Esercizi di analisi testuale - prof. Leonardo Sebastio
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<strong>Leonardo</strong> <strong>Sebastio</strong><br />
DALLA SCRITTURA<br />
ALLA LETTERATURA<br />
BARI 20100
SCRIVERE<br />
La scrittura è l’arte <strong>di</strong> formare caratteri dell’alfabeto d’una lingua, <strong>di</strong> combinarli, <strong>di</strong> comporne<br />
parole, tracciandoli in modo chiaro, netto, preciso, <strong>di</strong>stinto, elegante e facile; è ciò che si esegue<br />
comunemente su un foglio <strong>di</strong> carta con una penna e con l’inchiostro.<br />
Dobbiamo constatare che l’arte della scrittura viene trascurata molto. È così riprovevole scrivere<br />
male o vantarsi <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>fetto, come sarebbe una pronunzia <strong>di</strong>fettosa e vantarsene; si parla e si<br />
scrive per farsi capire. Non è affatto necessario che un bambino, sorretto da una fortunata con<strong>di</strong>zione<br />
economica, sappia scrivere come un maestro <strong>di</strong> scuola; ma chi proviene da una con<strong>di</strong>zione<br />
economica non florida e trovi modo <strong>di</strong> perfezionarsi nella scrittura, non avrebbe piena coscienza<br />
dell’importanza <strong>di</strong> questa risorsa, se la trascurasse. Per un caso in cui c’è bisogno <strong>di</strong> qualcuno che<br />
sappia <strong>di</strong>segnare, se ne verificano cento in cui c’è bisogno <strong>di</strong> qualcuno che sappia scrivere bene.<br />
Non esiste un posto fisso destinato a <strong>di</strong>segnatori, ce ne sono un’infinità per gli scrivani. Sono pochi<br />
i fanciulli ai quali si insegna il <strong>di</strong>segno: a tutti si insegna a scrivere.<br />
1º Per scrivere bisogna cominciare col possedere una penna d’oca tagliata.<br />
La penna d’oca può essere tagliata grossa o sottile a seconda della forza del carattere che ci si<br />
propone <strong>di</strong> tracciare, e a seconda della natura <strong>di</strong> questo carattere.<br />
Per le scritture rotonda, posata, grossa, me<strong>di</strong>a e piccola, la penna dev’essere <strong>di</strong>visa per un po’<br />
meno <strong>di</strong> due linee, forata all’altezza della fen<strong>di</strong>tura, e scavata sopra i due angoli che separano il<br />
taglio lungo dal becco della penna, in modo che il becco della penna abbia la lunghezza della fessura;<br />
e che lo spigolo del becco che corrisponde al pollice sia più lungo e più largo dell’altro per ogni<br />
tipo <strong>di</strong> scrittura a mano posata: la punta della penna dev’essere tagliata obliquamente ed il taglio<br />
lungo abbia il doppio della lunghezza<br />
del becco.<br />
Per la bastarda, la fen<strong>di</strong>tura<br />
dev’essere lunga due linee, o almeno<br />
più larga che per la rotonda; i lati della<br />
punta siano meno scavati; il taglio<br />
grande deve essere una volta e mezzo<br />
la lunghezza della punta, e l’estremità<br />
della punta deve essere anche tagliata<br />
obliquamente come per la rotonda.<br />
Per la corsiva grossa, me<strong>di</strong>a e<br />
piccola, e per i tratti della rotonda e<br />
della bastarda, la fen<strong>di</strong>tura deve essere<br />
lunga tre linee; i suoi lati devono<br />
essere pressoché <strong>di</strong>ritti, e gli spigoli<br />
degli angoli eguali, e il grande taglio<br />
abbia la stessa lunghezza della punta<br />
o della fen<strong>di</strong>tura.<br />
Il piccolo strumento d’acciaio <strong>di</strong><br />
cui ci si serve per tagliare la penna, si<br />
chiama temperino.<br />
2º La posizione del corpo. I maestri<br />
vogliono che il fianco sinistro<br />
sia più vicino allo scrittoio <strong>di</strong> quanto<br />
non lo sia il destro; che i gomiti cadano<br />
mollemente sulla tavola; che il<br />
peso del corpo sia tutto sostenuto dal<br />
braccio sinistro; che la gamba sinistra<br />
sia, sotto il tavolo, più in avanti della<br />
destra; che il braccio sinistro poggi<br />
completamente sullo scrittoio; che<br />
il suo gomito, in corrispondenza del<br />
bordo, sia <strong>di</strong>stanziato da corpo circa<br />
cinque <strong>di</strong>ta, che non ci siano che quat
tro o cinque <strong>di</strong>ta <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza tra il corpo ed il braccio destro; che la mano sinistra tenga fermo e<br />
<strong>di</strong>riga il foglio; che la mano destra poggi lievemente sullo scrittoio, in modo tale che ci sia uno spazio<br />
<strong>di</strong> circa un <strong>di</strong>ametro d’una penna or<strong>di</strong>naria tra l’inizio del <strong>di</strong>to mignolo e il piano della tavola, per la<br />
scrittura rotonda, e che l’intervallo sia un po’ meno per la bastarda; che la mano penda un po’ fuori<br />
per questa; e che sia un po’ più dritta per la prima; che la posizione del braccio non vari finché la<br />
<strong>di</strong>rezione del rigo non lo richieda; che delle cinque <strong>di</strong>ta le prime tre stringano la penna mentre le<br />
altre due siano ripiegate sotto la mano, e separate dalle prime tre <strong>di</strong> un mezzo <strong>di</strong>to; che il pollice<br />
sia leggermente flesso; che la sua punta sia un poco più su della fen<strong>di</strong>tura della penna; che tra la<br />
sua unghia e la penna ci sia la <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> una linea; che l’in<strong>di</strong>ce sia mollemente allungato sino alla<br />
metà dell’unghia del pollice; che l’estremità del pollice corrisponda a metà dell’unghia dell’in<strong>di</strong>ce,<br />
e lasci tra la sua unghia e la penna l’intervallo <strong>di</strong> una linea; che la penna non sia troppo inclinata,<br />
né troppo dritta; che il pugno sia posato sullo scrittoio assai leggermente, e che sia nella <strong>di</strong>rezione<br />
del braccio, senza essere ripiegato né all’interno né all’esterno.<br />
3º I movimenti. Ad essere precisi se ne <strong>di</strong>stinguono due, benché ce ne siano molti: il movimento<br />
delle <strong>di</strong>ta e quello del braccio; il primo è connesso alle lettere minuscole e ad alcune maiuscole; il<br />
secondo, alle lettere iniziali capitali, ai tratti, ai passaggi, agli svolazzi, e per la maggior parte delle<br />
maiuscole.<br />
Ho già detto che ce ne sarebbero ben <strong>di</strong> più, perché esistono circostanze che esigono movimenti<br />
coor<strong>di</strong>nati delle <strong>di</strong>ta e del pugno, delle <strong>di</strong>ta e del braccio. I primi si verificano nella scrittura <strong>di</strong> molte<br />
maiuscole; il secondo durante il tracciato delle code <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> lettere come la F e la G.<br />
4º Conoscere gli effetti della penna. Si riducono a due: i pieni e i sottili. In generale si chiama<br />
pieno tutto ciò che non è prodotto dalla sola punta della penna; sottile si chiama il segno lasciato<br />
dalla punta; la <strong>di</strong>rezione non c’entra. Sottile si <strong>di</strong>ce il tratto più esiguo che la penna può produrre;<br />
tutto ciò che non è questo segno si <strong>di</strong>ce pieno. Di qui si deduce che non esiste che un solo tratto<br />
sottile, e molti tipi <strong>di</strong> pieno.<br />
5º Distinguere le posizioni della<br />
penna. Non è possibile che le posizioni<br />
non varino all’infinito: ma l’arte li<br />
riduce a tre principali: cioè la penna <strong>di</strong><br />
faccia, o obliqua, o <strong>di</strong> traverso. Si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />
faccia la penna quando allungando e<br />
piegando le <strong>di</strong>ta verticalmente produce<br />
un pieno perpen<strong>di</strong>colare che ha tutta<br />
la larghezza della punta; è chiaro che<br />
quando sia mossa orizzontalmente<br />
essa traccerà un sottile. La penna si<br />
<strong>di</strong>ce obliqua in tutte le situazioni in cui<br />
l’asta che produce è minore <strong>di</strong> quella<br />
che fa <strong>di</strong> faccia, e più marcata del sottile;<br />
è evidente allora che bisogna muoverla<br />
obliquamente per farle tracciare una<br />
linea sottile. La penna è <strong>di</strong> traverso nella<br />
situazione <strong>di</strong>ametralmente opposta a<br />
quella <strong>di</strong> faccia, cioè quando viene mossa<br />
orizzontalmente produce un segno<br />
che ha tutta la larghezza della punta;<br />
nel caso sia mossa pepen<strong>di</strong>colarmente,<br />
traccia una linea sottile.<br />
6º Applicare opportunamente le<br />
posizioni della penna. Si tiene la penna<br />
<strong>di</strong> faccia solo per alcune maiuscole o<br />
lettere terminanti con un sottile, per le<br />
minuscole come la s e la t. Così nel caso<br />
si tenga la penna <strong>di</strong> traverso. Perciò la<br />
posizione obliqua, a mezzo tra le due,<br />
che possono essere visti come i suoi<br />
limiti, è la madre <strong>di</strong> tutte le scritture.<br />
7º Scrivere. Per questo risultato<br />
6 • Dalla ſcrittura alla letteratura
isogna esercitarsi a lungo applicando gli insegnamenti a scritture ampie e larghe, prima <strong>di</strong> passare<br />
alle piccole e minute. Bisogna cominciar con i tratti più semplici ed elementari, e fermarsi solamente<br />
quando li si esegue alla perfezione; <strong>di</strong>segnare i sottili, i pieni, o aste; tracciare un sottile orizzontale<br />
da sinistra a destra, e chiuderlo con un’asta perpen<strong>di</strong>colare; tracciare un sottile orizzontale da<br />
destra a sinistra, e chiuderlo con un’asta perpen<strong>di</strong>colare; formare righe intere <strong>di</strong> sottili e <strong>di</strong> aste,<br />
<strong>di</strong>segnate alternatamente e <strong>di</strong> seguito; formare quadrati <strong>di</strong> due sottili e <strong>di</strong> due pieni paralleli tra loro;<br />
in seguito passare ai ton<strong>di</strong>, o imparare a collocare sottili e pieni; eseguire le lettere; imapare le loro<br />
forme generali, la proporzione delle loro <strong>di</strong>verse parti, i loro sottili, i loro pieni eccetera, comporre<br />
le lettere, tracciare le parole, tracciare le linee.<br />
Tutte le lettere sono rapportate alla I e alla O. […] Queste due vocali vengono chiamate lettere<br />
ra<strong>di</strong>cali […].<br />
Si <strong>di</strong>stingono molti tipi <strong>di</strong> scrittura chiamate rotonda, bastarda, legata, eccetera<br />
Dall’Encyclope<strong>di</strong>e ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, par une société de gens de lettres,<br />
Parigi, Briasson, David, Le Breton, Durand, 1751-1772, voce ecriture (Art méch.).<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 7
ANALISI TECNICA<br />
DELLA SCRITTURA<br />
DI SCRITTORI ITALIANI<br />
DALL’ 800 AL 2010
ALESSANDRO MANzONI<br />
I pROMESSI SpOSI<br />
cap. I<br />
Quel ramo del lago <strong>di</strong> Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non<br />
interrotte <strong>di</strong> monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare<br />
<strong>di</strong> quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura <strong>di</strong> fiume,<br />
tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che<br />
ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione,<br />
e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar<br />
poi nome <strong>di</strong> lago dove le rive, allontanandosi <strong>di</strong> nuovo, lascian l’acqua <strong>di</strong>stendersi<br />
e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. La costiera, formata dal deposito <strong>di</strong> tre<br />
grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto <strong>di</strong> san Martino,<br />
l’altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in<br />
vero lo fanno somigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo, purché sia<br />
<strong>di</strong> fronte, come per esempio <strong>di</strong> su le mura <strong>di</strong> Milano che guardano a settentrione,<br />
non lo <strong>di</strong>scerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli<br />
altri monti <strong>di</strong> nome più oscuro e <strong>di</strong> forma più comune. Per un buon pezzo, la<br />
costa sale con un pendìo lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli,<br />
in erte e in ispianate, secondo l’ossatura de’ due monti, e il lavoro dell’acque. Il<br />
lembo estremo, tagliato dalle foci de’ torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il<br />
resto, campi e vigne, sparse <strong>di</strong> terre, <strong>di</strong> ville, <strong>di</strong> casali; in qualche parte boschi, che si<br />
prolungano su per la montagna. Lecco, la principale <strong>di</strong> quelle terre, e che dà nome<br />
al territorio, giace poco <strong>di</strong>scosto dal ponte, alla riva del lago, anzi viene in parte a<br />
trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: un gran borgo al giorno d’oggi, e<br />
che s’incammina a <strong>di</strong>ventar città. Ai tempi in cui accaddero i fatti che pren<strong>di</strong>amo<br />
a raccontare, quel borgo, già considerabile, era anche un castello, e aveva perciò<br />
l’onore d’alloggiare un comandante, e il vantaggio <strong>di</strong> possedere una stabile guarni-<br />
Il romanzo si apre dunque con la descrizione dei luoghi: scopo è quello <strong>di</strong> fornire al lettore<br />
precise coor<strong>di</strong>nate geografiche entro le quali si svolgerà, realisticamente, l'azione. Questa poi<br />
andrà ad inserirsi in un altrettanto preciso e riconoscibile contesto storico, che ne determina<br />
in buona misura lo svolgimento: così che vicende dei personaggi e avvenimenti politici attirano<br />
in egual misura l'attenzione dello scrittore, che conoscendo le une e gli altri stabilisce rapporti<br />
causali reciproci e all’interno <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> loro. Insomma il romanzo storico racconta<br />
vicende e sentimenti così come sono determinati dalla (e determinano la) società politica e<br />
<strong>di</strong>plomatica. Il romanzo storico si proietta in un passato più o meno lontano.<br />
Lo stile. La sintassi.<br />
Il 1º periodo del romanzo è costituito da 10<br />
proposizioni: due reggenti coor<strong>di</strong>nate: 1) quel<br />
ramo... vien... a ristringersi.; 2) il ponte... par ...<br />
La 1ª reggente contiene una sola subor<strong>di</strong>nata relativa;<br />
la 2ª ne conta sette, <strong>di</strong> cui tre relative (la 2ª<br />
e la 3ª coord. tra loro), due oggettive coor<strong>di</strong>nate,<br />
una finale implicita, una locativa. Tanto nella 1ª<br />
quanto nella 2ª reggente il soggetto è seguito da<br />
una relativa (nella locativa il soggetto è <strong>di</strong>stanziato<br />
dal vb mercé una causale al gerun<strong>di</strong>o). Nella<br />
1ª, poi, a bilanciare il numero delle <strong>di</strong>pendenti,<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 11
Analisi Tecnica. Manzoni<br />
gione <strong>di</strong> soldati spagnoli, che insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del<br />
paese, accarezzavan <strong>di</strong> tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre;<br />
e, sul finir dell’estate, non mancavan mai <strong>di</strong> spandersi nelle vigne, per <strong>di</strong>radar l’uve,<br />
e alleggerire a’ conta<strong>di</strong>ni le fatiche della vendemmia. Dall’una all’altra <strong>di</strong> quelle<br />
terre, dall’alture alla riva, da un poggio all’altro, correvano, e corrono tuttavia,<br />
strade e stradette, più o men ripide, o piane; ogni tanto affondate, sepolte tra due<br />
muri, donde, alzando lo sguardo, non iscoprite che un pezzo <strong>di</strong> cielo e qualche<br />
vetta <strong>di</strong> monte; ogni tanto elevate su terrapieni aperti: e da qui la vista spazia per<br />
prospetti più o meno estesi, ma ricchi sempre e sempre qualcosa nuovi, secondo<br />
che i <strong>di</strong>versi punti piglian più o meno della vasta scena circostante, e secondo che<br />
questa o quella parte campeggia o si scorcia, spunta o sparisce a vicenda. Dove<br />
un pezzo, dove un altro, dove una lunga <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> quel vasto e variato specchio<br />
dell’acqua; <strong>di</strong> qua lago, chiuso all’estremità o piuttosto smarrito in un gruppo, in<br />
un an<strong>di</strong>rivieni <strong>di</strong> montagne, e <strong>di</strong> mano in mano più allargato tra altri monti che<br />
si spiegano, a uno a uno, allo sguardo, e che l’acqua riflette capovolti, co’ paesetti<br />
posti sulle rive; <strong>di</strong> là braccio <strong>di</strong> fiume, poi lago, poi fiume ancora, che va a perdersi<br />
in lucido serpeg giamento pur tra’ monti che l’accompagnano, degradando via via, e<br />
perdendosi quasi anch’essi nell’orizzonte. Il luogo stesso da dove contemplate que’<br />
vari spettacoli, vi fa spettacolo da ogni parte: il monte <strong>di</strong> cui passeggiate le falde, vi<br />
svolge, al <strong>di</strong> sopra, d’intorno, le sue cime e le balze, <strong>di</strong>stinte, rilevate, mutabili quasi<br />
a ogni passo, aprendosi e contornandosi in gioghi ciò che v’era sembrato prima<br />
un sol giogo, e comparendo in vetta ciò che poco innanzi vi si rappresentava sulla<br />
costa: e l’ameno, il domestico <strong>di</strong> quelle falde tempera gradevolmente il selvaggio,<br />
e orna vie più il magnifico dell’altre vedute.<br />
Per una <strong>di</strong> queste stra<strong>di</strong>cciole, tornava bel bello dalla passeggiata verso casa,<br />
sulla sera del giorno 7 novembre dell’anno 1628 don Abbon<strong>di</strong>o, curato d’una delle<br />
terre accennate <strong>di</strong> sopra: il nome <strong>di</strong> questa, nè il casato del personaggio, non si<br />
trovan nel manoscritto, nè a questo luogo nè altrove. Diceva tranquillamente il<br />
Manzoni si propone in prima persona: e lo fa pre sentandosi come narratore – I fatti che<br />
pren<strong>di</strong>amo a rac contare –; anzi, sembra segnare il passaggio dalla descrizione dei luoghi,<br />
geogra fica, a quella storica dei fatti. L’autore affronta la narra zione ricorrendo alla ironia, cioè<br />
affermando una cosa, inse gnavan la modestia, per intendere il contrario. Nello specifico l’ironia<br />
nasce dalla conoscenza che l’autore ha della storia e delle sue leggi etiche, che valuta i<br />
compor tamenti per <strong>di</strong>r così immorali degli uomini.<br />
Poi la descrizione riprende, facendo attenzione a farla apparire realistica tanto che il lettore<br />
è chiamato a parte cipare <strong>di</strong>rettamente, corrono tut tavia, non iscoprite, da dove con template,<br />
vi fa spettacolo. L’orizzonte non è più quello ampio dei monti, ma quello più limitato e vario<br />
del circondario <strong>di</strong> Lecco. L’attenzione si accentra sulle strade che percorrono la costa, su una<br />
delle quali prenderà avvio la vicenda oggetto del romanzo.<br />
tra il soggetto ed il vb sono collocate alcune<br />
incisive che rallentano l’enunciato, permettendo<br />
l’introduzione <strong>di</strong> particolari che acquistano<br />
rilievo proprio per la posizione antece dente al<br />
vb, il quale per altro, per <strong>di</strong>r così, <strong>di</strong>laga perché,<br />
<strong>di</strong> valore fraseo logico con significato durativo,<br />
regge due infiniti coord., ma logicamente consequen<br />
ziali. Lo schema sintattico della 1ª e della<br />
2ª reggente è pressoché identico: sogg., relat.,<br />
12 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
vb, espansioni del vb. Anche il secondo periodo<br />
è sintat ticamente ampio: torna la caratteristica<br />
<strong>di</strong>visione del sogg. dal vb: in questo caso è<br />
la frase implicita, risolvibile in una relativa. Ma<br />
ve<strong>di</strong> il ripetersi del <strong>di</strong>stanziamento anche nella<br />
consecutiva introdotta da talché. Qui tra il sogg.<br />
ed il vb si collocano tra l’altro una concessiva<br />
ed una relativa. Così nei perio<strong>di</strong> più brevi come<br />
il lembo estremo... è...; e dopo Lecco... giace.
Analisi Tecnica. Manzoni<br />
suo ufizio, e talvolta, tra un salmo e l’altro, chiudeva il breviario, tenendovi dentro,<br />
per segno, l’in<strong>di</strong>ce della mano destra, e, messa poi questa nell’altra <strong>di</strong>etro la<br />
schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, e buttando con un piede<br />
verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero: poi alzava il viso, e,<br />
girati oziosamente gli occhi all’intorno, li fissava alla parte d’un monte, dove la<br />
luce del sole già scomparso, scappando per i fessi del monte opposto, si <strong>di</strong>pingeva<br />
qua e là sui massi sporgenti, come a larghe e inuguali pezze <strong>di</strong> porpora. Aperto<br />
poi <strong>di</strong> nuovo il breviario, e recitato un altro squarcio, giunse a una voltata della<br />
stradetta dov’era solito d’alzar sempre gli occhi dal libro, e <strong>di</strong> guardarsi <strong>di</strong>nanzi:<br />
e così fece anche quel giorno. Dopo la voltata, la strada correva <strong>di</strong>ritta, forse un<br />
sessanta passi, e poi si <strong>di</strong>videva in due viottole, a foggia d’un ipsilon: quella a destra<br />
saliva verso il monte, e menava alla cura: l’altra scendeva nella valle fino a<br />
un torrente; e da questa parte il muro non arrivava che all’anche del passeggiero.<br />
I muri interni delle due viottole in vece <strong>di</strong> riunirsi ad angolo terminavano in un<br />
tabernacolo sul quale eran <strong>di</strong>pinte certe figure lunghe, serpeg gianti, che finivano<br />
in punta, e che, nell’intenzion dell’artista, e agli occhi degli abitanti del vicinato<br />
volevan <strong>di</strong>r fiamme; e, alternate con le fiamme, cert’altre figure da non potersi<br />
descrivere, che volevan <strong>di</strong>re anime del purgatorio: anime e fiamme a color <strong>di</strong> mattone,<br />
sur un fondo bigiognolo, con qualche scalcinatura qua e là. Il curato, voltata<br />
la stradetta, e <strong>di</strong>rizzando, com’era solito, lo sguardo al tabernacolo, vide una cosa<br />
che non s’aspettava, e che non avrebbe voluto vedere. Due uomini stavano, l’uno<br />
<strong>di</strong>rimpetto all’altro, al confluente, per <strong>di</strong>r così, delle due viottole: un <strong>di</strong> costoro, a<br />
cavalcioni sul muricciolo basso, con una gamba spenzolata al <strong>di</strong> fuori, e l’altro piede<br />
posato sul terreno della strada; il compagno, in pie<strong>di</strong>, appoggiato al muro, con le<br />
braccia incrociate sul petto. L’abito, il portamento, e quello che, dal luogo ov’era<br />
giunto il curato, si poteva <strong>di</strong>stinguer del l’aspetto, non lasciavan dubbio intorno alla<br />
lor con<strong>di</strong>zione. Avevano entrambi intorno al capo una reticella verde, che cadeva<br />
sull’omero sinistro, terminata in una gran nappa, e dalla quale usciva sulla fronte<br />
un enorme ciuffo: due lunghi mustacchi arricciati in punta: una cintura lucida <strong>di</strong><br />
cuoio, e a quella attaccate due pistole: un piccol corno ripieno <strong>di</strong> polvere, cascante<br />
sul petto, come una collana: un manico <strong>di</strong> coltellaccio che spuntava fuori d’un ta-<br />
Lo stile. La sintassi.<br />
Il primo periodo <strong>di</strong> quest’avvio <strong>di</strong> narrazione<br />
è costituito da cinque proposizioni reggenti<br />
coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong>stinte in due gruppi (le prime 3<br />
con la congiunzione e, come le ultime due). I<br />
due gruppi sono <strong>di</strong>stinti dai due punti (:) che<br />
qui non hanno la specifica funzione <strong>di</strong>chiarativa<br />
esplicativa, ma quella, più rara, <strong>di</strong> semplice<br />
scansione del periodo, le cui parti sono insieme<br />
<strong>di</strong>vise e collegate (il collegamento è qui evidente<br />
nell’avverbio temporale poi). All’interno <strong>di</strong> ogni<br />
regg. v’è almeno una subor<strong>di</strong>nata implicita<br />
espressa col participio passato o col gerun<strong>di</strong>o:<br />
tenendo, messa, guardando, buttando ecc. che<br />
arricchiscono il patrimonio delle subor<strong>di</strong>nate<br />
esplicite: la relativa che facevano, la locativa<br />
dove ... si <strong>di</strong>pingeva. Fatta eccezione per la<br />
1ª propos. (Diceva tranquillamente il suo ufizio<br />
che presenta tuttavia l’avverbio tra il vb e il<br />
complemento oggetto) nelle altre il soggetto è<br />
<strong>di</strong>stanziato dal vb con incisi solitamente verbali,<br />
che precisano, arricchendola, l’azione. Ciò conferisce<br />
alla scrittura <strong>di</strong> M. un andamento largo e<br />
piano, che mira a cogliere la complessa varietà<br />
delle vicende, degli uomini, delle cose. Il periodo<br />
successivo, pur venendo dopo un punto fermo,<br />
presenta un poi, identico a quello utilizzato nel<br />
precedente ed offre la stessa struttura sintat tica<br />
(cfr. l’uso del (:) non <strong>di</strong>chiarativo) sì da sembrarne<br />
naturale, non sintattica, prosecuzione. Nuovo<br />
è quello che inizia con Dopo la voltata, nel<br />
quale la sintassi cambia: presenta lo schema<br />
naturale <strong>di</strong> soggettovbespansioni che affretta<br />
e drammatizza il racconto. Ma cfr. Il curato,<br />
voltata...in cui torna la struttura allargata del<br />
periodo. M., dunque, procede alternando una<br />
modalità all’altra.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 13
Analisi Tecnica. Manzoni<br />
schi no degli ampi e gonfi calzoni: uno spadone, con una gran guar<strong>di</strong>a traforata a<br />
lamine d’ottone, con gegnate come in cifra, forbite e lucenti: a prima vista si davano<br />
a conoscere per in<strong>di</strong>vidui della specie de’ bravi.<br />
Questa specie, ora del tutto perduta, era allora flori<strong>di</strong>ssima in Lombar<strong>di</strong>a, e già<br />
molto antica. Chi non ne avesse idea, ecco alcuni squarci autentici, che potranno<br />
darne una bastante de’ suoi caratteri principali, degli sforzi fatti per ispegnerla, e<br />
della sua dura e rigogliosa vitalità.<br />
Fino dall’otto aprile dell’anno 1583, l’Illustrissimo ed Eccellentissimo signor<br />
don Carlo d’Aragon, Principe <strong>di</strong> Castelvetrano, Duca <strong>di</strong> Terranuova, Marchese<br />
d’Avola, Conte <strong>di</strong> Burgeto, grande Ammiraglio, e gran Contestabile <strong>di</strong> Sicilia,<br />
Governatore <strong>di</strong> Milano e Capitan Generale <strong>di</strong> Sua Maestà Cattolica in Italia,<br />
pienamente informato della intollerabile miseria in che è vivuta e vive questa<br />
città <strong>di</strong> Milano, per cagione dei bravi e vagabon<strong>di</strong>, pubblica un bando contro <strong>di</strong><br />
essi. Dichiara e <strong>di</strong>ffinisce tutti coloro essere compresi in questo bando, e doversi<br />
ritenere bravi e vagabon<strong>di</strong>... i quali, essendo forestieri o del paese, non hanno<br />
esercizio alcuno, od avendolo, non lo fanno... ma, senza salario, o pur con esso,<br />
s’appoggiano a qualche cavaliere o gentiluomo, officiale o mercante... per fargli<br />
spalle e favore, o veramente, come si può presumere, per tendere insi<strong>di</strong>e ad altri …<br />
A tutti costoro or<strong>di</strong>na che, nel termine <strong>di</strong> giorni sei, abbiano a sgomberare il paese,<br />
intima la galera a’ renitenti, e dà a tutti gli ufiziali della giustizia le più stranamente<br />
ampie e indefinite facoltà, per l’esecuzione dell’or<strong>di</strong>ne. Ma, nell’anno seguente,<br />
il 12 aprile, scorgendo il detto signore, che questa Città è tuttavia piena <strong>di</strong> detti<br />
Vengono introdotti due nuovi personaggi: i bravi. M. interrompe la narra zione della fabula<br />
e si sofferma a spiegare chi fosse ro questi personaggi: per farlo ricorre a documenti che<br />
inverano, ren dendolo storico, il suo racconto; e così tracciano il quadro della so cietà italiana<br />
del Seicento. Il passaggio dalla situazione particolare a quella generale servirà a creare il<br />
continuo parallelismo tra in<strong>di</strong>viduo e società e tra in<strong>di</strong>viduo ed umanità.<br />
Vi sono altri significati in quei frammenti delle grida. Essi sono scritti in una lingua am pollosa<br />
che enfatizza la serie dei titoli nobiliari prima e le minacce <strong>di</strong> punizioni poi. Gli uni e le altre<br />
inconsi stenti ed inefficaci proporzionalmente all'enfasi. Di qui possiamo far derivare un<br />
avvertimento generale sul rapporto tra gli strumenti della lingua e della comunicazione, ed<br />
i contenuti <strong>di</strong> essa che possono essere esattamente <strong>di</strong> segno opposto alle apparenze: così<br />
lo scritto <strong>di</strong> quelle grida significa l’incapa cità e la debolezza dello scri vente. Ognuno deduca<br />
Lo stile. Il lessico.<br />
Termini come casato, ufizio, oziosamente, fessi,<br />
squarcio, confluente, omero ecc. appartengono<br />
ad un lessico che oggi noi sentiamo come<br />
letterario, come pure sentiamo letteraria la struttura<br />
del periodo manzo nia no. L’autore, invece,<br />
faceva riferimento al linguaggio me<strong>di</strong>o, parlato,<br />
che a quello letterario si opponeva: il romanzo<br />
rappresenta infatti una vera e propria rivoluzione<br />
linguistica in <strong>di</strong>rezione del popolare e del vivo.<br />
Notoriamente l’autore sottopose l’e<strong>di</strong>zione del<br />
1827 (in cui la popolarità coincideva col <strong>di</strong>aletto<br />
milanese) alla risciacquatura in Arno; ciò però<br />
non significò l’adozione <strong>di</strong> forme popolaresche<br />
come ad es. spengere per spegnere, piagnere<br />
per piangere; o delle forme dell’imperf. in<strong>di</strong>c.<br />
14 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
in -ea, alle quali preferisce quelle in -eva. I<br />
Promessi Sposi valsero anche a regolarizzare<br />
definitivamente molte forme della lingua italiana<br />
e ad in<strong>di</strong>viduare un linguaggio ’me<strong>di</strong>o’ capace<br />
<strong>di</strong> unificare la nazione appena nata. Qui non<br />
è il luogo d’illustrare meriti e peculiarità della<br />
lingua manzoniana: piuttosto andrà notato che<br />
la <strong>di</strong>stanza che oggi noi avvertiamo da essa<br />
corrisponde ad un itinerario d’impoverimento<br />
dell’italiano me<strong>di</strong>o, nel quale l’uso <strong>di</strong> vocaboli<br />
stranieri assume anche, se non sempre più,<br />
il ruolo <strong>di</strong> supplenza a termini, pur italiani, ma<br />
perduti dall’uso comune. Un recu pero, sia pur<br />
parziale, del lessico del romanzo manzoniano<br />
varrà ad arricchire <strong>di</strong> eleganza e <strong>di</strong> precisione<br />
terminologica il nostro linguaggio moderno.
Analisi Tecnica. Manzoni<br />
bravi... tornati a vivere come prima vivevano, non punto mutato il costume loro,<br />
né scemato il numero, dà fuori un’altra grida, ancor più vigorosa e notabile, nella<br />
quale, tra l’altre or<strong>di</strong>nazioni, prescrive:<br />
Che qualsivoglia persona, così <strong>di</strong> questa Città, come forestiera, che per due testimonj<br />
consterà esser tenuto, e comunemente riputato per bravo, et aver tal nome,<br />
ancorché non si verifichi aver fatto delitto alcuno... per questa sola riputazione <strong>di</strong><br />
bravo, senza altri in<strong>di</strong>zj, possa dai detti giu<strong>di</strong>ci e da ognuno <strong>di</strong> loro esser posto alla<br />
corda et al tormento, per processo informativo... et ancorché non confessi delitto<br />
alcuno, tuttavia sia mandato alla galea, per detto triennio, per la sola opinione e<br />
nome <strong>di</strong> bravo, come <strong>di</strong> sopra. Tutto ciò, e il <strong>di</strong> più che si tralascia, perché Sua<br />
Eccellenza è risoluta <strong>di</strong> voler essere obbe<strong>di</strong>ta da ognuno.<br />
All’u<strong>di</strong>r parole d’un tanto signore, così gagliarde e sicure, e accompagnate da<br />
tali or<strong>di</strong>ni, viene una gran voglia <strong>di</strong> credere che, al solo rimbombo <strong>di</strong> esse, tutti i<br />
bravi siano scomparsi per sempre. Ma la testimo nianza d’un signore non meno<br />
autorevole, né meno dotato <strong>di</strong> nomi, ci obbliga a credere tutto il contrario. » questi<br />
l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signor Juan Fernandez de Velasco, Contestabile<br />
<strong>di</strong> Castiglia, Cameriero maggiore <strong>di</strong> Sua Maestà, Duca della Città <strong>di</strong> Frias, Conte<br />
<strong>di</strong> Haro e Castelnovo, Signore della Casa <strong>di</strong> Velasco, e <strong>di</strong> quella delli sette Infanti<br />
<strong>di</strong> Lara, Governatore dello Stato <strong>di</strong> Milano, etc. Il 5 giugno dell’anno 1593, pienamente<br />
informato anche lui <strong>di</strong> quanto danno e rovine sieno... i bravi e vagabon<strong>di</strong>, e<br />
del pessimo effetto che tal sorta <strong>di</strong> gente, fa contra il ben pubblico, et in delusione<br />
della giustizia, intima loro <strong>di</strong> nuovo che, nel termine <strong>di</strong> giorni sei, abbiano a sbrattare<br />
il paese, ripetendo a un <strong>di</strong>presso le prescri zioni e le minacce medesime del suo<br />
predecessore. Il 23 maggio poi dell’anno 1598, informato, con non poco <strong>di</strong>spiacere<br />
dell’animo suo, che... ogni dì più in questa Città e Stato va crescendo il numero <strong>di</strong><br />
questi tali (bravi e vagabon<strong>di</strong>), né <strong>di</strong> loro, giorno e notte, altro si sente che ferite<br />
appostatamente date, omici<strong>di</strong>i e ruberie et ogni altra qualità <strong>di</strong> delitti, ai quali si<br />
rendono più facili, confidati essi bravi d’essere aiutati dai capi e fautori loro…<br />
prescrive <strong>di</strong> nuovo gli stessi rime<strong>di</strong>, accrescendo la dose, come s’usa nelle malattie<br />
ostinate. Ognuno dunque, conchiude poi, onninamente si guar<strong>di</strong> <strong>di</strong> contravvenire<br />
in parte alcuna alla grida presente, perché, in luogo <strong>di</strong> provare la clemenza <strong>di</strong><br />
Sua Eccellenza, proverà il rigore, e l’ira sua... essendo risoluta e determinata che<br />
questa sia l’ultima e perentoria monizione. […] Questo basta ad assicurarci che,<br />
nel tempo <strong>di</strong> cui noi trattiamo, c’era de’ bravi tuttavia.<br />
Che i due descritti <strong>di</strong> sopra stessero ivi ad aspettar qualcheduno, era cosa troppo<br />
evidente; ma quel che più <strong>di</strong>spiacque a don Abbon<strong>di</strong>o fu il dover accorgersi, per<br />
certi atti, che l’aspettato era lui. Perchè al suo apparire, coloro s’eran guardati in<br />
viso, alzando la testa, con un movimento dal quale si scorgeva che tutt’e due a<br />
ciò che crede a proposito della comuni cazione pubblica (<strong>di</strong> tutti i tempi) e non solo <strong>di</strong> quella<br />
politica.La narrazione riprende serra ta: perio<strong>di</strong> brevi con pro po sizioni legate più che <strong>di</strong>vise<br />
dal punto e virgola. E poi una serie <strong>di</strong> espressioni: a un tratto avevan detto; fu assalito a un<br />
tratto; domandò subito in fretta; fece un rapido esame. La concitazione non impe<strong>di</strong>sce la<br />
manifestazione – <strong>di</strong>remmo fulminante – dell’in tera psico logia del curato, nella quale affiora<br />
l’ironia del M.: l’esame che Abbon<strong>di</strong>o fa della sua coscienza consiste nella ricerca <strong>di</strong> un qualche<br />
peccato, sia pure involontario, contro qualche personaggio potente e prepotente, violento e<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 15
Analisi Tecnica. Manzoni<br />
un tratto avevan detto: è lui; quello che stava a cavalcioni s’era alzato, tirando la<br />
sua gamba sulla strada; l’altro s’era staccato dal muro; e tutt’e due gli s’avviavano<br />
incontro. Egli, tenendosi sempre il breviario aperto <strong>di</strong>nanzi, come se leggesse,<br />
spingeva lo sguardo in su, per ispiar le mosse <strong>di</strong> coloro; e, vedendoseli venir proprio<br />
incontro, fu assalito a un tratto da mille pensieri. Domandò subito in fretta a sè<br />
stesso, se, tra i bravi e lui, ci fosse qualche uscita <strong>di</strong> strada, a destra o a sinistra; e<br />
gli sovvenne subito <strong>di</strong> no. Fece un rapido esame, se avesse peccato contro qualche<br />
potente, contro qualche ven<strong>di</strong>cativo; ma, anche in quel turbamento, il testimonio<br />
consolante della coscienza lo rassicurava alquanto: i bravi però s’avvicinavano,<br />
guardandolo fisso. Mise l’in<strong>di</strong>ce e il me<strong>di</strong>o della mano sinistra nel collare, come<br />
per raccomodarlo; e, girando le due <strong>di</strong>ta intorno al collo, volgeva intanto la faccia<br />
all’in<strong>di</strong>etro, torcendo insieme la bocca, e guardando con la coda dell’occhio, fin<br />
dove poteva, se qualcheduno arrivasse; ma non vide nessuno. Diede un’occhiata,<br />
al <strong>di</strong> sopra del muricciolo, ne’ campi: nessuno; un’altra più modesta sulla strada<br />
<strong>di</strong>nanzi; nessuno, fuorchè i bravi. Che fare? tornare in<strong>di</strong>etro, non era a tempo:<br />
darla a gambe, era lo stesso che <strong>di</strong>re, inseguitemi, o peggio. Non potendo schivare<br />
il pericolo, vi corse incontro, perchè i momenti <strong>di</strong> quell’incertezza erano allora<br />
così penosi per lui, che non desiderava altro che d’abbreviarli. Affrettò il passo,<br />
recitò un versetto a voce più alta, compose la faccia a tutta quella quiete e ilarità<br />
che potè, fece ogni sforzo per preparare un sorriso; quando si trovò a fronte dei<br />
due galantuomini, <strong>di</strong>sse mentalmente: ci siamo; e si fermò su due pie<strong>di</strong>. « Signor<br />
curato, » <strong>di</strong>sse un <strong>di</strong> que’ due, piantandogli gli occhi in faccia.<br />
« Cosa comanda ? » rispose subito don Abbon<strong>di</strong>o, alzando i suoi dal libro, che<br />
gli restò spalancato nelle mani, come sur un leggio.<br />
« Lei ha intenzione, » proseguì l’altro, con l’atto minaccioso e iracondo <strong>di</strong> chi<br />
coglie un suo inferiore sull’intraprendere una ribalderia, « lei ha intenzione <strong>di</strong><br />
maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mon della! »<br />
« Cioè… » rispose, con voce tremolante, don Abbon<strong>di</strong>o: « cioè. Lor signori<br />
son uomini <strong>di</strong> mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero<br />
curato non c’entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi… e poi, vengon da noi, come<br />
s’anderebbe a un banco a riscotere; e noi… noi siamo i servitori del comune. »<br />
ven<strong>di</strong> cativo, al cui altare egli non avrebbe avuto dubbi a sacri ficare la propria coscienza e,<br />
quel che è peggio, i deboli e gli umili. Lo scrittore ironizza – ma è più sarcasmo –: il testimonio<br />
consolante della co scienza: la coscienza a vreb be dovuto rassicurarlo che egli non s’era<br />
messo in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> correre un qualche rischio provocando l’ira d’un potente. Per quan to<br />
ra<strong>di</strong>cale l’ironia del lo scrit tore (cfr. subito dopo i due galantuomini) è limitata nell’esten sione,<br />
passando egli alla de scrizione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> azioni che rendono chiari agli occhi del lettore<br />
il <strong>di</strong>sperante panico del curato che spera che qualcuno passi e la sua deci sione <strong>di</strong> affrontare<br />
il pe ricolo: e si fermò su due pie<strong>di</strong>.<br />
Il <strong>di</strong>alogo si svolge tra, o con, persone <strong>di</strong> basso <strong>prof</strong>ilo culturale; per <strong>di</strong> più la situa zione<br />
richiede ai bravi una comuni cazione efficace epperciò chiara: devono trasmettere una minaccia<br />
e perché questa raggiunga il suo scopo occorre che sia corro borata da informazioni<br />
inequivocabili; per cui vengono fatti i nomi e i cognomi degli sposi, anche perché appaia non<br />
suscettibile <strong>di</strong> alcun contrad<strong>di</strong>ttorio. Di qui il mes saggio essenziale e <strong>di</strong>retto del bravo: questo<br />
matrimonio non s’ha da fare. Nessun cerimo niale, nessun artificio verbale; neppure fiducia<br />
16 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Manzoni<br />
« Or bene, » gli <strong>di</strong>sse il bravo, all’orecchio, ma in tono solenne <strong>di</strong> comando,<br />
« questo matrimonio non s’ha da fare, ne domani, ne mai. »<br />
« Ma, signori miei, » replicò don Abbon<strong>di</strong>o, con la voce mansueta e gentile <strong>di</strong><br />
chi vuol persuadere un impaziente, « ma, signori miei, si degnino <strong>di</strong> mettersi ne’<br />
miei panni. Se la cosa <strong>di</strong>pendesse da me,… vedon bene che a me non me ne vien<br />
nulla in tasca… »<br />
« Orsù, » interruppe il bravo, « se la cosa avesse a decidersi a ciarle, lei ci<br />
metterebbe in sacco. Noi non ne sappiamo, nè vogliam saperne <strong>di</strong> più. Uomo<br />
avvertito… lei c’intende. »<br />
« Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragionevoli… »<br />
« Ma, » interruppe questa volta l’altro compagnone, che non aveva parlato fin<br />
allora, « ma il matrimonio non si farà, o… » e qui una buona bestemmia, « o chi lo<br />
farà non se ne pentirà, perchè non ne avrà tempo, e… » un’altra bestemmia.<br />
« Zitto, zitto, » riprese il primo oratore « il signor curato è un uomo che sa il<br />
viver del mondo; e noi siam galantuomini, che non vogliam fargli del male, purchè<br />
abbia giu<strong>di</strong>zio. Signor curato, l’illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone<br />
la riverisce caramente. »<br />
Questo nome fu, nella mente <strong>di</strong> don Abbon<strong>di</strong>o, come, nel forte d’un temporale<br />
notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in confuso gli oggetti, e<br />
accresce il terrore. Fece, come per istinto, un grand’inchino, e <strong>di</strong>sse: « se mi sapessero<br />
suggerire… ».<br />
« Oh! suggerire a lei che sa <strong>di</strong> latino ! » interruppe ancora il bravo con un riso<br />
tra lo sguaiato e il feroce. « A lei tocca. E sopra tutto, non si lasci uscir parola su<br />
questo avviso che le abbiam dato per suo bene; altrimenti… ehm… sarebbe lo stesso<br />
che fare quel tal matrimonio. Via, che vuol che si <strong>di</strong>ca in suo nome all’illustrissimo<br />
signor don Rodrigo? »<br />
« Il mio rispetto… »<br />
« Si spieghi meglio ! »<br />
« …Disposto… <strong>di</strong>sposto sempre all’ubbi<strong>di</strong>enza. » E, <strong>prof</strong>erendo queste parole,<br />
nelle parole (se la cosa dovesse decidersi a ciarle); più contano il linguaggio non verbale – quel<br />
piantargli gli occhi addosso, l’atto (si ba<strong>di</strong>: l’atto) minaccioso – e il tono della voce – il tono<br />
solenne <strong>di</strong> comando e le bestemmie –. Per contro don Abbon<strong>di</strong>o ha voce tremolante, abbonda<br />
in formule <strong>di</strong> convenienza, quasi balbet ta; è titubante nella formulazio ne sintattica, cerca una<br />
risposta sino a quella, per alcuni aspetti terribile, fanno i loro pasticci tra loro. Quest’ul tima<br />
espressione rappresenta una risposta al bravo che aveva ripetuto lei ha intenzione allo scopo<br />
<strong>di</strong> re sponsabilizzare l’ascoltatore in prima persona: egli invece scarica le responsa bilità sui<br />
giovani, pur senza l’intenzione <strong>di</strong> attribuir loro comportamenti meno che one sti (pasticcio<br />
poteva esser semplicemente quello <strong>di</strong> deci dere tra loro <strong>di</strong> sposarsi, <strong>di</strong> fissare il giorno della<br />
cerimonia – il termine torna altre due volte nel roman zo nell’accezione generica <strong>di</strong> imbroglio).<br />
Il bravo, come avviene spesso nel romanzo (e si pensi a don Ferrante), considera la lingua colta<br />
uno strumento per confondere i destinatari: il latino servirà a don Abbon<strong>di</strong>o per trovare una<br />
scusa e rimandare in<strong>di</strong>etro Renzo. D’altra parte, per il bravo, raccontare l’accaduto equivale<br />
ad un’azio ne, a celebrare cioè il matrimonio. I bravi, uomini d’azione e d’armi, non vogliono<br />
parole: perciò chiedono la risposta da dare a don Rodrigo: non capiscono la parola rispetto,<br />
vogliono l’atto <strong>di</strong> sottomissione del curato, perciò respingono il valore <strong>di</strong> complimento della<br />
sua rispo sta ed accettano quello dell’a deguamento alla volontà del loro padrone.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 17
Analisi Tecnica. Manzoni<br />
non sapeva nemmen lui se faceva una promessa o un complimento. I bravi le<br />
presero, o mostraron <strong>di</strong> prenderle nel significato più serio.<br />
« Benissimo, e buona notte, messere, » <strong>di</strong>sse l’un d’essi, in atto <strong>di</strong> partir col<br />
compagno. Don Abbon<strong>di</strong>o, che, pochi momenti prima, avrebbe dato un occhio<br />
per iscansarli, allora avrebbe voluto prolungar la conversazione e le trattative.<br />
« Signori… » cominciò, chiudendo il libro con le due mani; ma quelli, senza più<br />
dargli u<strong>di</strong>enza, presero la strada dond’era lui venuto, e s’allontanarono, cantando<br />
una canzonaccia che non voglio trascrivere. Il povero don Abbon<strong>di</strong>o rimase un<br />
momento a bocca aperta, come incantato; poi prese quella delle due stradette<br />
che conduceva a casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba dopo l’altra, che<br />
parevano aggranchiate. Come stesse <strong>di</strong> dentro, s’intenderà meglio, quando avrem<br />
detto qualche cosa del suo naturale, e de’ tempi in cui gli era toccato <strong>di</strong> vivere.<br />
Don Abbon<strong>di</strong>o (il lettore se n’è già avveduto) non era nato con un cuor <strong>di</strong> leone.<br />
Ma, fin da’ primi suoi anni, aveva dovuto comprendere che la peggior con<strong>di</strong>zione,<br />
a que’ tempi, era quella d’un animale senza artigli e senza zanne, e che pure non<br />
si sentisse incli nazione d’esser <strong>di</strong>vorato. La forza legale non proteg geva in alcun<br />
conto l’uomo tranquillo, inoff ensivo, e che non avesse altri mezzi <strong>di</strong> far paura altrui.<br />
Non già che mancassero leggi e pene contro le violenze private. Le leggi anzi<br />
<strong>di</strong>luviavano; i delitti erano enu merati, e particolareggiati, con minuta prolissità; le<br />
pene, pazzamente esorbitanti e, se non basta, aumentabili, quasi per ogni caso, ad<br />
arbitrio del legislatore stesso e <strong>di</strong> cento esecutori; le procedure, stu<strong>di</strong>ate soltanto a<br />
liberare il giu<strong>di</strong>ce da ogni cosa che potesse essergli d’impe<strong>di</strong>mento a <strong>prof</strong>erire una<br />
condanna: gli squarci che abbiam riportati delle gride contro i bravi, ne sono un<br />
piccolo, ma fedel saggio. Con tutto ciò, anzi in gran parte a cagion <strong>di</strong> ciò, quelle<br />
gride, ripubblicate e rinforzate <strong>di</strong> governo in governo, non servivano ad altro che<br />
ad attestare ampollosa mente l’impotenza de’ loro autori; o, se producevan qualche<br />
effetto imme<strong>di</strong>ato, era principalmente d’ag giunger molte vessazioni a quelle che i<br />
pacifici e i deboli già soffrivano da’ perturbatori, e d’accrescer le violenze e l’astuzia<br />
<strong>di</strong> questi. L’impunità era orga nizzata, e aveva ra<strong>di</strong>ci che le gride non toccavano,<br />
o non pote vano smovere. Tali eran gli asili, tali i pri vilegi d’alcune classi, in parte<br />
riconosciuti dalla forza legale, in parte tollerati con astioso silenzio, o impugnati<br />
con vane proteste, ma sostenuti in fatto e <strong>di</strong>fesi da quelle classi, con attività d’interesse,<br />
e con gelosia <strong>di</strong> puntiglio. Ora, quest’impunità minacciata e insultata, ma<br />
non <strong>di</strong>strutta dalle gride, doveva naturalmente, a ogni minaccia, e a ogni insulto,<br />
adoperar nuovi sforzi e nuove invenzioni, per conservarsi. Così accadeva in effetto;<br />
Benché don Abbon<strong>di</strong>o sia per sonaggio inventato, Manzoni adotta un metodo storico simile<br />
a quello che ha adoperato per i bravi e che adopererà sempre; quello che qui muta è che non<br />
allega documenti originali, bensì circostanze verosimili, ’cavate’ dai fatti reali del tempo e del<br />
luogo in cui la storia si svolge. Il verosimile deve essere un vero veduto dalla mente del l’artista<br />
e che è il prodotto, indotto dalla sua conoscenza del vero. L’autore « Fa... come chi, <strong>di</strong>segnando<br />
la pianta d’una città, ci aggiunge, in <strong>di</strong>verso colore, strade, piazze, e<strong>di</strong>fizi progettati;<br />
e col presentar <strong>di</strong>stinte dalle parti che sono, quelle che potrebbero essere, fa che si veda la<br />
ragione <strong>di</strong> pensarle riunite. La storia, <strong>di</strong>co, abbandona allora il racconto, ma per accostarsi,<br />
nella sola maniera possibile, a ciò che è lo scopo del raccon to », cioè la<br />
verità. Il carattere (inventato) del curato, che sa d’esser debole, trova conferma <strong>di</strong> verità nella<br />
situazione (storica, docu mentata) in cui versava l’ammi nistrazione della giustizia nel Seicento.<br />
18 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Manzoni<br />
e, all’apparire delle gride <strong>di</strong>rette a comprimere i violenti, questi cercavano nella<br />
loro forza reale i nuovi mezzi più opportuni, per continuare a far ciò che le gride<br />
venivano a proibire. Potevan ben esse inceppare a ogni passo, e molestare l’uomo<br />
bonario, che fosse senza forza propria e senza protezione; perché, col fine d’aver<br />
sotto la mano ogni uomo, per prevenire o per punire ogni delitto, assoggettavano<br />
ogni mossa del privato al volere arbitrario d’esecutori d’ogni genere. Ma chi, prima<br />
<strong>di</strong> commettere il delitto, aveva prese le sue misure per ricoverarsi a tempo in un<br />
convento, in un palazzo, dove i birri non avrebber mai osato metter piede; chi,<br />
senz’altre precauzioni, portava una livrea che impegnasse a <strong>di</strong>fenderlo la vanità e<br />
l’interesse d’una famiglia potente, <strong>di</strong> tutto un ceto, era libero nelle sue operazioni,<br />
e poteva ridersi <strong>di</strong> tutto quel fracasso delle gride. Di quegli stessi ch’eran deputati<br />
a farle eseguire, alcuni apparte nevano per nascita alla parte privilegiata, alcuni<br />
ne <strong>di</strong>pendevano per clientela; gli uni e gli altri, per educazione, per interesse, per<br />
consuetu<strong>di</strong>ne, per imitazione, ne avevano abbracciate le massime, e si sarebbero<br />
ben guardati dall’offenderle, per amor d’un pezzo <strong>di</strong> carta attaccato sulle cantonate.<br />
Gli uomini poi incaricati dell’esecuzione imme<strong>di</strong>ata, quando fossero stati<br />
intraprendenti come eroi, ubbi<strong>di</strong>enti come monaci, e pronti a sacrificarsi come<br />
martiri, non avrebber però potuto venirne alla fine, inferiori com’eran <strong>di</strong> numero<br />
a quelli che si trattava <strong>di</strong> sotto mettere, e con una gran probabilità d’essere abbandonati<br />
da chi, in astratto e, per così <strong>di</strong>re, in teoria, imponeva loro <strong>di</strong> operare. Ma,<br />
oltre <strong>di</strong> ciò, costoro eran generalmente de’ più abbietti e ribal<strong>di</strong> soggetti del loro<br />
tempo; l’incarico loro era tenuto a vile anche da quelli che potevano averne terrore,<br />
e il loro titolo un improperio. Era quin<strong>di</strong> ben naturale che costoro, in vece d’arrischiare,<br />
anzi <strong>di</strong> gettar la vita in un’impresa <strong>di</strong>sperata, vendessero la loro inazione,<br />
o anche la loro connivenza ai potenti, e si riservassero a esercitare la loro esecrata<br />
autorità e la forza che pure avevano, in quelle occasioni dove non c’era pericolo;<br />
nell’opprimer cioè, e nel vessare gli uomini pacifici e senza <strong>di</strong>fesa.<br />
L’uomo che vuole offendere, o che teme, ogni momento, d’essere offeso, cerca<br />
naturalmente alleati e compagni. Quin<strong>di</strong> era, in que’ tempi, portata al massimo<br />
punto la tendenza degl’in<strong>di</strong>vidui a tenersi collegati in classi, a formarne delle nuove,<br />
e a procurare ognuno la maggior potenza <strong>di</strong> quella a cui apparteneva. Il clero<br />
vegliava a sostenere e ad esten dere le sue immunità, la nobiltà i suoi privilegi, il<br />
militare le sue esenzioni. I mercanti, gli artigiani erano arrolati in maestranze e<br />
in confraternite, i giurisperiti formavano una lega, i me<strong>di</strong>ci stessi una corporazione.<br />
Ognuna <strong>di</strong> queste piccole oligarchie aveva una sua forza speciale e propria;<br />
in ognuna l’in<strong>di</strong>viduo trovava il vantaggio d’impiegar per sé, a proporzione della<br />
L’operazione ha due effetti: primo quello <strong>di</strong> dare cre<strong>di</strong>bilità al personaggio; secondo quello<br />
<strong>di</strong> rendere viva e palpitante la storia, <strong>di</strong> dare sostanza <strong>di</strong> vita, <strong>di</strong> sentimenti, <strong>di</strong> dolore alla sua<br />
essenzialità. Alla fine: <strong>di</strong> renderla artistica.<br />
Abbon<strong>di</strong>o non è il solo che si deve confrontare con la giusti zia degli uomini: in cerca <strong>di</strong> giustizia<br />
andrà Renzo quando chiederà spiegazioni del rinvio delle nozze; quando si recherà a<br />
casa d’Azzeccagarbugli; quan do aiuterà Ferrer a farsi strada tra la folla che asse<strong>di</strong>a il forno; e<br />
giustizia reclamerà all’osteria della Luna Rossa. Tal che la sua vicenda finisce per essere uno<br />
spaccato della vita italiana. A petto <strong>di</strong> Renzo sta Lucia che, invece, s’affida alla giustizia <strong>di</strong>vina,<br />
la quale, pur tra dolori e patimenti, la condurrà alla mèta. Per questa via la loro vicenda <strong>di</strong>viene<br />
emblema della vicenda più grande della storia umana sulla terra e del suo rap porto con Dio.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 19
Analisi Tecnica. Manzoni<br />
sua autorità e della sua destrezza, le forze riunite <strong>di</strong> molti. I più onesti si valevan<br />
<strong>di</strong> questo vantaggio a <strong>di</strong>fesa soltanto; gli astuti e i facinorosi ne ap<strong>prof</strong>ittavano,<br />
per condurre a termine ribalderie, alle quali i loro mezzi personali non sarebber<br />
bastati, e per assicurarsene l’impunità. Le forze però <strong>di</strong> queste varie leghe eran<br />
molto <strong>di</strong>suguali; e, nelle campagne principalmente, il nobile dovizioso e violento,<br />
con intorno uno stuolo <strong>di</strong> bravi, e una popolazione <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni avvezzi, per tra<strong>di</strong>zione<br />
famigliare, e interessati o forzati a riguardarsi quasi come sud<strong>di</strong>ti e soldati<br />
del padrone, esercitava un potere, a cui <strong>di</strong>fficilmente nessun’altra frazione <strong>di</strong> lega<br />
avrebbe ivi potuto resistere.<br />
Il nostro Abbon<strong>di</strong>o non nobile, non ricco, corag gioso ancor meno, s’era dunque<br />
accorto, prima quasi <strong>di</strong> toccar gli anni della <strong>di</strong>screzione, d’essere, in quella società,<br />
come un vaso <strong>di</strong> terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia <strong>di</strong> molti vasi <strong>di</strong> ferro.<br />
Aveva quin<strong>di</strong>, assai <strong>di</strong> buon grado, ubbi<strong>di</strong>to ai parenti, che lo vollero prete. Per <strong>di</strong>r<br />
la verità, non aveva gran fatto pensato agli obblighi e ai nobili fini del ministero<br />
al quale si de<strong>di</strong>cava: procacciarsi <strong>di</strong> che vivere con qualche agio, e mettersi in una<br />
classe riverita e forte, gli eran sembrate due ragioni più che sufficienti per una tale<br />
scelta. Ma una classe qualunque non pro tegge un in<strong>di</strong>viduo, non lo assicura, che<br />
fino a un certo segno: nessuna lo <strong>di</strong>spensa dal farsi un suo sistema particolare.<br />
Don Abbon<strong>di</strong>o, assorbito continuamente ne’ pensieri della propria quiete, non si<br />
curava <strong>di</strong> que’ vantaggi, per ottenere i quali facesse bisogno d’adoperarsi molto, o<br />
d’arrischiarsi un poco. Il suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti<br />
i contrasti, e nel cedere, in quelli che non poteva scansare. Neutralità <strong>di</strong>sarmata in<br />
tutte le guerre che scoppiavano intorno a lui, dalle contese, allora frequentissime,<br />
tra il clero e le podestà laiche, tra il militare e il civile, tra nobili e nobili, fino alle<br />
questioni tra due conta<strong>di</strong>ni, nate da una parola, e decise coi pugni, o con le coltellate.<br />
Se si trovava assolutamente costretto a prender parte tra due contendenti, stava<br />
col più forte, sempre però alla retroguar<strong>di</strong>a, e procurando <strong>di</strong> far vedere all’altro<br />
ch’egli non gli era volontariamente nemico: pareva che gli <strong>di</strong>cesse: ma perché non<br />
avete saputo esser voi il più forte? ch’io mi sarei messo dalla vostra parte. Stando<br />
alla larga da’ prepotenti, <strong>di</strong>ssimulando le loro soverchierie passeggiere e capricciose,<br />
corrispondendo con sommissioni a quelle che venissero da un’intenzione più<br />
seria e più me<strong>di</strong>tata, costringendo, a forza d’inchini e <strong>di</strong> rispetto gioviale, anche<br />
i più burberi e sdegnosi, a fargli un sorriso, quando gl’incontrava per la strada, il<br />
pover’uomo era riuscito a passare i sessant’anni, senza gran burrasche.<br />
Lo stile. L’elaborazione linguistica.<br />
Questo come un vaso <strong>di</strong> terra cotta... in compagnia<br />
<strong>di</strong> molti vasi <strong>di</strong> ferro, è una similitu<strong>di</strong>ne<br />
(che è una delle due forme in cui si presenta il<br />
paragone; l’altra è la comparazione, la quale<br />
comporta due elementi). Il suo scopo è qui<br />
esclusivamente quello <strong>di</strong> chiarire la con<strong>di</strong>zione<br />
psicologica <strong>di</strong> don Abbon <strong>di</strong>o. Al pari del caso <strong>di</strong><br />
la peggior con<strong>di</strong>zione, a que’ tempi, era quella<br />
d’un animale senza artigli e senza zanne, e<br />
che pure non si sentisse incli nazione d’esser<br />
<strong>di</strong>vorato, il paragone non aggiunge nulla al<br />
20 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
soggetto cui si riferisce: non è espansione <strong>di</strong><br />
qualcosa che è contenuto nel pre<strong>di</strong>cato cui si<br />
riferisce; ciò avviene per esempio nel caso <strong>di</strong> tu<br />
sei bella come una stella, dove stella mo<strong>di</strong>fica la<br />
qualità della bellezza già enunciata portandola al<br />
grado massimo. Il tipo <strong>di</strong> paragone chiarificatore<br />
è tipico <strong>di</strong> M. e risale alla volontà <strong>di</strong> produrre<br />
una comunicazione veri<strong>di</strong>ca, finalizzata alla<br />
comprensione <strong>di</strong> chi ascolti e legga. L’altro tipo<br />
servirà ad allargare i limiti dell’esprimibile, a<br />
sporgesi dall’orlo del conosciuto verso l’ignoto<br />
e l’inesprimibile.
CARLO DOSSI<br />
LA DESINENzA IN A<br />
aTTO TERZO ScENa pRIMa<br />
còdIcE E cuORE.<br />
Ersilia Blandamore, vèdova Agnolotti, è nel suo Sancta-Sanctòrum, fra il pizzo<br />
della pettiniera, i pie<strong>di</strong> sul caldanino. In queste gelose località, odor <strong>di</strong> pasticca<br />
stantìa, non è <strong>di</strong>ffìcile d’incontrare una vèdova, màssime se sia sull’ammuffire;<br />
anzi <strong>di</strong>rèi, che una vèdova e il suo abbigliatojo non fanno se non una cosa, come<br />
ne fanno una sola alchimista e fornello. La non s’acconcia però, il che signìfica che<br />
la si è già acconciata. Difatti, la colta negligenza del suo abbigliamento e della sua<br />
pettinatura le deve èsser costata un mucchio <strong>di</strong> tempo, <strong>di</strong> riflessioni e <strong>di</strong> spilli. Ma<br />
or finalmente respira. Per quella sera, la freschezza e bellezza <strong>di</strong> Ersilia pòssono<br />
<strong>di</strong>rsi al sicuro; e però la troviamo, quantunque ancora seduta allo specchio e alle<br />
bugìe della teletta, esaminando uno scartafaccio giallastro, tolto probabilmente<br />
da quel vicino stipo <strong>di</strong> sàndalo, uno scartafaccio sù<strong>di</strong>cio da mille <strong>di</strong>ta curiali, tutto<br />
gualcito, a graffiature, a corni, fra il testamento ed il contratto <strong>di</strong> nozze. E madama<br />
ne legge un perìodo, poi dà una occhiata a un librino che innanzi le stà, il quale<br />
(me ne rincresce per voi, fabbricatori <strong>di</strong> versi) è puramente, è prosaicamente «il<br />
Cò<strong>di</strong>ce civile» al tìtolo delle «successioni.»<br />
Ma, a quanto pare, quella lettura e il raffronto non la soddìsfano troppo. Ersilia<br />
si morde spesso le labbra, sciupàndovi un sorrisetto fresco ancor <strong>di</strong> pittura. Ella<br />
ha bel lègger col cuore; il cò<strong>di</strong>ce, oh l’incivile! non ne riecheggia il tic-tac e le dà<br />
invece risposte che sono dosi <strong>di</strong> <strong>di</strong>gitale. Vògliono che le donne non intèndano<br />
bricia agli affari. Io non <strong>di</strong>co <strong>di</strong> no per gli affari degli altri, ma, quanto ai propri...<br />
¡alla larga!<br />
Carlo A. Pisani Dossi, 1849 1910, fu vicino alla scapigliatura milanese, pur non con<strong>di</strong>videndone<br />
sino in fondo gli ideali letterari e politici. A <strong>di</strong>ciott’anni scrisse L’altrieri: nero su bianco<br />
in cui rievocava la felice età della infanzia in una lingua che fondeva toni aulici ed espressioni<br />
quoti<strong>di</strong>ane. La ricerca linguistica caratterizzò tutta la sua produzione, convinto com’era che<br />
dopo Manzoni e Rovani, era necessario ricercare in quella tra<strong>di</strong>zione spunti <strong>di</strong> originalità e che<br />
questa poteva consistere in una lingua in cui potessero convivere forme antiche e moderne,<br />
auliche e comuni, vocaboli desueti e neologismi. Dopo un’autobiografia, Vita <strong>di</strong> Alberto Pisani,<br />
compose un conte philosophique <strong>di</strong> contenuti politici, La colonia felice. La <strong>di</strong>ssacrazione dei<br />
luoghi comuni è il risvolto contenutistico del suo pastiche linguistico: <strong>di</strong> qui la polemica antiaristocratica,<br />
anticlericale, misogina eccetera. La desinenza in A è l’impietoso ritratto della donna<br />
nella società del secondo Ottocento. L’apparenza è <strong>di</strong> una scrittura organica strutturata non in<br />
forma <strong>di</strong> romanzo <strong>di</strong> opera teatrale in tre atti, due intermezzi ed un finale: in realtà mai il Dossi<br />
riesce ad una composizione coerente: prevalgono in lui <strong>di</strong>gressioni, riflessioni. Il vero è che<br />
protagonista delle sue opere è sempre l’autore: «Lo scrittore umorista deve me<strong>di</strong>ocremente<br />
rendere interessante l’intreccio, affinché per la smania <strong>di</strong> <strong>di</strong>vorare il libro il lettore non sorvoli<br />
a tutte quelle minute e acute osservazioni che costituiscono appunto l’humour».<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 21
Analisi Tecnica. Dossi<br />
Senonchè il cuore, che ha bisogno suo cibo, le attira a poco a poco lo sguardo a<br />
un ritratto in fotografìa il quale posa sulla teletta, e la mano, che facilmente si lascia<br />
persuadere dagli occhi, ne segue tosto la strada. Esso è il ritratto <strong>di</strong> un militare, <strong>di</strong><br />
un officiale <strong>di</strong> cavallerìa. Ersilia lo ammira innamoratamente. Di qualsisìa fucina,<br />
gli sproni han sempre dolce sonato ad un orecchio <strong>di</strong> donna, chè essi annùnciano<br />
il gallo, quel gallo che è la passione delle galline; e così amore <strong>di</strong> cavallerìa arriva<br />
prima d’amore <strong>di</strong> fanterìa per la naturale ragione che bestia con quattro gambe fà<br />
più presto cammino <strong>di</strong> bestia con sole due. Aggiungi a quell’ufficiale una nomèa <strong>di</strong><br />
duellista; e quì tu impara, o poeta, che una stoccata <strong>di</strong> ferro vale presso alle donne<br />
assài meglio del complimento più acuto; aggiùngigli un <strong>prof</strong>umo <strong>di</strong> scapestrato<br />
(cara promessa al bel sesso), <strong>di</strong> giuocatore, ed anche un tantino <strong>di</strong> birba (sinònimo<br />
tra il sesso brutto <strong>di</strong> non minchione); poi, ¡sfida la più impiombata sottana<br />
a non liquefarsi! Ma nel guardar quel ritratto, il bocchino da popa <strong>di</strong> Ersilia si<br />
raggrinzò malizioso. Intanto la mano <strong>di</strong> lei s’era messa a frugare nello stipetto,<br />
dove scorgèvansi, alla mescolata, medaglioni a capelli, lèttere sciolte e a pacchetti,<br />
scatolucce, astuccini, , e ne traeva una tabacchiera rotonda <strong>di</strong> tartaruga, che ella<br />
pulì dalla pòlvere e depose vicino all’imàgine in fotografìa. Stava sulla tabacchiera<br />
un altro ritratto <strong>di</strong> uomo, una memoria preziosa per i molti brillanti. Sarèbbesi<br />
detto il padre <strong>di</strong> lei, anzi il nonno; ¡e ne era il marito! Pur, ¡grazie al cielo! un marito<br />
col «fu.» Oh pòvero «fu» <strong>di</strong> un sor Àngiolo! ¡quale magra figura fan lì quelli<br />
spauriti tuòi stinchi, invano <strong>di</strong>ssimulati dalle prò<strong>di</strong>ghe brache, veri compagni<br />
<strong>di</strong> quel terzo bastone cui ti puntelli a mostrarti, anche in pittura, un trepiede,<br />
a confronto dei gagliar<strong>di</strong> garretti e delle dense cosce dell’ùssero! oh come le tue<br />
spallucce, sulle quali stà scritto ignobilmente lo sgobbo, pàjono rattrappite innanzi<br />
ai larghi òmeri dell’ufficiale, che pòrtano così superbi la lor fanullàggine! oh come<br />
il tuo babbio, paragonato al faccione saldo <strong>di</strong> carni, pieno <strong>di</strong> succhio e baffuto del<br />
maggiore Parisi, sembra volere celarsi, più ancor vergognoso, nel cravattone e<br />
sue vele latine, ittèrico, senza peli, asciuttìssimo... come il tabacco <strong>di</strong> cui t’hanno<br />
fatto coperchio! Il quale tabacco ben ricordava ad Ersilia il naso del fu consorte,<br />
ma questo naso, ahimè! nulla. Sul che madama, aggricciando, spinse da sè quel<br />
ricordo <strong>di</strong> maritale Siberia.<br />
E tornò al testamento. Il testamento non èrasi intenerito. Eppure ella più non<br />
potèa serbar fedeltà ad un morto, ella che non avèane al vivo, ,<br />
la non poteva più sola<br />
Il lessico<br />
Pettiniera: mobiletto per toilette <strong>di</strong> signora.<br />
Caldanino: piccolo braciere.<br />
Abbigliatojo: spogliatoio.<br />
Mucchio <strong>di</strong> tempo: il senso figurato <strong>di</strong> ’mucchio’<br />
è anche in Manzoni.<br />
Elementi <strong>di</strong> stile<br />
Nel 2º pd la struttura sintattica è spezzata da<br />
quell’inciso, odor <strong>di</strong> pasticca stantìa, che riposta<br />
imme<strong>di</strong>atamente una sensazione dello scrittore,<br />
irrelata alla <strong>di</strong>egesi intrapresa. Di fatto lo scrittore<br />
si pone <strong>di</strong> fronte al suo personaggio come<br />
se questo fosse fuori si sé, e lo esamina ne<br />
22 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
scopre da in<strong>di</strong>zi pensieri ed atteggiamenti che<br />
non conosce a priori come avviene in Manzoni.<br />
D. enfatizza quest’atteggiamento quando, utilizzando<br />
un linguaggio colloquiale e <strong>di</strong>alettale,<br />
registra che la signora Ersilia non sta acconciandosi:<br />
i l c h e s i g n ì f i c a che la si è già<br />
acconciata. D i f a t t i ... E, subito dopo in questo<br />
medesimo cpv: e però la troviamo; e ancora:<br />
tolto probabilmente; e ancora: Ma, a quanto pare,<br />
quella lettura e il raffronto non la soddìsfano<br />
troppo. A ciò s’aggiunga l’allocuzione ai poeti,<br />
e a quei lettori che avrebbero preferito un’Ersilia<br />
più romanticamente atteggiata: me ne rincresce<br />
per voi, fabbricatori <strong>di</strong> versi: allocuzione questa
Analisi Tecnica. Dossi<br />
coricarsi in un letto che suo marito medèsimo avèa fatto costrurre per due. Benchè<br />
<strong>di</strong> cinigia cosparsi, i carboni del cuore <strong>di</strong> lei non èrano estinti. Ella era ancor bella,<br />
ancora piacente – e volse gli occhi allo specchio. Ma contentìssima non ne sembrò,<br />
dello specchio s’intende. Oh brutti specchi del giorno, non più fedeli come quelli<br />
<strong>di</strong> un tempo! Poichè madama indugiava su quel terrìbil confine che stà fra il vino<br />
e l’aceto, fra lo scettro e la scopa, fra il concèdere e il chièdere, il quale costa a una<br />
donna più indecisioni, più grattacapi che non costasse al gran Giulio il passaggio<br />
del Rubicone. Ed era un pezzo che Ersilia non festeggiava il suo compleanno, e<br />
già da cinque anni gliene mancava sempre uno a toccare que’ benedetti quaranta.<br />
Invano la onesta miseria si recideva per lei le sue trecce più nere; invano i baràttoli<br />
moltiplicàvansele attorno. Intònaco nuovo non rinnova la casa; paralumi e velette<br />
non ci nascòndono al tempo. Era un piattino che cominciava a putire, e però gli<br />
occorreva <strong>di</strong> bolognarsi-via alla svelta, pena la fogna; era una rosa in semenza, una<br />
bellezza tarmata e invocante... – e quì Ersilia rifisse lo sguardo pien d’adulterio<br />
e coheuil sur il ritratto dell’officiale, mentre <strong>di</strong>sotto la vèloutine le vampeggiava la<br />
guancia – invocante i mozziconi <strong>di</strong> sìgaro e il pepe.<br />
Oh il primo amore pàlpita bene, ma quanto più l’ùltimo! Delle sole due volte<br />
in cui si ama davvero, l’una all’A della vita, l’altra alla Zeta, se il primo amore può<br />
<strong>di</strong>rsi il para<strong>di</strong>so <strong>di</strong> Adamo, cioè dell’inscienza, l’altro lo è della scienza; è il para<strong>di</strong>so<br />
<strong>di</strong> Epicuro e Gorini. In quello infatti, l’età, l’istinto, l’imperioso bisogno <strong>di</strong> èssere<br />
buoni specialmente con uno, ci fanno gridare il «trovài» al primo non inamàbile<br />
oggetto <strong>di</strong> desinenza <strong>di</strong>versa nel qual ci scontriamo; àmasi allora il pan <strong>di</strong> tritello<br />
perchè l’appetito infie risce, nè ancor si conobbe il pan <strong>di</strong> frumento; e, quali ignari<br />
della Brianza e dei laghi, si và felici in campagna a Precotto; come si legge con<br />
entusiasmo il d’Azeglio imprevedendo Rovani e si suona Gounod insospettando<br />
Rossini. Nell’altro invece il gusto iscaltrì; si pônno fare confronti, si sceglie, e della<br />
scelta si sà godere; non c’è paura <strong>di</strong> rovesciare il bicchiere prima d’averlo alle<br />
volta parentetica, ma non per questo meno<br />
incisiva vuoi sotto il <strong>prof</strong>ilo dell’andamento del<br />
pd, vuoi sotto quello contenutistico e storico (e<br />
si veda quel polemico fabbricatori <strong>di</strong> versi che<br />
riduce i poeti (del suo tempo) a manovali della<br />
parola. A questo tipo <strong>di</strong> scrittura emotiva – nel<br />
senso che lo scrittore si pone in primo piano<br />
con le sue emozioni – corrisponde una sintassi<br />
che preferisce da un lato il periodare breve<br />
dall’altro il capoverso largo: il periodo infatti<br />
<strong>di</strong>fficilmente presenta più <strong>di</strong> due subor<strong>di</strong>nate;<br />
mentre più frequenti sono le coor<strong>di</strong>nate. Il 1º<br />
cpv è significativo. Nel suo 1º pd viene presentata<br />
la protagonista: solo nome cognome stato<br />
civile e dove si trova. Non la descrizione della<br />
donna sembra interessare D., ma la stanza:<br />
l’anastrofe del compl. <strong>di</strong> luogo nel 2º pd è il<br />
presupposto sintattico <strong>di</strong> una modalità narrativa<br />
teorizzata subito dopo, secondo la quale è<br />
possibile descrivere un personaggio partendo<br />
dagli oggetti che lo circondano. Tal che il pizzo<br />
della pettiniera, il caldanino, l’odore <strong>di</strong> pasticca<br />
stantìa, tratteggiano la figura <strong>di</strong> una donna dai<br />
gusti un po’ retrò, <strong>di</strong> una certa età (ha bisogno<br />
<strong>di</strong> scaldarsi i pie<strong>di</strong> !), parsimoniosa, se conserva,<br />
sino a farle <strong>di</strong>ventare stantie le pasticche. Il<br />
parallelismo oggettipersone autorizza, poi l’uso<br />
del traslato ammuffita. Il 3º periodo brevissimo<br />
(una principale ed una relativa) pone l’accento<br />
sul movimento fisico della persona (si morde<br />
spesso le labbra): dai suoi atti D. deduce, o<br />
finge <strong>di</strong> dedurre; ché si tratta d’una riflessione<br />
ironica: fondamentalmente tautologica quando<br />
si <strong>di</strong>a per scontata, come lo è, la propensione<br />
femminile al trucco, che qui porge il destro alla<br />
misoginia d. – e si veda la beffarda <strong>di</strong>ttologia<br />
freschezza e bellezza in contrapposizione ad<br />
ammuffita–.<br />
Così agghindata Ersilia ha tra mani uno scartafaccio:<br />
ed ancora una volta l’attenzione del D.<br />
si volge al l’o ggetto: uno scartafaccio giallastro,<br />
..., uno scartafaccio sù<strong>di</strong>cio da mille <strong>di</strong>ta curiali,<br />
tutto gualcito, a graffiature, a corni, fra il testamento<br />
ed il contratto <strong>di</strong> nozze. Da un lato lo<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 23
Analisi Tecnica. Dossi<br />
labbra, ma senza spànderne goccia lo si centella – con calma, con eru<strong>di</strong>zione. Il<br />
primo amore ci apre insomma una via; l’ùltimo ce la chiude; il primo sottintende<br />
un secondo, l’ùltimo... nulla. Ed è perciò che ci attacchiamo a quest’ùltimo come<br />
alla tàvola estrema il naufrago.<br />
Dai quali pensieri agitata, madama si alzò e si <strong>di</strong>e’ a passeggiare.<br />
Apparve alla gialla portiera la bianca cuffietta ed il rosato visino <strong>di</strong> una servuccia<br />
annunziante: «il maggiore Parisi.»<br />
Ersilia tremò, benchè l’aspettasse. Infatti i trè giorni <strong>di</strong> tregua èran spirati. Il<br />
maggiore veniva per la risposta. Si trattava, pensate, <strong>di</strong> una mano e <strong>di</strong> un cuore e<br />
tutta lei <strong>di</strong>cèa «sì.» Ma il testamento rumoreggiava «no e no.» Avèa saputo il defunto<br />
perpetuare la <strong>di</strong> lui gelosìa. Da <strong>di</strong>eci anni lo mangiava la terra e non<strong>di</strong>meno<br />
la vèdova se lo sentiva, qual cataplasma, notte e dì sullo stòmaco.<br />
¿Che mai rispòndere dunque? A ventimila lire <strong>di</strong> rèd<strong>di</strong>to si valutava la <strong>di</strong> lei<br />
fedeltà: ¿valèvane forse altrettante Azzolino? Ahimè! (e sospirò) ¿Ebbene? ¿non si<br />
poteva proprio transìgere? ¿non sarebbe bastato al suo vedovile prurito il possesso<br />
d’un cuore? ¿non basterebbe al maggiore? e madama, sostando alla pettiniera, si<br />
rinfrescò col pennello un sorriso che una làgrima d’ira le avèa rapito.<br />
«¿E gli <strong>di</strong>co?» <strong>di</strong>mandò la servetta.<br />
scartafaccio svolge una funzione antifrastica alla<br />
bellezza che la donna ha preservato; dall’altro<br />
si <strong>di</strong>spone sul piano degli oggetti ’vecchi’, ’ammuffiti’<br />
che la connotano. Di qualche interesse<br />
è l’accumulazione in questo pd: lo scrittore<br />
accumula connotazioni dello scartafaccio, ma<br />
non utilizza la stessa formula o il medesimo<br />
elemento morfologico. La variazione avviene<br />
anche passando semplicemente da un campo<br />
semantico all’altro come avviene in: deve èsser<br />
costata un mucchio <strong>di</strong> tempo, <strong>di</strong> riflessioni e<br />
<strong>di</strong> spilli. Un’ultima notazione meritano alcune<br />
callidae iuncturae: come gelose località dove<br />
località sta per stanza; e gelose ha valore passivo,<br />
<strong>di</strong> tenute gelosamente, inaccessibili. Come<br />
l’ossimoro colta negligenza; l’ambiguità carica<br />
d’ironia <strong>di</strong> bugìe della teletta che può avere il<br />
significato <strong>di</strong> portacandele della toeletta, e <strong>di</strong><br />
toeletta che serve a mentire sulla reale bellezza<br />
della donna.<br />
Il 2º cpv presenta un a quanto pare, che permette<br />
a D. <strong>di</strong> sottolineare la sua <strong>di</strong>stanza dal<br />
personaggio, che è sotto osservazione, non<br />
scientifica, certo ironica se <strong>di</strong>ssacra una locuzione<br />
passata in uso comune, sorrisetto fresco,<br />
corretto con ancor <strong>di</strong> pittura. Non meno ironico<br />
è il lègger col cuore abbinato al co<strong>di</strong>ce, che però<br />
non ricambia l’intenzione d’Ersilia. E l’esclamazione,<br />
oh l’incivile !, giocata sull’equivoco co<strong>di</strong>ce<br />
civileincivile.<br />
Il lessico. Tra lingua letteraria, <strong>di</strong>aletti e<br />
altre lingue<br />
Bricia: dall’emiliano brisa, sta per briciola.<br />
24 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Babbio: lombar<strong>di</strong>smo per volto.<br />
Piattino: vivanda.<br />
Bolognarsi-via: lombar<strong>di</strong>smo per sbarazzarsi:<br />
Ersilia doveva sbarazzarsi si sé stessa, dandosi<br />
a qualcuno.<br />
Coheuil: una specie <strong>di</strong> Rimmel.<br />
Véloutine: cipria.<br />
Lo stile<br />
La trama del racconto è, ben si vede, veramente<br />
esile: sulle poche e semplici azioni della<br />
protagonista D. tesse una più ampia trama <strong>di</strong><br />
sue riflessioni sul tipo <strong>di</strong> donna rappresentato<br />
da Ersilia: è un <strong>di</strong>alogo continuo che lo scrittore<br />
instaura con il lettore, del quale si richiede<br />
la partecipazione e la complicità (aggiungi ...<br />
aggiungigli... sfida... pensate): scrittore e lettore<br />
osservano, analizzano Ersilia, meglio: gli oggetti<br />
che le vengono in mano, indovinano le reazioni<br />
della donna. In questo <strong>di</strong>alogo prevalgono le<br />
modalità del linguaggio parlato: esclamazioni<br />
(¡grazie al cielo!... ahimè!...), allusioni (quel gallo<br />
che è la passione delle galline), calembour (...<br />
memoria preziosa per i molti brillanti); sino alle<br />
allocuzioni <strong>di</strong>rette ed esplicite: e quì tu impara, o<br />
poeta, che una stoccata <strong>di</strong> ferro vale presso alle<br />
donne assài meglio del complimento più acuto;<br />
dove poeta sta per lettore romantico. Ed ancora<br />
la battuta polemica: i larghi òmeri dell’ufficiale,<br />
che pòrtano così superbi la lor fanullàggine! –<br />
la qual battuta allinea un vocabolo raro come<br />
fanullàggine, scempiato della n, al <strong>di</strong>alettismo<br />
babbio –. Tuttavia sarebbe un errore pensare<br />
che la scrittura d. sia riproduzione del parlato
Analisi Tecnica. Dossi<br />
«Vengo.»<br />
La cameriera fe’ per andàrsene.<br />
«¡Stà!» <strong>di</strong>sse Ersilia cacciando rinfusamente e cò<strong>di</strong>ce e tabacchiera e carte legali<br />
nello scrignetto, che serrò a chiave. «Vojaltri andate pure a dormire. Dovete èssere<br />
stanchi. Il maggiore ha molti affari con mè... Chiuderò io la porta...»<br />
Richiese la cameriera con un ghignuzzo:«E pel scaldaletto?»<br />
Ma Ersilia, cristianamente:«Scuso senza stasera.»<br />
(ciò avviene semmai nei <strong>di</strong>aloghi) l’operazione<br />
<strong>di</strong> D. è proposta <strong>di</strong> una modalità alternativa alla<br />
manzoniana (o com’egli <strong>di</strong>ceva in prosecuzione<br />
ed esaurimento del manzonismo). Ciò che ne<br />
I promessi era allocuzione al lettore o <strong>di</strong>screta<br />
richiesta <strong>di</strong> complicità e partecipazione, qui si fa<br />
colloquio continuo, familiarità (col lettore colto):<br />
è che D. s’affianca al lettore e con lui parla del<br />
personaggio e della storia narrata. Dunque la<br />
sua resta un’operazione letteraria e colta. Si<br />
veda E tornò al testamento: qui son recupera ti<br />
mo<strong>di</strong> e detti popolari, intònaco nuovo non rinnova<br />
la casa, oppure, piattino che cominciava<br />
a putire; ma anche espressioni più colte come<br />
più grattacapi che non costasse al gran Giulio il<br />
passaggio del Rubicone (e più giù la menzione<br />
<strong>di</strong> Gorini, d’Azeglio, Rovani, Gounod, Rossini),<br />
o più auliche del tipo: benchè <strong>di</strong> ci nigia cosparsi<br />
i carboni del cuore <strong>di</strong> lei non erano estinti. Conta<br />
non solo e non tanto il variare del registro<br />
linguistico, quanto <strong>di</strong> quello espressivo: un pd<br />
come quello testé riportato, benchè <strong>di</strong> cinigia ...<br />
è semplicemente <strong>di</strong>egetico; dei due successivi<br />
assai peculiare è Ella era ancor bella... – e volse<br />
gli occhi allo specchio, dove la prima parte ha<br />
un andamento narrativo, la seconda parte, introdotta<br />
dall’e consecutivo, suggerisce l’idea che<br />
si tratta d’un frammento <strong>di</strong> flusso <strong>di</strong> coscienza.<br />
Non meno interessante è Ma contentìssima...<br />
dove l’inciso dello specchio s’intende, è precisazione<br />
ironica, che ammicca ad una complice<br />
misoginia: è scherzo che si prolunga nel pd<br />
seguente, <strong>di</strong> gusto aforismatico. Di lì a poco<br />
ecco inattesa una riflessione sociale: Invano la<br />
onesta miseria si recideva per lei le sue trecce<br />
più nere. A sua volta seguita da Oh il primo<br />
amore..., una <strong>di</strong>gressione sull’amore, il primo e<br />
gli altri. Lunga e fuor <strong>di</strong> luogo per il contenuto:<br />
ma fantasmagoria <strong>di</strong> metafore: straor<strong>di</strong>naria<br />
prova letteraria, <strong>di</strong> un qualche gusto barocco<br />
spesso affiorante: e cfr fra il vino e l’aceto, fra lo<br />
scettro e la scopa, fra il concedere e il chièdere.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 25
Analisi Tecnica. Dossi<br />
C’era una volta un signor Zèfiro Virgoletti. Egli era un omino <strong>di</strong> quelli, tutto<br />
elasticità e tutto pepe, nati a confòndere il fìsico assioma che «dal nulla vien nulla»,<br />
<strong>di</strong> quelli, che, cominciata la loro carriera arrampicàndosi <strong>di</strong>etro i calessi, rièscono<br />
a terminarla sdrajàtivi entro comodamente. E in verità, Virgoletti possedèa con<br />
abbondanza gl’in<strong>di</strong>spensàbili requisiti per fare una principale figura nel mondo<br />
– doppio pel sullo stòmaco e doppio bronzo sul viso. E già avèa, a quell’ora, esercitato<br />
ogni sorta <strong>di</strong> «mestieri leggeri», dal giornalista al cantante, dal ven<strong>di</strong>lùcido<br />
al can<strong>di</strong>dato polìtico, , avèa già fatto il maestro <strong>di</strong> quanto non conosceva neppure<br />
<strong>di</strong> vista e l’inventore d’ogni introvàbile cosa, fatto l’autore <strong>di</strong> òpere in mente Dei<br />
e il presidente <strong>di</strong> Società non ancor concepite, fatto il dottore della magnetizzata<br />
e l’emigrato e il ferito «per la patria contrada», e così avèa, per lire cinquanta,<br />
giurato in Lutero affine <strong>di</strong> rigiurare per cinquantuna nel papa; scritto quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
ascètica e negoziato <strong>di</strong> bambagina; cucito libri pel popolino sul modello-Cantù e<br />
offèrtogli insieme quel terno che per lui non sortiva; barato poi, composto bàlsami<br />
e aque per ogni classe <strong>di</strong> gonzi, cavato un dente per l’altro, ,<br />
compilando progetti a<br />
estinzione dei pùbblici dèbiti (e ciò mentr’era, per i privati, in catorbia) e fondando<br />
accademie <strong>di</strong> letterari e scientìfici scrocchi o banche predestinate a fallimenti<br />
lucrosi. ¡Ma ecchè! La stella della <strong>di</strong>sdetta brillàvagli immota sul capo. Vane le<br />
trappolerìe, vana la parlantina, la sfrontatezza, la insufficienza (che è tutto <strong>di</strong>re),<br />
egli, sul buono d’ogni intrapresa, si addava <strong>di</strong> trarre il fil senza groppo, <strong>di</strong> sparar<br />
senza palla, per cui raggiunti i trent’anni e sol trovàndosi in costa un appetito da<br />
eròe, avèa finalmente compreso che una fortuna, se non la scopriva già bell’e fatta,<br />
per conto suo non ne farebbe mai più.<br />
E così c’era una volta – appunto la volta del signor Virgoletti – una donna sul<br />
fiore della vecchiaja, che si chiamava la signora Savina Brembati. Vegetava costèi<br />
in Lomellina, tra i suòi fumìferi letamài, le sue stalle <strong>di</strong> vacche, le sue formaggerìe,<br />
inconscia siccome un pòlipo, vèrgine come... – non ci ha paragone. Ella era una<br />
montagna <strong>di</strong> grascia; un pud<strong>di</strong>ngo dï butiro e <strong>di</strong> manzo, e, perchè zoppa un tantino,<br />
godèa del sopranome <strong>di</strong> «<strong>di</strong>ligenza Franchetti senza una ruota.» Sulle poppe <strong>di</strong> lei si<br />
26 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
CARLO DOSSI<br />
INcENdIO dI lEgNa vEcchIa.<br />
La novella si apre con la descrizione dei personaggi. A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quella analizzata in precedenza<br />
qui le descrizioni hanno taglio psicologico o fisicopsicologico. Naturalmente ciò non<br />
vuol <strong>di</strong>re che D. recuperi modalità più tra<strong>di</strong>zionali, senza alcun intervento <strong>di</strong> innovazione e/o <strong>di</strong><br />
deformazione. E l’intervento è eminentemente linguistico, ma non esclusivamente, ché, anzi, la<br />
componente ironica e beffarda offre motivazioni e movenze ad una lingua straor<strong>di</strong>nariamente<br />
ricca <strong>di</strong> invenzione, capace <strong>di</strong> riutilizzare le più trite forme proverbiali. A cominciare da quel<br />
doppio pel sullo stòmaco e doppio bronzo sul viso, che innova grazie all’aggettivo ripetuto un<br />
modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re assai comune. L’intonazione ironica <strong>di</strong>viene satira sociale nel pd successivo dove<br />
l’enumerazione dei «mestieri leggeri», anticipazione <strong>di</strong> Gadda, allinea il ven<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> lucido ed il<br />
can<strong>di</strong>dato politico; o quando per stigmatizzare la facilità <strong>di</strong> cambiare ban<strong>di</strong>era viene riproposto il<br />
detto <strong>di</strong> ’giurare a Lutero e al Papa’; o ancora quando si contrabbanda per patriota ferito (come<br />
il gad<strong>di</strong>ano postino <strong>di</strong> Maragadàl). Oppure si fa satira letteraria se l’intraprendente Zèfiro cuce<br />
libri pel popolino sul modelloCantù con la stessa facilità con cui dà numeri per il lotto. È che il<br />
protagonista è l’espressione <strong>di</strong> quella classe <strong>di</strong> piccoli affaristi che ponevano in atto ogni tipo
Analisi Tecnica. Dossi<br />
sarebbero accomodati agiatamente due gatti; per abbracciarla del tutto bisognava<br />
èssere in due. ¡Buona poi, vi sò <strong>di</strong>re! Stava in mezzo a cinquemila pèrtiche <strong>di</strong> marcita<br />
tutte sue e si contentava. Nelle dò<strong>di</strong>ci ore che la dormiva giù e nelle dò<strong>di</strong>ci dormite<br />
sù, non un pensiero in jattura del pròssimo. Anzi, la tenerella usciva dalla cucina<br />
ogniqualvolta vi si sgozzava un pollastro, raccomandando però <strong>di</strong> non buttarne<br />
via il sangue, e se vedèa un ragno, ¡Dio guar<strong>di</strong> toccarlo! ¡pòvera bestia! – chiamava<br />
tosto la serva con la ciabatta. E mensilmente faceva la sua carità della «svànzica»<br />
nella cassetta del sagrestano, e quando sentiva che qualche colono era caduto<br />
ammalato, recàvasi personalmente a vedere... se ciò fosse vero, purchè egli stesse a<br />
terreno, chè la <strong>di</strong> lei carità non saliva le scale. Russava poi la santa sua messa ogni<br />
domènica, mangiando devotamente a Natale il panettone, ostie a Pasqua e ova<br />
sode, rèquiem ai Morti e tempia, rosario a Ognissanti e castagne, e <strong>di</strong>giunando<br />
nelle feste <strong>di</strong> magro gàmberi e trote. Intorno a lei tutto ingrassava. Era lardo che<br />
respiràvano i pori. Fanny, la sua cagnina <strong>di</strong> grembo, dovèa spellarsi, camminando,<br />
la pancia. Capponi, oche e tacchini, buòi, giovenche e majali, parèano, per la pinguè<strong>di</strong>ne,<br />
bestie non mai vedute, , facèano quasi, più che appetito, paura. D’amore,<br />
già, non si parla. Troppa ciccia ovattava quel cuore per èssere leso da un dardo;<br />
¡eppòi l’amore è sì incòmodo! «Chi men ride, men piange,» <strong>di</strong>cèa lei. Ùnico vuoto<br />
che la signora Savina sentisse, era quello del ventre, ,<br />
zêppo il ventre, non pensava che<br />
al letto, ma non al letto <strong>di</strong> chi non vuol riposare, a un letto invece tutto mollezze,<br />
senza rimorsi e prurito, senza desìi, senza sogni, tranne qualcuno <strong>di</strong> lotto. Infatti<br />
il lotto era la sola emozione che la signora Savina si permettesse settimanalmente.<br />
E ben lo sanno que’ trè galabroni impuntigliàtisi a fare la corte alla sua uva e a<br />
<strong>di</strong>sputarsi quelle cinquemila pèrtiche <strong>di</strong> cuore, al primo de’ quali, cioè il dottore<br />
Semenza, un terrìbil barbone dalla voce in falsetto, ella fe’ <strong>di</strong>re che la smettesse con<br />
le serenate, perchè la notte fu fatta, non per sonar ma dormire, minacciàndolo, se<br />
seguitava, <strong>di</strong> rinfrescargli la testa con qualche cosa <strong>di</strong> meno innocente dell’aqua,<br />
mentre al secondo, che era il maestro Giglioli dalla schiena a D e dalle gambucce a<br />
X, osservò sur il muso, che lei non amava un bel niente quella poètica confidenza<br />
<strong>di</strong> intrapresa, sorretti da un’innegabile genialità, ma non da una simile onestà e preparazione<br />
(e come non scorgere la fervida attività della borghesia postunitaria nelle banche che vanno<br />
<strong>di</strong> proposito in lucrosi fallimenti, o che danno vita ad accademie e circoli scientifici al fine <strong>di</strong><br />
conquistarsi un posto <strong>di</strong> potere): ché sempre e comunque ogni nuova impresa fa conto sulla<br />
dabbenaggine degli altri. È ancora l’enumerazione, all’apparenza caotica (ma proprio nel<br />
caos si fa satira politica e sociale), lo strumento <strong>di</strong> questo ritratto in forme variate, secondo<br />
un modello che s’è già visto in precedenza, come in vane le trappolerìe, vana la parlantina,<br />
la sfrontatezza, la insufficienza (che è tutto <strong>di</strong>re) che presenta solo per i primi due elementi<br />
l’anafora dell’aggettivo ’vano’; e per l’ultimo il rafforzamento (beffardo) dell’inciso. E subito<br />
dopo il raddoppiamento dei due mo<strong>di</strong> d’in<strong>di</strong>care l’inutilità dell’azione.<br />
Lo stile<br />
La descrizione <strong>di</strong> Savina Brembati si apre con<br />
la ripetizione della formula c’era una volta, rafforzata<br />
dall’e così, che stabilisce continuità del<br />
tono aneddotico, o meglio da apologo.<br />
Di grande efficacia il vegetava costei, vuoi per la<br />
scelta del verbo che in<strong>di</strong>ca l’assenza d’ogni vita<br />
spirituale nella donna sod<strong>di</strong>sfatta della ricchezza<br />
che le deriva dalla sua terra, vuoi per l’anastrofe<br />
del vb rispetto al sogg che conferisce un’andamente<br />
grave e gravemente ritmato dall’anafora<br />
del possessivo prima; e dalla ripetizione delle<br />
comparazioni dopo, la seconda delle quali sembra<br />
sfuggire dalle mani dello scrittore che non<br />
sa portarla a termine: e che dunque D.; vuol far<br />
apparire suggerita proprio dal ritmo del periodo.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 27
Analisi Tecnica. Dossi<br />
<strong>di</strong> dar del «tù» nei sonetti, e che del resto non si credesse <strong>di</strong> giulebbarla con que’<br />
nomi <strong>di</strong> Ninfa, <strong>di</strong> Madonna e <strong>di</strong> Àngelo, finchè tenesse nella fascietta un àgnus <strong>di</strong><br />
religione e una stadera in casa; e, quanto al terzo aspirante, sotto le ver<strong>di</strong> sembianze<br />
del patentato avvelenator del villaggio, il quale filava l’amore col viso <strong>di</strong> chi subisce<br />
un clistero e sospirava com’un’armònica frusta dalla minestra al caffè, non volle<br />
averlo più a pranzo, <strong>di</strong>cendo che le impauriva la fame.<br />
Ebbene – signori mièi – fu proprio in giro <strong>di</strong> cotesta fortezza, a quanto sembrava<br />
imprendìbile, che il signor Virgoletti, grattàtosi le sette volte il suo inventivo<br />
cotogno, aperse le parallele e le artiglierìe puntò.<br />
Era la primavera. ¿Vorreste una descrizione? Ne ho mille. Costa poco grandeggiar<br />
dell’altrùi... Ver nòvum: ver jam canòrum; vere nàtus est òrbis – vere concòrdant<br />
amòres; vere nùbunt àlites... – (e, seguitando, il mio nuovo lunario:) «consolàtevi,<br />
sentinelle e innamorati, i quali fate la guar<strong>di</strong>a a voi stessi, consumando stolidamente<br />
le suola sotto griglie che non si vògliono o sotto inferriate che non si pòssono<br />
aprire, il tempo dei raffreddori è passato; e consolàtevi, avari, che passò insieme il<br />
perìcolo <strong>di</strong> sciupar la pezzuola. Consolàtevi, vecchi, chè la scappaste pur bella; e<br />
voi, pavoncelle, chè potete <strong>di</strong> nuovo andar passeggiando le vostre penne alla moda.<br />
Consolàtevi, bimbi, le maggiostre rossèggiano, mentre per voi, bambinaje, rinverdìscon<br />
le allèe cogli annessi sergenti. E consolàtevi, osti fuori <strong>di</strong> porta, ricàcciano<br />
Il pd successivo vede il confluire <strong>di</strong> lemmi romaneschi<br />
(grascia), lombar<strong>di</strong> (butiro), <strong>di</strong> anglismi<br />
(pud<strong>di</strong>ngo) e <strong>di</strong> un riferimento colto, politico<br />
(alla inchiesta Franchetti che rilevava tra l’altro<br />
la pessima con<strong>di</strong>zione dei trasporti in Sicilia).<br />
Come nel precedente cpv le esclamazioni ricreano<br />
l’atmosfera del colloquio dello scrittore col<br />
lettore, del quale chiede la complice comprensione<br />
dell’ironia che si cela sotto l’apparente<br />
facilità <strong>di</strong>: Stava in mezzo a cinquemila pèrtiche<br />
<strong>di</strong> marcita tutte sue e si contentava. In cui la<br />
montagna <strong>di</strong> grascia trova consone collocazione<br />
ed immobilità ed insieme accontentamento <strong>di</strong><br />
quelle pertiche tutte sue.<br />
Sorvoleremo sulla ironia facilmente riscontrabile<br />
in tenerella, in la carità <strong>di</strong> lei non saliva le<br />
scale, in quel russare... la santa messa, in quel<br />
mangiare devotamente a Natale il panettone,<br />
spigolina, maturanza completa e così via; o<br />
nell’enumerazione delle bestie che in quella<br />
casa ingrassavano spropositatamente. Qui varrà<br />
porre in evidenza l’esclamativa ¡eppòi l’amore<br />
è sì incòmodo! che è bilicata tra osservazione<br />
dello scrittore e <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto libero; e subito<br />
dopo il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto. Inserzione quest’ultima<br />
limitata: ché prestissimo lascia il posto all’ironica<br />
scrittura del D.: conta, naturalmente, qui, il<br />
continuo variare della scrittura ed il conseguente<br />
variare della prospettiva con cui lo scrittore<br />
narra la storia.<br />
E conta soprattutto l’invenzione linguistica come,<br />
ma sono pochissimi esempi tra gli infiniti<br />
che si potrebbero fare: respirare lardo, fare la<br />
28 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
corte alla sua uva, cinquemila pèrtiche <strong>di</strong> cuore,<br />
la schiena a D e le... gambucce a X, inventivo<br />
cotogno. Fino a quella straor<strong>di</strong>naria descrizione<br />
della primavera che è insieme sfida e satira della<br />
letteratura e del letterario, gioco <strong>di</strong> prestigio<br />
d’invenzione linguistica ed esibizione epperciò<br />
<strong>di</strong>vertita <strong>di</strong>struzione d’ogni immaginazione poetica.<br />
Ché la primavera viene vista negli aspetti<br />
pratici, nei vantaggi che la buona stagione offre<br />
agli innamorati, non più costretti ad infreddarsi<br />
per attendere le loro belle; agli anziani che<br />
possono finalmente tirare un sospiro <strong>di</strong> sollievo<br />
per averla scampata bella, per gli avari che non<br />
dovranno più temere <strong>di</strong> consumare i fazzoletti;<br />
alle fanciulle che possono tornare a far mostra<br />
degli abiti alla moda e così via. È, insomma, il<br />
rifiuto della finzione poetica dell’abbellimento,<br />
per scoprire una realtà prosaica tutta tesa al<br />
vantaggio, meglio se economico: così è che<br />
la Savina va camminando tra le aiuole non<br />
poetiche <strong>di</strong> legumi: D’Annunzio lamenterà che<br />
le statue antiche si trovino in giar<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>ventati<br />
orti, e Gozzano che villa Amarena sia cinta da un<br />
panneggio <strong>di</strong> pannocchie <strong>di</strong> mais. In D. nessun<br />
rimpianto e nessun rammarico (così a proposito<br />
<strong>di</strong> Ersilia Blandamore), semmai la costatazione<br />
dell’errore dei poeti che avevano creduta reale<br />
la poesia, o che la poesia potesse essere posta<br />
in atto o trovarsi nella vita quoti<strong>di</strong>ana. La realtà è<br />
il campo <strong>di</strong> gente che ha i pie<strong>di</strong> in terra e non è<br />
<strong>di</strong>sposta a sacrificare un’ere<strong>di</strong>tà all’amore, che<br />
cede alle <strong>prof</strong>ferte <strong>di</strong> chi sa certo mantenere<br />
allegria, ma sa anche riscuotere i cre<strong>di</strong>ti. Questa
Analisi Tecnica. Dossi<br />
il capo<br />
,<br />
aspàragi ed avventori. Consolàtevi, àsini <strong>di</strong> quattro pie<strong>di</strong> e <strong>di</strong> due, il mese<br />
della Madonna già prude; consolàtevi, tarme, si ripòngono i panni. ¡Piangete invece,<br />
