».<br />

Queste <strong>di</strong>chiarazioni, e d’un uomo come padron Lazzaro, davano alla fanciulla<br />

un misto <strong>di</strong> confusione dolce e d’orgoglio, che il rumoroso padre tornò a<br />

guastare:<br />

« E dàlli! Ma chi volete che vi <strong>di</strong>ca <strong>di</strong> no? Bisognerebbe che fosse matta. Vi <strong>di</strong>co<br />

io che ha ancora da nascere! »<br />

« Scusate, non tocca a voi <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo ».<br />

La voce <strong>di</strong> padron Lazzaro s’era fatta asciutta, della qual cosa Dosolina, gli fu<br />

grata, sperando che riducesse il padre a tacere; ma costui non si perdeva per così<br />

poco, e stava per riprendere, quando la moglie:<br />

« Adesso non la tormentate », <strong>di</strong>sse.<br />

« Sicuro », aggiunse Lazzaro dominando l’impazienza; « è giusto. Io, per me,<br />

ho detto abbastanza, e bisogna lasciar tempo a pensare e a rispondere; quantunque,<br />

per me, quanto piú presto, tanto meglio ».<br />

Adesso Dosolina avrebbe voluto <strong>di</strong>r qualcosa, e s’arrabbiava <strong>di</strong> non trovar<br />

nemmeno una parola; se la prendeva col padre, che l’avesse confusa e frastornata;<br />

con sé stessa, che una parola ci sarebbe voluta almeno per creanza; e non sapeva<br />

quant’era graziosa, così muta e stizzita, mentre padron Lazzaro prendeva amichevolmente<br />

per un braccio il futuro suocero importuno, e lo conduceva sulla loggia<br />

col pretesto <strong>di</strong> mostrargli non so che or<strong>di</strong>gno, con tanta gratitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Dosolina,<br />

che era un principio d’amore. Per lo meno, cadendole l’occhio sulla cuccetta <strong>di</strong><br />

Lazzaro, pulita, ma rifatta alla meglio, le venne da pensare:<br />

« Certo che se avesse moglie dormirebbe in un letto meglio fatto ».<br />

Intanto sua madre, gravemente, ma con un’amorevolezza non consueta, le<br />

<strong>di</strong>ceva:<br />

100 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Bacchei<br />

« Il partito è buono; me ne sono persuasa anch’io ».<br />

« Adesso devi parlare tu ».<br />

« Io farò come mi comandate ».<br />

« Ah, come ti coman<strong>di</strong>amo? » <strong>di</strong>sse la madre sorridendo.<br />

« E se ti comandassimo <strong>di</strong> sposarlo? »<br />

« Io son contenta sempre d’ubbi<strong>di</strong>rvi ».<br />

« E non ti contrarierebbe, questa volta? »<br />

« Non mi ha mai contrariato ».<br />

« Insomma… »<br />

« Insomma, per me, son contenta ».<br />

Il Malvegoli non aveva potuto star <strong>di</strong>scosto neanche quel poco, e affacciandosi<br />

alla casa del sandoncello udì le ultime parole, e da quel buon uomo che poi<br />

era, desideroso della felicità <strong>di</strong> sua figlia e convinto che con quel matrimonio la<br />

conseguirebbe gran<strong>di</strong>ssima, n’ebbe una schietta e tenera consolazione, tanto che<br />

stette un momento senza parola, mentre Donata <strong>di</strong>ceva:<br />

« Dunque ormai puoi <strong>di</strong>rglielo tu ».<br />

« Io non m’attento… »<br />

« Io glielo <strong>di</strong>co », esclamò il Malvegoli tornato subito alla consueta goffaggine,<br />

« glielo <strong>di</strong>co io! Padron Lazzaro, venite un po’ qua! »<br />

« Animale, non capisci » proruppe Donata « che gli piacerà invece <strong>di</strong> sentirselo<br />

<strong>di</strong>re da lei? »<br />

Princivalle, sentendo la ragione, si grattò la testa mortificato.<br />

Entrava, Scacerni, e padre e madre, sorridendo, si trassero in <strong>di</strong>sparte a guardar<br />

il fiume dallo sportello.<br />

« Dunque » chiese Lazzaro alla fanciulla « ho da credere che mi vogliate far<br />

contento? »<br />

« Se vi contentate <strong>di</strong> una povera fanciulla come me ».<br />

« E allora sia ringraziato il Signore per la consolazione che mi date, Dosolina »,<br />

<strong>di</strong>sse Scacerni prendendole la mano.<br />

« Sempre sia lodato e ringraziato », <strong>di</strong>sse lei, svincolando dolcemente la mano<br />

per segnarsi.<br />

« E bene<strong>di</strong>ca le nostre nozze ».<br />

Ora non dava piú fasti<strong>di</strong>o a nessuno la sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> Princivalle, che scoppiò<br />

gioiosa verso Donata:<br />

« Oh, <strong>di</strong>telo finalmente una volta anche voi, la mia vecchia, che ho avuto ragione<br />

da vendere, che ho visto subito, io, che uomo è questo nostro genero! »<br />

« Volentieri lo <strong>di</strong>co, e mi consolo per Dosolina, e che il Signore li bene<strong>di</strong>ca ».<br />

« Ma anche lui, non si fa per <strong>di</strong>re, anche nostro genero ha trovato in sorte una<br />

perla, non perché sia mia figlia, ma per la sacrosanta verità: val tant’oro quanto<br />

pesa, la nostra Dosolina ».<br />

« Piú <strong>di</strong> quel che pesa », <strong>di</strong>sse Scacerni, ricordandosi com’era stata lieve in<br />

braccio a lui nell’issarla a bordo del San Michele.<br />

Egli teneva nella sua mano robusta e callosa la mano gentile, benché ruvida,<br />

<strong>di</strong> Dosolina.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 101


102 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

BEppE fENOGLIO<br />

TrAduzione de Il vento neI sAlIcI<br />

<strong>di</strong> KenneTh GrAhAme<br />

[I]La proda del fiume<br />

Per tutta la mattina la Talpa aveva atteso <strong>di</strong> lena alla ripulitura primaverile<br />

della sua casetta. Prima con scope, poi con cenci da polvere; quin<strong>di</strong> su scale e<br />

sgabelletti e seggiole, con un pennello e un secchio d’acqua <strong>di</strong> calce; finché ebbe<br />

polvere in gola e negli occhi, e schizzi <strong>di</strong> bianco su tutto il pelo nero, e la schiena<br />

dolorante e le braccia stremate. La primavera spaziava nell’aria lassú e nella terra<br />

sotto e tutt’intorno, penetrando anche la sua casina senza luce e spazio del suo<br />

spirito <strong>di</strong> <strong>di</strong>vino scontento e desiderio. Nulla <strong>di</strong> strano, quin<strong>di</strong>, se tutto d’un subito<br />

gettò il pennello sull’impiantito, sbottò «Stufa sono!» e «Basta così!» e anche<br />

«All’inferno la ripulitura <strong>di</strong> primavera!» e uscì decisamente <strong>di</strong> casa senza manco<br />

indugiarsi a infilar la giacchetta. Qualcosa da lassú la chiamava imperiosamente,<br />

e imboccò il ripido e angusto budello che nel suo caso rispondeva alla ben ghiaiata<br />

via carrozzabile in possesso degli animali le cui residenze erano più prossime al<br />

sole e all’aria. Così cavò, frugò, grattò e raschiò, e <strong>di</strong> nuovo raschiò, grattò, frugò e<br />

cavò, manovrando briosa le zampette e bisbigliando a se stessa, «Si sale! Si sale!»<br />

finché, fuori! il suo grugnetto emerse nel sole, e si trovò a zampettare nell’erba<br />

calda d’un gran prato.<br />

«Bello!» si <strong>di</strong>sse. «Meglio che imbiancare!» Il sole picchiava rovente sul suo pelo,<br />

languide brezze carezzavano la sua fronte affocata, e dopo la clausura sotterranea<br />

in cui era vissuta tanto tempo la carola d’uccelli felici piombava sulle sue orecchie<br />

insor<strong>di</strong>te come un frastuono. Sobbalzando a quattro zampe, nella gioia <strong>di</strong> vivere<br />

e nel go<strong>di</strong>mento della primavera senza ripulitura, seguitò la sua strada pel prato<br />

finché raggiunse la siepe al lato opposto.<br />

«Ferma là!» intimò un coniglio matusotto allo spiraglio della siepe. «Sei sol<strong>di</strong><br />

pel privilegio <strong>di</strong> transito sulla strada privata!» Fu ciurlato in un momento dalla<br />

La traduzione che qui presentiamo è datata tra le prime prove letterarie <strong>di</strong> F., prima della<br />

elaborazione dello stile fortemente caratterizzato dal regionalismo neorelistico. La traduzione<br />

de Il vento nei salici tuttavia più che esercitazione scolastica, pare essere una sfida con un<br />

testo originale <strong>di</strong> per sé non facile, verifica della capacità espressiva della (propria) lingua<br />

letteraria, <strong>di</strong> fatto tentativo <strong>di</strong> proporre in una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> facile, quasi colloquiale, narratività<br />

una lin gua toscana decisamente intrisa <strong>di</strong> letterarierietà, talora arcaica. Sta che proprio<br />

questa scelta toscana, <strong>di</strong> correttezza formale fa sì che oggi questa traduzione possa essere<br />

proposta come modello <strong>di</strong> scrittura controcorrente, lontana dalla colloquialità e dalla (più o<br />

meno apparente) facilità.<br />

Chi scrive non intende condurre nessuna operazione <strong>di</strong> riscatto o <strong>di</strong> rivalutazione della traduzione<br />

fenogliana: egli mira esclusivamente a proporre ai giovani una scrittura sorvegliata, attenta<br />

alla <strong>di</strong>gnità della lingua, all’eleganza dell’espressione e della metafora. Non secondario è poi<br />

lo scopo <strong>di</strong> raccomandare allo studente uno strumento <strong>di</strong> indubbio arricchimento lessicale:<br />

le poche pagine qui riportate sollecitino la lettura dell’intero libro, non ostante si tratti <strong>di</strong> una<br />

lunga favola per bambini, go<strong>di</strong>bile ed utile tuttavia sotto il <strong>prof</strong>ilo della lingua e dello stile dei<br />

quali potranno essere immagazzinati non pochi suggerimenti.


Analisi Tecnica. Fenoglio<br />

Talpa, impaziente e <strong>di</strong>sdegnosa, che trotterellò a ridosso della siepe, motteggiando<br />

gli altri conigli che frettolosi occhieggiavano dalle lor tane a veder che baruffa<br />

succedesse. «Salsa <strong>di</strong> cipolle! Salsa <strong>di</strong> cipolle!» notò beffarda, e fu lontana prima<br />

che i conigli potessero rimuginare una risposta pienamente sod<strong>di</strong>sfacente. Allora<br />

quelli presero tutti a rampognarsi a vicenda. «Lo scemo che sei! perché non le hai<br />

detto…» «Già, perché non <strong>di</strong>rle…» «Potevi ricordarle…» e così via, come <strong>di</strong> solito;<br />

ma, naturalmente, era troppo tar<strong>di</strong>, come capita sempre.<br />

Tutto pareva troppo bello per esser vero. Errò mobilissima qua e là, pei campi,<br />

lungo le siepi, attraverso i boschi cedui, trovando ovunque uccelli che ni<strong>di</strong>ficavano,<br />

fiori in boccio, foglie stormenti – tutto felice e progressivo, e indaffarato. E invece<br />

d’aver la coscienza a <strong>di</strong>sagio che la pungesse e le bisbigliasse «Imbianca!» poteva<br />

soltanto avvertire quanto fosse esilarante esser l’unico cane ozioso tra tutti questi<br />

citta<strong>di</strong>ni affaccendati. Dopo tutto, il lato migliore d’una vacanza consiste non tanto<br />

nel riposarsi, quanto nel veder gli altri allo sgobbo.<br />

Giu<strong>di</strong>cò la sua felicità totale quando, a furia <strong>di</strong> gironzare senza mèta, improvvisamente<br />

ristette sulla proda d’un fiume gonfio. Mai prima in sua vita aveva visto<br />

un fiume – questo lustro, sinuoso animale a pieno corpo, che incalza e gorgoglia,<br />

afferra le cose con un chioccìo e le rilascia con una risatina – avventarsi sulle sue<br />

fresche compagne <strong>di</strong> svago che si <strong>di</strong>vincolavano e nuovamente erano sorprese e<br />

imprigionate. Tutto tremolava, tutto brivi<strong>di</strong>va – bagliori e sprazzi e faville, fruscii e<br />

rigurgiti, cicalecci e gorgogli. La Talpa era ammaliata, rapita, affascinata. Sulla proda<br />

trotterellò al pari d’un essere minuscolo che ansima al fianco d’un uomo che lo tiene<br />

estasiato con storie eccitanti; finalmente stanca, sedette sulla riva, mentre il fiume<br />

non cessava <strong>di</strong> parlarle, sciabordante processione delle piú belle storie del mondo,<br />

scaturite dal cuore della terra per esser narrate infine all’insaziabile mare.<br />

Come sedette sull’erba e volse gli occhi oltre il fiume, una tana tenebrosa, nella<br />

riva opposta, appena al pelo dell’acqua, fermò il suo sguardo, e come in sogno<br />

le venne fatto <strong>di</strong> considerare che graziosa e intima <strong>di</strong>mora sarebbe stata per un<br />

animale da poche esigenze e anelante a un gioiellino <strong>di</strong> residenza fluviale, proprio<br />

Felici arcaismi e non<br />

Cenci da polvere.<br />

Sgabelletti e seggiole.<br />

Schiena dolorante e braccia stremate.<br />

La primavera spaziava nell’aria.<br />

Impiantito.<br />

Angusto budello.<br />

Ghiaiata via.<br />

Briosa.<br />

Grugnetto.<br />

Zampettare.<br />

Il sole picchiava rovente (meglio il pre<strong>di</strong>cato<br />

nomin. che l’attributo !).<br />

Fronte affocata (affocata è conseguenza <strong>di</strong><br />

rovente).<br />

Carola d’uccelli (la carola è allo stesso tempo un<br />

canto ed una danza in cerchio <strong>di</strong> più persone).<br />

Coniglio matusotto ( ’anzianotto’).<br />

Sobbalzando (anziché ’saltellando’ che è modo<br />

più accentuato).<br />

Privilegio del transito.<br />

Fu ciurlato.<br />

Rampognarsi.<br />

Errò... qua e là.<br />

Foglie stormenti.<br />

Tutto felice e progressivo.<br />

Sgobbo (anziché ’lavoro’).<br />

Gironzare.<br />

Ristette (anziché ’si fermò’).<br />

Proda (anziché ’riva’).<br />

Lustro (anziché ’lucido’).<br />

Chioccìo.<br />

Brivi<strong>di</strong>va (più lieve <strong>di</strong> ’fremere’).<br />

Tiene estasiato con storie.<br />

Tana tenebrosa (anziché ’oscura’).<br />

Le venne fatto <strong>di</strong> considerare.<br />

Anelante (anziché ’desiderosa’).<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 103


Analisi Tecnica. Fenoglio<br />

sul pelo dell’acqua e remota dal chiasso e dalla polvere. Come vi figgeva gli occhi,<br />

un alcunché <strong>di</strong> lustro e <strong>di</strong> minuto parve ammiccare nel cuore della tana, vanì,<br />

poi riscintillò ancor più, come una stellina. Ma <strong>di</strong>fficilmente poteva essere una<br />

stella in sì inverosimile situazione; e era troppo brillante e minuscolo per essere<br />

una lucciola. Poi, come scrutava, esso la fissò, talché si rivelò per un occhio; e un<br />

musetto cominciò gradatamente a formarsi intorno all’occhio come una cornice<br />

intorno a un quadro.<br />

Un musetto bruno, con baffi.<br />

Un musetto tondo e serio, con nell’occhio lo stesso barbaglio che per primo<br />

aveva attratto l’attenzione della Talpa.<br />

Orecchiette ben modellate e pelo fitto, come <strong>di</strong> seta! Era il Topo d’acqua!<br />

I due animali ristettero e si sogguardarono l’un l’altro con cautela.<br />

«Ehi, Talpa!» <strong>di</strong>sse il Topo d’acqua.<br />

«Beh, Topo?» <strong>di</strong>sse la Talpa.<br />

«Ti garberebbe traghettare?» s’informò subito il Topo.<br />

«Oh, a parole è un conto,» replicò la Talpa, piuttosto agra, del tutto nuova a<br />

un fiume e alla vita rivierasca e alle sue evenienze.<br />

Il Topo non ribatté parola, ma si curvò e sciolse una gomena e fece forza; poi<br />

balzò leggero in una barchetta che la Talpa ancora non aveva notata. Era <strong>di</strong>pinta<br />

in turchino all’esterno e bianco all’interno, e capiva giusto due animali; e il cuore<br />

della Talpa volò tutto verso essa, anche se non aveva ancora pienamente compreso<br />

il suo servizio.<br />

Il Topo vogò ratto all’altra riva e attraccò. Poi protese la zampa anteriore come<br />

la Talpa scendeva con titubanza. «Appoggiati a questa!» <strong>di</strong>sse. «Sú, salta decisa!»<br />

Lo stile<br />

Il lessico decisamente ricco <strong>di</strong> toscanismi e <strong>di</strong><br />

termini esclusivamente letterari farebbe supporre<br />

uno stile classico. Ed invece la scrittura<br />

non è affatto <strong>di</strong> riesumazione <strong>di</strong> modelli classici:<br />

non ricalca Bacchelli e tanto meno Manzoni:<br />

merito indubbiamente della natura favolistica<br />

del racconto; ma soprattutto <strong>di</strong> una sintassi<br />

estremamente semplificata, caratterizzata dal<br />

periodo breve che raramente allinea più <strong>di</strong> duetre<br />

frasi preferibilmente coor<strong>di</strong>nate e solo più<br />

parcamente subor<strong>di</strong>nate.<br />

Più in specifico il periodo ricorre a forme <strong>di</strong>chiarative,<br />

ora con frasi appunto <strong>di</strong>chiarative,<br />

ora con locuzioni comparative, ora con enumerazioni<br />

che insieme arricchiscono e spiegano.<br />

Si veda una frase come Tutto tremolava, tutto<br />

brivi<strong>di</strong>va – bagliori e sprazzi e faville, fruscii e<br />

rigurgiti, cicalecci e gorgogli nella quale accanto<br />

ad un vb <strong>di</strong> taglio letterario come ’brivi<strong>di</strong>re’ l’inciso<br />

nominale specifica contenuti e qualità dei<br />

brivi<strong>di</strong> della natura. E subito dopo: Sulla proda<br />

trotterellò al pari d’un essere minuscolo che ansima<br />

al fianco d’un uomo che lo tiene estasiato<br />

104 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

con storie eccitanti che è <strong>di</strong>chiarativa rispetto ai<br />

precedenti ammaliata, rapita, affascinata e dove<br />

il paragone all’essere minuscolo... al fianco d’un<br />

uomo riporta il <strong>di</strong>scorso alla prassi quoti<strong>di</strong>ana<br />

del rapporto bambino­adulto. Non per questo<br />

l’immagine è meno poetica per il parallelo essere<br />

minuscolo­talpa, uomo­fiume.<br />

Per altro è ricorrente la tecnica <strong>di</strong> far precedere<br />

una metafora semplice e breve rispetto ad una<br />

più ricca e complessa: il fiume non cessava <strong>di</strong><br />

parlarle, sciabordante processione ... Tal che<br />

non ostanti l’aulicità del registro lessicale e la<br />

liricità <strong>di</strong> tanti frammenti resta facile la comunicazione<br />

estetica e narrativa. Naturalmente occorrebbe<br />

un ravvicinato confronto con l’originale<br />

quanto si volesse valutare l’apporto <strong>di</strong> Fenoglio:<br />

non è questa la sede.<br />

Quello che qui preme sottolineare è il largo<br />

ricorso al <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto che contribuisce<br />

in modo rilevante a vivacizzare la scrittura, a<br />

stemperare aulicità e letterarietà. Così è che la<br />

presente traduzione appare un efficace modello<br />

antinomico a certa (eccessiva) facilità <strong>di</strong> scrittura<br />

e povertà lessicale dell’italiano standard.


Analisi Tecnica. Fenoglio<br />

e la Talpa con suo stupore e rapimento si trovò positivamente seduta a poppa<br />

d’una vera barca.<br />

«Magnifica giornata, questa!» constatò, mentre il Topo scostava e ripigliava i<br />

remi. «Sai, non son mai stata in barca in vita mia.»<br />

«Che?» scattò il Topo, a bocca aperta: «Mai stata in… mai… beh, io… che<br />

facevi, allora?»«È tutto bello così?» indagò la Talpa timidamente, per quanto<br />

preparatissima a crederlo, mentre giaceva al suo posto e ispezionava i cuscini, i<br />

remi, gli uncini e tutti gli attraentissimi arre<strong>di</strong> e avvertiva il lieve oscillare della<br />

barca sotto <strong>di</strong> lei.<br />

«Bello? È l’unica cosa bella,» sentenziò il Topo d’acqua solennemente, mentre<br />

si raccoglieva in avanti, per la battuta. «Cre<strong>di</strong>mi, mia giovane amica, non c’è<br />

nulla, assolutamente nulla che valga la metà del semplice bazzicare intorno alle<br />

barche. Semplice bazzicare,» continuò trasognato: «bazzicare intorno alle barche;<br />

bazzicare…»<br />

«Bada in testa, Topo!» stridé la Talpa d’un tratto. Troppo tar<strong>di</strong>. La barca cozzò<br />

nella ripa scoscesa. Il vogatore, il sognatore gau<strong>di</strong>oso, giacque al fondo della barca,<br />

i pie<strong>di</strong> all’aria.<br />

«… intorno alle barche… o con le barche,» continuò il Topo posatamente,<br />

ricomponendosi con un piacevole risolino. «Dentro o fuori, non conta. Nulla<br />

sembra veramente importare, e qui sta il fascino. Che tu salpi o no; che tu arrivi a<br />

destinazione o tutt’altrove o neppurearrivi, tu sei sempre all’opera, e non fai nulla<br />

in particolare; e quando hai finito, resta ancora altro da fare, e lo puoi fare se ti<br />

garba, ma solitamente te ne astieni. Senti qui! Se proprio non hai affari stamattina,<br />

vuoi che scen<strong>di</strong>amo il fiume insieme e ci passiamo tutta una giornata?»<br />

La Talpa zampettò per incontenibile felicità, fece il petto con un sospiro <strong>di</strong><br />

pieno contento, e si riadagiò beata sui soffici cuscini: «Che giornata vado a avere!»<br />

<strong>di</strong>sse. «Salpiamo tosto!»<br />

«Tieni saldo un minuto, allora!» ingiunse il Topo. Annodò la gomena a un<br />

anello del suo attracco, s’inerpicò alla sua tana, e dopo un breve intervallo riapparve<br />

vacillante sotto un ponderoso paniere <strong>di</strong> vimini per la colazione.<br />

«Sistématelo sotto i pie<strong>di</strong>,» osservò alla Talpa durante il trasbordo. Poi sciolse<br />

la gomena e ripigliò i remi.<br />

Felici arcaismi e non<br />

Sogguardarono (anziché ’guardarsi <strong>di</strong> sottecchi’).<br />

Garberebbe (anziché ’piacerebbe’).<br />

Informò (anziché ’chiese’).<br />

Replicò (anziché ’rispose’).<br />

Agra.<br />

Ribatté parola.<br />

Gomena (è la grossa fune che lega le imbarcazioni<br />

alla riva).<br />

Capiva (anziché ’conteneva’).<br />

Servizio (anziché ’scopo’).<br />

Ratto (anziché ’veloce’).<br />

Protese.<br />

Stupore e rapimento.<br />

Constatò (anziché ’<strong>di</strong>sse’).<br />

Scattò (anziché ’<strong>di</strong>sse’).<br />

Indagò (anziché ’chiese’).<br />

Ispezionava.<br />

Sentenziò (anziché ’<strong>di</strong>sse’).<br />

Sognatore gau<strong>di</strong>oso.<br />

Tutt’altrove.<br />

Fare il petto.<br />

Salpiamo.<br />

Tosto.<br />

Sospiro pieno <strong>di</strong> contento.<br />

Ingiunse.<br />

S’inerpicò.<br />

Ponderoso (anziché ’pesante’).<br />

Implorò.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 105


Analisi Tecnica. Fenoglio<br />

«Che c’è dentro?» s’informò la Talpa, fremente <strong>di</strong> curiosità.<br />

«C’è pollo freddo,» replicò il Topo brevemente; «lingua fredda…»<br />

«Oh, basta, basta!» implorò la Talpa in estasi: «troppo!»<br />

«Davvero lo pensi?» chiese il Topo con tutta serietà. «È solo quel che mi<br />

provvedo in queste escursioncelle; e l’altre bestie mi <strong>di</strong>con sempre che sono un<br />

dappoco e…»<br />

La Talpa non ne intese una parola. Assorbita nella nuova vita in cui entrava,<br />

inebriata dal riscintillio e dall’incresparsi dell’onde, dagli effluvi e dai suoni e dal<br />

sole, aveva affondata una zampa nell’acqua e sognava lunghi sogni da desta. E<br />

Topo d’acqua, da quel buon compare che era, continuò a vogare meto<strong>di</strong>camente<br />

e si fè scrupolo <strong>di</strong> non <strong>di</strong>sturbarla.<br />

«Quel tuo abito mi piace, vecchia mia,» notò dopo mezz’ora o quasi. «Intendo<br />

procurarmi un abito da società in velluto nero un giorno o l’altro, appena potrò<br />

offrirmelo.»<br />

«Chiedo venia,» <strong>di</strong>sse la Talpa, riconnettendosi con isforzo. «Devi giu<strong>di</strong>carmi<br />

molto zotica; ma tutto questo è così nuovo per me. Così – questo – è – un – fiume!»<br />

«Il Fiume», corresse il Topo.<br />

«E tu vivi veramente presso il fiume? Che bella vita!»<br />

«Presso <strong>di</strong> lui e con lui e su lui e in lui», <strong>di</strong>sse il Topo. «È fratello e sorella per<br />

me, e zie, e compagnia, e cibo e bevande, e naturalmente bagno. È il mio mondo,<br />

e io non ne voglio altro. Quel che non possiede non val la pena d’esser posseduto,<br />

quel che non sa non merita d’esser saputo. Dio! Che giorni s’è avuti insieme! D’inverno<br />

o d’estate, <strong>di</strong> primavera o d’autunno, ha sempre il suo brio e le sue attrattive.<br />

Quando le piene càpitano <strong>di</strong> febbraio, e le mie cantine e fondamenti son piene rase<br />

d’un liquido che non mi giova affatto, e l’acqua bruna corre radendo la finestra della<br />

mia miglior stanza da letto; o quando s’inari<strong>di</strong>sce tutto e svela chiazze <strong>di</strong> fango che<br />

odora come un pasticcio d’uva passa, e i giunchi e le ortiche ingombrano i canali<br />

e io posso cercare terra asciutta sulla piú parte del suo letto e trovare cibo fresco<br />

e quelle coselline che la gente assorta lascia cadere fuori barca!»<br />

«Ma non è noiosetto a volte?» arrischiò la Talpa. «Tu e il fiume soli, e nessun<br />

altro con cui barattare una parola?»<br />

Felici arcaismi e non<br />

Uno sfondo selvoso che cupamente incastonava<br />

i verzieri.<br />

Informò.<br />

Nessuno bazzica con lui.<br />

Azzurrino e brumoso.<br />

Le apprese (anziché ’le fece apprendere’: ha<br />

valore <strong>di</strong> ’insegnare’ del tutto desueto).<br />

Di grazia.<br />

Dossi ver<strong>di</strong>.<br />

Digradavano.<br />

Cheta.<br />

Schiumoso rovescio.<br />

Murmure blando, sordo e depresso.<br />

106 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Sclamar.<br />

Impetrò (anziché ’chiese’).<br />

Compiacerla (anziché ’accontentarla’).<br />

Sciorinava la tovaglia.<br />

Dava <strong>di</strong> piglio.<br />

Biascicando (che non ha l’accezione negativache<br />

oggi s’usa attribuire: vale semplicemente<br />

parlare lentamente, balbettare).<br />

Remota (è usato nel contesto <strong>di</strong> poche ore).<br />

Sbottò.<br />

Il filo della ... fame.<br />

Lustrante.<br />

Si inerpicò.<br />

Osservò.


Analisi Tecnica. Fenoglio<br />

«Nessun altro con cui… beh, non intendo esser sgarbato con te,» <strong>di</strong>sse il Topo<br />

con indulgenza.» Tu sei nuova a tutto ciò, e naturalmente non puoi sapere. La<br />

riva è così affollata oggigiorno che molta gente emigra a frotte. Oh, no, mica è il<br />

solito trasloco, tutt’altro. Lontre, martin pescatori, stròlaghe, galline acquatiche,<br />

tutti costoro tutto il giorno e ogni giorno a pretender qualcosa da te – come se<br />

uno non avesse i suoi impicci cui badare!»<br />

«Che c’è laggiú?» volle sapere la Talpa, accennando con la zampa a uno sfondo<br />

selvoso che cupamente incastonava i verzieri su una proda del fiume.<br />

«Quello? Quello è il Bosco Selvaggio,» l’informò il Topo, conciso. «Mica ci<br />

an<strong>di</strong>amo spesso, noi del fiume.»<br />

«Non c’è… non c’è gente <strong>di</strong> fiducia, laggiú?» domandò la Talpa un tantinello<br />

nervosa.<br />

«Beh,» replicò il Topo, «fammi pensare. Gli scoiattoli, gente dabbene. E i conigli…<br />

qualcuno, ma i conigli son <strong>di</strong> varia natura. E poi c’è il Tasso, naturalmente.<br />

Abita proprio nel cuore del bosco; non vivrebbe altrove, manco lo pagassi. Caro<br />

vecchio Tasso! Nessuno bazzica con lui. E tanto meglio…»aggiunse significativamente.<br />

«Perché, chi dovrebbe bazzicare con lui?» incalzò la Talpa.<br />

«Beh, naturalmente… ci son altri,» spiegò il Topo con qualche titubanza. «Donnole…<br />

e ermellini… e volpi e così via. Gente <strong>di</strong> creanza per qualche aspetto… io<br />

son buon amico loro… quando ci s’incontra, si passa insieme la giornata, e altro<br />

ancora <strong>di</strong> simile … ma talora trascendono, non c’è motivo <strong>di</strong> negarlo, e allora …<br />

beh, non puoi fidartene del tutto, e questo è il fatto.»<br />

La Talpa sapeva che andava contro l’etichetta degli animali l’insistere su un<br />

cruccio possibile, o anche l’alludervi; così lasciò cadere l’argomento.<br />

«E oltre il Bosco Selvaggio?» domandò «Dove tutto è azzurrino e brumoso, e<br />

quel che ve<strong>di</strong> puoi scambiarlo per una collina o per qualcosa come il fumo delle<br />

città o semplicemente per culmini <strong>di</strong> nubi?»<br />

«Al Bosco Selvaggio segue il Gran Mondo,» le apprese il Topo. «Qualcosa che<br />

non conta, né per te né per me. Io non ci sono stato mai, e mai ci andrò, e neppure<br />

tu, se tieni un briciolo <strong>di</strong> senno. Di grazia, non alludervi piú. Là! Finalmente ecco<br />

il nostro stagno, dove faremo colazione.»<br />

Abbandonando la còrrente principale, passarono in quello che a prima vista<br />

pareva un laghetto incastonato dalla terra. Dossi ver<strong>di</strong> <strong>di</strong>gradavano verso le due<br />

prode, brune ra <strong>di</strong>ci serpentine balenavano sotto lo specchio dell’acqua che ta,<br />

mentre a un capo il flusso argenteo e lo schiumoso rovescio d’una cateratta, al<br />

braccio d’una ruota molare perenne mente gocciolante che a sua volta reggevasi<br />

a un mulino intonacato <strong>di</strong> grigio, empiva l’aria d’un murmure blando, sor do e<br />

depresso, ma con tante vocine che a intervalli si <strong>di</strong>stinguevano allegramente. Era<br />

così bello che la Talpa poté soltanto levar le zampe e sclamar roca, «Oh, oh!».<br />

Il Topo accostò la barca alla ripa, l’ormeggiò, aiutò a riva l’ancor goffa Talpa,<br />

e scaricò il paniere. La Talpa impetrò come una grazia il permesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sfarlo<br />

tutto da sé; e il Topo fu molto lieto <strong>di</strong> compiacerla e <strong>di</strong> stendersi quant’era lungo<br />

sull’erba a riposare, mentre la sua eccitatissima amica sciorinava la tovaglia e la<br />

stendeva, dava <strong>di</strong> piglio ai singoli involucri misteriosi e ne <strong>di</strong>sponeva il contenuto<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 107


Analisi Tecnica. Fenoglio<br />

nel debito or<strong>di</strong>ne, ancora biascicando «Oh! oh!» a ogni nuova rivelazione. Quando<br />

tutto fu apparecchiato, il Topo l’invitò: «Dacci dentro, vecchia mia!» e invero la<br />

Talpa fu lietissima d’obbe<strong>di</strong>re, ché quella mattina aveva intrapreso la ripulitura <strong>di</strong><br />

primavera prestissimo, come suole la gente, e non s’era soffermata a prendere un<br />

boccone e tanto meno un pasto; ne aveva viste un sacco da quell’ora che adesso<br />

le appariva remota <strong>di</strong> molti giorni.<br />

«Che guar<strong>di</strong>?» sbottò il Topo, quando il filo della lor fame fu alquanto smussato,<br />

e gli occhi della Talpa poterono scostarsi un poco dalla tovaglia.<br />

«Guardo» <strong>di</strong>sse la Talpa, una fila <strong>di</strong> bolle che vedo viaggiare sul pelo dell’acqua.<br />

La cosa mi par comica.»<br />

«Bolle? Oho!» commentò il Topo, e <strong>di</strong>é in un grido festoso a mo’ d’invito.<br />

Un gran muso lustrante emerse sulla proda, e la Lontra vi si inerpicò e si scosse<br />

l’acqua dal pelo.<br />

«Ingor<strong>di</strong> pezzenti!» osservò avviandosi alle provviste. «Perché non m’hai invitata,<br />

Topolino?»<br />

«È stata un’improvvisata,» si giustificò il Topo. «A proposito… l’amica mia<br />

signora Talpa.»<br />

«Lusingata, certamente,» <strong>di</strong>sse la Lontra, e le due bestie furono tosto amiche.<br />

«Che trambusto dappertutto!» continuò la Lontra. «Tutto il mondo sembra<br />

al fiume, oggi. Son venuta a questo stagno a cercarmi e godermi un momento <strong>di</strong><br />

pace, e incappo in due compari pari vostri! Almeno… chiedo scusa… mica intendevo<br />

questo, sapete.»<br />

Ci fu un frusciare alle lor spalle, da una siepe in cui le foglie dell’altr’anno ancora<br />

pendevano fitte, e un muso striato posto su due alte spalle li sogguardò.<br />

«Fatti avanti, vecchio Tasso!» gridò il Topo.<br />

Il Tasso avanzò balzelloni un passo o due; poi bofonchiò, «Hm, compagnia,»<br />

volse le’ spalle e sparve.»<br />

«Non si smentisce!» osservò il Topo deluso. «Semplicemente detesta la società.<br />

Non lo si vedrà piú, oggi. Beh, <strong>di</strong>cci: chi c’è al fiume?»<br />

Felici arcaismi e non<br />

Trambusto.<br />

Avanzò balzelloni (cfr. col precedente sobbalzando).<br />

Bofonchiò.<br />

Sandolino (barca a fondo piatto, più comune la<br />

forma ’sandalo’).<br />

Nuovo <strong>di</strong> trinca (vale: nuovo <strong>di</strong> legatura; appena<br />

legato).<br />

S’ammiccarono.<br />

Si <strong>di</strong>ede all’azzardo (tentò l’avventura).<br />

Talentare (anziché ’piaceva’).<br />

Sortì (anziché ’derivò’).<br />

Uzzolo (anziché ’capriccio’).<br />

Imprende (anziché ’comincia’).<br />

Fresca (anziché ’nuova’ sottinteso idea).<br />

108 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Adocchiare (anziché ’vedere’).<br />

Atticciata (anziché ’grassa’).<br />

Dié una voce.<br />

Gravemente (anziché ’pesantemente’).<br />

Errabonda (anziché ’vagante’).<br />

Volubilmente (anziché ’girando’).<br />

Ebbra guisa (anziché ’modo esaltato’).<br />

Sgrana (anziché ’apre’).<br />

Rigurgito d’acqua.<br />

Inclinata (anziché ’inclina, propensa’).<br />

Balenare tra l’erba.<br />

Il sole declinava (anziché ’tramontava’).<br />

Mormorandosi.<br />

Satura <strong>di</strong> cibo (anziché ’sazia’).<br />

Crollò il capo.<br />

Prese a ingelosirsi.


Analisi Tecnica. Fenoglio<br />

«Il Rospo, per citarne uno,» replicò la Lontra. «Nel suo sandolino nuovo <strong>di</strong><br />

trinca; nuovo il costume, nuovo tutto!»<br />

I due animali s’ammiccarono e risero.<br />

«Un tempo non c’era altro che la vela,» rievocò il Topo. «Poi si stufò e si <strong>di</strong>ede<br />

all’azzardo. Nulla gli talentava piú che il puntare tutto il giorno e ogni giorno, e<br />

ne sortì un bel pasticcio, L’anno scorso, l’uzzolo della casa natante, e noi tutti s’è<br />

dovuto andare a soggiornare con lui nella sua barca attrezzata a casa., a fingere<br />

<strong>di</strong> godersela un mondo. Pareva deciso a vegetare il resto <strong>di</strong> sua vita in una casa<br />

natante. Sempre così, tutto quel che imprende; se ne stufa, e te ne tira fuori una<br />

fresca.»<br />

«Buona pasta, però» notò la Lontra me<strong>di</strong>tabonda: «ma nessuna stabilità…<br />

specie in barca!»<br />

Donde sedevano potevano adocchiare la corrente principale attraverso l’isoletta<br />

che li separava; giusto allora apparì sfrecciando un sandolino, il vogatore – una<br />

figura corta e atticciata – sguazzando co’ remi malamente, e beccheggiando a tutto<br />

spiano, e, pare, remando <strong>di</strong> tutta forza. Il Topo si rizzò e <strong>di</strong>é una voce, ma il Rospo<br />

– ché era lui – crollò il capo e insisté gravemente sulla vogata.<br />

«Sarà sbalzato <strong>di</strong> barca in un minuto, se beccheggia a quel modo,» commentò<br />

il Topo, riponendosi a sedere.<br />

«Naturale,» chiocciò la Lontra. «L’ho mai contata quella buona del Rospo e<br />

del sovrintendente alle cateratte? Fu così. Il Rospo…»<br />

Un’errabonda mosca maggiolina volubilmente deviò sulla corrente nell’ebbra<br />

guisa prodotta dal caldo sangue d’una mosca maggiolina che sgrana gli occhi alla<br />

vita. Un rigurgito d’acqua e uno schiocco! e la mosca maggiolina non la si vide<br />

piú.<br />

E neanche la Lontra.<br />

La Talpa chinò gli occhi. La voce s’indugiava ancora nelle sue orecchie, ma il<br />

terreno su cui la Lontra s’era stesa era lampantemente deserto. Non una Lontra<br />

visibile fino al lontano orizzonte.<br />

Ma sul pelo dell’acqua riapparve la fila <strong>di</strong> bolle.<br />

Il Topo canticchiò un motivetto a bocca chiusa e la Talpa rammentò che l’etichetta<br />

degli animali proibiva ogni sorta <strong>di</strong> commenti sulla repentina scomparsa<br />

d’un amico in qualsiasi momento o per qualsiasi motivo.<br />

«Beh,» <strong>di</strong>sse il Topo, «credo che si debba sgomberare. Mi domando chi <strong>di</strong> noi<br />

è meglio rifaccia il paniere.» Non s’espresse come se fosse terribilmente geloso<br />

dell’operazione.<br />

«Oh, ti prego, lasciami fare,» pregò la Talpa. Così, naturalmente, il Topo<br />

l’accordò.<br />

Rifare un paniere non è lavoro piacevole quanto <strong>di</strong>sfarlo. Non l’è mai. Ma la<br />

Talpa era inclinata a godere <strong>di</strong> tutto, anche se dopo aver fatto il paniere e strettamente<br />

legatolo scorse un piatto balenare tra l’erba, e dopo una seconda fatica il<br />

Topo le ad<strong>di</strong>tò una forchetta che tutti avrebbero vista, e in ultimo, to’! il vasetto<br />

della mostarda, su cui s’era seduta senza saperlo – finché la cosa fu terminata,<br />

senza molta per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> calma.<br />

Il sole declinava, come il Topo vogava pianamente verso casa tutto assorto,<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 109


Analisi Tecnica. Fenoglio<br />

mormorandosi stralci <strong>di</strong> poesie, e non curandosi molto della Talpa. Ma la Talpa<br />

era satura <strong>di</strong> cibo, e d’intimo compiacimento, e d’orgoglio, e già <strong>di</strong> casa in una<br />

barca (così pensava) e cominciava a <strong>di</strong>menarsi: e d’un tratto sbottò, «Topolino!<br />

ti prego, voglio remare, adesso!»<br />

Il Topo crollò il capo con un sorriso. «Non ancora, mia giovane amica,» <strong>di</strong>sse,<br />

«atten<strong>di</strong> ancora qualche lezione. Mica è facile come sembra.»<br />

La Talpa si chetò per un minuto o due. Ma prese a ingelosirsi sempre più del<br />

Topo, che vogava forte e facile a un tempo, e il suo orgoglio cominciava a susurrarle<br />

che poteva fare altrettanto bene. Scattò in avanti e aggranfiò i remi, così<br />

d’un subito che il Topo, che fissava l’acqua e continuava a declamar sommesso,<br />

fu colto alla sprovvista e sbalzato dal suo se<strong>di</strong>le con le zampe al vento per la seconda<br />

volta, mentre la Talpa trionfante usurpava il suo posto e bran<strong>di</strong>va i remi<br />

con piena confidenza.<br />

«Ferma, somaro!» strillò il Topo dal fondo della barca. «Non sai fare, tu! Ci<br />

affogherai !»<br />

La Talpa raccolse i remi sventagliando, e solcò <strong>prof</strong>ondamente l’acqua. Smarrì<br />

la superficie, le piote le si levarono in testa, e si trovò a ridosso del Topo prostrato.<br />

Allarmatissima, <strong>di</strong>é <strong>di</strong> piglio alla murata, e un istante dopo – plaff! –<br />

La barca capottò, e la Talpa si trovò a <strong>di</strong>battersi nel fiume.<br />

Oh, com’era fredda l’acqua, e oh, come umida! Come rombò nelle sue orecchie,<br />

mentre colava giú, giú, giú! Come rutilante e gra<strong>di</strong>to apparve il sole, quando<br />

riemerse tossendo e sputacchiando! Come nera la sua angoscia, quando si sentì<br />

ris<strong>prof</strong>ondare! Poi una zampa robusta l’afferrò alla collottola. Era il Topo, e evidentemente<br />

rideva – la Talpa poteva sentirlo ridere, nel fremito del suo braccio<br />

e della sua zampa, e anche nel collo suo, della Talpa.<br />

Il Topo afferrò un remo e l’infilò sotto il braccio della Talpa; poi fece lo stesso<br />

con l’altro e, nuotandole a tergo, spinse a riva la bestia miserabile, la trasse e la<br />

compose sulla proda, una motosa e soda massa <strong>di</strong> miseria.<br />

Quando il Topo l’ebbe frizionata un poco e l’ebbe spremuto quel po’ po’ <strong>di</strong><br />

Felici arcaismi e non<br />

Susurrarle (con una sola s come ne I limoni <strong>di</strong><br />

Montale).<br />

Aggranfiò (prendere con violenza usando le<br />

unghie).<br />

Così d’un subito (anziché ’così velocemente’).<br />

Bran<strong>di</strong>re (è un agire minaccioso, qui nel senso<br />

<strong>di</strong> ’agitare con violenza’).<br />

Solcò l’acqua (solitamente è la prua a solcare,<br />

qui nel senso <strong>di</strong> ’tagliare’).<br />

Ci affogherai (il verbo è transitivo).<br />

Piote (anziché ’pie<strong>di</strong>’).<br />

Prostrato (anziché ’<strong>di</strong>steso’).<br />

Dié <strong>di</strong> piglio.<br />

Dibattersi (anziché ’<strong>di</strong>menarsi’).<br />

Rutilante (anziché ’lucente’).<br />

110 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Miserabile (anziché ’da commiserare’).<br />

Compose (anziché ’depose’).<br />

Canale <strong>di</strong> rimorchio (’sentiero prossimo alla<br />

riva su cui procedevano uomini, o animali che<br />

trascinava le barche’).<br />

Rasciughi.<br />

Approdare (risalire a rive’).<br />

Sconoscente (anziché ’sciocca’ e ’irriconoscente’).<br />

Trovar voce per rispondere.<br />

Sogghignavano.<br />

Inse<strong>di</strong>ò (anziché ’fece sedere’).<br />

Refezione.<br />

In gran pace e contento .<br />

Emancipata.<br />

Maturante estate.<br />

Tripu<strong>di</strong>o dell’acqua corrente.


Analisi Tecnica. Fenoglio<br />

liquido, <strong>di</strong>sse, «Sú, vecchia mia! Trotta su e giú lungo il canale <strong>di</strong> rimorchio, finché<br />

ti riscal<strong>di</strong> e ti rasciughi, mentre io mi tuffo a cercare il paniere.»<br />

Così la sventurata Talpa, fra<strong>di</strong>cia fuori e dentro vergognosa, trotterellò finché<br />

fu rasciugata, mentre il Topo si rituffava, ricuperava la barca, la <strong>di</strong>rizzava e<br />

l’ormeggiava, cercava qua e là sulla riva la sua fluttuante proprietà, e finalmente<br />

riusciva a ricuperare il paniere e si sforzava d’approdare col carico.<br />

Quando tutto fu pronto per la seconda partenza, la Talpa, clau<strong>di</strong>cante e accasciata,<br />

prese posto a poppa; e come si scostarono, esordì con voce piana e rotta<br />

dall’emozione: «Topolino, mio generoso amico! Sono dolentissima della mia<br />

sciocca e sconoscente condotta. Quasi mi si spezza il cuore alla prospettiva che<br />

avrei potuto smarrire quel bellissimo paniere. In verità, sono stata una completa<br />

somara, e lo riconosco. Vuoi chiudere un occhio su ciò e perdonarmi, e lasciare<br />

che le cose procedano come prima?»<br />

«Ma sì, che tu sia benedetta!» accon<strong>di</strong>scese il Topo in euforia. «Che è un po’<br />

d’umido per un topo d’acqua? I piú giorni ci son dentro piú che fuori! Non ci pensar<br />

piú; e, sentimi! Mi persuado che tu farai meglio a fermarti da me un po’ <strong>di</strong> tempo.<br />

Oh, una casa nuda e <strong>di</strong> dozzina, sai – mica come quella del Rospo, tutt’altro. Ma tu<br />

ancòra non l’hai vista, quella; però, posso metterti comoda. E t’insegnerò a vogare<br />

e a remare, e in breve sarai a tuo agio sull’acqua come noi tutti.»<br />

La Talpa fu così commossa dalla sua gentile eloquenza che non poté trovar voce<br />

per rispondergli; e dovette tergersi un luccicone o due col dorso della zampa. Ma<br />

il Topo <strong>di</strong>scretamente guardò altrove, e subito la Talpa si sentì rivivere e anche<br />

in grado <strong>di</strong> ricambiare l’impertinenza <strong>di</strong> due galline d’acqua che sogghignavano a<br />

quella inzaccherata apparizione.<br />

Quando rincasarono, il Topo attizzò il fuoco nel tinello e, procuratale una vestaglia<br />

e pantofole, inse<strong>di</strong>ò la Talpa in una poltrona <strong>di</strong> fronte al caminetto, e fino<br />

all’ora <strong>di</strong> cena le narrò storie del fiume. Storie da far trasalire un animale terrestre<br />

come la Talpa. Storie <strong>di</strong> cateratte, e <strong>di</strong> piene improvvise, e <strong>di</strong> lucci all’agguato, e<br />

<strong>di</strong> navigli che abbandonavano bottiglie con messaggi, e <strong>di</strong> aironi e <strong>di</strong> com’erano<br />

<strong>di</strong>sdegnosi coi loro interlocutori; e avventure nei canali, e della pesca notturna con<br />

la Lontra, o <strong>di</strong> escursioni lontano pei campi col Tasso. La cena risultò una refezione<br />

particolarmente festosa; ma poco dopo una Talpa terribilmente sonnacchiosa<br />

dovette venir scortata al piano superiore dal suo ospite accorto, alla miglior stanza<br />

da letto, dove tosto affondò il capo nel guanciale in gran pace e contento, sapendo<br />

che il suo nuovo amico il Fiume lambiva il davanzale della sua finestra.<br />

Questo giorno fu solo il primo <strong>di</strong> molti simili per la Talpa emancipata, ognuno<br />

piú lungo e pieno d’interesse come la maturante estate s’avanzava. Imparò a<br />

nuotare e a vogare, e penetrò nel tripu<strong>di</strong>o dell’acqua corrente; e con l’orecchio ai<br />

canneti colse, a intervalli, qualcosa <strong>di</strong> quello che il vento susurrava tra loro con<br />

tanta costanza.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 111


112 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

EUGENIO MONTALE<br />

OSSI DI SEPPIA<br />

MERIGGIARE<br />

Meriggiare pallido e assorto<br />

presso un rovente muro d’orto,<br />

ascoltare tra i pruni e gli sterpi<br />

schiocchi <strong>di</strong> merli, frusci <strong>di</strong> serpi.<br />

Nelle crepe del suolo o su la veccia 5<br />

spiar le file <strong>di</strong> rosse formiche<br />

ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano<br />

a sommo <strong>di</strong> minuscole biche.<br />

Osservare tra fron<strong>di</strong> il palpitare<br />

lontano <strong>di</strong> scaglie <strong>di</strong> mare 10<br />

mentre si levano tremuli scricchi<br />

<strong>di</strong> cicale dai calvi picchi.<br />

La metrica e la sintassi<br />

<strong>di</strong> Meriggiare<br />

La lirica è composta da quattro strofe, tre delle<br />

quali <strong>di</strong> quattro versi, l’ultima <strong>di</strong> cinque. La prima<br />

e la terza strofa presentano rime baciate; la<br />

seconda e la quarta alternate: nella quarta il<br />

terzo verso (comunque in assonanza con gli<br />

altri) <strong>di</strong>vide con una terza rima le coppie <strong>di</strong> rime<br />

alternate. I versi sono <strong>di</strong> varia lunghezza: 9­9­<br />

11­10 / 11­11­11­10 / 11­9­11­9 / 9­10­11­11­<br />

11. Il periodo sintattico corrisponde alla strofa.<br />

La prima strofa è composta da due principali<br />

(meriggiare e ascoltare) coor<strong>di</strong>nate per asindeto:<br />

anche se la presenza dei due qualificativi<br />

pallido e assorto suggerisce che meriggiare è<br />

un infinito sostantivato e, dunque, a rigore <strong>di</strong><br />

principali non ve ne sarebbe che una, ascoltare<br />

che ha più chiara funzione verbale. Contro<br />

quest’interpretazione sta la coor<strong>di</strong>nazione: resta<br />

certa frizione tra il primo ed il secondo infinito;<br />

ma dalla poesia non si deve richiedere chiarezza<br />

nei nessi sintattici. Più semplici le altre strofe.<br />

La seconda è composta da una principale, che<br />

occupa i primi due versi, e da una subor<strong>di</strong>nata<br />

relativa che ha una coor<strong>di</strong>nata. La terza strofa<br />

è egualmente composta da una principale, che<br />

occupa anche qui i primi due versi, e da una<br />

temporale. La quarta strofa è più articolata:<br />

la principale regge un’oggettiva che a sua<br />

volta regge una relativa; per <strong>di</strong> più legata alla<br />

principale una temporale implicita (andando)<br />

e nell’oggettiva un verbo sostantivato. Sostantivati<br />

o verbali gli infiniti conferiscono alla lirica<br />

una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> uniforme continuità, <strong>di</strong> una<br />

con<strong>di</strong>zione immutabile nel tempo e generalizzato<br />

per via dell’assenza (evidente nella regola<br />

morfologica) del soggetto. Di qui la connotazione<br />

metafisica <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione dell’esistenza<br />

concreta ma senza parametri razionalizzabili <strong>di</strong><br />

riferimento.<br />

Il lessico<br />

Meriggiare: il verbo, non ostante l’attenzione<br />

de<strong>di</strong>catagli da G. Ioli, G. Gavazzeni, P.V. Mengaldo,<br />

conserva qualche ambiguità. La storia<br />

del termine è si trova con qualche facilità in Gdli<br />

che dà come significato principale: «Trascorrere<br />

in piacevole ozio le ore più calde della giornata,<br />

per lo più in luogo aperto e ameno, rinfrescato<br />

da ombre e da acque», e nelle attestazioni,<br />

che partono dall’Esopo volgarizzato, riporta<br />

l’occorrenza montaliana. In tal caso gli aggettivi<br />

pallido e assorto sono connotazioni del<br />

soggetto logico, un «io» generico seppur non


Analisi Tecnica. Montale<br />

E andando nel sole che abbaglia<br />

sentire con triste meraviglia<br />

com’è tutta la vita e il suo travaglio 15<br />

in questo seguitare una muraglia<br />

che ha in cima cocci aguzzi <strong>di</strong> bottiglia.<br />

quello del poeta, come nel caso degli altri infiniti<br />

acronici, sì, ma non assolutamente impersonali:<br />

io, pallido e assorto, trascorro le ore del meriggio<br />

presso un muro. Naturalmente cadono<br />

alcuni elementi caratterizzanti il significato del<br />

vb: la piacevolezza e l’ombra (ma <strong>di</strong>vengono<br />

insostenibili anche le proposte <strong>di</strong> derivazione<br />

da Giovanni Boine e da Arrigo Boito). Concessa<br />

l’accezione non ombreggiaggiata e non<br />

riposata resta problematica l’interpretazione <strong>di</strong><br />

pallido: sarebbe una connotazione fisica personalistica<br />

pressoché unica nella lirica montaliana.<br />

L’altra occorrenza suggerita da Mengaldo e dal<br />

Gdli si trova in G. Gozzano, L’ipotesi, v.62: «La<br />

sala da pranzo che sogna nel meriggiare sonnolento»<br />

dove il vb ha valore intrans. ed impers.,<br />

del tipo ’albeggiare’, ’annottare’; avremmo: è<br />

un mezzodì pallido (come in Vento e ban<strong>di</strong>ere:<br />

cielo p.; e in Barche sulla Marna: plenilunio<br />

p.) e assorto Il meriggio sarà sonnolento in<br />

Spesso il male <strong>di</strong> vivere ed in Gozzano, non<br />

NON ChIEDERCI LA PAROLA<br />

assorto, (assorti saranno più spesso esseri<br />

umani) però; e tuttavia si potrebbe pensare ad<br />

un uso traslato dell’agg. Il v 2 tuttavia contiene<br />

un’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> luogo che localizzerebbe il vb<br />

impers. Occorrerà probabilmente optare per<br />

un’accezione equivoca dei versi, più che delle<br />

singole parole: trovarsi in un mezzodì pallido e<br />

assorto, Presso un rovente muro d’orto.<br />

Pruni: arbusti spinosi.<br />

Sterpi ... serpi: cfr. Inf. xiii, 37-39.<br />

Veccia: pianta delle leguminose.<br />

Formiche ... biche: cfr. Inf. xxix, 62-9.<br />

Biche: piccoli mucchi <strong>di</strong> terra che si formano<br />

durante la costruzione dei formicai, che hanno,<br />

perciò, l’ingresso proprio in cima.<br />

Scaglie <strong>di</strong> mare: il riflesso solare delle onde.<br />

Scricchi: il frinire della cicale è avvertito come<br />

scricchiolìo.<br />

Scricchi ... picchi: cfr. Inf. xxxii, 29-30.<br />

Calvi picchi: cime <strong>di</strong> alture senza vegetazione.<br />

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato<br />

l’animo nostro informe, e a lettere <strong>di</strong> fuoco<br />

lo <strong>di</strong>chiari e risplenda come un croco<br />

perduto in mezzo a un polveroso prato.<br />

Sullo sfondo delle tragiche vicende politiche si matura in Italia la prima vera e propria poesia<br />

decadente che fa perno sui valori formali della scrittura. La parola <strong>di</strong>venta esperienza psicologica<br />

ed estetica totalizzante tanto nella <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> un cor<strong>di</strong>ale colloquio con sé e con il<br />

mondo come in Saba, tanto in quella più astratta <strong>di</strong> Ungaretti e <strong>di</strong> Montale. In loro la parola<br />

esaurisce l’intera realtà, si fa realtà: essi non vivono nel contesto storico, sì nella poesia dove<br />

La metrica e la sintassi<br />

<strong>di</strong> Non chiederci la parola<br />

La 1ª strofa, una quartina con rima ABBA (i vv 3<br />

e 4 sono endecasillabi) è costituita da un unico<br />

periodo <strong>di</strong> tre fr <strong>di</strong> cui le ultime due coor<strong>di</strong>nate.<br />

Il ritmo è rallentato da due enjambement dei<br />

vv 1­2 (che spezza la relativa in due settenari) e<br />

2­3; qui, nel v 3 il passaggio da transitivo <strong>di</strong>chiari<br />

all’intrans risplenda muta – altro rallentamento<br />

– il valore della e da copulativo a consecutivo.<br />

Mentre il verso 4 che contiene l’attributo <strong>di</strong><br />

croco, attributo che un part pass che regge in<br />

quanto agg verbale il compl <strong>di</strong> luogo, ha compattezza<br />

sintattica e d’immagine che enfatizza la<br />

desolante solitu<strong>di</strong>ne del croco­poeta nel pratorealtà<br />

storica. La reggente ha il vb all’imp 2ª pers<br />

secondo una modalità frequente in M. che ora<br />

si rivolge al lettore in questo modo colloquiale,<br />

ora si rivolge ad una donna.<br />

La 2ª strofa ha una struttura sintattica assai<br />

simile alla 1ª str: una reggente una relativa ed<br />

una coor<strong>di</strong>nata alla relativa; ma presenta <strong>di</strong>ffe­<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 113


Analisi Tecnica. Montale<br />

114 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Ah l’uomo che se ne va sicuro, 5<br />

agli altri ed a se stesso amico,<br />

e l’ombra sua non cura che la canicola<br />

stampa sopra uno scalcinato muro !<br />

Non domandarci la formula che mon<strong>di</strong> possa aprirti,<br />

sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. 10<br />

Codesto solo oggi possiamo <strong>di</strong>rti,<br />

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.<br />

gli echi della vita possono giungere solo filtrati dalla soggettività del poeta e trasformati in<br />

parole. Vero è che generalmente maturano una nozione dolorosa dell’esistenza che sentono<br />

comune all’umanità e che può essere intesa come esito del contesto storico (la iª guerra, il<br />

Fascismo e così via); altrettanto generalmente i così detti ’poeti nuovi’ avvertono incolmabile<br />

la <strong>di</strong>stanza dal pubblico vasto e cercano i lettori tra quanti per somiglianza <strong>di</strong> cultura e <strong>di</strong><br />

intenzioni li intendono.<br />

renze vuoi in fatto <strong>di</strong> rima (solo i vv 5 e 8 sono<br />

rimati, CDEC); vuoi <strong>di</strong> costruzione metrica: un<br />

solo enjambement (vv 7­8) in una relativa che<br />

comincia però dopo un settenario, sì che non<br />

ostante l’anastrofe dell’oggetto, il verso scorre<br />

naturale sino al vb non cura e l’enjambement<br />

sembra enfatizzazione del sgg della relativa;<br />

vuoi <strong>di</strong> costruzione sintattica: la reggente è<br />

un’esclamativa senza vb.<br />

Il 1º verso della 3ª str è identico, sintatticamente<br />

e metricamente, al 1º v della 1ª str. Anche in<br />

questa i quattro vv sono rimati FGFG. Mancano,<br />

invece, gli enjambement: così è che reggente<br />

e relativa sono contenute completamente nel<br />

1º verso, l’avversativa completamente nel 2º.<br />

Col 3º v si apre il 2º pd della str, che mette in<br />

posizione enfatica il <strong>di</strong>mostrativo con funzione<br />

cataforica della principale che a sua volta fa<br />

da anticipata sottolineatura del v 12, alle due<br />

<strong>di</strong>chiarative rimate, siamo-vogliamo, in cui i<br />

corsivi dei non assumno la perentorietà <strong>di</strong> una<br />

<strong>di</strong>chiarazione definitiva.<br />

Il lessico<br />

Squadri da ogni lato: traduca in termini precisi<br />

e razionali tutti gli aspetti.<br />

Animo ... informe: l’animo che non ha certezze<br />

cui confrontare sé stesso e da cui trarre la<br />

definizione <strong>di</strong> sé.<br />

A lettere <strong>di</strong> fuoco lo <strong>di</strong>chiari: lo espliciti rischiarandolo<br />

ed illuminandolo sì che risplenda...<br />

Croco: pianta bulbosa dal fiore a calice <strong>di</strong> un<br />

colore giallo (semplicemente colore è il croco <strong>di</strong><br />

margherita della variante: cfr. Contini­Bettarini),<br />

tanto che con il suo nome si identifica una specifica<br />

sfumatura <strong>di</strong> giallo, luminosissima (della<br />

pianta, spontanea nelle regioni me<strong>di</strong>tarranee,<br />

esiste una varietà viola, alla quale non è plau­<br />

sibile M. faccia riferimento). Naturalmente non<br />

è questione <strong>di</strong> botanica: un fiore <strong>di</strong> un bel giallo<br />

solare è perfettamente in<strong>di</strong>viduabile nel prato<br />

polveroso del mondo moderno, tanto da poter<br />

costituire un punto <strong>di</strong> riferimento. M. <strong>di</strong>ce che<br />

non gli è possibile...<br />

Ah l’uomo...: si tratta <strong>di</strong> un’esclamativa tra<br />

ammirazione ed in<strong>di</strong>via per chi ha raggiunto<br />

quello sta<strong>di</strong>o d’in<strong>di</strong>fferenza verso sé e verso il<br />

suo operato, <strong>di</strong> cui parlerà in Spesso il male <strong>di</strong><br />

vivere (così anche T. Arvigo). Non si vede perché<br />

l’ombra dovrebbe simboleggiare il mistero<br />

dal momento che è sua e che viene stamapata<br />

dalla canicola. Lo scalcinato muro è corrispettivo<br />

al polveroso prato, tal che l’interpretazione<br />

delle quartine è, in breve: io, poeta, non so né<br />

posso pormi in vista in un mondo dove tutto<br />

è confuso (prato polveroso è un ossimoro):<br />

beato chi non si fa domande sulla sua esistenza<br />

in quest’epoca rovinosa (scalcinato muro).<br />

Storta sillaba: è l’impossibilità <strong>di</strong> formulare un<br />

<strong>di</strong>scorso che potesse dare un quale che fosse<br />

messaggio come faceva G. D’Annunzio. Ma è<br />

anche l’impossibilità <strong>di</strong> fare della parola il mezzo<br />

per il riscatto del poeta per la consolazione<br />

dell’umanità come faceva G. Ungaretti; La<br />

parola <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone il poeta è storta e secca:<br />

non è alimentata né è capace più d’alimentare<br />

valori o illusioni o ...<br />

Non siamo... non vogliamo: dunque la poesia<br />

non può dare dei valori positivi: essa è per M.<br />

espressione <strong>di</strong> una angosciosa con<strong>di</strong>zione<br />

esistenziale, nella quale l’uomo non ha punti <strong>di</strong><br />

riferimento, dalla quale non esiste via <strong>di</strong> fuga:<br />

solo talvolta e per qualche effimero momento<br />

si realizza il miracolo dell’illusorio <strong>di</strong>svelamento<br />

della verità.


I LIMONI<br />

Analisi Tecnica. Montale<br />

Ascoltami, i poeti laureati<br />

si muovono soltanto fra le piante<br />

dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.<br />

Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi<br />

fossi dove in pozzanghere 5<br />

mezzo seccate agguantano i ragazzi<br />

qualche sparuta anguilla:<br />

le viuzze che seguono i ciglioni,<br />

<strong>di</strong>scendono tra i ciuffi delle canne<br />

e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni. 10<br />

La metrica e la sintassi<br />

de I limoni<br />

Il primo periodo si compone <strong>di</strong> due frasi: entrambe<br />

principali: la prima ha il vb all’imperativo<br />

(ascoltami) ed introduce un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto. La<br />

seconda frase (si muovono), benché <strong>di</strong>visa dalla<br />

virgola (più elementarmente avremmo trovato :<br />

« ... »), è l’avvio del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto che occupa<br />

l’intera lirica. Il periodo si chiude con una frase<br />

nominale.<br />

I vv 4­7 contengono tre frasi (la reggente,<br />

amo, una relativa, riescono, una locativa, agguantano).<br />

Tutte e tre le frasi sono in <strong>di</strong>verso<br />

modo ’spezzate’: la prima dall’inciso per me,<br />

le altre dall’enjambement della versificazione.<br />

Per <strong>di</strong> più l’ultima presenta l’anastrofe vb­sg.<br />

La prima strofa ha, dunque, 10 vv <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />

lunghezza, dei quali l’8 e il 10 rimati; i vv 2 e 3<br />

sono assonanti piANTe-acANTi; ma l’assonanza<br />

è variamente <strong>di</strong>ffusa: poZZanghere, meZZo,<br />

ragaZZi, viuZZe, e boSSi, foSSi. La seconda<br />

strofa ha due perio<strong>di</strong>: meglio ... inquieta; qui ...<br />

limoni. La prima frase del 1º pd è un’ipotetica<br />

<strong>di</strong> 1º tipo con l’apodosi ellittica. La 2ª fr è una<br />

<strong>di</strong>chiarativa con il vb impersonale che due<br />

oggetti (susurro e sensi). Più improbabile il si<br />

passivante, concordato a senso. Dalla <strong>di</strong>chiarativa<br />

<strong>di</strong>pendono le due relative (muove e sa)<br />

riferite rispettivamente ad aria e ad odore. Naturalmente<br />

<strong>di</strong>chiarativa sarà la 3ª fr coor<strong>di</strong>nata<br />

con la e alla precedente: anche questa presenta<br />

il vb impers. piove parallelo a si ascolta. Il 2º pd è<br />

<strong>di</strong> 3 fr coor<strong>di</strong>nate, ma <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso valore: le prime<br />

due con l’anafora del qui; la 3ª introdotta dalla<br />

ed con chiaro valore esplicativo. D’interesse è<br />

la forte anastrofe del compl. <strong>di</strong> spec. al v 18­19;<br />

e le due, meno forti dei vv 20 e 21. Anche in<br />

questa strofa i vv sono <strong>di</strong> varia lunghezza, qua<br />

e là legati da rime, come i vv 12 e 13; 16 e 19;<br />

18 e 21. Di rilievo ancora le assonanze come<br />

gaZZaRRe e aZZuRRo, che riprendono quella<br />

della strofa precedente ed introducono alla rima<br />

<strong>di</strong> gueRRa e teRRa. Un solo enjambement (ai<br />

vv 13­14) interrompre la lineare scorrevolezza<br />

della strofa che, dunque, riflette nella struttura<br />

sintattico­metrica il <strong>di</strong>ffondersi della dolcezza<br />

inquieta. La densità concettuale si riflette nella<br />

più complessa costruzione sintattica della 3ª<br />

strofa, <strong>di</strong> tutte la più lunga: non a caso si apre<br />

con l’esortazione dell’imperativo ve<strong>di</strong> con quale<br />

riba<strong>di</strong>sce, per inciso, il registro colloquiale della<br />

composizione. La relativa del 1º pd, che s’interpone<br />

tra il compl. <strong>di</strong> tempo ed il vb, esprime<br />

la nozione dell’eccezionalità dell’evento nel<br />

quale la realtà allenta il suo asse<strong>di</strong>o all’uomo: in<br />

altri termini la posizione anticipata della relativa<br />

sottolinea la rilevanza che quell’evento ha nel<br />

suo <strong>di</strong>scorso. Bilancia quest’anticipazione l’assenza<br />

d’ogni enjambement nel 1º periodo (con<br />

la corrispettiva coincidenza dei concetti con il<br />

verso. Si vedano i vv 26 e 27 che contengono<br />

un’enumerazione sinonimica, che si colloca<br />

<strong>di</strong>stesamente. I vv 28 e 29, invece presentano<br />

un enjambement fortemente emotivo <strong>di</strong> cui il<br />

2º v. è un novenario tronco, verità (uno dei<br />

due – l’altro è il v 46 – della lirica, entrambi con<br />

lo stesso valore; v. 36 è un endecasillabo),<br />

il cui ritmo ed accento enfatizzano funzione<br />

e significato dopo il rallentamento imposto<br />

dall’enjambement. Il 2º pd occupa i vv 30­<br />

33: sono versi piani, il <strong>di</strong>scorso si fa <strong>di</strong>steso:<br />

la, meglio le reggenti formano un grappolo <strong>di</strong><br />

quattro verbi coor<strong>di</strong>nati per asindeto con due sg,<br />

ma non è accumulazione sinonimica, semmai<br />

è una successione <strong>di</strong> atti, prima dello sguardo,<br />

poi della mente, la cui connotazione <strong>di</strong> sospensione<br />

è affidata alla rima (<strong>di</strong>sunisce, languisce,<br />

ma anche indaga, <strong>di</strong>laga), e, nei vv successivi,<br />

dall’assonanza <strong>di</strong> ombrA umAnA AllontAnA: una<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 115


Analisi Tecnica. Montale<br />

116 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Meglio se le gazzarre degli uccelli<br />

si spengono inghiottite dall’azzurro:<br />

più chiaro si ascolta il susurro<br />

dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,<br />

e i sensi <strong>di</strong> quest’odore 15<br />

che non sa staccarsi da terra<br />

e piove in petto una dolcezza inquieta.<br />

Qui delle <strong>di</strong>vertite passioni<br />

per miracolo tace la guerra,<br />

qui tocca anche a noi poveri la nostra parte <strong>di</strong> ricchezza<br />

ed è l’odore dei limoni.<br />

Ve<strong>di</strong>, in questi silenzi in cui le cose<br />

sorta <strong>di</strong> eco nel vuoto. L’ultimo periodo della<br />

strofa stabilisce un forte legame logico anaforizzando<br />

lo stilema silenzi in cui, che prelude allo<br />

spostamento dell’attenzione dal mondo della<br />

natura a quello umano a quello mitico, epperciò,<br />

metaforicamente e concettualmente, lontano<br />

delle Divinità. Anche in questo caso è <strong>di</strong> grande<br />

pregnanza la pausa richiesta dal troncamento<br />

del verso raddoppiata dalla fine della strofa e<br />

dal passaggio ad una nuova. Pausa lunga, perciò,<br />

premessa necessaria all’avversativa con cui<br />

si apre l’ultima strofa. Il cui 1º pd procede con<br />

una sintassi fratta: il v 37 contiene infatti due fr.<br />

coor<strong>di</strong>nate la seconda delle quali, anastrofica<br />

vb­sg, è anche spezzata da enjambement con<br />

cui prosegue al verso successivo. Altro enjambement<br />

ai vv 38­39 seguito da due locuzioni<br />

locative scan<strong>di</strong>te nettamente dalle virgole. La<br />

medesima sintassi fratta, atte<strong>di</strong>ata <strong>di</strong>remmo,<br />

nel 2º pd. dove ha grande forza l’anastrofe<br />

vb­sg fratta dall’enjambement dei vv 40­41.<br />

Sino alla pausa, con valore conclusivo, del v 42<br />

tra avara e amara che allunga i tempi della rima<br />

e giungendo ad una <strong>di</strong>mensione senza tempo.<br />

La congiunzione temporale quando, rafforzata<br />

dalla locuzione un giorno, riapre il <strong>di</strong>scorso<br />

opponendo, avversativa all’avversativa, luogo<br />

a luogo (città rumorose/corte – silenziosa ?),<br />

colore a colore (azzurro ... a pezzi/gialli – plurale!).<br />

E viene opposta con<strong>di</strong>zione a con<strong>di</strong>zione<br />

esistenziale (te<strong>di</strong>o/gelo del cuore si sfa): del v.<br />

46 e del suo parallelismo metrico­concettuale<br />

con v 29, s’è detto. Gli ultimi tre versi presentano<br />

la ’lunga’ anastrofe del vb­ogg­sg che pone la<br />

parola tronca in fine <strong>di</strong> lirica, in posizione cioè<br />

<strong>di</strong> assoluta evidenza. Le fr <strong>di</strong> questo ultimo pd<br />

sono legate non solo dalla coor<strong>di</strong>nazione, ma<br />

anche dalle rime (interne e non: limoni-canzoni;<br />

mostrano-scrosciano) e dalle assonanze<br />

(pORTone- cORTe-mOsTRano-sCROsciano-<br />

TROmbe): dunque il pd procede per aggiunzioni<br />

compatte <strong>di</strong> concetti. Un’ultima nota può<br />

essere de<strong>di</strong>cata ai locativi: nella lirica infatti sono<br />

presenti 19 compl; 3 fr. locative; 2 avv. Del pari<br />

avremo 15 vb <strong>di</strong> movimento cui bisognerebbe<br />

aggiungere amo in opposizione a si muovono:<br />

dal che può dedursi qualche conclusione sulla<br />

<strong>di</strong>namica tra realtà esterna e mondo interiore<br />

nella poesia <strong>di</strong> M.<br />

Lessico<br />

Laureati: coronati dell’alloro della gloria.<br />

Bossi: arbusto utilizzato lungo i viali dei giar<strong>di</strong>ni.<br />

Ligustri: alberello utilizzato per formare siepi.<br />

Acanti: pianta erbacea dalle foglie larghe e<br />

fesse. Sono rappresentate nei capitelli corinzi.<br />

I poeti laureati ... acanti: le piante nominate, oggetti<br />

concreti della natura, rappresentano (sono<br />

il correlativo oggettivo de) la poesia aulica; ma<br />

tutta la lirica è fondata sulla medesima tecnica.<br />

Ma ve<strong>di</strong> quanto si <strong>di</strong>ce più giù.<br />

Sparuta anguilla: magra anguilla.<br />

Ciglioni: orli dei fossi o delle terrazze tipiche del<br />

paesaggio ligure.<br />

Gazzarre: baccani.<br />

Sensi: le sensazioni suscitate dall’odore.<br />

E piove: è frase coor<strong>di</strong>nata alla relativa che non<br />

sa, il vb è usato transitivamente.<br />

Divertite passioni: passioni ora allontanate (altro<br />

latinismo).<br />

Meglio se le gazzarre ... Odore dei limoni: meglio<br />

se il frastuono della realtà che circonda l’uomo<br />

tace: allora infatti è possibile cogliere i segni<br />

più segreti dell’esistenza, il susurro (scritto alla<br />

latina) dei rami, quest’odore, ecc. Può essere<br />

utile riflettere sul ruolo degli ’oggetti’ nella lirica<br />

montaliana: quando si <strong>di</strong>ce che essi sono il


Analisi Tecnica. Montale<br />

s’abbandonano e sembrano vicine<br />

a tra<strong>di</strong>re il loro ultimo segreto,<br />

talora ci si aspetta 25<br />

<strong>di</strong> scoprire uno sbaglio <strong>di</strong> Natura,<br />

il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,<br />

il filo da <strong>di</strong>sbrogliare che finalmente ci metta<br />

nel mezzo <strong>di</strong> una verità.<br />

Lo sguardo fruga d’intorno, 30<br />

la mente indaga accorda <strong>di</strong>sunisce<br />

nel <strong>prof</strong>umo che <strong>di</strong>laga<br />

quando il giorno più languisce.<br />

Sono i silenzi in cui si vede<br />

in ogni ombra umana che si allontana 35<br />

qualche <strong>di</strong>sturbata Divinità.<br />

Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo<br />

nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra<br />

soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.<br />

La pioggia stanca la terra, <strong>di</strong> poi; s’affolta 40<br />

il te<strong>di</strong>o dell’inverno sulle case,<br />

la luce si fa avara – amara l’anima.<br />

Quando un giorno da un malchiuso portone<br />

tra gli alberi <strong>di</strong> una corte<br />

ci si mostrano i gialli dei limoni; 45<br />

e il gelo del cuore si sfa,<br />

e in petto ci scrosciano<br />

le loro canzoni<br />

le trombe d’oro della solarità.<br />

correlativo <strong>di</strong> concetti astratti, non si vuol <strong>di</strong>re<br />

che essi perdano <strong>di</strong> realtà e concretezza, al<br />

contrario essi sono l’incarnarsi dei concetti<br />

in tangibile e durissima realtà: la pioggia, le<br />

cimase, il te<strong>di</strong>o dell’inverno, sono gli oggetti<br />

che costituiscono realmente il te<strong>di</strong>o del vivere,<br />

e sono metafora (verrebbe da <strong>di</strong>re esempio) del<br />

te<strong>di</strong>o dell’esistenza. Naturalmente per la poesia<br />

in genere e per quella <strong>di</strong> M. in particolare, non<br />

è possibile fissare leggi, tutt’al più in<strong>di</strong>cazioni<br />

<strong>di</strong> massima: così i limoni del v. 10 hanno un<br />

più evidente valore simbolico quelli del v. 21<br />

ne hanno uno più realistico.<br />

Anello: l’anello della catena della vita che ci<br />

avviluppa.<br />

Il filo da <strong>di</strong>sbrogliare: è uno dei temi più ricorrenti<br />

della lirica <strong>di</strong> M.: altrove sarà il varco, o la maglia<br />

rotta nella rete che permetta il superamento<br />

della muraglia e la conquista della libertà dal<br />

te<strong>di</strong>o e della verità del reale.<br />

Ma l’illusione: l’illusione viene subito meno<br />

assai presto ed il tempo ci riporta nelle città<br />

rumorose, alla vita quoti<strong>di</strong>ana densa del te<strong>di</strong>o<br />

dell’esistenza.<br />

Cimase: elementi ornamentali delle parti più<br />

alte degli e<strong>di</strong>fici.<br />

Affolta: il te<strong>di</strong>o dell’inverno si addensa sulle case.<br />

Corte: cortile.<br />

La luce si fa avara: d’inverno il giorno dura meno<br />

ed è spesso nuvolo.<br />

Ci scrosciano ... della solarità: trombe d’oro<br />

sono il soggetto; canzoni l’oggetto del vb usato<br />

transitivamente . Il giallo dei limoni echeggia<br />

nell’anima <strong>di</strong> chi li veda all’improvviso nei cortili,<br />

come il suono delle trombe, la cui gaia felicitante<br />

esuberanza, è simile a quella trasmessa da<br />

una giornata solare; sì che come il sole allontana<br />

il te<strong>di</strong>o della pioggia, quel giallo allontana<br />

il te<strong>di</strong>o della vita.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 117


Analisi Tecnica. Montale<br />

118 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

FALSETTO<br />

Esterina, i vent’anni ti minacciano,<br />

grigiorosea nube<br />

che a poco a poco in sé ti chiude.<br />

Ciò inten<strong>di</strong> e non paventi.<br />

Sommersa ti vedremo 5<br />

nella fumea che il vento<br />

lacera o addensa, violento.<br />

Poi dal fiotto <strong>di</strong> cenere uscirai<br />

adusta più che mai,<br />

proteso a un’avventura più lontana 10<br />

l’intento viso che assembra<br />

l’arciera Diana.<br />

Salgono i venti autunni,<br />

t’avviluppano andate primavere;<br />

ecco per te rintocca 15<br />

un presagio nell’elisie sfere.<br />

Un suono non ti renda<br />

qual d’incrinata brocca<br />

percossa !; io prego sia<br />

per te concerto ineffabile 20<br />

<strong>di</strong> sonagliere.<br />

La dubbia <strong>di</strong>mane non t’impaura.<br />

Leggiadra ti <strong>di</strong>sten<strong>di</strong><br />

sullo scoglio lucente <strong>di</strong> sale<br />

e al sole bruci le membra. 25<br />

Ricor<strong>di</strong> la lucertola<br />

ferma sul masso brullo;<br />

te insi<strong>di</strong>a giovinezza,<br />

quella il lacciolo d’erba del fanciullo.<br />

L’acqua è la forza che ti tempra, 30<br />

nell’acqua ti ritrovi e ti rinnovi:<br />

noi ti pensiamo come un’alga, un ciottolo,<br />

come un’equorea creatura<br />

che la salse<strong>di</strong>ne non intacca<br />

ma torna al lito più pura. 35<br />

Hai ben ragione tu ! Non turbare<br />

<strong>di</strong> ubbie il sorridente presente.<br />

La tua gaiezza impegna già il futuro<br />

ed un crollar <strong>di</strong> spalle<br />

<strong>di</strong>rocca i fortilizî 40


Analisi Tecnica. Montale<br />

del tuo domani oscuro.<br />

T’alzi e t’avanzi sul ponticello<br />

esiguo, sopra il gorgo che stride:<br />

il tuo <strong>prof</strong>ilo s’incide<br />

contro uno sfondo <strong>di</strong> perla. 45<br />

Esiti a sommo del tremulo asse,<br />

poi ri<strong>di</strong>, e come spiccata da un vento<br />

t’abbatti fra le braccia<br />

del tuo <strong>di</strong>vino amico che t’afferra.<br />

Ti guar<strong>di</strong>amo noi, della razza 50<br />

<strong>di</strong> chi rimane a terra.<br />

Il lessico<br />

<strong>di</strong> Falsetto<br />

Grigiorosea nube: i venti anni sono paragonati<br />

ad una nuvole in parte grigia in parte rosa (ancora<br />

colori simbolici).<br />

Ciò inten<strong>di</strong> ... violento: Esterina è cosciente <strong>di</strong><br />

ciò che le riserva il futuro, ma non ne è spaventata:<br />

ella dunque si appresta ad affrontare<br />

un’esistenza (fumea), che la vita ora lacera ora<br />

addensa, sempre in modo violento.<br />

Poi dal fiotto... Diana: il fiotto <strong>di</strong> cenere deriva<br />

dalla fumea: la vita, dunque colpirà Esterina,<br />

che ne sarà adusta, bruciata, ciò non ostante<br />

ella manterrà la fiducia nel futuro, e quin<strong>di</strong> si<br />

volgerà ad una nuova avventura con la fermezza<br />

<strong>di</strong> intenti (l’intento viso: è costruzione<br />

alla greca, tenendo il viso intento) che si vede<br />

espressa nel volto della dea della caccia Diana.<br />

Probabilmente agisce in M. la memoria sonora<br />

soprattutto, ma non solo, dei vv 9­12 del sonetto<br />

cviii <strong>di</strong> W. Shakespeare: « ... eternal love...<br />

Weighs not the durst and injury of age Nor<br />

gives to necessary wrinkles place, But makes<br />

antiquity for aye his page ».<br />

Autunni: autunnali.<br />

Andate primavere: gli anni trascorsi ti avvolgono.<br />

Un presagio... percossa!: nelle sfere celesti<br />

già risuonano i segni del tuo futuro. Ti auguro<br />

che quel rintocco non sia come il suono che<br />

produce una brocca incrinata quando viene<br />

percossa.<br />

Concerto... <strong>di</strong> sonagliere: è il corrispettivo delle<br />

trombe d’oro de I limoni.<br />

Leggiadra... membra: ancora una adustione<br />

questa volta volontaria, in antitesi a quella<br />

dovuta alla vita: ora la leggiadria fisica si serve<br />

del sole per bruciarsi, domani l’incen<strong>di</strong>o della<br />

vita non intaccherà la forza (<strong>di</strong>vina come Diana)<br />

della fanciulla fattasi donna.<br />

Te insi<strong>di</strong>a...: la giovinezza insi<strong>di</strong>a te; il laccio<br />

(fatto con un filo d’erba) del fanciullo minaccia<br />

quella lucertola.<br />

Equorea creatura: M. è andato appuntando<br />

i segni della <strong>di</strong>vinità della fanciulla, che ha<br />

capacità <strong>di</strong> riemergere dall cenere, protesa<br />

come la dea Diana; nelle elisie sfere risuona<br />

un presagio per lei.<br />

hai ben ragione tu!: ai propri pensieri timorosi<br />

del futuro, il poeta oppone adesso l’atteggiamento<br />

impavido <strong>di</strong> Esterina e ne riconosce la<br />

(<strong>di</strong>vina, miracolosa) veri<strong>di</strong>cità.<br />

Ubbie: timori vani.<br />

Ponticello ... del tremulo asse: Trampolino.<br />

Esiti: una breve esitazione sfiora l’animo <strong>di</strong><br />

Esterina<br />

Spiccata da un vento: il riso esorcizza non solo<br />

l’esitazione, ma il vento, che il poeta ha utilizzato<br />

per esprimere le sue paure (era il vento ad<br />

addensare e lacerare la tela della vita) la spicca<br />

perché ella possa abbattattersi tra le braccia<br />

<strong>di</strong> un essere <strong>di</strong>vino (il mare) come la fanciulla.<br />

Ti guar<strong>di</strong>amo noi...: Noi che non riusciamo a<br />

staccarci dalla banalità del vivere quoti<strong>di</strong>ano.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 119


Analisi Tecnica. Montale<br />

SPESSO IL MALE DI VIVERE hO INCONTRATO<br />

120 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Spesso il male <strong>di</strong> vivere ho incontrato:<br />

era il rivo strozzato che gorgoglia,<br />

era l’incartocciarsi della foglia<br />

riarsa, era il cavallo stramazzato.<br />

Bene non seppi, fuori del pro<strong>di</strong>gio 5<br />

che schiude la <strong>di</strong>vina In<strong>di</strong>fferenza:<br />

era la statua nella sonnolenza<br />

del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.<br />

Stile<br />

<strong>di</strong> Spesso il male ...<br />

Questa lirica è portato come esempio <strong>di</strong>dattico<br />

del correlativo oggettivo <strong>di</strong> M. (G.Contini la<br />

<strong>di</strong>ce ancora lontana): l’astratto, il male <strong>di</strong> vivere,<br />

viene espresso attraverso una serie <strong>di</strong> oggetti<br />

concreti (il rivo, la foglia, il cavallo); così come,<br />

nella 2ª strofa l’astratto bene è espresso con la<br />

statua, la nuvola, il falco. Non viene utilizzato il<br />

paragone, o la metafora: si tratta <strong>di</strong> una pura e<br />

semplice identificazione, era. Le anafore delle<br />

<strong>di</strong>chiarative, asindeticamente legate, non si<br />

<strong>di</strong>spongono in crescendo, sia per la <strong>di</strong>versa<br />

costruzione sintattica (la 1ª ha una relativa; la<br />

2ª ha come pre<strong>di</strong>cato un infinito sostantivato,<br />

più ricercato a petto del più comune ’accartocciarsi’,<br />

e spezzato dall’enjambement foglia/<br />

riarsa; la 3ª un semplice costrutto pre<strong>di</strong>cativo)<br />

sia per le allitterazioni in l e r che rallentano il<br />

ritmo della lettura e spezzano l’andamento piano<br />

della rima ABBA, che per altro è intaccata nella<br />

sua regolarità dalla rima interna <strong>di</strong> strozzato.<br />

Il risultato <strong>di</strong> ritmo spezzato M. ottiene con<br />

l’anastrofe ogg­vb nel 1º verso della 2ª str,<br />

anastrofe dell’ogg ripetuta nel v 2 dove In<strong>di</strong>fferenza<br />

è sogg. E dove la regolarità della rima<br />

della 1ª str è franta dalla irregolarità del primo<br />

verso oltre che dall’enjambement sonnolenza/<br />

del meriggio. Così che i pre<strong>di</strong>cati coor<strong>di</strong>nati,<br />

nuvola, falco, appaiono singultanti aggiunte.<br />

La <strong>di</strong>vina in<strong>di</strong>fferenza<br />

Nella 2ª str il relativo del 2º v può essere tanto<br />

sogg, quanto ogg. <strong>di</strong> schiude. Naturalmente il<br />

valore <strong>di</strong> che con<strong>di</strong>ziona quello <strong>di</strong> In<strong>di</strong>fferenza,<br />

a sua volta o ogg. o sogg. Non cre<strong>di</strong>amo possibile<br />

giungere conclusione certa. L’uno dato in<br />

qualche misura oggettivo è che dei tre compl<br />

ogg presenti nella lirica due sono certamente<br />

in anastrofe, ma questo non basta a garantire<br />

che M. non abbia voluto variare. La situazione<br />

descritta è simile a quella de I limoni. La somiglianza<br />

però è più <strong>di</strong> situazione che ideologica:<br />

I limoni colgono una con<strong>di</strong>zione esistenziale<br />

effimera, ma positiva: in Spesso l’ideologia è<br />

la negativa, della mancanza. Corrispettivi sono<br />

tanto l’assenza <strong>di</strong> cura dell’uomo che se ne va<br />

sicuro <strong>di</strong> Non chiederci, quanto Il cuore che ogni<br />

moto tiene a vile / raro è squassato da trasalimenti<br />

<strong>di</strong> Mia vita a te non chiedo. Così in Portami<br />

il girasole: Svanire È dunque la ventura delle<br />

venture. Il male <strong>di</strong> vivere m. è stato fatto, con<br />

ragione, risalire a Leopar<strong>di</strong>. Alcune precisazioni<br />

siano necessarie: una è che non sempre Leop.<br />

ritiene l’in<strong>di</strong>fferenza un bene. Si vedano ad es.<br />

lo Zibaldone: a p. 1555: «L’in<strong>di</strong>fferenza non è<br />

lo stato dell’uomo; è contrario <strong>di</strong>rittamente alla<br />

sua natura, e quin<strong>di</strong> alla sua felicità; mentre a p.<br />

1581: «Dalla mia teoria del piacere si conosce<br />

per qual ragione si provi <strong>di</strong>letto in questa vita,<br />

quando senza aspettarne nè desiderarne vivamente<br />

nessuno, l’animo riposato e in<strong>di</strong>fferente,<br />

si getta, per così <strong>di</strong>re, alla ventura in mezzo alle<br />

cose, agli avvenimenti, e agli stessi <strong>di</strong>vertimenti<br />

ec. Questo stato non curante de’ piaceri nè de’<br />

dolori, è forse uno de’ maggiori piaceri, non solo<br />

per altre cagioni, ma per sé stesso. Parecchie<br />

volte un vigore straor<strong>di</strong>nario e passeggero, cagiona<br />

al corpo e a’ nervi un certo torpore, per cui<br />

l’animo s’abbandona in seno <strong>di</strong> una negligenza<br />

circa le cose e sé stesso, in maniera che o vede<br />

tutto dall’alto, e come non gli appartenesse se<br />

non debolissimamente; o non pensa quasi a<br />

nulla, e desidera e teme il meno che sia possibile.<br />

Questo stato è per sé stesso un piacere. Il<br />

languore del corpo alle volte è tale, che senza<br />

dargli affanno e fasti<strong>di</strong>o, affievolando le facoltà<br />

dell’animo, affievola ogni cura e ogni desiderio.<br />

L’uomo prova allora un piacere effettivo, massime<br />

se viene da uno stato affannoso ecc. e<br />

lo prova senz’alcun’altra cagione esterna, ma<br />

per quella semplice <strong>di</strong>menticanza de’ mali, e<br />

trascuranza de’ beni, desideri e speranze, e per<br />

quella specie d’insensibilità cagionatagli da quel<br />

languore». Pleonastico sottolineare l’origine ’fisica’<br />

dell’in<strong>di</strong>fferenza leop. appetto dell’astratta<br />

e quasi trascendente in<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Montale.


FORSE UN MATTINO ANDANDO<br />

Forse un mattino andando in un’aria <strong>di</strong> vetro,<br />

arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:<br />

il nulla alle mie spalle, il vuoto <strong>di</strong>etro<br />

<strong>di</strong> me, con un terrore <strong>di</strong> ubriaco.<br />

Analisi Tecnica. Montale<br />

Poi come s’uno schermo, s’accamperanno <strong>di</strong> gitto 5<br />

alberi case colli per l’inganno consueto.<br />

Ma sarà troppo tar<strong>di</strong>; ed io me n’andrò zitto<br />

tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.<br />

Il lessico<br />

<strong>di</strong> Forse un mattino<br />

Arida: in riferimento all’aria è espressione<br />

dell’assenza nella vita <strong>di</strong> certezze e <strong>di</strong> speranze.<br />

Il nulla alle mie spalle: tutto scomparirà: il mondo<br />

reale sarà inghiottito nel nulla. Si tratta <strong>di</strong> un<br />

miracolo negativo: nel senso che se l’esistenza<br />

umana è incapace <strong>di</strong> generare qualcosa <strong>di</strong><br />

positivo, arida, il miracolo non la trasforma in<br />

qualcosa <strong>di</strong> positivo, ma libera l’uomo annullando<br />

il contesto <strong>di</strong> te<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> male. Il terrore<br />

CASA SUL MARE<br />

montaliano è simile allo spaurirsi del cuore<br />

leopar<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> fronte all’infinito.<br />

Di gitto: all’improvviso. Brevissimo il tempo del<br />

miracolo, che è comunque un dono prezioso<br />

che il poeta racchiude nel segreto della sua<br />

anima, quasi in contrapposizione agli uomini<br />

che non si voltano e a <strong>di</strong>spetto della realtà che<br />

appare in tutta la sua ingannevole concretezza.<br />

Non si voltano: perché non si pongono domande<br />

e non si lasciano coinvolgere nel mondo<br />

circostante.<br />

Il viaggio finisce qui:<br />

nelle cure meschine che <strong>di</strong>vidono<br />

l’anima che non sa più dare un grido.<br />

Ora i minuti sono eguali e fissi<br />

come i giri <strong>di</strong> ruota della pompa. 5<br />

Un giro: un salir d’acqua che rimbomba.<br />

Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio.<br />

Il viaggio finisce a questa spiaggia<br />

Che tentano gli assidui e lenti flussi.<br />

Nulla <strong>di</strong>svela se non pigri fumi 10<br />

la marina che tramano <strong>di</strong> conche<br />

i soffi leni: ed è raro che appaia<br />

nella bonaccia muta<br />

tra l’isole dell’aria migrabonde<br />

la Corsica dorsuta o la Capraia. 15<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 121


Analisi Tecnica. Montale<br />

122 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Tu chie<strong>di</strong> se così tutto vanisce<br />

in questa poca nebbia <strong>di</strong> memorie;<br />

se nell’ora che torpe o nel sospiro<br />

del frangente si compie ogni destino.<br />

Vorrei <strong>di</strong>rti che no, che ti s’appressa 20<br />

l’ora che passerai <strong>di</strong> là dal tempo;<br />

forse solo chi vuole s’infinita,<br />

e questo tu potrai, chissà, non io.<br />

Penso che per i più non sia salvezza,<br />

ma taluno sovverta ogni <strong>di</strong>segno, 25<br />

passi il varco, qual volle si ritrovi.<br />

Vorrei prima <strong>di</strong> cedere segnarti<br />

codesta via <strong>di</strong> fuga<br />

labile come nei sommossi campi<br />

del mare spuma o ruga. 30<br />

Ti dono anche l’avara mia speranza.<br />

A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla:<br />

l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.<br />

Il cammino finisce a queste prode<br />

che rode la marea col moto alterno. 35<br />

Il tuo cuore vicino che non m’ode<br />

salpa già forse per l’eterno.<br />

Il lessico<br />

<strong>di</strong> Casa sul mare<br />

Che tentano: che è oggetto <strong>di</strong> tentano; flussi<br />

è il soggetto.<br />

Nulla <strong>di</strong>svela ... leni: la spiaggia, la marina, non<br />

lascia vedere, <strong>di</strong>svela, nulla se non leggere<br />

foschie, fumi, che (compl ogg) lievi soffi <strong>di</strong><br />

vento condensano <strong>di</strong>fformemente, tramano,<br />

in immaginarie conche.<br />

Bonaccia: assenza <strong>di</strong> vento.<br />

L’isole dell’aria: i grumi <strong>di</strong> foschia, isole dell’aria,<br />

si muovono lentamente, migrabonde.<br />

La Corsica...: la Corsica e la Capraia (isola<br />

dell’arcipelago toscano) sarebbero concreti<br />

appro<strong>di</strong>: laddove la spiaggia (la vita) non gli offre<br />

che effimere ed inconsistenti mete.<br />

Tu chie<strong>di</strong>...: se ogni destino umano si compie nel<br />

torpore <strong>di</strong> una vita te<strong>di</strong>osa o nel sospiro, nella<br />

voce fievole e dolorosa, dell’onde.<br />

Passerai: <strong>di</strong> là dal tempo proprio degli uomini<br />

legati alla realtà storica.<br />

S’infinita: superata la realtà della vita alcuni<br />

possono approdare là dove si realizza intera<br />

l’aspirazione alla infinità. Il neologismo è formulato<br />

ad imitazione del dantesco «s’indìa».<br />

Penso che per i più...: è certo il momento <strong>di</strong><br />

più denso tensione lirica: M. esprime la sua<br />

convinzione che non sia possibile alla maggior<br />

parte degli uomini sottrarsi al violento te<strong>di</strong>o della<br />

vita; non ostante la fermezza della convinzione<br />

egli augura, non certo per sé, che qualcuno<br />

infranga il generale destino. Naturalmente<br />

spera che questo qualcuno sia la donna, cui<br />

la lirica è rivolta.<br />

Vorrei...: voglio in<strong>di</strong>carti, segnarti, questa via <strong>di</strong><br />

fuga, prima che io stesso non ci creda più (prima<br />

<strong>di</strong> cedere), giacché è speranza, labile come<br />

la spuma o una lieve onda, ruga, nel mare. La<br />

via <strong>di</strong> fuga è proprio la speranza che qualcuno<br />

possa salvarsi e ritrovarsi quale voleva essere.<br />

Avara mia speranza: una speranza assai esile,<br />

contrastata dalla certezza che pochi sono gli<br />

uomini destinati a salvarsi.


RIVIERE<br />

Analisi Tecnica. Montale<br />

Riviere,<br />

bastano pochi stocchi d’erbaspada<br />

penduli da un ciglione<br />

sul delirio del mare;<br />

o due camelie pallide 5<br />

nei giar<strong>di</strong>ni deserti,<br />

e un eucalipto biondo che si tuffi<br />

tra sfrusci e pazzi voli<br />

nella luce;<br />

ed ecco che in un attimo 10<br />

invisibili fili a me si asserpano,<br />

farfalla in una ragna<br />

<strong>di</strong> fremiti d’olivi, <strong>di</strong> sguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> girasoli.<br />

Dolce cattività, oggi, riviere<br />

<strong>di</strong> chi s’arrende per poco 15<br />

come a rivivere un antico giuoco<br />

non mai <strong>di</strong>menticato.<br />

Rammento l’acre filtro che porgeste<br />

allo smarrito adolescente, o rive:<br />

nelle chiare mattine si fondevano 20<br />

dorsi <strong>di</strong> colli e cielo; sulla rena<br />

dei li<strong>di</strong> era un risucchio ampio, un eguale<br />

fremer <strong>di</strong> vite,<br />

una febbre del mondo; ed ogni cosa<br />

in se stessa pareva consumarsi. 25<br />

Oh allora sballottati<br />

come l’osso <strong>di</strong> seppia dalle ondate<br />

svanire a poco a poco:<br />

<strong>di</strong>ventare<br />

un albero rugoso od una pietra 30<br />

levigata dal mare; nei colori<br />

fondersi dei tramonti; sparir carne<br />

per spicciare sorgente ebbra <strong>di</strong> sole,<br />

dal sole <strong>di</strong>vorata...<br />

Erano questi<br />

riviere, i voti del fanciullo antico 35<br />

che accanto ad una rósa balaustrata<br />

lentamente moriva sorridendo.<br />

Quanto, marine, queste fredde luci<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 123


Analisi Tecnica. Montale<br />

124 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

parlano a chi straziato vi fuggiva.<br />

Lame d’acqua scoprentisi tra varchi 40<br />

<strong>di</strong> labili ramure; rocce brune<br />

tra spumeggi; frecciare <strong>di</strong> rondoni<br />

vagabon<strong>di</strong>...<br />

Ah, potevo<br />

credervi un giorno o terre,<br />

bellezze funerarie, auree cornici 45<br />

all’agonia d’ogni essere.<br />

Oggi torno<br />

a voi più forte, o è inganno, ben che il cuore<br />

par sciogliersi in ricor<strong>di</strong> lieti – e atroci.<br />

Triste anima passata<br />

e tu volontà nuova che mi chiami, 50<br />

tempo è forse d’unirvi<br />

in un porto sereno <strong>di</strong> saggezza.<br />

Ed un giorno sarà ancora l’invito<br />

<strong>di</strong> voci d’oro, <strong>di</strong> lusinghe audaci<br />

anima mia non più <strong>di</strong>visa. Pensa: 55<br />

cangiare in inno l’elegia; rifarsi;<br />

non mancar più.<br />

Potere<br />

simili a questi rami<br />

ieri scarniti e nu<strong>di</strong> ed oggi pieni<br />

<strong>di</strong> fremiti e <strong>di</strong> linfe. 60<br />

sentire<br />

noi pur domani tra i <strong>prof</strong>umi e i venti<br />

un riaffluir <strong>di</strong> sogni, un urger folle<br />

<strong>di</strong> voci verso un esito; e nel sole<br />

che v’investe, riviere, 65<br />

rifiorire!<br />

Il lessico<br />

<strong>di</strong> Riviere<br />

Sparir carne per spicciare...: consumarsi nella<br />

carne per sgorgare, spicciare (anche questa<br />

è accezione rara), come una sorgente ebbra<br />

<strong>di</strong> sole.<br />

Rósa balaustrata: una balaustra corrosa dal<br />

mare.<br />

Ramure: intrico <strong>di</strong> fronde.


CARLO EMILIO GADDA<br />

L’ADALGISA<br />

QuaTTRO fIglIE EbbE E cIaScuNa REgINa<br />

I corridoi <strong>di</strong> palazzo Brügna, già ricchi d’ombre <strong>di</strong> per se stessi, e non impropizi<br />

alle passeggiatine d’un qualche scarafaggio, ma della razza de’ timorati e solinghi,<br />

quel pandemonio d’un restauro e ammodernamento «a scopo locatizio» li aveva<br />

poi locupletati de’ più impreveduti scalini e repentini mutamenti <strong>di</strong> livelletta,(5) a<br />

non contare le svolte nel buio, gli scivoli, le buche, i bernoccoli, e intoppi e inciampi<br />

d’ogni maniera e d’ogni calibro. Sicché solevano offrirsi come il più indovinato<br />

degli steeplechases(6) all’ardore tutt’affatto lombardo, alla grazia monellesca e<br />

giocondamente giuliva, se anche un po’ rude e acerbamente scavallante, della Lola<br />

e della Maria Filiberta: le due figlie maggiori del N. H. Cipriano: davanti le cui<br />

gambe infrenabili (a quell’epoca non ancora infrante sul Maloja) (7) s’allungavano<br />

e aggrovigliavano, quei corridoi, in una fuga <strong>di</strong> odori, presagi, usci sbattuti,<br />

Note (dell’autore)<br />

In questo <strong>di</strong>segno milanese «su cartone vecchio », alla tentata rappresentazione <strong>di</strong> un «interno<br />

» si sono voluti a<strong>di</strong>bire, a tratti, i mo<strong>di</strong> mentali e i mo<strong>di</strong> i<strong>di</strong>omatici propri de’ personaggi<br />

che in quell’interno esagitavano il loro spirto vitale. L’or<strong>di</strong>tura sintattica, le clausole proso<strong>di</strong>che,<br />

l’impasto lessicale della <strong>di</strong>scorsa, in più che un passaggio, devono perciò ritenersi funzioni mimetiche<br />

del clima dell’aura <strong>di</strong> via Pasquirolo o del Pontaccio: che <strong>di</strong>co, dell’impetus e dello zefiro<br />

parlativo i quali dall’ambiente promanano, o prorompono E ciò non soltanto nel <strong>di</strong>alogato, ma<br />

nella <strong>di</strong>dascalia e nel contesto in genere, quasicché a propria volta l’autore si tuffi nella bagnarola<br />

e nell’acqua medesime ove poco prima erano a <strong>di</strong>guazzare i suoi colombi. Quanto all’impeto, è<br />

un impeto ricco, nativo, a cui non si sogliono imporre freni accademici o me<strong>di</strong>azioni teologiche:<br />

e vien celebrato nelle cronache quale «bella spontaneità » o «bella imme<strong>di</strong>atezza del <strong>di</strong>re ». E del<br />

ragionare e dell’essere, dunque. Ecco poi, a titolo <strong>di</strong> giunta, le in<strong>di</strong>spensabili glosse:<br />

[…]<br />

5 «Livelletta » è tronco <strong>di</strong> strada o <strong>di</strong> via ferrata avente una unica pendenza: il percorso risulta<br />

<strong>di</strong> una successione <strong>di</strong> livellette.<br />

6 «Steeple-chase »: corsa al campanile, traverso alla campagna come ell’è: e <strong>di</strong>cesi per corsa al<br />

galoppo con ostacoli.<br />

7 Maloja è, delle <strong>di</strong>molte nevi <strong>di</strong> Lombar<strong>di</strong>a, tra le più skiabili e skiate. Reduce alcuno, talotta,<br />

con tibia, o anche perone, privi d’unità.<br />

La complessa densità della pagina gad<strong>di</strong>ana trova una prima spiegazione nel gioco filologico,<br />

nel piacere dell’invenzione linguistica. Una più <strong>prof</strong>onda motivazione è costituita dalla interiore<br />

necessità <strong>di</strong> riprodurre la sensazione della complessità, delle cause infinite, della in<strong>di</strong>stricabile<br />

connessione del tutto col tutto (E. Manzotti). Solo questa è per G. la via della conoscenza<br />

scegliere un aspetto o alcuni vuol <strong>di</strong>re perdere <strong>di</strong> vista la realtà. Naturalmente la conoscenza<br />

Lessico<br />

Scarafaggio... de’ timorati e solinghi: il sostantivo<br />

crudo viene corredato con due aggettivi<br />

che hanno <strong>di</strong>versa tra<strong>di</strong>zione tanto nel parlato<br />

quanto nella letteratura: il primo viene utilizzato<br />

in riferimento a uomini animati dalla fede e timo­<br />

rosi <strong>di</strong> Dio, qui perciò pieni <strong>di</strong> timore; letterario<br />

e raro è l’uso del secondo con rif. ad animale.<br />

Livelletta: cfr. nota 5: qui metaforico per corridoio<br />

lungo e perciò collegamento tra stanze<br />

<strong>di</strong>stanti.<br />

Scavallante: da scavallare: propriamente correre<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 125


Analisi Tecnica. Gadda<br />

e ritorni senza fine al punto <strong>di</strong> prima, da credere a una sorta <strong>di</strong> domestico e felice<br />

laberinto ceduto in enfiteusi dall’Onnipotente alla prole marpiònica: mentre ancora<br />

s’aspettava l’avvento rigeneratore dei Portaluppi, dei Gio Ponti.(8) E talora<br />

però, per quanto a fatica, riuscivano anche a pianeggiare per un qualche mezzo<br />

metro, i corridoi del Brügna, adesso anzi Forlina; e ciò nel modo più opportuno:<br />

assuefatti com’erano a quel trepestio senza scampo, senza interlu<strong>di</strong>o, e in più alle<br />

trottatine balbettanti e alle pisce fulminanti della Maria Giuseppa, emula treenne<br />

delle due già cresimate puledre. Che tutti quanti però, sorelle e amiche delle<br />

sorelle, e zie e zii e cugine, (non forse l’autrice madre), dopo ogniduno <strong>di</strong> quei pipì<br />

così birichini se la toglievano a sbaciucchiare e a vezzeggiare, a tesoreggiare all’infinito:<br />

«Oh, che porcellona !… Vergogna !… Ma che porcellona !… alla tua età…<br />

una bambina così grande !…»: e un <strong>di</strong>luvio <strong>di</strong> baciazzi da farla crepare soffocata:<br />

«Sei un vero tesoro !», e «Angiolone bello !», e «Ti mangerei in d’un boccone !»,<br />

e «Cara la mia stelàscia !» sulla gota anemizzata dal bacio: e altre espansioni del<br />

genere, <strong>di</strong> rito e <strong>di</strong> formula prettamente ambrosiani. Salvo che nessuno però, in<br />

que’ momenti, ar<strong>di</strong>va <strong>di</strong> prendersela decisamente in braccio, così ancora stillante<br />

<strong>di</strong> birberia vieux-Milan: e tanto meno <strong>di</strong> attuffarle i soliti sculaccioni amorosi<br />

sul solito cocò, tiepolescamente scaravoltato a gambe all’aria. Le mutan<strong>di</strong>ne del<br />

8 Gio Ponti è firma dell’architetto che non firma Giovanni. Piero Portaluppi, architetto, e<br />

Marco Semenza, ingegnere, redassero un elaborato piano regolatore <strong>di</strong> Milano: (Milano com’era e<br />

come sarà: Bestetti & Tumminelli, Milano, Roma 1927): che valse al primo dei due il soprannome<br />

<strong>di</strong> Barbarossa. Ponti e Portaluppi, ciascuno a suo modo, sono artefici <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>ate o ragionate, o<br />

comunque agiate strutture e<strong>di</strong>lizie: case, ville, palagi. E Ponti scrive dell’arte sua, e ne propaga la<br />

dottrina, oltreché i para<strong>di</strong>gmi.<br />

cui è possibile pervenire non coincide con l’approdo ad una realtà ’<strong>di</strong>stricata’ ed organizzata:<br />

restano una sostanziale, irrime<strong>di</strong>abile <strong>di</strong>gressività ed una irrefrenabile ed incontrastabile forza<br />

centrifuga che <strong>di</strong>sperde, frammentandola, la realtà.<br />

scompostamente; viene riferito a grazia monellesca<br />

e giocondamente giuliva.<br />

Infrante: G. lo riferisce a gambe, si tratta <strong>di</strong><br />

un’iperbole poiché esprime uno spezzarsi<br />

minutamente.<br />

Lessico<br />

Presagi: si colloca tra due sostantivi concreti e<br />

casalinghi: probabilmente si tratta del presagio<br />

del sopraggiungere <strong>di</strong> qualche componente<br />

della famiglia. Certo G. introduce la annotazione<br />

mitologica in un lessico iperbole epperciò<br />

irrisorio.<br />

Laberinto: forma più rara e dotta <strong>di</strong> labirinto.<br />

Anche in questa scelta <strong>di</strong> variante sta l’ironia<br />

verso la piccola nobiltà del N.H. Cipriano.<br />

Enfiteusi: è termine riveniente dal <strong>di</strong>ritto romano,<br />

equivarrebbe al nostro fitto se la legislazione<br />

classica non comprendesse anche l’obbligo<br />

<strong>di</strong> apportare migliorie. L’implicazione si adatta<br />

perfettamente alla situazione della famiglia in<br />

questione.<br />

Marpiònica: l’agg. derivato dal nome <strong>di</strong> famiglia<br />

è tipico della classicità greco­latina. E cfr. prole.<br />

E talora... anzi Forlina: è una frase che merita<br />

126 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

che ogni sia analizzato, cioè ognuno apporta<br />

un’aggiunta <strong>di</strong> valore satirico alla polemica <strong>di</strong><br />

G. contro incompetenza dell’ingegneria dopo<br />

la II guerra mon<strong>di</strong>ale.<br />

Pisce: il termine segue le proposte auliche <strong>di</strong><br />

trepestio ed interlu<strong>di</strong>o.<br />

Cresimate puledre: il sostantivo è <strong>di</strong> largo uso<br />

nella funzione metaforica riferita alle donne;<br />

il part. pass. agg. è usato per in<strong>di</strong>care l’età.<br />

Naturalmente qui vale l’ingegnosa iunctura che<br />

assomma una pluralità <strong>di</strong> allusioni.<br />

Ogniduno: <strong>di</strong>alettale lombardo e piemontese, in<br />

simbiosi con il lezioso pipì birichini.<br />

Tesoreggiare: è verbo modellato su vezzeggiare:<br />

è un neologismo, benché esista una forma<br />

identica che ha l’accezione <strong>di</strong> tesaurizzare.<br />

Ti mangerei... stelàscia: due espressioni <strong>di</strong>alettali<br />

milanesi che seguono due italiane. E<br />

seguite da un momento formale della scrittura<br />

<strong>di</strong> G.: si veda ad es. anemizzata e prettamente<br />

ambrosiani.<br />

Soliti... solito: anafora che mentre sollinea la<br />

ritualità dei gesti, compreso quello della piccola,<br />

ne evidenzia la perdurante ripetitività. L’umido


Analisi Tecnica. Gadda<br />

cocò, bisogna aggiungere, ne’ rari momenti che riuscivano a permanere asciutte,<br />

apparivano regolarmente un po’ lustre, un po’ nerastre, un po’ verdastre, un po’<br />

rossastre per via del crassume delle piastrelle dell’ingegner Forlina: lucidate ogni<br />

settimana dalla tremebonda Giovanna, con la paraffina, oltreché ogni giorno e<br />

ogni ora da lei stessa, Maria Giuseppa, con quello stesso e medesimo cocò. Nei<br />

casi accennati, poi, <strong>di</strong> repentina imbibizione e stillici<strong>di</strong>o, un istinto suggeriva <strong>di</strong><br />

non indagare: chinarsi, toglierla su per le ascelle, un po’ a <strong>di</strong>stanza, e contentarsi<br />

dei baci. La stor<strong>di</strong>vano a un tal punto, quella creatura, a furia <strong>di</strong> baci, <strong>di</strong> carezze,<br />

<strong>di</strong> vezzeggiativi, che neanche lei povero angiolo riesciva più a raccapezzarsi: a intendere<br />

se la pipì fosse una colpa od un merito, e se lei dovesse chiamarsi e lasciarsi<br />

chia mare Majà Uéppa o Mapeppa o Poppa o Peppa o Mappa o Pipippa.<br />

Felice creatura ! Con due sorelle in Ariete le quali «non riuscivano in matematica»:<br />

ributtate sicché a piene corna da quel capron fottuto d’un ginnasio, tanto più<br />

che a conti fatti «non riuscivano» neanche in latino, e, sembra, neppure in italiano;<br />

e, si sospetta, nemmeno in geografia e storia patria. «Il latino è una lingua morta<br />

!», decretò un bel giorno, furibonda, donna Giulia de’ Marpioni: «e l’è inutil pagà<br />

i tass… e spend tant danée, e tra via tanti ann a imparàa <strong>di</strong> cialàat… che hin bon<br />

per conclüd nagott…»: e dopo un qualche altro brontolìo <strong>di</strong>ede in una definitiva<br />

alzata delle spalle. «Quanti ball!» a<br />

Sicché adesso le stu<strong>di</strong>avano «privatamente»: «ah! privatamente ?»: «sì, privatamente…»<br />

«E che cosa stu<strong>di</strong>avano ?» «Il francese… e anche l’inglese …» «Ah,<br />

stu<strong>di</strong>avano il francese ?… e l’inglese ?» «Sì, francese e inglese. Ma un po’ per volta,<br />

e in modo da imparare la vera pronuncia…». E adoravano quell’angiolo della loro<br />

Pipina, così blanche et rose, <strong>di</strong>cevano, da essere il ritratto stesso della salute.<br />

Pipina felix ! Con una mamma, viceversa, che da «signorina» aveva ottenuto a<br />

pieni voti il <strong>di</strong>ploma <strong>di</strong> allevatrice – <strong>di</strong> polli e animali da cortile – all’Istituto Trivulzio<br />

per le massaie <strong>di</strong> civile con<strong>di</strong>zione: quello <strong>di</strong> via della Meregonda, sapete bene,<br />

con campo sperimentale però alla Cassina Borlanda, in fondo all’o<strong>di</strong>erno vintott.(9)<br />

E aveva quin<strong>di</strong> il buon senso (per analogia con i porcellini) <strong>di</strong> abbandonare i glutei<br />

9 Cassina Borlanda, cascina B. Borlanda è il pastore de’ bovini, ma anche l’antologia vittuaglia del<br />

porcello: e in traslato una qualunque mestura <strong>di</strong> porcate assortite. «In fondo all’o<strong>di</strong>erno vintòtt ».<br />

«In fond al vintòtt », modo rituale, – al capolinea esterno, cioè suburbano, della linea tranviaria.<br />

a « Ed è inutile pagare le tasse… e spendere tanto denaro, e gettar via tanti anni per imparare ciarle… che non servono<br />

a concludere nulla »; «Quante sciocchezze».<br />

evento su cui s’appunta l’attenzione <strong>di</strong> G. rappresenta<br />

uno dei momenti significativi della vita<br />

della nobile famiglia <strong>di</strong> Cipriano, come lo sarà<br />

la ricerca (della Signora) del colore esatto nella<br />

merceria: è la banalità assoluta che travolge<br />

e rende paradossale le pretese nobiliari della<br />

borghesia lombarda.<br />

Tiepolescamente scaravoltolato: il part. p.<br />

agg. è una forma <strong>di</strong>alettale toscana, l’avv.<br />

una neo­formazione gad<strong>di</strong>ana, derivata da<br />

G.B. Tiepolo (1695-1770), pittore che ama le<br />

figure in movimento, anche assai tumultuose.<br />

In part. fa riferimento agli angioletti raffigurati<br />

mentre giocano vorticosamente in volo: ad es.<br />

l’affresco <strong>di</strong> Villa Pisani a Stra presso Venezia.<br />

L’elaborazione formale<br />

I perio<strong>di</strong> che vanno da Le mutan<strong>di</strong>ne del cocò<br />

mostrano con maggiore evidenza un modo <strong>di</strong><br />

scrittura ricorrente in G.: l’accumulazione che<br />

assume <strong>di</strong>verse forme e sfumature. Si veda la<br />

sequenza un po’ lustre, un po’ nerastre, un<br />

po’ verdastre, un po’ rossastre, che allinea sì<br />

colori, ma ripete anche un po’ (anafora), e<br />

per <strong>di</strong> più gli aggettivi terminano (omoteleuti)<br />

con la medesima sillaba -stre. Segue la serie<br />

anaforica ogni settimana ... ogni giorno e ogni<br />

ora... che contiene la gradatio temporale in<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 127


Analisi Tecnica. Gadda<br />

della sua creatura alla libertà naturale del corridoio del Forlina, meglio che star lì<br />

tutto il santo giorno a gridarla, a sculacciarla, a intimi<strong>di</strong>rla, a inibirla: per poi finir<br />

magari col lavarglielo, odorarglielo, baciarglielo: e infarinarglielo vittoriosamente<br />

<strong>di</strong> borotalco (il cocò): come salare un cappone, pronto <strong>di</strong> già per lo spiedo.<br />

«Non voglio tirar su delle smorfiose !», emanava imperatoriamente. «Voglio che<br />

vengano su senza tante storie e lascino giù le arie in fin del prinzippi: e se anche mi<br />

stassero giù per terra dalla mattina a la sira, meglio giù per terra o giù in giar<strong>di</strong>no<br />

a giocare tutto il giorno, all’aria libera, che star su la sira a legger romanzi, dove c’è<br />

su tutte quelle asinate…». Dopo un tanto acquazzone <strong>di</strong> giù e <strong>di</strong> su, i presenti non<br />

potevano che annuire, è ovvio, il nobil’uomo e marito poi non parliamone: era già<br />

ammutolito da un pezzo: più che persuasi in cuor loro dalle verità luminose della<br />

dottrina. «Tout est bien, sortant des mains de l’Auteur des choses». a Quando una<br />

donna Giulia o Teresa, e moglie e madre, ha raggiunto quello stato <strong>di</strong> completezza<br />

fisio-psichica per cui la si sente «sicura del fatto suo», e quando un demonio appropriato<br />

al caso le si agita in corpo, state pur certi che il fuoco tambureggiante<br />

de’ suoi apoftegmi non conosce rimbecco, né <strong>di</strong>lazione possibile.<br />

La Mapeppa, del resto, oltre a sorelle e mamma, (questa piuttosto asciutta<br />

d’opinioni, come già oramai s’è intuito), benigna stella non l’aveva defraudata<br />

nemmanco de’ rimanenti capi <strong>di</strong> corredo: una nonna, e una contrononna: otto<br />

zie, fra i tre<strong>di</strong>ci e i quarantasette anni: nove fra cugine e cuginette; e un paio d’altre<br />

dozzine <strong>di</strong> serbatoi <strong>di</strong> saliva assortiti a sua <strong>di</strong>sposizione: che la indennizzavano<br />

a « Tutto è bene quando esce dalle mani del Creatore <strong>di</strong> tutte le cose». È la prima frase dell’Emile <strong>di</strong> J.J. Rousseau.<br />

minuendo e s’intreccia con la ripetizione <strong>di</strong><br />

stesso, <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso valore morfologico. Il primo<br />

enfatizzato dal doppio nome della bimba per la<br />

prima volta scritto per intero; il secondo stesso,<br />

è rafforzato da medesimo (en<strong>di</strong>a<strong>di</strong>) e accompagnano<br />

un cocò a chiudere circolarmente il<br />

periodo che s’era avviato con cocò. Nel periodo<br />

seguente troviamo un’altra en<strong>di</strong>a<strong>di</strong> portata su<br />

registro tecnico imbibizione e stillici<strong>di</strong>o, in cui i<br />

due termini significano due fasi <strong>di</strong>stinte anche<br />

se consecutive, precisione iperbolica rispetto<br />

all’atto in questione. Dopo i due punti l’accumulo<br />

<strong>di</strong> tre infiniti determinano un elenco <strong>di</strong> rapide<br />

prescrizioni con una strategica pausa nell’inciso<br />

un po’ a <strong>di</strong>stanza. L’ultimo periodo – ancora<br />

un’altra <strong>di</strong> baci, <strong>di</strong> carezze, <strong>di</strong> vezzeggiativi –<br />

svela il significato delle accumulazioni ed in<br />

genere dell’intera scrittura gad<strong>di</strong>ana: neanche lei<br />

... riesciva più a raccapezzarsi. È stato detto che<br />

la scrittura barocca <strong>di</strong> G. esprime esattamente<br />

l’inestricabile groviglio della realtà: qui si tratta<br />

<strong>di</strong> una piccola protagonista e un piccolissimo<br />

evento: ebbene, neanche in queste <strong>di</strong>mensioni<br />

è possibile la comprensione.<br />

Tra narrazione e teatro<br />

128 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

L’intero capoverso Felice creatura!.. appare<br />

come spiegazione dell’esclamazione iniziale<br />

che si prolunga nella ren<strong>di</strong>contazione storica<br />

della caratteristica più rilevante. Il senso<br />

dell’intero capoverso è: sei fortunata ad avere<br />

quelle due sorelle ➛ il <strong>prof</strong>itto scolastico lascia<br />

a desiderare ➛ la mentalità borghese ritiene<br />

inutile la cultura. Le frecce in<strong>di</strong>cano l’inizio delle<br />

(apparenti) <strong>di</strong>gressioni: la prima avviata dalla<br />

relativa che sfocia in una consecutiva ellittica<br />

dell’ausiliare a sostenere un tono colloquiale<br />

o, meglio, l’esplosione <strong>di</strong> trivialità conseguente<br />

alla bocciatura a piene corna da quel capron<br />

fottuto d’un ginnasio. La causale tanto più che<br />

introduce l’intervento dell’autore che da ora in<br />

poi allinea un polisindeto in cui al crescendo<br />

della cautela esteriore delle parole corrisponde<br />

un crescendo del sarcasmo avverso la società<br />

rappresentata dalla famiglia Marpioni: a conti<br />

fatti ... sembra... si sospetta. L’ultimo periodo (la<br />

seconda <strong>di</strong>gressione) si apre col <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto<br />

<strong>di</strong> Giulia de’ Marpioni: il suo è un decreto, uno<br />

dei pochi espressi in lingua italiana da chi preferisce<br />

il <strong>di</strong>aletto milanese. Perentorio è anche il<br />

giu<strong>di</strong>zio complessivo sulla cultura classica che<br />

consiste in una definitiva alzata <strong>di</strong> spalle ed in<br />

un’espressione tipicamente milanese: «Quanti


Analisi Tecnica. Gadda<br />

anche troppo largamente d’ogni mancata secrezione delle paròti<strong>di</strong> materne. Queste<br />

due dozzine <strong>di</strong> insalivatrici aggiunte – serravano i ranghi a rincalzo dopo la<br />

falange delle titolari, specie ne’ dì <strong>di</strong> sabato, e <strong>di</strong> domenica – erano state ricevute<br />

col titolo <strong>di</strong> zia, se pure soltanto onorario, nei penetrali del Brügna, ossia Forlina,<br />

dopo i meandri del Gesù Borgospesso Bagutta Baguttino Sant’Andrea: e come<br />

zie o mammane erano ammesse rotativamente al leccamento della Mapeppa e<br />

in genere all’usufrutto linguereccio delle più rosate e allettanti pinguizie del <strong>di</strong> lei<br />

corpiciàttolo. Talora il comprensorio linguàtico si estendeva anche al cocò. Talché,<br />

nere, dopo qualche prima incertezza gravitazionale sui più timorati esagoni<br />

d’anticamera, (in<strong>di</strong> gabinetti), erano oggimai pervenute a orbitare con regolarità<br />

copernicana nel proliferante piano dell’eclittica demarpiònica.<br />

Accadeva dunque, ciò è ovvio, che una almeno <strong>di</strong> queste zie, o nonne, o cugine,<br />

o sorelle «che non riuscivano in aritmetica», o anche ad<strong>di</strong>rittura la madre<br />

Il cpv Accadeva dunque... inaugura una delle pagine più belle e ricche dell’Adalgisa, dove la<br />

comicità delle situazioni e dei personaggi sembra suggerire allo scrittore qualche più sereno<br />

sorriso che danno luogo a una serie <strong>di</strong> invenzioni linguistiche in cui la realtà viene ritratta<br />

nella sua configurazione ’barocca’ e deformata. Naturalmente al centro <strong>di</strong> questa realtà sta<br />

la società borghese lombarda, quella dei de Marpioni, ora analizzata nella sua taccagneria, e<br />

sostanziale miseria, secondo un modello più volte sperimentato nella letteratura comica da<br />

Plauto a Moliére a Pirandello.<br />

Espressione dell’avarizia dei padroni sono, come <strong>di</strong> rito, i servi: qui però non alla ricerca <strong>di</strong><br />

cibo, ma vecchi e resi incapaci d’ogni ribellione. Conta che a regolare i rapporti con loro sia<br />

un atteggiamento accon<strong>di</strong>scendente, come sarà quello della madre <strong>di</strong> don Gonzalo, nella<br />

Cognizione del dolore, e tuttavia micragnoso. Giovanna è affetta da gravi problemi al sistema<br />

gastro­enterico (che si riveleranno per una forma, grave, <strong>di</strong> malinconite), i de’ Marpioni amo­<br />

ball!». Resta in sospeso l’esclamazione iniziale,<br />

a meno che non si voglia leggere (e probabilmente<br />

va letto): creatura felice perché vivi con<br />

sorelle ignoranti ed in una famiglia in cui la cultura<br />

è considerata una sciocchezza. Una simile<br />

interpretazione è confermata dal capoverso<br />

seguente Sicché adesso ...; ma mentre adesso<br />

è espresso il nesso logico, appunto: sicché, il<br />

capoverso precedente presenta legami logici<br />

labili soprattutto tra un periodo e l’altro; vi prevale<br />

l’accumulazione in cui trova concretezza a<br />

guardare i singoli oggetti, fatti, persone, eventi<br />

della realtà come entità complesse e contrad<strong>di</strong>ttorie,<br />

illogiche epperciò comiche.<br />

Il capoverso Pipina Felix!.. ha avvio identico a<br />

Creatura felice! con uno straor<strong>di</strong>nario viceversa,<br />

che saltando l’imme<strong>di</strong>ato cpv antecedente, ricollega<br />

logica e <strong>di</strong>scorso tanto più che riprende<br />

la colta Arabia felix <strong>di</strong> memoria classica. Quel<br />

viceversa trae la sua ragion d’essere dalla contrapposizione<br />

tra la bocciatura delle figlie ed il<br />

<strong>di</strong>ploma a pieni voti conseguito dalla madre: la<br />

comicità dell’irrisione sta nella pretesa <strong>di</strong> mettere<br />

sullo stesso piano il <strong>di</strong>ploma in una pratica<br />

lavorativa elementare con la cultura del ginnasio:<br />

questa sciocca ed inutile quella dagli imme<strong>di</strong>ati<br />

risultati pratici. La coor<strong>di</strong>nazione e ad apertura<br />

<strong>di</strong> periodo, rafforzata dal quin<strong>di</strong>, sottolinea la<br />

continuità e conseguenzialità del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong><br />

donna Giulia che così scivola, con una comicità<br />

che sfiora la trage<strong>di</strong>a, dall’allevamento dei polli<br />

ed animali da cortile a quello dei figli (per analogia<br />

coi porcellini): il che <strong>di</strong>mostra la superiore<br />

efficacia della cultura pratica su quella classica<br />

<strong>di</strong> lingue morte.<br />

I cpv Felice creatura !... e Pipina felix!... sono<br />

tra loro collegati da un peculiare tipo <strong>di</strong> anafora;<br />

tra l’uno e l’altro s’incunea il consecutivo, già<br />

menzionato, sicché... che, posto in in esor<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

cpv, evidenza la compatezza del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto<br />

<strong>di</strong> Donna Giulia, e giustifica l’uso del le <strong>di</strong>alettale<br />

come pron. pers. in funzione <strong>di</strong> sogg. Se è così<br />

viene da chiedersi che valore hanno de parentesi<br />

doppie aguzze che isolano privatamente:<br />

trovandosi all’interno <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto esse<br />

non possono che in<strong>di</strong>care la particolare intonazione<br />

con cui la parola viene pronunciata; è, alla<br />

fin dei conti, una sottolineatura <strong>di</strong> colloquialità:<br />

tant’è che vengono imme<strong>di</strong>atamente introdotti<br />

alcuni (come si evince più avanti) interlocutori,<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 129


Analisi Tecnica. Gadda<br />

pollicultrice, si trovasse ogni volta presente al fatto, voglio <strong>di</strong>re all’adacquamento<br />

d’uno o d’altro bernòccolo della migliorìa Ballabio. Ad estrarre dalla in<strong>di</strong>avolata<br />

vitalità della Mapeppa il meglio della sua produzione non occorreva <strong>di</strong> certo il<br />

catetére, come s’è visto: e nemmeno un senatoconsulto. Per modo che «c’era<br />

lì», sempre, qualcuno <strong>di</strong> famiglia, da poter sovrintendere tutte le operazioni <strong>di</strong><br />

soccorso, con la luci<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> spirito e la conseguente autorevolezza e prontezza <strong>di</strong><br />

delibere che si <strong>di</strong>mandano in circostanze <strong>di</strong> tal fatta. Appena lei, povero angiolo!,<br />

congedato inopinatamente il <strong>di</strong>avolo che aveva in corpo, si faceva a <strong>di</strong>ramare il suo<br />

compunto e implorativo S.O.S.: «ho atto pipì a otto !» (ho fatto la pipì addosso),<br />

come un ministro venezuelano che ne abbia appena combinata una delle sue,<br />

imperiosi decreti venivano immantinente ra<strong>di</strong>otrasmessi lungo le anse del budello<br />

noeufcentdesdòtt, con destinazione Giovanna ! Giovanna ! Romualdo ! E quella<br />

specie <strong>di</strong> tromba d’Eustachio che era il passaggio fra latrina e cucina fungeva da<br />

condensatore in stazione arrivo, e ingigantiva il messaggio provocando repentini<br />

sbalzi nel regime <strong>di</strong> circolo (sanguigno-respiratorio) della conturbata Giovanna<br />

rosamente la sovvengono e si preoccupano perché ella non mangi più d’una mezza patata, o<br />

al più una intera; eviti le salse piccanti sì, ma anche le bistecche troppo alte. Se poi le capita<br />

d’inciampare in uno scalino del lungo corridoio buio, dove un esplicito comando proibiva<br />

l’accensione della fiochissima lampa<strong>di</strong>na, le tocca <strong>di</strong> subire la reprimenda <strong>di</strong> donna Giulia<br />

che la riprovera <strong>di</strong> <strong>di</strong>strazione. Che costituisce una vera e propria offesa al provvidenziale<br />

<strong>di</strong>slivello e a chi l’ha progettato.<br />

Tenuta a <strong>di</strong>giuno da trentatré anni Giovanna fa il paio con Romualdo sordo e pressoché paralitico.<br />

L’una e l’altro sono soltanto simboli, non esseri umani: valgono in quanto rappresentano<br />

la con<strong>di</strong>zione nobiliare dei de Marpioni, epperciò poco importano la loro fame, le loro malattie,<br />

la loro età, i loro capitomboli.<br />

a creare un frammento <strong>di</strong> teatro con interno<br />

<strong>di</strong> signore borghesi. Viene così variato il ritmo<br />

sintattico pur all’interno dello stesso registro,<br />

misto <strong>di</strong> <strong>di</strong>aletto e <strong>di</strong> italiano. Registro per altro<br />

che le parole <strong>di</strong> donna Giulia adesso arricchiscono<br />

del francese, sempre in ambito mistilingue<br />

(così blanche et rose e più avanti Tout est bien,<br />

sortant).<br />

L’attenzione <strong>di</strong> G. al tono della parola teatrale<br />

trova conferma in quell’emanava imperiatoriamente,<br />

che rende una perentorietà che non<br />

ammette repliche o ripensamenti (l’avverbio<br />

è formazione gad<strong>di</strong>ana): non voglio ... voglio.<br />

Comprensivo della condanna d’ogni letteratura<br />

degradata al ragno <strong>di</strong> asinata. Non meraviglia<br />

che gli interlocutori che prima avevano osato<br />

chiedere chiarimenti sullo stu<strong>di</strong>o delle figlie,<br />

adesso ammutoliscano: ma appartengono allo<br />

stesso tipo sociale e pertanto il loro silenzio<br />

è determinato dalla con<strong>di</strong>visione delle verità<br />

luminose della dottrina.<br />

Il lessico<br />

Riproponiamo l’<strong>analisi</strong> <strong>di</strong> alcune espresioni,<br />

non perché il lessico sia sufficiente a spiegare<br />

la grandezza <strong>di</strong> G., ma perché è l’elemento<br />

130 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

più facilmente riutilizzabile dai giovani ai quali<br />

raccoman<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> attendere a <strong>di</strong>vintare famosi<br />

per permettersi quelle libertà morfologiche che<br />

possiamo rinvenire nell’Adalgisa.<br />

Benigna stella: è espressione <strong>di</strong> F. Petrarca,<br />

Rvf, 241, 11.<br />

Contrononna: Neologismo che, probabilmente,<br />

allude ad una signora, non legata da <strong>di</strong>retta<br />

paren­tela, ma che d’abitu<strong>di</strong>ne ha assunto le<br />

funzioni della nonna.<br />

Serbatoi <strong>di</strong> saliva assortiti: metonìmia per<br />

signore <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso legame parentale o amicale<br />