spazzacamini, sostrài, pellicciài, farmacòpole! ¡Lottajoli, piangete! chè, quanto più<br />
corte le notti, tanto meno ci ha sogni.»<br />
Era, dunque, del giorno annuale la primavera e del giornaliero anno l’estate<br />
(àlias, il mezzodì). La nostra rispettàbile dama scendeva machinosamente dal<br />
suo piano terreno e a traverso il giar<strong>di</strong>no – un giar<strong>di</strong>no, non dalle poètiche ajuole<br />
<strong>di</strong> fiori, ma tutto prose a legumi – incedèa, seguita dalla fedele Fanny, un po’<br />
tentennando, verso il cancello. Chè il cuoco quella stessa mattina nel pettinarla<br />
(stòmaco e testa in casa Brembati èrano in mano del cuoco) avèale raccontato <strong>di</strong><br />
uno strambo <strong>di</strong> uno che si vedèa da due o trè dì al cancello, ammirando per ore<br />
quel fico venuto appena d’Amèrica e benchè la curiosità (questa maschile virtù e<br />
femminile vizio) non parlasse tropp’alto nella signora Savina, purtuttavìa, siccome<br />
stavolta il sod<strong>di</strong>sfacimento <strong>di</strong> essa coincideva con la quoti<strong>di</strong>ana sua passeggiatella,<br />
la nostra signora la u<strong>di</strong>va e dàvale ascolto.<br />
Difatti, <strong>di</strong> là del cancello e appoggiato alla griglia, stava lo sconosciuto. Era un<br />
ometto tutto vestito <strong>di</strong> nero e dalla fisionomìa <strong>di</strong> sorcio da moscajola.<br />
Il quale, come scorse la dama, toccossi rispettosamente il cappello, e la dama,<br />
bene educata anche lei, gli rese con un cenno <strong>di</strong> capo il saluto.<br />
«Oh che pianta! oh che pianta!» esclamava l’ometto.<br />
«Scusi, madama... ¿La è forse una fìcus Linnei grattabolenta?»<br />
«¿Gratta...?» <strong>di</strong>mandò con un sorriso intrigato la signora Savina. «Sarà benìssimo.<br />
Ma se il signore,» aggiunse, scorgendo che Virgoletti volèa come schizzare<br />
i suòi curiosi occhiettini sul fico, «desiderasse <strong>di</strong> osservarla un po’ meglio...» ed<br />
aperse il cancello.<br />
¡Quanta compitezza! Virgoletti si confuse in ringraziamenti, si <strong>di</strong>lombò in riverenze,<br />
si sbracciò in scappellate. Volèa anzi tenere basso il cappello, ma la signora<br />
non lo permise. Fàttosi poi alla pianta, vi si accosciò. Un padre al non sperato<br />
ritorno dell’ùnico figlio non si sarebbe condotto altrimenti. Palpàvane il fusto<br />
quasichè non credesse ai propri occhi, <strong>di</strong>cèale frasi <strong>di</strong> tenerezza, la contemplava<br />
estasiato, tanto estasiato che la signora Savina dovette più <strong>di</strong> una volta e <strong>di</strong> due<br />
ripètergli: «¿è forse il signore un botànico?»<br />
«Un po’...» Virgoletti rispose; e lì, togliendo gl’incastri alla torrenziale sua lingua,<br />
la fe’ saputa com’ella possedesse un esemplare <strong>di</strong> fico, che nelle gran<strong>di</strong> collezioni <strong>di</strong><br />
Parigi e <strong>di</strong> Londra era chiamato «rarìssimo» e sulla propagazione <strong>di</strong> cui in aperto<br />
terreno pendèvano ancora in<strong>di</strong>avolate questioni e si èrano posti de’ grossìssimi<br />
realtà non s’affronta con le serenate o con la<br />
poesia, ma con l’astuzia e col senso degli affari.<br />
E questa è una realtà che non va contestata,<br />
né può esserlo, al più si potrà sorridere delle<br />
piccole gran<strong>di</strong> imprese <strong>di</strong> questa umanità <strong>di</strong>sillusa,<br />
che va alla ricerca dell’utile o del comodo:<br />
ma soprattutto sarà possibile trarre un qualche<br />
piacere dall’uso della parola, dalle invenzioni cui<br />
essa si presta, dalla possibilità <strong>di</strong> percorrerla in<br />
una vastità sino a Dossi sconosciuta.<br />
Il lessico<br />
Ver novum...: la nuova primavera: primavera<br />
<strong>di</strong> canti; l’universo è nato a primavera – a<br />
primaversa gli amori suonano all’unisono; a<br />
primavere si sposano gli uccelli.<br />
Allèe: francesismo per passeggiate.<br />
Sostrai: lombar<strong>di</strong>smo per ven<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> carbone.<br />
Farmacòpole: voce arcaica per farmacisti.<br />
Lottajoli: giocatori del lotto.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 29
Analisi Tecnica. Dossi<br />
premi; come, peraltro, il suo frutto non lusingasse troppo il palato, salvo a innestarlo<br />
con una cert’altra preziosa qualità, che sapeva lui, suo segreto, ma ch’egli<br />
avrebbe ben volentieri mostrata a una sì bella, a una così nòbile dama.<br />
Alla quale <strong>prof</strong>ferta, incartata in un complimento, la signora Savina non potè<br />
trattenere un sorriso <strong>di</strong> riconoscente accettazione; e, ¡tracch! il signor Virgoletti<br />
ci ribadì la promessa <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfar la promessa al domani. Cinque-e-cinque-<strong>di</strong>eci,<br />
lasciàronsi simpatizzando.<br />
E il giorno dopo arrivò e con esso l’innesto del signor Virgoletti. La signora<br />
Brembati porse lei stessa le bende per la lattea ferita e colle fòrbici che le pendèvano<br />
dalla cintura tagliò il superfluo spago del cappio. L’operazione riuscì a meraviglia.<br />
Zèfiro e la margotta annestàronsi perfettamente.<br />
Allora la dama, per <strong>di</strong>mostrargli in qualche maniera la gratitù<strong>di</strong>ne sua, lo invitò<br />
nel «<strong>di</strong> lei pòvero nido.» ¿Come mai <strong>di</strong>r <strong>di</strong> no alla cortesìa in persona? Per cui si<br />
pòsero insieme in cammino e la gentile elefantessa, sempre seguita dall’a<strong>di</strong>posa<br />
Fanny, condusse il nostro cecino a vedere i suòi «augelletti» (inten<strong>di</strong> la pollerìa)<br />
ch’ella ingrassava al filantròpico scopo che ingrassàssero lei, e le sue «scuderìe»,<br />
splèn<strong>di</strong>da occhiata <strong>di</strong> mammose giovenche e <strong>di</strong> cornutìssimi buòi, con la vicina<br />
formaggerìa dai càn<strong>di</strong><strong>di</strong> laghi <strong>di</strong> latte, fresco tanto da èssere ancora caldo, e dalle<br />
pietre mugnaje <strong>di</strong> cacio, pezzi da cento lire lievitati in commestìbile forma; poi,<br />
rasentando un ruscello, le cui rive èran tela e la spuma sapone, e passando framezzo<br />
a formidàbili torri <strong>di</strong> legna (nè ci volèa meno per cuòcer tutto quel riso<br />
che la incessante pila brillava) lo condusse a veder le sue «grotte», che avèano per<br />
stalattiti salami e per stalagmiti bottiglie, con uno sfondo <strong>di</strong> botti <strong>di</strong> cui nessuna<br />
rimbombava al nocchino, e i suòi «boschi» biancheggianti e ferventi <strong>di</strong> que’ preziosi<br />
operài – operài ad un tempo e materia – che càngiano foglie in seta quali artisti<br />
<strong>di</strong> genio. Non solo. Ella lo volle in sua casa, donde il fràgile lusso <strong>di</strong> noi citta<strong>di</strong>ni<br />
non avèa ancora ban<strong>di</strong>ta , la campagnuola massiccia como<strong>di</strong>tà, anzi lo ammise ne’<br />
penetrali più sacri, cioè nella stessa sua càmera dal verginale lettone matrimoniale,<br />
una càmera in cui si ammiràvano, non scatoloni <strong>di</strong> vesti ma <strong>di</strong> semenze e seccumi,<br />
non tavolette <strong>di</strong> pèttini ma <strong>di</strong> cioccolata, non vasi <strong>di</strong> fiori o manteca ma <strong>di</strong><br />
rosmarino e mostarda, e nel cucinone dal molto affumicato camino e dalle pareti<br />
<strong>di</strong> rame, lusso colà non ozioso, non sottointendèndogli manco la relativa morale<br />
(morale fatta più chiara dalla doppia misura del seggio) consistente in quel luogo,<br />
trionfatore del mè<strong>di</strong>co, che fu chiamato per eccellenza «il còmodo» dall’èssere<br />
forse solitamente l’incomodìssimo.<br />
E quì volontieri ripeteremmo le esclamazioni entusiaste del signor Virgoletti al<br />
màgico svilupparsi <strong>di</strong> cotante bellezze, ma il compositore ci avverte che in tipografia<br />
non sono punti ammirativi bastanti. Diremo solo, che le figliàvano come cìmici e<br />
con esse aumentava nella signora Savina il prurito <strong>di</strong> simpatìa per lui, tanto che<br />
quando si fu per lasciarsi (tossendo bronzinamente in quel punto la campanella<br />
del pranzo) ella il pregò... <strong>di</strong> restare.<br />
Dal quale pranzo data la nuova vita per tutti e due. Virgoletti trovàvasi infine a<br />
suo posto. Capo primo; vuòi la speciale conformazione, vuòi la non flòrida borsa,<br />
Virgoletti vivèa in un perpetuo appetito, il che, se non è la migliore ,<br />
delle commendatizie<br />
per noi che bruciamo più legna a stirare che a cuòcere e che, contenti del<br />
30 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Dossi<br />
fumo come gli Iddìi dell’Olimpo, spen<strong>di</strong>amo pel cuoco quanto dovrèbbesi in cibo,<br />
mangiando in gran porcellana porzioncine minùscole e bevendo in magnìfici vetri<br />
pèssimo vino, quasi che fosse il bicchiere e non il vino da bersi, se, <strong>di</strong>co, cotesta<br />
qualità <strong>di</strong> una bocca alta <strong>di</strong> cielo non è troppo benvisa a noi dall’ambiziosa miseria,<br />
è la più accetta, è la carìssima invece ai nostri fratelli rurali, ùnici ere<strong>di</strong> della paterna<br />
ampia ospitalità. Capo secondo; senza contare l’inalteràbile e inesaurìbile buon<br />
umore, porta<br />
,<br />
maestra nelle case de’ ricchi, Zèfiro possedèa, anzi era un manuale<br />
<strong>di</strong> cognizioni per ogni sorta <strong>di</strong> pranzo: ad esempio, un pollo ei lo sapeva trinciare<br />
tenèndolo infisso sul forchettone e sollevato dal tondo, sapeva con<strong>di</strong>r l’insalata in<br />
maniera da sod<strong>di</strong>sfare a <strong>di</strong>eci <strong>di</strong>versi palati, stappava in un colpo le più ostinate<br />
bottiglie, riempiendo con mille giochetti l’aspettazione fra l’una e l’altra portata<br />
ossìa traendo inaspettati partiti dagli stecchi, dai piatti, dalle posate... e vievìa. ¡Or<br />
voi pensate alla nostra agucchiella che non avèa mai visto altrettanto! Raggiava il<br />
suo onesto faccione, le tremolava la pappagorgia, e il rìdere, lagrimàndole a tratti,<br />
la obbligava a posar la forchetta per asciugarsi gli occhi col tovagliolo, mentre la<br />
serva, ad aquetarle il singhiozzo, le tambussava la schiena. Zèfiro poi dal buon<br />
successo eccitato, ingollava bocconi strangolatòi, raddoppiava le giullerìe, sentìvasi<br />
insieme, la se<strong>di</strong>a, fàrsigli sotto <strong>di</strong> minuto in minuto più sua.<br />
In poche parole, da quel desinare il signorino è <strong>di</strong> casa. Egli vi entra ogni mattina<br />
per dare un’occhiata alla stampa (rappresentata dal Sècolo) e alla margotta<br />
<strong>di</strong> fico che si abbàrbica con lui e non ne esce se non in là nella sera, dopo <strong>di</strong> avere<br />
perduto una dozzina <strong>di</strong> sol<strong>di</strong> giocando all’oca con la signora. Oltre il farle allegrìa,<br />
il signor Virgoletti rendèvale mille servizi; le regolava le pèndole, tenèale viva la<br />
poca corrispondenza, recàvale il sottopiede e sprimacciava il cuscino, leggèale il<br />
«Walter Scott» in modo d’addormentarla coll’insensìbile degradar della voce,<br />
velando quin<strong>di</strong> tacitamente la finestra o la làmpada e acchiappando le mosche e<br />
i farfalloni importuni. Nè alcuno meglio <strong>di</strong> lui accendeva e manteneva con tutta<br />
economìa il fuoco, nessuno affrittellava più elegantemente le uova e le frullava<br />
con maggior brìo la rossumatina. Egli era un <strong>di</strong>àvolo nell’inseguire un debitore<br />
moroso, finchè costùi, qual la gazzella il muschiato testìcolo, non gli gettasse la<br />
borsa, ed era un <strong>di</strong>o per ritrovare le più raffinate golosità o poltronerìe. Insomma<br />
il signor Virgoletti le <strong>di</strong>venne il factòtum, il cane barbino. ¡Guài se mancàvale un<br />
giorno! mandava in cerca <strong>di</strong> lui per tutto il villaggio, per tutto il paese; sbuffava<br />
finchè non gliel’avèsser condotto. Chè un incòmodo stesso – abitù<strong>di</strong>ne fatta – <strong>di</strong>venta<br />
un bisogno.<br />
Ma nel sentimento <strong>di</strong> assuefazione, a stilla a stilla se ne insinuava un secondo<br />
alquanto meno simmètrico. Vènus, quae vènit ad omnia, s’è ricordata della signora<br />
Savina. Quel cuore che parèa bruciato e gelato da un pezzo, conflagra, ¡e che<br />
fiamme! quella dolciaccia che già sorbiva dormitone da rè (ahi! la falsa metàfora)<br />
Il lessico<br />
Agugghiella: donna magra ed alta.<br />
Venus, quae...: Venere che s’intrufola dappertutto.<br />
Rossumatina: lombar<strong>di</strong>smo per tuorlo d’uova<br />
sbattuto con il vino.<br />
Walter Scott: è il famoso autore inventore del<br />
romanzo storico ottocentesco.<br />
Butirro: burro.<br />
Topia: filare d’uva.<br />
Adaqua: lombar<strong>di</strong>smo per innaffia.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 31
Analisi Tecnica. Dossi<br />
incomincia a sentir tutto stecchi la piuma del letto, incomincia ad alzarsi e a scènder<br />
nell’orto all’ora della rugiada, lei che a quella scendèvaci del sudore, a fare mazzi<br />
<strong>di</strong> fiori, lei che sol ne facèa d’aspàragi, a sospirare – la mano sull’amorosa spia<br />
del cuore – or guardando il cancello, ora l’orme degli scarponi <strong>di</strong> Zèfiro, per poi,<br />
quando questi riappare, affacciàrsegli incontro, sventolicchiando il moccichino,<br />
o, incomodando i suòi cento chili <strong>di</strong> polpa, sbassarsi a raccôrre una viola. ¡Pòvera<br />
spigolina! la si struggèa come butiro al fornello, mentre sembrava che la ciccia <strong>di</strong><br />
lei trasmigrasse all’amato. E tu càntami, Musa, gl’idìllici giorni in cui si perdèvano<br />
assieme fra l’erboline e i fagioli a caccia delle farfalle o passeggiàvano a braccio nell’ombre<br />
della lunghìssima topia, spicciolàndone l’uva; e mi canta le sere, trasvolate<br />
al camino, come due tòrtori, con Virgoletti mezzo perduto nelle balzane della<br />
fattora e leggente con li occhi che fiutàvan cipolle i fatti vari del Sècolo, oppure in<br />
giar<strong>di</strong>no su quel bubone <strong>di</strong> terra, quel sìntomo <strong>di</strong> montagna, già letamajo spento,<br />
fra il gracidar delle rane e l’infinito odore <strong>di</strong> sterco che l’universo fuma, tàcita lei<br />
qual testùggine, contemplando il lunone d’agosto o le lùcciole del firmamento,<br />
lui fiso agli occhi <strong>di</strong> lei (<strong>di</strong>co que’ delle orecchie, due senza-pari brillanti) e mormoràndole<br />
a tratti «¡o Savina, o Savina, intorno a voi tutto ama!»<br />
Finalmente, adaqua l’uno, adaqua l’altra, la pianta del loro amore cacciò fuori un<br />
bocciuolo. Già la nostra fattora trovava nel suo bel Zefiretto un po’ troppa modestia<br />
– una virtù che in simigliante partita è più lodata che amata. Ma il fico, come il<br />
bìblico pomo, risolse gli avvenimenti. Un anno s’era intessuto su lui e il primo suo<br />
frutto, in maturanza completa, pendèa qual làgrima lì per staccarsi dal ciglio. ¿Che<br />
attèndere più? Novella Eva, la signora Savina protese con un legger tremolìo la<br />
mano, lo <strong>di</strong>spiccò e lo <strong>di</strong>vise con il pròssimo Adamo. Tutti e due lo assaporàrono<br />
silenziosamente, deliziosamente; tutti e due si occhieggiàrono il «sì.»<br />
Senonchè, nel programma <strong>di</strong> quel giorno solenne, stava prima una scorpacciata<br />
<strong>di</strong> gala. E se questo è «l’adagio» del duettino a suon <strong>di</strong> forchette e <strong>di</strong> piatti e<br />
a stappar <strong>di</strong> bottiglie, quanto «all’allegro», sia che Adamo ne avesse litreggiato un<br />
po’ più, sia che avesse ingojato troppi tartufi e troppo formaggio <strong>di</strong> grana... ¡Via,<br />
bimbi!... un organetto sonava in cortile... la servitù scodellava in tinello... ambedùe<br />
sullo stesso <strong>di</strong>vano... fatto stà...<br />
Fatto stà, che chi rompe paga. La signora Savina Brembati, da quell’onestìssima<br />
donna che era, volle una riparazione e il signor Zèfiro Virgoletti, un galantomone<br />
anche lui, non si sentì <strong>di</strong> negàrgliela; pianse ma la sposò.<br />
E quì finirebbe il racconto; ma, giacchè, per contentare i lettori, bisogna che<br />
un pòvero scribaccino accompagni i suòi personaggi – uno almeno – fino al luogo<br />
comune (cioè il camposanto) e giacchè io, in propòsito, tengo col pùbblico colpe<br />
su colpe <strong>di</strong> rientrata curiosità, aggiungerò che, oggi a’ dì 20 ottobre del 1876, Zèfiro<br />
Virgoletti ha messo trè cose:<br />
1° ha messo pancia,<br />
2° ha messo carrozza,<br />
3° ha messo la moglie sotterra.<br />
¡Oh marito infelice! erè<strong>di</strong>ta 100,000 <strong>di</strong> rèd<strong>di</strong>to, ¡eppur trova forza <strong>di</strong> vìvere!<br />
32 • Dalla ſcrittura alla letteratura
GABRIELE D’ANNUNzIO<br />
IL pIACERE<br />
cap. III<br />
Alle un<strong>di</strong>ci egli era d’innanzi al palazzo; e l’ansia e l’impazienza lo <strong>di</strong>voravano.<br />
La bizzarria del caso, lo spettacolo della notte nivale, il mistero, l’incertezza gli<br />
accendevano l’imaginazione, lo sollevavano dalla realità.<br />
Splendeva su Roma, in quella memorabile notte <strong>di</strong> febbraio, un plenilunio<br />
favoloso, <strong>di</strong> non mai veduto lume. L’aria pareva impregnata come d’un latte<br />
immateriale; tutte le cose parevano esistere d’una esistenza <strong>di</strong> sogno, parevano<br />
imagini impalpabili come quelle d’una meteora, parevan esser visibili <strong>di</strong> lungi<br />
per un irra<strong>di</strong>amento chimerico delle loro forme. La neve copriva tutte le verghe<br />
dei cancelli, nascondeva il ferro, componeva un’opera <strong>di</strong> ricamo più leggera e più<br />
gracile d’una filigrana, che i colossi ammantati <strong>di</strong> bianco sostenevano come le<br />
querci sostengono le tele dei ragni. Il giar<strong>di</strong>no fioriva a similitu<strong>di</strong>ne d’una selva<br />
immobile <strong>di</strong> gigli enormi e <strong>di</strong>fformi, congelato; era un orto posseduto da una<br />
incantazione lunatica, un esanime para<strong>di</strong>so <strong>di</strong> Selene. Muta, solenne, <strong>prof</strong>onda,<br />
la casa dei Barberini occupava l’aria: tutti i rilievi grandeggiavano can<strong>di</strong><strong>di</strong>ssimi<br />
gittando un’ombra cerulea, <strong>di</strong>afana come una luce; e quei candori e quelle ombre<br />
sovrapponevano alla vera architettura dell’e<strong>di</strong>fizio il fantasma d’una pro<strong>di</strong>giosa<br />
architettura ariostèa.<br />
Chino a riguardare, l’aspettante sentiva sotto il fascino <strong>di</strong> quel miracolo che<br />
i fantasmi vagheggianti dell’amore si risollevavano e le sommità liriche del sentimento<br />
riscintillavano come le lance ghiacce dei cancelli alla luna. Ma egli non<br />
sapeva quale delle due donne avrebbe preferita in quello scenario fantastico: se<br />
Elena Heathfield vestita <strong>di</strong> porpora o Maria Ferres vestita d’ermellino. E, come<br />
il suo spirito piacevasi d’indugiare nell’incertezza della preferenza, accadeva che<br />
D’A. affronta qui la descrizione <strong>di</strong> una notte <strong>di</strong> plenilunio a Roma dopo una nevicata. La scrittura<br />
tende a cancellare ogni segnale <strong>di</strong> realismo: plenilunio favoloso, non mai veduto lume;<br />
tutte le cose non sono ma paiono. È che non la realtà esterna ad Andrea Sperelli interessa<br />
allo scrittore, bensì il modo con cui il suo personaggio la vede: per questa via la realtà perde<br />
tutta la sua oggettività per <strong>di</strong>ventare sensazione, sentimento <strong>di</strong> Andrea (poiché il personaggio<br />
Andrea coincide con l’autore, il romanzo dannunziano non sarà più tanto narrazione <strong>di</strong> vicende,<br />
fabula per <strong>di</strong>rla con Tomaševskij o trama secondo la definizione <strong>di</strong> Genette, ma allineerà<br />
impressioni dell’autore, atto del narrare, o narrazione <strong>di</strong>rebbe Genette). E poiché Andrea è<br />
un artista, è naturale che trasformi la realtà (la quale, dunque, non ha in sé più alcun valore) in<br />
altro, in sogno, e soprattutto in arte: la realtà, scrive D’A. che fa suoi i pensieri e i sentimenti del<br />
personaggio, ha un’esistenza <strong>di</strong> sogno, produce immagini impalpabili, ha la concretezza delle<br />
chimere. La neve viene utilizzata come strumento <strong>di</strong> trasformazione della realtà, nascondendo<br />
la materia (il ferro dei cancelli), e producendo un ricamo leggero e gracile come la filigrana.<br />
Così il giar<strong>di</strong>no si trasforma in un para<strong>di</strong>so <strong>di</strong> Selene (della luna); e, soprattutto, l’e<strong>di</strong>ficio dei<br />
Barberini perde tutta la sua concretezza per trasformarsi in prodotto poetico (una pro<strong>di</strong>giosa<br />
architettura ariostèa).<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 33
Analisi Tecnica. D’Annunzio<br />
nell’ansia dell’attesa si mescessero e confondessero stranamente due ansie, la reale<br />
per Elena, l’imaginaria per Maria.<br />
Un orologio suonò da presso, nel silenzio, con un suono chiaro e vibrante; e<br />
pareva come se qualche cosa <strong>di</strong> vitreo nell’aria s’incrinasse a ognun de’ tocchi.<br />
L’orologio della Trinità de’ Monti rispose all’appello; rispose l’orologio del Quirinale;<br />
altri orologi <strong>di</strong> lungi risposero, fiochi. Erano le un<strong>di</strong>ci e un quarto.<br />
Andrea guardò, aguzzando la vista, verso il portico. – Avrebbe ella osato attraversare<br />
a pie<strong>di</strong> il giar<strong>di</strong>no? – Pensò la figura <strong>di</strong> Elena tra il gran candore. Quella<br />
della senese risorse spontanea, oscurò l’altra, vinse il candore, can<strong>di</strong>da super nivem.<br />
La notte <strong>di</strong> luna e <strong>di</strong> neve era dunque sotto il dominio <strong>di</strong> Maria Ferres, come sotto<br />
una invincibile influenza astrale. Dalla sovrana purità delle cose nasceva l’imagine<br />
dell’amante pura, simbolicamente. La forza del Simbolo soggiogava lo spirito del<br />
poeta.<br />
Allora, sempre guardando se l’altra venisse, egli si abbandonò al sogno che gli<br />
suggerivano le apparenze delle cose.<br />
Era un sogno poetico, quasi mistico. Egli aspettava Maria. Maria aveva eletta<br />
quella notte <strong>di</strong> soprannaturale bianchezza per immolar la sua propria bianchezza al<br />
desiderio <strong>di</strong> lui. Tutte le cose bianche intorno, consapevoli della grande immolazione,<br />
aspettavano per <strong>di</strong>re ave ed amen al passaggio della sorella. Il silenzio viveva.<br />
« Ecco, ella viene: ince<strong>di</strong>t per lilia et super nivem. È avvolta nell’ermellino; porta i<br />
capelli constretti e nascosti in una fascia; il suo passo è più leggero della sua ombra;<br />
la luna e la neve sono men pallide <strong>di</strong> lei. Ave.<br />
« Un’ombra, cerulea come una luce che si tinga in uno zaffiro, l’accompagna. I<br />
gigli enormi e <strong>di</strong>fformi non s’inchinano, poiché il gelo li ha irrigi<strong>di</strong>ti, poiché il gelo<br />
li ha fatti simili agli asfo<strong>di</strong>lli che illuminavano i sentieri dell’Ade. Ben però, come<br />
quelli de’ para<strong>di</strong>si cristiani, hanno una voce; <strong>di</strong>cono: – Amen.<br />
« Così sia. L’adorata va ad immolarsi. Così sia. Ella è già presso l’aspettante;<br />
fredda e muta, ma con occhi ardenti ed eloquenti. Ed egli prima le mani, le care<br />
mani che chiudono le piaghe e schiudono i sogni, bacia. Così sia.<br />
« Di qua, <strong>di</strong> là, si <strong>di</strong>leguano le Chiese alte su colonne a cui la neve illustra <strong>di</strong><br />
volute e d’acanti magici il fastigio. Si <strong>di</strong>leguano i Fòri <strong>prof</strong>on<strong>di</strong>, sepolti sotto la neve,<br />
Lo stile. L’elaborazione linguistica.<br />
I participi presente qui usati, aspettante, vagheggianti,<br />
recuperano la funzione verbale che nel<br />
linguaggio parlato è del tutto estranea: tale<br />
funzione ricorre (e raramente) nella letteratura,<br />
D’A., invece, l’accentua, ottenendo lo scopo <strong>di</strong><br />
una descrizione sincretica del complesso stato<br />
d’animo <strong>di</strong> Andrea Sperelli: è così che i fantasmi<br />
dell’amore sono vagheggianti: non sono semplicemente<br />
immagini che appaiono alla mente,<br />
ma <strong>di</strong> loro la mente si compiace con desiderio e<br />
passione. Tuttavia servono anche ad allontanare<br />
dal quoti<strong>di</strong>ano e dalla realtà la situazione. Tutto<br />
in questo capoverso è fuga dal banale: le pulsioni<br />
del sentimento <strong>di</strong>ventano sommità liriche,<br />
che si accendono non delle solite fiamme della<br />
passione, ma, con un originale ossimoro, dei<br />
34 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
bagliori can<strong>di</strong><strong>di</strong> e fred<strong>di</strong> della neve che ricopre<br />
le lance... dei cancelli. Quella neve ghiacciata<br />
riscintilla. Non meraviglia che nello scenario<br />
fantastico, ove s’avverte il fascino del miracolo,<br />
realtà, sogni e simbolo (porpora = la passione;<br />
ermellino = la purezza) vivano insieme in una<br />
<strong>di</strong>mensione estetica.<br />
Lo stile. La sintassi.<br />
Il periodo sintattico <strong>di</strong> D’A. tende a coincidere<br />
con la proposizione; per solito nella struttura<br />
<strong>di</strong> sogg. vb espansioni: pertanto il suo stile è,<br />
sintatticamente, elementare, tanto più che tra<br />
le frasi e tra i perio<strong>di</strong> prevale la paratassi (la<br />
coor<strong>di</strong>nazione). Rara la subor<strong>di</strong>nazione, all’interno<br />
della quale D’A. pre<strong>di</strong>lige le forme implicite<br />
del gerun<strong>di</strong>o e del participio (pres. e pass.) che
Analisi Tecnica. D’Annunzio<br />
immersi in un chiarore azzurro, onde sorgono gli avanzi dei portici e degli archi<br />
verso la luna più inconsistenti delle lor medesime ombre. Si <strong>di</strong>leguano le fontane,<br />
scolpite in rocce <strong>di</strong> cristallo, che versano non acqua ma luce.<br />
« Ed egli poi le labbra, le care labbra che non sanno le false parole, bacia. Così<br />
sia. Fuor della fascia <strong>di</strong>scinta si effondono i capelli come un gran flutto oscuro, ove<br />
tutte sembran raccolte le tenebre notturne fugate dalla neve e dalla luna. Comis<br />
suis obumbrabit tibi et sub comis peccabit. Amen. »<br />
E l’altra non veniva! Nel silenzio e nella poesia cadevano <strong>di</strong> nuovo le ore degli<br />
uomini scoccate dalle torri e dai campanili <strong>di</strong> Roma. Qualche vettura, senza alcuno<br />
strepito, <strong>di</strong>scendeva per le Quattro Fontane verso la piazza o saliva a Santa Maria<br />
Maggiore faticosamente; e i fanali erano gialli come topazii nella chiarità. Pareva<br />
che, salendo la notte al colmo, la chiarità crescesse e <strong>di</strong>ventasse più limpida. Le<br />
filigrane dei cancelli riscintillavano come se i ricami d’argento vi s’ingemmassero.<br />
Nel palazzo, gran<strong>di</strong> cerchi <strong>di</strong> luce abbagliante splendevano su le vetrate, a simiglianza<br />
<strong>di</strong> scu<strong>di</strong> adamantini.<br />
Andrea pensò: – Se ella non venisse?<br />
Quella strana onda <strong>di</strong> lirismo passàtagli su lo spi- rito, nel nome <strong>di</strong> Maria,<br />
aveva coperta l’ansietà dell’attesa, aveva placata l’impazienza, aveva ingannato il<br />
desiderio. Per un attimo, il pensiero ch’ella non venisse gli sorrise. Poi <strong>di</strong> nuovo, più<br />
forte, lo punse il tormento dell’incertezza e lo turbò l’imagine della voluttà ch’egli<br />
avrebbe forse goduta là dentro, in quella specie <strong>di</strong> piccola alcova tiepida dove le<br />
rose esalavano un <strong>prof</strong>umo tanto molle. E, come nel giorno <strong>di</strong> San Silvestro, il suo<br />
sofferire era acuito da una vanità; poiché, sopra tutto, egli si rammaricava che uno<br />
squisito apparato d’amore andasse perduto senza effetto alcuno.<br />
Là dentro, il freddo era temperato del calore continuo che esalavano i tubi <strong>di</strong><br />
metallo pieni d’ac–qua bollente. Un fascio <strong>di</strong> rose bianche, nivee, lunari, posava su<br />
la tavoletta d’innanzi al se<strong>di</strong>le. Una pelle d’orso bianco teneva calde le ginocchia.<br />
La ricerca d’una specie <strong>di</strong> Symphonie en blanc majeur era manifesta in molte altre<br />
particolarità. Come il re Francesco I sul vetro della finestra, il conte d’Ugenta aveva<br />
non si pongono come proposizione <strong>di</strong>versa<br />
dalla reggente: Andrea guardò, aguzzando la<br />
vista, verso... Ogni periodo pertanto enuncia un<br />
solo particolare, con l’effetto <strong>di</strong> frammentare la<br />
narrazione, tanto più che i perio<strong>di</strong> si succedono<br />
con egual valore: è evidente l’intenzione <strong>di</strong> farli<br />
coincidere cronologicamente, sì che i particolari<br />
sono allineati l’un dopo l’altro per destare nel lettore<br />
un’impressione unica e sincronica. Proprio<br />
per questo modo <strong>di</strong> procedere senza legami tra<br />
i perio<strong>di</strong> (asindeto) e per il fine <strong>di</strong> comunicare<br />
un’impressione unitaria si può affermare che<br />
quello che la sintassi chiama periodo sia da D’A.<br />
sostituito dall’intero capoverso in cui i perio<strong>di</strong><br />
coincidono con le proposizioni, paratattiche<br />
e asindetiche: il periodo Un orologio suonò<br />
da presso ... è significativo. Il primo periodo è<br />
costituito da due proposizioni <strong>di</strong>vise dal punto e<br />
virgola ma unite dalla coor<strong>di</strong>nazione e con funzione<br />
esplicativa – a rigore dovrebbero essere<br />
due perio<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinti visto che il punto e virgola è<br />
assimilabile al punto fermo –. Subito dopo 1)un<br />
periodo legato al precedente dal significato del<br />
verbo rispose; e poi 23)altre due proposizioniperio<strong>di</strong><br />
il cui legame con il n. 1) non è logico ma<br />
formale, per la ripetizione (anafora) del verbo<br />
rispondere. Dunque i campanili <strong>di</strong> Roma suonano<br />
l’ora: lo scrittore li <strong>di</strong>stingue e <strong>di</strong>stinguendoli<br />
accumula particolari ed allarga spazialmente la<br />
<strong>di</strong>mensione del suono. L’ultimo periodo, erano<br />
le un<strong>di</strong>ci e un quarto, benché non presenti alcun<br />
nesso sintattico, aggruma in un unico spazio<br />
temporale tutte le precedenti pro posizioni, sì<br />
che i rintocchi della campane provenienti da<br />
luoghi <strong>di</strong>versi si fondono nell’attimo in cui Andrea<br />
Sperelli prende atto dell’ora.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 35
Analisi Tecnica. D’Annunzio<br />
inciso <strong>di</strong> sua mano sul vetro dello sportello un galante motto che, nell’appannatura<br />
fatta dall’alito, pareva brillare su una lastra <strong>di</strong> opale:<br />
Pro amore curriculum<br />
Pro amore cubiculum.<br />
E per la terza volta le ore sonarono. Mancavano a mezzanotte quin<strong>di</strong>ci minuti.<br />
L’aspettazione durava da troppo tempo: Andrea si stancava e s’irritava. Nell’appartamento<br />
abitato da Elena, nelle finestre dell’ala sinistra non vedevasi altro<br />
lume che quello esterno della luna. – Sarebbe dunque venuta ? E in che modo ?<br />
Di nascosto ? O con qual pretesto ? Lord Heathfield era, certo, a Roma. Come<br />
avrebbe ella giustificata la sua assenza notturna ? – Di nuovo, insorsero nell’animo<br />
dell’antico amante le acri curiosità intorno le relazioni che correvano tra Elena e il<br />
marito, intorno i loro legami coniugali, intorno il loro modo <strong>di</strong> vivere in comune,<br />
nella medesima casa. Di nuovo, la gelosia lo morse e la bramosia lo accese. Egli<br />
si ricordava delle allegre parole dette da Giulio Musèllaro, una sera, a proposito<br />
del marito; e si proponeva <strong>di</strong> prendere Elena ad ogni costo, per il <strong>di</strong>letto e per il<br />
<strong>di</strong>spetto. – Oh, s’ella fosse venuta !<br />
Una carrozza sopraggiunse ed entrò nel giar<strong>di</strong>no. Egli si chinò a guardare; riconobbe<br />
i cavalli d’Elena; intravide nell’interno una figura <strong>di</strong> dama. La carrozza<br />
<strong>di</strong>sparve sotto il portico. Egli restò dubitoso. – Tor-nava dunque <strong>di</strong> fuori ? Sola ?<br />
– Acuì lo sguardo verso il portico, intensamente. La carrozza usciva, per il giar<strong>di</strong>no,<br />
nella strada, imboccando la via Rasella: era vuota.<br />
Mancavano due o tre minuti all’ora estrema; ed ella non veniva ! L’ora sonò.<br />
Una terribile angoscia strinse il deluso. Ella non veniva !<br />
Non comprendendo egli le cause della impuntualità <strong>di</strong> lei, le si rivolse contro;<br />
ebbe un moto <strong>di</strong> collera subitaneo; e gli balenò anche il pensiero ch’ella avesse<br />
L’elaborazione linguistica.<br />
Andrea aspetta Elena che gli ha dato un appuntamento<br />
galante. Nell’attesa Andrea immagina,<br />
sogna. Il suo sogno, d’amore e <strong>di</strong> passione, è<br />
quasi mistico. L’ossimoro stabilisce la sintesi <strong>di</strong><br />
Eros e religione nella quale la casta Maria elegge<br />
<strong>di</strong> immolare (ma ve<strong>di</strong> la forma tronca, che è più<br />
aulica) in quella notte <strong>di</strong> sovrannaturale bianchezza<br />
la propria purezza al desiderio <strong>di</strong> Andrea.<br />
Maria, eleggere, immolare, notte... sovrannaturale,<br />
immolazione, ave, amen appartengono alla<br />
tipologia religiosa, e alla storia evangelica – la<br />
Bibbia è poco più avanti esplicitamente citata –.<br />
L’operazione <strong>di</strong> D’A. consiste, dunque, nell’adozione<br />
<strong>di</strong> un linguaggio comunemente avvertito<br />
come attinente al cristianesimo per un evento<br />
del tutto carnale e passionale (è lo stesso proce<strong>di</strong>mento<br />
che si rinviene nell’ironia, e che non va<br />
confuso con l’allegoria: con un termine recente<br />
e più ampio si <strong>di</strong>rebbe un metalogismo). Non<br />
v’è, non serve <strong>di</strong>re, alcuna intenzione blasfema:<br />
al contrario D’A. intende comunicare che la<br />
decisione <strong>di</strong> Maria Ferres <strong>di</strong> accon<strong>di</strong>scendere<br />
al desiderio <strong>di</strong> Andrea ha le caratteristiche <strong>di</strong><br />
36 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
eccezionale sublimità ed unicità. Per converso,<br />
l’immolazione <strong>di</strong> Maria costituisce una sorta<br />
<strong>di</strong> redenzione della passione <strong>di</strong> Andrea che in<br />
qualche modo si appropria della purezza della<br />
donna. Questa poi è in<strong>di</strong>cata con un’iperbole<br />
<strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria efficacia – La luna e la neve sono<br />
men pallide <strong>di</strong> lei – inserita com’è in una struttura<br />
sintattica (asindetica, usuale in questo D’A.) e<br />
lessicale forgiata sul calco del Cantico dei cantici,<br />
ed intessuta <strong>di</strong> aulici latinismi – constretti,<br />
<strong>di</strong>fformi, asfo<strong>di</strong>lli –. E cfr. Ed egli prima le mani, le<br />
care mani che chiudono le piaghe e schiudono<br />
i sogni, bacia.<br />
Di particolare efficacia è qui l’anafora <strong>di</strong> così sia<br />
che apre e chiude questi, <strong>di</strong>remmo, versetti dei<br />
miracoli <strong>di</strong> Maria Ferres. Qui ha valore sacrale,<br />
altrove serviva a collegare i brevi perio<strong>di</strong> della<br />
prosa dannunziana come nel caso <strong>di</strong> : L’aria<br />
pareva ...; tutte le cose parevano ..., parevano<br />
imagini o <strong>di</strong>: L’orologio ... rispose all’appello;<br />
rispose l’orologio del Quirinale; altri orologi <strong>di</strong><br />
lungi risposero. Non irrilevante è anche la funzione<br />
ritmica: una sorta <strong>di</strong> scansione della prosa<br />
che assume l’andamento del canto liturgico e<br />
del canto in generale.
Analisi Tecnica. D’Annunzio<br />
voluto infliggergli una umiliazione, un castigo, o ch’ella avesse voluto togliersi un<br />
capriccio, esasperare un desiderio. Or<strong>di</strong>nò al cocchiere, pel portavoce:<br />
– Piazza del Quirinale.<br />
Egli si lasciava attrarre da Maria Ferres; si abbandonava <strong>di</strong> nuovo al vago sentimento<br />
<strong>di</strong> tenerezza che, dopo la visita pomeri<strong>di</strong>ana, gli aveva lasciato nell’anima<br />
un <strong>prof</strong>umo e gli aveva suggerito pensieri e imagini <strong>di</strong> poesia. La delusione recente,<br />
ch’era per lui una prova del <strong>di</strong>samore e della malvagità <strong>di</strong> Elena, lo spingeva forte<br />
verso l’amore e la bontà della senese. Il rammarico per la bellissima notte perduta<br />
gli aumentava, ma sotto il riflesso del sogno <strong>di</strong>anzi sognato. Ed era, in verità, una<br />
delle notti più belle che sien trascorse nel cielo <strong>di</strong> Roma; era uno <strong>di</strong> quegli spettacoli<br />
che opprimono d’una immensa tristezza lo spirito umano perché soverchiano ogni<br />
potenza ammirativa e sfuggono alla piena comprension dell’intelletto.<br />
La piazza del Quirinale appariva tutta can<strong>di</strong>da, ampliata dal candore, solitaria,<br />
raggiante come un’acropoli olimpica su l’Urbe silenziosa. Gli e<strong>di</strong>fizii, intorno,<br />
grandeggiavano nel cielo aperto: l’alta porta papale del Bernini, nel palazzo del Re,<br />
sormontata dalla loggia, illudeva la vista <strong>di</strong>staccandosi dalle mura, avanzandosi,<br />
isolandosi nella sua magnificenza <strong>di</strong>fforme, dando imagine d’un mausoleo scolpito<br />
in una pietra siderea; i ricchi architravi del Fuga, nel palazzo della Consulta,<br />
sporgevano <strong>di</strong> su gli stipiti e <strong>di</strong> su le colonne transfigurati dalle strane adunazioni<br />
della neve. Divini, a mezzo dell’egual campo bianco, i colossi parevano sovrastare<br />
Elementi <strong>di</strong> comunicazione:<br />
lo scrittore ed il pubblico<br />
Il versetto del Salmo XC, 4: Comis suis obumbrabit<br />
tibi et sub comis eius sperabis (con le<br />
sue ali ti coprirà, e sotto le sue ali spererai,<br />
naturalmente nella salvezza dell’anima) viene<br />
trasformato da D’A. esattamente nel contrario<br />
Comis suis obumbrabit tibi et sub comis<br />
peccabit (con le sue ali ti coprirà, e sotto le ali<br />
peccherai): sul significato ideologicoletterario<br />
ci siamo soffermati altrove. Qui si rifletta sul<br />
valore che quella citazione ha sul piano della<br />
comunicazione: essa infatti presuppone che il<br />
lettore conosca non solo la Bibbia, ed in latino,<br />
ma sia in grado <strong>di</strong> riconoscere imme<strong>di</strong>atamente<br />
la variante sperabis/peccabit e naturalmente<br />
il valore che essa conferisce all’incontro con<br />
Elena. Anche il motto inciso sul vetro della vettura<br />
è in latino. Non si tratta semplicemente <strong>di</strong><br />
supporre un lettore dotato <strong>di</strong> cultura classica e<br />
biblica, ma anche dell’esclusione del lettore più<br />
<strong>di</strong>sarmato. Naturalmente i passi in latino sono<br />
assai più <strong>di</strong> quelli riportati: e si vedano i due<br />
giovini Eroi cignìgeni con i quali D’A. allude ai<br />
Dioscuri, semidei, figli (ma la genealogia è assai<br />
complessa) gemelli <strong>di</strong> Leda e <strong>di</strong> Giove, il quale<br />
per unirsi alla bellissima donna si era presentato<br />
sotto forma <strong>di</strong> un un cigno. Dalla loro unione<br />
nacque altresì Elena (poi rapita da Paride e<br />
portata a Troia) ed Elena si chiama la donna che<br />
Andrea sta attendendo. La deco<strong>di</strong>fica del passo<br />
del romanzo dunque richiede il possesso della<br />
mitologica greca; che poi permetta la riscostruzione<br />
della trama delle allusioni sottese. Il lettore<br />
deve con<strong>di</strong>videre, e riconoscere, la vasta cultura<br />
<strong>di</strong> A. Sperelli e dello scrittore, che si riflette nel<br />
personaggio. Cultura che non si limita alla sfera<br />
classica e biblica, investe la storia dell’architettura,<br />
della pittura. Insomma: non v’è espressione<br />
artistica che non desti qualche risonanza: l’alta<br />
porta papale del Bernini, le architravi del Fuga,<br />
il gruppo dei Dioscuri con l’obelisco: tutto serve<br />
alla definizione del destinatario non meno che a<br />
quella del narratore.<br />
La poetica e la retorica<br />
Se i singoli contenuti espressi e le singole scelte<br />
linguistiche ricercano un pubblico <strong>di</strong> alto <strong>prof</strong>ilo<br />
culturale instaurando un <strong>di</strong>alogo folto <strong>di</strong> richiami<br />
alle più <strong>di</strong>verse fonti culturali, l’operazione<br />
complessiva risulta segnare le <strong>di</strong>stanze tra lo<br />
scrittoreAndrea Sperelli ed il lettore: operazione<br />
complessiva che consiste nella trasformazione<br />
della realtà in emozione lirica. Il mondo esterno<br />
viene privato delle denotazioni oggettive per<br />
essere trasformato in sensazione, emozione,<br />
sentimento. Naturalmente D’A. compie questa<br />
operazione innanzi tutto a livello linguistico, per<br />
mezzo <strong>di</strong> un continuo spostamento della parola<br />
dall’uso comune, ricorrendo ad una pluralità <strong>di</strong><br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 37
Analisi Tecnica. D’Annunzio<br />
a tutte le cose. Le attitu-<strong>di</strong>ni dei Dioscuri e dei cavalli s’allargavano nella luce;<br />
le groppe ampie brillavano come ornate <strong>di</strong> gualdrappe gemmanti; brillavano gli<br />
omeri e l’un braccio levato <strong>di</strong> ciascun semi<strong>di</strong>o. E, sopra, <strong>di</strong> tra i cavalli, slanciavasi<br />
l’obelisco; e, sotto, aprivasi la tazza della fontana; e lo zampillo e l’aguglia salivano<br />
alla luna come uno stelo <strong>di</strong> <strong>di</strong>amante e uno stelo <strong>di</strong> granito.<br />
Una solennità augusta scendeva dal monumento. Roma, d’innanzi, si <strong>prof</strong>ondava<br />
in un silenzio qua- si <strong>di</strong> morte, immobile, vacua, simile a una città addormentata<br />
da un potere fatale. Tutte le case, le chiese, le torri, tutte le selve confuse<br />
e miste dell’architettura pagana e cristiana biancheggiavano come una sola unica<br />
selva informe, tra i colli del Gianicolo e il Monte Mario perduti in un vapore argentino,<br />
lontanissimi, d’una immaterialità inesprimibile, si- mili forse ad orizzonti<br />
d’un paesaggio selenico, che suscitavano nello spirito la visione d’un qualche astro<br />
semispento abitato dai Mani. La Cupola <strong>di</strong> S. Pietro, luminosa d’un singolare<br />
azzurro metallico nell’azzurro dell’aria, giganteggiava prossima alla vista così che<br />
quasi pareva tangibile. E i due giovini Eroi cignìgeni, bellissimi in quell’immenso<br />
candore come in un’apoteosi della loro origine, parevano gli immortali Genii <strong>di</strong><br />
Roma vigilanti sul sonno della città sacra.<br />
La carrozza rimase ferma d’innanzi alla reggia, lungo tempo. Di nuovo, il poeta<br />
mezzi: il ricorso alla accezione più ricercata<br />
delle parole (l’ora estrema, nel signif. <strong>di</strong> limite<br />
orario ultimo, sien trascorse con valore spaziale),<br />
o a forme arcaiche (si <strong>prof</strong>ondava; attitu<strong>di</strong>ni,<br />
per l’atteggiamento, posizione; sien per siano;<br />
<strong>di</strong>fformi per <strong>di</strong>verse), o <strong>di</strong> lemmi nuovi in forme<br />
arcaicizzanti (adunazioni <strong>di</strong> neve, agglomerati <strong>di</strong><br />
neve), o a forme tronche (comprension, sien),<br />
a nessi scomposti in luogo degli assimilati<br />
(su l’Urbe, <strong>di</strong> su gli stipiti, d’innanzi). Largo è<br />
l’impiego del superlativo, vuoi nell’aspetto<br />
morfologico vuoi in quello semantico: si<br />
veda ad es. un periodo come: Ed era, in verità,<br />
una delle notti più belle che sien<br />
trascorse nel cielo <strong>di</strong> Roma; era uno <strong>di</strong> quegli<br />
spettacoli che opprimono d’una immensa tristezza<br />
lo spirito umano perché soverchiano<br />
ogni potenza am-mirativa e s f u g g o n o<br />
alla piena comprension dell’intelletto.<br />
È importante notare come dopo la manifestazione<br />
dell’inesprimibilità della bellezza della<br />
notte romana D’Annunzio si accinga a descriverla.<br />
La piazza del Quirinale, dunque, era<br />
imbiancata (ma can<strong>di</strong>da ha anche accezione<br />
morale) dalla neve; tale qualità coloristica si<br />
connota <strong>di</strong> spazialità (ampliata dal candore)<br />
e <strong>di</strong> luminosità. La deformazione del colore è<br />
avvio <strong>di</strong> un’altra deformazionetrasformazione<br />
(per mezzo dei paragoni, e <strong>di</strong> quella gradatio<br />
<strong>di</strong>staccandosi, avanzandosi, isolandosi): quella<br />
sovrannaturale, mitologica, del luogo: come<br />
un’acropoli olimpica. Sostiene l’operazione<br />
una notazione equivoca, a metà tra oggettività<br />
38 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
e mito: gli e<strong>di</strong>fizii ... grandeggiavano nel cielo<br />
aperto. Proprio cielo aperto costituisce il perno<br />
su cui D’Annunzio punta per consolidare l’illusione<br />
della vista <strong>di</strong> fronte alla magnificenza <strong>di</strong><br />
un mausoleo <strong>di</strong> pietra siderea (e si veda la modalità<br />
con cui si struttura il paragone: dando<br />
l’immagine). Così è che <strong>di</strong>vini colossi trovano<br />
luogo appropriato accanto a cavalli ornati <strong>di</strong><br />
gualdrappe gemmanti. L’incantesimo onirico<br />
operato tuttavia non mira alla trasformazione<br />
definitiva e totale della realtà in mito, in bellezza:<br />
serve che la realtà resti tangibile con la sua<br />
implicazione <strong>di</strong> meravigliosa bellezza: E, ...,<br />
<strong>di</strong> tra i cavalli, slanciavasi l’obelisco; e, sotto,<br />
aprivasi la tazza della fontana; e lo zampillo e<br />
l’aguglia salivano alla luna come uno<br />
stelo <strong>di</strong> <strong>di</strong>amante e uno stelo <strong>di</strong><br />
granito.<br />
I paragoni sono il mezzo più efficace, anche più<br />
della metafora, per comunicare la tensione della<br />
realtà verso il sogno: si veda questo appena<br />
letto: come uno stelo <strong>di</strong> <strong>di</strong>amante; e subito dopo<br />
Roma... simile ad una città addormentata da un<br />
potere fatale. Il paragone infatti suppone sempre<br />
la tangibile me<strong>di</strong>azione dello scrittore, capace<br />
<strong>di</strong> cogliere e <strong>di</strong> comunicare, anche attraverso la<br />
<strong>prof</strong>essione <strong>di</strong> ineffabilità, la <strong>di</strong>vina bellezza delle<br />
cose, ed insieme <strong>di</strong> comunicare la propria <strong>di</strong>vina<br />
attitu<strong>di</strong>ne a leggerla e ad esprimerla: E i due<br />
giovini Eroi cignìgeni, bellissimi in quell’immenso<br />
candore come in un’apoteosi della loro origine,<br />
parevano gli immortali Genii <strong>di</strong> Roma vigilanti<br />
sul sonno della città sacra.
Analisi Tecnica. D’Annunzio<br />
seguiva il suo sogno inarrivabile. E Maria Ferres era vicina; forse anche vegliava,<br />
sognando; forse anche sentiva gravare sul cuore tutta la grandezza della notte e<br />
ne moriva d’angoscia; inutilmente.<br />
La carrozza passò, piano, d’innanzi alla porta <strong>di</strong> Maria Ferres, ch’era chiusa,<br />
mentre in alto i vetri delle finestre rispecchiavano il plenilunio guardando gli orti<br />
pènsili aldobran<strong>di</strong>ni ove gli alberi sorgevano, aerei pro<strong>di</strong>gi. E il poeta gittò il fascio<br />
delle rose bianche su la neve, come un omaggio, d’innanzi alla porta <strong>di</strong> Maria Ferres.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 39
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
Il TRENO ha fISchIaTO<br />
Farneticava. Principio <strong>di</strong> febbre cerebrale, avevano detto i me<strong>di</strong>ci; e lo ripetevano<br />
tutti i compagni d’ufficio, che ritornavano a due, a tre, dall’ospizio, ov’erano<br />
stati a visitarlo.<br />
Pareva provassero un gusto particolare a darne l’annunzio coi termini scientifici,<br />
appresi or ora dai me<strong>di</strong>ci, a qualche collega ritardatario che incon travano per via:<br />
– Frenesia, frenesia.<br />
– Encefalite.<br />
– Infiammazione della membrana.<br />
– Febbre cerebrale.<br />
E volevan sembrare afflitti; ma erano in fondo così contenti, anche per quel<br />
dovere compiuto; nella pienezza della salute, usciti da quel triste ospizio al gajo<br />
azzurro della mattinata invernale.<br />
– Morrà ? Impazzirà ?<br />
– Mah !<br />
– Morire, pare <strong>di</strong> no...<br />
– Ma che <strong>di</strong>ce ? che <strong>di</strong>ce ?<br />
– Sempre la stessa cosa. Farnetica...<br />
– Povero Belluca !<br />
E a nessuno passava per il capo che, date le specialissime con<strong>di</strong>zioni in cui<br />
quell’infelice viveva da tant’anni, il suo caso poteva anche essere naturalissimo; e<br />
che tutto ciò che Belluca <strong>di</strong>ceva e che pareva a tutti delirio, sintomo della frenesia,<br />
poteva anche essere la spiegazione più semplice <strong>di</strong> quel suo naturalissimo caso.<br />
Veramente, il fatto che Belluca, la sera avanti, s’era fieramente ribellato al suo<br />
capo-ufficio, e che poi, all’aspra riprensione <strong>di</strong> questo, per poco non gli s’era sca-<br />
Come Verga e Capuana, anche Pirandello parte dall’esposizione dei fatti, per <strong>di</strong>r così, nu<strong>di</strong><br />
e cru<strong>di</strong>: sono i fatti, i personaggi, gli avvenimenti ad aver un significato; lo scrittore non deve<br />
intervenire per rendere letteraria la realtà: è, anzi, questa che si narra da sé, con maggiore<br />
efficacia (è ancora l’impersonalità dell’arte, teorizzata da Verga). Consegue una scrittura meno<br />
elaborata formalmente, lessicalmente chiara, ma neutra; priva, tutto sommato, anche <strong>di</strong> quei<br />
<strong>di</strong>alettismi <strong>di</strong> cui s’erano compiaciuti molti veristi italiani. Naturalmente questo non vuol <strong>di</strong>re<br />
che la scrittura pirandelliana sia priva <strong>di</strong> qualunque attenzione formale: è che quell’attenzione è<br />
tutta concentrata sulla deco<strong>di</strong>ficazione del gioco della realtà; sì che la narrazione, anche quella<br />
teatrale, s’identifica con un progressivo <strong>di</strong>svelamento dell’intreccio – spesso dell’inganno o<br />
della follia – delle cose e degli eventi, e dei ben più concreti mo venti interiori degli uomini, che<br />
poi <strong>di</strong>vengono, anzi sono, i fatti che interessano P. Non è ancora <strong>analisi</strong> psicologica: è l’<strong>analisi</strong><br />
dell’ineliminalibile soggettività nell’interpretare della realtà. Lo svelamento del gioco della vita<br />
è l’oggetto precipuo della sua scrittura: perciò personaggi e fatti prendono la connotazione <strong>di</strong><br />
simboli che si muovono in vista <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mostrazione: quella dell’irrazionalità e dell’assur<strong>di</strong>tà<br />
della vita. Tal che P. liquidava sia la tipologia manzoniana sia quella verghiana.<br />
40 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
LUIGI pIRANDELLO<br />
NOVELLE pER UN ANNO
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
gliato addosso, dava un serio argomento alla supposizione che si trattasse d’una<br />
vera e propria alienazione mentale.<br />
Perché uomo più mansueto e sottomesso, più meto<strong>di</strong>co e paziente <strong>di</strong> Belluca<br />
non si sarebbe potuto immaginare.<br />
Circoscritto... sì, chi l’aveva definito così ? Uno dei suoi compagni d’ufficio. Circoscritto,<br />
povero Belluca, entro i limiti angustissimi della sua arida mansione <strong>di</strong><br />
computista, senz’altra memoria che non fosse <strong>di</strong> partite aperte, <strong>di</strong> partite semplici<br />
o doppie o <strong>di</strong> storno, e <strong>di</strong> defalchi e prelevamenti e impostazioni; note, libri-mastri,<br />
partitarii, stracciafogli e via <strong>di</strong>cendo. Casellario ambulante: o piuttosto, vecchio<br />
somaro, che tirava zitto zitto, sempre d’un passo, sempre per la stessa strada la<br />
carretta, con tanto <strong>di</strong> paraocchi.<br />
Orbene, cento volte questo vecchio somaro era stato frustato, fustigato senza<br />
pietà, così per ridere, per il gusto <strong>di</strong> vedere se si riusciva a farlo imbizzire un po’, a<br />
fargli almeno almeno drizzare un po’ le orecchie abbattute, se non a dar segno che<br />
volesse levare un piede per sparar qualche calcio. Niente ! S’era prese le frustate<br />
ingiuste e le crudeli punture in santa pace, sempre, senza neppur fiatare, come<br />
se gli toccassero, o meglio, come se non le sentisse più, avvezzo com’era da anni e<br />
anni alle continue solenni bastonature della sorte.<br />
Inconcepibile, dunque, veramente, quella ribellione in lui, se non come effetto<br />
d’una improvvisa alienazione mentale.<br />
Tanto più che, la sera avanti, proprio gli toccava la riprensione; proprio aveva<br />
il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> fargliela, il capo-ufficio. Già s’era presentato, la mattina, con un’aria<br />
Elementi <strong>di</strong> tecnica narrativa<br />
Il primo periodo della novella è costituito da una<br />
sola frase: la frase da un solo verbo: manca il<br />
soggetto. Farneticava vien dato come il dato<br />
più rilevante, già come l’oggetto <strong>di</strong> cui l’autore<br />
<strong>di</strong>svelerà l’ingannevolezza. In questa maniera il<br />
narratore anticipa il nucleo della vicenda che in<br />
seguito esporrà (prolessi della vicenda). Il 2º<br />
periodo è costituito da quattro frasi <strong>di</strong> cui la 1ª<br />
è un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto, benché non presenti le<br />
rituali interpunzioni <strong>di</strong> riconoscimento; anche<br />
in questa occupa la prima posizione un’espressione<br />
che è conferma del concetto contenuto<br />
nel 1º periodo: Principio <strong>di</strong> febbre cerebrale<br />
è traduzione in termini me<strong>di</strong>ci del comune e<br />
popolare farneticava.<br />
Il giu<strong>di</strong>zio della con<strong>di</strong>zione del protagonista<br />
tende a <strong>di</strong>venire inconfutabile proprio dall’autorevolezza<br />
del lessico me<strong>di</strong>co, prima ancora<br />
che dalla esplicitazione che si tratta <strong>di</strong> un referto<br />
me<strong>di</strong>co. La 2ª frase del periodo è introdotta da<br />
una e che ha valore esplicativo (=perciò) e<br />
dunque è ulteriore conferma, come lo sono la<br />
seguente relativa (ritornavano) e la locativa<br />
(visitarlo). La relativa allarga l’orizzonte della<br />
realtà umana in cui s’è originato (o, meglio, da<br />
cui è stato determinato) l’evento frenetico e<br />
nel quale stesso risiede ogni assur<strong>di</strong>tà poiché<br />
lì, ancora, viene formulato il giu<strong>di</strong>zio sulla follia<br />
<strong>di</strong> Belluca. L’assur<strong>di</strong>tà è chiarita nel secondo<br />
capoverso (che logicamente, se non proprio<br />
sintatticamente, si estende sino alla chiusura<br />
della prima parte della novella): in quel gusto<br />
particolare, così in contrasto con la situazione<br />
dolorosa <strong>di</strong> Belluca; più avanti il gusto si svelerà<br />
essere contentezza. P., insomma, denuncia la<br />
generale convinzione della società che Belluca<br />
sia impazzito, e dunque non ha responsabilità<br />
alcuna, e l’immorale – o folle ? – autocompiacimento<br />
sempre della società circa la propria<br />
sanità mentale (la pienezza della salute): allo<br />
scopo si serve dell’anonimia degli interventi orali<br />
che evidenzia la generalità del giu<strong>di</strong>zio.<br />
L’ultimo periodo della parte è introdotto da una<br />
e avversativa (=invece). Il <strong>di</strong>svelamento della<br />
verità in opposizione a quanto detto sinora viene<br />
realizzato attraverso un largo uso <strong>di</strong> superlativi<br />
assoluti e relativi: specialissime, la più<br />
semplice e 2 volte naturalissimo. P. con questi<br />
enfatizza il ruolo della ragione a petto della quale<br />
il compiacimento dei colleghi <strong>di</strong> Belluca appare<br />
vera stupi<strong>di</strong>tà: dell’evento frenetico che colpisce<br />
un uomo occorre indagare le cause non fermarsi<br />
alle apparenze e la ricerca delle cause potrà<br />
mettere in evidenza che la vera pazzia è quella<br />
<strong>di</strong> chi si ritiene sano e che crede <strong>di</strong> non avere<br />
responsabilità del mancato riconoscimento in<br />
sé e negli altri dell’umano.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 41
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
insolita, nuova; e – cosa veramente enorme, paragonabile, che so ? al crollo d’una<br />
montagna – era venuto con più <strong>di</strong> mezz’ora <strong>di</strong> ritardo.<br />
Pareva che il viso, tutt’a un tratto, gli si fosse allargato. Pareva che i paraocchi<br />
gli fossero tutt’a un tratto caduti, e gli si fosse scoperto, spalancato d’improvviso<br />
all’intorno lo spettacolo della vita. Pareva che gli orecchi tutt’a un tratto gli si<br />
fossero sturati e percepissero per la prima volta voci, suoni non avvertiti mai.<br />
Così ilare, d’una ilarità vaga e piena <strong>di</strong> stor<strong>di</strong>mento, s’era presentato all’ufficio.<br />
E, tutto il giorno, non aveva combinato niente.<br />
La sera, il capo-ufficio, entrando nella stanza <strong>di</strong> lui, esaminati i registri, le<br />
carte:<br />
– E come mai ? Che hai combinato tutt’oggi ?<br />
Belluca lo aveva guardato sorridente, quasi con un’aria d’impudenza, aprendo<br />
le mani.<br />
– Che significa ? – aveva allora esclamato il capo-ufficio, accostandoglisi e<br />
prendendolo per una spalla e scrollandolo. – Ohé, Belluca !<br />
– Niente, « aveva risposto Belluca, sempre con quel sorriso tra d’impudenza e<br />
d’imbecillità su le labbra. – Il treno, signor Cavaliere.<br />
– Il treno ? Che treno ?<br />
– Ha fischiato.<br />
– Ma che <strong>di</strong>avolo <strong>di</strong>ci ?<br />
– Stanotte, signor Cavaliere. Ha fischiato. L’ho sentito fischiare...<br />
– Il treno ?<br />
– Sissignore. E se sapesse dove sono arrivato ! In Siberia... oppure oppure... nelle<br />
foreste del Congo... Si fa in un attimo, signor Cavaliere !<br />
Gli altri impiegati, alle grida del capo-ufficio imbestialito, erano entrati nella<br />
stanza e, sentendo parlare così Belluca, giù risate da pazzi.<br />
Allora il capo-ufficio – che quella sera doveva essere <strong>di</strong> malumore – urtato da<br />
quelle risate, era montato su tutte le furie e aveva malmenato la mansueta vittima<br />
<strong>di</strong> tanti suoi scherzi crudeli.<br />
Se non che, questa volta, la vittima, con stupore e quasi con terrore <strong>di</strong> tutti, s’era<br />
ribellata, aveva inveito, gridando sempre quella stramberia del treno che aveva<br />
Il veramente con cui si apre la seconda parte della novella introduce nel racconto la <strong>di</strong>versa<br />
prospettiva temporale: dalle visite a Belluca nell’ospizio si passa a narrare l’evento che ha determinato<br />
il ricovero. Il narratore adotta un registro colloquiale con il lettore veramente, orbene,<br />
ancora veramente, tanto più che. Tale registro vale a rendere un’impressione <strong>di</strong> familiarità con<br />
il lettore al quale si racconta, si ba<strong>di</strong>, per il piacere <strong>di</strong> raccontare, un fatto straor<strong>di</strong>nario: quello<br />
d’un uomo solitamente pacifico e pacificamente sottomesso che senz’apparente motivo si<br />
ribella. Presto si fa chiara la richiesta <strong>di</strong> complicità alla tesi che sottostà alla narrazione: non<br />
v’è nulla <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario in quella vicenda perché è il risultato inevitabile <strong>di</strong> certe situazioni<br />
(tal che viene da chiedersi se questa novella sia un testo narrativo o argomentativo; o se P.<br />
non si serva sempre dei testi narrativi per argomentare. Si pensi alla Comme<strong>di</strong>a dantesca, a I<br />
Promessi sposi... e viene da chiedersi se tutta la letteratura non si componga <strong>di</strong> testi argomentativi<br />
che usano modalità narrative e liriche: insomma si tratta semplicemente <strong>di</strong> riba<strong>di</strong>re l’unità<br />
inscin<strong>di</strong>bile <strong>di</strong> forma e contenuti) P. perciò si pone come testimone non passivo, non è mero<br />
registratore dei fatti (come avveniva nei veristi), è bensì giu<strong>di</strong>ce e <strong>di</strong>panatore delle incongruenze<br />
della realtà. Tanto più sarà cre<strong>di</strong>bile quanto più egli saprà porsi al <strong>di</strong> sopra delle parti: <strong>di</strong> qui il<br />
42 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
fischiato, e che, per<strong>di</strong>o, ora non più, ora ch’egli aveva sentito fischiare il treno, non<br />
poteva più, non voleva più esser trattato a quel modo.<br />
Lo avevano a viva forza preso, imbracato e trasci-nato all’ospizio dei matti.<br />
Seguitava ancora, qua, a parlare <strong>di</strong> quel treno. Ne imitava il fischio. Oh, un<br />
fischio assai lamentoso, come lontano, nella notte; accorato. E, subito dopo, soggiungeva:<br />
– Si parte, si parte... Signori, per dove ? per dove ?<br />
E guardava tutti con occhi che non erano più i suoi. Quegli occhi, <strong>di</strong> solito cupi,<br />
senza lustro, aggrottati, ora gli ridevano luci<strong>di</strong>ssimi, come quelli d’un bambino o<br />
d’un uomo felice; e frasi senza costrutto gli uscivano dalle labbra. Cose inau<strong>di</strong>te,<br />
espressioni poetiche, immaginose, bislacche, che tanto più stupivano, in quanto<br />
non si poteva in alcun modo spiegare come, per qual pro<strong>di</strong>gio, fiorissero in bocca<br />
a lui, cioè a uno che finora non s’era mai occupato d’altro che <strong>di</strong> cifre e registri e<br />
cataloghi, rimanendo come cieco e sordo alla vita: macchinetta <strong>di</strong> computisteria.<br />
Ora parlava <strong>di</strong> azzurre fronti <strong>di</strong> montagne nevose, levate al cielo; parlava <strong>di</strong> visci<strong>di</strong><br />
cetacei che, voluminosi, sul fondo dei mari, con la coda facevan la virgola. Cose,<br />
ripeto, inau<strong>di</strong>te.<br />
Chi venne a riferirmele insieme con la notizia dell’improvvisa alienazione<br />
mentale rimase però sconcertato, non notando in me, non che meraviglia, ma<br />
neppur una lieve sorpresa.<br />
Difatti io accolsi in silenzio la notizia.<br />
E il mio silenzio era pieno <strong>di</strong> dolore. Tentennai il capo, con gli angoli della bocca<br />
contratti in giù, amaramente, e <strong>di</strong>ssi:<br />
– Belluca, signori, non è impazzito. State sicuri che non è impazzito. Qualche<br />
cosa dev’essergli accaduta; ma naturalissima. Nessuno se la può spiegare, perché<br />
nessuno sa bene come quest’uomo ha vissuto finora. Io che lo so, son sicuro che mi<br />
spiegherò tutto natura-lissimamente, appena l’avrò veduto e avrò parlato con lui.<br />
riconoscimento che coloro che credevano alla pazzia <strong>di</strong> Belluca avessero un qualche punto<br />
<strong>di</strong> riferimento: dava un serio argomento alla supposizione. La modalità narrativa era già <strong>di</strong> A.<br />
Manzoni il quale più volte interviene nel suo romanzo e, vuoi ricorrendo alla conoscenza della<br />
storia vuoi rifacendosi all’altrettanto vera legge provvidenziale che la regge, spiegava al lettore<br />
l’intrinseca razionalità e consequenzialità degli eventi (particolari e generali). P. non conosce<br />
se non la storia degl’eventi particolari, dei quali ad<strong>di</strong>ta l’incongruenza, la follia, l’irrazionalità:<br />
la conseguenza non può che essere quella dell’approdo alla presa <strong>di</strong> coscienza che non v’è<br />
se non una legge: quella del caos.<br />
La strategia narrativa<br />
Il periodo coscritto... si <strong>di</strong>stende benché non vi<br />
siano evidenti i connettivi che leghino una frase<br />
all’altra, un periodo all’altro (operatori lessicali<br />
e grammaticali). Tuttavia la parola coscritto<br />
viene posta in corsivo e ad inizio <strong>di</strong> capoverso:<br />
è un segnale tipografico che connota l’aggettivo<br />
<strong>di</strong> forte autonomia, il cui valore sarà spiegato<br />
subito dopo: si tratta della definizione che <strong>di</strong><br />
Belluca e del suo comportamento avevano<br />
dato i colleghi d’ufficio. Il 2º periodo è ellittico<br />
del verbo perché vuole avere, ed ha, il valore <strong>di</strong><br />
risposta secca. L’anafora (la ripetizione <strong>di</strong> uno<br />
o più termini: in questo caso coscritto), poi,<br />
seguita dall’esclamativa, stabilisce la coerenza<br />
logicosintattica con la ’risposta’ alla quale è<br />
omogenea per via dell’ellissi del verbo – così il<br />
terzo periodo – che assolve al ruolo <strong>di</strong> connettivo<br />
stilistico. Il risultato è quello <strong>di</strong> una grande<br />
rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> scrittura, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> intensa drammaticità.<br />
Tanto più s’avverte intensa se si tien<br />
conto del ricorso che P. fa – qui e nel successivo<br />
periodo – ad un proce<strong>di</strong>mento retorico che va<br />
sotto il nome <strong>di</strong> amplificazione, consistente<br />
nell’aggiunta <strong>di</strong> elementi lessicali, che, riferiti ad<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 43
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
Cammin facendo verso l’ospizio ove il poverino era stato ricoverato, seguitai a<br />
riflettere per conto mio:<br />
A un uomo che viva come Belluca finora ha vissuto, cioè una vita ’impossibile’,<br />
la cosa più ovvia, l’incidente più comune, un qualunque lievissimo inciampo<br />
impreveduto, che so io, d’un ciottolo per via, possono produrre effetti straor<strong>di</strong>narii,<br />
<strong>di</strong> cui nessuno si può dar la spiegazione, se non pensa appunto che la vita<br />
<strong>di</strong> quell’uomo è ’impossibile’. Bisogna condurre la spiegazione là, riattaccandola<br />
a quelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita impossibili, ed essa apparirà allora semplice e chiara.<br />
Chi veda soltanto una coda, facendo astrazione dal mostro a cui essa appartiene,<br />
potrà stimarla per se stessa mostruosa. Bisognerà riattaccarla al mostro; e allora<br />
non sembrerà più tale; ma quale dev’essere, appartenendo a quel mostro.<br />
Una coda naturalissima.<br />
Non avevo veduto mai un uomo vivere come Belluca.<br />
Ero suo vicino <strong>di</strong> casa, e non io soltanto, ma tutti gli altri inquilini della casa si<br />
domandavano con me come mai quell’uomo potesse resistere in quelle con<strong>di</strong>zioni<br />
<strong>di</strong> vita.<br />
Aveva con sé tre cieche, la moglie, la suocera e la sorella della suocera: queste<br />
due, vecchissime, per cataratta; l’altra, la moglie, senza cataratta, cieca fissa; palpebre<br />
murate.<br />
Tutt’e tre volevano esser servite. Strillavano dalla mattina alla sera perché nessuno<br />
le serviva. Le due figliuole vedove, raccolte in casa dopo la morte dei mariti,<br />
l’una con quattro, l’altra con tre figliuoli, non avevano mai né tempo né voglia da<br />
badare ad esse; se mai, porgevano qualche ajuto alla madre soltanto.<br />
Con lo scarso provento del suo impieguccio <strong>di</strong> computista poteva Belluca dar<br />
da mangiare a tutte quelle bocche ? Si procurava altro lavoro per la sera, in casa:<br />
carte da ricopiare. E ricopiava tra gli strilli in<strong>di</strong>avolati <strong>di</strong> quelle cinque donne e<br />
uno stesso ambito semantico (significato),<br />
precisano il significato ed il grado del concetto<br />
prima espresso più genericamente. In vero qui<br />
P. combina amplificazione ed accumulazione,<br />
che a sua volta allinea una nuova serie <strong>di</strong><br />
elementi lessicali che riba<strong>di</strong>scono l’idea. Nello<br />
specifico limiti angustissimi e arida mansione <strong>di</strong><br />
computista (già computista allude ad un’attività<br />
priva d’ogni orizzonte spirituale) esplicitano<br />
il valore della coscrizione. La cui limitatezza<br />
viene amplificata da senz’altra memoria, la cui<br />
seguente elencazione serve solo a segnare i<br />
limiti dell’attività (inesistente) spirituale <strong>di</strong> Belluca:<br />
<strong>di</strong> partite semplici o doppie o <strong>di</strong> storno,<br />
e <strong>di</strong> defalchi... L’ultimo periodo del capoverso<br />
ancora ellettico del vb si apre con una metafora,<br />
casellario ambulante, che è coerente<br />
amplificazione <strong>di</strong> quanto detto nel precedente<br />
periodo e definitiva oggettualizzazione<br />
<strong>di</strong> Belluca (a momenti sarà animale): non più<br />
essere umano; ma oggetto privo <strong>di</strong> vita, archivio<br />
e memoria, forse or<strong>di</strong>nata, certo vuota d’ogni<br />
44 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
palpito e d’ogni fantasia. E P. si serve ancora<br />
una volta <strong>di</strong> un’amplificazione (si vedano la<br />
relativa che tirava zitto zitto; e d’un passo e per<br />
la stessa strada, che metteno in evidenza la natura<br />
del tutto sottomessa dell’animaleBelluca)<br />
combinata con l’anafora (sempre ... sempre).<br />
La tensione verso l’oralià o verso la teatralità<br />
è evidenziata da certi nessi, in particolare da<br />
quell’orbene (questo <strong>di</strong>scorso vale per tutta la<br />
novella), nell’uso assai modesto dell’ipotassi<br />
(subor<strong>di</strong>nazione), alla quale si preferiscono<br />
anafore <strong>di</strong> tutti i tipi (semplici: pareva ... pareva;<br />
esplicative: ilare ... ilarità). La tensione all’oralità<br />
è visibile anche nelle esclamazioni, niente !,<br />
in certi fatismi pleonastici, così, dunque,<br />
veramente, nel ricorso all’autocorrezione, o<br />
meglio. Tutto qesto convive facilmente con la<br />
metafora Belluca-asino, che è metafora popolare<br />
e d’uso comune, nel quale l’accezione<br />
<strong>di</strong> somaro=sciocco, ignorante è largamente<br />
accettata (oggi si preferiscono metafore sessuali),<br />
come lo è quella asino=lavoratore. Con
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
<strong>di</strong> quei sette ragazzi finché essi, tutt’e do<strong>di</strong>ci, non trovavan posto nei tre soli letti<br />
della casa.<br />
Letti ampii, matrimoniali; ma tre.<br />
Zuffe furibonde, inseguimenti, mobili rovesciati, stoviglie rotte, pianti, urli,<br />
tonfi, perché qualcuno dei ragazzi, al bujo, scappava e andava a cacciarsi fra le<br />
tre vecchie cieche, che dormivano in un letto a parte, e che ogni sera litigavano<br />
anch’esse tra loro, perché nessuna delle tre voleva stare in mezzo e si ribellava<br />
quando veniva la sua volta.<br />
Alla fine, si faceva silenzio, e Belluca seguitava a ricopiare fino a tarda notte,<br />
finché la penna non gli cadeva <strong>di</strong> mano e gli occhi non gli si chiudevano da sé.<br />
Andava allora a buttarsi, spesso vestito, su un <strong>di</strong>vanaccio sgangherato, e subito<br />
s<strong>prof</strong>ondava in un sonno <strong>di</strong> piombo, da cui ogni mattina si levava a stento, più<br />
intontito che mai.<br />
Ebbene, signori: a Belluca, in queste con<strong>di</strong>zioni, era accaduto un fatto ’naturalissimo’.<br />
Quando andai a trovarlo all’ospizio, me lo raccontò lui stesso, per filo e per<br />
segno. Era, sì, ancora esaltato un po’, ma naturalissimamente, per ciò che gli era<br />
accaduto. Rideva dei me<strong>di</strong>ci e degli infermieri e <strong>di</strong> tutti i suoi colleghi, che lo credevano<br />
impazzito.<br />
– Magari ! – <strong>di</strong>ceva. – Magari !<br />
Signori, Belluca, s’era <strong>di</strong>menticato da tanti e tanti anni – ma proprio <strong>di</strong>menticato<br />
– che il mondo esisteva.<br />
Assorto nel continuo tormento <strong>di</strong> quella sua sciagurata esistenza, assorto tutto<br />
il giorno nei conti del suo ufficio, senza mai un momento <strong>di</strong> respiro, come una<br />
A livello <strong>di</strong> macroelementi rileva notare che la terza parte del racconto opera un ulteriore scarto<br />
temporale, con il ritorno al tempo in cui ha preso avvio il racconto: al momento delle visite<br />
dei colleghi all’ospizio. Lo scrittore attraverso segnali tipografici (gli spazi bianchi) scan<strong>di</strong>sce<br />
ora i tempi, ora le prospettive. Cammin facendo ... e Non avevo veduto mai ... introducono<br />
la riflessione dello scrittore sull’evento e il supporto logico della sua <strong>di</strong>agnosi; in particolare:<br />
« chi veda soltanto una coda, facendo astrazione dal mostro a cui essa appartiene, potrà stimarla<br />
per sé mostruosa. Bisognerà riattaccarla al mostro; e allora non sembrerà più tale; ma<br />
quale dev’essere, appartenendo a quel mostro » è espressione della filosofia del lontano<br />
<strong>di</strong> P. che consiste nel prendere le <strong>di</strong>stanze dalla realtà per coglierne l’intrinseca assur<strong>di</strong>tà ed<br />
grande facilità comunicativa (non sono necessari<br />
altri supporti per deco<strong>di</strong>ficare la metafora)<br />
il narratoretestimone utilizza i derivati imbizzire,<br />
calcio, frustate, punture, bastonature. La<br />
metafora resta facile, anzi, assume i toni della<br />
popolarità, ed imme<strong>di</strong>atamente comprensibile.<br />
Naturalmente questa tipologia scrittoria non<br />
significa superficialità: qui conta la costruzione<br />
degli eventi. Si veda il processo verbale con cui<br />
Belluca opera la sua liberazione, come la aperta<br />
confessione al capoufficio della sua fantasia e<br />
la conseguente riconquista della sua umanità: e<br />
se sapesse dove sono arrivato ! La formulazione<br />
della frase è lenta e parte da una comunicazione<br />
non verbale: aprendo le mani; poi da una parola<br />
insignificante: niente, seguita dal sostantivo che<br />
farà da soggetto alla fraserivelazione, ma che<br />
per il momento, privo com’è <strong>di</strong> vb, richiede il<br />
completamento logico. P. strategicamente fa intervenire<br />
il capufficio che sospende la rivelazione<br />
del vb e il completamento della frase: Il tre-no ?<br />
Che treno ? e poi il il verbo. Mano a mano che<br />
Belluca <strong>di</strong>svela il suo sentire (che è sentire <strong>di</strong><br />
fantasia) aumenta l’irritata incomprensione del<br />
capoufficio che interviene interrompendo la<br />
pur breve frase <strong>di</strong> Belluca. Conviene appuntare<br />
l’attenzione sull’antagonismo tra la calma un po’<br />
folle dell’impiegato e la furia del suo superiore:<br />
è questo uno dei momenti in cui la strategia<br />
drammaticonarrativa <strong>di</strong> P. si fa più evidente.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 45
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
bestia bendata, aggiogata alla stanga d’una nòria o d’un molino, sissignori, s’era<br />
<strong>di</strong>menticato da anni e anni – ma proprio <strong>di</strong>menticato – che il mondo esisteva.<br />
Due sere avanti, buttandosi a dormire stremato su quel <strong>di</strong>vanaccio, forse per<br />
l’eccessiva stanchezza, insolitamente, non gli era riuscito d’addormentarsi subito.<br />
E, d’improvviso, nel silenzio <strong>prof</strong>ondo della notte, aveva sentito, da lontano,<br />
fischiare un treno.<br />
Gli era parso che gli orecchi, dopo tant’anni, chi sa come, d’improvviso gli si<br />
fossero sturati.<br />
Il fischio <strong>di</strong> quel treno gli aveva squarciato e portato via d’un tratto la miseria<br />
<strong>di</strong> tutte quelle sue orribili angustie, e quasi da un sepolcro scoperchiato s’era<br />
ritrovato a spaziare anelante nel vuoto arioso del mondo che gli si spalancava<br />
enorme tutt’intorno.<br />
S’era tenuto istintivamente alle coperte che ogni sera si buttava addosso, ed era<br />
corso col pensiero <strong>di</strong>etro a quel treno che s’allontanava nella notte.<br />
C’era, ah ! c’era, fuori <strong>di</strong> quella casa orrenda, fuori <strong>di</strong> tutti i suoi tormenti, c’era il<br />
mondo, tanto, tanto mondo lontano, a cui quel treno s’avviava... Firenze, Bologna,<br />
Torino, Venezia... tante città, in cui egli da giovine era stato e che ancora, certo,<br />
in quella notte sfavillavano <strong>di</strong> luci sulla terra. Sì, sapeva la vita che vi si viveva !<br />
La vita che un tempo vi aveva vissuto anche lui ! E seguitava, quella vita; aveva<br />
sempre seguitato, mentr’egli qua, come una bestia bendata, girava la stanga del<br />
molino. Non ci aveva pensato più ! Il mondo s’era chiuso per lui, nel tormento<br />
della sua casa, nell’arida, ispida angustia della sua computisteria... Ma ora, ecco,<br />
gli rientrava, come per travaso violento, nello spirito. L’attimo, che scoccava per<br />
lui, qua, in questa sua prigione, scorreva come un brivido elettrico per tutto il<br />
mondo, e lui con l’immaginazione d’improvviso risvegliata poteva, ecco, poteva<br />
seguirlo per città note e ignote, lande, montagne, foreste, mari... Questo stesso<br />
brivido, questo stesso palpito del tempo. C’erano, mentr’egli qua viveva questa vita<br />
’impossibile’, tanti e tanti milioni d’uomini sparsi su tutta la terra, che vivevano<br />
<strong>di</strong>versamente. Ora, nel medesimo attimo ch’egli qua soffriva, c’erano le montagne<br />
solitarie nevose che levavano al cielo notturno le azzurre fronti... Sì, sì, le vedeva,<br />
le vedeva, le vedeva così... c’erano gli oceani... le foreste...<br />
E, dunque, lui – ora che il mondo gli era rientrato nello spirito – poteva in<br />
qualche modo consolarsi ! Sì, levandosi ogni tanto dal suo tormento, per prendere<br />
con l’immaginazione una boccata d’aria nel mondo.<br />
Gli bastava !<br />
Naturalmente, il primo giorno, aveva ecceduto. S’era ubriacato. Tutto il mondo,<br />
dentro d’un tratto: un cataclisma. A poco a poco, si sarebbe ricomposto. Era<br />
ancora ebro della troppa troppa aria, lo sentiva.<br />
Sarebbe andato, appena ricomposto del tutto, a chiedere scusa al capo-ufficio,<br />
e avrebbe ripreso come prima la sua computisteria. Soltanto il capo-ufficio ormai<br />
inconsistenza. A quella filosofia è connessa la poetica de L’umorismo. Nell’opera umoristica<br />
la realtà viene colta nella sua incongruenza (nella sua stranezza, nel suo aspetto sorprendente<br />
ed umoristico), cosa che ci fa sorridere; subito dopo però interviene la riflessione che spiega la<br />
concatenazione delle con<strong>di</strong>zioni e dei fatti che porta alla situazione apparentemente comica:<br />
è così che questa si rivela, come <strong>di</strong>ce in questa nostra novella, naturalissima.<br />
46 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
non doveva pretender troppo da lui come per il passato: doveva concedergli che<br />
<strong>di</strong> tanto in tanto, tra una partita e l’altra da registrare, egli facesse una capatina,<br />
sì, in Siberia... oppure oppure... nelle foreste del Congo:<br />
– Si fa in un attimo, signor Cavaliere mio. Ora che il treno ha fischiato...<br />
la SIgNORa fROla<br />
E Il SIgNOR pONZa, SuO gENERO<br />
Ma insomma, ve lo figurate ? c’è da ammattire sul serio tutti quanti a non poter<br />
sapere chi tra i due sia il pazzo, se questa signora Frola o questo signor Ponza, suo<br />
genero. Cose che càpitano soltanto a Valdana, città <strong>di</strong>sgraziata, calamìta <strong>di</strong> tutti i<br />
forestieri eccentrici !<br />
Pazza lei o pazzo lui; non c’è via <strong>di</strong> mezzo: uno dei due dev’esser pazzo per forza.<br />
Perché si tratta niente meno che <strong>di</strong> questo… Ma no, è meglio esporre prima con<br />
or<strong>di</strong>ne.<br />
Sono, vi giuro, seriamente costernato dell’angoscia in cui vivono da tre mesi gli<br />
abitanti <strong>di</strong> Valdana, e poco m’importa della signora Frola e del signor Ponza, suo<br />
genero. Perché, se è vero che una grave sciagura è loro toccata, non è men vero che<br />
uno dei due, almeno, ha avuto la fortuna d’impazzirne e l’altro l’ha ajutato, séguita<br />
ad ajutarlo così che non si riesce, ripeto, a sapere quale dei due veramente sia pazzo;<br />
e certo una consolazione meglio <strong>di</strong> questa non se la potevano dare. Ma <strong>di</strong>co <strong>di</strong> tenere<br />
così, sotto quest’incubo, un’intera citta<strong>di</strong>nanza, vi par poco ? togliendole ogni<br />
sostegno al giu<strong>di</strong>zio, per modo che non possa più <strong>di</strong>stinguere tra fantasma e realtà.<br />
Un’angoscia, un perpetuo sgomento. Ciascuno si vede davanti, ogni giorno, quei due;<br />
Questa novella <strong>di</strong>venne poi il dramma Così è (se vi pare) (1917. Noi daremo l’e<strong>di</strong>zione del<br />
’25). La sua presenza qui è determinata dalla necessità <strong>di</strong> proporre in confronto la scrittura<br />
narrativa (novellistica, in particolare) e quella teatrale <strong>di</strong> L.P. Naturalmente, non è legittima<br />
nessuna generalizzazione, né all’interno dell’opera dello scrittore agrigentino, né nell’ambito<br />
delle tecniche della scrittura: si tratta qui solamente <strong>di</strong> proporre un esempio dal quale trarre<br />
qualche elemento <strong>di</strong> riflessione.<br />
Tecnica della narrazione<br />
Come nel caso de Il treno ha fischiato P. sceglie<br />
la modalità del colloquio col lettore: ve lo figurate<br />
?; Vi giuro; Ma no, è meglio esporre prima con<br />
or<strong>di</strong>ne; Vi par poco ? ... bisogna <strong>di</strong>rlo; Dico, non<br />
vi sembra... Ben presto, tuttavia scopriamo che<br />
lo scrittore fa parte della società <strong>di</strong> Valdana nella<br />
quale la vicenda appare in tutta la sua natura<br />
grottesca: è colui che in certa misura vive la situazione,<br />
in cert’altra misura cerca <strong>di</strong> spiegarla<br />
o <strong>di</strong> trovare i motivi dei comportamenti, soprattutto<br />
sociali. In vero c’è sempre una sostanziale<br />
ironia nei confronti della – sua – collettività che<br />
si trova nell’impossibilità <strong>di</strong> avere dei criteri <strong>di</strong><br />
giu<strong>di</strong>zio: Un’angoscia, un perpetuo sgomento.<br />
Ciascuno si vede davanti, ogni giorno, quei due;<br />
li guarda in faccia; sa che uno dei due è pazzo;<br />
li stu<strong>di</strong>a, li squadra, li spia e, niente ! non poter<br />
scoprire quale dei due; dove sia il fantasma,<br />
dove la realtà. E ancora: Nei panni del Prefetto,<br />
io... e così via. Ironica potrebbe altresì sembrare<br />
la considerazione che a deporre contro il signor<br />
Ponza è innanzi tutto il suo aspetto esteriore:<br />
Tozzo, senza collo, nero come un africano, con<br />
folti capelli ispi<strong>di</strong> su la fronte bassa. La signora<br />
Frola ha invece aspetto gentile, epperciò con<strong>di</strong>ziona<br />
positivamente gli abitanti <strong>di</strong> Valdana.<br />
Diciamo solo apparentemente ironica perché<br />
in realtà la situazione dei due nuovi arrivati<br />
destabilizza le certezze del modo comune <strong>di</strong><br />
pensare, credute universalmente e eternamern<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 47
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
li guarda in faccia; sa che uno dei due è pazzo; li stu<strong>di</strong>a, li squadra, li spia e, niente !<br />
non poter scoprire quale dei due; dove sia il fantasma, dove la realtà. Naturalmente,<br />
nasce in ciascuno il sospetto pernicioso che tanto vale allora la realtà quanto il<br />
fantasma, e che ogni realtà può benissimo essere un fantasma e viceversa. Vi par<br />
poco ? Nei panni del signor prefetto, io darei senz’altro, per la salute dell’anima degli<br />
abitanti <strong>di</strong> Valdana, lo sfratto alla signora Frola e al signor Ponza, suo genero.<br />
Ma proce<strong>di</strong>amo con or<strong>di</strong>ne.<br />
Questo signor Ponza arrivò a Valdana or sono tre mesi, segretario <strong>di</strong> prefettura.<br />
Prese alloggio nel casolare nuovo all’uscita del paese, quello che chiamano “il Favo”.<br />
Lì. All’ultimo piano, un quartierino. Tre finestre che danno sulla campagna,<br />
alte, tristi (ché la facciata <strong>di</strong> là, all’aria <strong>di</strong> tramontana, su tutti quegli orti palli<strong>di</strong>,<br />
chi sa perché, benché nuova, s’è tanto intristita) e tre finestre interne, <strong>di</strong> qua, sul<br />
cortile, ove gira la ringhiera del ballatojo <strong>di</strong>viso da tramezzi a grate. Pendono da<br />
quella ringhiera, lassù lassù, tanti panierini pronti a esser calati col cor<strong>di</strong>no a un<br />
bisogno.<br />
Nello stesso tempo, però, con maraviglia <strong>di</strong> tutti, il signor Ponza fissò nel centro<br />
della città, e propriamente in Via dei Santi n. 15, un altro quartierino mobigliato <strong>di</strong><br />
tre camere e cucina. Disse che doveva servire per la suocera, signora Frola. E <strong>di</strong>fatti<br />
questa arrivò cinque o sei giorni dopo; e il signor Ponza si recò ad accoglierla, lui<br />
solo, alla stazione e la condusse e la lasciò lì, sola.<br />
Ora, via, si capisce che una figliuola, maritandosi, lasci la casa della madre per<br />
andare a convivere col marito, anche in un’altra città; ma che questa madre poi,<br />
non reggendo a star lontana dalla figliuola, lasci il suo paese, la sua casa, e la segua,<br />
e che nella città dove tanto la figliuola quanto lei sono forestiere vada ad abitare<br />
in una casa a parte, questo non si capisce più facilmente; o si deve ammettere tra<br />
suocera e genero una così forte incompatibilità da rendere proprio impossibile la<br />
convivenza, anche in queste con<strong>di</strong>zioni.<br />
Naturalmente a Valdana dapprima si pensò così. E certo chi scapitò per questo<br />
nell’opinione <strong>di</strong> tutti fu il signor Ponza. Della signora Frola, se qualcuno ammise<br />
che forse doveva averci anche lei un po’ <strong>di</strong> colpa, o per scarso compatimento o<br />
per qualche caparbietà o intolleranza, tutti considerarono l’amore materno che la<br />
traeva appresso alla figliuola, pur condannata a non poterle vivere accanto.<br />
Gran parte ebbe in questa considerazione per la signora Frola e nel concetto<br />
che subito del signor Ponza s’impresse nell’animo <strong>di</strong> tutti, che fosse cioè duro, anzi<br />
crudele, anche l’aspetto dei due, bisogna <strong>di</strong>rlo. Tozzo, senza collo, nero come un<br />
te valide. Il signor Ponza e la signora Frola, per<br />
<strong>di</strong> più, sono perfettamente adattati, rassegnati,<br />
alla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> nonconoscenza della verità,<br />
alla inestricabilità del reale: La signora Frola va<br />
spesso a trovare il genero alla prefettura per aver<br />
da lui qualche consiglio, o lo aspetta all’uscita<br />
per farsi accompagnare in qualche compera: e<br />
spessissimo, dal canto suo, nelle ore libere e<br />
ogni sera il signor Ponza va a trovare la signora<br />
Frola nel quartierino mobigliato. Questa stessa<br />
convinzione – che non è possibile conoscere<br />
la verità – è dello scrittore, abitante <strong>di</strong> Valdana.<br />
48 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Per altro L.P. contestualizza la vicenda in una<br />
città reale, in una via realistica <strong>di</strong> cui dà nome e<br />
numero civico, in un palazzo sul quale propone<br />
delle riflessioni non necessarie allo svolgimento<br />
della vicenda, utili a dare sostanza <strong>di</strong> verità alla<br />
narrazione: si veda la parentesi (ché la facciata<br />
<strong>di</strong> là, all’aria <strong>di</strong> tramontana, su tutti quegli orti<br />
palli<strong>di</strong>, chi sa perché, benché nuova, s’è tanto<br />
intristita). Oppure si veda il breve <strong>di</strong>alogo tra<br />
madre e figlia nel cortile del palazzo: esso non<br />
solo non aggiunge nulla a quanto già non si<br />
sapesse, ma è mera (o teatrale ?) ripetizione.
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
africano, con folti capelli ispi<strong>di</strong> su la fronte bassa, dense e aspre sopracciglia giunte,<br />
grossi mustacchi luci<strong>di</strong> da questurino, e negli occhi cupi, fissi, quasi senza bianco,<br />
un’intensità violenta, esasperata, a stento contenuta, non si sa se <strong>di</strong> doglia tetra o<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>spetto della vista altrui, il signor Ponza non è fatto certamente per conciliarsi<br />
la simpatia o la confidenza. Vecchina gracile, pallida, è invece la signora Frola, dai<br />
lineamenti fini, nobilissimi, e una aria malinconica, ma d’una malinconia senza<br />
peso, vaga e gentile, che non esclude l’affabilità con tutti.<br />
Ora <strong>di</strong> questa affabilità, naturalissima in lei, la signora Frola ha dato subito<br />
prova in città, e subito per essa nell’animo <strong>di</strong> tutti è cresciuta l’avversione per il<br />
signor Ponza; giacché chiaramente è apparsa a ognuno l’indole <strong>di</strong> lei, non solo<br />
mite, remissiva, tollerante, ma anche piena d’indulgente compatimento per il<br />
male che il genero le fa; e anche perché s’è venuto a sapere che non basta al signor<br />
Ponza relegare in una casa a parte quella povera madre, ma spinge la crudeltà fino<br />
a vietarle anche la vista della figliuola.<br />
Se non che, non crudeltà, protesta subito nelle sue visite alle signore <strong>di</strong> Valdana<br />
la signora Frola, ponendo le manine avanti, veramente afflitta che si possa<br />
pensare questo <strong>di</strong> suo genero. E s’affretta a decantarne tutte le virtù, a <strong>di</strong>rne tutto<br />
il bene possibile e immaginabile; quale amore, quante cure, quali attenzioni egli<br />
abbia per la figliuola, non solo, ma anche per lei, sì, sì, anche per lei; premuroso,<br />
<strong>di</strong>sinteressato… Ah, non crudele, no, per carità! C’è solo questo: che vuole tutta,<br />
tutta per sé la mo-gliettina, il signor Ponza, fino al punto che anche l’amore, che<br />
questa deve avere (e l’ammette, come no?) per la sua mamma, vuole che le arrivi<br />
non <strong>di</strong>rettamente, ma attraverso lui, per mezzo <strong>di</strong> lui, ecco. Sì, può parere crudeltà,<br />
questa, ma non lo è; è un’altra cosa, un’altra cosa ch’ella, la signora Frola, intende<br />
benissimo e si strugge <strong>di</strong> non sapere esprimere. Natura, ecco… ma no, forse una<br />
specie <strong>di</strong> malattia… come <strong>di</strong>re? Mio Dio, basta guardarlo negli occhi. Fanno in<br />
prima una brutta impressione, forse, quegli occhi; ma <strong>di</strong>cono tutto a chi, come<br />
lei, sappia leggere in essi: la pienezza chiusa, <strong>di</strong>cono, <strong>di</strong> tutto un mondo d’amore<br />
in lui, nel quale la moglie deve vivere senza mai uscirne minimamente, e nel quale<br />
nessun altro, neppure la madre, deve entrare. Gelosia? Sì, forse; ma a voler definire<br />
volgarmente questa totalità esclusiva d’amore.<br />
Egoismo? Ma un egoismo che si dà tutto, come un mondo, alla propria donna!<br />
Egoismo, in fondo, sarebbe quello <strong>di</strong> lei a voler forzare questo mondo chiuso<br />
d’amore, a volervisi introdurre per forza, quand’ella sa che la figliuola è felice, così<br />
Discorso <strong>di</strong>retto, in<strong>di</strong>retto,<br />
<strong>di</strong>retto libero, in<strong>di</strong>retto libero.<br />
Il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto, in<strong>di</strong>retto ecc. sono i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
citare, <strong>di</strong> riportare parole dei protagonisti del<br />
racconto, <strong>di</strong>fferenziandole da quelle dell’autore.<br />
Il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto evidenzia chi parla: Mario<br />
<strong>di</strong>sse: « Sono qui », epperciò <strong>di</strong> solito il vb è in<br />
prima persona, mentre è possibile trovare tutte<br />
le caratteristiche del linguaggio parlato, ellissi,<br />
esclamazioni, sospensioni e così via; il <strong>di</strong>scorso<br />
in<strong>di</strong>retto fa la parafrasi, o sintetizza, l’enunciato<br />
del parlante, epperciò <strong>di</strong> solito il vb è in terza<br />
persona e l’espressione è neutra. Nel <strong>di</strong>scorso<br />
in<strong>di</strong>retto libero il vb è in terza persona,<br />
ma si trovano le caratteristiche del linguaggio<br />
parlato: ellissi, esclamazioni ecc.; quando si<br />
riporta il soliloquio <strong>di</strong> un personaggio si ha il così<br />
detto flusso <strong>di</strong> coscienza (o stream of consciousness,<br />
o, in italiano, monologo interiore<br />
narrato, cfr più avanti). Se il soliloquio viene<br />
riportato in forma <strong>di</strong>retta, ma senza i rituali segni<br />
grafici e sintattici, allora si parlerà <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso<br />
<strong>di</strong>retto libero o monologo interiore citato.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 49
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
adorata… Questo a una madre può bastare! Del resto, non è mica vero ch’ella non<br />
la veda, la sua figliuola. Due o tre volte al giorno la vede: entra nel cortile della<br />
casa; suona il campanello e subito la sua figliuola s’affaccia <strong>di</strong> lassù.<br />
– Come stai Til<strong>di</strong>na?<br />
– Benissimo, mamma. Tu?<br />
– Come Dio vuole, figliuola mia. Giù, giù il panierino!<br />
E nel panierino, sempre due parole <strong>di</strong> lettera, con le notizie della giornata. Ecco,<br />
le basta questo. Dura ormai da quattr’anni questa vita, e ci s’è abituata la signora<br />
Frola. Rassegnata, sì. E quasi non ne soffre più.<br />
Com’è facile intendere, questa rassegnazione della signora Frola, quest’abitu<strong>di</strong>ne<br />
ch’ella <strong>di</strong>ce d’aver fatto al suo martirio, ridondano a carico del signor Ponza, suo<br />
genero, tanto più, quanto più ella col suo lungo <strong>di</strong>scorso si affanna a scusarlo.<br />
Con vera in<strong>di</strong>gnazione perciò, e anche <strong>di</strong>rò con paura, le signore <strong>di</strong> Valdana<br />
che hanno ricevuto la prima visita della signora Frola, accolgono il giorno dopo<br />
l’annunzio <strong>di</strong> un’altra visita inattesa, del signor Ponza, che le prega <strong>di</strong> concedergli<br />
due soli minuti d’u<strong>di</strong>enza, per una “doverosa <strong>di</strong>chiarazione”, se non reca loro<br />
incomodo.<br />
Affocato in volto, quasi congestionato, con gli occhi più duri e più tetri che<br />
mai, un fazzoletto in mano che stride per la sua bianchezza, insieme coi polsini e<br />
il colletto della camicia, sul nero della carnagione, del pelame e del vestito, il signor<br />
Ponza, asciugandosi <strong>di</strong> continuo il sudore che gli sgocciola dalla fronte bassa e dalle<br />
gote raschiose e violacee, non già per il caldo, ma per la violenza evidentissima<br />
dello sforzo che fa su se stesso e per cui anche le grosse mani dalle unghie lunghe<br />
gli tremano; in questo e in quel salotto, davanti a quelle signore che lo mirano<br />
quasi atterrite, domanda prima se la signora Frola, sua suocera, è stata a visita da<br />
loro il giorno avanti; poi, con pena, con sforzo, con agitazione <strong>di</strong> punto in punto<br />
crescenti, se ella ha parlato loro della figliuola e se ha detto che egli le vieta assolutamente<br />
<strong>di</strong> vederla e <strong>di</strong> salire in casa sua.<br />
Le signore, nel vederlo così agitato, com’è facile immaginare, s’affrettano a<br />
rispondergli che la signora Frola, sì, è vero, ha detto loro <strong>di</strong> quella proibizione <strong>di</strong><br />
Parlato e narrato<br />
S’è detto che a caratterizzare la novella è la<br />
<strong>di</strong>mensione colloquiale scelta dal narratore che<br />
qui sembra aver voluto eludere ogni momento<br />
descrittivonarrativo. Si tratta sostanzialmente,<br />
infatti, <strong>di</strong> un unico <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto libero del<br />
narratore (cfr. ad es.: ... il signor Ponza non è<br />
fatto certamente per conciliarsi la simpatia o la<br />
confidenza. Vecchina gracile, pallida, è invece la<br />
signora Frola, dai lineamenti fini...), all’interno del<br />
quale i personaggi vengono introdotti a parlare<br />
ora in <strong>di</strong>scorsi in<strong>di</strong>retti liberi, ora in <strong>di</strong>scorsi<br />
<strong>di</strong>retti. Dunque, si tratta <strong>di</strong> una continua variazione<br />
della modalità elocutiva, più che narrativa,<br />
che conferisce alla novella una sua peculiare<br />
connotazione.<br />
50 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Andrà notato che il narratoretestimone pur<br />
cercando <strong>di</strong> porsi al <strong>di</strong> sopra delle parti, <strong>di</strong> fatto<br />
si fa portavoce volta a volta delle due fazioni<br />
della società <strong>di</strong> Valdana – l’una favorevole,<br />
l’altra contraria al signor Ponza, e viceversa<br />
nei confronti della signora Frola –: ciò <strong>di</strong> fatto<br />
comporta che la collettività sfuma sullo sfondo:<br />
Ciascuno si vede davanti, ogni giorno, quei<br />
due; li guarda in faccia; sa che uno dei due è<br />
pazzo; ... a Valdana dappima si pensò così;<br />
le signore <strong>di</strong> Valdana; insomma non esiste un<br />
vero e proprio deuteragonista, con un volto,<br />
con una personalità: sono le signore <strong>di</strong> Valdana<br />
(pressoché latitanti i maschi) a rilevare il caso e<br />
a trovarlo grottesco. Lo stesso narratore, s’è<br />
detto, assume le parti opposte.