<strong>di</strong>sposte a baciarla. Vedrei anche la presenza<br />

dell’iperbole in serbatoi che mette in rilievo<br />

l’eccesso <strong>di</strong> trasporto affettivo verso la piccola.<br />

Indennizzavano: il verbo ha nell’uso comune una<br />

forte accezione economica: ma data l’età della<br />

protagonista pare adeguatissimo.<br />

Mancata secrezione delle paroti<strong>di</strong> materne:<br />

metonìmia per in<strong>di</strong>care l’assenza <strong>di</strong> effusioni<br />

affettive della madre, troppo occupata nei<br />

rapporti sociali. Tipo <strong>di</strong> G. è altresì il ricorso alla<br />

terminologia me<strong>di</strong>ca: in particolare secrezione<br />

e paroti<strong>di</strong>, che rendono il carattere freddo e<br />

<strong>di</strong>staccato <strong>di</strong> Donna Giulia.<br />

Insalivatrici aggiunte... titolari: ricorrono qui


Analisi Tecnica. Gadda<br />

la quale soffriva <strong>di</strong> arteriosclerosi, e bloccando la peristalsi d’un esofago piuttosto<br />

delicato, alle prese con una patata. Questo, dopo pranzo. Il traballante Romualdo,<br />

invece, andava esente da ogni obbligo <strong>di</strong> recezione, sia perché prossimo a venir<br />

inscritto nell’Albo Nazionale dei Paralitici, sia perché un po’ duro d’orecchi: era<br />

anzi sordo come un caciocavallo: a un tal punto, sordo, che a domandargli chi<br />

fosse, che aveva sonato, rispondeva «giovedì, gioedì sédess».<br />

La pàvida vecchia aveva resistito per trentatre anni a convivere con la generosità<br />

«d’i so sciori», i quali, a esser giusti, non avevano mancato un momento <strong>di</strong><br />

usare al suo stomaco un po’ rattrappito le più amorevoli attenzioni, e a tutto il suo<br />

sistema gastroenterico in genere affetto com’esso risultò da una grave forma <strong>di</strong><br />

malinconite «che risaliva agli anni dell’infanzia»: così il dottor Piva. Perciò evitare<br />

salse piccanti, bistecche <strong>di</strong> eccessiva cubatura, ecc. ecc. I de’ Marpioni anzi, prima<br />

i vecchi, poi la generazione del N. H. Cipriano, si erano gradualmente convinti che<br />

la miglior me<strong>di</strong>cina, «per la povera Giovanna», era nient’altro che una mezza, o<br />

anche intera, patata lessa: a pranzo: e altrettanto a cena. La mattina, «magari»,<br />

verso le otto, un po’ <strong>di</strong> latte, tanto da rompere il <strong>di</strong>giuno.<br />

Sicché a quel richiamo così severo, così duro, «Giovanna ! Giovanna !… ma<br />

Giovanna !», potenziato dall’altisonante anticesso, la sciagurata fantesca, aperta a<br />

metà la bocca, si dava dapprima a sventolar le mani, allibita, in cerca d’un qualche<br />

cosa che non sapeva nemmeno lei cosa dovesse essere, poi, manco a farlo apposta,<br />

la si sentiva cader preda <strong>di</strong> un repentino capogiro e del sudor freddo, accompagnati<br />

dalla solita angoscia, nausea, tachicar<strong>di</strong>a, cefalea, e <strong>di</strong>spnea: e talvolta <strong>di</strong>arrea. E<br />

così seguitava boccheggiando e annaspando come fantàsima: tra il senso del dovere,<br />

la voglia <strong>di</strong> vomitare, e la paura <strong>di</strong> mollare: con davanti il su<strong>di</strong>ciume inane<br />

dell’apparecchio <strong>di</strong> nettezza – cenci, scope, spazzolone, segatura, fregoni marci:<br />

alcuni termini tecnici propri della burocrazia<br />

e specif. militare: aggiunto, serrare, ranghi,<br />

rincalzo, titolare. Militare e classico è falange.<br />

Andrà sottilineato il variare della terminologia ?<br />

Mammane: il termine deriva dai <strong>di</strong>aletti meri<strong>di</strong>onali<br />

(ma reso letterario da Pirandello) nei quali<br />

ha accezione <strong>di</strong> levatrice.<br />

Rotativamente ... leccamento: benché sia d’uso<br />

l’agg. rotativo utilizzato in meccanica e in<br />

agraria, noi cre<strong>di</strong>amo che qui occorra rifarsi alla<br />

macchina tipografica detta rotativa nella quale<br />

un cilindro­matrice intriso d’inchiosto lascia la<br />

sua traccia sulla carta trascinata da un altro<br />

cilindro che la preme contro il primo.<br />

Usufrutto linguereccio: <strong>di</strong> origine giuri<strong>di</strong>ca usufrutto<br />

conserva il valore <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto a godere con la<br />

lingua. Persiste, ovviamente il registro comico,<br />

in quest’allargarsi, moltiplicarsi delle persone<br />

che ambiscono sbaciucchiare la bimba, ma il<br />

gesto affettuoso è fortemente correlato all’eccesso<br />

<strong>di</strong> trasporto, sì che il gesto acquista<br />

dell’animalesco.<br />

Comprensorio linguàtico: il sostantivo in<strong>di</strong>ca<br />

un territorio sottoposto a particolari vincoli o<br />

benefici. Qui la metafora vale per le parti del<br />

corpo che era possibile baciare.<br />

Talché....demarpiònica: il fil rouge concettuale<br />

potrebbe essere la volontà <strong>di</strong> traguardare le<br />

pretese <strong>di</strong> nobiltà dei de Marpioni dal punto<br />

<strong>di</strong> vista, provocatoriamente comico, della più<br />

banale azione della più piccola delle componenti<br />

della famiglia. Ora, quelle pretese hanno<br />

modo <strong>di</strong> manifestarsi nella presenza, attorno a<br />

donna Giulia, <strong>di</strong> tante figure <strong>di</strong> più o meno parenti<br />

che fanno atto <strong>di</strong> sottomissione esibendo<br />

l’(eccessivo) affetto per la piccola. G. sviluppa la<br />

metafora d’uso comune essere nell’orbita <strong>di</strong>...:<br />

<strong>di</strong> qui la terminologia astronomica incertezza<br />

gravitazionale, orbitare, regolarità copernicana,<br />

piano dell’eclittica.<br />

Timorati esagoni: mattonelle timorose epperciò<br />

tremanti, traballanti, o, meglio, che riflettevano<br />

il timore <strong>di</strong> chi vi passava(che è un’ipallage).<br />

Più su abbiamo trovato timorato riferito a<br />

scarafaggio.<br />

Oggimai: forma letteraria per ormai.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 131


Analisi Tecnica. Gadda<br />

finché finalmente le veniva fatto <strong>di</strong> imporre un vittorioso bavaglio alla tentazione<br />

<strong>di</strong> correre al cesso per conto proprio, che, del resto, la sarebbe arrivata appena<br />

appena in tempo. E con tutto quell’arrabattarsi e quel darsi a tribolo in mano a ai<br />

cenci e alle scope, non la riusciva tuttavia a placare l’irruenza delle intimazioni,<br />

degli or<strong>di</strong>ni: sempre più catastrofici della buia lontananza dell’epicentro. Il gastigo<br />

alluvionale pareva sommergere ogni più cara domesticità della Spiga: «Ma Giovanna<br />

!… Ma Romualdo !…»: silenzio e cachessia.(10) «Ma ho detto <strong>di</strong> portare<br />

una palata <strong>di</strong> segatura !… Ma non sentite che la Mapeppa ha sporcato ?… Ma siete<br />

sor<strong>di</strong>, oggi ?» La crudele intimazione veniva latrata dal fondo imperscrutabile del<br />

corridoio, come urlo nuovo e recente da una caverna del cambrico o del devoniano:<br />

la costernata Giovanna si affannava con la pala <strong>di</strong> segatura, a 140 pulsazioni per<br />

minuto, lungo la tenebrosa uretra del Brügna: e nel momento più buio proprio<br />

d’una <strong>di</strong> quelle anse del Brügna – specie <strong>di</strong> strette o <strong>di</strong> svolte meandriche d’un<br />

intestino pregiopontiano – occorse anche, talvolta, che la intoppasse quando<br />

meno ci pensava nel gra<strong>di</strong>no maledetto ! In cui del resto soleva inciampare quasi<br />

ogni volta, dopo il trasloco del ’20. Era allora che l’andava là lunga e <strong>di</strong>stesa nella<br />

notte, lei e la pala e la segatura, a dar della faccia contro uno dei mille esagoni, il più<br />

<strong>prof</strong>umato magari: col rischio <strong>di</strong> rompersi una qualche gamba: e senza nemmeno<br />

sperare d’essere a metà strada del pipì.<br />

Allora, in un impeto, le due ragazze più gran<strong>di</strong> accorrevano: giravano la chiavetta<br />

della luce, sommergendo l’imperativo agnatizio a della parsimonia(11) nel<br />

subbuglio repentino della carità. E la sollevavano, con una certa loro amazonica<br />

<strong>di</strong>sinvoltura, sotto il lume <strong>di</strong> catacomba d’una lampa<strong>di</strong>na a filo <strong>di</strong> carbone da<br />

quattro candele: (come in allora ce n’era <strong>di</strong>molte, a Milano, ch’io sappia, ne’ servizi<br />

e negli scaloni de’ signori). E la carezzavano e le <strong>di</strong>cevano «povera Giovanna,<br />

10 Cachessia ovvero stato cachettico è la specie esteriore d’una estrema inabilità funzionale<br />

dell’organismo.<br />

11 «L’imperativo agnatizio della parsimonia, ecc. Le lampa<strong>di</strong>ne a filo <strong>di</strong> carbone consumano<br />

al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> un watt per candela: ma per 8 candele sarebbono circa 2 centesimi all’ora, alla tariffa<br />

me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> oggi.<br />

a Agnatizio, da agnato, parente maschio: in questo caso padre.<br />

b Spigherecci, la casa era in via della Spiga.<br />

La sintassi<br />

Complessa risulta l’<strong>analisi</strong> del periodo gad<strong>di</strong>ano<br />

che segue un andamento tonale, come se fosse<br />

parlato. Esaminiamo il cpv La pàvida vecchia...<br />

Il 1º periodo si apre con la principale (aveva<br />

resistito), che regge una relativa (non avevano<br />

mancato) interrotta da un inciso in cui il narratore<br />

esprime il proprio punto <strong>di</strong> vista. La relativa si<br />

chiude con amorevoli attenzioni, complemento<br />

oggetto dell’oggettiva; si prolunga, però, nella<br />

coor<strong>di</strong>nazione e: la quale e non coor<strong>di</strong>na due<br />

frasi bensì due complementi <strong>di</strong> termine (al suo<br />

stomaco... e a tutto il sistema) con un piccolo<br />

salto logico all’in<strong>di</strong>etro. A tale prolungamento<br />

afferisce la causale affetto com’esso risultò, che<br />

a sua volta confluisce in una relativa, presentata<br />

132 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

come frammento <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto segnato<br />

dalle doppie parentesi aguzze, con la necessaria<br />

<strong>di</strong>chiarativa, ellittica del vb (frase nominale). Il<br />

punto fermo sembra segnare la fine del periodo,<br />

in realtà il successivo (2º) si apre con un perciò<br />

consecutivo seguito da una serie <strong>di</strong> infiniti con<br />

valore iussivo che esprimono chiaramente la<br />

prescrizione del dottor Piva (rivista e corretta da<br />

G.): non si tratta, dunque, <strong>di</strong> un vero e proprio<br />

nuovo periodo, ma della prosecuzione in forma<br />

in<strong>di</strong>retta del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto precedente.<br />

Il 3º periodo I de’ Marpioni... si erano ... convinti<br />

presenta un anzi nell’accezione – non comune<br />

benché non rara – <strong>di</strong> ’ancor meglio’ che si collega<br />

fortemente alla prescrizione del me<strong>di</strong>co,<br />

della quale è una correzione (ironicamente) in<br />

meglio. Come nel periodo 1º, subito dopo il


Analisi Tecnica. Gadda<br />

povera Giovanna, ti sei fatta male», e poi scoppiavano a ridere nell’allegrezza<br />

dei loro quin<strong>di</strong>ci anni spigherecci: b e anche la padrona, mollata un momento la<br />

piccola a frignar da sola nel crepuscolo, arrivava a sua volta, lambendo con le due<br />

anche le due pareti della corsìa, e le or<strong>di</strong>nava a sua volta <strong>di</strong> essersi fatta male: al<br />

quale invito bisognava ottemperare con la miglior grazia, a scanso <strong>di</strong> interminabili<br />

reprimende. «Ti sei fatta male, eh ?… ma un’altra volta cerca <strong>di</strong> stare un po’ più<br />

attenta, cara la mia Giovanna !… perché il dente del giu<strong>di</strong>zio lo devi aver su da<br />

un pezzo… oramai…»<br />

Il gra<strong>di</strong>no era un gra<strong>di</strong>no Brügna, o, per esser più esatti, era stato riprogettato<br />

«in sede <strong>di</strong> migliorìa», cioè valorizzazione e potenziamento <strong>di</strong> palazzo Condulmari,<br />

dal Grand’Ufficial Dottor Ingegnere Odoardo Forlina, del nòster Politéknik, e<br />

locato ai nobili de’ Marpioni con regolare contratto <strong>di</strong> affitto, insieme a tutti gli<br />

altri gra<strong>di</strong>ni dell’appartamento. La tombola perio<strong>di</strong>ca della Giovanna costituiva<br />

dunque una mancanza <strong>di</strong> riguardo, se ci riflettete, a così provvidenziale <strong>di</strong>slivello:<br />

e in conseguenza al Politecnico, al senator Colombo,(12) e alla «bontà e generosità»<br />

delle nobili famiglie Condulmari <strong>di</strong> Asnàgo, exproprietari, Forlina locante,<br />

e de’ Marpioni, affittante. Che da trentatré anni, quest’ultima, teneva al proprio<br />

servizio la Giovanna stessa.<br />

[…]<br />

L’elevato sentire, beninteso, non le [a donna Giulia] impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> ridurre<br />

mensilmente alla <strong>di</strong>sperazione i commessi delle Seterie e Passamanerie Milanesi<br />

Carugati & Bondanza S. A., il primo negozio del genere in tutta Milano, <strong>di</strong>cono,<br />

quando gli capitava in negozio <strong>di</strong>eci minuti prima della chiusura <strong>di</strong> mezzogiorno;<br />

con un campioncino, un filuzzo, d’una matassina <strong>di</strong> seta color pisello, secondo lei:<br />

12 Il senator Colombo: cioè Giuseppe Colombo ingegnere, Senatore del Regno, Gran Cordone<br />

<strong>di</strong> non rammento quale Or<strong>di</strong>ne, docente <strong>di</strong> tecnologie meccaniche e <strong>di</strong>rettore del Politecnico.<br />

Fu uomo d’alta statura e d’alto intelletto, <strong>di</strong> signorili portamenti. Il suo nome è immortalato dal<br />

Manuale Colombo: (Ulrico Hoepli, Milano, 345ª e<strong>di</strong>zione).<br />

soggetto, due incisi, allargano il quadro narrativo<br />

introducendo la storia (prima ..., poi) del<br />

convincimento. Anche nell’oggettiva al soggetto<br />

segue un inciso, un complemento <strong>di</strong> relazione<br />

un po’ pleonastico ancora in un frammento <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto senza deissi; infine, anche il<br />

pre<strong>di</strong>cato composto da un agg. ed un sost. è<br />

interrotto da una correzione. Con forte accento<br />

colloquiale le due olofrastiche <strong>di</strong>chiarative. Il<br />

4º ed ultimo periodo è ellittico del vb. (frase<br />

nominale: questa costruzione è assai frequente<br />

in G.); riprende la scansione temporale delle<br />

<strong>di</strong>chiarative del 3º e propone quel po’ <strong>di</strong> latte<br />

come pre<strong>di</strong>cato <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina della precedente<br />

oggettiva. L’intero cpv sembra così procedere<br />

per aggiunte (<strong>di</strong> tipo colloquiale), con recuperi<br />

<strong>di</strong> ciò che è stato detto prima, all’apparenza<br />

frammentario e <strong>di</strong> fatto <strong>di</strong>gressivo rispetto il<br />

micro­evento della per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> da parte<br />

della bambina. Di fatto è la completa descrizione<br />

del micragnoso paternalismo dei de Marpioni,<br />

della piccineria della piccola nobiltà lombarda in<br />

meschina combutta con la classe dei <strong>prof</strong>essionisti<br />

(me<strong>di</strong>ci e, più avanti, ingegneri) ai danni dei<br />

deboli. La micro<strong>analisi</strong> proposta non pretende<br />

<strong>di</strong> assurgere a para<strong>di</strong>gma <strong>di</strong> lettura dell’intera<br />

Adalgisa, e tanto meno dell’intera opera, tuttavia<br />

essa mostra come il periodare dello scrittore<br />

milanese tenda a rendere il tono con cui le frasi<br />

le parole vanno lette. L’interpunzione ha funzione<br />

sonora non logica quasi il testo insieme fosse<br />

mimesi della conversazione borghese e fosse<br />

destinato alla recitazione.<br />

La riprova è in quel sicché che apre il cpv<br />

successivo con valore consecutivo esplicita la<br />

natura <strong>di</strong> premessa dell’intero cpv precedente:<br />

questo è dunque sguardo d’insieme, miniatura<br />

complessiva dell’interno <strong>di</strong> casa Marpioni, dove<br />

però ogni tratto, ogni sfumatura, che si aggiunge,<br />

o meglio s’accumula serve a delimitare nel<br />

meschino, nell’avaro, nel vano le pretese dei<br />

de’ Marpioni.<br />

È questo certo uno dei passi più costruiti dell’intera<br />

Adalgisa. Quanto più la scena è concitata<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 133


Analisi Tecnica. Gadda<br />

o un ritaglio color beige: (nel pronunziare la qual parola il suo volto si accendeva<br />

<strong>di</strong> bagliori tintoretteschi). Una volta lì, col pretesto del pisello e del beige, e sul<br />

fondamento della sua propria sincrética certezza, «ne sono sicura, assolutamente<br />

sicura !», data anche la spettacolosa circonferenza e l’enormità della massa, era vana<br />

cosa, mi assicuravano quei giovanotti, sperare <strong>di</strong> potersela levar dai minchioni un<br />

minuto prima del tocco. Perché il nuovo pisello esibìtole era sì un pisello, ma non<br />

il pisello della sua ex-matassina, <strong>di</strong> cui quel superstite filuzzo testimoniava anche<br />

troppo validamente la oggimai consumata rarità: e il beige… sì, era un beige, ma<br />

non il beige che cercava lei… come quello che le avevano venduto tre anni prima…<br />

proprio la vigilia <strong>di</strong> San Bàbila… «San Bàbila ?» Ma sì ! quando c’era ancora il<br />

cavalier Bernasconi… «Il cavalier Bernasconi ?»<br />

«Ma sì !… cioè no… volevo <strong>di</strong>re el cavalier… me se ciama… speta… el cavalier<br />

Bartesaghi !» Quell’ideogramma valeva da repentino sperone, la vis emulativa<br />

si sprigionava a un tratto dai bulbi: tale Carlo III a sentir nominare Carlo II. Lo<br />

stimolo emulativo agiva come toccare l’elettrico.<br />

In un battibaleno, non ostante l’impendere del mezzogiorno, tutta la sciagurata<br />

novecenteria dell’architetto Basletta – cristalli, e cassetti <strong>di</strong> rà<strong>di</strong>ca, e maniglie e<br />

pomi anticorodàl(18) – andava per la centesima volta a soqquadro. Altro che<br />

vigilia <strong>di</strong> San Bàbila ! Una babilonia <strong>di</strong> scatole, <strong>di</strong> matasse, <strong>di</strong> matassine, <strong>di</strong> trecce,<br />

un’insalata <strong>di</strong> pezze sciorinate sui bancali in tutte le sfumature dell’iride; quali solo<br />

si possono concepire a carico <strong>di</strong> oneste e servizievoli Seterie e Passamanerie Mila-<br />

18 Anticordàl è una lega leggiera (base allumionio) a<strong>di</strong>bita pure al manigliame, in sede autarchica<br />

e novecentesca.<br />

19 «Montonavano» è lomb. per ammucchiavano.<br />

20 «Tomborlavano» è lomb. e onomatopeico per tombolavano: e <strong>di</strong>cesì altresì delle cose, e<br />

non soltanto delle persone.<br />

tanto più il periodo s’arricchisce d’incisi che<br />

aggiungono particolari a ritrarre la confusione<br />

<strong>di</strong> persone, <strong>di</strong> cose, <strong>di</strong> gesti, <strong>di</strong> sentimenti e<br />

sensazioni che l’evento urinario provoca. Diremo<br />

solo <strong>di</strong> alcune costanti: la prima è costituita dalla<br />

enumeratione (angoscia, nausea, tachicar<strong>di</strong>a,<br />

cefalea, e <strong>di</strong>spnea: e talvolta <strong>di</strong>arrea; il senso del<br />

dovere, la voglia <strong>di</strong> vomitare, e la paura <strong>di</strong> mollare;<br />

cenci, scope, spazzolone, segatura, fregoni<br />

marci); allo stesso modo <strong>di</strong> scrittura appartiene<br />

il frequente raddoppiamento (boccheggiando e<br />

annaspando; l’irruenza delle intimazioni, degli<br />

or<strong>di</strong>ni; urlo nuovo e recente; del cambrico o<br />

del devoniano); onde il ricorso all’iperbole (del<br />

cambrico o del devoniano; a 140 pulsazioni per<br />

minuto) sino al paradosso (per pulire Giovanna<br />

ricorre a fregoni marci; o se avesse ceduto alla<br />

voglia <strong>di</strong> andare al cesso sarebbe arrivata appena<br />

appena in tempo). In seguito alle imprese<br />

della piccola e agli impulsi <strong>di</strong> Giovanna l’intera<br />

casa si trasforma nella parte deiettiva del corpo<br />

umano: il corridoio si connota come i meandri<br />

dell’intestino ed in uretra.<br />

Il lessico<br />

134 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Ridurre mensilmente alla <strong>di</strong>sperazione: ridurre<br />

alla <strong>di</strong>sperazione è atto estremo e finale: qui<br />

grazie all’avverbio <strong>di</strong>viene ripetitivo.<br />

Sincrética certezza: certezza basata su più elementi<br />

(non per forza corrispondenti alla realtà).<br />

Potersela levar dai minchioni: espressione volgare<br />

d’origine meri<strong>di</strong>onale.<br />

Consumata rarità: è un’ipallage fortemente<br />

ironica: ché la rarità del colore deriva dal fatto<br />

che il compioncino, o il filuzzo è consumato.<br />

Tre anni prima... la vigilia <strong>di</strong> San Bàbila: sono gli<br />

elementi delle sincrética certezza.<br />

Ideogramma: letteralmente l’ideogramma è un<br />

simbolo grafico che rappresenta un’idea, qui<br />

è un nome pronunciato (per sineddoche) che<br />

simboleggia un <strong>di</strong>verso modo <strong>di</strong> trattare con i<br />

clienti ed una più ampia possibilità <strong>di</strong> scelta<br />

tra le merci.<br />

La vis emulativa si sprigionava... dai bulbi: dunque<br />

l’orgoglio sta nei bulbi: nei piliferi che faceva<br />

drizzare i capelli (cfr. toccare l’elettrico). Se vis,<br />

latino, allude all’adozione <strong>di</strong> un linguaggio aulico<br />

(fortemente ironico data la banalità della situazione)<br />

bulbi stempera e tronca l’ascensione del<br />

registro aulico.<br />

Impendere del mezzogiorno: il verbo ha anche


Analisi Tecnica. Gadda<br />

nesi Carugati & Bondanza S. A. aventi a controparte una gentildonna <strong>di</strong> elevato<br />

sentire, milanese o no, dopo uno stormo <strong>di</strong> altre clienti altrettanto volitive, con<br />

<strong>di</strong>soccupata mattina a <strong>di</strong>sposizione. Pezze su pezze, scatole su scatole, si montonavano<br />

(19) sul banco: o ne tomborlavano (20) fuora, e giù dal banco e dalle scatole,<br />

rocchetti, gomitoletti, gomitoloni <strong>di</strong> più tinte, tubetti e telaietti in cartoncino, a<br />

cariche multicolori, come piccoli aspi, gli aspi infiniti della servizievole possibilità.<br />

Compatte o scarmigliate matassine, in tutta la gamma del campionario, campioni<br />

d’ogni tipo e d’ogni risma, venivano pasticciosamente <strong>di</strong>slocati, a quell’ora, da<br />

una scatola nell’altra, in un’angoscia e in un arruffìo da non <strong>di</strong>re: poi ricercate<br />

nervosamente, poi ritrovate, poi riperdute. Dal registratore della cassa, con un<br />

tintinno come <strong>di</strong> campanello a ogni battuta, dal militante e trionfante ingranaggio,<br />

si sgranava ancora in un galoppo filato la balda meccanica deglutitrice dell’incasso,<br />

coi soli arresti e coi tristi e <strong>di</strong>sperati imbarazzi pel resto e le code <strong>di</strong> frazione, «per<br />

caso non ha moneta, signora?», tra il frustume delle lire marce e la nichelaglia o<br />

ramaglia o acmonitaglia dei soldarelli, nichelini, decini gobbi e sbilenchi sol<strong>di</strong>ni,<br />

e qualcuno anche del Papa e della Repubblica <strong>di</strong> San Marino, volto e rivolto e<br />

scrutato e analizzato per ogni verso nei <strong>di</strong>ffidenti riscontri, con l’occhio velenoso<br />

del <strong>di</strong>spetto, nell’adunco livore della taccagneria.<br />

E guardate lunghe, soavi guardate da una rosea facciona <strong>di</strong> tettameo, del <strong>di</strong>rettore<br />

<strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta, ai banchi e alle uscite: e rapi<strong>di</strong> e nervosi strali de’ commessi alle mani<br />

annoiate delle belle, sul banco: mani che paiono assaporare al tatto quei lussi e le<br />

sciorinate dovizie, assaporare e ripu<strong>di</strong>are, desiderare e respingere, volere e nolere.<br />

Ma le manine, le manone, le borsette, le borsone, i precedenti pacchi e pacchetti,<br />

nel pandemonio meri<strong>di</strong>ano del bazar ! All’uso volgare si <strong>di</strong>ce, con tutto questo,<br />

si <strong>di</strong>ce tener d’occhio. Tra belle mani, le mani del biondo angelo sgraffignone, e il<br />

suo scaltro marsupio, sono sempre potenzialmente presenti.<br />

uso nell’italiano letterario: qui ha invece l’accezione<br />

latina (da impendeo) <strong>di</strong> ’incombere,<br />

sovrastare’.<br />

Sciagurata novecenteria: il sostantivo è formato<br />

sull’es. <strong>di</strong> cineseria, che in<strong>di</strong>ca, sì, oggetti provenienti<br />

dalla Cina, ma con qualche sfumatura<br />

<strong>di</strong>spregiativa. È palese la polemica <strong>di</strong> G. contro<br />

la pretenziosità dell’ingegneria (dell’architettura)<br />

milanese.<br />

San Bàbila ... babilonia: assonanza <strong>di</strong>ssacratoria<br />

(paronomasia).<br />

Di scatole, <strong>di</strong> matasse, <strong>di</strong> matassine, <strong>di</strong> trecce,<br />

un’isalata <strong>di</strong> pezze: si tratta della tipica enumerazione<br />

(accumulazione) gad<strong>di</strong>ana, che<br />

rende perfettamente la confusione creata dalla<br />

assurda richiesta <strong>di</strong> donna Giulia; ma soprattutto<br />

rende la confusione dei valori giacché quella<br />

babilonia è provocata dallo spirito servizievole<br />

dei commessi che benché malpagati, benché<br />

stanchi della mattinata, accon<strong>di</strong>scendono servilmente<br />

alle richieste <strong>di</strong> gentildonne <strong>di</strong> elevato<br />

sentire le quali cercano <strong>di</strong> dare un senso alla<br />

<strong>di</strong>scoccupata mattina a <strong>di</strong>sposizione.<br />

Montonavano ... tomborlavano: due termini<br />

<strong>di</strong>alettali milanesi dopo i latini impendere e vis,<br />

e il siciliano minchioni.<br />

Pezze su pezze ... poi riperdute: è veramente<br />

un pezzo <strong>di</strong> bravura, dove è possibile notare<br />

ancora il ricorso all’accumulazione, e l’<strong>analisi</strong><br />

minuta dei gesti, anch’essi <strong>di</strong>sposti in crescendo<br />

d’ansia e <strong>di</strong> servilismo. La descrizione<br />

del <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne provocato dalla richiesta della<br />

donna emargini l’evento dell’acquisto già insignificante<br />

in sé: confusione emarginazione<br />

insignificanza si aggrumano qui a testimoniare<br />

in sintesi l’inestricabile groviglio della vita, per<br />

altro rappresentato dall’intero <strong>di</strong>segno milanese<br />

e dall’intera opera <strong>di</strong> G. Ma si notino anche<br />

le scarmigliate matassine, dove il part. pass.<br />

recupera tutto il valore etimologico dervando<br />

da ex-cardare, dove cardare significa pettinare<br />

ed è usato per la lana; e quell’inciso, perfetta<br />

calettatura, <strong>di</strong> a quell’ora.<br />

Nichelaglia, ramaglia, acmonitaglia: rispettivamente<br />

da nichel, rame e acmonital, che sono<br />

metalli o leghe <strong>di</strong> metalli con i quali si coniavano<br />

le monete. Oltre ai suffissi <strong>di</strong>spregiativi cfr.<br />

l’omoteleuto.<br />

Con l’occhio velenoso del <strong>di</strong>spetto, nell’adunco<br />

livore della taccagneria: posti in posizione<br />

chiasmica rispetto alla doppia coppia <strong>di</strong> volto e<br />

rivolto e scrutato e analizzato la coppia in questione<br />

assegna un attributo concreto ad uno<br />

stato psicologico: anche i due attributi sono<br />

costruiti in chiasmo il primo, occhio velenoso, è<br />

costituito da un sost. + un agg., la concretezza<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 135


Analisi Tecnica. Gadda<br />

E adesso nella urgenza dell’ora, col rotolare dei tram, fuori, che si rincorrevano<br />

rotolando stipati verso il risotto: sotto lo sguardo imperativo della gentildonna<br />

committente: a cui una bava sà<strong>di</strong>ca, nel frattempo, doveva <strong>di</strong> certo fluitarle giù<br />

per il gargarozzo fin giù nelle trombe e nei fondali dell’anima. La cera dei <strong>di</strong>sgraziati<br />

giovanotti, dei descuidados che avevano avuto l’imprudenza <strong>di</strong> salutarla e<br />

ossequiarla al primo entrare, ilari e pieni <strong>di</strong> omaggi, col bocchino intirizzito a<br />

cul <strong>di</strong> pollo, magari, e una rispettosa e volonterosa fregatina <strong>di</strong> mani: «Signora,<br />

buongiorno. Buongiorno, signora. La signora desidera ?», adesso, poverini, se ne<br />

accorgevano ! la cera gli si allungava a vista d’occhio, la deperiva <strong>di</strong> minuto in<br />

minuto, emaciando e scolorando in una specie <strong>di</strong> tubercolosi al galoppo. Grosse<br />

gocciole <strong>di</strong> sudore gli imperlavano la fronte, belli miei; brillantina liquefatta, dai<br />

capelli unti, gli si s<strong>di</strong>linquiva giù per il collo; <strong>di</strong>etro gli orecchi, in una scolatura<br />

oleosa. Il panciutello <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta, non più Bartesaghi oggimai, Carlo II<br />

cioè, sibbene Consonni cavalier Amilcare, ossia Carlo III, aveva un bel dondolare<br />

la gamba, nervoso lui ! col suo cravattino <strong>di</strong> <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta, nervosetto ! sì, stai<br />

fino ! un bel fulminare occhiate da primo console a quei poveri polli <strong>di</strong> commessi:<br />

all’atto pratico neanche lui non osava rifiatare. Lustrati da vincolo <strong>di</strong> parentela coi<br />

Bondanza, con gli azionisti e padroni, accesi in un fiammeggiante corruccio, i due<br />

occhi <strong>di</strong> donna Giulia si puntavano sull’Amil care come <strong>di</strong> vipera sul terrorizzato<br />

passerotto: ne recidevano i deferenti e gli impulsi ribelli, lo inchiodavano al silenzio.<br />

Lo paralizzavano in un repentino sorriso d’automa, che poi gli si ghiacciava sulla<br />

faccia come il rictus cadaverico sulla faccia <strong>di</strong> chi ha ultimato <strong>di</strong> fungere.<br />

La sirena del mezzogiorno, ecco, impazzava e sgrondava giù dalle torri, e dalle<br />

grondaie dei tetti: un serpente con lo stomaco vuoto: e lei alta ed enorme davanti<br />

poggia sul sost.; il secondo, adunco livore, è<br />

costituito da un agg. + un sost., la concretezza<br />

poggia sull’agg.<br />

E guardate ... potenzialmente presenti: il cpv<br />

è costituito pressoché per intero da frasi nominali,<br />

alcune delle quali reggono relative. Le<br />

costruzioni nominali sono supportate dalle accumulazioni,<br />

una <strong>di</strong> infiniti. Solo l’ultima frase ha<br />

costruzione verbale; ma il verbo vien messo alla<br />

fine dopo la lunga perifrasi ironica del biondo<br />

angelo sgraffignone, e il suo scaltro marsupio.<br />

E adesso nella urgenza dell’ora, col rotolare dei<br />

tram, fuori, che si rincorrevano rotolando stipati<br />

verso il risotto: notevole l’allitterazione: E adesso<br />

nella uRgenza dell’oRa, col RotolaRe dei<br />

tRam, fuoRi, che si RincoRRevano Rotolando<br />

stipati veRso il Risotto.<br />

Una bava sà<strong>di</strong>ca, ..., doveva ... fluitarle giù per<br />

il gargarozzo fin giù nelle trombe e nei fondali<br />

dell’anima: ’fluitare’ è verbo d’origine dotta,<br />

gargarozzo è popolare. Le trombe cui allude G.<br />

sono quelle <strong>di</strong> Falloppio dell’apparato genitale.<br />

Di qui la bava passa all’anima: è lo straor<strong>di</strong>nario<br />

percorso del sa<strong>di</strong>smo <strong>di</strong> donna Giulia che,<br />

passando attraverso la sua femminilità, giunge<br />

nelle parti più <strong>prof</strong>onde della sua anima.<br />

Descuidados: spagnolo: imprudenti.<br />

Gli imperlavano la fronte ... gli si s<strong>di</strong>linquiva:<br />

G. adotta qui il linguaggio popolare nel quale<br />

136 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

l’uso (erroneo) <strong>di</strong> gli in luogo <strong>di</strong> loro è, ahimé,<br />

frequente.<br />

Oggimai... sibbene: forme letterarie.<br />

Nervoso lui ! ... nervosetto ! ...sì, stai fino !: sono<br />

frammenti <strong>di</strong> un, per così <strong>di</strong>re, <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto<br />

libero in cui l’autore si rivolge e coinvolge con<br />

i suoi personaggi. Non cre<strong>di</strong>amo sia possibile<br />

nell’estrema varietà della sintassi gad<strong>di</strong>ana,<br />

valutare precisamente una volta per tutte la<br />

natura <strong>di</strong> questi incisi: certo è che sono interventi<br />

in cui ora ironizza, nello specifico in<strong>di</strong>cato,<br />

ora commenta, ora riflette: sempre svelano il<br />

coinvolgimento dello scrittore (e del lettore!)<br />

nel groviglio della realtà. Conta notare come<br />

ritmino il costrutto del periodo, ad evidenziare<br />

i singoli particolari, a sottolinearli con la variazione<br />

del tono.<br />

Quei poveri polli dei commessi: che avevano<br />

accolto la cliente con la bocca a cul <strong>di</strong> pollo.<br />

Lustrati da vincolo <strong>di</strong> parentela...: gli occhi <strong>di</strong><br />

donna Giulia sono resi lustri, cioè ’luci<strong>di</strong>’ ma<br />

anche ’illustri’, dalla parentela: G. si avvale<br />

dell’ambiguità della parola.<br />

Occhi... accesi in un fiammeggiante corruccio:<br />

se il <strong>di</strong>rettore delle ven<strong>di</strong>te fulminava occhiate<br />

ai commessi, gli occhi della donna <strong>di</strong>mostrano<br />

un’ira fiammeggiante come l’angelo del Para<strong>di</strong>so<br />

Terreste all’atto <strong>di</strong> cacciare Adamo ed Eva,<br />

o come l’Alessandro Magno alfieriano.<br />

Ne recidevano i deferenti: torna l’allusione


Analisi Tecnica. Gadda<br />

il banco senza darsene menomamente per inteso, dura, volitiva, impettita, sfido<br />

io !, risentita, nasuta, padrona <strong>di</strong> sé. Con due anche rotonde e barocche degne <strong>di</strong><br />

figurare il mappamondo della Giustizia polposa sulla tomba <strong>di</strong> Carlo IV. «Ma no,<br />

<strong>di</strong>amine !… ma non è questo che volevo !… Ma come potete sostenere che i due<br />

colori sono eguali ?… Ah, secondo lei queste due tinte sarebbero la stessa cosa? …<br />

Ma non ha gli occhi, lei, scusi tanto ?…»<br />

E quelli, o quello, pareva supplicare la feroce màntide che gli lasciasse almeno<br />

un po’ <strong>di</strong> vita da arrivare a goder dello strazio, con poveri occhi dal sotto in su<br />

velati del velo <strong>di</strong> tristezza, nell’onta e nella scarogna delle sue 433 lire mensili (al<br />

lordo <strong>di</strong> ricchezza mobile e trattenute <strong>di</strong> legge), con lo sguardo accorato e umiliato,<br />

col fare servizievole, <strong>di</strong>messo, e un po’ curvo in avanti, proprio <strong>di</strong> chi non ha mai<br />

assaggiato una bistecca del Troja in sua vita. In tutta la macilenta persona, specie<br />

però nel luccicore implorativo degli occhi sopra l’incavo delle gote, un senso <strong>di</strong><br />

stomaco vuoto, un’idea <strong>di</strong> spaghetti mancati all’appuntamento della sirena ogni<br />

giorno: tutti i giorni: per anni e anni; durante tutto il pallore d’una adolescenza.<br />

E la sirena che sco<strong>di</strong>nzola come un furetto a tirar finalmente a casa le signore, i<br />

signori. Aragoste e tartufi avevano preso una <strong>di</strong>rezione da romanzo: e anche loro<br />

gli aspàragi, i bei spargioni ver<strong>di</strong>, ammollati, annegati nel butirro… Loro sognavano<br />

invece un bel piatto <strong>di</strong> spaghetti, gli sciagurati del Bondanza, <strong>di</strong> pastasütta, come la<br />

chiamano: anche non venisse fuora dai magazzini <strong>di</strong> Gragnano e <strong>di</strong> San Giovanni<br />

a Teduccio, dalle miracolose filiere <strong>di</strong> zite alla marina <strong>di</strong> Torre Annunziata, la più<br />

esauriente fra tutte le zitelle…<br />

all’apparato genitale, questo volta maschile (i<br />

’deferenti’ sono i condotti spermatici): così i focosi<br />

tori venivano trasformati in obbe<strong>di</strong>enti buoi.<br />

Si ghiacciava sulla faccia ... ultimato <strong>di</strong> fungere:<br />

lo sguardo fiammeggiante <strong>di</strong> donna Giulia raggela<br />

il <strong>di</strong>rettore delle ven<strong>di</strong>te (chiasmo). Pian<br />

piano vien tolto all’uomo ogni segno <strong>di</strong> vitalità<br />

sino a <strong>di</strong>ventare un cadavere la cui bocca <strong>di</strong><br />

apre per il rictus cadaverico. Fungere recupera<br />

il valore <strong>di</strong> ’vivere’ da ’defunto’, derivato dal<br />

latino de-fungere.<br />

La sirena <strong>di</strong> mezzogiorno ... padrona <strong>di</strong> sé: dopo<br />

la prima frase (come al solito intercisa, con il<br />

verbo raddoppiato – mirabile lo sgrondava–)<br />

due frasi nominali, la seconda delle quali introdotta<br />

da un’e avversativa e sostanziata da<br />

una lunga serie d’aggettivi (accumulazione)<br />

ancora intercisi dall’esclamazione.<br />

Serpente con lo stomaco vuoto: metafora <strong>di</strong><br />

straor<strong>di</strong>naria efficacia, i cui nessi sono <strong>di</strong> facile<br />

percezione.<br />

Menomamente: sta per ’minimamente’: era<br />

assai <strong>di</strong> moda nel romanzo tardo­ottocentesco.<br />

E quelli, o quello, pareva ... : la costruzione<br />

sarebbe erronea se si desse alla virgola valore<br />

logico: ha invece valore solo tonale. Sino a E la<br />

sirena... il cpv si costruisce con frasi nominali,<br />

in un accumulazione <strong>di</strong> grande effetto volta<br />

a descrivere non la miseria, ma l’altrettanto<br />

umiliante bassa con<strong>di</strong>zione, nella quale il piatto<br />

<strong>di</strong> spaghetti (anche <strong>di</strong> marca economica) costituisce<br />

una sorta d’orizzonte oltre il quale non è<br />

possibile vedere. Ad altri toccavano aragoste e<br />

tartufi e la pasta <strong>di</strong> qualità: così almeno immaginano,<br />

gli sciagurati commessi del negozio. In<br />

realtà tra un momento sarà svelta la pretenziosa<br />

miseria dei de’ Marpioni, come lo sarà quella<br />

<strong>di</strong> don Gonzalo nella Cognizione del dolore.<br />

Be’, la penna mi ha voluto prender la mano: è<br />

una delle tante volte in cui l’autore interviene,<br />

come A. Manzoni, a parlare della scrittura: qui<br />

valgono il colloquiale be’ e la ripresa colloquialissima<br />

e <strong>di</strong>alettale della narrazione l’eva, dopo<br />

tutt. Colloquialità questa tipica della scrittura<br />

<strong>di</strong> G., ma anche aperta contrad<strong>di</strong>zione d’ogni<br />

letterarietà.<br />

Che anche quello...: in questo cpv G. sino ad<br />

ora aveva descritto le qualità morali, insieme<br />

con una rapida occhiata all’aspetto esteriore,<br />

<strong>di</strong> donna Giulia: risoluta, «energica», bien<br />

piantata in terra, e attenta a stringere relazioni<br />

giuste, insomma una donna capace <strong>di</strong> farsi<br />

rispettare. Con il che anche quello... si apre<br />

una più attenta e minuziosa rappresentazione<br />

della nobile figura della donna: evidentemente<br />

caratterizzata dalla sua abilità <strong>di</strong> allevatrice <strong>di</strong><br />

pollame, dunque sostanziamente ridotta al più<br />

umile ufficio <strong>di</strong> economa della famiglia all’interno<br />

del quale ufficio vanno inquadrate le quali<br />

enumerate in precedenza. Il periodo, infatti,<br />

aperto ad una congiunzione non definibile sotto<br />

la normale sintassi, e spiegabile solo come<br />

una forma popolare colloquiale, si lega ai precedenti<br />

attraverso due congiunzioni, l’anche e<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 137


Analisi Tecnica. Gadda<br />

Be’, la penna mi ha voluto prender la mano. L’eva, dopo tutt, una donna degna<br />

del massimo rispetto: svelta, non ostante la ciccia, risoluta, «energica», ben piantata<br />

in terra e ammanigliata anche, per la maniglia delle cresime e dei sacramenti,<br />

ad alte protezioni celesti. Una massaia d’oro, poi: conteggiatrice avveduta: oh !<br />

quanto a questo… «A mi me la fan no !» Di proporzioni enormi, purtroppo: ma<br />

questo non ne aveva colpa lei, poverina. Sposa e madre esemplare. Ed espertissima<br />

allevatrice <strong>di</strong> pollame: («in<strong>di</strong>spensabile a una famiglia del nostro rango», <strong>di</strong>ceva).<br />

Che anche quello, però, finiva senza avvedersene per ridurlo al coma e alla <strong>di</strong>sperazione,<br />

una vera e propria psicastenia, complicata <strong>di</strong> manìa suicida, da tanto che<br />

gli misurava il pastocco: «Bisogna tenerli un po’ indrée in del mangià», era solita<br />

emanare, «se si vuole che siano proprio saporiti, e purgàa come se déef». I polli, in<br />

capponiera a Baggio, non anelavano ad altro se non a troncare una vita <strong>di</strong>venuta<br />

oramai insopportabile.(21) Percepivano appena il suo avvicinarsi, ombra immane<br />

d’un semovente Ruwenzori, ed ecco resuscitavano dal coma: e letta bentosto sul <strong>di</strong><br />

lei volto la preme<strong>di</strong>tazione ferale, ecco principiavano a beccarsi l’un l’altro come<br />

sparnazzanti rapaci su <strong>di</strong> una carogna, o più che galli in duello: <strong>di</strong>sputandosi con<br />

quelle beccate d’avoltoio l’agognata precedenza: (a farsi tirare il collo). Un lampo<br />

sa<strong>di</strong>co accendeva in quei momenti le pupille demoniache <strong>di</strong> donna Giulia che,<br />

ipnotizzando gli stolti, già trangugiava in anticipo la vitalizzante (per lei) saliva<br />

dello strangolamento. Ella chiamava per nome le sue vittime, uno a uno, i suoi<br />

tesori: coi nomi più dolci li chiamava, poveri scheletri ! coi più blandamente suasivi:<br />

«Federico, Popò, sì, sì, ven kì, poer el me stràsc ! toeh, ven kì, Bergeggi, Don<br />

21 «Troncare una vita <strong>di</strong>venuta ormai insopportabile». Locuzione standard della cronaca<br />

giornalistica, fino al 1922, per i casi <strong>di</strong> suici<strong>di</strong>o.<br />

l’avversativa però, la quale ultima contrappone<br />

le considerazioni <strong>di</strong> stima appena su elencate;<br />

mentre la prima collega il comportamento della<br />

pollicoltrice a quelli verso Giovanna e Romualdo<br />

prima, e verso i commessi poi. Sempre e<br />

comunque, una micragna sa<strong>di</strong>ca, presentata<br />

come comportamento razionale adeguato al<br />

livello sociale della famiglia. È la medesima<br />

accusa che don Gonzalo rivolgerà alla madre,<br />

nella quale G. riversava anche accenti autobiografici.<br />

Ridurlo al come e alla <strong>di</strong>sperazione...: acquista<br />

risonanza più vasta, sino ad estendersi al mondo<br />

degli uomini, la traduzione della fame dei<br />

polli in atteggimenti psico­patologici. Di per sé è<br />

un paradosso <strong>di</strong> grande efficacia comica la loro<br />

psicastenia: ossia la situazione ansiosa a causa<br />

<strong>di</strong> idee fisse, con in sovrappiù la mania suicida.<br />

Troncare una vita... insopportabile: la nota 21<br />

<strong>di</strong> G. allude ad un luogo comune giornalistico:<br />

la cosa è <strong>di</strong> grande interesse per misurare l’attenzione<br />

dello scrittore alle forme dello scrivere.<br />

Giacché in un momento <strong>di</strong> grande polemica<br />

contro la borghesia, in cui la critica – ma anche<br />

le memoria autobiografica – si fa comicità, lo<br />

scrittore non allenta l’attenzione al fatto linguistico,<br />

che per altro gli permette un rincaro <strong>di</strong><br />

umanità – e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> comicità – ai polli.<br />

Letta bentosto...: dopo il ricorso al linguaggio<br />

giornalistico, G. varia qui registo, ed adotta<br />

termini e costruzioni auliche o letterarie: ben-<br />

138 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

tosto, preme<strong>di</strong>tazione ferale, principiavano,<br />

sparnazzanti rapaci, più che galli in duello,<br />

agognata precedenza. Il registro letterario non<br />

significa or<strong>di</strong>ne e compostezza: a contrad<strong>di</strong>rlo<br />

sta non solo il popolare farsi tirare il collo, la<br />

punteggiatura: i due punti (:) e la parentetica.<br />

Un lampo sa<strong>di</strong>co...: questo del sa<strong>di</strong>smo <strong>di</strong><br />

donna Giulia è una ripetizione, già a proposito<br />

dei commessi ella produceva una bava sa<strong>di</strong>ca:<br />

anche qui trangugerà della saliva.<br />

Federico, Popò...: altra variazione <strong>di</strong> registro,<br />

qui colloquiale e <strong>di</strong>alettale.<br />

Le povere bestie...: G. ha una particolare pre<strong>di</strong>lezione<br />

per il polli: qui ricor<strong>di</strong>amo la gallina<br />

<strong>di</strong> Quer pasticciaccio brutto de via Merulana<br />

(cap. viii). Nell’un caso e nell’altro il registro<br />

linguistico ha un’impennata verso il letterario:<br />

voce ammaliatrice, inferno del loro battibecco<br />

(dotato <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria pregnanza) intestino,<br />

aura perduta, clima petroniano (allude al Satyricon<br />

<strong>di</strong> Petronio arbitro in cui il protagonista,<br />

durante un’interminabile cena con qualche<br />

intonazione suicida, fa celebrare il proprio funerale),<br />

pollarola (forma <strong>di</strong>alettale quasi ovvio<br />

ri<strong>di</strong>mensionamento <strong>di</strong> petroniano) eutanasìa,<br />

presi via nello spiro, agognando ... in cuor<br />

suo, prescelto al..., gentil-donna lombarda,<br />

sacrificando (gerun<strong>di</strong>vo, de’ i pochissimi in<br />

uso in italiano).<br />

Tragico... Chiudendogli...: le tre frasi seguenti<br />

hanno sintassi fuori della norma: la prima è


Analisi Tecnica. Gadda<br />

Néspola, sì sì, anka tì, Paparino. Sì, ho capì, Nannuccio, ho capì che me vorì ben,<br />

che ghe vorì ben a la vostra sciora, bravi, bravi,… dèss basta ! … sì, sì, ven kì anka<br />

tì in la toa sciora, el me Corocòcco, poer el me nano ! cara la mia sciavata früsta<br />

! ecc. ecc.». Le povere bestie, all’u<strong>di</strong>r quella voce ammaliatrice, dopo l’inferno del<br />

loro battibecco intestino finivano per entrare in una specie <strong>di</strong> aura perduta, nel<br />

clima petroniano d’una pollarola eutanasìa, presi via nello spiro d’una loro voluttà<br />

masochistica: agognando ciascheduno in cuor suo <strong>di</strong> venir finalmente prescelto<br />

al magistrale colpo <strong>di</strong> cassetto con cui la gentildonna lombarda <strong>di</strong> squisito sentire<br />

poneva fine al lungo <strong>di</strong>giuno del sacrificando. Tragico e oramai bimensile <strong>di</strong>giuno.<br />

Chiudendogli cioè la testa dentro il cassetto del tavolo <strong>di</strong> cucina, tatatràk ! <strong>di</strong><br />

colpo: lì a Baggio stesso, dopo d’aver seminato il fondo <strong>di</strong> quella trappola d’alcuni<br />

irresistibili chicchi <strong>di</strong> granturco. Si trattava <strong>di</strong> gareggiare in velocità coi riflessi<br />

muscolo-motori del collo del pollo, e <strong>di</strong> ap<strong>prof</strong>ittare senza esitazione della beccata<br />

del secondo chicco. Era tale la pratica, acquisita in un biennio <strong>di</strong> perfezionamento<br />

dopo i pieni voti del <strong>di</strong>ploma, che il cassetto glie lo sparava <strong>di</strong>etro, al Paparino o al<br />

Bergeggi, con una sicurezza assoluta, da far trasecolare gli incompetenti, come la<br />

zampata fulminatrice della pantera. Che poi, lì stesso, li dava spennare alla Teresa:<br />

cavàtogli il sangue seduta stante a mezzo d’un suo temperino (<strong>di</strong> madreperla),<br />

e lasciandone al piatto una specie <strong>di</strong> migliaccio (22) <strong>di</strong> pan grattato: che in quei<br />

tempi era una cosa <strong>di</strong> nulla, ma davvero.<br />

Erano omai dei càthari, dei mistici, povere bestie! come i monaci della Tebaide<br />

spiritualizzati dal <strong>di</strong>giuno. E anche sotto Natale.<br />

Quel ch’è certo, è che l’allevatrice non assomigliava ai pupilli. I <strong>di</strong> lei fianchi,<br />

per testimonianza unanime delle sue migliori amiche, le quali lo avevan tenuto<br />

dalla <strong>di</strong>screzione della sua sarta, davan luogo a un circuito <strong>di</strong> 188 centimetri, cioè<br />

quanto i due toraci <strong>di</strong> due artiglieri da montagna conglobati insieme a costituire<br />

un sol globo. I polpacci glieli si potevano ammirare in tram, sia sul 27 che sul 33,<br />

data la moda e la mancanza <strong>di</strong> una automobile propria: ed erano un qualchecosa<br />

<strong>di</strong> certamente autorevole, e cionon<strong>di</strong>meno ragionevole. Finivano anzi in due caviglie<br />

piuttosto graziose, per quanto «energiche», e abbastanza sottili da poterle<br />

consentire sui marciapie<strong>di</strong> del Mon Napoleone, con l’aiuto dei tacchi, quell’incesso<br />

imperatorio e tutto tacco che è una delle preminenti caratteristiche urbane per<br />

le nature elevate. Quando, beninteso, le varie «commissioni» del «centro» non<br />

gli abbiano ancora indolenzito i pie<strong>di</strong> in misura irreparabile. Ed erano appunto<br />

queste caviglie, e questi tacchi, unitamente al «velle», che la introducevano come<br />

il gastigo <strong>di</strong> Dio che s’è visto nella depressione ciclonica submeri<strong>di</strong>ana delle Seterie<br />

Passamanerie Carugati & Bondanza S. A. Con qual beneficio per l’industria e per<br />

il commercio serico lombar<strong>di</strong>, s’è pure constatato in dettaglio.<br />

22 Migliaccio (Firenze, Pistoia) è forma tonda e piana <strong>di</strong> sangue <strong>di</strong> porco rappreso:e, per<br />

analogia,frittella tonda e piatta <strong>di</strong> farina <strong>di</strong> castagne.<br />

nominale. La seconda è un’esplicativa che si<br />

ricollega con il cioè al periodo che lo precede<br />

<strong>di</strong>ciamo <strong>di</strong> due posti: introdotto dal gerun<strong>di</strong>o<br />

(qualche grammatica <strong>di</strong>ce che non si cominciano<br />

i perio<strong>di</strong> col gerun<strong>di</strong>o) è all’apparenza una<br />

<strong>di</strong>pendente ma non v’è verbo reggente; così<br />

come la frase lì a Baggio.<br />

Càthari: in Lombar<strong>di</strong>a il movimento religioso<br />

dei catari, ritenuto eretico, oltre all’opposizione<br />

alla Chiesa, nutrì l’aspirazione ad un’austera<br />

povertà.<br />

Tebaide: nel ii e iii sec. d.C. la provincia egiziana<br />

con capitale Tebe <strong>di</strong>venne il centro degli anacoreti,<br />

cioè <strong>di</strong> quegli eremiti che vivendo nel<br />

deserto speravano <strong>di</strong> raggiungere la santità<br />

attraverso la mortificazione del corpo.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 139


Analisi Tecnica. Gadda<br />

LA COGNIZIONE DEL DOLORE<br />

140 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

PARTE SECONDA - VI<br />

L’alta figura <strong>di</strong> lui si <strong>di</strong>segnò nera nel vano della portafinestra, <strong>di</strong> sul terrazzo,<br />

come l’ombra d’uno sconosciuto: e, <strong>di</strong>etro a lui, nel cielo, due stelle parevano<br />

averlo assistito fin là. Diòscuri splen<strong>di</strong><strong>di</strong> sopra una fascia d’amaranto, lontana,<br />

nel quadrante <strong>di</strong> bellezza e <strong>di</strong> conoscenza: fraternità salva! La madre lo scorse,<br />

ma non poté vederne il viso contro il rettangolo <strong>di</strong> luce. Egli allora entrò, e recava<br />

una piccola valigia, la solita, quella <strong>di</strong> cartone giallo da quaranta centavos, come<br />

d’un ven<strong>di</strong>tore ambulante <strong>di</strong> fazzoletti. Nella stessa mano, arrotolato, il vecchio<br />

ombrello. La madre <strong>di</strong>sse « oh! Gonzalo, come stai? oh! guarda! » e <strong>prof</strong>erì con<br />

un singhiozzo <strong>di</strong> gioia i nomi delle due stelle, a mani giunte, a guisa <strong>di</strong> saluto. Ma<br />

pensò che la prima sola valeva, nella correlazione <strong>di</strong> fortuna e d’astri per simbolo<br />

<strong>di</strong> una presenza terrena; poiché l’altra, così fulgida, così pura, non era se non un<br />

pensiero lontano della notte. a<br />

Il figlio la salutò appena, come ogni volta, stanco. Neppure le sorrise. Ella non<br />

insisté a cercarne lo sguardo, non chiese del viaggio, né dell’uragano. Il cuore le<br />

martellava nella incertezza, si fece a preparare, sulla tavola, la lucernetta a petrolio.<br />

Ma non vi riuscì subito, anzi vi si impigliò: con zolfanelli umi<strong>di</strong>: tossì, ad accenderne<br />

alcuno: che subito si spegneva contro la cimasa annerata del lucignolo. Le<br />

sue mani rigide, quasi inerti, non arrivavano a prendere con esattezza; le riuscì<br />

a I Dioscuri nacquero dall’amore <strong>di</strong> Zeus e Leda. Costituiscono la costellazione dei Gemelli. La vecchia madre vede,<br />

dunque, la rappresentazione astronomica della coppia ricostituita, salva, dei fratelli e non può non costatare che a lei,<br />

invece, è rimasto solo lui, mentre l’altro figlio era morto in guerra.<br />

Il romanzo non presenta una vicenda vera e propria: racconta un sentimento ed il mondo da<br />

cui è determinato. La prima parte racconta i maneggi e gli imbrogli <strong>di</strong> proletari, la falsificazione<br />

delle carte e delle persone per lucrare una pensione <strong>di</strong> guerra. E le chiacchiere assurde dei<br />

paesani attorno agli stravizi <strong>di</strong> don Gonzalo (il protagonista del romanzo), capace, ancora neonato,<br />

<strong>di</strong> inghiottire, intero, un pesce spada, la cui coda gli sarebbe rimasta fuori della bocca.<br />

La voce conferma la natura <strong>di</strong>abolica dell’ingegnere e spiega i maltrattamenti cui sottopone<br />

la vecchia madre. In un momento successivo del romanzo la scena è occupata dal protagonista,<br />

alter ego dello scrittore, che manifesta il suo furore contro lo sciocchezzaio del mondo<br />

ed il mare <strong>di</strong> stupi<strong>di</strong>tà che lo travolge. Il paese, Maragadàl, si convince sempre più della sua<br />

cattiveria, così quando una mattina la madre verrà trovata esangue, in fin <strong>di</strong> vita, nascerà la<br />

voce che il terribile misfatto sia opera del figlio.<br />

La vicenda è ambientata in un’immaginaria regione sud­americana che è travestimento, ed<br />

insieme irrisione, della Brianza: travestimento, prima <strong>di</strong> tutto linguistico, finalizzato ad ampliare<br />

lo spettro della satira, del sarcasmo <strong>di</strong> G. verso la società borghese della Lombar<strong>di</strong>a, che<br />

avrebbe l’unica preoccupazione <strong>di</strong> esibire le insegne della con<strong>di</strong>zione sociale, anche quando<br />

non è fondata su una reale soli<strong>di</strong>tà economica. Tanta e tale sarebbe la vuota vanità che il<br />

borghese lombardo non esita a sacrificare la mensa quoti<strong>di</strong>ana e ogn’altra cosa, compresa<br />

la felicità dei figli, che non sia funzionalizzata al mantenimento della visibilità sociale e del<br />

prestigio. L’attacco alla borghesia non vuol <strong>di</strong>re che G. non nutra lo stesso fasti<strong>di</strong>o la stessa<br />

corrosiva insofferenza nei confronti del popolo <strong>di</strong> artigiani, piccoli impiegati, conta<strong>di</strong>ni, servi, i<br />

quali tutti sono ammirati dal fasto apparente ed convinti ad una adulazione perché frutta loro


Analisi Tecnica. Gadda<br />

<strong>di</strong>fficile d’insinuare il cilindro <strong>di</strong> cristallo nella sua ghiera precisa, <strong>di</strong> ottone lucido,<br />

come una trina dei costumi desueti: e questa invece lo doveva ritenere alla base.<br />

Si sarebbe seduta, tremava.... ma bisognò pensare al figliolo.... Quando la lampada<br />

poté rischiarare la stanza, alfine, le parve <strong>di</strong> dover cadere.... L’ultimo sguardo del<br />

crepuscolo, già lontanissimo, abbandonava il mobilio, con riflessi radenti e fred<strong>di</strong><br />

sulla credenza, su qualche vassoio <strong>di</strong> metallo. Quel pallore della lucerna, invero,<br />

non ci aveva aggiunto <strong>di</strong>molto. Richiuse i vetri come le riuscì; ch’era molto alta<br />

finestra, sul terrazzo; ab brividendo.<br />

Il figlio, <strong>di</strong> sopra, stava a lavarsi: a riporre una spazzola in un tiretto. Ella ne<br />

u<strong>di</strong>va il passo, ammorzato, sopra la soffittatura.<br />

Andò in cucina a preparargli qualcosa da cenare. Era assolutamente necessario,<br />

anche a <strong>di</strong>mostrazione della vali<strong>di</strong>tà funzionale della villa: tanto più, poi, che la villa<br />

era sprovveduta <strong>di</strong> cuoca o d’una qualunque fante. Altrimenti egli avrebbe colto<br />

quel pretesto ad accendersi circa la inanità della campagna: e sarebbe incorso nelle<br />

peggiori bizze ed ubbìe: (la cosa, oramai, un triste rito: la povera madre lo sapeva<br />

bene). Avrebbe ripetutamente scorbacchiato e rimaledetto la villa, insieme col<br />

mobilio, coi candelieri, con la memoria del padre che l’aveva costruita; incoronando<br />

<strong>di</strong> vituperi osceni tutti i padri e tutte le madri che lo avevano preceduto nella serie,<br />

su, su, su, fino al fabbricatore <strong>di</strong> Adamo. Sarebbe trasceso alle bestemmie, ch’ella<br />

non poteva u<strong>di</strong>re: ad accuse troppo vere, forse, per essere u<strong>di</strong>bili: coinvolgendo<br />

nella turpitu<strong>di</strong>ne pazza che lo animalava in quei momenti financo il sacro nome<br />

<strong>di</strong> Pastrufacio (il Garibal<strong>di</strong> del Maradagàl) e il Prado, e Lukones, ed Iglesia, e i<br />

rispettivi campanili, con le campane, i sindaci, i parroci, i cocchieri, e via via tutto<br />

il Serruchón maledetto e testa <strong>di</strong> càvolo (così, o press’a poco, si esprimeva); tutte<br />

le infinite ville del Serruchón, i calibani gutturaloi<strong>di</strong> della Néa Keltiké, lerci, ch’egli<br />

avrebbe impiccato volentieri, se potesse, dal primo all’ultimo.<br />

la benevolenza dei piccini, più che piccoli nobili e dei borghesi. Questi ne sono lusingati e si<br />

sentono tenuti ad un atteggiamento paternalistico (è anche questo una necessità connessa<br />

al prestigio), solitamente parolaio tuttavia, e, comunque, micragnoso, accettato dai subalterni<br />

senz’ombra <strong>di</strong> pudore.<br />

Don Gonzalo Pirobutirro d’Eltino, il protagonista, è afflitto dal un implacabile rancore contro<br />

la madre vedova, che convinta borghese con pretese nobiliari, col marito ha concepito il<br />

possesso della villa come «entelechia prima consustanziale ai visceri», e ne ha assecondato<br />

la costruzione a tutto scapito dei figli, ed in particolare <strong>di</strong> lui, Gonzalo, rimasto unico dopo la<br />

morte in guerra dell’amato fratello. Il caduto, per <strong>di</strong> più, gli sottrae quanto resta dell’amore<br />

della madre e della considerazione degli altri. Tutto dà fasti<strong>di</strong>o a Don Gonzalo, ogni più piccola<br />

cosa scatena la sua reazione furibonda, ma non è un folle: Gonzalo­Gadda semplicemente<br />

rifiuta <strong>di</strong> essere omologato al mondo, stupido e piccino che lo circonda. La violenza della sua<br />

ira è l’esatto corrispettivo della persistenza dell’attentato alla razionalità e alla morale che<br />

mondo, tutto il mondo, borghese e non, porta contro Gonzalo­Gadda. L’arma più efficace che<br />

questi adopera non è lo scoppio <strong>di</strong> violenza verbale, né la bestemmia, ma una lingua capace<br />

<strong>di</strong> mettere a nudo la complicazione, il groviglio dell’esistente, <strong>di</strong> scoprire le interne, infinite,<br />

contrad<strong>di</strong>zioni: insomma una lingua capace <strong>di</strong> indagare nella multiformità delle componenti<br />

del reale, culturali e non, materiali, sociali e così via sino a comprendere il tutto; per scoprirne<br />

la fragilità, e insieme la perentoria richiesta <strong>di</strong> cieco e malinconioso assecondamento. L’esito<br />

è quello <strong>di</strong> una lingua maccheronica farcita d’ogni possibile risorsa linguistica, che spesso<br />

costringe alla risata che liberi scrittore e lettore dall’imbarazzo che si prova <strong>di</strong> fronte ad un<br />

verità <strong>di</strong>fficile da accettare, ma inconfutabile ed inevitabile.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 141


Analisi Tecnica. Gadda<br />

La madre, viceversa, fin da quando i muratori ci accu<strong>di</strong>vano nel ’99, aveva<br />

incorporato in sé, subito, – avvampante splendore <strong>di</strong> giovinezza – il trionfo serpentesco<br />

della «sua» villa sopra le rivali keltikesi che non credevano alla possibilità<br />

<strong>di</strong> una villa: (degli spelacchiatissimi Pirobutirro).<br />

E quell’orgoglio, quel tirso <strong>di</strong> brace che le era venuto fatto, in un giorno lontano,<br />

<strong>di</strong> potersi infilare a metà dell’anima alla facciazza delle pseudo-cognate e delle<br />

pseudo-nipoti, quello poi era cresciuto ad ebbrezza e ad onnipotenza raggiante,<br />

dentro un evo fulgido, allucinato, senza piú misura né termine: l’idea del possesso<br />

e della supposta vittoria tracannata come un cognac <strong>di</strong> fuoco e <strong>di</strong> vita a ogni nuovo<br />

mattino, a ogni giorno splen<strong>di</strong>do.<br />

Quello le era bastato, durante quarant’anni, a scongiurare la <strong>di</strong>sperazione, ad<br />

acculare al <strong>di</strong> là d’ogni strazio e d’ogni miseria, d’ogni sdrucita maglia de’ suoi bimbi,<br />

d’ogni scampanìo, d’ogni gloria, d’ogni tenca, lo sporco sogghigno della morte. La<br />

Idea Matrice della villa se l’era appropriata quale organo rubente od entelechia<br />

prima a consustanziale b ai visceri, e però inalienabile dalla sacra interezza della<br />

persona: quasi arma<strong>di</strong>o od appiccapanni <strong>di</strong> De Chirico, c carnale ed eterno dentro<br />

il sognante cuore dei lari. A quella pituita somma, 1 recòn<strong>di</strong>ta, noumènica, corrispondeva<br />

esternamente – gioiello o bargiglio primo fuor dai confini della psiche<br />

– la villa obbiettiva, il dato. Operando in lei, durante quarant’anni, gli ormoni<br />

infaticabili della anagènesi: ciò che donna prende, in vita lo rende: quella costanza<br />

imperterrita, quella felice ignoranza dell’abisso, del paracarro, sicché, dàlli e dàlli,<br />

d’un cetriolo, arrivano a incoronar fuori un ingegnere; la formidabile capacità <strong>di</strong><br />

austione, <strong>di</strong> immissione dello sproposito nella realtà, che è propria d’alcune meglio<br />

<strong>di</strong> esse: le piú deliberate e <strong>di</strong> piú vigoroso intelletto. Tali donne, anche se non sono<br />

isteriche, impegnano magari il latte, e la caparbietà <strong>di</strong> tutta una vita, a costituire in<br />

thesaurus certo, storicamente reale, un qualsiasi prodotto d’incontro della umana<br />