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
vedere la figlia, ma anche tutto il bene possibile e immaginabile <strong>di</strong> lui, fino a scusarlo,<br />
non solo, ma anche a non dargli nessun’ombra <strong>di</strong> colpa per quella proibizione stessa.<br />
Se non che, invece <strong>di</strong> quietarsi, a questa risposta delle signore, il signor Ponza<br />
si agita <strong>di</strong> più; gli occhi gli <strong>di</strong>ventano più duri, più fissi, più tetri; le grosse gocce <strong>di</strong><br />
sudore più spesse; e alla fine, facendo uno sforzo ancor più violento su se stesso,<br />
viene alla sua “<strong>di</strong>chiarazione doverosa”.<br />
La quale è questa, semplicemente: che la signora Frola, poveretta, non pare,<br />
ma è pazza.<br />
Pazza da quattro anni, sì. E la sua pazzia consiste appunto nel credere che egli<br />
non voglia farle vedere la figliuola. Quale figliuola? È morta, è morta da quattro<br />
anni la figliuola: e la signora Frola, appunto per il dolore <strong>di</strong> questa morte, è impazzita:<br />
per fortuna, impazzita, sì, giacché la pazzia è stata per lei lo scampo dal suo<br />
<strong>di</strong>sperato dolore. Naturalmente non poteva scamparne, se non così, cioè credendo<br />
che non sia vero che la sua figliuola è morta e che sia lui, invece, suo genero, che<br />
non vuole più fargliela vedere.<br />
Per puro dovere <strong>di</strong> carità verso un’infelice, egli, il signor Ponza, seconda da<br />
quattro anni, a costo <strong>di</strong> molti e gravi sacrifici, questa pietosa follia: tiene, con <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>o<br />
superiore alle sue forze, due case: una per sé, una per lei; e obbliga la sua<br />
seconda moglie, che per fortuna caritatevolmente si presta volentieri, a secondare<br />
anche lei questa follia. Ma carità, dovere, ecco, fino a un certo punto: anche per<br />
la sua qualità <strong>di</strong> pubblico funzionario, il signor Ponza non può permettere che si<br />
creda <strong>di</strong> lui, in città, questa cosa crudele e inverosimile: ch’egli cioè, per gelosia o<br />
per altro, vieti a una povera madre <strong>di</strong> vedere la propria figliuola.<br />
Dichiarato questo, il signor Ponza s’inchina innanzi allo sbalor<strong>di</strong>mento delle<br />
signore, e va via. Ma questo sbalor<strong>di</strong>mento delle signore non ha neppure il tempo<br />
<strong>di</strong> scemare un po’, che rieccoti la signora Frola con la sua aria dolce <strong>di</strong> vaga malinconia<br />
a domandare scusa se, per causa sua, le buone signore si sono prese qualche<br />
spavento per la visita del signor Ponza, suo genero.<br />
E la signora Frola, con la maggior semplicità e naturalezza del mondo, <strong>di</strong>chiara<br />
a sua volta, ma in gran confidenza, per carità! poiché il signor Ponza è un pubblico<br />
funzionario, e appunto per questo ella la prima volta s’è astenuta dal <strong>di</strong>rlo, ma sì,<br />
perché questo potrebbe seriamente pregiu<strong>di</strong>carlo nella carriera; il signor Ponza,<br />
poveretto – ottimo, ottimo inappuntabile segretario alla prefettura, compìto,<br />
preciso in tutti i suoi atti, in tutti i suoi pensieri, pieno <strong>di</strong> tante buone qualità<br />
– il signor Ponza, poveretto, su quest’unico punto non… non ragiona più, ecco;<br />
il pazzo è lui, poveretto; e la sua pazzia consiste appunto in questo: nel credere<br />
che sua moglie sia morta da quattro anni e nell’andar <strong>di</strong>cendo che la pazza è lei,<br />
la signora Frola che crede ancora viva la figliuola. No, non lo fa per contestare<br />
in certo qual modo innanzi agli altri quella sua gelosia quasi maniaca e quella<br />
crudele proibizione a lei <strong>di</strong> vedere la figliuola, no; crede, crede sul serio il poveretto<br />
che sua moglie sia morta e che questa che ha con sé sia una seconda moglie.<br />
Caso pietosissimo! Perché veramente col suo troppo amore quest’uomo rischiò<br />
in prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere, d’uccidere la giovane moglietta delicatina, tanto che si<br />
dovette sottrargliela <strong>di</strong> nascosto e chiuderla a insaputa <strong>di</strong> lui in una casa <strong>di</strong> salute.<br />
Ebbene, il povero uomo, a cui già per quella frenesia d’amore s’era anche grave-<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 51
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
mente alterato il cervello, ne impazzì; credette che la moglie fosse morta davvero:<br />
e questa idea gli si fissò talmente nel cervello, che non ci fu più verso <strong>di</strong> levargliela,<br />
neppure quando, ritornata dopo circa un anno florida come prima, la moglietta<br />
gli fu ripresentata. La credette un’altra; tanto che si dovette con l’ajuto <strong>di</strong> tutti,<br />
parenti e amici, simulare un secondo matrimonio, che gli ha ridato pienamente<br />
l’equilibrio delle facoltà mentali.<br />
Ora la signora Frola crede d’aver qualche ragione <strong>di</strong> sospettare che da un pezzo<br />
suo genero sia del tutto rientrato in sé e ch’egli finga, finga soltanto <strong>di</strong> credere che<br />
sua moglie sia una seconda moglie, per tenersela così tutta per sé, senza contatto<br />
con nessuno, perché forse tuttavia <strong>di</strong> tanto in tanto gli balena la paura che <strong>di</strong> nuovo<br />
gli possa esser sottratta nascostamente. Ma sì. Come spiegare, se no, tutte le cure,<br />
le premure che ha per lei, sua suocera, se veramente egli crede che è una seconda<br />
moglie quella che ha con sé? Non dovrebbe sentire l’obbligo <strong>di</strong> tanti riguar<strong>di</strong> per<br />
una che, <strong>di</strong> fatto, non sarebbe più sua suocera, è vero? Questo, si ba<strong>di</strong>, la signora<br />
Frola lo <strong>di</strong>ce, non per <strong>di</strong>mostrare ancor meglio che il pazzo è lui; ma per provare<br />
anche a se stessa che il suo sospetto è fondato.<br />
– E intanto, « conclude con un sospiro che su le labbra le s’atteggia in un dolce<br />
mestissimo sorriso, « intanto la povera figliuola mia deve fingere <strong>di</strong> non esser lei,<br />
ma un’altra, e anch’io sono obbligata a fingermi pazza credendo che la mia figliuola<br />
sia ancora viva. Mi costa poco, grazie a Dio, perché è là, la mia figliuola, sana<br />
e piena <strong>di</strong> vita; la vedo, le parlo; ma sono condannata a non poter convivere con<br />
lei, e anche a vederla e a parlarle da lontano, perché egli possa credere, o fingere<br />
Dico, non vi sembra: P. chiama <strong>di</strong>rettamente in causa il lettore a giu<strong>di</strong>care la vicenda e a riflettere<br />
sulla <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> riconoscere la realtà: dov’è la realtà ? Il capoverso successivo serve a<br />
prevenire le possibili soluzioni che appaiono facili ed insieme fragili perché non si confrontano<br />
con l’assur<strong>di</strong>tà della vita. La signora Ponza, la donna che attualmente è la moglie dell’impiegato,<br />
in presenza <strong>di</strong> costui o della signora Frola non <strong>di</strong>rebbe mai la verità: cercherebbe, com’è<br />
naturale (ma la naturalezza è contraria alla ragionevolezza), d’accontentare l’una o l’altro. L’altra<br />
soluzione, costringerla ad un colloquio a quattr’occhi per evitare l’insi<strong>di</strong>a dei sentimenti, per<br />
farle confessare una verità ch’ella non può non sapere con certezza, è impe<strong>di</strong>ta dalla presenza<br />
d’un’altra irrazionalità, la gelosia del signor Ponza. L’irrazionalità presente nella vita <strong>di</strong> ognuno<br />
non è affatto <strong>di</strong> per sé un valore negativo, o giu<strong>di</strong>cabile come negativo: in casa Ponza non<br />
viene ammesso nessuno perché la donna non vuole correre il rischio che la signora Frola le<br />
entri in casa all’improvviso. Tal che l’isolamento è determinato da un atto <strong>di</strong> generosità. Come<br />
dalla medesima generosità è con<strong>di</strong>zionata l’assenza <strong>di</strong> una serva che avrebbe potuto costituire<br />
Tra morfologia e logica<br />
A mo’ d’esempio analizzeremo i tre capoversi<br />
del <strong>di</strong>scorso (in<strong>di</strong>retto libero) del signor Ponza<br />
alle signore <strong>di</strong> Valdana alle quali egli vuol fare una<br />
« <strong>di</strong>chiarazione doverosa ». Il primo capoverso<br />
contiene la <strong>di</strong>chiarazione: è composta da un<br />
solo periodo, a sua volta <strong>di</strong> due sole frasi <strong>di</strong> cui<br />
la reggente generica ed introduttiva: la quale è<br />
questa, la <strong>di</strong>pendente <strong>di</strong>chiarativa (in questo<br />
caso <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto).<br />
Il secondo capoverso si apre con una connessione<br />
logica anaforica che prelude alla<br />
52 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
trasformazione in <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto (<strong>di</strong>pende<br />
dall’in<strong>di</strong>catore che del periodo precedente !)<br />
del quale i perio<strong>di</strong> che lo compongono conservano<br />
molte caretteristiche: la frase è ellittica<br />
del vb (la frase nominale è tipica del <strong>di</strong>scorso<br />
<strong>di</strong>retto). Segue una coor<strong>di</strong>nata e con funzione<br />
<strong>di</strong>chiarativa, in cui appunto riporta, enfatizzandola,<br />
ad una nozione comune al parlante e<br />
all’ascoltatore. La successiva interrogativa (con<br />
l’anafora della identica parola) è un’altra costruzione<br />
nominale tanto da sembrare un’esclamativa.<br />
Tipico del linguaggio parlato è la posposizione<br />
del soggetto: tuttavia si tratta <strong>di</strong> un periodo
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
<strong>di</strong> credere che la mia figliuola, Dio liberi, è morta e che questa che ha con sé è una<br />
seconda moglie. Ma torno a <strong>di</strong>re, che importa se con questo siamo riusciti a ridare<br />
la pace a tutti e due? So che la mia figliuola è adorata, contenta; la vedo; le parlo;<br />
e mi rassegno per amore <strong>di</strong> lei e <strong>di</strong> lui a vivere così e a passare anche per pazza,<br />
signora mia, pazienza…<br />
Dico, non vi sembra che a Valdana ci sia proprio da restare a bocca aperta, a<br />
guardarci tutti negli occhi, come insensati? A chi credere dei due? Chi è il pazzo?<br />
Dov’è la realtà? dove il fantasma?<br />
Lo potrebbe <strong>di</strong>re la moglie del signor Ponza. Ma non c’è da fidarsi se, davanti<br />
a lui, costei <strong>di</strong>ce d’esser seconda moglie; come non c’è da fidarsi se, davanti alla<br />
signora Frola, conferma d’esserne la figliuola. Si dovrebbe prenderla a parte e farle<br />
<strong>di</strong>re a quattr’occhi la verità. Non è possibile. Il signor Ponza – sia o no lui il pazzo<br />
– è realmente gelosissimo e non lascia vedere la moglie a nessuno. La tiene lassù,<br />
un collegamento tra casa Ponza ed il mondo esterno. Resta che le motivazioni emozionali,<br />
sentimentali, mentre possono sod<strong>di</strong>sfare (e sod<strong>di</strong>sfano) il bisogno <strong>di</strong> risalire alla cause, non<br />
sod<strong>di</strong>sfano al bisogno <strong>di</strong> razionalità e dunque <strong>di</strong> conoscenza: tant’è che il prefetto s’accontenta<br />
delle spiegazioni del signor Ponza, mentre le signore <strong>di</strong> Valdana traggono una valutazione, sia<br />
pur solo genericamente, negativa. Ma dall’aspetto e dalla condotta: cioè la loro valutazione<br />
non ha fondamento sulla conoscenza dei fatti, ma su impressioni.<br />
A destabilizzare la società <strong>di</strong> Valdana ed il lettore – che dalla stranezza della situazione e dalle<br />
accuse reciproche <strong>di</strong> follia dedurrebbero rapporti burrascosi tra i due protagonisti – sopraggiunge<br />
la tenerezza che si manifesta quoti<strong>di</strong>anamente nelle azioni dei due. Non esiste nessuna<br />
conseguenzialità tra premesse ed esiti: le accuse reciproche, l’aspetto <strong>di</strong> Ponza e tutto il resto<br />
portano alla concretizzazione <strong>di</strong> una gran<strong>di</strong>ssima cor<strong>di</strong>alità tra i due: è che la vita è irrazionale.<br />
lungo, composto da frasi coor<strong>di</strong>nate dalla e, che<br />
assume qui funzione consecutiva; la locuzione<br />
per fortuna (simile a giustamente, opportunamente<br />
e simili) è, insieme, sintesi e giu<strong>di</strong>zio della<br />
consecutiva, sua valutazione positiva, ad essa<br />
fortemente coerente. Essa funziona anche da<br />
frase principale ellittica del vb, in cui l’anafora<br />
(dove la parola identica costituisce un cogente<br />
legame) impazzita fa da pre<strong>di</strong>cato nominale,<br />
dalla quale <strong>di</strong>pende un’ulteriore <strong>di</strong>chiarativa,<br />
giacché, che spiega la reggente per fortuna. Il<br />
connettivo logico (conclusivo) naturalmente<br />
chiude la serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiarative provando come<br />
veritiera quella che era stata presentata come<br />
« <strong>di</strong>chiarazione doverosa »: la pazzia è, per la<br />
signora Frola, rifugio dal dolore. In conclusione<br />
il signor Ponza adotta una sintassi morfologica<br />
e logica che rende il suo <strong>di</strong>scorso fortemente<br />
coeso e congruente. Si ba<strong>di</strong>, questa coerenza<br />
logica non fa chiarezza nella vicenda narrata: la<br />
signora Frola <strong>di</strong> qui a poco la <strong>di</strong>mostrerà falsa:<br />
non solo perché la <strong>di</strong>rà ’falsa’, ma soprattutto<br />
perché ella attribuirà al genero una condotta del<br />
tutto emotiva: non ragiona più, gelosia maniaca,<br />
crede... morta, troppo amore, gravemente alterato<br />
il cervello. Allora, tanto più serratamente<br />
logica sarà stata l’argomentazione cui ricorre il<br />
personaggio, tanto più apparirà risibile ed inutile<br />
il suo sforzo: è che per P. la razionalità non è più<br />
in grado <strong>di</strong> deco<strong>di</strong>ficare la realtà.<br />
Egli, il signor Ponza, è il deittico che segna la<br />
ripresa della modalità in<strong>di</strong>retta del <strong>di</strong>scorso, o<br />
meglio, che – nelle varietà <strong>di</strong>scorsivonarrative<br />
adottate – mentre annuncia il passaggio dell’oggetto<br />
logico dell’argomentazione dalla signora<br />
Frola al signor Ponza, appunto, reintroduce il<br />
<strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto. Questo porta in primo piano il<br />
testimonenarratore (espressione della società<br />
<strong>di</strong> Valdana) che, parafrasando il <strong>di</strong>scorso del<br />
vero locutore, fa proprie le sue parole. Narrativamente,<br />
insomma, la società, rappresentata<br />
dal narratore, ne con<strong>di</strong>vide le idee. Non a caso<br />
in questa parte <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto trovano<br />
spazio frasi che presentandosi come <strong>di</strong>chiarative,<br />
<strong>di</strong> fatto sono amplificazioni enfatiche<br />
delle affermazioni da cui <strong>di</strong>pendono. Si veda<br />
ad es.: seconda ... questa ... follia (reggente,<br />
affermazione): tiene (<strong>di</strong>chiarativa), con <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>o<br />
superiore alle sue forze (enfasi e <strong>di</strong>gressione),<br />
due case: una per sé, una per lei (enfasi). E si vedano<br />
gli enfatici: per fortuna, caritatevolmente,<br />
volentieri, anche lei. Ed infine il rafforzamento<br />
costituito da: ch’egli, cioè, per gelosia o per<br />
altro, vieti ...<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 53
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
come in prigione, sotto chiave; e questo fatto è senza dubbio in favore della signora<br />
Frola; ma il signor Ponza <strong>di</strong>ce che è costretto a far così, e che sua moglie stessa anzi<br />
glielo impone, per paura che la signora Frola non le entri in casa all’improvviso.<br />
Può essere una scusa. Sta anche <strong>di</strong> fatto che il signor Ponza non tiene neanche<br />
una serva in casa. Dice che lo fa per risparmio, obbligato com’è a pagar l’affitto <strong>di</strong><br />
due case; e si sobbarca intanto a farsi da sé la spesa giornaliera, e la moglie, che a<br />
suo <strong>di</strong>re non è la figlia della signora Frola, si sobbarca anche lei per pietà <strong>di</strong> questa,<br />
cioè d’una povera vecchia che fu suocera <strong>di</strong> suo marito, a badare a tutte le faccende<br />
<strong>di</strong> casa, anche alle più umili, privandosi dell’ajuto <strong>di</strong> una serva. Sembra a tutti<br />
un po’ troppo. Ma è anche vero che questo stato <strong>di</strong> cose, se non con la pietà, può<br />
spiegarsi con la gelosia <strong>di</strong> lui.<br />
Intanto, il signor Prefetto <strong>di</strong> Valdana s’è contentato della <strong>di</strong>chiarazione del<br />
signor Ponza. Ma certo l’aspetto e in gran parte la condotta <strong>di</strong> costui non depongono<br />
in suo favore, almeno per le signore <strong>di</strong> Valdana più propense tutte quante<br />
a prestar fede alla signora Frola. Questa, <strong>di</strong>fatti, viene premurosa a mostrar loro<br />
le letterine affettuose che le cala giù col panierino la figliuola, e anche tant’altri<br />
privati documenti, a cui però il signor Ponza toglie ogni cre<strong>di</strong>to, <strong>di</strong>cendo che le<br />
sono stati rilasciati per confortare il pietoso inganno.<br />
Certo è questo, a ogni modo: che <strong>di</strong>mostrano tutt’e due, l’uno per l’altra, un<br />
meraviglioso spirito <strong>di</strong> sacrifizio, commoventissimo; e che ciascuno ha per la<br />
presunta pazzia dell’altro la considerazione più squisitamente pietosa. Ragionano<br />
tutt’e due a meraviglia; tanto che a Valdana non sarebbe mai venuto in mente a<br />
nessuno <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che l’uno dei due era pazzo, se non l’avessero detto loro: il signor<br />
Ponza della signora Frola, e la signora Frola del signor Ponza.<br />
La signora Frola va spesso a trovare il genero alla prefettura per aver da lui<br />
qualche consiglio, o lo aspetta all’uscita per farsi accompagnare in qualche compera:<br />
e spessissimo, dal canto suo, nelle ore libere e ogni sera il signor Ponza va a<br />
trovare la signora Frola nel quartierino mobigliato; e ogni qual volta per caso l’uno<br />
s’imbatte nell’altra per via, subito con la massima cor<strong>di</strong>alità si mettono insieme; egli<br />
le dà la destra e, se stanca, le porge il braccio, e vanno così, insieme, tra il <strong>di</strong>spetto<br />
aggrondato e lo stupore e la costernazione della gente che li stu<strong>di</strong>a, li squadra, li<br />
spia e, niente!, non riesce ancora in nessun modo a comprendere quale sia il pazzo<br />
dei due, dove sia il fantasma, dove la realtà.<br />
54 • Dalla ſcrittura alla letteratura
MASChERE NUDE<br />
COSÌ È (SE VI pARE)<br />
(1925)<br />
ATTO I<br />
SCENA QUARTA<br />
Cameriere, detti poi la Signora Frola<br />
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
Cameriere (presentandosi sulla soglia dell’uscio e annunziando) Permesso ? La signora<br />
Frola.<br />
Sirelli Oh ! Eccola qua.<br />
Agazzi Vedremo adesso se non sarà possibile, caro Lamberto !<br />
Signora Sirelli Benissimo ! Ah, sono proprio contenta !<br />
Amalia (alzandosi) La facciamo passare ?<br />
Agazzi No, ti prego, sie<strong>di</strong>. Aspetta che entri. Seduti, seduti. Bisogna star seduti. (Al<br />
cameriere) Fa’ passare.<br />
Il cameriere, via. Entrerà poco dopo la Signora Frola e tutti si alzeranno. La Signora Frola è una<br />
vecchina linda, modesta, affabilissima, con una grande tristezza negli occhi, ma attenuata da<br />
un costante dolce sorriso sulle labbra. La signora Amalia si farà avanti e le porgerà la mano.<br />
Amalia Favorisca, signora. (Tenendola per mano, farà le presentazioni): La Signora Sirelli,<br />
mia buona amica. – La signora Cini. – Mio marito. – Il signor Sirelli – La mia figliuola<br />
Dina – Mio fratello Lamberto Lau<strong>di</strong>si. – S’accomo<strong>di</strong>, signora.<br />
Il dramma presenta lo stesso caso della novella esaminata in precedenza. Naturalmente P.<br />
apporta delle variazioni. La prima è la scomparsa pressoché totale del narratoretestimone.<br />
S’è detto pressoché totale, dal momento che tra i personaggi troviamo Lamberto Lau<strong>di</strong>si, che<br />
assolve al ruolo <strong>di</strong> chi conosce la contrad<strong>di</strong>ttorietà della vita e si colloca in opposizione a quanti<br />
pretendono – dagli altri più che da sé stessi – comportamenti coerenti e razionali, o almeno<br />
coerenti a supposte leggi naturali o sociali. Sì che Lamberto Lau<strong>di</strong>si finisce per coincidere con<br />
il testimone della novella nella evidenziazione della contrad<strong>di</strong>ttorietà ed irrazionalità del reale.<br />
Una seconda variante funzionale al genere teatrale è che quella che era la società in<strong>di</strong>fferienziata<br />
<strong>di</strong> Valdana <strong>di</strong>viene qui una serie <strong>di</strong> personaggi la cui appartenenza sociale ha qualche<br />
rilevanza. Agazzi (al fianco del quale sta sua moglie Amalia, della quale Lamberto è fratello)<br />
è un Consigliere, dunque personaggio istituzionale; come istituzionali sono i personaggi del<br />
Prefetto e del Commissario. La scelta operata da P. rivela l’intenzione <strong>di</strong> portare sulla scena<br />
una società borghese che si riconosce in una precisa organizzazione, con leggi sue <strong>di</strong> rispetto<br />
<strong>di</strong> norme a salvaguar<strong>di</strong>a dell’onorabilità, dei valori della famiglia e così via. Per <strong>di</strong> più Il Prefetto<br />
ed il Commissario conferiscono alla vicenda rappresentata il carattere <strong>di</strong> vera e propria inchiesta,<br />
un poco poliziesca, e dunque volta a mantenere l’or<strong>di</strong>ne ed il buon nome delle istituzioni;<br />
a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto avveniva nella novella in cui i moventi dell’inchiesta erano addebitabili<br />
ad una più pettegola curiosità (in aderenza alla cor<strong>di</strong>ale colloquialità che la caratterizzava e<br />
caratterizza tanta parte della produzione novellistica <strong>di</strong> P.).<br />
Di qui, la costatazione del fallimento d’ogni tentativo <strong>di</strong> razionalizzazione della vita e della<br />
realtà sarà imputabile anche a quel tipo d’organizzazione sociale, o – ma è lo stesso – a quella<br />
ideologia che pretende <strong>di</strong> dare alla società un or<strong>di</strong>ne, quale che esso sia, e, or<strong>di</strong>nandola, <strong>di</strong><br />
mo<strong>di</strong>ficarla.<br />
Un’altra conseguenza deriva dalla impostazione inquisitoria della comme<strong>di</strong>a: ogni società si<br />
organizza su base burocratica: se la curiosità paesana può non concepire l’idea <strong>di</strong> verificare<br />
all’anagrafe la verità della cosa (perché non ha gli strumenti né l’investitura adatti), un prefetto<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 55
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
Signora Frola Sono dolente e chiedo scusa d’aver mancato fino ad oggi al mio dovere.<br />
– Lei, signora, con tanta degnazione mi ha onorata d’una visita, quando toccava a<br />
me <strong>di</strong> venire per la prima.<br />
Amalia Tra vicine, signora, non si bada a chi tocchi prima. Tanto più che lei, stando<br />
qui, sola, forestiera, chi sa, poteva avere bisogno…<br />
Signora Frola Grazie, grazie… troppo buona…<br />
Signora Sirelli La signora è sola in paese ?<br />
Signora Frola No, ho una figlia maritata: venuta anche lei, che è poco, qui.<br />
Sirelli Il genero della signora è il nuovo segretario della Prefettura: il signor Ponza, è<br />
vero ?<br />
Signora Frola Appunto, sì. E il signor Consigliere vorrà scusarmi, spero, e scusare<br />
anche mio genero.<br />
Agazzi Per <strong>di</strong>re la verità, signora, io mi sono avuto un po’ a male –<br />
Signora Frola (interrompendolo) – ha ragione, ha ragione ! Ma lei deve scusarlo !<br />
Siamo rimasti, creda, così scombussolati dalla nostra <strong>di</strong>sgrazia.<br />
Amalia Ah, già ! loro ebbero quel gran <strong>di</strong>sastro !<br />
Signora Sirelli Perdettero parenti ?<br />
Signora Frola Oh, tutti… – Tutti, signora mia. Del nostro paesello non c’è quasi più<br />
traccia: è rimasto lì tra le campagne, come un mucchio <strong>di</strong> rovine; abban-donate.<br />
e un commissario, invece, non possono non avere il dovere <strong>di</strong> percorrere le vie istituzionali per<br />
salvaguardare l’istituzione della quale alla fin fine sono i custo<strong>di</strong> ed i garanti. P. introduce così<br />
la storia del terremoto che avrebbe fatto scomparire tutti i documenti e, dunque, la possibilità<br />
<strong>di</strong> una verifica. Il terremoto, tuttavia, rende ancor più incomprensibile il comportamento del<br />
Ponza che, avendo perso tutta la sua famiglia sembra non essere interessato a ristabilire<br />
intorno a sé la trama <strong>di</strong> affetti. Conta che l’esigenza <strong>di</strong> dare una spiegazione accettabile al<br />
comportamento dei personaggi comporti nel <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> P. un incremento della irragionevolezza<br />
e della innaturalità <strong>di</strong> Ponza e <strong>di</strong> Frola.<br />
Un’ultima variante va qui sottolineata: l’arricchimento delle sfumature psicologiche dei personaggi,<br />
e soprattutto dei protagonisti. Tal che mentre il centro della novella era una vicenda<br />
familiare assurda; il centro del dramma sono gli in<strong>di</strong>vidui che vivono una vicenda assurda. Allo<br />
scopo P. si serve non solo dell’espressione <strong>di</strong>retta, <strong>di</strong>alogica, del dolore vissuto dai personaggi,<br />
bensì anche delle <strong>di</strong>dascalie che introdusse, numerose, nell’e<strong>di</strong>zione del 1925. Queste, che<br />
noi inten<strong>di</strong>amo come in<strong>di</strong>cazioni agli attori per un’esatta resa scenica dei personaggi, fanno<br />
parte integrante – e in Così è (se vi pare) in particolar modo – del <strong>di</strong>alogo tanto da suggerire<br />
l’impressione che non alle scene sia destinato il lavoro ma alla lettura. Per vero P. già da qualche<br />
anno aveva avvertito una forte sperequazione tra l’intenzione dell’autore e l’interpretazione degli<br />
attori: quegli mira all’arte, costoro al guadagno ed al successo. È che il teatro ha un destino<br />
’inovviabile’ che consiste nel fatto che l’autore produce una forma in qualche modo perfetta,<br />
l’attore <strong>di</strong> tale forma fa materia, per poi produrre una sua forma. L’unica possibilità <strong>di</strong> superare<br />
questa contrad<strong>di</strong>zione è che l’attore interpreti fedelissimamente la volontà dell’autore, che<br />
egli s’annulli completamente: cosa naturalmente impossibile, ché l’attore ha col pubblico un<br />
rapporto, anche economico, cui non può rinunciare.<br />
I mo<strong>di</strong> del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto<br />
Naturalmente, trasportata in teatro, la novella<br />
doveva perdere gran parte (non del tutto perché<br />
alcuni personaggi riferiscono parole <strong>di</strong> altri) del<br />
<strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto. Del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto il <strong>di</strong>alogo<br />
pirandelliano adopera largamente la ellissi<br />
del vb, l’anafora, l’enfasi, l’amplificazione,<br />
l’esclamazione. Il periodo è generalmente<br />
breve, spesso <strong>di</strong> una sola frase; come brevi<br />
sono i capoversi, o meglio le battute.<br />
56 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Nel linguaggio della signora Frola prevalgono il<br />
congiuntivo, spesso esortativo, talora ottativo,<br />
ed il con<strong>di</strong>zionale: segno sempre dell’ossequio<br />
che l’anziana donna porta ai rappresentanti<br />
<strong>di</strong> più alto grado <strong>di</strong> quell’ambiente sociale. In<br />
quello del signor Ponza è preferito il futuro suppositivo:<br />
Commendatore comprenderà, che ha<br />
connotazione più <strong>di</strong> rispetto che <strong>di</strong> ossequio.<br />
Più raziocinante il signor Ponza si <strong>di</strong>stende in<br />
battute più ampie ed articolate.
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
Sirelli Già ! s’è saputo !<br />
Signora Frola Io non avevo più che una sorella, con una figliuola anche lei, ma nubile.<br />
Per il mio povero genero la sciagura fu assai più grave. La madre, due fratelli, una<br />
sorella, e poi cognato, cognate, due nipotini.<br />
Sirelli Un’ecatombe !<br />
Signora Frola E sono sciagure per tutta la vita ! Si resta come stor<strong>di</strong>ti !<br />
Amalia Oh certo !<br />
Signora Sirelli Da un momento all’altro ! C’è da impazzire !<br />
Signora Frola Non si pensa più a nulla. Si manca senza volerlo, signor Consigliere.<br />
Agazzi Oh basta, prego, signora.<br />
Amalia Anche in considerazione <strong>di</strong> questa sciagura, io e la mia figliuola eravamo<br />
venute per le prime.<br />
Signora Sirelli ( friggendo) Già ! sapendo così sola la signora ! – Benché mi perdoni,<br />
signora, se oso do-mandarle come va che, avendo qua la figliuola, dopo una sciagura<br />
come questa, che… (peritosa, dopo aver filato così bene) mi sembra… dovrebbe far<br />
nascere nei superstiti il bisogno <strong>di</strong> star tutti uniti –<br />
Signora Frola (seguitando lei, per toglierla d’imbarazzo) – io me ne stia così sola, è<br />
vero ?<br />
Sirelli Già, ecco, pare strano, per essere sinceri.<br />
Signora Frola (dolente) Eh, lo capisco. (Poi, come per tentare una via <strong>di</strong> scampo) Ma…<br />
sa, son <strong>di</strong> parere che, quando un figliuolo o una figliuola sposano, si debbano lasciare<br />
a se stessi, a farsi la loro vita, ecco.<br />
Lau<strong>di</strong>si Benissimo ! Giustissimo ! Che dev’essere per forza un’altra, nelle nuove relazioni<br />
con la moglie o col marito.<br />
Signora Sirelli Ma non fino al punto, scusi Lau<strong>di</strong>si, da escludere dalla propria vita<br />
quella della madre !<br />
Lau<strong>di</strong>si Chi ha detto escludere ? Si parla adesso – se ho inteso bene – d’una madre che<br />
comprende che la figliuola non può e non deve rimanere legata a lei come prima,<br />
avendo ora un’altra vita per sé.<br />
Signora Frola (con viva riconoscenza) Ecco, è proprio così, signore ! Grazie ! Ho voluto<br />
proprio <strong>di</strong>r questo !<br />
Signora Cini Ma la sua figliuola, m’immagino, verrà, verrà qui spesso a tenerle compagnia.<br />
Signora Frola (tra le spine) Già… sì… ci ve<strong>di</strong>amo, certo…<br />
Sirelli (subito) Non esce mai <strong>di</strong> casa, però, la sua figliuola ! Almeno, nessuno l’ha mai<br />
veduta !<br />
Signora Cini Avrà forse da badare ai figliuoli !<br />
Signora Frola (subito) No, nessun figliuolo, ancora. E forse, ormai, non ne avrà più. È<br />
sposata già da sette anni. Ha da fare, in casa, certo. – Ma non è per questo. (Sorriderà,<br />
dolente; e soggiungerà per tentare un’altra via <strong>di</strong> scampo:) Noi sa – noi donne – siamo<br />
abituate, nei piccoli paesi, a star sempre in casa.<br />
Agazzi Anche quando ci sia la mamma da andare a vedere ? la mamma che non sta<br />
più con noi ?<br />
Amalia Ma la signora andrà lei a vedere la figliuola !<br />
Signora Frola (subito).Ah, certo ! Come no ? Una o due volte al giorno ci vado !<br />
Sirelli E sale, una, due volte al giorno, tutte quelle scale, fino all’ultimo piano <strong>di</strong> quel<br />
casone ?<br />
Signora Frola (smorendo, tentando ancora <strong>di</strong> volgere in riso il supplizio <strong>di</strong> quest’interrogatorio)<br />
Eh, no; non salgo, veramente. Ha ragione, signore: sarebbero troppe per<br />
me. Non salgo. La mia figliuola s’affaccia dalla parte del cortile e… e ci ve<strong>di</strong>amo, ci<br />
parliamo.<br />
Signora Sirelli Così soltanto ? Oh ! Non la vede mai da vicino ?<br />
Dina (cingendo col braccio il collo della madre) Io figlia, non pretenderei che mia madre<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 57
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
salisse per me ogni giorno novanta, cento scalini; ma non potrei contentarmi <strong>di</strong><br />
vederla, <strong>di</strong> parlarle da lontano, senza abbracciarla, senza sentirmela vicina.<br />
Signora Frola (vivamente turbata, imbarazzata) Ha ragione ! Eh sì, ecco, bisogna che io<br />
<strong>di</strong>ca. – Non vorrei che loro pensassero della mia figliuola quello che non è; che abbia per<br />
me poco affetto, poca considerazione. E anche <strong>di</strong> me che sono la mamma… Novanta,<br />
cento scalini non possono essere impe<strong>di</strong>mento a una madre, sia pur vecchia e stanca,<br />
quando poi abbia lassù il premio <strong>di</strong> potersi stringere al cuore la propria figliuola.<br />
Signora Sirelli (trionfante) Ah, ecco ! Lo <strong>di</strong>cevamo noi, signora ! Ci dev’essere una<br />
ragione !<br />
Amalia (con intenzione) C’è, ve<strong>di</strong>, Lamberto ? c’è una ragione !<br />
Sirelli (pronto) Suo genero, eh ?<br />
Signora Frola Oh, ma per carità, non pensino male <strong>di</strong> lui ! È un così bravo giovine !<br />
Lor signori non possono immaginare quanto sia buono ! Che affetto tenero e delicato,<br />
pieno <strong>di</strong> premure, abbia per me ! E non <strong>di</strong>co l’amore e le cure che ha per la mia figliuola.<br />
Ah, credano, che non avrei potuto desiderare per lei un marito migliore !<br />
Signora Sirelli Ma… allora ?<br />
Signora Cini Non sarà lui, allora, la ragione !<br />
Agazzi Ma certo ! Non mi sembra almeno possibile ch’egli proibisca alla moglie <strong>di</strong><br />
andare a trovar la madre, o alla madre <strong>di</strong> salire in casa per stare un po’ insieme con<br />
la figliuola !<br />
Signora Frola Proibire, no ! Io non ho detto che sia lui a proibircelo ! Siamo noi,<br />
signor Consigliere, io e mia figlia: ce ne asteniamo noi, spontaneamente, creda, per<br />
un riguardo a lui.<br />
Agazzi E come, scusi, <strong>di</strong> che potrebbe offendersi lui ? Non vedo !<br />
Signora Frola Non offendersi, signor Consigliere. – È un sentimento – un sentimento,<br />
signore mie, <strong>di</strong>fficile forse a intendere. Quando si sia inteso, però, non più <strong>di</strong>fficile<br />
– credano – a compatire; quantunque importi senza dubbio un sacrifizio non lieve,<br />
tanto a me, quanto alla mia figliuola.<br />
Agazzi Riconoscerà che almeno è strano, tutto questo che lei ci <strong>di</strong>ce, signora.<br />
Sirelli Già, e tale da suscitare e legittimare la curiosità.<br />
Agazzi Anche, <strong>di</strong>ciamo, qualche sospetto.<br />
Signora Frola Contro <strong>di</strong> lui ? No, per carità, non <strong>di</strong>ca ! Che sospetto, signor Consigliere<br />
?<br />
Agazzi Nessuno ! Non si turbi. Dico che si potrebbe sospettare.<br />
Signora Frola No, no ! E <strong>di</strong> che ? Se il nostro accordo è perfetto ! Siamo contente,<br />
contentissime, tanto io, quanto la mia figliuola.<br />
Signora Sirelli Ma è gelosia forse ?<br />
Signora Frola Per la madre ? Gelosia ? Non credo che si possa chiamare così, benché,<br />
non saprei veramente. – Ecco: egli vuole il cuore della moglie tutto per sé, fino al punto<br />
che anche l’amore che la mia figliuola deve avere per la sua mamma (e l’ammette,<br />
come no ? altro !) ma vuole che mi arrivi attraverso lui, per mezzo <strong>di</strong> lui, ecco !<br />
Agazzi Oh ! Ma scusi ! Mi sembra una crudeltà bella e buona, codesta !<br />
Signora Frola No, no, non crudeltà ! non <strong>di</strong>ca crudeltà, signor Consigliere ! È un’altra<br />
cosa, creda ! Non riesco a esprimermi… – Natura, ecco. Ma no… Forse, oh Dio<br />
mio, sarà magari una specie <strong>di</strong> malattia, se vogliono. È come una pienezza <strong>di</strong> amore<br />
– chiusa – ecco, sì, esclusiva; nella quale la moglie deve vivere, senza mai uscirne, e<br />
nella quale nessun altro deve entrare.<br />
Dina Neppure la madre ?<br />
Sirelli Un bell’egoismo, <strong>di</strong>rei !<br />
Signora Frola Forse. Ma un egoismo che si dà tutto, come un mondo, alla propria<br />
donna ! Egoismo, in fondo, sarebbe forse il mio, se volessi forzare questo mondo<br />
chiuso d’amore, quando so che la mia figliuola ci vive felice; così adorata ! – Questo,<br />
a una madre, signore mie, deve bastare, non è vero ? – Del resto, se io la vedo la mia<br />
58 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
figliuola e le parlo… (Con graziosa mossa confidenziale:) Il panierino che vado a tirare<br />
là nel cortile, porta su e giù, sempre, due paroline <strong>di</strong> lettera, con le notizie della giornata.<br />
– Mi basta questo. – E ormai già mi sono abituata; rassegnata, là, se vogliono !<br />
Non ne soffro più.<br />
Amalia Eh, dopo tutto, se son contente loro !<br />
Signora Frola (alzandosi) Oh, sì ! gliel’ho detto. Perché è tanto buono – credano !<br />
Come non potrebbe essere <strong>di</strong> più ! – Abbiamo ognuno le nostre debolezze, e bisogna<br />
che ce le compatiamo a vicenda. (Saluterà la signora Amalia:) Signora. (Saluterà le<br />
signore Sirelli e Cini, poi Dina; poi volgendosi al Consigliere Agazzi:) Mi avrà scusato…<br />
Agazzi Oh, signora, che <strong>di</strong>ce ! Le siamo gratissimi della visita.<br />
Signora Frola (saluterà col capo Sirelli e Lau<strong>di</strong>si, poi volgendosi alla signora Amalia) No<br />
prego… stia, stia, signora… non s’incomo<strong>di</strong>…<br />
Amalia Ma no, è mio dovere, signora.<br />
La Signora Frola uscirà accompagnata dalla signora Amalia, che rientrerà poco dopo.<br />
Sirelli Ma che ! ma che ! Vi siete contentati della spiegazione ?<br />
Agazzi Ma che spiegazione ? Qua ci deve esser sotto chi sa che mistero !<br />
Signora Sirelli E chi sa quanto deve soffrire quel povero cuore <strong>di</strong> madre !<br />
Dina Ma anche la figliuola, Dio mio !<br />
Pausa.<br />
Signora Cini (dall’angolo della stanza, dove si sarà rincantucciata per nascondere il pianto,<br />
con stridula esplosione) Le lagrime le tremavano nella voce !<br />
Amalia Già ! Quando ha detto che altro che cento scalini salirebbe, pur <strong>di</strong> stringersi<br />
al cuore la figliuola !<br />
Lau<strong>di</strong>si Io per me ho notato soprattutto uno stu<strong>di</strong>o, <strong>di</strong>co <strong>di</strong> più, un impegno <strong>di</strong> guardare<br />
da ogni sospetto il genero !<br />
Signora Sirelli Ma che ! Dio mio, se non sapeva come scusarlo !<br />
Sirelli Ma che scusare ! la violenza ? la barbarie ?<br />
SCENA QUINTA<br />
Cameriere, detti poi il Signor Ponza<br />
Cameriere (presentandosi sulla soglia) Signor Commendatore, c’è il signor Ponza che<br />
chiede d’essere ricevuto.<br />
Signora Sirelli Oh ! Lui !<br />
Sorpresa generale e movimento <strong>di</strong> curiosità ansiosa, anzi quasi sbigottimento.<br />
Scrivere il parlato<br />
Vari sono i mo<strong>di</strong> con cui il comportamento verbale<br />
si presenta nella vita e, naturalmente, nella<br />
letteratura. Il primo comportamento verbale si<br />
realizza tra due o più persone, con voce u<strong>di</strong>bile,<br />
variamente modulata, intorno ad un argomento,<br />
o partendo da un argomento. Perché si attui sono<br />
necessarie alcune con<strong>di</strong>zioni: la prima è che<br />
l’ascoltatore con<strong>di</strong>vida con il parlante non solo,<br />
ovviamente, la lingua, ma il livello qualitativo della<br />
lingua (colto, informale, gergale, e così via), ed il<br />
livello semantico (scientifico, letterario, evenenziale,<br />
generico e così via); è altresì necessario<br />
che tra chi parla e chi interloquisce si stabilisca<br />
o un’adesione o un’opposizione: insomma, si<br />
stabilisca o una con<strong>di</strong>visione delle idee o una loro<br />
contestazione. Dall’infinita varietà dei gra<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
con<strong>di</strong>visione dell’uno e dell’altra deriva l’infinita<br />
varietà dei tipi <strong>di</strong> comunicazione interpersonale.<br />
In questa grande varietà <strong>di</strong> forme <strong>di</strong>stingueremo<br />
due tipi fondamentali: lo scambio verbale<br />
tra due persone, e quello tra più persone; nel<br />
primo caso avremo il <strong>di</strong>alogo, nel secondo la<br />
conversazione. Il <strong>di</strong>alogo ha due modalità<br />
fondamentali: il così detto botta e risposta (il<br />
cui nome tecnico è sticomitia) ed il <strong>di</strong>alogo vero<br />
e proprio. Il primo è caratterizzato da battute<br />
brevi, anche semplici asserzioni o negazioni, la<br />
con<strong>di</strong>visione/opposizione è più rilevata. Questo<br />
non vuol <strong>di</strong>re che non possano essere trattati<br />
argomenti <strong>di</strong> rilievo (si pensi a: «Dio esiste ?»;<br />
«Ne parla tutto l’universo»; «L’universo è caos»,<br />
«Anche nel caos vigono leggi ferree », e<br />
così via). Caratterizzano la botta e risposta la<br />
velocità e il ritmo: per questo abbonderanno le<br />
ellissi del vb, del soggetto, dell’oggetto ecc.,<br />
le esclamazioni, le allusioni, le sospensioni.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 59
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
Agazzi Ricevuto da me ?<br />
Cameriere Sissignore. Ha detto così.<br />
Signora Sirelli Per carità, lo riceva qua, Commendatore ! – Ho quasi paura; ma una<br />
grande curiosità <strong>di</strong> vederlo da vicino, questo mostro !<br />
Amalia Ma che vorrà ?<br />
Agazzi Sentiremo. Sedete, sedete. Bisogna star seduti. Al cameriere Fallo passare.<br />
Il cameriere s’inchinerà e andrà via. Entrerà poco dopo il signor Ponza. Tozzo, bruno, dall’aspetto<br />
quasi truce, tutto vestito <strong>di</strong> nero, capelli neri, fitti, fronte bassa, grossi baffi neri.<br />
Stringerà continuamente le pugna e parlerà con sforzo, anzi con violenza a stento contenuta.<br />
Di tratto in tratto si asciugherà il sudore con un fazzoletto listato <strong>di</strong> nero. Gli occhi, parlando,<br />
gli resteranno costantemente duri, fissi, tetri.<br />
Agazzi Venga, venga avanti, signor Ponza ! Presentandolo: Il nuovo segretario signor<br />
Ponza: la mia signora – la signora Sirelli – la signora Cini – la mia figliuola – il signor<br />
Sirelli – Lau<strong>di</strong>si mio cognato. – S’accomo<strong>di</strong>.<br />
Ponza Grazie. Un momento solo e tolgo l’incomodo.<br />
Agazzi Vuol parlare a parte con me ?<br />
Ponza No, posso… posso anche davanti a tutti. Anzi… È… è una <strong>di</strong>chiarazione doverosa,<br />
da parte mia.<br />
Agazzi Dice per la visita della sua signora suocera ? Può farne a meno; perché –<br />
Ponza – non per questo, signor Commendatore. Tengo anzi a far sapere che la signora<br />
Frola, mia suocera, sarebbe venuta senza dubbio prima che la sua signora e la signorina<br />
avessero la bontà <strong>di</strong> degnarla d’una loro visita, se io non avessi fatto <strong>di</strong> tutto per<br />
impe<strong>di</strong>rglielo, non potendo permettere che ella faccia visite o ne riceva.<br />
Agazzi (con fiero risentimento) Ma perché, scusi ?<br />
Ponza (alterandosi sempre più, nonostante gli sforzi per contenersi) Mia suocera avrà<br />
parlato a lor signori della sua figliuola; avrà detto che io le proibisco <strong>di</strong> vederla, <strong>di</strong><br />
salire in casa mia ?<br />
Amalia Ma no ! La signora è stata piena <strong>di</strong> riguardo e <strong>di</strong> bontà per lei !<br />
Dina Non ha detto <strong>di</strong> lei altro che bene !<br />
Agazzi E che s’astiene lei, <strong>di</strong> salire in casa dalla figliuola, per un riguardo a un suo<br />
sentimento, che noi francamente le <strong>di</strong>ciamo <strong>di</strong> non comprendere.<br />
Ben tollerata (tollerata !) è la breve espressione<br />
<strong>di</strong>alettale o gergale.<br />
Nel <strong>di</strong>alogo vero e proprio la con<strong>di</strong>visione / opposizione<br />
s’arricchisce <strong>di</strong> sfumature e <strong>di</strong> mezzi<br />
toni, l’argomentazione tende ad enunciare cause<br />
e moventi. Tuttavia, la sintassi resta semplice,<br />
la grammatica facile; tanto che sono tollerabili<br />
taluni errori come l’anacoluto, la non concordanza<br />
soggettovb, una debole consecutio<br />
temporum, la sostituzione del congiuntivo<br />
con l’imperfetto. Sono tollerabili, s’è detto, non<br />
prescrittive: ché tanto nel parlato reale, quanto<br />
nella sua trascrizione è assolutamente preferibile<br />
non cadere in errori. Pirandello, anche quando,<br />
rarissimamente, adopera una cadenza <strong>di</strong>alettale,<br />
non indulge mai a mettere sulla bocca dei<br />
suoi personaggi la benché minima imprecisione<br />
sintattica.<br />
Se gli interlocutori sono più <strong>di</strong> due parleremo <strong>di</strong><br />
conversazione, la cui caratteristica principale<br />
è quella <strong>di</strong> proporre un’argomentazione – che<br />
nella sticomitia e nel <strong>di</strong>alogo è <strong>di</strong> norma assai<br />
ben in<strong>di</strong>viduata e ad<strong>di</strong>rittura unica (insomma si<br />
60 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
parla d’un solo argomento) – più varia ed involuta.<br />
I vari personaggi che partecipano apportano<br />
il loro contributo, non sempre però conseguenzialmente<br />
a quanto s’è detto e si sta <strong>di</strong>cendo, a<br />
meno che non ci rifacciamo ai <strong>di</strong>aloghi platonici<br />
come il Fedro, o il Convito, o ciceroniani, e a<br />
quelli quattrocinquecenteschi, come gli Asolani<br />
<strong>di</strong> Pietro Bembo e Il Cortegiano <strong>di</strong> Baltasar<br />
Castiglione. Nella conversazione gli interlocutori<br />
fraintendono, portano le loro esperienze <strong>di</strong> vita<br />
e <strong>di</strong> pensiero (non sempre imme<strong>di</strong>atamente<br />
attinenti all’argomento e frammischiata ad altri<br />
inten<strong>di</strong>menti), talora non sentono ad<strong>di</strong>rittura,<br />
stabiliscono rapporti psicologici complessi o<br />
alternativi (si può assecondare un’idea solo<br />
per compiacere o per il gusto <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>re<br />
chi la sostiene): perciò la conversazione risulta<br />
più sfrangiata, piena <strong>di</strong> ripetizioni e <strong>di</strong> interventi<br />
sostenuti dal carattere <strong>di</strong> ciascun interlocutore,<br />
come fanno appunto, in Così è (se vi pare),<br />
Agazzi, Lau<strong>di</strong>si, Dina, oltre, naturalmente, ai<br />
protagonisti.
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
Signora Sirelli Anzi, se dovessimo <strong>di</strong>re proprio ciò che ne pensiamo…<br />
Agazzi Ma sì, ci è parsa una crudeltà, ecco ! una vera crudeltà !<br />
Ponza Sono qua appunto per chiarir questo, signor Commendatore. La con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />
questa donna è pietosissima. Ma non meno pietosa è la mia, anche per il fatto che mi<br />
obbliga a scusarmi, a dar loro conto e ragione d’una sventura, che soltanto… soltanto<br />
una violenza come questa poteva costringermi a svelare. Si fermerà un momento a<br />
guardare tutti, poi <strong>di</strong>rà lento e staccato: La Signora Frola è pazza.<br />
Tutti (con un sussulto) Pazza ?<br />
Ponza Da quattro anni.<br />
Signora Sirelli (con un grido) Oh Dio, ma non pare affatto !<br />
Agazzi (stor<strong>di</strong>to) Come, pazza ?<br />
Ponza Non pare, ma è pazza. E la sua pazzia consiste appunto nel credere che io non<br />
voglia farle vedere la figliuola. Con orgasmo d’atroce e quasi feroce commozione: Quale<br />
figliuola, in nome <strong>di</strong> Dio, se è morta da quattro anni la sua figliuola ?<br />
Tutti (trasecolati) Morta ? – Oh !… – Come ? – Morta ?<br />
Ponza Da quattro anni. È impazzita proprio per questo.<br />
Sirelli Ma dunque, quella che lei ha con sé ? –<br />
Ponza – l’ho sposata da due anni: è la mia seconda moglie.<br />
Amalia E la signora crede che sia ancora la sua figliuola ?<br />
Ponza È stata la sua fortuna, se così può <strong>di</strong>rsi. Mi vide passare per via con questa mia<br />
seconda moglie, dalla finestra della stanza dove la tenevano custo<strong>di</strong>ta; credette <strong>di</strong><br />
rivedere in lei, viva, la sua figliuola; e si mise a ridere, e tremar tutta; si sollevò d’un<br />
tratto dalla tetra <strong>di</strong>sperazione in cui era caduta, per ritrovarsi in quest’altra follia,<br />
dapprima esultante, beata, poi a mano a mano più calma, ma angustiata così, in una<br />
rassegnazione a cui s’è piegata da sé; e tuttavia contenta, come han potuto vedere.<br />
S’ostina a credere che non è vero che sua figlia sia morta, ma che io voglia tenermela<br />
tutta per me, senza fargliela più vedere. È come guarita. Tanto che, a sentirla parlare,<br />
non sembra più pazza affatto.<br />
Amalia Affatto ! Affatto !<br />
Un tipo peculiare <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo è quello nel quale<br />
il parlante si rivolge esplicitamente ad un<br />
ascoltatore che tace del tutto o al più si limita<br />
ad interventi marginali. Si ha in tal caso il monologo.<br />
La presenza dell’ascoltatore bisogna<br />
sia rilevabile nell’interno dell’argomentazione:<br />
insomma l’ascoltatore svolge un silenzioso, ma<br />
attivo ruolo nella costruzione del <strong>di</strong>scorso del<br />
parlante almeno per la presenza <strong>di</strong> un sia pur<br />
generico in<strong>di</strong>catore (tu.., voi..., il pubblico). Nella<br />
letteratura teatrale esistono opere intere scritte<br />
in forma <strong>di</strong> monologo: basti pensare, tra le opere<br />
<strong>di</strong> P., a L’uomo dal fiore in bocca (ma tantissime<br />
delle Novelle per un anno sono monologhi del<br />
narratore); famosi i monologhi <strong>di</strong> Ettore Petrolini,<br />
ed il recente Mistero buffo <strong>di</strong> Dario Fo. Il<br />
monologo può costituire una parte, più o meno<br />
limitata <strong>di</strong> un dramma, <strong>di</strong> una comme<strong>di</strong>a, <strong>di</strong> una<br />
trage<strong>di</strong>a: si pensi al monologo dell’Amleto. In tal<br />
caso esso sembra sospendere l’azione scenica<br />
(s’è detto che non è una forma esclusivamente<br />
teatrale, ma si ritrova in ogni tipo <strong>di</strong> scrittura)<br />
e rappresenta un momento <strong>di</strong> riflessione sul<br />
personaggio parlante, o sull’azione che si sta<br />
svolgendo, tal che il monologo è facilmente<br />
in<strong>di</strong>viduabile all’interno del dramma.<br />
Prima <strong>di</strong> passare ad esporre sommariamente<br />
l’evoluzione del monologo, desideriamo analizzare<br />
il soliloquio, che rispetto al precedente<br />
si caratterizza per la sostanziale assenza del<br />
referente esterno: il parlante si rivolge a sé<br />
stesso epperciò è più libero dalla necessità <strong>di</strong><br />
mantenere la coerenza argomentativa, <strong>di</strong> farsi<br />
capire dall’interlocutore. Naturalmente non<br />
sono caratteristiche obbligatorie: tuttavia nel<br />
soliloquio prevale l’aspetto lirico, irrazionale, è<br />
una lunga eslamazione che non vuole persuadere<br />
nessuno e, alla fin fine, che non s’aspetta<br />
d’essere con<strong>di</strong>viso da nessuno.<br />
Proprio per queste caratteristiche il soliloquio<br />
ha trovato terreno fertile nell’<strong>analisi</strong> psicologica<br />
e con la scoperta dell’inconscio. Esso ha fortemente<br />
caratterizzato tanta parte del romanzo<br />
moderno,a partire dall’Ulisse <strong>di</strong> James Joyce nel<br />
quale il personaggio parla <strong>di</strong> sé senza l’esplicito<br />
intervento del narratore: è il flusso <strong>di</strong> coscienza,<br />
o monologo interiore che in Italia troverà<br />
una straor<strong>di</strong>naria utilizzazione nella Coscienza<br />
<strong>di</strong> Zeno <strong>di</strong> Italo Svevo.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 61
Analisi Tecnica. Pirandeo<br />
Signora Sirelli Eh sì, <strong>di</strong>ce proprio che è contenta così.<br />
Ponza Lo <strong>di</strong>ce a tutti. E ha per me veramente affetto e gratitu<strong>di</strong>ne. Perché io cerco<br />
d’assecondarla quanto più posso, anche a costo <strong>di</strong> gravi sacrifizii. Mi tocca tener due<br />
case. Obbligo mia moglie, che per fortuna si presta caritatevolmente, a raffermarla <strong>di</strong><br />
continuo in quella illusione: che sia sua figlia. S’affaccia alla finestra, le parla, le scrive.<br />
Ma, carità, ecco, dovere, fino a un certo punto, signori ! Non posso costringere mia<br />
moglie a convivere con lei. E intanto è come in carcere, quella <strong>di</strong>sgraziata, chiusa a<br />
chiave, per paura che ella non le entri in casa. Sì, è tranquilla, e poi così mite d’indole;<br />
ma, capiranno, si sentirebbe raccapricciare da capo a pie<strong>di</strong>, mia moglie, alle carezze<br />
ch’ella le farebbe.<br />
Amalia (scattando, con orrore e pietà insieme). Ah, certo, povera signora, immaginiamoci<br />
!<br />
Signora Sirelli (al marito e alla signora Cini) Ah, vuole dunque lei – sentite ? – star<br />
chiusa a chiave !<br />
Ponza (per troncare) Signor Commendatore, intenderà che io non potevo lasciar fare,<br />
se non forzato, questa visita.<br />
Agazzi Ah, intendo, intendo, ora; sì sì, e mi spiego tutto.<br />
Ponza Chi ha una sventura come questa deve starsene appartato. Costretto a far venire<br />
qua mia suocera, era mio obbligo fare davanti a loro questa <strong>di</strong>chiarazione: <strong>di</strong>co, per<br />
rispetto al posto che occupo; perché a carico d’un pubblico ufficiale non si creda in<br />
paese una tale enormità: che per gelosia o per altro io impe<strong>di</strong>sca a una povera madre<br />
<strong>di</strong> veder la figliuola. Si alzerà. Chiedo scusa alle signore d’averle involontariamente<br />
turbate. S’inchinerà. Signor Commendatore ! S’inchinerà; poi, davanti a Lau<strong>di</strong>si e Sirelli<br />
chinando il capo: Signori. E andrà via per l’uscio comune.<br />
Amalia (sbalor<strong>di</strong>ta) Uh… È pazza, dunque !<br />
Signora Sirelli Povera signora ! Pazza.<br />
Dina Ecco perché ! Si crede la madre, e quella non è la sua figliuola ! Si nasconde la faccia<br />
con le mani per orrore. Oh Dio !<br />
Signora Cini Ma chi l’avrebbe mai supposto !<br />
Agazzi Eppure… eh ! dal modo come parlava –<br />
Lau<strong>di</strong>si – tu avevi già capito ?<br />
Agazzi No… ma, certo che… non sapeva lei stessa come <strong>di</strong>re !<br />
Signora Sirelli Sfido, poverina: non ragiona !<br />
Sirelli Però, scusate: è strano, per una pazza. Non ragionava, certo. Ma quel cercare<br />
<strong>di</strong> spiegarsi perché il genero non voglia farle vedere la figliuola; e scusarlo, e adattarsi<br />
alle scuse trovate da lei stessa…<br />
Agazzi Oh bella ! Appunto questa è la prova che è pazza ! In questo cercar le scuse per<br />
il genero, senza poi riuscire a trovarne una ammissibile.<br />
Amalia Eh sì ! <strong>di</strong>ceva; si <strong>di</strong>s<strong>di</strong>ceva.<br />
Agazzi (a Sirelli) E ti pare che, se non fosse pazza, potrebbe accettare queste con<strong>di</strong>zioni<br />
<strong>di</strong> non veder la figliuola se non da una finestra, con la scusa che adduce, <strong>di</strong> quel morboso<br />
amore del marito che vuol la moglie tutta per sé ?<br />
Sirelli Già ! E da pazza le accetta ? E vi si rassegna ? Mi sembra strano, mi sembra<br />
strano. A Lau<strong>di</strong>si: Tu che ne <strong>di</strong>ci ?<br />
Lau<strong>di</strong>si Io ? Niente !<br />
Dalla prosa al teatro<br />
Quello che Ponza <strong>di</strong>ce qui corrisponde pressoché<br />
alla lettera a ciò che si ritrova nella novella.<br />
L’attacco per fortuna, è identico. Più attenta è<br />
la ricostruzione della vicenda che si sostanzia<br />
<strong>di</strong> annotazioni realistiche: la stanza dove la<br />
tenevano custo<strong>di</strong>ta, si mise a ridere e tremar<br />
62 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
tutta e così via. Naturalmente, <strong>di</strong> tanto in tanto<br />
P. chiama in causa gli altri personaggi: come<br />
han potuto vedere, signori !, capiranno. E i suoi<br />
ascoltatori sulla scena sono fatti intervenire a<br />
spezzare la lunghezza della battuta, a ristabilire<br />
l’andamento <strong>di</strong>alogico che la novella non era<br />
tenuta a rispettare.
ITALO SVEVO<br />
LA COSCIENzA DI zENO<br />
da STORIa dEl MIO MaTRIMONIO<br />
Proprio quella mattina ebbi un’idea che credo m’abbia fortemente danneggiato<br />
privandomi <strong>di</strong> quel poco d’iniziativa virile che quel mio curioso stato d’adolescenza<br />
m’avrebbe concesso. Un dubbio doloroso: e se Ada m’avesse sposato solo perché<br />
indottavi dai genitori, senz’amarmi ed anzi avendo una vera avversione per me<br />
? Perché certamente tutti in quella famiglia, cioè Giovanni, la signora Malfenti,<br />
Augusta e Alberta mi volevano bene; potevo dubitare della sola Ada. Sull’orizzonte<br />
si deli neava proprio il solito romanzo popolare della giovinetta costretta<br />
dalla famiglia ad un matrimonio o<strong>di</strong>oso. Ma io non l’avrei permesso. Ecco la<br />
nuova ragione per cui dovevo parlare con Ada, anzi con la sola Ada. Non sarebbe<br />
bastato <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigerle la frase fatta che avevo preparata. Guar dandola negli occhi le<br />
avrei domandato: “Mi ami tu ?” E se essa m’avesse detto <strong>di</strong> sì, io l’avrei serrata fra<br />
le mie braccia per sentirne vibrare la sincerità.<br />
Così mi parve d’essermi preparato a tutto. Invece dovetti accor germi d’esser arrivato<br />
a quella specie d’esame <strong>di</strong>menticando <strong>di</strong> rivedere proprio quelle pagine <strong>di</strong> testo<br />
<strong>di</strong> cui mi sarebbe stato imposto <strong>di</strong> parlare.<br />
Diamo una breve sintesi del romanzo al fine <strong>di</strong> una corretta intelligenza del passo.<br />
Zeno Cosini, il protagonista, su consiglio dello psicanalista scrive la storia della sua vita<br />
attraverso gli episo<strong>di</strong> più significativi. La sua vera malattia è costituita dall’in<strong>di</strong>fferenza e dalla<br />
inettitu<strong>di</strong>ne a porre in atto le proprie aspirazioni e decisioni. Una grande luci<strong>di</strong>tà gliele rende<br />
note, questo fa sì che sia sempre <strong>di</strong>mi<strong>di</strong>ato tra l’auto<strong>analisi</strong> della sua inettitu<strong>di</strong>ne e l’incapacità,<br />
ma non volontà, <strong>di</strong> liberarsene. Risulta una scrittura fortemente ironica. Il proposito <strong>di</strong> liberarsi<br />
dal vizio del fumo apre il romanzo, con il conseguente fallimento d’ogni tentativo. La morte del<br />
padre conclude un rapporto fatto <strong>di</strong> malintesi sempre dolorosi, sino all’ultimo gesto del genitore<br />
che mal interpreta la volontà del figlio d’aiutarlo e gli dà uno schiaffo. Neppure questo dolore<br />
dura nell’animo <strong>di</strong> Zeno incapace <strong>di</strong> aderire anche a ciò che lo coinvolge; tuttavia egli ere<strong>di</strong>ta<br />
l’attività commerciale che porta avanti con sufficiente, fortunata abilità. Decide <strong>di</strong> sposarsi,<br />
perché lo fanno tutti, ed in<strong>di</strong>vidua le can<strong>di</strong>date nelle figlie <strong>di</strong> un più anziano commerciante. A<br />
quest’episo<strong>di</strong>o si riferisce il brano riportato. Egli è attratto dalla maggiore delle ragazze, Ada,<br />
che però andrà sposa a Guido Speier, aitante, spigliato giovane. Convolerà a nozze con Augusta,<br />
la meno affascinante, su cui nelle pagine riportate la madre cerca <strong>di</strong> attirare l’attenzione<br />
<strong>di</strong> Zeno, e a cui rivolgerà la proposta <strong>di</strong> matrimonio, dopo essere stato respinto dalle altre.<br />
Ad Augusta, comunque, resta legato da un affetto sincero, ma non <strong>prof</strong>ondo, sì che egli avrà<br />
un’amante, anche a questa legato superficialmente. Intanto l’impresa commerciale che egli ha<br />
costituito col cognato, rivela il carattere debole e scioperato <strong>di</strong> Guido Speier, sì che l’azienda<br />
presto cade in completa rovina. Guido, per ottenere dal suocero un ennesimo prestito, decide<br />
<strong>di</strong> fingere un suici<strong>di</strong>o; per caso sbaglia dose e muore. Zeno <strong>di</strong>menticherà <strong>di</strong> andare al suo<br />
funerale. Rimasto unico gestore dell’azienda, egli si riavvicina ad Ada. L’ultimo capitolo narra<br />
come lo psicanalista pubblichi il <strong>di</strong>ario per ven<strong>di</strong>carsi del paziente che rappresentava il suo<br />
fallimento. È che per Svevo la salute psicologica dell’intera umanità è definitivamente perduta:<br />
la sanità tornerà quando un’esplosione travolgerà il globo terrestre.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 63
Analisi Tecnica. Svevo<br />
Fui ricevuto dalla sola signora Malfenti che mi fece accomodare in un angolo<br />
del grande salotto e si mise subito a chiacchierare vivace mente impedendomi<br />
persino <strong>di</strong> domandare delle notizie delle fanciulle. Ero perciò alquanto <strong>di</strong>stratto e<br />
mi ripetevo la lezione per non <strong>di</strong>men ticarla al momento buono. Tutt’ad un tratto<br />
fui richiamato all’atten zione come da uno squillo <strong>di</strong> tromba. La signora stava elaborando<br />
un preambolo. M’assicurava dell’amicizia sua e del marito e dell’affetto<br />
<strong>di</strong> tutta la famiglia loro, compresavi la piccola Anna. Ci conoscevamo da tanto<br />
tempo. Ci eravamo visti giornalmente da quattro mesi.<br />
– Cinque ! – corressi io che ne avevo fatto il calcolo nella notte, ricordando<br />
che la mia prima visita era stata fatta d’autunno e che ora ci trovavamo in piena<br />
primavera.<br />
– Sì ! Cinque ! – <strong>di</strong>sse la signora pensandoci su come se avesse voluto rivedere il<br />
mio calcolo. Poi, con aria <strong>di</strong> rimprovero: – A me sembra che voi compromettiate<br />
Augusta.<br />
– Augusta ? – domandai io credendo <strong>di</strong> aver sentito male.<br />
– Sì ! – confermò la signora. – Voi la lusingate e la compromettete. 2<br />
Ingenuamente rivelai il mio sentimento.<br />
– Ma io l’Augusta non la vedo mai.<br />
Essa ebbe un gesto <strong>di</strong> sorpresa e (o mi parve ?) <strong>di</strong> sorpresa dolorosa.<br />
Io intanto tentavo <strong>di</strong> pensare intensamente per arrivare presto a spiegare<br />
Come si vede Zeno racconta la propria vita (è un memoriale, un <strong>di</strong>ario !), va alla ricerca delle<br />
cause della propria debolezza, scava negli episo<strong>di</strong>, nelle vicende, nei personaggi incontrati e<br />
nelle sue reazioni a petto <strong>di</strong> quelli. Insomma la propria vita, più l’interiore che quella esterna,<br />
costituisce l’oggetto della sua scrittura: essa viene organizzata, stu<strong>di</strong>ata, narrata, e narrata<br />
ad uno specifico lettore (al me<strong>di</strong>co). Da questo punto <strong>di</strong> vista la Coscienza <strong>di</strong> Zeno <strong>di</strong>fferisce<br />
poco dal romanzo tra<strong>di</strong>zionale. Certo qui narratore e personaggio coincidono a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />
quel che accadeva nel romanzo storico o verista in cui il narratore voleva apparire non coinvolto<br />
nella storia; ancora: qui non gli eventi esterni spiegano comportamenti ed emozioni, ma<br />
questi ultimi (comportamenti ed emozioni) sono la chiave <strong>di</strong> lettura <strong>di</strong> quelli (gli eventi esterni).<br />
Quello <strong>di</strong> Svevo è dunque un monologo, non interiore, ma espresso e <strong>di</strong>retto al dottore e a sé<br />
stesso, l’uno e l’altro chiamati a giu<strong>di</strong>care il personaggio, quello che fa, gli uomini e le donne<br />
che incontra, e così via. Poiché autore e personaggio coincidono, l’uno e l’altro si sentono<br />
sottoposti al giu<strong>di</strong>zio del destinatario: <strong>di</strong> qui il tentativo continuo del narratore <strong>di</strong> giustificare<br />
il personaggio: insomma, il narratore non è affidabile; epperciò La coscienza non è neppure<br />
un’autobiografia vera e propria, nella quale l’autore tende a proporsi come imparziale giu<strong>di</strong>ce<br />
e spettatore: si pensi alle opere <strong>di</strong> Giulio Cesare in cui è adottata la terza persona.<br />
Proprio perché autobiografia, benché sui generis, il monologo sveviano è costruito logicamente,<br />
gli eventi sono narrati in maniera congruente, sia pure con una scansione temporale assai<br />
elastica. Il personaggio monologante ha una tesi da <strong>di</strong>mostrare, qualcuno da persuadere: è<br />
per questo che si <strong>di</strong>fferenzia notevolmente dal flusso <strong>di</strong> coscienza inventato da James Joyce<br />
e posto in atto nell’Ulisse. Qui lo scrittore irlandese riportava il continuo <strong>di</strong>alogo che l’uomo<br />
tiene con sé stesso durante il giorno: nessun segnale in<strong>di</strong>ca il passaggio dalla descrizione <strong>di</strong><br />
un luogo, <strong>di</strong> un personaggio e così via, alla riflessione interiore dei protagonisti; né la riflessione<br />
<strong>di</strong> questi si struttura in pensiero organico: più spesso si tratta <strong>di</strong> semplici emozioni, brandelli <strong>di</strong><br />
ricor<strong>di</strong> affioranti: ogni episo<strong>di</strong>o, anzi, ha come fonte delle sensazioni e, quin<strong>di</strong>, della narrazione<br />
un’organo del corpo: il cervello il naso, lo stomaco, e così via (ogni episo<strong>di</strong>o rappresenta un<br />
canto dell’O<strong>di</strong>ssea <strong>di</strong> Omero). Diamo qui come esempio una pagina tratta dalla Seconda Parte:<br />
Mr Bloom camminava inosservato per un vialetto lungo file <strong>di</strong> angeli rattristati, croci, colonne<br />
64 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Svevo<br />
quello che mi sembrava un equivoco <strong>di</strong> cui però subito intesi l’importanza. Mi<br />
rivedevo in pensiero, visita per visita, durante quei cinque mesi, intento a spiare<br />
Ada. Avevo suonato con Augusta e, infatt i, talvolta avevo parlato piú con lei, che<br />
mi stava a sentire, che non con Ada, ma solo perché essa spiegasse ad Ada le mie<br />
storie accompagnate dalla sua approvazione. Dovevo parlare chiaramente con la<br />
signora e <strong>di</strong>rle delle mie mire su Ada ? Ma poco prima io avevo risolto <strong>di</strong> parlare<br />
con la sola Ada e d’indagarne l’animo. Forse se avessi parlato chiara mente con la<br />
signora Malfenti, le cose sarebbero andate altrimenti e cioè non potendo sposare<br />
Ada non avrei sposata neppure Augusta. Lasciandomi <strong>di</strong>rigere dalla risoluzione<br />
presa prima ch’io avessi veduta la signora Malfenti e, sentite le cose sorprendenti<br />
ch’essa m’aveva dette, tacqui.<br />
Pensavo intensamente, ma perciò con un po’ <strong>di</strong> confusione. Volevo intendere,<br />
volevo indovinare e presto. Si vedono meno bene le cose quando si spalancano<br />
troppo gli occhi. Intravvi<strong>di</strong> la possibilità che volessero buttarmi fuori <strong>di</strong> casa. Mi<br />
parve <strong>di</strong> poter escluderla. Io ero innocente, visto che non facevo la corte ad Augusta<br />
ch’essi volevano proteggere. Ma forse m’attribuivano delle intenzioni su Augusta<br />
per non compromettere Ada. E perché proteggere a quel modo Ada, che non era<br />
piú una fanciullina ? Io ero certo <strong>di</strong> non averla afferrata per le chiome che in sogno.<br />
In realtà non avevo che sfiorata la sua mano con le mie labbra. Non volevo mi si<br />
inter<strong>di</strong>cesse l’accesso a quella casa, perché prima <strong>di</strong> abbandonarla volevo parlare<br />
con Ada. Perciò con voce tremante domandai:<br />
– Mi <strong>di</strong>ca Lei, signora, quello che debbo fare per non spiacere a nessuno.<br />
spezzate, tombe <strong>di</strong> famiglia, speranze <strong>di</strong> pietra che pregavano con gli occhi al cielo, cuori e mani<br />
della vecchia Irlanda. Più sensato spendere i sol<strong>di</strong> in qualche opera <strong>di</strong> carità per i vivi. Pregate per<br />
la pace dell’anima <strong>di</strong>. C’è qualcuno che veramente? Piantala e falla finita con lui. Scaricato. Come<br />
il carbone giù per una botola <strong>di</strong> cantina. Poi li ammucchiano insieme per guadagnar tempo. Il<br />
giorno dei morti. Il ventisette sarò alla sua tomba. Dieci scellini per il giar<strong>di</strong>niere. La tiene sgombra<br />
dalle erbacce. Vecchio anche lui. Piegato in due con le cesoie, a tagliare. Vicino alla porta della<br />
morte. Che si è spento. Che si è <strong>di</strong>partito dalla vita. Come se l’avessero fatto <strong>di</strong> loro volontà. Buttati<br />
fuori, tutti quanti. Che ha tirato le cuoia. Più interessante se vi <strong>di</strong>cessero chi erano. Il tal dei tali,<br />
carrozziere. lo ero rappresentante <strong>di</strong> linoleum. lo ho concordato con i cre<strong>di</strong>tori cinque scellini la<br />
sterlina. Oppure una donna con la casseruola. lo facevo un ottimo stufato irlandese. Elegia in un<br />
cimitero <strong>di</strong> campagna dovrebbe chiamarsi quella poesia <strong>di</strong> chi è Wordsworth o Thomas Campbell.<br />
Entrato nel riposo <strong>di</strong>cono i protestanti. La tomba del vecchio Dottor Murren. Il grande me<strong>di</strong>co lo<br />
ha chiamato nella sua casa <strong>di</strong> cura. Be’ questa per loro è la terra consacrata. Bella residenza <strong>di</strong><br />
campagna. Intonacata e ri<strong>di</strong>pinta a nuovo. Luogo ideale per fare una fumatina e leggere il Church<br />
Times. Gli annunci matrimoniali non cercano mai <strong>di</strong> abbellire. Corone rugginose appese a ganci,<br />
ghirlande bronzate. Miglior valore allo stesso prezzo. Però, i fiori sono più poetici. L’altro finisce<br />
per <strong>di</strong>ventar noioso, non appassendo mai. Non esprime nulla. Immortelles.<br />
Il periodare <strong>di</strong> J. Joyce in que sto passo si costruisce su frasi brevissime, praticamente tutte<br />
con un solo verbo, e solamente principali. Fra loro non v’è consequenzialità: non solo manca<br />
qualsiasi congiunzione subor<strong>di</strong>nante o coor<strong>di</strong>nante, ma manca – volutamente – ogni riferimento<br />
ad una congruenza. Le frasi infatti ora descrivono un oggetto, un personaggio, ora riportano<br />
un pensiero <strong>di</strong> Mr Bloom, un suo ricordo, un modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re e <strong>di</strong> sentire della società irlandese.<br />
Né esiste alcunché che permetta una precisa classificazione del tipo: pensò, vide, <strong>di</strong>sse, si<br />
<strong>di</strong>ceva e così via. Il lettore assiste al fluire vario e caotico <strong>di</strong> ciò che passa nella mente (e nei<br />
sensi) <strong>di</strong> Bloom. La realtà esterna ha vita autonoma assai esigua; più spesso essa è filtrata<br />
dallo sguardo e dalle impressioni dei protagonisti.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 65
Analisi Tecnica. Svevo<br />
Essa esitò. Io avrei preferito <strong>di</strong> aver da fare con Giovanni che pensava urlando.<br />
Poi, risoluta, ma con uno sforzo <strong>di</strong> apparire cortese che si manifestava evidente<br />
nel suono della voce, <strong>di</strong>sse:<br />
– Dovrebbe per qualche tempo venir meno frequentemente da noi; dunque<br />
non ogni giorno, ma due o tre volte alla settimana.<br />
È certo che se mi avesse detto rudemente <strong>di</strong> andarmene e <strong>di</strong> non ritornare piú,<br />
io, sempre <strong>di</strong>retto dal mio proposito, avrei supplicato che mi si tollerasse in quella<br />
casa, almeno per uno o due giorni ancora, per chiarire i miei rapporti con Ada.<br />
Invece le sue parole, piú miti <strong>di</strong> quanto avessi temuto, mi <strong>di</strong>edero il coraggio <strong>di</strong><br />
manifestare il mio risenti mento:<br />
– Ma se lei lo desidera, io in questa casa non riporrò piú piede !<br />
Venne quello che avevo sperato. Essa protestò, riparlò della stima <strong>di</strong> tutti loro<br />
e mi supplicò <strong>di</strong> non essere a<strong>di</strong>rato con lei. Ed io mi <strong>di</strong>mostrai magnanimo, le promisi<br />
tutto quello ch’essa volle e cioè <strong>di</strong> astenermi dal venire in quella casa per un<br />
quattro o cinque giorni, <strong>di</strong> ritornarvi poi con una certa regolarità ogni settimana<br />
due o tre volte e, sopra tutto, <strong>di</strong> non tenerle rancore.<br />
Fatte tali promesse, volli dar segno <strong>di</strong> tenerle e mi levai per allon tanarmi. La<br />
signora protestò ridendo:<br />
– Con me non c’è poi compromissione <strong>di</strong> sorta e può rimanere.<br />
E poiché io pregavo <strong>di</strong> lasciarmi andare per un impegno <strong>di</strong> cui solo allora m’ero<br />
ricordato, mentre era vero che non vedevo l’ora <strong>di</strong> essere solo per riflettere meglio<br />
alla straor<strong>di</strong>naria avventura che mi toccava, la signora mi pregò ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> rimanere<br />
<strong>di</strong>cendo che così le avrei data la prova <strong>di</strong> non essere a<strong>di</strong>rato con lei. Perciò<br />
rimasi, sottoposto con tinuamente alla tortura <strong>di</strong> ascoltare il vuoto cicaleccio cui<br />
la signora ora s’abbandonava sulle mode femminili ch’essa non voleva seguire, sul<br />
teatro e anche sul tempo tanto secco con cui la primavera s’annunziava.<br />
Poco dopo fui contento d’essere rimasto perché m’avvi<strong>di</strong> che avevo bisogno<br />
<strong>di</strong> un ulteriore chiarimento. Senz’alcun riguardo interruppi la signora, <strong>di</strong> cui non<br />
sentivo piú le parole, per domandarle:<br />
Scrivere dubbiosamente<br />
Il primo capoverso proposto riporta le riflessioni<br />
<strong>di</strong> Zeno. Dieci perio<strong>di</strong> lo compongono,<br />
fortemente connessi l’uno all’altro attraverso<br />
rinvii anaforici pur con <strong>di</strong>versa referenza (ebbi<br />
un’idea ... un dubbio doloroso; ... parlare con<br />
Ada ... <strong>di</strong>rigerle la frase...), od opposta referenza<br />
(certamente ... potevo dubitare) o con<br />
nessi <strong>di</strong>chiarativi (perché certamente...; ecco<br />
la nuova ragione ...), o congiunzioni coor<strong>di</strong>native<br />
(<strong>di</strong> particolare interesse le due interrogative<br />
in<strong>di</strong>rette introdotte dal se più la e con funzione<br />
aggiuntivo-rafforzativa: e se Ada m’avesse<br />
sposato...; e se essa m’avesse detto <strong>di</strong> sì). Un<br />
periodo, con valore chiaramente conclusivo,<br />
sull’orizzonte si delineava... (dal quale <strong>di</strong>pendono<br />
altri sei perio<strong>di</strong>) non ha connettivo esplicito.<br />
Il secondo capoverso si compone <strong>di</strong> due perio<strong>di</strong><br />
legati dall’avversativa invece che introduce una<br />
66 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
metafora attenuata da specie. Della quale metafora<br />
andrà notato non tanto il valore estetico<br />
che non esiste, quanto la connotazione che<br />
conferisce all’incontro con la possibile suocera.<br />
Insomma esiste una vera e propria casistica<br />
degli esami ne La coscienza <strong>di</strong> Zeno: qui basti:<br />
« Stavo preparandomi a Graz per il primo esame<br />
<strong>di</strong> stato e accuratamente avevo notati tutti i testi<br />
<strong>di</strong> cui abbisognavo fino all’ultimo esame. Finì<br />
che pochi giorni prima dell’esame m’accorsi<br />
<strong>di</strong> aver stu<strong>di</strong>ato delle cose <strong>di</strong> cui avrei avuto<br />
bisogno solo alcuni anni dopo. Perciò dovetti<br />
rimandare l’esame ». È all’interno <strong>di</strong> tale casistica<br />
che occorre inquadrare questa occorrenza.<br />
Ciò vale per Svevo come per ogni altro autore<br />
<strong>di</strong> comunicazione scritta. Insomma, tanto in<br />
sede <strong>di</strong> <strong>analisi</strong> <strong>di</strong> un testo, quanto in quella <strong>di</strong><br />
composizione è opportuno tenere in conto il<br />
ruolo <strong>di</strong> certe ripetizioni vuoi semplicemente
Analisi Tecnica. Svevo<br />
– E tutti in famiglia sapranno che lei m’ha invitato a tenermi lontano da questa<br />
casa ?<br />
Parve dapprima ch’essa neppure avesse ricordato il nostro patto. Poi protestò:<br />
– Lontano da questa casa ? Ma solo per qualche giorno, inten<strong>di</strong>a moci. Io non<br />
ne <strong>di</strong>rò a nessuno, neppure a mio marito ed anzi le sarei grata se anche lei volesse<br />
usare la stessa <strong>di</strong>screzione.<br />
Anche questo promisi, promisi anche che se mi fosse stata chiesta una spiegazione<br />
perché non mi si vedesse piú tanto <strong>di</strong> spesso, avrei addotti dei pretesti<br />
varii. Per il momento prestai fede alle parole della signora e mi figurai che Ada<br />
potesse essere stupita e addolorata dalla mia improvvisa assenza. Un’immagine<br />
gradevolissima !<br />
Poi rimasi ancora, sempre aspettando che qualche altra ispirazione venisse a<br />
<strong>di</strong>rigermi ulteriormente, mentre la signora parlava dei prezzi dei commestibili<br />
nell’ultimo tempo <strong>di</strong>venuti onerosissimi.<br />
Invece <strong>di</strong> altre ispirazioni, capitò la zia Rosina, una sorella <strong>di</strong> Gio vanni, piú<br />
vecchia <strong>di</strong> lui, ma <strong>di</strong> lui molto meno intelligente. Aveva però qualche tratto della<br />
sua fisonomia morale bastevole a caratterizzarla quale sua sorella. Prima <strong>di</strong> tutto<br />
la stessa coscienza dei proprii <strong>di</strong>ritti e dei doveri altrui alquanto comica, perché<br />
priva <strong>di</strong> qualsiasi arma per imporsi, eppoi anche il vizio <strong>di</strong> alzare presto la voce.<br />
Essa credeva <strong>di</strong> aver tanti <strong>di</strong>ritti nella casa del fratello che – come appresi poi<br />
– per lungo tempo considerò la signora Malfenti quale un’intrusa. Era nubile e<br />
viveva con un’unica serva <strong>di</strong> cui parlava sempre come della sua piú grande nemica.<br />
Quando morì raccomandò a mia moglie <strong>di</strong> sorvegliare la casa finché la serva che<br />
l’aveva assistita non se ne fosse andata. Tutti in casa <strong>di</strong> Giovanni la sopportavano<br />
temendo la sua aggressività.<br />
Ancora non me ne andai. Zia Rosina pre<strong>di</strong>ligeva Ada fra le nipoti. Mi venne<br />
il desiderio <strong>di</strong> conquistarmene l’amicizia anch’io e cercai una frase amabile a<br />
lessicali, vuoi <strong>di</strong> espressioni per misurare l’effetto<br />
<strong>di</strong> quale che sia comunicazione. L’<strong>analisi</strong>, o la<br />
costruzione, delle relazioni intertestuali, dell’intertesto,<br />
sono alla base d’ogni comprensione <strong>di</strong><br />
ciò che è scritto. Solo dopo è possibile de<strong>di</strong>carsi<br />
a quello che si chiama extratesto (il tessuto<br />
ideologico, storico e così via che sta fuori della<br />
comunicazione scritta presa in esame e che può<br />
attenere tanto all’autore medesimo quanto alla<br />
società cui appartiene) che permetterà la più<br />
ampia visione delle implicazioni contenute nel<br />
testo. Del tutto fuorviante può essere il proce<strong>di</strong>mento<br />
che dall’extratesto vuol passare alla<br />
comprensione del (inter)testo.<br />
Il terzo capoverso introduce un altro personaggio,<br />
non nuovo nella storia: è la madre<br />
della donna <strong>di</strong> cui è innamorato, Ada, e <strong>di</strong><br />
Augusta, la donna che non ostante tutto finirà<br />
per sposare. La signora Malfenti gioca adesso<br />
un ruolo assai importante per il futuro <strong>di</strong> Zeno:<br />
sta mettendo in atto il primo serio tentativo <strong>di</strong><br />
sostituire nelle mire matrimoniali del giovane<br />
Augusta ad Ada, l’unica <strong>di</strong> cui è egli innamorato.<br />
La futura suocera gioca d’anticipo, ponendo in<br />
atto una fine strategia donnescamente furba.<br />
Non ostante la qualità dell’episo<strong>di</strong>o, la scrittura<br />
resta <strong>di</strong>staccata: è ancora la mera registrazione<br />
<strong>di</strong> fatti, detti, personaggi ed eventi. Il primo<br />
periodo (una reggente, una rapida relativa cui<br />
si coor<strong>di</strong>na un’altra relativa, ed infine una subor<strong>di</strong>nata<br />
implicita) ha per soggetto sintattico<br />
e narrativo la signora Malfenti. Nel secondo<br />
l’attenzione si sposta su Zeno che subisce le<br />
conseguenze (perciò) dell’azione dell’interlocutrice.<br />
Nel primo periodo due soli aggettivi, sola<br />
e grande: l’uno e l’altro apparentemente neutri<br />
– sono in posizione prenominale e quin<strong>di</strong><br />
con valore presumibilmente accessorio – sono<br />
fortemente funzionali a chiarire la con<strong>di</strong>zione<br />
del giovane, che, dunque, si trova in un colloquio<br />
riservatissimo (sola) ed ufficiale (grande),<br />
senza testimoni, ma anche senza la possibilità<br />
<strong>di</strong> creare un <strong>di</strong>versivo al <strong>di</strong>scorso. Fortemente<br />
funzionale è altresì l’avverbio velocemente: la<br />
velocità è strumento tattico della Malfenti che<br />
così riserva a sé stessa tutta l’iniziativa del col<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 67
Analisi Tecnica. Svevo<br />
in<strong>di</strong>rizzarle. Mi ricordai oscuramente che l’ultima volta in cui l’avevo vista (cioè<br />
intravvista, perché allora non avevo sentito il bisogno <strong>di</strong> guardarla) le nipoti, non<br />
appena essa se ne era andata, ave vano osservato che non aveva una buona cera.<br />
Anzi una <strong>di</strong> esse aveva detto:<br />
– Si sarà guastato il sangue per qualche rabbia con la serva !<br />
Trovai quello che cercavo. Guardando affettuosamente il faccione grinzoso<br />
della vecchia signora, le <strong>di</strong>ssi:<br />
– La trovo molto rimessa, signora.<br />
Non avessi mai detta quella frase. Mi guardò stupita e protestò:<br />
– Io sono sempre uguale. Da quando mi sarei rimessa ?<br />
Voleva sapere quando l’avessi vista l’ultima volta. Non ricordavo esatt amente<br />
quella data e dovetti ricordarle che avevamo passato un intero pomeriggio insieme,<br />
seduti in quello stesso salotto con le tre signorine, ma non dalla parte dove<br />
eravamo allora, dall’altra. Io m’ero proposto <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrarle dell’interessamento,<br />
ma le spiegazioni ch’essa esigeva lo facevano durare troppo a lungo. La mia falsità<br />
mi pesava producendomi un vero dolore.<br />
La signora Malfenti intervenne sorridendo:<br />
– Ma lei non voleva mica <strong>di</strong>re che zia Rosina è ingrassata ?<br />
Diavolo ! Là stava la ragione del risentimento <strong>di</strong> zia Rosina ch’era molto grossa<br />
come il fratello e sperava tuttavia <strong>di</strong> <strong>di</strong>magrire.<br />
– Ingrassata ! Mai piú ! Io volevo parlare solo della cera migliore della signora.<br />
Tentavo <strong>di</strong> conservare un aspetto affettuoso e dovevo invece tratte nermi per<br />
non <strong>di</strong>re un’insolenza.<br />
Zia Rosina non parve sod<strong>di</strong>sfatta neppur allora. Essa non era mai stata male<br />
nell’ultimo tempo e non capiva perché avesse dovuto appa rire malata. E la signora<br />
Malfenti le <strong>di</strong>ede ragione:<br />
loquio, relegando Zeno in un ruolo subor<strong>di</strong>nato<br />
se non passivo. L’affabulazione violenta della<br />
Malfenti non era stata prevista: Zeno ha un suo<br />
schema mentale col quale avrebbe affrontato<br />
(o avrebbe voluto affrontare) la realtà (se questa<br />
fosse <strong>di</strong>pesa solamente da lui): egli sembra<br />
non sentire la donna, è <strong>di</strong>stratto, part. pass.<br />
aggett. con chiara funzione pre<strong>di</strong>cativa. Il terzo<br />
periodo s’accentra su una locuzione a metà<br />
tra metaforica e luogo comune, simile a specie<br />
d’esame del capoverso precedente: nell’un<br />
caso e nell’altro sembrano segnare il momento<br />
in cui Zeno comprende la situazione in cui sta<br />
per, o già si trova a, confrontarsi con la realtà. La<br />
presa <strong>di</strong> coscienza della situazione si fa rilevare<br />
anche dal <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto, le frasiperio<strong>di</strong><br />
sono brevissimi e si susseguono velocemente,<br />
legate dalla semantica della conoscenza e della<br />
stima. Il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto emerge su un dato<br />
trascurabile: da quanti mesi Zeno frequenta<br />
casa Malfenti. La donna aveva quantificato<br />
all’ingrosso; il giovane corregge: « Cinque ! »,<br />
ma la sua precisazione è un’ammissione <strong>di</strong><br />
68 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
colpa, o meglio la signora Malfenti l’interpreta e<br />
impone l’interpretazione come un’ammissione<br />
<strong>di</strong> colpa. Di qui quell’aria <strong>di</strong> rimprovero con cui<br />
trova espressione il <strong>di</strong>segno della madre, A me<br />
sembra che voi compromettiate Augusta. Il che<br />
voleva <strong>di</strong>re che il comportamento tenuto sino ad<br />
allora da Zeno, e cui egli aveva attribuito il significato<br />
<strong>di</strong> corte serrata alla sorella più grande e più<br />
bella, veniva interpretato ufficialmente (visto che<br />
a <strong>di</strong>rglielo è la moglie del capo <strong>di</strong> casa) come<br />
lusinga alla più brutta delle sorelle. E questo<br />
veniva espresso con la secchezza dell’essenzialità<br />
della comunicazione. Il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto<br />
più che un <strong>di</strong>alogo è un botta e risposta, una<br />
sticomitia <strong>di</strong> cinque battute.<br />
Il capoverso essa ebbe – che chiude il frammento<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto – è composto da<br />
un solo periodo <strong>di</strong> due frasi delle quali una<br />
incisa, tra parentesi. Esso attiene alla signora<br />
Malfenti: le sue reazioni sono così riassunte in<br />
un’impressione, neppur poi, così certa, semmai<br />
fuggitiva. Invece i capoversi successivi, in cui<br />
Svevo espone pensieri ed emozioni <strong>di</strong> Zeno,
Analisi Tecnica. Svevo<br />
– Anzi, è una sua caratteristica <strong>di</strong> non mutare <strong>di</strong> cera – <strong>di</strong>sse rivolta a me.<br />
– Non le pare ?<br />
A me pareva. Era anzi evidente. Me ne andai subito. Porsi con gran de cor<strong>di</strong>alità<br />
la mano a zia Rosina sperando <strong>di</strong> rabbonirla, ma essa mi concedette la sua<br />
guardando altrove.<br />
Non appena ebbi varcata la soglia <strong>di</strong> quella casa il mio stato d’animo mutò. Che<br />
liberazione ! Non avevo piú da stu<strong>di</strong>are le intenzioni della signora Malfenti né <strong>di</strong><br />
forzarmi <strong>di</strong> piacere alla zia Rosina. Credo in verità che se non ci fosse stato il rude<br />
intervento <strong>di</strong> zia Rosina, quella politicona della signora Malfenti avrebbe raggiunto<br />
perfettamente il suo scopo ed io mi sarei allontanato da quella casa tutto contento<br />
<strong>di</strong> essere stato trattato bene. Corsi saltellando giú per le scale. Zia Rosina era stata<br />
quasi un commento della signora Malfenti. La signora Malfenti m’aveva proposto<br />
<strong>di</strong> restar lontano dalla sua casa per qualche giorno. Troppo buona la cara signora !<br />
Io l’avrei com piaciuta al <strong>di</strong> là delle sue aspettative e non m’avrebbe rivisto mai piú<br />
! M’avevano torturato, lei, la zia ed anche Ada ! Con quale <strong>di</strong>ritto ? Perché avevo<br />
voluto sposar mi ? Ma io non ci pensavo piú ! Com’era bella la libertà !<br />
Per un buon quarto d’ora corsi per le vie accompagnato da tanto sentimento.<br />
Poi sentii il bisogno <strong>di</strong> una libertà ancora maggiore. Dovevo trovare il modo <strong>di</strong><br />
segnare in modo definitivo la mia volontà <strong>di</strong> non rimettere piú il piede in quella<br />
casa. Scartai l’idea <strong>di</strong> scrivere una lettera con la quale mi sarei congedato. L’abbandono<br />
<strong>di</strong>veniva piú sdegnoso ancora se non ne comunicavo l’intenzione. Avrei<br />
semplice mente <strong>di</strong>menticato <strong>di</strong> vedere Giovanni e tutta la sua famiglia.<br />
Trovai l’atto <strong>di</strong>screto e gentile e perciò un po’ iro nico col quale avrei segnata la<br />
Di qualche interesse è la conversazione tra Zeno, la signora Malfenti e zia Rosina: si tratta<br />
della vicenda, <strong>di</strong>remmo, d’una frase. Zeno sta tentando <strong>di</strong> stabilire un rapporto cor<strong>di</strong>ale; ricorda<br />
un evento lontano che la riguardava, un pettegolezzo per la verità, dunque non riferibile;<br />
non ostante ciò vi fonda il suo intervento: La trovo molto rimessa, signora. Che è, comunque,<br />
un’espressione <strong>di</strong> cortesia, alla quale ci si sarebbe aspettati un’altrettanto cortese succinta<br />
risposta, la quale però avrebbe significato lo stabilirsi <strong>di</strong> un rapporto positivo, se non d’intesa,<br />
con zia Rosina: Mi venne il desiderio <strong>di</strong> conquistarmene l’amicizia anch’io. Avverse al tentativo<br />
<strong>di</strong> Zeno stanno due intenzionalità: l’una, quella della aggressiva zia, refrattaria ad ogni familiarità;<br />
l’altra della politicona madre <strong>di</strong> Ada che fomenta l’ostilità della cognata contro Zeno,<br />
che non sta andando via, e che con quella frase cortese intende stabilire una (pur del tutto<br />
sono larghi, composti <strong>di</strong> più perio<strong>di</strong>, a loro volta<br />
costituiti da più frasi. Il primo io intanto tentavo...<br />
ha un preciso perno semantico che costituisce<br />
il filo conduttore semantico: equivoco ... aveva<br />
parlato ... spiegasse ... mie storie ... doveva parlare<br />
... <strong>di</strong>rle ... avevo risolto <strong>di</strong> parlare ... avessi<br />
parlato. È che Zeno si era presentato a casa<br />
Malfenti con l’intenzione <strong>di</strong> mettere in chiaro le<br />
cose con Ada e finalmente farsi <strong>di</strong>re chiaramente<br />
l’inevitabile (supposta !) corrispondenza degli<br />
amorosi affetti. Ora la manifestazione verbale<br />
dei suoi pensieri si rivela essere arma a doppio<br />
taglio: esiste un modo per togliere <strong>di</strong> mezzo<br />
ogni equivoco (non potendo sposare Ada...),<br />
ma egli è completamente dominato dalla veloce<br />
chiacchiera dell’interlocutrice: perciò tace. Si<br />
veda l’ultimo periodo del capoverso. Si tratta<br />
<strong>di</strong> una reggente costituita dal solo verbo: tacqui,<br />
introdotta dalla coor<strong>di</strong>nazione e con valore<br />
conclusivo, e preceduta da due subor<strong>di</strong>nate<br />
implicite, lasciandomi e sentite, <strong>di</strong> cui la seconda<br />
è un ablativo assoluto (più relativa) epperciò<br />
fortemente con<strong>di</strong>zionante. L’essenzialità <strong>di</strong><br />
quest’ultimo periodo, che afferma una non<br />
azione, un non fare, contrasta con i precedenti<br />
introdotti da elementi chiaramente orientati nella<br />
segnalazione dell’incertezza: tentavo ... infatti,<br />
talvolta... ma solo ... ma poco prima... forse<br />
se ... Il capoverso successivo presenta uno<br />
schema assai simile: dopo la serie confusione...,<br />
volevo intendere..., si vedono meno bene... ma<br />
forse..., Zeno confessa la sua resa: mi <strong>di</strong>ca Lei<br />
... quello che debbo fare...<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 69
Analisi Tecnica. Svevo<br />
mia volontà. Corsi da un fioraio e scelsi un magnifico mazzo <strong>di</strong> fiori che in<strong>di</strong>rizzai<br />
alla signora Malfenti accompagnato dal mio biglietto da visita sul quale non scrissi<br />
altro che la data. Non occorreva altro. Era una data che non avrei <strong>di</strong>menticata<br />
piú e non l’avrebbero <strong>di</strong>menticata forse neppure Ada e sua madre: 5 Maggio,<br />
anniversario della morte <strong>di</strong> Napoleone.<br />
Provvi<strong>di</strong> in fretta a quell’invio. Era importantissimo che giungesse il giorno<br />
stesso.<br />
Ma poi ? Tutto era fatto, tutto, perché non c’era piú nulla da fare ! Ada restava<br />
segregata da me con tutta la sua famiglia ed io dovevo vivere senza fare piú nulla,<br />
in attesa che qualcuno <strong>di</strong> loro fosse venuto a cercarmi e darmi l’occasione <strong>di</strong> fare<br />
o <strong>di</strong>re qualche cosa d’altro.<br />
Corsi al mio stu<strong>di</strong>o per riflettere e per rinchiudermi. Se avessi ceduto alla mia<br />
dolorosa impazienza, subito sarei ritornato <strong>di</strong> corsa a quella casa a rischio <strong>di</strong><br />
arrivarvi prima del mio mazzo <strong>di</strong> fiori. I pretesti non pote vano mancare. Potevo<br />
anche averci <strong>di</strong>menticato il mio ombrello !<br />
Non volli fare una cosa simile. Con l’invio <strong>di</strong> quel mazzo <strong>di</strong> fiori io avevo assunta<br />
una bellissima attitu<strong>di</strong>ne che bisognava conservare. Do vevo ora stare fermo,<br />
perché la prossima mossa toccava a loro.<br />
Il raccoglimento ch’io mi procurai nel mio stu<strong>di</strong>olo e da cui m’a spettavo<br />
un sollievo, chiarì solo le ragioni della mia <strong>di</strong>sperazione che s’esasperò fino alle<br />
lagrime. Io amavo Ada ! Non sapevo ancora se quel verbo fosse proprio e continuai<br />
l’<strong>analisi</strong>. Io la volevo non solo mia, ma anche mia moglie. Lei, con quella<br />
sua faccia marmorea sul corpo acerbo, eppoi ancora lei con la sua serietà, tale da<br />
non intendere il mio spirito che non le avrei insegnato, ma cui avrei rinunziato<br />
per sempre, lei che m’avrebbe insegnata una vita d’intelligenza e <strong>di</strong> lavoro. Io la<br />
volevo tutta e tutto volevo da lei. Finii col conchiudere che il verbo fosse proprio<br />
quello: Io amavo Ada.<br />
Mi parve <strong>di</strong> aver pensata una cosa molto importante che poteva guidarmi. Via<br />
le esitazioni ! Non m’importava piú <strong>di</strong> sapere se ella mi amasse. Bisognava tentare<br />
<strong>di</strong> ottenerla e non occorreva piú parlare con lei se Giovanni poteva <strong>di</strong>sporne.<br />
Prontamente bisognava chiarire tutto per arrivare subito alla felicità o altrimenti<br />
<strong>di</strong>menticare tutto e guarire. Perché avevo da soffrire tanto nell’attesa ? Quando<br />
avessi saputo – e potevo saperlo solo da Giovanni – che io definitivamente avevo<br />
perduta Ada, almeno non avrei piú dovuto lottare col tempo che sarebbe continuato<br />
a trascorrere lentamente senza ch’io sentissi il bisogno <strong>di</strong> sospin gerlo. Una<br />
cosa definitiva è sempre calma perché staccata dal tempo.<br />
improbabile, visto il personaggio cui è <strong>di</strong>retta) alleanza, con cui rafforzare le possibilità <strong>di</strong> un<br />
suo rapido ritorno in casa Malfenti ed in prospettiva un sostegno nella conquista <strong>di</strong> Ada. La<br />
furba suocera ottiene il suo scopo: me ne andai subito; Rosina non guarderà neppure Zeno<br />
che le bacia la mano. La frase <strong>di</strong> cortesia ha suscitato una battaglia nella quale Zeno riporta<br />
un’ulteriore sconfitta.<br />
Poco più avanti, un’altra questione, per così <strong>di</strong>re, linguistica: il verbo amare rende adeguatamente<br />
il sentimento che Zeno prova nei confronti <strong>di</strong> quella giovane ? E poi quando decide<br />
<strong>di</strong> tentare <strong>di</strong> chiedere la mano <strong>di</strong> Ada al padre, Zeno si pone ancora un altro problema <strong>di</strong><br />
comunicazione e <strong>di</strong> lingua.<br />
70 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Svevo<br />
Corsi subito in cerca <strong>di</strong> Giovanni. Furono due le corse. Una verso il suo ufficio<br />
situato in quella via che noi continuiamo a <strong>di</strong>re delle Case Nuove, perché così<br />
facevano i nostri antenati. Alte vecchie case che offuscano una via tanto vicina<br />
alla riva del mare poco frequentata all’ora del tramonto, e dove potei procedere<br />
rapido. Non pensai, camminando, che a preparare piú brevemente che fosse<br />
possibile la frase che dovevo <strong>di</strong>rigergli. Bastava <strong>di</strong>rgli la mia determinazione <strong>di</strong><br />
sposare sua figlia. Non avevo né da conquiderlo né da convincerlo. Quell’uomo<br />
d’affari avrebbe saputa la risposta da darmi non appena intesa la mia domanda.<br />
Mi preoccupava tuttavia la quistione se in un’occasione simile avrei dovuto parlare<br />
in lingua o in <strong>di</strong>aletto.<br />
Ma Giovanni aveva già abbandonato l’ufficio e s’era recato al Tergesteo. Mi vi<br />
avviai. Piú lentamente perché sapevo che alla Borsa dovevo attendere piú tempo<br />
per potergli parlare da solo a solo. Poi, giunto in via Cavana, dovetti rallentare per<br />
la folla che ostruiva la strett a via. E fu proprio battendomi per passare traverso<br />
a quella folla, che ebbi finalmente come in una visione la chiarezza che da tante<br />
ore cercavo. I Malfenti volevano ch’io sposassi Augusta e non volevano ch’io<br />
sposassi Ada e ciò per la semplice ragione che Augusta era inna morata <strong>di</strong> me e<br />
Ada niente affatto. Niente affatto perché altrimenti non sarebbero intervenuti a<br />
<strong>di</strong>viderci. M’avevano detto ch’io compromett evo Augusta, ma era invece lei che<br />
si comprometteva amandomi. Compresi tutto in quel momento, con viva chiarezza,<br />
come se qual cuno della famiglia me l’avesse detto. E indovinai anche che<br />
Ada era d’accordo ch’io fossi allontanato da quella casa. Essa non m’amava e non<br />
m’avrebbe amato almeno finché la sorella sua m’avesse amato. Nel l’affollata via<br />
Cavana avevo dunque pensato piú <strong>di</strong>rittamente che nel mio stu<strong>di</strong>o solitario.<br />
Oggidì, quando ritorno al ricordo <strong>di</strong> quei cinque giorni memoran<strong>di</strong> che mi<br />
condussero al matrimonio, mi stupisce il fatto che il mio animo non si sia mitigato<br />
all’apprendere che la povera Augusta mi amava. Io, ormai scacciato da casa Malfenti,<br />
amavo Ada irosamente. Perché non mi <strong>di</strong>ede alcuna sod<strong>di</strong>sfazione la visione<br />
chiara che la signora Malfenti m’aveva allontanato invano, perché io in quella casa<br />
rimanevo, e vici nissimo ad Ada, cioè nel cuore <strong>di</strong> Augusta ? A me pareva invece<br />
una nuova offesa l’invito della signora Malfenti <strong>di</strong> non compromettere Augusta<br />
e cioè <strong>di</strong> sposarla. Per la brutta fanciulla che m’amava, avevo tutto il <strong>di</strong>sdegno che<br />
non ammettevo avesse per me la sua bella sorella, che io amavo.<br />
Accelerai ancora il passo, ma deviai e mi <strong>di</strong>ressi verso casa mia. Non avevo piú<br />
bisogno <strong>di</strong> parlare con Giovanni perché sapevo ormai chia ramente come condurmi;<br />
con un’evidenza tanto <strong>di</strong>sperante che forse finalmente m’avrebbe data la<br />
pace staccandomi dal tempo troppo lento. Era anche pericoloso parlarne con quel<br />
maleducato <strong>di</strong> Giovanni. La signora Malfenti aveva parlato in modo ch’io non<br />
l’avevo intesa che là in via Cavana. Il marito era capace <strong>di</strong> comportarsi altrimenti.<br />
Forse m’a vrebbe detto ad<strong>di</strong>rittura: “Perché vuoi sposare Ada ? Ve<strong>di</strong>amo ! Non<br />
faresti meglio <strong>di</strong> sposare Augusta ?”. Perché egli aveva un assioma che ricordavo<br />
e che avrebbe potuto guidarlo in questo caso: “Devi sempre spiegare chiaramente<br />
l’affare al tuo avversario perché allora appena sarai sicuro d’intenderlo meglio<br />
<strong>di</strong> lui !”. E allora ? Ne sarebbe conseguita un’aperta rottura. Solo allora il tempo<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 71
Analisi Tecnica. Svevo<br />
avrebbe potuto cam minare come voleva, perché io non avrei piú avuta alcuna<br />
ragione d’ingerirmene: sarei arrivato al punto fermo !<br />
Ricordai anche un altro assioma <strong>di</strong> Giovanni e mi vi attaccai perché mi procurava<br />
una grande speranza. Seppi restarvi attaccato per cinque giorni, per quei<br />
cinque giorni che convertirono la mia passione in malattia. Giovanni soleva <strong>di</strong>re<br />
che non bisogna aver fretta <strong>di</strong> arrivare alla liquidazione <strong>di</strong> un affare quando da<br />
questa liquidazione non si può attendersi un vantaggio: ogni affare arriva prima<br />
o poi da sé alla liqui dazione, come lo prova il fatto che la storia del mondo è tanto<br />
lunga e che tanto pochi affari sono rimasti in sospeso. Finché non si è proceduti<br />
alla sua liquidazione, ogni affare può ancora evolversi vantag giosa mente.<br />
Non ricordai che v’erano altri assiomi <strong>di</strong> Giovanni che <strong>di</strong>cevano il contrario<br />
e m’attaccai a quello. Già a qualche cosa dovevo pur attac carmi. Feci il proposito<br />
ferreo <strong>di</strong> non movermi finché non avessi appreso che qualche cosa <strong>di</strong> nuovo avesse<br />
fatto evolvere il mio affare in mio favore. E ne ebbi tale danno che forse per questo,<br />
in seguito, nessun mio proposito m’accompagnò per tanto tempo.<br />
Non appena fatto il proposito, ricevetti un biglietto dalla signora Malfenti. Ne<br />
riconobbi la scrittura sulla busta e, prima <strong>di</strong> aprirlo, mi lusingai fosse bastato quel<br />
mio proposito ferreo, perché essa si pentisse <strong>di</strong> avermi maltrattato e mi corresse<br />
<strong>di</strong>etro. Quando trovai che non conteneva che le lettere p.r. che significavano il<br />
ringraziamento per i fiori che le avevo inviati, mi <strong>di</strong>sperai, mi gettai sul mio letto<br />
e ficcai i denti nel guanciale quasi per inchiodarmivi e impe<strong>di</strong>rmi <strong>di</strong> correr via a<br />
rompere il mio proposito. Quanta ironica serenità risultava da quelle iniziali ! Ben<br />
maggiore <strong>di</strong> quella espressa dalla data ch’io avevo apposta al mio biglietto e che<br />
significava già un proposito e forse anche un rimprovero. Remember aveva detto<br />
Morfologia<br />
Incertezza o invenzione<br />
Si noti l’uso della coor<strong>di</strong>nazione e nel periodo<br />
furono cinque giorni. Dopo la prima che è una<br />
semplice copula, se ne presenta una <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile<br />
interpretazione: da escludere la funzione consecutiva<br />
del tipo: piove e resto in casa; e quella<br />
esplicativa del tipo: piove e ci bagniamo; così<br />
come l’avversativa l’aggiuntiva eccetera. La<br />
funzione che sembra avvicinarsi <strong>di</strong> più è quella<br />
della paraipotassi (del tipo: quando avrai fatto<br />
questo, ed io ti <strong>di</strong>rò – all’interno della quale<br />
sono catalogabili tutte le funzioni ipotattiche),<br />
se non fosse che tale funzione, assai <strong>di</strong>ffusa<br />
nell’italiano antico, è scomparsa nell’italiano<br />
moderno. A rendere <strong>di</strong>fficile ogni rapporto <strong>di</strong><br />
coor<strong>di</strong>nazione e <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nazione sta il cambio<br />
<strong>di</strong> soggetto: le notti e i giorni nella prima frase;<br />
io nella successiva. Se le altre possono supportare<br />
la funzione coputaliva, qualche problema<br />
comporta l’asindeto che lega i due elementi<br />
dell’anafora libertà in cui il secondo elemento<br />
ha valore esplicativo: colpisce che tale valore<br />
sia affidato ad una virgola.<br />
72 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Alcuni critici hanno voluto vedere in questo ed<br />
in altri (molti) casi simili certa <strong>di</strong>fficoltà sintattica<br />
<strong>di</strong> Svevo attribuibile anche alla città d’origine,<br />
Trieste; altri vi hanno letto delle precise scelte<br />
stilistiche. Non è questo il luogo per proporre<br />
una soluzione; qui basti il suggerimento ai giovani<br />
lettori <strong>di</strong> attendere d’essere <strong>di</strong>ventati famosi<br />
per proporre proprie morfologia e sintassi.<br />
Un caso analogo a quello su analizzato è quello<br />
presente nel capoverso corsi subito in cerca...<br />
presente nel brano riportato. Il terzo periodo è<br />
formato da tre frasi, la cui reggente è ellitica del<br />
verbo; poi una relativa che regge una locativa<br />
dove...: quest’ultima non è introdotta solamente<br />
dalla congiunzione subor<strong>di</strong>nante dove, bensì<br />
anche dalla e che crea un’eguaglianza con la<br />
precedente frase (ma v’è anche la virgola !): tal<br />
che sembrano essere compresenti equivalenza<br />
e subor<strong>di</strong>nazione. Cui s’ha da aggiungere il<br />
cambio <strong>di</strong> soggetto, che, però, questa volta, è<br />
supportato dalla subor<strong>di</strong>nante. Nella medesima<br />
relativa va notato l’uso inconsueto <strong>di</strong> tanto<br />
avanti all’aggettivo, con valore <strong>di</strong> avverbio <strong>di</strong><br />
quantità, equivalente a molto, assai (cfr. ancora<br />
in questo passo: tempo tanto secco, tanto lun-
Analisi Tecnica. Svevo<br />
Carlo I prima che gli tagliassero il collo e doveva aver pensata la data <strong>di</strong> quel giorno!<br />
Anch’io avevo esortata la mia avversaria a ricordare e temere !<br />
Furono cinque giorni e cinque notti terribili ed io ne sorvegliai le albe e i tramonti<br />
che significavano fine e principio e avvicinavano l’ora della mia libertà, la<br />
libertà <strong>di</strong> battermi <strong>di</strong> nuovo per il mio amore.<br />
Mi preparavo a quella lotta. Oramai sapevo come la mia fanciulla voleva io fossi<br />
fatto. M’è facile <strong>di</strong> ricordarmi dei propositi che feci allora, prima <strong>di</strong> tutto perché<br />
ne feci d’identici in epoca piú recente, eppoi perché li annotai su un foglio <strong>di</strong> carta<br />
che conservo tuttora. Mi proponevo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare piú serio. Ciò significava allora<br />
<strong>di</strong> non raccon tare quelle barzellette che facevano ridere e mi <strong>di</strong>ffamavano, facendomi<br />
anche amare dalla brutta Augusta e <strong>di</strong>sprezzare dalla mia Ada. Poi v’era il<br />
proponimento <strong>di</strong> essere ogni mattina alle otto nel mio ufficio che non vedevo da<br />
tanto tempo, non per <strong>di</strong>scutere sui miei <strong>di</strong>ritti con l’Olivi, ma per lavorare con<br />
lui e poter assumere a suo tempo la <strong>di</strong>rezione dei miei affari. Ciò doveva essere<br />
attuato in un’epoca piú tranquilla <strong>di</strong> quel la, come dovevo anche cessar <strong>di</strong> fumare<br />
piú tar<strong>di</strong>, cioè quando avessi riavuta la mia libertà, perché non bisognava peggiorare<br />
quell’orribile intervallo. Ad Ada spettava un marito perfetto. Perciò v’erano<br />
anche varii proponimenti <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carmi a letture serie, eppoi <strong>di</strong> passare ogni giorno<br />
una mezz’oretta sulla pedana e <strong>di</strong> cavalcare un paio <strong>di</strong> volte alla settimana. Le<br />
ventiquattr’ore della giornata non erano troppe.<br />
Durante quei giorni <strong>di</strong> segregazione la gelosia piú amara fu la mia compagna<br />
<strong>di</strong> tutte le ore. Era un proposito eroico quello <strong>di</strong> voler cor reggersi <strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>fetto<br />
per prepararsi a conquistare Ada dopo qualche settimana. Ma intanto ? Intanto<br />
ch’io m’assoggettavo alla piú dura con strizione, si sarebbero tenuti tranquilli gli<br />
altri maschi della città e non avrebbero cercato <strong>di</strong> portarmi via la mia donna ?<br />
Fra <strong>di</strong> loro v’era certamente qualcuno che non aveva bisogno <strong>di</strong> tanto esercizio<br />
ga, tanto pochi). E nel valore <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrativo:<br />
accompagnato da tanto sentimento.<br />
Un’ultima notazione morfologica vogliamo qui<br />
proporre: riguarda l’uso <strong>di</strong>alettale della preposizione<br />
<strong>di</strong>. Si veda tanto più <strong>di</strong> spesso, mutare<br />
<strong>di</strong> cera, faresti meglio <strong>di</strong> sposare, è facile <strong>di</strong><br />
ricordarmi, significava allora <strong>di</strong> non raccontare<br />
eccetera.<br />
Accanto a queste forme <strong>di</strong>alettali si allineano<br />
lemmi aulici come conquidere, o sciatti come <strong>di</strong>rigerle<br />
la frase, o espressioni paradannunziane<br />
che lasciano trasparire la sensualità <strong>di</strong> Zeno:<br />
l’avrei serrata fra le mie braccia per sentirne<br />
vibrare la sincerità.<br />
Sul romanzo contemporaneo<br />
Dalla certezza all’ambiguità<br />
Zeno è il primo personaggio del romanzo contemporaneo.<br />
Del personaggio ottocentesco<br />
l’autore tracciava un <strong>prof</strong>ilo ben definito: si pensi<br />
a Lucia Mondella, all’Innominato, a Mastro Don<br />
Gesualdo, al Marchese <strong>di</strong> Roccaver<strong>di</strong>na, alla<br />
Pisana, ma anche ad Andrea Sperelli. Zeno –<br />
come Leopold Bloom dell’Ulysses <strong>di</strong> J. Joyce,<br />
qui, sì, simile – è caratterizzato da un <strong>prof</strong>onda<br />
ambiguità: la pagina che chiude il romanzo, e<br />
che sovverte tutte le definizioni che del personaggio<br />
il lettore aveva tentato <strong>di</strong> dare, è la prova<br />
tangibile della volontà dello scrittore <strong>di</strong> rifiutare<br />
la parola conclusiva. È Michail Bachtin che ha<br />
teorizzato il personaggio in <strong>di</strong>venire per il<br />
tipo <strong>di</strong> romanzo contemporaneo che ha come<br />
capostipite Dostoevskij: lo scrittore russo rifiuterebbe<br />
infatti <strong>di</strong> costruire per i suoi personaggi<br />
un itinerario spirituale che giunga ad un approdo<br />
conclusivo. La parola conclusiva (monologica)<br />
è sopraffazione; solo la parola polifonica stabilisce<br />
un <strong>di</strong>alogo, col personaggio e col lettore:<br />
è segno della ricerca <strong>di</strong> verità che è comune<br />
a chi scrive e a chi legge. Proprio perché non<br />
giunge ad una vera conclusione, il romanzo dostoevskiano<br />
non propone un itinerario spirituale<br />
dei personaggi che si svolga lineare nel tempo<br />
come avveniva nel romanzo storico; ma è un<br />
tempo in cui passato, presente e futuro sono<br />
vissuti in un’alternanza caotica e <strong>di</strong>sorganica.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 73
Analisi Tecnica. Svevo<br />
per essere gra<strong>di</strong>to. Io sapevo, io credevo <strong>di</strong> sapere che quando Ada avesse trovato<br />
chi faceva al caso suo, avrebbe subito consentito senza attendere <strong>di</strong> innamorarsi.<br />
Quando in quei giorni io m’imbattevo in un maschio ben vestito, sano e sereno,<br />
l’o<strong>di</strong>avo, perché mi pareva facesse al caso <strong>di</strong> Ada. Di quei giorni, la cosa che meglio<br />
ricordo è la gelosia che s’era abbassata come una nebbia sulla mia vita.<br />
Dell’atroce dubbio <strong>di</strong> vedermi portar via Ada in quei giorni non si può ridere,<br />
ormai che si sa come le cose andarono a finire. Quando ripenso a quei giorni <strong>di</strong><br />
passione sento un’ammirazione grande per la <strong>prof</strong>etica anima mia.<br />
Varie volte, <strong>di</strong> notte, passai sotto alle finestre <strong>di</strong> quella casa. Lassú apparentemente<br />
continuavano a <strong>di</strong>vertirsi come quando c’ero stato an ch’io. Alla<br />
mezzanotte o poco prima, nel salotto si spegnevano i lumi. Scappavo pel timore<br />
<strong>di</strong> essere scorto da qualche visitatore che allora doveva lasciare la casa.<br />
Ma ogni ora <strong>di</strong> quei giorni fu affannosa anche per l’impazienza. Perché nessuno<br />
domandava <strong>di</strong> me ? Perché non si moveva Giovanni ? Non doveva egli meravigliarsi<br />
<strong>di</strong> non vedermi né a casa sua né al Ter gesteo ? Dunque era d’accordo anche lui<br />
ch’io fossi stato allonta nato ? Interrompevo spesso le mie passeggiate <strong>di</strong> giorno e<br />
<strong>di</strong> notte per correre a casa ad accertarmi che nessuno fosse venuto a domandare<br />
<strong>di</strong> me. Non sapevo andare a letto nel dubbio, e destavo per interrogarla la povera<br />
Maria. Restavo per ore ad aspettare in casa, nel luogo ove ero piú facilmente<br />
raggiungibile. Ma nessuno domandò <strong>di</strong> me ed è certo che se non mi fossi risolto<br />
a movermi io, sarei tuttavia celibe.<br />
Una sera andai a giocare al club. Era da molti anni che non mi vi facevo vedere<br />
per rispetto ad una promessa fatta a mio padre. Mi pareva che la promessa non<br />
potesse piú valere poiché mio padre non poteva aver previste tali mie dolorose<br />
circostanze e l’urgente mia necessità <strong>di</strong> procurarmi uno svago. Dapprima guadagnai<br />
con una fortuna che mi dolse perché mi parve un indennizzo della mia sfortuna<br />
in amore. Poi perdetti e mi dolse ancora perché mi parve <strong>di</strong> soggiacere al giuoco<br />
com’ero soggiaciuto all’amore. Ebbi presto <strong>di</strong>sgusto del giuoco: non era degno <strong>di</strong><br />
me e neppure <strong>di</strong> Ada. Tanto puro mi rendeva quell’amore !<br />
Di quei giorni so anche che i sogni d’amore erano stati annientati da quella<br />
realtà tanto rude. Il sogno era oramai tutt’altra cosa. Sognavo la vittoria invece<br />
che l’amore. Il mio sonno fu una volta abbellito da una visita <strong>di</strong> Ada. Era vestita<br />
<strong>di</strong> sposa e veniva con me all’altare, ma quando fummo lasciati soli non facemmo<br />
all’amore, neppure allora. Ero suo marito e avevo acquistato il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> domandarle:<br />
“Come hai potuto permettere ch’io fossi trattato così ?” Di altro <strong>di</strong>ritto non<br />
mi premeva.<br />
Trovo in un mio cassetto degli abbozzi <strong>di</strong> lettere ad Ada, a Giovanni e alla<br />
signora Malfenti. Sono <strong>di</strong> quei giorni. Alla signora Malfenti scri vevo una lettera<br />
semplice con la quale prendevo congedo prima d’intra prendere un lungo viaggio.<br />
Non ricordo però <strong>di</strong> aver avuto una tale intenzione: non potevo lasciare la città<br />
quando non ero ancora certo che nessuno sarebbe venuto a cercarmi. Quale<br />
sventura se fossero venuti e non m’avessero trovato ! Nessuna <strong>di</strong> quelle lettere è<br />
stata inviata. Cre do anzi le avessi scritte solo per mettere in carta i miei pensieri.<br />
74 • Dalla ſcrittura alla letteratura
ALBERTO MORAVIA<br />
GLI INDIffERENTI<br />
capITOlO xvI<br />
Quando furono sulla soglia del portone si accorsero che pioveva <strong>di</strong>rottamente;<br />
senza violenza, ma con una sciatta abbondanza come da un catino sfondato;<br />
un gran fruscio torrenziale empiva l’oscurità; un livido velo d’acqua ribolliva<br />
sul lastrico della strada; grondaie, stillici<strong>di</strong>, rigagnoli, la grossa pioggia vecchia <strong>di</strong><br />
due settimane <strong>di</strong> tempo sfogava da ogni parte il suo fiotto impuro fermentato a<br />
lungo nei fianchi delle nubi; sotto il <strong>di</strong>luvio le case stavano dritte e nere; i fanali<br />
affogavano; i marciapie<strong>di</strong> inondati assumevano l’aspetto anfibio delle banchine<br />
per metà sommerse, nei porti <strong>di</strong> mare.<br />
Curvi sotto l’acquata, camminarono in fretta, contro i muri, badando a ripararsi<br />
sotto quell’unico ombrello che avevano; ad una voltata un’automobile da piazza,<br />
libera, li assalì col raggio dritto dei suoi fanali accesi; salirono e partirono.<br />
Sedettero l’uno a fianco all’altro, nell’oscurità; non si guardarono, non parlarono;<br />
i sobbalzi della corsa li facevano saltare e urtarsi come due fantocci senza<br />
vita, dalle membra <strong>di</strong> legno, dagli occhi spalancati ed estatici; Michele stava quasi<br />
<strong>di</strong>steso, appoggiato al fondo e pareva me<strong>di</strong>tare; Carla seduta, un po’ curva, tentava<br />
<strong>di</strong> seguire la corsa; e non ci riusciva; i vetri erano bagnati, un freddo vapore<br />
Diamo una breve sintesi del romanzo al fine <strong>di</strong> una corretta intelligenza del passo.<br />
Mariagrazia, vedova, già ricca borghese ha sperperato il suo patrimonio, deve perciò una<br />
grossa somma a Leo Merumeci, suo amante, che, stanco per le scene <strong>di</strong> gelosia, decide<br />
<strong>di</strong> riscuotere il suo cre<strong>di</strong>to. Propone alla donna <strong>di</strong> vendere la villa. Alla <strong>di</strong>scussione tra i due<br />
assistono i figli <strong>di</strong> Mariagrazia, Michele e Carla. Il giovane nutre una <strong>prof</strong>onda ostilità verso<br />
l’amante della madre, che ora fa la corte anche alla sorella, e verso il mondo borghese cui,<br />
però, né lui né la sorella sanno rinunciare veramente. Tanto che quando Leo propone a Carla<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare sua amante in cambio <strong>di</strong> una <strong>di</strong>lazione, la giovane non rifiuta benché presto ne<br />
Scomporre la realtà<br />
Il primo capoverso dell’ultimo capitolo de Gli<br />
in<strong>di</strong>fferenti si apre con una larga descrizione<br />
<strong>di</strong> una serata piovosa. È composto da un notevole<br />
numero <strong>di</strong> perio<strong>di</strong> composti <strong>di</strong> una frase. I<br />
perio<strong>di</strong> sono segnati da punti e virgola: questo<br />
permette all’autore <strong>di</strong> mutare soggetto ad ogni<br />
periodo (fatta eccezione per il secondo membro<br />
logicamente legato al primo nel soggetto, ma<br />
ellittico del vb) e nello stesso tempo <strong>di</strong> mantere<br />
una sostanziale unitarietà <strong>di</strong> contenuto. Il paesaggio<br />
piovoso viene scomposto in una serie <strong>di</strong><br />
elementi: prima la quantità (con ... abbondanza)<br />
ed il modo (sciatta); poi il suono (gran fruscio<br />
torrenziale); poi il colore (livido velo); infine le<br />
apparenze urbane (grondaie, stillici<strong>di</strong>, rigagnoli...<br />
– si noti la serie <strong>di</strong> sostantivi in sintassi<br />
nominale – le case ... i fanali ... i marciapie<strong>di</strong>).<br />
La pioggia assume i toni <strong>di</strong> fiacchezza, <strong>di</strong> <strong>di</strong>sfacimento<br />
e <strong>di</strong> corruzione che circolano in tutto<br />
il romanzo e che in questo capitolo trovano un<br />
momento <strong>di</strong> particolare evidenza: allo scopo<br />
serve un largo impiego degli aggettivi come<br />
sciatta ... sfondato ... gran ... torrenziale ... livido<br />
... grossa ... vecchia ... impuro ... dritte e nere<br />
... anfibio; cui danno man forte alcune immagini<br />
metaforiche (metasememi <strong>di</strong>rebbe il Gruppo<br />
µ) del tipo come da un catino sfondato; un ...<br />
velo d’acqua ribolliva; sfogava ... il suo fiotto<br />
impuro fermentato a lungo nei fianchi delle nubi;<br />
i fanali affogavano; i marciapie<strong>di</strong> ... assumevano<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 75
Analisi Tecnica. Moravia<br />
li appannava; impossibile veder nulla. Le parve <strong>di</strong> essere chiusa fuori dal mondo,<br />
sola col fratello in quella scatola buia e <strong>di</strong> essere portata a grande velocità verso un<br />
luogo sconosciuto; dove ? così finivano la giornata e la sua vecchia vita: con una<br />
domanda alla quale era impossibile rispondere; dove si va <strong>di</strong> giorno o <strong>di</strong> notte, con<br />
l’oscurità e la pioggia o in piena luce ? Nessuno lo sa; ebbe paura! volle restringere<br />
la sua meta, rimpicciolire il suo mondo, vedere tutta la sua esistenza come una<br />
stanza angusta. « Sposerò Leo » pensò. Fissava con quei suoi occhi stanchi il vetro<br />
<strong>di</strong> faccia, e le parve <strong>di</strong> vedere affacciarsi, delinearsi su quella superficie lucida e buia<br />
delle figurette luminose; o vetri <strong>di</strong> casa, nelle notti piovose, vetri <strong>di</strong> treno, loquaci e<br />
monotoni, dagli scintillii misteriosi, finestre aperte sulla campagna nera dei sogni:<br />
Ecco… ecco… affiorare da quell’ombra i gra<strong>di</strong>ni assolati <strong>di</strong> una chiesa, lei tutta can<strong>di</strong>da<br />
nei suoi lunghi veli <strong>di</strong> sposa, col volto un po’ curvo, doveva essere una giornata<br />
<strong>di</strong> sole, aggrappata al braccio del suo compagno; e <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> loro uscire, svestirsi <strong>di</strong><br />
quell’oscurità, una per una, le figure del corteo nuziale; la madre molto lontana,<br />
doveva certamente piangere ma non si vedeva, con un rotondo e smagliante mazzo<br />
<strong>di</strong> fiori tra le mani; Michele a testa bassa come se avesse guardato dove metteva i<br />
resti insod<strong>di</strong>fatta. Michele assiste con in<strong>di</strong>fferenza alle meschine vicende che si svolgono<br />
attorno a lui, alla mene materne (Mariagrazia ignora la relazione con la figlia) per riconquistare<br />
Leo, alle attenzioni che a lui rivolge Lisa. Finché non viene a conoscenza della relazione della<br />
sorella: allora decide <strong>di</strong> ammazzare Leo, ma lo fa con una rivoltella scarica. L’ira <strong>di</strong> Michele è<br />
provocata anche dal fatto che egli aveva pensato, solo pensato !, <strong>di</strong> ’cedere’ la sorella a Leo in<br />
cambio del denaro dovuto: ora vede realizzarsi quello che lui ha pensato e gli pare si realizzi la<br />
sua personale meschinità. Ma Carla ha accettato <strong>di</strong> sposare Leo proprio per avere quel lusso<br />
che la povertà le aveva precluso. Tutto sommato è ’facile’, non v’è alcun motivo <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care<br />
e se qualche compromesso è necessario esso è largamente compensato dai vantaggi. Così<br />
Carla si prepara per la festa mascherata, dove si recherà anche la madre che non sa ancora<br />
della sua decisione e che è felice <strong>di</strong> reincontrare l’amante.<br />
l’aspetto anifibio delle banchine ... <strong>di</strong> mare. Un<br />
confronto con il lessico <strong>di</strong> P. narratore e <strong>di</strong> Svevo<br />
rivela facilmente la scelta ampia e ricca che lo<br />
scrittore romano fa nella scrittura, che utilizza<br />
la descrizione del mondo esterno per rendere,<br />
<strong>di</strong>remmo, tangibilmente lo stato d’animo dei<br />
personaggi.<br />
Il secondo capoverso precisa la modalità descrittiva.<br />
Ancora alcuni punti e virgola ritmano tre<br />
frasi caratterizzate dalla velocità dei movimenti<br />
<strong>di</strong> persone e cose: Michele e Carla cercano <strong>di</strong><br />
ritornare a casa bagnandosi il meno possibile<br />
(si noti il lemma acquata, piuttosto inconsueto<br />
per acquazzone), camminano non vicino ai, ma<br />
contro i muri; badando – più colto rispetto a<br />
cercando e a tentando, come più colto è voltata<br />
per curva o svolta, quando una borghese auto<br />
da piazza (taxi è voce registrata dal Panzini nel<br />
1913, il romanzo è del ’29), li illumina coi fari.<br />
L’evento, in realtà banalissimo, viene presentato<br />
in modo da esprimere fasti<strong>di</strong>o: un’automobile ...<br />
li assalì col raggio dritto dei suoi fanali accesi:<br />
tralasciando assalì, che è palmare evidenza,<br />
varrà notare l’amplificazione della espressio<br />
76 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
ne che per comunicare il concetto avrebbe<br />
richiesto solamente l’assalì « con la luce dei<br />
fanali »: qui la luce <strong>di</strong>viene raggio, aggettivato<br />
pleonasticamente dal punto <strong>di</strong> vista concettuale,<br />
ma efficamente ai fini dell’idea, con dritto; non<br />
<strong>di</strong>verso è l’uso del possessivo suoi e del participio<br />
(del tutto ’illogico’) accesi. È che l’assalì<br />
acquista più precisa denotazione da raggio,<br />
dritto e accesi, mentre suoi sottolinea l’alterità,<br />
se non l’ostilità dell’assalto. Insomma si manifesta<br />
qui la decisione <strong>di</strong> dare una descrizione<br />
te<strong>di</strong>osa, o atte<strong>di</strong>ata, del mondo, corrispettiva<br />
della con<strong>di</strong>zione psichica dei protagonisti, presi<br />
a un tempo da in<strong>di</strong>fferenza e <strong>di</strong>sgusto (più tar<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>rà ne La noia: « ... la realtà, quando mi annoio,<br />
mi ha sempre fatto l’effetto che fa una coperta<br />
troppo corta, ad un dormiente, in una notte d’inverno<br />
»). L’ultima frase, che conclude il periodo<br />
e l’azione, viene dopo un salto narrativo: Carla<br />
e Michele non chiamano o fermano il taxi, ma<br />
dopo esserne stati illuminati salirono e partirono.<br />
Non è, dunque, la realistica descrizione degli<br />
eventi che interessa Moravia; il succedersi degli<br />
eventi è sommariamente in<strong>di</strong>cato: contano le
Analisi Tecnica. Moravia<br />
pie<strong>di</strong>; Lisa in uno straor<strong>di</strong>nario vestito primaverile; e molti altri invitati <strong>di</strong> cui non<br />
si <strong>di</strong>stinguevano le facce, le donne vestite <strong>di</strong> bianco, gli uomini <strong>di</strong> nero, sparpagliati,<br />
affollati <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> loro; alcuni ancora per metà nell’ombra, altri in piena luce, tutti<br />
molto eleganti, si potevano <strong>di</strong>stinguere le pieghe impeccabili dei pantaloni degli<br />
uomini; ciascuno <strong>di</strong> essi stringeva tra le mani una luccicante tuba dai molti riflessi;<br />
si potevano <strong>di</strong>stinguere fiore per fiore i mazzi colorati e ton<strong>di</strong> delle donne… Tutti<br />
uscivano dal portale invisibile della chiesa, <strong>di</strong>scendevano <strong>di</strong>etro gli sposi; gli scalini<br />
erano pieni <strong>di</strong> sole; poi, improvvisamente scoppiava una musica lenta, religiosa, che<br />
a passo a passo pareva seguire il corteo nuziale, organo o campane ? le pareva <strong>di</strong><br />
u<strong>di</strong>rli, quei suoni trionfali che l’accompagnavano; erano solenni, ma colmi <strong>di</strong> una<br />
tristezza amara ed esultante come se ella così vestita, così aggrappata al braccio<br />
<strong>di</strong> suo marito, non stesse andando verso la gioia, ma invece verso un sacrificio<br />
ingrato, verso una vita piena <strong>di</strong> sgomento e d’insuperabili <strong>di</strong>fficoltà…<br />
Si scosse; una mano, quella <strong>di</strong> Michele, stringeva la sua: l’ombra del vetro<br />
<strong>di</strong>lagava rapidamente sulle figurette luminose del corteo nuziale, come quella <strong>di</strong><br />
una lastra fotografica bruciata dal sole; l’automobile aveva rallentato, si era fermata,<br />
aspettava, immobile, <strong>di</strong> attraversare una strada affollata; pioggia; fruscio;<br />
campanelli; trombe; voci; luci; facce; alfine con una scossa l’automobile si mosse,<br />
riparti:<br />
« Ebbene », ella domandò voltandosi « cosa c’è ? »<br />
Vide il fratello fare un gesto goffo e convulso con la mano: « Se non mi sbaglio »<br />
manifestazioni degli stati d’animo, o, meglio,<br />
dell’in<strong>di</strong>fferenza (che non equivale all’<strong>analisi</strong><br />
psicologica alla maniera <strong>di</strong> Svevo che ricerca le<br />
<strong>di</strong>namiche interiori verso una definizione del sé;<br />
la descrizione dello stato d’animo è descrizione<br />
d’un oggetto, complesso indubbiamente, che<br />
l’in<strong>di</strong>viduo piuttosto subisce, che non s’identifica<br />
con l’in<strong>di</strong>viduo, e che comunque semplicemente<br />
è così).<br />
La freddezza dell’enumerazione <strong>di</strong> oggetti raggiunge<br />
punte <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria efficacia nel terzo<br />
capoverso nel quale il ricorso alla scansione dei<br />
punto e virgola allinea sul medesimo piano cose,<br />
uomini, impressioni, immaginazioni. Il primo periodo,<br />
composto <strong>di</strong> otto frasiperiodo, accoglie<br />
la descrizione dei due protagonisti, oggettivati<br />
nelle posture dei corpi nel taxi e resi due fantocci<br />
senza vita, in drammatica contrad<strong>di</strong>zione con<br />
il larghissimo uso <strong>di</strong> verbi. Il secondo periodo è<br />
sintatticamente più vario: interrogative, esclamative<br />
interrompono la serie dei punto e virgola,<br />
ma non la monotona cadenza enumerativa,<br />
nella quale si <strong>di</strong>sfa la tensione problematica della<br />
domanda sul senso della vita. Funzionale alla<br />
resa dell’atte<strong>di</strong>amento è la domanda nella quale<br />
la moltiplicazione lessicale (ma cfr. più avanti:<br />
per mostrarsi quale era; nuda, perduta, povera)<br />
prende spunto dalla situazione reale del viaggio<br />
in taxi, ma banalizza il tema, sì che Carla sembra<br />
giocare, o, ad<strong>di</strong>rittura, non partecipare: dove<br />
si va <strong>di</strong> giorno o <strong>di</strong> notte, con<br />
l’oscurità e la pioggia o in piena<br />
luce ? abbiamo messo in staccato i termini<br />
pleonastici ai fini della comunicazione delle<br />
idee. Naturalmente assolvono ad una funzione<br />
risolutiva a petto della decisione <strong>di</strong> Carla, spaventata,<br />
<strong>di</strong> risolvere il problema contenendolo in<br />
<strong>di</strong>mensioni controllabili: onde « Sposerò Leo ».<br />
La decisione è definitiva: nessun segno d’imbarazzo,<br />
né <strong>di</strong> sofferenza, nessun ondeggiamento<br />
interiore. La decisione così presa suscita le<br />
immagini della futura cerimonia <strong>di</strong> nozze. È qui<br />
che affiora il pensiero della madre, già amante<br />
<strong>di</strong> Leo, ma è avvertita come invisibile presenza.<br />
Il pensiero <strong>di</strong> Carla si sofferma solo un attimo su<br />
quello che doveva essere il dramma familiare:<br />
subito le lagrime materne sono <strong>di</strong>menticate.<br />
In generale si veda come l’immaginazione scivoli<br />
su particolari insignificanti: le pieghe ... dei<br />
pantaloni, una luccicante tuba dai molti riflessi,<br />
i mazzi colorati e ton<strong>di</strong>, gli scalini.<br />
Se un suono l’avverte che quella decisione non<br />
significa automaticamente felicità, anzi può preludere<br />
ad una vita <strong>di</strong> sgomento e d’insuperabili<br />
<strong>di</strong>fficoltà, basterà che ella si scuota perché la<br />
dubitosa immaginazione svanisca.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 77
Analisi Tecnica. Moravia<br />
egli chiese con sforzo, « se non mi sbaglio non te l’ho detta la ragione per la quale<br />
dovresti rifiutare Leo ».<br />
Ella lo guardò: « No ».<br />
« Eccola ». Il ragazzo si chinò e cominciò in fretta senza transizione a raccontare:<br />
« Eccola la ragione… Oggi, prima <strong>di</strong> andar da Lisa…: a proposito, è stata lei<br />
a rivelarmi tutto, su te e Leo… »<br />
« Ah! è stata lei ».<br />
« Sì, a quel che pare vi aveva sorpresi ieri, nell’anticamera… Ma an<strong>di</strong>amo<br />
avanti… ieri, prima <strong>di</strong> andar da Lisa, non ricordo come, venni a pensare agli<br />
affari nostri, alle nostre con<strong>di</strong>zioni che in verità sono molto cattive… e a poco a<br />
poco mi addentrai tanto nei miei ragionamenti, che persi, come <strong>di</strong>re ? persi ogni<br />
ritegno, e mi sorpresi a pensare press’a poco questo: ’Ecco, noi siamo rovinati non<br />
c’è rime<strong>di</strong>o; tra un anno, se continuerà così, cadremo in miseria… per evitare<br />
questo <strong>di</strong>sastro non sarebbe consigliabile venire a qualche sacrificio o magari ad<br />
un compromesso ?’. La sola persona sulla quale si poteva contare per una simile<br />
combinazione era Leo… Dunque, per esempio, pensai allora quasi senza accorgermene,<br />
dato il carattere dell’uomo, è donnaiuolo, per una donna che gli piace<br />
darebbe tutto quel che ha; non sarebbe utile fargli capire che in cambio dei suoi<br />
denari io mi impegnerei, capisci ? a portargli mia sorella, Carla, tu, insomma, a<br />
portargliela in casa sua ? ».<br />
« Hai pensato questo ? » ella domandò voltandosi vivamente e guardandolo;<br />
in quel momento la luce <strong>di</strong> un fanale illuminò per un attimo la faccia <strong>di</strong> Michele;<br />
ella vide gli occhi aperti, <strong>di</strong>latati e sul volto bianco che accennava <strong>di</strong> sì, una ripugnante,<br />
goffa umiltà; stornò la testa; una tristezza angosciosa strinse il suo cuore<br />
tremante; l’automobile correva; Michele parlava:<br />
Moravia sostenne la necessità per il romanzo <strong>di</strong> superare la ’zavorra’ psicoanalitica per recuperare<br />
la realtà concreta, quella sensuale cui s’era venuta sostituendo la realtà del pensiero.<br />
Lo scrittore perciò sempre sottovaluterà i conflitti psicologici, giu<strong>di</strong>cati superflui ed inutili, un<br />
poco farseschi (« la vita era quel che era, meglio accettarla, che giu<strong>di</strong>carla »). È il caso del<br />
dramma interiore <strong>di</strong> Michele che soffre per aver pensato <strong>di</strong> liberarsi degli impacci economici<br />
col matrimonio <strong>di</strong> Carla con Leo: Carla dopo un breve atto d’orgoglio gli confermerà la decisione<br />
<strong>di</strong> sposare l’amante della madre, esattamente per gli stessi motivi che fanno penare<br />
il fratello. Ai suoi scrupoli opporrà un « È facile » che li banalizza del tutto; e rinvierà come<br />
fasti<strong>di</strong>o comunque superabile il contrasto con la madre che considera Leo ancora come suo<br />
amante: <strong>di</strong> fatto si tratta d’una alzata <strong>di</strong> spalle nei confronti d’un problema che s’affronterà,<br />
certo, ma del quale per il momento non conviene preoccuparsi. Il vero è che i motori delle azioni<br />
<strong>di</strong> Carla, <strong>di</strong> Mariagrazia, <strong>di</strong> Leo e <strong>di</strong> tutti i personaggi moraviani sono le pulsioni primarie della<br />
sessualità e del denaro: tutto ciò che contorna, che viene implicato, vuoi <strong>di</strong> psicologico, vuoi <strong>di</strong><br />
rapporti sociali, familiari e così via, ha consistenza assai fragile, tanto da non permettere alcun<br />
coinvolgimento e tanto meno identificazione. È per questo che i personaggi degli In<strong>di</strong>fferenti<br />
paiono estranei alla vicenda in cui si trovano immersi e che pure nasce dai loro istinti e dalle<br />
loro esigenze. Conta che la realtà esterna – come quella interiore – non determini alcuna vera<br />
problematizzazione: essa è così, e non si può far nulla perché sia <strong>di</strong>versa. Se<br />
Pirandello e Svevo (e poco dopo Gadda) avevano <strong>di</strong>mostrato falsa l’idea che esistesse una<br />
realtà conoscibile e mo<strong>di</strong>ficabile a nostro piacimento; il romanzo neorealista, che si è soliti<br />
far cominciare dagli In<strong>di</strong>fferenti, tenta <strong>di</strong> ricostruire la realtà cercandone i moventi (nel caso <strong>di</strong><br />
Moravia il sesso e il denaro; mentre Elio Vittorini ed Ignazio Silone penseranno <strong>di</strong> poterla mutare).<br />
78 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Moravia<br />
« Ho pensato questo… e mi pare <strong>di</strong> vederlo, sai ? » egli fece con la mano un gesto<br />
come se avesse voluto afferrare qualche cosa; « mi pareva <strong>di</strong> vedere come saremmo<br />
andati tutti e tre, io, te e Leo in casa <strong>di</strong> quest’ultimo … ; quando son turbato mi<br />
par <strong>di</strong> vedere le cose che penso … ; come avremmo preso il tè nel salotto <strong>di</strong> Leo,<br />
come alfine io me ne sarei partito, <strong>di</strong>scretamente, secondo gli accor<strong>di</strong> prestabiliti,<br />
lasciandoti sola insieme con Leo… ».<br />
« È orribile » ella mormorò con spavento, ma Michele non la udì.<br />
« Allora… capisci ? quando vi vi<strong>di</strong> poco fa, seduti l’uno in faccia all’altro, davanti<br />
alla finestra del salotto, e u<strong>di</strong>i Leo proporti <strong>di</strong> sposarlo … mi sembrò <strong>di</strong> scorgere<br />
la scena che avevo immaginato … succede a tutti … : si va per la strada, si pensa<br />
<strong>di</strong> trovare delle persone in certi atteggiamenti, e infatti si trovano… Ma nel mio<br />
caso c’era quel calcolo in più, quel calcolo sul denaro <strong>di</strong> Leo. ’Ecco’ mi <strong>di</strong>ssi, ’tutto<br />
è avvenuto come avevo pensato, come non avrei dovuto pensare, tutto è come se<br />
veramente io avessi detto a Leo: Senti Leo… c’è Carla, mia sorella… è una bella e<br />
florida ragazza’ … Non offenderti… è così che immaginavo parlargli… ».<br />
« Non mi offendo » ella mormorò senza voltarsi, « continua pure ».<br />
« Una bella, florida ragazza » ripeté Michele; « tu mi dai del denaro, molto, ti<br />
addossi il sostentamento della mia famiglia e io in cambio… in cambio ti lascio<br />
mano libera su Carla… fanne quel che vuoi… ».<br />
« Ma cosa pensavi… » ella proruppe triste e irritata; « cosa pensavi ch’io fossi ?<br />
un oggetto ? un animale ? ».<br />
« No, ma sapevo » rispose Michele con un mezzo sorriso <strong>di</strong> vittoria « che ti<br />
annoiavi… come <strong>di</strong>re ? che eri nelle con<strong>di</strong>zioni adatte, che avresti facilmente<br />
ceduto… »<br />
« Sapevi questo ? » ella mormorò.<br />
« Che non avessi agito » continuò Michele senza rispondere « non aveva<br />
ormai più importanza … : ne avrei subito lo stesso il rimorso … : vedendovi, là,<br />
sposati, vivendo <strong>di</strong> quei denari, ne avrei sempre sofferto come <strong>di</strong> una vera colpa…<br />
Il lessico<br />
All’interno <strong>di</strong> una generale me<strong>di</strong>età lessicale<br />
affiorano <strong>di</strong> tanto in tanto locuzioni più ricercate.<br />
Abbiamo già detto <strong>di</strong> automobile da piazza<br />
(più avanti si veda conduttore per il non ancora<br />
accettato autista) e <strong>di</strong> acquata, s’aggiungano<br />
vetro <strong>di</strong> faccia, stornò la testa. Si veda il caso <strong>di</strong><br />
ginocchia accavalciate: non solo egli fa ricorso<br />
ad un participio passato <strong>di</strong> uso non comune,<br />
ma non le gambe sono accavalciate secondo<br />
la formula più <strong>di</strong>ffusa, ma le ginocchia: tal che<br />
l’espressione presa in considerazione è praticamente<br />
unica. Così peculiari per l’intriseco<br />
ossimoro sono fruscìo oceanico; impiastricciata<br />
<strong>di</strong> un lussureggiante belletto e occhi affogati in<br />
una languida tintura nera.<br />
Contrad<strong>di</strong>ttorietà ideologica è quella che si<br />
rinviene in ripugnante, goffa umiltà: dal momento<br />
che il retaggio cristiano induce a vedere<br />
nell’umiltà una virtù, è poco frequente l’aggettivazione<br />
negativa, benché non manchino<br />
esempi: superba (G.B. Marino), finta, esagerata<br />
e così via. Decisamente raro è ripugnante, che<br />
deriva <strong>di</strong>rettamente dall’ideologia espressa nel<br />
romanzo moraviano (che, s’è detto, respinge<br />
ogni complicazione psicologica) dal carattere <strong>di</strong><br />
Carla che aveva provato la medesima sensazione<br />
quando per colpa <strong>di</strong> un movimento brusco<br />
dell’automobile il fratello s’era troppo avvicinato:<br />
« Un sobbalzo della vettura li gettò ripugnanti<br />
l’uno contro l’altro ».<br />
Due sole le metafore <strong>di</strong> qualche rilievo: una che<br />
abbiamo avuto modo <strong>di</strong> incontrare: i marciapie<strong>di</strong><br />
inondati assumevano l’aspetto anfibio delle<br />
banchine per metà sommerse, nei porti <strong>di</strong> mare;<br />
la seconda, sempre attinente al genere marino:<br />
allora osservò, arenata sull’orlo della strada,<br />
come un cetaceo lasciato lì dall’alluvione, una<br />
forma nera e lunga, una grande automobile.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 79
Analisi Tecnica. Moravia<br />
capisci ?… capisci ?… » egli ripeté preso da una subita esasperazione, afferrandola<br />
per un braccio; « capisci ?… Si pensa una brutta, malvagia azione, ma non la si<br />
fa… poi tutto avviene come si aveva pensato, ma non completamente, fino ad un<br />
certo punto, in modo da poterne ancora impe<strong>di</strong>re l’esecuzione… Cosa si deve fare<br />
allora ? si cercherà <strong>di</strong> opporsi, d’impe<strong>di</strong>re che questa cosa orribile avvenga… se non<br />
lo si fa, è come se si fosse stati complici dal principio alla fine, è come se io ti avessi<br />
veramente ceduta a Leo per il suo denaro, e ti avessi veramente portata in casa<br />
sua… Capisci ora ? se tu lo sposi per me è come se veramente io avessi favorito la<br />
vostra unione, la vostra colpa, avessi da una parte spinto te tra le braccia <strong>di</strong> Leo e<br />
dall’altra ricevuto il denaro… capisci ?… capisci ora ?… ». Un sobbalzo della vettura<br />
li gettò ripugnanti l’uno contro l’altro; silenzio, l’automobile correva:<br />
« Mi perdoni » domandò alfine il ragazzo con voce commossa e umile, curvandosi<br />
in avanti, accanto alla sorella; « mi perdoni, Carla ?… ».<br />
Ella taceva e guardava davanti a sé; poi ebbe un riso sforzato e secco:<br />
« Non c’è nulla da perdonare » rispose; « non mi hai fatto nulla… nulla <strong>di</strong><br />
male… cosa avrei da perdonarti ? » Silenzio. « Non ho nulla da perdonare a nessuno<br />
» ella ripeté esasperata, con voce <strong>di</strong> pianto, senza <strong>di</strong>stogliere gli occhi dal<br />
vetro dell’automobile; « a nessuno… non voglio che essere lasciata in pace ». Gli<br />
occhi le si empirono <strong>di</strong> lacrime; tutti erano colpevoli e nessuno, ma ella era stanca<br />
<strong>di</strong> esaminare se stessa e gli altri; non voleva perdonare, non voleva condannare, la<br />
vita era quel che era, meglio accettarla, che giu<strong>di</strong>carla, che la lasciassero in pace.<br />
Parve a Michele <strong>di</strong> trovare in queste parole la sua definitiva condanna: « Non<br />
ho fatto nulla » si ripeté con stupore, ché gli pareva <strong>di</strong> essere invecchiato, <strong>di</strong> aver<br />
molto vissuto in quel solo giorno: « è vero… non ho fatto nulla… nient’altro che<br />
pensare… ». Un fremito <strong>di</strong> paura lo scosse: “Non ho amato Lisa… non ho ucciso<br />
Leo… non ho che pensato… ecco il mio errore”. Si chinò, afferrò una mano della<br />
fanciulla:<br />
« Ma lo rifiuterai, non è vero ? » domandò ansio-samente; « <strong>di</strong>mmi che lo<br />
rifiuterai… ».<br />
Silenzio: « Lo sposerò » ella <strong>di</strong>sse alfine; silenzio ancora: « Cosa avverrebbe <strong>di</strong><br />
La sintassi<br />
S’è più su visto come Moravia spesso proceda<br />
attraverso la moltiplicazione <strong>di</strong> sostantivi e <strong>di</strong><br />
aggettivi e sul piano più strettamente sintattico<br />
attraverso serie (anche lunghe) <strong>di</strong> brevi frasiperio<strong>di</strong><br />
scan<strong>di</strong>ti da punto e virgola: la subor<strong>di</strong>nazione<br />
viene sostituita dalla frammentazione in<br />
una moltepilicità <strong>di</strong> principali, neppure sempre<br />
coor<strong>di</strong>nate, semplicemente giustapposte in<br />
una sorta d’accumulazione <strong>di</strong> frasi vuoi nelle<br />
descrizioni della realtà, vuoi nelle introspezioni,<br />
vuoi nei <strong>di</strong>aloghi. Più su abbiamo esaminato<br />
alcuni momenti descrittivi; qui esamineremo<br />
il più (sintatticamente) articolato <strong>di</strong>alogo tra<br />
Michele e Carla in automobile, allorché il primo<br />
confessa il non realizzato progetto. Alla risposta<br />
negativa con la quale Carla <strong>di</strong>chiarava <strong>di</strong> non<br />
conoscere il motivo per il quale avrebbe dovuto<br />
80 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
respingere Leo, Michele comincia l’esposizione<br />
con una determinazione temporale (oggi, prima<br />
...) subito interrotta dall’esposizione del ruolo<br />
avuto da Lisa nella scoperta. Poi, finalmente,<br />
la confessione vera e propria: qui una serie <strong>di</strong><br />
perio<strong>di</strong> composti al più da una reggente e da<br />
una subor<strong>di</strong>nata: nostre con<strong>di</strong>zioni che ... sono<br />
... cattive; mi addentrai tanto ... che persi; poi<br />
due reggenti senza legame sintattico: siamo<br />
rovinati non c’è rime<strong>di</strong>o; una ipotetica <strong>di</strong> primo<br />
tipo; una interrogativa con finale implicita.<br />
La frammentazione sintattica giunge nel periodo<br />
successivo ad una sorta <strong>di</strong> sconnessione. La<br />
conclusiva introdotta dal dunque viene interrotta<br />
da una temporale, poi da una causale<br />
implicita, una oggettiva retta dal pensai. Un<br />
punto e virgola introduce (separa ?) il verbo della<br />
conclusiva: sarebbe + utile, pre<strong>di</strong>cato della soggettiva<br />
fargli capire. La soggettiva comporta
Analisi Tecnica. Moravia<br />
me se non lo sposassi ? » ella continuò con voce triste e dura; « che cosa <strong>di</strong>venterei<br />
… ? Pensaci un istante… in queste con<strong>di</strong>zioni… ». E fece un gesto come per<br />
mostrarsi quale era; nuda, perduta, povera: « Sarebbe una pazzia rifiutarlo, non<br />
mi resta che sposarlo… ». Tacque, guardando come prima davanti a sé.<br />
La rigi<strong>di</strong>tà del tono aveva persuaso Michele più <strong>di</strong> qualsiasi ragione: « Tutto è<br />
finito » pensò guardando le guance puerili <strong>di</strong> Carla, che il fanale dell’automobile<br />
illuminava; « è una donna ». Si sentì vinto: « E così Carla » domandò ancora come<br />
un bambino mal convinto, « lo sposerai ? ».<br />
« Lo sposerò » ella ripeté senza voltarsi.<br />
La corsa dell’automobile volgeva alla fine; le strade si allargavano, si spopolavano;<br />
non più case, ma ville chiare e cupi giar<strong>di</strong>ni fra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> pioggia; scarsi i fanali,<br />
larghi e deserti i marciapie<strong>di</strong>. Carla seguiva attentamente la corsa e con quella<br />
stessa velocità i pensieri turbinavano nella sua mente eccitata e stanca; l’automobile<br />
era la sua vita, lanciata ciecamente nell’oscurità. Avrebbe sposato Leo … vita in<br />
comune, mangiare insieme, uscire insieme, viaggi, sofferenze, gioie … avrebbero<br />
avuto una bella casa, un bell’appartamento in un quartiere elegante della città …<br />
qualcheduno entra nel salotto arredato con lusso e buon gusto, è una signora sua<br />
amica, ella le viene incontro … prendono il tè insieme, poi escono; la sua macchina<br />
le aspetta alla porta; salgono; partono … Ella si sarebbe chiamata signora,<br />
signora Merumeci, strano, signora Merumeci … Le pareva <strong>di</strong> vedersi, un po’ più<br />
alta, più grande, le gambe ingrossate, i fianchi più larghi, il matrimonio ingrassa,<br />
dei gioielli al collo e sulle <strong>di</strong>ta, ai polsi; più dura, più fredda, splen<strong>di</strong>da ma fredda,<br />
come se avesse avuto, là, <strong>di</strong>etro quei suoi occhi rigi<strong>di</strong>, un segreto, e per conservarlo<br />
nascosto, avesse ucciso nella sua anima ogni sentimento. Così atteggiata, vestita<br />
elegantemente, eccola entrare nella sala affollata <strong>di</strong> un albergo; suo marito la segue,<br />
Leo, un po’ più calvo, un po’ più grasso, ma non molto cambiato; si seggono,<br />
prendono il tè, ballano, molti la guardano e pensano: « Bella, bella donna ma cattiva<br />
… non sorride mai … ha gli occhi duri … sembra una statua … chissà a che cosa<br />
pensa ». Altri in pie<strong>di</strong>, laggiù presso le colonne della sala, mormorano tra <strong>di</strong> loro:<br />
« Ha sposato l’amico <strong>di</strong> sua madre … un uomo più vecchio <strong>di</strong> lei … non lo ama<br />
e certamente deve avere un amante ». Tutti mormorano, pensano, la guardano;<br />
una oggettiva che ... mi impegnerei (interrotta<br />
dall’inciso interrogativo, capisci ?), oggettiva<br />
che si conclude con la ripetizione <strong>di</strong> ’portare’.<br />
Naturalmente si può <strong>di</strong>re che un periodare così<br />
spezzato, talora caotico, risponde alla situazione<br />
psicologica in cui si trova il parlante: e questo<br />
corrisponderebbe al vero. Bisognerà tuttavia<br />
tenere presente che quell’accumulazione <strong>di</strong><br />
frammenti <strong>di</strong> pensieri e <strong>di</strong> eventi corrisponde<br />
perfettamente alla modalità descrittiva che abbiamo<br />
analizzata all’inizio del capitolo.<br />
Così come corrisponde anche il momento in<br />
cui Carla pensa al suo futuro drammaticamente<br />
segnato dal paragone: l’automobile era la sua<br />
vita, lanciata nell’oscurità. Dapprima una serie<br />
<strong>di</strong> sostantivi (o verbi sostantivati) in asindeto, poi<br />
un gruppo <strong>di</strong> immaginazioni <strong>di</strong>sposte in or<strong>di</strong>ne<br />
cronologico, compaginate in frasi ora coor<strong>di</strong>nate<br />
in polisindeto, più spesso in asindeto: è<br />
una signora sua amica, ella le viene incontro …<br />
prendono il tè insieme, poi escono; la sua macchina<br />
le aspetta alla porta; salgono; partono. Le<br />
immagini che passano nella mente <strong>di</strong> Carla si<br />
susseguono rapidamente, e nell’insieme compongono<br />
un progetto <strong>di</strong> vita ma <strong>di</strong> una vita in<br />
cui azioni, persone, eventi si accumulano senza<br />
stabilire un vero nesso logico tra loro, senza<br />
strutturarsi veramente in un <strong>di</strong>scorso unitario,<br />
giacché non l’apparenza borghese e perbenista<br />
è vera, ma la pulsione sessuale e l’avi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong><br />
denaro, unici ed immo<strong>di</strong>ficabili perni intorno ai<br />
quali ruota una fasti<strong>di</strong>osa, insignificante folla <strong>di</strong><br />
piccoli eventi, obblighi sociali e così via.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 81
Analisi Tecnica. Moravia<br />
ella sta seduta accanto a quel suo marito, tiene le ginocchia accavalciate, fuma …<br />
effetto <strong>di</strong> gambe, il vestito è succinto, la scollatura è <strong>prof</strong>onda … tutti l’osservano<br />
con bramosia come se volessero morderla; ella risponde loro con sguar<strong>di</strong> pieni<br />
d’in<strong>di</strong>fferenza … Una camera … ecco: la signora Merumeci, in ritardo per qualche<br />
visita <strong>di</strong> obbligo, corre incontro al suo amante; tra quelle braccia perde quella sua<br />
durezza <strong>di</strong> statua, queste donne rigide sono sempre le più ardenti, ri<strong>di</strong>venta fanciulla,<br />
piange, ride, balbetta, è come una prigioniera liberata che rivede alfine la luce<br />
… la sua gioia è bianca, tutta la stanza è bianca, ella è senza macchia tra le braccia<br />
dell’amante … la purezza è ritrovata. Poi, quando vien l’ora, stanca e felice, torna<br />
alla casa coniugale e ricompone sul suo volto l’abituale freddezza … La sua vita<br />
continua così per degli anni … molti la invi<strong>di</strong>ano … ella è ricca, si <strong>di</strong>verte, viaggia,<br />
ha un amante, che più ? tutto quel che può avere una donna lo ha…<br />
L’automobile si fermò; <strong>di</strong>scesero; non pioveva più; l’aria era fredda e nebbiosa;<br />
un vento umido agitava senza posa il fogliame cupo dei giar<strong>di</strong>ni. Carla saltò<br />
agilmente la larga pozza che si frapponeva fra il marciapiede e la via, e dritta, in<br />
pie<strong>di</strong> sotto un fanale, aspettò che il fratello avesse pagato; allora osservò, arenata<br />
sull’orlo della strada, come un cetaceo lasciato lì dall’alluvione, una forma nera e<br />
lunga, una grande automobile; il cofano brillava; col berretto calato sugli occhi,<br />
incastrato sul suo se<strong>di</strong>le, il conduttore dormiva. « La macchina dei Berar<strong>di</strong> » ella<br />
pensò stupita, e ad un tratto si ricordò <strong>di</strong> quell’invito per il ballo mascherato.<br />
« Michele » <strong>di</strong>sse al fratello che le veniva incontro scavalcando con precauzione<br />
le pozze del fossato; « la macchina dei Berar<strong>di</strong> ».<br />
« Già » egli osservò con una rapida occhiata all’automobile: « saranno venuti<br />
a prenderci ».<br />
Entrarono nel parco; l’attraversarono in silenzio, guardando con cautela dove<br />
mettevano i pie<strong>di</strong>; rumore della ghiaia calpestata; umi<strong>di</strong>tà; ombre cupe e fantastiche<br />
contro il cielo nebbioso; vasto fruscìo oceanico dei gran<strong>di</strong> alberi; senso <strong>di</strong><br />
tregua; non pioveva più.<br />
Nel vestibolo caldo e illuminato Michele si tolse il pastrano e il cappello:<br />
« Carla » <strong>di</strong>sse alfine alla sorella che sulla soglia della porta lo aspettava: « quando<br />
parlerai a mamma <strong>di</strong> questo matrimonio ? »<br />
Ella lo guardò: « Domani » rispose tranquillamente.<br />
Passarono nel corridoio; un rumore <strong>di</strong> voci e <strong>di</strong> risa arrivava dal salotto; la<br />
fanciulla si avvicinò alle tende che nascondevano quella porta, le allargò con precauzione,<br />
spiò per un istante:<br />
« Sono tutti là » <strong>di</strong>sse voltandosi; « tutt’e tre … Pippo, Mary e Fanny ».<br />
Salirono la scala; nell’anticamera vennero loro incontro la madre e Lisa; la<br />
madre si era già travestita da spagnuola: aveva la faccia molle e patetica tutta impiastricciata<br />
<strong>di</strong> un lussureggiante belletto, guance accese e punteggiate <strong>di</strong> nèi, labbra<br />
vermiglie, occhi affogati in una languida tintura nera; il costume da spagnuola,<br />
lungo e tutto nero, le ondeggiava intorno ad ogni dondolìo dei fianchi, con una<br />
molle abbondanza <strong>di</strong> pieghe; un sontuoso velo ricamato a giorno le ricadeva dal<br />
largo pettine <strong>di</strong> tartaruga sulle spalle grasse, sulle braccia larghe, tremule e nude;<br />
teneva tra le mani un ventaglio <strong>di</strong> piume <strong>di</strong> struzzo, sorrideva stupidamente e come<br />
paurosa <strong>di</strong> turbare con qualche movimento l’equilibrio della sua acconciatura,<br />
82 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Moravia<br />
camminava con la testa dritta e rigida; al suo fianco, come il giorno accanto alla<br />
notte, stava Lisa, bion<strong>di</strong>ccia, <strong>di</strong> una bianchezza farinosa, tutta vestita <strong>di</strong> chiaro.<br />
Appena vide Carla e Michele la madre venne loro incontro: « È tar<strong>di</strong> » gridò<br />
prima ancora che avessero finito <strong>di</strong> salire. « I Berar<strong>di</strong> aspettano già da un quarto<br />
d’ora ».<br />
Era sod<strong>di</strong>sfatta, contenta: Lisa aveva passato tutto il pomeriggio con lei: <strong>di</strong> conseguenza<br />
l’amante le aveva detto la verità e non la tra<strong>di</strong>va; dalla gioia si era mostrata<br />
affabilissima con l’amica, le aveva fatto mille confidenze, e per un istante avrebbe<br />
anche pensato d’invitarla al ballo <strong>di</strong> quella sera; ma vi aveva rinunziato un poco per<br />
un parsinionioso egoismo, un poco perché i Berar<strong>di</strong> conoscevano pochissimo Lisa<br />
e avrebbero potuto offendersi <strong>di</strong> questa sua libertà. « Presto … presto » ripeteva a<br />
Carla che immobile la contemplava; « presto, vatti a mascherare… »<br />
« Devo mascherarmi ? » domandò la fanciulla con voce dubitosa e <strong>prof</strong>onda,<br />
senza alzare gli occhi da terra.<br />
La madre rise : « Svegliati Carla », <strong>di</strong>sse agitandosi con quel suo ondeggiante velo<br />
spagnuolo; « a che cosa pensi ? … non vorrai mica andare al ballo senza mascherarti<br />
? ». Prese la figlia per un braccio: « An<strong>di</strong>amo » soggiunse « an<strong>di</strong>amo … se no<br />
facciamo tar<strong>di</strong> ».<br />
Con un gesto meccanico Carla si tolse <strong>di</strong> testa il cappello e scuotendo la grossa<br />
testa indolente e arruffata seguì la madre; il velo spagnuolo ondeggiava con eleganza<br />
dalle due sporgenze fasciate delle natiche; Carla la guardava e le pareva, vedendola<br />
così eguale a se stessa, così immutabile, che nulla in quel pomeriggio fosse avvenuto:<br />
« Eppure » pensava « Bisognerà informarla <strong>di</strong> questo matrimonio ». Così, l’una<br />
trascinando l’altra, uscirono dall’anticamera.<br />
Restarono soli Lisa e Michele; fin dal primo momento la donna aveva osservato<br />
dal suo angolo, con una curiosità avida e turbata, quei due, fratello e sorella, che<br />
arrivavano insieme; ora, dopo avere invano aspettato che il ragazzo parlasse per<br />
il primo, gli si avvicinò:<br />
« Ebbene » domandò senza nascondere questo suo in<strong>di</strong>screto interessamento;<br />
« <strong>di</strong>mmi … com’è andata ? ».<br />
Egli si voltò, la guardò: « com’è andata » ripeté lentamente; « com’è andata ?<br />
… male è andata … gli ho sparato addosso ».<br />
« Misericor<strong>di</strong>a! » esclamò Lisa con un terrore esagerato, guardandolo vivamente<br />
« e l’hai ferito ? ».<br />
« Neppure toccato ».<br />
« Vieni qui ». Eccitata ella lo attirò sul <strong>di</strong>vano e gli sedette accanto: « Sie<strong>di</strong>ti<br />
qui…, raccontami… ».<br />
Ma Michele ebbe un gesto stanco e impaziente: « Ora no … più tar<strong>di</strong> ». Osservava<br />
quella carne rosea e bionda, quel petto florido … un desiderio insaziabile lo<br />
invadeva <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare anche per un solo istante la sua miseria… « Vai al ballo<br />
? » domandò alfine poiché ebbe cessato <strong>di</strong> esaminarla.<br />
« No ».<br />
« Allora »; egli esitò: l’allora, poiché neppure io ci vado, vengo a cena da te …<br />
e così … ti racconterò tutto ».<br />
La vide assentire con entusiasmo: « Va bene, benissimo … ceneremo insieme ».<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 83
Analisi Tecnica. Moravia<br />
E sorrise con amarezza. « Questa volta » pensò irritato e compiaciuto « non aver<br />
paura, non temere, non ti respingerò ».<br />
Un <strong>di</strong>sgusto opaco l’opprimeva; i suoi pensieri non erano che ari<strong>di</strong>tà, deserto;<br />
nessuna fede, nessuna speranza alla cui ombra riposare e rinfrescarsi; la falsità e<br />
l’abbiezione <strong>di</strong> cui aveva pieno l’animo egli le vedeva negli altri, sempre, impossibile<br />
strapparsi dagli occhi quello sguardo scoraggiato, impuro che si frapponeva<br />
tra lui e la vita; un po’ <strong>di</strong> sincerità, si ripeteva riaggrappandosi alla sua vecchia<br />
idea fissa, « un po’ <strong>di</strong> fede … e avrei ucciso Leo … ma ora sarei limpido come una<br />
goccia d’acqua ».<br />
Si sentiva soffocare; guardò Lisa, pareva contenta: « Come vivi ? » avrebbe<br />
voluto gridarle: « sinceramente ? con fede ? <strong>di</strong>mmi come riesci a vivere ». I suoi<br />
pensieri erano confusi, contrad<strong>di</strong>ttori: « E ancora » pensava con un brusco, <strong>di</strong>sperato<br />
ritorno alla realtà, « forse questo <strong>di</strong>pende soltanto dai miei nervi scossi …<br />
forse non è che una questione <strong>di</strong> denaro o <strong>di</strong> tempo o <strong>di</strong> circostanze ». Ma quanto<br />
più si sforzava <strong>di</strong> ridurre, <strong>di</strong> semplificare il suo problema, tanto più questo gli appariva<br />
<strong>di</strong>fficile, spaventoso. « È impossibile andare avanti così ». Avrebbe voluto<br />
piangere; la foresta della vita lo circondava da tutte le parti, intricata, cieca; nessun<br />
lume splendeva nella lontananza: « im-possibile ».<br />
Tornarono la madre e Carla, travestita quest’ultima da Pierrot; aveva il volto<br />
nascosto da una mascherina <strong>di</strong> raso nero, portava un enorme collare oscillante<br />
intorno al collo, giubbetto, pantaloni, scarpine <strong>di</strong> seta bianca con gran<strong>di</strong> bottoni<br />
neri; camminava sulle punte dei pie<strong>di</strong>, col tricorno un po’ <strong>di</strong> traverso, e sorrideva<br />
misteriosamente:<br />
« Come vi sembriamo ? » domandò la madre.<br />
« Molto bene … molto bene » ripeté Lisa: « <strong>di</strong>vertitevi ».<br />
« È quel che faremo » <strong>di</strong>sse la fanciulla con uno scoppio <strong>di</strong> risa; così travestita<br />
si sentiva un’altra, più gaia, più leggera … Si avvicinò al fratello, gli <strong>di</strong>ede sulla<br />
spalla un colpetto col ventaglio. « E con te domani parleremo » <strong>di</strong>sse a bassa voce;<br />
la confessione nell’automobile le aveva lasciato una penosa impressione; le pareva<br />
che Michele si stesse rovinando la vita; « è invece tutto è così semplice », aveva<br />
pensato infilandosi davanti allo specchio i pantaloni da Pierrot: « lo prova il fatto<br />
che nonostante quel che è avvenuto io mi travesto e vado al ballo ». Avrebbe voluto<br />
gridarglielo a Michele: « tutto è così semplice », e già pensava <strong>di</strong> fargli trovar del<br />
lavoro, un posto, un’occupazione qualsiasi, da Leo, appena si sarebbero sposati…<br />
Ma la madre la trascinava:<br />
« An<strong>di</strong>amo » ripeteva « an<strong>di</strong>amo … i Berar<strong>di</strong> aspettano ».<br />
Discesero la scala, l’uno accanto all’altra, il Pierrot bianco e la spagnuola nera;<br />
sul pianerottolo la madre fermò la figlia:<br />
« Ricordati » le mormorò in un orecchio « <strong>di</strong> essere … come <strong>di</strong>re ? … gentile<br />
con Pippo … Ci ho ripensato … forse ti ama … è un buon partito ».<br />
« Non aver paura » rispose Carla seriamente.<br />
Discesero la seconda rampa. Ora la madre sorrideva sod<strong>di</strong>sfatta: pensava che<br />
anche l’amante sarebbe venuto al ballo, e pregustava una piacevole serata.<br />
84 • Dalla ſcrittura alla letteratura
RICCARDO BACChELLI<br />
IL MULINO DEL pO<br />
dal capITOlO II<br />
« Il giorno dell’Ascensa, portan il maio a chi non se la pensa », <strong>di</strong>sse l’oste con<br />
un altro proverbio.<br />
Scacerni lo guardò sorpreso e accigliato, ma quello parlava per puro amor <strong>di</strong><br />
proverbiare in rima. Per altro è tempo <strong>di</strong> chiarir l’enigma al lettore: è un fatto che<br />
la notte della vigilia dell’Ascensione, era andato davvero a piantar la frasca del<br />
’maggio’ alla porta <strong>di</strong> una giovinetta, Dosolina Malvegoli, che abitava a Palazzo<br />
Diamantina, già fastoso d’antichi signori, ora spelonca e tugurio <strong>di</strong> povere famiglie.<br />
E Dosolina, che non s’aspettava d’essere richiesta con quella <strong>di</strong>chiarazione<br />
d’amore, non aveva saputo indovinare da chi le fosse venuta; per modestia, non<br />
ostante che d’esser bella se lo fosse sentito <strong>di</strong>re già piú volte, e per ritegno, perché<br />
era tanto giovane, e tanto povera.<br />
« Ragazzate », aveva detto suo padre sentendo che era stato portato il maggio<br />
a Dosolina.<br />
Non molti certamente eran piú poveri <strong>di</strong> Princivalle Malvegoli, e pochissimi<br />
d’una povertà piú maligna e penosa, che non gli fruttava nemmeno compassione.<br />
Infatti pretendeva, e forse con ragione, <strong>di</strong> <strong>di</strong>scendere da una famiglia <strong>di</strong> nobili<br />
Malvegoli, ma non aveva saputo produrre altra prova che quel nome, Princivalle,<br />
ere<strong>di</strong>tario in famiglia. La gente rideva, ché non ne aveva ere<strong>di</strong>tato altri beni, ed era<br />
poco per cavarsi la fame con moglie e cinque figli. Ridessero: un giorno s’aveva da<br />
vedere che testa era la sua. I pochi denari che guadagnava un tempo, se li era spesi<br />
per riven<strong>di</strong>care il titolo e i beni, fidandosi d’un legale, che, spremuta fin all’osso la<br />
sua miseria, alla fine aveva saputo <strong>di</strong>rgli che le possessioni dei Malvegoli in ogni<br />
caso erano sfumate da cent’anni. Avesse avuti altri sol<strong>di</strong> e un legale onesto, avrebbe<br />
fatto veder che testa era la sua.<br />
La rivista «La Ronda» iniziò le pubblicazioni nel 1919 e le concluse nel 1923. Fu <strong>di</strong>retta da Vincenzo<br />
Cardarelli, Riccardo Bacchelli, Antonio Bal<strong>di</strong>ni ed altri, che si riconoscevano nell’amore<br />
per i classici, nella volontà <strong>di</strong> restituire <strong>di</strong>gnità al mestiere <strong>di</strong> scrittore. Cardarelli espresse, in<br />
quello che si può considerare il programma della rivista, l’assoluta priorità dello stile e della<br />
pulizia linguistica: « Per ritrovare, in questo tempo, un simulacro <strong>di</strong> castità formale ricorreremo<br />
a tutti gli inganni della logica, dell’ironia, del sentimento, ad ogni sorta <strong>di</strong> astuzie... Ci sostiene<br />
la sicurezza <strong>di</strong> avere un modo nostro <strong>di</strong> leggere e <strong>di</strong> rimettere in vita ciò che sembra morto. Il<br />
nostro classicismo è metaforico e a doppio fondo. Seguitare a servirsi con fiducia <strong>di</strong> uno stile<br />
defunto non vorrà <strong>di</strong>re per noi altro che realizzare delle nuove eleganze, perpetuare insomma,<br />
insensibilmente, la tra<strong>di</strong>zione della nostra arte. E questo stimeremo essere moderni alla<br />
maniera italiana, senza spatriarci ». La menzione dell’ironia nel <strong>di</strong>scorso programmatico non<br />
è senza rilievo, soprattutto per quanto attiene alla prassi <strong>di</strong> Bacchelli (a partire dal Diavolo a<br />
Pontelungo) <strong>di</strong> Emilio Cecchi, <strong>di</strong> Antonio Bal<strong>di</strong>ni; accanto ai quali andranno annoverati a pieno<br />
titolo nella «Ronda» e nella connotazione ironica del movimento Giorgio De Chirico e Alberto<br />
Savinio, Carrà. È che l’ironia serviva a bilanciare il « demone del classicismo » che trovava<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 85
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
E la gente rideva <strong>di</strong> quelle sue esigenze, che parevan una piú strampalata dell’altra.<br />
Era stato sensale <strong>di</strong> granaglie e <strong>di</strong> canapa, ricchezza questa del vicino bondesano.<br />
Fornito <strong>di</strong> una certa istruzione e d’una vivace parlantina, era stato in via <strong>di</strong><br />
guadagnarsi la vita, quando aveva voluto stabilirsi mercante, lavorar sul mercato<br />
<strong>di</strong> città e sui sol<strong>di</strong> in prestito. Era andato in malora: colpa dei cre<strong>di</strong>tori, dei prezzi,<br />
delle annate, delle stelle, <strong>di</strong> tutto e <strong>di</strong> tutti, s’intende, fuorché sua. S’era ridotto ad<br />
aprir bottega in una stanzaccia del Palazzo Diamantina, e ve lo lasciavano non<br />
tanto per pietà quanto perché non vi sarebbe andato a stare nessun altro: bottega<br />
<strong>di</strong> che, non si sarebbe saputo <strong>di</strong>re, essendo vuota la stanzaccia, polverosa e muffosa,<br />
tetra, in cui stentava la <strong>di</strong>sgraziata famiglia, cinque figli famelici e cenciosi,<br />
<strong>di</strong> cui la giovanissima Dosolina era maggiore. L’animosa moglie e madre, Donata<br />
Malvegoli, che non riusciva a sfamarli, era acerba verso la vanitosa dappocaggine<br />
<strong>di</strong> Princivalle:<br />
« Non stare a stu<strong>di</strong>ar tanto <strong>di</strong> chi è la colpa ».<br />
« Vorresti <strong>di</strong>re che ho sbagliato io? »<br />
« No: io ho sbagliato, purtroppo, a sposare un <strong>di</strong>sutile della tua forza ».<br />
« Sacrificatevi per la famiglia », sbraitava il Malvegoli, « se volete conoscere<br />
che cos’è la riconoscenza! »<br />
« Per la famiglia, <strong>di</strong>sgraziato? »<br />
nel culto dello stile e della lingua il momento <strong>di</strong> maggiore attenzione. Bisognava, scriveva A.<br />
Bal<strong>di</strong>ni, <strong>di</strong>stinguere nettamente la lingua parlata da quella scritta; e B. aggiungeva: «lo stile,<br />
oltre al resto, è una <strong>di</strong>fesa»: una <strong>di</strong>fesa dell’intellettuale dagli attacchi e dalle tentazioni della<br />
politica, ma anche, noi <strong>di</strong>remmo soprattutto, dallo sgretolamento dell’essere – sono parole<br />
<strong>di</strong> A. Saccone – e della realtà che altri coetanei scrittori (cfr. Pascoli, Pirandello, Moravia)<br />
drammaticamente registravano. Insomma la ricostruzione <strong>di</strong> uno stile letterario (della sua<br />
sintassi e del suo lessico) significava, in B., anche la ricostruzione della realtà; <strong>di</strong>versa, però,<br />
da quella romantica e manzoniana in particolare: ché in B. manca il progetto universalistico<br />
e quello operativo. La sua pre<strong>di</strong>lezione per la storia si nutre <strong>di</strong> amorevole simpatia per i suoi<br />
personaggi, per la realtà, anche la più minuta, in cui essi vivono. Così è che nel brano che<br />
abbiamo riportato la precisa designazione degli oggetti, delle parti del mulino galleggiante<br />
vanno riferite a tale atteggiamento <strong>di</strong> larga adesione alle cose del passato e del presente: non<br />
è mai accademismo, gusto per il lessico desueto; ma <strong>di</strong>fesa contro la <strong>di</strong>spersione e l’oblio <strong>di</strong><br />
cose, <strong>di</strong> mestieri, <strong>di</strong> uomini e vocaboli; contro l’oblio delle epoche della civiltà.<br />
Sintesi del romanzo. Lazzaro Scacerni, il protagonista della prima parte de Il mulino del Po,<br />
storia <strong>di</strong> tre generazioni <strong>di</strong> molinari ferraresi. Lazzaro è stato soldato nell’armata italiana <strong>di</strong><br />
Napoleone che ha combattuto in Russia e dove un ufficiale gli ha lasciato un’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> provenienza<br />
sacrilega. Liberatosi del tesoro, acquista un mulino, il San Michele, iniziando un’attività<br />
Extra<strong>di</strong>egesi ed intra<strong>di</strong>egesi<br />
Il capoverso Scacerni lo guardò... contiene<br />
una delle tante volte in cui l’autore Bacchelli<br />
si presenta come narratore, stabilendo un<br />
doppio legame: narratorelettore e narratorepersonaggio.<br />
Il modulo è assai simile a quello<br />
<strong>di</strong> A. Manzoni: a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> questi, che più<br />
spesso illustra al lettore il contesto storico<br />
al fine <strong>di</strong> comprendere i comportamenti dei<br />
86 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
personaggi (narratore extra<strong>di</strong>egetico), B.<br />
indulge con maggiore frequenza sulla storia dei<br />
personaggi, sui cui moti d’animo lo scrittore si<br />
sofferma con affettuosa simpatia collocandosi<br />
all’interno della vicenda (narratore intra<strong>di</strong>egetico).<br />
Qui Scacerni, il protagonista, resta<br />
sorpreso dal proverbio detto dall’oste: è questa<br />
sorpresa che costituisce enigma per il lettore e<br />
che il narratore chiarisce con un davvero. Di qui<br />
deriva la presentazione <strong>di</strong> Dosolina Malvegoli e
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
Le <strong>di</strong>spute coniugali erano su questo tema lunghe ed acri, delle quali soffriva non<br />
poco Dosolina, giovinetta assestata, giu<strong>di</strong>ziosa, laboriosa, sulla quale incombeva<br />
tutta la cura dei fratellini, quando la madre era fuori a raccapezzare, talvolta quasi<br />
ad accattare, un pane per i figli. Quanto al padre, il poveraccio aveva sempre delle<br />
idee, gran<strong>di</strong>ose e confuse, e ci metteva anche della buona voglia.<br />
« Son le idee », <strong>di</strong>ceva Donata, « che ti rovinano. Faresti meglio a metterti a<br />
opera nei fossi ».<br />
« Un Malvegoli a cavar terra? »<br />
E la lite riprincipiava.<br />
Gran terra da canapa, il vicino bondesano, con ricco commercio: e Malvegoli<br />
me<strong>di</strong>atore riusciva a far contrattare talvolta qualche bella partita, ma i guadagni<br />
andavano ai cre<strong>di</strong>tori, e il poco rimanente all’osteria, dove teneva vive le conoscenze<br />
e le amicizie necessarie al suo mestiere <strong>di</strong> sensuale, e <strong>di</strong> chiappanuvole dalle<br />
larghe e lunghe vedute.<br />
« Hai tanti amici », irrideva Donata, « e un nemico solo ».<br />
« Chi? »<br />
« Te ».<br />
« Vorresti <strong>di</strong>re che farei bene… »<br />
Una volta, dai e dai, le scappò detto:<br />
della quale ignorava tutto, ma nella quale <strong>di</strong>venta un vero maestro. Si sposa con Dosolina<br />
Malvegoli, con la quale vive una vita tranquilla. Gli affari però saranno insi<strong>di</strong>ati da un brigante<br />
il Raguseo, tanto che Lazzaro si sentirà costretto a cercare qualcuno <strong>di</strong>sposto ad ammazzare<br />
il brigante. Vivrà sempre nel rimorso.<br />
La seconda parte del romanzo vede protagonista il figlio <strong>di</strong> Lazzaro, Giuseppe, ed è ambientata<br />
durante l’invasione austriaca. Giuseppe si dà al contrabbando; scoperto, è processato e<br />
messo in carcere. S’è arricchito, ma s’è anche inimicato tutti i conoscenti. Il figlio Lazzarino,<br />
tre<strong>di</strong>cenne, muore garibal<strong>di</strong>no a Mentana. Il Po va in piena ed invade le sue campagne: Giuseppe<br />
impazzisce e muore in manicomio.<br />
La terza parte, che giunge alla prima guerra mon<strong>di</strong>ale, è la più drammatica. La moglie <strong>di</strong><br />
Giuseppe, Cecilia, a causa della tassa sul macinato si dà al mercato nero. Sul punto d’essere<br />
sorpresa dai finanzieri, viene salvata dal figlio Princivalle con l’incen<strong>di</strong>o del mulino. Mentre<br />
infuriano le prime lotte socialiste, quest’ultimo si trova coinvolto nell’assassino <strong>di</strong> un pretendente<br />
della sorella. Più tar<strong>di</strong> un altro figlio <strong>di</strong> Cecilia, Giovanni, acquista un nuovo mulino, il San<br />
Michele II, dove vivrà con le sorelle, una delle quali avrà un figlio, Lazzaro, da uno sconosciuto<br />
della sua famiglia. Il legame logico e narrativo è<br />
la povertà in cui vive la fanciulla (ella abita in un<br />
tugurio) e riassunta in quel tanto povera che è<br />
espressione della fanciulla, riportato in <strong>di</strong>scorso<br />
in<strong>di</strong>retto libero.<br />
Varrà notare l’intervento dello scrittore per<br />
altro..., brevissimo e <strong>di</strong> scarsa utilità allo svolgimento<br />
del racconto, ma assai significativo della<br />
volontà <strong>di</strong> legare la vicenda dei protagonisti (la<br />
fabula) al contesto (l’intreccio) in cui essa si<br />
svolge, o, meglio, <strong>di</strong> effettuare passaggi graduali<br />
tra tempo della narrazione e ricostruzione. La<br />
stessa cosa era avvenuta con l’intervento dell’oste<br />
all’inizio del passo da noi riportato che aveva<br />
permesso a B. <strong>di</strong> operare un primo ritorno all’in<br />
<strong>di</strong>etro nel tempo. All’interno <strong>di</strong> questo il <strong>di</strong>scorso<br />
<strong>di</strong>retto, « Ragazzate », introduce un ulteriore<br />
flash-back in cui i brevissimi inserti <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso<br />
in<strong>di</strong>retto libero estendono la struttura <strong>di</strong>alogica<br />
(il cui realismo è sottolineato dal ritornello far<br />
vedere che testa era la sua) anche al momento<br />
della descrizione, per <strong>di</strong>r così, storica, la quale<br />
in tal modo evita certo accademismo che si<br />
rinviene anche, ad esempio, ne I promessi sposi.<br />
E s’aggiunga l’ironia della gente che fa rima con<br />
quella, sempre benevola, dell’autore, che fa<br />
spremere fin all’osso la miseria <strong>di</strong> Princivalle, per<br />
concludere che le auliche possessioni... erano<br />
sfumate (possessione è termine d’uso raro, qui<br />
utilizzato perché antico e letterario).<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 87
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
« A legarti una pietra al collo e andare a buttarti in un canale ».<br />
Riconobbe d’aver infierito troppo e d’essersi messa dal torto, il che non la placò,<br />
anzi l’inasprì. Dosolina era scoppiata in pianto.<br />
« Ve<strong>di</strong> quei che fai? Fai piangere questa figlia innocente », <strong>di</strong>ceva Princivalle.<br />
« La faccio piangere io? » E Donata se la prese anche con Dosolina: « Chètati,<br />
sciocca figlia d’un padre imbecille! »<br />
Piú volte aveva temuto che i genitori venissero alle mani, e non vedeva mai<br />
rientrare il padre senza che un segreto tremore la inquietasse.<br />
Era una gentile e delicata bellezza: una persona minuta, <strong>di</strong> squisita perfezione,<br />
che se l’avesser fatta al tornio, cominciava a <strong>di</strong>re qualche giovine, non sarebbe<br />
riuscita meglio. I capelli, a scioglierli dalle treccioline strette, avrebbero spazzato<br />
in terra, copiosi e finissimi: una fastosa meraviglia, un oro <strong>prof</strong>uso, lumeggiato e<br />
ingentilito da una dolcezza <strong>di</strong> riflessi perlacei. Il volto era <strong>di</strong> bimba giu<strong>di</strong>ziosa, e già<br />
dolorosa, se non che gli occhi ridevano alla vita, azzurri come il fioraliso, stellanti<br />
e miti come cotesto fiore nell’oro delle messi mature. Solo che il fioraliso, dopo<br />
averle abbellite col fiore, se mischia il suo seme col grano, guasta poi il pane con<br />
un sapore amaro, mentre invece l’onesto nitore <strong>di</strong> quegli occhi <strong>di</strong>ceva tutta e sicura<br />
un’anima sana e sincera. Il collo, che teneva per vezzo un po’ piegato verso la<br />
spalla sinistra, aveva la leggiadria <strong>di</strong> uno stelo; la pelle era can<strong>di</strong>da, non imbrunita<br />
dal sole, poiché le incombenze <strong>di</strong> Dosolina attorno ai fratellini non la menavano<br />
<strong>di</strong> solito in campagna aperta, e anche perché serbarla così bianca era la sua unica<br />
ambizione femminina. Le giovani mani, gentili, già tanto ròse e consumate dalle<br />
fatiche domestiche, intenerivano a guardarle.<br />
Non conosceva il fiume, né barche e remi, né mulini e ulà, la bella ragazzetta,<br />
ma soltanto la grama terra della Diamantina, e l’alta canapa verde sui campi del<br />
bondesano al sole d’estate, drizzata in bianchi fasci al sole settembrino, dopo che<br />
il tiglio imputridì nei maceri che impuzzolentiscono il paese quant’è largo; ma le<br />
gràmole e i pettini da cardare. E forse, quando il crepuscolo indugiava sulle vette<br />
dei gran pioppi, ultimo resto dei viali che in antico s’incrociavano al Palazzo, e il<br />
Il capoverso successivo E la gente rideva...,<br />
apertosi, appunto, con una coor<strong>di</strong>nazione, che<br />
amplia l’arco sintattico e rafforza il registro colloquiale,<br />
gioca su più tipi <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo che sembrano<br />
convertire la ricostruzione dell’ambiente e della<br />
vita <strong>di</strong> Dosolina in narrazione della vicenda d’amore,<br />
o, per usare una terminologia strutturalista,<br />
converte l’intreccio in fabula (si potrebbe<br />
istituire un confronto con la ricostruzione della<br />
vita <strong>di</strong> fra’ Cristoforo ne I promessi sposi e con<br />
il <strong>di</strong>alogo tra Lodovico e il soverchiatore <strong>di</strong> <strong>prof</strong>essione).<br />
Infatti al <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto colpa dei<br />
cre<strong>di</strong>tori, dei prezzi delle annate ... che interrompere<br />
la ’storia’ <strong>di</strong> Princivalle fa seguito il botta e<br />
risposta con la moglie Donata il cui tema, <strong>di</strong> chi è<br />
la colpa ?, si ricollega al <strong>di</strong>sc. in<strong>di</strong>retto, all’apparenza<br />
saltando, <strong>di</strong> fatto trascinando in un unico<br />
registro, le informazioni sulla bottega <strong>di</strong> Palazzo<br />
Diamantina, sulla famiglia, sull’atteggiamento<br />
88 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
della moglie. Dopo cinque battute il <strong>di</strong>scorso<br />
<strong>di</strong>retto pare essersi concluso. Il capoverso successivo<br />
adotta l’imperfetto, tempo narrativo per<br />
eccellenza: basta che lo scrittore si lasci sfuggire<br />
... aveva sempre delle idee ... ecco che la lite<br />
tra marito e moglie riprende. Il proce<strong>di</strong>mento si<br />
ripete nel capoverso seguente fino a quando<br />
Donata, esasperata, si lascia scappar detto<br />
che meglio sarebbe che il marito si legasse una<br />
pietra al collo e si buttasse nel fiume. A questo<br />
punto Dosolina piange, ed il pianto della fanciulla<br />
è l’occasione per lo scrittore per soffermarsi a<br />
descrivere il carattere della giovane. Per questa<br />
via B. realizza un gioco assai capsulante con<br />
fusione <strong>di</strong> extra<strong>di</strong>egesi (lo scrittore racconta<br />
ponendosi fuori della storia) e intra<strong>di</strong>egesi (lo<br />
scrittore racconta ponendosi dentro della storia).
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
canto d’una « romanella » s’alzava in qualche parte a far piú vasta e lontana la<br />
solitu<strong>di</strong>ne della Diamantina, in quell’ora, le accadeva <strong>di</strong> sognare un evento dolcemente<br />
pauroso, un presentimento vago della fantasia, un qualcosa o un qualcuno<br />
veniente tra quei filari d’alberi come Guerin Meschino, dal mondo, a cercar <strong>di</strong> lei,<br />
povera cenerentola.<br />
Sotto gli alberi già s’addensava la notte, ma le vette cercavano ancora la luce<br />
con tremolio delicato, che pareva un’invocazione. Certo lei sentiva vicine al cuore<br />
le cime degli alberi giovani <strong>di</strong> cent’anni, benché non sapesse <strong>di</strong>rlo, né s’arrischiasse<br />
ad invocare neppure in segreto il suo giorno. La spauriva il presentimento stesso,<br />
e la solitu<strong>di</strong>ne, senza amiche né amici, poiché fra lei e le ragazze e i ragazzi dei<br />
conta<strong>di</strong>ni non c’era lo stesso sangue; l’aveva spaventata la madre anche, rigorosa<br />
fanatica d’onore e o<strong>di</strong>atrice delle ragazze che fallivano. Complice a farle peccare,<br />
quelle là, era la boscaglia e la macchia della selvatica Diamantina, erano, nel caloroso<br />
e pingue bondesano, i canapai, nel folto dei quali i tagliatori ogni anno scoprivano<br />
certi brevi spiazzi, dove la canapa, in tempo ch’era esile e tenera, appariva essere<br />
stata calcata: giaciture e covili segreti d’innamorati; ed erano argomento, in giro,<br />
<strong>di</strong> scherzi e <strong>di</strong> novelle salaci. Sua madre non si stancava <strong>di</strong> metterle innanzi l’infamia<br />
<strong>di</strong> qua e l’inferno <strong>di</strong> là, efferatamente: vedesse la tale <strong>di</strong>sonorata, la tal’altra<br />
svergognata, e una in prigione, un’altra al postribolo, rovina tutte <strong>di</strong> sé stesse,<br />
rovina molte della famiglia, causa <strong>di</strong> delitti e <strong>di</strong> vendette, talvolta assassine, finite<br />
sul patibolo, e tutte, senza remissione, tutte all’inferno.<br />
La colpa, secondo lei, era sempre poi tutta della donna, tentata o tentatrice che<br />
fosse, tanto che, benché donna, a sentirla, dannava il genere. E lei, Donata stessa,<br />
pensandoci fra sé, non era forse uno strano e irritante esempio <strong>di</strong> debolezza,<br />
quando rifletteva che, tenendo Princivalle nel conto in cui lo teneva, e si può <strong>di</strong>re<br />
in o<strong>di</strong>o, n’era pure innamorata? E quel che le faceva fare il subbuglio della carne,<br />
si vedeva in quei senza pane.<br />
« Ma io », <strong>di</strong>ceva l’innocente Dosolina cercando scampo da quei furori educativi,<br />
« ma io non ci penso a queste cose che <strong>di</strong>te ».<br />
« Perché sei una sciocca! »<br />
« E per non essere sciocca », obiettava con mitezza timorata ma sicura, « dovrei<br />
pensarci? »<br />
« Non devi pensarci, devi tremare: all’inferno, ai Novissimi ci cre<strong>di</strong>? »<br />
« Sono stata alla dottrina, mamma, e so quel che devo credere, ma credo bene<br />
che non ci andrò poi, se Dio m’aiuta, all’inferno ».<br />
Donata doveva tacere, ma quando veniva ogni tanto un prete ad officiare nella<br />
cappella del Palazzo, o andavan esse a far la comunione alla Pieve <strong>di</strong> Vigarano,<br />
stravagava, presa dalla tentazione <strong>di</strong> inquisire che peccati avesse confessati Dosolina,<br />
tanto che il parroco della Pieve credette <strong>di</strong> avvertirla e <strong>di</strong> riprenderla piú<br />
volte, senz’esito.<br />
Donata era tenuta in gran considerazione dai conta<strong>di</strong>ni, per una sua attitu<strong>di</strong>ne<br />
a curar gli ammalati e per certe me<strong>di</strong>cine <strong>di</strong> semplici e decotti e cataplasmi <strong>di</strong> cui<br />
aveva il segreto. Alla considerazione rispondeva col <strong>di</strong>sprezzo, ma non rifiutava<br />
l’opera sua, che fruttava regali da sostentare alla meglio la misera famiglia. I conta<strong>di</strong>ni<br />
erano anche persuasi che aggiungesse alle me<strong>di</strong>cine qualche parola che puzzava<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 89
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
<strong>di</strong> magia. Per queste faccende era spesso in giro, e fuor <strong>di</strong> casa si tormentava col<br />
pensiero dei pericoli, dai quali Dosolina era ben lontana; e in casa la tormentava<br />
coi sospetti iniqui e dolorosi, poiché amava quella e tutti i suoi figli, finalmente,<br />
collo stesso ardore penoso e travagliato.<br />
Non si sa che cosa non avrebbe sospettato e agitato, quando la mattina dell’Ascensione<br />
fu scoperto che era stato piantato il maio davanti la loro porta, se<br />
Princivalle non avesse detto:<br />
« Ragazzate! » soggiungendo subito, con un timore <strong>di</strong> vanitoso: « Che qualcuno<br />
ci abbia voluto fare una schernia? »<br />
« Vorrei vedere! » esclamò Donata: « Una schernia? A te, sì; non c’è dubbio,<br />
ma a noi? a me? Ci son io, e non dubitate che non si azzarderebbe nessuno. Chi<br />
l’ha piantato è un innamorato: però, se lo scopro, questi giovanotti avranno a che<br />
fare con me. Tu, intanto, non montarti la testa, eh Dosolina? »<br />
Era così lontana da ’montarsi la testa’, che anzi credeva al sospetto del padre, dolorosamente;<br />
e già s’era chiesto il perché <strong>di</strong> una cattiveria fatta a una poverina come<br />
lei, con quella pena confusa, con quell’angustia smarrita, che nei buoni è prodotta<br />
dalla scoperta della malignità cattiva, alla quale, per forza d’esperienza, posson ben<br />
rassegnarsi, non mai comprenderla. Aveva già pensato: « Mi scherniscono perché<br />
La sintassi<br />
Il capoverso Era così lontana..., legato narrativamente<br />
al precedente dall’anafora della locuzione<br />
’montarsi la testa’, presenta due atteggiamenti<br />
psicologici contrastanti <strong>di</strong> Dosolina: per un verso<br />
certa timida umiltà derivata dalla coscienza della<br />
povertà; per altro verso la fiducia del sogno<br />
e della fantasia derivatale dalle parole della<br />
madre. In questa sede basterà accennare <strong>di</strong><br />
sfuggita alla considerazione che l’uno e l’altro<br />
sentimento della fanciulla derivano dalle parole<br />
dei genitori. Qui interessa sottolineare come<br />
non vi sia nesso oppositivo, ma semplicemente<br />
temporale: Aveva già pensato [...] e già chinato<br />
il capo [...] quando il <strong>di</strong>scorso della madre [...].<br />
Il periodo successivo concreta la persuasione<br />
della giovane senza alcun segnale sintattico,<br />
neppure quello <strong>di</strong>chiarativo: così alla pena<br />
confusa, ed all’angustia smarrita succedono<br />
senza soluzione <strong>di</strong> continuità l’animo giovane e<br />
la calda e tenera fantasia.<br />
Per altro non è senza significato che i perio<strong>di</strong> si<br />
succedono ai perio<strong>di</strong>, i capoversi ai capoversi<br />
legandosi preferibilmente per via anaforica o<br />
coor<strong>di</strong>nativa: <strong>di</strong>fficilmente la subor<strong>di</strong>nazione<br />
supera il secondo grado (subor<strong>di</strong>nata <strong>di</strong><br />
subor<strong>di</strong>nata) comprendendo anche le implicite.<br />
Si veda la successione che principia col<br />
capoverso che abbiamo preso d’esempio:<br />
◊1ª principale (era)+consecutiva (credeva) ≠<br />
segno <strong>di</strong> separazione (;) ≈ principale coor<strong>di</strong>nata<br />
(s’era chie sto)+relativa sub. <strong>di</strong> primo<br />
grado (è prodotta)+relativa sub. <strong>di</strong> secondo<br />
90 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
grado (possono... rassegnarsi)≈ avversativa<br />
ellittica asindetica ≠ segno <strong>di</strong> separazione (.]◊<br />
2ª principale (aveva... pensato) ≠ segno <strong>di</strong><br />
separazione(:) ≠ <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto-◊3ª principale<br />
(scherni-scono)+sub.causale <strong>di</strong> primo gr.≠<br />
segno <strong>di</strong> separaz. ≈ principale coord. alla 2ª,<br />
ellittica dell’ausiliare+temporale sub. <strong>di</strong> primo<br />
gr.+oggettiva sub. <strong>di</strong> secondo gr.≠ segno <strong>di</strong> separazione<br />
◊ 4ª principale (correvano){+}relativa<br />
implicita sub. <strong>di</strong> primo grad. ≠ segno <strong>di</strong> separaz.<br />
(;) ≈ principale coord. alla 4ª (erano <strong>di</strong> corruccio)+<br />
oggettiva sub. primo grado (potessero<br />
riuscire)≠ segno <strong>di</strong> separaz. (.) ◊5ª olofrastica<br />
(no) ≠ segno <strong>di</strong> separazione(:) 6ª◊ principale.<br />
Utilizzando i simboli premessi alle definizioni<br />
avremo uno schema del genere (computando<br />
implicite ed olofrastiche frasi logiche):<br />
1.◊ + 1 ≠ ≈ + 1 + 2 ≈ ≠<br />
2.◊ ≠ ≈ + 1 + 2 ≠<br />
3.◊ + 1 ≠<br />
4.◊ {+} 1 ≠ + 2 ≠<br />
5.◊ ≠<br />
6.◊ ≠<br />
Se si tien conto che le principali sono giustapposte<br />
e non presentano nessun nesso esplicito<br />
<strong>di</strong> collegamento sì che il capoverso si configura<br />
come una sorta <strong>di</strong> polisindeto narrativo: risulta<br />
una scrittura piana <strong>di</strong> microeventi gustati e da far<br />
gustare singolarmente, che <strong>di</strong>ssimula il pur presente<br />
impegno psicologico sul personaggio. A<br />
completare il quadro si veda la fedeltà costante<br />
all’or<strong>di</strong>ne naturale (soggettoverbooggetto o
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
son così povera », e già chinato il capo a questo destino, quando il <strong>di</strong>scorso della<br />
madre la persuase, quasi con violenza, d’avere un innamorato. L’animo giovane,<br />
la calda e tenera fantasia, correvano all’idea, al sogno, al segreto <strong>di</strong> cotesto ignoto<br />
meraviglioso, venuto dal mondo come il cavaliero della favola; e quei primi e vili<br />
sentimenti, <strong>di</strong> timore e d’umiliazione, adesso erano già <strong>di</strong> corruccio e d’aborrimento<br />
pur dal pensare che le speranze e il suo sogno potessero riuscire uno scherno, non<br />
piú della gente, ma della sorte. No: era il maio d’un innamorato.<br />
Di fatto, nei vari paesi, usavano <strong>di</strong>verse frasche, a seconda che il maio voleva<br />
significare amore, o gelosia, o <strong>di</strong>sprezzo e ripu<strong>di</strong>o. E, fra genti sempre state inclini<br />
alle burle e ai detti mordaci, usava anche il maio da burla, per castigo o vendetta<br />
delle ragazze superbe o <strong>di</strong>spettose o vane, o per semplice derisione, come aveva<br />
temuto Princivalle.<br />
Al dì dell’Ascensa, portan maio a chi non se ’l pensa; – il detto, non che a sperare<br />
amore, dunque dava anche a temere o<strong>di</strong>o.<br />
Il ben che ti ho voluto sia un cortello.<br />
Ma certo nessuno o<strong>di</strong>ava Dosolina. Donata si intestar<strong>di</strong>va a cercare chi si<br />
fosse arrischiato a tentarle la figliuola, e nei grami casolari sparsi della Diamantina<br />
stava <strong>di</strong>ventando una favola davvero, da farle cantar davanti casa qualche<br />
quartina satirica:<br />
Dosolina, non far tanto la granda,<br />
Perché ’l tuo padre non è ’l re <strong>di</strong> Francia,<br />
E la tua madre non è la regina:<br />
Non far tanto la granda, o Dosolina!<br />
Quel forestiero cacciatore era passato molte volte da Palazzo; e smontava da<br />
cavallo, o per farlo bere, o per comprar qualcosa, fingendo <strong>di</strong> credere all’insegna<br />
della bottega; e ogni volta Dosolina gli aveva dovuto rispondere che la bottega<br />
era sprovveduta. Non per questo costui aveva fatto come gli altri, che chiedevano<br />
con sorrisi pungenti che negozio fosse, se non c’era mai nulla, e avevan finito<br />
per seccarsi anche dello scherzo. Quel forestiero perseverava, con <strong>di</strong>screzione; e<br />
espansione imme<strong>di</strong>ata del verbo) nella <strong>di</strong>sposizione<br />
dei complementi all’interno della frase. A<br />
petto <strong>di</strong> questa facile semplicità <strong>di</strong> costruzione<br />
sintattica si collocano la scelta <strong>di</strong> un lessico<br />
letterario, ma antidannunziano, e soprattutto<br />
la gestione degli aggettivi: poverina (e viene<br />
in mente la Gertrude manzoniana costretta a<br />
subire la prepotenza paterna), pena confusa,<br />
angustia smarrita, buoni (cfr. alla fine del cap.<br />
iv de I prom. sp.:« angustia scrupolosa che<br />
spesso tormenta i buoni »), malignità cattiva,<br />
vili sentimenti; degli avverbi e in particolare quel<br />
dolorosamente staccato dal verbo, non solo<br />
dalla <strong>di</strong>stanza, ma dalla pausa della virgola, sì da<br />
variare l’or<strong>di</strong>ne naturale delle parole e proporre<br />
un’accezione assoluta. Di particolare efficacia la<br />
descrizione della nascita nell’animo <strong>di</strong> Dosolina<br />
del sogno d’amore: ché il riferimento all’animo<br />
giovane e alla calda ... fantasia si stempera in<br />
tenera, ed affonda nella <strong>di</strong>screzione attraverso<br />
un crescendo (gradatio) verso l’astrazione<br />
(idea, sogno, segreto), rafforzata dallo scarto<br />
linguistico costituito da quattro aggettivi, uno dei<br />
quali sostantivato (cotesto, ignoto, meraviglioso,<br />
venuto), un’apoteosi <strong>di</strong> vaghezza e <strong>di</strong> leggerezza<br />
se cavaliero e mondo portano con loro tutto<br />
l’implicito valore letterario reso palese da favola.<br />
Il lessico<br />
In arcioni sul cavallo: è, apparentemente, un’espressione<br />
pleonastica, è vero infatti che stare<br />
in arcione vale stare a cavallo, ma è anche vero<br />
che arcione in<strong>di</strong>ca solo la sella. Così D’Annunzio<br />
ne Il piacere: « ... a destra e a sinistra<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 91
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
non sorrideva, e mostrava <strong>di</strong> credere, gravemente, all’impacciata Dosolina che gli<br />
<strong>di</strong>ceva, arrossendo della bugia:<br />
« Dobbiamo rifornirci proprio in questi giorni ».<br />
Il forestiero era garbato, e, in arcioni sul cavallo grande ed estroso, col fucile<br />
a tracolla, col ferraiuolo o senza, aveva un’aria venturiera da colpire la fantasia.<br />
Egli capitava sempre quando la madre era fuori, ragion per cui Dosolina cercava<br />
d’abbreviare i <strong>di</strong>scorsi, benché neanche lui per indole fosse uomo da allungarli.<br />
Aveva imparato da lui ch’era un mugnaio <strong>di</strong> Po. Dopo averla vista, quegli occhi<br />
azzurri e quei capelli d’oro, il nostro Lazzaro era andato dal miglior sarto <strong>di</strong><br />
Crespino, civile e grosso borgo d’oltrepò, a farsi fare il vestito nuovo ed attillato,<br />
<strong>di</strong> fustagno, che in dosso ad uno ch’era già stato bel soldato, s’attagliava con una<br />
certa franca galanteria, da piacere alle donne come al tempo delle parate militari<br />
napoleoniche. Rivestito a modo, era andato poi dal barbiere:<br />
« Riducetemi in buona forma questa barba da mago sabino ».<br />
Il barbiere gli aveva proposte due o tre foggie, prima <strong>di</strong> metter le forbici in<br />
quella selva.<br />
« Barba da zappatore », or<strong>di</strong>nò l’antico soldato del genio, ricordandosi dei tempi<br />
suoi, quando la barba intiera era privilegio dei soldati del genio, concessa, per<br />
<strong>di</strong>stinzione, soltanto a militari scelti, nelle altre armi. Il barbiere sapeva invece che<br />
ora le barbe intiere si portavan dalle teste calde, dai liberali; e stava lì incerto, colle<br />
forbici infilate nell’in<strong>di</strong>ce e pollice. Da zappatore? Non sapeva come fosse fatta;<br />
e lo Scacerni si ricordò con un repentino velo <strong>di</strong> melanconia sull’animo, gli anni<br />
andati, i tempi in cui barbiere che si rispettasse avrebbe inteso senza spiegazioni.<br />
Che credeva costui: a uno zappaterra forse? Gli anni eran dunque già parecchi; e<br />
passarono a gran trotto <strong>di</strong>eci o do<strong>di</strong>ci cavalieri<br />
scarlatti tornanti dalla caccia della volpe. Uno,<br />
il duca <strong>di</strong> Beffi, passando rasente, si curvò in<br />
arcione per guardare nello sportello ». Dunque<br />
B. lo adopera nell’accezione più precisa e<br />
ristretta. Come anche V. Pratolini, Scialo: « La<br />
tirai su per il braccio e la misi sul cavallo davanti<br />
a me, in arcione, come cavalcavo io ».<br />
Cavallo grande ed estroso: anche estroso è<br />
utilizzato nel suo valore etimologico, che va a<br />
estri, TommaseoBellini: « l’e. ha impeti d’impazienza<br />
».<br />
Ferraiuolo: Tommaseo cita Capponi: « ... il<br />
ferrajuolo ch’è proprio degl’Italiani e degli Spagnuoli,<br />
suol essere così ampio che si ravvolge<br />
sulla persona quasi due volte comodamente,<br />
alzando cioè una delle estremità inferiori <strong>di</strong><br />
esso (la destra per l’or<strong>di</strong>nario), così che venga<br />
a posare sull’opposta spalla a ricadere sopra<br />
la schiena; costume nostro e <strong>di</strong>gnitoso, e che<br />
ritiene del bello dell’arte, ... ».<br />
Aria venturiera: non ostante quell’aria risulti affascinante<br />
il termine non ha accezione positiva,<br />
altrove nel Mulino stesso ha <strong>di</strong>chiaratamente<br />
valore brigantesco e furfantesco.<br />
92 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Aveva imparato da lui: imparare ha come campo<br />
semantico quello segnato da apprendere,<br />
conoscere istruirsi, stu<strong>di</strong>are, impratichirsi, fare<br />
esperienza. Il campo s’estende anche a venire<br />
a sapere: più spesso riguarda una dottrina o<br />
un’abilità: imparai a scrivere da fra’ Lorenzo.<br />
Più raro, tanto che lo Zingarelli lo pone tra i<br />
regionali, è il caso <strong>di</strong> apprendere una singola<br />
nozione come in questo caso.<br />
Civile e grosso borgo: se borgo in<strong>di</strong>ca un piccolo<br />
centro abitato, civile lo connota come fornito<br />
dei servizi e delle attività proprie <strong>di</strong> una citta<strong>di</strong>na.<br />
Vestito nuovo e attillato: attillato oltre all’accezione<br />
<strong>di</strong> aderente ha quella <strong>di</strong> elegante,<br />
raffinato, che certo è l’accezione che si confà<br />
alla situazione narrata.<br />
Franca galanteria: la galanteria ha in sé il valore<br />
<strong>di</strong> eleganza a cui s’aggiunge una <strong>di</strong>sposizione<br />
alla comunicazione complimentosa nelle relazioni<br />
interpersonali, sopratutto degli uomini<br />
verso le donne allo scopo <strong>di</strong> sedurle. Tal che<br />
può annettersi il senso <strong>di</strong> vanitoso. Che qui B.<br />
evita con quel franca che <strong>di</strong>spone la galanteria<br />
su un piano <strong>di</strong> schiettezza ed onestà.