1 Opinò Cartesio che la ghiandola (latino pituita) ipòfisi sia «sede dell’anima». Punto d’incontro,<br />

comunque, e <strong>di</strong> traduzione, dei moti dell’anima con quelli del sistema corporeo.<br />

a Entelechia designa nella Metafisica <strong>di</strong> Aristotele lo stato <strong>di</strong> perfezione <strong>di</strong> un ente che s’è perfettamente realizzato<br />

raggiungendo il suo fine: l’anima è entelechia prima del corpo. Il termine è adoperato anche da Leibniz per in<strong>di</strong>care le<br />

mona<strong>di</strong> che hanno una certa autosufficienza.<br />

b Consustanziale è termine della teologia cristiana: è adoperato per la Trinità, in cui le tre Persone sono consustanziali,<br />

hanno cioè una sola sostanza.<br />

c Giorgio De Chirico fu tra i maggiori della corrente <strong>di</strong> pittura metafisica che sorse a Parigi ad opera dello stesso De<br />

Chirico nel 2º decennio del ’900. Tema ricorrente nei suoi quadri <strong>di</strong>pinto attorno agli anni 20 è il manichino (Le muse<br />

inquietanti, Ettore e Andromaca) che può aver suggerito il termine <strong>di</strong> appiccapanni. Opere come Il grande metafisico e il ciclo<br />

dei Mobili all’aperto sono alla base <strong>di</strong> arma<strong>di</strong>o. (Ringrazio per la consulenza la <strong>prof</strong>. Luisa De Rosa).<br />

La sintassi<br />

I primi due cpv del capitolo (così per l’intera<br />

Cognizione del dolore) presentano una scrittura<br />

sostanzialmente classica e letteraria. Le frasi<br />

ellittiche del vb, Diòscuri splen<strong>di</strong><strong>di</strong>... e nella<br />

stessa mano..., sono logicamente legate alle<br />

precedenti tanto che è possibile attribuire loro<br />

il medesimo vb. Naturalmente resta sempre<br />

evidente la sintassi franta tipica <strong>di</strong> G.: in particolare<br />

si veda ma non vi riuscì... in cui i due<br />

punti (:) segnano piuttosto un’interruzione che<br />

un legamento: frammentano l’azione, isolando<br />

e focalizzandone i particolari; e ponendo in pri­<br />

142 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

mo piano oggetti che <strong>di</strong>ventano simboli come<br />

la ghiera... <strong>di</strong> ottone lucido, come una trina dei<br />

costumi desueti (che fa il paio con la valigia... <strong>di</strong><br />

cartone giallo da quaranta centavos).<br />

La lingua<br />

Il pastiche linguistico <strong>di</strong> Gadda è stato collocato<br />

(da G. Contini, C. Segre, E. Manzotti) nell’arco<br />

storico che va da T. Folengo e Rablais e giunge a<br />

Faldella Carlo Dossi e qualche altro «scrittore arzigogolato<br />

e barocco» e si compone soprattutto<br />

dei <strong>di</strong>aletti, <strong>di</strong> quello lombardo in particolare qui<br />

nella Cognizione, nel qual romanzo si farcisce,


Analisi Tecnica. Gadda<br />

stupidaggine: il primo che càpiti loro fra i pie<strong>di</strong>, a non <strong>di</strong>r fra le gambe, il piú vano:<br />

simbolo efimero <strong>di</strong> una emulazione o riverenza od acquisto che conterà nulla:<br />

<strong>di</strong>ploma grande, villa, sissignora, piumacchio. C’è poi da aggiungere che il piú degli<br />

uomini si comportano tal’e quale come loro. Ed è una proprio delle meraviglie <strong>di</strong><br />

natura, a volerlo considerare nei mo<strong>di</strong> e nei resultati, questo processo <strong>di</strong> accumulo<br />

della volizione: è l’incedere automatico della sonnambula verso il suo trionfo-catàstrofe:<br />

da un certo momento in poi l’isteria del ripicco perviene a costituire la<br />

loro sola ragione d’essere, <strong>di</strong> tali donne, le adduce alla menzogna, al reato: e allora<br />

il vessillo dell’inutile, con la grinta buggerona della falsità, è portato avanti, avanti,<br />

sempre piú ostinatamente, sempre piú inutilmente, avverso la rabbia <strong>di</strong>sperata<br />

della controparte. Sopravviene la tenebra liberatrice, che a tutte parti rime<strong>di</strong>a.<br />

Impotente rabbia era in lui, nel figlio: dàtole un pretesto, subito si liberava in<br />

parole, tumultuando, vane e turpi: in efferate minacce. Come urlo <strong>di</strong> demente dal<br />

fondo <strong>di</strong> un carcere.<br />

Qualcosa da cenare! La madre, cercando riprendersi, guardò per la cucina,<br />

vuota e fredda, schiuse un’anta della credenza dove l’ombre s’erano addormite su<br />

quel po’ <strong>di</strong> sentor <strong>di</strong> lardo e d’avanzi: in cucina non v’era quasi nulla, da potergli<br />

preparare nemmeno un ovo. Lo stentòreo deretano delle galline del Giuseppe a ci<br />

perveniva piuttosto raramente, a una così gloriosa estromissione. Ne teneva piú<br />

d’una, ma facevan l’ovo a turno: e spesso, poi, marinavano il turno. Il figlio si sarebbe<br />

imbestialito anche <strong>di</strong> ciò: e allora bisognava sorvolare, sulle ova. Già altra volta era<br />

accaduto che s’infuriasse, per quella inadempienza dei polli del Serruchón porco:<br />

e aveva accusato il gallo <strong>di</strong> morosità genetica e <strong>di</strong> perversione, le galline d’esser<br />

lesbiche, e tr.... ; poi la furia s’era schiarita in una reminiscenza <strong>di</strong> Livio «gallinam<br />

in marem, gallum in foeminam se se vertisse.... ». b E, atrocemente, sghignazzan-<br />

È il peone-conta<strong>di</strong>no della villa.<br />

b Ab urbe, xxii, 1, 13.<br />

e si deforma, <strong>di</strong> spagnolo. Tuttavia i/il <strong>di</strong>aletto<br />

in G. non ha valore mimetico, non riproduce,<br />

cioè, la realtà del personaggio: spesso infatti<br />

dal personaggio passa al narratore; inoltre<br />

gli elementi <strong>di</strong>alettali sono spesso accostati<br />

a elementi linguistici <strong>di</strong> rango opposto: è che<br />

l’effetto che lo scrittore intende raggiungere<br />

con una scrittura continuamente mistilingue è<br />

quello <strong>di</strong> manifestare il miscuglio, pieno insieme<br />

<strong>di</strong> compatibilità ed incompatibilità, <strong>di</strong> accor<strong>di</strong><br />

e <strong>di</strong>saccor<strong>di</strong>, <strong>di</strong> armonie e <strong>di</strong> stridori. Questo<br />

miscuglio è <strong>di</strong> per sé metafora della realtà, dalla<br />

quale lo scrittore prende le <strong>di</strong>stanze, non solo<br />

per sentirsene estraneo, ma soprattutto per<br />

manifestarla, e manifestandola dominarla per<br />

il tramite della lingua. Per ciò siamo in buon<br />

accordo con quanto ha scritto recentemente E.<br />

Manzotti: « In qualche misura <strong>di</strong>rei che è operante<br />

... il gusto ’materico’ per una lingua estraniata,<br />

che non sia solo un veicolo trasparente<br />

del pensiero. E sarà altresì operante il bisogno<br />

<strong>di</strong> moltiplicare le manifestazioni della ’polifonia’,<br />

che è, ..., il modo d’essere della mente gad<strong>di</strong>ana.<br />

L’etimo <strong>prof</strong>ondo mi sembra tuttavia vada<br />

cercato nell’altra tendenza propria a Gadda:<br />

quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanziare, dominandola, la propria<br />

materia: a cui non si consente <strong>di</strong> manifestarsi<br />

se non dopo essere stata sottoposta ad una<br />

spinta elaborazione intellettuale. Non per nulla<br />

i mo<strong>di</strong> più caratteristici della rappresentazione<br />

gad<strong>di</strong>ana sono lo scherzo e l’ironia. Ecco, alla<br />

scelta gad<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> travestire l’attualità, a volte<br />

la scottante attualità biografica, ..., sembra<br />

presiedere la stessa operazione mentale del<br />

descrivere per contrasto una situazione bassa<br />

in stile elevato (contemporaneo), cosa che è la<br />

regola in Gadda».<br />

Lessico<br />

Abbrividendo: la parola fu cara a G. Cena, L.<br />

Pirandello, E. Montale.<br />

Scorbacchiato: da corbaccio, corvaccio: anche<br />

G. Boccacio scrisse un Corbaccio, un libro<br />

violentemente polemico contro le donne.<br />

Fabbricatore <strong>di</strong> Adamo: la perifrasi, pur chiarissima,<br />

evita l’aperta blasfemìa.<br />

Animalava: rendere simile ad un animale.<br />

Calibani gutturaloi<strong>di</strong>: Calibano,come Gonzalo, è<br />

uno dei personaggi de La tempesta <strong>di</strong> W. Shakespeare:<br />

è spirito d’ottusa malvagità, che vive<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 143


Analisi Tecnica. Gadda<br />

do, aveva brindato alla salute del gallo! ma non <strong>di</strong>sse affatto alla salute, <strong>di</strong>sse una<br />

parte del corpo: aveva inneggiato, (irridendo lei, la mamma), al gallo bardassa,<br />

meglio <strong>di</strong> tutti i padri della Keltiké lurida, aveva urlato, «così non generava dei<br />

Keltikesi ». Tremò <strong>di</strong> nuovo, umiliata; la beffa le risuonava ancora negli orecchi.<br />

Poi aveva maledetto e rimaledetto tutti i parenti, compreso quelli che non erano<br />

mai esistiti davanti alle leggi, nel timore <strong>di</strong> tralasciarne alcuno, od alcuna. No, no:<br />

la <strong>di</strong>sperazione del suo figlio, a volte, non conosceva misura.<br />

C’erano, dentro il cassetto della tavola, <strong>di</strong> là, le tre posate <strong>di</strong> lui, d’argento, ch’ella<br />

gli aveva destinato da ragazzo, comperandole <strong>di</strong> seconda mano dalla vecchia e<br />

buona signora Teotòpuli,1 stra<strong>di</strong>pinta. Sorrise appena, al ricordo. Un po’ ammaccate<br />

già allora, sì, « questo è vero »: e la forchetta coi denti un po’ storti, « questo<br />

può darsi ». Ma il figlio avrebbe sbeffeggiato con nuove oscenità, e lazzi feroci,<br />

serrando i denti, sia la forchetta che la Teotòpuli, 1 il cui carmino – debolezze! ma<br />

chi non ne ha? – le si impoltava a ogni momento nelle lacrime e nei soffianaso, a<br />

ogni minimo pianto, sbavando giú per la faccia, vizza, come sugo <strong>di</strong> maccheroni.<br />

Ma c’era da inquietarsi, per questo? .... Gonzalo, forse, si sarebbe inquietato per<br />

la forchetta, al veder quei fili così sghembi, molli.... Si sarebbe levato da tavola,<br />

1 La buona corfiotta, piangendo <strong>di</strong> commozione, glie le aveva cedute a un prezzo in realtà un<br />

po’ alto; stante la necessità in che s’era venuta ritrovando, con gli anni. Il doppio, forse, <strong>di</strong> quanto<br />

sarebbero costate da nuove. « Finalmente ci sei riuscita, eh! » aveva ghignato don Gonzalo, allora<br />

<strong>di</strong>ciannovenne, « a farti rifilare anche queste ». Egli bisognava piuttosto <strong>di</strong> risuolatura delle scarpe,<br />

che noti <strong>di</strong> forchette istorpiate: al quale ella, la mamma, aveva mentito la cifra, <strong>di</strong>cendogli meno:<br />

per poter adempiere, senza villania <strong>di</strong> quel tristo figlio, il grande comandamento della carità.<br />

in un’isola deserta dove naufragherà Prospero<br />

il quale lo sottometterà. Di qui G. potrebbe aver<br />

attinto. Ma, scrive E. Manzotti: «Il qualificativo<br />

’calibano’ in sé, fuori dallo hapax del nesso<br />

con gutturaloi<strong>di</strong>, non è comunque invenzione<br />

dal nulla <strong>di</strong> Gadda. Nella Francia <strong>di</strong> fine Ottocento,<br />

ad esempio, Caliban è designazione<br />

(abbastanza) corrente, che può equivalere,<br />

positivamente, ad ingénu... Ma sospetto che il<br />

termine sia stato suggerito a G. (più che dalla<br />

Prefazione del Ritratto <strong>di</strong> Dorian Gray e dalla<br />

conseguente citazione joyciana nelle prima<br />

pagine dell’Ulisse) dalla lettura <strong>di</strong> un passo<br />

<strong>di</strong> Peau <strong>di</strong> chagrin <strong>di</strong> Balzac... Il termine <strong>di</strong><br />

’calibano’, oltretutto, potrebbe provenire dalla<br />

fonte stessa del titolo della Cognizione. Accade<br />

in effetti che Schopenhauer nel “Proemio alla<br />

seconda e<strong>di</strong>zione” del Mondo come volontà<br />

e rappresentazione, definisca Hegel, spregiativamente,<br />

un “calibano intellettuale”...». In<br />

conclusione <strong>di</strong> nota Manzotti rimanda ad uno<br />

stu<strong>di</strong>o sul Calibano shakespiriano.<br />

Avvampante splendore <strong>di</strong> giovinezza: l’espressione<br />

romantica trae la forza <strong>di</strong>ssacratoria<br />

quando viene riferito sintatticamente al trionfo<br />

serpentesco e logicamente al referente la<br />

costruzione della villa, e la rivalsa sui rivali che<br />

ritenevano i Pirobutirro impossibilitati a sostenerne<br />

la spesa.<br />

E quell’orgoglio... senza più misura né termine:<br />

G. stigmatizza il narcisismo sociale della<br />

144 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

madre <strong>di</strong> Gonzalo che assume proporzioni tali<br />

da concellare ogni altro interesse ed ogni altro<br />

valore. Il possesso della villa è trionfo sociale<br />

e nello stesso tempo ragione <strong>di</strong> vita, ed infine<br />

è felicità capace <strong>di</strong> spingere in<strong>di</strong>etro (acculare)<br />

la presenza stessa della morte. La villa aveva<br />

fatto scomparire ogni altra interna miseria, dalla<br />

scarsezza del cibo alla usura dei abiti dei figli,<br />

ed ogni altro evento grande, o insignificante<br />

(tenca, per tinca, pesce cioè <strong>di</strong> poco valore).<br />

Tirso <strong>di</strong> brace: il tirso era un’asta ornata <strong>di</strong><br />

pampini portata dalle baccanti (ebbre e violente<br />

sacredotesse <strong>di</strong> Bacco) che raggiungevano<br />

grazie alla musica la mistica unione col <strong>di</strong>o.<br />

La Idea Matrice della villa ... il dato: è questo<br />

uno dei passi più notabili dell’intero romanzo<br />

nel quale il bisogno borghese <strong>di</strong> esibire la villa si<br />

fa carne ed insieme filosofia <strong>di</strong> vita: e, dunque,<br />

denotazione del vivere stesso, senza la quale<br />

essa perde significato. L’operazione linguistica<br />

gad<strong>di</strong>ana consiste nel dare concretezza <strong>di</strong> lessico<br />

a ciascuno degli elementi ideologici tratti<br />

in gioco. Così la fisicità trova espressione in<br />

organo rubente, visceri, interezza della persona,<br />

e poi, pituita; dall’altra parte vengono recuperati<br />

temini della filosofia pre­illuministica entelechia<br />

consustanziale, ancora pituita somma,<br />

recòn<strong>di</strong>ta, noumènica. Quanto più alta sarà la<br />

designazione filosofia tanto più materialistico è<br />

il correlato: la villa ha, cartesianamente, sede<br />

nascosta nel cervello (recòn<strong>di</strong>ta), è fonte d’ogni


Analisi Tecnica. Gadda<br />

avrebbe.... Forse avrebbe scagliato via il coltello.... contro un ritratto, magari dei<br />

piú in vista .... gli zii....: contro il ritratto del padre !.... Forse.... No, no! .... non aveva<br />

mai fatto questo! Quelle posate le aveva sempre adoperate senza badarci: da anni.<br />

Rivenuta in camera da pranzo, la madre le cercava, ora, in quel mezzo lume, dentro<br />

il cassetto della tavola: ma, gli occhi e le mani indeboliti dall’età, non le riusciva<br />

<strong>di</strong> conoscerle, fra molte, e <strong>di</strong> afferrarle subito. Quel tintinnio irritò Gonzalo: che<br />

dalla propria camera, al piano superiore, le urlò: «Finiscila! ». Ella si era arrestata,<br />

trattenendo il respiro. Nell’inquietu<strong>di</strong>ne pensò <strong>di</strong> rivolgersi a qualcheduno, al<br />

Giuseppe: perché l’aiutassero a reggersi; stava male; aveva deglutito qualcosa una<br />

mezz’ora prima, una tazza <strong>di</strong> brodo affettàndovi del pan rustico, la metà d’un ovo<br />

fatto comperare al paese. Ora quel poco le venne in<strong>di</strong>etro, tanto da insu<strong>di</strong>ciare<br />

il nettascarpe, ch’era uno zerbino frusto sul limitare <strong>di</strong> sala da pranzo: ma, del<br />

resto, nemmeno si vedeva. Imbrattò anche l’ammattonato, un po’ piú là, qualche<br />

chiazza. Il figlio dové u<strong>di</strong>re i conati, confusamente, e crederli degli urti <strong>di</strong> tosse<br />

perché bestemmiò <strong>di</strong> nuovo dall’alto: «Ma sei tisica?». La madre si preoccupò <strong>di</strong><br />

detergere il pavimento prima ch’egli fosse ri<strong>di</strong>sceso, con un po’ <strong>di</strong> cenere, con la<br />

granata. Vi era in cucina della segatura, ma non ebbe la forza <strong>di</strong> estrarre il secchio,<br />

dov’era contenuta, da sotto la tavola a muro, <strong>di</strong> fargli scavalcare la traversa: che<br />

legava, a poca altezza, le due gambe antistanti. Scancellò come poté, nella fretta,<br />

i segni del <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne: con la granata, con un po’ <strong>di</strong> cenere.<br />

Da anni aveva intuito, <strong>di</strong> suo figlio. Anche in città: dov’ella risiedeva, fuor che<br />

l’estate. Le rade volte che apparisse, il figlio sperso, era ogni volta la stessa cupa<br />

idea.<br />

La povera madre aveva lentamente compreso. Ora ella vedeva il buio <strong>di</strong><br />

quell’anima. Lentamente, per aver lottato a lungo nella sua speranza così vivida,<br />

Un sentimento non pio, ... un rancore <strong>prof</strong>ondo ... Era il male oscuro... È qui espresso il<br />

nòcciolo ideologico del romanzo che rappresenta il dramma <strong>di</strong> Gonzalo malato nell’anima<br />

<strong>di</strong> un «male oscuro» che gli impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> stabilire rapporti, non <strong>di</strong>ciamo sereni, ma neppure<br />

in<strong>di</strong>fferenti con il mondo, con tutto il mondo umano e non: egli è, è stato detto «un misantropo<br />

ra<strong>di</strong>cale, spregiatore degli altri, <strong>di</strong> sé stesso, <strong>di</strong> quasi ogni parvenza del mondo». Egli imputa<br />

alla madre l’origine del suo male, alla sua vanità sociale, alle ristrettezza economiche cui ha<br />

costretto i figli, all’amore negato a lui e riservato al fratello morto. In realtà la madre è solo il<br />

simbolo <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> più ampio: anche in questo capitolo vi, ii p. – e nei cpv precedenti e in<br />

pensiero (noumènica), è, insomma, l’anima<br />

(pituita somma); e, nello tempo gioiello e bargiglio<br />

gallinaceo, escrescenza che vien fuori<br />

dall’anima: oggettivazione dell’idea – fissa –.<br />

Tale oggettivazione è possibile perché nella<br />

madre operano infaticabilmente gli ormoni<br />

(ancora corporea fisicità) dell’anagènesi che<br />

sono presupposti dal – risibile – luogo comune<br />

che ciò che la donna prende, viene sempre reso<br />

sotto altra forma.<br />

Operando in lei...: il <strong>di</strong>scorso che sinora ha riguardato<br />

solo una donna, la madre <strong>di</strong> Gonzalo,<br />

<strong>di</strong>viene para<strong>di</strong>gma <strong>di</strong> una costante femminile<br />

(eminentemente femminile ma anche maschile):<br />

la caparbia ostinazione con cui le madri perseguono<br />

la costituzione <strong>di</strong> un thesaurum certo,<br />

che sod<strong>di</strong>sfi l’orgoglio loro – sia un <strong>di</strong>ploma<br />

grande, una villa, sia il piumacchio (<strong>di</strong>ploma<br />

con cui si conferisce un titolo), benché non<br />

abbia utilità alcuna oppure sia semplicimente<br />

infelicitante.<br />

A tutte parti rime<strong>di</strong>a: riecheggia Inf. I, 127: «In<br />

tutte parti impera».<br />

Bardassa: omosessuale. Letterar.<br />

Carmino: letterar., sta per rossetto.<br />

Impoltava: ’impoltare’ da ’polta’, miscuglio <strong>di</strong><br />

farina e fave, utilizzato come cibo per i polli.<br />

Granata: scopa <strong>di</strong> saggina.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 145


Analisi Tecnica. Gadda<br />

nella sua gioia: prima <strong>di</strong> abbandonarsi a comprendere. Un sentimento non pio,<br />

e si sarebbe detto un rancore <strong>prof</strong>ondo, lontanissimo, s’era andato ingigantendo<br />

nell’animo del figliolo: quel solo che ancora le appariva, talvolta, all’incontro,<br />

sorridendole e chiamandola « mamma, mamma », se pur non era sogno, sulle vie<br />

della città e della terra. Questa perturbazione dolorosa, piú forte <strong>di</strong> ogni istanza<br />

moderatrice del volere, pareva riuscire alle occasioni e ai pretesti da una zona<br />

<strong>prof</strong>onda, inespiabile, <strong>di</strong> celate verità: da uno strazio senza confessione.<br />

Era il male oscuro <strong>di</strong> cui le storie e le leggi e le universe <strong>di</strong>scipline delle gran<br />

cattedre persistono a dover ignorare la causa, i mo<strong>di</strong>: e lo si porta dentro <strong>di</strong> sé per<br />

tutto il fulgurato scoscendere d’una vita, piú greve ogni giorno, imme<strong>di</strong>cato. Forse<br />

il « male invisibile » <strong>di</strong> cui narra Saverio López: dettogli da moribonde parole dello<br />

Incas: e ne <strong>di</strong>ce, con licenza de’ superiori, al capitolo estremo de’ suoi Mirabilia<br />

Maragdagali.<br />

Pace non conosceva, Gonzalo, né conoscerebbe: la madre, accudendo in quelle<br />

stoviglie, le parve <strong>di</strong> dover <strong>di</strong>sperare: il viso <strong>di</strong> lui, sconvolto, denunciava, a certi<br />

momenti, ch’egli non poteva aver ragione del suo delirio.<br />

Non beveva mai liquori. Non fumava. Non era neppur pensabile che dopo<br />

lo stento faticoso de’ suoi giorni, così avaramente retribuiti dalla Compañìa de<br />

Destribución, ci fosse denaro per gli alcaloi<strong>di</strong> costosi <strong>di</strong> cui avevano riferito, fino<br />

a quel tempo, i giornali, un po’ tutti, sia del Maradagàl vincitore che del debellato<br />

Parapagàl; <strong>di</strong> cui spilluzzicava anche, non appena le venisse fatto, certa letteratura<br />

d’avanguar<strong>di</strong>a tra ribelle e satanica inse<strong>di</strong>atasi nelle e<strong>di</strong>cole delle stazioni. D’altronde<br />

egli lavorava, per quanto malvolentieri, proprio come sognano le madri che<br />

abbia a lavorare il lor figlio, cioè im partendo or<strong>di</strong>ni ai <strong>di</strong>pendenti: alle ore d’agio,<br />

dopo aver <strong>di</strong>stribuito milioni <strong>di</strong> chilowattora a tutti i cotonifici del Nevado Bajo,<br />

quelli che seguiranno – s’è fatta palese la tendenza ad allargare il <strong>di</strong>scorso a tutte le donne e<br />

a tutti gli uomini; e, infine, alla vita stessa. Come Eugenio Montale (e Giuseppe Berto) il male<br />

<strong>di</strong> vivere non lascia scampo: è con<strong>di</strong>zione esistenziale; tuttavia se Montale trovava nella «<strong>di</strong>vina<br />

in<strong>di</strong>fferenza» la possibilità <strong>di</strong> un qualche «bene», o attendeva il miracolo, per G. non v’è<br />

allentamento o sospensione, mai: il «male oscuro» <strong>di</strong> Gonzalo è nervo scoperto che duole ad<br />

ogni azione, ad ogni pensiero, ad ogni memoria, ad ogni sensazione. Né v’è speranza, non<br />

Lessico<br />

Nessuno, certo, richiedeva lui...: la costruzione<br />

è: tra i giovani (pavoncelli) cui, in grazia della<br />

giovane età, era stata risparmiata (sparagnata,<br />

<strong>di</strong>alettale) la guerra (Mavorte), gli chiedeva della<br />

«gloriosa impresa» (della vittoria cioè sul Parapagàl).<br />

I giovani, infatti, non ne traevano nessuna<br />

utilità; non restava loro che riconoscere, in<br />

ogni occasione <strong>di</strong> confronto (concorso), ai più<br />

anziani (concorrenti dai capegli grigi, che avevano<br />

combattuto) titoli <strong>di</strong> precedenza e valide<br />

attenuanti sul piatto della giustizia (in Bilancia)<br />

per gli errori e le inadempienze verificatesi in<br />

quel periodo confuso (smarrito andare). Allora,<br />

per altro, il maggior problema <strong>di</strong> giustizia era<br />

costituito dalla <strong>di</strong>sputa sull’identità <strong>di</strong> un certo<br />

Martino, se cioè fosse Martin la Guerra o Martin<br />

146 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

la Vedova, <strong>di</strong>sputa che per più mesi (passato<br />

luna in luna) impegnava le menti più sottili della<br />

giurisprudenza (le più sottil crune del giure)...<br />

Lumignolo stanco e <strong>di</strong>messo: il lumignolo è<br />

la lucernetta per solito ad olio posta <strong>di</strong>nanzi<br />

alle immagini sacre, perciò viene solitamente<br />

aggettivato con ’perenne’, ’eterno’, ’sacro’ ecc.<br />

Pitecàntropi-granoturco: è una neo formazione<br />

<strong>di</strong> G. il significato vale a uomini preistorici e<br />

incivili mangiatori <strong>di</strong> granoturco, <strong>di</strong> polenta.<br />

Odéons: l’Odèon era un famoso teatro parigino.<br />

Il nome era stato adottato da molte sale italiane<br />

<strong>di</strong>venute luogo <strong>di</strong> ritrovo della ricca borghesia.<br />

Barattoli <strong>di</strong> peptone Liebig: barattoli <strong>di</strong> estratto<br />

<strong>di</strong> carne Liebig.<br />

Tale gli appariva fortuna: costruzione pre<strong>di</strong>cativa<br />

<strong>di</strong> tale, che anticipa la <strong>di</strong>chiarativa: che qui è<br />

costituita dalla frase in<strong>di</strong>pendente tempestoso


Analisi Tecnica. Gadda<br />

alle fabbriche invitte, allora, trovato un minuto a se stesso, apriva i libri, stanco,<br />

senza aver poi modo <strong>di</strong> arrivare a leggerli interi.<br />

A certe ore pareva malato nel volere. «Un po’ <strong>di</strong> buona volontà.... », gli <strong>di</strong>ceva<br />

la mamma, sorridendogli, stu<strong>di</strong>andosi dargli animo, e indurre un po’ <strong>di</strong> sereno su<br />

quel volto. «La volontà....», rispondeva, «che è in<strong>di</strong>spensabile agli assassini....». Ciò<br />

la impau riva, cercava <strong>di</strong> mutar <strong>di</strong>scorso. Forse era stanco. Era molto probabile<br />

che la guerra lo avesse mutato, e, piú, l’annuncio che il fratello non ne tornerebbe.<br />

Eppure non lamentava la guerra: non ne parlava mai con alcuno: non era stato<br />

ferito.<br />

Nessuno, certo, richiedeva lui della «gesta gloriosa», buie montagne, tra i pavoncelli<br />

cui Mavorte s’era sparagnato1 pel poi, stante il tenero dell’età loro. Non<br />

avevano alcun utile, questi, in riconoscere ai propri concorrenti dai capegli grigi<br />

questo titolo <strong>di</strong> prelazione nel concorso, e troppo valida attenuante in Bilancia.<br />

Cioè circa gli errori, le inadempienze: d’uno smarrito andare. La Bilancina del<br />

misuratissimo Iscrupolo era solo occupata, in quegli anni a bilicar billi biffi la <strong>di</strong>sputata<br />

identità del Martin re<strong>di</strong>vivo, detto Martin la Guerra o Martin la Vedova, 2<br />

passato luna in luna tutte le piú sottil crune del giure: mentre che la Gendarmeria<br />

incaparbita lo contendeva al Talamo non meno caparbio, quanto non meno<br />

ghiotto d’aver a strider <strong>di</strong> lui.<br />

Ma, tutto, tutto, è bene che si soppesi.<br />

Il figlio pareva aver <strong>di</strong>menticato al <strong>di</strong> là d’ogni immagine lo strazio <strong>di</strong> quegli<br />

1 Nella ragione biologica (species) si contemperano, costi tuendo limite reciproco («modo»<br />

spinoziano), l’impeto e la necessità <strong>di</strong> lotta, l’impeto e la necessità genetica. I Greci, al solito, videro<br />

ed espressero questi fenomeni in simboli maravigliosi. Tantoché guerra e pace nella mitologia<br />

ellenica pervengono a stati d’equilibrio, fra i contrastanti poteri delle contrastanti Assensioni<br />

(Nùmina).<br />

2 È una trasposizione anacronistica dal Seicento. Di Martino Guerra parla financo Leibnizio<br />

nei Nouveaux Essais. Un Martin re<strong>di</strong>vivo italiano fu il Canella-Bruneri, a alla cui lungamente <strong>di</strong>sputata<br />

identità vennero de<strong>di</strong>cate migliaia <strong>di</strong> colonne <strong>di</strong> giornale, e milioni <strong>di</strong> lire: (stampa, avvocati,<br />

tribunali d’appello, ecc. ecc.). Il Diritto, nel suo giusto iscrupolo, non bada a spesa.<br />

a Allude al famoso caso dello smemorato <strong>di</strong> Collegno, scoppiato a Torino nel 1926.<br />

che <strong>di</strong> soluzione, ma neppure d’alleviamento. È un male <strong>di</strong> cui le storie e le leggi e le universe<br />

<strong>di</strong>scipline delle gran cattedre persistono a dover ignorare la causa, i mo<strong>di</strong>: e lo si porta dentro<br />

<strong>di</strong> sé per tutto il fulgurato scoscendere d’una vita, piú greve ogni giorno, imme<strong>di</strong>cato.<br />

Il capitolo in questione è certamente quello in cui più s’aggruma il dolore provocato dal male:<br />

in altre parti il gusto della lingua può dare l’impressione d’una maggiore leggerezza; tuttavia,<br />

mai, l’esercizio linguistico si <strong>di</strong>stende nella felicità inventiva <strong>di</strong> R. Queneau, ad esempio.<br />

mare... Il rancore <strong>di</strong> Gonzalo esplode contro<br />

l’intera società affarista, <strong>di</strong> segnata negli aspetti<br />

più turpi, più meschini sino alla speculazione<br />

sul dolore per la morte. Non è solo la bassezza<br />

degli affari l’oggetto dell’ira gad<strong>di</strong>ana, ma<br />

soprattutto il fatto che poi, all’interno <strong>di</strong> quella<br />

società, i guadagni siano legittimati.<br />

Toboga: zattera.<br />

Blafardo: dal francese ’blafard’: pallido, livido.<br />

Esclusive e privative: hanno valore attivo: che<br />

escludono e privano.<br />

Recoleta: cimitero <strong>di</strong> Buonos Aires.<br />

Locupletati: latinismo, come tegumentare.<br />

Barchi <strong>di</strong> cabotaggio: quello che conta non è<br />

soltanto la metaforizzazione al maschile (il barco<br />

è un piccolo veliero da trasporto) quanto la<br />

connotazione piccolo­affaristica conferita loro<br />

da cabotaggio.<br />

Bassari<strong>di</strong>: baccanti così chiamate perché in<br />

Tracia indossavano pelli <strong>di</strong> volpe (gr. bassavra):<br />

è sottintesa l’esibizione delle pellicce.<br />

Mistero da <strong>di</strong>ez pesos (cinquantacinque <strong>di</strong><br />

queste qua): non siamo d’accordo con l’interpretazione<br />

<strong>di</strong> E. Manzotti che vede nella<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 147


Analisi Tecnica. Gadda<br />

anni, la incenerita giovinezza. Il suo rancore veniva da una lontananza piú tetra,<br />

come se fra lui e la mamma ci fosse qualcosa <strong>di</strong> irreparabile, <strong>di</strong> piú atroce d’ogni<br />

guerra: e d’ogni spaventosa morte.<br />

Quando <strong>di</strong>scese, con un libro, la zuppa sembrò attenderlo in tavola, al suo<br />

posto, nel cerchio della lucernetta a petrolio: dal <strong>di</strong> cui tenue dominio il fumo<br />

della scodella vaporava a <strong>di</strong>sperdersi nella oscurità, fra i costoloni del soffitto, buia<br />

plancia. Le intravature spagnolesche si drappeggiavano <strong>di</strong> ragnateli, come <strong>di</strong> vele<br />

in riserva, appese, andando per il Mare delle Tenebre.<br />

Quel lumignolo così stanco e <strong>di</strong>messo, immobilità chiusa nel suo cilindro <strong>di</strong><br />

cristallo, sotto al paralume <strong>di</strong> vetro – (ch’era un cono <strong>di</strong> una bianchezza opaca<br />

d’attorno la meccanica della ghiera trinata) – gli apparve essere tutto quello che la<br />

madre concedeva: nella casa abitata dal tarlo, nel fondo della campagna solitaria.<br />

Era, in ogni modo, tutto quello che il padre e la madre avevano ritenuto bastevole,<br />

dopoché utile, alla vita, al progresso, 1 alla felicità dei figli. Eppure avevano<br />

ben conosciuto anche loro, cane il <strong>di</strong>avolo! quali mai tessere, o biglietti d’invito,<br />

qual sorta <strong>di</strong> pentàcoli o <strong>di</strong> talismani unti valevano verso le porte, in <strong>di</strong>sserrare<br />

ai mortali, e fino ai pitecàntropi-granoturco, i battenti instoriati d’oro e d’avorio<br />

massiccio, 2 le girevoli portiere degli Odéons. Marce d’uomini e <strong>di</strong> femmine! con<br />

<strong>di</strong>stinguibile galleggiamento <strong>di</strong> parrucchieri <strong>di</strong> lusso, tenitrici <strong>di</strong> case pubbliche,<br />

fabbricanti <strong>di</strong> accessori per motociclette, e coccarde. Verso i barattoli <strong>di</strong> peptone<br />

Liebig treni <strong>di</strong> vacche, dal nord-ovest; carri <strong>di</strong>scoperti con passerella centrale che<br />

il gaucho dai malinconici occhi, sovraintendendo, percorre. Tale gli appariva fortuna,<br />

nel Sud-America. Tempestoso mare addosso le zattere sbatacchiate dalle<br />

genti sperse, slavate, con sargassi <strong>di</strong> cinesi o <strong>di</strong> bracci <strong>di</strong> negri fuor dal ribollire<br />

delle onde: armeni, russi, bianchi e rossi, arabi che s’eran conquistati una scialuppa<br />

col coltello alla mano, levantini veri con un carico, sulla spalla, <strong>di</strong> tappeti finti,<br />

<strong>di</strong> Monza: e sull’effuso mugghiare <strong>di</strong> quella turba in tobòga senza piú né Cristo<br />

né <strong>di</strong>avolo, moltitu<strong>di</strong>ne flagellata contro la proda dal precipitare dell’onda, ecco,<br />

ecco, alfine! il trionfo blafardo <strong>di</strong> alcuni impresari <strong>di</strong> pompe funebri, pochissimi,<br />

uno in ogni città del Maradagàl, i quali beneficiavano della piú red<strong>di</strong>tizia tra le<br />

esclusive e privative maradagalesi: il monopolio cadaveri. Così, ad esempio, la<br />

<strong>di</strong>tta Flejos. Le casse <strong>di</strong> zinco rivendute per trenta volte il costo alla afflizione de’<br />

1 Marcia in avanti.<br />

2 «In foribus pugnam ex auro solidoque elephanto....» Virgilio, Georgica, iii, apertura.<br />

sottanella un capo <strong>di</strong> poco pregio («misero<br />

valore»): infatti non rende ragione del contrasto<br />

con il cencio caccoso. Per quanto limitato il<br />

nostro intervento serve all’intelligenza del passo,<br />

del gioco ironico, ma anche del riferimento<br />

classico su riportato. Le cinquantacinque lire<br />

degli anni tra le due guerre costituiscono una<br />

somma considerevole se un manovale aveva<br />

uno stipen<strong>di</strong>o mensile <strong>di</strong> ottanta lire e nel 1937,<br />

non ostante gli sforzi del fascismo (e la quota<br />

90, ossia la parità in base alla quale 90 lire<br />

acquistavano una sterlina inglese) una camicia<br />

<strong>di</strong> buona fattura costava appunto 50 lire. Se le<br />

148 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

cose stanno così allora intenderemo il passo:<br />

le donne, con un trucco assai evidente (stra<strong>di</strong>pinte),<br />

impellicciate (bassari<strong>di</strong>) usavano una<br />

gonna che pareva una sottanella gualcita, <strong>di</strong><br />

mezza lana (potrebbe essere lana mista a seta),<br />

che serviva a coprire (tegumentare) e a dare<br />

costosamente (<strong>di</strong>ez pesos...) aria <strong>di</strong> mistero al<br />

movimento delle natiche; ma meglio avrebbe<br />

conseguito l’effetto <strong>di</strong> eleganza il cencio sporco<br />

e senza alcun valore (cencio caccoso) <strong>di</strong> una<br />

negra.<br />

Macellai-scimitarra... stuccatrici d’ogni risma:<br />

è la fiera degli arricchiti borghesi deformati


Analisi Tecnica. Gadda<br />

dolenti, durante un trentennio, li aveva locupletati della piú legittima fra tutte le<br />

prese <strong>di</strong> beneficio. E poi ancora femmine, femmine, dopo lo zinco e la Recoleta;<br />

femmine! come barchi <strong>di</strong> cabotaggio rimessi a nuovo, stra<strong>di</strong>pinte, col riso delle<br />

bassari<strong>di</strong> aperto su trentadue denti fino agli orecchi; una sottanella gualcita, <strong>di</strong><br />

mezza lana, a tegumentare d’un mistero da <strong>di</strong>ez pesos (cinquantacinque <strong>di</strong> queste<br />

qua) la miseranda meccanica dello sculettamento: il cencio caccoso d’una negra<br />

avrebbe avuto piú tono. Oppure, agli antipo<strong>di</strong>, i salumai grassi, come baffuti topi,<br />

insaccatori <strong>di</strong> topi; torreggianti sul loro marmo alto, con mannaia, i macellaiscimitarra;<br />

o paonazzi sensali, nel foro, a bociare sobre el ganado; o bozzolieri in<br />

marsina tumefatti dalla prosopopea delle virtú keltikesi al completo, con un<strong>di</strong>ci<br />

bargigli, se pure inetti a spiccare una sola zeta dai denti: elettrotecnici miopi come<br />

carciofi: preti (presbiteriani) in abito <strong>di</strong> ballo, droghieri brachischelici 1 dalle brache<br />

piene <strong>di</strong> saccarina contrabbandata; ingegneri cornuti, me<strong>di</strong>ci delle budella, e dei<br />

rognoni, e specialisti del perepepè: guar<strong>di</strong>e giurate, ladri, gasisti, ruffiane asmatiche,<br />

stuccatori e stuccatrici d’ogni risma! e lo spettro del Vate a terrorizzare i polli,<br />

dopo mezzanotte, nel pollaio della Giuseppina! Jettatore porco! Questo mare senza<br />

requie, fuori, sciabordava contro l’approdo <strong>di</strong> demenza, si abbatteva alle dementi<br />

riviere offrendo la sua perenne schiuma, ribevendosi la sua turpe risacca. Pomata<br />

mercuriale o vangeli apocrifi, là, là, verso l’allucinato fulgore degli Odéons: con<br />

<strong>di</strong>etro i magazzini generali della <strong>di</strong>tta Flejos, y compañeros.<br />

La sarabanda famelica vorticava sotto i globi elettrici dondolati dal pampero,<br />

tra miria<strong>di</strong> <strong>di</strong> sifoni <strong>di</strong> seltz. La luce del mondo capovolto 2 si beveva le sue folle<br />

uricemiche, <strong>prof</strong>umieri in balia del Progreso, uretre livellate dallo seltz. «¡Mozo,<br />

tráigame otro sifón!». Una giuliva bischeraggine animava le facce <strong>di</strong> tutti; le donne,<br />

come si grattassero un acne, o con gesti <strong>di</strong> bertucce cui sia data tra mano alcuna<br />

cacaruetta, 3 si davan la cipria a ogni piatto: mangiavano minestrone e matita. E<br />

tutti speravano, speravano, giulivi. Ed erano pieni <strong>di</strong> fiducia. Oppure, autorevoli,<br />

tacevano. A tavolino; petto in fuori, busto eretto; incartonati nell’arnese d’amido<br />

dello smoking quasi nel cerotto e nel turgore supremo della certezza e della realtà<br />

1 Dalle gambe corte. «In<strong>di</strong>ce schelico», nell’antropologia, il rapporto tra la lunghezza delle<br />

gambe e l’altezza della persona.<br />

2 Cioè dell’emisfero australe. Il pampero è il vento delle Pampas.<br />

3 Ingiustificato francesismo per aràchide, nocciolina americana.<br />

dalle parole come macellai-scimitarra, mezzo<br />

uomini mezzo oggetto alla Bosch; o i droghieri<br />

brachischelici. Tutti <strong>di</strong>mentichi della volgarità del<br />

loro lavoro, tutti resi tronfi dal denaro, qualcuno<br />

con un<strong>di</strong>ci bargigli, incapaci <strong>di</strong> pronunciare una<br />

parola in italiano.<br />

Lo spettro del Vate...: poeta­ vate <strong>di</strong> questa<br />

borghesia affarista ed ignorante, <strong>di</strong>ce G., fu<br />

D’Annunzio, con i suoi spiriti guerrieri capaci <strong>di</strong><br />

spaventare soli i polli della Giuseppina.<br />

Giuseppina: è il nome della villa, Maria Giuseppina<br />

per la verità, che possedeva anche<br />

un pollaio la cui rete metallica era stata una<br />

straor<strong>di</strong>naria passeggiata d’un fulmine. Il racconto<br />

della quale rappresenta una delle pagine<br />

<strong>di</strong> maggiore bravura <strong>di</strong> G.: era già presente<br />

nell’Adalgisa.<br />

Bischeraggine: toscanismo.<br />

E tutti speravano... realtà biologica: la stupi<strong>di</strong>tà<br />

dei borghesi lombar<strong>di</strong> è tutta qui: nella fiducia<br />

nella loro ricchezza e nel loro denaro: o meglio<br />

nella loro capacità <strong>di</strong> concludere affari con, o<br />

non ostante le bugie con le quali essi cercavano<br />

<strong>di</strong> catturare (aucupio) la fiducia <strong>di</strong> qualche<br />

ingenuo.<br />

Pomata mercuriale... y compañeros: La pomata<br />

mercuriale era un composto a base <strong>di</strong><br />

mercurio che era utilizzata nella cura della<br />

sifilide. È il trionfo <strong>di</strong> una classe fisicamente ed<br />

intellettualmente (vangeli apocrifi) tarata che<br />

corre verso l’esibizione del lusso rappresentato<br />

dagli Odéons.<br />

Folle uricemiche: umanità affetta dall’uricemia,<br />

malattia del benessere.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 149


Analisi Tecnica. Gadda<br />

biologica. Di quando in quando facevano pisciare i sifoni: e il sifone virilmente<br />

mingente conferiva alla mano del <strong>di</strong>soccupato una tal quale gravità. E si gargarizzavano,<br />

baritonali, glabri, col collutorio dei ricor<strong>di</strong>: vantando immaginarie notti<br />

e lucri <strong>di</strong> <strong>di</strong>amanti rivenduti: (ma non mai esistiti): taceva, il viso-bugia della<br />

femmina, circa l’aucupio vero.<br />

Il figlio, all’impie<strong>di</strong>, presso la tavola, guardava senza vedere il modesto apparecchio,<br />

il poco fumo che ne veniva esalando: mentre la sua vecchia ma mma<br />

cercava ancora qualche posata, un piatto, un pretesto, dalla credenza all’arma<strong>di</strong>o<br />

<strong>di</strong> cucina. Era <strong>di</strong> nuovo inquieta.<br />

Ragazzi: con gambe come due spàragi. I<strong>di</strong>oti dentro la capa piú che se la fosse<br />

fatta <strong>di</strong> un tubero, infanti una pur che fosse favella: dopo do<strong>di</strong>ci generazioni <strong>di</strong><br />

granoturco e <strong>di</strong> migragna dai pie<strong>di</strong> ver<strong>di</strong> venuti fuori anche loro dall’Arca bastarda<br />

delle generazioni, a cercar <strong>di</strong> barbugliare una qualche loro millanteria tirchia<br />

nel foro: lo sbilenco foro <strong>di</strong> Pastrufazio! venuti giú, giú, dai formaggini fetenti del<br />

Monte Viejo alle piú trombose bocciature del l’Uguirre, 1 muti e acefali in castigliano,<br />

sor<strong>di</strong> al latino, reprobi al greco, inetti alle istorie, col cervello sotto zero in<br />

geometria e in aritmetica, non sufficienti nel tiralinee, perfino con la geografia<br />

erano insufficienti! bisognava sfiatarsi per delle settimane, degli anni, a fargli capire<br />

che cos’è una carta del vittorioso Ma radagàl! e come si fa a far le carte: e ancora<br />

ancora non ce la facevano, poveri tesori!<br />

Eppure venivano giù come un olio al loro imban<strong>di</strong>erato varo, varati finalmente<br />

nel sciocchezzaio con tutti gli onori e i carismi: carene insevate da stupi<strong>di</strong>tà.<br />

Piú insulsi erano, e piú felice e liscio gli andava sottoculo lo scivolo, giú, giú dal<br />

croconsuelo verde del Monte Viejo alla tumefazione galleggiativa dell’avenida,<br />

bargigli al completo. Una qualche vecchia grinzosa si riusciva sempre a trovarla,<br />

nel magazzino delle vecchie, con sei e perfino sette denti in bocca, per mollare la<br />

bottiglia propiziatoria sulla prua dell’analfabeta: tanto da dare quel po’ <strong>di</strong> cocci in<br />

rimbalzo che il rito richiede, se Dio vuole, con quel bioccoletto <strong>di</strong> spuma. (Le gote<br />

del vitello, in ogni modo, bisognava laccarle d’una congrua dose <strong>di</strong> saliva adulatrice,<br />

piagnucolandogli e sbrodandogli addosso, a ogni nuova trombata, il muco<br />

ammirativo d’un naso piriforme, affettuosissimo, brodosissimo).<br />

E come a culo in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong>scende la nave, così essi, il maggior numero, come<br />

nave o gambero, e proprio perché gamberi, a culo in<strong>di</strong>etro, in ragione dei loro<br />

1 Il liceo «Presidente Uguirre», situato nei quartieri nordorientali della città<br />

Lessico<br />

Capa... tubero: nei <strong>di</strong>al. meri<strong>di</strong>on. Tubero <strong>di</strong><br />

rapa.<br />

Infanti: infante è il bambino che non ha ancora<br />

imparato a parlare. Qui è accentuata piuttosto<br />

l’incapacità.<br />

Pastrufazio: è la città più <strong>di</strong>namica del Maragadàl<br />

sede <strong>di</strong> una Corte <strong>di</strong> giustizia ricca <strong>di</strong><br />

«lucubrativi magistrati».<br />

Formaggini fetenti del Monte Vejo: Montevec­<br />

150 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

chio è paesino famoso per i formaggi molli<br />

fermentati, dall’odore penetrante.<br />

Varo: è locuzione ancora in uso nelle licenze<br />

liceali.<br />

Insevate: unte <strong>di</strong> sevo o sego, <strong>di</strong> grasso animale.<br />

Croconsuelo verde: gorgonzola verde?<br />

Tumefazione galleggiativa del’avenida: boria,<br />

voglia <strong>di</strong> emergere, galleggiare nella (società<br />

della) via più importante della città.<br />

Lucentezza nardosa: alludele a cosmetici (economici)<br />

a base d’erbe, tra cui, appunto, il nardo.<br />

Capegli: plurale letterar. per capelli.


Analisi Tecnica. Gadda<br />

non-titoli, <strong>di</strong>scendevano, scivolavano felicemente nel mondo. Pittati <strong>di</strong> un loro<br />

splendore nuovo. E altri, nelle <strong>di</strong> cui gote floride sotto la lucentezza nardosa de’<br />

capegli si percepiva <strong>di</strong> leggieri un’adolescenza alla flanellina, e al rosbiffe. Aiole <strong>di</strong><br />

rosbiffe! Tutti, tutti entravano nella luce: li avvolgeva la luce della vita, versata<br />

sulle loro teste unte dai pazienti alternatori della Cor<strong>di</strong>llera. Che ne inaffiano i<br />

para<strong>di</strong>si <strong>di</strong> stucco. Tutti, tutti! Turchi, frittellari, circassi, men<strong>di</strong>canti ghitarroni<br />

d’Andalusia, polacchi, armeni, mongoli, santoni arabi in bombetta, labbroni senegalesi<br />

dai pie<strong>di</strong> caprigni, e perfino i Langobardòi <strong>di</strong> Cormanno, immigrati da<br />

Cormanno (Curtis Manni), a battere, anche nel nuovo mondo, il primato della<br />

ottusità e della mancanza <strong>di</strong> fantasia. E l’agente della casa <strong>di</strong> <strong>prof</strong>umi, gréculo; e<br />

quello, ebreo, della casa <strong>di</strong> tappeti. Che collocava poi anche, per suo conto, a ora<br />

<strong>di</strong> dopolavoro, quadri, benché usati, partite <strong>di</strong> cenci da cartiera, e mobilio eretico<br />

del 16°. Tutti, tutti.<br />

[…]<br />

Orologi a braccialetto! Taluni avevano dei veri cronometri, cioè, (spiegavano),<br />

misuratori del tempo: con una terza, quarta e quinta lancetta, sottilissime: l’ultima<br />

ad<strong>di</strong>rittura filiforme, che demarrava in velocità solo premere, tic! , un pernetto<br />

segreto, con il polpastrello del pollice: ed era per le corse, alle mosse, cioè alla partènsa,<br />

con l’esse, che <strong>di</strong> quando in quando la chiamavano però anche starting: o<br />

all’arrivo, una testa, mezza testa.<br />

Il quadrante, nero, con i mesi e i quarti delle lune d’un filo rosso-scarlatto, o<br />

in oro-vespero, con i secon<strong>di</strong>, i minuti, gli anni, le ore, le egire, in verde e in color<br />

limone; e in blú zaffiro le rivoluzioni <strong>di</strong> Urano. Tantoché un simile cronometro<br />

sul polso del tabaccaio, chi appena lo avverta, e non si può non adocchiarlo, viene<br />

a inserire il suo portatore glorioso in una supposta élite matematico-geomantica, o<br />

geofisica, come chi <strong>di</strong>cesse una casta sacerdotale-astrologica egizia o caldaica, una<br />

comunità chiusa orfico-pitagorica detentrice <strong>di</strong> copernicano contrabbando due<br />

mill’anni avanti Copernico. Mentre il piú delle volte si tratta <strong>di</strong> un normalissimo<br />

e solvibilissimo Brusuglio, trasferitosi al <strong>di</strong> là dell’oceano «col suo ingegno e la sua<br />

forza <strong>di</strong> volontà». In fase ascensionale, dunque.<br />

La mamma, ora, dopo essere uscita e rientrata piú volte, attendeva ella pure<br />

all’impie<strong>di</strong>, quasi tremando, le mani ricongiunte sul grembo, che il figliuolo si<br />

mettesse a tavola. Ingegnandosi dentro il buio della cucina, dal fondo <strong>di</strong> un <strong>di</strong>menticato<br />

vaso la sua speranza tenace era pervenuta a stanare alcuni sottaceti:<br />

e quei tre peperoncini verdastri, vizzi, aggiustatili in un piattino slabbrato, da<br />

caffè, tornata poi nella sala aveva deposto il piattino sulla tavola, nell’atto devoto<br />

Di leggieri: letterar. per facilmente. La scelta<br />

letteraria <strong>di</strong> questo passo è in contrapposizione<br />

dalla ignoranza dei giovani borghesi.<br />

Alternatori della Cor<strong>di</strong>llera: centrali elettriche<br />

della (nella finzione) Cor<strong>di</strong>llera.<br />

I para<strong>di</strong>si <strong>di</strong> stucco: allude al largo uso dello<br />

stucco nelle decorazioni liberty <strong>di</strong> palazzi, case,<br />

ville. Tipicamente borghesi.<br />

Turchi... mancanza della fantasia: gli immigrati<br />

nel Maragadàl: facile trasposizione <strong>di</strong> altra<br />

immigrazione interna <strong>di</strong> quegli anni.<br />

Brusuglio: località vicino a Milano.<br />

Langobardòi <strong>di</strong> Cormanno: Cormano è un paese<br />

vicino a Milano.<br />

Orologi a braccialetto!: La <strong>di</strong>gressione oppone<br />

all’estraneità e l’insicurezza da cui era affetto<br />

Gonzalo la certezza dei borghesi , o la stupida<br />

certezza negli orologi da polso, negli atteggiamenti<br />

veramente ri<strong>di</strong>coli dei borghesi lombar<strong>di</strong>.<br />

Demarrava: dal francese démarrer, salpare,<br />

partire ecc. Notevole la mancanza della preposizione.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 151


Analisi Tecnica. Gadda<br />

<strong>di</strong> Melchiorre che depone in offerta, davanti al Pargolo, il vasello prezioso della<br />

mirra. Un’agitazione dolorosa martellava <strong>di</strong> nuovo i suoi minuti scarni: i vecchi<br />

e frusti minuti! pieni solo d’un batticuore. Gonzalo seguitava a fissare come un<br />

sonnambulo, senza vederli, il servito, la tovaglia, il cerchio della lucernetta sulla<br />

tavola. Poco piú fumo, oramai, dalla scodella, verso i fastigi della tenebra.<br />

Dove andava la sua conoscenza umiliata, coi lembi laceri della memoria nel<br />

vento senza piú causa né fine? Dove agivano le menti operose circa la verità, con<br />

la loro sicurezza giusta, illuminata da Dio?<br />

Camerieri neri, nei «restaurants», avevano il frac, per quanto pieno <strong>di</strong> padelle:<br />

e il piastrone d’amido, con cravatta posticcia. Solo il piastrone s’intende: cioè senza<br />

che quella imponentissima fra tutte le <strong>di</strong>gnità pettorali arrivasse mai a ra<strong>di</strong>carsi<br />

in una totalitaria armonia, nella fisiologia necessitante d’una camicia. La quale<br />

mancava onninamente.<br />

Pervase da un sottile brivido, le signore: non appena si sentissero onorare dell’appellativo<br />

<strong>di</strong> signora da simili ossequenti fracs. «Un misto pan na-cioccolatto per<br />

la signora, sissignora!». Era, dalla nuca ai calcagni, come una staffilata <strong>di</strong> dolcezza,<br />

«la pura gioia ascosa» dell’inno. 1 E anche negli uomini, del resto, il prurito segreto<br />

della compiacenza: su, su, dall’inguine verso le meningi e i bulbi: l’illusione, quasi,<br />

d’un attimo <strong>di</strong> potestà marchionale. Dimenticati tutti gli scioperi, <strong>di</strong> colpo; le urla<br />

<strong>di</strong> morte, le barricate, le comuni, le minacce d’impiccagione ai lampioni, la porpora<br />

al Père Lachaise; e il caglio nero e aggrumato sul goyesco abbandono dei <strong>di</strong>stesi,<br />

dei rifiniti; e le cagnare e i blocchi e le guerre e le stragi, d’ogni qualità e d’ogni<br />

terra; per un attimo! per quell’attimo <strong>di</strong> delizia. Oh! spasimo dolci! Procuratoci<br />

dal reverente frac: «Un taglio limone-seltz per il signore, sissignore! Taglio limone-seltz<br />

al signore!». Il grido meraviglioso, fastosissimo, pieno d’ossequio e d’una<br />

toccante premura, piú inebriante che melode elisia <strong>di</strong> Bellini, rimbalzava <strong>di</strong> garzone<br />

in garzone, <strong>di</strong> piastrone in piastrone, locupletando <strong>di</strong> nuovi sortilegi destrogiri gli<br />

ormoni marchionici 2 del committente; finché, pervenuto alla <strong>di</strong>spensa, era: «un<br />

taglio limone-seltz per quel belinone d’un 128! ».<br />

1 Citazione sbagliata e assolutamente impropria dal noto, sublime invocativo de «La Pentecoste».<br />

Il Poeta, rivolgendosi allo Spirito Santo, chiede gioie al plurale per le clarisse: Manda alle<br />

ascose vergini – Le pure gioie ascose; – Consacra delle spose – Il verecondo amor.<br />

2 Giuoco fra marchese e Marchionn, personaggio portiano. L’A. immagina che gli ormoni del<br />

committente, deliziato dall’ossequio, si arricchiscano <strong>di</strong> nuove meravigliose combinazioni chimiche:<br />

(sortilegi). Destrogiri, sinistrogiri: termini della chimica strutturale, della geometria e della<br />

cristallografia: e <strong>di</strong>consi, in genere, <strong>di</strong> due strutture molecolari simmetriche, cioè metricamente<br />

eguali ma non sovrapponibili. (Vite destra e vite sinistra).<br />

Lessico<br />

Comuni: allude alla seconda comune <strong>di</strong> Parigi<br />

in seguito alla quale, per altro preparata dall’Internazionale<br />

e dal Congr. <strong>di</strong> Losanna (1866),<br />

il nome <strong>di</strong> comune entrò nel <strong>di</strong>zionario dei<br />

movimenti operai.<br />

Porpora al Pére Lachaise: Pére La Chaise era<br />

confessore <strong>di</strong> Luigi XIV da lui prese nome uno<br />

152 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

dei più bei cimiteri <strong>di</strong> Parigi. Qui il 28 maggio<br />

1871 si concluse la semaine sanglante durante<br />

la quale Mac Mahon combatté i comunar<strong>di</strong> che<br />

avevano decretato la fine <strong>di</strong> tutti i culti. Proprio<br />

su un muro del cimitero furono eseguite le<br />

ultime numerose fucilazioni.<br />

Il caglio nero e aggrumato: allude alle azioni<br />

violente delle squadre fasciste che lasciano<br />

<strong>di</strong>stesi e sfiniti gli avversari in un abbandono


Analisi Tecnica. Gadda<br />

[…] Tutti, tutti: e piú che mai quei signori attavolati. Tutti erano consideratissimi!<br />

A nessuno, mai, era mai venuto in mente <strong>di</strong> sospettare che potessero anche<br />

essere dei bischeri, putacaso, dei bambini <strong>di</strong> tre anni.<br />

Nemmeno essi stessi, che pure conoscevano a fondo tutto quanto li riguardava,<br />

le proprie unghie incarnite, e le verruche, i nèi, i calli, un per uno, le varici, i<br />

foruncoli, i baffi solitari: neppure essi, no, no, avrebbero fatto <strong>di</strong> se medesimi un<br />

simile giu<strong>di</strong>zio.<br />

E quella era la vita.<br />

Fumavano. Subito dopo la mela. Apprestandosi a scaricare il fascino che da<br />

lunga pezza oramai, cioè fin dall’epoca dell’ossobuco, si era andato a mano a mano<br />

accumulando nella <strong>di</strong> loro persona – (come l’elettrico nelle macchine a strofinìo)<br />

– ecco, ecco, tutti eran certi che un loro impreveduto decreto avrebbe lasciato<br />

scoccare sicuramente la importantissima scintilla, folgore e sparo <strong>di</strong> Si gno ria<br />

su adeguato spinterògeno ambientale, <strong>di</strong> forchette in travaso. Cascate <strong>di</strong> posate<br />

tintinnanti! Di cucchiaini!<br />

Ed erano appunto in procinto <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>venire a quell’atto imprevisto, e però<br />

curiosissimo, ch’era così instantemente evocato dalla tensione delle circostanze.<br />

Estraevano, con <strong>di</strong>stratta noncuranza, <strong>di</strong> tasca, il portasigarette d’argento:<br />

poi, dal portasigarette, una sigaretta, piuttosto piena e massiccia, col bocchino <strong>di</strong><br />

carta d’oro; quella te la picchiettavano leggermente sul portasigarette, richiuso nel<br />

frattempo dall’altra mano, con un tatràc; la mettevano ai labbri; e allora, come<br />

infasti<strong>di</strong>ti, mentre che una sottil ruga orizzontale si delineava sulla lor fronte,<br />

onnubilata <strong>di</strong> cure altissime, riponevano il trascurabile portasigarette. Passati<br />

alla cerimonia dei fiammiferi, ne rinvenivano finalmente, dopo aver cercato in<br />

due o tre tasche, una bustina a matrice: ma, apertala, si constatava che n’erano<br />

già stati tutti spiccati, per il che, con <strong>di</strong>spitto, la bustina veniva immantinenti<br />

estromessa dai confini dell’Io. E derelitta, ecco, giaceva nel piatto, con bucce.<br />

Altra, infine, soccorreva, stanata ultimamente dal 123° taschino. Dissigillavano il<br />

francobollo-sigillo, ubiqua immagine del Fisco Uno e Trino, fino a denudare in<br />

quella pettinetta miracolosa la Urmutter <strong>di</strong> tutti gli spiritelli con capocchia. Ne<br />

spiccavano una unità, strofinavano, accendevano; spianando a serenità nuova la<br />

fronte, già così so praccaricata <strong>di</strong> pensiero: (ma pensiero fessissimo, riguardante,<br />

per lo piú, articoli <strong>di</strong> bigiutteria in celluloide). Riponevano la non piú necessaria<br />

cartina in una qualche altra tasca: quale? oh! se ne scordano all’atto stesso; per aver<br />

motivo <strong>di</strong> rinnovare (in occasione d’una contigua sigaretta) la importantissima<br />

e fruttuosa ricerca.<br />

Dopo <strong>di</strong> che, oggetto <strong>di</strong> stupefatta ammirazione da parte degli «altri tavoli»,<br />

come quello <strong>di</strong> alcuni cadaveri presenti nei<br />

quadri <strong>di</strong> Goya. Il riferimento fa da contraltare<br />

alla porpora del cimitero parigino.<br />

Melode elisia <strong>di</strong> Bellini: con termini dannunziani<br />

G. allude alla dolcezza della melo<strong>di</strong>a delle opere<br />

<strong>di</strong> Vincenzo Bellini.<br />

Belinone: derivato dal <strong>di</strong>aletto milanese.<br />

Dispitto: Dante, Inf. x, 36.<br />

Urmutter: tedesco, madre pimigenia.<br />

Biguitteria: dal francese bijoux.<br />

Sibariti in trentaduesimo: se il sibariti in<strong>di</strong>ca la<br />

propensione al piacere e al lusso; in trentaduesimo<br />

è locuzione tipografica e sta ad in<strong>di</strong>care<br />

un libro dalle <strong>di</strong>mensioni assai ridotte, poiché il<br />

foglio tipografico veniva piegato tante volte sino<br />

ad ottenere trentadue fogli. Alla fine dunque<br />

l’espressione significa sibariti che possono<br />

permettersi ben poco.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 153


Analisi Tecnica. Gadda<br />

aspiravano la prima boccata <strong>di</strong> quel fumo d’eccezione, <strong>di</strong> Xanthia, o <strong>di</strong> Turmac; in<br />

una voluttà da sibariti in trentaduesimo, che avrebbe fatto pena a un turco stitico.<br />

E così rimanevano: il gomito appoggiato sul tavolino, la sigaretta fra me<strong>di</strong>o e<br />

in<strong>di</strong>ce, emanando voluttuosi ghirigori; mescolati <strong>di</strong> miasmi, questo si sa, dei bronchi<br />

e dei polmoni felici, mentre che lo stomaco era tutto messo in giulebbe, e andava<br />

<strong>di</strong>etro come un <strong>di</strong>sperato ameboide a mantrugiare e a peptonizzare l’ossobuco. La<br />

peristalsi veniva via con un andazzo trionfale, da parer canto e trionfo, e presagio<br />

lontano <strong>di</strong> tamburo, la marcia trionfale dell’Aida o il toreador della Carmen.<br />

Così rimanevano. A guardare. Chi? Che cosa? Le donne? Ma neanche. Forse a<br />

rimirare se stessi nello specchio delle pupille altrui. In piena valorizzazione dei loro<br />

polsini, e dei loro gemelli da polso. E della loro faccia <strong>di</strong> manichini ossibuchivori.<br />

Molte réclames <strong>di</strong> tabacchi, o <strong>di</strong> liquori, dei piú oleosi e giallo-ver<strong>di</strong>, erano<br />

state inspirate, in tutto il Sud-America, dalla eleganza dei polsi delle loro camicie.<br />

Sulla retrocoperta del Fray Mocho, ad esempio, si vedeva <strong>di</strong> frequente il fumo<br />

d’una sigaretta a esalare dalla bocca d’un tale verso il soffitto, cioè verso il limite<br />

fisico della pagina: in tenui volute, elegantissime: e il gomito era sulla tavola, e il<br />

bicchierino oleoso. E il polsino, e le <strong>di</strong>ta «aristocratiche», e la sigaretta, erano alti<br />

e invi<strong>di</strong>abili davanti la virile cera <strong>di</strong> <strong>di</strong>gestione (del buco e osso), con baffi, per<br />

quanto opportunamente cimati. Anime ardenti, sognanti, <strong>di</strong> giovani, per lo piú<br />

fattorini <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o delle classi giovani e lavoranti-parrucchieri, fantasticavano <strong>di</strong><br />

poter arrivare a tanto: un giorno! Dagli Appennini alle Ande. Con quella sigaretta<br />

tra me<strong>di</strong>o e in<strong>di</strong>ce, quel bicchierino giallo sulla tavola, quel polsino, quei gemelli<br />

da polso. Oh! sì, sì! Quello, veramente, lo si vedeva ch’era arrivato a poter <strong>di</strong>re <strong>di</strong><br />

se stesso: «Yo soy un hombre». Non era una faccia <strong>di</strong> bischero: no, no.<br />

Il figlio, all’impie<strong>di</strong>, con gli occhi sbarrati sopra il paralume, ricordò proprio che<br />

il giovane del suo parrucchiere, alcune settimane avanti, in Saenz Peña, gli aveva<br />

mormorato in un orecchio: «Como me gustaria, sabe Usted señor don Gonzalo....<br />

asentarme a tomar una copita de licor.... por la tarde, en una mesa.... ese.... del<br />

Donisetti.... – (pronunziava così, alla spagnola) – .... viendo pasear a las guapas<br />

en toda la calle.... a los caballeros.... a los coches.... sabe Usted, ese bene<strong>di</strong>ctìn ....<br />

Lessico<br />

Disperato ameboide: lo stomaco si muoveva,<br />

<strong>di</strong>ce G., come un’ameba.<br />

Mantrugiare: toscanismo, letteralmente ’maltrattare<br />

con le mani’: naturalmente qui valgono<br />

anche i valore fonetici.<br />

Peptonizzare: i peptoni sono il risultato della<br />

<strong>di</strong>gestione: dunque, <strong>di</strong>gerire.<br />

Peristalsi: movimento dei visceri che spinge il<br />

contenuto, nello specifico il cibo.<br />

Per quanto opportunamente cimati: <strong>di</strong>ta, sigaretta<br />

e polsini sporgevano in misura opportunamente<br />

stu<strong>di</strong>ata.<br />

Dagli Appennini alle Ande: è un racconto mensile<br />

del Cuore <strong>di</strong> E. De Amicis in cui un fanciullo,<br />

partito dall’Italia, attraverso una lunga serie <strong>di</strong><br />

154 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

avventure e <strong>di</strong>savventure, giunge a ritrovare la<br />

madre emigrata nelle Americhe, della quale non<br />

si avevano più notizie.<br />

Como me gustaria ... : « Come mi piacerebbe,<br />

sapete signor don Gonzalo... allontanarmi<br />

a prendere un bicchierino <strong>di</strong> liquore, ad un<br />

tavolino ... questo ... del Donizetti [...] guardando<br />

passare le ragazze in tutta la strada ...<br />

i signori ... le carrozze ... voi sapete, questo<br />

monaco ... penso che voi [...] tutti i giorni ... si<br />

può permettere un tale lusso ... Permettetemi,<br />

signor ingegnere [...] Sapete ? come in quella<br />

reclame che si vede dappertutto ... Un grande<br />

arista deve averla fatta, non vi sembra ? ... con<br />

questa mano sollevata ... e davanti il bicchiere<br />

... la sigaretta ... – Vuole un fiammifero ?... – ...<br />

acceso ...».