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
benché non gli pesassero, lo spaventavano, a confrontarli con quelli d’una certa<br />
ragazzina, e l’in<strong>di</strong>spettivano. Spiegò al barbiere la foggia voluta.<br />
« O Lazzaro », <strong>di</strong>sse fra sé guardandosi nello specchio a operazione finita, « vuoi<br />
in<strong>di</strong>spettirti cogli anni perché passano? »<br />
C’era nel detto un po’ <strong>di</strong> stizza, una specie <strong>di</strong> in<strong>di</strong>gnazione, assai timore, perché<br />
l’uomo, senza volerselo confessare, conosceva d’essere innamorato <strong>di</strong> vero amore<br />
per la prima volta adesso; e s’arrabbiava <strong>di</strong> non essersi accorto come gli fosse entrato<br />
in animo; e gli pareva che se potesse ricordarsi del punto preciso e del modo,<br />
avrebbe saputo rimandarlo fuori e liberarsene; e per questa ragione (ossia, quest’era<br />
la ragione che egli si dava), tornava il piú spesso che poteva a veder Dosolina Malvegoli.<br />
Le giornate lontano da lei gli eran <strong>di</strong>ventate lunghe e noiose. Intanto, sarto<br />
e barbiere l’avevano rincivilito, ma Dosolina e Donata avrebber pensato a tutti<br />
prima che a lui, quand’ebbe piantato il maio davanti alla sua porta la notte della<br />
vigilia dell’Ascensione; e quanto a lui, arrabbiava <strong>di</strong> non trovar modo d’entrarne<br />
in <strong>di</strong>scorso colla fanciulla. Stupiva molto che l’amore penetrato così <strong>di</strong> nascosto<br />
e con tanta forza, fosse tanto scabroso da palesare. Tutti i mo<strong>di</strong> tenuti trattando<br />
con altre donne, e con buon esito, verso Dosolina non solo gli apparivano <strong>di</strong>sadatti,<br />
ma offensivi, e si vergognava anche solo al pensiero d’applicarli a lei.<br />
Aveva provato a <strong>di</strong>rle:<br />
« Ho sentito che v’han portato il maio: è vero? »<br />
S’era fatta tutta rossa, e non sapendo come sviare il <strong>di</strong>scorso, aveva risposto il<br />
contrario <strong>di</strong> quel che credeva:<br />
« Oh, gente che non mi vuol bene! »<br />
« E chi può essere che non vi voglia bene? »<br />
« Gente che mi ha voluto schernire ».<br />
« E non potrebbe essere un innamorato, un galantuomo che vi voglia sposare?<br />
»<br />
« Ora volete burlarmi anche voi: chi ha da sposarmi, così povera come sono?<br />
»<br />
Scacerni, un po’ male<strong>di</strong>ceva l’idea che aveva avuta, un po’ se ne compiaceva,<br />
perché ora si sentiva sicuro che Dosolina non avesse innamorati; quella gran po-<br />
Lo scrittore affronta qui il tema dell’amore: sogni segreti e negati in Dosolina Melvegoli, sentimento<br />
non chiaro, tra accettato e respinto, in Lazzaro Scacerni. Più su s’è fatto cenno a come<br />
B. tratteggia la con<strong>di</strong>zione psicologica <strong>di</strong> Dosolina; ora, varrà trarre conferma dal modo con<br />
cui presenta il personaggio maschile. Vedremo come all’equilibrata eleganza della scrittura,<br />
si unisca una sostanziale eticità, fatta <strong>di</strong> pu<strong>di</strong>cizia e <strong>di</strong> rispetto. Naturalmente nostro compito<br />
qui è <strong>di</strong> analizzare i mezzi tecnici cui fa ricorso lo scrittore; in<strong>di</strong>care la strategia della sua<br />
scrittura, insomma, non perché si pensi che sintassi, lessico, stile, costituiscano un esaustivo<br />
approccio alla letteratura e alla poesia (che tuttavia non <strong>di</strong>speriamo <strong>di</strong> mostrare in scorcio),<br />
ma perché questi sembrano i mezzi più comprensibili (l’esperienza <strong>di</strong>ce: anche efficaci) per<br />
i giovani e in qualche misura imitabili: il lettore potrà appropriarseli per poi cercare un modo<br />
personale <strong>di</strong> rielaborarli.<br />
Di Lazzaro, qui, sappiamo che era passato molte volte dalla bottega del padre <strong>di</strong> Dosolina,<br />
che non s’era comportato come gli altri beffando l’inesistenza delle merci, che, infine, mostrava<br />
<strong>di</strong> credere alla bugia della fanciulla. Lazzaro giungeva nei momenti in cui Dosolina era sola,<br />
perciò ella cercava d’abbreviare i <strong>di</strong>scorsi; brevità che l’uomo assecondava <strong>di</strong> natura. B. non fa<br />
cenno alcuno ai sentimenti: non nessun termine che alluda alle emozioni dei due protagonisti:<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 93
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
vertà <strong>di</strong> lei gli pareva che agevolasse i suoi progetti. Potevan <strong>di</strong>r <strong>di</strong> no, quei tapini<br />
Malvegoli, a un agiato mugnaio pari suo? C’eran gli anni, va bene; ma non gli<br />
davan fasti<strong>di</strong>o. Poi pensava: « Non son gli anni miei, è la <strong>di</strong>fferenza fra i miei e i<br />
suoi: a me non dà fasti<strong>di</strong>o, ma a lei? ». Per uscir dall’imbroglio, finì coll’abbordare<br />
Princivalle peggio che da pirata, in mezzo <strong>di</strong> strada, senza scender da cavallo:<br />
« Ohè, statemi a sentire: se vostra figlia si contenta, io mi contento senza dote.<br />
Per saper come sto e come posso farla stare, chiedete, <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là da Po, se lavora<br />
il mulino San Michele, e chi è Lazzaro Scacerni ». Disse, e spronò lasciando quello<br />
a bocca aperta.<br />
Così Dosolina seppe chi aveva portato il maio all’uscio <strong>di</strong> casa sua, e, per la<br />
verità, fu piú stupefatta e intimi<strong>di</strong>ta che contenta. Felicissimo per contro era<br />
Princivalle Malvegoli, il quale con un tal genero non dubitava che rifiorissero i<br />
suoi progetti.<br />
« Ma tu » <strong>di</strong>ceva alla figlia « non mi fare quella faccia da malaugurio! »<br />
« Io? »<br />
« Mi sembri incantata! »<br />
« Lasciala pensarci », <strong>di</strong>ceva incerta e dubbiosa Donata; « tocca a lei ».<br />
« Che c’è, che c’è? Voi donne, adesso che la fortuna s’affaccia al mio uscio, sareste<br />
capaci <strong>di</strong> farla scappare, dopo che per la famiglia ho fatto tanto… »<br />
« Che l’hai ridotta alla fame », <strong>di</strong>sse perentoria sua moglie.« Fanne meno! E<br />
Dosolina lasciala stare ».<br />
« Ma io » <strong>di</strong>ceva intanto lei confusa « sto bene con voialtri ».<br />
« E io, sta tranquilla, non ti lascerò sforzare », concludeva Donata, arruffandosi<br />
come la chioccia in <strong>di</strong>fesa dei pulcini.<br />
piuttosto, subito un altro fatto: dopo averla vista – temporale – Lazzaro va – principale – dal<br />
miglior sarto del vicino borgo: non è assolutamente chiara, invece, la funzione sintattica dei<br />
due sostantivi, ed annessi, che s’incuneano in mezzo, quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro:<br />
si tratta forse <strong>di</strong> complementi oggetto del precedente vedere sintatticamente slegati; forse<br />
soggetti <strong>di</strong> una frase ellitica del verbo; forse, con qualche probabilità in più, elementi d’una<br />
esclamativa <strong>di</strong> cui la rinuncia, a priori, ad ogni enfasi ha contenuto lo slancio. Insomma, B.<br />
ancora non esplicita al lettore, perché non è chiaro neanche a Lazzaro, quale sia il movente<br />
interiore delle azioni che va compiendo. Tuttavia la coerenza comportamentale vuole che egli<br />
si rechi presso il barbiere a farsi dar forma alla barba incolta. Il <strong>di</strong>alogo (in<strong>di</strong>retto) tra Lazzaro<br />
che chiede una foggia ed il barbiere che l’ignora, perché vecchia, non è una <strong>di</strong>gressione: è<br />
un cambio <strong>di</strong> prospettiva. Infatti, in quel confronto, Lazzaro prende atto d’appartenere ad<br />
un’epoca passata e quin<strong>di</strong> d’essere anziano, se non proprio vecchio: l’in<strong>di</strong>spettiva il confronto<br />
con gli anni d’una certa ragazzina.<br />
Proviamo a rileggere. Il lettore intuisce <strong>di</strong> suo, ché B. non esplicita, che lo Scacerni si reca dal<br />
barbiere per quella cura dell’aspetto esteriore che viene suggerita dall’innamoramento; il capoverso<br />
si apre invece con una variazione <strong>di</strong> registro accompagnato da un mutamento <strong>di</strong> tempi<br />
narrativi (non morfologici: l’antico soldato del genio), e conseguentemente <strong>di</strong> linea narrativa:<br />
l’or<strong>di</strong>ne è fortemente perentorio «Barba da zappatore»; così la sottile elegia si spezza ed ogni<br />
riferimento esplicito alla con<strong>di</strong>zione psicologica viene cancellato dall’emergere, sommesso, del<br />
tema dell’età, ricordandosi, e dalla sosta sulla (brevissima) ’storia’ della foggia. Ora interviene<br />
il barbiere con considerazioni, sociali, sulle barbe dei liberali: e quanto a quella richiesta: non<br />
sapeva come fosse fatta.Nuovamente Lazzaro ha la sensazione del tempo, si ricordò, e ciò<br />
avviene con un velo <strong>di</strong> melanconia; e ancora una volta l’emozione è dettata dal suo passato<br />
<strong>di</strong> soldato. B., dunque, elude l’attesa del lettore creatasi ai primi tratti dell’i<strong>di</strong>llio: non si tratta<br />
94 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
Princivalle sedeva davanti alla magra e scon<strong>di</strong>ta polenta del desco famigliare,<br />
con faccia offesa e sprezzante; ma non durava molto, ché presto vi si vedevano i<br />
magni pensieri che gli passavano per il cervello come girandole d’artificio.<br />
A mezzo settembre, una giornata meravigliosa sul fiume in mezza piena, ricco<br />
e maestoso, genitori e figlia vennero in visita al San Michele, imbarcandosi <strong>di</strong> buon<br />
mattino a Santa Maria Maddalena, <strong>di</strong> là del ponte del Lagoscuro, dove padron<br />
Lazzaro li aveva mandati a prendere con un sandalo a due vogatori.<br />
Tante novità, l’idea <strong>di</strong> sposare, le questioni dai genitori, che a forza <strong>di</strong> <strong>di</strong>rsi l’un<br />
l’altra <strong>di</strong> lasciarla libera e <strong>di</strong> lasciarla pensare ai fatti suoi, le erano stati addosso<br />
dalla mattina alla sera, affannandola e frastornandola; l’uomo che la chiedeva in<br />
sposa; tanto queste cose turbavano Dosolina, che non capiva in che modo fosse<br />
arrivata tanto innanzi, sicché le pareva d’aver patito una specie <strong>di</strong> sopruso; insomma,<br />
avevano messo nell’animo suo un’avversione contro l’amore e gli sponsali<br />
già desiderati e sognati. Ma anche l’amore e il maio <strong>di</strong> Scacerni eran <strong>di</strong>ventati una<br />
tribolazione in quella casa della <strong>di</strong>sdetta, a Palazzo Diamantina.<br />
Non aveva trasceso in quei litigi suo padre contro la madre? Fino a <strong>di</strong>re una<br />
volta:<br />
« Ci vorrebbe il bastone per te, ci vorrebbe! »<br />
Glien’incolse male, per <strong>di</strong>re la verità:<br />
« Il bastone? Alla madre dei tuoi figli? Asino calzato, scannapane a tra<strong>di</strong>mento,<br />
lanternone! Sei e fosti sempre la <strong>di</strong>sgrazia tua e <strong>di</strong> chi ha da far con te, e non ti <strong>di</strong>co<br />
altro, perché c’è Dosolina ».<br />
Certo sarebbe stato meglio non <strong>di</strong>r neanche quelle parole, né altre, da spaurire<br />
e addolorare, e fra queste un’ultima frecciata, <strong>di</strong>scutendosi della visita al mulino<br />
San Michele. Era opportuno, secondo Princivalle, che i due giovani cominciassero<br />
a conoscersi; e Donata inviperita: « Che giovani? Potrebb’essere suo padre! » Insomma<br />
non fu male che nel metter piede in barca Donata fosse presa dalla paura<br />
dell’acqua. La barca era assai sottile:<br />
tutta della ricerca della suspence, semmai d’assecondare con una narrazione – che non corre<br />
subito, per così <strong>di</strong>re, al nòcciolo, che procede con soste e attese – l’incerto procedere della<br />
presa <strong>di</strong> coscienza del proprio innamoramento, che per altro Lazzaro non vuole confessare<br />
a sé stesso, e verso il quale nutre una qualche <strong>di</strong>ffidenza. Il ritegno nei confronti del proprio<br />
sentimento (un po’ <strong>di</strong> stizza, una specie <strong>di</strong> in<strong>di</strong>gnazione, assai timore) del protagonista verso la<br />
propria emozione si concreta in un’antiromantica indagine sulla propria vicenda psicologica,<br />
tanto più lievemente tratteggiata quanto più ingenui, vaghi, casti (innamorato <strong>di</strong> vero amore)<br />
sono poi gli atti – nessun’<strong>analisi</strong> della passione ancora ! – che ne conseguono. Anzi la scoperta<br />
dell’amore avviene in Lazzaro attraverso un percorso inverso all’ap<strong>prof</strong>on<strong>di</strong>mento e al<br />
compiacimento: ché, secondo lui, se avesse saputo in<strong>di</strong>viduare il modo e il momento preciso<br />
in cui quel sentimento gli era entrato in animo, avrebbe potuto liberarsene. Nient’affatto compiaciuto,<br />
Lazzaro s’arrabbia: s’arrabbia per non essersi accorto del come si era innamorato,<br />
s’arrabbia <strong>di</strong> non trovar modo d’entrarne in <strong>di</strong>scorso colla fanciulla, nei confronti della quale<br />
sente <strong>di</strong> non poter ricorrere ai mezzi e alle forme che pure altre volte, con altre donne, avevano<br />
dato buoni risultati.<br />
Una volta ci prova a rompere il ghiaccio con Dosolina indagando sul maio; ma la giovane<br />
s’era convinta che si trattase dello scherzo <strong>di</strong> qualcuno: ché nessuno avrebbe voluto sposare<br />
una fanciulla povera come lei. Il fatto che Lazzaro tragga qualche speranza dall’essere egli<br />
benestante, e dunque un buon partito, è il segno, non dell’albagia che viene dal denaro, sì<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 95
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
« Sedetevi pur como<strong>di</strong> », aveva detto il barcaiuolo, vedendoli impacciati.<br />
Venivan giú col filo della correntia veneta. Dosolina stupita, Princivalle ingrugnato,<br />
Donata agguantata a due mani al banco, a ginocchia strette, rattratta,<br />
sbirciando l’acqua limacciosa con occhio nemico; parevano una barca <strong>di</strong> trasognati,<br />
silenziosa. Ma parlava, in pie<strong>di</strong> al suo remo, il vogatore <strong>di</strong> poppa, padrone<br />
e nocchiero, poiché la barca chiedeva per allora <strong>di</strong> esser guidata piú che sospinta:<br />
e lesta andava, leggiera, con lunghe e leggiere vogate in cadenza, del padrone e del<br />
ragazzo al remo <strong>di</strong> prua. Vogava, e:<br />
« Non conviene » <strong>di</strong>ceva colui « aver paura del Po, chi ha da venire a viverci<br />
sopra. E l’abbiamo sentito <strong>di</strong>re anche da queste parti, che padron Lazzaro Scacerni<br />
aspettava qualcuno. Siamo contenti anche noi, perché gli vogliamo bene tutti. E<br />
io posso <strong>di</strong>re per primo che la giovine è bella, ma bella <strong>di</strong>molto. Padron Lazzaro?<br />
Un uomo ’per la quale’! Un galantuomo, un mugnaio che nel mestiere è maestro,<br />
una degna persona, poche parole e fatti molti. Lui non bada a quelli degli altri, ma<br />
vi so <strong>di</strong>re <strong>di</strong> sicuro che se gli altri volessero entrare nei suoi, troverebbero pane per<br />
i loro denti. Eh, non gli mancano le braccia, e al bisogno ha le mani pesanti, e un<br />
coraggio che per incontrarne il compagno, avete voglia a cercare! E lavoratore, e<br />
guadagnatore, e generoso nello spendere; e bell’uomo, che non guasta. Eh, chi lo<br />
sposerà, potrà <strong>di</strong>re d’essere la donna fortunata! »<br />
Princivalle gongolava; Dosolina era arrossita; in altre circostanze Donata<br />
avrebbe già troncato da un pezzo quell’elogio in bocca del barcaiuolo lusinghiero,<br />
che durò fin <strong>di</strong> là dalla Polesella, ma dovette pur tacere e badare a far forza <strong>di</strong> remi,<br />
quand’ebbe messa la prua fuori, per fendere <strong>di</strong> sbieco la corrente.<br />
« Adesso » avvertì prendendo il largo « non vi movete troppo ».<br />
dell’impaccio sentimentale in cui vive: la con<strong>di</strong>zione economica è una sorta <strong>di</strong> certezza che<br />
avrebbe rassicurato del tutto la sua titubante con<strong>di</strong>zione d’innamorato se non fosse stata quella<br />
<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> anni della quale aveva preso coscienza (e se ne era in<strong>di</strong>spettito), ma <strong>di</strong> traverso<br />
ed in<strong>di</strong>rettamente: per via <strong>di</strong> quella foggia <strong>di</strong> barba che non s’usava più.<br />
È che egli non aveva avuto modo <strong>di</strong> sperimentare comportamenti e modelli d’interazione<br />
<strong>di</strong>versi da quelli ru<strong>di</strong> del soldato del genio e del mugnaio che s’era dovuto far strada in un<br />
mestiere che non conosceva. Perciò decide <strong>di</strong> parlarne al padre, e lo fa peggio che da pirata,<br />
ma soprattutto lo fa eludendo ogni accenno ai sentimenti, puntando tutto sulla con<strong>di</strong>zione<br />
economica, sul rifiuto della dote. Per vero è anche l’argomento più convincente per Princivalle,<br />
ma anche quello che scalzava un dubbio non piccolo <strong>di</strong> Dosolina: quello derivante dalla sua<br />
povertà; così il se vostra figlia si contenta, io mi contento senza dote <strong>di</strong>viene aperta <strong>di</strong>chiarazione<br />
alla fanciulla, rassicurata circa la sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> povera: e tanto poteva essere<br />
sufficiente come <strong>di</strong>scorso amoroso.<br />
A portare avanti la vicenda d’amore saranno poi i genitori <strong>di</strong> Dosolina: ancora una volta affermando<br />
<strong>di</strong> non voler con<strong>di</strong>zionare la fanciulla e <strong>di</strong> lasciarla libera <strong>di</strong> decidere. Solo che glielo<br />
ripetevano tando <strong>di</strong> frequente che la giovane non ebbe mai il tempo <strong>di</strong> essere effettivamente<br />
libera; ma ciò che a noi preme <strong>di</strong> sottolineare che neppure adesso, il sentimento d’amore ha<br />
spazio d’esprimersi sì che l’esito letterario è quello <strong>di</strong> un sentimento estremamente pu<strong>di</strong>co<br />
e delicato, ma non per questo meno imperioso e coinvolgente grazie alla simpatia umana<br />
dello scrittore e alla sua strategia <strong>di</strong> trasferire i sentimenti negli atti (una sorta <strong>di</strong> correlativo<br />
oggettivo), nelle parole degli altri. Non è senza significato che Dosolina arrossica all’elogio<br />
che il barcaiolo tesse <strong>di</strong> Lazzaro portandola al mulino S. Michele, ma così non è un caso che,<br />
lei che non ha mai visto il fiume, sia la più tranquilla nel percorso acquatico verso la casa <strong>di</strong><br />
Lazzaro e, soprattuto, sia affascinata dallo spettacolo: Dosolina batté le mani: «... Guardate che<br />
pare d’oro »... Dosolina allegra, a cui non pareva l’aver occhi bastevoli per le tante meraviglie.<br />
96 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
Figurarsi Donata, ch’era già rigida e stecchita! Si scorgeva, ora che la fendevano,<br />
la forza e la velocità del fiume giallo e schiumoso, nei gorghi che descriveva attorno<br />
alla barchetta, nei larghi mulinelli fuggenti. Sui fianchi, sotto la prora sottile, e <strong>di</strong><br />
poppa, produceva rigurgiti e risucchi, che parevano avi<strong>di</strong> e insi<strong>di</strong>osi. Donata, a<br />
fissar la corrente, si sentiva il capogiro, ma non poteva <strong>di</strong>strarne gli occhi. Dosolina<br />
batté le mani:<br />
« Com’è grande e largo! Oh, bello, bello! Guardate, che pare d’oro ».<br />
Un oro pallido e annebbiato, in cui il sole settembrino andava tutto quanto<br />
in lucore. E Donata s’avvide quant’eran lontane ambe le rive, ed ebbe un grido <strong>di</strong><br />
paura soffocato.<br />
« Eh », fece il remigante, « che <strong>di</strong>reste se fosse in piena? »<br />
« Non è piena questa? » chiese con voce non troppo sicura il Malvegoli.<br />
« Mezza, sì e no ».<br />
« È per via che noi non sappiamo nuotare.<br />
« In caso, attaccatevi alla barca. Anche se si ribalta, sta a galla ».<br />
Al piacere <strong>di</strong> questo scherzo, il viso <strong>di</strong> Princivalle si fece scuro e ansioso quanto<br />
quello della moglie, che sgridò a denti stretti, quasi temesse <strong>di</strong> scrollar la barca col<br />
fiato o colla voce, sgridò Dosolina allegra, a cui non pareva d’aver occhi bastevoli<br />
per le tante meraviglie, e che si girava da tutte le parti:<br />
« Sta ferma, non ti muovere! Sei sorda? Non senti che può ribaltarsi?<br />
La sbofonchiata del barcaiuolo poté ben farle rabbia, ma non <strong>di</strong>minuir la pau-<br />
La sua allegria è esuberante e il barcaiolo deve calmarla; e quando le campane suonano il<br />
mezzodì (pareva che pronosticassero la meglio augurata delle giornate) la giovane pronunzia<br />
la frase dell’Annunciazione a Maria della sua prossima maternità.<br />
Da canto suo Lazzaro si preoccupa della sicurezza dell’attracco, aveva fatto sì il S. Michele<br />
apparisse festoso, assettato, pulito e lindo, aveva fatto apparecchiare la tavola. Tutto pareva<br />
esprimere un sentimento <strong>di</strong> serena felicità: v’era ... un senso <strong>di</strong> quiete animata, <strong>di</strong> benestare<br />
sereno, <strong>di</strong> pace umile e alta ... una dolcezza stupita, un benessere fisico ... Solo una frase<br />
mezza galante mezza grossolana: «Dosolina voi pesate quanto un fiore ». Poi la proposta <strong>di</strong><br />
matrimonio senz’altri preamboli sentimentali semmai ponendo la questione ancora in termini<br />
economici: «... spero che vorrete tornar padrona su questa bicocca »: è il momento sentimentale<br />
dell’incontro: Lazzaro e Dosolina si guardano negli occhi e la giovane trae fiducia da quello<br />
sguardo, scorge negli occhi <strong>di</strong> quello l’amore e ’presente’, non sente, cosa sia.<br />
Poi nuovamente il <strong>di</strong>scorso d’amore si presenta sotto le spoglie <strong>di</strong> spiegazione degli strumenti<br />
<strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> mugnaio, dei suoi proce<strong>di</strong>menti: i sentimenti al momento dell’esternazione sono<br />
resi concreti, e veri, tradotti da parole in oggetti, da chi non ha <strong>di</strong>mestichezza con le parole o<br />
non ama esibire l’animo, neppure a sé stesso. Princivalle, ingenuo (troppo !) estroverso, capisce<br />
e a suo modo traduce – inopportunamente – alla figlia. Il proce<strong>di</strong>mento metaforico, dallo<br />
spirituale agli oggetti, resta immutato e Lazzaro mostra una casetta sull’argine dove tenere la<br />
famiglia: non è ancora sua, ma è stata data la caparra: l’acquisterà solo se la persona che ha<br />
in mente gli darà una risposta positiva. Altrimenti preferirà perdere il denaro dato in pegno:<br />
è una straor<strong>di</strong>naria <strong>di</strong>chiarazione d’amore che riempie d’orgoglio Dosolina. Ma sono l’atto <strong>di</strong><br />
zittire ed allontanare Princivalle, ed il riguardo usatole da Lazzaro nell’esplicita <strong>prof</strong>essione che<br />
il consenso doveva giungere <strong>di</strong>rettamente e liberamente da lei, che paiono espressioni degli<br />
intimi sentimenti dell’uomo verso lei che è giovane e sognatrice. Nessun compiacimento sentimentale,<br />
il <strong>di</strong>alogo d’amore tra Dosolina e Lazzaro è fatto <strong>di</strong> poche e brevissime frasi improntate<br />
a ben altro che non alla dolcezza o alla lusinga (eccetto quell’una, sul peso della fanciulla).<br />
Così B. traduce in fatti concreti la segreta amorosa premura <strong>di</strong> Dosolina per l’or<strong>di</strong>ne con cui<br />
è rifatto il letto <strong>di</strong> Lazzaro: «Certo che se avesse moglie dormirebbe in un letto meglio fatto».<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 97
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
ra. Attraverso il fiume luminoso si rispondevano le campane delle due Guar<strong>di</strong>e,<br />
annunciando mezzodì; e pareva che pronosticassero la meglio augurata delle giornate,<br />
che già era la piú bella dell’anno. Dosolina si segnò e <strong>di</strong>sse: Angelus Domini<br />
nuntiavit Mariae. Donata non ebbe animo <strong>di</strong> staccar le mani dal banco neppure<br />
per segnarsi.<br />
Ecco la riva vicina; il nocchiere mise la prora sul mulino, che in un sol tratto<br />
sorse, così parve, e ingrandì alla vista, e si erse e nereggiò coi foschi fianchi dritti<br />
e robusti. La barchetta parve rimpicciolirglisi sotto bordo. E grande piú che mai,<br />
un po’ fosco anche lui, mentre l’ansietà dell’animo gli faceva il volto piú severo,<br />
usciva sull’an<strong>di</strong>aletto il padrone del San Michele, che prese la cima, in<strong>di</strong>cò a Donata<br />
e al Malvegoli i due piuoli per salire a bordo; li aiutò; ma quando fu la volta <strong>di</strong><br />
Dosolina, si sporse e chinò fuori, la cinse alla vita col braccio, e la issò lievemente,<br />
posandola sull’an<strong>di</strong>aletto con garbo e galanteria:<br />
« Dosolina, voi pesate quanto un fiore ».<br />
E com’ella, arrossendo, si accostava alla madre che veniva a fatica rimettendosi,<br />
egli aggiunse:<br />
« Siete in casa vostra, se vi degnate ».<br />
Dosolina lì per lì era troppo imbarazzata per guardarsi attorno, ma primo a<br />
far conoscenza col mulino era il piede. Infatti gli ormeggi, ai quali Lazzaro aveva<br />
aggiunta per piú sicurezza la stanga fissata nel fondo del fiume alla burga <strong>di</strong> vimini<br />
piena <strong>di</strong> sassi, lasciavano un certo giuoco agli scafi, che prueggiavano alternamente<br />
ad orza e a poggia, con un guizzo lento ed uguale, che pareva un accenno a salpare,<br />
quasi un desiderio <strong>di</strong> navigare, e dava vita alla mole, e leggerezza ai pie<strong>di</strong>. Tale<br />
moto oscillante tirava e allentava gli ormeggi, sicché i legni piatti della stanga e i<br />
cavi dell’ancore e da terra, sciaguattavano pigramente, sorgendo e riaffondando,<br />
nell’acqua lesta e animata, schiumosa e giallastra.<br />
Il San Michele era festoso, assettato, allestito, pulito e lindo, cogli sportelli delle<br />
case spalancati alla luce del bel giorno, e coi portelli della loggia, che servivano a<br />
chiuderla prorovia, sollevati e aperti. Nella loggia era imban<strong>di</strong>ta pulitamente una<br />
piccola tavola con quattro sgabelli. L’aria e il sole, dolci e temperati, scherzavano<br />
e lumeggiavano dentro e fuori. Il rumore lento e il grondare e stillare dell’ulà,<br />
pareva anch’esso un giuoco festoso e <strong>di</strong>vertente, e si sposava col ruotare animoso<br />
delle macine: piú che suono, questo, respiro e palpito della greve macchina. E v’era<br />
infatti un senso <strong>di</strong> quiete animata, <strong>di</strong> benestare sereno, <strong>di</strong> pace umile ed alta in un<br />
mondo <strong>di</strong>verso e solitario tra fiume e cielo, tra l’una riva lontana e la terra prossima<br />
nascosta <strong>di</strong>etro l’argine: e v’era una dolcezza stupita, un benessere fisico, che<br />
mischiava nella timi<strong>di</strong>tà della fanciulla una meraviglia molle, come l’odore della<br />
farina, grato e confortevole, si mischiava al sentore dell’acqua viva, al tanfetto<br />
delle melme rinvenute e dei legnami muci<strong>di</strong>, nell’aria ricca <strong>di</strong> salute e d’appetito<br />
mattutino e giovanile.<br />
« Ora mettiamoci a tavola », <strong>di</strong>ceva padron Lazzaro, « che è tar<strong>di</strong> e avrete fame.<br />
Di farvi vedere il mulino c’è tempo dopo. E voi », soggiunse a Dosolina, « spero<br />
che vorrete tornar presto padrona su questa bicocca ».<br />
Lo guardò negli occhi, trasalendo, ma prima <strong>di</strong> chinare i propri, si avvide che<br />
anche l’uomo quasi per effetto <strong>di</strong> quel senso benigno <strong>di</strong> tutte le cose, le dava fiducia,<br />
98 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
con fierezza <strong>di</strong> sentirsi bella. Negli occhi aveva scorto l’amore, e presentiva che cosa<br />
sia. E l’apprensione delle nozze era già un desiderarle: era timore, ma naturale, <strong>di</strong><br />
vergine ancor tenera, e pu<strong>di</strong>ca e costumata.<br />
Schiavetto mise in tavola, e fu fatto grande onore, da quei terrieri, al luccio in<br />
salsa con aglio, e al caviale e alla bottarga <strong>di</strong> Malvasone; e alla ’pinza alla molinara’,<br />
sfogliata <strong>di</strong> pane all’olio e senza lievito, cotta nella cenere ardente; e in fin<br />
<strong>di</strong> tavola a una persicata prelibata. Poi padron Lazzaro mostrò come si regolasse<br />
la forza dell’acqua all’ulà, calando col mulinello fra essa e la catena acquarola la<br />
paratoia dello scalettino. Per contro, affondando, in tempi <strong>di</strong> magra, lo scaletto<br />
triangolare, massiccio, si produceva un salto della corrente, che aumentava l’acqua<br />
e il suo impeto sulle pale. Mostrò i palmenti, e il sarzanello, il biadarolo, e tutti i<br />
congegni, posatamente, senza piú <strong>di</strong>scorrere <strong>di</strong> nozze, anzi neppure a Dosolina in<br />
particolare, sicché lei si sentiva daccapo in una nuova soggezione, e stava timida,<br />
accosto alla madre contegnosa e annuente. Spiegava, lo Scacerni, che quando le<br />
macine si eran troppo appianate, il mulino lavorava stracco, e bisognava rimetterlo<br />
in dente, scalpellando la faccia delle macine; spiegava che quando una <strong>di</strong> queste<br />
premeva troppo in mezzo, si <strong>di</strong>ceva mulino aperto in bocca, o, viceversa, aperto<br />
in ala. Mostrava i martelli con cui si scalpellavan le mole, e la fucina da fabbro, la<br />
ruota da arrotino, il bando del falegname, tutti gli arnesi dei tanti mestieri d’un<br />
compiuto mugnaio. Ma Princivalle Malvegoli, che aveva anche bevuto copiosamente,<br />
non si trattenne piú:<br />
« Un bel mulino, un gran mulino, un mulino stupendo! E voi, padron Lazzaro,<br />
un uomo, voi! Sapevo chi siete, e me lo <strong>di</strong>ceva anche poco fa quel galantuomo della<br />
barca, ma parola che non mi aspettavo tanto. Ohia! È il mulino che poi piú. Vi so<br />
<strong>di</strong>re che la mugnaia starà da regina. Vita, oh, vita! »<br />
Ora Dosolina avrebbe desiderato che sua madre facesse smettere la ciarla e<br />
coteste esclamazioni e la piaggeria, ma Donata sorrideva rabbonita.<br />
Videro la casa del sandoncello, e, fra or<strong>di</strong>gni da pesca e da caccia appesi o <strong>di</strong>sposti<br />
sulla ragna alla parete, la cuccetta del mugnaio, che <strong>di</strong>sse:<br />
« Qui ho dormito fino adesso, e » in<strong>di</strong>cando la fogara « qui ho fatto quel poco<br />
<strong>di</strong> cucina, quand’ero solo senza garzoni: furono principii duri ».<br />
« E d’ora innanzi, che Dio vi bene<strong>di</strong>ca », chiese Princivalle, « dove dormite,<br />
d’ora innanzi? »<br />
Dosolina ebbe un moto <strong>di</strong> stizza e <strong>di</strong> vergogna, ma Lazzaro:<br />
« D’ora innanzi, se le cose vanno come spero… »<br />
« E avete ragione <strong>di</strong> sperare! »<br />
« Se le cose vanno, <strong>di</strong>co, ho in vista, poco lontano da questa piarda, un po’ <strong>di</strong><br />
terra e una casetta, oh, non gran cosa, ma come <strong>di</strong>ce il proverbio: casa quanta ti<br />
copre ».<br />
« E terra quanta ne ve<strong>di</strong>! »<br />
« Eh, eh! Non tanta, ci corre: ma un po’ d’orto sì, qualche pertica <strong>di</strong> terra sì; un<br />
sitino insomma, ma buono e da starci bene. Dovrà badarci la mia donna, perché<br />
la campagna del mugnaio è il mulino: sempre che colei che intendo io, mi <strong>di</strong>ca <strong>di</strong><br />
sì e non <strong>di</strong> no ».<br />
« Di no a un pari vostro? »<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 99
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
« Non si sa mai; e in ogni caso deve <strong>di</strong>rlo colei, scusate ».<br />
Allora il Malvegoli cominciò a toccar col gomito Dosolina perché parlasse,<br />
molesto e fasti<strong>di</strong>oso. Lei taceva e cercava <strong>di</strong> scansarlo. E, sempre davanti alla<br />
cuccetta, egli <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> peggio:<br />
« Per starci in due », e rideva grossamente, « <strong>di</strong>ciamo la verità, questo lettino<br />
sarebbe scarso. È vero, » soggiunse piano strizzando l’occhio a Donata e a Scacerni,<br />
« che per i primi tempi il letto piace stretto ».<br />
« Va là », gli replicò, ma benevolmente, la moglie, « che sei una bestia ».<br />
« E l’avete già comprata, padron Lazzaro, l’avete già comprata la casa per la<br />
mugnaia, e questa vostra possessione nuova? »<br />
« Sono in parola e ho dato caparra, sempre in tempo a <strong>di</strong>sdrimi per altro ».<br />
« E perché <strong>di</strong>s<strong>di</strong>rvi poi? »<br />
« Perché ho messo gli occhi sopra una, che lei o nessun’altra ».<br />
« Fortunata quella! Ma hai sentito, Dosolina? » esclamò Malvegoli senza potersi<br />
piú contenere: « O quella o nessun’altra! »<br />
« Che cosa volete che senta », <strong>di</strong>sse ragionevolmente Donata, « se parlate sempre<br />
voi, benedett’uomo? »<br />
« La caparra, eh », insisteva un poco imbambolato dal vino Malvegoli, « la<br />
caparra? »<br />
« Piuttosto ci rinuncio, e mi contento del mulino, gli anni che mi avanzano<br />
».<br />
Queste <strong>di</strong>chiarazioni, e d’un uomo come padron Lazzaro, davano alla fanciulla<br />
un misto <strong>di</strong> confusione dolce e d’orgoglio, che il rumoroso padre tornò a<br />
guastare:<br />
« E dàlli! Ma chi volete che vi <strong>di</strong>ca <strong>di</strong> no? Bisognerebbe che fosse matta. Vi <strong>di</strong>co<br />
io che ha ancora da nascere! »<br />
« Scusate, non tocca a voi <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo ».<br />
La voce <strong>di</strong> padron Lazzaro s’era fatta asciutta, della qual cosa Dosolina, gli fu<br />
grata, sperando che riducesse il padre a tacere; ma costui non si perdeva per così<br />
poco, e stava per riprendere, quando la moglie:<br />
« Adesso non la tormentate », <strong>di</strong>sse.<br />
« Sicuro », aggiunse Lazzaro dominando l’impazienza; « è giusto. Io, per me,<br />
ho detto abbastanza, e bisogna lasciar tempo a pensare e a rispondere; quantunque,<br />
per me, quanto piú presto, tanto meglio ».<br />
Adesso Dosolina avrebbe voluto <strong>di</strong>r qualcosa, e s’arrabbiava <strong>di</strong> non trovar<br />
nemmeno una parola; se la prendeva col padre, che l’avesse confusa e frastornata;<br />
con sé stessa, che una parola ci sarebbe voluta almeno per creanza; e non sapeva<br />
quant’era graziosa, così muta e stizzita, mentre padron Lazzaro prendeva amichevolmente<br />
per un braccio il futuro suocero importuno, e lo conduceva sulla loggia<br />
col pretesto <strong>di</strong> mostrargli non so che or<strong>di</strong>gno, con tanta gratitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Dosolina,<br />
che era un principio d’amore. Per lo meno, cadendole l’occhio sulla cuccetta <strong>di</strong><br />
Lazzaro, pulita, ma rifatta alla meglio, le venne da pensare:<br />
« Certo che se avesse moglie dormirebbe in un letto meglio fatto ».<br />
Intanto sua madre, gravemente, ma con un’amorevolezza non consueta, le<br />
<strong>di</strong>ceva:<br />
100 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Bacchei<br />
« Il partito è buono; me ne sono persuasa anch’io ».<br />
« Adesso devi parlare tu ».<br />
« Io farò come mi comandate ».<br />
« Ah, come ti coman<strong>di</strong>amo? » <strong>di</strong>sse la madre sorridendo.<br />
« E se ti comandassimo <strong>di</strong> sposarlo? »<br />
« Io son contenta sempre d’ubbi<strong>di</strong>rvi ».<br />
« E non ti contrarierebbe, questa volta? »<br />
« Non mi ha mai contrariato ».<br />
« Insomma… »<br />
« Insomma, per me, son contenta ».<br />
Il Malvegoli non aveva potuto star <strong>di</strong>scosto neanche quel poco, e affacciandosi<br />
alla casa del sandoncello udì le ultime parole, e da quel buon uomo che poi<br />
era, desideroso della felicità <strong>di</strong> sua figlia e convinto che con quel matrimonio la<br />
conseguirebbe gran<strong>di</strong>ssima, n’ebbe una schietta e tenera consolazione, tanto che<br />
stette un momento senza parola, mentre Donata <strong>di</strong>ceva:<br />
« Dunque ormai puoi <strong>di</strong>rglielo tu ».<br />
« Io non m’attento… »<br />
« Io glielo <strong>di</strong>co », esclamò il Malvegoli tornato subito alla consueta goffaggine,<br />
« glielo <strong>di</strong>co io! Padron Lazzaro, venite un po’ qua! »<br />
« Animale, non capisci » proruppe Donata « che gli piacerà invece <strong>di</strong> sentirselo<br />
<strong>di</strong>re da lei? »<br />
Princivalle, sentendo la ragione, si grattò la testa mortificato.<br />
Entrava, Scacerni, e padre e madre, sorridendo, si trassero in <strong>di</strong>sparte a guardar<br />
il fiume dallo sportello.<br />
« Dunque » chiese Lazzaro alla fanciulla « ho da credere che mi vogliate far<br />
contento? »<br />
« Se vi contentate <strong>di</strong> una povera fanciulla come me ».<br />
« E allora sia ringraziato il Signore per la consolazione che mi date, Dosolina »,<br />
<strong>di</strong>sse Scacerni prendendole la mano.<br />
« Sempre sia lodato e ringraziato », <strong>di</strong>sse lei, svincolando dolcemente la mano<br />
per segnarsi.<br />
« E bene<strong>di</strong>ca le nostre nozze ».<br />
Ora non dava piú fasti<strong>di</strong>o a nessuno la sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> Princivalle, che scoppiò<br />
gioiosa verso Donata:<br />
« Oh, <strong>di</strong>telo finalmente una volta anche voi, la mia vecchia, che ho avuto ragione<br />
da vendere, che ho visto subito, io, che uomo è questo nostro genero! »<br />
« Volentieri lo <strong>di</strong>co, e mi consolo per Dosolina, e che il Signore li bene<strong>di</strong>ca ».<br />
« Ma anche lui, non si fa per <strong>di</strong>re, anche nostro genero ha trovato in sorte una<br />
perla, non perché sia mia figlia, ma per la sacrosanta verità: val tant’oro quanto<br />
pesa, la nostra Dosolina ».<br />
« Piú <strong>di</strong> quel che pesa », <strong>di</strong>sse Scacerni, ricordandosi com’era stata lieve in<br />
braccio a lui nell’issarla a bordo del San Michele.<br />
Egli teneva nella sua mano robusta e callosa la mano gentile, benché ruvida,<br />
<strong>di</strong> Dosolina.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 101
102 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
BEppE fENOGLIO<br />
TrAduzione de Il vento neI sAlIcI<br />
<strong>di</strong> KenneTh GrAhAme<br />
[I]La proda del fiume<br />
Per tutta la mattina la Talpa aveva atteso <strong>di</strong> lena alla ripulitura primaverile<br />
della sua casetta. Prima con scope, poi con cenci da polvere; quin<strong>di</strong> su scale e<br />
sgabelletti e seggiole, con un pennello e un secchio d’acqua <strong>di</strong> calce; finché ebbe<br />
polvere in gola e negli occhi, e schizzi <strong>di</strong> bianco su tutto il pelo nero, e la schiena<br />
dolorante e le braccia stremate. La primavera spaziava nell’aria lassú e nella terra<br />
sotto e tutt’intorno, penetrando anche la sua casina senza luce e spazio del suo<br />
spirito <strong>di</strong> <strong>di</strong>vino scontento e desiderio. Nulla <strong>di</strong> strano, quin<strong>di</strong>, se tutto d’un subito<br />
gettò il pennello sull’impiantito, sbottò «Stufa sono!» e «Basta così!» e anche<br />
«All’inferno la ripulitura <strong>di</strong> primavera!» e uscì decisamente <strong>di</strong> casa senza manco<br />
indugiarsi a infilar la giacchetta. Qualcosa da lassú la chiamava imperiosamente,<br />
e imboccò il ripido e angusto budello che nel suo caso rispondeva alla ben ghiaiata<br />
via carrozzabile in possesso degli animali le cui residenze erano più prossime al<br />
sole e all’aria. Così cavò, frugò, grattò e raschiò, e <strong>di</strong> nuovo raschiò, grattò, frugò e<br />
cavò, manovrando briosa le zampette e bisbigliando a se stessa, «Si sale! Si sale!»<br />
finché, fuori! il suo grugnetto emerse nel sole, e si trovò a zampettare nell’erba<br />
calda d’un gran prato.<br />
«Bello!» si <strong>di</strong>sse. «Meglio che imbiancare!» Il sole picchiava rovente sul suo pelo,<br />
languide brezze carezzavano la sua fronte affocata, e dopo la clausura sotterranea<br />
in cui era vissuta tanto tempo la carola d’uccelli felici piombava sulle sue orecchie<br />
insor<strong>di</strong>te come un frastuono. Sobbalzando a quattro zampe, nella gioia <strong>di</strong> vivere<br />
e nel go<strong>di</strong>mento della primavera senza ripulitura, seguitò la sua strada pel prato<br />
finché raggiunse la siepe al lato opposto.<br />
«Ferma là!» intimò un coniglio matusotto allo spiraglio della siepe. «Sei sol<strong>di</strong><br />
pel privilegio <strong>di</strong> transito sulla strada privata!» Fu ciurlato in un momento dalla<br />
La traduzione che qui presentiamo è datata tra le prime prove letterarie <strong>di</strong> F., prima della<br />
elaborazione dello stile fortemente caratterizzato dal regionalismo neorelistico. La traduzione<br />
de Il vento nei salici tuttavia più che esercitazione scolastica, pare essere una sfida con un<br />
testo originale <strong>di</strong> per sé non facile, verifica della capacità espressiva della (propria) lingua<br />
letteraria, <strong>di</strong> fatto tentativo <strong>di</strong> proporre in una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> facile, quasi colloquiale, narratività<br />
una lin gua toscana decisamente intrisa <strong>di</strong> letterarierietà, talora arcaica. Sta che proprio<br />
questa scelta toscana, <strong>di</strong> correttezza formale fa sì che oggi questa traduzione possa essere<br />
proposta come modello <strong>di</strong> scrittura controcorrente, lontana dalla colloquialità e dalla (più o<br />
meno apparente) facilità.<br />
Chi scrive non intende condurre nessuna operazione <strong>di</strong> riscatto o <strong>di</strong> rivalutazione della traduzione<br />
fenogliana: egli mira esclusivamente a proporre ai giovani una scrittura sorvegliata, attenta<br />
alla <strong>di</strong>gnità della lingua, all’eleganza dell’espressione e della metafora. Non secondario è poi<br />
lo scopo <strong>di</strong> raccomandare allo studente uno strumento <strong>di</strong> indubbio arricchimento lessicale:<br />
le poche pagine qui riportate sollecitino la lettura dell’intero libro, non ostante si tratti <strong>di</strong> una<br />
lunga favola per bambini, go<strong>di</strong>bile ed utile tuttavia sotto il <strong>prof</strong>ilo della lingua e dello stile dei<br />
quali potranno essere immagazzinati non pochi suggerimenti.
Analisi Tecnica. Fenoglio<br />
Talpa, impaziente e <strong>di</strong>sdegnosa, che trotterellò a ridosso della siepe, motteggiando<br />
gli altri conigli che frettolosi occhieggiavano dalle lor tane a veder che baruffa<br />
succedesse. «Salsa <strong>di</strong> cipolle! Salsa <strong>di</strong> cipolle!» notò beffarda, e fu lontana prima<br />
che i conigli potessero rimuginare una risposta pienamente sod<strong>di</strong>sfacente. Allora<br />
quelli presero tutti a rampognarsi a vicenda. «Lo scemo che sei! perché non le hai<br />
detto…» «Già, perché non <strong>di</strong>rle…» «Potevi ricordarle…» e così via, come <strong>di</strong> solito;<br />
ma, naturalmente, era troppo tar<strong>di</strong>, come capita sempre.<br />
Tutto pareva troppo bello per esser vero. Errò mobilissima qua e là, pei campi,<br />
lungo le siepi, attraverso i boschi cedui, trovando ovunque uccelli che ni<strong>di</strong>ficavano,<br />
fiori in boccio, foglie stormenti – tutto felice e progressivo, e indaffarato. E invece<br />
d’aver la coscienza a <strong>di</strong>sagio che la pungesse e le bisbigliasse «Imbianca!» poteva<br />
soltanto avvertire quanto fosse esilarante esser l’unico cane ozioso tra tutti questi<br />
citta<strong>di</strong>ni affaccendati. Dopo tutto, il lato migliore d’una vacanza consiste non tanto<br />
nel riposarsi, quanto nel veder gli altri allo sgobbo.<br />
Giu<strong>di</strong>cò la sua felicità totale quando, a furia <strong>di</strong> gironzare senza mèta, improvvisamente<br />
ristette sulla proda d’un fiume gonfio. Mai prima in sua vita aveva visto<br />
un fiume – questo lustro, sinuoso animale a pieno corpo, che incalza e gorgoglia,<br />
afferra le cose con un chioccìo e le rilascia con una risatina – avventarsi sulle sue<br />
fresche compagne <strong>di</strong> svago che si <strong>di</strong>vincolavano e nuovamente erano sorprese e<br />
imprigionate. Tutto tremolava, tutto brivi<strong>di</strong>va – bagliori e sprazzi e faville, fruscii e<br />
rigurgiti, cicalecci e gorgogli. La Talpa era ammaliata, rapita, affascinata. Sulla proda<br />
trotterellò al pari d’un essere minuscolo che ansima al fianco d’un uomo che lo tiene<br />
estasiato con storie eccitanti; finalmente stanca, sedette sulla riva, mentre il fiume<br />
non cessava <strong>di</strong> parlarle, sciabordante processione delle piú belle storie del mondo,<br />
scaturite dal cuore della terra per esser narrate infine all’insaziabile mare.<br />
Come sedette sull’erba e volse gli occhi oltre il fiume, una tana tenebrosa, nella<br />
riva opposta, appena al pelo dell’acqua, fermò il suo sguardo, e come in sogno<br />
le venne fatto <strong>di</strong> considerare che graziosa e intima <strong>di</strong>mora sarebbe stata per un<br />
animale da poche esigenze e anelante a un gioiellino <strong>di</strong> residenza fluviale, proprio<br />
Felici arcaismi e non<br />
Cenci da polvere.<br />
Sgabelletti e seggiole.<br />
Schiena dolorante e braccia stremate.<br />
La primavera spaziava nell’aria.<br />
Impiantito.<br />
Angusto budello.<br />
Ghiaiata via.<br />
Briosa.<br />
Grugnetto.<br />
Zampettare.<br />
Il sole picchiava rovente (meglio il pre<strong>di</strong>cato<br />
nomin. che l’attributo !).<br />
Fronte affocata (affocata è conseguenza <strong>di</strong><br />
rovente).<br />
Carola d’uccelli (la carola è allo stesso tempo un<br />
canto ed una danza in cerchio <strong>di</strong> più persone).<br />
Coniglio matusotto ( ’anzianotto’).<br />
Sobbalzando (anziché ’saltellando’ che è modo<br />
più accentuato).<br />
Privilegio del transito.<br />
Fu ciurlato.<br />
Rampognarsi.<br />
Errò... qua e là.<br />
Foglie stormenti.<br />
Tutto felice e progressivo.<br />
Sgobbo (anziché ’lavoro’).<br />
Gironzare.<br />
Ristette (anziché ’si fermò’).<br />
Proda (anziché ’riva’).<br />
Lustro (anziché ’lucido’).<br />
Chioccìo.<br />
Brivi<strong>di</strong>va (più lieve <strong>di</strong> ’fremere’).<br />
Tiene estasiato con storie.<br />
Tana tenebrosa (anziché ’oscura’).<br />
Le venne fatto <strong>di</strong> considerare.<br />
Anelante (anziché ’desiderosa’).<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 103
Analisi Tecnica. Fenoglio<br />
sul pelo dell’acqua e remota dal chiasso e dalla polvere. Come vi figgeva gli occhi,<br />
un alcunché <strong>di</strong> lustro e <strong>di</strong> minuto parve ammiccare nel cuore della tana, vanì,<br />
poi riscintillò ancor più, come una stellina. Ma <strong>di</strong>fficilmente poteva essere una<br />
stella in sì inverosimile situazione; e era troppo brillante e minuscolo per essere<br />
una lucciola. Poi, come scrutava, esso la fissò, talché si rivelò per un occhio; e un<br />
musetto cominciò gradatamente a formarsi intorno all’occhio come una cornice<br />
intorno a un quadro.<br />
Un musetto bruno, con baffi.<br />
Un musetto tondo e serio, con nell’occhio lo stesso barbaglio che per primo<br />
aveva attratto l’attenzione della Talpa.<br />
Orecchiette ben modellate e pelo fitto, come <strong>di</strong> seta! Era il Topo d’acqua!<br />
I due animali ristettero e si sogguardarono l’un l’altro con cautela.<br />
«Ehi, Talpa!» <strong>di</strong>sse il Topo d’acqua.<br />
«Beh, Topo?» <strong>di</strong>sse la Talpa.<br />
«Ti garberebbe traghettare?» s’informò subito il Topo.<br />
«Oh, a parole è un conto,» replicò la Talpa, piuttosto agra, del tutto nuova a<br />
un fiume e alla vita rivierasca e alle sue evenienze.<br />
Il Topo non ribatté parola, ma si curvò e sciolse una gomena e fece forza; poi<br />
balzò leggero in una barchetta che la Talpa ancora non aveva notata. Era <strong>di</strong>pinta<br />
in turchino all’esterno e bianco all’interno, e capiva giusto due animali; e il cuore<br />
della Talpa volò tutto verso essa, anche se non aveva ancora pienamente compreso<br />
il suo servizio.<br />
Il Topo vogò ratto all’altra riva e attraccò. Poi protese la zampa anteriore come<br />
la Talpa scendeva con titubanza. «Appoggiati a questa!» <strong>di</strong>sse. «Sú, salta decisa!»<br />
Lo stile<br />
Il lessico decisamente ricco <strong>di</strong> toscanismi e <strong>di</strong><br />
termini esclusivamente letterari farebbe supporre<br />
uno stile classico. Ed invece la scrittura<br />
non è affatto <strong>di</strong> riesumazione <strong>di</strong> modelli classici:<br />
non ricalca Bacchelli e tanto meno Manzoni:<br />
merito indubbiamente della natura favolistica<br />
del racconto; ma soprattutto <strong>di</strong> una sintassi<br />
estremamente semplificata, caratterizzata dal<br />
periodo breve che raramente allinea più <strong>di</strong> duetre<br />
frasi preferibilmente coor<strong>di</strong>nate e solo più<br />
parcamente subor<strong>di</strong>nate.<br />
Più in specifico il periodo ricorre a forme <strong>di</strong>chiarative,<br />
ora con frasi appunto <strong>di</strong>chiarative,<br />
ora con locuzioni comparative, ora con enumerazioni<br />
che insieme arricchiscono e spiegano.<br />
Si veda una frase come Tutto tremolava, tutto<br />
brivi<strong>di</strong>va – bagliori e sprazzi e faville, fruscii e<br />
rigurgiti, cicalecci e gorgogli nella quale accanto<br />
ad un vb <strong>di</strong> taglio letterario come ’brivi<strong>di</strong>re’ l’inciso<br />
nominale specifica contenuti e qualità dei<br />
brivi<strong>di</strong> della natura. E subito dopo: Sulla proda<br />
trotterellò al pari d’un essere minuscolo che ansima<br />
al fianco d’un uomo che lo tiene estasiato<br />
104 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
con storie eccitanti che è <strong>di</strong>chiarativa rispetto ai<br />
precedenti ammaliata, rapita, affascinata e dove<br />
il paragone all’essere minuscolo... al fianco d’un<br />
uomo riporta il <strong>di</strong>scorso alla prassi quoti<strong>di</strong>ana<br />
del rapporto bambinoadulto. Non per questo<br />
l’immagine è meno poetica per il parallelo essere<br />
minuscolotalpa, uomofiume.<br />
Per altro è ricorrente la tecnica <strong>di</strong> far precedere<br />
una metafora semplice e breve rispetto ad una<br />
più ricca e complessa: il fiume non cessava <strong>di</strong><br />
parlarle, sciabordante processione ... Tal che<br />
non ostanti l’aulicità del registro lessicale e la<br />
liricità <strong>di</strong> tanti frammenti resta facile la comunicazione<br />
estetica e narrativa. Naturalmente occorrebbe<br />
un ravvicinato confronto con l’originale<br />
quanto si volesse valutare l’apporto <strong>di</strong> Fenoglio:<br />
non è questa la sede.<br />
Quello che qui preme sottolineare è il largo<br />
ricorso al <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto che contribuisce<br />
in modo rilevante a vivacizzare la scrittura, a<br />
stemperare aulicità e letterarietà. Così è che la<br />
presente traduzione appare un efficace modello<br />
antinomico a certa (eccessiva) facilità <strong>di</strong> scrittura<br />
e povertà lessicale dell’italiano standard.
Analisi Tecnica. Fenoglio<br />
e la Talpa con suo stupore e rapimento si trovò positivamente seduta a poppa<br />
d’una vera barca.<br />
«Magnifica giornata, questa!» constatò, mentre il Topo scostava e ripigliava i<br />
remi. «Sai, non son mai stata in barca in vita mia.»<br />
«Che?» scattò il Topo, a bocca aperta: «Mai stata in… mai… beh, io… che<br />
facevi, allora?»«È tutto bello così?» indagò la Talpa timidamente, per quanto<br />
preparatissima a crederlo, mentre giaceva al suo posto e ispezionava i cuscini, i<br />
remi, gli uncini e tutti gli attraentissimi arre<strong>di</strong> e avvertiva il lieve oscillare della<br />
barca sotto <strong>di</strong> lei.<br />
«Bello? È l’unica cosa bella,» sentenziò il Topo d’acqua solennemente, mentre<br />
si raccoglieva in avanti, per la battuta. «Cre<strong>di</strong>mi, mia giovane amica, non c’è<br />
nulla, assolutamente nulla che valga la metà del semplice bazzicare intorno alle<br />
barche. Semplice bazzicare,» continuò trasognato: «bazzicare intorno alle barche;<br />
bazzicare…»<br />
«Bada in testa, Topo!» stridé la Talpa d’un tratto. Troppo tar<strong>di</strong>. La barca cozzò<br />
nella ripa scoscesa. Il vogatore, il sognatore gau<strong>di</strong>oso, giacque al fondo della barca,<br />
i pie<strong>di</strong> all’aria.<br />
«… intorno alle barche… o con le barche,» continuò il Topo posatamente,<br />
ricomponendosi con un piacevole risolino. «Dentro o fuori, non conta. Nulla<br />
sembra veramente importare, e qui sta il fascino. Che tu salpi o no; che tu arrivi a<br />
destinazione o tutt’altrove o neppurearrivi, tu sei sempre all’opera, e non fai nulla<br />
in particolare; e quando hai finito, resta ancora altro da fare, e lo puoi fare se ti<br />
garba, ma solitamente te ne astieni. Senti qui! Se proprio non hai affari stamattina,<br />
vuoi che scen<strong>di</strong>amo il fiume insieme e ci passiamo tutta una giornata?»<br />
La Talpa zampettò per incontenibile felicità, fece il petto con un sospiro <strong>di</strong><br />
pieno contento, e si riadagiò beata sui soffici cuscini: «Che giornata vado a avere!»<br />
<strong>di</strong>sse. «Salpiamo tosto!»<br />
«Tieni saldo un minuto, allora!» ingiunse il Topo. Annodò la gomena a un<br />
anello del suo attracco, s’inerpicò alla sua tana, e dopo un breve intervallo riapparve<br />
vacillante sotto un ponderoso paniere <strong>di</strong> vimini per la colazione.<br />
«Sistématelo sotto i pie<strong>di</strong>,» osservò alla Talpa durante il trasbordo. Poi sciolse<br />
la gomena e ripigliò i remi.<br />
Felici arcaismi e non<br />
Sogguardarono (anziché ’guardarsi <strong>di</strong> sottecchi’).<br />
Garberebbe (anziché ’piacerebbe’).<br />
Informò (anziché ’chiese’).<br />
Replicò (anziché ’rispose’).<br />
Agra.<br />
Ribatté parola.<br />
Gomena (è la grossa fune che lega le imbarcazioni<br />
alla riva).<br />
Capiva (anziché ’conteneva’).<br />
Servizio (anziché ’scopo’).<br />
Ratto (anziché ’veloce’).<br />
Protese.<br />
Stupore e rapimento.<br />
Constatò (anziché ’<strong>di</strong>sse’).<br />
Scattò (anziché ’<strong>di</strong>sse’).<br />
Indagò (anziché ’chiese’).<br />
Ispezionava.<br />
Sentenziò (anziché ’<strong>di</strong>sse’).<br />
Sognatore gau<strong>di</strong>oso.<br />
Tutt’altrove.<br />
Fare il petto.<br />
Salpiamo.<br />
Tosto.<br />
Sospiro pieno <strong>di</strong> contento.<br />
Ingiunse.<br />
S’inerpicò.<br />
Ponderoso (anziché ’pesante’).<br />
Implorò.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 105
Analisi Tecnica. Fenoglio<br />
«Che c’è dentro?» s’informò la Talpa, fremente <strong>di</strong> curiosità.<br />
«C’è pollo freddo,» replicò il Topo brevemente; «lingua fredda…»<br />
«Oh, basta, basta!» implorò la Talpa in estasi: «troppo!»<br />
«Davvero lo pensi?» chiese il Topo con tutta serietà. «È solo quel che mi<br />
provvedo in queste escursioncelle; e l’altre bestie mi <strong>di</strong>con sempre che sono un<br />
dappoco e…»<br />
La Talpa non ne intese una parola. Assorbita nella nuova vita in cui entrava,<br />
inebriata dal riscintillio e dall’incresparsi dell’onde, dagli effluvi e dai suoni e dal<br />
sole, aveva affondata una zampa nell’acqua e sognava lunghi sogni da desta. E<br />
Topo d’acqua, da quel buon compare che era, continuò a vogare meto<strong>di</strong>camente<br />
e si fè scrupolo <strong>di</strong> non <strong>di</strong>sturbarla.<br />
«Quel tuo abito mi piace, vecchia mia,» notò dopo mezz’ora o quasi. «Intendo<br />
procurarmi un abito da società in velluto nero un giorno o l’altro, appena potrò<br />
offrirmelo.»<br />
«Chiedo venia,» <strong>di</strong>sse la Talpa, riconnettendosi con isforzo. «Devi giu<strong>di</strong>carmi<br />
molto zotica; ma tutto questo è così nuovo per me. Così – questo – è – un – fiume!»<br />
«Il Fiume», corresse il Topo.<br />
«E tu vivi veramente presso il fiume? Che bella vita!»<br />
«Presso <strong>di</strong> lui e con lui e su lui e in lui», <strong>di</strong>sse il Topo. «È fratello e sorella per<br />
me, e zie, e compagnia, e cibo e bevande, e naturalmente bagno. È il mio mondo,<br />
e io non ne voglio altro. Quel che non possiede non val la pena d’esser posseduto,<br />
quel che non sa non merita d’esser saputo. Dio! Che giorni s’è avuti insieme! D’inverno<br />
o d’estate, <strong>di</strong> primavera o d’autunno, ha sempre il suo brio e le sue attrattive.<br />
Quando le piene càpitano <strong>di</strong> febbraio, e le mie cantine e fondamenti son piene rase<br />
d’un liquido che non mi giova affatto, e l’acqua bruna corre radendo la finestra della<br />
mia miglior stanza da letto; o quando s’inari<strong>di</strong>sce tutto e svela chiazze <strong>di</strong> fango che<br />
odora come un pasticcio d’uva passa, e i giunchi e le ortiche ingombrano i canali<br />
e io posso cercare terra asciutta sulla piú parte del suo letto e trovare cibo fresco<br />
e quelle coselline che la gente assorta lascia cadere fuori barca!»<br />
«Ma non è noiosetto a volte?» arrischiò la Talpa. «Tu e il fiume soli, e nessun<br />
altro con cui barattare una parola?»<br />
Felici arcaismi e non<br />
Uno sfondo selvoso che cupamente incastonava<br />
i verzieri.<br />
Informò.<br />
Nessuno bazzica con lui.<br />
Azzurrino e brumoso.<br />
Le apprese (anziché ’le fece apprendere’: ha<br />
valore <strong>di</strong> ’insegnare’ del tutto desueto).<br />
Di grazia.<br />
Dossi ver<strong>di</strong>.<br />
Digradavano.<br />
Cheta.<br />
Schiumoso rovescio.<br />
Murmure blando, sordo e depresso.<br />
106 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Sclamar.<br />
Impetrò (anziché ’chiese’).<br />
Compiacerla (anziché ’accontentarla’).<br />
Sciorinava la tovaglia.<br />
Dava <strong>di</strong> piglio.<br />
Biascicando (che non ha l’accezione negativache<br />
oggi s’usa attribuire: vale semplicemente<br />
parlare lentamente, balbettare).<br />
Remota (è usato nel contesto <strong>di</strong> poche ore).<br />
Sbottò.<br />
Il filo della ... fame.<br />
Lustrante.<br />
Si inerpicò.<br />
Osservò.
Analisi Tecnica. Fenoglio<br />
«Nessun altro con cui… beh, non intendo esser sgarbato con te,» <strong>di</strong>sse il Topo<br />
con indulgenza.» Tu sei nuova a tutto ciò, e naturalmente non puoi sapere. La<br />
riva è così affollata oggigiorno che molta gente emigra a frotte. Oh, no, mica è il<br />
solito trasloco, tutt’altro. Lontre, martin pescatori, stròlaghe, galline acquatiche,<br />
tutti costoro tutto il giorno e ogni giorno a pretender qualcosa da te – come se<br />
uno non avesse i suoi impicci cui badare!»<br />
«Che c’è laggiú?» volle sapere la Talpa, accennando con la zampa a uno sfondo<br />
selvoso che cupamente incastonava i verzieri su una proda del fiume.<br />
«Quello? Quello è il Bosco Selvaggio,» l’informò il Topo, conciso. «Mica ci<br />
an<strong>di</strong>amo spesso, noi del fiume.»<br />
«Non c’è… non c’è gente <strong>di</strong> fiducia, laggiú?» domandò la Talpa un tantinello<br />
nervosa.<br />
«Beh,» replicò il Topo, «fammi pensare. Gli scoiattoli, gente dabbene. E i conigli…<br />
qualcuno, ma i conigli son <strong>di</strong> varia natura. E poi c’è il Tasso, naturalmente.<br />
Abita proprio nel cuore del bosco; non vivrebbe altrove, manco lo pagassi. Caro<br />
vecchio Tasso! Nessuno bazzica con lui. E tanto meglio…»aggiunse significativamente.<br />
«Perché, chi dovrebbe bazzicare con lui?» incalzò la Talpa.<br />
«Beh, naturalmente… ci son altri,» spiegò il Topo con qualche titubanza. «Donnole…<br />
e ermellini… e volpi e così via. Gente <strong>di</strong> creanza per qualche aspetto… io<br />
son buon amico loro… quando ci s’incontra, si passa insieme la giornata, e altro<br />
ancora <strong>di</strong> simile … ma talora trascendono, non c’è motivo <strong>di</strong> negarlo, e allora …<br />
beh, non puoi fidartene del tutto, e questo è il fatto.»<br />
La Talpa sapeva che andava contro l’etichetta degli animali l’insistere su un<br />
cruccio possibile, o anche l’alludervi; così lasciò cadere l’argomento.<br />
«E oltre il Bosco Selvaggio?» domandò «Dove tutto è azzurrino e brumoso, e<br />
quel che ve<strong>di</strong> puoi scambiarlo per una collina o per qualcosa come il fumo delle<br />
città o semplicemente per culmini <strong>di</strong> nubi?»<br />
«Al Bosco Selvaggio segue il Gran Mondo,» le apprese il Topo. «Qualcosa che<br />
non conta, né per te né per me. Io non ci sono stato mai, e mai ci andrò, e neppure<br />
tu, se tieni un briciolo <strong>di</strong> senno. Di grazia, non alludervi piú. Là! Finalmente ecco<br />
il nostro stagno, dove faremo colazione.»<br />
Abbandonando la còrrente principale, passarono in quello che a prima vista<br />
pareva un laghetto incastonato dalla terra. Dossi ver<strong>di</strong> <strong>di</strong>gradavano verso le due<br />
prode, brune ra <strong>di</strong>ci serpentine balenavano sotto lo specchio dell’acqua che ta,<br />
mentre a un capo il flusso argenteo e lo schiumoso rovescio d’una cateratta, al<br />
braccio d’una ruota molare perenne mente gocciolante che a sua volta reggevasi<br />
a un mulino intonacato <strong>di</strong> grigio, empiva l’aria d’un murmure blando, sor do e<br />
depresso, ma con tante vocine che a intervalli si <strong>di</strong>stinguevano allegramente. Era<br />
così bello che la Talpa poté soltanto levar le zampe e sclamar roca, «Oh, oh!».<br />
Il Topo accostò la barca alla ripa, l’ormeggiò, aiutò a riva l’ancor goffa Talpa,<br />
e scaricò il paniere. La Talpa impetrò come una grazia il permesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sfarlo<br />
tutto da sé; e il Topo fu molto lieto <strong>di</strong> compiacerla e <strong>di</strong> stendersi quant’era lungo<br />
sull’erba a riposare, mentre la sua eccitatissima amica sciorinava la tovaglia e la<br />
stendeva, dava <strong>di</strong> piglio ai singoli involucri misteriosi e ne <strong>di</strong>sponeva il contenuto<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 107
Analisi Tecnica. Fenoglio<br />
nel debito or<strong>di</strong>ne, ancora biascicando «Oh! oh!» a ogni nuova rivelazione. Quando<br />
tutto fu apparecchiato, il Topo l’invitò: «Dacci dentro, vecchia mia!» e invero la<br />
Talpa fu lietissima d’obbe<strong>di</strong>re, ché quella mattina aveva intrapreso la ripulitura <strong>di</strong><br />
primavera prestissimo, come suole la gente, e non s’era soffermata a prendere un<br />
boccone e tanto meno un pasto; ne aveva viste un sacco da quell’ora che adesso<br />
le appariva remota <strong>di</strong> molti giorni.<br />
«Che guar<strong>di</strong>?» sbottò il Topo, quando il filo della lor fame fu alquanto smussato,<br />
e gli occhi della Talpa poterono scostarsi un poco dalla tovaglia.<br />
«Guardo» <strong>di</strong>sse la Talpa, una fila <strong>di</strong> bolle che vedo viaggiare sul pelo dell’acqua.<br />
La cosa mi par comica.»<br />
«Bolle? Oho!» commentò il Topo, e <strong>di</strong>é in un grido festoso a mo’ d’invito.<br />
Un gran muso lustrante emerse sulla proda, e la Lontra vi si inerpicò e si scosse<br />
l’acqua dal pelo.<br />
«Ingor<strong>di</strong> pezzenti!» osservò avviandosi alle provviste. «Perché non m’hai invitata,<br />
Topolino?»<br />
«È stata un’improvvisata,» si giustificò il Topo. «A proposito… l’amica mia<br />
signora Talpa.»<br />
«Lusingata, certamente,» <strong>di</strong>sse la Lontra, e le due bestie furono tosto amiche.<br />
«Che trambusto dappertutto!» continuò la Lontra. «Tutto il mondo sembra<br />
al fiume, oggi. Son venuta a questo stagno a cercarmi e godermi un momento <strong>di</strong><br />
pace, e incappo in due compari pari vostri! Almeno… chiedo scusa… mica intendevo<br />
questo, sapete.»<br />
Ci fu un frusciare alle lor spalle, da una siepe in cui le foglie dell’altr’anno ancora<br />
pendevano fitte, e un muso striato posto su due alte spalle li sogguardò.<br />
«Fatti avanti, vecchio Tasso!» gridò il Topo.<br />
Il Tasso avanzò balzelloni un passo o due; poi bofonchiò, «Hm, compagnia,»<br />
volse le’ spalle e sparve.»<br />
«Non si smentisce!» osservò il Topo deluso. «Semplicemente detesta la società.<br />
Non lo si vedrà piú, oggi. Beh, <strong>di</strong>cci: chi c’è al fiume?»<br />
Felici arcaismi e non<br />
Trambusto.<br />
Avanzò balzelloni (cfr. col precedente sobbalzando).<br />
Bofonchiò.<br />
Sandolino (barca a fondo piatto, più comune la<br />
forma ’sandalo’).<br />
Nuovo <strong>di</strong> trinca (vale: nuovo <strong>di</strong> legatura; appena<br />
legato).<br />
S’ammiccarono.<br />
Si <strong>di</strong>ede all’azzardo (tentò l’avventura).<br />
Talentare (anziché ’piaceva’).<br />
Sortì (anziché ’derivò’).<br />
Uzzolo (anziché ’capriccio’).<br />
Imprende (anziché ’comincia’).<br />
Fresca (anziché ’nuova’ sottinteso idea).<br />
108 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Adocchiare (anziché ’vedere’).<br />
Atticciata (anziché ’grassa’).<br />
Dié una voce.<br />
Gravemente (anziché ’pesantemente’).<br />
Errabonda (anziché ’vagante’).<br />
Volubilmente (anziché ’girando’).<br />
Ebbra guisa (anziché ’modo esaltato’).<br />
Sgrana (anziché ’apre’).<br />
Rigurgito d’acqua.<br />
Inclinata (anziché ’inclina, propensa’).<br />
Balenare tra l’erba.<br />
Il sole declinava (anziché ’tramontava’).<br />
Mormorandosi.<br />
Satura <strong>di</strong> cibo (anziché ’sazia’).<br />
Crollò il capo.<br />
Prese a ingelosirsi.
Analisi Tecnica. Fenoglio<br />
«Il Rospo, per citarne uno,» replicò la Lontra. «Nel suo sandolino nuovo <strong>di</strong><br />
trinca; nuovo il costume, nuovo tutto!»<br />
I due animali s’ammiccarono e risero.<br />
«Un tempo non c’era altro che la vela,» rievocò il Topo. «Poi si stufò e si <strong>di</strong>ede<br />
all’azzardo. Nulla gli talentava piú che il puntare tutto il giorno e ogni giorno, e<br />
ne sortì un bel pasticcio, L’anno scorso, l’uzzolo della casa natante, e noi tutti s’è<br />
dovuto andare a soggiornare con lui nella sua barca attrezzata a casa., a fingere<br />
<strong>di</strong> godersela un mondo. Pareva deciso a vegetare il resto <strong>di</strong> sua vita in una casa<br />
natante. Sempre così, tutto quel che imprende; se ne stufa, e te ne tira fuori una<br />
fresca.»<br />
«Buona pasta, però» notò la Lontra me<strong>di</strong>tabonda: «ma nessuna stabilità…<br />
specie in barca!»<br />
Donde sedevano potevano adocchiare la corrente principale attraverso l’isoletta<br />
che li separava; giusto allora apparì sfrecciando un sandolino, il vogatore – una<br />
figura corta e atticciata – sguazzando co’ remi malamente, e beccheggiando a tutto<br />
spiano, e, pare, remando <strong>di</strong> tutta forza. Il Topo si rizzò e <strong>di</strong>é una voce, ma il Rospo<br />
– ché era lui – crollò il capo e insisté gravemente sulla vogata.<br />
«Sarà sbalzato <strong>di</strong> barca in un minuto, se beccheggia a quel modo,» commentò<br />
il Topo, riponendosi a sedere.<br />
«Naturale,» chiocciò la Lontra. «L’ho mai contata quella buona del Rospo e<br />
del sovrintendente alle cateratte? Fu così. Il Rospo…»<br />
Un’errabonda mosca maggiolina volubilmente deviò sulla corrente nell’ebbra<br />
guisa prodotta dal caldo sangue d’una mosca maggiolina che sgrana gli occhi alla<br />
vita. Un rigurgito d’acqua e uno schiocco! e la mosca maggiolina non la si vide<br />
piú.<br />
E neanche la Lontra.<br />
La Talpa chinò gli occhi. La voce s’indugiava ancora nelle sue orecchie, ma il<br />
terreno su cui la Lontra s’era stesa era lampantemente deserto. Non una Lontra<br />
visibile fino al lontano orizzonte.<br />
Ma sul pelo dell’acqua riapparve la fila <strong>di</strong> bolle.<br />
Il Topo canticchiò un motivetto a bocca chiusa e la Talpa rammentò che l’etichetta<br />
degli animali proibiva ogni sorta <strong>di</strong> commenti sulla repentina scomparsa<br />
d’un amico in qualsiasi momento o per qualsiasi motivo.<br />
«Beh,» <strong>di</strong>sse il Topo, «credo che si debba sgomberare. Mi domando chi <strong>di</strong> noi<br />
è meglio rifaccia il paniere.» Non s’espresse come se fosse terribilmente geloso<br />
dell’operazione.<br />
«Oh, ti prego, lasciami fare,» pregò la Talpa. Così, naturalmente, il Topo<br />
l’accordò.<br />
Rifare un paniere non è lavoro piacevole quanto <strong>di</strong>sfarlo. Non l’è mai. Ma la<br />
Talpa era inclinata a godere <strong>di</strong> tutto, anche se dopo aver fatto il paniere e strettamente<br />
legatolo scorse un piatto balenare tra l’erba, e dopo una seconda fatica il<br />
Topo le ad<strong>di</strong>tò una forchetta che tutti avrebbero vista, e in ultimo, to’! il vasetto<br />
della mostarda, su cui s’era seduta senza saperlo – finché la cosa fu terminata,<br />
senza molta per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> calma.<br />
Il sole declinava, come il Topo vogava pianamente verso casa tutto assorto,<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 109
Analisi Tecnica. Fenoglio<br />
mormorandosi stralci <strong>di</strong> poesie, e non curandosi molto della Talpa. Ma la Talpa<br />
era satura <strong>di</strong> cibo, e d’intimo compiacimento, e d’orgoglio, e già <strong>di</strong> casa in una<br />
barca (così pensava) e cominciava a <strong>di</strong>menarsi: e d’un tratto sbottò, «Topolino!<br />
ti prego, voglio remare, adesso!»<br />
Il Topo crollò il capo con un sorriso. «Non ancora, mia giovane amica,» <strong>di</strong>sse,<br />
«atten<strong>di</strong> ancora qualche lezione. Mica è facile come sembra.»<br />
La Talpa si chetò per un minuto o due. Ma prese a ingelosirsi sempre più del<br />
Topo, che vogava forte e facile a un tempo, e il suo orgoglio cominciava a susurrarle<br />
che poteva fare altrettanto bene. Scattò in avanti e aggranfiò i remi, così<br />
d’un subito che il Topo, che fissava l’acqua e continuava a declamar sommesso,<br />
fu colto alla sprovvista e sbalzato dal suo se<strong>di</strong>le con le zampe al vento per la seconda<br />
volta, mentre la Talpa trionfante usurpava il suo posto e bran<strong>di</strong>va i remi<br />
con piena confidenza.<br />
«Ferma, somaro!» strillò il Topo dal fondo della barca. «Non sai fare, tu! Ci<br />
affogherai !»<br />
La Talpa raccolse i remi sventagliando, e solcò <strong>prof</strong>ondamente l’acqua. Smarrì<br />
la superficie, le piote le si levarono in testa, e si trovò a ridosso del Topo prostrato.<br />
Allarmatissima, <strong>di</strong>é <strong>di</strong> piglio alla murata, e un istante dopo – plaff! –<br />
La barca capottò, e la Talpa si trovò a <strong>di</strong>battersi nel fiume.<br />
Oh, com’era fredda l’acqua, e oh, come umida! Come rombò nelle sue orecchie,<br />
mentre colava giú, giú, giú! Come rutilante e gra<strong>di</strong>to apparve il sole, quando<br />
riemerse tossendo e sputacchiando! Come nera la sua angoscia, quando si sentì<br />
ris<strong>prof</strong>ondare! Poi una zampa robusta l’afferrò alla collottola. Era il Topo, e evidentemente<br />
rideva – la Talpa poteva sentirlo ridere, nel fremito del suo braccio<br />
e della sua zampa, e anche nel collo suo, della Talpa.<br />
Il Topo afferrò un remo e l’infilò sotto il braccio della Talpa; poi fece lo stesso<br />
con l’altro e, nuotandole a tergo, spinse a riva la bestia miserabile, la trasse e la<br />
compose sulla proda, una motosa e soda massa <strong>di</strong> miseria.<br />
Quando il Topo l’ebbe frizionata un poco e l’ebbe spremuto quel po’ po’ <strong>di</strong><br />
Felici arcaismi e non<br />
Susurrarle (con una sola s come ne I limoni <strong>di</strong><br />
Montale).<br />
Aggranfiò (prendere con violenza usando le<br />
unghie).<br />
Così d’un subito (anziché ’così velocemente’).<br />
Bran<strong>di</strong>re (è un agire minaccioso, qui nel senso<br />
<strong>di</strong> ’agitare con violenza’).<br />
Solcò l’acqua (solitamente è la prua a solcare,<br />
qui nel senso <strong>di</strong> ’tagliare’).<br />
Ci affogherai (il verbo è transitivo).<br />
Piote (anziché ’pie<strong>di</strong>’).<br />
Prostrato (anziché ’<strong>di</strong>steso’).<br />
Dié <strong>di</strong> piglio.<br />
Dibattersi (anziché ’<strong>di</strong>menarsi’).<br />
Rutilante (anziché ’lucente’).<br />
110 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Miserabile (anziché ’da commiserare’).<br />
Compose (anziché ’depose’).<br />
Canale <strong>di</strong> rimorchio (’sentiero prossimo alla<br />
riva su cui procedevano uomini, o animali che<br />
trascinava le barche’).<br />
Rasciughi.<br />
Approdare (risalire a rive’).<br />
Sconoscente (anziché ’sciocca’ e ’irriconoscente’).<br />
Trovar voce per rispondere.<br />
Sogghignavano.<br />
Inse<strong>di</strong>ò (anziché ’fece sedere’).<br />
Refezione.<br />
In gran pace e contento .<br />
Emancipata.<br />
Maturante estate.<br />
Tripu<strong>di</strong>o dell’acqua corrente.
Analisi Tecnica. Fenoglio<br />
liquido, <strong>di</strong>sse, «Sú, vecchia mia! Trotta su e giú lungo il canale <strong>di</strong> rimorchio, finché<br />
ti riscal<strong>di</strong> e ti rasciughi, mentre io mi tuffo a cercare il paniere.»<br />
Così la sventurata Talpa, fra<strong>di</strong>cia fuori e dentro vergognosa, trotterellò finché<br />
fu rasciugata, mentre il Topo si rituffava, ricuperava la barca, la <strong>di</strong>rizzava e<br />
l’ormeggiava, cercava qua e là sulla riva la sua fluttuante proprietà, e finalmente<br />
riusciva a ricuperare il paniere e si sforzava d’approdare col carico.<br />
Quando tutto fu pronto per la seconda partenza, la Talpa, clau<strong>di</strong>cante e accasciata,<br />
prese posto a poppa; e come si scostarono, esordì con voce piana e rotta<br />
dall’emozione: «Topolino, mio generoso amico! Sono dolentissima della mia<br />
sciocca e sconoscente condotta. Quasi mi si spezza il cuore alla prospettiva che<br />
avrei potuto smarrire quel bellissimo paniere. In verità, sono stata una completa<br />
somara, e lo riconosco. Vuoi chiudere un occhio su ciò e perdonarmi, e lasciare<br />
che le cose procedano come prima?»<br />
«Ma sì, che tu sia benedetta!» accon<strong>di</strong>scese il Topo in euforia. «Che è un po’<br />
d’umido per un topo d’acqua? I piú giorni ci son dentro piú che fuori! Non ci pensar<br />
piú; e, sentimi! Mi persuado che tu farai meglio a fermarti da me un po’ <strong>di</strong> tempo.<br />
Oh, una casa nuda e <strong>di</strong> dozzina, sai – mica come quella del Rospo, tutt’altro. Ma tu<br />
ancòra non l’hai vista, quella; però, posso metterti comoda. E t’insegnerò a vogare<br />
e a remare, e in breve sarai a tuo agio sull’acqua come noi tutti.»<br />
La Talpa fu così commossa dalla sua gentile eloquenza che non poté trovar voce<br />
per rispondergli; e dovette tergersi un luccicone o due col dorso della zampa. Ma<br />
il Topo <strong>di</strong>scretamente guardò altrove, e subito la Talpa si sentì rivivere e anche<br />
in grado <strong>di</strong> ricambiare l’impertinenza <strong>di</strong> due galline d’acqua che sogghignavano a<br />
quella inzaccherata apparizione.<br />
Quando rincasarono, il Topo attizzò il fuoco nel tinello e, procuratale una vestaglia<br />
e pantofole, inse<strong>di</strong>ò la Talpa in una poltrona <strong>di</strong> fronte al caminetto, e fino<br />
all’ora <strong>di</strong> cena le narrò storie del fiume. Storie da far trasalire un animale terrestre<br />
come la Talpa. Storie <strong>di</strong> cateratte, e <strong>di</strong> piene improvvise, e <strong>di</strong> lucci all’agguato, e<br />
<strong>di</strong> navigli che abbandonavano bottiglie con messaggi, e <strong>di</strong> aironi e <strong>di</strong> com’erano<br />
<strong>di</strong>sdegnosi coi loro interlocutori; e avventure nei canali, e della pesca notturna con<br />
la Lontra, o <strong>di</strong> escursioni lontano pei campi col Tasso. La cena risultò una refezione<br />
particolarmente festosa; ma poco dopo una Talpa terribilmente sonnacchiosa<br />
dovette venir scortata al piano superiore dal suo ospite accorto, alla miglior stanza<br />
da letto, dove tosto affondò il capo nel guanciale in gran pace e contento, sapendo<br />
che il suo nuovo amico il Fiume lambiva il davanzale della sua finestra.<br />
Questo giorno fu solo il primo <strong>di</strong> molti simili per la Talpa emancipata, ognuno<br />
piú lungo e pieno d’interesse come la maturante estate s’avanzava. Imparò a<br />
nuotare e a vogare, e penetrò nel tripu<strong>di</strong>o dell’acqua corrente; e con l’orecchio ai<br />
canneti colse, a intervalli, qualcosa <strong>di</strong> quello che il vento susurrava tra loro con<br />
tanta costanza.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 111
112 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
EUGENIO MONTALE<br />
OSSI DI SEPPIA<br />
MERIGGIARE<br />
Meriggiare pallido e assorto<br />
presso un rovente muro d’orto,<br />
ascoltare tra i pruni e gli sterpi<br />
schiocchi <strong>di</strong> merli, frusci <strong>di</strong> serpi.<br />
Nelle crepe del suolo o su la veccia 5<br />
spiar le file <strong>di</strong> rosse formiche<br />
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano<br />
a sommo <strong>di</strong> minuscole biche.<br />
Osservare tra fron<strong>di</strong> il palpitare<br />
lontano <strong>di</strong> scaglie <strong>di</strong> mare 10<br />
mentre si levano tremuli scricchi<br />
<strong>di</strong> cicale dai calvi picchi.<br />
La metrica e la sintassi<br />
<strong>di</strong> Meriggiare<br />
La lirica è composta da quattro strofe, tre delle<br />
quali <strong>di</strong> quattro versi, l’ultima <strong>di</strong> cinque. La prima<br />
e la terza strofa presentano rime baciate; la<br />
seconda e la quarta alternate: nella quarta il<br />
terzo verso (comunque in assonanza con gli<br />
altri) <strong>di</strong>vide con una terza rima le coppie <strong>di</strong> rime<br />
alternate. I versi sono <strong>di</strong> varia lunghezza: 99<br />
1110 / 11111110 / 119119 / 9101111<br />
11. Il periodo sintattico corrisponde alla strofa.<br />
La prima strofa è composta da due principali<br />
(meriggiare e ascoltare) coor<strong>di</strong>nate per asindeto:<br />
anche se la presenza dei due qualificativi<br />
pallido e assorto suggerisce che meriggiare è<br />
un infinito sostantivato e, dunque, a rigore <strong>di</strong><br />
principali non ve ne sarebbe che una, ascoltare<br />
che ha più chiara funzione verbale. Contro<br />
quest’interpretazione sta la coor<strong>di</strong>nazione: resta<br />
certa frizione tra il primo ed il secondo infinito;<br />
ma dalla poesia non si deve richiedere chiarezza<br />
nei nessi sintattici. Più semplici le altre strofe.<br />
La seconda è composta da una principale, che<br />
occupa i primi due versi, e da una subor<strong>di</strong>nata<br />
relativa che ha una coor<strong>di</strong>nata. La terza strofa<br />
è egualmente composta da una principale, che<br />
occupa anche qui i primi due versi, e da una<br />
temporale. La quarta strofa è più articolata:<br />
la principale regge un’oggettiva che a sua<br />
volta regge una relativa; per <strong>di</strong> più legata alla<br />
principale una temporale implicita (andando)<br />
e nell’oggettiva un verbo sostantivato. Sostantivati<br />
o verbali gli infiniti conferiscono alla lirica<br />
una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> uniforme continuità, <strong>di</strong> una<br />
con<strong>di</strong>zione immutabile nel tempo e generalizzato<br />
per via dell’assenza (evidente nella regola<br />
morfologica) del soggetto. Di qui la connotazione<br />
metafisica <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione dell’esistenza<br />
concreta ma senza parametri razionalizzabili <strong>di</strong><br />
riferimento.<br />
Il lessico<br />
Meriggiare: il verbo, non ostante l’attenzione<br />
de<strong>di</strong>catagli da G. Ioli, G. Gavazzeni, P.V. Mengaldo,<br />
conserva qualche ambiguità. La storia<br />
del termine è si trova con qualche facilità in Gdli<br />
che dà come significato principale: «Trascorrere<br />
in piacevole ozio le ore più calde della giornata,<br />
per lo più in luogo aperto e ameno, rinfrescato<br />
da ombre e da acque», e nelle attestazioni,<br />
che partono dall’Esopo volgarizzato, riporta<br />
l’occorrenza montaliana. In tal caso gli aggettivi<br />
pallido e assorto sono connotazioni del<br />
soggetto logico, un «io» generico seppur non
Analisi Tecnica. Montale<br />
E andando nel sole che abbaglia<br />
sentire con triste meraviglia<br />
com’è tutta la vita e il suo travaglio 15<br />
in questo seguitare una muraglia<br />
che ha in cima cocci aguzzi <strong>di</strong> bottiglia.<br />
quello del poeta, come nel caso degli altri infiniti<br />
acronici, sì, ma non assolutamente impersonali:<br />
io, pallido e assorto, trascorro le ore del meriggio<br />
presso un muro. Naturalmente cadono<br />
alcuni elementi caratterizzanti il significato del<br />
vb: la piacevolezza e l’ombra (ma <strong>di</strong>vengono<br />
insostenibili anche le proposte <strong>di</strong> derivazione<br />
da Giovanni Boine e da Arrigo Boito). Concessa<br />
l’accezione non ombreggiaggiata e non<br />
riposata resta problematica l’interpretazione <strong>di</strong><br />
pallido: sarebbe una connotazione fisica personalistica<br />
pressoché unica nella lirica montaliana.<br />
L’altra occorrenza suggerita da Mengaldo e dal<br />
Gdli si trova in G. Gozzano, L’ipotesi, v.62: «La<br />
sala da pranzo che sogna nel meriggiare sonnolento»<br />
dove il vb ha valore intrans. ed impers.,<br />
del tipo ’albeggiare’, ’annottare’; avremmo: è<br />
un mezzodì pallido (come in Vento e ban<strong>di</strong>ere:<br />
cielo p.; e in Barche sulla Marna: plenilunio<br />
p.) e assorto Il meriggio sarà sonnolento in<br />
Spesso il male <strong>di</strong> vivere ed in Gozzano, non<br />
NON ChIEDERCI LA PAROLA<br />
assorto, (assorti saranno più spesso esseri<br />
umani) però; e tuttavia si potrebbe pensare ad<br />
un uso traslato dell’agg. Il v 2 tuttavia contiene<br />
un’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> luogo che localizzerebbe il vb<br />
impers. Occorrerà probabilmente optare per<br />
un’accezione equivoca dei versi, più che delle<br />
singole parole: trovarsi in un mezzodì pallido e<br />
assorto, Presso un rovente muro d’orto.<br />
Pruni: arbusti spinosi.<br />
Sterpi ... serpi: cfr. Inf. xiii, 37-39.<br />
Veccia: pianta delle leguminose.<br />
Formiche ... biche: cfr. Inf. xxix, 62-9.<br />
Biche: piccoli mucchi <strong>di</strong> terra che si formano<br />
durante la costruzione dei formicai, che hanno,<br />
perciò, l’ingresso proprio in cima.<br />
Scaglie <strong>di</strong> mare: il riflesso solare delle onde.<br />
Scricchi: il frinire della cicale è avvertito come<br />
scricchiolìo.<br />
Scricchi ... picchi: cfr. Inf. xxxii, 29-30.<br />
Calvi picchi: cime <strong>di</strong> alture senza vegetazione.<br />
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato<br />
l’animo nostro informe, e a lettere <strong>di</strong> fuoco<br />
lo <strong>di</strong>chiari e risplenda come un croco<br />
perduto in mezzo a un polveroso prato.<br />
Sullo sfondo delle tragiche vicende politiche si matura in Italia la prima vera e propria poesia<br />
decadente che fa perno sui valori formali della scrittura. La parola <strong>di</strong>venta esperienza psicologica<br />
ed estetica totalizzante tanto nella <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> un cor<strong>di</strong>ale colloquio con sé e con il<br />
mondo come in Saba, tanto in quella più astratta <strong>di</strong> Ungaretti e <strong>di</strong> Montale. In loro la parola<br />
esaurisce l’intera realtà, si fa realtà: essi non vivono nel contesto storico, sì nella poesia dove<br />
La metrica e la sintassi<br />
<strong>di</strong> Non chiederci la parola<br />
La 1ª strofa, una quartina con rima ABBA (i vv 3<br />
e 4 sono endecasillabi) è costituita da un unico<br />
periodo <strong>di</strong> tre fr <strong>di</strong> cui le ultime due coor<strong>di</strong>nate.<br />
Il ritmo è rallentato da due enjambement dei<br />
vv 12 (che spezza la relativa in due settenari) e<br />
23; qui, nel v 3 il passaggio da transitivo <strong>di</strong>chiari<br />
all’intrans risplenda muta – altro rallentamento<br />
– il valore della e da copulativo a consecutivo.<br />
Mentre il verso 4 che contiene l’attributo <strong>di</strong><br />
croco, attributo che un part pass che regge in<br />
quanto agg verbale il compl <strong>di</strong> luogo, ha compattezza<br />
sintattica e d’immagine che enfatizza la<br />
desolante solitu<strong>di</strong>ne del crocopoeta nel pratorealtà<br />
storica. La reggente ha il vb all’imp 2ª pers<br />
secondo una modalità frequente in M. che ora<br />
si rivolge al lettore in questo modo colloquiale,<br />
ora si rivolge ad una donna.<br />
La 2ª strofa ha una struttura sintattica assai<br />
simile alla 1ª str: una reggente una relativa ed<br />
una coor<strong>di</strong>nata alla relativa; ma presenta <strong>di</strong>ffe<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 113
Analisi Tecnica. Montale<br />
114 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Ah l’uomo che se ne va sicuro, 5<br />
agli altri ed a se stesso amico,<br />
e l’ombra sua non cura che la canicola<br />
stampa sopra uno scalcinato muro !<br />
Non domandarci la formula che mon<strong>di</strong> possa aprirti,<br />
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. 10<br />
Codesto solo oggi possiamo <strong>di</strong>rti,<br />
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.<br />
gli echi della vita possono giungere solo filtrati dalla soggettività del poeta e trasformati in<br />
parole. Vero è che generalmente maturano una nozione dolorosa dell’esistenza che sentono<br />
comune all’umanità e che può essere intesa come esito del contesto storico (la iª guerra, il<br />
Fascismo e così via); altrettanto generalmente i così detti ’poeti nuovi’ avvertono incolmabile<br />
la <strong>di</strong>stanza dal pubblico vasto e cercano i lettori tra quanti per somiglianza <strong>di</strong> cultura e <strong>di</strong><br />
intenzioni li intendono.<br />
renze vuoi in fatto <strong>di</strong> rima (solo i vv 5 e 8 sono<br />
rimati, CDEC); vuoi <strong>di</strong> costruzione metrica: un<br />
solo enjambement (vv 78) in una relativa che<br />
comincia però dopo un settenario, sì che non<br />
ostante l’anastrofe dell’oggetto, il verso scorre<br />
naturale sino al vb non cura e l’enjambement<br />
sembra enfatizzazione del sgg della relativa;<br />
vuoi <strong>di</strong> costruzione sintattica: la reggente è<br />
un’esclamativa senza vb.<br />
Il 1º verso della 3ª str è identico, sintatticamente<br />
e metricamente, al 1º v della 1ª str. Anche in<br />
questa i quattro vv sono rimati FGFG. Mancano,<br />
invece, gli enjambement: così è che reggente<br />
e relativa sono contenute completamente nel<br />
1º verso, l’avversativa completamente nel 2º.<br />
Col 3º v si apre il 2º pd della str, che mette in<br />
posizione enfatica il <strong>di</strong>mostrativo con funzione<br />
cataforica della principale che a sua volta fa<br />
da anticipata sottolineatura del v 12, alle due<br />
<strong>di</strong>chiarative rimate, siamo-vogliamo, in cui i<br />
corsivi dei non assumno la perentorietà <strong>di</strong> una<br />
<strong>di</strong>chiarazione definitiva.<br />
Il lessico<br />
Squadri da ogni lato: traduca in termini precisi<br />
e razionali tutti gli aspetti.<br />
Animo ... informe: l’animo che non ha certezze<br />
cui confrontare sé stesso e da cui trarre la<br />
definizione <strong>di</strong> sé.<br />
A lettere <strong>di</strong> fuoco lo <strong>di</strong>chiari: lo espliciti rischiarandolo<br />
ed illuminandolo sì che risplenda...<br />
Croco: pianta bulbosa dal fiore a calice <strong>di</strong> un<br />
colore giallo (semplicemente colore è il croco <strong>di</strong><br />
margherita della variante: cfr. ContiniBettarini),<br />
tanto che con il suo nome si identifica una specifica<br />
sfumatura <strong>di</strong> giallo, luminosissima (della<br />
pianta, spontanea nelle regioni me<strong>di</strong>tarranee,<br />
esiste una varietà viola, alla quale non è plau<br />
sibile M. faccia riferimento). Naturalmente non<br />
è questione <strong>di</strong> botanica: un fiore <strong>di</strong> un bel giallo<br />
solare è perfettamente in<strong>di</strong>viduabile nel prato<br />
polveroso del mondo moderno, tanto da poter<br />
costituire un punto <strong>di</strong> riferimento. M. <strong>di</strong>ce che<br />
non gli è possibile...<br />
Ah l’uomo...: si tratta <strong>di</strong> un’esclamativa tra<br />
ammirazione ed in<strong>di</strong>via per chi ha raggiunto<br />
quello sta<strong>di</strong>o d’in<strong>di</strong>fferenza verso sé e verso il<br />
suo operato, <strong>di</strong> cui parlerà in Spesso il male <strong>di</strong><br />
vivere (così anche T. Arvigo). Non si vede perché<br />
l’ombra dovrebbe simboleggiare il mistero<br />
dal momento che è sua e che viene stamapata<br />
dalla canicola. Lo scalcinato muro è corrispettivo<br />
al polveroso prato, tal che l’interpretazione<br />
delle quartine è, in breve: io, poeta, non so né<br />
posso pormi in vista in un mondo dove tutto<br />
è confuso (prato polveroso è un ossimoro):<br />
beato chi non si fa domande sulla sua esistenza<br />
in quest’epoca rovinosa (scalcinato muro).<br />
Storta sillaba: è l’impossibilità <strong>di</strong> formulare un<br />
<strong>di</strong>scorso che potesse dare un quale che fosse<br />
messaggio come faceva G. D’Annunzio. Ma è<br />
anche l’impossibilità <strong>di</strong> fare della parola il mezzo<br />
per il riscatto del poeta per la consolazione<br />
dell’umanità come faceva G. Ungaretti; La<br />
parola <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone il poeta è storta e secca:<br />
non è alimentata né è capace più d’alimentare<br />
valori o illusioni o ...<br />
Non siamo... non vogliamo: dunque la poesia<br />
non può dare dei valori positivi: essa è per M.<br />
espressione <strong>di</strong> una angosciosa con<strong>di</strong>zione<br />
esistenziale, nella quale l’uomo non ha punti <strong>di</strong><br />
riferimento, dalla quale non esiste via <strong>di</strong> fuga:<br />
solo talvolta e per qualche effimero momento<br />
si realizza il miracolo dell’illusorio <strong>di</strong>svelamento<br />
della verità.
I LIMONI<br />
Analisi Tecnica. Montale<br />
Ascoltami, i poeti laureati<br />
si muovono soltanto fra le piante<br />
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.<br />
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi<br />
fossi dove in pozzanghere 5<br />
mezzo seccate agguantano i ragazzi<br />
qualche sparuta anguilla:<br />
le viuzze che seguono i ciglioni,<br />
<strong>di</strong>scendono tra i ciuffi delle canne<br />
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni. 10<br />
La metrica e la sintassi<br />
de I limoni<br />
Il primo periodo si compone <strong>di</strong> due frasi: entrambe<br />
principali: la prima ha il vb all’imperativo<br />
(ascoltami) ed introduce un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto. La<br />
seconda frase (si muovono), benché <strong>di</strong>visa dalla<br />
virgola (più elementarmente avremmo trovato :<br />
« ... »), è l’avvio del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto che occupa<br />
l’intera lirica. Il periodo si chiude con una frase<br />
nominale.<br />
I vv 47 contengono tre frasi (la reggente,<br />
amo, una relativa, riescono, una locativa, agguantano).<br />
Tutte e tre le frasi sono in <strong>di</strong>verso<br />
modo ’spezzate’: la prima dall’inciso per me,<br />
le altre dall’enjambement della versificazione.<br />
Per <strong>di</strong> più l’ultima presenta l’anastrofe vbsg.<br />
La prima strofa ha, dunque, 10 vv <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />
lunghezza, dei quali l’8 e il 10 rimati; i vv 2 e 3<br />
sono assonanti piANTe-acANTi; ma l’assonanza<br />
è variamente <strong>di</strong>ffusa: poZZanghere, meZZo,<br />
ragaZZi, viuZZe, e boSSi, foSSi. La seconda<br />
strofa ha due perio<strong>di</strong>: meglio ... inquieta; qui ...<br />
limoni. La prima frase del 1º pd è un’ipotetica<br />
<strong>di</strong> 1º tipo con l’apodosi ellittica. La 2ª fr è una<br />
<strong>di</strong>chiarativa con il vb impersonale che due<br />
oggetti (susurro e sensi). Più improbabile il si<br />
passivante, concordato a senso. Dalla <strong>di</strong>chiarativa<br />
<strong>di</strong>pendono le due relative (muove e sa)<br />
riferite rispettivamente ad aria e ad odore. Naturalmente<br />
<strong>di</strong>chiarativa sarà la 3ª fr coor<strong>di</strong>nata<br />
con la e alla precedente: anche questa presenta<br />
il vb impers. piove parallelo a si ascolta. Il 2º pd è<br />
<strong>di</strong> 3 fr coor<strong>di</strong>nate, ma <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso valore: le prime<br />
due con l’anafora del qui; la 3ª introdotta dalla<br />
ed con chiaro valore esplicativo. D’interesse è<br />
la forte anastrofe del compl. <strong>di</strong> spec. al v 1819;<br />
e le due, meno forti dei vv 20 e 21. Anche in<br />
questa strofa i vv sono <strong>di</strong> varia lunghezza, qua<br />
e là legati da rime, come i vv 12 e 13; 16 e 19;<br />
18 e 21. Di rilievo ancora le assonanze come<br />
gaZZaRRe e aZZuRRo, che riprendono quella<br />
della strofa precedente ed introducono alla rima<br />
<strong>di</strong> gueRRa e teRRa. Un solo enjambement (ai<br />
vv 1314) interrompre la lineare scorrevolezza<br />
della strofa che, dunque, riflette nella struttura<br />
sintatticometrica il <strong>di</strong>ffondersi della dolcezza<br />
inquieta. La densità concettuale si riflette nella<br />
più complessa costruzione sintattica della 3ª<br />
strofa, <strong>di</strong> tutte la più lunga: non a caso si apre<br />
con l’esortazione dell’imperativo ve<strong>di</strong> con quale<br />
riba<strong>di</strong>sce, per inciso, il registro colloquiale della<br />
composizione. La relativa del 1º pd, che s’interpone<br />
tra il compl. <strong>di</strong> tempo ed il vb, esprime<br />
la nozione dell’eccezionalità dell’evento nel<br />
quale la realtà allenta il suo asse<strong>di</strong>o all’uomo: in<br />
altri termini la posizione anticipata della relativa<br />
sottolinea la rilevanza che quell’evento ha nel<br />
suo <strong>di</strong>scorso. Bilancia quest’anticipazione l’assenza<br />
d’ogni enjambement nel 1º periodo (con<br />
la corrispettiva coincidenza dei concetti con il<br />
verso. Si vedano i vv 26 e 27 che contengono<br />
un’enumerazione sinonimica, che si colloca<br />
<strong>di</strong>stesamente. I vv 28 e 29, invece presentano<br />
un enjambement fortemente emotivo <strong>di</strong> cui il<br />
2º v. è un novenario tronco, verità (uno dei<br />
due – l’altro è il v 46 – della lirica, entrambi con<br />
lo stesso valore; v. 36 è un endecasillabo),<br />
il cui ritmo ed accento enfatizzano funzione<br />
e significato dopo il rallentamento imposto<br />
dall’enjambement. Il 2º pd occupa i vv 30<br />
33: sono versi piani, il <strong>di</strong>scorso si fa <strong>di</strong>steso:<br />
la, meglio le reggenti formano un grappolo <strong>di</strong><br />
quattro verbi coor<strong>di</strong>nati per asindeto con due sg,<br />
ma non è accumulazione sinonimica, semmai<br />
è una successione <strong>di</strong> atti, prima dello sguardo,<br />
poi della mente, la cui connotazione <strong>di</strong> sospensione<br />
è affidata alla rima (<strong>di</strong>sunisce, languisce,<br />
ma anche indaga, <strong>di</strong>laga), e, nei vv successivi,<br />
dall’assonanza <strong>di</strong> ombrA umAnA AllontAnA: una<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 115
Analisi Tecnica. Montale<br />
116 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Meglio se le gazzarre degli uccelli<br />
si spengono inghiottite dall’azzurro:<br />
più chiaro si ascolta il susurro<br />
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,<br />
e i sensi <strong>di</strong> quest’odore 15<br />
che non sa staccarsi da terra<br />
e piove in petto una dolcezza inquieta.<br />
Qui delle <strong>di</strong>vertite passioni<br />
per miracolo tace la guerra,<br />
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte <strong>di</strong> ricchezza<br />
ed è l’odore dei limoni.<br />
Ve<strong>di</strong>, in questi silenzi in cui le cose<br />
sorta <strong>di</strong> eco nel vuoto. L’ultimo periodo della<br />
strofa stabilisce un forte legame logico anaforizzando<br />
lo stilema silenzi in cui, che prelude allo<br />
spostamento dell’attenzione dal mondo della<br />
natura a quello umano a quello mitico, epperciò,<br />
metaforicamente e concettualmente, lontano<br />
delle Divinità. Anche in questo caso è <strong>di</strong> grande<br />
pregnanza la pausa richiesta dal troncamento<br />
del verso raddoppiata dalla fine della strofa e<br />
dal passaggio ad una nuova. Pausa lunga, perciò,<br />
premessa necessaria all’avversativa con cui<br />
si apre l’ultima strofa. Il cui 1º pd procede con<br />
una sintassi fratta: il v 37 contiene infatti due fr.<br />
coor<strong>di</strong>nate la seconda delle quali, anastrofica<br />
vbsg, è anche spezzata da enjambement con<br />
cui prosegue al verso successivo. Altro enjambement<br />
ai vv 3839 seguito da due locuzioni<br />
locative scan<strong>di</strong>te nettamente dalle virgole. La<br />
medesima sintassi fratta, atte<strong>di</strong>ata <strong>di</strong>remmo,<br />
nel 2º pd. dove ha grande forza l’anastrofe<br />
vbsg fratta dall’enjambement dei vv 4041.<br />
Sino alla pausa, con valore conclusivo, del v 42<br />
tra avara e amara che allunga i tempi della rima<br />
e giungendo ad una <strong>di</strong>mensione senza tempo.<br />
La congiunzione temporale quando, rafforzata<br />
dalla locuzione un giorno, riapre il <strong>di</strong>scorso<br />
opponendo, avversativa all’avversativa, luogo<br />
a luogo (città rumorose/corte – silenziosa ?),<br />
colore a colore (azzurro ... a pezzi/gialli – plurale!).<br />
E viene opposta con<strong>di</strong>zione a con<strong>di</strong>zione<br />
esistenziale (te<strong>di</strong>o/gelo del cuore si sfa): del v.<br />
46 e del suo parallelismo metricoconcettuale<br />
con v 29, s’è detto. Gli ultimi tre versi presentano<br />
la ’lunga’ anastrofe del vboggsg che pone la<br />
parola tronca in fine <strong>di</strong> lirica, in posizione cioè<br />
<strong>di</strong> assoluta evidenza. Le fr <strong>di</strong> questo ultimo pd<br />
sono legate non solo dalla coor<strong>di</strong>nazione, ma<br />
anche dalle rime (interne e non: limoni-canzoni;<br />
mostrano-scrosciano) e dalle assonanze<br />
(pORTone- cORTe-mOsTRano-sCROsciano-<br />
TROmbe): dunque il pd procede per aggiunzioni<br />
compatte <strong>di</strong> concetti. Un’ultima nota può<br />
essere de<strong>di</strong>cata ai locativi: nella lirica infatti sono<br />
presenti 19 compl; 3 fr. locative; 2 avv. Del pari<br />
avremo 15 vb <strong>di</strong> movimento cui bisognerebbe<br />
aggiungere amo in opposizione a si muovono:<br />
dal che può dedursi qualche conclusione sulla<br />
<strong>di</strong>namica tra realtà esterna e mondo interiore<br />
nella poesia <strong>di</strong> M.<br />
Lessico<br />
Laureati: coronati dell’alloro della gloria.<br />
Bossi: arbusto utilizzato lungo i viali dei giar<strong>di</strong>ni.<br />
Ligustri: alberello utilizzato per formare siepi.<br />
Acanti: pianta erbacea dalle foglie larghe e<br />
fesse. Sono rappresentate nei capitelli corinzi.<br />
I poeti laureati ... acanti: le piante nominate, oggetti<br />
concreti della natura, rappresentano (sono<br />
il correlativo oggettivo de) la poesia aulica; ma<br />
tutta la lirica è fondata sulla medesima tecnica.<br />
Ma ve<strong>di</strong> quanto si <strong>di</strong>ce più giù.<br />
Sparuta anguilla: magra anguilla.<br />
Ciglioni: orli dei fossi o delle terrazze tipiche del<br />
paesaggio ligure.<br />
Gazzarre: baccani.<br />
Sensi: le sensazioni suscitate dall’odore.<br />
E piove: è frase coor<strong>di</strong>nata alla relativa che non<br />
sa, il vb è usato transitivamente.<br />
Divertite passioni: passioni ora allontanate (altro<br />
latinismo).<br />
Meglio se le gazzarre ... Odore dei limoni: meglio<br />
se il frastuono della realtà che circonda l’uomo<br />
tace: allora infatti è possibile cogliere i segni<br />
più segreti dell’esistenza, il susurro (scritto alla<br />
latina) dei rami, quest’odore, ecc. Può essere<br />
utile riflettere sul ruolo degli ’oggetti’ nella lirica<br />
montaliana: quando si <strong>di</strong>ce che essi sono il
Analisi Tecnica. Montale<br />
s’abbandonano e sembrano vicine<br />
a tra<strong>di</strong>re il loro ultimo segreto,<br />
talora ci si aspetta 25<br />
<strong>di</strong> scoprire uno sbaglio <strong>di</strong> Natura,<br />
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,<br />
il filo da <strong>di</strong>sbrogliare che finalmente ci metta<br />
nel mezzo <strong>di</strong> una verità.<br />
Lo sguardo fruga d’intorno, 30<br />
la mente indaga accorda <strong>di</strong>sunisce<br />
nel <strong>prof</strong>umo che <strong>di</strong>laga<br />
quando il giorno più languisce.<br />
Sono i silenzi in cui si vede<br />
in ogni ombra umana che si allontana 35<br />
qualche <strong>di</strong>sturbata Divinità.<br />
Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo<br />
nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra<br />
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.<br />
La pioggia stanca la terra, <strong>di</strong> poi; s’affolta 40<br />
il te<strong>di</strong>o dell’inverno sulle case,<br />
la luce si fa avara – amara l’anima.<br />
Quando un giorno da un malchiuso portone<br />
tra gli alberi <strong>di</strong> una corte<br />
ci si mostrano i gialli dei limoni; 45<br />
e il gelo del cuore si sfa,<br />
e in petto ci scrosciano<br />
le loro canzoni<br />
le trombe d’oro della solarità.<br />
correlativo <strong>di</strong> concetti astratti, non si vuol <strong>di</strong>re<br />
che essi perdano <strong>di</strong> realtà e concretezza, al<br />
contrario essi sono l’incarnarsi dei concetti<br />
in tangibile e durissima realtà: la pioggia, le<br />
cimase, il te<strong>di</strong>o dell’inverno, sono gli oggetti<br />
che costituiscono realmente il te<strong>di</strong>o del vivere,<br />
e sono metafora (verrebbe da <strong>di</strong>re esempio) del<br />
te<strong>di</strong>o dell’esistenza. Naturalmente per la poesia<br />
in genere e per quella <strong>di</strong> M. in particolare, non<br />
è possibile fissare leggi, tutt’al più in<strong>di</strong>cazioni<br />
<strong>di</strong> massima: così i limoni del v. 10 hanno un<br />
più evidente valore simbolico quelli del v. 21<br />
ne hanno uno più realistico.<br />
Anello: l’anello della catena della vita che ci<br />
avviluppa.<br />
Il filo da <strong>di</strong>sbrogliare: è uno dei temi più ricorrenti<br />
della lirica <strong>di</strong> M.: altrove sarà il varco, o la maglia<br />
rotta nella rete che permetta il superamento<br />
della muraglia e la conquista della libertà dal<br />
te<strong>di</strong>o e della verità del reale.<br />
Ma l’illusione: l’illusione viene subito meno<br />
assai presto ed il tempo ci riporta nelle città<br />
rumorose, alla vita quoti<strong>di</strong>ana densa del te<strong>di</strong>o<br />
dell’esistenza.<br />
Cimase: elementi ornamentali delle parti più<br />
alte degli e<strong>di</strong>fici.<br />
Affolta: il te<strong>di</strong>o dell’inverno si addensa sulle case.<br />
Corte: cortile.<br />
La luce si fa avara: d’inverno il giorno dura meno<br />
ed è spesso nuvolo.<br />
Ci scrosciano ... della solarità: trombe d’oro<br />
sono il soggetto; canzoni l’oggetto del vb usato<br />
transitivamente . Il giallo dei limoni echeggia<br />
nell’anima <strong>di</strong> chi li veda all’improvviso nei cortili,<br />
come il suono delle trombe, la cui gaia felicitante<br />
esuberanza, è simile a quella trasmessa da<br />
una giornata solare; sì che come il sole allontana<br />
il te<strong>di</strong>o della pioggia, quel giallo allontana<br />
il te<strong>di</strong>o della vita.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 117
Analisi Tecnica. Montale<br />
118 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
FALSETTO<br />
Esterina, i vent’anni ti minacciano,<br />
grigiorosea nube<br />
che a poco a poco in sé ti chiude.<br />
Ciò inten<strong>di</strong> e non paventi.<br />
Sommersa ti vedremo 5<br />
nella fumea che il vento<br />
lacera o addensa, violento.<br />
Poi dal fiotto <strong>di</strong> cenere uscirai<br />
adusta più che mai,<br />
proteso a un’avventura più lontana 10<br />
l’intento viso che assembra<br />
l’arciera Diana.<br />
Salgono i venti autunni,<br />
t’avviluppano andate primavere;<br />
ecco per te rintocca 15<br />
un presagio nell’elisie sfere.<br />
Un suono non ti renda<br />
qual d’incrinata brocca<br />
percossa !; io prego sia<br />
per te concerto ineffabile 20<br />
<strong>di</strong> sonagliere.<br />
La dubbia <strong>di</strong>mane non t’impaura.<br />
Leggiadra ti <strong>di</strong>sten<strong>di</strong><br />
sullo scoglio lucente <strong>di</strong> sale<br />
e al sole bruci le membra. 25<br />
Ricor<strong>di</strong> la lucertola<br />
ferma sul masso brullo;<br />
te insi<strong>di</strong>a giovinezza,<br />
quella il lacciolo d’erba del fanciullo.<br />
L’acqua è la forza che ti tempra, 30<br />
nell’acqua ti ritrovi e ti rinnovi:<br />
noi ti pensiamo come un’alga, un ciottolo,<br />
come un’equorea creatura<br />
che la salse<strong>di</strong>ne non intacca<br />
ma torna al lito più pura. 35<br />
Hai ben ragione tu ! Non turbare<br />
<strong>di</strong> ubbie il sorridente presente.<br />
La tua gaiezza impegna già il futuro<br />
ed un crollar <strong>di</strong> spalle<br />
<strong>di</strong>rocca i fortilizî 40
Analisi Tecnica. Montale<br />
del tuo domani oscuro.<br />
T’alzi e t’avanzi sul ponticello<br />
esiguo, sopra il gorgo che stride:<br />
il tuo <strong>prof</strong>ilo s’incide<br />
contro uno sfondo <strong>di</strong> perla. 45<br />
Esiti a sommo del tremulo asse,<br />
poi ri<strong>di</strong>, e come spiccata da un vento<br />
t’abbatti fra le braccia<br />
del tuo <strong>di</strong>vino amico che t’afferra.<br />
Ti guar<strong>di</strong>amo noi, della razza 50<br />
<strong>di</strong> chi rimane a terra.<br />
Il lessico<br />
<strong>di</strong> Falsetto<br />
Grigiorosea nube: i venti anni sono paragonati<br />
ad una nuvole in parte grigia in parte rosa (ancora<br />
colori simbolici).<br />
Ciò inten<strong>di</strong> ... violento: Esterina è cosciente <strong>di</strong><br />
ciò che le riserva il futuro, ma non ne è spaventata:<br />
ella dunque si appresta ad affrontare<br />
un’esistenza (fumea), che la vita ora lacera ora<br />
addensa, sempre in modo violento.<br />
Poi dal fiotto... Diana: il fiotto <strong>di</strong> cenere deriva<br />
dalla fumea: la vita, dunque colpirà Esterina,<br />
che ne sarà adusta, bruciata, ciò non ostante<br />
ella manterrà la fiducia nel futuro, e quin<strong>di</strong> si<br />
volgerà ad una nuova avventura con la fermezza<br />
<strong>di</strong> intenti (l’intento viso: è costruzione<br />
alla greca, tenendo il viso intento) che si vede<br />
espressa nel volto della dea della caccia Diana.<br />
Probabilmente agisce in M. la memoria sonora<br />
soprattutto, ma non solo, dei vv 912 del sonetto<br />
cviii <strong>di</strong> W. Shakespeare: « ... eternal love...<br />
Weighs not the durst and injury of age Nor<br />
gives to necessary wrinkles place, But makes<br />
antiquity for aye his page ».<br />
Autunni: autunnali.<br />
Andate primavere: gli anni trascorsi ti avvolgono.<br />
Un presagio... percossa!: nelle sfere celesti<br />
già risuonano i segni del tuo futuro. Ti auguro<br />
che quel rintocco non sia come il suono che<br />
produce una brocca incrinata quando viene<br />
percossa.<br />
Concerto... <strong>di</strong> sonagliere: è il corrispettivo delle<br />
trombe d’oro de I limoni.<br />
Leggiadra... membra: ancora una adustione<br />
questa volta volontaria, in antitesi a quella<br />
dovuta alla vita: ora la leggiadria fisica si serve<br />
del sole per bruciarsi, domani l’incen<strong>di</strong>o della<br />
vita non intaccherà la forza (<strong>di</strong>vina come Diana)<br />
della fanciulla fattasi donna.<br />
Te insi<strong>di</strong>a...: la giovinezza insi<strong>di</strong>a te; il laccio<br />
(fatto con un filo d’erba) del fanciullo minaccia<br />
quella lucertola.<br />
Equorea creatura: M. è andato appuntando<br />
i segni della <strong>di</strong>vinità della fanciulla, che ha<br />
capacità <strong>di</strong> riemergere dall cenere, protesa<br />
come la dea Diana; nelle elisie sfere risuona<br />
un presagio per lei.<br />
hai ben ragione tu!: ai propri pensieri timorosi<br />
del futuro, il poeta oppone adesso l’atteggiamento<br />
impavido <strong>di</strong> Esterina e ne riconosce la<br />
(<strong>di</strong>vina, miracolosa) veri<strong>di</strong>cità.<br />
Ubbie: timori vani.<br />
Ponticello ... del tremulo asse: Trampolino.<br />
Esiti: una breve esitazione sfiora l’animo <strong>di</strong><br />
Esterina<br />
Spiccata da un vento: il riso esorcizza non solo<br />
l’esitazione, ma il vento, che il poeta ha utilizzato<br />
per esprimere le sue paure (era il vento ad<br />
addensare e lacerare la tela della vita) la spicca<br />
perché ella possa abbattattersi tra le braccia<br />
<strong>di</strong> un essere <strong>di</strong>vino (il mare) come la fanciulla.<br />
Ti guar<strong>di</strong>amo noi...: Noi che non riusciamo a<br />
staccarci dalla banalità del vivere quoti<strong>di</strong>ano.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 119
Analisi Tecnica. Montale<br />
SPESSO IL MALE DI VIVERE hO INCONTRATO<br />
120 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Spesso il male <strong>di</strong> vivere ho incontrato:<br />
era il rivo strozzato che gorgoglia,<br />
era l’incartocciarsi della foglia<br />
riarsa, era il cavallo stramazzato.<br />
Bene non seppi, fuori del pro<strong>di</strong>gio 5<br />
che schiude la <strong>di</strong>vina In<strong>di</strong>fferenza:<br />
era la statua nella sonnolenza<br />
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.<br />
Stile<br />
<strong>di</strong> Spesso il male ...<br />
Questa lirica è portato come esempio <strong>di</strong>dattico<br />
del correlativo oggettivo <strong>di</strong> M. (G.Contini la<br />
<strong>di</strong>ce ancora lontana): l’astratto, il male <strong>di</strong> vivere,<br />
viene espresso attraverso una serie <strong>di</strong> oggetti<br />
concreti (il rivo, la foglia, il cavallo); così come,<br />
nella 2ª strofa l’astratto bene è espresso con la<br />
statua, la nuvola, il falco. Non viene utilizzato il<br />
paragone, o la metafora: si tratta <strong>di</strong> una pura e<br />
semplice identificazione, era. Le anafore delle<br />
<strong>di</strong>chiarative, asindeticamente legate, non si<br />
<strong>di</strong>spongono in crescendo, sia per la <strong>di</strong>versa<br />
costruzione sintattica (la 1ª ha una relativa; la<br />
2ª ha come pre<strong>di</strong>cato un infinito sostantivato,<br />
più ricercato a petto del più comune ’accartocciarsi’,<br />
e spezzato dall’enjambement foglia/<br />
riarsa; la 3ª un semplice costrutto pre<strong>di</strong>cativo)<br />
sia per le allitterazioni in l e r che rallentano il<br />
ritmo della lettura e spezzano l’andamento piano<br />
della rima ABBA, che per altro è intaccata nella<br />
sua regolarità dalla rima interna <strong>di</strong> strozzato.<br />
Il risultato <strong>di</strong> ritmo spezzato M. ottiene con<br />
l’anastrofe oggvb nel 1º verso della 2ª str,<br />
anastrofe dell’ogg ripetuta nel v 2 dove In<strong>di</strong>fferenza<br />
è sogg. E dove la regolarità della rima<br />
della 1ª str è franta dalla irregolarità del primo<br />
verso oltre che dall’enjambement sonnolenza/<br />
del meriggio. Così che i pre<strong>di</strong>cati coor<strong>di</strong>nati,<br />
nuvola, falco, appaiono singultanti aggiunte.<br />
La <strong>di</strong>vina in<strong>di</strong>fferenza<br />
Nella 2ª str il relativo del 2º v può essere tanto<br />
sogg, quanto ogg. <strong>di</strong> schiude. Naturalmente il<br />
valore <strong>di</strong> che con<strong>di</strong>ziona quello <strong>di</strong> In<strong>di</strong>fferenza,<br />
a sua volta o ogg. o sogg. Non cre<strong>di</strong>amo possibile<br />
giungere conclusione certa. L’uno dato in<br />
qualche misura oggettivo è che dei tre compl<br />
ogg presenti nella lirica due sono certamente<br />
in anastrofe, ma questo non basta a garantire<br />
che M. non abbia voluto variare. La situazione<br />
descritta è simile a quella de I limoni. La somiglianza<br />
però è più <strong>di</strong> situazione che ideologica:<br />
I limoni colgono una con<strong>di</strong>zione esistenziale<br />
effimera, ma positiva: in Spesso l’ideologia è<br />
la negativa, della mancanza. Corrispettivi sono<br />
tanto l’assenza <strong>di</strong> cura dell’uomo che se ne va<br />
sicuro <strong>di</strong> Non chiederci, quanto Il cuore che ogni<br />
moto tiene a vile / raro è squassato da trasalimenti<br />
<strong>di</strong> Mia vita a te non chiedo. Così in Portami<br />
il girasole: Svanire È dunque la ventura delle<br />
venture. Il male <strong>di</strong> vivere m. è stato fatto, con<br />
ragione, risalire a Leopar<strong>di</strong>. Alcune precisazioni<br />
siano necessarie: una è che non sempre Leop.<br />
ritiene l’in<strong>di</strong>fferenza un bene. Si vedano ad es.<br />
lo Zibaldone: a p. 1555: «L’in<strong>di</strong>fferenza non è<br />
lo stato dell’uomo; è contrario <strong>di</strong>rittamente alla<br />
sua natura, e quin<strong>di</strong> alla sua felicità; mentre a p.<br />
1581: «Dalla mia teoria del piacere si conosce<br />
per qual ragione si provi <strong>di</strong>letto in questa vita,<br />
quando senza aspettarne nè desiderarne vivamente<br />
nessuno, l’animo riposato e in<strong>di</strong>fferente,<br />
si getta, per così <strong>di</strong>re, alla ventura in mezzo alle<br />
cose, agli avvenimenti, e agli stessi <strong>di</strong>vertimenti<br />
ec. Questo stato non curante de’ piaceri nè de’<br />
dolori, è forse uno de’ maggiori piaceri, non solo<br />
per altre cagioni, ma per sé stesso. Parecchie<br />
volte un vigore straor<strong>di</strong>nario e passeggero, cagiona<br />
al corpo e a’ nervi un certo torpore, per cui<br />
l’animo s’abbandona in seno <strong>di</strong> una negligenza<br />
circa le cose e sé stesso, in maniera che o vede<br />
tutto dall’alto, e come non gli appartenesse se<br />
non debolissimamente; o non pensa quasi a<br />
nulla, e desidera e teme il meno che sia possibile.<br />
Questo stato è per sé stesso un piacere. Il<br />
languore del corpo alle volte è tale, che senza<br />
dargli affanno e fasti<strong>di</strong>o, affievolando le facoltà<br />
dell’animo, affievola ogni cura e ogni desiderio.<br />
L’uomo prova allora un piacere effettivo, massime<br />
se viene da uno stato affannoso ecc. e<br />
lo prova senz’alcun’altra cagione esterna, ma<br />
per quella semplice <strong>di</strong>menticanza de’ mali, e<br />
trascuranza de’ beni, desideri e speranze, e per<br />
quella specie d’insensibilità cagionatagli da quel<br />
languore». Pleonastico sottolineare l’origine ’fisica’<br />
dell’in<strong>di</strong>fferenza leop. appetto dell’astratta<br />
e quasi trascendente in<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Montale.
FORSE UN MATTINO ANDANDO<br />
Forse un mattino andando in un’aria <strong>di</strong> vetro,<br />
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:<br />
il nulla alle mie spalle, il vuoto <strong>di</strong>etro<br />
<strong>di</strong> me, con un terrore <strong>di</strong> ubriaco.<br />
Analisi Tecnica. Montale<br />
Poi come s’uno schermo, s’accamperanno <strong>di</strong> gitto 5<br />
alberi case colli per l’inganno consueto.<br />
Ma sarà troppo tar<strong>di</strong>; ed io me n’andrò zitto<br />
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.<br />
Il lessico<br />
<strong>di</strong> Forse un mattino<br />
Arida: in riferimento all’aria è espressione<br />
dell’assenza nella vita <strong>di</strong> certezze e <strong>di</strong> speranze.<br />
Il nulla alle mie spalle: tutto scomparirà: il mondo<br />
reale sarà inghiottito nel nulla. Si tratta <strong>di</strong> un<br />
miracolo negativo: nel senso che se l’esistenza<br />
umana è incapace <strong>di</strong> generare qualcosa <strong>di</strong><br />
positivo, arida, il miracolo non la trasforma in<br />
qualcosa <strong>di</strong> positivo, ma libera l’uomo annullando<br />
il contesto <strong>di</strong> te<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> male. Il terrore<br />
CASA SUL MARE<br />
montaliano è simile allo spaurirsi del cuore<br />
leopar<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> fronte all’infinito.<br />
Di gitto: all’improvviso. Brevissimo il tempo del<br />
miracolo, che è comunque un dono prezioso<br />
che il poeta racchiude nel segreto della sua<br />
anima, quasi in contrapposizione agli uomini<br />
che non si voltano e a <strong>di</strong>spetto della realtà che<br />
appare in tutta la sua ingannevole concretezza.<br />
Non si voltano: perché non si pongono domande<br />
e non si lasciano coinvolgere nel mondo<br />
circostante.<br />
Il viaggio finisce qui:<br />
nelle cure meschine che <strong>di</strong>vidono<br />
l’anima che non sa più dare un grido.<br />
Ora i minuti sono eguali e fissi<br />
come i giri <strong>di</strong> ruota della pompa. 5<br />
Un giro: un salir d’acqua che rimbomba.<br />
Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio.<br />
Il viaggio finisce a questa spiaggia<br />
Che tentano gli assidui e lenti flussi.<br />
Nulla <strong>di</strong>svela se non pigri fumi 10<br />
la marina che tramano <strong>di</strong> conche<br />
i soffi leni: ed è raro che appaia<br />
nella bonaccia muta<br />
tra l’isole dell’aria migrabonde<br />
la Corsica dorsuta o la Capraia. 15<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 121
Analisi Tecnica. Montale<br />
122 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Tu chie<strong>di</strong> se così tutto vanisce<br />
in questa poca nebbia <strong>di</strong> memorie;<br />
se nell’ora che torpe o nel sospiro<br />
del frangente si compie ogni destino.<br />
Vorrei <strong>di</strong>rti che no, che ti s’appressa 20<br />
l’ora che passerai <strong>di</strong> là dal tempo;<br />
forse solo chi vuole s’infinita,<br />
e questo tu potrai, chissà, non io.<br />
Penso che per i più non sia salvezza,<br />
ma taluno sovverta ogni <strong>di</strong>segno, 25<br />
passi il varco, qual volle si ritrovi.<br />
Vorrei prima <strong>di</strong> cedere segnarti<br />
codesta via <strong>di</strong> fuga<br />
labile come nei sommossi campi<br />
del mare spuma o ruga. 30<br />
Ti dono anche l’avara mia speranza.<br />
A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla:<br />
l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.<br />
Il cammino finisce a queste prode<br />
che rode la marea col moto alterno. 35<br />
Il tuo cuore vicino che non m’ode<br />
salpa già forse per l’eterno.<br />
Il lessico<br />
<strong>di</strong> Casa sul mare<br />
Che tentano: che è oggetto <strong>di</strong> tentano; flussi<br />
è il soggetto.<br />
Nulla <strong>di</strong>svela ... leni: la spiaggia, la marina, non<br />
lascia vedere, <strong>di</strong>svela, nulla se non leggere<br />
foschie, fumi, che (compl ogg) lievi soffi <strong>di</strong><br />
vento condensano <strong>di</strong>fformemente, tramano,<br />
in immaginarie conche.<br />
Bonaccia: assenza <strong>di</strong> vento.<br />
L’isole dell’aria: i grumi <strong>di</strong> foschia, isole dell’aria,<br />
si muovono lentamente, migrabonde.<br />
La Corsica...: la Corsica e la Capraia (isola<br />
dell’arcipelago toscano) sarebbero concreti<br />
appro<strong>di</strong>: laddove la spiaggia (la vita) non gli offre<br />
che effimere ed inconsistenti mete.<br />
Tu chie<strong>di</strong>...: se ogni destino umano si compie nel<br />
torpore <strong>di</strong> una vita te<strong>di</strong>osa o nel sospiro, nella<br />
voce fievole e dolorosa, dell’onde.<br />
Passerai: <strong>di</strong> là dal tempo proprio degli uomini<br />
legati alla realtà storica.<br />
S’infinita: superata la realtà della vita alcuni<br />
possono approdare là dove si realizza intera<br />
l’aspirazione alla infinità. Il neologismo è formulato<br />
ad imitazione del dantesco «s’indìa».<br />
Penso che per i più...: è certo il momento <strong>di</strong><br />
più denso tensione lirica: M. esprime la sua<br />
convinzione che non sia possibile alla maggior<br />
parte degli uomini sottrarsi al violento te<strong>di</strong>o della<br />
vita; non ostante la fermezza della convinzione<br />
egli augura, non certo per sé, che qualcuno<br />
infranga il generale destino. Naturalmente<br />
spera che questo qualcuno sia la donna, cui<br />
la lirica è rivolta.<br />
Vorrei...: voglio in<strong>di</strong>carti, segnarti, questa via <strong>di</strong><br />
fuga, prima che io stesso non ci creda più (prima<br />
<strong>di</strong> cedere), giacché è speranza, labile come<br />
la spuma o una lieve onda, ruga, nel mare. La<br />
via <strong>di</strong> fuga è proprio la speranza che qualcuno<br />
possa salvarsi e ritrovarsi quale voleva essere.<br />
Avara mia speranza: una speranza assai esile,<br />
contrastata dalla certezza che pochi sono gli<br />
uomini destinati a salvarsi.
RIVIERE<br />
Analisi Tecnica. Montale<br />
Riviere,<br />
bastano pochi stocchi d’erbaspada<br />
penduli da un ciglione<br />
sul delirio del mare;<br />
o due camelie pallide 5<br />
nei giar<strong>di</strong>ni deserti,<br />
e un eucalipto biondo che si tuffi<br />
tra sfrusci e pazzi voli<br />
nella luce;<br />
ed ecco che in un attimo 10<br />
invisibili fili a me si asserpano,<br />
farfalla in una ragna<br />
<strong>di</strong> fremiti d’olivi, <strong>di</strong> sguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> girasoli.<br />
Dolce cattività, oggi, riviere<br />
<strong>di</strong> chi s’arrende per poco 15<br />
come a rivivere un antico giuoco<br />
non mai <strong>di</strong>menticato.<br />
Rammento l’acre filtro che porgeste<br />
allo smarrito adolescente, o rive:<br />
nelle chiare mattine si fondevano 20<br />
dorsi <strong>di</strong> colli e cielo; sulla rena<br />
dei li<strong>di</strong> era un risucchio ampio, un eguale<br />
fremer <strong>di</strong> vite,<br />
una febbre del mondo; ed ogni cosa<br />
in se stessa pareva consumarsi. 25<br />
Oh allora sballottati<br />
come l’osso <strong>di</strong> seppia dalle ondate<br />
svanire a poco a poco:<br />
<strong>di</strong>ventare<br />
un albero rugoso od una pietra 30<br />
levigata dal mare; nei colori<br />
fondersi dei tramonti; sparir carne<br />
per spicciare sorgente ebbra <strong>di</strong> sole,<br />
dal sole <strong>di</strong>vorata...<br />
Erano questi<br />
riviere, i voti del fanciullo antico 35<br />
che accanto ad una rósa balaustrata<br />
lentamente moriva sorridendo.<br />
Quanto, marine, queste fredde luci<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 123
Analisi Tecnica. Montale<br />
124 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
parlano a chi straziato vi fuggiva.<br />
Lame d’acqua scoprentisi tra varchi 40<br />
<strong>di</strong> labili ramure; rocce brune<br />
tra spumeggi; frecciare <strong>di</strong> rondoni<br />
vagabon<strong>di</strong>...<br />
Ah, potevo<br />
credervi un giorno o terre,<br />
bellezze funerarie, auree cornici 45<br />
all’agonia d’ogni essere.<br />
Oggi torno<br />
a voi più forte, o è inganno, ben che il cuore<br />
par sciogliersi in ricor<strong>di</strong> lieti – e atroci.<br />
Triste anima passata<br />
e tu volontà nuova che mi chiami, 50<br />
tempo è forse d’unirvi<br />
in un porto sereno <strong>di</strong> saggezza.<br />
Ed un giorno sarà ancora l’invito<br />
<strong>di</strong> voci d’oro, <strong>di</strong> lusinghe audaci<br />
anima mia non più <strong>di</strong>visa. Pensa: 55<br />
cangiare in inno l’elegia; rifarsi;<br />
non mancar più.<br />
Potere<br />
simili a questi rami<br />
ieri scarniti e nu<strong>di</strong> ed oggi pieni<br />
<strong>di</strong> fremiti e <strong>di</strong> linfe. 60<br />
sentire<br />
noi pur domani tra i <strong>prof</strong>umi e i venti<br />
un riaffluir <strong>di</strong> sogni, un urger folle<br />
<strong>di</strong> voci verso un esito; e nel sole<br />
che v’investe, riviere, 65<br />
rifiorire!<br />
Il lessico<br />
<strong>di</strong> Riviere<br />
Sparir carne per spicciare...: consumarsi nella<br />
carne per sgorgare, spicciare (anche questa<br />
è accezione rara), come una sorgente ebbra<br />
<strong>di</strong> sole.<br />
Rósa balaustrata: una balaustra corrosa dal<br />
mare.<br />
Ramure: intrico <strong>di</strong> fronde.
CARLO EMILIO GADDA<br />
L’ADALGISA<br />
QuaTTRO fIglIE EbbE E cIaScuNa REgINa<br />
I corridoi <strong>di</strong> palazzo Brügna, già ricchi d’ombre <strong>di</strong> per se stessi, e non impropizi<br />
alle passeggiatine d’un qualche scarafaggio, ma della razza de’ timorati e solinghi,<br />
quel pandemonio d’un restauro e ammodernamento «a scopo locatizio» li aveva<br />
poi locupletati de’ più impreveduti scalini e repentini mutamenti <strong>di</strong> livelletta,(5) a<br />
non contare le svolte nel buio, gli scivoli, le buche, i bernoccoli, e intoppi e inciampi<br />
d’ogni maniera e d’ogni calibro. Sicché solevano offrirsi come il più indovinato<br />
degli steeplechases(6) all’ardore tutt’affatto lombardo, alla grazia monellesca e<br />
giocondamente giuliva, se anche un po’ rude e acerbamente scavallante, della Lola<br />
e della Maria Filiberta: le due figlie maggiori del N. H. Cipriano: davanti le cui<br />
gambe infrenabili (a quell’epoca non ancora infrante sul Maloja) (7) s’allungavano<br />
e aggrovigliavano, quei corridoi, in una fuga <strong>di</strong> odori, presagi, usci sbattuti,<br />
Note (dell’autore)<br />
In questo <strong>di</strong>segno milanese «su cartone vecchio », alla tentata rappresentazione <strong>di</strong> un «interno<br />
» si sono voluti a<strong>di</strong>bire, a tratti, i mo<strong>di</strong> mentali e i mo<strong>di</strong> i<strong>di</strong>omatici propri de’ personaggi<br />
che in quell’interno esagitavano il loro spirto vitale. L’or<strong>di</strong>tura sintattica, le clausole proso<strong>di</strong>che,<br />
l’impasto lessicale della <strong>di</strong>scorsa, in più che un passaggio, devono perciò ritenersi funzioni mimetiche<br />
del clima dell’aura <strong>di</strong> via Pasquirolo o del Pontaccio: che <strong>di</strong>co, dell’impetus e dello zefiro<br />
parlativo i quali dall’ambiente promanano, o prorompono E ciò non soltanto nel <strong>di</strong>alogato, ma<br />
nella <strong>di</strong>dascalia e nel contesto in genere, quasicché a propria volta l’autore si tuffi nella bagnarola<br />
e nell’acqua medesime ove poco prima erano a <strong>di</strong>guazzare i suoi colombi. Quanto all’impeto, è<br />
un impeto ricco, nativo, a cui non si sogliono imporre freni accademici o me<strong>di</strong>azioni teologiche:<br />
e vien celebrato nelle cronache quale «bella spontaneità » o «bella imme<strong>di</strong>atezza del <strong>di</strong>re ». E del<br />
ragionare e dell’essere, dunque. Ecco poi, a titolo <strong>di</strong> giunta, le in<strong>di</strong>spensabili glosse:<br />
[…]<br />
5 «Livelletta » è tronco <strong>di</strong> strada o <strong>di</strong> via ferrata avente una unica pendenza: il percorso risulta<br />
<strong>di</strong> una successione <strong>di</strong> livellette.<br />
6 «Steeple-chase »: corsa al campanile, traverso alla campagna come ell’è: e <strong>di</strong>cesi per corsa al<br />
galoppo con ostacoli.<br />
7 Maloja è, delle <strong>di</strong>molte nevi <strong>di</strong> Lombar<strong>di</strong>a, tra le più skiabili e skiate. Reduce alcuno, talotta,<br />
con tibia, o anche perone, privi d’unità.<br />
La complessa densità della pagina gad<strong>di</strong>ana trova una prima spiegazione nel gioco filologico,<br />
nel piacere dell’invenzione linguistica. Una più <strong>prof</strong>onda motivazione è costituita dalla interiore<br />
necessità <strong>di</strong> riprodurre la sensazione della complessità, delle cause infinite, della in<strong>di</strong>stricabile<br />
connessione del tutto col tutto (E. Manzotti). Solo questa è per G. la via della conoscenza<br />
scegliere un aspetto o alcuni vuol <strong>di</strong>re perdere <strong>di</strong> vista la realtà. Naturalmente la conoscenza<br />
Lessico<br />
Scarafaggio... de’ timorati e solinghi: il sostantivo<br />
crudo viene corredato con due aggettivi<br />
che hanno <strong>di</strong>versa tra<strong>di</strong>zione tanto nel parlato<br />
quanto nella letteratura: il primo viene utilizzato<br />
in riferimento a uomini animati dalla fede e timo<br />
rosi <strong>di</strong> Dio, qui perciò pieni <strong>di</strong> timore; letterario<br />
e raro è l’uso del secondo con rif. ad animale.<br />
Livelletta: cfr. nota 5: qui metaforico per corridoio<br />
lungo e perciò collegamento tra stanze<br />
<strong>di</strong>stanti.<br />
Scavallante: da scavallare: propriamente correre<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 125
Analisi Tecnica. Gadda<br />
e ritorni senza fine al punto <strong>di</strong> prima, da credere a una sorta <strong>di</strong> domestico e felice<br />
laberinto ceduto in enfiteusi dall’Onnipotente alla prole marpiònica: mentre ancora<br />
s’aspettava l’avvento rigeneratore dei Portaluppi, dei Gio Ponti.(8) E talora<br />
però, per quanto a fatica, riuscivano anche a pianeggiare per un qualche mezzo<br />
metro, i corridoi del Brügna, adesso anzi Forlina; e ciò nel modo più opportuno:<br />
assuefatti com’erano a quel trepestio senza scampo, senza interlu<strong>di</strong>o, e in più alle<br />
trottatine balbettanti e alle pisce fulminanti della Maria Giuseppa, emula treenne<br />
delle due già cresimate puledre. Che tutti quanti però, sorelle e amiche delle<br />
sorelle, e zie e zii e cugine, (non forse l’autrice madre), dopo ogniduno <strong>di</strong> quei pipì<br />
così birichini se la toglievano a sbaciucchiare e a vezzeggiare, a tesoreggiare all’infinito:<br />
«Oh, che porcellona !… Vergogna !… Ma che porcellona !… alla tua età…<br />
una bambina così grande !…»: e un <strong>di</strong>luvio <strong>di</strong> baciazzi da farla crepare soffocata:<br />
«Sei un vero tesoro !», e «Angiolone bello !», e «Ti mangerei in d’un boccone !»,<br />
e «Cara la mia stelàscia !» sulla gota anemizzata dal bacio: e altre espansioni del<br />
genere, <strong>di</strong> rito e <strong>di</strong> formula prettamente ambrosiani. Salvo che nessuno però, in<br />
que’ momenti, ar<strong>di</strong>va <strong>di</strong> prendersela decisamente in braccio, così ancora stillante<br />
<strong>di</strong> birberia vieux-Milan: e tanto meno <strong>di</strong> attuffarle i soliti sculaccioni amorosi<br />
sul solito cocò, tiepolescamente scaravoltato a gambe all’aria. Le mutan<strong>di</strong>ne del<br />
8 Gio Ponti è firma dell’architetto che non firma Giovanni. Piero Portaluppi, architetto, e<br />
Marco Semenza, ingegnere, redassero un elaborato piano regolatore <strong>di</strong> Milano: (Milano com’era e<br />
come sarà: Bestetti & Tumminelli, Milano, Roma 1927): che valse al primo dei due il soprannome<br />
<strong>di</strong> Barbarossa. Ponti e Portaluppi, ciascuno a suo modo, sono artefici <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>ate o ragionate, o<br />
comunque agiate strutture e<strong>di</strong>lizie: case, ville, palagi. E Ponti scrive dell’arte sua, e ne propaga la<br />
dottrina, oltreché i para<strong>di</strong>gmi.<br />
cui è possibile pervenire non coincide con l’approdo ad una realtà ’<strong>di</strong>stricata’ ed organizzata:<br />
restano una sostanziale, irrime<strong>di</strong>abile <strong>di</strong>gressività ed una irrefrenabile ed incontrastabile forza<br />
centrifuga che <strong>di</strong>sperde, frammentandola, la realtà.<br />
scompostamente; viene riferito a grazia monellesca<br />
e giocondamente giuliva.<br />
Infrante: G. lo riferisce a gambe, si tratta <strong>di</strong><br />
un’iperbole poiché esprime uno spezzarsi<br />
minutamente.<br />
Lessico<br />
Presagi: si colloca tra due sostantivi concreti e<br />
casalinghi: probabilmente si tratta del presagio<br />
del sopraggiungere <strong>di</strong> qualche componente<br />
della famiglia. Certo G. introduce la annotazione<br />
mitologica in un lessico iperbole epperciò<br />
irrisorio.<br />
Laberinto: forma più rara e dotta <strong>di</strong> labirinto.<br />
Anche in questa scelta <strong>di</strong> variante sta l’ironia<br />
verso la piccola nobiltà del N.H. Cipriano.<br />
Enfiteusi: è termine riveniente dal <strong>di</strong>ritto romano,<br />
equivarrebbe al nostro fitto se la legislazione<br />
classica non comprendesse anche l’obbligo<br />
<strong>di</strong> apportare migliorie. L’implicazione si adatta<br />
perfettamente alla situazione della famiglia in<br />
questione.<br />
Marpiònica: l’agg. derivato dal nome <strong>di</strong> famiglia<br />
è tipico della classicità grecolatina. E cfr. prole.<br />
E talora... anzi Forlina: è una frase che merita<br />
126 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
che ogni sia analizzato, cioè ognuno apporta<br />
un’aggiunta <strong>di</strong> valore satirico alla polemica <strong>di</strong><br />
G. contro incompetenza dell’ingegneria dopo<br />
la II guerra mon<strong>di</strong>ale.<br />
Pisce: il termine segue le proposte auliche <strong>di</strong><br />
trepestio ed interlu<strong>di</strong>o.<br />
Cresimate puledre: il sostantivo è <strong>di</strong> largo uso<br />
nella funzione metaforica riferita alle donne;<br />
il part. pass. agg. è usato per in<strong>di</strong>care l’età.<br />
Naturalmente qui vale l’ingegnosa iunctura che<br />
assomma una pluralità <strong>di</strong> allusioni.<br />
Ogniduno: <strong>di</strong>alettale lombardo e piemontese, in<br />
simbiosi con il lezioso pipì birichini.<br />
Tesoreggiare: è verbo modellato su vezzeggiare:<br />
è un neologismo, benché esista una forma<br />
identica che ha l’accezione <strong>di</strong> tesaurizzare.<br />
Ti mangerei... stelàscia: due espressioni <strong>di</strong>alettali<br />
milanesi che seguono due italiane. E<br />
seguite da un momento formale della scrittura<br />
<strong>di</strong> G.: si veda ad es. anemizzata e prettamente<br />
ambrosiani.<br />
Soliti... solito: anafora che mentre sollinea la<br />
ritualità dei gesti, compreso quello della piccola,<br />
ne evidenzia la perdurante ripetitività. L’umido
Analisi Tecnica. Gadda<br />
cocò, bisogna aggiungere, ne’ rari momenti che riuscivano a permanere asciutte,<br />
apparivano regolarmente un po’ lustre, un po’ nerastre, un po’ verdastre, un po’<br />
rossastre per via del crassume delle piastrelle dell’ingegner Forlina: lucidate ogni<br />
settimana dalla tremebonda Giovanna, con la paraffina, oltreché ogni giorno e<br />
ogni ora da lei stessa, Maria Giuseppa, con quello stesso e medesimo cocò. Nei<br />
casi accennati, poi, <strong>di</strong> repentina imbibizione e stillici<strong>di</strong>o, un istinto suggeriva <strong>di</strong><br />
non indagare: chinarsi, toglierla su per le ascelle, un po’ a <strong>di</strong>stanza, e contentarsi<br />
dei baci. La stor<strong>di</strong>vano a un tal punto, quella creatura, a furia <strong>di</strong> baci, <strong>di</strong> carezze,<br />
<strong>di</strong> vezzeggiativi, che neanche lei povero angiolo riesciva più a raccapezzarsi: a intendere<br />
se la pipì fosse una colpa od un merito, e se lei dovesse chiamarsi e lasciarsi<br />
chia mare Majà Uéppa o Mapeppa o Poppa o Peppa o Mappa o Pipippa.<br />
Felice creatura ! Con due sorelle in Ariete le quali «non riuscivano in matematica»:<br />
ributtate sicché a piene corna da quel capron fottuto d’un ginnasio, tanto più<br />
che a conti fatti «non riuscivano» neanche in latino, e, sembra, neppure in italiano;<br />
e, si sospetta, nemmeno in geografia e storia patria. «Il latino è una lingua morta<br />
!», decretò un bel giorno, furibonda, donna Giulia de’ Marpioni: «e l’è inutil pagà<br />
i tass… e spend tant danée, e tra via tanti ann a imparàa <strong>di</strong> cialàat… che hin bon<br />
per conclüd nagott…»: e dopo un qualche altro brontolìo <strong>di</strong>ede in una definitiva<br />
alzata delle spalle. «Quanti ball!» a<br />
Sicché adesso le stu<strong>di</strong>avano «privatamente»: «ah! privatamente ?»: «sì, privatamente…»<br />
«E che cosa stu<strong>di</strong>avano ?» «Il francese… e anche l’inglese …» «Ah,<br />
stu<strong>di</strong>avano il francese ?… e l’inglese ?» «Sì, francese e inglese. Ma un po’ per volta,<br />
e in modo da imparare la vera pronuncia…». E adoravano quell’angiolo della loro<br />
Pipina, così blanche et rose, <strong>di</strong>cevano, da essere il ritratto stesso della salute.<br />
Pipina felix ! Con una mamma, viceversa, che da «signorina» aveva ottenuto a<br />
pieni voti il <strong>di</strong>ploma <strong>di</strong> allevatrice – <strong>di</strong> polli e animali da cortile – all’Istituto Trivulzio<br />
per le massaie <strong>di</strong> civile con<strong>di</strong>zione: quello <strong>di</strong> via della Meregonda, sapete bene,<br />
con campo sperimentale però alla Cassina Borlanda, in fondo all’o<strong>di</strong>erno vintott.(9)<br />
E aveva quin<strong>di</strong> il buon senso (per analogia con i porcellini) <strong>di</strong> abbandonare i glutei<br />
9 Cassina Borlanda, cascina B. Borlanda è il pastore de’ bovini, ma anche l’antologia vittuaglia del<br />
porcello: e in traslato una qualunque mestura <strong>di</strong> porcate assortite. «In fondo all’o<strong>di</strong>erno vintòtt ».<br />
«In fond al vintòtt », modo rituale, – al capolinea esterno, cioè suburbano, della linea tranviaria.<br />
a « Ed è inutile pagare le tasse… e spendere tanto denaro, e gettar via tanti anni per imparare ciarle… che non servono<br />
a concludere nulla »; «Quante sciocchezze».<br />
evento su cui s’appunta l’attenzione <strong>di</strong> G. rappresenta<br />
uno dei momenti significativi della vita<br />
della nobile famiglia <strong>di</strong> Cipriano, come lo sarà<br />
la ricerca (della Signora) del colore esatto nella<br />
merceria: è la banalità assoluta che travolge<br />
e rende paradossale le pretese nobiliari della<br />
borghesia lombarda.<br />
Tiepolescamente scaravoltolato: il part. p.<br />
agg. è una forma <strong>di</strong>alettale toscana, l’avv.<br />
una neoformazione gad<strong>di</strong>ana, derivata da<br />
G.B. Tiepolo (1695-1770), pittore che ama le<br />
figure in movimento, anche assai tumultuose.<br />
In part. fa riferimento agli angioletti raffigurati<br />
mentre giocano vorticosamente in volo: ad es.<br />
l’affresco <strong>di</strong> Villa Pisani a Stra presso Venezia.<br />
L’elaborazione formale<br />
I perio<strong>di</strong> che vanno da Le mutan<strong>di</strong>ne del cocò<br />
mostrano con maggiore evidenza un modo <strong>di</strong><br />
scrittura ricorrente in G.: l’accumulazione che<br />
assume <strong>di</strong>verse forme e sfumature. Si veda la<br />
sequenza un po’ lustre, un po’ nerastre, un<br />
po’ verdastre, un po’ rossastre, che allinea sì<br />
colori, ma ripete anche un po’ (anafora), e<br />
per <strong>di</strong> più gli aggettivi terminano (omoteleuti)<br />
con la medesima sillaba -stre. Segue la serie<br />
anaforica ogni settimana ... ogni giorno e ogni<br />
ora... che contiene la gradatio temporale in<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 127
Analisi Tecnica. Gadda<br />
della sua creatura alla libertà naturale del corridoio del Forlina, meglio che star lì<br />
tutto il santo giorno a gridarla, a sculacciarla, a intimi<strong>di</strong>rla, a inibirla: per poi finir<br />
magari col lavarglielo, odorarglielo, baciarglielo: e infarinarglielo vittoriosamente<br />
<strong>di</strong> borotalco (il cocò): come salare un cappone, pronto <strong>di</strong> già per lo spiedo.<br />
«Non voglio tirar su delle smorfiose !», emanava imperatoriamente. «Voglio che<br />
vengano su senza tante storie e lascino giù le arie in fin del prinzippi: e se anche mi<br />
stassero giù per terra dalla mattina a la sira, meglio giù per terra o giù in giar<strong>di</strong>no<br />
a giocare tutto il giorno, all’aria libera, che star su la sira a legger romanzi, dove c’è<br />
su tutte quelle asinate…». Dopo un tanto acquazzone <strong>di</strong> giù e <strong>di</strong> su, i presenti non<br />
potevano che annuire, è ovvio, il nobil’uomo e marito poi non parliamone: era già<br />
ammutolito da un pezzo: più che persuasi in cuor loro dalle verità luminose della<br />
dottrina. «Tout est bien, sortant des mains de l’Auteur des choses». a Quando una<br />
donna Giulia o Teresa, e moglie e madre, ha raggiunto quello stato <strong>di</strong> completezza<br />
fisio-psichica per cui la si sente «sicura del fatto suo», e quando un demonio appropriato<br />
al caso le si agita in corpo, state pur certi che il fuoco tambureggiante<br />
de’ suoi apoftegmi non conosce rimbecco, né <strong>di</strong>lazione possibile.<br />
La Mapeppa, del resto, oltre a sorelle e mamma, (questa piuttosto asciutta<br />
d’opinioni, come già oramai s’è intuito), benigna stella non l’aveva defraudata<br />
nemmanco de’ rimanenti capi <strong>di</strong> corredo: una nonna, e una contrononna: otto<br />
zie, fra i tre<strong>di</strong>ci e i quarantasette anni: nove fra cugine e cuginette; e un paio d’altre<br />
dozzine <strong>di</strong> serbatoi <strong>di</strong> saliva assortiti a sua <strong>di</strong>sposizione: che la indennizzavano<br />
a « Tutto è bene quando esce dalle mani del Creatore <strong>di</strong> tutte le cose». È la prima frase dell’Emile <strong>di</strong> J.J. Rousseau.<br />
minuendo e s’intreccia con la ripetizione <strong>di</strong><br />
stesso, <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso valore morfologico. Il primo<br />
enfatizzato dal doppio nome della bimba per la<br />
prima volta scritto per intero; il secondo stesso,<br />
è rafforzato da medesimo (en<strong>di</strong>a<strong>di</strong>) e accompagnano<br />
un cocò a chiudere circolarmente il<br />
periodo che s’era avviato con cocò. Nel periodo<br />
seguente troviamo un’altra en<strong>di</strong>a<strong>di</strong> portata su<br />
registro tecnico imbibizione e stillici<strong>di</strong>o, in cui i<br />
due termini significano due fasi <strong>di</strong>stinte anche<br />
se consecutive, precisione iperbolica rispetto<br />
all’atto in questione. Dopo i due punti l’accumulo<br />
<strong>di</strong> tre infiniti determinano un elenco <strong>di</strong> rapide<br />
prescrizioni con una strategica pausa nell’inciso<br />
un po’ a <strong>di</strong>stanza. L’ultimo periodo – ancora<br />
un’altra <strong>di</strong> baci, <strong>di</strong> carezze, <strong>di</strong> vezzeggiativi –<br />
svela il significato delle accumulazioni ed in<br />
genere dell’intera scrittura gad<strong>di</strong>ana: neanche lei<br />
... riesciva più a raccapezzarsi. È stato detto che<br />
la scrittura barocca <strong>di</strong> G. esprime esattamente<br />
l’inestricabile groviglio della realtà: qui si tratta<br />
<strong>di</strong> una piccola protagonista e un piccolissimo<br />
evento: ebbene, neanche in queste <strong>di</strong>mensioni<br />
è possibile la comprensione.<br />
Tra narrazione e teatro<br />
128 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
L’intero capoverso Felice creatura!.. appare<br />
come spiegazione dell’esclamazione iniziale<br />
che si prolunga nella ren<strong>di</strong>contazione storica<br />
della caratteristica più rilevante. Il senso<br />
dell’intero capoverso è: sei fortunata ad avere<br />
quelle due sorelle ➛ il <strong>prof</strong>itto scolastico lascia<br />
a desiderare ➛ la mentalità borghese ritiene<br />
inutile la cultura. Le frecce in<strong>di</strong>cano l’inizio delle<br />
(apparenti) <strong>di</strong>gressioni: la prima avviata dalla<br />
relativa che sfocia in una consecutiva ellittica<br />
dell’ausiliare a sostenere un tono colloquiale<br />
o, meglio, l’esplosione <strong>di</strong> trivialità conseguente<br />
alla bocciatura a piene corna da quel capron<br />
fottuto d’un ginnasio. La causale tanto più che<br />
introduce l’intervento dell’autore che da ora in<br />
poi allinea un polisindeto in cui al crescendo<br />
della cautela esteriore delle parole corrisponde<br />
un crescendo del sarcasmo avverso la società<br />
rappresentata dalla famiglia Marpioni: a conti<br />
fatti ... sembra... si sospetta. L’ultimo periodo (la<br />
seconda <strong>di</strong>gressione) si apre col <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto<br />
<strong>di</strong> Giulia de’ Marpioni: il suo è un decreto, uno<br />
dei pochi espressi in lingua italiana da chi preferisce<br />
il <strong>di</strong>aletto milanese. Perentorio è anche il<br />
giu<strong>di</strong>zio complessivo sulla cultura classica che<br />
consiste in una definitiva alzata <strong>di</strong> spalle ed in<br />
un’espressione tipicamente milanese: «Quanti
Analisi Tecnica. Gadda<br />
anche troppo largamente d’ogni mancata secrezione delle paròti<strong>di</strong> materne. Queste<br />
due dozzine <strong>di</strong> insalivatrici aggiunte – serravano i ranghi a rincalzo dopo la<br />
falange delle titolari, specie ne’ dì <strong>di</strong> sabato, e <strong>di</strong> domenica – erano state ricevute<br />
col titolo <strong>di</strong> zia, se pure soltanto onorario, nei penetrali del Brügna, ossia Forlina,<br />
dopo i meandri del Gesù Borgospesso Bagutta Baguttino Sant’Andrea: e come<br />
zie o mammane erano ammesse rotativamente al leccamento della Mapeppa e<br />
in genere all’usufrutto linguereccio delle più rosate e allettanti pinguizie del <strong>di</strong> lei<br />
corpiciàttolo. Talora il comprensorio linguàtico si estendeva anche al cocò. Talché,<br />
nere, dopo qualche prima incertezza gravitazionale sui più timorati esagoni<br />
d’anticamera, (in<strong>di</strong> gabinetti), erano oggimai pervenute a orbitare con regolarità<br />
copernicana nel proliferante piano dell’eclittica demarpiònica.<br />
Accadeva dunque, ciò è ovvio, che una almeno <strong>di</strong> queste zie, o nonne, o cugine,<br />
o sorelle «che non riuscivano in aritmetica», o anche ad<strong>di</strong>rittura la madre<br />
Il cpv Accadeva dunque... inaugura una delle pagine più belle e ricche dell’Adalgisa, dove la<br />
comicità delle situazioni e dei personaggi sembra suggerire allo scrittore qualche più sereno<br />
sorriso che danno luogo a una serie <strong>di</strong> invenzioni linguistiche in cui la realtà viene ritratta<br />
nella sua configurazione ’barocca’ e deformata. Naturalmente al centro <strong>di</strong> questa realtà sta<br />
la società borghese lombarda, quella dei de Marpioni, ora analizzata nella sua taccagneria, e<br />
sostanziale miseria, secondo un modello più volte sperimentato nella letteratura comica da<br />
Plauto a Moliére a Pirandello.<br />
Espressione dell’avarizia dei padroni sono, come <strong>di</strong> rito, i servi: qui però non alla ricerca <strong>di</strong><br />
cibo, ma vecchi e resi incapaci d’ogni ribellione. Conta che a regolare i rapporti con loro sia<br />
un atteggiamento accon<strong>di</strong>scendente, come sarà quello della madre <strong>di</strong> don Gonzalo, nella<br />
Cognizione del dolore, e tuttavia micragnoso. Giovanna è affetta da gravi problemi al sistema<br />
gastroenterico (che si riveleranno per una forma, grave, <strong>di</strong> malinconite), i de’ Marpioni amo<br />
ball!». Resta in sospeso l’esclamazione iniziale,<br />
a meno che non si voglia leggere (e probabilmente<br />
va letto): creatura felice perché vivi con<br />
sorelle ignoranti ed in una famiglia in cui la cultura<br />
è considerata una sciocchezza. Una simile<br />
interpretazione è confermata dal capoverso<br />
seguente Sicché adesso ...; ma mentre adesso<br />
è espresso il nesso logico, appunto: sicché, il<br />
capoverso precedente presenta legami logici<br />
labili soprattutto tra un periodo e l’altro; vi prevale<br />
l’accumulazione in cui trova concretezza a<br />
guardare i singoli oggetti, fatti, persone, eventi<br />
della realtà come entità complesse e contrad<strong>di</strong>ttorie,<br />
illogiche epperciò comiche.<br />
Il capoverso Pipina Felix!.. ha avvio identico a<br />
Creatura felice! con uno straor<strong>di</strong>nario viceversa,<br />
che saltando l’imme<strong>di</strong>ato cpv antecedente, ricollega<br />
logica e <strong>di</strong>scorso tanto più che riprende<br />
la colta Arabia felix <strong>di</strong> memoria classica. Quel<br />
viceversa trae la sua ragion d’essere dalla contrapposizione<br />
tra la bocciatura delle figlie ed il<br />
<strong>di</strong>ploma a pieni voti conseguito dalla madre: la<br />
comicità dell’irrisione sta nella pretesa <strong>di</strong> mettere<br />
sullo stesso piano il <strong>di</strong>ploma in una pratica<br />
lavorativa elementare con la cultura del ginnasio:<br />
questa sciocca ed inutile quella dagli imme<strong>di</strong>ati<br />
risultati pratici. La coor<strong>di</strong>nazione e ad apertura<br />
<strong>di</strong> periodo, rafforzata dal quin<strong>di</strong>, sottolinea la<br />
continuità e conseguenzialità del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong><br />
donna Giulia che così scivola, con una comicità<br />
che sfiora la trage<strong>di</strong>a, dall’allevamento dei polli<br />
ed animali da cortile a quello dei figli (per analogia<br />
coi porcellini): il che <strong>di</strong>mostra la superiore<br />
efficacia della cultura pratica su quella classica<br />
<strong>di</strong> lingue morte.<br />
I cpv Felice creatura !... e Pipina felix!... sono<br />
tra loro collegati da un peculiare tipo <strong>di</strong> anafora;<br />
tra l’uno e l’altro s’incunea il consecutivo, già<br />
menzionato, sicché... che, posto in in esor<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
cpv, evidenza la compatezza del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto<br />
<strong>di</strong> Donna Giulia, e giustifica l’uso del le <strong>di</strong>alettale<br />
come pron. pers. in funzione <strong>di</strong> sogg. Se è così<br />
viene da chiedersi che valore hanno de parentesi<br />
doppie aguzze che isolano privatamente:<br />
trovandosi all’interno <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto esse<br />
non possono che in<strong>di</strong>care la particolare intonazione<br />
con cui la parola viene pronunciata; è, alla<br />
fin dei conti, una sottolineatura <strong>di</strong> colloquialità:<br />
tant’è che vengono imme<strong>di</strong>atamente introdotti<br />
alcuni (come si evince più avanti) interlocutori,<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 129
Analisi Tecnica. Gadda<br />
pollicultrice, si trovasse ogni volta presente al fatto, voglio <strong>di</strong>re all’adacquamento<br />
d’uno o d’altro bernòccolo della migliorìa Ballabio. Ad estrarre dalla in<strong>di</strong>avolata<br />
vitalità della Mapeppa il meglio della sua produzione non occorreva <strong>di</strong> certo il<br />
catetére, come s’è visto: e nemmeno un senatoconsulto. Per modo che «c’era<br />
lì», sempre, qualcuno <strong>di</strong> famiglia, da poter sovrintendere tutte le operazioni <strong>di</strong><br />
soccorso, con la luci<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> spirito e la conseguente autorevolezza e prontezza <strong>di</strong><br />
delibere che si <strong>di</strong>mandano in circostanze <strong>di</strong> tal fatta. Appena lei, povero angiolo!,<br />
congedato inopinatamente il <strong>di</strong>avolo che aveva in corpo, si faceva a <strong>di</strong>ramare il suo<br />
compunto e implorativo S.O.S.: «ho atto pipì a otto !» (ho fatto la pipì addosso),<br />
come un ministro venezuelano che ne abbia appena combinata una delle sue,<br />
imperiosi decreti venivano immantinente ra<strong>di</strong>otrasmessi lungo le anse del budello<br />
noeufcentdesdòtt, con destinazione Giovanna ! Giovanna ! Romualdo ! E quella<br />
specie <strong>di</strong> tromba d’Eustachio che era il passaggio fra latrina e cucina fungeva da<br />
condensatore in stazione arrivo, e ingigantiva il messaggio provocando repentini<br />
sbalzi nel regime <strong>di</strong> circolo (sanguigno-respiratorio) della conturbata Giovanna<br />
rosamente la sovvengono e si preoccupano perché ella non mangi più d’una mezza patata, o<br />
al più una intera; eviti le salse piccanti sì, ma anche le bistecche troppo alte. Se poi le capita<br />
d’inciampare in uno scalino del lungo corridoio buio, dove un esplicito comando proibiva<br />
l’accensione della fiochissima lampa<strong>di</strong>na, le tocca <strong>di</strong> subire la reprimenda <strong>di</strong> donna Giulia<br />
che la riprovera <strong>di</strong> <strong>di</strong>strazione. Che costituisce una vera e propria offesa al provvidenziale<br />
<strong>di</strong>slivello e a chi l’ha progettato.<br />
Tenuta a <strong>di</strong>giuno da trentatré anni Giovanna fa il paio con Romualdo sordo e pressoché paralitico.<br />
L’una e l’altro sono soltanto simboli, non esseri umani: valgono in quanto rappresentano<br />
la con<strong>di</strong>zione nobiliare dei de Marpioni, epperciò poco importano la loro fame, le loro malattie,<br />
la loro età, i loro capitomboli.<br />
a creare un frammento <strong>di</strong> teatro con interno<br />
<strong>di</strong> signore borghesi. Viene così variato il ritmo<br />
sintattico pur all’interno dello stesso registro,<br />
misto <strong>di</strong> <strong>di</strong>aletto e <strong>di</strong> italiano. Registro per altro<br />
che le parole <strong>di</strong> donna Giulia adesso arricchiscono<br />
del francese, sempre in ambito mistilingue<br />
(così blanche et rose e più avanti Tout est bien,<br />
sortant).<br />
L’attenzione <strong>di</strong> G. al tono della parola teatrale<br />
trova conferma in quell’emanava imperiatoriamente,<br />
che rende una perentorietà che non<br />
ammette repliche o ripensamenti (l’avverbio<br />
è formazione gad<strong>di</strong>ana): non voglio ... voglio.<br />
Comprensivo della condanna d’ogni letteratura<br />
degradata al ragno <strong>di</strong> asinata. Non meraviglia<br />
che gli interlocutori che prima avevano osato<br />
chiedere chiarimenti sullo stu<strong>di</strong>o delle figlie,<br />
adesso ammutoliscano: ma appartengono allo<br />
stesso tipo sociale e pertanto il loro silenzio<br />
è determinato dalla con<strong>di</strong>visione delle verità<br />
luminose della dottrina.<br />
Il lessico<br />
Riproponiamo l’<strong>analisi</strong> <strong>di</strong> alcune espresioni,<br />
non perché il lessico sia sufficiente a spiegare<br />
la grandezza <strong>di</strong> G., ma perché è l’elemento<br />
130 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
più facilmente riutilizzabile dai giovani ai quali<br />
raccoman<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> attendere a <strong>di</strong>vintare famosi<br />
per permettersi quelle libertà morfologiche che<br />
possiamo rinvenire nell’Adalgisa.<br />
Benigna stella: è espressione <strong>di</strong> F. Petrarca,<br />
Rvf, 241, 11.<br />
Contrononna: Neologismo che, probabilmente,<br />
allude ad una signora, non legata da <strong>di</strong>retta<br />
parentela, ma che d’abitu<strong>di</strong>ne ha assunto le<br />
funzioni della nonna.<br />
Serbatoi <strong>di</strong> saliva assortiti: metonìmia per<br />
signore <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso legame parentale o amicale<br />
<strong>di</strong>sposte a baciarla. Vedrei anche la presenza<br />
dell’iperbole in serbatoi che mette in rilievo<br />
l’eccesso <strong>di</strong> trasporto affettivo verso la piccola.<br />
Indennizzavano: il verbo ha nell’uso comune una<br />
forte accezione economica: ma data l’età della<br />
protagonista pare adeguatissimo.<br />
Mancata secrezione delle paroti<strong>di</strong> materne:<br />
metonìmia per in<strong>di</strong>care l’assenza <strong>di</strong> effusioni<br />
affettive della madre, troppo occupata nei<br />
rapporti sociali. Tipo <strong>di</strong> G. è altresì il ricorso alla<br />
terminologia me<strong>di</strong>ca: in particolare secrezione<br />
e paroti<strong>di</strong>, che rendono il carattere freddo e<br />
<strong>di</strong>staccato <strong>di</strong> Donna Giulia.<br />
Insalivatrici aggiunte... titolari: ricorrono qui
Analisi Tecnica. Gadda<br />
la quale soffriva <strong>di</strong> arteriosclerosi, e bloccando la peristalsi d’un esofago piuttosto<br />
delicato, alle prese con una patata. Questo, dopo pranzo. Il traballante Romualdo,<br />
invece, andava esente da ogni obbligo <strong>di</strong> recezione, sia perché prossimo a venir<br />
inscritto nell’Albo Nazionale dei Paralitici, sia perché un po’ duro d’orecchi: era<br />
anzi sordo come un caciocavallo: a un tal punto, sordo, che a domandargli chi<br />
fosse, che aveva sonato, rispondeva «giovedì, gioedì sédess».<br />
La pàvida vecchia aveva resistito per trentatre anni a convivere con la generosità<br />
«d’i so sciori», i quali, a esser giusti, non avevano mancato un momento <strong>di</strong><br />
usare al suo stomaco un po’ rattrappito le più amorevoli attenzioni, e a tutto il suo<br />
sistema gastroenterico in genere affetto com’esso risultò da una grave forma <strong>di</strong><br />
malinconite «che risaliva agli anni dell’infanzia»: così il dottor Piva. Perciò evitare<br />
salse piccanti, bistecche <strong>di</strong> eccessiva cubatura, ecc. ecc. I de’ Marpioni anzi, prima<br />
i vecchi, poi la generazione del N. H. Cipriano, si erano gradualmente convinti che<br />
la miglior me<strong>di</strong>cina, «per la povera Giovanna», era nient’altro che una mezza, o<br />
anche intera, patata lessa: a pranzo: e altrettanto a cena. La mattina, «magari»,<br />
verso le otto, un po’ <strong>di</strong> latte, tanto da rompere il <strong>di</strong>giuno.<br />
Sicché a quel richiamo così severo, così duro, «Giovanna ! Giovanna !… ma<br />
Giovanna !», potenziato dall’altisonante anticesso, la sciagurata fantesca, aperta a<br />
metà la bocca, si dava dapprima a sventolar le mani, allibita, in cerca d’un qualche<br />
cosa che non sapeva nemmeno lei cosa dovesse essere, poi, manco a farlo apposta,<br />
la si sentiva cader preda <strong>di</strong> un repentino capogiro e del sudor freddo, accompagnati<br />
dalla solita angoscia, nausea, tachicar<strong>di</strong>a, cefalea, e <strong>di</strong>spnea: e talvolta <strong>di</strong>arrea. E<br />
così seguitava boccheggiando e annaspando come fantàsima: tra il senso del dovere,<br />
la voglia <strong>di</strong> vomitare, e la paura <strong>di</strong> mollare: con davanti il su<strong>di</strong>ciume inane<br />
dell’apparecchio <strong>di</strong> nettezza – cenci, scope, spazzolone, segatura, fregoni marci:<br />
alcuni termini tecnici propri della burocrazia<br />
e specif. militare: aggiunto, serrare, ranghi,<br />
rincalzo, titolare. Militare e classico è falange.<br />
Andrà sottilineato il variare della terminologia ?<br />
Mammane: il termine deriva dai <strong>di</strong>aletti meri<strong>di</strong>onali<br />
(ma reso letterario da Pirandello) nei quali<br />
ha accezione <strong>di</strong> levatrice.<br />
Rotativamente ... leccamento: benché sia d’uso<br />
l’agg. rotativo utilizzato in meccanica e in<br />
agraria, noi cre<strong>di</strong>amo che qui occorra rifarsi alla<br />
macchina tipografica detta rotativa nella quale<br />
un cilindromatrice intriso d’inchiosto lascia la<br />
sua traccia sulla carta trascinata da un altro<br />
cilindro che la preme contro il primo.<br />
Usufrutto linguereccio: <strong>di</strong> origine giuri<strong>di</strong>ca usufrutto<br />
conserva il valore <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto a godere con la<br />
lingua. Persiste, ovviamente il registro comico,<br />
in quest’allargarsi, moltiplicarsi delle persone<br />
che ambiscono sbaciucchiare la bimba, ma il<br />
gesto affettuoso è fortemente correlato all’eccesso<br />
<strong>di</strong> trasporto, sì che il gesto acquista<br />
dell’animalesco.<br />
Comprensorio linguàtico: il sostantivo in<strong>di</strong>ca<br />
un territorio sottoposto a particolari vincoli o<br />
benefici. Qui la metafora vale per le parti del<br />
corpo che era possibile baciare.<br />
Talché....demarpiònica: il fil rouge concettuale<br />
potrebbe essere la volontà <strong>di</strong> traguardare le<br />
pretese <strong>di</strong> nobiltà dei de Marpioni dal punto<br />
<strong>di</strong> vista, provocatoriamente comico, della più<br />
banale azione della più piccola delle componenti<br />
della famiglia. Ora, quelle pretese hanno<br />
modo <strong>di</strong> manifestarsi nella presenza, attorno a<br />
donna Giulia, <strong>di</strong> tante figure <strong>di</strong> più o meno parenti<br />
che fanno atto <strong>di</strong> sottomissione esibendo<br />
l’(eccessivo) affetto per la piccola. G. sviluppa la<br />
metafora d’uso comune essere nell’orbita <strong>di</strong>...:<br />
<strong>di</strong> qui la terminologia astronomica incertezza<br />
gravitazionale, orbitare, regolarità copernicana,<br />
piano dell’eclittica.<br />
Timorati esagoni: mattonelle timorose epperciò<br />
tremanti, traballanti, o, meglio, che riflettevano<br />
il timore <strong>di</strong> chi vi passava(che è un’ipallage).<br />
Più su abbiamo trovato timorato riferito a<br />
scarafaggio.<br />
Oggimai: forma letteraria per ormai.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 131
Analisi Tecnica. Gadda<br />
finché finalmente le veniva fatto <strong>di</strong> imporre un vittorioso bavaglio alla tentazione<br />
<strong>di</strong> correre al cesso per conto proprio, che, del resto, la sarebbe arrivata appena<br />
appena in tempo. E con tutto quell’arrabattarsi e quel darsi a tribolo in mano a ai<br />
cenci e alle scope, non la riusciva tuttavia a placare l’irruenza delle intimazioni,<br />
degli or<strong>di</strong>ni: sempre più catastrofici della buia lontananza dell’epicentro. Il gastigo<br />
alluvionale pareva sommergere ogni più cara domesticità della Spiga: «Ma Giovanna<br />
!… Ma Romualdo !…»: silenzio e cachessia.(10) «Ma ho detto <strong>di</strong> portare<br />
una palata <strong>di</strong> segatura !… Ma non sentite che la Mapeppa ha sporcato ?… Ma siete<br />
sor<strong>di</strong>, oggi ?» La crudele intimazione veniva latrata dal fondo imperscrutabile del<br />
corridoio, come urlo nuovo e recente da una caverna del cambrico o del devoniano:<br />
la costernata Giovanna si affannava con la pala <strong>di</strong> segatura, a 140 pulsazioni per<br />
minuto, lungo la tenebrosa uretra del Brügna: e nel momento più buio proprio<br />
d’una <strong>di</strong> quelle anse del Brügna – specie <strong>di</strong> strette o <strong>di</strong> svolte meandriche d’un<br />
intestino pregiopontiano – occorse anche, talvolta, che la intoppasse quando<br />
meno ci pensava nel gra<strong>di</strong>no maledetto ! In cui del resto soleva inciampare quasi<br />
ogni volta, dopo il trasloco del ’20. Era allora che l’andava là lunga e <strong>di</strong>stesa nella<br />
notte, lei e la pala e la segatura, a dar della faccia contro uno dei mille esagoni, il più<br />
<strong>prof</strong>umato magari: col rischio <strong>di</strong> rompersi una qualche gamba: e senza nemmeno<br />
sperare d’essere a metà strada del pipì.<br />
Allora, in un impeto, le due ragazze più gran<strong>di</strong> accorrevano: giravano la chiavetta<br />
della luce, sommergendo l’imperativo agnatizio a della parsimonia(11) nel<br />
subbuglio repentino della carità. E la sollevavano, con una certa loro amazonica<br />
<strong>di</strong>sinvoltura, sotto il lume <strong>di</strong> catacomba d’una lampa<strong>di</strong>na a filo <strong>di</strong> carbone da<br />
quattro candele: (come in allora ce n’era <strong>di</strong>molte, a Milano, ch’io sappia, ne’ servizi<br />
e negli scaloni de’ signori). E la carezzavano e le <strong>di</strong>cevano «povera Giovanna,<br />
10 Cachessia ovvero stato cachettico è la specie esteriore d’una estrema inabilità funzionale<br />
dell’organismo.<br />
11 «L’imperativo agnatizio della parsimonia, ecc. Le lampa<strong>di</strong>ne a filo <strong>di</strong> carbone consumano<br />
al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> un watt per candela: ma per 8 candele sarebbono circa 2 centesimi all’ora, alla tariffa<br />
me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> oggi.<br />
a Agnatizio, da agnato, parente maschio: in questo caso padre.<br />
b Spigherecci, la casa era in via della Spiga.<br />
La sintassi<br />
Complessa risulta l’<strong>analisi</strong> del periodo gad<strong>di</strong>ano<br />
che segue un andamento tonale, come se fosse<br />
parlato. Esaminiamo il cpv La pàvida vecchia...<br />
Il 1º periodo si apre con la principale (aveva<br />
resistito), che regge una relativa (non avevano<br />
mancato) interrotta da un inciso in cui il narratore<br />
esprime il proprio punto <strong>di</strong> vista. La relativa si<br />
chiude con amorevoli attenzioni, complemento<br />
oggetto dell’oggettiva; si prolunga, però, nella<br />
coor<strong>di</strong>nazione e: la quale e non coor<strong>di</strong>na due<br />
frasi bensì due complementi <strong>di</strong> termine (al suo<br />
stomaco... e a tutto il sistema) con un piccolo<br />
salto logico all’in<strong>di</strong>etro. A tale prolungamento<br />
afferisce la causale affetto com’esso risultò, che<br />
a sua volta confluisce in una relativa, presentata<br />
132 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
come frammento <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto segnato<br />
dalle doppie parentesi aguzze, con la necessaria<br />
<strong>di</strong>chiarativa, ellittica del vb (frase nominale). Il<br />
punto fermo sembra segnare la fine del periodo,<br />
in realtà il successivo (2º) si apre con un perciò<br />
consecutivo seguito da una serie <strong>di</strong> infiniti con<br />
valore iussivo che esprimono chiaramente la<br />
prescrizione del dottor Piva (rivista e corretta da<br />
G.): non si tratta, dunque, <strong>di</strong> un vero e proprio<br />
nuovo periodo, ma della prosecuzione in forma<br />
in<strong>di</strong>retta del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto precedente.<br />
Il 3º periodo I de’ Marpioni... si erano ... convinti<br />
presenta un anzi nell’accezione – non comune<br />
benché non rara – <strong>di</strong> ’ancor meglio’ che si collega<br />
fortemente alla prescrizione del me<strong>di</strong>co,<br />
della quale è una correzione (ironicamente) in<br />
meglio. Come nel periodo 1º, subito dopo il
Analisi Tecnica. Gadda<br />
povera Giovanna, ti sei fatta male», e poi scoppiavano a ridere nell’allegrezza<br />
dei loro quin<strong>di</strong>ci anni spigherecci: b e anche la padrona, mollata un momento la<br />
piccola a frignar da sola nel crepuscolo, arrivava a sua volta, lambendo con le due<br />
anche le due pareti della corsìa, e le or<strong>di</strong>nava a sua volta <strong>di</strong> essersi fatta male: al<br />
quale invito bisognava ottemperare con la miglior grazia, a scanso <strong>di</strong> interminabili<br />
reprimende. «Ti sei fatta male, eh ?… ma un’altra volta cerca <strong>di</strong> stare un po’ più<br />
attenta, cara la mia Giovanna !… perché il dente del giu<strong>di</strong>zio lo devi aver su da<br />
un pezzo… oramai…»<br />
Il gra<strong>di</strong>no era un gra<strong>di</strong>no Brügna, o, per esser più esatti, era stato riprogettato<br />
«in sede <strong>di</strong> migliorìa», cioè valorizzazione e potenziamento <strong>di</strong> palazzo Condulmari,<br />
dal Grand’Ufficial Dottor Ingegnere Odoardo Forlina, del nòster Politéknik, e<br />
locato ai nobili de’ Marpioni con regolare contratto <strong>di</strong> affitto, insieme a tutti gli<br />
altri gra<strong>di</strong>ni dell’appartamento. La tombola perio<strong>di</strong>ca della Giovanna costituiva<br />
dunque una mancanza <strong>di</strong> riguardo, se ci riflettete, a così provvidenziale <strong>di</strong>slivello:<br />
e in conseguenza al Politecnico, al senator Colombo,(12) e alla «bontà e generosità»<br />
delle nobili famiglie Condulmari <strong>di</strong> Asnàgo, exproprietari, Forlina locante,<br />
e de’ Marpioni, affittante. Che da trentatré anni, quest’ultima, teneva al proprio<br />
servizio la Giovanna stessa.<br />
[…]<br />
L’elevato sentire, beninteso, non le [a donna Giulia] impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> ridurre<br />
mensilmente alla <strong>di</strong>sperazione i commessi delle Seterie e Passamanerie Milanesi<br />
Carugati & Bondanza S. A., il primo negozio del genere in tutta Milano, <strong>di</strong>cono,<br />
quando gli capitava in negozio <strong>di</strong>eci minuti prima della chiusura <strong>di</strong> mezzogiorno;<br />
con un campioncino, un filuzzo, d’una matassina <strong>di</strong> seta color pisello, secondo lei:<br />
12 Il senator Colombo: cioè Giuseppe Colombo ingegnere, Senatore del Regno, Gran Cordone<br />
<strong>di</strong> non rammento quale Or<strong>di</strong>ne, docente <strong>di</strong> tecnologie meccaniche e <strong>di</strong>rettore del Politecnico.<br />
Fu uomo d’alta statura e d’alto intelletto, <strong>di</strong> signorili portamenti. Il suo nome è immortalato dal<br />
Manuale Colombo: (Ulrico Hoepli, Milano, 345ª e<strong>di</strong>zione).<br />
soggetto, due incisi, allargano il quadro narrativo<br />
introducendo la storia (prima ..., poi) del<br />
convincimento. Anche nell’oggettiva al soggetto<br />
segue un inciso, un complemento <strong>di</strong> relazione<br />
un po’ pleonastico ancora in un frammento <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto senza deissi; infine, anche il<br />
pre<strong>di</strong>cato composto da un agg. ed un sost. è<br />
interrotto da una correzione. Con forte accento<br />
colloquiale le due olofrastiche <strong>di</strong>chiarative. Il<br />
4º ed ultimo periodo è ellittico del vb. (frase<br />
nominale: questa costruzione è assai frequente<br />
in G.); riprende la scansione temporale delle<br />
<strong>di</strong>chiarative del 3º e propone quel po’ <strong>di</strong> latte<br />
come pre<strong>di</strong>cato <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina della precedente<br />
oggettiva. L’intero cpv sembra così procedere<br />
per aggiunte (<strong>di</strong> tipo colloquiale), con recuperi<br />
<strong>di</strong> ciò che è stato detto prima, all’apparenza<br />
frammentario e <strong>di</strong> fatto <strong>di</strong>gressivo rispetto il<br />
microevento della per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> da parte<br />
della bambina. Di fatto è la completa descrizione<br />
del micragnoso paternalismo dei de Marpioni,<br />
della piccineria della piccola nobiltà lombarda in<br />
meschina combutta con la classe dei <strong>prof</strong>essionisti<br />
(me<strong>di</strong>ci e, più avanti, ingegneri) ai danni dei<br />
deboli. La micro<strong>analisi</strong> proposta non pretende<br />
<strong>di</strong> assurgere a para<strong>di</strong>gma <strong>di</strong> lettura dell’intera<br />
Adalgisa, e tanto meno dell’intera opera, tuttavia<br />
essa mostra come il periodare dello scrittore<br />
milanese tenda a rendere il tono con cui le frasi<br />
le parole vanno lette. L’interpunzione ha funzione<br />
sonora non logica quasi il testo insieme fosse<br />
mimesi della conversazione borghese e fosse<br />
destinato alla recitazione.<br />
La riprova è in quel sicché che apre il cpv<br />
successivo con valore consecutivo esplicita la<br />
natura <strong>di</strong> premessa dell’intero cpv precedente:<br />
questo è dunque sguardo d’insieme, miniatura<br />
complessiva dell’interno <strong>di</strong> casa Marpioni, dove<br />
però ogni tratto, ogni sfumatura, che si aggiunge,<br />
o meglio s’accumula serve a delimitare nel<br />
meschino, nell’avaro, nel vano le pretese dei<br />
de’ Marpioni.<br />
È questo certo uno dei passi più costruiti dell’intera<br />
Adalgisa. Quanto più la scena è concitata<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 133
Analisi Tecnica. Gadda<br />
o un ritaglio color beige: (nel pronunziare la qual parola il suo volto si accendeva<br />
<strong>di</strong> bagliori tintoretteschi). Una volta lì, col pretesto del pisello e del beige, e sul<br />
fondamento della sua propria sincrética certezza, «ne sono sicura, assolutamente<br />
sicura !», data anche la spettacolosa circonferenza e l’enormità della massa, era vana<br />
cosa, mi assicuravano quei giovanotti, sperare <strong>di</strong> potersela levar dai minchioni un<br />
minuto prima del tocco. Perché il nuovo pisello esibìtole era sì un pisello, ma non<br />
il pisello della sua ex-matassina, <strong>di</strong> cui quel superstite filuzzo testimoniava anche<br />
troppo validamente la oggimai consumata rarità: e il beige… sì, era un beige, ma<br />
non il beige che cercava lei… come quello che le avevano venduto tre anni prima…<br />
proprio la vigilia <strong>di</strong> San Bàbila… «San Bàbila ?» Ma sì ! quando c’era ancora il<br />
cavalier Bernasconi… «Il cavalier Bernasconi ?»<br />
«Ma sì !… cioè no… volevo <strong>di</strong>re el cavalier… me se ciama… speta… el cavalier<br />
Bartesaghi !» Quell’ideogramma valeva da repentino sperone, la vis emulativa<br />
si sprigionava a un tratto dai bulbi: tale Carlo III a sentir nominare Carlo II. Lo<br />
stimolo emulativo agiva come toccare l’elettrico.<br />
In un battibaleno, non ostante l’impendere del mezzogiorno, tutta la sciagurata<br />
novecenteria dell’architetto Basletta – cristalli, e cassetti <strong>di</strong> rà<strong>di</strong>ca, e maniglie e<br />
pomi anticorodàl(18) – andava per la centesima volta a soqquadro. Altro che<br />
vigilia <strong>di</strong> San Bàbila ! Una babilonia <strong>di</strong> scatole, <strong>di</strong> matasse, <strong>di</strong> matassine, <strong>di</strong> trecce,<br />
un’insalata <strong>di</strong> pezze sciorinate sui bancali in tutte le sfumature dell’iride; quali solo<br />
si possono concepire a carico <strong>di</strong> oneste e servizievoli Seterie e Passamanerie Mila-<br />
18 Anticordàl è una lega leggiera (base allumionio) a<strong>di</strong>bita pure al manigliame, in sede autarchica<br />
e novecentesca.<br />
19 «Montonavano» è lomb. per ammucchiavano.<br />
20 «Tomborlavano» è lomb. e onomatopeico per tombolavano: e <strong>di</strong>cesì altresì delle cose, e<br />
non soltanto delle persone.<br />
tanto più il periodo s’arricchisce d’incisi che<br />
aggiungono particolari a ritrarre la confusione<br />
<strong>di</strong> persone, <strong>di</strong> cose, <strong>di</strong> gesti, <strong>di</strong> sentimenti e<br />
sensazioni che l’evento urinario provoca. Diremo<br />
solo <strong>di</strong> alcune costanti: la prima è costituita dalla<br />
enumeratione (angoscia, nausea, tachicar<strong>di</strong>a,<br />
cefalea, e <strong>di</strong>spnea: e talvolta <strong>di</strong>arrea; il senso del<br />
dovere, la voglia <strong>di</strong> vomitare, e la paura <strong>di</strong> mollare;<br />
cenci, scope, spazzolone, segatura, fregoni<br />
marci); allo stesso modo <strong>di</strong> scrittura appartiene<br />
il frequente raddoppiamento (boccheggiando e<br />
annaspando; l’irruenza delle intimazioni, degli<br />
or<strong>di</strong>ni; urlo nuovo e recente; del cambrico o<br />
del devoniano); onde il ricorso all’iperbole (del<br />
cambrico o del devoniano; a 140 pulsazioni per<br />
minuto) sino al paradosso (per pulire Giovanna<br />
ricorre a fregoni marci; o se avesse ceduto alla<br />
voglia <strong>di</strong> andare al cesso sarebbe arrivata appena<br />
appena in tempo). In seguito alle imprese<br />
della piccola e agli impulsi <strong>di</strong> Giovanna l’intera<br />
casa si trasforma nella parte deiettiva del corpo<br />
umano: il corridoio si connota come i meandri<br />
dell’intestino ed in uretra.<br />
Il lessico<br />
134 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Ridurre mensilmente alla <strong>di</strong>sperazione: ridurre<br />
alla <strong>di</strong>sperazione è atto estremo e finale: qui<br />
grazie all’avverbio <strong>di</strong>viene ripetitivo.<br />
Sincrética certezza: certezza basata su più elementi<br />
(non per forza corrispondenti alla realtà).<br />
Potersela levar dai minchioni: espressione volgare<br />
d’origine meri<strong>di</strong>onale.<br />
Consumata rarità: è un’ipallage fortemente<br />
ironica: ché la rarità del colore deriva dal fatto<br />
che il compioncino, o il filuzzo è consumato.<br />
Tre anni prima... la vigilia <strong>di</strong> San Bàbila: sono gli<br />
elementi delle sincrética certezza.<br />
Ideogramma: letteralmente l’ideogramma è un<br />
simbolo grafico che rappresenta un’idea, qui<br />
è un nome pronunciato (per sineddoche) che<br />
simboleggia un <strong>di</strong>verso modo <strong>di</strong> trattare con i<br />
clienti ed una più ampia possibilità <strong>di</strong> scelta<br />
tra le merci.<br />
La vis emulativa si sprigionava... dai bulbi: dunque<br />
l’orgoglio sta nei bulbi: nei piliferi che faceva<br />
drizzare i capelli (cfr. toccare l’elettrico). Se vis,<br />
latino, allude all’adozione <strong>di</strong> un linguaggio aulico<br />
(fortemente ironico data la banalità della situazione)<br />
bulbi stempera e tronca l’ascensione del<br />
registro aulico.<br />
Impendere del mezzogiorno: il verbo ha anche
Analisi Tecnica. Gadda<br />
nesi Carugati & Bondanza S. A. aventi a controparte una gentildonna <strong>di</strong> elevato<br />
sentire, milanese o no, dopo uno stormo <strong>di</strong> altre clienti altrettanto volitive, con<br />
<strong>di</strong>soccupata mattina a <strong>di</strong>sposizione. Pezze su pezze, scatole su scatole, si montonavano<br />
(19) sul banco: o ne tomborlavano (20) fuora, e giù dal banco e dalle scatole,<br />
rocchetti, gomitoletti, gomitoloni <strong>di</strong> più tinte, tubetti e telaietti in cartoncino, a<br />
cariche multicolori, come piccoli aspi, gli aspi infiniti della servizievole possibilità.<br />
Compatte o scarmigliate matassine, in tutta la gamma del campionario, campioni<br />
d’ogni tipo e d’ogni risma, venivano pasticciosamente <strong>di</strong>slocati, a quell’ora, da<br />
una scatola nell’altra, in un’angoscia e in un arruffìo da non <strong>di</strong>re: poi ricercate<br />
nervosamente, poi ritrovate, poi riperdute. Dal registratore della cassa, con un<br />
tintinno come <strong>di</strong> campanello a ogni battuta, dal militante e trionfante ingranaggio,<br />
si sgranava ancora in un galoppo filato la balda meccanica deglutitrice dell’incasso,<br />
coi soli arresti e coi tristi e <strong>di</strong>sperati imbarazzi pel resto e le code <strong>di</strong> frazione, «per<br />
caso non ha moneta, signora?», tra il frustume delle lire marce e la nichelaglia o<br />
ramaglia o acmonitaglia dei soldarelli, nichelini, decini gobbi e sbilenchi sol<strong>di</strong>ni,<br />
e qualcuno anche del Papa e della Repubblica <strong>di</strong> San Marino, volto e rivolto e<br />
scrutato e analizzato per ogni verso nei <strong>di</strong>ffidenti riscontri, con l’occhio velenoso<br />
del <strong>di</strong>spetto, nell’adunco livore della taccagneria.<br />
E guardate lunghe, soavi guardate da una rosea facciona <strong>di</strong> tettameo, del <strong>di</strong>rettore<br />
<strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta, ai banchi e alle uscite: e rapi<strong>di</strong> e nervosi strali de’ commessi alle mani<br />
annoiate delle belle, sul banco: mani che paiono assaporare al tatto quei lussi e le<br />
sciorinate dovizie, assaporare e ripu<strong>di</strong>are, desiderare e respingere, volere e nolere.<br />
Ma le manine, le manone, le borsette, le borsone, i precedenti pacchi e pacchetti,<br />
nel pandemonio meri<strong>di</strong>ano del bazar ! All’uso volgare si <strong>di</strong>ce, con tutto questo,<br />
si <strong>di</strong>ce tener d’occhio. Tra belle mani, le mani del biondo angelo sgraffignone, e il<br />
suo scaltro marsupio, sono sempre potenzialmente presenti.<br />
uso nell’italiano letterario: qui ha invece l’accezione<br />
latina (da impendeo) <strong>di</strong> ’incombere,<br />
sovrastare’.<br />
Sciagurata novecenteria: il sostantivo è formato<br />
sull’es. <strong>di</strong> cineseria, che in<strong>di</strong>ca, sì, oggetti provenienti<br />
dalla Cina, ma con qualche sfumatura<br />
<strong>di</strong>spregiativa. È palese la polemica <strong>di</strong> G. contro<br />
la pretenziosità dell’ingegneria (dell’architettura)<br />
milanese.<br />
San Bàbila ... babilonia: assonanza <strong>di</strong>ssacratoria<br />
(paronomasia).<br />
Di scatole, <strong>di</strong> matasse, <strong>di</strong> matassine, <strong>di</strong> trecce,<br />
un’isalata <strong>di</strong> pezze: si tratta della tipica enumerazione<br />
(accumulazione) gad<strong>di</strong>ana, che<br />
rende perfettamente la confusione creata dalla<br />
assurda richiesta <strong>di</strong> donna Giulia; ma soprattutto<br />
rende la confusione dei valori giacché quella<br />
babilonia è provocata dallo spirito servizievole<br />
dei commessi che benché malpagati, benché<br />
stanchi della mattinata, accon<strong>di</strong>scendono servilmente<br />
alle richieste <strong>di</strong> gentildonne <strong>di</strong> elevato<br />
sentire le quali cercano <strong>di</strong> dare un senso alla<br />
<strong>di</strong>scoccupata mattina a <strong>di</strong>sposizione.<br />
Montonavano ... tomborlavano: due termini<br />
<strong>di</strong>alettali milanesi dopo i latini impendere e vis,<br />
e il siciliano minchioni.<br />
Pezze su pezze ... poi riperdute: è veramente<br />
un pezzo <strong>di</strong> bravura, dove è possibile notare<br />
ancora il ricorso all’accumulazione, e l’<strong>analisi</strong><br />
minuta dei gesti, anch’essi <strong>di</strong>sposti in crescendo<br />
d’ansia e <strong>di</strong> servilismo. La descrizione<br />
del <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne provocato dalla richiesta della<br />
donna emargini l’evento dell’acquisto già insignificante<br />
in sé: confusione emarginazione<br />
insignificanza si aggrumano qui a testimoniare<br />
in sintesi l’inestricabile groviglio della vita, per<br />
altro rappresentato dall’intero <strong>di</strong>segno milanese<br />
e dall’intera opera <strong>di</strong> G. Ma si notino anche<br />
le scarmigliate matassine, dove il part. pass.<br />
recupera tutto il valore etimologico dervando<br />
da ex-cardare, dove cardare significa pettinare<br />
ed è usato per la lana; e quell’inciso, perfetta<br />
calettatura, <strong>di</strong> a quell’ora.<br />
Nichelaglia, ramaglia, acmonitaglia: rispettivamente<br />
da nichel, rame e acmonital, che sono<br />
metalli o leghe <strong>di</strong> metalli con i quali si coniavano<br />
le monete. Oltre ai suffissi <strong>di</strong>spregiativi cfr.<br />
l’omoteleuto.<br />
Con l’occhio velenoso del <strong>di</strong>spetto, nell’adunco<br />
livore della taccagneria: posti in posizione<br />
chiasmica rispetto alla doppia coppia <strong>di</strong> volto e<br />
rivolto e scrutato e analizzato la coppia in questione<br />
assegna un attributo concreto ad uno<br />
stato psicologico: anche i due attributi sono<br />
costruiti in chiasmo il primo, occhio velenoso, è<br />
costituito da un sost. + un agg., la concretezza<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 135
Analisi Tecnica. Gadda<br />
E adesso nella urgenza dell’ora, col rotolare dei tram, fuori, che si rincorrevano<br />
rotolando stipati verso il risotto: sotto lo sguardo imperativo della gentildonna<br />
committente: a cui una bava sà<strong>di</strong>ca, nel frattempo, doveva <strong>di</strong> certo fluitarle giù<br />
per il gargarozzo fin giù nelle trombe e nei fondali dell’anima. La cera dei <strong>di</strong>sgraziati<br />
giovanotti, dei descuidados che avevano avuto l’imprudenza <strong>di</strong> salutarla e<br />
ossequiarla al primo entrare, ilari e pieni <strong>di</strong> omaggi, col bocchino intirizzito a<br />
cul <strong>di</strong> pollo, magari, e una rispettosa e volonterosa fregatina <strong>di</strong> mani: «Signora,<br />
buongiorno. Buongiorno, signora. La signora desidera ?», adesso, poverini, se ne<br />
accorgevano ! la cera gli si allungava a vista d’occhio, la deperiva <strong>di</strong> minuto in<br />
minuto, emaciando e scolorando in una specie <strong>di</strong> tubercolosi al galoppo. Grosse<br />
gocciole <strong>di</strong> sudore gli imperlavano la fronte, belli miei; brillantina liquefatta, dai<br />
capelli unti, gli si s<strong>di</strong>linquiva giù per il collo; <strong>di</strong>etro gli orecchi, in una scolatura<br />
oleosa. Il panciutello <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta, non più Bartesaghi oggimai, Carlo II<br />
cioè, sibbene Consonni cavalier Amilcare, ossia Carlo III, aveva un bel dondolare<br />
la gamba, nervoso lui ! col suo cravattino <strong>di</strong> <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta, nervosetto ! sì, stai<br />
fino ! un bel fulminare occhiate da primo console a quei poveri polli <strong>di</strong> commessi:<br />
all’atto pratico neanche lui non osava rifiatare. Lustrati da vincolo <strong>di</strong> parentela coi<br />
Bondanza, con gli azionisti e padroni, accesi in un fiammeggiante corruccio, i due<br />
occhi <strong>di</strong> donna Giulia si puntavano sull’Amil care come <strong>di</strong> vipera sul terrorizzato<br />
passerotto: ne recidevano i deferenti e gli impulsi ribelli, lo inchiodavano al silenzio.<br />
Lo paralizzavano in un repentino sorriso d’automa, che poi gli si ghiacciava sulla<br />
faccia come il rictus cadaverico sulla faccia <strong>di</strong> chi ha ultimato <strong>di</strong> fungere.<br />
La sirena del mezzogiorno, ecco, impazzava e sgrondava giù dalle torri, e dalle<br />
grondaie dei tetti: un serpente con lo stomaco vuoto: e lei alta ed enorme davanti<br />
poggia sul sost.; il secondo, adunco livore, è<br />
costituito da un agg. + un sost., la concretezza<br />
poggia sull’agg.<br />
E guardate ... potenzialmente presenti: il cpv<br />
è costituito pressoché per intero da frasi nominali,<br />
alcune delle quali reggono relative. Le<br />
costruzioni nominali sono supportate dalle accumulazioni,<br />
una <strong>di</strong> infiniti. Solo l’ultima frase ha<br />
costruzione verbale; ma il verbo vien messo alla<br />
fine dopo la lunga perifrasi ironica del biondo<br />
angelo sgraffignone, e il suo scaltro marsupio.<br />
E adesso nella urgenza dell’ora, col rotolare dei<br />
tram, fuori, che si rincorrevano rotolando stipati<br />
verso il risotto: notevole l’allitterazione: E adesso<br />
nella uRgenza dell’oRa, col RotolaRe dei<br />
tRam, fuoRi, che si RincoRRevano Rotolando<br />
stipati veRso il Risotto.<br />
Una bava sà<strong>di</strong>ca, ..., doveva ... fluitarle giù per<br />
il gargarozzo fin giù nelle trombe e nei fondali<br />
dell’anima: ’fluitare’ è verbo d’origine dotta,<br />
gargarozzo è popolare. Le trombe cui allude G.<br />
sono quelle <strong>di</strong> Falloppio dell’apparato genitale.<br />
Di qui la bava passa all’anima: è lo straor<strong>di</strong>nario<br />
percorso del sa<strong>di</strong>smo <strong>di</strong> donna Giulia che,<br />
passando attraverso la sua femminilità, giunge<br />
nelle parti più <strong>prof</strong>onde della sua anima.<br />
Descuidados: spagnolo: imprudenti.<br />
Gli imperlavano la fronte ... gli si s<strong>di</strong>linquiva:<br />
G. adotta qui il linguaggio popolare nel quale<br />
136 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
l’uso (erroneo) <strong>di</strong> gli in luogo <strong>di</strong> loro è, ahimé,<br />
frequente.<br />
Oggimai... sibbene: forme letterarie.<br />
Nervoso lui ! ... nervosetto ! ...sì, stai fino !: sono<br />
frammenti <strong>di</strong> un, per così <strong>di</strong>re, <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto<br />
libero in cui l’autore si rivolge e coinvolge con<br />
i suoi personaggi. Non cre<strong>di</strong>amo sia possibile<br />
nell’estrema varietà della sintassi gad<strong>di</strong>ana,<br />
valutare precisamente una volta per tutte la<br />
natura <strong>di</strong> questi incisi: certo è che sono interventi<br />
in cui ora ironizza, nello specifico in<strong>di</strong>cato,<br />
ora commenta, ora riflette: sempre svelano il<br />
coinvolgimento dello scrittore (e del lettore!)<br />
nel groviglio della realtà. Conta notare come<br />
ritmino il costrutto del periodo, ad evidenziare<br />
i singoli particolari, a sottolinearli con la variazione<br />
del tono.<br />
Quei poveri polli dei commessi: che avevano<br />
accolto la cliente con la bocca a cul <strong>di</strong> pollo.<br />
Lustrati da vincolo <strong>di</strong> parentela...: gli occhi <strong>di</strong><br />
donna Giulia sono resi lustri, cioè ’luci<strong>di</strong>’ ma<br />
anche ’illustri’, dalla parentela: G. si avvale<br />
dell’ambiguità della parola.<br />
Occhi... accesi in un fiammeggiante corruccio:<br />
se il <strong>di</strong>rettore delle ven<strong>di</strong>te fulminava occhiate<br />
ai commessi, gli occhi della donna <strong>di</strong>mostrano<br />
un’ira fiammeggiante come l’angelo del Para<strong>di</strong>so<br />
Terreste all’atto <strong>di</strong> cacciare Adamo ed Eva,<br />
o come l’Alessandro Magno alfieriano.<br />
Ne recidevano i deferenti: torna l’allusione
Analisi Tecnica. Gadda<br />
il banco senza darsene menomamente per inteso, dura, volitiva, impettita, sfido<br />
io !, risentita, nasuta, padrona <strong>di</strong> sé. Con due anche rotonde e barocche degne <strong>di</strong><br />
figurare il mappamondo della Giustizia polposa sulla tomba <strong>di</strong> Carlo IV. «Ma no,<br />
<strong>di</strong>amine !… ma non è questo che volevo !… Ma come potete sostenere che i due<br />
colori sono eguali ?… Ah, secondo lei queste due tinte sarebbero la stessa cosa? …<br />
Ma non ha gli occhi, lei, scusi tanto ?…»<br />
E quelli, o quello, pareva supplicare la feroce màntide che gli lasciasse almeno<br />
un po’ <strong>di</strong> vita da arrivare a goder dello strazio, con poveri occhi dal sotto in su<br />
velati del velo <strong>di</strong> tristezza, nell’onta e nella scarogna delle sue 433 lire mensili (al<br />
lordo <strong>di</strong> ricchezza mobile e trattenute <strong>di</strong> legge), con lo sguardo accorato e umiliato,<br />
col fare servizievole, <strong>di</strong>messo, e un po’ curvo in avanti, proprio <strong>di</strong> chi non ha mai<br />
assaggiato una bistecca del Troja in sua vita. In tutta la macilenta persona, specie<br />
però nel luccicore implorativo degli occhi sopra l’incavo delle gote, un senso <strong>di</strong><br />
stomaco vuoto, un’idea <strong>di</strong> spaghetti mancati all’appuntamento della sirena ogni<br />
giorno: tutti i giorni: per anni e anni; durante tutto il pallore d’una adolescenza.<br />
E la sirena che sco<strong>di</strong>nzola come un furetto a tirar finalmente a casa le signore, i<br />
signori. Aragoste e tartufi avevano preso una <strong>di</strong>rezione da romanzo: e anche loro<br />
gli aspàragi, i bei spargioni ver<strong>di</strong>, ammollati, annegati nel butirro… Loro sognavano<br />
invece un bel piatto <strong>di</strong> spaghetti, gli sciagurati del Bondanza, <strong>di</strong> pastasütta, come la<br />
chiamano: anche non venisse fuora dai magazzini <strong>di</strong> Gragnano e <strong>di</strong> San Giovanni<br />
a Teduccio, dalle miracolose filiere <strong>di</strong> zite alla marina <strong>di</strong> Torre Annunziata, la più<br />
esauriente fra tutte le zitelle…<br />
all’apparato genitale, questo volta maschile (i<br />
’deferenti’ sono i condotti spermatici): così i focosi<br />
tori venivano trasformati in obbe<strong>di</strong>enti buoi.<br />
Si ghiacciava sulla faccia ... ultimato <strong>di</strong> fungere:<br />
lo sguardo fiammeggiante <strong>di</strong> donna Giulia raggela<br />
il <strong>di</strong>rettore delle ven<strong>di</strong>te (chiasmo). Pian<br />
piano vien tolto all’uomo ogni segno <strong>di</strong> vitalità<br />
sino a <strong>di</strong>ventare un cadavere la cui bocca <strong>di</strong><br />
apre per il rictus cadaverico. Fungere recupera<br />
il valore <strong>di</strong> ’vivere’ da ’defunto’, derivato dal<br />
latino de-fungere.<br />
La sirena <strong>di</strong> mezzogiorno ... padrona <strong>di</strong> sé: dopo<br />
la prima frase (come al solito intercisa, con il<br />
verbo raddoppiato – mirabile lo sgrondava–)<br />
due frasi nominali, la seconda delle quali introdotta<br />
da un’e avversativa e sostanziata da<br />
una lunga serie d’aggettivi (accumulazione)<br />
ancora intercisi dall’esclamazione.<br />
Serpente con lo stomaco vuoto: metafora <strong>di</strong><br />
straor<strong>di</strong>naria efficacia, i cui nessi sono <strong>di</strong> facile<br />
percezione.<br />
Menomamente: sta per ’minimamente’: era<br />
assai <strong>di</strong> moda nel romanzo tardoottocentesco.<br />
E quelli, o quello, pareva ... : la costruzione<br />
sarebbe erronea se si desse alla virgola valore<br />
logico: ha invece valore solo tonale. Sino a E la<br />
sirena... il cpv si costruisce con frasi nominali,<br />
in un accumulazione <strong>di</strong> grande effetto volta<br />
a descrivere non la miseria, ma l’altrettanto<br />
umiliante bassa con<strong>di</strong>zione, nella quale il piatto<br />
<strong>di</strong> spaghetti (anche <strong>di</strong> marca economica) costituisce<br />
una sorta d’orizzonte oltre il quale non è<br />
possibile vedere. Ad altri toccavano aragoste e<br />
tartufi e la pasta <strong>di</strong> qualità: così almeno immaginano,<br />
gli sciagurati commessi del negozio. In<br />
realtà tra un momento sarà svelta la pretenziosa<br />
miseria dei de’ Marpioni, come lo sarà quella<br />
<strong>di</strong> don Gonzalo nella Cognizione del dolore.<br />
Be’, la penna mi ha voluto prender la mano: è<br />
una delle tante volte in cui l’autore interviene,<br />
come A. Manzoni, a parlare della scrittura: qui<br />
valgono il colloquiale be’ e la ripresa colloquialissima<br />
e <strong>di</strong>alettale della narrazione l’eva, dopo<br />
tutt. Colloquialità questa tipica della scrittura<br />
<strong>di</strong> G., ma anche aperta contrad<strong>di</strong>zione d’ogni<br />
letterarietà.<br />
Che anche quello...: in questo cpv G. sino ad<br />
ora aveva descritto le qualità morali, insieme<br />
con una rapida occhiata all’aspetto esteriore,<br />
<strong>di</strong> donna Giulia: risoluta, «energica», bien<br />
piantata in terra, e attenta a stringere relazioni<br />
giuste, insomma una donna capace <strong>di</strong> farsi<br />
rispettare. Con il che anche quello... si apre<br />
una più attenta e minuziosa rappresentazione<br />
della nobile figura della donna: evidentemente<br />
caratterizzata dalla sua abilità <strong>di</strong> allevatrice <strong>di</strong><br />
pollame, dunque sostanziamente ridotta al più<br />
umile ufficio <strong>di</strong> economa della famiglia all’interno<br />
del quale ufficio vanno inquadrate le quali<br />
enumerate in precedenza. Il periodo, infatti,<br />
aperto ad una congiunzione non definibile sotto<br />
la normale sintassi, e spiegabile solo come<br />
una forma popolare colloquiale, si lega ai precedenti<br />
attraverso due congiunzioni, l’anche e<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 137
Analisi Tecnica. Gadda<br />
Be’, la penna mi ha voluto prender la mano. L’eva, dopo tutt, una donna degna<br />
del massimo rispetto: svelta, non ostante la ciccia, risoluta, «energica», ben piantata<br />
in terra e ammanigliata anche, per la maniglia delle cresime e dei sacramenti,<br />
ad alte protezioni celesti. Una massaia d’oro, poi: conteggiatrice avveduta: oh !<br />
quanto a questo… «A mi me la fan no !» Di proporzioni enormi, purtroppo: ma<br />
questo non ne aveva colpa lei, poverina. Sposa e madre esemplare. Ed espertissima<br />
allevatrice <strong>di</strong> pollame: («in<strong>di</strong>spensabile a una famiglia del nostro rango», <strong>di</strong>ceva).<br />
Che anche quello, però, finiva senza avvedersene per ridurlo al coma e alla <strong>di</strong>sperazione,<br />
una vera e propria psicastenia, complicata <strong>di</strong> manìa suicida, da tanto che<br />
gli misurava il pastocco: «Bisogna tenerli un po’ indrée in del mangià», era solita<br />
emanare, «se si vuole che siano proprio saporiti, e purgàa come se déef». I polli, in<br />
capponiera a Baggio, non anelavano ad altro se non a troncare una vita <strong>di</strong>venuta<br />
oramai insopportabile.(21) Percepivano appena il suo avvicinarsi, ombra immane<br />
d’un semovente Ruwenzori, ed ecco resuscitavano dal coma: e letta bentosto sul <strong>di</strong><br />
lei volto la preme<strong>di</strong>tazione ferale, ecco principiavano a beccarsi l’un l’altro come<br />
sparnazzanti rapaci su <strong>di</strong> una carogna, o più che galli in duello: <strong>di</strong>sputandosi con<br />
quelle beccate d’avoltoio l’agognata precedenza: (a farsi tirare il collo). Un lampo<br />
sa<strong>di</strong>co accendeva in quei momenti le pupille demoniache <strong>di</strong> donna Giulia che,<br />
ipnotizzando gli stolti, già trangugiava in anticipo la vitalizzante (per lei) saliva<br />
dello strangolamento. Ella chiamava per nome le sue vittime, uno a uno, i suoi<br />
tesori: coi nomi più dolci li chiamava, poveri scheletri ! coi più blandamente suasivi:<br />
«Federico, Popò, sì, sì, ven kì, poer el me stràsc ! toeh, ven kì, Bergeggi, Don<br />
21 «Troncare una vita <strong>di</strong>venuta ormai insopportabile». Locuzione standard della cronaca<br />
giornalistica, fino al 1922, per i casi <strong>di</strong> suici<strong>di</strong>o.<br />
l’avversativa però, la quale ultima contrappone<br />
le considerazioni <strong>di</strong> stima appena su elencate;<br />
mentre la prima collega il comportamento della<br />
pollicoltrice a quelli verso Giovanna e Romualdo<br />
prima, e verso i commessi poi. Sempre e<br />
comunque, una micragna sa<strong>di</strong>ca, presentata<br />
come comportamento razionale adeguato al<br />
livello sociale della famiglia. È la medesima<br />
accusa che don Gonzalo rivolgerà alla madre,<br />
nella quale G. riversava anche accenti autobiografici.<br />
Ridurlo al come e alla <strong>di</strong>sperazione...: acquista<br />
risonanza più vasta, sino ad estendersi al mondo<br />
degli uomini, la traduzione della fame dei<br />
polli in atteggimenti psicopatologici. Di per sé è<br />
un paradosso <strong>di</strong> grande efficacia comica la loro<br />
psicastenia: ossia la situazione ansiosa a causa<br />
<strong>di</strong> idee fisse, con in sovrappiù la mania suicida.<br />
Troncare una vita... insopportabile: la nota 21<br />
<strong>di</strong> G. allude ad un luogo comune giornalistico:<br />
la cosa è <strong>di</strong> grande interesse per misurare l’attenzione<br />
dello scrittore alle forme dello scrivere.<br />
Giacché in un momento <strong>di</strong> grande polemica<br />
contro la borghesia, in cui la critica – ma anche<br />
le memoria autobiografica – si fa comicità, lo<br />
scrittore non allenta l’attenzione al fatto linguistico,<br />
che per altro gli permette un rincaro <strong>di</strong><br />
umanità – e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> comicità – ai polli.<br />
Letta bentosto...: dopo il ricorso al linguaggio<br />
giornalistico, G. varia qui registo, ed adotta<br />
termini e costruzioni auliche o letterarie: ben-<br />
138 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
tosto, preme<strong>di</strong>tazione ferale, principiavano,<br />
sparnazzanti rapaci, più che galli in duello,<br />
agognata precedenza. Il registro letterario non<br />
significa or<strong>di</strong>ne e compostezza: a contrad<strong>di</strong>rlo<br />
sta non solo il popolare farsi tirare il collo, la<br />
punteggiatura: i due punti (:) e la parentetica.<br />
Un lampo sa<strong>di</strong>co...: questo del sa<strong>di</strong>smo <strong>di</strong><br />
donna Giulia è una ripetizione, già a proposito<br />
dei commessi ella produceva una bava sa<strong>di</strong>ca:<br />
anche qui trangugerà della saliva.<br />
Federico, Popò...: altra variazione <strong>di</strong> registro,<br />
qui colloquiale e <strong>di</strong>alettale.<br />
Le povere bestie...: G. ha una particolare pre<strong>di</strong>lezione<br />
per il polli: qui ricor<strong>di</strong>amo la gallina<br />
<strong>di</strong> Quer pasticciaccio brutto de via Merulana<br />
(cap. viii). Nell’un caso e nell’altro il registro<br />
linguistico ha un’impennata verso il letterario:<br />
voce ammaliatrice, inferno del loro battibecco<br />
(dotato <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria pregnanza) intestino,<br />
aura perduta, clima petroniano (allude al Satyricon<br />
<strong>di</strong> Petronio arbitro in cui il protagonista,<br />
durante un’interminabile cena con qualche<br />
intonazione suicida, fa celebrare il proprio funerale),<br />
pollarola (forma <strong>di</strong>alettale quasi ovvio<br />
ri<strong>di</strong>mensionamento <strong>di</strong> petroniano) eutanasìa,<br />
presi via nello spiro, agognando ... in cuor<br />
suo, prescelto al..., gentil-donna lombarda,<br />
sacrificando (gerun<strong>di</strong>vo, de’ i pochissimi in<br />
uso in italiano).<br />
Tragico... Chiudendogli...: le tre frasi seguenti<br />
hanno sintassi fuori della norma: la prima è
Analisi Tecnica. Gadda<br />
Néspola, sì sì, anka tì, Paparino. Sì, ho capì, Nannuccio, ho capì che me vorì ben,<br />
che ghe vorì ben a la vostra sciora, bravi, bravi,… dèss basta ! … sì, sì, ven kì anka<br />
tì in la toa sciora, el me Corocòcco, poer el me nano ! cara la mia sciavata früsta<br />
! ecc. ecc.». Le povere bestie, all’u<strong>di</strong>r quella voce ammaliatrice, dopo l’inferno del<br />
loro battibecco intestino finivano per entrare in una specie <strong>di</strong> aura perduta, nel<br />
clima petroniano d’una pollarola eutanasìa, presi via nello spiro d’una loro voluttà<br />
masochistica: agognando ciascheduno in cuor suo <strong>di</strong> venir finalmente prescelto<br />
al magistrale colpo <strong>di</strong> cassetto con cui la gentildonna lombarda <strong>di</strong> squisito sentire<br />
poneva fine al lungo <strong>di</strong>giuno del sacrificando. Tragico e oramai bimensile <strong>di</strong>giuno.<br />
Chiudendogli cioè la testa dentro il cassetto del tavolo <strong>di</strong> cucina, tatatràk ! <strong>di</strong><br />
colpo: lì a Baggio stesso, dopo d’aver seminato il fondo <strong>di</strong> quella trappola d’alcuni<br />
irresistibili chicchi <strong>di</strong> granturco. Si trattava <strong>di</strong> gareggiare in velocità coi riflessi<br />
muscolo-motori del collo del pollo, e <strong>di</strong> ap<strong>prof</strong>ittare senza esitazione della beccata<br />
del secondo chicco. Era tale la pratica, acquisita in un biennio <strong>di</strong> perfezionamento<br />
dopo i pieni voti del <strong>di</strong>ploma, che il cassetto glie lo sparava <strong>di</strong>etro, al Paparino o al<br />
Bergeggi, con una sicurezza assoluta, da far trasecolare gli incompetenti, come la<br />
zampata fulminatrice della pantera. Che poi, lì stesso, li dava spennare alla Teresa:<br />
cavàtogli il sangue seduta stante a mezzo d’un suo temperino (<strong>di</strong> madreperla),<br />
e lasciandone al piatto una specie <strong>di</strong> migliaccio (22) <strong>di</strong> pan grattato: che in quei<br />
tempi era una cosa <strong>di</strong> nulla, ma davvero.<br />
Erano omai dei càthari, dei mistici, povere bestie! come i monaci della Tebaide<br />
spiritualizzati dal <strong>di</strong>giuno. E anche sotto Natale.<br />
Quel ch’è certo, è che l’allevatrice non assomigliava ai pupilli. I <strong>di</strong> lei fianchi,<br />
per testimonianza unanime delle sue migliori amiche, le quali lo avevan tenuto<br />
dalla <strong>di</strong>screzione della sua sarta, davan luogo a un circuito <strong>di</strong> 188 centimetri, cioè<br />
quanto i due toraci <strong>di</strong> due artiglieri da montagna conglobati insieme a costituire<br />
un sol globo. I polpacci glieli si potevano ammirare in tram, sia sul 27 che sul 33,<br />
data la moda e la mancanza <strong>di</strong> una automobile propria: ed erano un qualchecosa<br />
<strong>di</strong> certamente autorevole, e cionon<strong>di</strong>meno ragionevole. Finivano anzi in due caviglie<br />
piuttosto graziose, per quanto «energiche», e abbastanza sottili da poterle<br />
consentire sui marciapie<strong>di</strong> del Mon Napoleone, con l’aiuto dei tacchi, quell’incesso<br />
imperatorio e tutto tacco che è una delle preminenti caratteristiche urbane per<br />
le nature elevate. Quando, beninteso, le varie «commissioni» del «centro» non<br />
gli abbiano ancora indolenzito i pie<strong>di</strong> in misura irreparabile. Ed erano appunto<br />
queste caviglie, e questi tacchi, unitamente al «velle», che la introducevano come<br />
il gastigo <strong>di</strong> Dio che s’è visto nella depressione ciclonica submeri<strong>di</strong>ana delle Seterie<br />
Passamanerie Carugati & Bondanza S. A. Con qual beneficio per l’industria e per<br />
il commercio serico lombar<strong>di</strong>, s’è pure constatato in dettaglio.<br />
22 Migliaccio (Firenze, Pistoia) è forma tonda e piana <strong>di</strong> sangue <strong>di</strong> porco rappreso:e, per<br />
analogia,frittella tonda e piatta <strong>di</strong> farina <strong>di</strong> castagne.<br />
nominale. La seconda è un’esplicativa che si<br />
ricollega con il cioè al periodo che lo precede<br />
<strong>di</strong>ciamo <strong>di</strong> due posti: introdotto dal gerun<strong>di</strong>o<br />
(qualche grammatica <strong>di</strong>ce che non si cominciano<br />
i perio<strong>di</strong> col gerun<strong>di</strong>o) è all’apparenza una<br />
<strong>di</strong>pendente ma non v’è verbo reggente; così<br />
come la frase lì a Baggio.<br />
Càthari: in Lombar<strong>di</strong>a il movimento religioso<br />
dei catari, ritenuto eretico, oltre all’opposizione<br />
alla Chiesa, nutrì l’aspirazione ad un’austera<br />
povertà.<br />
Tebaide: nel ii e iii sec. d.C. la provincia egiziana<br />
con capitale Tebe <strong>di</strong>venne il centro degli anacoreti,<br />
cioè <strong>di</strong> quegli eremiti che vivendo nel<br />
deserto speravano <strong>di</strong> raggiungere la santità<br />
attraverso la mortificazione del corpo.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 139
Analisi Tecnica. Gadda<br />
LA COGNIZIONE DEL DOLORE<br />
140 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
PARTE SECONDA - VI<br />
L’alta figura <strong>di</strong> lui si <strong>di</strong>segnò nera nel vano della portafinestra, <strong>di</strong> sul terrazzo,<br />
come l’ombra d’uno sconosciuto: e, <strong>di</strong>etro a lui, nel cielo, due stelle parevano<br />
averlo assistito fin là. Diòscuri splen<strong>di</strong><strong>di</strong> sopra una fascia d’amaranto, lontana,<br />
nel quadrante <strong>di</strong> bellezza e <strong>di</strong> conoscenza: fraternità salva! La madre lo scorse,<br />
ma non poté vederne il viso contro il rettangolo <strong>di</strong> luce. Egli allora entrò, e recava<br />
una piccola valigia, la solita, quella <strong>di</strong> cartone giallo da quaranta centavos, come<br />
d’un ven<strong>di</strong>tore ambulante <strong>di</strong> fazzoletti. Nella stessa mano, arrotolato, il vecchio<br />
ombrello. La madre <strong>di</strong>sse « oh! Gonzalo, come stai? oh! guarda! » e <strong>prof</strong>erì con<br />
un singhiozzo <strong>di</strong> gioia i nomi delle due stelle, a mani giunte, a guisa <strong>di</strong> saluto. Ma<br />
pensò che la prima sola valeva, nella correlazione <strong>di</strong> fortuna e d’astri per simbolo<br />
<strong>di</strong> una presenza terrena; poiché l’altra, così fulgida, così pura, non era se non un<br />
pensiero lontano della notte. a<br />
Il figlio la salutò appena, come ogni volta, stanco. Neppure le sorrise. Ella non<br />
insisté a cercarne lo sguardo, non chiese del viaggio, né dell’uragano. Il cuore le<br />
martellava nella incertezza, si fece a preparare, sulla tavola, la lucernetta a petrolio.<br />
Ma non vi riuscì subito, anzi vi si impigliò: con zolfanelli umi<strong>di</strong>: tossì, ad accenderne<br />
alcuno: che subito si spegneva contro la cimasa annerata del lucignolo. Le<br />
sue mani rigide, quasi inerti, non arrivavano a prendere con esattezza; le riuscì<br />
a I Dioscuri nacquero dall’amore <strong>di</strong> Zeus e Leda. Costituiscono la costellazione dei Gemelli. La vecchia madre vede,<br />
dunque, la rappresentazione astronomica della coppia ricostituita, salva, dei fratelli e non può non costatare che a lei,<br />
invece, è rimasto solo lui, mentre l’altro figlio era morto in guerra.<br />
Il romanzo non presenta una vicenda vera e propria: racconta un sentimento ed il mondo da<br />
cui è determinato. La prima parte racconta i maneggi e gli imbrogli <strong>di</strong> proletari, la falsificazione<br />
delle carte e delle persone per lucrare una pensione <strong>di</strong> guerra. E le chiacchiere assurde dei<br />
paesani attorno agli stravizi <strong>di</strong> don Gonzalo (il protagonista del romanzo), capace, ancora neonato,<br />
<strong>di</strong> inghiottire, intero, un pesce spada, la cui coda gli sarebbe rimasta fuori della bocca.<br />
La voce conferma la natura <strong>di</strong>abolica dell’ingegnere e spiega i maltrattamenti cui sottopone<br />
la vecchia madre. In un momento successivo del romanzo la scena è occupata dal protagonista,<br />
alter ego dello scrittore, che manifesta il suo furore contro lo sciocchezzaio del mondo<br />
ed il mare <strong>di</strong> stupi<strong>di</strong>tà che lo travolge. Il paese, Maragadàl, si convince sempre più della sua<br />
cattiveria, così quando una mattina la madre verrà trovata esangue, in fin <strong>di</strong> vita, nascerà la<br />
voce che il terribile misfatto sia opera del figlio.<br />
La vicenda è ambientata in un’immaginaria regione sudamericana che è travestimento, ed<br />
insieme irrisione, della Brianza: travestimento, prima <strong>di</strong> tutto linguistico, finalizzato ad ampliare<br />
lo spettro della satira, del sarcasmo <strong>di</strong> G. verso la società borghese della Lombar<strong>di</strong>a, che<br />
avrebbe l’unica preoccupazione <strong>di</strong> esibire le insegne della con<strong>di</strong>zione sociale, anche quando<br />
non è fondata su una reale soli<strong>di</strong>tà economica. Tanta e tale sarebbe la vuota vanità che il<br />
borghese lombardo non esita a sacrificare la mensa quoti<strong>di</strong>ana e ogn’altra cosa, compresa<br />
la felicità dei figli, che non sia funzionalizzata al mantenimento della visibilità sociale e del<br />
prestigio. L’attacco alla borghesia non vuol <strong>di</strong>re che G. non nutra lo stesso fasti<strong>di</strong>o la stessa<br />
corrosiva insofferenza nei confronti del popolo <strong>di</strong> artigiani, piccoli impiegati, conta<strong>di</strong>ni, servi, i<br />
quali tutti sono ammirati dal fasto apparente ed convinti ad una adulazione perché frutta loro
Analisi Tecnica. Gadda<br />
<strong>di</strong>fficile d’insinuare il cilindro <strong>di</strong> cristallo nella sua ghiera precisa, <strong>di</strong> ottone lucido,<br />
come una trina dei costumi desueti: e questa invece lo doveva ritenere alla base.<br />
Si sarebbe seduta, tremava.... ma bisognò pensare al figliolo.... Quando la lampada<br />
poté rischiarare la stanza, alfine, le parve <strong>di</strong> dover cadere.... L’ultimo sguardo del<br />
crepuscolo, già lontanissimo, abbandonava il mobilio, con riflessi radenti e fred<strong>di</strong><br />
sulla credenza, su qualche vassoio <strong>di</strong> metallo. Quel pallore della lucerna, invero,<br />
non ci aveva aggiunto <strong>di</strong>molto. Richiuse i vetri come le riuscì; ch’era molto alta<br />
finestra, sul terrazzo; ab brividendo.<br />
Il figlio, <strong>di</strong> sopra, stava a lavarsi: a riporre una spazzola in un tiretto. Ella ne<br />
u<strong>di</strong>va il passo, ammorzato, sopra la soffittatura.<br />
Andò in cucina a preparargli qualcosa da cenare. Era assolutamente necessario,<br />
anche a <strong>di</strong>mostrazione della vali<strong>di</strong>tà funzionale della villa: tanto più, poi, che la villa<br />
era sprovveduta <strong>di</strong> cuoca o d’una qualunque fante. Altrimenti egli avrebbe colto<br />
quel pretesto ad accendersi circa la inanità della campagna: e sarebbe incorso nelle<br />
peggiori bizze ed ubbìe: (la cosa, oramai, un triste rito: la povera madre lo sapeva<br />
bene). Avrebbe ripetutamente scorbacchiato e rimaledetto la villa, insieme col<br />
mobilio, coi candelieri, con la memoria del padre che l’aveva costruita; incoronando<br />
<strong>di</strong> vituperi osceni tutti i padri e tutte le madri che lo avevano preceduto nella serie,<br />
su, su, su, fino al fabbricatore <strong>di</strong> Adamo. Sarebbe trasceso alle bestemmie, ch’ella<br />
non poteva u<strong>di</strong>re: ad accuse troppo vere, forse, per essere u<strong>di</strong>bili: coinvolgendo<br />
nella turpitu<strong>di</strong>ne pazza che lo animalava in quei momenti financo il sacro nome<br />
<strong>di</strong> Pastrufacio (il Garibal<strong>di</strong> del Maradagàl) e il Prado, e Lukones, ed Iglesia, e i<br />
rispettivi campanili, con le campane, i sindaci, i parroci, i cocchieri, e via via tutto<br />
il Serruchón maledetto e testa <strong>di</strong> càvolo (così, o press’a poco, si esprimeva); tutte<br />
le infinite ville del Serruchón, i calibani gutturaloi<strong>di</strong> della Néa Keltiké, lerci, ch’egli<br />
avrebbe impiccato volentieri, se potesse, dal primo all’ultimo.<br />
la benevolenza dei piccini, più che piccoli nobili e dei borghesi. Questi ne sono lusingati e si<br />
sentono tenuti ad un atteggiamento paternalistico (è anche questo una necessità connessa<br />
al prestigio), solitamente parolaio tuttavia, e, comunque, micragnoso, accettato dai subalterni<br />
senz’ombra <strong>di</strong> pudore.<br />
Don Gonzalo Pirobutirro d’Eltino, il protagonista, è afflitto dal un implacabile rancore contro<br />
la madre vedova, che convinta borghese con pretese nobiliari, col marito ha concepito il<br />
possesso della villa come «entelechia prima consustanziale ai visceri», e ne ha assecondato<br />
la costruzione a tutto scapito dei figli, ed in particolare <strong>di</strong> lui, Gonzalo, rimasto unico dopo la<br />
morte in guerra dell’amato fratello. Il caduto, per <strong>di</strong> più, gli sottrae quanto resta dell’amore<br />
della madre e della considerazione degli altri. Tutto dà fasti<strong>di</strong>o a Don Gonzalo, ogni più piccola<br />
cosa scatena la sua reazione furibonda, ma non è un folle: GonzaloGadda semplicemente<br />
rifiuta <strong>di</strong> essere omologato al mondo, stupido e piccino che lo circonda. La violenza della sua<br />
ira è l’esatto corrispettivo della persistenza dell’attentato alla razionalità e alla morale che<br />
mondo, tutto il mondo, borghese e non, porta contro GonzaloGadda. L’arma più efficace che<br />
questi adopera non è lo scoppio <strong>di</strong> violenza verbale, né la bestemmia, ma una lingua capace<br />
<strong>di</strong> mettere a nudo la complicazione, il groviglio dell’esistente, <strong>di</strong> scoprire le interne, infinite,<br />
contrad<strong>di</strong>zioni: insomma una lingua capace <strong>di</strong> indagare nella multiformità delle componenti<br />
del reale, culturali e non, materiali, sociali e così via sino a comprendere il tutto; per scoprirne<br />
la fragilità, e insieme la perentoria richiesta <strong>di</strong> cieco e malinconioso assecondamento. L’esito<br />
è quello <strong>di</strong> una lingua maccheronica farcita d’ogni possibile risorsa linguistica, che spesso<br />
costringe alla risata che liberi scrittore e lettore dall’imbarazzo che si prova <strong>di</strong> fronte ad un<br />
verità <strong>di</strong>fficile da accettare, ma inconfutabile ed inevitabile.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 141
Analisi Tecnica. Gadda<br />
La madre, viceversa, fin da quando i muratori ci accu<strong>di</strong>vano nel ’99, aveva<br />
incorporato in sé, subito, – avvampante splendore <strong>di</strong> giovinezza – il trionfo serpentesco<br />
della «sua» villa sopra le rivali keltikesi che non credevano alla possibilità<br />
<strong>di</strong> una villa: (degli spelacchiatissimi Pirobutirro).<br />
E quell’orgoglio, quel tirso <strong>di</strong> brace che le era venuto fatto, in un giorno lontano,<br />
<strong>di</strong> potersi infilare a metà dell’anima alla facciazza delle pseudo-cognate e delle<br />
pseudo-nipoti, quello poi era cresciuto ad ebbrezza e ad onnipotenza raggiante,<br />
dentro un evo fulgido, allucinato, senza piú misura né termine: l’idea del possesso<br />
e della supposta vittoria tracannata come un cognac <strong>di</strong> fuoco e <strong>di</strong> vita a ogni nuovo<br />
mattino, a ogni giorno splen<strong>di</strong>do.<br />
Quello le era bastato, durante quarant’anni, a scongiurare la <strong>di</strong>sperazione, ad<br />
acculare al <strong>di</strong> là d’ogni strazio e d’ogni miseria, d’ogni sdrucita maglia de’ suoi bimbi,<br />
d’ogni scampanìo, d’ogni gloria, d’ogni tenca, lo sporco sogghigno della morte. La<br />
Idea Matrice della villa se l’era appropriata quale organo rubente od entelechia<br />
prima a consustanziale b ai visceri, e però inalienabile dalla sacra interezza della<br />
persona: quasi arma<strong>di</strong>o od appiccapanni <strong>di</strong> De Chirico, c carnale ed eterno dentro<br />
il sognante cuore dei lari. A quella pituita somma, 1 recòn<strong>di</strong>ta, noumènica, corrispondeva<br />
esternamente – gioiello o bargiglio primo fuor dai confini della psiche<br />
– la villa obbiettiva, il dato. Operando in lei, durante quarant’anni, gli ormoni<br />
infaticabili della anagènesi: ciò che donna prende, in vita lo rende: quella costanza<br />
imperterrita, quella felice ignoranza dell’abisso, del paracarro, sicché, dàlli e dàlli,<br />
d’un cetriolo, arrivano a incoronar fuori un ingegnere; la formidabile capacità <strong>di</strong><br />
austione, <strong>di</strong> immissione dello sproposito nella realtà, che è propria d’alcune meglio<br />
<strong>di</strong> esse: le piú deliberate e <strong>di</strong> piú vigoroso intelletto. Tali donne, anche se non sono<br />
isteriche, impegnano magari il latte, e la caparbietà <strong>di</strong> tutta una vita, a costituire in<br />
thesaurus certo, storicamente reale, un qualsiasi prodotto d’incontro della umana<br />
1 Opinò Cartesio che la ghiandola (latino pituita) ipòfisi sia «sede dell’anima». Punto d’incontro,<br />
comunque, e <strong>di</strong> traduzione, dei moti dell’anima con quelli del sistema corporeo.<br />
a Entelechia designa nella Metafisica <strong>di</strong> Aristotele lo stato <strong>di</strong> perfezione <strong>di</strong> un ente che s’è perfettamente realizzato<br />
raggiungendo il suo fine: l’anima è entelechia prima del corpo. Il termine è adoperato anche da Leibniz per in<strong>di</strong>care le<br />
mona<strong>di</strong> che hanno una certa autosufficienza.<br />
b Consustanziale è termine della teologia cristiana: è adoperato per la Trinità, in cui le tre Persone sono consustanziali,<br />
hanno cioè una sola sostanza.<br />
c Giorgio De Chirico fu tra i maggiori della corrente <strong>di</strong> pittura metafisica che sorse a Parigi ad opera dello stesso De<br />
Chirico nel 2º decennio del ’900. Tema ricorrente nei suoi quadri <strong>di</strong>pinto attorno agli anni 20 è il manichino (Le muse<br />
inquietanti, Ettore e Andromaca) che può aver suggerito il termine <strong>di</strong> appiccapanni. Opere come Il grande metafisico e il ciclo<br />
dei Mobili all’aperto sono alla base <strong>di</strong> arma<strong>di</strong>o. (Ringrazio per la consulenza la <strong>prof</strong>. Luisa De Rosa).<br />
La sintassi<br />
I primi due cpv del capitolo (così per l’intera<br />
Cognizione del dolore) presentano una scrittura<br />
sostanzialmente classica e letteraria. Le frasi<br />
ellittiche del vb, Diòscuri splen<strong>di</strong><strong>di</strong>... e nella<br />
stessa mano..., sono logicamente legate alle<br />
precedenti tanto che è possibile attribuire loro<br />
il medesimo vb. Naturalmente resta sempre<br />
evidente la sintassi franta tipica <strong>di</strong> G.: in particolare<br />
si veda ma non vi riuscì... in cui i due<br />
punti (:) segnano piuttosto un’interruzione che<br />
un legamento: frammentano l’azione, isolando<br />
e focalizzandone i particolari; e ponendo in pri<br />
142 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
mo piano oggetti che <strong>di</strong>ventano simboli come<br />
la ghiera... <strong>di</strong> ottone lucido, come una trina dei<br />
costumi desueti (che fa il paio con la valigia... <strong>di</strong><br />
cartone giallo da quaranta centavos).<br />
La lingua<br />
Il pastiche linguistico <strong>di</strong> Gadda è stato collocato<br />
(da G. Contini, C. Segre, E. Manzotti) nell’arco<br />
storico che va da T. Folengo e Rablais e giunge a<br />
Faldella Carlo Dossi e qualche altro «scrittore arzigogolato<br />
e barocco» e si compone soprattutto<br />
dei <strong>di</strong>aletti, <strong>di</strong> quello lombardo in particolare qui<br />
nella Cognizione, nel qual romanzo si farcisce,
Analisi Tecnica. Gadda<br />
stupidaggine: il primo che càpiti loro fra i pie<strong>di</strong>, a non <strong>di</strong>r fra le gambe, il piú vano:<br />
simbolo efimero <strong>di</strong> una emulazione o riverenza od acquisto che conterà nulla:<br />
<strong>di</strong>ploma grande, villa, sissignora, piumacchio. C’è poi da aggiungere che il piú degli<br />
uomini si comportano tal’e quale come loro. Ed è una proprio delle meraviglie <strong>di</strong><br />
natura, a volerlo considerare nei mo<strong>di</strong> e nei resultati, questo processo <strong>di</strong> accumulo<br />
della volizione: è l’incedere automatico della sonnambula verso il suo trionfo-catàstrofe:<br />
da un certo momento in poi l’isteria del ripicco perviene a costituire la<br />
loro sola ragione d’essere, <strong>di</strong> tali donne, le adduce alla menzogna, al reato: e allora<br />