Analisi Tecnica. Gadda<br />

supongo que Usted – (volle sorridere) – todos los <strong>di</strong>as .... podrá permitirse este<br />

lujo.... Permìtame, señor ingeniero – (e gli tagliò secco, zic, un pelo sotto il naso)<br />

– ¿sabe Usted? como en aquella réclame que vemos en todas partes.... Un gran<br />

artista la hizo, ¿no le parece? .... con esa mano levantada.... y la copita por adelante....<br />

y el cigarrillo.... – ¿Quiere mag-nesia? .... – .... encen<strong>di</strong>do .... ».<br />

Gli erre, come corde <strong>di</strong> guitarra, vibrarono in tutta la loro violenza acerba: lo<br />

stupendo i<strong>di</strong>oma, parecido a una luz, a una llama, esalava dal fremito, dal calore<br />

dei labbri. I denti facevano pensare d’u na purità feroce, lontana, verso le nevi della<br />

Sierra. Gli occhi malinconici – (era, sui barattoli <strong>di</strong> tutte le pomate, il tramonto)<br />

– luccicarono <strong>di</strong> una straor<strong>di</strong>naria speranza.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 155


156 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

ITALO CALVINO<br />

LE COSMICOMIChE<br />

la dISTaNZa dalla luNa<br />

Una volta, secondo Sir George H. Darwin, la Luna era molto vicina alla Terra.<br />

Furono le maree che a poco a poco la spinsero lontano: le maree che lei Luna provoca<br />

nelle acque terrestri e in cui la Terra perde lentamente energia.<br />

Lo so bene ! – esclamò il vecchio Qfwfq, – voi non ve ne potete ricordare ma io<br />

sì. L’avevamo sempre addosso, la Luna, smisurata: quand’era il plenilunio – notti<br />

chiare come <strong>di</strong> giorno, ma d’una luce color burro –, pareva che ci schiacciasse;<br />

quand’era lunanuova rotolava per il cielo come un nero ombrello portato dal vento;<br />

e a lunacrescente veniva avanti a corna così basse che pareva lì lì per infilzare la<br />

cresta d’un promontorio e restarci ancorata. Ma tutto il meccanismo delle fasi<br />

andava <strong>di</strong>versamente che oggigiorno: per via che le <strong>di</strong>stanze dal Sole erano <strong>di</strong>verse,<br />

e le orbite, e l’inclinazione non ricordo <strong>di</strong> che cosa; eclissi poi, con Terra e Luna<br />

così appiccicate, ce n’erano tutti i momenti: figuriamoci se quelle due bestione<br />

non trovavano modo <strong>di</strong> farsi continuamente ombra a vicenda.<br />

L’orbita? Ellittica, si capisce, ellittica: un po’ ci s’appiattiva addosso e un po’<br />

prendeva il volo. Le maree, quando la Luna si faceva più sotto, salivano che non<br />

le teneva più nessuno. C’erano delle notti <strong>di</strong> plenilunio basso basso e d’altamarea<br />

alta alta che se la Luna non si bagnava in mare ci mancava un pelo; <strong>di</strong>ciamo: pochi<br />

metri. Se non abbiamo mai provato a salirci ? E come no ? Bastava andarci proprio<br />

sotto con la barca, appoggiarci una scala a pioli e montar su.<br />

Il punto dove la Luna passava più basso era al largo degli Scogli <strong>di</strong> Zinco.<br />

Andavamo con quelle barchette a remi che si usavano allora, tonde e piatte, <strong>di</strong><br />

sughero. Ci si stava in parecchi: io, il capitano Vhd Vhd, sua moglie, mio cugino<br />

Quando a metà degli anni Sessanta C. si trasferisce a Parigi, entra in contatto con l’Oulipo<br />

(Ouvroir de Littérature potentielle), in cui la figura più eminente fu Raymond Queneau, e che<br />

sosteneva che la creatività letteraria poteva essere incrementata attraverso l’autoimposizione<br />

<strong>di</strong> alcuni vincoli <strong>di</strong> natura matematica. Di non poco rilievo fu anche l’influenza dell’intellettualismo<br />

<strong>di</strong> Borges. Con tali premesse ambientali e dall’interesse dello scrittore per le scienze e<br />

la letteratura nascono Le cosmicomiche (1965) che sono costituite da racconti che mettono<br />

in forma narrativa alcune ipotesi scientifiche sulla origine e sulla natura dell’universo, dalla<br />

sua nascita prima del Big bang alla formazione del sistema solare. Su questo scenario che<br />

costituisce lo sfondo scientifico dei racconti nascono situazioni e si svolgono vicende spesso<br />

comuni che propongono perciò una continua forte contrad<strong>di</strong>zione da cui nasce il comico.<br />

L’operazione calviniana, all’apparenza concettualmente semplice, ha sempre esplicito intento<br />

quello <strong>di</strong> mantenere intatto l’ufficio che egli assegna alla letteratura: indagare l’animo<br />

dell’uomo, sporgersi dall’orlo del conosciuto e del noto per guardare verso l’inconscio: nello<br />

specifico del racconto riportato a petto del mistero della luna stanno quelli del cugino sordo<br />

e della moglie del capitano.


Analisi Tecnica. Calvino<br />

il sordo, e alle volte anche la piccola Xlthlx che allora avrà avuto do<strong>di</strong>ci anni.<br />

L’acqua era in quelle notti calmissima, argentata che pareva mercurio, e i pesci,<br />

dentro, violetti, che non potendo resistere all’attrazione della Luna venivano tutti<br />

a galla, e così polpi e meduse color zafferano. C’era sempre un volo <strong>di</strong> bestioline<br />

minute – piccoli granchi, calamari, e anche alghe leggere e <strong>di</strong>afane e piantine <strong>di</strong><br />

corallo – che si staccavano dal mare e finivano nella Luna, a penzolare giù da quel<br />

soffitto calcinoso, oppure restavano lì a mezz’aria, in uno sciame fosforescente,<br />

che scacciavamo agitando delle foglie <strong>di</strong> banano.<br />

Il nostro lavoro era così: sulla barca portavamo una scala a pioli: uno la reggeva,<br />

uno saliva in cima, e uno ai remi intanto spingeva fin lì sotto la Luna; per questo<br />

bisognava che si fosse in tanti (vi ho nominato solo i principali). Quello in cima<br />

alla scala, come la barca s’avvicinava alla Luna, gridava spaventato: – Alt ! Alt ! Ci<br />

vado a picchiare una testata ! – Era l’impressione che dava, a vedersela addosso così<br />

immensa, così accidentata <strong>di</strong> spunzoni taglienti e orli slabbrati e seghettati. Ora<br />

forse è <strong>di</strong>verso, ma allora la Luna, o meglio il fondo, il ventre della Luna, insomma la<br />

parte che passava più accosto alla Terra fin quasi a strisciarle addosso, era coperta<br />

da una crosta <strong>di</strong> scaglie puntute. Al ventre d’un pesce, era venuta somigliando, e<br />

anche l’odore, a quel che ricordo, era, se non proprio <strong>di</strong> pesce, appena più tenue,<br />

come il salmone affumicato.<br />

In realtà, d’in cima alla scala s’arrivava giusto a toccarla tendendo le braccia, ritti<br />

in equilibrio sull’ultimo piolo. Avevamo preso bene le misure (non sospettavamo<br />

ancora che si stesse allontanando); l’unica cosa cui bisognava stare molto attenti<br />

era come si mettevano le mani. Sceglievo una scaglia che paresse salda (ci toccava<br />

salire tutti, a turno, in squadre <strong>di</strong> cinque o sei), m’aggrappavo con una mano, poi<br />

con l’altra e imme<strong>di</strong>atamente sentivo scala e barca scapparmi <strong>di</strong> sotto, e il moto<br />

della Luna svellermi dall’attrazione terrestre. Sì, la Luna aveva una forza che ti<br />

Lo stile<br />

L’attacco del racconto è una battuta <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso<br />

<strong>di</strong>retto, <strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogo tra il personaggio<br />

narratore Qfwfq ed il lettore, voi, che è coinvolto<br />

non soltanto a livello <strong>di</strong> colloquio, ma<br />

supposto partecipe, o potenziale partecipe,<br />

della situazione narrata. Perciò la scelta del<br />

narratore è quella <strong>di</strong> una lingua colloquiale, con<br />

un lessico quoti<strong>di</strong>ano, ma non sciatto, con frasi<br />

brevi, spesso esplicative, riprese, incisi. Si veda<br />

proprio il primo inciso: il plenilunio – notti chiare<br />

come il giorno, ma d’una luce color burro –,...:<br />

qui il paragone sfiora il linguaggio quoti<strong>di</strong>ano<br />

se non il banale, mentre color burro pur inscrivibile<br />

negli ambiti <strong>di</strong> un’in<strong>di</strong>cazione coloristica,<br />

per altro assai familiare, ha connotazioni che<br />

la collegano al contesto del racconto in cui<br />

si parlerà del latte della luna. I neologismi,<br />

lunanuova e lunacrescente, sono prodotti per<br />

semplice fusione dei due termine comunemente<br />

in uso, rappresentano casi eccezionali non solo<br />

nelle Cosmicomiche ma in tutta la produzione<br />

<strong>di</strong> C. Sono, peraltro, accompagnate da due<br />

paragoni in<strong>di</strong>viduati da caratteristiche simili e<br />

nello stesso tempo in qualche modo opposte.<br />

Il primo, come un nero ombrello portato dal<br />

vento, benché legato all’esperienza <strong>di</strong> tutti i<br />

giorni, trae una sua forza poetica dal referente<br />

la luna, e nuova per giunta, cui conferisce levità<br />

(la ’leggerezza’ delle Lezioni americane) e dal<br />

paradossale anacronismo tra l’ombrello e l’era<br />

in cui si svolge la vicenda. La lunacrescente<br />

viene avanti a corna ... basse, sì che, con una<br />

facile terminologia da corrida, pareva poter<br />

infilzare qualche sporgente picco del terreno e<br />

restarci ancorata: il paragone, sempre riportabile<br />

nell’ambito della leggerezza, ha un sfumatura<br />

comica che sembra voler bilanciare la poeticità<br />

del precedente paragone.<br />

Se l’andare <strong>di</strong>versamente riporta il registro<br />

nell’ambito del colloquio familiare, quel non ricordare<br />

l’inclinazione <strong>di</strong> cosa in<strong>di</strong>ca chiaramente<br />

il rifiuto non solo della terminologia scientifica,<br />

ma anche dei contenuti scientifici in quanto<br />

esatti: quei contenuti sono convogliati all’interno<br />

<strong>di</strong> un’affabilità, ad<strong>di</strong>rittura affettuosa, in quelle<br />

bestione che trovano sempre il modo <strong>di</strong> farsi ...<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 157


Analisi Tecnica. Calvino<br />

strappava, te ne accorgevi in quel momento <strong>di</strong> passaggio tra l’una e l’altra: bisognava<br />

tirarsi su <strong>di</strong> scatto, con una specie <strong>di</strong> capriola, afferrarsi alle scaglie, lanciare<br />

in su le gambe, per ritrovarsi in pie<strong>di</strong> sul fondo lunare. Visto dalla Terra apparivi<br />

come appeso a testa in giù, ma per te era la solita posizione <strong>di</strong> sempre, e l’unica<br />

cosa strana era, alzando gli occhi, vederti addosso la cappa del mare luccicante con<br />

la barca e i compagni capovolti che dondolavano come un grappolo dal tralcio.<br />

Chi in quei salti <strong>di</strong>spiegava un particolare talento, era mio cugino il sordo. Le<br />

sue rozze mani, appena toccavano la superficie lunare (era sempre il primo a saltare<br />

dalla scala) si facevano improvvisamente soffici e sicure. Trovavano subito il<br />

punto in cui far presa per issarsi, anzi pareva che solo con la pressione delle palme<br />

egli aderisse alla crosta del satellite. Una volta mi parve ad<strong>di</strong>rittura che la Luna<br />

mentre lui protendeva le mani gli venisse incontro.<br />

Altrettanto abile egli era nella <strong>di</strong>scesa sulla Terra, operazione più <strong>di</strong>fficile ancora.<br />

Per noialtri, consisteva in un salto in alto, più in alto che si poteva, a braccia alzate<br />

(visto dalla Luna, perché visto dalla Terra invece era più simile a un tuffo, o a una<br />

nuotata in <strong>prof</strong>on<strong>di</strong>tà, le braccia penzoloni), uguale identico al salto dalla Terra,<br />

insomma, solo che adesso ci mancava la scala, perché sulla Luna non c’era niente<br />

a cui appoggiarla. Ma mio cugino, invece <strong>di</strong> buttarsi a braccia avanti, si chinava<br />

sulla superficie lunare a testa in giù come in una capriola, e prendeva a spiccare<br />

salti facendo forza sulle mani. Noi dalla barca lo vedevamo ritto nell’aria come se<br />

reggesse l’enorme palla della Luna e la facesse sobbalzare colpendola colle palme,<br />

finché le sue gambe non ci arrivavano a tiro e noi riuscivamo ad afferrarlo per le<br />

caviglie e tirarlo giù a bordo.<br />

Ora voi mi chiederete cosa <strong>di</strong>avolo andavamo a fare sulla Luna, e io ve lo spiego.<br />

Andavamo a raccogliere il latte, con un grosso cucchiaio ed un mastello. Il latte<br />

lunare era molto denso, come una specie <strong>di</strong> ricotta. Si formava negli interstizi tra<br />

scaglia e scaglia per la fermentazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi corpi e sostanze <strong>di</strong> provenienza<br />

terrestre, volati su dalle praterie e foreste e lagune che il satellite sorvolava. Era<br />

composto essenzialmente <strong>di</strong>: succhi vegetali, girini <strong>di</strong> rana, bitume, lenticchie,<br />

miele d’api, cristalli d’amido, uova <strong>di</strong> storione, muffe, pollini, sostanze gelatinose,<br />

vermi, resine, pepe, sali minerali, materiale <strong>di</strong> combustione. Bastava immergere il<br />

ombra a vicenda; oppure nelle maree che non<br />

le teneva ... nessuno; o, infine, nella ripetizione<br />

tutta colloquiale <strong>di</strong> ellittica. L’accentuarsi della<br />

tonalità colloquiale introduce la domanda del<br />

lettore suscitata dalla memoria dell’altezza delle<br />

maree e che Qfwfq ripete secondo la tecnica<br />

utilizzata all’inizio del cpv, ma che ora acquista<br />

un peculiare valore dal momento che dà avvio<br />

alla narrazione vera e propria. La quale si apre<br />

ancora con una <strong>prof</strong>essione <strong>di</strong> leggerezza: con<br />

la descrizione <strong>di</strong> uno sciame <strong>di</strong> bestioline minute<br />

che si muove dalla superficie argentata del mare<br />

verso la superficie lunare da cui penzola o resta<br />

a mezz’aria. Ed accanto alla leggerezza degli<br />

oggetti C. allinea un colorismo surreale: l’argenteo<br />

della superficie del mare, i pesci violetti,<br />

lo zafferano delle meduse, e le alghe <strong>di</strong>afane.<br />

Su questo sfondo si muovono i personaggi<br />

158 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

principali della narrazione, l’io dell’onnipresente<br />

narratore Qfwfq, Vhd Vhd il capitano <strong>di</strong> una<br />

barca il cui equipaggio è composto pressoché<br />

solo dalla sua famigliola, la sua donna, poi un<br />

colloquialissimo mio cugino il sordo e la figlioletta<br />

del capitano: sono i rapporti familiari (e l’approssimazione<br />

dell’età) che danno consistenza <strong>di</strong><br />

favola popolare ai personaggi. È tutto il racconto<br />

che si muove in quest’equilibrio tra ambiente<br />

(scientifico­)surreale e quoti<strong>di</strong>anità (favolistica).<br />

Para<strong>di</strong>gmatico è il caso del cpv Il nostro lavoro...<br />

che vuol essere strutturato come una spiegazione,<br />

una sorta <strong>di</strong> manuale a posteriori dei<br />

viaggi sulla Luna. Avviatosi con un andamento<br />

manualistico, presenta nel secondo il <strong>di</strong>scorso<br />

<strong>di</strong>retto <strong>di</strong> quello che sta in cima alla scala con tre<br />

esclamazioni, piene d’imme<strong>di</strong>atezza, proprio <strong>di</strong><br />

chi stia per battere il capo contro qualcosa (né


Analisi Tecnica. Calvino<br />

cucchiaio sotto le scaglie che coprivano il suolo crostoso della Luna e lo si ritirava<br />

pieno <strong>di</strong> quella preziosa fanghiglia. Non allo stato puro, si capisce; le scorie erano<br />

molte: nella fermentazione (attraversando la Luna le <strong>di</strong>stese <strong>di</strong> aria torrida sopra<br />

i deserti) non tutti i corpi si fondevano; alcuni rimanevano conficcati lì: unghie e<br />

cartilagini, chio<strong>di</strong>, cavallucci marini, noccioli e peduncoli, cocci <strong>di</strong> stoviglie, ami<br />

da pesca, certe volte anche un pettine.<br />

Così questa puré, dopo raccolta, bisognava scremarla, passarla in un colino.<br />

Ma la <strong>di</strong>fficoltà non era quella: era come mandarla sulla Terra. Si faceva così: ogni<br />

cucchiaiata la si lanciava in su, manovrando il cucchiaio come una catapulta, con<br />

due mani. La ricotta volava e se il tiro era abbastanza forte s’andava a spiaccicare<br />

sul soffitto, cioè sulla superficie marina. Una volta là, restava a galla e tirarla su<br />

dalla barca era poi facile. Anche in questi lanci mio cugino il sordo <strong>di</strong>spiegava una<br />

particolare bravura; aveva polso e mira; con un colpo deciso riusciva a centrare il<br />

suo tiro in un mastello che gli tendevamo dalla barca. Invece io certe volte facevo<br />

cilecca; la cucchiaiata non riusciva a vincere l’attrazione lunare e mi ricadeva in<br />

un occhio.<br />

Non vi ho detto ancora tutto, delle operazioni in cui mio cugino eccelleva.<br />

Quel lavoro <strong>di</strong> spremere latte lunare dalle scaglie, per lui era una specie <strong>di</strong> gioco:<br />

invece del cucchiaio certe volte bastava ficcasse sotto le squame la mano nuda, o<br />

solo un <strong>di</strong>to. Non procedeva con or<strong>di</strong>ne ma in punti isolati, spostandosi dall’uno<br />

all’altro con salti, come volesse giocare degli scherzi alla Luna, delle sorprese, o<br />

ad<strong>di</strong>rittura provocarle il solletico. E dove metteva la mano lui, il latte schizzava<br />

fuori come dalle mammelle d’una capra. Tanto che a noialtri non restava che<br />

tenergli <strong>di</strong>etro, e raccogliere coi cucchiai la sostanza che egli andava, ora qua ora<br />

là, facendo gemere; ma sempre come per caso, dato che gli itinerari del sordo non<br />

parevano rispondere ad alcun chiaro proposito pratico. C’erano punti, per esempio,<br />

che toccava solamente per il gusto <strong>di</strong> toccarli: interstizi tra scaglia e scaglia,<br />

pieghe nude e tenere della polpa lunare. Alle volte mio cugino vi premeva non le<br />

va trascurata l’ironia della scelta linguistica aulica<br />

picchiare una testata !). Tanto nel momento manualistico<br />

quanto nell’urlo <strong>di</strong> chi sta sulla scala<br />

C. elude i toni della sorpresa, ma più carica i<br />

valori e i toni del realismo: i quali portano a trarre<br />

con buona conseguenzialità le conclusioni, per<br />

<strong>di</strong>r così, paradossali, della situazione: la Luna è<br />

vicinissima alla terra, con la sua gravità attrae<br />

la fauna marina <strong>di</strong> conseguenza ha l’odore del<br />

pesce, anzi appena più tenue, come il salmone<br />

affumicato. Che è la medesima tecnica narrativa<br />

dei racconti popolari della fanciulle allevate o<br />

aiutate dalle fate o delle streghe che coltivano<br />

il prezzemolo nel loro orto.<br />

Ora, se la spiegazione dell’odore della Luna è<br />

rinviata al seguito, il racconto ora prosegue sulla<br />

battuta <strong>di</strong> quello in cima alla scala, del quale si<br />

ri<strong>di</strong>mensiona il timore: in realtà, d’in cima alla<br />

scala... L’attacco del cpv fa da contrappunto<br />

al paradosso, ma vissuto e narrato come<br />

quoti<strong>di</strong>anità, dell’odore della Luna e propone<br />

una chiave non favolistica: tutto il <strong>di</strong>scorso ora<br />

si fa probabile, accettabile razionalmente: la<br />

capriola favorita dalla gravità lunare, l’attenzione<br />

alla scaglia cui aggrapparsi, le viste dalla<br />

terra e dalla Luna, tutto gioca a favore <strong>di</strong> una<br />

narrazione dall’apparenza, se non scientifica,<br />

probabile a patto <strong>di</strong> non tener conto delle<br />

con<strong>di</strong>zioni in dei luoghi e dei tempi in cui i fatti,<br />

ed in specifico le capriole si verificavano. Così<br />

senza alcuna sottolineatura <strong>di</strong> eccezionalità è<br />

data la composizione del latte lunare; anzi, e<br />

a noi pare costante, quanto più l’oggetto del<br />

narrare è oggettivamente improbabile, tanto più<br />

C. lo preannuncia con toni colloquiali e familiari:<br />

Ora voi mi chiederete cosa <strong>di</strong>avolo andavamo<br />

a fare sulla Luna, e io ve lo spiego. La raccolta<br />

del latte lunare rivela alcune caratteristiche della<br />

scrittura favolistica c.: la raccolta obbe<strong>di</strong>sce ad<br />

un bisogno primario, per sod<strong>di</strong>sfare il quale si<br />

muovono sul mare barche, che non pescano,<br />

o meglio, che non fanno la raccolta con reti nel<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 159


Analisi Tecnica. Calvino<br />

<strong>di</strong>ta della mano, ma – in una mossa ben calcolata dei suoi salti – l’alluce (montava<br />

sulla Luna a pie<strong>di</strong> scalzi) e pareva che ciò fosse per lui il colmo del <strong>di</strong>vertimento, a<br />

giu<strong>di</strong>care dallo squittio che emetteva la sua ugola, e dai nuovi salti che seguivano.<br />

Il suolo della Luna non era uniformemente squamoso, ma scopriva irregolari<br />

zone nude d’una scivolosa argilla pallida. Al sordo questi spazi morbi<strong>di</strong> davano la<br />

fantasia <strong>di</strong> capriole o voli quasi da uccello, come se volesse imprimersi nella pasta<br />

lunare con tutta la persona. Così inoltrandosi, a un certo punto lo perdevamo <strong>di</strong><br />

vista. Sulla Luna s’estendevano regioni che mai avevamo avuto motivo o curiosità<br />

d’esplorare, ed era là che mio cugino spariva; e io m’ero fatto l’idea che tutte quelle<br />

capriole e pizzicotti in cui si sbizzarriva sotto i nostri occhi non fossero che una<br />

preparazione, un prelu<strong>di</strong>o, a qualcosa <strong>di</strong> segreto che doveva svolgersi nelle zone<br />

nascoste.<br />

Uno speciale umore ci prendeva, in quelle notti al largo degli Scogli <strong>di</strong> Zinco;<br />

allegro, ma un po’ come sospeso, come se dentro il cranio sentissimo, al posto del<br />

cervello, un pesce, che galleggiava attratto dalla Luna. E così si navigava suonando<br />

e cantando. La moglie del capitano suonava l’arpa; aveva braccia lunghissime,<br />

argentate in quelle notti come anguille, e ascelle oscure e misteriose come ricci<br />

marini; e il suono dell’arpa era, così dolce e acuto, dolce e acuto che quasi non<br />

si poteva sostenere, ed eravamo obbligati a lanciare lunghi gri<strong>di</strong>, non tanto per<br />

accompagnamento della musica quanto per proteggerne il nostro u<strong>di</strong>to.<br />

Meduse trasparenti affioravano sulla superficie marina, vibravano un poco,<br />

spiccavano il volo verso la Luna ondeggiando. La piccola Xlthlx si <strong>di</strong>vertiva ad<br />

acchiapparle in aria, ma non era facile. Una volta, tendendosi con le sue braccine<br />

per ghermirne una, fece un saltello e si trovò anche lei librata. Magrolina<br />

com’era, le mancava qualche oncia <strong>di</strong> peso perché la gravità la riportasse sulla<br />

Terra vincendo l’attrazione lunare: così lei volava tra le meduse sospesa sopra il<br />

mare. Subito si spaventò, pianse, poi rise, poi si mise a giocare acchiappando al<br />

volo crostacei e pesciolini, alcuni portandoli alla bocca e mor<strong>di</strong>cchiandoli. Noi<br />

vogavamo per tenerle <strong>di</strong>etro: la Luna correva via per la sua ellisse trascinandosi<br />

mare, ma volgono la loro ricerca al cielo dove<br />

passa un enorme pesce tra le cui scaglie si cala<br />

un cucchiaio: insomma un capovolgimento <strong>di</strong><br />

ciò che avviene nel quoti<strong>di</strong>ano, narrato, però,<br />

coi toni ed i mo<strong>di</strong> del quoti<strong>di</strong>ano. Altro capovolgimento<br />

è nell’oggetto della raccolta: il latte è,<br />

infatti, l’alimento più usuale e più universalmente<br />

<strong>di</strong>ffuso e conosciuto: ebbene, la composizione<br />

<strong>di</strong> quello della luna non è affatto semplice e<br />

primaria, entrano a farne parte vegetali, piccoli<br />

animali minerali dalle origini <strong>di</strong>versissime: alcune<br />

commestibili altre decisamente <strong>di</strong>sgustose<br />

od improbabili: succhi vegetali, girini <strong>di</strong> rana,<br />

bitume, lenticchie, miele d’api, cristalli d’amido,<br />

uova <strong>di</strong> storione, muffe, pollini, sostanze gelatinose,<br />

vermi, resine, pepe, sali minerali, materiale<br />

<strong>di</strong> combustione. A rendere plausibile il <strong>di</strong>scorso<br />

è però la necessità <strong>di</strong> filtrare quell’improbabile<br />

composto, con un colino.<br />

Con il cpv Non vi ho detto ancora tutto sia apre<br />

una fase <strong>di</strong>versa del racconto che passa dalla<br />

160 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

narrazione <strong>di</strong> eventi esterni ai protagonisti ad<br />

una <strong>di</strong> moti interiori, <strong>di</strong> sentimenti e passioni.<br />

C. presenta le azioni del cugino come frutto <strong>di</strong><br />

una sua estrema perizia: in realtà tra il cugino<br />

sordo e la luna, leopar<strong>di</strong>anamente, silenziosa,<br />

esiste una corrispondenza d’amorosi sensi, e <strong>di</strong><br />

vera e propria sensualità: la mano nuda infilata<br />

sotto le squame, il giocare degli scherzi, e delle<br />

sorprese, sino a provocarle il solletico, sì che il<br />

latte schizzava fuori come dalle mammelle... facendola<br />

gemere, sembrano la rappresentazione<br />

<strong>di</strong> un più intimo colloquio tra l’uomo, condotto<br />

senza parole, affidato al tatto, ai gesti. La superficie<br />

della Luna, sino a poco prima squamosa,<br />

adesso rivela pieghe nude e tenere della polpa<br />

lunare, che egli accarezza, con l’alluce, e che<br />

lo fanno non gemere, ma squittire. La Luna ha<br />

anche zone completamente nude, molli nelle<br />

quali il cugino si perdeva facendo perdere le<br />

tracce <strong>di</strong> sé. A tutti e a Qfwfq ciò che avveniva<br />

allora resta un mistero, restava solo l’impressio­


Analisi Tecnica. Calvino<br />

<strong>di</strong>etro quello sciame <strong>di</strong> fauna marina per il cielo, ed uno strascico <strong>di</strong> lunghe alghe<br />

inanellate, e la bambina sospesa là nel mezzo. Aveva due treccine sottili, Xlthlx,<br />

che pareva volassero per conto loro, tese verso la Luna; ma intanto scalciava, dava<br />

colpi <strong>di</strong> stinchi all’aria, come volesse combattere quell’influsso, e le calze – aveva<br />

perso i sandali nel volo – le si sfilavano dai pie<strong>di</strong> e penzolavano attratte dalla forza<br />

terrestre. Noi sulla scala cercavamo d’afferrarle.<br />

Quella <strong>di</strong> mettersi a mangiare le bestioline sospese era stata un’idea buona; più<br />

Xlthlx guadagnava peso più calava verso la Terra; anzi, siccome tra quei corpi<br />

librati il suo era quello <strong>di</strong> maggior massa, molluschi e alghe e plancton presero a<br />

gravitare su lei, e presto la bambina fu ricoperta <strong>di</strong> minuscoli gusci silicei, corazze<br />

chitinose, carapaci, e filamenti d’erbe marine. E più si perdeva in questo groviglio,<br />

più veniva liberandosi dall’influsso lunare, fino a che sfiorò il pelo dell’acqua e vi<br />

s’immerse.<br />

Vogammo pronti a raccoglierla e a soccorrerla: il suo corpo era rimasto calamitato,<br />

e dovemmo faticare per spogliarla <strong>di</strong> tutto quel che le si era incrostato<br />

addosso. Coralli teneri le avvolgevano il capo, e dai capelli ogni colpo <strong>di</strong> pettine<br />

faceva piovere acciughe e gamberetti; gli occhi erano sigillati da gusci <strong>di</strong> patelle<br />

che aderivano alle palpebre con le loro ventose; tentacoli <strong>di</strong> seppia erano avvolti<br />

attorno alle braccia ed al collo; e la vestina pareva ormai intessuta solo d’alghe e <strong>di</strong><br />

spugne. La liberammo del più grosso; e poi lei per settimane continuò a staccarsi <strong>di</strong><br />

dosso pinne e conchiglie; ma la pelle picchiettata <strong>di</strong> minutissime <strong>di</strong>atomee, quella<br />

le rimase per sempre, sotto l’apparenza – per chi non l’osservava bene – d’un<br />

sottile spolverio <strong>di</strong> nei.<br />

Così conteso era l’interstizio tra Terra e Luna dai due influssi che si bilanciavano.<br />

Dirò <strong>di</strong> più: un corpo che scendeva a Terra dal satellite restava per qualche<br />

tempo ancora carico della forza lunare e si rifiutava all’attrazione del nostro mondo.<br />

Anch’io, con tutto che fossi grande e grosso, ogni volta che ero stato lassù, tardavo<br />

a riabituarmi al sopra e al sotto terrestri, e i compagni dovevano acchiapparmi per<br />

ne che tutte quelle capriole e pizzicotti in cui si<br />

sbizzarriva sotto i nostri occhi non fossero che<br />

una preparazione, un prelu<strong>di</strong>o, a qualcosa <strong>di</strong> segreto<br />

che doveva svolgersi nelle zone nascoste.<br />

La Luna se stabilisce un ’<strong>di</strong>alogo’ col cugino<br />

sordo provoca negli altri astanti una mutazione<br />

<strong>di</strong> con<strong>di</strong>zione, o li sollecita a mutare stato: a<br />

passare dalla con<strong>di</strong>zione terrestre, o terricola,<br />

a quella marina o avicola: gli esseri umani <strong>di</strong>ventano<br />

creature equoree, oppure volano, e le<br />

meduse s’innalzano dalla superficie del mare<br />

e spiccano il volo. La stessa piccola Xlthxl a<br />

causa <strong>di</strong> un saltello spicca il volo e <strong>di</strong>viene il<br />

centro d’attrazione d’altri ancor più piccoli<br />

esseri o detriti terrestri. Sottostà la teoria della<br />

formazione delle stelle: questa volta si forma una<br />

stella con le treccine rivolte verso l’alto e le calze<br />

tese verso la terra. Dunque un’altra riduzione<br />

del paradossale al quoti<strong>di</strong>ano, all’usuale. Ma<br />

anche del quoti<strong>di</strong>ano al paradossale: è il caso<br />

dell’arpa della moglie del capitano che emette<br />

un suono così dolce ed acuto da costringere gli<br />

ascoltatori a proteggere le orecchie.<br />

Il lessico resta invece piano e semplice: praticamente<br />

assoluta l’assenza <strong>di</strong> superlativi,<br />

sostituiti dalla ripetizione (il suono dell’arpa<br />

era, così dolce e acuto, dolce e acuto che), o<br />

da una sorta <strong>di</strong> amplificazione (uno speciale<br />

umore...; allegro, ma come sospeso, come se<br />

...). Naturalmente l’amplificazione non riguarda<br />

solamente gli aggettivi, ma i verbi (si navigava<br />

suonando e cantando. La moglie ... suonava<br />

l’arpa; e il suono dell’arpa...; portandoli alla<br />

bocca e mor<strong>di</strong>cchiandoli). Al medesimo tipo appartiene<br />

l’enumerazione vagamente gad<strong>di</strong>ana<br />

(molluschi e alghe e plancton ... la bambina fu<br />

ricoperta <strong>di</strong> minuscoli gusci silicei, corazze chitinose,<br />

carapaci, e filamenti d’erbe marine), che<br />

uno degli strumenti più ricorrenti nella scrittura<br />

calviniana spesso con una funzione specifica<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 161


Analisi Tecnica. Calvino<br />

le braccia e trattenermi a forza, appesi a grappolo nella barca ondeggiante, mentre<br />

io a testa bassa continuavo ad allungare le gambe verso il cielo.<br />

– Tieniti ! Tienti forte a noi ! – mi gridavano, e io in questo brancicare alle volte<br />

finivo per afferrare una mammella della signora Vhd Vhd, che le aveva tonde e<br />

sode, e il contatto era buono e sicuro, esercitava un’attrazione pari o più forte <strong>di</strong><br />

quella della Luna, specie se nella mia calata a capofitto riuscivo con l’altro braccio<br />

a cingerla sui fianchi, e così ormai <strong>di</strong> nuovo ero passato a questo mondo, e cadevo<br />

<strong>di</strong> schianto sul fondo della barca, e il capitano Vhd Vhd per rianimarmi mi gettava<br />

addosso un secchio d’acqua.<br />

Così cominciò la storia del mio innamoramento per la moglie del capitano, e<br />

delle mie sofferenze. Perché non tardai ad accorgermi a chi andavano gli sguar<strong>di</strong><br />

più ostinati della signora: quando le mani <strong>di</strong> mio cugino si posavano sicure sul<br />

satellite, io fissavo lei, e nel suo sguardo leggevo i pensieri che quella confidenza tra<br />

il sordo e la Luna le andava suscitando, e quando egli spariva per le sue misteriose<br />

esplorazioni lunari la vedevo farsi inquieta, stare come sulle spine, e tutto ormai<br />

m’era chiaro, <strong>di</strong> come la signora Vhd Vhd stava <strong>di</strong>ventando gelosa della Luna e io<br />

geloso <strong>di</strong> mio cugino. Aveva occhi <strong>di</strong> <strong>di</strong>amante, la signora Vhd Vhd; fiammeggiavano,<br />

quando guardava la Luna, quasi in una sfida, come <strong>di</strong>cesse: « Non lo avrai<br />

! ». E io mi sentivo escluso.<br />

Di tutto questo, chi meno si dava per inteso era il sordo. Quando lo si aiutava<br />

nella <strong>di</strong>scesa tirandolo – come vi ho spiegato – per le gambe, la signora Vhd Vhd<br />

perdeva ogni ritegno pro<strong>di</strong>gandosi nel fargli pesare addosso la sua persona, avviluppandolo<br />

con le lunghe sue braccia argentee; io ne provavo una fitta al cuore (le<br />

volte che io mi aggrappavo a lei, il suo corpo era docile e gentile, ma non buttato<br />

avanti come con mio cugino), mentre lui era in<strong>di</strong>fferente, perduto ancora nel suo<br />

rapimento lunare.<br />

Guardavo il capitano, chiedendomi se anche lui notasse il comportamento <strong>di</strong><br />

sua moglie; ma nessuna espressione passava mai su quel volto roso dalla salse<strong>di</strong>ne,<br />

solcato da rughe incatramate. Essendo il sordo sempre l’ultimo a staccarsi<br />

dalla Luna, la sua <strong>di</strong>scesa era il segno della partenza per le barche. Allora, con un<br />

(succhi vegetali, girini <strong>di</strong> rana, bitume, lenticchie,<br />

miele d’api, cristalli d’amido, uova <strong>di</strong> storione,<br />

muffe, pollini, sostanze gelatinose, vermi, resine,<br />

pepe, sali minerali, materiale <strong>di</strong> combustione;<br />

oppure unghie e cartilagini, chio<strong>di</strong>, cavallucci<br />

marini, noccioli e peduncoli, cocci <strong>di</strong> stoviglie,<br />

ami da pesca, certe volte anche un pettine<br />

dove il plurale <strong>di</strong> volte contrasta con il singolare<br />

del pettine; o ancora: la bambina fu ricoperta<br />

<strong>di</strong> minuscoli gusci silicei, corazze chitinose,<br />

carapaci, e filamenti d’erbe marine). Nelle due<br />

enumerazioni riportate provoca una sensazione<br />

<strong>di</strong> confusione il succedersi <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong>stanti<br />

tra loro, alcuni dei quali poi del tutto estranei alla<br />

situazione: se dunque i succhi vegetali sono,<br />

nelle comuni associazioni, lontani dai girini <strong>di</strong><br />

rana e questi dal bitume, il quale a sua volta<br />

ha ben poco a che fare con le lenticchie ed il<br />

miele d’api e così via; a maggior ragione i girini<br />

<strong>di</strong> rana, le lenticchie, il bitume ed il materiale <strong>di</strong><br />

combustione hanno relazione con il latte, dalla<br />

162 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

consistenza <strong>di</strong> ricotta, fermentato sulla superficie<br />

scagliosa della luna (e a maggior <strong>di</strong>stanza<br />

le uova <strong>di</strong> storione, le muffe, i vermi, le resine<br />

e il pepe).<br />

Di particolare interesse è il cpv Vogammo... nel<br />

quale C. descrive, ed enumera, la fauna marina<br />

che ricopre Xlthlx e finalmente ri­trascina sulla<br />

superficie terrestre. L’azione gravitazionale viene<br />

esercitata da una bambina così mingherlina da<br />

sfuggire, non volendo, alla forza <strong>di</strong> gravità della<br />

Terra (C. adotta qui una nozione scientifica, tratta<br />

dalla teoria della formazione dei corpi celesti):<br />

viene utilizzato qui una sorta <strong>di</strong> ossimoro narrativo<br />

per cui la leggerissima bimba <strong>di</strong>viene presto<br />

centro <strong>di</strong> attrazione dei minuscoli esseri terrestri<br />

che costituiscono la scia della Luna. Che è scia<br />

<strong>di</strong> fauna marina, vagante in cielo, capace <strong>di</strong><br />

rendere la fanciulla un essere ibrido, a mezzo tra<br />

terricola e marina, ricoperta non senza or<strong>di</strong>ne e<br />

garbo, come una <strong>di</strong> quelle suppellettile fatte o


Analisi Tecnica. Calvino<br />

gesto insolitamente gentile, Vhd Vhd raccoglieva l’arpa dal fondo della barca e la<br />

porgeva alla moglie. Lei era obbligata a prenderla e a trarne qualche nota. Nulla<br />

poteva <strong>di</strong>staccarla dal sordo più che il suono dell’arpa. Io prendevo a intonare<br />

quella canzone melanconica, che fa: «Ogni pesce lucente è a galla è a galla, ed ogni<br />

pesce oscuro è in fondo è in fondo… » e tutti, tranne il cugino, mi facevano coro.<br />

Ogni mese, appena il satellite era passato in là, il sordo rientrava nel suo isolato<br />

<strong>di</strong>stacco per le cose del mondo; solo l’approssimarsi del plenilunio lo risvegliava.<br />

Quella volta io avevo fatto in modo <strong>di</strong> non essere nel turno della salita per restare<br />

in barca vicino alla moglie del capitano. Ed ecco, appena mio cugino era salito su<br />

per la scala, la signora Vhd Vhd <strong>di</strong>sse: – Oggi ci voglio andare anch’io, lassù !<br />

Non era mai successo che la moglie del capitano salisse sulla Luna. Ma Vhd Vhd<br />

non s’oppose, anzi quasi la spinse <strong>di</strong> peso sulla scala, esclamando: – E vacci ! – e tutti<br />

rivestite <strong>di</strong> conchiglie che ancora si vedono tra<br />

i souvenir turistici più semplici.<br />

L’episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Xlthlx è presentato come emblematico<br />

del contrasto tra gli influssi gravitazionali<br />

della terra e della Luna che si sarebbero contrastati.<br />

Proprio per il suo valore esemplare,<br />

non ostante la valenza surrealistica che finiva<br />

per rappresentare, quell’avventura serviva a<br />

riportare la narrazione dalla descrizione del misterioso<br />

rapporto tra il cugino sordo e la Luna<br />

ad un andamento più adeguato al proposito <strong>di</strong><br />

fare letteratura con la scienza: che è quanto <strong>di</strong>re<br />

che riportava il <strong>di</strong>scorso dalla descrizione della<br />

misteriosa e non scientifica attrazione — spirituale,<br />

ma forse non solo spirituale — esercitata<br />

dalla Luna sul cugino sordo a quella più scientificamente<br />

attestabile dell’attrazione esercitata da<br />

qualsiasi corpuscolo vagante nell’universo sui<br />

corpi più leggeri. Tuttavia la nozione scientifica<br />

viene caricata <strong>di</strong> un valore misterioso quando<br />

si afferma che il corpo che scendeva dalla Luna<br />

sulla terra restava per qualche tempo ancora<br />

carico della forza lunare. È lo snodo attraverso<br />

il quale la narrazione passa a trattare <strong>di</strong> altre<br />

<strong>di</strong>verse attrazioni non meno vigorose e cogenti<br />

<strong>di</strong> quella universale. Allu<strong>di</strong>amo all’attrazione che<br />

Qfwfq subisce dalla signora Vhd Vhd, dalla sue<br />

forme prosperose e morbide; dalla qual attrazione<br />

deriverà prima l’innamoramento e poi la<br />

gelosia del narratore. Altra è l’attrazione che la<br />

signora Vhd Vhd subisce, incomprensibilmente<br />

e all’apparenza immotivatamente, dal cugino<br />

muto, il quale, s’è detto, è a sua volta attratto<br />

dalla Luna. Anzi la signora sembra voler contendere<br />

il sordo alla Luna. Se, dunque, l’universo<br />

fisico è retto da forze gravitazionali in qualche<br />

misura razionali, l’universo umano obbe<strong>di</strong>sce,<br />

invece, a tensioni attrattive e repulsive del tutto<br />

inspiegabili, ed registra reazioni nient’affatto<br />

meccaniche e predeterminate, quasi sempre<br />

sorprendenti. Qfwfq si strugge per un contatto<br />

fisico con la signora Vhd Vhd, che glielo nega;<br />

ella, invece, non si nega al cugino sordo nei cui<br />

confronti ella perdeva ogni ritegno pro<strong>di</strong>gandosi<br />

nel fargli pesare addosso la sua persona.<br />

Non ostante la generosa offerta della moglie<br />

del capitano, il cugino non si dava per inteso<br />

e restava in<strong>di</strong>fferente, perduto ancora nel suo<br />

rapimento lunare, alla generosa offerta della<br />

donna. La quale, una volta che tutti fossero<br />

<strong>di</strong>scesi dalla Luna, era costretta dal marito ad<br />

intonare qualche musica, grazie alla quale si<br />

<strong>di</strong>straeva dal pensiero del sordo: la donna infatti<br />

si identifica in qualche modo con la musica, sì<br />

da porsi in antitesi alla muta Luna. Ad intonare<br />

il canto è proprio Qfwfq, che prima, per lo meno<br />

se non più, degli altri risponde alla natura della<br />

musicista, non ottenendone in cambio neppure<br />

uno sguardo.<br />

Su questo schema <strong>di</strong> pulsioni e repulsioni<br />

s’innesta l’episo<strong>di</strong>o del passaggio sulla Luna<br />

della signora Vhd Vhd all’inseguimento del<br />

sordo; e <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lei salirà Qfwfq. È il momento<br />

dell’allontanamento della Luna dalla terra perciò<br />

il ritorno <strong>di</strong>venta più <strong>di</strong>fficile. Qfwfq e la signora<br />

Vdh Vdh resteranno per un intero mese lassù,<br />

da soli; ma sarà per il nostro protagonista una<br />

delusione: sulla Luna egli sarà pervaso da una<br />

nostalgia smisurata per la terra che è il solo<br />

luogo dove gli pare avere in<strong>di</strong>vidualità. La donna,<br />

invece, che è salita per restare col sordo,<br />

rimasta senza <strong>di</strong> lui, comprende che l’amore <strong>di</strong><br />

mio cugino era solo per la Luna, e tutto quel che<br />

lei voleva ormai era <strong>di</strong>ventare Luna, assimilarsi<br />

all’oggetto <strong>di</strong> quell’amore extraumano. Così è<br />

che ella che aveva cercato <strong>di</strong> comunicare con<br />

l’amato attraverso la fisicità, e non aveva potuto<br />

comunicare con lui la sua spiritualità musicale,<br />

decide <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare fisicamente Luna, e restare<br />

per sempre sul satellite che ormai s’è tanto<br />

allontanato dalla terra che non è più possibile<br />

passare da un corpo celeste all’altro.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 163


Analisi Tecnica. Calvino<br />

prendemmo allora ad aiutarla e io la reggevo da <strong>di</strong>etro, e la sentivo sulle mie braccia<br />

tonda e morbida, e per sostenerla premevo contro <strong>di</strong> lei le palme e il viso, e quando la<br />

sentii levarsi nella sfera lunare mi colse uno struggimento per quel contatto perduto,<br />

tanto che feci per buttarmi <strong>di</strong>etro a lei <strong>di</strong>cendo: – Vado un po’ su a dare anch’io una<br />

mano !<br />

Fui trattenuto come da una morsa. – Tu resti qui che poi ci hai qui da fare, –<br />

mi or<strong>di</strong>nò senza alzar la voce il capitano Vhd Vhd.<br />

Già le intenzioni <strong>di</strong> ciascuno a quel momento erano chiare. Eppure io non mi<br />

ci raccapezzavo, anzi ancora adesso non sono sicuro d’aver interpretato tutto<br />

esattamente. Certo la moglie del capitano aveva lungamente covato il desiderio<br />

d’appartarsi lassù con mio cugino (o almeno: <strong>di</strong> non lasciare che egli si appartasse da<br />

solo con la Luna), ma, probabilmente il suo piano aveva un obiettivo più ambizioso,<br />

tale da dover essere architettato d’intesa con il sordo: nascondersi insieme lassù<br />

e restare sulla Luna un mese. Ma può darsi che mio cugino, sordo com’era, non<br />

avesse capito niente <strong>di</strong> quel che lei aveva cercato <strong>di</strong> spiegargli, o ad<strong>di</strong>rittura non si<br />

fosse nemmeno reso conto d’essere oggetto dei desideri della signora. E il capitano<br />

? Non attendeva altro che <strong>di</strong> liberarsi della moglie, tanto è vero che appena lei fu<br />

confinata lassù lo vedemmo abbandonarsi alle sue inclinazioni e s<strong>prof</strong>ondare nel<br />

vizio, e allora comprendemmo perché non aveva fatto nulla per trattenerla. Ma<br />

sapeva già da principio, lui, che l’orbita della Luna s’andava allargando ?<br />

Nessuno <strong>di</strong> noi poteva sospettarlo. Il sordo, forse solo il sordo: nella maniera<br />

larvale in cui sapeva lui le cose, aveva presentito che quella notte gli toccava <strong>di</strong> dar<br />

l’ad<strong>di</strong>o alla Luna. Per questo si nascose nei suoi luoghi segreti e non ricomparve che<br />

per tornare a bordo. E la moglie del capitano ebbe un bell’inseguirlo: la vedemmo<br />

attraversare la <strong>di</strong>stesa squamosa più volte, in lungo e in largo, e a un tratto si fermò<br />

guardando noi rimasti in barca, quasi sul punto <strong>di</strong> chiederci se l’avevamo visto.<br />

Certo c’era qualcosa d’insolito quella notte. La superficie del mare, anziché tesa<br />

come sempre quan d’era lunapiena, anzi quasi inarcata verso il cielo, ora pareva<br />

restarsene allentata, floscia, come se la calamita lunare non esercitasse tutta la sua<br />

La sintassi<br />

La sintassi <strong>di</strong> C. è in questo romanzo rapida e<br />

scorrevole. Pochi i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> più frasi; e quando<br />

si danno le frasi sono collegate per paratassi,<br />

spesso per asindeto. Si veda il cpv Non era mai<br />

successo...: il 1º pd è formata da una sola frase.<br />

Il º pd si collega al precedente con l’avversativa,<br />

ed è costituito da due frasi, a loro volta legate<br />

dalla coor<strong>di</strong>nazione anzi, avversativa (meglio<br />

sostitutiva). Dopo l’implicita esclamando, cinque<br />

coor<strong>di</strong>nazioni e con valore aggiuntivo: e<br />

tutti prendemmo ... e io la reggevo ... e la sentivo<br />

... e per sostenerla premevo ... e quando la sentii<br />

... mi colse. Alcune <strong>di</strong> queste frasi coor<strong>di</strong>nate<br />

reggono delle subor<strong>di</strong>nate implicite o esplicite,<br />

tuttavia brevi ed improntate alla colloquialità<br />

(neorealistica ?).<br />

Rileva che i due cpv seguenti si presentino<br />

semplicemente come giustapposizioni temporali,<br />

in un’accumulazione che prima investe<br />

eventi (feci per buttarmi ... Fui trattenuto ... le<br />

164 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

intenzioni <strong>di</strong> ciascuno a quel momento...), poi<br />

pensieri (Eppure.... Certo...ma, probabilmente...<br />

Ma può darsi...). Conviene tuttavia annotare l’ironia<br />

dell’esor<strong>di</strong>o del cpv Già le intenzioni..., che<br />

allude alla chiarezza delle intenzioni, contrasti<br />

vivamente con l’affermazione non mi ci raccapezzavo...<br />

che introduce una sorta <strong>di</strong> flusso dei<br />

pensieri ricco <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni e <strong>di</strong> dubbi.<br />

La semplicità e la ’leggerezza’ della sintassi<br />

lasciano affiorare tangibile il timbro della<br />

scrittura <strong>di</strong> C. che è stato giustamente definito<br />

«patriarcale» «cioè quello <strong>di</strong> un uomo che, dopo<br />

aver conosciuto il mondo con tutti i suoi orrori e<br />

le sue gioie, ne ha ricavato un modello <strong>di</strong> vita,<br />

una saggezza, una morale» (G. Bonura). Ma<br />

è morale terenziana ed ariostesca, che invita<br />

a non considerare nulla <strong>di</strong> alieno dalla propria<br />

umanità e soprattutto <strong>di</strong> non meravigliarsi affatto<br />

dell’incompresibilità dell’inestricabile guazzabuglio<br />

della vita. Al più si può e si deve sorriderne.


Analisi Tecnica. Calvino<br />

forza. E pure la luce non si sarebbe detta la stessa degli altri pleniluni, come per<br />

un ispessirsi della tenebra notturna. Anche i compagni lassù dovettero rendersi<br />

conto <strong>di</strong> quel che stava avvenendo, <strong>di</strong>fatti levarono verso <strong>di</strong> noi occhi spauriti. E<br />

dalle loro bocche e dalle nostre, nello stesso momento, uscì un grido: – La Luna<br />

s’allontana !<br />

Non s’era ancora spento questo grido, che sulla Luna apparve mio cugino,<br />

correndo. Non sembrava spaventato, e nemmeno stupito: posò le mani al suolo<br />

buttandosi nella sua capriola <strong>di</strong> sempre, ma stavolta dopo essersi slanciato in<br />

aria resto lì, sospeso, come già era successo alla piccola Xlthlx, volteggiò per un<br />

momento tra Luna e Terra, si capovolse, poi con uno sforzo delle braccia come<br />

chi nuotando deve vincere una corrente, si <strong>di</strong>resse, con insolita lentezza, verso il<br />

nostro pianeta.<br />

Dalla Luna gli altri marinai s’affrettarono a seguire il suo esempio. Nessuno<br />

pensava a far giungere alle barche il latte lunare raccolto, né il capitano li redarguiva<br />

per questo. Già avevano aspettato troppo, la <strong>di</strong>stanza era ormai <strong>di</strong>fficile da<br />

attraversare; per quanto essi cercassero d’imitare il volo o nuoto <strong>di</strong> mio cugino,<br />

restarono ad annaspare, sospesi in mezzo al cielo. – Serrate ! Imbecilli ! Serrate ! –<br />

urlò il capitano. Al suo or<strong>di</strong>ne, i marinai cercarono <strong>di</strong> raggrupparsi, <strong>di</strong> far massa,<br />

<strong>di</strong> spingere tutti insieme fino a raggiungere la zona d’attrazione terrestre: finché<br />

a un tratto una cascata <strong>di</strong> corpi precipitò in mare con un tonfo.<br />

Le barche ora remavano a raccoglierli. – Aspettate! Manca la signora ! – gridai.<br />

La moglie del capitano aveva tentato anche lei il salto ma era rimasta librata a<br />

pochi metri dalla Luna, e muoveva mollemente le lunghe braccia argentee nell’aria.<br />

M’arrampicai sulla scaletta, e nel vano intento <strong>di</strong> porgerle un appiglio protendevo<br />

l’arpa verso <strong>di</strong> lei. – Non ci si arriva ! Bisogna andare a prenderla ! – e feci per<br />

slanciarmi, brandendo l’arpa. Sopra <strong>di</strong> me l’enorme <strong>di</strong>sco lunare pareva non fosse<br />

più lo stesso <strong>di</strong> prima, tanto era rimpicciolito, anzi, ecco che s’andava sempre più<br />

contraendo quasi fosse il mio sguardo a spingerlo lontano, e il cielo sgombro si<br />

spalancava come un abisso in fondo al quale le stelle s’andavano moltiplicando,<br />

e la notte rovesciava su <strong>di</strong> me un fiume <strong>di</strong> vuoto, mi sommergeva <strong>di</strong> sgomento e<br />

<strong>di</strong> vertigine.<br />

« Ho paura ! – pensai. – Ho troppa paura per buttarmi ! Sono un vile ! » e in<br />

quel momento mi buttai. Nuotavo per il cielo furiosamente, e tendevo l’arpa verso<br />

<strong>di</strong> lei, e invece <strong>di</strong> venirmi incontro lei si rivoltolava su se stessa mostrandomi ora<br />

il viso impassibile ora il tergo.<br />

– Uniamoci ! – gridai, e già la raggiungevo, e l’afferravo alla vita, e allacciavo<br />

le mie membra alle sue. – Uniamoci e caliamo insieme ! – e concentravo le mie<br />

forze nel congiungermi più strettamente a lei, e le mie sensazioni nel gustare la<br />

completezza <strong>di</strong> quell’abbraccio. Tanto che tardai a rendermi conto che stavo sì<br />

strappandola al suo stato <strong>di</strong> librazione ma facendola ricadere sulla Luna. Non<br />

me ne resi conto? Oppure questa era stata fin dal principio la mia intenzione?<br />

Ancora non ero riuscito a formulare un pensiero, e <strong>di</strong>già un grido irrompeva dalla<br />

mia gola: – Sarò io a restare con te un mese ! – anzi: – Su te ! – gridavo, nella mia<br />

concitazione: – Io su te un mese ! – e in quel momento la caduta sul suolo lunare<br />

aveva sciolto il nostro abbraccio, ci aveva rotolato me qua e lei là tra quelle fredde<br />

scaglie.<br />

Alzai gli occhi come facevo ogni volta che toccavo la crosta della Luna, sicuro<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 165


Analisi Tecnica. Calvino<br />

<strong>di</strong> ritrovare sopra <strong>di</strong> me il natio mare come uno sterminato soffitto, e lo vi<strong>di</strong>, sì lo<br />

vi<strong>di</strong> anche stavolta, ma quanto più alto, e quanto esiguamente limitato dai suoi<br />

contorni <strong>di</strong> coste e scogli e promontori, e quanto piccole v’apparivano le barche,<br />

ed irriconoscibili i volti dei compagni e fiochi i loro gri<strong>di</strong> ! Un suono mi raggiunse<br />

da poco <strong>di</strong>stante: la signora Vhd Vhd aveva ritrovato la sua arpa, e la carezzava<br />

accennando un accordo mesto come un pianto.<br />

Cominciò un lungo mese. La Luna girava lenta intorno alla Terra. Sul globo<br />

sospeso vedevamo non più la nostra riva familiare ma il trascorrere <strong>di</strong> oceani<br />

<strong>prof</strong>on<strong>di</strong> come abissi, e deserti <strong>di</strong> lapilli incandescenti, e continenti <strong>di</strong> ghiaccio, e<br />

foreste guizzanti <strong>di</strong> rettili, e le mura <strong>di</strong> roccia delle catene montane tagliate dalla<br />

lama dei fiumi precipitosi, e città palustri, e necropoli <strong>di</strong> tufo, e imperi <strong>di</strong> argilla e<br />

fango. La lontananza spalmava su ogni cosa un medesimo colore: le prospettive<br />

estranee rendevano estranea ogni immagine; torme d’elefanti e sciami <strong>di</strong> locuste<br />

percorrevano le pianure così ugualmente vasti e densi e fitti da non fare <strong>di</strong>fferenza.<br />

Avrei dovuto essere felice: come nei miei sogni ero solo con lei, l’intimità con<br />

la Luna tante volte invi<strong>di</strong>ata a mio cugino e quella della signora Vhd Vhd erano<br />

adesso mio esclusivo appannaggio, un mese <strong>di</strong> giorni e notti lunari si stendeva<br />

ininterrotto davanti a noi, la crosta del satellite ci nutriva col suo latte dal sapore<br />

acidulo e familiare, il nostro sguardo si levava lassù al mondo dov’eravamo nati,<br />

finalmente percorso in tutta la sua multiforme estensione, esplorato in paesaggi<br />

mai visti da nessun terrestre, oppure contemplava le stelle <strong>di</strong> là della Luna, grosse<br />

come frutta <strong>di</strong> luce maturata sui ricurvi rami del cielo, e tutto era al <strong>di</strong> là delle<br />

speranze più luminose, e invece e invece e invece era l’esilio.<br />

Non pensavo che alla Terra. Era la Terra a far sì che ciascuno fosse proprio<br />

quel qualcuno e non altri; quassù, strappati alla Terra, era come se io non fossi più<br />

quell’io, né lei per me quella lei. Ero ansioso <strong>di</strong> tornare sulla Terra, e trepidavo nel<br />

timore d’averla perduta. Il compimento del mio sogno d’amore era durato solo<br />

quell’istante in cui c’eravamo congiunti roteando tra Terra e Luna; privato del<br />

suo terreno terrestre, il mio innamoramento ora non conosceva che la nostalgia<br />

straziante <strong>di</strong> ciò che ci mancava; un dove, un intorno, un prima, un poi.<br />

Questo era ciò che io provavo. Ma lei ? Chiedendomelo, ero <strong>di</strong>viso nei miei<br />

timori. Perché se anche lei non pensava che alla Terra, poteva essere un buon segno,<br />

d’un’intesa con me finalmente raggiunta, ma poteva anche essere segno che<br />

tutto era stato inutile, che era ancora solo al sordo che miravano i suoi desideri.<br />

Invece, nulla. Non levava mai lo sguardo al vecchio pianeta, se ne andava pallida<br />

fra quelle lande, borbottando nenie e carezzando l’arpa, come immedesimata nella<br />

sua provvisoria (io credevo) con<strong>di</strong>zione lunare. Era segno che avevo vinto sul mio<br />

rivale ? No; avevo perso; una sconfitta <strong>di</strong>sperata. Perché ella aveva ben compreso<br />

che l’amore <strong>di</strong> mio cugino era solo per la Luna, e tutto quel che lei voleva ormai<br />

era <strong>di</strong>ventare Luna, assimilarsi all’oggetto <strong>di</strong> quell’amore extraumano.<br />

Compiuto ch’ebbe la Luna il suo giro del pianeta, ecco che ci ritrovammo <strong>di</strong><br />

nuovo sopra gli Scogli <strong>di</strong> Zinco. Fu con sbigottimento che li riconobbi: neanche<br />

nelle mie più nere previsioni m’ero aspettato <strong>di</strong> vederli così rimpiccioliti dalla <strong>di</strong>stanza.<br />

In quella pozzanghera <strong>di</strong> mare i compagni erano tornati a navigare senza<br />

più le scale a pioli ormai inutili; ma dalle barche s’alzò come una selva <strong>di</strong> lunghe<br />

lance; ognuno d’essi ne bran<strong>di</strong>va una, guernita in cima <strong>di</strong> un arpione o raffio,<br />

forse nella speranza <strong>di</strong> raschiare ancora un po’ dell’ultima ricotta lunare e magari<br />

166 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Calvino<br />

porgere a noi meschini quassù un qualche aiuto. Ma subito fu chiaro come non<br />

ci fosse lunghezza <strong>di</strong> pertica bastante a raggiungere la Luna; e ricaddero, ri<strong>di</strong>colmente<br />

corte, avvilite, a galleggiare sul mare; e qualche barca in quel trambusto ne<br />

fu sbilanciata e capovolta. Ma proprio allora da un’altra imbarcazione cominciò<br />

a levarsene una più lunga, trascinata fin lì sul pelo dell’acqua: doveva essere <strong>di</strong><br />

bambù, <strong>di</strong> molte e molte canne <strong>di</strong> bambù inastate una sull’altra, e per alzarla bisognava<br />

andar piano perché – sottile com’era – le oscillazioni non la spezzassero,<br />

e manovrarla con grande forza e perizia, perché il peso tutto verticale non facesse<br />

tracollare la barchetta.<br />

Ed ecco: era chiaro che la punta <strong>di</strong> quell’asta avrebbe toccato la Luna, e la<br />

vedemmo sfiorare e premere il suolo squamoso, appoggiarvisi un momento, dare<br />

quasi una piccola spinta, anzi una forte spinta che la faceva allontanare <strong>di</strong> nuovo,<br />

e poi tornare a picchiare in quel punto come <strong>di</strong> rimbalzo, e <strong>di</strong> nuovo allontanarsi.<br />

E allora lo riconobbi, anzi, tutti e due – io e la signora – lo riconoscemmo, mio<br />

cugino, non poteva essere che lui, era lui che faceva il suo ultimo gioco con la Luna,<br />

un trucco dei suoi, con la Luna sulla punta della canna come se la tenesse in<br />

equilibrio. E ci accorgemmo che la sua bravura non mirava a nulla, non intendeva<br />

raggiungere nessun risultato pratico, anzi si sarebbe detto che la stesse spingendo<br />

via, la Luna, che ne stesse assecondando l’allontanamento, che la volesse accompagnare<br />

sulla sua orbita più <strong>di</strong>stante. E anche questo era da lui: da lui che non<br />

sapeva concepire desideri in contrasto con la natura della Luna e il suo corso e il<br />

suo destino, e se la Luna ora tendeva ad allontanarsi da lui, ebbene egli godeva <strong>di</strong><br />

questo allontanamento come aveva fino allora goduto della sua vicinanza.<br />

Cosa doveva fare, <strong>di</strong> fronte a questo, la signora Vhd Vhd? Solo in quel momento<br />

ella mostrò fino a che punto il suo innamoramento per il sordo non era stato un<br />

frivolo capriccio ma un voto senza ritorno. Se quel che ora mio cugino amava era<br />

la Luna lontana, lei sarebbe rimasta lontana, sulla Luna. Lo intuii vedendo che non<br />

faceva un passo verso il bambù, ma solo rivolgeva l’arpa verso la Terra alta in cielo,<br />

pizzicando le corde. Dico che la vi<strong>di</strong>, ma in realtà fu solo con l’angolo dell’occhio<br />

che captai la sua immagine, perché appena l’asta aveva toccato la crosta lunare io<br />

ero saltato ad aggrapparmici, e ora rapido come un serpente m’arrampicavo per i<br />

no<strong>di</strong> del bambù, salivo a scatti delle braccia e delle ginocchia, leggero nello spazio<br />

rarefatto, spinto come da una forza <strong>di</strong> natura che mi comandava <strong>di</strong> tornare sulla<br />

Terra, <strong>di</strong>menticando il motivo che m’aveva portato lassù, o forse più che mai<br />

cosciente d’esso e del suo esito sfortunato, e già la scalata alla pertica ondeggiante<br />

era giunta al punto in cui non dovevo fare più alcuno sforzo ma solo lasciarmi<br />

scivolare a testa avanti attratto dalla Terra, fino a che in questa corsa la canna si<br />

ruppe in mille pezzi e io cad<strong>di</strong> nel mare tra le barche.<br />

Era il dolce ritorno, la patria ritrovata, ma il mio pensiero era solo <strong>di</strong> dolore per<br />

lei perduta, e i miei occhi s’appuntavano sulla Luna per sempre irraggiungibile,<br />

cercandola. E la vi<strong>di</strong>. Era là dove l’avevo lasciata, coricata su una spiaggia proprio<br />

sovrastante alle nostre teste, e non <strong>di</strong>ceva nulla. Era del colore della Luna; teneva<br />

l’arpa al suo fianco, e muoveva una mano in arpeggi lenti e ra<strong>di</strong>. Si <strong>di</strong>stingueva<br />

bene la forma del petto, delle braccia, dei fianchi, così come ancora la ricordo, così<br />

come anche ora che la Luna è <strong>di</strong>ventata quel cerchietto piatto e lontano, sempre<br />

con lo sguardo vado cercando lei appena nel cielo si mostra il primo spicchio, e<br />

più cresce più m’immagino <strong>di</strong> vederla, lei o qualcosa <strong>di</strong> lei ma nient’altro che lei,<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 167


Analisi Tecnica. Calvino<br />

in cento in mille viste <strong>di</strong>verse, lei che rende Luna la Luna e che ogni plenilunio<br />

spinge i cani tutta la notte a ululare e io con loro.<br />

Il lessico<br />

Diamo qui <strong>di</strong> seguito l’elenco della parole <strong>di</strong> che<br />