il vessillo dell’inutile, con la grinta buggerona della falsità, è portato avanti, avanti,<br />
sempre piú ostinatamente, sempre piú inutilmente, avverso la rabbia <strong>di</strong>sperata<br />
della controparte. Sopravviene la tenebra liberatrice, che a tutte parti rime<strong>di</strong>a.<br />
Impotente rabbia era in lui, nel figlio: dàtole un pretesto, subito si liberava in<br />
parole, tumultuando, vane e turpi: in efferate minacce. Come urlo <strong>di</strong> demente dal<br />
fondo <strong>di</strong> un carcere.<br />
Qualcosa da cenare! La madre, cercando riprendersi, guardò per la cucina,<br />
vuota e fredda, schiuse un’anta della credenza dove l’ombre s’erano addormite su<br />
quel po’ <strong>di</strong> sentor <strong>di</strong> lardo e d’avanzi: in cucina non v’era quasi nulla, da potergli<br />
preparare nemmeno un ovo. Lo stentòreo deretano delle galline del Giuseppe a ci<br />
perveniva piuttosto raramente, a una così gloriosa estromissione. Ne teneva piú<br />
d’una, ma facevan l’ovo a turno: e spesso, poi, marinavano il turno. Il figlio si sarebbe<br />
imbestialito anche <strong>di</strong> ciò: e allora bisognava sorvolare, sulle ova. Già altra volta era<br />
accaduto che s’infuriasse, per quella inadempienza dei polli del Serruchón porco:<br />
e aveva accusato il gallo <strong>di</strong> morosità genetica e <strong>di</strong> perversione, le galline d’esser<br />
lesbiche, e tr.... ; poi la furia s’era schiarita in una reminiscenza <strong>di</strong> Livio «gallinam<br />
in marem, gallum in foeminam se se vertisse.... ». b E, atrocemente, sghignazzan-<br />
È il peone-conta<strong>di</strong>no della villa.<br />
b Ab urbe, xxii, 1, 13.<br />
e si deforma, <strong>di</strong> spagnolo. Tuttavia i/il <strong>di</strong>aletto<br />
in G. non ha valore mimetico, non riproduce,<br />
cioè, la realtà del personaggio: spesso infatti<br />
dal personaggio passa al narratore; inoltre<br />
gli elementi <strong>di</strong>alettali sono spesso accostati<br />
a elementi linguistici <strong>di</strong> rango opposto: è che<br />
l’effetto che lo scrittore intende raggiungere<br />
con una scrittura continuamente mistilingue è<br />
quello <strong>di</strong> manifestare il miscuglio, pieno insieme<br />
<strong>di</strong> compatibilità ed incompatibilità, <strong>di</strong> accor<strong>di</strong><br />
e <strong>di</strong>saccor<strong>di</strong>, <strong>di</strong> armonie e <strong>di</strong> stridori. Questo<br />
miscuglio è <strong>di</strong> per sé metafora della realtà, dalla<br />
quale lo scrittore prende le <strong>di</strong>stanze, non solo<br />
per sentirsene estraneo, ma soprattutto per<br />
manifestarla, e manifestandola dominarla per<br />
il tramite della lingua. Per ciò siamo in buon<br />
accordo con quanto ha scritto recentemente E.<br />
Manzotti: « In qualche misura <strong>di</strong>rei che è operante<br />
... il gusto ’materico’ per una lingua estraniata,<br />
che non sia solo un veicolo trasparente<br />
del pensiero. E sarà altresì operante il bisogno<br />
<strong>di</strong> moltiplicare le manifestazioni della ’polifonia’,<br />
che è, ..., il modo d’essere della mente gad<strong>di</strong>ana.<br />
L’etimo <strong>prof</strong>ondo mi sembra tuttavia vada<br />
cercato nell’altra tendenza propria a Gadda:<br />
quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanziare, dominandola, la propria<br />
materia: a cui non si consente <strong>di</strong> manifestarsi<br />
se non dopo essere stata sottoposta ad una<br />
spinta elaborazione intellettuale. Non per nulla<br />
i mo<strong>di</strong> più caratteristici della rappresentazione<br />
gad<strong>di</strong>ana sono lo scherzo e l’ironia. Ecco, alla<br />
scelta gad<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> travestire l’attualità, a volte<br />
la scottante attualità biografica, ..., sembra<br />
presiedere la stessa operazione mentale del<br />
descrivere per contrasto una situazione bassa<br />
in stile elevato (contemporaneo), cosa che è la<br />
regola in Gadda».<br />
Lessico<br />
Abbrividendo: la parola fu cara a G. Cena, L.<br />
Pirandello, E. Montale.<br />
Scorbacchiato: da corbaccio, corvaccio: anche<br />
G. Boccacio scrisse un Corbaccio, un libro<br />
violentemente polemico contro le donne.<br />
Fabbricatore <strong>di</strong> Adamo: la perifrasi, pur chiarissima,<br />
evita l’aperta blasfemìa.<br />
Animalava: rendere simile ad un animale.<br />
Calibani gutturaloi<strong>di</strong>: Calibano,come Gonzalo, è<br />
uno dei personaggi de La tempesta <strong>di</strong> W. Shakespeare:<br />
è spirito d’ottusa malvagità, che vive<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 143
Analisi Tecnica. Gadda<br />
do, aveva brindato alla salute del gallo! ma non <strong>di</strong>sse affatto alla salute, <strong>di</strong>sse una<br />
parte del corpo: aveva inneggiato, (irridendo lei, la mamma), al gallo bardassa,<br />
meglio <strong>di</strong> tutti i padri della Keltiké lurida, aveva urlato, «così non generava dei<br />
Keltikesi ». Tremò <strong>di</strong> nuovo, umiliata; la beffa le risuonava ancora negli orecchi.<br />
Poi aveva maledetto e rimaledetto tutti i parenti, compreso quelli che non erano<br />
mai esistiti davanti alle leggi, nel timore <strong>di</strong> tralasciarne alcuno, od alcuna. No, no:<br />
la <strong>di</strong>sperazione del suo figlio, a volte, non conosceva misura.<br />
C’erano, dentro il cassetto della tavola, <strong>di</strong> là, le tre posate <strong>di</strong> lui, d’argento, ch’ella<br />
gli aveva destinato da ragazzo, comperandole <strong>di</strong> seconda mano dalla vecchia e<br />
buona signora Teotòpuli,1 stra<strong>di</strong>pinta. Sorrise appena, al ricordo. Un po’ ammaccate<br />
già allora, sì, « questo è vero »: e la forchetta coi denti un po’ storti, « questo<br />
può darsi ». Ma il figlio avrebbe sbeffeggiato con nuove oscenità, e lazzi feroci,<br />
serrando i denti, sia la forchetta che la Teotòpuli, 1 il cui carmino – debolezze! ma<br />
chi non ne ha? – le si impoltava a ogni momento nelle lacrime e nei soffianaso, a<br />
ogni minimo pianto, sbavando giú per la faccia, vizza, come sugo <strong>di</strong> maccheroni.<br />
Ma c’era da inquietarsi, per questo? .... Gonzalo, forse, si sarebbe inquietato per<br />
la forchetta, al veder quei fili così sghembi, molli.... Si sarebbe levato da tavola,<br />
1 La buona corfiotta, piangendo <strong>di</strong> commozione, glie le aveva cedute a un prezzo in realtà un<br />
po’ alto; stante la necessità in che s’era venuta ritrovando, con gli anni. Il doppio, forse, <strong>di</strong> quanto<br />
sarebbero costate da nuove. « Finalmente ci sei riuscita, eh! » aveva ghignato don Gonzalo, allora<br />
<strong>di</strong>ciannovenne, « a farti rifilare anche queste ». Egli bisognava piuttosto <strong>di</strong> risuolatura delle scarpe,<br />
che noti <strong>di</strong> forchette istorpiate: al quale ella, la mamma, aveva mentito la cifra, <strong>di</strong>cendogli meno:<br />
per poter adempiere, senza villania <strong>di</strong> quel tristo figlio, il grande comandamento della carità.<br />
in un’isola deserta dove naufragherà Prospero<br />
il quale lo sottometterà. Di qui G. potrebbe aver<br />
attinto. Ma, scrive E. Manzotti: «Il qualificativo<br />
’calibano’ in sé, fuori dallo hapax del nesso<br />
con gutturaloi<strong>di</strong>, non è comunque invenzione<br />
dal nulla <strong>di</strong> Gadda. Nella Francia <strong>di</strong> fine Ottocento,<br />
ad esempio, Caliban è designazione<br />
(abbastanza) corrente, che può equivalere,<br />
positivamente, ad ingénu... Ma sospetto che il<br />
termine sia stato suggerito a G. (più che dalla<br />
Prefazione del Ritratto <strong>di</strong> Dorian Gray e dalla<br />
conseguente citazione joyciana nelle prima<br />
pagine dell’Ulisse) dalla lettura <strong>di</strong> un passo<br />
<strong>di</strong> Peau <strong>di</strong> chagrin <strong>di</strong> Balzac... Il termine <strong>di</strong><br />
’calibano’, oltretutto, potrebbe provenire dalla<br />
fonte stessa del titolo della Cognizione. Accade<br />
in effetti che Schopenhauer nel “Proemio alla<br />
seconda e<strong>di</strong>zione” del Mondo come volontà<br />
e rappresentazione, definisca Hegel, spregiativamente,<br />
un “calibano intellettuale”...». In<br />
conclusione <strong>di</strong> nota Manzotti rimanda ad uno<br />
stu<strong>di</strong>o sul Calibano shakespiriano.<br />
Avvampante splendore <strong>di</strong> giovinezza: l’espressione<br />
romantica trae la forza <strong>di</strong>ssacratoria<br />
quando viene riferito sintatticamente al trionfo<br />
serpentesco e logicamente al referente la<br />
costruzione della villa, e la rivalsa sui rivali che<br />
ritenevano i Pirobutirro impossibilitati a sostenerne<br />
la spesa.<br />
E quell’orgoglio... senza più misura né termine:<br />
G. stigmatizza il narcisismo sociale della<br />
144 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
madre <strong>di</strong> Gonzalo che assume proporzioni tali<br />
da concellare ogni altro interesse ed ogni altro<br />
valore. Il possesso della villa è trionfo sociale<br />
e nello stesso tempo ragione <strong>di</strong> vita, ed infine<br />
è felicità capace <strong>di</strong> spingere in<strong>di</strong>etro (acculare)<br />
la presenza stessa della morte. La villa aveva<br />
fatto scomparire ogni altra interna miseria, dalla<br />
scarsezza del cibo alla usura dei abiti dei figli,<br />
ed ogni altro evento grande, o insignificante<br />
(tenca, per tinca, pesce cioè <strong>di</strong> poco valore).<br />
Tirso <strong>di</strong> brace: il tirso era un’asta ornata <strong>di</strong><br />
pampini portata dalle baccanti (ebbre e violente<br />
sacredotesse <strong>di</strong> Bacco) che raggiungevano<br />
grazie alla musica la mistica unione col <strong>di</strong>o.<br />
La Idea Matrice della villa ... il dato: è questo<br />
uno dei passi più notabili dell’intero romanzo<br />
nel quale il bisogno borghese <strong>di</strong> esibire la villa si<br />
fa carne ed insieme filosofia <strong>di</strong> vita: e, dunque,<br />
denotazione del vivere stesso, senza la quale<br />
essa perde significato. L’operazione linguistica<br />
gad<strong>di</strong>ana consiste nel dare concretezza <strong>di</strong> lessico<br />
a ciascuno degli elementi ideologici tratti<br />
in gioco. Così la fisicità trova espressione in<br />
organo rubente, visceri, interezza della persona,<br />
e poi, pituita; dall’altra parte vengono recuperati<br />
temini della filosofia preilluministica entelechia<br />
consustanziale, ancora pituita somma,<br />
recòn<strong>di</strong>ta, noumènica. Quanto più alta sarà la<br />
designazione filosofia tanto più materialistico è<br />
il correlato: la villa ha, cartesianamente, sede<br />
nascosta nel cervello (recòn<strong>di</strong>ta), è fonte d’ogni
Analisi Tecnica. Gadda<br />
avrebbe.... Forse avrebbe scagliato via il coltello.... contro un ritratto, magari dei<br />
piú in vista .... gli zii....: contro il ritratto del padre !.... Forse.... No, no! .... non aveva<br />
mai fatto questo! Quelle posate le aveva sempre adoperate senza badarci: da anni.<br />
Rivenuta in camera da pranzo, la madre le cercava, ora, in quel mezzo lume, dentro<br />
il cassetto della tavola: ma, gli occhi e le mani indeboliti dall’età, non le riusciva<br />
<strong>di</strong> conoscerle, fra molte, e <strong>di</strong> afferrarle subito. Quel tintinnio irritò Gonzalo: che<br />
dalla propria camera, al piano superiore, le urlò: «Finiscila! ». Ella si era arrestata,<br />
trattenendo il respiro. Nell’inquietu<strong>di</strong>ne pensò <strong>di</strong> rivolgersi a qualcheduno, al<br />
Giuseppe: perché l’aiutassero a reggersi; stava male; aveva deglutito qualcosa una<br />
mezz’ora prima, una tazza <strong>di</strong> brodo affettàndovi del pan rustico, la metà d’un ovo<br />
fatto comperare al paese. Ora quel poco le venne in<strong>di</strong>etro, tanto da insu<strong>di</strong>ciare<br />
il nettascarpe, ch’era uno zerbino frusto sul limitare <strong>di</strong> sala da pranzo: ma, del<br />
resto, nemmeno si vedeva. Imbrattò anche l’ammattonato, un po’ piú là, qualche<br />
chiazza. Il figlio dové u<strong>di</strong>re i conati, confusamente, e crederli degli urti <strong>di</strong> tosse<br />
perché bestemmiò <strong>di</strong> nuovo dall’alto: «Ma sei tisica?». La madre si preoccupò <strong>di</strong><br />
detergere il pavimento prima ch’egli fosse ri<strong>di</strong>sceso, con un po’ <strong>di</strong> cenere, con la<br />
granata. Vi era in cucina della segatura, ma non ebbe la forza <strong>di</strong> estrarre il secchio,<br />
dov’era contenuta, da sotto la tavola a muro, <strong>di</strong> fargli scavalcare la traversa: che<br />
legava, a poca altezza, le due gambe antistanti. Scancellò come poté, nella fretta,<br />
i segni del <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne: con la granata, con un po’ <strong>di</strong> cenere.<br />
Da anni aveva intuito, <strong>di</strong> suo figlio. Anche in città: dov’ella risiedeva, fuor che<br />
l’estate. Le rade volte che apparisse, il figlio sperso, era ogni volta la stessa cupa<br />
idea.<br />
La povera madre aveva lentamente compreso. Ora ella vedeva il buio <strong>di</strong><br />
quell’anima. Lentamente, per aver lottato a lungo nella sua speranza così vivida,<br />
Un sentimento non pio, ... un rancore <strong>prof</strong>ondo ... Era il male oscuro... È qui espresso il<br />
nòcciolo ideologico del romanzo che rappresenta il dramma <strong>di</strong> Gonzalo malato nell’anima<br />
<strong>di</strong> un «male oscuro» che gli impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> stabilire rapporti, non <strong>di</strong>ciamo sereni, ma neppure<br />
in<strong>di</strong>fferenti con il mondo, con tutto il mondo umano e non: egli è, è stato detto «un misantropo<br />
ra<strong>di</strong>cale, spregiatore degli altri, <strong>di</strong> sé stesso, <strong>di</strong> quasi ogni parvenza del mondo». Egli imputa<br />
alla madre l’origine del suo male, alla sua vanità sociale, alle ristrettezza economiche cui ha<br />
costretto i figli, all’amore negato a lui e riservato al fratello morto. In realtà la madre è solo il<br />
simbolo <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> più ampio: anche in questo capitolo vi, ii p. – e nei cpv precedenti e in<br />
pensiero (noumènica), è, insomma, l’anima<br />
(pituita somma); e, nello tempo gioiello e bargiglio<br />
gallinaceo, escrescenza che vien fuori<br />
dall’anima: oggettivazione dell’idea – fissa –.<br />
Tale oggettivazione è possibile perché nella<br />
madre operano infaticabilmente gli ormoni<br />
(ancora corporea fisicità) dell’anagènesi che<br />
sono presupposti dal – risibile – luogo comune<br />
che ciò che la donna prende, viene sempre reso<br />
sotto altra forma.<br />
Operando in lei...: il <strong>di</strong>scorso che sinora ha riguardato<br />
solo una donna, la madre <strong>di</strong> Gonzalo,<br />
<strong>di</strong>viene para<strong>di</strong>gma <strong>di</strong> una costante femminile<br />
(eminentemente femminile ma anche maschile):<br />
la caparbia ostinazione con cui le madri perseguono<br />
la costituzione <strong>di</strong> un thesaurum certo,<br />
che sod<strong>di</strong>sfi l’orgoglio loro – sia un <strong>di</strong>ploma<br />
grande, una villa, sia il piumacchio (<strong>di</strong>ploma<br />
con cui si conferisce un titolo), benché non<br />
abbia utilità alcuna oppure sia semplicimente<br />
infelicitante.<br />
A tutte parti rime<strong>di</strong>a: riecheggia Inf. I, 127: «In<br />
tutte parti impera».<br />
Bardassa: omosessuale. Letterar.<br />
Carmino: letterar., sta per rossetto.<br />
Impoltava: ’impoltare’ da ’polta’, miscuglio <strong>di</strong><br />
farina e fave, utilizzato come cibo per i polli.<br />
Granata: scopa <strong>di</strong> saggina.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 145
Analisi Tecnica. Gadda<br />
nella sua gioia: prima <strong>di</strong> abbandonarsi a comprendere. Un sentimento non pio,<br />
e si sarebbe detto un rancore <strong>prof</strong>ondo, lontanissimo, s’era andato ingigantendo<br />
nell’animo del figliolo: quel solo che ancora le appariva, talvolta, all’incontro,<br />
sorridendole e chiamandola « mamma, mamma », se pur non era sogno, sulle vie<br />
della città e della terra. Questa perturbazione dolorosa, piú forte <strong>di</strong> ogni istanza<br />
moderatrice del volere, pareva riuscire alle occasioni e ai pretesti da una zona<br />
<strong>prof</strong>onda, inespiabile, <strong>di</strong> celate verità: da uno strazio senza confessione.<br />
Era il male oscuro <strong>di</strong> cui le storie e le leggi e le universe <strong>di</strong>scipline delle gran<br />
cattedre persistono a dover ignorare la causa, i mo<strong>di</strong>: e lo si porta dentro <strong>di</strong> sé per<br />
tutto il fulgurato scoscendere d’una vita, piú greve ogni giorno, imme<strong>di</strong>cato. Forse<br />
il « male invisibile » <strong>di</strong> cui narra Saverio López: dettogli da moribonde parole dello<br />
Incas: e ne <strong>di</strong>ce, con licenza de’ superiori, al capitolo estremo de’ suoi Mirabilia<br />
Maragdagali.<br />
Pace non conosceva, Gonzalo, né conoscerebbe: la madre, accudendo in quelle<br />
stoviglie, le parve <strong>di</strong> dover <strong>di</strong>sperare: il viso <strong>di</strong> lui, sconvolto, denunciava, a certi<br />
momenti, ch’egli non poteva aver ragione del suo delirio.<br />
Non beveva mai liquori. Non fumava. Non era neppur pensabile che dopo<br />
lo stento faticoso de’ suoi giorni, così avaramente retribuiti dalla Compañìa de<br />
Destribución, ci fosse denaro per gli alcaloi<strong>di</strong> costosi <strong>di</strong> cui avevano riferito, fino<br />
a quel tempo, i giornali, un po’ tutti, sia del Maradagàl vincitore che del debellato<br />
Parapagàl; <strong>di</strong> cui spilluzzicava anche, non appena le venisse fatto, certa letteratura<br />
d’avanguar<strong>di</strong>a tra ribelle e satanica inse<strong>di</strong>atasi nelle e<strong>di</strong>cole delle stazioni. D’altronde<br />
egli lavorava, per quanto malvolentieri, proprio come sognano le madri che<br />
abbia a lavorare il lor figlio, cioè im partendo or<strong>di</strong>ni ai <strong>di</strong>pendenti: alle ore d’agio,<br />
dopo aver <strong>di</strong>stribuito milioni <strong>di</strong> chilowattora a tutti i cotonifici del Nevado Bajo,<br />
quelli che seguiranno – s’è fatta palese la tendenza ad allargare il <strong>di</strong>scorso a tutte le donne e<br />
a tutti gli uomini; e, infine, alla vita stessa. Come Eugenio Montale (e Giuseppe Berto) il male<br />
<strong>di</strong> vivere non lascia scampo: è con<strong>di</strong>zione esistenziale; tuttavia se Montale trovava nella «<strong>di</strong>vina<br />
in<strong>di</strong>fferenza» la possibilità <strong>di</strong> un qualche «bene», o attendeva il miracolo, per G. non v’è<br />
allentamento o sospensione, mai: il «male oscuro» <strong>di</strong> Gonzalo è nervo scoperto che duole ad<br />
ogni azione, ad ogni pensiero, ad ogni memoria, ad ogni sensazione. Né v’è speranza, non<br />
Lessico<br />
Nessuno, certo, richiedeva lui...: la costruzione<br />
è: tra i giovani (pavoncelli) cui, in grazia della<br />
giovane età, era stata risparmiata (sparagnata,<br />
<strong>di</strong>alettale) la guerra (Mavorte), gli chiedeva della<br />
«gloriosa impresa» (della vittoria cioè sul Parapagàl).<br />
I giovani, infatti, non ne traevano nessuna<br />
utilità; non restava loro che riconoscere, in<br />
ogni occasione <strong>di</strong> confronto (concorso), ai più<br />
anziani (concorrenti dai capegli grigi, che avevano<br />
combattuto) titoli <strong>di</strong> precedenza e valide<br />
attenuanti sul piatto della giustizia (in Bilancia)<br />
per gli errori e le inadempienze verificatesi in<br />
quel periodo confuso (smarrito andare). Allora,<br />
per altro, il maggior problema <strong>di</strong> giustizia era<br />
costituito dalla <strong>di</strong>sputa sull’identità <strong>di</strong> un certo<br />
Martino, se cioè fosse Martin la Guerra o Martin<br />
146 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
la Vedova, <strong>di</strong>sputa che per più mesi (passato<br />
luna in luna) impegnava le menti più sottili della<br />
giurisprudenza (le più sottil crune del giure)...<br />
Lumignolo stanco e <strong>di</strong>messo: il lumignolo è<br />
la lucernetta per solito ad olio posta <strong>di</strong>nanzi<br />
alle immagini sacre, perciò viene solitamente<br />
aggettivato con ’perenne’, ’eterno’, ’sacro’ ecc.<br />
Pitecàntropi-granoturco: è una neo formazione<br />
<strong>di</strong> G. il significato vale a uomini preistorici e<br />
incivili mangiatori <strong>di</strong> granoturco, <strong>di</strong> polenta.<br />
Odéons: l’Odèon era un famoso teatro parigino.<br />
Il nome era stato adottato da molte sale italiane<br />
<strong>di</strong>venute luogo <strong>di</strong> ritrovo della ricca borghesia.<br />
Barattoli <strong>di</strong> peptone Liebig: barattoli <strong>di</strong> estratto<br />
<strong>di</strong> carne Liebig.<br />
Tale gli appariva fortuna: costruzione pre<strong>di</strong>cativa<br />
<strong>di</strong> tale, che anticipa la <strong>di</strong>chiarativa: che qui è<br />
costituita dalla frase in<strong>di</strong>pendente tempestoso
Analisi Tecnica. Gadda<br />
alle fabbriche invitte, allora, trovato un minuto a se stesso, apriva i libri, stanco,<br />
senza aver poi modo <strong>di</strong> arrivare a leggerli interi.<br />
A certe ore pareva malato nel volere. «Un po’ <strong>di</strong> buona volontà.... », gli <strong>di</strong>ceva<br />
la mamma, sorridendogli, stu<strong>di</strong>andosi dargli animo, e indurre un po’ <strong>di</strong> sereno su<br />
quel volto. «La volontà....», rispondeva, «che è in<strong>di</strong>spensabile agli assassini....». Ciò<br />
la impau riva, cercava <strong>di</strong> mutar <strong>di</strong>scorso. Forse era stanco. Era molto probabile<br />
che la guerra lo avesse mutato, e, piú, l’annuncio che il fratello non ne tornerebbe.<br />
Eppure non lamentava la guerra: non ne parlava mai con alcuno: non era stato<br />
ferito.<br />
Nessuno, certo, richiedeva lui della «gesta gloriosa», buie montagne, tra i pavoncelli<br />
cui Mavorte s’era sparagnato1 pel poi, stante il tenero dell’età loro. Non<br />
avevano alcun utile, questi, in riconoscere ai propri concorrenti dai capegli grigi<br />
questo titolo <strong>di</strong> prelazione nel concorso, e troppo valida attenuante in Bilancia.<br />
Cioè circa gli errori, le inadempienze: d’uno smarrito andare. La Bilancina del<br />
misuratissimo Iscrupolo era solo occupata, in quegli anni a bilicar billi biffi la <strong>di</strong>sputata<br />
identità del Martin re<strong>di</strong>vivo, detto Martin la Guerra o Martin la Vedova, 2<br />
passato luna in luna tutte le piú sottil crune del giure: mentre che la Gendarmeria<br />
incaparbita lo contendeva al Talamo non meno caparbio, quanto non meno<br />
ghiotto d’aver a strider <strong>di</strong> lui.<br />
Ma, tutto, tutto, è bene che si soppesi.<br />
Il figlio pareva aver <strong>di</strong>menticato al <strong>di</strong> là d’ogni immagine lo strazio <strong>di</strong> quegli<br />
1 Nella ragione biologica (species) si contemperano, costi tuendo limite reciproco («modo»<br />
spinoziano), l’impeto e la necessità <strong>di</strong> lotta, l’impeto e la necessità genetica. I Greci, al solito, videro<br />
ed espressero questi fenomeni in simboli maravigliosi. Tantoché guerra e pace nella mitologia<br />
ellenica pervengono a stati d’equilibrio, fra i contrastanti poteri delle contrastanti Assensioni<br />
(Nùmina).<br />
2 È una trasposizione anacronistica dal Seicento. Di Martino Guerra parla financo Leibnizio<br />
nei Nouveaux Essais. Un Martin re<strong>di</strong>vivo italiano fu il Canella-Bruneri, a alla cui lungamente <strong>di</strong>sputata<br />
identità vennero de<strong>di</strong>cate migliaia <strong>di</strong> colonne <strong>di</strong> giornale, e milioni <strong>di</strong> lire: (stampa, avvocati,<br />
tribunali d’appello, ecc. ecc.). Il Diritto, nel suo giusto iscrupolo, non bada a spesa.<br />
a Allude al famoso caso dello smemorato <strong>di</strong> Collegno, scoppiato a Torino nel 1926.<br />
che <strong>di</strong> soluzione, ma neppure d’alleviamento. È un male <strong>di</strong> cui le storie e le leggi e le universe<br />
<strong>di</strong>scipline delle gran cattedre persistono a dover ignorare la causa, i mo<strong>di</strong>: e lo si porta dentro<br />
<strong>di</strong> sé per tutto il fulgurato scoscendere d’una vita, piú greve ogni giorno, imme<strong>di</strong>cato.<br />
Il capitolo in questione è certamente quello in cui più s’aggruma il dolore provocato dal male:<br />
in altre parti il gusto della lingua può dare l’impressione d’una maggiore leggerezza; tuttavia,<br />
mai, l’esercizio linguistico si <strong>di</strong>stende nella felicità inventiva <strong>di</strong> R. Queneau, ad esempio.<br />
mare... Il rancore <strong>di</strong> Gonzalo esplode contro<br />
l’intera società affarista, <strong>di</strong> segnata negli aspetti<br />
più turpi, più meschini sino alla speculazione<br />
sul dolore per la morte. Non è solo la bassezza<br />
degli affari l’oggetto dell’ira gad<strong>di</strong>ana, ma<br />
soprattutto il fatto che poi, all’interno <strong>di</strong> quella<br />
società, i guadagni siano legittimati.<br />
Toboga: zattera.<br />
Blafardo: dal francese ’blafard’: pallido, livido.<br />
Esclusive e privative: hanno valore attivo: che<br />
escludono e privano.<br />
Recoleta: cimitero <strong>di</strong> Buonos Aires.<br />
Locupletati: latinismo, come tegumentare.<br />
Barchi <strong>di</strong> cabotaggio: quello che conta non è<br />
soltanto la metaforizzazione al maschile (il barco<br />
è un piccolo veliero da trasporto) quanto la<br />
connotazione piccoloaffaristica conferita loro<br />
da cabotaggio.<br />
Bassari<strong>di</strong>: baccanti così chiamate perché in<br />
Tracia indossavano pelli <strong>di</strong> volpe (gr. bassavra):<br />
è sottintesa l’esibizione delle pellicce.<br />
Mistero da <strong>di</strong>ez pesos (cinquantacinque <strong>di</strong><br />
queste qua): non siamo d’accordo con l’interpretazione<br />
<strong>di</strong> E. Manzotti che vede nella<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 147
Analisi Tecnica. Gadda<br />
anni, la incenerita giovinezza. Il suo rancore veniva da una lontananza piú tetra,<br />
come se fra lui e la mamma ci fosse qualcosa <strong>di</strong> irreparabile, <strong>di</strong> piú atroce d’ogni<br />
guerra: e d’ogni spaventosa morte.<br />
Quando <strong>di</strong>scese, con un libro, la zuppa sembrò attenderlo in tavola, al suo<br />
posto, nel cerchio della lucernetta a petrolio: dal <strong>di</strong> cui tenue dominio il fumo<br />
della scodella vaporava a <strong>di</strong>sperdersi nella oscurità, fra i costoloni del soffitto, buia<br />
plancia. Le intravature spagnolesche si drappeggiavano <strong>di</strong> ragnateli, come <strong>di</strong> vele<br />
in riserva, appese, andando per il Mare delle Tenebre.<br />
Quel lumignolo così stanco e <strong>di</strong>messo, immobilità chiusa nel suo cilindro <strong>di</strong><br />
cristallo, sotto al paralume <strong>di</strong> vetro – (ch’era un cono <strong>di</strong> una bianchezza opaca<br />
d’attorno la meccanica della ghiera trinata) – gli apparve essere tutto quello che la<br />
madre concedeva: nella casa abitata dal tarlo, nel fondo della campagna solitaria.<br />
Era, in ogni modo, tutto quello che il padre e la madre avevano ritenuto bastevole,<br />
dopoché utile, alla vita, al progresso, 1 alla felicità dei figli. Eppure avevano<br />
ben conosciuto anche loro, cane il <strong>di</strong>avolo! quali mai tessere, o biglietti d’invito,<br />
qual sorta <strong>di</strong> pentàcoli o <strong>di</strong> talismani unti valevano verso le porte, in <strong>di</strong>sserrare<br />
ai mortali, e fino ai pitecàntropi-granoturco, i battenti instoriati d’oro e d’avorio<br />
massiccio, 2 le girevoli portiere degli Odéons. Marce d’uomini e <strong>di</strong> femmine! con<br />
<strong>di</strong>stinguibile galleggiamento <strong>di</strong> parrucchieri <strong>di</strong> lusso, tenitrici <strong>di</strong> case pubbliche,<br />
fabbricanti <strong>di</strong> accessori per motociclette, e coccarde. Verso i barattoli <strong>di</strong> peptone<br />
Liebig treni <strong>di</strong> vacche, dal nord-ovest; carri <strong>di</strong>scoperti con passerella centrale che<br />
il gaucho dai malinconici occhi, sovraintendendo, percorre. Tale gli appariva fortuna,<br />
nel Sud-America. Tempestoso mare addosso le zattere sbatacchiate dalle<br />
genti sperse, slavate, con sargassi <strong>di</strong> cinesi o <strong>di</strong> bracci <strong>di</strong> negri fuor dal ribollire<br />
delle onde: armeni, russi, bianchi e rossi, arabi che s’eran conquistati una scialuppa<br />
col coltello alla mano, levantini veri con un carico, sulla spalla, <strong>di</strong> tappeti finti,<br />
<strong>di</strong> Monza: e sull’effuso mugghiare <strong>di</strong> quella turba in tobòga senza piú né Cristo<br />
né <strong>di</strong>avolo, moltitu<strong>di</strong>ne flagellata contro la proda dal precipitare dell’onda, ecco,<br />
ecco, alfine! il trionfo blafardo <strong>di</strong> alcuni impresari <strong>di</strong> pompe funebri, pochissimi,<br />
uno in ogni città del Maradagàl, i quali beneficiavano della piú red<strong>di</strong>tizia tra le<br />
esclusive e privative maradagalesi: il monopolio cadaveri. Così, ad esempio, la<br />
<strong>di</strong>tta Flejos. Le casse <strong>di</strong> zinco rivendute per trenta volte il costo alla afflizione de’<br />
1 Marcia in avanti.<br />
2 «In foribus pugnam ex auro solidoque elephanto....» Virgilio, Georgica, iii, apertura.<br />
sottanella un capo <strong>di</strong> poco pregio («misero<br />
valore»): infatti non rende ragione del contrasto<br />
con il cencio caccoso. Per quanto limitato il<br />
nostro intervento serve all’intelligenza del passo,<br />
del gioco ironico, ma anche del riferimento<br />
classico su riportato. Le cinquantacinque lire<br />
degli anni tra le due guerre costituiscono una<br />
somma considerevole se un manovale aveva<br />
uno stipen<strong>di</strong>o mensile <strong>di</strong> ottanta lire e nel 1937,<br />
non ostante gli sforzi del fascismo (e la quota<br />
90, ossia la parità in base alla quale 90 lire<br />
acquistavano una sterlina inglese) una camicia<br />
<strong>di</strong> buona fattura costava appunto 50 lire. Se le<br />
148 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
cose stanno così allora intenderemo il passo:<br />
le donne, con un trucco assai evidente (stra<strong>di</strong>pinte),<br />
impellicciate (bassari<strong>di</strong>) usavano una<br />
gonna che pareva una sottanella gualcita, <strong>di</strong><br />
mezza lana (potrebbe essere lana mista a seta),<br />
che serviva a coprire (tegumentare) e a dare<br />
costosamente (<strong>di</strong>ez pesos...) aria <strong>di</strong> mistero al<br />
movimento delle natiche; ma meglio avrebbe<br />
conseguito l’effetto <strong>di</strong> eleganza il cencio sporco<br />
e senza alcun valore (cencio caccoso) <strong>di</strong> una<br />
negra.<br />
Macellai-scimitarra... stuccatrici d’ogni risma:<br />
è la fiera degli arricchiti borghesi deformati
Analisi Tecnica. Gadda<br />
dolenti, durante un trentennio, li aveva locupletati della piú legittima fra tutte le<br />
prese <strong>di</strong> beneficio. E poi ancora femmine, femmine, dopo lo zinco e la Recoleta;<br />
femmine! come barchi <strong>di</strong> cabotaggio rimessi a nuovo, stra<strong>di</strong>pinte, col riso delle<br />
bassari<strong>di</strong> aperto su trentadue denti fino agli orecchi; una sottanella gualcita, <strong>di</strong><br />
mezza lana, a tegumentare d’un mistero da <strong>di</strong>ez pesos (cinquantacinque <strong>di</strong> queste<br />
qua) la miseranda meccanica dello sculettamento: il cencio caccoso d’una negra<br />
avrebbe avuto piú tono. Oppure, agli antipo<strong>di</strong>, i salumai grassi, come baffuti topi,<br />
insaccatori <strong>di</strong> topi; torreggianti sul loro marmo alto, con mannaia, i macellaiscimitarra;<br />
o paonazzi sensali, nel foro, a bociare sobre el ganado; o bozzolieri in<br />
marsina tumefatti dalla prosopopea delle virtú keltikesi al completo, con un<strong>di</strong>ci<br />
bargigli, se pure inetti a spiccare una sola zeta dai denti: elettrotecnici miopi come<br />
carciofi: preti (presbiteriani) in abito <strong>di</strong> ballo, droghieri brachischelici 1 dalle brache<br />
piene <strong>di</strong> saccarina contrabbandata; ingegneri cornuti, me<strong>di</strong>ci delle budella, e dei<br />
rognoni, e specialisti del perepepè: guar<strong>di</strong>e giurate, ladri, gasisti, ruffiane asmatiche,<br />
stuccatori e stuccatrici d’ogni risma! e lo spettro del Vate a terrorizzare i polli,<br />
dopo mezzanotte, nel pollaio della Giuseppina! Jettatore porco! Questo mare senza<br />
requie, fuori, sciabordava contro l’approdo <strong>di</strong> demenza, si abbatteva alle dementi<br />
riviere offrendo la sua perenne schiuma, ribevendosi la sua turpe risacca. Pomata<br />
mercuriale o vangeli apocrifi, là, là, verso l’allucinato fulgore degli Odéons: con<br />
<strong>di</strong>etro i magazzini generali della <strong>di</strong>tta Flejos, y compañeros.<br />
La sarabanda famelica vorticava sotto i globi elettrici dondolati dal pampero,<br />
tra miria<strong>di</strong> <strong>di</strong> sifoni <strong>di</strong> seltz. La luce del mondo capovolto 2 si beveva le sue folle<br />
uricemiche, <strong>prof</strong>umieri in balia del Progreso, uretre livellate dallo seltz. «¡Mozo,<br />
tráigame otro sifón!». Una giuliva bischeraggine animava le facce <strong>di</strong> tutti; le donne,<br />
come si grattassero un acne, o con gesti <strong>di</strong> bertucce cui sia data tra mano alcuna<br />
cacaruetta, 3 si davan la cipria a ogni piatto: mangiavano minestrone e matita. E<br />
tutti speravano, speravano, giulivi. Ed erano pieni <strong>di</strong> fiducia. Oppure, autorevoli,<br />
tacevano. A tavolino; petto in fuori, busto eretto; incartonati nell’arnese d’amido<br />
dello smoking quasi nel cerotto e nel turgore supremo della certezza e della realtà<br />
1 Dalle gambe corte. «In<strong>di</strong>ce schelico», nell’antropologia, il rapporto tra la lunghezza delle<br />
gambe e l’altezza della persona.<br />
2 Cioè dell’emisfero australe. Il pampero è il vento delle Pampas.<br />
3 Ingiustificato francesismo per aràchide, nocciolina americana.<br />
dalle parole come macellai-scimitarra, mezzo<br />
uomini mezzo oggetto alla Bosch; o i droghieri<br />
brachischelici. Tutti <strong>di</strong>mentichi della volgarità del<br />
loro lavoro, tutti resi tronfi dal denaro, qualcuno<br />
con un<strong>di</strong>ci bargigli, incapaci <strong>di</strong> pronunciare una<br />
parola in italiano.<br />
Lo spettro del Vate...: poeta vate <strong>di</strong> questa<br />
borghesia affarista ed ignorante, <strong>di</strong>ce G., fu<br />
D’Annunzio, con i suoi spiriti guerrieri capaci <strong>di</strong><br />
spaventare soli i polli della Giuseppina.<br />
Giuseppina: è il nome della villa, Maria Giuseppina<br />
per la verità, che possedeva anche<br />
un pollaio la cui rete metallica era stata una<br />
straor<strong>di</strong>naria passeggiata d’un fulmine. Il racconto<br />
della quale rappresenta una delle pagine<br />
<strong>di</strong> maggiore bravura <strong>di</strong> G.: era già presente<br />
nell’Adalgisa.<br />
Bischeraggine: toscanismo.<br />
E tutti speravano... realtà biologica: la stupi<strong>di</strong>tà<br />
dei borghesi lombar<strong>di</strong> è tutta qui: nella fiducia<br />
nella loro ricchezza e nel loro denaro: o meglio<br />
nella loro capacità <strong>di</strong> concludere affari con, o<br />
non ostante le bugie con le quali essi cercavano<br />
<strong>di</strong> catturare (aucupio) la fiducia <strong>di</strong> qualche<br />
ingenuo.<br />
Pomata mercuriale... y compañeros: La pomata<br />
mercuriale era un composto a base <strong>di</strong><br />
mercurio che era utilizzata nella cura della<br />
sifilide. È il trionfo <strong>di</strong> una classe fisicamente ed<br />
intellettualmente (vangeli apocrifi) tarata che<br />
corre verso l’esibizione del lusso rappresentato<br />
dagli Odéons.<br />
Folle uricemiche: umanità affetta dall’uricemia,<br />
malattia del benessere.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 149
Analisi Tecnica. Gadda<br />
biologica. Di quando in quando facevano pisciare i sifoni: e il sifone virilmente<br />
mingente conferiva alla mano del <strong>di</strong>soccupato una tal quale gravità. E si gargarizzavano,<br />
baritonali, glabri, col collutorio dei ricor<strong>di</strong>: vantando immaginarie notti<br />
e lucri <strong>di</strong> <strong>di</strong>amanti rivenduti: (ma non mai esistiti): taceva, il viso-bugia della<br />
femmina, circa l’aucupio vero.<br />
Il figlio, all’impie<strong>di</strong>, presso la tavola, guardava senza vedere il modesto apparecchio,<br />
il poco fumo che ne veniva esalando: mentre la sua vecchia ma mma<br />
cercava ancora qualche posata, un piatto, un pretesto, dalla credenza all’arma<strong>di</strong>o<br />
<strong>di</strong> cucina. Era <strong>di</strong> nuovo inquieta.<br />
Ragazzi: con gambe come due spàragi. I<strong>di</strong>oti dentro la capa piú che se la fosse<br />
fatta <strong>di</strong> un tubero, infanti una pur che fosse favella: dopo do<strong>di</strong>ci generazioni <strong>di</strong><br />
granoturco e <strong>di</strong> migragna dai pie<strong>di</strong> ver<strong>di</strong> venuti fuori anche loro dall’Arca bastarda<br />
delle generazioni, a cercar <strong>di</strong> barbugliare una qualche loro millanteria tirchia<br />
nel foro: lo sbilenco foro <strong>di</strong> Pastrufazio! venuti giú, giú, dai formaggini fetenti del<br />
Monte Viejo alle piú trombose bocciature del l’Uguirre, 1 muti e acefali in castigliano,<br />
sor<strong>di</strong> al latino, reprobi al greco, inetti alle istorie, col cervello sotto zero in<br />
geometria e in aritmetica, non sufficienti nel tiralinee, perfino con la geografia<br />
erano insufficienti! bisognava sfiatarsi per delle settimane, degli anni, a fargli capire<br />
che cos’è una carta del vittorioso Ma radagàl! e come si fa a far le carte: e ancora<br />
ancora non ce la facevano, poveri tesori!<br />
Eppure venivano giù come un olio al loro imban<strong>di</strong>erato varo, varati finalmente<br />
nel sciocchezzaio con tutti gli onori e i carismi: carene insevate da stupi<strong>di</strong>tà.<br />
Piú insulsi erano, e piú felice e liscio gli andava sottoculo lo scivolo, giú, giú dal<br />
croconsuelo verde del Monte Viejo alla tumefazione galleggiativa dell’avenida,<br />
bargigli al completo. Una qualche vecchia grinzosa si riusciva sempre a trovarla,<br />
nel magazzino delle vecchie, con sei e perfino sette denti in bocca, per mollare la<br />
bottiglia propiziatoria sulla prua dell’analfabeta: tanto da dare quel po’ <strong>di</strong> cocci in<br />
rimbalzo che il rito richiede, se Dio vuole, con quel bioccoletto <strong>di</strong> spuma. (Le gote<br />
del vitello, in ogni modo, bisognava laccarle d’una congrua dose <strong>di</strong> saliva adulatrice,<br />
piagnucolandogli e sbrodandogli addosso, a ogni nuova trombata, il muco<br />
ammirativo d’un naso piriforme, affettuosissimo, brodosissimo).<br />
E come a culo in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong>scende la nave, così essi, il maggior numero, come<br />
nave o gambero, e proprio perché gamberi, a culo in<strong>di</strong>etro, in ragione dei loro<br />
1 Il liceo «Presidente Uguirre», situato nei quartieri nordorientali della città<br />
Lessico<br />
Capa... tubero: nei <strong>di</strong>al. meri<strong>di</strong>on. Tubero <strong>di</strong><br />
rapa.<br />
Infanti: infante è il bambino che non ha ancora<br />
imparato a parlare. Qui è accentuata piuttosto<br />
l’incapacità.<br />
Pastrufazio: è la città più <strong>di</strong>namica del Maragadàl<br />
sede <strong>di</strong> una Corte <strong>di</strong> giustizia ricca <strong>di</strong><br />
«lucubrativi magistrati».<br />
Formaggini fetenti del Monte Vejo: Montevec<br />
150 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
chio è paesino famoso per i formaggi molli<br />
fermentati, dall’odore penetrante.<br />
Varo: è locuzione ancora in uso nelle licenze<br />
liceali.<br />
Insevate: unte <strong>di</strong> sevo o sego, <strong>di</strong> grasso animale.<br />
Croconsuelo verde: gorgonzola verde?<br />
Tumefazione galleggiativa del’avenida: boria,<br />
voglia <strong>di</strong> emergere, galleggiare nella (società<br />
della) via più importante della città.<br />
Lucentezza nardosa: alludele a cosmetici (economici)<br />
a base d’erbe, tra cui, appunto, il nardo.<br />
Capegli: plurale letterar. per capelli.
Analisi Tecnica. Gadda<br />
non-titoli, <strong>di</strong>scendevano, scivolavano felicemente nel mondo. Pittati <strong>di</strong> un loro<br />
splendore nuovo. E altri, nelle <strong>di</strong> cui gote floride sotto la lucentezza nardosa de’<br />
capegli si percepiva <strong>di</strong> leggieri un’adolescenza alla flanellina, e al rosbiffe. Aiole <strong>di</strong><br />
rosbiffe! Tutti, tutti entravano nella luce: li avvolgeva la luce della vita, versata<br />
sulle loro teste unte dai pazienti alternatori della Cor<strong>di</strong>llera. Che ne inaffiano i<br />
para<strong>di</strong>si <strong>di</strong> stucco. Tutti, tutti! Turchi, frittellari, circassi, men<strong>di</strong>canti ghitarroni<br />
d’Andalusia, polacchi, armeni, mongoli, santoni arabi in bombetta, labbroni senegalesi<br />
dai pie<strong>di</strong> caprigni, e perfino i Langobardòi <strong>di</strong> Cormanno, immigrati da<br />
Cormanno (Curtis Manni), a battere, anche nel nuovo mondo, il primato della<br />
ottusità e della mancanza <strong>di</strong> fantasia. E l’agente della casa <strong>di</strong> <strong>prof</strong>umi, gréculo; e<br />
quello, ebreo, della casa <strong>di</strong> tappeti. Che collocava poi anche, per suo conto, a ora<br />
<strong>di</strong> dopolavoro, quadri, benché usati, partite <strong>di</strong> cenci da cartiera, e mobilio eretico<br />
del 16°. Tutti, tutti.<br />
[…]<br />
Orologi a braccialetto! Taluni avevano dei veri cronometri, cioè, (spiegavano),<br />
misuratori del tempo: con una terza, quarta e quinta lancetta, sottilissime: l’ultima<br />
ad<strong>di</strong>rittura filiforme, che demarrava in velocità solo premere, tic! , un pernetto<br />
segreto, con il polpastrello del pollice: ed era per le corse, alle mosse, cioè alla partènsa,<br />
con l’esse, che <strong>di</strong> quando in quando la chiamavano però anche starting: o<br />
all’arrivo, una testa, mezza testa.<br />
Il quadrante, nero, con i mesi e i quarti delle lune d’un filo rosso-scarlatto, o<br />
in oro-vespero, con i secon<strong>di</strong>, i minuti, gli anni, le ore, le egire, in verde e in color<br />
limone; e in blú zaffiro le rivoluzioni <strong>di</strong> Urano. Tantoché un simile cronometro<br />
sul polso del tabaccaio, chi appena lo avverta, e non si può non adocchiarlo, viene<br />
a inserire il suo portatore glorioso in una supposta élite matematico-geomantica, o<br />
geofisica, come chi <strong>di</strong>cesse una casta sacerdotale-astrologica egizia o caldaica, una<br />
comunità chiusa orfico-pitagorica detentrice <strong>di</strong> copernicano contrabbando due<br />
mill’anni avanti Copernico. Mentre il piú delle volte si tratta <strong>di</strong> un normalissimo<br />
e solvibilissimo Brusuglio, trasferitosi al <strong>di</strong> là dell’oceano «col suo ingegno e la sua<br />
forza <strong>di</strong> volontà». In fase ascensionale, dunque.<br />
La mamma, ora, dopo essere uscita e rientrata piú volte, attendeva ella pure<br />
all’impie<strong>di</strong>, quasi tremando, le mani ricongiunte sul grembo, che il figliuolo si<br />
mettesse a tavola. Ingegnandosi dentro il buio della cucina, dal fondo <strong>di</strong> un <strong>di</strong>menticato<br />
vaso la sua speranza tenace era pervenuta a stanare alcuni sottaceti:<br />
e quei tre peperoncini verdastri, vizzi, aggiustatili in un piattino slabbrato, da<br />
caffè, tornata poi nella sala aveva deposto il piattino sulla tavola, nell’atto devoto<br />
Di leggieri: letterar. per facilmente. La scelta<br />
letteraria <strong>di</strong> questo passo è in contrapposizione<br />
dalla ignoranza dei giovani borghesi.<br />
Alternatori della Cor<strong>di</strong>llera: centrali elettriche<br />
della (nella finzione) Cor<strong>di</strong>llera.<br />
I para<strong>di</strong>si <strong>di</strong> stucco: allude al largo uso dello<br />
stucco nelle decorazioni liberty <strong>di</strong> palazzi, case,<br />
ville. Tipicamente borghesi.<br />
Turchi... mancanza della fantasia: gli immigrati<br />
nel Maragadàl: facile trasposizione <strong>di</strong> altra<br />
immigrazione interna <strong>di</strong> quegli anni.<br />
Brusuglio: località vicino a Milano.<br />
Langobardòi <strong>di</strong> Cormanno: Cormano è un paese<br />
vicino a Milano.<br />
Orologi a braccialetto!: La <strong>di</strong>gressione oppone<br />
all’estraneità e l’insicurezza da cui era affetto<br />
Gonzalo la certezza dei borghesi , o la stupida<br />
certezza negli orologi da polso, negli atteggiamenti<br />
veramente ri<strong>di</strong>coli dei borghesi lombar<strong>di</strong>.<br />
Demarrava: dal francese démarrer, salpare,<br />
partire ecc. Notevole la mancanza della preposizione.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 151
Analisi Tecnica. Gadda<br />
<strong>di</strong> Melchiorre che depone in offerta, davanti al Pargolo, il vasello prezioso della<br />
mirra. Un’agitazione dolorosa martellava <strong>di</strong> nuovo i suoi minuti scarni: i vecchi<br />
e frusti minuti! pieni solo d’un batticuore. Gonzalo seguitava a fissare come un<br />
sonnambulo, senza vederli, il servito, la tovaglia, il cerchio della lucernetta sulla<br />
tavola. Poco piú fumo, oramai, dalla scodella, verso i fastigi della tenebra.<br />
Dove andava la sua conoscenza umiliata, coi lembi laceri della memoria nel<br />
vento senza piú causa né fine? Dove agivano le menti operose circa la verità, con<br />
la loro sicurezza giusta, illuminata da Dio?<br />
Camerieri neri, nei «restaurants», avevano il frac, per quanto pieno <strong>di</strong> padelle:<br />
e il piastrone d’amido, con cravatta posticcia. Solo il piastrone s’intende: cioè senza<br />
che quella imponentissima fra tutte le <strong>di</strong>gnità pettorali arrivasse mai a ra<strong>di</strong>carsi<br />
in una totalitaria armonia, nella fisiologia necessitante d’una camicia. La quale<br />
mancava onninamente.<br />
Pervase da un sottile brivido, le signore: non appena si sentissero onorare dell’appellativo<br />
<strong>di</strong> signora da simili ossequenti fracs. «Un misto pan na-cioccolatto per<br />
la signora, sissignora!». Era, dalla nuca ai calcagni, come una staffilata <strong>di</strong> dolcezza,<br />
«la pura gioia ascosa» dell’inno. 1 E anche negli uomini, del resto, il prurito segreto<br />
della compiacenza: su, su, dall’inguine verso le meningi e i bulbi: l’illusione, quasi,<br />
d’un attimo <strong>di</strong> potestà marchionale. Dimenticati tutti gli scioperi, <strong>di</strong> colpo; le urla<br />
<strong>di</strong> morte, le barricate, le comuni, le minacce d’impiccagione ai lampioni, la porpora<br />
al Père Lachaise; e il caglio nero e aggrumato sul goyesco abbandono dei <strong>di</strong>stesi,<br />
dei rifiniti; e le cagnare e i blocchi e le guerre e le stragi, d’ogni qualità e d’ogni<br />
terra; per un attimo! per quell’attimo <strong>di</strong> delizia. Oh! spasimo dolci! Procuratoci<br />
dal reverente frac: «Un taglio limone-seltz per il signore, sissignore! Taglio limone-seltz<br />
al signore!». Il grido meraviglioso, fastosissimo, pieno d’ossequio e d’una<br />
toccante premura, piú inebriante che melode elisia <strong>di</strong> Bellini, rimbalzava <strong>di</strong> garzone<br />
in garzone, <strong>di</strong> piastrone in piastrone, locupletando <strong>di</strong> nuovi sortilegi destrogiri gli<br />
ormoni marchionici 2 del committente; finché, pervenuto alla <strong>di</strong>spensa, era: «un<br />
taglio limone-seltz per quel belinone d’un 128! ».<br />
1 Citazione sbagliata e assolutamente impropria dal noto, sublime invocativo de «La Pentecoste».<br />
Il Poeta, rivolgendosi allo Spirito Santo, chiede gioie al plurale per le clarisse: Manda alle<br />
ascose vergini – Le pure gioie ascose; – Consacra delle spose – Il verecondo amor.<br />
2 Giuoco fra marchese e Marchionn, personaggio portiano. L’A. immagina che gli ormoni del<br />
committente, deliziato dall’ossequio, si arricchiscano <strong>di</strong> nuove meravigliose combinazioni chimiche:<br />
(sortilegi). Destrogiri, sinistrogiri: termini della chimica strutturale, della geometria e della<br />
cristallografia: e <strong>di</strong>consi, in genere, <strong>di</strong> due strutture molecolari simmetriche, cioè metricamente<br />
eguali ma non sovrapponibili. (Vite destra e vite sinistra).<br />
Lessico<br />
Comuni: allude alla seconda comune <strong>di</strong> Parigi<br />
in seguito alla quale, per altro preparata dall’Internazionale<br />
e dal Congr. <strong>di</strong> Losanna (1866),<br />
il nome <strong>di</strong> comune entrò nel <strong>di</strong>zionario dei<br />
movimenti operai.<br />
Porpora al Pére Lachaise: Pére La Chaise era<br />
confessore <strong>di</strong> Luigi XIV da lui prese nome uno<br />
152 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
dei più bei cimiteri <strong>di</strong> Parigi. Qui il 28 maggio<br />
1871 si concluse la semaine sanglante durante<br />
la quale Mac Mahon combatté i comunar<strong>di</strong> che<br />
avevano decretato la fine <strong>di</strong> tutti i culti. Proprio<br />
su un muro del cimitero furono eseguite le<br />
ultime numerose fucilazioni.<br />
Il caglio nero e aggrumato: allude alle azioni<br />
violente delle squadre fasciste che lasciano<br />
<strong>di</strong>stesi e sfiniti gli avversari in un abbandono
Analisi Tecnica. Gadda<br />
[…] Tutti, tutti: e piú che mai quei signori attavolati. Tutti erano consideratissimi!<br />
A nessuno, mai, era mai venuto in mente <strong>di</strong> sospettare che potessero anche<br />
essere dei bischeri, putacaso, dei bambini <strong>di</strong> tre anni.<br />
Nemmeno essi stessi, che pure conoscevano a fondo tutto quanto li riguardava,<br />
le proprie unghie incarnite, e le verruche, i nèi, i calli, un per uno, le varici, i<br />
foruncoli, i baffi solitari: neppure essi, no, no, avrebbero fatto <strong>di</strong> se medesimi un<br />
simile giu<strong>di</strong>zio.<br />
E quella era la vita.<br />
Fumavano. Subito dopo la mela. Apprestandosi a scaricare il fascino che da<br />
lunga pezza oramai, cioè fin dall’epoca dell’ossobuco, si era andato a mano a mano<br />
accumulando nella <strong>di</strong> loro persona – (come l’elettrico nelle macchine a strofinìo)<br />
– ecco, ecco, tutti eran certi che un loro impreveduto decreto avrebbe lasciato<br />
scoccare sicuramente la importantissima scintilla, folgore e sparo <strong>di</strong> Si gno ria<br />
su adeguato spinterògeno ambientale, <strong>di</strong> forchette in travaso. Cascate <strong>di</strong> posate<br />
tintinnanti! Di cucchiaini!<br />
Ed erano appunto in procinto <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>venire a quell’atto imprevisto, e però<br />
curiosissimo, ch’era così instantemente evocato dalla tensione delle circostanze.<br />
Estraevano, con <strong>di</strong>stratta noncuranza, <strong>di</strong> tasca, il portasigarette d’argento:<br />
poi, dal portasigarette, una sigaretta, piuttosto piena e massiccia, col bocchino <strong>di</strong><br />
carta d’oro; quella te la picchiettavano leggermente sul portasigarette, richiuso nel<br />
frattempo dall’altra mano, con un tatràc; la mettevano ai labbri; e allora, come<br />
infasti<strong>di</strong>ti, mentre che una sottil ruga orizzontale si delineava sulla lor fronte,<br />
onnubilata <strong>di</strong> cure altissime, riponevano il trascurabile portasigarette. Passati<br />
alla cerimonia dei fiammiferi, ne rinvenivano finalmente, dopo aver cercato in<br />
due o tre tasche, una bustina a matrice: ma, apertala, si constatava che n’erano<br />
già stati tutti spiccati, per il che, con <strong>di</strong>spitto, la bustina veniva immantinenti<br />
estromessa dai confini dell’Io. E derelitta, ecco, giaceva nel piatto, con bucce.<br />
Altra, infine, soccorreva, stanata ultimamente dal 123° taschino. Dissigillavano il<br />
francobollo-sigillo, ubiqua immagine del Fisco Uno e Trino, fino a denudare in<br />
quella pettinetta miracolosa la Urmutter <strong>di</strong> tutti gli spiritelli con capocchia. Ne<br />
spiccavano una unità, strofinavano, accendevano; spianando a serenità nuova la<br />
fronte, già così so praccaricata <strong>di</strong> pensiero: (ma pensiero fessissimo, riguardante,<br />
per lo piú, articoli <strong>di</strong> bigiutteria in celluloide). Riponevano la non piú necessaria<br />
cartina in una qualche altra tasca: quale? oh! se ne scordano all’atto stesso; per aver<br />
motivo <strong>di</strong> rinnovare (in occasione d’una contigua sigaretta) la importantissima<br />
e fruttuosa ricerca.<br />
Dopo <strong>di</strong> che, oggetto <strong>di</strong> stupefatta ammirazione da parte degli «altri tavoli»,<br />
come quello <strong>di</strong> alcuni cadaveri presenti nei<br />
quadri <strong>di</strong> Goya. Il riferimento fa da contraltare<br />
alla porpora del cimitero parigino.<br />
Melode elisia <strong>di</strong> Bellini: con termini dannunziani<br />
G. allude alla dolcezza della melo<strong>di</strong>a delle opere<br />
<strong>di</strong> Vincenzo Bellini.<br />
Belinone: derivato dal <strong>di</strong>aletto milanese.<br />
Dispitto: Dante, Inf. x, 36.<br />
Urmutter: tedesco, madre pimigenia.<br />
Biguitteria: dal francese bijoux.<br />
Sibariti in trentaduesimo: se il sibariti in<strong>di</strong>ca la<br />
propensione al piacere e al lusso; in trentaduesimo<br />
è locuzione tipografica e sta ad in<strong>di</strong>care<br />
un libro dalle <strong>di</strong>mensioni assai ridotte, poiché il<br />
foglio tipografico veniva piegato tante volte sino<br />
ad ottenere trentadue fogli. Alla fine dunque<br />
l’espressione significa sibariti che possono<br />
permettersi ben poco.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 153
Analisi Tecnica. Gadda<br />
aspiravano la prima boccata <strong>di</strong> quel fumo d’eccezione, <strong>di</strong> Xanthia, o <strong>di</strong> Turmac; in<br />
una voluttà da sibariti in trentaduesimo, che avrebbe fatto pena a un turco stitico.<br />
E così rimanevano: il gomito appoggiato sul tavolino, la sigaretta fra me<strong>di</strong>o e<br />
in<strong>di</strong>ce, emanando voluttuosi ghirigori; mescolati <strong>di</strong> miasmi, questo si sa, dei bronchi<br />
e dei polmoni felici, mentre che lo stomaco era tutto messo in giulebbe, e andava<br />
<strong>di</strong>etro come un <strong>di</strong>sperato ameboide a mantrugiare e a peptonizzare l’ossobuco. La<br />
peristalsi veniva via con un andazzo trionfale, da parer canto e trionfo, e presagio<br />
lontano <strong>di</strong> tamburo, la marcia trionfale dell’Aida o il toreador della Carmen.<br />
Così rimanevano. A guardare. Chi? Che cosa? Le donne? Ma neanche. Forse a<br />
rimirare se stessi nello specchio delle pupille altrui. In piena valorizzazione dei loro<br />
polsini, e dei loro gemelli da polso. E della loro faccia <strong>di</strong> manichini ossibuchivori.<br />
Molte réclames <strong>di</strong> tabacchi, o <strong>di</strong> liquori, dei piú oleosi e giallo-ver<strong>di</strong>, erano<br />
state inspirate, in tutto il Sud-America, dalla eleganza dei polsi delle loro camicie.<br />
Sulla retrocoperta del Fray Mocho, ad esempio, si vedeva <strong>di</strong> frequente il fumo<br />
d’una sigaretta a esalare dalla bocca d’un tale verso il soffitto, cioè verso il limite<br />
fisico della pagina: in tenui volute, elegantissime: e il gomito era sulla tavola, e il<br />
bicchierino oleoso. E il polsino, e le <strong>di</strong>ta «aristocratiche», e la sigaretta, erano alti<br />
e invi<strong>di</strong>abili davanti la virile cera <strong>di</strong> <strong>di</strong>gestione (del buco e osso), con baffi, per<br />
quanto opportunamente cimati. Anime ardenti, sognanti, <strong>di</strong> giovani, per lo piú<br />
fattorini <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o delle classi giovani e lavoranti-parrucchieri, fantasticavano <strong>di</strong><br />
poter arrivare a tanto: un giorno! Dagli Appennini alle Ande. Con quella sigaretta<br />
tra me<strong>di</strong>o e in<strong>di</strong>ce, quel bicchierino giallo sulla tavola, quel polsino, quei gemelli<br />
da polso. Oh! sì, sì! Quello, veramente, lo si vedeva ch’era arrivato a poter <strong>di</strong>re <strong>di</strong><br />
se stesso: «Yo soy un hombre». Non era una faccia <strong>di</strong> bischero: no, no.<br />
Il figlio, all’impie<strong>di</strong>, con gli occhi sbarrati sopra il paralume, ricordò proprio che<br />
il giovane del suo parrucchiere, alcune settimane avanti, in Saenz Peña, gli aveva<br />
mormorato in un orecchio: «Como me gustaria, sabe Usted señor don Gonzalo....<br />
asentarme a tomar una copita de licor.... por la tarde, en una mesa.... ese.... del<br />
Donisetti.... – (pronunziava così, alla spagnola) – .... viendo pasear a las guapas<br />
en toda la calle.... a los caballeros.... a los coches.... sabe Usted, ese bene<strong>di</strong>ctìn ....<br />
Lessico<br />
Disperato ameboide: lo stomaco si muoveva,<br />
<strong>di</strong>ce G., come un’ameba.<br />
Mantrugiare: toscanismo, letteralmente ’maltrattare<br />
con le mani’: naturalmente qui valgono<br />
anche i valore fonetici.<br />
Peptonizzare: i peptoni sono il risultato della<br />
<strong>di</strong>gestione: dunque, <strong>di</strong>gerire.<br />
Peristalsi: movimento dei visceri che spinge il<br />
contenuto, nello specifico il cibo.<br />
Per quanto opportunamente cimati: <strong>di</strong>ta, sigaretta<br />
e polsini sporgevano in misura opportunamente<br />
stu<strong>di</strong>ata.<br />
Dagli Appennini alle Ande: è un racconto mensile<br />
del Cuore <strong>di</strong> E. De Amicis in cui un fanciullo,<br />
partito dall’Italia, attraverso una lunga serie <strong>di</strong><br />
154 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
avventure e <strong>di</strong>savventure, giunge a ritrovare la<br />
madre emigrata nelle Americhe, della quale non<br />
si avevano più notizie.<br />
Como me gustaria ... : « Come mi piacerebbe,<br />
sapete signor don Gonzalo... allontanarmi<br />
a prendere un bicchierino <strong>di</strong> liquore, ad un<br />
tavolino ... questo ... del Donizetti [...] guardando<br />
passare le ragazze in tutta la strada ...<br />
i signori ... le carrozze ... voi sapete, questo<br />
monaco ... penso che voi [...] tutti i giorni ... si<br />
può permettere un tale lusso ... Permettetemi,<br />
signor ingegnere [...] Sapete ? come in quella<br />
reclame che si vede dappertutto ... Un grande<br />
arista deve averla fatta, non vi sembra ? ... con<br />
questa mano sollevata ... e davanti il bicchiere<br />
... la sigaretta ... – Vuole un fiammifero ?... – ...<br />
acceso ...».
Analisi Tecnica. Gadda<br />
supongo que Usted – (volle sorridere) – todos los <strong>di</strong>as .... podrá permitirse este<br />
lujo.... Permìtame, señor ingeniero – (e gli tagliò secco, zic, un pelo sotto il naso)<br />
– ¿sabe Usted? como en aquella réclame que vemos en todas partes.... Un gran<br />
artista la hizo, ¿no le parece? .... con esa mano levantada.... y la copita por adelante....<br />
y el cigarrillo.... – ¿Quiere mag-nesia? .... – .... encen<strong>di</strong>do .... ».<br />
Gli erre, come corde <strong>di</strong> guitarra, vibrarono in tutta la loro violenza acerba: lo<br />
stupendo i<strong>di</strong>oma, parecido a una luz, a una llama, esalava dal fremito, dal calore<br />
dei labbri. I denti facevano pensare d’u na purità feroce, lontana, verso le nevi della<br />
Sierra. Gli occhi malinconici – (era, sui barattoli <strong>di</strong> tutte le pomate, il tramonto)<br />
– luccicarono <strong>di</strong> una straor<strong>di</strong>naria speranza.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 155
156 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
ITALO CALVINO<br />
LE COSMICOMIChE<br />
la dISTaNZa dalla luNa<br />
Una volta, secondo Sir George H. Darwin, la Luna era molto vicina alla Terra.<br />
Furono le maree che a poco a poco la spinsero lontano: le maree che lei Luna provoca<br />
nelle acque terrestri e in cui la Terra perde lentamente energia.<br />
Lo so bene ! – esclamò il vecchio Qfwfq, – voi non ve ne potete ricordare ma io<br />
sì. L’avevamo sempre addosso, la Luna, smisurata: quand’era il plenilunio – notti<br />
chiare come <strong>di</strong> giorno, ma d’una luce color burro –, pareva che ci schiacciasse;<br />
quand’era lunanuova rotolava per il cielo come un nero ombrello portato dal vento;<br />
e a lunacrescente veniva avanti a corna così basse che pareva lì lì per infilzare la<br />
cresta d’un promontorio e restarci ancorata. Ma tutto il meccanismo delle fasi<br />
andava <strong>di</strong>versamente che oggigiorno: per via che le <strong>di</strong>stanze dal Sole erano <strong>di</strong>verse,<br />
e le orbite, e l’inclinazione non ricordo <strong>di</strong> che cosa; eclissi poi, con Terra e Luna<br />
così appiccicate, ce n’erano tutti i momenti: figuriamoci se quelle due bestione<br />
non trovavano modo <strong>di</strong> farsi continuamente ombra a vicenda.<br />
L’orbita? Ellittica, si capisce, ellittica: un po’ ci s’appiattiva addosso e un po’<br />
prendeva il volo. Le maree, quando la Luna si faceva più sotto, salivano che non<br />
le teneva più nessuno. C’erano delle notti <strong>di</strong> plenilunio basso basso e d’altamarea<br />
alta alta che se la Luna non si bagnava in mare ci mancava un pelo; <strong>di</strong>ciamo: pochi<br />
metri. Se non abbiamo mai provato a salirci ? E come no ? Bastava andarci proprio<br />
sotto con la barca, appoggiarci una scala a pioli e montar su.<br />
Il punto dove la Luna passava più basso era al largo degli Scogli <strong>di</strong> Zinco.<br />
Andavamo con quelle barchette a remi che si usavano allora, tonde e piatte, <strong>di</strong><br />
sughero. Ci si stava in parecchi: io, il capitano Vhd Vhd, sua moglie, mio cugino<br />
Quando a metà degli anni Sessanta C. si trasferisce a Parigi, entra in contatto con l’Oulipo<br />
(Ouvroir de Littérature potentielle), in cui la figura più eminente fu Raymond Queneau, e che<br />
sosteneva che la creatività letteraria poteva essere incrementata attraverso l’autoimposizione<br />
<strong>di</strong> alcuni vincoli <strong>di</strong> natura matematica. Di non poco rilievo fu anche l’influenza dell’intellettualismo<br />
<strong>di</strong> Borges. Con tali premesse ambientali e dall’interesse dello scrittore per le scienze e<br />
la letteratura nascono Le cosmicomiche (1965) che sono costituite da racconti che mettono<br />
in forma narrativa alcune ipotesi scientifiche sulla origine e sulla natura dell’universo, dalla<br />
sua nascita prima del Big bang alla formazione del sistema solare. Su questo scenario che<br />
costituisce lo sfondo scientifico dei racconti nascono situazioni e si svolgono vicende spesso<br />
comuni che propongono perciò una continua forte contrad<strong>di</strong>zione da cui nasce il comico.<br />
L’operazione calviniana, all’apparenza concettualmente semplice, ha sempre esplicito intento<br />
quello <strong>di</strong> mantenere intatto l’ufficio che egli assegna alla letteratura: indagare l’animo<br />
dell’uomo, sporgersi dall’orlo del conosciuto e del noto per guardare verso l’inconscio: nello<br />
specifico del racconto riportato a petto del mistero della luna stanno quelli del cugino sordo<br />
e della moglie del capitano.
Analisi Tecnica. Calvino<br />
il sordo, e alle volte anche la piccola Xlthlx che allora avrà avuto do<strong>di</strong>ci anni.<br />
L’acqua era in quelle notti calmissima, argentata che pareva mercurio, e i pesci,<br />
dentro, violetti, che non potendo resistere all’attrazione della Luna venivano tutti<br />
a galla, e così polpi e meduse color zafferano. C’era sempre un volo <strong>di</strong> bestioline<br />
minute – piccoli granchi, calamari, e anche alghe leggere e <strong>di</strong>afane e piantine <strong>di</strong><br />
corallo – che si staccavano dal mare e finivano nella Luna, a penzolare giù da quel<br />
soffitto calcinoso, oppure restavano lì a mezz’aria, in uno sciame fosforescente,<br />
che scacciavamo agitando delle foglie <strong>di</strong> banano.<br />
Il nostro lavoro era così: sulla barca portavamo una scala a pioli: uno la reggeva,<br />
uno saliva in cima, e uno ai remi intanto spingeva fin lì sotto la Luna; per questo<br />
bisognava che si fosse in tanti (vi ho nominato solo i principali). Quello in cima<br />
alla scala, come la barca s’avvicinava alla Luna, gridava spaventato: – Alt ! Alt ! Ci<br />
vado a picchiare una testata ! – Era l’impressione che dava, a vedersela addosso così<br />
immensa, così accidentata <strong>di</strong> spunzoni taglienti e orli slabbrati e seghettati. Ora<br />
forse è <strong>di</strong>verso, ma allora la Luna, o meglio il fondo, il ventre della Luna, insomma la<br />
parte che passava più accosto alla Terra fin quasi a strisciarle addosso, era coperta<br />
da una crosta <strong>di</strong> scaglie puntute. Al ventre d’un pesce, era venuta somigliando, e<br />
anche l’odore, a quel che ricordo, era, se non proprio <strong>di</strong> pesce, appena più tenue,<br />
come il salmone affumicato.<br />
In realtà, d’in cima alla scala s’arrivava giusto a toccarla tendendo le braccia, ritti<br />
in equilibrio sull’ultimo piolo. Avevamo preso bene le misure (non sospettavamo<br />
ancora che si stesse allontanando); l’unica cosa cui bisognava stare molto attenti<br />
era come si mettevano le mani. Sceglievo una scaglia che paresse salda (ci toccava<br />
salire tutti, a turno, in squadre <strong>di</strong> cinque o sei), m’aggrappavo con una mano, poi<br />
con l’altra e imme<strong>di</strong>atamente sentivo scala e barca scapparmi <strong>di</strong> sotto, e il moto<br />
della Luna svellermi dall’attrazione terrestre. Sì, la Luna aveva una forza che ti<br />
Lo stile<br />
L’attacco del racconto è una battuta <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso<br />
<strong>di</strong>retto, <strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogo tra il personaggio<br />
narratore Qfwfq ed il lettore, voi, che è coinvolto<br />
non soltanto a livello <strong>di</strong> colloquio, ma<br />
supposto partecipe, o potenziale partecipe,<br />
della situazione narrata. Perciò la scelta del<br />
narratore è quella <strong>di</strong> una lingua colloquiale, con<br />
un lessico quoti<strong>di</strong>ano, ma non sciatto, con frasi<br />
brevi, spesso esplicative, riprese, incisi. Si veda<br />
proprio il primo inciso: il plenilunio – notti chiare<br />
come il giorno, ma d’una luce color burro –,...:<br />
qui il paragone sfiora il linguaggio quoti<strong>di</strong>ano<br />
se non il banale, mentre color burro pur inscrivibile<br />
negli ambiti <strong>di</strong> un’in<strong>di</strong>cazione coloristica,<br />
per altro assai familiare, ha connotazioni che<br />
la collegano al contesto del racconto in cui<br />
si parlerà del latte della luna. I neologismi,<br />
lunanuova e lunacrescente, sono prodotti per<br />
semplice fusione dei due termine comunemente<br />
in uso, rappresentano casi eccezionali non solo<br />
nelle Cosmicomiche ma in tutta la produzione<br />
<strong>di</strong> C. Sono, peraltro, accompagnate da due<br />
paragoni in<strong>di</strong>viduati da caratteristiche simili e<br />
nello stesso tempo in qualche modo opposte.<br />
Il primo, come un nero ombrello portato dal<br />
vento, benché legato all’esperienza <strong>di</strong> tutti i<br />
giorni, trae una sua forza poetica dal referente<br />
la luna, e nuova per giunta, cui conferisce levità<br />
(la ’leggerezza’ delle Lezioni americane) e dal<br />
paradossale anacronismo tra l’ombrello e l’era<br />
in cui si svolge la vicenda. La lunacrescente<br />
viene avanti a corna ... basse, sì che, con una<br />
facile terminologia da corrida, pareva poter<br />
infilzare qualche sporgente picco del terreno e<br />
restarci ancorata: il paragone, sempre riportabile<br />
nell’ambito della leggerezza, ha un sfumatura<br />
comica che sembra voler bilanciare la poeticità<br />
del precedente paragone.<br />
Se l’andare <strong>di</strong>versamente riporta il registro<br />
nell’ambito del colloquio familiare, quel non ricordare<br />
l’inclinazione <strong>di</strong> cosa in<strong>di</strong>ca chiaramente<br />
il rifiuto non solo della terminologia scientifica,<br />
ma anche dei contenuti scientifici in quanto<br />
esatti: quei contenuti sono convogliati all’interno<br />
<strong>di</strong> un’affabilità, ad<strong>di</strong>rittura affettuosa, in quelle<br />
bestione che trovano sempre il modo <strong>di</strong> farsi ...<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 157
Analisi Tecnica. Calvino<br />
strappava, te ne accorgevi in quel momento <strong>di</strong> passaggio tra l’una e l’altra: bisognava<br />
tirarsi su <strong>di</strong> scatto, con una specie <strong>di</strong> capriola, afferrarsi alle scaglie, lanciare<br />
in su le gambe, per ritrovarsi in pie<strong>di</strong> sul fondo lunare. Visto dalla Terra apparivi<br />
come appeso a testa in giù, ma per te era la solita posizione <strong>di</strong> sempre, e l’unica<br />
cosa strana era, alzando gli occhi, vederti addosso la cappa del mare luccicante con<br />
la barca e i compagni capovolti che dondolavano come un grappolo dal tralcio.<br />
Chi in quei salti <strong>di</strong>spiegava un particolare talento, era mio cugino il sordo. Le<br />
sue rozze mani, appena toccavano la superficie lunare (era sempre il primo a saltare<br />
dalla scala) si facevano improvvisamente soffici e sicure. Trovavano subito il<br />
punto in cui far presa per issarsi, anzi pareva che solo con la pressione delle palme<br />
egli aderisse alla crosta del satellite. Una volta mi parve ad<strong>di</strong>rittura che la Luna<br />
mentre lui protendeva le mani gli venisse incontro.<br />
Altrettanto abile egli era nella <strong>di</strong>scesa sulla Terra, operazione più <strong>di</strong>fficile ancora.<br />
Per noialtri, consisteva in un salto in alto, più in alto che si poteva, a braccia alzate<br />
(visto dalla Luna, perché visto dalla Terra invece era più simile a un tuffo, o a una<br />
nuotata in <strong>prof</strong>on<strong>di</strong>tà, le braccia penzoloni), uguale identico al salto dalla Terra,<br />
insomma, solo che adesso ci mancava la scala, perché sulla Luna non c’era niente<br />
a cui appoggiarla. Ma mio cugino, invece <strong>di</strong> buttarsi a braccia avanti, si chinava<br />
sulla superficie lunare a testa in giù come in una capriola, e prendeva a spiccare<br />
salti facendo forza sulle mani. Noi dalla barca lo vedevamo ritto nell’aria come se<br />
reggesse l’enorme palla della Luna e la facesse sobbalzare colpendola colle palme,<br />
finché le sue gambe non ci arrivavano a tiro e noi riuscivamo ad afferrarlo per le<br />
caviglie e tirarlo giù a bordo.<br />
Ora voi mi chiederete cosa <strong>di</strong>avolo andavamo a fare sulla Luna, e io ve lo spiego.<br />
Andavamo a raccogliere il latte, con un grosso cucchiaio ed un mastello. Il latte<br />
lunare era molto denso, come una specie <strong>di</strong> ricotta. Si formava negli interstizi tra<br />
scaglia e scaglia per la fermentazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi corpi e sostanze <strong>di</strong> provenienza<br />
terrestre, volati su dalle praterie e foreste e lagune che il satellite sorvolava. Era<br />
composto essenzialmente <strong>di</strong>: succhi vegetali, girini <strong>di</strong> rana, bitume, lenticchie,<br />
miele d’api, cristalli d’amido, uova <strong>di</strong> storione, muffe, pollini, sostanze gelatinose,<br />
vermi, resine, pepe, sali minerali, materiale <strong>di</strong> combustione. Bastava immergere il<br />
ombra a vicenda; oppure nelle maree che non<br />
le teneva ... nessuno; o, infine, nella ripetizione<br />
tutta colloquiale <strong>di</strong> ellittica. L’accentuarsi della<br />
tonalità colloquiale introduce la domanda del<br />
lettore suscitata dalla memoria dell’altezza delle<br />
maree e che Qfwfq ripete secondo la tecnica<br />
utilizzata all’inizio del cpv, ma che ora acquista<br />
un peculiare valore dal momento che dà avvio<br />
alla narrazione vera e propria. La quale si apre<br />
ancora con una <strong>prof</strong>essione <strong>di</strong> leggerezza: con<br />
la descrizione <strong>di</strong> uno sciame <strong>di</strong> bestioline minute<br />
che si muove dalla superficie argentata del mare<br />
verso la superficie lunare da cui penzola o resta<br />
a mezz’aria. Ed accanto alla leggerezza degli<br />
oggetti C. allinea un colorismo surreale: l’argenteo<br />
della superficie del mare, i pesci violetti,<br />
lo zafferano delle meduse, e le alghe <strong>di</strong>afane.<br />
Su questo sfondo si muovono i personaggi<br />
158 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
principali della narrazione, l’io dell’onnipresente<br />
narratore Qfwfq, Vhd Vhd il capitano <strong>di</strong> una<br />
barca il cui equipaggio è composto pressoché<br />
solo dalla sua famigliola, la sua donna, poi un<br />
colloquialissimo mio cugino il sordo e la figlioletta<br />
del capitano: sono i rapporti familiari (e l’approssimazione<br />
dell’età) che danno consistenza <strong>di</strong><br />
favola popolare ai personaggi. È tutto il racconto<br />
che si muove in quest’equilibrio tra ambiente<br />
(scientifico)surreale e quoti<strong>di</strong>anità (favolistica).<br />
Para<strong>di</strong>gmatico è il caso del cpv Il nostro lavoro...<br />
che vuol essere strutturato come una spiegazione,<br />
una sorta <strong>di</strong> manuale a posteriori dei<br />
viaggi sulla Luna. Avviatosi con un andamento<br />
manualistico, presenta nel secondo il <strong>di</strong>scorso<br />
<strong>di</strong>retto <strong>di</strong> quello che sta in cima alla scala con tre<br />
esclamazioni, piene d’imme<strong>di</strong>atezza, proprio <strong>di</strong><br />
chi stia per battere il capo contro qualcosa (né
Analisi Tecnica. Calvino<br />
cucchiaio sotto le scaglie che coprivano il suolo crostoso della Luna e lo si ritirava<br />
pieno <strong>di</strong> quella preziosa fanghiglia. Non allo stato puro, si capisce; le scorie erano<br />
molte: nella fermentazione (attraversando la Luna le <strong>di</strong>stese <strong>di</strong> aria torrida sopra<br />
i deserti) non tutti i corpi si fondevano; alcuni rimanevano conficcati lì: unghie e<br />
cartilagini, chio<strong>di</strong>, cavallucci marini, noccioli e peduncoli, cocci <strong>di</strong> stoviglie, ami<br />
da pesca, certe volte anche un pettine.<br />
Così questa puré, dopo raccolta, bisognava scremarla, passarla in un colino.<br />
Ma la <strong>di</strong>fficoltà non era quella: era come mandarla sulla Terra. Si faceva così: ogni<br />
cucchiaiata la si lanciava in su, manovrando il cucchiaio come una catapulta, con<br />
due mani. La ricotta volava e se il tiro era abbastanza forte s’andava a spiaccicare<br />
sul soffitto, cioè sulla superficie marina. Una volta là, restava a galla e tirarla su<br />
dalla barca era poi facile. Anche in questi lanci mio cugino il sordo <strong>di</strong>spiegava una<br />
particolare bravura; aveva polso e mira; con un colpo deciso riusciva a centrare il<br />
suo tiro in un mastello che gli tendevamo dalla barca. Invece io certe volte facevo<br />
cilecca; la cucchiaiata non riusciva a vincere l’attrazione lunare e mi ricadeva in<br />
un occhio.<br />
Non vi ho detto ancora tutto, delle operazioni in cui mio cugino eccelleva.<br />
Quel lavoro <strong>di</strong> spremere latte lunare dalle scaglie, per lui era una specie <strong>di</strong> gioco:<br />
invece del cucchiaio certe volte bastava ficcasse sotto le squame la mano nuda, o<br />
solo un <strong>di</strong>to. Non procedeva con or<strong>di</strong>ne ma in punti isolati, spostandosi dall’uno<br />
all’altro con salti, come volesse giocare degli scherzi alla Luna, delle sorprese, o<br />
ad<strong>di</strong>rittura provocarle il solletico. E dove metteva la mano lui, il latte schizzava<br />
fuori come dalle mammelle d’una capra. Tanto che a noialtri non restava che<br />
tenergli <strong>di</strong>etro, e raccogliere coi cucchiai la sostanza che egli andava, ora qua ora<br />
là, facendo gemere; ma sempre come per caso, dato che gli itinerari del sordo non<br />
parevano rispondere ad alcun chiaro proposito pratico. C’erano punti, per esempio,<br />
che toccava solamente per il gusto <strong>di</strong> toccarli: interstizi tra scaglia e scaglia,<br />
pieghe nude e tenere della polpa lunare. Alle volte mio cugino vi premeva non le<br />
va trascurata l’ironia della scelta linguistica aulica<br />
picchiare una testata !). Tanto nel momento manualistico<br />
quanto nell’urlo <strong>di</strong> chi sta sulla scala<br />
C. elude i toni della sorpresa, ma più carica i<br />
valori e i toni del realismo: i quali portano a trarre<br />
con buona conseguenzialità le conclusioni, per<br />
<strong>di</strong>r così, paradossali, della situazione: la Luna è<br />
vicinissima alla terra, con la sua gravità attrae<br />
la fauna marina <strong>di</strong> conseguenza ha l’odore del<br />
pesce, anzi appena più tenue, come il salmone<br />
affumicato. Che è la medesima tecnica narrativa<br />
dei racconti popolari della fanciulle allevate o<br />
aiutate dalle fate o delle streghe che coltivano<br />
il prezzemolo nel loro orto.<br />
Ora, se la spiegazione dell’odore della Luna è<br />
rinviata al seguito, il racconto ora prosegue sulla<br />
battuta <strong>di</strong> quello in cima alla scala, del quale si<br />
ri<strong>di</strong>mensiona il timore: in realtà, d’in cima alla<br />
scala... L’attacco del cpv fa da contrappunto<br />
al paradosso, ma vissuto e narrato come<br />
quoti<strong>di</strong>anità, dell’odore della Luna e propone<br />
una chiave non favolistica: tutto il <strong>di</strong>scorso ora<br />
si fa probabile, accettabile razionalmente: la<br />
capriola favorita dalla gravità lunare, l’attenzione<br />
alla scaglia cui aggrapparsi, le viste dalla<br />
terra e dalla Luna, tutto gioca a favore <strong>di</strong> una<br />
narrazione dall’apparenza, se non scientifica,<br />
probabile a patto <strong>di</strong> non tener conto delle<br />
con<strong>di</strong>zioni in dei luoghi e dei tempi in cui i fatti,<br />
ed in specifico le capriole si verificavano. Così<br />
senza alcuna sottolineatura <strong>di</strong> eccezionalità è<br />
data la composizione del latte lunare; anzi, e<br />
a noi pare costante, quanto più l’oggetto del<br />
narrare è oggettivamente improbabile, tanto più<br />
C. lo preannuncia con toni colloquiali e familiari:<br />
Ora voi mi chiederete cosa <strong>di</strong>avolo andavamo<br />
a fare sulla Luna, e io ve lo spiego. La raccolta<br />
del latte lunare rivela alcune caratteristiche della<br />
scrittura favolistica c.: la raccolta obbe<strong>di</strong>sce ad<br />
un bisogno primario, per sod<strong>di</strong>sfare il quale si<br />
muovono sul mare barche, che non pescano,<br />
o meglio, che non fanno la raccolta con reti nel<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 159
Analisi Tecnica. Calvino<br />
<strong>di</strong>ta della mano, ma – in una mossa ben calcolata dei suoi salti – l’alluce (montava<br />
sulla Luna a pie<strong>di</strong> scalzi) e pareva che ciò fosse per lui il colmo del <strong>di</strong>vertimento, a<br />
giu<strong>di</strong>care dallo squittio che emetteva la sua ugola, e dai nuovi salti che seguivano.<br />
Il suolo della Luna non era uniformemente squamoso, ma scopriva irregolari<br />
zone nude d’una scivolosa argilla pallida. Al sordo questi spazi morbi<strong>di</strong> davano la<br />
fantasia <strong>di</strong> capriole o voli quasi da uccello, come se volesse imprimersi nella pasta<br />
lunare con tutta la persona. Così inoltrandosi, a un certo punto lo perdevamo <strong>di</strong><br />
vista. Sulla Luna s’estendevano regioni che mai avevamo avuto motivo o curiosità<br />
d’esplorare, ed era là che mio cugino spariva; e io m’ero fatto l’idea che tutte quelle<br />
capriole e pizzicotti in cui si sbizzarriva sotto i nostri occhi non fossero che una<br />
preparazione, un prelu<strong>di</strong>o, a qualcosa <strong>di</strong> segreto che doveva svolgersi nelle zone<br />
nascoste.<br />
Uno speciale umore ci prendeva, in quelle notti al largo degli Scogli <strong>di</strong> Zinco;<br />
allegro, ma un po’ come sospeso, come se dentro il cranio sentissimo, al posto del<br />
cervello, un pesce, che galleggiava attratto dalla Luna. E così si navigava suonando<br />
e cantando. La moglie del capitano suonava l’arpa; aveva braccia lunghissime,<br />
argentate in quelle notti come anguille, e ascelle oscure e misteriose come ricci<br />
marini; e il suono dell’arpa era, così dolce e acuto, dolce e acuto che quasi non<br />
si poteva sostenere, ed eravamo obbligati a lanciare lunghi gri<strong>di</strong>, non tanto per<br />
accompagnamento della musica quanto per proteggerne il nostro u<strong>di</strong>to.<br />
Meduse trasparenti affioravano sulla superficie marina, vibravano un poco,<br />
spiccavano il volo verso la Luna ondeggiando. La piccola Xlthlx si <strong>di</strong>vertiva ad<br />
acchiapparle in aria, ma non era facile. Una volta, tendendosi con le sue braccine<br />
per ghermirne una, fece un saltello e si trovò anche lei librata. Magrolina<br />
com’era, le mancava qualche oncia <strong>di</strong> peso perché la gravità la riportasse sulla<br />
Terra vincendo l’attrazione lunare: così lei volava tra le meduse sospesa sopra il<br />
mare. Subito si spaventò, pianse, poi rise, poi si mise a giocare acchiappando al<br />
volo crostacei e pesciolini, alcuni portandoli alla bocca e mor<strong>di</strong>cchiandoli. Noi<br />
vogavamo per tenerle <strong>di</strong>etro: la Luna correva via per la sua ellisse trascinandosi<br />
mare, ma volgono la loro ricerca al cielo dove<br />
passa un enorme pesce tra le cui scaglie si cala<br />
un cucchiaio: insomma un capovolgimento <strong>di</strong><br />
ciò che avviene nel quoti<strong>di</strong>ano, narrato, però,<br />
coi toni ed i mo<strong>di</strong> del quoti<strong>di</strong>ano. Altro capovolgimento<br />
è nell’oggetto della raccolta: il latte è,<br />
infatti, l’alimento più usuale e più universalmente<br />
<strong>di</strong>ffuso e conosciuto: ebbene, la composizione<br />
<strong>di</strong> quello della luna non è affatto semplice e<br />
primaria, entrano a farne parte vegetali, piccoli<br />
animali minerali dalle origini <strong>di</strong>versissime: alcune<br />
commestibili altre decisamente <strong>di</strong>sgustose<br />
od improbabili: succhi vegetali, girini <strong>di</strong> rana,<br />
bitume, lenticchie, miele d’api, cristalli d’amido,<br />
uova <strong>di</strong> storione, muffe, pollini, sostanze gelatinose,<br />
vermi, resine, pepe, sali minerali, materiale<br />
<strong>di</strong> combustione. A rendere plausibile il <strong>di</strong>scorso<br />
è però la necessità <strong>di</strong> filtrare quell’improbabile<br />
composto, con un colino.<br />
Con il cpv Non vi ho detto ancora tutto sia apre<br />
una fase <strong>di</strong>versa del racconto che passa dalla<br />
160 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
narrazione <strong>di</strong> eventi esterni ai protagonisti ad<br />
una <strong>di</strong> moti interiori, <strong>di</strong> sentimenti e passioni.<br />
C. presenta le azioni del cugino come frutto <strong>di</strong><br />
una sua estrema perizia: in realtà tra il cugino<br />
sordo e la luna, leopar<strong>di</strong>anamente, silenziosa,<br />
esiste una corrispondenza d’amorosi sensi, e <strong>di</strong><br />
vera e propria sensualità: la mano nuda infilata<br />
sotto le squame, il giocare degli scherzi, e delle<br />
sorprese, sino a provocarle il solletico, sì che il<br />
latte schizzava fuori come dalle mammelle... facendola<br />
gemere, sembrano la rappresentazione<br />
<strong>di</strong> un più intimo colloquio tra l’uomo, condotto<br />
senza parole, affidato al tatto, ai gesti. La superficie<br />
della Luna, sino a poco prima squamosa,<br />
adesso rivela pieghe nude e tenere della polpa<br />
lunare, che egli accarezza, con l’alluce, e che<br />
lo fanno non gemere, ma squittire. La Luna ha<br />
anche zone completamente nude, molli nelle<br />
quali il cugino si perdeva facendo perdere le<br />
tracce <strong>di</strong> sé. A tutti e a Qfwfq ciò che avveniva<br />
allora resta un mistero, restava solo l’impressio
Analisi Tecnica. Calvino<br />
<strong>di</strong>etro quello sciame <strong>di</strong> fauna marina per il cielo, ed uno strascico <strong>di</strong> lunghe alghe<br />
inanellate, e la bambina sospesa là nel mezzo. Aveva due treccine sottili, Xlthlx,<br />
che pareva volassero per conto loro, tese verso la Luna; ma intanto scalciava, dava<br />
colpi <strong>di</strong> stinchi all’aria, come volesse combattere quell’influsso, e le calze – aveva<br />
perso i sandali nel volo – le si sfilavano dai pie<strong>di</strong> e penzolavano attratte dalla forza<br />
terrestre. Noi sulla scala cercavamo d’afferrarle.<br />
Quella <strong>di</strong> mettersi a mangiare le bestioline sospese era stata un’idea buona; più<br />
Xlthlx guadagnava peso più calava verso la Terra; anzi, siccome tra quei corpi<br />
librati il suo era quello <strong>di</strong> maggior massa, molluschi e alghe e plancton presero a<br />
gravitare su lei, e presto la bambina fu ricoperta <strong>di</strong> minuscoli gusci silicei, corazze<br />
chitinose, carapaci, e filamenti d’erbe marine. E più si perdeva in questo groviglio,<br />
più veniva liberandosi dall’influsso lunare, fino a che sfiorò il pelo dell’acqua e vi<br />
s’immerse.<br />
Vogammo pronti a raccoglierla e a soccorrerla: il suo corpo era rimasto calamitato,<br />
e dovemmo faticare per spogliarla <strong>di</strong> tutto quel che le si era incrostato<br />
addosso. Coralli teneri le avvolgevano il capo, e dai capelli ogni colpo <strong>di</strong> pettine<br />
faceva piovere acciughe e gamberetti; gli occhi erano sigillati da gusci <strong>di</strong> patelle<br />
che aderivano alle palpebre con le loro ventose; tentacoli <strong>di</strong> seppia erano avvolti<br />
attorno alle braccia ed al collo; e la vestina pareva ormai intessuta solo d’alghe e <strong>di</strong><br />
spugne. La liberammo del più grosso; e poi lei per settimane continuò a staccarsi <strong>di</strong><br />
dosso pinne e conchiglie; ma la pelle picchiettata <strong>di</strong> minutissime <strong>di</strong>atomee, quella<br />
le rimase per sempre, sotto l’apparenza – per chi non l’osservava bene – d’un<br />
sottile spolverio <strong>di</strong> nei.<br />
Così conteso era l’interstizio tra Terra e Luna dai due influssi che si bilanciavano.<br />
Dirò <strong>di</strong> più: un corpo che scendeva a Terra dal satellite restava per qualche<br />
tempo ancora carico della forza lunare e si rifiutava all’attrazione del nostro mondo.<br />
Anch’io, con tutto che fossi grande e grosso, ogni volta che ero stato lassù, tardavo<br />
a riabituarmi al sopra e al sotto terrestri, e i compagni dovevano acchiapparmi per<br />
ne che tutte quelle capriole e pizzicotti in cui si<br />
sbizzarriva sotto i nostri occhi non fossero che<br />
una preparazione, un prelu<strong>di</strong>o, a qualcosa <strong>di</strong> segreto<br />
che doveva svolgersi nelle zone nascoste.<br />
La Luna se stabilisce un ’<strong>di</strong>alogo’ col cugino<br />
sordo provoca negli altri astanti una mutazione<br />
<strong>di</strong> con<strong>di</strong>zione, o li sollecita a mutare stato: a<br />
passare dalla con<strong>di</strong>zione terrestre, o terricola,<br />
a quella marina o avicola: gli esseri umani <strong>di</strong>ventano<br />
creature equoree, oppure volano, e le<br />
meduse s’innalzano dalla superficie del mare<br />
e spiccano il volo. La stessa piccola Xlthxl a<br />
causa <strong>di</strong> un saltello spicca il volo e <strong>di</strong>viene il<br />
centro d’attrazione d’altri ancor più piccoli<br />
esseri o detriti terrestri. Sottostà la teoria della<br />
formazione delle stelle: questa volta si forma una<br />
stella con le treccine rivolte verso l’alto e le calze<br />
tese verso la terra. Dunque un’altra riduzione<br />
del paradossale al quoti<strong>di</strong>ano, all’usuale. Ma<br />
anche del quoti<strong>di</strong>ano al paradossale: è il caso<br />
dell’arpa della moglie del capitano che emette<br />
un suono così dolce ed acuto da costringere gli<br />
ascoltatori a proteggere le orecchie.<br />
Il lessico resta invece piano e semplice: praticamente<br />
assoluta l’assenza <strong>di</strong> superlativi,<br />
sostituiti dalla ripetizione (il suono dell’arpa<br />
era, così dolce e acuto, dolce e acuto che), o<br />
da una sorta <strong>di</strong> amplificazione (uno speciale<br />
umore...; allegro, ma come sospeso, come se<br />
...). Naturalmente l’amplificazione non riguarda<br />
solamente gli aggettivi, ma i verbi (si navigava<br />
suonando e cantando. La moglie ... suonava<br />
l’arpa; e il suono dell’arpa...; portandoli alla<br />
bocca e mor<strong>di</strong>cchiandoli). Al medesimo tipo appartiene<br />
l’enumerazione vagamente gad<strong>di</strong>ana<br />
(molluschi e alghe e plancton ... la bambina fu<br />
ricoperta <strong>di</strong> minuscoli gusci silicei, corazze chitinose,<br />
carapaci, e filamenti d’erbe marine), che<br />
uno degli strumenti più ricorrenti nella scrittura<br />
calviniana spesso con una funzione specifica<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 161
Analisi Tecnica. Calvino<br />
le braccia e trattenermi a forza, appesi a grappolo nella barca ondeggiante, mentre<br />
io a testa bassa continuavo ad allungare le gambe verso il cielo.<br />
– Tieniti ! Tienti forte a noi ! – mi gridavano, e io in questo brancicare alle volte<br />
finivo per afferrare una mammella della signora Vhd Vhd, che le aveva tonde e<br />
sode, e il contatto era buono e sicuro, esercitava un’attrazione pari o più forte <strong>di</strong><br />
quella della Luna, specie se nella mia calata a capofitto riuscivo con l’altro braccio<br />
a cingerla sui fianchi, e così ormai <strong>di</strong> nuovo ero passato a questo mondo, e cadevo<br />
<strong>di</strong> schianto sul fondo della barca, e il capitano Vhd Vhd per rianimarmi mi gettava<br />
addosso un secchio d’acqua.<br />
Così cominciò la storia del mio innamoramento per la moglie del capitano, e<br />
delle mie sofferenze. Perché non tardai ad accorgermi a chi andavano gli sguar<strong>di</strong><br />
più ostinati della signora: quando le mani <strong>di</strong> mio cugino si posavano sicure sul<br />
satellite, io fissavo lei, e nel suo sguardo leggevo i pensieri che quella confidenza tra<br />
il sordo e la Luna le andava suscitando, e quando egli spariva per le sue misteriose<br />
esplorazioni lunari la vedevo farsi inquieta, stare come sulle spine, e tutto ormai<br />
m’era chiaro, <strong>di</strong> come la signora Vhd Vhd stava <strong>di</strong>ventando gelosa della Luna e io<br />
geloso <strong>di</strong> mio cugino. Aveva occhi <strong>di</strong> <strong>di</strong>amante, la signora Vhd Vhd; fiammeggiavano,<br />
quando guardava la Luna, quasi in una sfida, come <strong>di</strong>cesse: « Non lo avrai<br />
! ». E io mi sentivo escluso.<br />
Di tutto questo, chi meno si dava per inteso era il sordo. Quando lo si aiutava<br />
nella <strong>di</strong>scesa tirandolo – come vi ho spiegato – per le gambe, la signora Vhd Vhd<br />
perdeva ogni ritegno pro<strong>di</strong>gandosi nel fargli pesare addosso la sua persona, avviluppandolo<br />
con le lunghe sue braccia argentee; io ne provavo una fitta al cuore (le<br />
volte che io mi aggrappavo a lei, il suo corpo era docile e gentile, ma non buttato<br />
avanti come con mio cugino), mentre lui era in<strong>di</strong>fferente, perduto ancora nel suo<br />
rapimento lunare.<br />
Guardavo il capitano, chiedendomi se anche lui notasse il comportamento <strong>di</strong><br />
sua moglie; ma nessuna espressione passava mai su quel volto roso dalla salse<strong>di</strong>ne,<br />
solcato da rughe incatramate. Essendo il sordo sempre l’ultimo a staccarsi<br />
dalla Luna, la sua <strong>di</strong>scesa era il segno della partenza per le barche. Allora, con un<br />
(succhi vegetali, girini <strong>di</strong> rana, bitume, lenticchie,<br />
miele d’api, cristalli d’amido, uova <strong>di</strong> storione,<br />
muffe, pollini, sostanze gelatinose, vermi, resine,<br />
pepe, sali minerali, materiale <strong>di</strong> combustione;<br />
oppure unghie e cartilagini, chio<strong>di</strong>, cavallucci<br />
marini, noccioli e peduncoli, cocci <strong>di</strong> stoviglie,<br />
ami da pesca, certe volte anche un pettine<br />
dove il plurale <strong>di</strong> volte contrasta con il singolare<br />
del pettine; o ancora: la bambina fu ricoperta<br />
<strong>di</strong> minuscoli gusci silicei, corazze chitinose,<br />
carapaci, e filamenti d’erbe marine). Nelle due<br />
enumerazioni riportate provoca una sensazione<br />
<strong>di</strong> confusione il succedersi <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong>stanti<br />
tra loro, alcuni dei quali poi del tutto estranei alla<br />
situazione: se dunque i succhi vegetali sono,<br />
nelle comuni associazioni, lontani dai girini <strong>di</strong><br />
rana e questi dal bitume, il quale a sua volta<br />
ha ben poco a che fare con le lenticchie ed il<br />
miele d’api e così via; a maggior ragione i girini<br />
<strong>di</strong> rana, le lenticchie, il bitume ed il materiale <strong>di</strong><br />
combustione hanno relazione con il latte, dalla<br />
162 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
consistenza <strong>di</strong> ricotta, fermentato sulla superficie<br />
scagliosa della luna (e a maggior <strong>di</strong>stanza<br />
le uova <strong>di</strong> storione, le muffe, i vermi, le resine<br />
e il pepe).<br />
Di particolare interesse è il cpv Vogammo... nel<br />
quale C. descrive, ed enumera, la fauna marina<br />
che ricopre Xlthlx e finalmente ritrascina sulla<br />
superficie terrestre. L’azione gravitazionale viene<br />
esercitata da una bambina così mingherlina da<br />
sfuggire, non volendo, alla forza <strong>di</strong> gravità della<br />
Terra (C. adotta qui una nozione scientifica, tratta<br />
dalla teoria della formazione dei corpi celesti):<br />
viene utilizzato qui una sorta <strong>di</strong> ossimoro narrativo<br />
per cui la leggerissima bimba <strong>di</strong>viene presto<br />
centro <strong>di</strong> attrazione dei minuscoli esseri terrestri<br />
che costituiscono la scia della Luna. Che è scia<br />
<strong>di</strong> fauna marina, vagante in cielo, capace <strong>di</strong><br />
rendere la fanciulla un essere ibrido, a mezzo tra<br />
terricola e marina, ricoperta non senza or<strong>di</strong>ne e<br />
garbo, come una <strong>di</strong> quelle suppellettile fatte o
Analisi Tecnica. Calvino<br />
gesto insolitamente gentile, Vhd Vhd raccoglieva l’arpa dal fondo della barca e la<br />
porgeva alla moglie. Lei era obbligata a prenderla e a trarne qualche nota. Nulla<br />
poteva <strong>di</strong>staccarla dal sordo più che il suono dell’arpa. Io prendevo a intonare<br />
quella canzone melanconica, che fa: «Ogni pesce lucente è a galla è a galla, ed ogni<br />
pesce oscuro è in fondo è in fondo… » e tutti, tranne il cugino, mi facevano coro.<br />
Ogni mese, appena il satellite era passato in là, il sordo rientrava nel suo isolato<br />
<strong>di</strong>stacco per le cose del mondo; solo l’approssimarsi del plenilunio lo risvegliava.<br />
Quella volta io avevo fatto in modo <strong>di</strong> non essere nel turno della salita per restare<br />
in barca vicino alla moglie del capitano. Ed ecco, appena mio cugino era salito su<br />
per la scala, la signora Vhd Vhd <strong>di</strong>sse: – Oggi ci voglio andare anch’io, lassù !<br />
Non era mai successo che la moglie del capitano salisse sulla Luna. Ma Vhd Vhd<br />
non s’oppose, anzi quasi la spinse <strong>di</strong> peso sulla scala, esclamando: – E vacci ! – e tutti<br />
rivestite <strong>di</strong> conchiglie che ancora si vedono tra<br />
i souvenir turistici più semplici.<br />
L’episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Xlthlx è presentato come emblematico<br />
del contrasto tra gli influssi gravitazionali<br />
della terra e della Luna che si sarebbero contrastati.<br />
Proprio per il suo valore esemplare,<br />
non ostante la valenza surrealistica che finiva<br />
per rappresentare, quell’avventura serviva a<br />
riportare la narrazione dalla descrizione del misterioso<br />
rapporto tra il cugino sordo e la Luna<br />
ad un andamento più adeguato al proposito <strong>di</strong><br />
fare letteratura con la scienza: che è quanto <strong>di</strong>re<br />
che riportava il <strong>di</strong>scorso dalla descrizione della<br />
misteriosa e non scientifica attrazione — spirituale,<br />
ma forse non solo spirituale — esercitata<br />
dalla Luna sul cugino sordo a quella più scientificamente<br />
attestabile dell’attrazione esercitata da<br />
qualsiasi corpuscolo vagante nell’universo sui<br />
corpi più leggeri. Tuttavia la nozione scientifica<br />
viene caricata <strong>di</strong> un valore misterioso quando<br />
si afferma che il corpo che scendeva dalla Luna<br />
sulla terra restava per qualche tempo ancora<br />
carico della forza lunare. È lo snodo attraverso<br />
il quale la narrazione passa a trattare <strong>di</strong> altre<br />
<strong>di</strong>verse attrazioni non meno vigorose e cogenti<br />
<strong>di</strong> quella universale. Allu<strong>di</strong>amo all’attrazione che<br />
Qfwfq subisce dalla signora Vhd Vhd, dalla sue<br />
forme prosperose e morbide; dalla qual attrazione<br />
deriverà prima l’innamoramento e poi la<br />
gelosia del narratore. Altra è l’attrazione che la<br />
signora Vhd Vhd subisce, incomprensibilmente<br />
e all’apparenza immotivatamente, dal cugino<br />
muto, il quale, s’è detto, è a sua volta attratto<br />
dalla Luna. Anzi la signora sembra voler contendere<br />
il sordo alla Luna. Se, dunque, l’universo<br />
fisico è retto da forze gravitazionali in qualche<br />
misura razionali, l’universo umano obbe<strong>di</strong>sce,<br />
invece, a tensioni attrattive e repulsive del tutto<br />
inspiegabili, ed registra reazioni nient’affatto<br />
meccaniche e predeterminate, quasi sempre<br />
sorprendenti. Qfwfq si strugge per un contatto<br />
fisico con la signora Vhd Vhd, che glielo nega;<br />
ella, invece, non si nega al cugino sordo nei cui<br />
confronti ella perdeva ogni ritegno pro<strong>di</strong>gandosi<br />
nel fargli pesare addosso la sua persona.<br />
Non ostante la generosa offerta della moglie<br />
del capitano, il cugino non si dava per inteso<br />
e restava in<strong>di</strong>fferente, perduto ancora nel suo<br />
rapimento lunare, alla generosa offerta della<br />
donna. La quale, una volta che tutti fossero<br />
<strong>di</strong>scesi dalla Luna, era costretta dal marito ad<br />
intonare qualche musica, grazie alla quale si<br />
<strong>di</strong>straeva dal pensiero del sordo: la donna infatti<br />
si identifica in qualche modo con la musica, sì<br />
da porsi in antitesi alla muta Luna. Ad intonare<br />
il canto è proprio Qfwfq, che prima, per lo meno<br />
se non più, degli altri risponde alla natura della<br />
musicista, non ottenendone in cambio neppure<br />
uno sguardo.<br />
Su questo schema <strong>di</strong> pulsioni e repulsioni<br />
s’innesta l’episo<strong>di</strong>o del passaggio sulla Luna<br />
della signora Vhd Vhd all’inseguimento del<br />
sordo; e <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lei salirà Qfwfq. È il momento<br />
dell’allontanamento della Luna dalla terra perciò<br />
il ritorno <strong>di</strong>venta più <strong>di</strong>fficile. Qfwfq e la signora<br />
Vdh Vdh resteranno per un intero mese lassù,<br />
da soli; ma sarà per il nostro protagonista una<br />
delusione: sulla Luna egli sarà pervaso da una<br />
nostalgia smisurata per la terra che è il solo<br />
luogo dove gli pare avere in<strong>di</strong>vidualità. La donna,<br />
invece, che è salita per restare col sordo,<br />
rimasta senza <strong>di</strong> lui, comprende che l’amore <strong>di</strong><br />
mio cugino era solo per la Luna, e tutto quel che<br />
lei voleva ormai era <strong>di</strong>ventare Luna, assimilarsi<br />
all’oggetto <strong>di</strong> quell’amore extraumano. Così è<br />
che ella che aveva cercato <strong>di</strong> comunicare con<br />
l’amato attraverso la fisicità, e non aveva potuto<br />
comunicare con lui la sua spiritualità musicale,<br />
decide <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare fisicamente Luna, e restare<br />
per sempre sul satellite che ormai s’è tanto<br />
allontanato dalla terra che non è più possibile<br />
passare da un corpo celeste all’altro.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 163
Analisi Tecnica. Calvino<br />
prendemmo allora ad aiutarla e io la reggevo da <strong>di</strong>etro, e la sentivo sulle mie braccia<br />
tonda e morbida, e per sostenerla premevo contro <strong>di</strong> lei le palme e il viso, e quando la<br />
sentii levarsi nella sfera lunare mi colse uno struggimento per quel contatto perduto,<br />
tanto che feci per buttarmi <strong>di</strong>etro a lei <strong>di</strong>cendo: – Vado un po’ su a dare anch’io una<br />
mano !<br />
Fui trattenuto come da una morsa. – Tu resti qui che poi ci hai qui da fare, –<br />
mi or<strong>di</strong>nò senza alzar la voce il capitano Vhd Vhd.<br />
Già le intenzioni <strong>di</strong> ciascuno a quel momento erano chiare. Eppure io non mi<br />
ci raccapezzavo, anzi ancora adesso non sono sicuro d’aver interpretato tutto<br />
esattamente. Certo la moglie del capitano aveva lungamente covato il desiderio<br />
d’appartarsi lassù con mio cugino (o almeno: <strong>di</strong> non lasciare che egli si appartasse da<br />
solo con la Luna), ma, probabilmente il suo piano aveva un obiettivo più ambizioso,<br />
tale da dover essere architettato d’intesa con il sordo: nascondersi insieme lassù<br />
e restare sulla Luna un mese. Ma può darsi che mio cugino, sordo com’era, non<br />
avesse capito niente <strong>di</strong> quel che lei aveva cercato <strong>di</strong> spiegargli, o ad<strong>di</strong>rittura non si<br />
fosse nemmeno reso conto d’essere oggetto dei desideri della signora. E il capitano<br />
? Non attendeva altro che <strong>di</strong> liberarsi della moglie, tanto è vero che appena lei fu<br />
confinata lassù lo vedemmo abbandonarsi alle sue inclinazioni e s<strong>prof</strong>ondare nel<br />
vizio, e allora comprendemmo perché non aveva fatto nulla per trattenerla. Ma<br />
sapeva già da principio, lui, che l’orbita della Luna s’andava allargando ?<br />
Nessuno <strong>di</strong> noi poteva sospettarlo. Il sordo, forse solo il sordo: nella maniera<br />
larvale in cui sapeva lui le cose, aveva presentito che quella notte gli toccava <strong>di</strong> dar<br />
l’ad<strong>di</strong>o alla Luna. Per questo si nascose nei suoi luoghi segreti e non ricomparve che<br />
per tornare a bordo. E la moglie del capitano ebbe un bell’inseguirlo: la vedemmo<br />
attraversare la <strong>di</strong>stesa squamosa più volte, in lungo e in largo, e a un tratto si fermò<br />
guardando noi rimasti in barca, quasi sul punto <strong>di</strong> chiederci se l’avevamo visto.<br />
Certo c’era qualcosa d’insolito quella notte. La superficie del mare, anziché tesa<br />
come sempre quan d’era lunapiena, anzi quasi inarcata verso il cielo, ora pareva<br />
restarsene allentata, floscia, come se la calamita lunare non esercitasse tutta la sua<br />
La sintassi<br />
La sintassi <strong>di</strong> C. è in questo romanzo rapida e<br />
scorrevole. Pochi i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> più frasi; e quando<br />
si danno le frasi sono collegate per paratassi,<br />
spesso per asindeto. Si veda il cpv Non era mai<br />
successo...: il 1º pd è formata da una sola frase.<br />
Il º pd si collega al precedente con l’avversativa,<br />
ed è costituito da due frasi, a loro volta legate<br />
dalla coor<strong>di</strong>nazione anzi, avversativa (meglio<br />
sostitutiva). Dopo l’implicita esclamando, cinque<br />
coor<strong>di</strong>nazioni e con valore aggiuntivo: e<br />
tutti prendemmo ... e io la reggevo ... e la sentivo<br />
... e per sostenerla premevo ... e quando la sentii<br />
... mi colse. Alcune <strong>di</strong> queste frasi coor<strong>di</strong>nate<br />
reggono delle subor<strong>di</strong>nate implicite o esplicite,<br />
tuttavia brevi ed improntate alla colloquialità<br />
(neorealistica ?).<br />
Rileva che i due cpv seguenti si presentino<br />
semplicemente come giustapposizioni temporali,<br />
in un’accumulazione che prima investe<br />
eventi (feci per buttarmi ... Fui trattenuto ... le<br />
164 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
intenzioni <strong>di</strong> ciascuno a quel momento...), poi<br />
pensieri (Eppure.... Certo...ma, probabilmente...<br />
Ma può darsi...). Conviene tuttavia annotare l’ironia<br />
dell’esor<strong>di</strong>o del cpv Già le intenzioni..., che<br />
allude alla chiarezza delle intenzioni, contrasti<br />
vivamente con l’affermazione non mi ci raccapezzavo...<br />
che introduce una sorta <strong>di</strong> flusso dei<br />
pensieri ricco <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni e <strong>di</strong> dubbi.<br />
La semplicità e la ’leggerezza’ della sintassi<br />
lasciano affiorare tangibile il timbro della<br />
scrittura <strong>di</strong> C. che è stato giustamente definito<br />
«patriarcale» «cioè quello <strong>di</strong> un uomo che, dopo<br />
aver conosciuto il mondo con tutti i suoi orrori e<br />
le sue gioie, ne ha ricavato un modello <strong>di</strong> vita,<br />
una saggezza, una morale» (G. Bonura). Ma<br />
è morale terenziana ed ariostesca, che invita<br />
a non considerare nulla <strong>di</strong> alieno dalla propria<br />
umanità e soprattutto <strong>di</strong> non meravigliarsi affatto<br />
dell’incompresibilità dell’inestricabile guazzabuglio<br />
della vita. Al più si può e si deve sorriderne.