è costituito il racconto riportato, per permettere<br />

un più facile controllo del lessico <strong>di</strong> C.: In corsivo<br />

le parole ricondocibili al linguaggio scientifico in<br />

grassetto quelle riportabili ad una lingua <strong>di</strong> più<br />

vicina alla letteraria:<br />

abbandonarsi<br />

abbastanza<br />

abbraccio<br />

abile<br />

abisso<br />

accennare<br />

acchiappare<br />

accidentata<br />

acciughe<br />

accompagnamento<br />

accompagnare<br />

accordo<br />

accorgersi<br />

accosto<br />

acidulo<br />

acqua<br />

acuto<br />

ad<strong>di</strong>o<br />

ad<strong>di</strong>rittura<br />

addosso<br />

aderire<br />

adesso<br />

afferrare<br />

affiorare<br />

affrettarsi<br />

affumicato<br />

aggrapparsi<br />

agitare<br />

aiutare<br />

aiuto<br />

alcuno<br />

alga<br />

allacciare<br />

allargare<br />

allegro<br />

allentata<br />

allontanamento<br />

allontanare<br />

allontanarsi<br />

alluce<br />

allungare<br />

altamarea<br />

alto<br />

alzare<br />

alzarsi<br />

amare<br />

ambizioso<br />

ami<br />

amido<br />

amore<br />

ancorata<br />

andare<br />

angolo<br />

anguille<br />

annaspare<br />

anno<br />

ansioso<br />

ape<br />

appannaggio<br />

apparenza<br />

apparire<br />

appartarsi<br />

appeso<br />

appiattirsi<br />

appiccicate<br />

appiglio<br />

appoggiarsi<br />

approssimarsi<br />

appuntarsi<br />

architettato<br />

argentato<br />

argentee<br />

argilla<br />

aria<br />

arpa<br />

arpeggio<br />

arpione<br />

arrampicarsi<br />

arrivare<br />

ascelle<br />

aspettare<br />

assecondare<br />

assimilarsi<br />

asta<br />

attendere<br />

attenti<br />

attratto<br />

attraversare<br />

attrazione<br />

avvenire<br />

avvicinarsi<br />

avvilite<br />

avviluppare<br />

avvolgere<br />

bagnare<br />

bambina<br />

bambù<br />

banano<br />

barca<br />

basso<br />

bastante<br />

bastare<br />

bestioline<br />

bestione<br />

bilanciare<br />

bisognare<br />

bitume<br />

bocca<br />

borbottando<br />

bordo<br />

braccia<br />

braccine<br />

braccio<br />

brancicare<br />

bran<strong>di</strong>re<br />

bravura<br />

buono<br />

burro<br />

buttarsi<br />

cadere<br />

caduta<br />

calamaro<br />

calamita<br />

calamitato<br />

calare<br />

calata<br />

calcinoso<br />

calcolata<br />

calmissima<br />

calza<br />

cane<br />

canna<br />

cantare<br />

canzone<br />

capello<br />

capire<br />

capitare<br />

capo<br />

capofitto<br />

capovolgere<br />

cappa<br />

capra<br />

capriccio<br />

capriola<br />

captare<br />

carapaci<br />

carezzare<br />

carico<br />

cartilagine<br />

cascata<br />

caso<br />

catapulta<br />

catene<br />

cavalluccio<br />

caviglia<br />

centrare<br />

cercare<br />

cerchietto<br />

cervello<br />

chiaro<br />

chiedere<br />

chinare<br />

168 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

chiodo<br />

chitinoso<br />

cielo<br />

cilecca<br />

cima<br />

cingere<br />

città<br />

coccio<br />

cogliere<br />

colino<br />

colle<br />

collo<br />

colmo<br />

colore<br />

colpire<br />

colpo<br />

comandare<br />

combattere<br />

combustione<br />

cominciare<br />

compagni<br />

compimento<br />

compiuto<br />

completezza<br />

comportamento<br />

composto<br />

comprendere<br />

concentrarsi<br />

concepire<br />

conchiglia<br />

concitazione<br />

con<strong>di</strong>zione<br />

conficcato<br />

confidenza<br />

confinata<br />

congiungersi<br />

conoscere<br />

consistere<br />

contatto<br />

contemplare<br />

conteso<br />

continenti<br />

continuamente<br />

continuare<br />

conto<br />

contorni<br />

contrarre<br />

contrasto<br />

coperta<br />

coprire<br />

corallo<br />

corazze<br />

corde<br />

coricata<br />

corna<br />

coro<br />

corpo<br />

corrente<br />

correre<br />

corsa<br />

corte<br />

cosciente<br />

coste<br />

covato<br />

cranio<br />

credere<br />

crescere<br />

cresta<br />

cristalli<br />

crosta<br />

crostacei<br />

crostoso<br />

cucchiaiata<br />

cucchiaio<br />

cugino<br />

cuore<br />

curiosità<br />

dare<br />

deciso<br />

densi<br />

denso<br />

deserti<br />

desiderio<br />

destino<br />

<strong>di</strong>afane<br />

<strong>di</strong>amante<br />

<strong>di</strong>atomee<br />

<strong>di</strong>avolo<br />

<strong>di</strong>fferenza<br />

<strong>di</strong>fficile<br />

<strong>di</strong>fficoltà<br />

<strong>di</strong>menticare<br />

<strong>di</strong>re<br />

<strong>di</strong>rigere<br />

<strong>di</strong>scesa<br />

<strong>di</strong>sco<br />

<strong>di</strong>sperata<br />

<strong>di</strong>spiegare<br />

<strong>di</strong>staccare<br />

<strong>di</strong>stacco<br />

<strong>di</strong>stante<br />

<strong>di</strong>stanza<br />

<strong>di</strong>stesa<br />

<strong>di</strong>stinguere<br />

<strong>di</strong>to<br />

<strong>di</strong>ventare<br />

<strong>di</strong>versamente<br />

<strong>di</strong>verso<br />

<strong>di</strong>vertimento<br />

<strong>di</strong>vertire<br />

<strong>di</strong>viso<br />

docile<br />

dolce<br />

dolore<br />

dondolare<br />

dosso<br />

dovere<br />

durato<br />

eccellere<br />

eclissi<br />

elefanti<br />

ellisse<br />

ellittica<br />

emettere<br />

energia<br />

enorme<br />

eppure<br />

equilibrio<br />

erba<br />

esattamente<br />

esclamare<br />

esclusivo<br />

escluso<br />

esempio<br />

esercitare<br />

esiguamente<br />

esilio<br />

esito<br />

esplorare<br />

esplorazione<br />

espressione<br />

essenzialmente<br />

estendersi<br />

estensione<br />

estranea<br />

extraumano<br />

facile<br />

familiare<br />

fanghiglia<br />

fango<br />

fantasia<br />

fare<br />

fasi<br />

faticare<br />

fauna<br />

felice<br />

fermare<br />

fermentazione<br />

fiammeggiare<br />

fianco<br />

ficcare<br />

figurare<br />

filamenti<br />

finalmente<br />

finire<br />

fiochi<br />

fissare<br />

fitto<br />

fiume<br />

floscia<br />

foglie<br />

fondere<br />

fondo<br />

foreste<br />

forma<br />

formare<br />

formulare<br />

forte<br />

forza<br />

fosforescente<br />

freddo<br />

frivolo<br />

fronte<br />

frutta<br />

furiosamente<br />

galla<br />

galleggiare<br />

gamba<br />

gamberetto<br />

gelatinoso<br />

geloso<br />

gemere<br />

gentile<br />

gesto<br />

gettare


Dalla ſcrittura alla letteratura • 169<br />

Analisi Tecnica. Calvino<br />

ghermire<br />

ghiaccio<br />

ginocchia<br />

giocare<br />

gioco<br />

giorno<br />

girare<br />

girino<br />

giro<br />

giu<strong>di</strong>care<br />

giungere<br />

giusto<br />

globo<br />

godere<br />

gola<br />

granchi<br />

grande<br />

grappolo<br />

gravità<br />

gravitare<br />

gridare<br />

grido<br />

grosso<br />

groviglio<br />

guadagnare<br />

guardare<br />

guernita<br />

guizzante<br />

guscio<br />

gustare<br />

gusto<br />

idea<br />

idea<br />

identico<br />

imbarcazione<br />

imbecille<br />

imitare<br />

immaginare<br />

immagine<br />

immedesimato<br />

imme<strong>di</strong>atamente<br />

immenso<br />

immergere<br />

impassibile<br />

imperi<br />

impressione<br />

imprimersi<br />

improvvisamente<br />

inanellate<br />

inarcata<br />

inastate<br />

incandescente<br />

incatramato<br />

inclinazione<br />

incontro<br />

incrostato<br />

in<strong>di</strong>fferente<br />

infilzare<br />

influsso<br />

ininterrotto<br />

innamoramento<br />

inoltrarsi<br />

inquieta<br />

inseguirlo<br />

insieme<br />

insolitamente<br />

insolito<br />

insomma<br />

intendere<br />

intento<br />

intenzione<br />

interpretato<br />

interstizio<br />

intesa<br />

inteso<br />

intessuto<br />

intimità<br />

intonare<br />

intuire<br />

inutile<br />

invi<strong>di</strong>ata<br />

irraggiungibile<br />

irregolare<br />

irriconoscibile<br />

irrompere<br />

isolato<br />

ispessirsi<br />

issarsi<br />

istante<br />

itinerario<br />

lagune<br />

lama<br />

lance<br />

lanciare<br />

lancio<br />

lande<br />

lapilli<br />

largo<br />

larvale<br />

lasciare<br />

latte<br />

lavoro<br />

leggere<br />

leggero<br />

lentamente<br />

lentezza<br />

lenticchia<br />

lento<br />

levare<br />

liberarsi<br />

librato<br />

librazione<br />

limitato<br />

locuste<br />

lontananza<br />

lontano<br />

luccicante<br />

luce<br />

lucente<br />

luminose<br />

luna<br />

lunacrescente<br />

lunanuova<br />

lunapiena<br />

lunare<br />

lungamente<br />

lunghezza<br />

lungo<br />

luoghi<br />

magari<br />

magrolina<br />

mammella<br />

mancare<br />

mandare<br />

mangiare<br />

maniera<br />

mano<br />

manovrare<br />

mare<br />

maree<br />

marina<br />

marinaio<br />

massa<br />

mastello<br />

materiale<br />

maturata<br />

meccanismo<br />

meduse<br />

melanconico<br />

membra<br />

mercurio<br />

meschini<br />

mese<br />

mesto<br />

metro<br />

mettere<br />

miele<br />

mille<br />

minerale<br />

minuscolo<br />

minutissimo<br />

minuto<br />

mira<br />

mirare<br />

misterioso<br />

misura<br />

modo<br />

moglie<br />

mollemente<br />

mollusco<br />

moltiplicare<br />

momenti<br />

momento<br />

mondo<br />

montano<br />

montare<br />

morbido<br />

mor<strong>di</strong>cchiare<br />

morsa<br />

mostrare<br />

motivo<br />

moto<br />

muffa<br />

multiforme<br />

muovere<br />

mura<br />

musica<br />

nascondersi<br />

natio<br />

nato<br />

natura<br />

navigare<br />

necropoli<br />

nenia<br />

nero<br />

nocciolo<br />

nodo<br />

nominato<br />

nostalgia<br />

nota<br />

notare<br />

notte<br />

notturno<br />

nudo<br />

nuotando<br />

nuotare<br />

nuoto<br />

nuovo<br />

nutrire<br />

obbligato<br />

obiettivo<br />

occhio<br />

oceano<br />

odore<br />

oggetto<br />

ombra<br />

ombrello<br />

oncia<br />

ondeggiare<br />

operazione<br />

opporre<br />

orbita<br />

or<strong>di</strong>nare<br />

or<strong>di</strong>ne<br />

orlo<br />

oscillazioni<br />

oscuro<br />

osservare<br />

ostinato<br />

paesaggio<br />

palla<br />

pallido<br />

palma<br />

palpebra<br />

palustre<br />

parecchio<br />

parere<br />

pari<br />

parte<br />

partenza<br />

particolare<br />

passaggio<br />

passare<br />

passo<br />

pasta<br />

patella<br />

patria<br />

paura<br />

peduncolo<br />

pelle<br />

pelo<br />

pensare<br />

pensiero<br />

penzolare<br />

penzoloni<br />

pepe<br />

percorrere<br />

perdere<br />

perizia<br />

perso<br />

persona<br />

pertica<br />

pesare<br />

pesca<br />

pesce<br />

pesciolino<br />

peso<br />

pettine<br />

petto<br />

pezzo<br />

pianeta<br />

piangere<br />

piano<br />

piantina<br />

pianto<br />

pianura<br />

piatto<br />

picchiare<br />

picchiettata<br />

piccolo<br />

piede<br />

piega<br />

pieno<br />

pinna<br />

piolo<br />

piovere<br />

pizzicare<br />

pizzicotti<br />

plancton<br />

plenilunio<br />

polline<br />

polpa<br />

polpo<br />

polso<br />

porgere<br />

portare<br />

posare<br />

posizione<br />

posto<br />

pozzanghera<br />

prateria<br />

pratico<br />

precipitare<br />

precipitosi<br />

prelu<strong>di</strong>o<br />

premere<br />

prendere<br />

preparazione<br />

presa<br />

presentito<br />

pressione<br />

previsione<br />

prezioso<br />

principale<br />

principio<br />

privato<br />

probabilmente<br />

procedere<br />

pro<strong>di</strong>garsi<br />

<strong>prof</strong>on<strong>di</strong>tà<br />

<strong>prof</strong>ondo<br />

promontorio<br />

pronto<br />

proposito<br />

prospettiva<br />

proteggere<br />

protendere<br />

provare<br />

provenienza<br />

provocare<br />

provvisoria<br />

punto<br />

puntute<br />

raccapezzarsi<br />

raccogliere<br />

raccolta<br />

rado<br />

raffio<br />

raggiungere<br />

raggrupparsi<br />

rami<br />

rana<br />

rapido<br />

rapimento<br />

rarefatto<br />

raschiare<br />

realtà<br />

redarguire<br />

reggere<br />

regione<br />

remare<br />

remi<br />

rendere<br />

resine<br />

resistere<br />

reso<br />

restare<br />

resto<br />

rettile<br />

riabituarsi<br />

rianimarsi<br />

ricadere<br />

riccio<br />

ricomparire<br />

riconoscere<br />

ricoperta<br />

ricordare<br />

ricordo<br />

ricotta<br />

ricurvo<br />

ridere<br />

ri<strong>di</strong>colmente<br />

rientrare<br />

rifiutava<br />

rimanere<br />

rimbalzo<br />

rimpicciolito<br />

riportare<br />

rispondere<br />

risultato<br />

risvegliare<br />

ritegno<br />

ritirare<br />

ritorno<br />

ritrovare<br />

ritto<br />

riuscire<br />

riva<br />

rivale<br />

rivolgere<br />

rivoltolare<br />

roccia<br />

rompere<br />

roso<br />

roteare<br />

rotolare<br />

rovesciare<br />

rozzo<br />

ruga<br />

salda<br />

sali<br />

salire<br />

salmone<br />

salse<strong>di</strong>ne<br />

saltare<br />

saltello<br />

salto<br />

sandalo<br />

sapere<br />

sapore<br />

satellite<br />

sbigottimento<br />

sbilanciare<br />

sbizzarrirsi<br />

scacciare<br />

scaglia<br />

scala<br />

scalata<br />

scalciare<br />

scale<br />

scaletta<br />

scalzi<br />

scappare<br />

scatto<br />

scegliere<br />

scendere<br />

scherzo<br />

schiacciare<br />

schianto<br />

schizzare<br />

sciame<br />

sciolto<br />

scivolare<br />

scivolosa<br />

scogli<br />

sconfitta<br />

scoprire<br />

scoria


170 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Analisi Tecnica. Calvino<br />

scremare<br />

secchio<br />

seghettati<br />

segno<br />

segreto<br />

seguire<br />

selva<br />

sembrare<br />

sensazioni<br />

sentire<br />

seppia<br />

serpente<br />

serrato<br />

settimana<br />

sfera<br />

sfida<br />

sfilare<br />

sfiorare<br />

sfortunato<br />

sforzo<br />

sgombro<br />

sgomento<br />

sguardo<br />

sicuro<br />

sigillato<br />

signora<br />

siliceo<br />

simile<br />

slabbrato<br />

slanciarsi<br />

smisurato<br />

sobbalzare<br />

soccorrere<br />

sodo<br />

sofferenza<br />

soffice<br />

soffitto<br />

sogno<br />

solcato<br />

sole<br />

solito<br />

solletico<br />

somigliare<br />

sommergere<br />

sordo<br />

sorprendere<br />

sorvolare<br />

sospeso<br />

sospettare<br />

sostanza<br />

sostenere<br />

sottile<br />

sovrastante<br />

spalancare<br />

spalmare<br />

sparire<br />

spaurito<br />

spaventare<br />

spazio<br />

speciale<br />

specie<br />

spento<br />

speranza<br />

spezzare<br />

spiaccicare<br />

spiaggia<br />

spiccare<br />

spicchio<br />

spiegare<br />

spina<br />

spingere<br />

spinta<br />

spogliare<br />

spolverio<br />

spostarsi<br />

spremere<br />

s<strong>prof</strong>ondare<br />

spugna<br />

spunzone<br />

squadra<br />

squama<br />

squamoso<br />

squittio<br />

staccarsi<br />

stella<br />

stendere<br />

sterminato<br />

stinco<br />

storia<br />

storione<br />

stoviglia<br />

strano<br />

strappare<br />

strascico<br />

straziante<br />

strettamente<br />

strisciare<br />

struggimento<br />

stupito<br />

successo<br />

succo<br />

sughero<br />

suolo<br />

suonare<br />

suono<br />

superficie<br />

suscitare<br />

svellere<br />

svolgere<br />

tagliate<br />

tagliente<br />

talento<br />

tardare<br />

tempo<br />

tendere<br />

tenebra<br />

tenere<br />

tentacolo<br />

tentato<br />

tenue<br />

tergo<br />

terra<br />

terreno<br />

terrestre<br />

teso<br />

testa<br />

testata<br />

timore<br />

tirare<br />

tiro<br />

toccare<br />

toccavano<br />

tondo<br />

tonfo<br />

torme<br />

tornare<br />

torrida<br />

tracollare<br />

tralcio<br />

trambusto<br />

trarre<br />

trascinare<br />

trascorrere<br />

trasparente<br />

trattenere<br />

tratto<br />

treccina<br />

trepidare<br />

trovare<br />

trucco<br />

tufo<br />

turno<br />

uccello<br />

u<strong>di</strong>to<br />

ugola<br />

uguale<br />

ugualmente<br />

ultimo<br />

ululare<br />

umore<br />

unghie<br />

unico<br />

uniformemente<br />

unirsi<br />

uovo<br />

urlare<br />

usare<br />

uscire<br />

vano<br />

vasto<br />

vecchio<br />

vedere<br />

vegetali<br />

venire<br />

vento<br />

ventose<br />

ventre<br />

vermi<br />

vero<br />

verticale<br />

vertigine<br />

vestina<br />

vibrare<br />

vicenda<br />

vicinanza<br />

vicino<br />

vile<br />

vincere<br />

vinto<br />

viso<br />

vita<br />

vizio<br />

voce<br />

vogare<br />

volare<br />

volere<br />

volo<br />

volteggio<br />

volto<br />

voto<br />

vuoto<br />

zafferano<br />

zinco<br />

zona


NATALIA GINzbURG<br />

PICCOLE VIRTù<br />

LUI E IO<br />

Lui ha sempre caldo; io sempre freddo. D’estate, quando è veramente caldo,<br />

non fa che lamentarsi del gran caldo che ha. Si sdegna se vede che m’infilo, la sera,<br />

un golf.<br />

Lui sa parlare bene alcune lingue; io non ne parlo bene nessuna. Lui riesce a<br />

parlare, in qualche suo modo, anche le lingue che non sa.<br />

Lui ha un grande senso dell’orientamento; io nessuno. Nelle città straniere,<br />

dopo un giorno, lui si muove leggero come una farfalla. Io mi sperdo nella mia<br />

propria città; devo chiedere in<strong>di</strong>cazioni per ritornare alla mia propria casa. Lui<br />

o<strong>di</strong>a chiedere in<strong>di</strong>cazioni; quando an<strong>di</strong>amo per città sconosciute, in automobile,<br />

non vuole che chie<strong>di</strong>amo in<strong>di</strong>cazioni e mi or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> guardare la pianta topografica.<br />

Io non so guardare le piante topografiche, m’imbroglio su quei cerchiolini rossi,<br />

e si arrabbia.<br />

Lui ama il teatro, la pittura, e la musica: soprattutto la musica. Io non capisco<br />

niente <strong>di</strong> musica, m’importa molto poco della pittura, e m’annoio a teatro. Amo<br />

e capisco una cosa sola al mondo, ed è la poesia.<br />

Lui ama i musei, e io ci vado con sforzo, con uno spiacevole senso <strong>di</strong> dovere e<br />

fatica. Lui ama le biblioteche, e io le o<strong>di</strong>o.<br />

Lui ama i viaggi, le città straniere e sconosciute, i ristoranti. Io resterei sempre<br />

a casa, non mi muoverei mai.<br />

Lo seguo, tuttavia, in molti viaggi. Lo seguo nei musei, nelle chiese, all’opera.<br />

Lo seguo anche ai concerti, e mi addormento.<br />

Siccome conosce dei <strong>di</strong>rettori d’orchestra, dei cantanti, gli piace andare, dopo<br />

lo spettacolo, a congratularsi con loro. Lo seguo per i lunghi corridoi che portano<br />

ai camerini dei cantanti, lo ascolto parlare con persone vestite da car<strong>di</strong>nali e da re.<br />

Non è timido; e io sono timida. Qualche volta, però, l’ho visto timido.<br />

Predominante nella Ginzburg è la nozione <strong>di</strong> una tragicità insita nella vita quoti<strong>di</strong>ana che si<br />

nasconde sotto apparenze comuni e banali. I comportamenti, le azioni, i pensieri, le parole<br />

apparentemente semplici e banali nascondono <strong>di</strong>sperazioni <strong>prof</strong>onde, angosce, fino a veri e<br />

propri orrori, a vere e proprie abiezioni. Da tale con<strong>di</strong>zione tragica non si può uscire: deriva la<br />

sconfitta delle aspirazioni, dei sentimenti, delle speranze. Sola via <strong>di</strong> salvezza è il coraggio <strong>di</strong><br />

affrontare la banalità del quoti<strong>di</strong>ano, <strong>di</strong> viverlo nella sua epicità irrilevante: è quel che avviene<br />

in Le piccole virtù, e che è in fondo l’accettazione dell’impossibilità <strong>di</strong> un’azione costruttiva.<br />

L’idea <strong>di</strong> tragicità si manifesta in uno stile uniforme, in un linguaggio che sembra esente da<br />

qualsiasi sussulto, da qualsiasi variazione: le frasi si susseguono legate dalla paratassi in un<br />

fluire continuo <strong>di</strong> parole. Ebbene, questo stile che a qualcuno parve una lagna non impe<strong>di</strong>sce<br />

la drammaticità dei fatti, la bassezza talora e la nobiltà dei comportamenti.<br />

Citeremo poche altre opere <strong>di</strong> N.G.: Tutti i nostri ieri (1952), Valentino (1957), Caro Michele<br />

(1973), Lessico famigliare (1963), La famiglia Manzoni (1983).<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 171


Analisi Tecnica. Ginzburg<br />

Coi poliziotti, quando s’avvicinano alla nostra macchina armati <strong>di</strong> taccuino e<br />

matita. Con quelli <strong>di</strong>venta timido, sentendosi in torto.<br />

E anche non sentendosi in torto. Credo che nutra rispetto per l’autorità costituita.<br />

Io, l’autorità costituita, la temo, e lui no. Lui ne ha rispetto. È <strong>di</strong>verso.<br />

Io, se vedo un poliziotto avvicinarsi per darci la multa, penso subito che vorrà<br />

portarmi in prigione. Lui, alla prigione, non pensa; ma <strong>di</strong>venta, per rispetto, timido<br />

e gentile.<br />

Per questo, per il suo rispetto verso l’autorità costituita, ci siamo, al tempo del<br />

processo Montesi, litigati fino al delirio.<br />

A lui piacciono le tagliatelle, l’abbacchio, le ciliege, il vino rosso. A me piace il<br />

minestrone, il pancotto, la frittata, gli erbaggi.<br />

Suole <strong>di</strong>rmi che non capisco niente, nelle cose da mangiare; e che sono come<br />

certi robusti fratacchioni, che <strong>di</strong>vorano zuppe <strong>di</strong> erbe nell’ombra dei loro conventi;<br />

e lui, lui è un raffinato, dal palato sensibile. Al ristorante, s’informa a lungo sui<br />

vini; se ne fa portare due o tre bottiglie, le osserva e riflette, carezzandosi la barba<br />

pian piano.<br />

In Inghilterra, vi sono certi ristoranti dove il cameriere usa questo piccolo<br />

cerimoniale: versare al cliente qualche <strong>di</strong>to <strong>di</strong> vino nel bicchiere, perché senta<br />

se è <strong>di</strong> suo gusto. Lui o<strong>di</strong>ava questo piccolo cerimoniale; e ogni volta impe<strong>di</strong>va<br />

al cameriere <strong>di</strong> compierlo, togliendogli <strong>di</strong> mano la bottiglia. Io lo rimproveravo,<br />

facendogli osservare che a ognuno dev’essere consentito <strong>di</strong> assolvere alle proprie<br />

incombenze.<br />

Così, al cinematografo, non vuol mai che la maschera lo accompagni al posto.<br />

Gli dà subito la mancia, ma fugge in posti sempre <strong>di</strong>versi da quelli che la maschera,<br />

col lume, gli viene in<strong>di</strong>cando.<br />

Lo stile<br />

I primi sei cpv iniziano con il pronome personale<br />

lui seguito dal verbo al presente. La G. adopera<br />

regolarmente (anche nel titolo, come pure A.<br />

Moravia in un romanzo dal titolo pressoché<br />

identico a questo Io e lui) il pronome obliquo<br />

come soggetto al posto <strong>di</strong> egli. Ogni cpv (con<br />

l’eccezione del terzo è costituito da un numero<br />

davvero esiguo <strong>di</strong> perio<strong>di</strong> a loro volta costuiti solitamente<br />

da una principale ed una subor<strong>di</strong>nata,<br />

ma l’interpunzione sembra rispondere non tanto<br />

alla scansione logica, quanto a quella tonale. E<br />

del linguaggio parlato il brano conserva alcune<br />

caratteristiche: la più evidente è certamente la<br />

ripetizione (conduplicatio). Si veda nel primo<br />

cpv il termine caldo cui bisogna aggiungere<br />

quelli dei pd e delle frasi che li costituiscono; Nel<br />

terzo pd in<strong>di</strong>cazioni è ripetuto tre volte; così nel<br />

cpv Non è timido dove l’aggettivo costituisce<br />

anche il legame logico col cpv seguente.<br />

Di particolare interesse è la ripetizione del nome<br />

dell’attore: « ... non mi <strong>di</strong>rai che non hai riconosciuto<br />

William holden!» Effettivamente, non ho<br />

172 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

riconosciuto William holden: che è una delle<br />

caratteristiche più rilevanti della scrittura della<br />

G. che raramente sostituisce un nome proprio<br />

con un pronome. E si veda il resto del cpv dove<br />

il termine cultura segna quasi la cadenza ed il<br />

ritmo lento della riflessione. Lo stesso ritmo lento<br />

è nel cpv Avrebbe potuto fare: qui la scrittura,<br />

con le sue norme, con le sue regole <strong>di</strong> eufonia<br />

ed armonia viene sostituita da una sorta <strong>di</strong> nenia<br />

mentale, da una bilancio della coscienza che la<br />

mano trascrive senza nessuna me<strong>di</strong>azione. La<br />

riprova potrebbe essere l’ultimo pd del cpv in cui<br />

la sintassi risulta decisamente oscura per via <strong>di</strong><br />

quell’incre<strong>di</strong>bile numero <strong>di</strong> negazioni, pronomi<br />

ed avverbi negativi.<br />

Vale sottolineare come il passaggio da questo<br />

cpv al successivo si avvalga dell’anafora sinonimica<br />

mestiere/lavoro, e manchi <strong>di</strong> un esplicito<br />

connettivo come avviene per quasi tutti i passaggi<br />

del brano preso in considerazione ed in<br />

particolare nella serie che segue imme<strong>di</strong>atamente<br />

i cpv ora esaminati. La leggerezza del legame<br />

logico costituito della sinonimia consente che<br />

in quella nenia mentale i pensieri siano evocati


Analisi Tecnica. Ginzburg<br />

Al cinematografo, vuole stare vicinissimo allo schermo. Se an<strong>di</strong>amo con amici, e<br />

questi cercano, come la maggior parte della gente, un posto lontano dallo schermo,<br />

lui si rifugia, solo, in una delle prime file. Io ci vedo bene, in<strong>di</strong>fferentemente, da<br />

vicino e da lontano; ma essendo con amici, resto insieme a loro, per gentilezza; e<br />

tuttavia soffro, perché può essere che lui, nel suo posto a due palmi dallo schermo,<br />

siccome non mi son seduta al suo fianco, sia offeso con me.<br />

Tutt’e due amiamo il cinematografo; e siamo <strong>di</strong>sposti a vedere, in qualsiasi<br />

momento della giornata, qualsiasi specie <strong>di</strong> film. Ma lui conosce la storia del cinematografo<br />

in ogni minimo particolare; ricorda registi e attori, anche i più antichi,<br />

da gran tempo <strong>di</strong>menticati e scomparsi; ed è pronto a fare chilometri per andare<br />

a cercare, nelle più lontane periferie, vecchissimi film del tempo del muto, dove<br />

comparirà magari per pochi secon<strong>di</strong> un attore caro alle sue più remote memorie<br />

d’infanzia. Ricordo, a Londra, il pomeriggio d’una domenica; davano in un lontano<br />

sobborgo sui limiti della campagna un film sulla Rivoluzione francese, un film del<br />

’30, che lui aveva visto da bambino, e dove appariva per qualche attimo un’attrice<br />

famosa a quel tempo. Siamo andati in macchina alla ricerca <strong>di</strong> quella lontanissima<br />

strada; pioveva, c’era nebbia, abbiamo vagato ore e ore per sobborghi tutti<br />

uguali, tra schiere grigie <strong>di</strong> piccole case, grondaie, lampioni e cancelli; avevo sulle<br />

ginocchia la pianta topografica, non riuscivo a leggerla e lui s’arrabbiava; infine,<br />

abbiamo trovato il cinematografo, ci siamo seduti in una sala del tutto deserta.<br />

Ma dopo un quarto d’ora, lui già voleva andar via, subito dopo la breve comparsa<br />

dell’attrice che gli stava a cuore; io invece volevo, dopo tanta strada, vedere come<br />

finiva il film. Non ricordo se sia prevalsa la sua o la mia volontà; forse, la sua, e ce<br />

ne siamo andati dopo un quarto d’ora; anche perché era tar<strong>di</strong>, e benché fossimo<br />

usciti nel primo pomeriggio, ormai era venuta l’ora <strong>di</strong> cena. Ma pregandolo io<br />

<strong>di</strong> raccontarmi come si concludeva la storia, non ottenevo nessuna risposta che<br />

quasi a caso, si <strong>di</strong>stendano in moduli <strong>di</strong>versi<br />

(non ostante la netta preferenza per quelli brevi)<br />

e talora s’aggrumino attorno a nuclei <strong>di</strong>egetici,<br />

ad aneddoti, a frammenti <strong>di</strong> vita: così dalla capacità<br />

del marito <strong>di</strong> fare contemportaneamente<br />

più operazioni la G. era passata a considerare<br />

che egli avrebbe potuto fare molti mestieri; e,<br />

per il solito confronto­presa­<strong>di</strong>­coscienza, aveva<br />

concluso che ella non avrebbe saputo fare che<br />

quell’unico mestiere che praticava sin dalla più<br />

giovane età: scrivere racconti. Dal quale mestiere<br />

era passata al suo lavoro (non... male, ma<br />

neanche bene) in una casa e<strong>di</strong>trice e al bisogno<br />

<strong>di</strong> lavorare in un ambiente amicale, e poi, con<br />

una lieve variazione semantica, al rimpianto <strong>di</strong><br />

non aver potuto lavorare... a sceneneggiature.<br />

La memoria del desiderio irrealizzato <strong>di</strong> sceneggiatrice<br />

riporta il <strong>di</strong>scorso dalla memoria personale<br />

al ritmo del confronto con il suo uomo che<br />

era stato sceneggiatore e narratore, ed aveva<br />

lavorato nella stessa casa e<strong>di</strong>trice: erano solo<br />

alcuni dei lavori che egli aveva fatto e dei tanti<br />

possibili ed alla sua portata. Tant’è che, ed ancora<br />

una volta s’aggruma un frammento <strong>di</strong> vita<br />

coniugale, una volta s’era cimentato in teatro in<br />

una piéce che prevedeva canto e recitazione:<br />

avea avuto successo.<br />

Naturalmente il passaggio dall’introspezione<br />

alla narrazione è segnalato dai tempi verbali<br />

dal presente ai tempi narrativi, imperfetto e<br />

passato remoto. Tuttavia restano solo i tempi<br />

a marcare le <strong>di</strong>verse scritture, i <strong>di</strong>versi moduli:<br />

giacché nella narrazione (<strong>di</strong>egesi) mancano dei<br />

veri e propri riferimenti temporali; mentre quelli<br />

spaziali sembrano semplicemente sottolineare il<br />

frammentario riemergere dei ricor<strong>di</strong>. È il caso del<br />

cpv Tutt’e due amiamo...: si veda la <strong>di</strong>slocazione<br />

temporale estremamente vaga: un pomeriggio<br />

d’una domenica; cui seguono altre determinazioni<br />

temporali altrettanto vaghe: film ... che<br />

lui aveva visto quand’era bambino; abbiamo<br />

vagato ore e ore. Così le in<strong>di</strong>cazioni spaziali: a<br />

Londra; in un lontano sobborgo. Alla vaghezza<br />

delle determinazioni temporali e spaziali fa eco<br />

la sostanziale incertezza del ricordo e quin<strong>di</strong><br />

dell’intero racconto: non ricordo se sia prevalsa<br />

la sua o la mia volontà. Ma all’interrogativa<br />

in<strong>di</strong>retta segue una narrazione all’in<strong>di</strong>cativo con<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 173


Analisi Tecnica. Ginzburg<br />

m’appagasse; perché, lui <strong>di</strong>ceva, la storia non aveva nessuna importanza, e la sola<br />

cosa che contava erano quei pochi istanti, il <strong>prof</strong>ilo, il gesto, i riccioli <strong>di</strong> quell’attrice.<br />

Io non mi ricordo mai i nomi degli attori; e siccome sono poco fisionomista,<br />

riconosco a volte con <strong>di</strong>fficoltà anche i più famosi. Questo lo irrita moltissimo;<br />

gli chiedo chi sia quello o quell’altro, suscitando il suo sdegno; « non mi <strong>di</strong>rai –<br />

<strong>di</strong>ce – non mi <strong>di</strong>rai che non hai riconosciuto William Holden ! » Effettivamente,<br />

non ho riconosciuto William Holden. E tuttavia, amo anch’io il cinematografo;<br />

ma pur andandoci da tanti anni, non ho saputo farmene una cultura. Lui se ne è<br />

fatto, invece, una cultura: si è fatto una cultura <strong>di</strong> tutto quello che ha attratto la<br />

sua curiosità; e io non ho saputo farmi una cultura <strong>di</strong> nulla, nemmeno delle cose<br />

che ho più amato nella mia vita: esse sono rimaste in me come immagini sparse,<br />

alimentando sì la mia vita <strong>di</strong> memorie e <strong>di</strong> commozione ma senza colmare il vuoto,<br />

il deserto della mia cultura.<br />

Mi <strong>di</strong>ce che manco <strong>di</strong> curiosità: ma non è vero. Provo curiosità <strong>di</strong> poche, pochissime<br />

cose; e quando le ho conosciute, ne conservo qualche sparsa immagine,<br />

la cadenza d’una frase o d’una parola. Ma il mio universo, dove affiorano tali<br />

cadenze ed immagini, isolate l’una dall’altra e non legate da alcuna trama se non<br />

segreta, a me stessa ignota e invisibile, è arido e malinconico.<br />

Il suo universo invece è riccamente verde, riccamente popolato e coltivato, una<br />

fertile e irrigua campagna dove sorgono boschi, pascoli, orti e villaggi.<br />

Per me, ogni attività è sommamente <strong>di</strong>fficile, faticosa, incerta. Sono molto<br />

pigra, e ho un’assoluta necessità <strong>di</strong> oziare, se voglio concludere qualcosa, lunghe<br />

ore sdraiata sui <strong>di</strong>vani. Lui non sta mai in ozio, fa sempre qualcosa; scrive a macchina<br />

velocissimo, con la ra<strong>di</strong>o accesa; quando va a riposare il pomeriggio, ha con<br />

sé delle bozze da correggere o un libro pieno <strong>di</strong> note; vuole, nella stessa giornata,<br />

che an<strong>di</strong>amo al cinematografo, poi a un ricevimento, poi a teatro. Riesce a fare, e<br />

anche a farmi fare, nella stessa gior nata, un mondo <strong>di</strong> cose <strong>di</strong>verse; a incontrarsi<br />

qualche attenzione al particolare e con determinazioni<br />

temporali più precise: quarto d’ora;<br />

era tar<strong>di</strong>; era venuta l’ora <strong>di</strong> cena. Cui s’ha da<br />

aggiungere esplicitazione netta e definita <strong>di</strong> una<br />

peculiare preferenza, caratteristica dell’uomo<br />

che è interessato all’attrice ed ignora del tutto<br />

il film. Tal che l’intero aneddoto acquista un’aria<br />

ambigua e si colloca tra realtà e congettura, dove<br />

la prima resta piuttosto aleatoria e la seconda<br />

ha contorni più netti e concreti.<br />

La successiva anafora sinonimica attrice/<br />

attori manifesta con chiarezza il modo <strong>di</strong> procedere<br />

della G. che qui accumula particolari,<br />

apparentemente secondari (sedersi in prima<br />

fila al cinematografo, il desiderio <strong>di</strong> rivedere<br />

un’attrice amata nella fanciullezza, ed ora i<br />

nomi degli attori) caratterizzanti il suo uomo,<br />

mentre nulla si precisa delle sceneggiature che<br />

pure egli ha scritto. Ché ciò che interessa alla<br />

scrittrice è la <strong>di</strong> lui capacità <strong>di</strong> farsi una cultura<br />

del cinema; o, meglio, la capacità <strong>di</strong> organizzare<br />

attorno a principi ogni interesse, ogni attività:<br />

insomma la vita.<br />

174 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

La seconda parte del cpv è particolarmente<br />

significativa della modalità stilistica della G.: qui<br />

noteremo la essenzialità del lessico; la sintassi<br />

scarna, la preferenza per la coor<strong>di</strong>nazione (paratassi);<br />

la pressoché totale assenza <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nate<br />

e la conseguente assenza <strong>di</strong> connettivi<br />

logici: i legami tra i perio<strong>di</strong> sono costituiti da<br />

anafore (neanche sinonimiche, vera e propria<br />

conduplicatio) per cui tornano ravvicinatissimi<br />

termini come fare, cultura, vita che nella citazione<br />

abbiamo lasciato in tondo: E tuttavia, amo<br />

anch’io il cinematografo; ma pur andandoci da<br />

tanti anni, non ho saputo farmene una cultura.<br />

Lui se ne è fatto, invece, una cultura: si è fatto<br />

una cultura <strong>di</strong> tutto quello che ha attratto la sua<br />

curiosità; e io non ho saputo farmi una cultura<br />

<strong>di</strong> nulla, nemmeno delle cose che ho più amato<br />

nella mia vita: esse sono rimaste in me come<br />

immagini sparse, alimentando sì la mia vita <strong>di</strong><br />

memorie e <strong>di</strong> commozione ma senza colmare<br />

il vuoto, il deserto della mia cultura. La parola<br />

immagine, poi, lega questo pd al seguente dove<br />

fa da legame logico (anaforico) tra il 2º ed il 3º


Analisi Tecnica. Ginzburg<br />

con le persone più <strong>di</strong>sparate; e se io son sola, e tento <strong>di</strong> fare come lui, non approdo<br />

a nulla, perché là dove intendevo trattenermi mezz’ora resto bloccata tutto<br />

il pomeriggio, o perché mi sperdo e non trovo le strade, o perché la persona più<br />

noiosa e che meno desideravo vedere mi trascina con sé nel luogo dove meno<br />

desideravo <strong>di</strong> andare.<br />

Se gli racconto come si è svolto un mio pomeriggio, lo trova un pomeriggio<br />

tutto sbagliato, e si <strong>di</strong>verte, mi canzona e s’arrabbia; e <strong>di</strong>ce che io, senza <strong>di</strong> lui,<br />

non son buona a niente.<br />

Io non so amministrare il tempo. Lui sa.<br />

Gli piacciono i ricevimenti. Ci va vestito <strong>di</strong> chiaro, quando tutti sono vestiti <strong>di</strong><br />

scuro; l’idea <strong>di</strong> cambiarsi vestito, per andare a un ricevimento, non gli passa per la<br />

testa. Ci va magari col suo vecchio impermeabile e col suo cappello sbertucciato:<br />

un cappello <strong>di</strong> lana che ha comprato a Londra, e che porta calzato sugli occhi.<br />

Sta là solo mezz’ora, gli piace, per una mezz’ora, chiacchierare con un bicchiere<br />

in mano; mangia molti pasticcini, io quasi nessuno, perché vedendo lui mangiare<br />

tanto penso che io almeno, per educazione e riserbo, devo astenermi dal mangiare;<br />

dopo mezz’ora, quando comincio un poco ad ambientarmi e a star bene, si fa<br />

impaziente e mi trascina via.<br />

Io non so ballare e lui sa.<br />

Non so scrivere a macchina; e lui sa.<br />

Non so guidare l’automobile. Se gli propongo <strong>di</strong> prendere anch’io la patente,<br />

non vuole. Dice che tanto non ci riuscirei mai. Credo che gli piaccia che io <strong>di</strong>penda,<br />

per tanti aspetti, da lui.<br />

Io non so cantare, e lui sa. È un baritono. Se avesse stu<strong>di</strong>ato il canto, sarebbe<br />

forse un cantante famoso.<br />

Se avesse stu<strong>di</strong>ato musica, sarebbe forse <strong>di</strong>ventato un <strong>di</strong>rettore d’orchestra.<br />

Quando ascolta i <strong>di</strong>schi, <strong>di</strong>rige l’orchestra con una matita. Intanto scrive a<br />

pd legate anche dall’avversativa ma. Ancora<br />

una avversativa, invece, più la conduplicatio<br />

<strong>di</strong> universo.<br />

L’anafora poi acquista forza lirica nella formula<br />

Io non so... lui sa, simile a quella dell’inizio del<br />

brano: lui ama. Qui la formula sostanzia perio<strong>di</strong><br />

in cui la brevità accentua la drammaticità del<br />

confronto, ora confessione aperta, quasi brutale,<br />

senza alcun tentativo <strong>di</strong> alleggerire le mancanze.<br />

La ripetizione del non so contribuisce a<br />

marcare la gracilità della scrittrice a petto della<br />

forza e della poliedricità dell’uomo. E tuttavia<br />

è proprio la chiarezza e la perentorietà della<br />

auto<strong>analisi</strong> è un sostanziale punto <strong>di</strong> forza, un<br />

determinato proposito <strong>di</strong> proporsi come altra e<br />

<strong>di</strong>versa, non inferiore, non debole, non incapace:<br />

Avrebbe potuto fare molti mestieri. Ma non<br />

rimpiange nessuno dei mestieri che non ha fatto.<br />

Io non avrei potuto fare che un mestiere, un<br />

mestiere solo: il mestiere che ho scelto, e che<br />

faccio, quasi dall’infanzia. Neanch’io non rimpiango<br />

nessuno dei mestieri che non ho fatto:<br />

ma io tanto, non avrei saputo farne nessuno.<br />

La brevità dei pd è caratteristica della G.: essa è<br />

tuttavia accompagnata da una costante ricerca<br />

del ritmo, <strong>di</strong> una cadenza musicale, sia pure<br />

eguale, quasi <strong>di</strong> nenia, nella quala la rapi<strong>di</strong>tà<br />

del pd breve viene contrastata, <strong>di</strong>latata e, infine,<br />

fermata. Così l’andamento naturale del pd è<br />

interrotto da un inciso: Se vado a fare la spesa<br />

al mercato, lui a volte, non visto, mi segue e mi<br />

spia; Piango, a volte, nel turbine delle sue furie;<br />

e il mio pianto, invece <strong>di</strong> placarlo, lo fa arrabbiare<br />

ancora <strong>di</strong> più; Usavo scagliare, un tempo,<br />

nelle mie furie, piatti e stoviglie per terra; Mi ha<br />

accompagnata, ricordo, una sera, alla pensione<br />

dove allora abitavo. Altro è la punteggiatura <strong>di</strong>lagante<br />

a marcare con una serie <strong>di</strong> pause il ritmo<br />

della scrittura (in tal caso il pd sintattico sembra<br />

<strong>di</strong>latarsi e venir meno alla norma della brevità):<br />

Io sono <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natissima. Sono però <strong>di</strong>ventata,<br />

invecchiando, nostalgica dell’or<strong>di</strong>ne e rior<strong>di</strong>no,<br />

a volte, con grande zelo gli arma<strong>di</strong>. Mi ricordo,<br />

credo, <strong>di</strong> mia madre. Rior<strong>di</strong>no gli arma<strong>di</strong> della<br />

biancheria, delle coperte, e ricopro ogni cassetto,<br />

nell’estate, <strong>di</strong> teli can<strong>di</strong><strong>di</strong>. Raramente rior<strong>di</strong>no<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 175


Analisi Tecnica. Ginzburg<br />

macchina, e risponde al telefono. È un uomo che riesce a fare, nello stesso momento,<br />

molte cose.<br />

Fa il <strong>prof</strong>essore e credo che lo faccia bene.<br />

Avrebbe potuto fare molti mestieri. Ma non rimpiange nessuno dei mestieri<br />

che non ha fatto. Io non avrei potuto fare che un mestiere, un mestiere solo: il<br />

mestiere che ho scelto, e che faccio, quasi dall’infanzia. Neanch’io non rimpiango<br />

nessuno dei mestieri che non ho fatto: ma io tanto, non avrei saputo farne nessuno.<br />

Io scrivo dei racconti, e ho lavorato molti anni in una casa e<strong>di</strong>trice.<br />

Non lavoravo male, ma neanche bene. Tuttavia mi rendevo conto che forse non<br />

avrei saputo lavorare in nessun altro luogo. Avevo, con i miei compagni <strong>di</strong> lavoro<br />

e col mio padrone, rapporti d’amicizia. Sentivo che, se non avessi avuto intorno<br />

a me questi rapporti d’amicizia, mi sarei spenta e non avrei saputo lavorare più.<br />

Ho coltivato a lungo in me l’idea <strong>di</strong> poter lavorare, un giorno, a sceneggiature<br />

per il cinema. Tuttavia non ne ho mai avuta l’occasione, o non ho saputo cercarla.<br />

Ora ho perso la speranza <strong>di</strong> lavorare mai a sceneggiature.<br />

Lui ha lavorato a sceneggiature, un tempo, quand’era più giovane. Ha lavorato<br />

lui pure in una casa e<strong>di</strong>trice. Ha scritto racconti. Ha fatto tutte le cose che ho fatto<br />

io, più molte altre.<br />

Rifà bene il verso alla gente, e soprattutto a una vecchia contessa. Forse riusciva<br />

a fare anche l’attore.<br />

Una volta, a Londra, ha cantato in un teatro. Era Giobbe. Aveva dovuto noleggiare<br />

un frac; ed era là, in frac, davanti a una specie <strong>di</strong> leggìo; e cantava.<br />

Cantava le parole <strong>di</strong> Giobbe; qualcosa tra la <strong>di</strong>zio ne e il canto. Io, in un palco,<br />

morivo <strong>di</strong> paura. Avevo paura che s’impappinasse, o che gli cadessero i calzoni<br />

del frac.<br />

Era circondato <strong>di</strong> uomini in frac, e <strong>di</strong> signore vestite da sera, che erano gli angeli<br />

e i <strong>di</strong>avoli e gli altri personaggi <strong>di</strong> Giobbe.<br />

le mie carte, perché mia madre, non usando<br />

scrivere, non aveva carte. Il mio or<strong>di</strong>ne, e il mio<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne, son pieni <strong>di</strong> rammarico, <strong>di</strong> rimorsi,<br />

<strong>di</strong> sentimenti complessi. Lui, il suo <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne è<br />

trionfante. ha deciso che per una persona come<br />

lui, che stu<strong>di</strong>a, avere il tavolino in <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne è<br />

legittimo e giusto. Altre volte è il giro sintattico<br />

stesso, pur attraverso l’uso <strong>di</strong> principali brevi e <strong>di</strong><br />

brevi subor<strong>di</strong>nate a pausare la scrittura: Piango,<br />

a volte, nel turbine delle sue furie; e il mio pianto,<br />

invece <strong>di</strong> placarlo, lo fa arrabbiare ancora <strong>di</strong> più.<br />

Dice che il mio pianto è tutta una comme<strong>di</strong>a; e<br />

forse è vero. Perché io sono, in mezzo alle mie<br />

lagrime e alla sua furia, pienamente tranquilla.<br />

Dove è chiaro l’uso intonativo, non logicosintattico,<br />

della punteggiatura. Particolarmente<br />

evidente è in: È, qualche volta, malato, <strong>di</strong> suoi<br />

misteriosi malesseri; non sa spiegare che cosa<br />

si sente; se ne sta a letto per un giorno, tutto<br />

ravviluppato nelle lenzuola; non si vede che<br />

la sua barba, e la punta del suo naso rosso.<br />

Prende allora bicarbonato e aspirina, in dosi<br />

176 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

da cavallo; e <strong>di</strong>ce che io non lo posso capire,<br />

perché io, io sto sempre bene, sono come<br />

quei fratacchioni robusti, che si espongono<br />

senza pericolo al vento e alle intemperie; e lui<br />

è invece fine e delicato, sofferente <strong>di</strong> malattie<br />

misteriose. Poi la sera è guarito, e va in cucina<br />

a cucinarsi le tagliatelle. Si notino in questo pd<br />

l’inciso temporale che <strong>di</strong>vide la copula dal pre<strong>di</strong>cato<br />

nominale, malato, l’uso dei tre punto<br />

e virgola che segnano delle pause forti anche<br />

tra reggente e <strong>di</strong>chiarativa. Così come il punto<br />

e virgola che <strong>di</strong>vide prende allora ed e <strong>di</strong>ce ne<br />

pone un’altra forte tra due frasi chiaramente<br />

coor<strong>di</strong>nate. Coor<strong>di</strong>nata avversativa è e lui<br />

è invece fine e delicato: anche questa separata<br />

dalla reggente logica con il solito punto e virgola.<br />

E si notino la conduplicatio e la pausa nella<br />

causale perché io, io sto sempre bene.<br />

Un ultimo esempio <strong>di</strong> scrittura pausata è: Era<br />

così quasi vent’anni fa, quando l’ho conosciuto;<br />

e portava, ricordo, certi camiciotti scozzesi, <strong>di</strong><br />

flanella, eleganti.


Analisi Tecnica. Ginzburg<br />

È stato un grande successo, e gli hanno detto che era molto bravo.<br />

Se io avessi amato la musica, l’avrei amata con passione. Invece non la capisco;<br />

e ai concerti, dove a volte lui mi costringe a seguirlo, mi <strong>di</strong>straggo e penso ai casi<br />

miei. Oppure cado in un <strong>prof</strong>ondo sonno.<br />

Mi piace cantare. Non so cantare, e sono stonatissima; canto tuttavia, qualche<br />

volta, pianissimo, quando son sola. Che sono così stonata, lo so perché me l’hanno<br />

detto gli altri; dev’essere, la mia voce, come il miagolare d’un gatto. Ma io, da me,<br />

non m’accorgo <strong>di</strong> nulla; e provo, nel cantare, un vivo piacere. Lui, se mi sente, mi<br />

rifà il verso; <strong>di</strong>ce che il mio cantare è qualcosa <strong>di</strong> fuori della musica; qualcosa <strong>di</strong><br />

inventato da me.<br />

Mugolavo, da bambina, dei motivi <strong>di</strong> musica, inventati da me. Era una lunga<br />

melopea lamentosa, che mi faceva venir le lagrime agli occhi.<br />

Di non capire la pittura, le arti figurative, non me ne importa; ma soffro <strong>di</strong> non<br />

amare la musica, perché mi sembra che il mio spirito soffra per la privazione <strong>di</strong><br />

questo amore. Pure non c’è niente da fare; non capirò mai la musica, non l’amerò<br />

mai. Se a volte sento una musica che mi piace, non so ricordarla; e allora come potrei<br />

amare una cosa, che non so ricordare? Ricordo, <strong>di</strong> una canzone, le parole. Posso<br />

ripetere all’infinito le parole che amo. Ripeto anche il motivo che le accompagna,<br />

al mio modo, nel mio miagolare; e provo, così miagolando, una sorta <strong>di</strong> felicità.<br />

Mi sembra <strong>di</strong> seguire, nello scrivere, una cadenza e un metro musicale. Forse<br />

la musica era vicinissima al mio universo, e il mio universo, chissà perché, non<br />

l’ha accolta.<br />

Tutto il giorno si sente musica, in casa nostra. Lui tiene tutto il giorno la ra<strong>di</strong>o<br />

accesa. O fa andare dei <strong>di</strong>schi. Io protesto, ogni tanto, chiedo un po’ <strong>di</strong> silenzio<br />

per poter lavorare; ma lui mi <strong>di</strong>ce che una musica tanto bella è certo salubre per<br />

ogni lavoro.<br />

Si è comprato un numero <strong>di</strong> <strong>di</strong>schi incre<strong>di</strong>bile. Possiede, <strong>di</strong>ce, una delle più<br />

belle <strong>di</strong>scoteche del mondo.<br />

Al mattino, in accappatoio, stillante dell’acqua del bagno, accende la ra<strong>di</strong>o, si<br />

siede alla macchina da scrivere e comincia la sua laboriosa, tempestosa e rumorosa<br />

giornata. È in tutto sovrabbondante: riempie la vasca del bagno fino a farla<br />

straripare; riempie la teiera, la tazza del tè, fino a farle strabordare. Ha un numero<br />

stragrande <strong>di</strong> camicie e cravatte. Raramente, invece, compera scarpe.<br />

Era, <strong>di</strong>ce sua madre, da bambino, un modello <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> precisione; e pare<br />

che una volta che doveva attraversare certi rigagnoli pieni <strong>di</strong> fango, in campagna,<br />

in un giorno <strong>di</strong> pioggia, con stivaletti bianchi e veste bianca, era alla fine della passeggiata<br />

immacolato e senza una chiazza <strong>di</strong> fango sull’abito e gli stivaletti. Ora non<br />

c’è in lui traccia <strong>di</strong> quell’antico, immacolato bambino. I suoi vestiti sono sempre<br />

pieni <strong>di</strong> macchie. È <strong>di</strong>ventato <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natissimo.<br />

Conserva però, con puntiglio, tutte le ricevute del gas. Trovo nei cassetti remote<br />

ricevute del gas, <strong>di</strong> alloggi lasciati da tempo, e che lui si rifiuta <strong>di</strong> buttar via.<br />

Trovo, anche, dei sigari toscani, vecchissimi e incartapecoriti, e bocchini <strong>di</strong><br />

legno <strong>di</strong> ciliegio.<br />

Io fumo sigarette Stop, lunghe, senza filtro. Lui, a volte, quei sigari toscani.<br />

Io sono <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natissima. Sono però <strong>di</strong>ventata, invecchiando, nostalgica<br />

dell’or<strong>di</strong>ne e rior<strong>di</strong>no, a volte, con grande zelo gli arma<strong>di</strong>. Mi ricordo, credo, <strong>di</strong><br />

mia madre. Rior<strong>di</strong>no gli arma<strong>di</strong> della biancheria, delle coperte, e ricopro ogni<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 177


Analisi Tecnica. Ginzburg<br />

cassetto, nell’estate, <strong>di</strong> teli can<strong>di</strong><strong>di</strong>. Raramente rior<strong>di</strong>no le mie carte, perché mia<br />

madre, non usando scrivere, non aveva carte. Il mio or<strong>di</strong>ne, e il mio <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne,<br />

son pieni <strong>di</strong> rammarico, <strong>di</strong> rimorsi, <strong>di</strong> sentimenti complessi. Lui, il suo <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne<br />

è trionfante. Ha deciso che per una persona come lui, che stu<strong>di</strong>a, avere il tavolino<br />

in <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne è legittimo e giusto.<br />

Lui non migliora, in me, l’irresolutezza, l’incertezza in ogni azione, il senso <strong>di</strong><br />

colpa. Usa ridere e canzonarmi per ogni mia minima azione. Se vado a fare la spesa<br />

al mercato, lui a volte, non visto, mi segue e mi spia. Mi canzona poi per il modo<br />

come ho fatto la spesa, per il modo come ho soppesato gli aranci nella mano, scegliendo<br />

accuratamente, lui <strong>di</strong>ce, i peggiori <strong>di</strong> tutto il mercato, mi schernisce perché<br />

ho impiegato un’ora a fare la spesa, ho comprato a un banco le cipolle, a un banco<br />

i sedani, a un altro la frutta. A volte, fa lui la spesa, per <strong>di</strong>mostrarmi come si può<br />

fare velocemente: compra tutto a un unico banco, senza nessuna incertezza; e riesce<br />

a farsi mandare il cesto a casa. Non compra sedani, perché non li può soffrire.<br />

Così, io più che mai ho il dubbio <strong>di</strong> sbagliare in ogni cosa che faccio. Ma se<br />

una volta scopro che è lui a sbagliare, glielo ripeto fino all’esasperazione. Perché<br />

io sono a volte noiosissima.<br />

Le sue furie sono improvvise, e traboccano come spuma <strong>di</strong> birra. Le mie furie<br />

sono anche improvvise. Ma le sue svaporano subito; e le mie, invece, lasciano uno<br />

strascico lamentoso e insistente, noiosissimo credo, una specie <strong>di</strong> amaro miagolio.<br />

Piango, a volte, nel turbine delle sue furie; e il mio pianto, invece <strong>di</strong> placarlo, lo<br />

fa arrabbiare ancora <strong>di</strong> più. Dice che il mio pianto è tutta una comme<strong>di</strong>a; e forse<br />

è vero. Perché io sono, in mezzo alle mie lagrime e alla sua furia, pienamente<br />

tranquilla.<br />

Sui miei dolori reali, non piango mai.<br />

Usavo scagliare, un tempo, nelle mie furie, piatti e stoviglie per terra. Ma adesso<br />

non più. Forse perché sono invecchiata, e le mie furie non sono più così violente;<br />

e poi non oserei ora toccare i nostri piatti, a cui sono affezionata, e che abbiamo<br />

comprato a Londra, un giorno, a Portobello road.<br />

Il prezzo <strong>di</strong> questi piatti, e <strong>di</strong> molte altre cose che abbiamo comprato, ha subìto,<br />

nella sua memoria, un forte ribasso. Perché gli piace pensare d’aver speso poco,<br />

e d’avere fatto un buon affare. Io so il prezzo <strong>di</strong> quel servizio <strong>di</strong> piatti, ed erano<br />

se<strong>di</strong>ci sterline; ma lui <strong>di</strong>ce do<strong>di</strong>ci. Così per il quadro <strong>di</strong> re Lear, che sta nella nostra<br />

stanza da pranzo: un quadro che lui ha comprato pure a Portobello, e che<br />

ha pulito con cipolle e patate; e <strong>di</strong>ce ora d’averlo pagato una cifra, che io ricordo<br />

molto più grande.<br />

Ha comprato, anni fa, allo Standard, do<strong>di</strong>ci scen<strong>di</strong>letti. Li ha comprati perché<br />

costavano poco, e gli sembrava <strong>di</strong> doverne fare provvista; li ha comprati per<br />

polemica, trovando che io non ero buona <strong>di</strong> comprare nulla per la casa. Questi<br />

scen<strong>di</strong>letti <strong>di</strong> stuoia color vinaccia, sono <strong>di</strong>ventati, in poco tempo, repellenti: son<br />

<strong>di</strong>ventati <strong>di</strong> una rigi<strong>di</strong>tà cadaverica; e io li o<strong>di</strong>avo, appesi al filo <strong>di</strong> ferro del balcone<br />

<strong>di</strong> cucina. Usavo rinfacciarglieli, come esempio <strong>di</strong> una cattiva spesa; ma lui <strong>di</strong>ceva<br />

che erano costati poco, pochissimo, quasi nulla. C’è voluto del tempo, prima che<br />

riuscissi a buttarli via: perché erano così tanti, e perché al momento <strong>di</strong> buttarli via<br />

mi veniva il dubbio che potessero servire da stracci. Abbiamo, lui e io, una certa<br />

<strong>di</strong>fficoltà a buttar via le cose: in me, dev’essere una forma ebraica <strong>di</strong> conservazio-<br />

178 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Ginzburg<br />

ne, e il frutto della mia grande irresolutezza; in lui, dev’essere una <strong>di</strong>fesa dalla sua<br />

mancanza <strong>di</strong> parsimonia e dalla sua impulsività.<br />

Lui usa comprare, in grande quantità, bicarbonato e aspirina.<br />

È, qualche volta, malato, <strong>di</strong> suoi misteriosi malesseri; non sa spiegare che cosa si<br />

sente; se ne sta a letto per un giorno, tutto ravviluppato nelle lenzuola; non si vede<br />

che la sua barba, e la punta del suo naso rosso. Prende allora bicarbonato e aspirina,<br />

in dosi da cavallo; e <strong>di</strong>ce che io non lo posso capire, perché io, io sto sempre bene,<br />

sono come quei fratacchioni robusti, che si espongono senza pericolo al vento e<br />

alle intemperie; e lui è invece fine e delicato, sofferente <strong>di</strong> malattie misteriose. Poi<br />

la sera è guarito, e va in cucina a cucinarsi le tagliatelle.<br />

Era, da ragazzo, bello, magro, esile, non aveva allora la barba, ma lunghi e<br />

morbi<strong>di</strong> baffi; e rassomigliava all’attore Robert Donat. Era così quasi vent’anni<br />

fa, quando l’ho conosciuto; e portava, ricordo, certi camiciotti scozzesi, <strong>di</strong> flanella,<br />

eleganti. Mi ha accompagnata, ricordo, una sera, alla pensione dove allora abitavo;<br />

abbiamo camminato insieme per via Nazionale. Io mi sentivo già molto vecchia,<br />

carica <strong>di</strong> esperienza e d’errori; e lui mi sembrava un ragazzo, lontano da me mille<br />

secoli. Cosa ci siamo detti quella sera, per via Nazionale, non lo so ricordare; niente<br />

d’importante, suppongo; era lontana da me mille secoli l’idea che dovessimo <strong>di</strong>ventare,<br />

un giorno, marito e moglie. Poi ci siamo persi <strong>di</strong> vista; e quando ci siamo<br />

<strong>di</strong> nuovo incontrati, non rassomigliava più a Robert Donat, ma piuttosto a Balzac.<br />

Quando ci siamo <strong>di</strong> nuovo incontrati, aveva sempre quei camiciotti scozzesi, ma<br />

ora sembravano, addosso a lui, indumenti per una spe<strong>di</strong>zione polare; aveva ora la<br />

barba, e in testa lo sbertucciato cappelluccio <strong>di</strong> lana; e tutto in lui faceva pensare a<br />

una prossima partenza per il Polo Nord. Perché, pur avendo sempre tanto caldo,<br />

sovente usa vestirsi come se fosse circondato <strong>di</strong> neve, <strong>di</strong> ghiaccio e <strong>di</strong> orsi bianchi;<br />

o anche invece si veste come un piantatore <strong>di</strong> caffè nel Brasile; ma sempre si veste<br />

<strong>di</strong>verso da tutta l’altra gente.<br />

Se gli ricordo quell’antica nostra passeggiata per via Nazionale, <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> ricordare,<br />

ma io so che mente e non ricorda nulla; e io a volte mi chiedo se eravamo noi,<br />

quelle due persone, quasi vent’anni fa per via Nazionale; due persone che hanno<br />

conversato così gentilmente, urbanamente, nel sole che tramontava; che hanno<br />

parlato forse un po’ <strong>di</strong> tutto, e <strong>di</strong> nulla; due amabili conversatori, due giovani intellettuali<br />

a passeggio; così giovani, così educati, così <strong>di</strong>stratti, così <strong>di</strong>sposti a dare,<br />

l’uno dell’altra, un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>strattamente benevolo; così <strong>di</strong>sposti a congedarsi<br />

l’uno dall’altra per sempre, quel tramonto, a quell’angolo <strong>di</strong> strada.<br />

Il lessico<br />

Su propone qui il lessico utilizzato in questo brano<br />

dalla Ginzburg, affinché sia possibile una sua<br />

valutazione e il confronto con il lessico d’uso.<br />

abbacchio<br />

abitare<br />

accappatoio<br />

accendere<br />

accolta<br />

accompagnare<br />

accorgere<br />

accuratamente<br />

acqua<br />

addormentare<br />

addosso<br />

adesso<br />

affare<br />

affezionata<br />

affiorare<br />

alimentare<br />

alloggio<br />

amabile<br />

amare<br />

amaro<br />

ambientarmi<br />

amico<br />

amicizia<br />

amministrare<br />

amore<br />

andare<br />

angelo<br />

angolo<br />

annoiare<br />

antico<br />

appagare<br />

apparire<br />

appendere<br />

approdo<br />

arancio<br />

arido<br />

arma<strong>di</strong><br />

armati<br />

arrabbiare<br />

arte<br />

ascoltare<br />

aspetto<br />

aspirina<br />

assoluta<br />

assolvere<br />

astenere<br />

attimo<br />

attività<br />

attore<br />

attratto<br />

attraversare<br />

automobile<br />

autorità<br />

avvicinare<br />

azione<br />

baffi<br />

bagno<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 179


180 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Analisi Tecnica. Ginzburg<br />

balcone<br />

ballare<br />

bambino<br />

banco<br />

barba<br />

baritono<br />

bello<br />

benevolo<br />

bianca<br />

biancheria<br />

biblioteche<br />

bicarbonato<br />

bicchiere<br />

birra<br />

bloccata<br />

bocchino<br />

bosco<br />

bottiglia<br />

bozze<br />

brasile<br />

bravo<br />

breve<br />

buttare<br />

cadaverica<br />

cadenze<br />

cadere<br />

caffè<br />

caldo<br />

calzato<br />

calzoni<br />

cambiarsi<br />

cameriere<br />

camerino<br />

camicia<br />

camiciotti<br />

camminare<br />

campagna<br />

cancello<br />

can<strong>di</strong>do<br />

cantante<br />

cantare<br />

canto<br />

canzone<br />

capire<br />

cappello<br />

cappelluccio<br />

car<strong>di</strong>nali<br />

carezzare<br />

carica<br />

carta<br />

casa<br />

cassetto<br />

cattiva<br />

cavallo<br />

cena<br />

cercare<br />

cerchiolino<br />

cerimoniale<br />

cesto<br />

chiacchierare<br />

chiaro<br />

chiazza<br />

chiedere<br />

chilometri<br />

cifra<br />

ciliege<br />

ciliegio<br />

cinema<br />

cinematografo<br />

cipolle<br />

circondato<br />

città<br />

cliente<br />

colmare<br />

colore<br />

colpa<br />

coltivato<br />

cominciare<br />

comme<strong>di</strong>a<br />

commozione<br />

compagni<br />

comparire<br />

compiere<br />

complessi<br />

comprare<br />

concerto<br />

concludere<br />

congedarsi<br />

congratularsi<br />

conoscere<br />

consentire<br />

conservare<br />

conservazione<br />

contare<br />

contessa<br />

conventi<br />

conversare<br />

conversatori<br />

coperta<br />

correggere<br />

corridoio<br />

cosa<br />

così<br />

costare<br />

costituita<br />

costringere<br />

cravatta<br />

credere<br />

cucina<br />

cucinarsi<br />

cultura<br />

cuore<br />

curiosità<br />

deciso<br />

delicato<br />

delirio<br />

deserto<br />

desiderare<br />

<strong>di</strong>avoli<br />

<strong>di</strong>fesa<br />

<strong>di</strong>fficile<br />

<strong>di</strong>fficoltà<br />

<strong>di</strong>menticati<br />

<strong>di</strong>mostrarmi<br />

<strong>di</strong>pendere<br />

<strong>di</strong>rettore<br />

<strong>di</strong>rigere<br />

<strong>di</strong>sco<br />

<strong>di</strong>scoteche<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natissimo<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong>sparate<br />

<strong>di</strong>sposti<br />

<strong>di</strong>straggo<br />

<strong>di</strong>strattamente<br />

<strong>di</strong>stratti<br />

<strong>di</strong>to<br />

<strong>di</strong>vano<br />

<strong>di</strong>ventare<br />

<strong>di</strong>verso<br />

<strong>di</strong>verte<br />

<strong>di</strong>vorare<br />

<strong>di</strong>zione<br />

dolore<br />

domenica<br />

dose<br />

dovere<br />

dubbio<br />

ebraico<br />

e<strong>di</strong>trice<br />

educato<br />

educazione<br />

effettivamente<br />

elegante<br />

erbaggio<br />

erba<br />

errori<br />

esasperazione<br />

esempio<br />

esile<br />

esperienza<br />

espongono<br />

estate<br />

famoso<br />

fango<br />

fare<br />

farfalla<br />

fatica<br />

faticoso<br />

felicità<br />

ferro<br />

fertile<br />

fianco<br />

figurativo<br />

fila<br />

film<br />

filo<br />

filtro<br />

fine<br />

finire<br />

fino<br />

fisionomista<br />

flanella<br />

forma<br />

forse<br />

forte<br />

frac<br />

francese<br />

frase<br />

fratacchione<br />

freddo<br />

frittata<br />

frutta<br />

frutto<br />

fuggire<br />

fumo<br />

furia<br />

gas<br />

gatto<br />

gente<br />

gentile<br />

gentilezza<br />

gentilmente<br />

gesto<br />

ghiaccio<br />

ginocchia<br />

giornata<br />

giorno<br />

giovane<br />

giu<strong>di</strong>zio<br />

giusto<br />

golf<br />

grande<br />

grigie<br />

grondaie<br />

guardare<br />

guarito<br />

guidare<br />

gusto<br />

idea<br />

ignota<br />

imbroglio<br />

immacolato<br />

immagine<br />

impappinarsi<br />

impaziente<br />

impe<strong>di</strong>re<br />

impermeabile<br />

impiegato<br />

importante<br />

importanza<br />

importare<br />

improvvise<br />

impulsività<br />

incartapecoriti<br />

incerta<br />

incertezza<br />

incombenza<br />

incontrarsi<br />

incre<strong>di</strong>bile<br />

in<strong>di</strong>care<br />

in<strong>di</strong>cazione<br />

in<strong>di</strong>fferentemente<br />

indumento<br />

infanzia<br />

infilare<br />

infinito<br />

informare<br />

insistente<br />

intanto<br />

intellettuale<br />

intemperie<br />

intendere<br />

intorno<br />

invecchiare<br />

inventato<br />

invisibile<br />

irresolutezza<br />

irrigua<br />

irritare<br />

isolate<br />

istante<br />

laboriosa<br />

lagrima<br />

lamentarsi<br />

lamentoso<br />

lampione<br />

lana<br />

lasciare<br />

lavorare<br />

lavoro<br />

legate<br />

leggere<br />

leggero<br />

leggìo<br />

legittimo<br />

legno<br />

lenzuola<br />

letto<br />

libro<br />

limite<br />

lingua<br />

litigati<br />

lontano<br />

lume<br />

lungo<br />

luogo<br />

macchia<br />

macchina<br />

madre<br />

magari<br />

maggior<br />

magro<br />

malato<br />

malattie<br />

male<br />

malessere<br />

malinconico<br />

mancanza<br />

mancare<br />

mancia<br />

mandare<br />

mangiare<br />

mano<br />

marito<br />

maschera<br />

matita<br />

mattino<br />

melopea<br />

memoria<br />

mente<br />

mercato<br />

mestiere<br />

metro<br />

miagolare<br />

miagolio<br />

migliorare<br />

mille<br />

minestrone<br />

minimo<br />

misterioso<br />

mode<br />

moglie<br />

momento<br />

mondo<br />

morbido<br />

morire<br />

motivo<br />

mugolare<br />

multa<br />

muovere<br />

museo<br />

musica<br />

musicale<br />

muto<br />

naso<br />

nazionale<br />

nebbia<br />

necessità<br />

nessuno<br />

neve<br />

niente<br />

noiosa<br />

noleggiare<br />

nome<br />

nord<br />

nostalgica<br />

nota<br />

numero<br />

nuovo<br />

nutrire<br />

occasione<br />

occhio<br />

o<strong>di</strong>are<br />

o<strong>di</strong>o<br />

offeso<br />

ombra<br />

opera<br />

orchestra<br />

or<strong>di</strong>nare<br />

or<strong>di</strong>ne<br />

orientamento<br />

orso<br />

orto<br />

osare<br />

osservare<br />

ottenere<br />

oziare<br />

ozio<br />

padrone<br />

pagato<br />

palato<br />

palco<br />

palmo<br />

pancotto<br />

parere<br />

parlare<br />

parola<br />

parsimonia<br />

parte<br />

partenza<br />

particolare<br />

passare<br />

passeggiare<br />

passeggiata<br />

passione<br />

pasticcino<br />

patata<br />

patente<br />

paura<br />

peggiore<br />

pensare<br />

pensione<br />

penso<br />

pericolo<br />

periferia<br />

perso<br />

persona<br />

personaggi<br />

piacere<br />

piango<br />

pianissimo<br />

piano<br />

pianta<br />

piantatore<br />

pianto<br />

piatto<br />

piccolo<br />

pienamente<br />

pieno<br />

pigro<br />

pioggia<br />

piovere<br />

pittura<br />

placare<br />

poesia<br />

polare<br />

polemica<br />

poliziotto<br />

polo<br />

pomeriggio<br />

popolato<br />

portare<br />

portobello<br />

possare<br />

possedere<br />

posto<br />

potere<br />

pranzo<br />

precisione<br />

pregare<br />

prendere<br />

prevalso<br />

prezzo<br />

prigione<br />

primo<br />

privazione<br />

processo


Dalla ſcrittura alla letteratura • 181<br />

Analisi Tecnica. Ginzburg<br />

<strong>prof</strong>essore<br />

<strong>prof</strong>ilo<br />

<strong>prof</strong>ondo<br />

pronto<br />

proporre<br />

prossimo<br />

protestare<br />

provare<br />

provvista<br />

pulito<br />

punta<br />

puntiglio<br />

quadro<br />

quantità<br />

quarto<br />

raccontare<br />

racconto<br />

ra<strong>di</strong>o<br />

raffinato<br />

ragazzo<br />

rammarico<br />

rapporti<br />

raramente<br />

rassomigliare<br />

ravviluppato<br />

re<br />

reali<br />

regista<br />

remoto<br />

rendere<br />

repellente<br />

restare<br />

ribasso<br />

riccamente<br />

ricciolo<br />

ricerca<br />

ricevimento<br />

ricevuta<br />

riconoscere<br />

ricoprire<br />

ricordare<br />

ricordo<br />

ridere<br />

riempire<br />

rifare<br />

rifiutare<br />

riflettere<br />

rifugiare<br />

rigagnolo<br />

rigi<strong>di</strong>tà<br />

rimanere<br />

rimorso<br />

rimpiangere<br />

rimproverare<br />

rinfacciare<br />

rior<strong>di</strong>nare<br />

ripetere<br />

riposare<br />

riserbo<br />

rispetto<br />

rispondere<br />

risposta<br />

ristorante<br />

ritornare<br />

riuscire<br />

rivoluzione<br />

robusti<br />

rosso<br />

rumorosa<br />

sala<br />

salubre<br />

saputo<br />

sbagliare<br />

sbertucciato<br />

scagliare<br />

scarpa<br />

scegliere<br />

scen<strong>di</strong>letto<br />

sceneggiatura<br />

schermo<br />

schernire<br />

schiera<br />

scomparso<br />

sconosciuto<br />

scoprire<br />

scozzese<br />

scrivere<br />

scuro<br />

sdegnare<br />

sdegnore<br />

sdraiata<br />

secolo<br />

secondo<br />

sedano<br />

sedere<br />

segreto<br />

seguire<br />

sembrare<br />

sensibile<br />

senso<br />

sentimento<br />

sentire<br />

sera<br />

servire<br />

servizio<br />

sforzo<br />

sigaretta<br />

sigaro<br />

signora<br />

silenzio<br />

sobborgo<br />

sofferente<br />

soffrire<br />

sole<br />

solere<br />

solo<br />

sommamente<br />

sonno<br />

soppesato<br />

sorgere<br />

sorta<br />

sovrabbondante<br />

sparso<br />

specie<br />

spe<strong>di</strong>zione<br />

spenta<br />

speranza<br />

spesa<br />

spettacolo<br />

spia<br />

spiacevole<br />

spiegare<br />

spirito<br />

spuma<br />

standard<br />

stanza<br />

stare<br />

sterlina<br />

stillante<br />

stivaletti<br />

stonato<br />

stop<br />

storia<br />

stoviglia<br />

strabordare<br />

straccio<br />

strada<br />

stragrande<br />

straniero<br />

straripare<br />

strascico<br />

stu<strong>di</strong>are<br />

stuoia<br />

subìto<br />

successo<br />

supporre<br />

suscitare<br />

svaporare<br />

svolto<br />

taccuino<br />

tagliatella<br />

tar<strong>di</strong><br />

tavolino<br />

tazza<br />

tè<br />

teatro<br />

teiera<br />

telefono<br />

telo<br />

temere<br />

tempestoso<br />

tempo<br />

tenere<br />

tentare<br />

terra<br />

testa<br />

timido<br />

toccare<br />

togliere<br />

topografica<br />

torto<br />

toscano<br />

traboccare<br />

traccia<br />

trama<br />

tramontare<br />

tramonto<br />

tranquillo<br />

trascinare<br />

trattenere<br />

trionfante<br />

trovare<br />

turbine<br />

uguale<br />

unico<br />

universo<br />

uomo<br />

urbanamente<br />

uscire<br />

vagare<br />

vasca<br />

vecchio<br />

vedere<br />

velocemente<br />

velocissimo<br />

venire<br />

veramente<br />

verde<br />

vero<br />

versare<br />

veste<br />

vestirsi<br />

vestito<br />

viaggi<br />

vicino<br />

villaggio<br />

vinaccia<br />

vino<br />

violento<br />

vista<br />

vita<br />

vivere<br />

voce<br />

volere<br />

volontà<br />

vuoto<br />

zelo<br />

zuppo


pIER VITTORIO TONDELLI<br />

182 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

ALTRI LIBERTINI<br />

da AutobAhn<br />

Così me ne corro e quanti <strong>di</strong> pensieri che tengo nella mia crapa o piuttosto<br />

pensieri <strong>di</strong> stomaco, la testa ronza solamente come il monoscopio della tivú; nella<br />

pancia invece è lì che ci tengo tutti i miei fumamenti come bussolotti del lotto <strong>di</strong>te<br />

un numero vi guardo dentro che pensiero ci sta.<br />

Ma continuo a volare e dovete sapere che fatti <strong>di</strong>eci chilometri, fatti venti<br />

comincia a stringermi la vescica in mezzo alle gambe. Tengo duro ’co<strong>di</strong>o io ci ho<br />

fatto un patto <strong>di</strong> non fermarmi questa notte <strong>di</strong> libertà perché so che se mi fermo<br />

poi vien su la malinconia del viaggiatore e faccio il gran filosofo, <strong>di</strong>co vado non<br />

vado, torno non torno e non è proprio bello a questo punto menare le cazzate.<br />

Fatti altri chilometri passo quin<strong>di</strong> sopra al flumen Po tutto luccicante nella<br />

notte che sembra la stagnola <strong>di</strong> un presepio che fa il ruscelletto eppoi finisce nello<br />

specchietto della mamma vicino alla grotta a far da laghetto, io e mio fratellino<br />

grande ci mettevamo le oche, mio cugino invece ci faceva la pipì da sopra una se<strong>di</strong>a<br />

e <strong>di</strong>ceva piove piove sul laghetto.<br />

Passato il Po tanta pipì che ingrosserei il delta e le valli <strong>di</strong> Comacchio se dovessi<br />

scaricarmi da quassú. Così mi costringo e faccio sosta in una piazzola, ma non<br />

per far pipì quanto piuttosto bisogno <strong>di</strong> un fernet sennò gli scoramenti, quelle<br />

fiere, tornano a saltar fuori. Bisogna sempre tenerli cal<strong>di</strong> cal<strong>di</strong> che scottino se li<br />

fate raffreddare sarà tutto un umor <strong>di</strong> novembre, tetro e nuvoloso e allora me la<br />

scrivete poi voi una cartolina dall’asilo degli sbalinati.<br />

All’Area <strong>di</strong> Servizio Po, parcheggio la mia cinquecento ma prima <strong>di</strong> scappar<br />

giú a cambiar acqua al merlo mi conto i sol<strong>di</strong> in tasca, magari mi son sbagliato e<br />

ci ho piú grano <strong>di</strong> quel che ho contato l’ultima volta, insomma mille lire in piú<br />

Negli anni Ottanta vede la luce una serie <strong>di</strong> opere che pongono al centro della ricerca il tema<br />

dei giovani: l’autore si fa rappresentante <strong>di</strong> una generazione, nella quale, per altro, egli si sente,<br />

ed è, immerso sì da esserne coinvolto emotivamente. Il coinvolgimento esclude la possibilità e<br />

la volontà <strong>di</strong> comprensione della con<strong>di</strong>zione sociale, culturale e così via, giovanile; ma anche<br />

esclude la volontà <strong>di</strong> comunicare all’esterno della generazione. Problemi atteggiamenti, moti<br />

vissuti dall’interno, sono comunicati a lettori giovani, neanche presi nell’insieme <strong>di</strong> pubblico,<br />

ma come in<strong>di</strong>vidui: insomma una sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo a due, partecipato per identità <strong>di</strong> visione<br />

della vita, per la con<strong>di</strong>visa separatezza dagli adulti, comunque da contestare perché troppo<br />

compromessi, e troppo rinunciatari rispetto alla vita.<br />

In un’intervista rilasciata a F. Panzeri T. ha detto: «Altri libertini è, anche letterariamente, un<br />

libretto aggressivo, forse perché i timi<strong>di</strong>, per parlare al mondo, hanno bisogno <strong>di</strong> passare<br />

attraverso lo scandalo o tiri grande clamore. Negli anni in cui è uscito era anche un libro che<br />

andava contro la letteratura paludata, contro quella che ancora oggi è la letteratura ufficiale,<br />

quella premiata dalle autorità, dai marescialli e dai <strong>prof</strong>essori, contro un certo modo <strong>di</strong> scrivere,<br />

<strong>di</strong> vedere il libro, contro la <strong>di</strong>ffusa tendenza a considerare il testo come un feticcio <strong>di</strong>


Analisi Tecnica. Tondei<br />

per un panino. Niente, porca la miseria, solo monetaccia spicciolata, ottocentocinquanta<br />

lire e <strong>di</strong>eci dracme, ma quelle mica le posso spendere che sono un regalo<br />

<strong>di</strong> un amico mio.<br />

Raggiungo dunque il posto per lo scaricamento che non ne posso proprio<br />

piú. Dopo, che pisciata! A gambe larghe e chiappe strette una mano dura sulle<br />

piastrellette <strong>di</strong> formica a lato, e la testa china a guardare il pro<strong>di</strong>gio fumante, che<br />

fumata lettori miei! Poi saltellando qua e là per la piazzola <strong>di</strong> sosta mi trovo a<br />

svicolare nel baretto solitario e mi metto al banco <strong>di</strong>cendo fernet. Uno tutto secco<br />

e allampanato che pare Bela Lugosi <strong>di</strong>ce lo scontrino ce l’hai? E io lo guardo <strong>di</strong>co<br />

no, però versami il fernet che poi lo faccio. Ma quello niente, sta lì a guardare fisso<br />

fisso che sembra proprio l’uomo lupo e attende la fattura così che dopo mi volto e<br />

vado alla cassa però non c’è nessuno seduto lì <strong>di</strong>etro. Torno a voltarmi con gran<br />

sorriso come <strong>di</strong>re Bela Lugosi che faccio ora? Ma lui non sta piú lì per cui guardo<br />

in alto e in basso alla ricerca del pipistrellone e dopo me lo vedo alla cassa seduto<br />

che fa tic-tac come alla macchina per scrivere e infine dling! il talloncino.<br />

Lo prendo e vado al banco e <strong>di</strong>co “fernet please” davanti allo specchio tanto<br />

so il giochettino e Bela Lugosi primaoppoi arriverà. Però altri che sono entrati<br />

non capiscono bene me che parlo a nessuno <strong>di</strong>cendo “fernet please” che sembro<br />

un <strong>di</strong>sco e mi guardano un po’ storti come <strong>di</strong>re c’ha le rotelle ammaccate povero<br />

<strong>di</strong>avolo e dopo vanno a destra del bancone e lì mangiano e bevono e si ristorano<br />

promozione sociale. Con Altri libertini la mia ambizione è stata quella <strong>di</strong> introdurre una certa<br />

novità linguistica, rivolta a quei giovani che come me avevano venti o venticinque anni. In<br />

un certo senso credo che si possa parlare <strong>di</strong> un’opera “democratica”, nel senso proprio del<br />

messaggio culturale che voleva produrre. È come se, con questo libro, io <strong>di</strong>cessi a chi mi<br />

leggeva. “Se lo posso fare io un libro come questo, lo potete fare anche voi. Se io riesco a<br />

mettere insieme queste storie, anche voi potete raccontare le vostre storie su queste cose”.<br />

lo e il lettore ci trovavamo assolutamente alla pari. Del resto è anche il <strong>di</strong>scorso che faccio<br />

ancora oggi. Lo scrittore non è una personalità baciata da qualche capacità superiore. Può<br />

essere presente del talento maggiore in una persona, anziché in un’altra, ma non per questo<br />

deve essere considerato come appartenente a una casta esclusiva e inavvicinabile».<br />

Altre opere <strong>di</strong> P.V.T. sono Pao Pao (’82), Rimini (’86) Camere separate (’89) Un weekend postmoderno<br />

(’90). È morto nel 1991 a trentasei anni, <strong>di</strong> Aids.<br />

Lo stile<br />

Il primo cpv contiene già tutti gli elementi <strong>di</strong> una<br />

contestazione globale della scrittura letteraria;<br />

formule come me ne corro, quanti <strong>di</strong>... che, nella<br />

pancia... è lì che ci, appartengono al linguaggio<br />

popolare. Si aggiungano termini come crapa,<br />

pensieri <strong>di</strong> stomaco, fumamenti, uno derivato<br />

dal <strong>di</strong>aletto, uno prodotto da un ossimoro, il terzo<br />

un neologismo. E poi la riduzione alla banalità<br />

quoti<strong>di</strong>ana operata attraverso le due similitu<strong>di</strong>ni:<br />

la testa ronza come un monoscopio della<br />

tivù, e nella pancia... ci tengo... i miei fumamenti<br />

come bussolotti del lotto. Infine l’improvviso<br />

scarto sintattico costituito da <strong>di</strong>te un numero vi<br />

guardo dentro che pensiero ci sta, che non si<br />

configura come flusso <strong>di</strong> coscienza, né come <strong>di</strong>scorso<br />

<strong>di</strong>retto libero, ma è traduzione imme<strong>di</strong>ata<br />

del sarcasmo e della rabbia contro sé stesso,<br />

contro la sua depressione i cui motivi gli sono<br />

ignoti. E si veda il 2º cpv che nel pd iniziale allinea<br />

due coor<strong>di</strong>nate nelle quali non solo i sogg sono<br />

<strong>di</strong>versi ma lo sono i contenuti, tanto che per la<br />

seconda vien da pensare che si tratti <strong>di</strong> un’avversativa;<br />

l’assenza della punteggiatura, però,<br />

in<strong>di</strong>ca piuttosto la natura <strong>di</strong> copula. L’assenza <strong>di</strong><br />

punteggiatura e la sintassi, volutamente incerta,<br />

caratterizzano il successivo pd tengo duro<br />

’co<strong>di</strong>o io ci ho fatto... dove la bestemmia può<br />

in<strong>di</strong>care il mutamento logico­sintattico (benché<br />

sia impossibile stabilire se appartenga alla prima<br />

o alla seconda frase): si passa dal momento <strong>di</strong>e­<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 183


Analisi Tecnica. Tondei<br />

perché da quell’altra parte c’è Bela Lugosi che li serve calmo e placido al passaggio<br />

e me non mi caga neanche un po’, come non c’avessi il talloncino. Tanto che io<br />

m’incazzo e grido brutto canchero uccellone d’un Bela Lugosi, dammi da bere che<br />

sennò ti pianto un palo nella gola e la finisci <strong>di</strong> fare il lupacchione grrrrr! Dopo<br />

tanta attesa arriva il beveraggio.<br />

Taccagno! Per cinquecento lire me ne versa un goccino che sembra una caramella<br />

al fernet, allora se lo sapevo facevo prima a comperare le caramelle e spaccarmele<br />

in boccuccia come ovini, <strong>di</strong> certo risparmiavo, ah se risparmiavo. Alla<br />

brutta faccia vostra taccagni dell’autostrada piú bella che ci sta!<br />

Quin<strong>di</strong> mentre mi volto infumanato ho una visione. Strabuzzo gli occhi poi<br />

metto anche gli occhiali che tenevo in cinquecento. Infatti uscito e poi tornato.<br />

Lei stava sempre lì che guardava col sorriso. Che bella bambina! Ci avrà sì e no<br />

quin<strong>di</strong>ci anni, però è bella e si vede che mi guarda bene lì davanti al bancone dei<br />

taccagni. Prendo la mia mano nell’altra e <strong>di</strong>co be’? Lei mette la sua manina e <strong>di</strong>ce<br />

be’ anche lei. Dopo fatta così conoscenza corriamo fuori e an<strong>di</strong>amo <strong>di</strong>etro il casotto<br />

che c’è anche un lampione, sempre <strong>di</strong>cendo be’ come due pecorine innamorate.<br />

Le do un bacio? daglielo daglielo <strong>di</strong>ce dentro la vocina e così glielo do, ma quanto<br />

coraggio ci è voluto. Poi anche lei mi bacia sulla fronte e tira via col <strong>di</strong>to i capelli<br />

perché li tengo lunghi e non sta bene per una bambina baciare i capelli <strong>di</strong> un giovanotto.<br />

Succhiamo succhiamo lei la fronte e io la guancia così timi<strong>di</strong>ni tuttedue<br />

che voi lettori furbacchioni non ve lo sareste mai aspettato da un duro come me.<br />

E invece facciamo proprio così <strong>di</strong>etro al casotto e vicino al lampione che ora s’è<br />

spento però c’è la luna che ci tiene compagnia, una gran bella luna piena, capita la<br />

solfa del Bela Lugosi? Poi lei <strong>di</strong>ce che io le racconto la mia storia e io chiedo ti fa<br />

piacere davvero? Dice <strong>di</strong> sì e allora comincio a raccontare, ma quante balle che le<br />

<strong>di</strong>co, tutte fregnacce, io son questo qui e faccio questo qua, tutte menate voi che<br />

lo sapete che sono un povero <strong>di</strong>avolo con su gli scoramenti. Ma Lei spalanca la<br />

boccuccia e <strong>di</strong>ce ooohhhhhh a ogni mia fandonia e quante che ne racconto sono<br />

getico (ma anche questo potrebbe non essere<br />

vero, e la frase potrebbe essere un pensiero) ad<br />

un momento <strong>di</strong> spiegazione <strong>di</strong> quella decisione<br />

<strong>di</strong> non arrendersi al bisogno fisiologico: dunque<br />

una <strong>di</strong>chiarativa, o una causale. Io ci ho fatto...<br />

è esplosione umorale ribellione, ancora, alle<br />

esigenze del corpo, e a sé stesso. L’assenza<br />

<strong>di</strong> veri e propri nessi logico­sintattici fa sì che il<br />

testo <strong>di</strong> T. si offra come una accumulazione <strong>di</strong><br />

fatti irrazionali, apparentemente slegati gli uni<br />

dagli altri: allineamento <strong>di</strong> impressioni ricor<strong>di</strong><br />

luoghi comuni sentimenti e sensazioni; nei quali<br />

l’unico collante possibile è l’io dello scrittore che<br />

cerca identiche risonanze nel lettore.<br />

Al quale ripetutamente T. si rivolge: dovete sapere,<br />

che fumata lettori miei !, così timi<strong>di</strong>ni tuttedue<br />

che voi lettori furbacchioni non ve lo sareste mai<br />

aspettato da un duro come me, Che ne <strong>di</strong>te<br />

lettori miei ?, sino alla richiesta <strong>di</strong> un’esplicita<br />

complicità quando,narrando dell’incontro con<br />

la fanciulla in un’area <strong>di</strong> servizio dell’autostrada,<br />

le racconta un gran numero <strong>di</strong> fandonie sulla<br />

184 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

propria attività e personalità: tutte menate voi<br />

che lo sapete che sono un povero <strong>di</strong>avolo con<br />

su gli scoramenti. O alla proposta <strong>di</strong> stabilire un<br />

vero e proprio <strong>di</strong>alogo quando enuncia la teoria<br />

che i momenti <strong>di</strong> depressione vanno tenuti sotto<br />

controllo con l’alcool: se li fate raffreddare sarà<br />

tutto un umor <strong>di</strong> novembre, tetro e nuvoloso<br />

e allora me la scrivete poi voi una cartolina<br />

dall’asilo degli sbalinati. Così è che il racconto<br />

sembra farsi durante la lettura, nella continua<br />

confessione­coinvolgimento al/del lettore.<br />

Il legame scrittore­lettore è fondamentale nel<br />

testo <strong>di</strong> T. giacché il coinvolgimento avviene<br />

attorno a temi che avrebbero una qualche carica<br />

sovversiva dell’or<strong>di</strong>ne (culturale) costituito,<br />

gli “scoramenti”, la “pisciata”, il “fernet” e così<br />

via – come in generale in Altri libertini, la droga,<br />

l’omosessualità ecc. – e tuttavia gli spunti polemici<br />

più spesso abortiscono nel compiacimento<br />

per il paradosso, in un macabro narcisismo<br />

scatologico: tanta pipì che ingrosserei il delta e<br />

le valli <strong>di</strong> Comacchio; ... la testa china a guardare


Analisi Tecnica. Tondei<br />

ricco son famoso, son scrittore ah quante che ne <strong>di</strong>co che non stan né in cielo né in<br />

terra e manco nel mio mare. Il mare, il mare! io non posso fermarmi qui, ho il mio<br />

odore da seguire, devo correre, l’autostrada mi aspetta, non ci ho tempo caramia!<br />

E qui svanisce la visione e lei <strong>di</strong>venta sempre lei però io capisco il trucco. Te ti<br />

han mandato i correggesi per fermarmi, vattene via stregaccia bella che fai finta<br />

<strong>di</strong> credere alle mie balle, ora t’ho capito l’inganno, vattene via! Corro al mio ronzinante,<br />

salto dentro dalla cappotta metto la prima e parto forte senza nemmeno<br />

salutarla. Lasciata sull’erbetta inglese del retrocasotto, con su il pullover e i bottoncini<br />

rosa in aria, così impara a voler fermare il mio viaggio!<br />

Però mentre corro <strong>di</strong> nuovo sulla strada la vocina dentro <strong>di</strong>ce facevi bene<br />

a fermarti con la bellina, dove vai? chi sei? Piantala piantala vocina del cazzo,<br />

coscienza inquieta dei miei stivalacci sdruciti, fanculo te che se non taci ti porto<br />

dritta dritta da uno jun ghiano e poi me la racconti se parli lunga e <strong>di</strong>stesa sul sofà.<br />

Tante minacce, la vocina tace e s’assopisce nella cuccia. Finalmente. Canto una<br />

canzone e mi faccio da me l’accompagnamento come qualche pagina in<strong>di</strong>etro<br />

battendo i pie<strong>di</strong> e le mani sul ferro della capote scappottata e insomma vedo in<br />

alto le stelle e dopo, fatti altri chilometri, anche delle ombre nere. A un piú attento<br />

esame rivelatesi le montagne sopra Verona.<br />

Go<strong>di</strong>ti dunque occhio mio il ramingar contando stelle, go<strong>di</strong>ti queste montagne<br />

che paiono ostriconi arribaltati, go<strong>di</strong>ti il canto del ronzinante, dei pistoni e dei<br />

cilindri, il traballio lucente e mercuriato del l’A<strong>di</strong>ge, ora a sinistra dopo un ponte<br />

un’ansa e a destra, ma dritto l’asfalto, ah chi ci fermerà? Alla faccia del cazzo e<br />

della mia visione, brutta fatina che volevi arrestarmi! Alla faccia vostra vado finché<br />

ho benzina vado, porci scoramenti che bollite in pancia ora vi centrifugo dal<br />

muscoletto mio, fuori fuori che sto correndo addosso alla mia felicità. Però poi son<br />

il pro<strong>di</strong>gio fumante; quel che salta fuori è un<br />

ruttazzo, ma un ruttazzo che sembra tremino le<br />

montagne e arrivare il terremoto; la gente ... sulla<br />

piazzetta in mezzo agli sporchi della mia pancia<br />

e ai puzzi e rumoracci sbrang dei ventoni, olé, è<br />

<strong>di</strong>già sciupada la terza guerra mon<strong>di</strong>ale coi gas<br />

atomici e tutto il resto... È in questo vomito, in<br />

queste secrezioni gastointestinali un modello <strong>di</strong><br />

contestazione dell’etica, del bon ton, dell’estetica<br />

borghese: insomma tutti i parametri della<br />

scrittura letteraria sono qui negati e respinti.<br />

Oggetto del romanzo è l’emarginato, o meglio<br />

ciò che fuori d’ogni testura sociale (e fuori perciò<br />

anche degli strumenti comunicativi letterari e<br />

non: dunque ripiegati sul privato, emotivo sino<br />

al fisiologico). Proprio perché fuori da ogni forma<br />

sociale la ribellione <strong>di</strong> T. non immagina, tanto<br />

meno progetta (come pur facevano i Futuristi),<br />

quale che sia organizzazione, non può, infatti,<br />

sfuggire che la corsa del protagonista è verso il<br />

Mar del Nord inseguendo un odore che scende<br />

lungo l’autostrada del Brennero. Insomma è<br />

una corsa romantica, vaga meta sentimentale:<br />

odore, odorino mio <strong>di</strong> Mar del Nord, <strong>di</strong> libertà <strong>di</strong><br />

gioventù. D’altra parte – ed è una ripova – egli<br />

rifiuterà, per non lasciare la sua ’Bianchina’,<br />

significativamente trsformata in una memoria<br />

donchiottiana, ronzinante, <strong>di</strong> seguire il giovane<br />

cinematografaro che ha scelto <strong>di</strong> documentare<br />

non l’Italia delle periferie, ma quella respinta e<br />

respingente ogni gruppo sociale; l’Italia degli<br />

sbandati e degli irregolari; quella che rifiuta – s’è<br />

detto – ogni tipo <strong>di</strong> aggregazione sociale. Tal<br />

che il messaggio finale dell’intero Altri libertini<br />

è sostanzialmente romantico: Solo questo vi<br />

voglio <strong>di</strong>re credete a me lettori cari. Bando a<br />

isterismi, depressioni scoglionature e smaronamenti.<br />

Cercatevi il vostro odore eppoi ci saran<br />

fortune e buoni fulmini sulla strada. Non ha<br />

importanza alcuna se sarà <strong>di</strong> sabbia del deserto<br />

o <strong>di</strong> montagne rocciose, ... No, sarà pure l’odore<br />

dell’arcobaleno e del pentolino pieno d’ori, degli<br />

aquiloni bimbi miei, degli uccelletti, dei boschi<br />

ver<strong>di</strong> con in mezzo ruscelletti gai e cinguettanti,<br />

delle giungle, sarà l’odore delle palu<strong>di</strong>, dei<br />

canneti, dei venti sui ghiacciai, saranno gli odori<br />

delle bettole <strong>di</strong> Marrakesh o delle fumerie <strong>di</strong><br />

Istanbul, ah buoni davvero buoni odori in verità,<br />

ma saran pur sempre i vostri odori e allora via,<br />

alla faccia <strong>di</strong> tutti avanti! Col naso in aria fiutate<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 185


Analisi Tecnica. Tondei<br />

costretto a fermarmi <strong>di</strong> nuovo che il ronzinante fa sput sput. Ehi, ehi, carcassetta<br />

mia non abbandonarmi proprio ora, altri chilometri altra strada, tanto non ci ho<br />

sol<strong>di</strong> damned damned! Vai fin che puoi!<br />

Dopo, fermato.<br />

Stavolta la piazzola si chiama Area <strong>di</strong> Servizio fiume A<strong>di</strong>ge, ne ho fatta <strong>di</strong> strada,<br />

il beveraggio è terminato, in folle arrivo dentro appena un venti metri, mica tanti<br />

<strong>di</strong> piú. Infatti raggiungo a pie<strong>di</strong> l’autogrill, lei la mia bianchina la lascio lontana.<br />

C’è notte fredda e buia attorno al posto <strong>di</strong> ristoro e qualche sagoma scura <strong>di</strong> Tir<br />

e qualche Mercedulo <strong>di</strong> buon doicc e qualche bicicletta, <strong>di</strong> lavoratori penso io.<br />

Mi siedo sul gra<strong>di</strong>no <strong>di</strong> cemento e faccio rollare una sigaretta col Samson e anche<br />

mumble mumble che farò ora? Dopo si accende un lungo albero <strong>di</strong> Natale nel bel<br />

mezzo del buio e fa un gran rombo. C’è tutto un filo <strong>di</strong> belle lampa<strong>di</strong>ne colorate e<br />

quando si illuminano io capisco che è il bestione del Tir che se ne va e il Babbetto<br />

Natale che sta alla cabina lassú in alto mi saluta col braccione da Popeye perché<br />

io agito la mano e canto in mezzo alla piazzola: “Bello albero <strong>di</strong> Natale beato te<br />

che te ne vai verso il nord. Ah se gliel’avessi io un bestione così, sempre in giro<br />

a zizzagare altroché! Bbello che sei con tutte le luci, vai vai e corri finché puoi.”<br />

E lui parte e io gli corro <strong>di</strong>etro festoso e sbracciato che quando gli son vicino<br />

mi sgasa in faccia tanto che poi non vedo nulla in quella nebbia puzzolente, solo<br />

intravedo qualche lumicino come il Pollicino della fiaba. Eppoi in quello smog sale<br />

un masso nero, però non lo scorgo perché ci inciampo addosso, ma dopo lo vedo<br />

grande e per giunta vociferante. Perché fa porcamadonna!<br />

Tutto imperplessato guardo in basso. Che ne <strong>di</strong>te lettori miei? Mumble mumble,<br />

altro miracolo, altra visione che siano ancora i correggesi una ne fanno cento,<br />

mille ne pensano accidenti a loro? Macché visione, macché miracolo. Il sasso s’alza<br />

il vento, strapazzate le nubi all’orizzonte, forza,<br />

è ora <strong>di</strong> partire, forza tutti insieme incontro<br />

all’avventuraaaaa!<br />

Lo stesso legame scrittore­lettore, presiede<br />

all’impasto linguistico. Si è già alluso ad una<br />

sostanziale trasposizione del linguaggio <strong>di</strong>alogico,<br />

anzi, parlato, fortemente intimistico,<br />

umorale ed emotivo; qui si aggiunge che si<br />

tratta del gergo giovanile (cazzo, maroni, rottinculo,<br />

sculato, cagarsi, cicalare, infognarsi,<br />

sgasare, srugginarsi) nel quale, in morfosintassi<br />

popolare, confluiscono parole <strong>di</strong>alettali e parole<br />

colte (ramingare, ronzinante, defenestrazione),<br />

neologismi (caromio, ciaociao, cinematografaro,<br />

cineocchio, doicc, imperplessato,<br />

mercedulo, mercuriato, primaoppoi, stoppista)<br />

ed onomatopee, francese, spagnolo (garrota,<br />

mileu) e fonemi tratti dai fumetti (bleah, grrrr,<br />

mumble mumble, ooohhhhhhh, scrash scrash,<br />

uuuahhhhh). Una peculiare categoria <strong>di</strong> parole<br />

è quella costituita dai nomi delle marche che<br />

sostituiscono il prodotto (metonìmia): è il caso<br />

<strong>di</strong>: faccio rollare una sigarette col (tabacco della<br />

186 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

marca) Samson; Ecco l’Arriflex (macchina per<br />

riprese cinematografiche con pellicola).<br />

Il continuo <strong>di</strong>alogo col lettore si unisce e si<br />

mescola con il <strong>di</strong>alogo dello scrittore con il<br />

sé personaggio: conta che nessun segno <strong>di</strong><br />

punteggiatura, nessun in<strong>di</strong>catore lessicale o<br />

sintattico avverta il lettore. Si veda come alla<br />

<strong>di</strong>egesi: Canto una canzone e mi faccio da<br />

me l’accompagnamento segua una notazione<br />

meta<strong>di</strong>egetica: come qualche pagina in<strong>di</strong>etro<br />

battendo i pie<strong>di</strong> e le mani sul ferro della capote<br />

scappottata. E senza soluzione <strong>di</strong> continuità<br />

riprenda il racconto: e insomma vedo in alto le<br />

stelle e dopo, fatti altri chilometri, anche delle<br />

ombre nere. A un piú attento esame rivelatesi<br />

le montagne sopra Verona. Qui la fine del cpv<br />

segna il mutamento della modalità narrativa: ché<br />

adesso il narratore si rivolge a sé stesso, con<br />

certo gusto lessicale, indugiando su termini letterari,<br />

o formando neologismi arcaicizzanti (alla<br />

fin fine una sorta <strong>di</strong> autoironia per un momento<br />

<strong>di</strong> pacificazione interiore): Go<strong>di</strong>ti dunque occhio<br />

mio il ramingar contando stelle, go<strong>di</strong>ti queste<br />

montagne che paiono ostriconi arribaltati, go<strong>di</strong>ti


Analisi Tecnica. Tondei<br />

su e <strong>di</strong>venta un autostoppista colorato, finalmente che il vapore dell’albero s’è un<br />

poco <strong>di</strong>radato.<br />

Oeeeee scusa tanto amico mio, ma non t’avevo mica visto cretino io così appallottolato,<br />

oé scusa tanto ma davvero che mi <strong>di</strong>spiace che dormivi e t’ho svegliato.<br />

Ma sei proprio tonto, <strong>di</strong>ce l’autostoppista, mica dormo non ve<strong>di</strong> che giro un<br />

film? Ecco l’Arriflex tienla in mano.<br />

Cazzo, questo qui è un cinematografaro. Io mi sciolgo un poco. Dice faccio un<br />

film, <strong>di</strong>co ho capito, ma così al buio?<br />

Filmava le luci dell’autostrada piú bella che c’è, questo ho capito poi piú tar<strong>di</strong><br />

nel bettolone dove mi ha offerto un cappuccino perché io non ci ho sol<strong>di</strong>. Così<br />

parliamo e cicaliamo. Lui <strong>di</strong>ce che questo è il primo film, ma poi ne farà degli altri,<br />

tutti film <strong>di</strong> viaggio alla miseria l’italietta e la comme<strong>di</strong>a, qui caromio nessuno sa<br />

piú un cazzo, bisogna registrare le autostrade e i movimenti, ok?<br />

Ah, che due maroni questa Italia, io ci ho fame amico mio una gran fame <strong>di</strong><br />

contrade e sentieroni, <strong>di</strong> ferrate, <strong>di</strong> binari, <strong>di</strong> laghetti, <strong>di</strong> frontiere e <strong>di</strong> autostrade, ok?<br />

Senti amico mio bisogna gettarsi nelle strade senza tante scene o riflettori,<br />

bisogna cercare soltanto una frontiera e un limite da scavalcare bisogna gettare<br />

le nostalgie e i retrò, anco riflussi e regressioni, via gli interni i teatri e gli stabilimenti.<br />

Si dovranno in vece ricercare periferie ghetti e marciapie<strong>di</strong>, viali lampioni<br />

e cantinette anco però sottoscale soffitte e sottotetti, ok?<br />

A morte, a morte! Alla forca! alla ghigliottina! al patibolo! al supplizio! alla gogna<br />

e alla garrota! all’esecuzione! alla fucilazione! all’impiccagione! alla defenestrazione<br />

il canto del ronzinante, dei pistoni e dei cilindri,<br />

il traballio lucente e mercuriato del l’A<strong>di</strong>ge, ora<br />

a sinistra dopo un ponte un’ansa e a destra,<br />

ma dritto l’asfalto, ah chi ci fermerà? Il <strong>di</strong>scorso<br />

<strong>di</strong>retto libero che lo scrittore intrattiene con sé,<br />

vaga da un oggetto all’altro; ora egli ripensa<br />

all’incontro con la fanciulla <strong>di</strong>nanzi al bar della<br />

stazione <strong>di</strong> servzio ed ecco che esplode nuovamente<br />

l’ira ed il <strong>di</strong>sprezzo (fors’anche con qualche<br />

punta <strong>di</strong> paranoia) per il mondo circostante.<br />

E cambia il linguaggio che ri<strong>di</strong>venta popolare<br />

se non triviale: Alla faccia del cazzo e della mia<br />

visione, brutta fatina che volevi arrestarmi! Alla<br />

faccia vostra vado finché ho benzina vado, porci<br />

scoramenti che bollite in pancia ora vi centrifugo<br />

dal muscoletto mio, fuori fuori che sto correndo<br />

addosso alla mia felicità. Senza alcun segnale<br />

T. riprende la modalità narrativa, <strong>di</strong>egetica: Però<br />

poi son costretto a fermarmi <strong>di</strong> nuovo che il<br />

ronzinante fa sput sput. Dove ricorre, accanto<br />

alla citazione letteraria, l’onomatopea da fumetto<br />

che conferisce una non lieve connotazione<br />

autoironica che prosegue nel periodo successivo<br />

che innova interlocutore – questa volta è<br />

l’automobile –: Ehi, ehi, carcassetta mia non<br />

abbandonarmi proprio ora, altri chilometri altra<br />

strada, tanto non ci ho sol<strong>di</strong> damned damned!<br />

Vai fin che puoi! E qui si noti il vezzeggiativo<br />

aulicizzante accanto al fumettistico damned<br />

damned. Dialogo col lettore, con sé personaggio,<br />

ed ancora <strong>di</strong>alogo del sé personaggio con<br />

altri personaggi si susseguono senza essere<br />

marcati in un complesso ed articolato flusso<br />

<strong>di</strong> coscienza che risente della lezione joyciana,<br />

privata dell’ironia e della volontà autoconoscitiva,<br />

e rivolta all’espressione imme<strong>di</strong>ata delle<br />

emozioni, del <strong>di</strong>sagio e dell’incapacità <strong>di</strong> aderire<br />

ad una sia pur momentanea visione della vita:<br />

qui caromio nessuno sa piú un cazzo. In questa<br />

<strong>di</strong>rezione si vedano quello che dovrebbero essere<br />

le parole del cineasta incontrato per caso:<br />

che se sembrano contestare, e con violenza, le<br />

strutture culturali della società borghese (... alla<br />

fucilazione! all’impiccagione! alla defenestrazione<br />

i mafiosi i teoreti i politologhi, i cor sivisti, le<br />

penne d’oro, le gran<strong>di</strong>firme, gli speculatori del<br />

grassetto e del filmetto, a morte! a morte! i mistificatori,<br />

le conventicole, i salotti, ...) poi traccia,<br />

in una enumeratio affollatissima, un panorama<br />

della cultura giovanile degli anni ’70­’80 spesso<br />

contrad<strong>di</strong>ttorio, certo frammentario e alla fine<br />

caotico: e ciò avviene benché, anzi, proprio perché<br />

T. tenta raggruppamenti all’interno dei quali<br />

non <strong>di</strong> rado è dato <strong>di</strong> trovare raddoppiamenti<br />

<strong>di</strong> etichette che spesso sembrano connotarsi<br />

<strong>di</strong> ironia: ... e poi marchette trojette ruffiani e<br />

spacciatori, precari assistenti e supplenti, suici<strong>di</strong><br />

anco ed eterosessuali ...<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 187


Analisi Tecnica. Tondei<br />

i mafiosi i teoreti i politologhi, i cor sivisti, le penne d’oro, le gran<strong>di</strong>firme, gli speculatori<br />

del grassetto e del filmetto, a morte! a morte! i misti ficatori, le conventicole,<br />

i salotti, i milieu, i gruppi e i sottogruppi, le compagnie, le quadriglie e le famiglien,<br />

al rogo, al rogo, ok?<br />

Ma il cineocchio mio amerà, oooohhh se amerà la fauna <strong>di</strong> questi scassati e<br />

tribolati anni miei, certo che l’amerà. L’occhiocaldo mio s’innamorerà <strong>di</strong> tutti, dei<br />

freak dei beatnik e degli hippy delle lesbiche e dei sadomaso, degli autonomi, dei<br />

cani sciolti, dei froci, delle superchecche e dei filosofi, dei pubblicitari ed eroinomani<br />

e poi marchette trojette ruffiani e spacciatori, precari assistenti e supplenti,<br />

suici<strong>di</strong> anco ed eterosessuali cantautori et beoni, imbriachi sballati scannati<br />

bucati e forati. E femministe, autocoscienti, nuova psichiatria, antipsichiatria,<br />

mito e astrologia istintivi della morte e della conoscenza, psico<strong>analisi</strong> e semiotica,<br />

lacaniani junghiani e <strong>prof</strong>on<strong>di</strong>. Eppoi tutti quanti gli adepti <strong>di</strong> Krishna <strong>di</strong> Geova,<br />

del Guru, del Brahamino, dello Yogi. In<strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>scendenza, bambini <strong>di</strong> Dio, figli<br />

<strong>di</strong> Dioniso Zagreo, nipotini <strong>di</strong> Marx, illegittimi <strong>di</strong> Nietzsche, pronipoti del Marchese,<br />

figlioletti delle stelle, sorelline <strong>di</strong> Lilith luna nera e fratellini <strong>di</strong> prometeo<br />

incatenato, anche bastar<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Frankenstein, abortini <strong>di</strong> Caligari, goccioline <strong>di</strong><br />

Nosferatu. E ancora tutti quanti i tran sessuali, i perversi, i <strong>di</strong>fferanti, i situazionali,<br />

gli e<strong>di</strong>pici, i pree<strong>di</strong>pici e i fissati, i masturbatori e i segaioli, i corporali, i biologici,<br />

i macrobiotici, gli integrali, gli apocalittici, i funamboli, gli animatori, i creativi,<br />

i performativi, i federativi, i lettristi, i brigatisti, i seminaristi, i fiancheggiatori, i<br />

mimi e gli istrioni, i funerei, i piagnoni, i mortiferi e i bestemmiatori, i blasfemi,<br />

i boccaloni, i grafomani e gli esibizionisti e i masochisti e tutta quanta quell’altra<br />

razza <strong>di</strong> giovani Holden e giovani Torless, giovani Werther e giovani Ortis, giovani<br />

Heloise e giovani Cresside, giovani Tristani, giovani Isotte, giovani Narcisi<br />

e Boccadori, giovani Cloridani e Medori, giovani Euriali e giovani Nisi, Romei e<br />

Giuliette. Eppoi nuovi trimalcioni, e nuovi Hidalgo, autori da giovani da cuccioli<br />

e da scimmiotti, oppiomani, morfinomani, spinellatori, travoltini, trasversali,<br />

macon<strong>di</strong>sti, marginali, baleromani, jazzisti e reggomani, depressi, angosciati,<br />

nostalgici, <strong>di</strong>pendenti, studenti e figli. Nonché stupratori viziosi e ingannatori.<br />

E questi caromio, saranno i personaggi e le figure del nuovo cinema mio, il Rail<br />

Cinema, il drunk, very-drunk, cinema, ok ?<br />

Io li filmerò. Filmerò i <strong>di</strong> loro amori, le lacrime, i sorrisi, le acque, gli umori i<br />

colori e le erezioni, i mestrui le sifili<strong>di</strong>, le croste, gli amplessi i coiti e le inculate,<br />

i pompini e i <strong>di</strong>talini, quin<strong>di</strong> i culi le tette e anco i cazzi filmerò. Insomma, ok?<br />

Me mi vien voglia <strong>di</strong> <strong>di</strong>rgli all’amico stoppista cinematografaro del drunkcinema,<br />

vè se ti manca uno scorato ecco ce l’hai qui davanti a te e magari incominci<br />

da me se tu ci metti la benzina si potrebbe andare in giro insieme a visionare tutti<br />

questi amici tuoi, un po’ come allo zoo safari, insomma dopo glielo <strong>di</strong>co quando<br />

quasi viene giorno perché l’abbiamo menata in lungo e in largo, come ci avete<br />

senz’altro capito. Però io penso che con questo qui c’è proprio dell’affinità elettiva<br />

ed è un segno del destino che l’abbia incontrato così posso proseguire il viaggio<br />

mio verso… Aaaghhh! il mio odore! Chi m’ha rubato l’odore? Non lo sento mica<br />

piú, aiuto aiuto ai ladri ai rapinatori, ahimè son tornati i correggesi, a rubarmi il<br />

mio odore?<br />

Odore, odorino mio <strong>di</strong> Mar del Nord, <strong>di</strong> libertà e gioventú, evvieni ancora<br />

188 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Tondei<br />

nella mia pancia, eddai non far così, vieni, sniff e sniff odorino mio ci stai ancora?<br />

Dimmi che ci sei!<br />

Me ne giro col naso all’aria nella piazza <strong>di</strong> sosta A<strong>di</strong>ge e cerco il buon odorino<br />

che se non lo trovo al piú presto m’infogno in questa puzza d’italietta e muoio,<br />

cioè perdo la rotta e allora che <strong>di</strong>verrà mai <strong>di</strong> me perduto con i porci scoramenti<br />

addosso? Dopo che giro per un po’ in questo stato il mio amico <strong>di</strong>ce sono ubriaco<br />

io che non posso mica girare così col naso all’aria e fare sniffe e sniffe come ci<br />

piovesse polverina.<br />

Ah, stupido che sei nuovo amico mio, se l’avessi sentito il mio odore, se te lo<br />

fossi tenuto dentro una notte intera che salti che faresti a ritrovarlo. Gli correresti<br />

<strong>di</strong>etro come me, anche coi pie<strong>di</strong> e basta, odorino mio salta fuori.<br />

E invece quel che salta fuori è un ruttazzo, ma un ruttazzo che sembra tremino<br />

le montagne e arrivare il terremoto, così che la gente salta fuori dal banco del<br />

ristoro e viene nella piazzola in mezzo ai rifiuti e ai pie<strong>di</strong> del mio amico che filma<br />

da per terra e fa così il replay del porcamadonna. E dopo il rutto primo viene su<br />

alla gola un gran magone d’aria che la gente fa uuuahhhhh <strong>di</strong> spavento e si tappa<br />

le orecchie; epperò lui non esce ma ri<strong>di</strong>scende in bassapancia, plumf. E la gente<br />

fa aaaahhh come <strong>di</strong>re menomale che gli è sceso. E dopo invece il gran bordello<br />

perché il mio stomaco si mette a far pulito e getta tutto in fuori lo sporco che ci<br />

tiene. Vomito, vomito, che vomitata!<br />

La gente <strong>di</strong> nuovo fuori sulla piazzetta in mezzo agli sporchi della mia pancia<br />

e ai puzzi e rumoracci sbrang dei ventoni, olé, è <strong>di</strong>già sciupada la terza guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale coi gas atomici e tutto il resto pensa la gente, perché c’è tutto un flusso<br />

bagnato che salta fuori dalla bocca e io sto lì piegato con la bocca spalancata bleah e<br />

vedo venir fuori <strong>di</strong> corsa ogni cosa della mia pancia tanto che penso mi venga fuori<br />

<strong>di</strong> lì tutto, anche le gambe e le braccia che poi mi rivolto come un guanto. E non<br />

finisce mai lo sbocco! Sopra ai pie<strong>di</strong> viene a cominciare come un fiumiciattolo che<br />

fa per traverso la piazzetta, svolta <strong>di</strong>etro ai pini e giú ad affluire nell’A<strong>di</strong>ge, lì <strong>di</strong>etro.<br />

Tutto fuori. Scrash, scrash, sputa sputa stomaco mio l’ho capita sai via gli<br />

scoramenti, fuori i porci indemoniati, avanti getta che poi guarisci; e <strong>di</strong>fatti dopo<br />

comincio a ridere e fare il giullaretto perché non mi sento piú gli scoramenti addosso<br />

e sto benone che guardo il mattino che vien su e <strong>di</strong>co toh la notte ha <strong>di</strong>già<br />

voltato il culo. Toh, che bello, però son stanco, stanco morto. Contento ma fiacco.<br />

L’amico mio viene lì vicino a me che guardo il bel mattino che alza il culo e <strong>di</strong>ce<br />

caromio io me ne parto vuoi che an<strong>di</strong>amo? Magari magari amichetto mio tutto<br />

biondo e lentigginoso come sei, magari ci tenessimo i sol<strong>di</strong> per fare il pieno al<br />

ronzinante, alla faccia dei petrolieri speculatori <strong>di</strong> questo porco mondo. Non ho<br />

grano, che fare? Dice lui, non preoccuparti, an<strong>di</strong>amo in autostop. Che? Lasciare<br />

la cinquecento cavalli, lasciarla lì a srugginarsi tutta sola quando io lo so bene che<br />

anche lei ci piacerebbe mangiar asfalto e polveroni <strong>di</strong>etro al mio odorino, no, no<br />

io <strong>di</strong> qui non mi movo senza lei. E allora?<br />

Salutato amichetto tutto biondo imbarcato su un altro grandalbero <strong>di</strong> Natale<br />

verso Trento, salutato col magone nella voce e gorgoglio <strong>di</strong> pancia, era pur sempre<br />

un compagno <strong>di</strong> strada, ciao biondo cinematografaro, salute a te che te ne<br />

vai per le città ciaociao vero compagno <strong>di</strong> quelli veri che ci han capito tutto della<br />

nostra historia quoti<strong>di</strong>ana, davvero ciao con lacrimuccia e fazzoletto e colpettino<br />

<strong>di</strong> clacson del ronzinante, non ci rivedremo mai piú ah questo lo so, ma terrò pur<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 189


Analisi Tecnica. Tondei<br />

sempre in giro per le strade un amico in piú, vai vai, è stato bello, ognuno c’ha il<br />

percorso suo. Così <strong>di</strong> nuovo mi ritrovo in solitu<strong>di</strong>ne con l’odorino sempre vivo che<br />

se lo perdo il racconto finisce a questa riga qui. Ma il problema è trovare grano,<br />

magari un portafoglio pien <strong>di</strong> deca, ah questa sì che sarebbe fortuna rottincula,<br />

mica prendere un treno in orario.<br />

E un portafoglio <strong>di</strong>ce ciao in mezzo alla piazzola, vien qui pren<strong>di</strong>mi son tuo.<br />

Miracolo, miracolo. È davvero un portapila, fortuna sculata, volete vedere che<br />

sta vuoto?<br />

Niente male, recuperate venticarte. Faccio il pieno, ronzinante mio si riparte,<br />

corriamo <strong>di</strong>etro al nostro odore avanti. Proprio fortuna sfacciata ma quando uno<br />

ci sente che l’odore che serra in pancia è proprio il suo arriva anche la fortuna.<br />

Solo questo vi voglio <strong>di</strong>re credete a me lettori cari. Bando a isterismi, depressioni<br />

scoglionature e smaronamenti. Cercatevi il vostro odore eppoi ci saran fortune<br />

e buoni fulmini sulla strada. Non ha importanza alcuna se sarà <strong>di</strong> sabbia del deserto<br />

o <strong>di</strong> montagne rocciose, fossanche quello dell’incenso giú nell’In<strong>di</strong>a o quello<br />

un po’ piú forte, tibetano o nepalese. No, sarà pure l’odore dell’arcobaleno e del<br />

pentolino pieno d’ori, degli aquiloni bimbi miei, degli uccelletti, dei boschi ver<strong>di</strong><br />

con in mezzo ruscelletti gai e cinguettanti, delle giungle, sarà l’odore delle palu<strong>di</strong>,<br />

dei canneti, dei venti sui ghiacciai, saranno gli odori delle bettole <strong>di</strong> Marrakesh o<br />

delle fumerie <strong>di</strong> Istanbul, ah buoni davvero buoni odori in verità, ma saran pur<br />

sempre i vostri odori e allora via, alla faccia <strong>di</strong> tutti avanti! Col naso in aria fiutate<br />

il vento, strapazzate le nubi all’orizzonte, forza, è ora <strong>di</strong> partire, forza tutti insieme<br />

incontro all’avventuraaaaa!<br />

Il lessico<br />

Su propone qui il lessico utilizzato in questo brano<br />

da P.V. Tondelli, affinché sia possibile una sua<br />

valutazione e il confronto con il lessico d’uso.<br />

aaaahhh<br />

aaaghhh<br />

abbandonarmi<br />

abortini<br />

accende<br />

accidenti<br />

accompagnamento<br />

acqua<br />

addosso<br />

adepti<br />

a<strong>di</strong>ge<br />

affinità<br />

affluire<br />

agito<br />

ah<br />

ahimè<br />

aiuto<br />

albero<br />

albero<br />

alla defenestrazione<br />

alla forca<br />

alla fucilazione<br />

alla garrota<br />

alla ghigliottina<br />

alla gogna<br />

allampanato<br />

all’avventuraaaaa<br />

all’esecuzione<br />

all’impiccagione<br />

alpatibolo<br />

alsupplizio<br />

alto<br />

altroché<br />

amerà<br />

amichetto<br />

amico<br />

ammaccate<br />

amori<br />

amplessi<br />

anco<br />

ancora<br />

andare<br />

angosciati<br />

animatori<br />

anni<br />

ansa<br />

antipsichiatria<br />

apocalittici<br />

appallottolato<br />

aquiloni<br />

arcobaleno<br />

area<br />

aria<br />

arrestarmi<br />

arribaltati<br />

arriflex<br />

arrivare<br />

asfalto<br />

asilo<br />

assistenti<br />

assopisce<br />

astrologia<br />

atomici<br />

attende<br />

attento<br />

attesa<br />

attorno<br />

autocoscienti<br />

autogrill<br />

autonomi<br />

autori<br />

autostop<br />

autostoppista<br />

autostrada<br />

babbetto<br />

baciare<br />

bacio<br />

bagnato<br />

baleromani<br />

balle<br />

bambina<br />

bambini<br />

banco<br />

bancone<br />

bando<br />

190 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

baretto<br />

bassapancia<br />

basso<br />

basta<br />

bastar<strong>di</strong>ni<br />

battendo<br />

bbello<br />

beatnik<br />

beato<br />

bela<br />

bellina<br />

bello<br />

benone<br />

benzina<br />

beoni<br />

bere<br />

bestemmiatori<br />

bestione<br />

bettole<br />

bettolone<br />

beveraggio<br />

bianchina<br />

bicicletta<br />

binari<br />

biologici<br />

biondo<br />

bisogna<br />

bisogno<br />

blasfemi<br />

bleah<br />

bocca<br />

boccaloni<br />

boccuccia<br />

bollite<br />

bordello<br />

boschi<br />

bottoncini<br />

braccia<br />

braccione<br />

brahamino<br />

brigatisti<br />

brutta<br />

brutto<br />

bucati<br />

buia<br />

buio<br />

buon<br />

bussolotti<br />

cabina<br />

caga<br />

cal<strong>di</strong><br />

caligari<br />

calmo<br />

cambiar<br />

canchero<br />

cani<br />

canneti<br />

cantautori<br />

cantinette<br />

canto<br />

canzone<br />

capelli<br />

capisco<br />

capiscono<br />

capita<br />

capito<br />

capote<br />

cappotta<br />

cappuccino<br />

caramella<br />

caramia<br />

carcassetta<br />

cari<br />

caromio<br />

cartolina<br />

casotto<br />

cassa<br />

cavalli<br />

cazzate<br />

cazzo<br />

cemento<br />

cento<br />

centrifugo<br />

cercare<br />

chiama<br />

chiappe<br />

chiedo<br />

chilometri<br />

china<br />

ciao<br />

ciaociao<br />

cicaliamo<br />

cielo<br />

cilindri<br />

cinema<br />

cinematografaro<br />

cineocchio<br />

cinguettanti<br />

cinquecento<br />

città<br />

clacson<br />

’co<strong>di</strong>o<br />

coiti<br />

colorato<br />

colori<br />

colpettino<br />

comacchio<br />

cominciare


Dalla ſcrittura alla letteratura • 191<br />

Analisi Tecnica. Tondei<br />

comme<strong>di</strong>a<br />

compagnia<br />

compagno<br />

comperare<br />

conoscenza<br />

contando<br />

contato<br />

contento<br />

continuo<br />

conto<br />

contrade<br />

conventicole<br />

coraggio<br />

corporali<br />

correggesi<br />

correndo<br />

correre<br />

corsa<br />

corsivisti<br />

coscienza<br />

costretto<br />

costringo<br />

crapa<br />

creativi<br />

credere<br />

cretino<br />

croste<br />

cuccia<br />

cuccioli<br />

cugino<br />

culo<br />

damned<br />

davanti<br />

davvero<br />

deca<br />

delta<br />

dentro<br />

depressi<br />

depressioni<br />

deserto<br />

destino<br />

destra<br />

<strong>di</strong>avolo<br />

<strong>di</strong>eci<br />

<strong>di</strong>etro<br />

<strong>di</strong>fferanti<br />

<strong>di</strong>già<br />

<strong>di</strong>o<br />

<strong>di</strong>oniso<br />

<strong>di</strong>pendenti<br />

<strong>di</strong>radato<br />

<strong>di</strong>re<br />

<strong>di</strong>scendenza<br />

<strong>di</strong>sco<br />

<strong>di</strong>stesa<br />

<strong>di</strong>talini<br />

<strong>di</strong>to<br />

dling<br />

doicc<br />

dormo<br />

dracme<br />

dritto<br />

drunk<br />

drunk­cinema<br />

duro<br />

eddai<br />

e<strong>di</strong>pici<br />

ehi<br />

elettiva<br />

entrati<br />

epperò<br />

eppoi<br />

erbetta<br />

erezioni<br />

eroinomani<br />

esame<br />

esce<br />

esibizionisti<br />

et<br />

eterosessuali<br />

evvieni<br />

fame<br />

famiglien<br />

famoso<br />

fanculo<br />

fandonia<br />

fatina<br />

fattura<br />

fauna<br />

fazzoletto<br />

federativi<br />

felicità<br />

femministe<br />

fermare<br />

fermo<br />

fernet<br />

ferrate<br />

ferro<br />

festoso<br />

fiaba<br />

fiacco<br />

fiancheggiatori<br />

fiere<br />

figli<br />

figlioletti<br />

figure<br />

film<br />

filmare<br />

filmetto<br />

filo<br />

filosofo<br />

finta<br />

fissati<br />

fisso<br />

fiume<br />

fiumiciattolo<br />

fiutate<br />

flumen<br />

flusso<br />

folle<br />

forati<br />

formica<br />

forte<br />

fortuna<br />

fortune<br />

forza<br />

fossanche<br />

frankenstein<br />

fratellino<br />

freak<br />

fredda<br />

fregnacce<br />

froci<br />

fronte<br />

frontiera<br />

frontiere<br />

fulmini<br />

fumamenti<br />

fumante<br />

fumata<br />

fumerie<br />

funamboli<br />

funerei<br />

furbacchioni<br />

gai<br />

gambe<br />

gas<br />

gente<br />

geova<br />

gettare<br />

ghetti<br />

ghiacciai<br />

giochettino<br />

giorno<br />

giovani<br />

giovani cloridani e<br />

medori<br />

giovani cresside<br />

giovani euriali e<br />

giovani nisi<br />

giovani heloise<br />

giovani holden<br />

giovani isotte<br />

giovani narcisi e<br />

boccadori<br />

giovani ortis<br />

giovani torless<br />

giovani tristani<br />

giovani werther<br />

giovanotto<br />

gioventú<br />

girare<br />

giro<br />

giullaretto<br />

giungle<br />

giunta<br />

goccino<br />

goccioline<br />

go<strong>di</strong>ti<br />

gola<br />

gorgoglio<br />

gra<strong>di</strong>no<br />

grafomani<br />

grandalbero<br />

gran<strong>di</strong>firme<br />

grano<br />

grassetto<br />

grido<br />

grotta<br />

grrrrr<br />

gruppi<br />

guancia<br />

guanto<br />

guarda<br />

guardano<br />

guardare<br />

guardava<br />

guardo<br />

guarisci<br />

guerra<br />

guru<br />

hidalgo<br />

hippy<br />

historia<br />

illegittimi<br />

illuminano<br />

imbarcato<br />

imbriachi<br />

impara<br />

imperplessato<br />

importanza<br />

incannatori<br />

incatenato<br />

incazzo<br />

incenso<br />

inciampo<br />

incominci<br />

incontrato<br />

incontro<br />

inculate<br />

indemoniati<br />

in<strong>di</strong>a<br />

in<strong>di</strong>etro<br />

infogno<br />

infumanato<br />

inganno<br />

inglese<br />

ingrosserei<br />

innamorarsi<br />

innamorate<br />

inquieta<br />

insomma<br />

integrali<br />

intera<br />

interni<br />

intravedo<br />

istanbul<br />

isterismi<br />

istintivi<br />

istrioni<br />

italia<br />

italietta<br />

jazzisti<br />

junghiani<br />

junghiano<br />

krishna<br />

lacaniani<br />

lacrime<br />

lacrimuccia<br />

ladri<br />

laghetto<br />

lampa<strong>di</strong>ne<br />

lampione<br />

largo<br />

lasciare<br />

lassú<br />

lato<br />

lavoratori<br />

lentigginoso<br />

lesbiche<br />

lettori<br />

lettristi<br />

libertà<br />

lilith<br />

limite<br />

lire<br />

lontana<br />

lotto<br />

luccicante<br />

lucente<br />

luci<br />

lugosi<br />

lumicino<br />

luna<br />

lungo<br />

lupacchione<br />

lupo<br />

macché<br />

macchina<br />

macon<strong>di</strong>sti<br />

macrobiotici<br />

mafiosi<br />

magone<br />

male<br />

malinconia<br />

mamma<br />

manca<br />

manco<br />

mandato<br />

mangiar<br />

mani<br />

manina<br />

mano<br />

marchese<br />

marchette<br />

marciapie<strong>di</strong><br />

mare<br />

marginali<br />

maroni<br />

marrakesh<br />

marx<br />

masochisti<br />

masso<br />

masturbatori<br />

mattino<br />

menare<br />

menata<br />

menomale<br />

mercedulo<br />

mercuriato<br />

merlo<br />

mestrui<br />

metri<br />

mettere<br />

mezzo<br />

mica<br />

milieu<br />

mille<br />

mimi<br />

minacce<br />

miracolo<br />

miseria<br />

mistificatori<br />

mito<br />

mon<strong>di</strong>ale<br />

mondo<br />

monetaccia<br />

monoscopio<br />

montagne<br />

morfinomani<br />

morte<br />

mortiferi<br />

morto<br />

movimenti<br />

movo<br />

mumble<br />

muoio<br />

muscoletto<br />

naso<br />

natale<br />

neanche<br />

nebbia<br />

nepalese<br />

nero<br />

nietzsche<br />

nipotini<br />

nord<br />

nosferatu<br />

nostalgici<br />

nostalgie<br />

notte<br />

novembre<br />

nubi<br />

nulla<br />

numero<br />

nuovo<br />

nuvoloso<br />

occhiali<br />

occhio<br />

occhiocaldo<br />

oche<br />

odori<br />

odorino<br />

oé<br />

oeeeee<br />

offerto<br />

ok<br />

olé<br />

ombre<br />

ooohhhhhh<br />

oooohhh<br />

oppiomani<br />

ora<br />

orario<br />

orecchie<br />

orizzonte<br />

oro<br />

ostriconi<br />

ovini<br />

pagina<br />

palo<br />

palu<strong>di</strong><br />

pancia<br />

panino<br />

parcheggio<br />

parte<br />

partire<br />

passaggio<br />

passato<br />

passo<br />

patto<br />

pecorine<br />

penne<br />

pensiero<br />

penso<br />

pentolino<br />

percorso<br />

perdo<br />

perduto<br />

performativi<br />

periferie<br />

personaggi<br />

perversi<br />

petrolieri<br />

piacere<br />

piagnoni<br />

piantala<br />

pianto<br />

piastrellette<br />

piazza<br />

piazzetta<br />

piazzola<br />

pie<strong>di</strong><br />

piegato<br />

pieno<br />

pini<br />

piove<br />

pipì<br />

pipistrellone<br />

pisciata<br />

pistoni<br />

placido<br />

please<br />

plumf<br />

politologhi<br />

pollicino<br />

polverina<br />

polveroni<br />

pompini<br />

ponte<br />

popeye<br />

porca<br />

porcamadonna<br />

porco<br />

portafoglio<br />

portapila<br />

porto<br />

posto


192 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

Analisi Tecnica. Tondei<br />

povero<br />

precari<br />

pree<strong>di</strong>pici<br />

prendere<br />

pren<strong>di</strong>mi<br />

prendo<br />

preoccuparti<br />

presepio<br />

presto<br />

prima<br />

primaoppoi<br />

primo<br />

problema<br />

pro<strong>di</strong>gio<br />

<strong>prof</strong>on<strong>di</strong><br />

prometeo<br />

pronipoti<br />

proprio<br />

proseguire<br />

psichiatria<br />

psico<strong>analisi</strong><br />

pubblicitari<br />

pulito<br />

pullover<br />

punto<br />

puzza<br />

puzzi<br />

puzzolente<br />

quadriglie<br />

quassú<br />

quoti<strong>di</strong>ana<br />

raccontare<br />

racconto<br />

raffreddare<br />

raggiungo<br />

rail<br />

ramingar<br />

rapinatori<br />

razza<br />

recuperate<br />

regalo<br />

reggomani<br />

registrare<br />

regressioni<br />

replay<br />

resto<br />

retrò<br />

retrocasotto<br />

ricco<br />

ricerca<br />

ricercare<br />

ridere<br />

ri<strong>di</strong>scende<br />

rifiuti<br />

riflettori<br />

riflussi<br />

riga<br />

riparte<br />

risparmiavo<br />

ristorano<br />

ristoro<br />

ritrovo<br />

rivedremo<br />

rivelatesi<br />

rivolto<br />

rocciose<br />

rogo<br />

rollare<br />

rombo<br />

romei e giuliette<br />

ronza<br />

ronzinante<br />

rosa<br />

rotelle<br />

rotta<br />

rottincula<br />

rubarmi<br />

rubato<br />

ruffiani<br />

rumoracci<br />

ruscelletti<br />

ruscelletto<br />

ruttazzo<br />

rutto<br />

sabbia<br />

sadomaso<br />

safari<br />

sagoma<br />

sale<br />

salotti<br />

saltare<br />

saltellando<br />

salto<br />

saluta<br />

salute<br />

samson<br />

sapere<br />

sasso<br />

sbagliato<br />

sbalinati<br />

sballati<br />

sbocco<br />

sbracciato<br />

sbrang<br />

scannati<br />

scappar<br />

scappottata<br />

scaricamento<br />

scaricarmi<br />

scassati<br />

scavalcare<br />

scene<br />

sceso<br />

scimmiotti<br />

sciolgo<br />

sciolti<br />

sciupada<br />

scoglionature<br />

scontrino<br />

scoramenti<br />

scorato<br />

scorgo<br />

scottino<br />

scrash<br />

scrittore<br />

scrivere<br />

sculata<br />

scura<br />

scusa<br />

sdruciti<br />

secco<br />

se<strong>di</strong>a<br />

seduto<br />

segaioli<br />

segno<br />

seguire<br />

seminaristi<br />

semiotica<br />

sennò<br />

sentieroni<br />

sentito<br />

serra<br />

serve<br />

servizio<br />

sfacciata<br />

sgasa<br />

siedo<br />

sifili<strong>di</strong><br />

sigaretta<br />

sinistra<br />

situazionali<br />

smaronamenti<br />

smog<br />

sniff<br />

sniffe<br />

sofà<br />

soffitte<br />

sol<strong>di</strong><br />

solfa<br />

solitario<br />

solitu<strong>di</strong>ne<br />

sorelline<br />

sorriso<br />

sosta<br />

sottogruppi<br />

sottoscale<br />

sottotetti<br />

spaccarmele<br />

spacciatori<br />

spalanca<br />

spalancata<br />

spavento<br />

specchietto<br />

specchio<br />

speculatori<br />

spendere<br />

spento<br />

spicciolata<br />

spinellatori<br />

sporco<br />

sput sput<br />

srugginarsi<br />

stabilimenti<br />

stagnola<br />

stanco<br />

stavolta<br />

stelle<br />

stivalacci<br />

stomaco<br />

storia<br />

storti<br />

strabuzzo<br />

strada<br />

strade<br />

strapazzate<br />

stregaccia<br />

strette<br />

stringermi<br />

studenti<br />

stupido<br />

stupratori<br />

succhiamo<br />

suici<strong>di</strong><br />

superchecche<br />

supplenti<br />

svanisce<br />

svegliato<br />

svicolare<br />

svolta<br />

taccagni<br />

taccagno<br />

talloncino<br />

tappa<br />

tar<strong>di</strong><br />

tasca<br />

teatri<br />

tempo<br />

teoreti<br />

terminato<br />

terra<br />

terremoto<br />

terza<br />

testa<br />

tetro<br />

tette<br />

tibetano<br />

tic­tac<br />

timi<strong>di</strong>ni<br />

tir<br />

tira<br />

tivú<br />

toh<br />

tonto<br />

tornare<br />

traballio<br />

transessuali<br />

trasversali<br />

traverso<br />

travoltini<br />

tremino<br />

treno<br />

trento<br />

tribolati<br />

trimalcioni<br />

trojette<br />

trovare<br />

trovo<br />

trucco<br />

ubriaco<br />

uccelletti<br />

uccellone<br />

umor<br />

umori<br />

uscito<br />

uuuahhhhh<br />

valli<br />

vapore<br />

vè<br />

vedere<br />

venir<br />

venti<br />

venticarte<br />

vento<br />

ventoni<br />

ver<strong>di</strong><br />

veri<br />

verità<br />

vero<br />

verona<br />

versa<br />

very­drunk<br />

vescica<br />

via<br />

viaggiatore<br />

viaggio<br />

viali<br />

vicino<br />

visionare<br />

visione<br />

visto<br />

vivo<br />

viziosi<br />

voce<br />

vociferante<br />

vocina<br />

volta<br />

voltarmi<br />

voltato<br />

volto<br />

voluto<br />

vomitata<br />

vomito<br />

vuoto<br />

yogi<br />

zagreo<br />

zizzagare<br />

zoo


ALDO BUSI<br />

(GIOVANNI BOCCACCIO)<br />

DECAMERONE DA UN ITALIANO ALL’ALTRO<br />

STORIa N. 3 dEcIMa gIORNaTa - gENEROSITÀ SfRENaTa<br />

Filostrato:<br />

Donne da capogiro, si sa con sicurezza, a dar retta ai racconti <strong>di</strong> certi genovesi<br />

e <strong>di</strong> altra gente che da quelle parti <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> esserci stata, che in Cina o giù <strong>di</strong> lì viveva<br />

un uomo nobile e assolutamente straricco, che si chiamava Natan; costui,<br />

trovandosi a essere proprietario <strong>di</strong> una seconda casa su una strada <strong>di</strong> grande<br />

traffico dove doveva passare per forza chiunque volesse andare da Occidente a<br />

Oriente o venire dall’Oriente in Occidente, e avendo per giunta un gran cuore<br />

generoso e desiderando <strong>di</strong>mostrarlo a fatti e non a chiacchiere, dato che <strong>di</strong>sponeva<br />

<strong>di</strong> artigiani del posto fece costruire in tempo record uno dei più belli e gran<strong>di</strong> e<br />

sontuosi palazzi che mai si fossero visti e lo attrezzò magnificamente con tutto ciò<br />

che poteva servire a ospitare e viziare i viaggiatori da Carta Oro. La sua numerosa<br />

équipe <strong>di</strong> collaboratori <strong>di</strong> bella presenza riceveva a tarallucci e vino tutti quelli<br />

che andavano e venivano; e si impegnò in questa prestigiosa attività <strong>di</strong> pubbliche<br />

relazioni con tanta continuità che non solo l’Oriente ma quasi tutto l’Occidente<br />

ormai lo conosceva almeno <strong>di</strong> nome.<br />

[…] Filostrato […] prestamente incominciò.<br />

Nobili donne, grande fu la magnificenzia del re <strong>di</strong> Spagna, e forse cosa più non u<strong>di</strong>ta giammai quella<br />

dell’abate <strong>di</strong> Clignì; ma forse non meno maravigliosa cosa vi parrà l’u<strong>di</strong>re che uno, per liberalità usare ad un<br />

altro che il suo sangue, anzi il suo spirito, <strong>di</strong>siderava, cautamente a dargliele si <strong>di</strong>sponesse; e fatto l’avrebbe,<br />

se colui prender l’avesse voluto, sì come io in una mia novelletta intendo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrarvi.<br />

Certissima cosa è (se fede si può dare alle parole d’alcuni genovesi e d’altri uomini che in quelle contrade<br />

stati sono) che nelle parti del Cattaio fu già uno uomo <strong>di</strong> legnaggio nobile e ricco senza comparazione, per<br />

nome chiamato Natan; il quale, avendo un suo ricetto vicino ad una strada per la qual quasi <strong>di</strong> necessità<br />

passava ciascuno che <strong>di</strong> Ponente verso Levante andar voleva o <strong>di</strong> Levante venire in Ponente, e avendo l’animo<br />

grande e liberale e <strong>di</strong>sideroso che fosse per opera conosciuto, quivi, avendo molti maestri, fece in piccolo<br />

spazio <strong>di</strong> tempo fare un de’ più belli e de’ maggiori e de’ più ricchi palagi che mai fosse stato veduto, e quello <strong>di</strong><br />

tutte quelle cose che opportune erano a dovere gentili uomini ricevere e onorare, fece ottimamente fornire;<br />

e avendo grande e bella famiglia, con piacevolezza e con festa chiunque andava e veniva faceva ricevere e<br />

onorare. E in tanto perseverò in questo laudevol costume, che già, non solamente il Levante, ma quasi tutto<br />

il Ponente per fama il conoscea.<br />

Viene qui presentata la versione in italiano contemporaneo <strong>di</strong> una novella del Decameron <strong>di</strong><br />

Giovanni Boccaccio, il padre della prosa volgare, punto <strong>di</strong> riferimento (non sempre alla portata<br />

degli imitatori) per tutti gli scrittori in prosa, non solo italiani. La ’traduzione’ è <strong>di</strong> Aldo Busi,<br />

uno scrittore che nell’ultimo ventennio ha acquistato fama a partire dal romanzo generazionale<br />

Seminario sulla gioventù (1984). Qui lo scrittore si presentava come espressione della<br />

generazione dei giovani – dalla quale non si tira fuori, né guarda dal <strong>di</strong> fuori –: la domanda<br />

che ricorre nel romanzo è: che resta dei valori, o delle potenzialità che si credevano della<br />

gioventù ? Cosa <strong>di</strong> ciò che i giovani credevano <strong>di</strong> essere e <strong>di</strong> volere ? Insomma B. avverte la<br />

trasformazione che i giovani subiscono nella società italiana, da detentori del futuro, o per lo<br />

meno dell’evoluzione della società a oggetto <strong>di</strong> mercato, ad oggetto <strong>di</strong> manipolazioni della<br />

società industriale. Di qui il tono polemico della scrittura <strong>di</strong> B., in costante polemica con tutto<br />

e tutti, compreso il suo proprio io. Di qui la volontà <strong>di</strong> provocare con la crudezza della sessua­<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 193


Analisi Tecnica. Busi<br />

Quando era già piuttosto vecchio, ma per niente stanco <strong>di</strong> organizzare cene in<br />

pie<strong>di</strong>, la sua popolarità solleticò le orecchie <strong>di</strong> un giovane chiamato Mitridanes, <strong>di</strong><br />

un paese <strong>di</strong> quelle parti lì, che sentendosi non meno ricco <strong>di</strong> Natan si fece prendere<br />

dall’invi<strong>di</strong>a per la sua fama <strong>di</strong> mecenate e programmò a tavolino <strong>di</strong> annientarla<br />

o almeno <strong>di</strong> offuscarla con elargizioni <strong>di</strong> qualità superiore. Costruito un palazzo<br />

simile a quello <strong>di</strong> Natan, cominciò a coprire <strong>di</strong> premure smisurate e mai viste<br />

quelli che gli passavano a tiro all’andata o al ritorno, e <strong>di</strong>ventò incontinentemente<br />

famoso a tambur battente.<br />

Però un giorno successe che, mentre il giovane se ne stava tutto solo nel cortile<br />

del suo palazzo, una zingara che era entrata da una delle porte del palazzo<br />

gli chiese l’elemosina, e l’ebbe, e entrando <strong>di</strong> nuovo per la seconda porta l’ebbe<br />

ancora, e così via fino alla do<strong>di</strong>cesima volta, ma quando tornò per la tre<strong>di</strong>cesima,<br />

Mitridanes <strong>di</strong>sse:<br />

«Cara la mia donna, ti dai un bel po’ da fare per il tuo business, eh?» e non<strong>di</strong>meno<br />

le fece l’elemosina.<br />

La vecchiaccia incassò la battuta e replicò:<br />

«Ah, generosità <strong>di</strong> Natan, quanto sei favolosa! Perché io nel suo palazzo, che<br />

è uguale a questo, sono entrata per tutte e trentadue le porte e gli ho chiesto l’elemosina<br />

e lui, guai per me, se mi ha riconosciuta non me l’ha mai fatto capire, e i<br />

Ed essendo egli già d’anni pieno, né però del corteseggiar <strong>di</strong>venuto stanco, avvenne che la sua fama agli<br />

orecchi pervenne d’un giovane chiamato Mitridanes, <strong>di</strong> paese non guari al suo lontano; il quale, sentendosi<br />

non meno ricco che Natan fosse, <strong>di</strong>venuto della sua fama e della sua virtù invi<strong>di</strong>oso, seco propose con<br />

maggior liberalità quella o annullare o offuscare. E fatto fare un palagio simile a quello <strong>di</strong> Natan, cominciò a<br />

fare le più smisurate cortesie che mai facesse alcuno altro, a chi andava o veniva per quin<strong>di</strong>, e senza dubbio<br />

in piccol tempo assai <strong>di</strong>venne famoso.<br />

Ora avvenne un giorno che <strong>di</strong>morando il giovane tutto solo nella corte del suo palagio, una feminella,<br />

entrata dentro per una delle porti del palagio, gli domandò limosina ed ebbela; e ritornata per la seconda<br />

porta pure a lui, ancora l’ebbe, e così successivamente insino alla duodecima; e la tredecima volta tornata,<br />

<strong>di</strong>sse Mitridanes:<br />

– Buona femina, tu se’ assai sollicita a questo tuo <strong>di</strong>mandare –; e non<strong>di</strong>meno le fece limosina.<br />

La vecchierella, u<strong>di</strong>ta questa parola, <strong>di</strong>sse:<br />

– O liberalità <strong>di</strong> Natan, quanto se’ tu maravigliosa! ché per trentadue porti che ha il suo palagio, sì come<br />

questo, entrata, e domandatagli limosina, mai da lui, che egli mostrasse, riconosciuta non fui, e sempre l’ebbi;<br />

e qui non venuta ancora se non per tre<strong>di</strong>ci, e riconosciuta e proverbiata sono stata –. E così <strong>di</strong>cendo, senza<br />

più ritornarvi si <strong>di</strong>partì.<br />

lità e con la continua accusa <strong>di</strong> bigottismo, ipocrisia e stupi<strong>di</strong>tà alla società. Ma al <strong>di</strong> là delle<br />

apparenze B. ha, spiccato, il culto della letteratura e della parola che riescono a sottrarsi alla<br />

frammentazione, non solo generazionale, ma dell’intera realtà.<br />

Diamo qui una pagina del proemio che B. antepone alla ’traduzione’: essa, oltre a rendere<br />

ragione dell’intento dello scrittore (si veda la polemica contro l’ideologia filologica, e come<br />

tale fortemente conservatrice, dominante – non <strong>di</strong> rado sino a <strong>di</strong>ventare soffocante – nella<br />

lettura dei classici della letteratura del teatro della musica), sono una spia della sua personalità:<br />

Desidero sottolineare che ho tradotto il Decamerone <strong>di</strong> Giovanni Boccaccio, non ho scritto il mio:<br />

ho autocensurato dello scrittore che è in me trovate intimamente strepitose all’istante, ma che<br />

avrebbero marchiato la traduzione in modo irreversibile rendendola subito scandalosa e subito<br />

dopo vecchia. Perché questa traduzione non ha affatto la pretesa <strong>di</strong> essere una traslitterazione o<br />

una ricreazione o altra cosa dall’originale: è l’originale oggi. Si sa quanto gli originali più autentici<br />

siano proprio quelli sottoposti a costanti revisioni e mutilazioni e reintegrazioni, e in questo sta<br />

194 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Busi<br />

sol<strong>di</strong> me li ha sempre dati, e qua invece sono venuta appena tre<strong>di</strong>ci volte e sono<br />

stata subito riconosciuta e presa per la Bocchini Bonomi» e così <strong>di</strong>cendo se ne<br />

andò e non tornò più.<br />

Mitridanes, sentite le parole della vecchia e con vinto che quello che sentiva <strong>di</strong>re<br />

<strong>di</strong> Natan buttava giù le proprie quotazioni, si inalberò come un Falck e cominciò<br />

a strillare:<br />

«Che crack! altro che cercare <strong>di</strong> superare Natan! come posso sperare <strong>di</strong> mettermi<br />

alla pari con lui nelle gran<strong>di</strong> prove <strong>di</strong> generosità, quando non riesco a stargli<br />

<strong>di</strong>etro in quelle piccolissime? Butto via le energie per niente, se non lo faccio sparire<br />

dalla faccia della terra: e visto che la vecchiaia non se lo porta via lei, bisogna che<br />

provveda io con le mie mani senza perdere altro tempo.»<br />

E alzandosi con questa furia, senza comunicare a nessuno la sua decisione, saltò<br />

a cavallo con pochi uomini e in tre giorni arrivò dove abitava Natan e or<strong>di</strong>nò ai<br />

compagni che facessero finta <strong>di</strong> non essere con lui e <strong>di</strong> non conoscerlo neanche e<br />

<strong>di</strong> pensare loro a procurarsi un albergo fino a nuovo or<strong>di</strong>ne. Arrivato dunque qui<br />

verso sera e rimasto solo, non molto lontano dal palazzo incontrò Natan che se ne<br />

andava a spasso senza scorta e in un abbigliamento molto casual, per cui lui senza<br />

riconoscerlo gli domandò se poteva insegnargli dove stava <strong>di</strong> casa Natan.<br />

Natan rispose <strong>di</strong>vertito:<br />

Mitridanes, u<strong>di</strong>te le parole della vecchia, come colui che ciò che della fama <strong>di</strong> Natan u<strong>di</strong>va <strong>di</strong>minuimento<br />

della sua estimava, in rabbiosa ira acceso, cominciò a <strong>di</strong>re:<br />

– Ahi lasso a me! Quando aggiugnerò io alla liberalità delle gran cose <strong>di</strong> Natan, non che io il trapassi,<br />

come io cerco, quando nelle piccolissime io non gli mi posso avvicinare? Veramente io mi fatico invano, se<br />

io <strong>di</strong> terra nol tolgo; la qual cosa, poscia che la vecchiezza nol porta via, convien senza alcuno indugio che<br />

io faccia con le mie mani.<br />

E con questo impeto levatosi, senza comunicare il suo consiglio ad alcuno, con poca compagnia montato<br />

a cavallo, dopo il terzo dì dove Natan <strong>di</strong>morava pervenne; e a’ compagni imposto che sembianti facessero<br />

<strong>di</strong> non esser con lui né <strong>di</strong> conoscerlo, e che <strong>di</strong>stanzia si procacciassero infino che da lui altro avessero, quivi<br />

adunque in sul fare della sera pervenuto e solo rimaso, non guari lontano al bel palagio trovò Natan tutto<br />

solo, il quale senza alcuno abito pomposo andava a suo <strong>di</strong>porto; cui egli, non conoscendolo, domandò se<br />

insegnar gli sapesse dove Natan <strong>di</strong>morasse.<br />

Natan lietamente rispose:<br />

la loro vitale inossidabilità: nella letteratura universale le più gran<strong>di</strong> opere immutabili sono quelle<br />

che hanno ancora e sempre tanta energia in serbo da sopportare (più da vere sa<strong>di</strong>che che da<br />

querule masochiste) lo squartamento, la manipolazione, l’estrapolazione aforistica, e pungolano<br />

i contemporanei <strong>di</strong> ogni epoca a espurgarle, passarle sottobanco, santificarle, mandarle al rogo,<br />

farle “risorgere” in un’e<strong>di</strong>zione qualsiasi, e renderle, appunto, <strong>di</strong> volta in volta nuovamente originali<br />

– e se non <strong>di</strong> fatto con una traduzione, con l’ingenuo arbitrio <strong>di</strong> una reinterpretazione qualsiasi,<br />

benvenuta per quanto tirata per i capelli o messa in piega.<br />

Per i più schizzinosi, poi, una precisazione fuori dai denti: l’originale non è stato trafugato e<br />

sostituito da questa traduzione, è sempre lì al suo posto a loro <strong>di</strong>sposizione. Ma perché, allora,<br />

gli orripilati non sono andati a leggerselo prima o perché contesterebbero a altri la possibilità <strong>di</strong><br />

accedervi grazie a una traduzione invocando la sacralità del testo e la blasfemità dell’operazione?<br />

Non si vorrà negare, per esempio, che la Bibbia sia un testo sacro per qualcuno o fondamentale<br />

per gli snob e sapete perché? Perché è mercuriale nel tempo, capricciosa e faziosa, pacifica e<br />

sanguinaria nel suo muovere con sé secolo dopo secolo gran parte dell’umanità che ci sta. La<br />

Bibbia è quel che è perché non conosce stasi ermeneutiche (non solo per questioni <strong>di</strong> traduzione,<br />

dunque), perché è un’opera scatenatamente ballerina, che al Vaticano piaccia o no. Era ora<br />

che si strappasse il Decamerone dal suo mortifero ballo liceale della mattonella per fargli fare un<br />

meritato e popolare giro <strong>di</strong> valzer sul suolo nazionale. Sono sicuro che da adesso in poi non starà<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 195


Analisi Tecnica. Busi<br />

«Ragazzo mio, in questo paese non c’è nessuno che te lo possa insegnare meglio<br />

<strong>di</strong> me. Ti ci porto quando vuoi.»<br />

Il giovanotto <strong>di</strong>sse che bella combinazione, ma che possibilmente non avrebbe<br />

voluto che Natan lo vedesse o ne sapesse niente. Natan gli <strong>di</strong>sse:<br />

«Non c’è problema.»<br />

Mitridanes quin<strong>di</strong> smontò da cavallo e seguì Natan, che quasi subito lo coinvolse<br />

in una piacevole conversazione, fino al suo palazzo. Qui Natan fece segno a<br />

uno dei suoi camerieri <strong>di</strong> prendere il cavallo del giovane e gli soffiò in un orecchio<br />

<strong>di</strong> avvisare subito anche tutti gli altri <strong>di</strong>pendenti <strong>di</strong> non <strong>di</strong>re al giovane che Natan<br />

era lui: e così fu fatto. Una volta che furono nel palazzo, Natan fece sistemare Mitridanes<br />

in una suite bellissima, dove nessuno poteva entrare a parte i camerieri<br />

incaricati del ser vi zio, e lui stesso, facendolo trattare da mille e un <strong>di</strong>o, gli teneva<br />

compagnia.<br />

Mitridanes, che pure provava un rispetto filiale per quel vecchio, a forza <strong>di</strong><br />

trovarselo attorno non poté fare a meno <strong>di</strong> domandargli chi fosse, e Natan gli<br />

rispose:<br />

«Sono un modesto impiegato <strong>di</strong> Natan. Mi sono venuti i capelli bianchi stando<br />

– Figliuol mio, niuno è in questa contrada che meglio <strong>di</strong> me cotesto ti sappia mostrare, e per ciò, quando<br />

ti piaccia, io vi ti menerò.<br />

Il giovane <strong>di</strong>sse che questo gli sarebbe a grado assai; ma che, dove esser potesse, egli non voleva da Natan<br />

esser veduto né conosciuto. Al quale Natan <strong>di</strong>sse:<br />

– E cotesto ancora farò, poi che ti piace.<br />

Ismontato adunque Mitridanes con Natan, che in piacevolissimi ragionamenti assai tosto il mise, infino<br />

al suo bel palagio n’andò.<br />

Quivi Natan fece ad un de’ suoi famigliari prendere il caval del giovane, e accostatoglisi agli orecchi gl’impose<br />

che egli prestamente con tutti quegli della casa facesse che niuno al giovane <strong>di</strong>cesse lui esser Natan; e<br />

così fu fatto.<br />

Ma poi che nel palagio furono, mise Mitridanes in una bellissima camera dove alcuno nol vedeva, se<br />

non quegli che egli al suo servigio <strong>di</strong>putati avea, e sommamente faccendolo onorare, esso stesso gli tenea<br />

compagnia.<br />

Col quale <strong>di</strong>morando Mitridanes, ancora che in reverenzia come padre l’avesse, pur lo domandò chi el<br />

fosse. Al quale Natan rispose:<br />

– Io sono un picciol servidor <strong>di</strong> Natan, il quale dalla mia fanciullezza con lui mi sono invecchiato, né mai<br />

ad altro che tu mi vegghi mi trasse, per che, come che ogni altro uomo molto <strong>di</strong> lui si lo<strong>di</strong>, io me ne posso<br />

poco lodare io.<br />

Queste parole porsero alcuna speranza a Mitridanes <strong>di</strong> potere con più consiglio e con più salvezza dare<br />

più fermo neanche un secolo.<br />

Desideriamo premettere che ogni operazione (si ricor<strong>di</strong> la ’traduzione’ del Cortegiano <strong>di</strong> B.<br />

Castiglione sempre <strong>di</strong> B.; P. Chiara tradusse in parte lo stesso Decamerone; e come non ricordare<br />

Italo Calvino e suo ri­racconto dell’Orlando furioso? – tralasciamo le ’traduzioni’ pur<br />

rispettabili destinate alla scuola) volta a rendere familiari ai lettori moderni, a liberare dalla<br />

prigionia della filologia, i classici non può che avere il plauso <strong>di</strong> chi sa quanto sia faticoso il<br />

cammino <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento e comprensione dell’arte. Perciò il confronto tra l’originale e la<br />

traduzione che qui proponiamo non ha altro significato se non quello <strong>di</strong> mostrare tangibilmente<br />

le peculiarità della scrittura moderna (in uno scrittore che come B. non è mai sciatto ed, anzi,<br />

solitamente persegue certa <strong>di</strong>gnità; benché in quest’operazione affiori – non raramente – una<br />

volontà ammodernatrice non sempre necessaria come nel caso <strong>di</strong> Natan che veste casual e<br />

pratica il footing, che è innanzi tutto incongruente con la vicenda (Mitridanes gli si fa incontro<br />

e gli parla senza affrettarsi), e che mal si adatta ad una persona assai anziana.<br />

196 • Dalla ſcrittura alla letteratura


Analisi Tecnica. Busi<br />

con lui da quando ero appren<strong>di</strong>sta, e non mi ha mai promosso a <strong>di</strong>rigente. Parlano<br />

tutti tanto bene <strong>di</strong> lui, ma come ve<strong>di</strong> ho pochino da lodarlo, io.»<br />

Queste parole fecero appigliare Mitridanes alla speranza <strong>di</strong> poter mettere in<br />

atto il suo perfido pro getto con più organizzazione e meno alla <strong>di</strong>sperata. E intanto<br />

Natan con molto garbo gli domandava chi era lui e quali affari lo portavano da<br />

quelle parti, e gli offriva la propria consulenza mettendosi a <strong>di</strong>s posizione per aiutarlo<br />

in tutto ciò che gli sarebbe stato possibile. Prima <strong>di</strong> rispondere Mitridanes<br />

ci pensò un po’ su, ma poi decise <strong>di</strong> fidarsi e prima <strong>di</strong> tutto gli chiese con un lungo<br />

giro <strong>di</strong> parole il suo impegno al silenzio, e in secondo luogo la consulenza e l’aiuto,<br />

quin<strong>di</strong> gli spiattellò per filo e per segno chi era lui e per che cosa era venuto e qual<br />

era il movente.<br />

Mentre ascoltava Mitridanes esporre l’efferato programma, Natan si sentiva<br />

rimescolare le budella; ma senza stare troppo a pensarci gli rispose con coraggio<br />

e senza battere ciglio:<br />

«Mitridanes, tuo padre era un grand’uomo e tu non sei da meno, visto che ti<br />

sei messo in un’impresa così signorile come è quella <strong>di</strong> sponsorizzare tutti quanti;<br />

e mi sembra molto produttiva anche l’invi<strong>di</strong>a che tu nutri per le qualità <strong>di</strong> Natan,<br />

effetto al suo perverso inten<strong>di</strong>mento. Il qual Natan assai cortesemente domandò chi egli fosse, e qual bisogno<br />

per quin<strong>di</strong> il portasse, offerendo il suo consiglio e il suo aiuto in ciò che per lui si potesse.<br />

Mitridanes soprastette alquanto al rispondere, e ultimamente <strong>di</strong>liberando <strong>di</strong> fidarsi <strong>di</strong> lui, con una lunga<br />

circuizion <strong>di</strong> parole la sua fede richiese, e appresso il consiglio e l’aiuto, e chi egli era e per che venuto e da<br />

che mosso, interamente gli <strong>di</strong>scoperse.<br />

Natan, udendo il ragionare e il fiero proponimento <strong>di</strong> Mitridanes, in sé tutto si cambiò, ma senza troppo<br />

stare, con forte animo e con fermo viso gli rispose:<br />

– Mitridanes, nobile uomo fu il tuo padre, dal quale tu non vuogli degenerare, sì alta impresa avendo fatta<br />

come hai, cioè d’essere liberale a tutti, e molto la invi<strong>di</strong>a che alla virtù <strong>di</strong> Natan porti commendo, per ciò<br />

che, se <strong>di</strong> così fatte fossero assai, il mondo, che è miserissimo, tosto buon <strong>di</strong>verrebbe. Il tuo proponimento<br />

mostratomi senza dubbio sarà occulto, al quale io più tosto util consiglio che grande aiuto posso donare, il<br />

quale è questo. Tu puoi <strong>di</strong> quinci vedere forse un mezzo miglio vicin <strong>di</strong> qui un boschetto, nel quale Natan<br />

quasi ogni mattina va tutto solo, prendendo <strong>di</strong>porto per ben lungo spazio; quivi leggier cosa ti fia il trovarlo<br />

Dall’italiano antico al moderno<br />

Sui primi due cpv del D. B. interviene eliminandoli:<br />

cioè non ritiene attuale la cornice che in B.<br />

giustificava il convenire dei giovani in un palazzo<br />

lontano dalla vita reale e dalla peste, e il loro affabulare<br />

narrativo. Si tratta <strong>di</strong> un’opzione <strong>di</strong> fondo<br />

<strong>di</strong> cui lo scrittore moderno dà notizia, più che<br />

giustificazione, nella Nota del traduttore nella<br />

quale riprende uno dei temi fondamentali della<br />

sua ideologia: la per<strong>di</strong>ta, cioè, dello scrittore<br />

nella sua scrittura. Di qui, insieme alla volontà<br />

<strong>di</strong> tralasciare gli abboccamenti moralistici, la<br />

scomparsa dei due cpv; ed in particolare del<br />

secondo che è anticipazione della narrazione.<br />

Naturalmente B. interviene sul lessico e sullo<br />

stile, sono fortemente ri<strong>di</strong>mensionate le ridondanze<br />

retoriche ed in generale si procede ad<br />

un aggiornamento del lessico: l’antico Catai è<br />

resa con Cina; nobili donne <strong>di</strong>viene donne da<br />

capogiro; ricco senza comparazione è reso con<br />

assolutamente straricco. Quest’ultimo intervento<br />

merita un po’ d’attenzione dal momento<br />

che straricco è superlativo; l’avv assolutamente<br />

accanto ad un aggettivo lo rende superlativo:<br />

ad es. Piero è assultamente povero vale Piero è<br />

poverissimo. È chiaro che qui B. adopera l’avv in<br />

funzione rafforzativa sia pure <strong>di</strong> un superlativo<br />

(<strong>di</strong> fatto rende con esattezza l’espressione del<br />

D.). La grammatica tra<strong>di</strong>zionale avrebbe sottolineato<br />

un eccesso trasgressivo delle norme; la<br />

grammatica moderna, più tollerante nei confronti<br />

della lingua d’uso accettarebbe la formula.<br />

Qui, ai lettori che B. non sono ancora, consiglieremo<br />

<strong>di</strong> non ripeterla, non ostante l’autorità<br />

dello scrittore (per altro affiancato da molti altri);<br />

e, nel caso sentano il bisogno <strong>di</strong> rafforzare un<br />

superlativo, <strong>di</strong> scegliere un avv che non rafforzi<br />

il grado dell’aggettivo, ma sposti l’attenzione su<br />

un <strong>di</strong>fferente aspetto della con<strong>di</strong>zione espressa<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 197


Analisi Tecnica. Busi<br />

perché, se le invi<strong>di</strong>e fossero tutte come la tua, il mondo dallo schifo che è <strong>di</strong>venterebbe<br />

tutto un Bella Figurella. Sta’ tranquillo, sarò una tomba sul tuo progetto, al<br />

quale posso contribuire con un consiglio utile più che con un aiuto vero e proprio,<br />

e il consiglio è questo: ve<strong>di</strong> quel boschetto, lontano un mezzo chilometro da qui?<br />

Natan ci va a fare un po’ <strong>di</strong> footing da solo quasi tutte le mattine e per parecchio<br />

tempo. Ti sarà facilissimo beccarlo lì e fare <strong>di</strong> lui quello che ti pare. Se lo ammazzi,<br />

poi, per tornartene senza impicci a casa tua, non ti conviene prendere la strada<br />

che hai fatto all’andata. Pren<strong>di</strong> quella che ve<strong>di</strong> uscire dal bosco a sinistra: è un po’<br />

<strong>di</strong>ssestata, ma è più corta e per te è più sicura.»<br />

Dopo che Natan gli ebbe dato la soffiata e se ne fu andato, Mitridanes quatto<br />

quatto fece sapere ai suoi compagni, che stavano anche loro nel palazzo, dove dovevano<br />

aspettarlo il giorno dopo. E il giorno dopo Natan, che non aveva cambiato<br />

idea sul consiglio dato a Mitridanes e non si era spostato <strong>di</strong> un millimetro dalla<br />

sua decisione, se ne andò tutto solo al boschetto a dover morire.<br />

Mitridanes appena sveglio prese l’arco e la spada, perché <strong>di</strong> altre armi non ne<br />

aveva: montò a cavallo, andò al boschetto, da lontano vide Natan che passeggiava<br />

avanti e in<strong>di</strong>etro solo soletto, decise che era il caso <strong>di</strong> dargli una guardata in faccia<br />

e <strong>di</strong> sentirlo parlare prima <strong>di</strong> farlo fuori, corse verso <strong>di</strong> lui, lo prese per il turbante<br />

che aveva in testa e <strong>di</strong>sse:<br />

«Vecchio, sei morto!»<br />

e farne il tuo piacere. Il quale se tu ucci<strong>di</strong>, acciò che tu possa senza impe<strong>di</strong>mento a casa tua ritornare, non<br />

per quella via donde tu qui venisti, ma per quella che tu ve<strong>di</strong> a sinistra uscir fuor del bosco n’andrai, per ciò<br />

che, ancora che un poco più salvatica sia, ella è più vicina a casa tua e per te più sicura.<br />

Mitridanes, ricevuta la informazione, e Natan da lui essendo partito, cautamente a’ suoi compagni, che<br />

similmente là entro erano, fece sentire dove aspettare il dovessero il dì seguente. Ma, poi che il nuovo dì fu<br />

venuto, Natan, non avendo animo vario al consiglio dato a Mitridanes, né quello in parte alcuna mutato,<br />

solo se n’andò al boschetto a dover morire.<br />

Mitridanes, levatosi e preso il suo arco e la sua spada, ché altra arme non avea, e montato a cavallo, n’andò<br />

al boschetto, e <strong>di</strong> lontano vide Natan tutto soletto andar passeggiando per quello, e <strong>di</strong>liberato, avanti che<br />

l’assalisse, <strong>di</strong> volerlo vedere e d’u<strong>di</strong>rlo parlare, corse verso lui, e presolo per la benda la quale in capo avea,<br />

<strong>di</strong>sse:<br />

– Vegliardo, tu se’morto.<br />

dall’agg: ad esempio – per rimanere nel lessico<br />

corrente – veramente, in<strong>di</strong>scutibilmente, semplicemente<br />

ecc nelle varianti possibili davvero,<br />

senza dubbio ecc (oppure sontuosamente,<br />

regalmente, splen<strong>di</strong>damente): insomma, l’avv<br />

aggiunga qualcosa, una sfumatura o qualcosa<br />

<strong>di</strong> più, che non sia contunato nell’agg e nel<br />

suo grado.<br />

Naturalmente l’operazione <strong>di</strong> ’traduzione’ non<br />

riguarda solamente il lessico, non può non investire<br />

anche la sintassi. Così al gerun<strong>di</strong>o tanto<br />

caro alla scrittura <strong>di</strong> Boccaccio B. sostituisce<br />

la subor<strong>di</strong>nata esplicita: E essendo egli già<br />

d’anni peno <strong>di</strong>viene Quando era già piuttosto<br />

vecchio; <strong>di</strong>morando il giovane tutto solo – mentre<br />

il giovane <strong>di</strong>morava; offerendo il suo consiglio<br />

198 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

– e gli offriva la propria consulenza; ultimamente<br />

<strong>di</strong>liberando – poi decise.<br />

Il periodo ipotattico, latineggiante, del certaldese<br />

viene sciolto e risolto in una scrittura dalla<br />

ipotassi limitata. E soprattutto pre<strong>di</strong>ligendo un<br />

andamento lineare del periodo che esclude gli<br />

incisi. Analizziamo una formula come: Natan,<br />

udendo il ragionare e il fiero proponimento <strong>di</strong><br />

Mitridanes, in sé tutto si cambiò; Mitridanes,<br />

u<strong>di</strong>ta la voce e nel viso guardatolo, subitamente<br />

riconobbe ... egli, gittata via la spada, la qual<br />

per già per ferirlo aveva tirata fuori, da caval<br />

<strong>di</strong>smontato piagnendo corse a’ piè <strong>di</strong> Natan;<br />

Mitridanes, vergognandosi forte, <strong>di</strong>sse. Insomma<br />

dopo il sogg Boccaccio propone un inciso,<br />

solitamente un’implicita, non raramente però,<br />

costituita da subor<strong>di</strong>nate implicite ed esplicite;


Analisi Tecnica. Busi<br />

Natan non rispose nient’altro che:<br />

«Allora me lo sarò meritato.»<br />

A sentire quella voce e a guardarlo in faccia Mitridanes riconobbe <strong>di</strong> colpo<br />

colui che lo aveva ricevuto con benevolenza, accompagnato con cameratismo e<br />

consigliato con alta fedeltà: per cui, la mattana gli sbollì all’istante e la sua rabbia<br />

si ridusse a vergogna: buttò via la spada già estratta per colpire, si precipitò giù da<br />

cavallo, corse a piangere ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> Natan e <strong>di</strong>sse:<br />

«Voi sì che siete generoso, o antico uomo! L’ho capito vedendo con quanta<br />

<strong>di</strong>ligenza siete venuto a consegnarmi la vostra vita che io, scemo e criminale, vi<br />

avevo detto <strong>di</strong> desiderare. Ma il cielo, che sa quello che devo fare più <strong>di</strong> quanto lo<br />

sappia io, al l’ultimo momento mi ha aperto gli occhi accecati dall’invi<strong>di</strong>a, e perciò<br />

quanto più voi siete stato pronto a assecondarmi, tanto più io mi devo riconoscere<br />

pronto a scontare il mio errore: punitemi, vi prego, nella maniera che voi ritenete<br />

più giusta per il mio peccato.»<br />

Natan tirò su Mitridanes, lo abbracciò teneramente, lo baciò e gli <strong>di</strong>sse:<br />

«Bambino mio, il tuo progetto – chiamalo criminale o come altro ti pare – non<br />

richiede pentimenti o perdoni, perché tu non ti ci sei messo per o<strong>di</strong>o ma per apparire<br />

migliore. Dunque, vivi senza aver paura <strong>di</strong> me e sta’ sicuro che sulla faccia<br />

Al quale niuna altra cosa rispose Natan, se non:<br />

– Dunque, l’ho io meritato.<br />

Mitridanes, u<strong>di</strong>ta la voce e nel viso guardatolo, subitamente riconobbe lui esser colui che benignamente<br />

l’avea ricevuto e familiarmente accompagnato e fedelmente consigliato; per che <strong>di</strong> presente gli cadde il furore<br />

e la sua ira si convertì in vergogna. Laonde egli, gittata via la spada, la qual già per ferirlo aveva tirata fuori,<br />

da caval <strong>di</strong>smontato, piagnendo corse a’ piè <strong>di</strong> Natan e <strong>di</strong>sse:<br />

– Manifestamente conosco, carissimo padre, la vostra liberalità, riguardando con quanta cautela venuto<br />

siate per darmi il vostro spirito, del quale io, niuna ragione avendo, a voi medesimo <strong>di</strong>sideroso mostra’ mi;<br />

ma Id<strong>di</strong>o, più al mio dover sollicito che io stesso, a quel punto che maggior bisogno è stato gli occhi m’ha<br />

aperto dello ’ntelletto, li quali misera invi<strong>di</strong>a m’avea serrati. E per ciò quanto voi più pronto stato siete a<br />

compiacermi, tanto più mi cognosco debito alla penitenzia del mio errore; prendete adunque <strong>di</strong> me quella<br />

vendetta che convenevole estimate al mio peccato.<br />

Natan fece levar Mitridanes in piede, e teneramente l’abbracciò e baciò, e gli <strong>di</strong>sse:<br />

– Figliuol mio, alla tua impresa, chente che tu la vogli chiamare o malvagia o altrimenti, non bisogna <strong>di</strong><br />

domandar né <strong>di</strong> dar perdono, per ciò che non per o<strong>di</strong>o la seguivi, ma per potere essere tenuto migliore. Vivi<br />

B. ’traduce’ rispettivamente:Mentre ascoltava<br />

Mitridanes esporre l’efferato programma, Natan<br />

si sentiva rimescolare le budella (anticipata<br />

la temporale resa esplicita, vengono posti in<br />

sequenza sogg e vb); A sentire quella voce<br />

e a guardarlo in faccia Mitridanes riconobbe<br />

<strong>di</strong> colpo ... buttò via la spada già estratta per<br />

colpire, si precipitò giù da cavallo, corse a<br />

piangere ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> Natan (qui l’or<strong>di</strong>ne sog­vb<br />

è ottenuto grazie all’anticipazione delle temporali<br />

implicite, ed alla loro riduzione a compl <strong>di</strong><br />

tempo, le altre subor<strong>di</strong>nate implite od esplicite<br />

sono trasformate in principlali, e legate, le une<br />

alle altre per paratassi asindetica in una serie in<br />

cui le azioni si susseguono non senza efficacia,<br />

rapi<strong>di</strong>ssime); Mitridanes tutto vergognoso <strong>di</strong>sse<br />

(opportunamente il gerun<strong>di</strong>o qui viene ridotto<br />

ad agg). Di particolare interesse è l’ammodernamento<br />

del <strong>di</strong>scorso che Natan rivolge a<br />

Mitridanes, offrendogli la sua vita, per sod<strong>di</strong>sfare<br />

al <strong>di</strong>sumano proposito. Si tratta <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso in<br />

cui munificenza e paradossalità devono trovare<br />

un compromesso anche razionale oltre che<br />

stilistico nella magnificenza oratoria, che non<br />

deve tra<strong>di</strong>re la spontaneità della generosità.<br />

Boccaccio per ottenere quest’effetto propone<br />

costantemente la costruzione artificiosa della<br />

frase, la costruzione latina in particolare, per<br />

cui il complemento precede il verbo (della mia<br />

<strong>di</strong>sposizione ti meravigli; io nel mio arbitrio fui; a<br />

casa mia capitasse; ecc.); vengono enunciate le<br />

premesse e gli scopi dell’azione espressa dal vb<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 199


Analisi Tecnica. Busi<br />

della terra non vive nessuno che ti ami più <strong>di</strong> quanto ti amo io, considerata l’altezza<br />

dei tuoi investimenti sentimentali e il fatto che non ti sei dato a ammucchiare<br />

miliar<strong>di</strong> come un pitocco qualunque, bensì a spendere tutto il mucchio. E non ti<br />

vergognare <strong>di</strong> avermi voluto uccidere allo scopo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare famoso, io non me<br />

ne meraviglio mica, sai? Gli imperatori più in vista e le altre teste coronate si sono<br />

conquistati i loro regni, e <strong>di</strong> conseguenza un sacco <strong>di</strong> spazio negli incunaboli, con<br />

quasi nessun’altra arte che quella <strong>di</strong> ammazzare, e non <strong>di</strong> ammazzarne uno solo<br />

come volevi fare tu, ma tanti, per non parlare dei paesi messi a ferro e a napalm e<br />

delle città che hanno raso al suolo: tu, se volevi uccidere solo me per acquistare un<br />

po’ <strong>di</strong> celebrità, non facevi niente <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario e nemmeno <strong>di</strong> nuovo, anzi.»<br />

Mitridanes, senza smettere <strong>di</strong> battersi il petto per il suo cattivo pensiero ma<br />

applaudendo l’eccellente scusa che Natan gli aveva escogitato, nel prosieguo della<br />

conversazione arrivò a <strong>di</strong>rsi stupefatto dal sangue freddo <strong>di</strong> Natan, che gli aveva<br />

fornito l’occasione e la consulenza per fare quella cosa là. Natan gli <strong>di</strong>sse:<br />

«Caro, non è proprio il caso che tu ti stupisca per i miei consigli e per il mio<br />

atteggiamento, perché da quando io <strong>di</strong>ventai maggiorenne e mi de<strong>di</strong>cai alla stessa<br />

impresa che tu stai avviando, a casa mia non ha mai messo piede nessuno che io<br />

adunque <strong>di</strong> me sicuro, e abbi <strong>di</strong> certo che niuno altro uom vive, il quale te quant’io ami, avendo riguardo<br />

all’altezza dello animo tuo, il quale non ad ammassar denari, come i miseri fanno, ma ad ispender gli ammassati<br />

se’dato. Né ti vergognare d’avermi voluto uccidere per <strong>di</strong>venir famoso, né credere che io me ne maravigli. I<br />

sommi imperadori e i gran<strong>di</strong>ssimi re non hanno quasi con altra arte che d’uccidere, non uno uomo come<br />

tu volevi fare, ma infiniti, e ardere paesi e abbattere le città, li loro regni ampliati, e per conseguente la fama<br />

loro; per che, se tu per più farti famoso me solo uccider volevi, non maravigliosa cosa né nuova facevi, ma<br />

molto usata.<br />

Mitridanes, non iscusando il suo <strong>di</strong>sidero perverso, ma commendando l’onesta scusa da Natan trovata<br />

ad esso, ragionando pervenne a <strong>di</strong>re sé oltre modo maravigliarsi come a ciò si fosse Natan potuto <strong>di</strong>sporre<br />

e a ciò dargli modo e consiglio. Al quale Natan <strong>di</strong>sse:<br />

– Mitridanes, io non voglio che tu del mio consiglio e della mia <strong>di</strong>sposizione ti maravigli, per ciò che, poi<br />

che io nel mio albitrio fui, e <strong>di</strong>sposto a fare quello medesimo che tu hai a fare impreso, niun fu che mai a casa<br />

mia capitasse, che io nol contentasse a mio potere <strong>di</strong> ciò che da lui mi fu domandato. Venistivi tu vago della<br />

mia vita, per che, sentendolati domandare, acciò che tu non fossi solo colui che senza la sua <strong>di</strong>manda <strong>di</strong> qui<br />

(Venistivi tu vago della mia vita [reggente con un<br />

forte valore <strong>di</strong>egetico, narrativo, una temporale<br />

insomma], per che [introduzione della relativa<br />

con valore <strong>di</strong>chiarativo: <strong>di</strong> fatto è la principale<br />

logica, quella che esprime il concetto più importante],<br />

sentendolati domandare [causale che<br />

motiva la causa efficente dell’azione espressa<br />

dal verbo logicamente principale – si noti la<br />

doppia enclitica ripetuta in donarlati] acciò che<br />

non fossi solo colui [finale che motiva la causa<br />

finale dell’azione in cui incide – si noti come<br />

causa efficente e causa finale vengano chiarite<br />

prima del vb al fine <strong>di</strong> renderlo ragionevole] che<br />

senza la sua <strong>di</strong>manda <strong>di</strong> qui si partissi [relativa<br />

– un altro inciso ! – retta dal <strong>di</strong>mostrativo colui<br />

a sua volta denotato dal solo, onde l’accezione<br />

<strong>di</strong> l’unico che, che permette <strong>di</strong> considerare<br />

questa relativa come la spiegazione storica<br />

200 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

della decisione presa], prestamente <strong>di</strong>liberai <strong>di</strong><br />

donarlati [è la conclusione della <strong>di</strong>chiarativa<br />

che s’era aperta imme<strong>di</strong>atamente a ridosso<br />

della reggente: in essa Natan <strong>prof</strong>essa d’avere<br />

imme<strong>di</strong>atamente deciso <strong>di</strong> regalare la sua<br />

vita ! decisione in qualche modo paradossale,<br />

tanto più se presa rapidamente, quasi senza<br />

riflettere: tuttavia la costruzione del periodo,<br />

le anticipazioni delle cause efficente e finale,<br />

incastonate tra due enunciazioni <strong>di</strong> fatto, ’tu eri<br />

qui’ e ’saresti stato il primo’, rendono la scelta <strong>di</strong><br />

Natan meno provvisoria e peregrina], e [coor<strong>di</strong>na<br />

la precedente <strong>di</strong>chiarativa con la successiva]<br />

acciò che tu l’avessi [finale anticipa il verbo<br />

della 2ª <strong>di</strong>chiarativa e lo motiva] quel consiglio<br />

ti <strong>di</strong>e<strong>di</strong> [è la 2ª <strong>di</strong>chiarativa <strong>di</strong>pendente dalla<br />

congiunzione; pari alla prima per valore logico,<br />

ma della prima effetto imme<strong>di</strong>ato] che io credetti


Analisi Tecnica. Busi<br />

non abbia accontentato in ogni suo desiderio, per quanto mi era possibile. Ci sei<br />

venuto tu che volevi la mia pelle e, sentendotela chiedere, ho deciso imme<strong>di</strong>atamente<br />

<strong>di</strong> regalartela per non rovinarmi il record lasciandoti andar via, primo e<br />

unico, con un pugno <strong>di</strong> mosche; quin<strong>di</strong>, ti ho dato il consiglio che mi sembrava<br />

op portuno per farti avere la mia vita e non farti perdere la tua, anzi, ti ripeto e ti<br />

prego, se ti piace pren<strong>di</strong>tela e go<strong>di</strong>tela: io non so come potrei spenderla meglio.<br />

L’ho già usata ottant’anni, consumandola nei miei piaceri e nei miei <strong>di</strong>vertimenti,<br />

e so che, se seguiamo il corso della natura come fanno in genere gli uomini e<br />

tutto il resto, mi può durare ancora per poco, quin<strong>di</strong> mi sembra molto meglio<br />

darla via come ho sempre dato via i sol<strong>di</strong>, piuttosto che chiuderla in una stanza<br />

blindata per farmela rubare da quella ladra della natura. Regalare cento anni è<br />

una cosa da niente: dunque, quanto vuoi che mi costi regalare quei sette o otto<br />

anni che mi restano? Se vuoi la mia pelle piglia tela, per favore, perché per tutto il<br />

tempo che ci sono vissuto dentro non ho mai trovato nessuno che la desiderasse<br />

e non so proprio quando ne potrei trovare uno, se non la pigli tu che me la chie<strong>di</strong>.<br />

Oltretutto, ammesso che ne trovassi qualcuno, mi rendo conto che più a lungo<br />

la conservo e più <strong>di</strong>minuisce <strong>di</strong> valore: perciò pren<strong>di</strong>la prima che non valga più<br />

niente, te ne supplico.»<br />

Mitridanes tutto vergognoso <strong>di</strong>sse:<br />

«Dio mi guar<strong>di</strong> non solo dal prendere una cosa così preziosa come la vostra vita<br />

si partisse, prestamente <strong>di</strong>liberai <strong>di</strong> donarlati, e acciò che tu l’avessi, quel consiglio ti <strong>di</strong>e<strong>di</strong> che io credetti che<br />

buon ti fosse ad aver la mia e non perder la tua; e per ciò ancora ti <strong>di</strong>co e priego che, s’ella ti piace, che tu la<br />

prenda e te medesimo ne so<strong>di</strong>sfaccia: io non so come io la mi possa meglio spendere. Io l’ho adoperata già<br />

ottanta anni, e ne’miei <strong>di</strong>letti e nelle mie consolazioni usata; e so che, seguendo il corso della natura, come<br />

gli altri uomini fanno e generalmente tutte le cose, ella mi può omai piccol tempo esser lasciata; per che io<br />

giu<strong>di</strong>co molto meglio esser quella donare, come io ho sempre i miei tesori donati e spesi, che tanto volerla<br />

guardare, che ella mi sia contro a mia voglia tolta dalla natura.<br />

Piccol dono è donare cento anni; quanto adunque è minor donarne sei o otto che io a star ci abbia? Pren<strong>di</strong>la<br />

adunque, se ella t’aggrada, io te ne priego; per ciò che, mentre vivuto ci sono, niuno ho ancor trovato che<br />

<strong>di</strong>siderata l’abbia, né so quando trovar me ne possa veruno, se tu non la pren<strong>di</strong> che la <strong>di</strong>man<strong>di</strong>. E se pure<br />

avvenisse che io ne dovessi alcun trovare, conosco che, quanto più la guarderò, <strong>di</strong> minor pregio sarà; e però,<br />

anzi che ella <strong>di</strong>venga più vile, pren<strong>di</strong>la, io te ne priego.<br />

Mitridanes, vergognandosi forte, <strong>di</strong>sse:<br />

– Tolga Id<strong>di</strong>o che così cara cosa come la vostra vita è, non che io, da voi <strong>di</strong>videndola, la prenda, ma pur la<br />

che buon ti fossi a aver la mia e non perder<br />

la tua [una relativa un’oggettiva una finale<br />

implicita costituiscono il complesso periodo<br />

fortemente argomentativo: giacché è ben vero<br />

che la decisione d’accontetare la terribile richiesta<br />

ha del paradosso; suggerire i mo<strong>di</strong> per<br />

farsela togliere significa con<strong>di</strong>viderne il progetto,<br />

insomma decidere <strong>di</strong> suicidarsi, cosa che non<br />

si confà alla figura morale del protagonista della<br />

novella. Ecco che il consiglio è necessario e<br />

consegue dalla necessità <strong>di</strong> scegliere tra la vita<br />

del giovane e la sua] e per ciò ancora ti <strong>di</strong>co e<br />

ti priego [è la parte persuasoria del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong><br />

Natan, che non a caso ricorre alla en<strong>di</strong>a<strong>di</strong>] che<br />

[oggettiva, <strong>di</strong>remmo naturalmente interrotta<br />

dopo l’introduzione sintattica] , s’ella ti piace<br />

[formula <strong>di</strong> cortesia e <strong>di</strong> modestia], tu la prenda<br />

e te medesimo ne so<strong>di</strong>sfaccia [viene esplicitata<br />

la preghiera, vero nucleo fondante del <strong>di</strong>scorso<br />

<strong>di</strong> Natan ed insieme nucleo narrativo, dal quale<br />

alla fin fine prende le mosse la novella stessa;<br />

non è senza senso che ci si trovi <strong>di</strong> fronte ad<br />

un’altra en<strong>di</strong>a<strong>di</strong>, non a caso per due volte<br />

ricorre il pronome personale a petto del quale<br />

sarà opposto quello <strong>di</strong> prima persona ripetuto<br />

anch’esso due volte: tu-(te medesimo)-io-io]: io<br />

non so come io la mi possa meglio spendere.<br />

La ’traduzione’ restituisce al complesso periodo<br />

la sua naturalezza, evitando le incisive, talora<br />

sopprimendole; lasciando, tuttavia, l’ampia<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 201


Analisi Tecnica. Busi<br />

ma anche soltanto dal desiderare <strong>di</strong> sopprimerla come facevo prima; se potessi,<br />

altro che rubarvi degli anni, ve ne regalerei un po’ dei miei.»<br />

Subito Natan <strong>di</strong>sse:<br />

«Potendo, me ne regaleresti? E mi lasceresti fare a te quello che non ho mai<br />

fatto a nessuno, cioè prendere qualcosa <strong>di</strong> tuo, io che non ho mai preso niente a<br />

nessuno?»<br />

«Sì» <strong>di</strong>sse in fretta Mitridanes<br />

«Allora» <strong>di</strong>sse Natan «farai quello che ti <strong>di</strong>rò. Tu, giovane come sei, resterai qui<br />

nella mia casa e ti chiamerai Natan, io me ne andrò nella tua e mi farò chiamare<br />

Mitridanes.»<br />

Mitridanes rispose,<br />

«Se sapessi comportarmi bene come sapete voi e avete sempre saputo fare,<br />

non ci penserei due volte a accettare la vostra offerta, ma temo proprio che le mie<br />

azioni farebbero calare la popolarità <strong>di</strong> Natan, e visto che non mi va <strong>di</strong> rovinare<br />

a un altro quello che non so far riuscire a me, non accetto.»<br />

Discussero a lungo amabilmente <strong>di</strong> questo e <strong>di</strong> altro, poi Natan pretese che<br />

<strong>di</strong>sideri, come poco avanti faceva; alla quale non che io <strong>di</strong>minuissi gli anni suoi, ma io l’aggiugnerei volentier<br />

de’ miei, se io potessi.<br />

A cui prestamente Natan <strong>di</strong>sse:<br />

– E, se tu puoi, vuo’nele tu aggiugnere, e farai a me fare verso <strong>di</strong> te quello che mai verso alcuno altro non<br />

feci, cioè delle tue cose pigliare, che mai dell’altrui non pigliai?<br />

– Sì, – <strong>di</strong>sse subitamente Mitridanes.<br />

– Adunque, – <strong>di</strong>sse Natan – farai tu come io ti <strong>di</strong>rò. Tu ti rimarrai, giovane come tu se’, qui nella mia casa,<br />

e avrai nome Natan, e io me n’andrò nella tua e farommi sempre chiamar Mitridanes.<br />

Allora Mitridanes rispose:<br />

– Se io sapessi così bene operare come voi sapete e avete saputo, io prenderei senza troppa <strong>di</strong>liberazione quello<br />

che m’offerete; ma per ciò che egli mi pare esser molto certo che le mie opere sarebbon <strong>di</strong>minuimento della<br />

fama <strong>di</strong> Natan, e io non intendo <strong>di</strong> guastare in altrui quello che in me io non acconciare nol prenderò.<br />

Questi e molti altri piacevoli ragionamenti stati tra Natan e Mitridanes, come a Natan piacque, insieme<br />

architettura ipotattica, in cui prevalgono le consecutive<br />

e le finali: Ci sei venuto tu (reggente) che<br />

volevi la mia pelle (relativa) e (coor<strong>di</strong>nazione<br />

con valore consecutivo), sentendotela chiedere<br />

(causale implicita), ho deciso (coor<strong>di</strong>nata<br />

alla reggente, ma logicamente consecutiva)<br />

imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong> regalartela (oggettiva) per<br />

non rovinarmi il record (finale negativa, che<br />

rende la decisione <strong>di</strong> Natan frutto <strong>di</strong> un calcolo,<br />

in qualche misura egoistico, mentre, si ricorderà<br />

in Boccaccio, l’argomentazione serviva ad<br />

allontanare il sospetto d’una condotta ’immorale’)<br />

lasciandoti andar via, primo e unico, con<br />

un pugno <strong>di</strong> mosche (temporale implicita);<br />

quin<strong>di</strong> ti ho dato il consiglio (consecutiva) che<br />

mi sembrava op portuno (relativa) per farti avere<br />

la mia vita e non farti perdere la tua (finale), anzi<br />

(avversativa), ti ripeto e ti prego (incisa, due<br />

principali coor<strong>di</strong>nate), se ti piace (ipotetica <strong>di</strong><br />

2º grado) pren<strong>di</strong>tela e go<strong>di</strong>tela (due esortative<br />

coor<strong>di</strong>nate): io non so come potrei spenderla<br />

202 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />

meglio. La modernizzazione del linguaggio impone<br />

la maggiore facilità della costruzione, ma,<br />

insieme con questa, una maggiore semplicità<br />

nei rapporti interpersonali: insomma l’imperativo<br />

alla liberalità del Natan boccacciano è avvertito<br />

da Busi come inattuale: più cre<strong>di</strong>bile, più probabile,<br />

la ricerca del record. Inattuali la prudenza<br />

nell’esprimere il proprio pensiero ed il bisogno<br />

<strong>di</strong> giustificarlo esponendone prima le cause,<br />

illuminandone le finalità. La società moderna<br />

dà spesso l’impressione <strong>di</strong> voler ignorare ogni<br />

problematizzazione e B. non poteva non tener<br />

conto <strong>di</strong> ciò.<br />

La scelta <strong>di</strong> B. è non solo dal punto <strong>di</strong> vista della<br />

sintassi, ma anche da quello del lessico per il<br />

linguaggio col loquiale, moderno, fortemente<br />

connotato dai luoghi comuni della cultura moderna<br />

come strada <strong>di</strong> grande traffico; a fatti e<br />

non a chiacchiere; in tempo record; viaggiatori<br />

da Carta Oro (alludendo alle carte <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to);<br />

però un giorno successe che ...; ... buttava giù


Analisi Tecnica. Busi<br />

tornassero assieme al palazzo, dove per parecchi giorni Natan fece un sacco <strong>di</strong> feste<br />

a Mitridanes e lo riempì <strong>di</strong> consigli e <strong>di</strong> suggerimenti incoraggiandolo a portare<br />

avanti la sua grande impresa. E quando Mitridanes se ne volle tornare a casa con<br />

i suoi amici, Natan lo lasciò andare: tanto, l’aveva già perfettamente convinto che<br />

non avrebbe mai potuto superarlo in generosità.<br />

verso il palagio se ne tornarono, dove Natan più giorni sommamente onorò Mitridanes, e lui con ogni ingegno<br />

e saper confortò nel suo alto e grande proponimento. E volendosi Mitridanes con la sua compagnia ritornare<br />

a casa, avendogli Natan assai ben fatto conoscere che mai <strong>di</strong> liberalità nol potrebbe avanzare, il licenziò.<br />

le proprie quotazioni...; che crack !...; ... lo faccio<br />

sparire dalla faccia della terra.. ; abbigliamento<br />

molto casual.. ; ... fece sistemare Mitridanes in<br />

una suite bellissima...; non mi ha mai promosso<br />

a <strong>di</strong>rigente...; si sentiva rimescolare le budella<br />

...; dopo che ... ebbe dato la soffiata... Tale modernizzazione<br />

sortisce, spesso, esiti apprezzabili<br />

come nel caso <strong>di</strong>: Mitridanes, u<strong>di</strong>ta la voce ...,<br />

subitamente riconobbe lui ... per che <strong>di</strong> presente<br />

gli cadde il furore e la sua ira si convertì in<br />

vergogna / A sentire quella voce ... Mitridanes<br />

riconobbe <strong>di</strong> colpo ... per cui, la mattana gli<br />

sbollì all’istante e la sua sua rabbia si ridusse a<br />

vergogna. O nel caso <strong>di</strong>: Queste parole porsero<br />

alcuna speranza a Mitridanes <strong>di</strong> potere con più<br />

solido consiglio e con più salvezza dare effetto<br />

al suo perverso inten<strong>di</strong>mento / Queste parole<br />

fecero appigliare Mitridanes alla speranza <strong>di</strong><br />

poter mettere in atto il suo perfido pro getto con<br />

più organizzazione e meno alla <strong>di</strong>sperata. Altre<br />

volte s’avverte certa inutile forzatura: è il caso <strong>di</strong>:<br />

Figliuol mio / Bambino mio; non hanno quasi con<br />

altra arte che d’uccidere / con quasi nessun’altra<br />

arte che quella <strong>di</strong> ammazzare. Altre volte il<br />

registro della traduzione non contrasta tanto con<br />

l’originale che, comunque, conserva – soprattutto<br />

in questa decima giornata – un fine decoro<br />

retorico, quanto col registro predominante della<br />

stessa ’traduzione’: Natan quasi ogni mattina<br />

va tutto solo, prendendo <strong>di</strong>porto per ben lungo<br />

spazio; quivi leggier cosa ti fia il trovarlo e farne il<br />

tuo piacere / Natan ci va a fare un po’ <strong>di</strong> footing<br />

da solo quasi tutte le mattine e per parecchio<br />

tempo. Ti sarà facilissimo beccarlo lì e fare <strong>di</strong> lui<br />

quello che ti pare, dove non solo l’attività ginnica<br />

pare sproporzionata ad un uomo anziano, ma<br />

anche beccarlo, suppone un registro familiare<br />

da essere gergale. Se, infatti, beccare, ha, pure<br />

nel livello familiare, tra<strong>di</strong>zione letteraria nell’accezione<br />

<strong>di</strong> guadagnare, il riferimento alle persone,<br />

nel significato perciò <strong>di</strong> sorprendere, incontrare<br />

<strong>di</strong> sorpresa, è – <strong>di</strong>ffusissimo – del tutto moderno<br />

e giovanile. Un altro caso in cui la opzione per il<br />

linguaggio moderno sembra se non altro inutile<br />

è costituito dal napalm che gli imperatori più in<br />

vista userebbero per <strong>di</strong>struggere le città, là dove<br />

Boccaccio aveva scritto: i sommi imperadori...<br />

non hanno quasi con altra arte che d’uccidere,<br />

..., e ardere paesi e abbattere città. Oppure<br />

dopo che ... gli ebbe dato la soffiata che traduce<br />

il pur moderno (dal punto <strong>di</strong> vista lessicale)<br />

ricevuta la informazione.<br />

Quanto s’è detto non valga se non per evidenziare<br />

le caratteristiche dei due tipi d’italiano, e<br />

nella speranza che il giovane lettore si appropri<br />

della molteplicità degli stili per trarne uno suo<br />

proprio.<br />

Dalla ſcrittura alla letteratura • 203

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