Analisi Tecnica. Calvino<br />
forza. E pure la luce non si sarebbe detta la stessa degli altri pleniluni, come per<br />
un ispessirsi della tenebra notturna. Anche i compagni lassù dovettero rendersi<br />
conto <strong>di</strong> quel che stava avvenendo, <strong>di</strong>fatti levarono verso <strong>di</strong> noi occhi spauriti. E<br />
dalle loro bocche e dalle nostre, nello stesso momento, uscì un grido: – La Luna<br />
s’allontana !<br />
Non s’era ancora spento questo grido, che sulla Luna apparve mio cugino,<br />
correndo. Non sembrava spaventato, e nemmeno stupito: posò le mani al suolo<br />
buttandosi nella sua capriola <strong>di</strong> sempre, ma stavolta dopo essersi slanciato in<br />
aria resto lì, sospeso, come già era successo alla piccola Xlthlx, volteggiò per un<br />
momento tra Luna e Terra, si capovolse, poi con uno sforzo delle braccia come<br />
chi nuotando deve vincere una corrente, si <strong>di</strong>resse, con insolita lentezza, verso il<br />
nostro pianeta.<br />
Dalla Luna gli altri marinai s’affrettarono a seguire il suo esempio. Nessuno<br />
pensava a far giungere alle barche il latte lunare raccolto, né il capitano li redarguiva<br />
per questo. Già avevano aspettato troppo, la <strong>di</strong>stanza era ormai <strong>di</strong>fficile da<br />
attraversare; per quanto essi cercassero d’imitare il volo o nuoto <strong>di</strong> mio cugino,<br />
restarono ad annaspare, sospesi in mezzo al cielo. – Serrate ! Imbecilli ! Serrate ! –<br />
urlò il capitano. Al suo or<strong>di</strong>ne, i marinai cercarono <strong>di</strong> raggrupparsi, <strong>di</strong> far massa,<br />
<strong>di</strong> spingere tutti insieme fino a raggiungere la zona d’attrazione terrestre: finché<br />
a un tratto una cascata <strong>di</strong> corpi precipitò in mare con un tonfo.<br />
Le barche ora remavano a raccoglierli. – Aspettate! Manca la signora ! – gridai.<br />
La moglie del capitano aveva tentato anche lei il salto ma era rimasta librata a<br />
pochi metri dalla Luna, e muoveva mollemente le lunghe braccia argentee nell’aria.<br />
M’arrampicai sulla scaletta, e nel vano intento <strong>di</strong> porgerle un appiglio protendevo<br />
l’arpa verso <strong>di</strong> lei. – Non ci si arriva ! Bisogna andare a prenderla ! – e feci per<br />
slanciarmi, brandendo l’arpa. Sopra <strong>di</strong> me l’enorme <strong>di</strong>sco lunare pareva non fosse<br />
più lo stesso <strong>di</strong> prima, tanto era rimpicciolito, anzi, ecco che s’andava sempre più<br />
contraendo quasi fosse il mio sguardo a spingerlo lontano, e il cielo sgombro si<br />
spalancava come un abisso in fondo al quale le stelle s’andavano moltiplicando,<br />
e la notte rovesciava su <strong>di</strong> me un fiume <strong>di</strong> vuoto, mi sommergeva <strong>di</strong> sgomento e<br />
<strong>di</strong> vertigine.<br />
« Ho paura ! – pensai. – Ho troppa paura per buttarmi ! Sono un vile ! » e in<br />
quel momento mi buttai. Nuotavo per il cielo furiosamente, e tendevo l’arpa verso<br />
<strong>di</strong> lei, e invece <strong>di</strong> venirmi incontro lei si rivoltolava su se stessa mostrandomi ora<br />
il viso impassibile ora il tergo.<br />
– Uniamoci ! – gridai, e già la raggiungevo, e l’afferravo alla vita, e allacciavo<br />
le mie membra alle sue. – Uniamoci e caliamo insieme ! – e concentravo le mie<br />
forze nel congiungermi più strettamente a lei, e le mie sensazioni nel gustare la<br />
completezza <strong>di</strong> quell’abbraccio. Tanto che tardai a rendermi conto che stavo sì<br />
strappandola al suo stato <strong>di</strong> librazione ma facendola ricadere sulla Luna. Non<br />
me ne resi conto? Oppure questa era stata fin dal principio la mia intenzione?<br />
Ancora non ero riuscito a formulare un pensiero, e <strong>di</strong>già un grido irrompeva dalla<br />
mia gola: – Sarò io a restare con te un mese ! – anzi: – Su te ! – gridavo, nella mia<br />
concitazione: – Io su te un mese ! – e in quel momento la caduta sul suolo lunare<br />
aveva sciolto il nostro abbraccio, ci aveva rotolato me qua e lei là tra quelle fredde<br />
scaglie.<br />
Alzai gli occhi come facevo ogni volta che toccavo la crosta della Luna, sicuro<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 165
Analisi Tecnica. Calvino<br />
<strong>di</strong> ritrovare sopra <strong>di</strong> me il natio mare come uno sterminato soffitto, e lo vi<strong>di</strong>, sì lo<br />
vi<strong>di</strong> anche stavolta, ma quanto più alto, e quanto esiguamente limitato dai suoi<br />
contorni <strong>di</strong> coste e scogli e promontori, e quanto piccole v’apparivano le barche,<br />
ed irriconoscibili i volti dei compagni e fiochi i loro gri<strong>di</strong> ! Un suono mi raggiunse<br />
da poco <strong>di</strong>stante: la signora Vhd Vhd aveva ritrovato la sua arpa, e la carezzava<br />
accennando un accordo mesto come un pianto.<br />
Cominciò un lungo mese. La Luna girava lenta intorno alla Terra. Sul globo<br />
sospeso vedevamo non più la nostra riva familiare ma il trascorrere <strong>di</strong> oceani<br />
<strong>prof</strong>on<strong>di</strong> come abissi, e deserti <strong>di</strong> lapilli incandescenti, e continenti <strong>di</strong> ghiaccio, e<br />
foreste guizzanti <strong>di</strong> rettili, e le mura <strong>di</strong> roccia delle catene montane tagliate dalla<br />
lama dei fiumi precipitosi, e città palustri, e necropoli <strong>di</strong> tufo, e imperi <strong>di</strong> argilla e<br />
fango. La lontananza spalmava su ogni cosa un medesimo colore: le prospettive<br />
estranee rendevano estranea ogni immagine; torme d’elefanti e sciami <strong>di</strong> locuste<br />
percorrevano le pianure così ugualmente vasti e densi e fitti da non fare <strong>di</strong>fferenza.<br />
Avrei dovuto essere felice: come nei miei sogni ero solo con lei, l’intimità con<br />
la Luna tante volte invi<strong>di</strong>ata a mio cugino e quella della signora Vhd Vhd erano<br />
adesso mio esclusivo appannaggio, un mese <strong>di</strong> giorni e notti lunari si stendeva<br />
ininterrotto davanti a noi, la crosta del satellite ci nutriva col suo latte dal sapore<br />
acidulo e familiare, il nostro sguardo si levava lassù al mondo dov’eravamo nati,<br />
finalmente percorso in tutta la sua multiforme estensione, esplorato in paesaggi<br />
mai visti da nessun terrestre, oppure contemplava le stelle <strong>di</strong> là della Luna, grosse<br />
come frutta <strong>di</strong> luce maturata sui ricurvi rami del cielo, e tutto era al <strong>di</strong> là delle<br />
speranze più luminose, e invece e invece e invece era l’esilio.<br />
Non pensavo che alla Terra. Era la Terra a far sì che ciascuno fosse proprio<br />
quel qualcuno e non altri; quassù, strappati alla Terra, era come se io non fossi più<br />
quell’io, né lei per me quella lei. Ero ansioso <strong>di</strong> tornare sulla Terra, e trepidavo nel<br />
timore d’averla perduta. Il compimento del mio sogno d’amore era durato solo<br />
quell’istante in cui c’eravamo congiunti roteando tra Terra e Luna; privato del<br />
suo terreno terrestre, il mio innamoramento ora non conosceva che la nostalgia<br />
straziante <strong>di</strong> ciò che ci mancava; un dove, un intorno, un prima, un poi.<br />
Questo era ciò che io provavo. Ma lei ? Chiedendomelo, ero <strong>di</strong>viso nei miei<br />
timori. Perché se anche lei non pensava che alla Terra, poteva essere un buon segno,<br />
d’un’intesa con me finalmente raggiunta, ma poteva anche essere segno che<br />
tutto era stato inutile, che era ancora solo al sordo che miravano i suoi desideri.<br />
Invece, nulla. Non levava mai lo sguardo al vecchio pianeta, se ne andava pallida<br />
fra quelle lande, borbottando nenie e carezzando l’arpa, come immedesimata nella<br />
sua provvisoria (io credevo) con<strong>di</strong>zione lunare. Era segno che avevo vinto sul mio<br />
rivale ? No; avevo perso; una sconfitta <strong>di</strong>sperata. Perché ella aveva ben compreso<br />
che l’amore <strong>di</strong> mio cugino era solo per la Luna, e tutto quel che lei voleva ormai<br />
era <strong>di</strong>ventare Luna, assimilarsi all’oggetto <strong>di</strong> quell’amore extraumano.<br />
Compiuto ch’ebbe la Luna il suo giro del pianeta, ecco che ci ritrovammo <strong>di</strong><br />
nuovo sopra gli Scogli <strong>di</strong> Zinco. Fu con sbigottimento che li riconobbi: neanche<br />
nelle mie più nere previsioni m’ero aspettato <strong>di</strong> vederli così rimpiccioliti dalla <strong>di</strong>stanza.<br />
In quella pozzanghera <strong>di</strong> mare i compagni erano tornati a navigare senza<br />
più le scale a pioli ormai inutili; ma dalle barche s’alzò come una selva <strong>di</strong> lunghe<br />
lance; ognuno d’essi ne bran<strong>di</strong>va una, guernita in cima <strong>di</strong> un arpione o raffio,<br />
forse nella speranza <strong>di</strong> raschiare ancora un po’ dell’ultima ricotta lunare e magari<br />
166 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Calvino<br />
porgere a noi meschini quassù un qualche aiuto. Ma subito fu chiaro come non<br />
ci fosse lunghezza <strong>di</strong> pertica bastante a raggiungere la Luna; e ricaddero, ri<strong>di</strong>colmente<br />
corte, avvilite, a galleggiare sul mare; e qualche barca in quel trambusto ne<br />
fu sbilanciata e capovolta. Ma proprio allora da un’altra imbarcazione cominciò<br />
a levarsene una più lunga, trascinata fin lì sul pelo dell’acqua: doveva essere <strong>di</strong><br />
bambù, <strong>di</strong> molte e molte canne <strong>di</strong> bambù inastate una sull’altra, e per alzarla bisognava<br />
andar piano perché – sottile com’era – le oscillazioni non la spezzassero,<br />
e manovrarla con grande forza e perizia, perché il peso tutto verticale non facesse<br />
tracollare la barchetta.<br />
Ed ecco: era chiaro che la punta <strong>di</strong> quell’asta avrebbe toccato la Luna, e la<br />
vedemmo sfiorare e premere il suolo squamoso, appoggiarvisi un momento, dare<br />
quasi una piccola spinta, anzi una forte spinta che la faceva allontanare <strong>di</strong> nuovo,<br />
e poi tornare a picchiare in quel punto come <strong>di</strong> rimbalzo, e <strong>di</strong> nuovo allontanarsi.<br />
E allora lo riconobbi, anzi, tutti e due – io e la signora – lo riconoscemmo, mio<br />
cugino, non poteva essere che lui, era lui che faceva il suo ultimo gioco con la Luna,<br />
un trucco dei suoi, con la Luna sulla punta della canna come se la tenesse in<br />
equilibrio. E ci accorgemmo che la sua bravura non mirava a nulla, non intendeva<br />
raggiungere nessun risultato pratico, anzi si sarebbe detto che la stesse spingendo<br />
via, la Luna, che ne stesse assecondando l’allontanamento, che la volesse accompagnare<br />
sulla sua orbita più <strong>di</strong>stante. E anche questo era da lui: da lui che non<br />
sapeva concepire desideri in contrasto con la natura della Luna e il suo corso e il<br />
suo destino, e se la Luna ora tendeva ad allontanarsi da lui, ebbene egli godeva <strong>di</strong><br />
questo allontanamento come aveva fino allora goduto della sua vicinanza.<br />
Cosa doveva fare, <strong>di</strong> fronte a questo, la signora Vhd Vhd? Solo in quel momento<br />
ella mostrò fino a che punto il suo innamoramento per il sordo non era stato un<br />
frivolo capriccio ma un voto senza ritorno. Se quel che ora mio cugino amava era<br />
la Luna lontana, lei sarebbe rimasta lontana, sulla Luna. Lo intuii vedendo che non<br />
faceva un passo verso il bambù, ma solo rivolgeva l’arpa verso la Terra alta in cielo,<br />
pizzicando le corde. Dico che la vi<strong>di</strong>, ma in realtà fu solo con l’angolo dell’occhio<br />
che captai la sua immagine, perché appena l’asta aveva toccato la crosta lunare io<br />
ero saltato ad aggrapparmici, e ora rapido come un serpente m’arrampicavo per i<br />
no<strong>di</strong> del bambù, salivo a scatti delle braccia e delle ginocchia, leggero nello spazio<br />
rarefatto, spinto come da una forza <strong>di</strong> natura che mi comandava <strong>di</strong> tornare sulla<br />
Terra, <strong>di</strong>menticando il motivo che m’aveva portato lassù, o forse più che mai<br />
cosciente d’esso e del suo esito sfortunato, e già la scalata alla pertica ondeggiante<br />
era giunta al punto in cui non dovevo fare più alcuno sforzo ma solo lasciarmi<br />
scivolare a testa avanti attratto dalla Terra, fino a che in questa corsa la canna si<br />
ruppe in mille pezzi e io cad<strong>di</strong> nel mare tra le barche.<br />
Era il dolce ritorno, la patria ritrovata, ma il mio pensiero era solo <strong>di</strong> dolore per<br />
lei perduta, e i miei occhi s’appuntavano sulla Luna per sempre irraggiungibile,<br />
cercandola. E la vi<strong>di</strong>. Era là dove l’avevo lasciata, coricata su una spiaggia proprio<br />
sovrastante alle nostre teste, e non <strong>di</strong>ceva nulla. Era del colore della Luna; teneva<br />
l’arpa al suo fianco, e muoveva una mano in arpeggi lenti e ra<strong>di</strong>. Si <strong>di</strong>stingueva<br />
bene la forma del petto, delle braccia, dei fianchi, così come ancora la ricordo, così<br />
come anche ora che la Luna è <strong>di</strong>ventata quel cerchietto piatto e lontano, sempre<br />
con lo sguardo vado cercando lei appena nel cielo si mostra il primo spicchio, e<br />
più cresce più m’immagino <strong>di</strong> vederla, lei o qualcosa <strong>di</strong> lei ma nient’altro che lei,<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 167
Analisi Tecnica. Calvino<br />
in cento in mille viste <strong>di</strong>verse, lei che rende Luna la Luna e che ogni plenilunio<br />
spinge i cani tutta la notte a ululare e io con loro.<br />
Il lessico<br />
Diamo qui <strong>di</strong> seguito l’elenco della parole <strong>di</strong> che<br />
è costituito il racconto riportato, per permettere<br />
un più facile controllo del lessico <strong>di</strong> C.: In corsivo<br />
le parole ricondocibili al linguaggio scientifico in<br />
grassetto quelle riportabili ad una lingua <strong>di</strong> più<br />
vicina alla letteraria:<br />
abbandonarsi<br />
abbastanza<br />
abbraccio<br />
abile<br />
abisso<br />
accennare<br />
acchiappare<br />
accidentata<br />
acciughe<br />
accompagnamento<br />
accompagnare<br />
accordo<br />
accorgersi<br />
accosto<br />
acidulo<br />
acqua<br />
acuto<br />
ad<strong>di</strong>o<br />
ad<strong>di</strong>rittura<br />
addosso<br />
aderire<br />
adesso<br />
afferrare<br />
affiorare<br />
affrettarsi<br />
affumicato<br />
aggrapparsi<br />
agitare<br />
aiutare<br />
aiuto<br />
alcuno<br />
alga<br />
allacciare<br />
allargare<br />
allegro<br />
allentata<br />
allontanamento<br />
allontanare<br />
allontanarsi<br />
alluce<br />
allungare<br />
altamarea<br />
alto<br />
alzare<br />
alzarsi<br />
amare<br />
ambizioso<br />
ami<br />
amido<br />
amore<br />
ancorata<br />
andare<br />
angolo<br />
anguille<br />
annaspare<br />
anno<br />
ansioso<br />
ape<br />
appannaggio<br />
apparenza<br />
apparire<br />
appartarsi<br />
appeso<br />
appiattirsi<br />
appiccicate<br />
appiglio<br />
appoggiarsi<br />
approssimarsi<br />
appuntarsi<br />
architettato<br />
argentato<br />
argentee<br />
argilla<br />
aria<br />
arpa<br />
arpeggio<br />
arpione<br />
arrampicarsi<br />
arrivare<br />
ascelle<br />
aspettare<br />
assecondare<br />
assimilarsi<br />
asta<br />
attendere<br />
attenti<br />
attratto<br />
attraversare<br />
attrazione<br />
avvenire<br />
avvicinarsi<br />
avvilite<br />
avviluppare<br />
avvolgere<br />
bagnare<br />
bambina<br />
bambù<br />
banano<br />
barca<br />
basso<br />
bastante<br />
bastare<br />
bestioline<br />
bestione<br />
bilanciare<br />
bisognare<br />
bitume<br />
bocca<br />
borbottando<br />
bordo<br />
braccia<br />
braccine<br />
braccio<br />
brancicare<br />
bran<strong>di</strong>re<br />
bravura<br />
buono<br />
burro<br />
buttarsi<br />
cadere<br />
caduta<br />
calamaro<br />
calamita<br />
calamitato<br />
calare<br />
calata<br />
calcinoso<br />
calcolata<br />
calmissima<br />
calza<br />
cane<br />
canna<br />
cantare<br />
canzone<br />
capello<br />
capire<br />
capitare<br />
capo<br />
capofitto<br />
capovolgere<br />
cappa<br />
capra<br />
capriccio<br />
capriola<br />
captare<br />
carapaci<br />
carezzare<br />
carico<br />
cartilagine<br />
cascata<br />
caso<br />
catapulta<br />
catene<br />
cavalluccio<br />
caviglia<br />
centrare<br />
cercare<br />
cerchietto<br />
cervello<br />
chiaro<br />
chiedere<br />
chinare<br />
168 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
chiodo<br />
chitinoso<br />
cielo<br />
cilecca<br />
cima<br />
cingere<br />
città<br />
coccio<br />
cogliere<br />
colino<br />
colle<br />
collo<br />
colmo<br />
colore<br />
colpire<br />
colpo<br />
comandare<br />
combattere<br />
combustione<br />
cominciare<br />
compagni<br />
compimento<br />
compiuto<br />
completezza<br />
comportamento<br />
composto<br />
comprendere<br />
concentrarsi<br />
concepire<br />
conchiglia<br />
concitazione<br />
con<strong>di</strong>zione<br />
conficcato<br />
confidenza<br />
confinata<br />
congiungersi<br />
conoscere<br />
consistere<br />
contatto<br />
contemplare<br />
conteso<br />
continenti<br />
continuamente<br />
continuare<br />
conto<br />
contorni<br />
contrarre<br />
contrasto<br />
coperta<br />
coprire<br />
corallo<br />
corazze<br />
corde<br />
coricata<br />
corna<br />
coro<br />
corpo<br />
corrente<br />
correre<br />
corsa<br />
corte<br />
cosciente<br />
coste<br />
covato<br />
cranio<br />
credere<br />
crescere<br />
cresta<br />
cristalli<br />
crosta<br />
crostacei<br />
crostoso<br />
cucchiaiata<br />
cucchiaio<br />
cugino<br />
cuore<br />
curiosità<br />
dare<br />
deciso<br />
densi<br />
denso<br />
deserti<br />
desiderio<br />
destino<br />
<strong>di</strong>afane<br />
<strong>di</strong>amante<br />
<strong>di</strong>atomee<br />
<strong>di</strong>avolo<br />
<strong>di</strong>fferenza<br />
<strong>di</strong>fficile<br />
<strong>di</strong>fficoltà<br />
<strong>di</strong>menticare<br />
<strong>di</strong>re<br />
<strong>di</strong>rigere<br />
<strong>di</strong>scesa<br />
<strong>di</strong>sco<br />
<strong>di</strong>sperata<br />
<strong>di</strong>spiegare<br />
<strong>di</strong>staccare<br />
<strong>di</strong>stacco<br />
<strong>di</strong>stante<br />
<strong>di</strong>stanza<br />
<strong>di</strong>stesa<br />
<strong>di</strong>stinguere<br />
<strong>di</strong>to<br />
<strong>di</strong>ventare<br />
<strong>di</strong>versamente<br />
<strong>di</strong>verso<br />
<strong>di</strong>vertimento<br />
<strong>di</strong>vertire<br />
<strong>di</strong>viso<br />
docile<br />
dolce<br />
dolore<br />
dondolare<br />
dosso<br />
dovere<br />
durato<br />
eccellere<br />
eclissi<br />
elefanti<br />
ellisse<br />
ellittica<br />
emettere<br />
energia<br />
enorme<br />
eppure<br />
equilibrio<br />
erba<br />
esattamente<br />
esclamare<br />
esclusivo<br />
escluso<br />
esempio<br />
esercitare<br />
esiguamente<br />
esilio<br />
esito<br />
esplorare<br />
esplorazione<br />
espressione<br />
essenzialmente<br />
estendersi<br />
estensione<br />
estranea<br />
extraumano<br />
facile<br />
familiare<br />
fanghiglia<br />
fango<br />
fantasia<br />
fare<br />
fasi<br />
faticare<br />
fauna<br />
felice<br />
fermare<br />
fermentazione<br />
fiammeggiare<br />
fianco<br />
ficcare<br />
figurare<br />
filamenti<br />
finalmente<br />
finire<br />
fiochi<br />
fissare<br />
fitto<br />
fiume<br />
floscia<br />
foglie<br />
fondere<br />
fondo<br />
foreste<br />
forma<br />
formare<br />
formulare<br />
forte<br />
forza<br />
fosforescente<br />
freddo<br />
frivolo<br />
fronte<br />
frutta<br />
furiosamente<br />
galla<br />
galleggiare<br />
gamba<br />
gamberetto<br />
gelatinoso<br />
geloso<br />
gemere<br />
gentile<br />
gesto<br />
gettare
Dalla ſcrittura alla letteratura • 169<br />
Analisi Tecnica. Calvino<br />
ghermire<br />
ghiaccio<br />
ginocchia<br />
giocare<br />
gioco<br />
giorno<br />
girare<br />
girino<br />
giro<br />
giu<strong>di</strong>care<br />
giungere<br />
giusto<br />
globo<br />
godere<br />
gola<br />
granchi<br />
grande<br />
grappolo<br />
gravità<br />
gravitare<br />
gridare<br />
grido<br />
grosso<br />
groviglio<br />
guadagnare<br />
guardare<br />
guernita<br />
guizzante<br />
guscio<br />
gustare<br />
gusto<br />
idea<br />
idea<br />
identico<br />
imbarcazione<br />
imbecille<br />
imitare<br />
immaginare<br />
immagine<br />
immedesimato<br />
imme<strong>di</strong>atamente<br />
immenso<br />
immergere<br />
impassibile<br />
imperi<br />
impressione<br />
imprimersi<br />
improvvisamente<br />
inanellate<br />
inarcata<br />
inastate<br />
incandescente<br />
incatramato<br />
inclinazione<br />
incontro<br />
incrostato<br />
in<strong>di</strong>fferente<br />
infilzare<br />
influsso<br />
ininterrotto<br />
innamoramento<br />
inoltrarsi<br />
inquieta<br />
inseguirlo<br />
insieme<br />
insolitamente<br />
insolito<br />
insomma<br />
intendere<br />
intento<br />
intenzione<br />
interpretato<br />
interstizio<br />
intesa<br />
inteso<br />
intessuto<br />
intimità<br />
intonare<br />
intuire<br />
inutile<br />
invi<strong>di</strong>ata<br />
irraggiungibile<br />
irregolare<br />
irriconoscibile<br />
irrompere<br />
isolato<br />
ispessirsi<br />
issarsi<br />
istante<br />
itinerario<br />
lagune<br />
lama<br />
lance<br />
lanciare<br />
lancio<br />
lande<br />
lapilli<br />
largo<br />
larvale<br />
lasciare<br />
latte<br />
lavoro<br />
leggere<br />
leggero<br />
lentamente<br />
lentezza<br />
lenticchia<br />
lento<br />
levare<br />
liberarsi<br />
librato<br />
librazione<br />
limitato<br />
locuste<br />
lontananza<br />
lontano<br />
luccicante<br />
luce<br />
lucente<br />
luminose<br />
luna<br />
lunacrescente<br />
lunanuova<br />
lunapiena<br />
lunare<br />
lungamente<br />
lunghezza<br />
lungo<br />
luoghi<br />
magari<br />
magrolina<br />
mammella<br />
mancare<br />
mandare<br />
mangiare<br />
maniera<br />
mano<br />
manovrare<br />
mare<br />
maree<br />
marina<br />
marinaio<br />
massa<br />
mastello<br />
materiale<br />
maturata<br />
meccanismo<br />
meduse<br />
melanconico<br />
membra<br />
mercurio<br />
meschini<br />
mese<br />
mesto<br />
metro<br />
mettere<br />
miele<br />
mille<br />
minerale<br />
minuscolo<br />
minutissimo<br />
minuto<br />
mira<br />
mirare<br />
misterioso<br />
misura<br />
modo<br />
moglie<br />
mollemente<br />
mollusco<br />
moltiplicare<br />
momenti<br />
momento<br />
mondo<br />
montano<br />
montare<br />
morbido<br />
mor<strong>di</strong>cchiare<br />
morsa<br />
mostrare<br />
motivo<br />
moto<br />
muffa<br />
multiforme<br />
muovere<br />
mura<br />
musica<br />
nascondersi<br />
natio<br />
nato<br />
natura<br />
navigare<br />
necropoli<br />
nenia<br />
nero<br />
nocciolo<br />
nodo<br />
nominato<br />
nostalgia<br />
nota<br />
notare<br />
notte<br />
notturno<br />
nudo<br />
nuotando<br />
nuotare<br />
nuoto<br />
nuovo<br />
nutrire<br />
obbligato<br />
obiettivo<br />
occhio<br />
oceano<br />
odore<br />
oggetto<br />
ombra<br />
ombrello<br />
oncia<br />
ondeggiare<br />
operazione<br />
opporre<br />
orbita<br />
or<strong>di</strong>nare<br />
or<strong>di</strong>ne<br />
orlo<br />
oscillazioni<br />
oscuro<br />
osservare<br />
ostinato<br />
paesaggio<br />
palla<br />
pallido<br />
palma<br />
palpebra<br />
palustre<br />
parecchio<br />
parere<br />
pari<br />
parte<br />
partenza<br />
particolare<br />
passaggio<br />
passare<br />
passo<br />
pasta<br />
patella<br />
patria<br />
paura<br />
peduncolo<br />
pelle<br />
pelo<br />
pensare<br />
pensiero<br />
penzolare<br />
penzoloni<br />
pepe<br />
percorrere<br />
perdere<br />
perizia<br />
perso<br />
persona<br />
pertica<br />
pesare<br />
pesca<br />
pesce<br />
pesciolino<br />
peso<br />
pettine<br />
petto<br />
pezzo<br />
pianeta<br />
piangere<br />
piano<br />
piantina<br />
pianto<br />
pianura<br />
piatto<br />
picchiare<br />
picchiettata<br />
piccolo<br />
piede<br />
piega<br />
pieno<br />
pinna<br />
piolo<br />
piovere<br />
pizzicare<br />
pizzicotti<br />
plancton<br />
plenilunio<br />
polline<br />
polpa<br />
polpo<br />
polso<br />
porgere<br />
portare<br />
posare<br />
posizione<br />
posto<br />
pozzanghera<br />
prateria<br />
pratico<br />
precipitare<br />
precipitosi<br />
prelu<strong>di</strong>o<br />
premere<br />
prendere<br />
preparazione<br />
presa<br />
presentito<br />
pressione<br />
previsione<br />
prezioso<br />
principale<br />
principio<br />
privato<br />
probabilmente<br />
procedere<br />
pro<strong>di</strong>garsi<br />
<strong>prof</strong>on<strong>di</strong>tà<br />
<strong>prof</strong>ondo<br />
promontorio<br />
pronto<br />
proposito<br />
prospettiva<br />
proteggere<br />
protendere<br />
provare<br />
provenienza<br />
provocare<br />
provvisoria<br />
punto<br />
puntute<br />
raccapezzarsi<br />
raccogliere<br />
raccolta<br />
rado<br />
raffio<br />
raggiungere<br />
raggrupparsi<br />
rami<br />
rana<br />
rapido<br />
rapimento<br />
rarefatto<br />
raschiare<br />
realtà<br />
redarguire<br />
reggere<br />
regione<br />
remare<br />
remi<br />
rendere<br />
resine<br />
resistere<br />
reso<br />
restare<br />
resto<br />
rettile<br />
riabituarsi<br />
rianimarsi<br />
ricadere<br />
riccio<br />
ricomparire<br />
riconoscere<br />
ricoperta<br />
ricordare<br />
ricordo<br />
ricotta<br />
ricurvo<br />
ridere<br />
ri<strong>di</strong>colmente<br />
rientrare<br />
rifiutava<br />
rimanere<br />
rimbalzo<br />
rimpicciolito<br />
riportare<br />
rispondere<br />
risultato<br />
risvegliare<br />
ritegno<br />
ritirare<br />
ritorno<br />
ritrovare<br />
ritto<br />
riuscire<br />
riva<br />
rivale<br />
rivolgere<br />
rivoltolare<br />
roccia<br />
rompere<br />
roso<br />
roteare<br />
rotolare<br />
rovesciare<br />
rozzo<br />
ruga<br />
salda<br />
sali<br />
salire<br />
salmone<br />
salse<strong>di</strong>ne<br />
saltare<br />
saltello<br />
salto<br />
sandalo<br />
sapere<br />
sapore<br />
satellite<br />
sbigottimento<br />
sbilanciare<br />
sbizzarrirsi<br />
scacciare<br />
scaglia<br />
scala<br />
scalata<br />
scalciare<br />
scale<br />
scaletta<br />
scalzi<br />
scappare<br />
scatto<br />
scegliere<br />
scendere<br />
scherzo<br />
schiacciare<br />
schianto<br />
schizzare<br />
sciame<br />
sciolto<br />
scivolare<br />
scivolosa<br />
scogli<br />
sconfitta<br />
scoprire<br />
scoria
170 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Analisi Tecnica. Calvino<br />
scremare<br />
secchio<br />
seghettati<br />
segno<br />
segreto<br />
seguire<br />
selva<br />
sembrare<br />
sensazioni<br />
sentire<br />
seppia<br />
serpente<br />
serrato<br />
settimana<br />
sfera<br />
sfida<br />
sfilare<br />
sfiorare<br />
sfortunato<br />
sforzo<br />
sgombro<br />
sgomento<br />
sguardo<br />
sicuro<br />
sigillato<br />
signora<br />
siliceo<br />
simile<br />
slabbrato<br />
slanciarsi<br />
smisurato<br />
sobbalzare<br />
soccorrere<br />
sodo<br />
sofferenza<br />
soffice<br />
soffitto<br />
sogno<br />
solcato<br />
sole<br />
solito<br />
solletico<br />
somigliare<br />
sommergere<br />
sordo<br />
sorprendere<br />
sorvolare<br />
sospeso<br />
sospettare<br />
sostanza<br />
sostenere<br />
sottile<br />
sovrastante<br />
spalancare<br />
spalmare<br />
sparire<br />
spaurito<br />
spaventare<br />
spazio<br />
speciale<br />
specie<br />
spento<br />
speranza<br />
spezzare<br />
spiaccicare<br />
spiaggia<br />
spiccare<br />
spicchio<br />
spiegare<br />
spina<br />
spingere<br />
spinta<br />
spogliare<br />
spolverio<br />
spostarsi<br />
spremere<br />
s<strong>prof</strong>ondare<br />
spugna<br />
spunzone<br />
squadra<br />
squama<br />
squamoso<br />
squittio<br />
staccarsi<br />
stella<br />
stendere<br />
sterminato<br />
stinco<br />
storia<br />
storione<br />
stoviglia<br />
strano<br />
strappare<br />
strascico<br />
straziante<br />
strettamente<br />
strisciare<br />
struggimento<br />
stupito<br />
successo<br />
succo<br />
sughero<br />
suolo<br />
suonare<br />
suono<br />
superficie<br />
suscitare<br />
svellere<br />
svolgere<br />
tagliate<br />
tagliente<br />
talento<br />
tardare<br />
tempo<br />
tendere<br />
tenebra<br />
tenere<br />
tentacolo<br />
tentato<br />
tenue<br />
tergo<br />
terra<br />
terreno<br />
terrestre<br />
teso<br />
testa<br />
testata<br />
timore<br />
tirare<br />
tiro<br />
toccare<br />
toccavano<br />
tondo<br />
tonfo<br />
torme<br />
tornare<br />
torrida<br />
tracollare<br />
tralcio<br />
trambusto<br />
trarre<br />
trascinare<br />
trascorrere<br />
trasparente<br />
trattenere<br />
tratto<br />
treccina<br />
trepidare<br />
trovare<br />
trucco<br />
tufo<br />
turno<br />
uccello<br />
u<strong>di</strong>to<br />
ugola<br />
uguale<br />
ugualmente<br />
ultimo<br />
ululare<br />
umore<br />
unghie<br />
unico<br />
uniformemente<br />
unirsi<br />
uovo<br />
urlare<br />
usare<br />
uscire<br />
vano<br />
vasto<br />
vecchio<br />
vedere<br />
vegetali<br />
venire<br />
vento<br />
ventose<br />
ventre<br />
vermi<br />
vero<br />
verticale<br />
vertigine<br />
vestina<br />
vibrare<br />
vicenda<br />
vicinanza<br />
vicino<br />
vile<br />
vincere<br />
vinto<br />
viso<br />
vita<br />
vizio<br />
voce<br />
vogare<br />
volare<br />
volere<br />
volo<br />
volteggio<br />
volto<br />
voto<br />
vuoto<br />
zafferano<br />
zinco<br />
zona
NATALIA GINzbURG<br />
PICCOLE VIRTù<br />
LUI E IO<br />
Lui ha sempre caldo; io sempre freddo. D’estate, quando è veramente caldo,<br />
non fa che lamentarsi del gran caldo che ha. Si sdegna se vede che m’infilo, la sera,<br />
un golf.<br />
Lui sa parlare bene alcune lingue; io non ne parlo bene nessuna. Lui riesce a<br />
parlare, in qualche suo modo, anche le lingue che non sa.<br />
Lui ha un grande senso dell’orientamento; io nessuno. Nelle città straniere,<br />
dopo un giorno, lui si muove leggero come una farfalla. Io mi sperdo nella mia<br />
propria città; devo chiedere in<strong>di</strong>cazioni per ritornare alla mia propria casa. Lui<br />
o<strong>di</strong>a chiedere in<strong>di</strong>cazioni; quando an<strong>di</strong>amo per città sconosciute, in automobile,<br />
non vuole che chie<strong>di</strong>amo in<strong>di</strong>cazioni e mi or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> guardare la pianta topografica.<br />
Io non so guardare le piante topografiche, m’imbroglio su quei cerchiolini rossi,<br />
e si arrabbia.<br />
Lui ama il teatro, la pittura, e la musica: soprattutto la musica. Io non capisco<br />
niente <strong>di</strong> musica, m’importa molto poco della pittura, e m’annoio a teatro. Amo<br />
e capisco una cosa sola al mondo, ed è la poesia.<br />
Lui ama i musei, e io ci vado con sforzo, con uno spiacevole senso <strong>di</strong> dovere e<br />
fatica. Lui ama le biblioteche, e io le o<strong>di</strong>o.<br />
Lui ama i viaggi, le città straniere e sconosciute, i ristoranti. Io resterei sempre<br />
a casa, non mi muoverei mai.<br />
Lo seguo, tuttavia, in molti viaggi. Lo seguo nei musei, nelle chiese, all’opera.<br />
Lo seguo anche ai concerti, e mi addormento.<br />
Siccome conosce dei <strong>di</strong>rettori d’orchestra, dei cantanti, gli piace andare, dopo<br />
lo spettacolo, a congratularsi con loro. Lo seguo per i lunghi corridoi che portano<br />
ai camerini dei cantanti, lo ascolto parlare con persone vestite da car<strong>di</strong>nali e da re.<br />
Non è timido; e io sono timida. Qualche volta, però, l’ho visto timido.<br />
Predominante nella Ginzburg è la nozione <strong>di</strong> una tragicità insita nella vita quoti<strong>di</strong>ana che si<br />
nasconde sotto apparenze comuni e banali. I comportamenti, le azioni, i pensieri, le parole<br />
apparentemente semplici e banali nascondono <strong>di</strong>sperazioni <strong>prof</strong>onde, angosce, fino a veri e<br />
propri orrori, a vere e proprie abiezioni. Da tale con<strong>di</strong>zione tragica non si può uscire: deriva la<br />
sconfitta delle aspirazioni, dei sentimenti, delle speranze. Sola via <strong>di</strong> salvezza è il coraggio <strong>di</strong><br />
affrontare la banalità del quoti<strong>di</strong>ano, <strong>di</strong> viverlo nella sua epicità irrilevante: è quel che avviene<br />
in Le piccole virtù, e che è in fondo l’accettazione dell’impossibilità <strong>di</strong> un’azione costruttiva.<br />
L’idea <strong>di</strong> tragicità si manifesta in uno stile uniforme, in un linguaggio che sembra esente da<br />
qualsiasi sussulto, da qualsiasi variazione: le frasi si susseguono legate dalla paratassi in un<br />
fluire continuo <strong>di</strong> parole. Ebbene, questo stile che a qualcuno parve una lagna non impe<strong>di</strong>sce<br />
la drammaticità dei fatti, la bassezza talora e la nobiltà dei comportamenti.<br />
Citeremo poche altre opere <strong>di</strong> N.G.: Tutti i nostri ieri (1952), Valentino (1957), Caro Michele<br />
(1973), Lessico famigliare (1963), La famiglia Manzoni (1983).<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 171
Analisi Tecnica. Ginzburg<br />
Coi poliziotti, quando s’avvicinano alla nostra macchina armati <strong>di</strong> taccuino e<br />
matita. Con quelli <strong>di</strong>venta timido, sentendosi in torto.<br />
E anche non sentendosi in torto. Credo che nutra rispetto per l’autorità costituita.<br />
Io, l’autorità costituita, la temo, e lui no. Lui ne ha rispetto. È <strong>di</strong>verso.<br />
Io, se vedo un poliziotto avvicinarsi per darci la multa, penso subito che vorrà<br />
portarmi in prigione. Lui, alla prigione, non pensa; ma <strong>di</strong>venta, per rispetto, timido<br />
e gentile.<br />
Per questo, per il suo rispetto verso l’autorità costituita, ci siamo, al tempo del<br />
processo Montesi, litigati fino al delirio.<br />
A lui piacciono le tagliatelle, l’abbacchio, le ciliege, il vino rosso. A me piace il<br />
minestrone, il pancotto, la frittata, gli erbaggi.<br />
Suole <strong>di</strong>rmi che non capisco niente, nelle cose da mangiare; e che sono come<br />
certi robusti fratacchioni, che <strong>di</strong>vorano zuppe <strong>di</strong> erbe nell’ombra dei loro conventi;<br />
e lui, lui è un raffinato, dal palato sensibile. Al ristorante, s’informa a lungo sui<br />
vini; se ne fa portare due o tre bottiglie, le osserva e riflette, carezzandosi la barba<br />
pian piano.<br />
In Inghilterra, vi sono certi ristoranti dove il cameriere usa questo piccolo<br />
cerimoniale: versare al cliente qualche <strong>di</strong>to <strong>di</strong> vino nel bicchiere, perché senta<br />
se è <strong>di</strong> suo gusto. Lui o<strong>di</strong>ava questo piccolo cerimoniale; e ogni volta impe<strong>di</strong>va<br />
al cameriere <strong>di</strong> compierlo, togliendogli <strong>di</strong> mano la bottiglia. Io lo rimproveravo,<br />
facendogli osservare che a ognuno dev’essere consentito <strong>di</strong> assolvere alle proprie<br />
incombenze.<br />
Così, al cinematografo, non vuol mai che la maschera lo accompagni al posto.<br />
Gli dà subito la mancia, ma fugge in posti sempre <strong>di</strong>versi da quelli che la maschera,<br />
col lume, gli viene in<strong>di</strong>cando.<br />
Lo stile<br />
I primi sei cpv iniziano con il pronome personale<br />
lui seguito dal verbo al presente. La G. adopera<br />
regolarmente (anche nel titolo, come pure A.<br />
Moravia in un romanzo dal titolo pressoché<br />
identico a questo Io e lui) il pronome obliquo<br />
come soggetto al posto <strong>di</strong> egli. Ogni cpv (con<br />
l’eccezione del terzo è costituito da un numero<br />
davvero esiguo <strong>di</strong> perio<strong>di</strong> a loro volta costuiti solitamente<br />
da una principale ed una subor<strong>di</strong>nata,<br />
ma l’interpunzione sembra rispondere non tanto<br />
alla scansione logica, quanto a quella tonale. E<br />
del linguaggio parlato il brano conserva alcune<br />
caratteristiche: la più evidente è certamente la<br />
ripetizione (conduplicatio). Si veda nel primo<br />
cpv il termine caldo cui bisogna aggiungere<br />
quelli dei pd e delle frasi che li costituiscono; Nel<br />
terzo pd in<strong>di</strong>cazioni è ripetuto tre volte; così nel<br />
cpv Non è timido dove l’aggettivo costituisce<br />
anche il legame logico col cpv seguente.<br />
Di particolare interesse è la ripetizione del nome<br />
dell’attore: « ... non mi <strong>di</strong>rai che non hai riconosciuto<br />
William holden!» Effettivamente, non ho<br />
172 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
riconosciuto William holden: che è una delle<br />
caratteristiche più rilevanti della scrittura della<br />
G. che raramente sostituisce un nome proprio<br />
con un pronome. E si veda il resto del cpv dove<br />
il termine cultura segna quasi la cadenza ed il<br />
ritmo lento della riflessione. Lo stesso ritmo lento<br />
è nel cpv Avrebbe potuto fare: qui la scrittura,<br />
con le sue norme, con le sue regole <strong>di</strong> eufonia<br />
ed armonia viene sostituita da una sorta <strong>di</strong> nenia<br />
mentale, da una bilancio della coscienza che la<br />
mano trascrive senza nessuna me<strong>di</strong>azione. La<br />
riprova potrebbe essere l’ultimo pd del cpv in cui<br />
la sintassi risulta decisamente oscura per via <strong>di</strong><br />
quell’incre<strong>di</strong>bile numero <strong>di</strong> negazioni, pronomi<br />
ed avverbi negativi.<br />
Vale sottolineare come il passaggio da questo<br />
cpv al successivo si avvalga dell’anafora sinonimica<br />
mestiere/lavoro, e manchi <strong>di</strong> un esplicito<br />
connettivo come avviene per quasi tutti i passaggi<br />
del brano preso in considerazione ed in<br />
particolare nella serie che segue imme<strong>di</strong>atamente<br />
i cpv ora esaminati. La leggerezza del legame<br />
logico costituito della sinonimia consente che<br />
in quella nenia mentale i pensieri siano evocati
Analisi Tecnica. Ginzburg<br />
Al cinematografo, vuole stare vicinissimo allo schermo. Se an<strong>di</strong>amo con amici, e<br />
questi cercano, come la maggior parte della gente, un posto lontano dallo schermo,<br />
lui si rifugia, solo, in una delle prime file. Io ci vedo bene, in<strong>di</strong>fferentemente, da<br />
vicino e da lontano; ma essendo con amici, resto insieme a loro, per gentilezza; e<br />
tuttavia soffro, perché può essere che lui, nel suo posto a due palmi dallo schermo,<br />
siccome non mi son seduta al suo fianco, sia offeso con me.<br />
Tutt’e due amiamo il cinematografo; e siamo <strong>di</strong>sposti a vedere, in qualsiasi<br />
momento della giornata, qualsiasi specie <strong>di</strong> film. Ma lui conosce la storia del cinematografo<br />
in ogni minimo particolare; ricorda registi e attori, anche i più antichi,<br />
da gran tempo <strong>di</strong>menticati e scomparsi; ed è pronto a fare chilometri per andare<br />
a cercare, nelle più lontane periferie, vecchissimi film del tempo del muto, dove<br />
comparirà magari per pochi secon<strong>di</strong> un attore caro alle sue più remote memorie<br />
d’infanzia. Ricordo, a Londra, il pomeriggio d’una domenica; davano in un lontano<br />
sobborgo sui limiti della campagna un film sulla Rivoluzione francese, un film del<br />
’30, che lui aveva visto da bambino, e dove appariva per qualche attimo un’attrice<br />
famosa a quel tempo. Siamo andati in macchina alla ricerca <strong>di</strong> quella lontanissima<br />
strada; pioveva, c’era nebbia, abbiamo vagato ore e ore per sobborghi tutti<br />
uguali, tra schiere grigie <strong>di</strong> piccole case, grondaie, lampioni e cancelli; avevo sulle<br />
ginocchia la pianta topografica, non riuscivo a leggerla e lui s’arrabbiava; infine,<br />
abbiamo trovato il cinematografo, ci siamo seduti in una sala del tutto deserta.<br />
Ma dopo un quarto d’ora, lui già voleva andar via, subito dopo la breve comparsa<br />
dell’attrice che gli stava a cuore; io invece volevo, dopo tanta strada, vedere come<br />
finiva il film. Non ricordo se sia prevalsa la sua o la mia volontà; forse, la sua, e ce<br />
ne siamo andati dopo un quarto d’ora; anche perché era tar<strong>di</strong>, e benché fossimo<br />
usciti nel primo pomeriggio, ormai era venuta l’ora <strong>di</strong> cena. Ma pregandolo io<br />
<strong>di</strong> raccontarmi come si concludeva la storia, non ottenevo nessuna risposta che<br />
quasi a caso, si <strong>di</strong>stendano in moduli <strong>di</strong>versi<br />
(non ostante la netta preferenza per quelli brevi)<br />
e talora s’aggrumino attorno a nuclei <strong>di</strong>egetici,<br />
ad aneddoti, a frammenti <strong>di</strong> vita: così dalla capacità<br />
del marito <strong>di</strong> fare contemportaneamente<br />
più operazioni la G. era passata a considerare<br />
che egli avrebbe potuto fare molti mestieri; e,<br />
per il solito confrontopresa<strong>di</strong>coscienza, aveva<br />
concluso che ella non avrebbe saputo fare che<br />
quell’unico mestiere che praticava sin dalla più<br />
giovane età: scrivere racconti. Dal quale mestiere<br />
era passata al suo lavoro (non... male, ma<br />
neanche bene) in una casa e<strong>di</strong>trice e al bisogno<br />
<strong>di</strong> lavorare in un ambiente amicale, e poi, con<br />
una lieve variazione semantica, al rimpianto <strong>di</strong><br />
non aver potuto lavorare... a sceneneggiature.<br />
La memoria del desiderio irrealizzato <strong>di</strong> sceneggiatrice<br />
riporta il <strong>di</strong>scorso dalla memoria personale<br />
al ritmo del confronto con il suo uomo che<br />
era stato sceneggiatore e narratore, ed aveva<br />
lavorato nella stessa casa e<strong>di</strong>trice: erano solo<br />
alcuni dei lavori che egli aveva fatto e dei tanti<br />
possibili ed alla sua portata. Tant’è che, ed ancora<br />
una volta s’aggruma un frammento <strong>di</strong> vita<br />
coniugale, una volta s’era cimentato in teatro in<br />
una piéce che prevedeva canto e recitazione:<br />
avea avuto successo.<br />
Naturalmente il passaggio dall’introspezione<br />
alla narrazione è segnalato dai tempi verbali<br />
dal presente ai tempi narrativi, imperfetto e<br />
passato remoto. Tuttavia restano solo i tempi<br />
a marcare le <strong>di</strong>verse scritture, i <strong>di</strong>versi moduli:<br />
giacché nella narrazione (<strong>di</strong>egesi) mancano dei<br />
veri e propri riferimenti temporali; mentre quelli<br />
spaziali sembrano semplicemente sottolineare il<br />
frammentario riemergere dei ricor<strong>di</strong>. È il caso del<br />
cpv Tutt’e due amiamo...: si veda la <strong>di</strong>slocazione<br />
temporale estremamente vaga: un pomeriggio<br />
d’una domenica; cui seguono altre determinazioni<br />
temporali altrettanto vaghe: film ... che<br />
lui aveva visto quand’era bambino; abbiamo<br />
vagato ore e ore. Così le in<strong>di</strong>cazioni spaziali: a<br />
Londra; in un lontano sobborgo. Alla vaghezza<br />
delle determinazioni temporali e spaziali fa eco<br />
la sostanziale incertezza del ricordo e quin<strong>di</strong><br />
dell’intero racconto: non ricordo se sia prevalsa<br />
la sua o la mia volontà. Ma all’interrogativa<br />
in<strong>di</strong>retta segue una narrazione all’in<strong>di</strong>cativo con<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 173
Analisi Tecnica. Ginzburg<br />
m’appagasse; perché, lui <strong>di</strong>ceva, la storia non aveva nessuna importanza, e la sola<br />
cosa che contava erano quei pochi istanti, il <strong>prof</strong>ilo, il gesto, i riccioli <strong>di</strong> quell’attrice.<br />
Io non mi ricordo mai i nomi degli attori; e siccome sono poco fisionomista,<br />
riconosco a volte con <strong>di</strong>fficoltà anche i più famosi. Questo lo irrita moltissimo;<br />
gli chiedo chi sia quello o quell’altro, suscitando il suo sdegno; « non mi <strong>di</strong>rai –<br />
<strong>di</strong>ce – non mi <strong>di</strong>rai che non hai riconosciuto William Holden ! » Effettivamente,<br />
non ho riconosciuto William Holden. E tuttavia, amo anch’io il cinematografo;<br />
ma pur andandoci da tanti anni, non ho saputo farmene una cultura. Lui se ne è<br />
fatto, invece, una cultura: si è fatto una cultura <strong>di</strong> tutto quello che ha attratto la<br />
sua curiosità; e io non ho saputo farmi una cultura <strong>di</strong> nulla, nemmeno delle cose<br />
che ho più amato nella mia vita: esse sono rimaste in me come immagini sparse,<br />
alimentando sì la mia vita <strong>di</strong> memorie e <strong>di</strong> commozione ma senza colmare il vuoto,<br />
il deserto della mia cultura.<br />
Mi <strong>di</strong>ce che manco <strong>di</strong> curiosità: ma non è vero. Provo curiosità <strong>di</strong> poche, pochissime<br />
cose; e quando le ho conosciute, ne conservo qualche sparsa immagine,<br />
la cadenza d’una frase o d’una parola. Ma il mio universo, dove affiorano tali<br />
cadenze ed immagini, isolate l’una dall’altra e non legate da alcuna trama se non<br />
segreta, a me stessa ignota e invisibile, è arido e malinconico.<br />
Il suo universo invece è riccamente verde, riccamente popolato e coltivato, una<br />
fertile e irrigua campagna dove sorgono boschi, pascoli, orti e villaggi.<br />
Per me, ogni attività è sommamente <strong>di</strong>fficile, faticosa, incerta. Sono molto<br />
pigra, e ho un’assoluta necessità <strong>di</strong> oziare, se voglio concludere qualcosa, lunghe<br />
ore sdraiata sui <strong>di</strong>vani. Lui non sta mai in ozio, fa sempre qualcosa; scrive a macchina<br />
velocissimo, con la ra<strong>di</strong>o accesa; quando va a riposare il pomeriggio, ha con<br />
sé delle bozze da correggere o un libro pieno <strong>di</strong> note; vuole, nella stessa giornata,<br />
che an<strong>di</strong>amo al cinematografo, poi a un ricevimento, poi a teatro. Riesce a fare, e<br />
anche a farmi fare, nella stessa gior nata, un mondo <strong>di</strong> cose <strong>di</strong>verse; a incontrarsi<br />
qualche attenzione al particolare e con determinazioni<br />
temporali più precise: quarto d’ora;<br />
era tar<strong>di</strong>; era venuta l’ora <strong>di</strong> cena. Cui s’ha da<br />
aggiungere esplicitazione netta e definita <strong>di</strong> una<br />
peculiare preferenza, caratteristica dell’uomo<br />
che è interessato all’attrice ed ignora del tutto<br />
il film. Tal che l’intero aneddoto acquista un’aria<br />
ambigua e si colloca tra realtà e congettura, dove<br />
la prima resta piuttosto aleatoria e la seconda<br />
ha contorni più netti e concreti.<br />
La successiva anafora sinonimica attrice/<br />
attori manifesta con chiarezza il modo <strong>di</strong> procedere<br />
della G. che qui accumula particolari,<br />
apparentemente secondari (sedersi in prima<br />
fila al cinematografo, il desiderio <strong>di</strong> rivedere<br />
un’attrice amata nella fanciullezza, ed ora i<br />
nomi degli attori) caratterizzanti il suo uomo,<br />
mentre nulla si precisa delle sceneggiature che<br />
pure egli ha scritto. Ché ciò che interessa alla<br />
scrittrice è la <strong>di</strong> lui capacità <strong>di</strong> farsi una cultura<br />
del cinema; o, meglio, la capacità <strong>di</strong> organizzare<br />
attorno a principi ogni interesse, ogni attività:<br />
insomma la vita.<br />
174 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
La seconda parte del cpv è particolarmente<br />
significativa della modalità stilistica della G.: qui<br />
noteremo la essenzialità del lessico; la sintassi<br />
scarna, la preferenza per la coor<strong>di</strong>nazione (paratassi);<br />
la pressoché totale assenza <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nate<br />
e la conseguente assenza <strong>di</strong> connettivi<br />
logici: i legami tra i perio<strong>di</strong> sono costituiti da<br />
anafore (neanche sinonimiche, vera e propria<br />
conduplicatio) per cui tornano ravvicinatissimi<br />
termini come fare, cultura, vita che nella citazione<br />
abbiamo lasciato in tondo: E tuttavia, amo<br />
anch’io il cinematografo; ma pur andandoci da<br />
tanti anni, non ho saputo farmene una cultura.<br />
Lui se ne è fatto, invece, una cultura: si è fatto<br />
una cultura <strong>di</strong> tutto quello che ha attratto la sua<br />
curiosità; e io non ho saputo farmi una cultura<br />
<strong>di</strong> nulla, nemmeno delle cose che ho più amato<br />
nella mia vita: esse sono rimaste in me come<br />
immagini sparse, alimentando sì la mia vita <strong>di</strong><br />
memorie e <strong>di</strong> commozione ma senza colmare<br />
il vuoto, il deserto della mia cultura. La parola<br />
immagine, poi, lega questo pd al seguente dove<br />
fa da legame logico (anaforico) tra il 2º ed il 3º
Analisi Tecnica. Ginzburg<br />
con le persone più <strong>di</strong>sparate; e se io son sola, e tento <strong>di</strong> fare come lui, non approdo<br />
a nulla, perché là dove intendevo trattenermi mezz’ora resto bloccata tutto<br />
il pomeriggio, o perché mi sperdo e non trovo le strade, o perché la persona più<br />
noiosa e che meno desideravo vedere mi trascina con sé nel luogo dove meno<br />
desideravo <strong>di</strong> andare.<br />
Se gli racconto come si è svolto un mio pomeriggio, lo trova un pomeriggio<br />
tutto sbagliato, e si <strong>di</strong>verte, mi canzona e s’arrabbia; e <strong>di</strong>ce che io, senza <strong>di</strong> lui,<br />
non son buona a niente.<br />
Io non so amministrare il tempo. Lui sa.<br />
Gli piacciono i ricevimenti. Ci va vestito <strong>di</strong> chiaro, quando tutti sono vestiti <strong>di</strong><br />
scuro; l’idea <strong>di</strong> cambiarsi vestito, per andare a un ricevimento, non gli passa per la<br />
testa. Ci va magari col suo vecchio impermeabile e col suo cappello sbertucciato:<br />
un cappello <strong>di</strong> lana che ha comprato a Londra, e che porta calzato sugli occhi.<br />
Sta là solo mezz’ora, gli piace, per una mezz’ora, chiacchierare con un bicchiere<br />
in mano; mangia molti pasticcini, io quasi nessuno, perché vedendo lui mangiare<br />
tanto penso che io almeno, per educazione e riserbo, devo astenermi dal mangiare;<br />
dopo mezz’ora, quando comincio un poco ad ambientarmi e a star bene, si fa<br />
impaziente e mi trascina via.<br />
Io non so ballare e lui sa.<br />
Non so scrivere a macchina; e lui sa.<br />
Non so guidare l’automobile. Se gli propongo <strong>di</strong> prendere anch’io la patente,<br />
non vuole. Dice che tanto non ci riuscirei mai. Credo che gli piaccia che io <strong>di</strong>penda,<br />
per tanti aspetti, da lui.<br />
Io non so cantare, e lui sa. È un baritono. Se avesse stu<strong>di</strong>ato il canto, sarebbe<br />
forse un cantante famoso.<br />
Se avesse stu<strong>di</strong>ato musica, sarebbe forse <strong>di</strong>ventato un <strong>di</strong>rettore d’orchestra.<br />
Quando ascolta i <strong>di</strong>schi, <strong>di</strong>rige l’orchestra con una matita. Intanto scrive a<br />
pd legate anche dall’avversativa ma. Ancora<br />
una avversativa, invece, più la conduplicatio<br />
<strong>di</strong> universo.<br />
L’anafora poi acquista forza lirica nella formula<br />
Io non so... lui sa, simile a quella dell’inizio del<br />
brano: lui ama. Qui la formula sostanzia perio<strong>di</strong><br />
in cui la brevità accentua la drammaticità del<br />
confronto, ora confessione aperta, quasi brutale,<br />
senza alcun tentativo <strong>di</strong> alleggerire le mancanze.<br />
La ripetizione del non so contribuisce a<br />
marcare la gracilità della scrittrice a petto della<br />
forza e della poliedricità dell’uomo. E tuttavia<br />
è proprio la chiarezza e la perentorietà della<br />
auto<strong>analisi</strong> è un sostanziale punto <strong>di</strong> forza, un<br />
determinato proposito <strong>di</strong> proporsi come altra e<br />
<strong>di</strong>versa, non inferiore, non debole, non incapace:<br />
Avrebbe potuto fare molti mestieri. Ma non<br />
rimpiange nessuno dei mestieri che non ha fatto.<br />
Io non avrei potuto fare che un mestiere, un<br />
mestiere solo: il mestiere che ho scelto, e che<br />
faccio, quasi dall’infanzia. Neanch’io non rimpiango<br />
nessuno dei mestieri che non ho fatto:<br />
ma io tanto, non avrei saputo farne nessuno.<br />
La brevità dei pd è caratteristica della G.: essa è<br />
tuttavia accompagnata da una costante ricerca<br />
del ritmo, <strong>di</strong> una cadenza musicale, sia pure<br />
eguale, quasi <strong>di</strong> nenia, nella quala la rapi<strong>di</strong>tà<br />
del pd breve viene contrastata, <strong>di</strong>latata e, infine,<br />
fermata. Così l’andamento naturale del pd è<br />
interrotto da un inciso: Se vado a fare la spesa<br />
al mercato, lui a volte, non visto, mi segue e mi<br />
spia; Piango, a volte, nel turbine delle sue furie;<br />
e il mio pianto, invece <strong>di</strong> placarlo, lo fa arrabbiare<br />
ancora <strong>di</strong> più; Usavo scagliare, un tempo,<br />
nelle mie furie, piatti e stoviglie per terra; Mi ha<br />
accompagnata, ricordo, una sera, alla pensione<br />
dove allora abitavo. Altro è la punteggiatura <strong>di</strong>lagante<br />
a marcare con una serie <strong>di</strong> pause il ritmo<br />
della scrittura (in tal caso il pd sintattico sembra<br />
<strong>di</strong>latarsi e venir meno alla norma della brevità):<br />
Io sono <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natissima. Sono però <strong>di</strong>ventata,<br />
invecchiando, nostalgica dell’or<strong>di</strong>ne e rior<strong>di</strong>no,<br />
a volte, con grande zelo gli arma<strong>di</strong>. Mi ricordo,<br />
credo, <strong>di</strong> mia madre. Rior<strong>di</strong>no gli arma<strong>di</strong> della<br />
biancheria, delle coperte, e ricopro ogni cassetto,<br />
nell’estate, <strong>di</strong> teli can<strong>di</strong><strong>di</strong>. Raramente rior<strong>di</strong>no<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 175
Analisi Tecnica. Ginzburg<br />
macchina, e risponde al telefono. È un uomo che riesce a fare, nello stesso momento,<br />
molte cose.<br />
Fa il <strong>prof</strong>essore e credo che lo faccia bene.<br />
Avrebbe potuto fare molti mestieri. Ma non rimpiange nessuno dei mestieri<br />
che non ha fatto. Io non avrei potuto fare che un mestiere, un mestiere solo: il<br />
mestiere che ho scelto, e che faccio, quasi dall’infanzia. Neanch’io non rimpiango<br />
nessuno dei mestieri che non ho fatto: ma io tanto, non avrei saputo farne nessuno.<br />
Io scrivo dei racconti, e ho lavorato molti anni in una casa e<strong>di</strong>trice.<br />
Non lavoravo male, ma neanche bene. Tuttavia mi rendevo conto che forse non<br />
avrei saputo lavorare in nessun altro luogo. Avevo, con i miei compagni <strong>di</strong> lavoro<br />
e col mio padrone, rapporti d’amicizia. Sentivo che, se non avessi avuto intorno<br />
a me questi rapporti d’amicizia, mi sarei spenta e non avrei saputo lavorare più.<br />
Ho coltivato a lungo in me l’idea <strong>di</strong> poter lavorare, un giorno, a sceneggiature<br />
per il cinema. Tuttavia non ne ho mai avuta l’occasione, o non ho saputo cercarla.<br />
Ora ho perso la speranza <strong>di</strong> lavorare mai a sceneggiature.<br />
Lui ha lavorato a sceneggiature, un tempo, quand’era più giovane. Ha lavorato<br />
lui pure in una casa e<strong>di</strong>trice. Ha scritto racconti. Ha fatto tutte le cose che ho fatto<br />
io, più molte altre.<br />
Rifà bene il verso alla gente, e soprattutto a una vecchia contessa. Forse riusciva<br />
a fare anche l’attore.<br />
Una volta, a Londra, ha cantato in un teatro. Era Giobbe. Aveva dovuto noleggiare<br />
un frac; ed era là, in frac, davanti a una specie <strong>di</strong> leggìo; e cantava.<br />
Cantava le parole <strong>di</strong> Giobbe; qualcosa tra la <strong>di</strong>zio ne e il canto. Io, in un palco,<br />
morivo <strong>di</strong> paura. Avevo paura che s’impappinasse, o che gli cadessero i calzoni<br />
del frac.<br />
Era circondato <strong>di</strong> uomini in frac, e <strong>di</strong> signore vestite da sera, che erano gli angeli<br />
e i <strong>di</strong>avoli e gli altri personaggi <strong>di</strong> Giobbe.<br />
le mie carte, perché mia madre, non usando<br />
scrivere, non aveva carte. Il mio or<strong>di</strong>ne, e il mio<br />
<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne, son pieni <strong>di</strong> rammarico, <strong>di</strong> rimorsi,<br />
<strong>di</strong> sentimenti complessi. Lui, il suo <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne è<br />
trionfante. ha deciso che per una persona come<br />
lui, che stu<strong>di</strong>a, avere il tavolino in <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne è<br />
legittimo e giusto. Altre volte è il giro sintattico<br />
stesso, pur attraverso l’uso <strong>di</strong> principali brevi e <strong>di</strong><br />
brevi subor<strong>di</strong>nate a pausare la scrittura: Piango,<br />
a volte, nel turbine delle sue furie; e il mio pianto,<br />
invece <strong>di</strong> placarlo, lo fa arrabbiare ancora <strong>di</strong> più.<br />
Dice che il mio pianto è tutta una comme<strong>di</strong>a; e<br />
forse è vero. Perché io sono, in mezzo alle mie<br />
lagrime e alla sua furia, pienamente tranquilla.<br />
Dove è chiaro l’uso intonativo, non logicosintattico,<br />
della punteggiatura. Particolarmente<br />
evidente è in: È, qualche volta, malato, <strong>di</strong> suoi<br />
misteriosi malesseri; non sa spiegare che cosa<br />
si sente; se ne sta a letto per un giorno, tutto<br />
ravviluppato nelle lenzuola; non si vede che<br />
la sua barba, e la punta del suo naso rosso.<br />
Prende allora bicarbonato e aspirina, in dosi<br />
176 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
da cavallo; e <strong>di</strong>ce che io non lo posso capire,<br />
perché io, io sto sempre bene, sono come<br />
quei fratacchioni robusti, che si espongono<br />
senza pericolo al vento e alle intemperie; e lui<br />
è invece fine e delicato, sofferente <strong>di</strong> malattie<br />
misteriose. Poi la sera è guarito, e va in cucina<br />
a cucinarsi le tagliatelle. Si notino in questo pd<br />
l’inciso temporale che <strong>di</strong>vide la copula dal pre<strong>di</strong>cato<br />
nominale, malato, l’uso dei tre punto<br />
e virgola che segnano delle pause forti anche<br />
tra reggente e <strong>di</strong>chiarativa. Così come il punto<br />
e virgola che <strong>di</strong>vide prende allora ed e <strong>di</strong>ce ne<br />
pone un’altra forte tra due frasi chiaramente<br />
coor<strong>di</strong>nate. Coor<strong>di</strong>nata avversativa è e lui<br />
è invece fine e delicato: anche questa separata<br />
dalla reggente logica con il solito punto e virgola.<br />
E si notino la conduplicatio e la pausa nella<br />
causale perché io, io sto sempre bene.<br />
Un ultimo esempio <strong>di</strong> scrittura pausata è: Era<br />
così quasi vent’anni fa, quando l’ho conosciuto;<br />
e portava, ricordo, certi camiciotti scozzesi, <strong>di</strong><br />
flanella, eleganti.
Analisi Tecnica. Ginzburg<br />
È stato un grande successo, e gli hanno detto che era molto bravo.<br />
Se io avessi amato la musica, l’avrei amata con passione. Invece non la capisco;<br />
e ai concerti, dove a volte lui mi costringe a seguirlo, mi <strong>di</strong>straggo e penso ai casi<br />
miei. Oppure cado in un <strong>prof</strong>ondo sonno.<br />
Mi piace cantare. Non so cantare, e sono stonatissima; canto tuttavia, qualche<br />
volta, pianissimo, quando son sola. Che sono così stonata, lo so perché me l’hanno<br />
detto gli altri; dev’essere, la mia voce, come il miagolare d’un gatto. Ma io, da me,<br />
non m’accorgo <strong>di</strong> nulla; e provo, nel cantare, un vivo piacere. Lui, se mi sente, mi<br />
rifà il verso; <strong>di</strong>ce che il mio cantare è qualcosa <strong>di</strong> fuori della musica; qualcosa <strong>di</strong><br />
inventato da me.<br />
Mugolavo, da bambina, dei motivi <strong>di</strong> musica, inventati da me. Era una lunga<br />
melopea lamentosa, che mi faceva venir le lagrime agli occhi.<br />
Di non capire la pittura, le arti figurative, non me ne importa; ma soffro <strong>di</strong> non<br />
amare la musica, perché mi sembra che il mio spirito soffra per la privazione <strong>di</strong><br />
questo amore. Pure non c’è niente da fare; non capirò mai la musica, non l’amerò<br />
mai. Se a volte sento una musica che mi piace, non so ricordarla; e allora come potrei<br />
amare una cosa, che non so ricordare? Ricordo, <strong>di</strong> una canzone, le parole. Posso<br />
ripetere all’infinito le parole che amo. Ripeto anche il motivo che le accompagna,<br />
al mio modo, nel mio miagolare; e provo, così miagolando, una sorta <strong>di</strong> felicità.<br />
Mi sembra <strong>di</strong> seguire, nello scrivere, una cadenza e un metro musicale. Forse<br />
la musica era vicinissima al mio universo, e il mio universo, chissà perché, non<br />
l’ha accolta.<br />
Tutto il giorno si sente musica, in casa nostra. Lui tiene tutto il giorno la ra<strong>di</strong>o<br />
accesa. O fa andare dei <strong>di</strong>schi. Io protesto, ogni tanto, chiedo un po’ <strong>di</strong> silenzio<br />
per poter lavorare; ma lui mi <strong>di</strong>ce che una musica tanto bella è certo salubre per<br />
ogni lavoro.<br />
Si è comprato un numero <strong>di</strong> <strong>di</strong>schi incre<strong>di</strong>bile. Possiede, <strong>di</strong>ce, una delle più<br />
belle <strong>di</strong>scoteche del mondo.<br />
Al mattino, in accappatoio, stillante dell’acqua del bagno, accende la ra<strong>di</strong>o, si<br />
siede alla macchina da scrivere e comincia la sua laboriosa, tempestosa e rumorosa<br />
giornata. È in tutto sovrabbondante: riempie la vasca del bagno fino a farla<br />
straripare; riempie la teiera, la tazza del tè, fino a farle strabordare. Ha un numero<br />
stragrande <strong>di</strong> camicie e cravatte. Raramente, invece, compera scarpe.<br />
Era, <strong>di</strong>ce sua madre, da bambino, un modello <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> precisione; e pare<br />
che una volta che doveva attraversare certi rigagnoli pieni <strong>di</strong> fango, in campagna,<br />
in un giorno <strong>di</strong> pioggia, con stivaletti bianchi e veste bianca, era alla fine della passeggiata<br />
immacolato e senza una chiazza <strong>di</strong> fango sull’abito e gli stivaletti. Ora non<br />
c’è in lui traccia <strong>di</strong> quell’antico, immacolato bambino. I suoi vestiti sono sempre<br />
pieni <strong>di</strong> macchie. È <strong>di</strong>ventato <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natissimo.<br />
Conserva però, con puntiglio, tutte le ricevute del gas. Trovo nei cassetti remote<br />
ricevute del gas, <strong>di</strong> alloggi lasciati da tempo, e che lui si rifiuta <strong>di</strong> buttar via.<br />
Trovo, anche, dei sigari toscani, vecchissimi e incartapecoriti, e bocchini <strong>di</strong><br />
legno <strong>di</strong> ciliegio.<br />
Io fumo sigarette Stop, lunghe, senza filtro. Lui, a volte, quei sigari toscani.<br />
Io sono <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natissima. Sono però <strong>di</strong>ventata, invecchiando, nostalgica<br />
dell’or<strong>di</strong>ne e rior<strong>di</strong>no, a volte, con grande zelo gli arma<strong>di</strong>. Mi ricordo, credo, <strong>di</strong><br />
mia madre. Rior<strong>di</strong>no gli arma<strong>di</strong> della biancheria, delle coperte, e ricopro ogni<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 177
Analisi Tecnica. Ginzburg<br />
cassetto, nell’estate, <strong>di</strong> teli can<strong>di</strong><strong>di</strong>. Raramente rior<strong>di</strong>no le mie carte, perché mia<br />
madre, non usando scrivere, non aveva carte. Il mio or<strong>di</strong>ne, e il mio <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne,<br />
son pieni <strong>di</strong> rammarico, <strong>di</strong> rimorsi, <strong>di</strong> sentimenti complessi. Lui, il suo <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne<br />
è trionfante. Ha deciso che per una persona come lui, che stu<strong>di</strong>a, avere il tavolino<br />
in <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne è legittimo e giusto.<br />
Lui non migliora, in me, l’irresolutezza, l’incertezza in ogni azione, il senso <strong>di</strong><br />
colpa. Usa ridere e canzonarmi per ogni mia minima azione. Se vado a fare la spesa<br />
al mercato, lui a volte, non visto, mi segue e mi spia. Mi canzona poi per il modo<br />
come ho fatto la spesa, per il modo come ho soppesato gli aranci nella mano, scegliendo<br />
accuratamente, lui <strong>di</strong>ce, i peggiori <strong>di</strong> tutto il mercato, mi schernisce perché<br />
ho impiegato un’ora a fare la spesa, ho comprato a un banco le cipolle, a un banco<br />
i sedani, a un altro la frutta. A volte, fa lui la spesa, per <strong>di</strong>mostrarmi come si può<br />
fare velocemente: compra tutto a un unico banco, senza nessuna incertezza; e riesce<br />
a farsi mandare il cesto a casa. Non compra sedani, perché non li può soffrire.<br />
Così, io più che mai ho il dubbio <strong>di</strong> sbagliare in ogni cosa che faccio. Ma se<br />
una volta scopro che è lui a sbagliare, glielo ripeto fino all’esasperazione. Perché<br />
io sono a volte noiosissima.<br />
Le sue furie sono improvvise, e traboccano come spuma <strong>di</strong> birra. Le mie furie<br />
sono anche improvvise. Ma le sue svaporano subito; e le mie, invece, lasciano uno<br />
strascico lamentoso e insistente, noiosissimo credo, una specie <strong>di</strong> amaro miagolio.<br />
Piango, a volte, nel turbine delle sue furie; e il mio pianto, invece <strong>di</strong> placarlo, lo<br />
fa arrabbiare ancora <strong>di</strong> più. Dice che il mio pianto è tutta una comme<strong>di</strong>a; e forse<br />
è vero. Perché io sono, in mezzo alle mie lagrime e alla sua furia, pienamente<br />
tranquilla.<br />
Sui miei dolori reali, non piango mai.<br />
Usavo scagliare, un tempo, nelle mie furie, piatti e stoviglie per terra. Ma adesso<br />
non più. Forse perché sono invecchiata, e le mie furie non sono più così violente;<br />
e poi non oserei ora toccare i nostri piatti, a cui sono affezionata, e che abbiamo<br />
comprato a Londra, un giorno, a Portobello road.<br />
Il prezzo <strong>di</strong> questi piatti, e <strong>di</strong> molte altre cose che abbiamo comprato, ha subìto,<br />
nella sua memoria, un forte ribasso. Perché gli piace pensare d’aver speso poco,<br />
e d’avere fatto un buon affare. Io so il prezzo <strong>di</strong> quel servizio <strong>di</strong> piatti, ed erano<br />
se<strong>di</strong>ci sterline; ma lui <strong>di</strong>ce do<strong>di</strong>ci. Così per il quadro <strong>di</strong> re Lear, che sta nella nostra<br />
stanza da pranzo: un quadro che lui ha comprato pure a Portobello, e che<br />
ha pulito con cipolle e patate; e <strong>di</strong>ce ora d’averlo pagato una cifra, che io ricordo<br />
molto più grande.<br />
Ha comprato, anni fa, allo Standard, do<strong>di</strong>ci scen<strong>di</strong>letti. Li ha comprati perché<br />
costavano poco, e gli sembrava <strong>di</strong> doverne fare provvista; li ha comprati per<br />
polemica, trovando che io non ero buona <strong>di</strong> comprare nulla per la casa. Questi<br />
scen<strong>di</strong>letti <strong>di</strong> stuoia color vinaccia, sono <strong>di</strong>ventati, in poco tempo, repellenti: son<br />
<strong>di</strong>ventati <strong>di</strong> una rigi<strong>di</strong>tà cadaverica; e io li o<strong>di</strong>avo, appesi al filo <strong>di</strong> ferro del balcone<br />
<strong>di</strong> cucina. Usavo rinfacciarglieli, come esempio <strong>di</strong> una cattiva spesa; ma lui <strong>di</strong>ceva<br />
che erano costati poco, pochissimo, quasi nulla. C’è voluto del tempo, prima che<br />
riuscissi a buttarli via: perché erano così tanti, e perché al momento <strong>di</strong> buttarli via<br />
mi veniva il dubbio che potessero servire da stracci. Abbiamo, lui e io, una certa<br />
<strong>di</strong>fficoltà a buttar via le cose: in me, dev’essere una forma ebraica <strong>di</strong> conservazio-<br />
178 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Ginzburg<br />
ne, e il frutto della mia grande irresolutezza; in lui, dev’essere una <strong>di</strong>fesa dalla sua<br />
mancanza <strong>di</strong> parsimonia e dalla sua impulsività.<br />
Lui usa comprare, in grande quantità, bicarbonato e aspirina.<br />
È, qualche volta, malato, <strong>di</strong> suoi misteriosi malesseri; non sa spiegare che cosa si<br />
sente; se ne sta a letto per un giorno, tutto ravviluppato nelle lenzuola; non si vede<br />
che la sua barba, e la punta del suo naso rosso. Prende allora bicarbonato e aspirina,<br />
in dosi da cavallo; e <strong>di</strong>ce che io non lo posso capire, perché io, io sto sempre bene,<br />
sono come quei fratacchioni robusti, che si espongono senza pericolo al vento e<br />
alle intemperie; e lui è invece fine e delicato, sofferente <strong>di</strong> malattie misteriose. Poi<br />
la sera è guarito, e va in cucina a cucinarsi le tagliatelle.<br />
Era, da ragazzo, bello, magro, esile, non aveva allora la barba, ma lunghi e<br />
morbi<strong>di</strong> baffi; e rassomigliava all’attore Robert Donat. Era così quasi vent’anni<br />
fa, quando l’ho conosciuto; e portava, ricordo, certi camiciotti scozzesi, <strong>di</strong> flanella,<br />
eleganti. Mi ha accompagnata, ricordo, una sera, alla pensione dove allora abitavo;<br />
abbiamo camminato insieme per via Nazionale. Io mi sentivo già molto vecchia,<br />
carica <strong>di</strong> esperienza e d’errori; e lui mi sembrava un ragazzo, lontano da me mille<br />
secoli. Cosa ci siamo detti quella sera, per via Nazionale, non lo so ricordare; niente<br />
d’importante, suppongo; era lontana da me mille secoli l’idea che dovessimo <strong>di</strong>ventare,<br />
un giorno, marito e moglie. Poi ci siamo persi <strong>di</strong> vista; e quando ci siamo<br />
<strong>di</strong> nuovo incontrati, non rassomigliava più a Robert Donat, ma piuttosto a Balzac.<br />
Quando ci siamo <strong>di</strong> nuovo incontrati, aveva sempre quei camiciotti scozzesi, ma<br />
ora sembravano, addosso a lui, indumenti per una spe<strong>di</strong>zione polare; aveva ora la<br />
barba, e in testa lo sbertucciato cappelluccio <strong>di</strong> lana; e tutto in lui faceva pensare a<br />
una prossima partenza per il Polo Nord. Perché, pur avendo sempre tanto caldo,<br />
sovente usa vestirsi come se fosse circondato <strong>di</strong> neve, <strong>di</strong> ghiaccio e <strong>di</strong> orsi bianchi;<br />
o anche invece si veste come un piantatore <strong>di</strong> caffè nel Brasile; ma sempre si veste<br />
<strong>di</strong>verso da tutta l’altra gente.<br />
Se gli ricordo quell’antica nostra passeggiata per via Nazionale, <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> ricordare,<br />
ma io so che mente e non ricorda nulla; e io a volte mi chiedo se eravamo noi,<br />
quelle due persone, quasi vent’anni fa per via Nazionale; due persone che hanno<br />
conversato così gentilmente, urbanamente, nel sole che tramontava; che hanno<br />
parlato forse un po’ <strong>di</strong> tutto, e <strong>di</strong> nulla; due amabili conversatori, due giovani intellettuali<br />
a passeggio; così giovani, così educati, così <strong>di</strong>stratti, così <strong>di</strong>sposti a dare,<br />
l’uno dell’altra, un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>strattamente benevolo; così <strong>di</strong>sposti a congedarsi<br />
l’uno dall’altra per sempre, quel tramonto, a quell’angolo <strong>di</strong> strada.<br />
Il lessico<br />
Su propone qui il lessico utilizzato in questo brano<br />
dalla Ginzburg, affinché sia possibile una sua<br />
valutazione e il confronto con il lessico d’uso.<br />
abbacchio<br />
abitare<br />
accappatoio<br />
accendere<br />
accolta<br />
accompagnare<br />
accorgere<br />
accuratamente<br />
acqua<br />
addormentare<br />
addosso<br />
adesso<br />
affare<br />
affezionata<br />
affiorare<br />
alimentare<br />
alloggio<br />
amabile<br />
amare<br />
amaro<br />
ambientarmi<br />
amico<br />
amicizia<br />
amministrare<br />
amore<br />
andare<br />
angelo<br />
angolo<br />
annoiare<br />
antico<br />
appagare<br />
apparire<br />
appendere<br />
approdo<br />
arancio<br />
arido<br />
arma<strong>di</strong><br />
armati<br />
arrabbiare<br />
arte<br />
ascoltare<br />
aspetto<br />
aspirina<br />
assoluta<br />
assolvere<br />
astenere<br />
attimo<br />
attività<br />
attore<br />
attratto<br />
attraversare<br />
automobile<br />
autorità<br />
avvicinare<br />
azione<br />
baffi<br />
bagno<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 179
180 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Analisi Tecnica. Ginzburg<br />
balcone<br />
ballare<br />
bambino<br />
banco<br />
barba<br />
baritono<br />
bello<br />
benevolo<br />
bianca<br />
biancheria<br />
biblioteche<br />
bicarbonato<br />
bicchiere<br />
birra<br />
bloccata<br />
bocchino<br />
bosco<br />
bottiglia<br />
bozze<br />
brasile<br />
bravo<br />
breve<br />
buttare<br />
cadaverica<br />
cadenze<br />
cadere<br />
caffè<br />
caldo<br />
calzato<br />
calzoni<br />
cambiarsi<br />
cameriere<br />
camerino<br />
camicia<br />
camiciotti<br />
camminare<br />
campagna<br />
cancello<br />
can<strong>di</strong>do<br />
cantante<br />
cantare<br />
canto<br />
canzone<br />
capire<br />
cappello<br />
cappelluccio<br />
car<strong>di</strong>nali<br />
carezzare<br />
carica<br />
carta<br />
casa<br />
cassetto<br />
cattiva<br />
cavallo<br />
cena<br />
cercare<br />
cerchiolino<br />
cerimoniale<br />
cesto<br />
chiacchierare<br />
chiaro<br />
chiazza<br />
chiedere<br />
chilometri<br />
cifra<br />
ciliege<br />
ciliegio<br />
cinema<br />
cinematografo<br />
cipolle<br />
circondato<br />
città<br />
cliente<br />
colmare<br />
colore<br />
colpa<br />
coltivato<br />
cominciare<br />
comme<strong>di</strong>a<br />
commozione<br />
compagni<br />
comparire<br />
compiere<br />
complessi<br />
comprare<br />
concerto<br />
concludere<br />
congedarsi<br />
congratularsi<br />
conoscere<br />
consentire<br />
conservare<br />
conservazione<br />
contare<br />
contessa<br />
conventi<br />
conversare<br />
conversatori<br />
coperta<br />
correggere<br />
corridoio<br />
cosa<br />
così<br />
costare<br />
costituita<br />
costringere<br />
cravatta<br />
credere<br />
cucina<br />
cucinarsi<br />
cultura<br />
cuore<br />
curiosità<br />
deciso<br />
delicato<br />
delirio<br />
deserto<br />
desiderare<br />
<strong>di</strong>avoli<br />
<strong>di</strong>fesa<br />
<strong>di</strong>fficile<br />
<strong>di</strong>fficoltà<br />
<strong>di</strong>menticati<br />
<strong>di</strong>mostrarmi<br />
<strong>di</strong>pendere<br />
<strong>di</strong>rettore<br />
<strong>di</strong>rigere<br />
<strong>di</strong>sco<br />
<strong>di</strong>scoteche<br />
<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natissimo<br />
<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne<br />
<strong>di</strong>sparate<br />
<strong>di</strong>sposti<br />
<strong>di</strong>straggo<br />
<strong>di</strong>strattamente<br />
<strong>di</strong>stratti<br />
<strong>di</strong>to<br />
<strong>di</strong>vano<br />
<strong>di</strong>ventare<br />
<strong>di</strong>verso<br />
<strong>di</strong>verte<br />
<strong>di</strong>vorare<br />
<strong>di</strong>zione<br />
dolore<br />
domenica<br />
dose<br />
dovere<br />
dubbio<br />
ebraico<br />
e<strong>di</strong>trice<br />
educato<br />
educazione<br />
effettivamente<br />
elegante<br />
erbaggio<br />
erba<br />
errori<br />
esasperazione<br />
esempio<br />
esile<br />
esperienza<br />
espongono<br />
estate<br />
famoso<br />
fango<br />
fare<br />
farfalla<br />
fatica<br />
faticoso<br />
felicità<br />
ferro<br />
fertile<br />
fianco<br />
figurativo<br />
fila<br />
film<br />
filo<br />
filtro<br />
fine<br />
finire<br />
fino<br />
fisionomista<br />
flanella<br />
forma<br />
forse<br />
forte<br />
frac<br />
francese<br />
frase<br />
fratacchione<br />
freddo<br />
frittata<br />
frutta<br />
frutto<br />
fuggire<br />
fumo<br />
furia<br />
gas<br />
gatto<br />
gente<br />
gentile<br />
gentilezza<br />
gentilmente<br />
gesto<br />
ghiaccio<br />
ginocchia<br />
giornata<br />
giorno<br />
giovane<br />
giu<strong>di</strong>zio<br />
giusto<br />
golf<br />
grande<br />
grigie<br />
grondaie<br />
guardare<br />
guarito<br />
guidare<br />
gusto<br />
idea<br />
ignota<br />
imbroglio<br />
immacolato<br />
immagine<br />
impappinarsi<br />
impaziente<br />
impe<strong>di</strong>re<br />
impermeabile<br />
impiegato<br />
importante<br />
importanza<br />
importare<br />
improvvise<br />
impulsività<br />
incartapecoriti<br />
incerta<br />
incertezza<br />
incombenza<br />
incontrarsi<br />
incre<strong>di</strong>bile<br />
in<strong>di</strong>care<br />
in<strong>di</strong>cazione<br />
in<strong>di</strong>fferentemente<br />
indumento<br />
infanzia<br />
infilare<br />
infinito<br />
informare<br />
insistente<br />
intanto<br />
intellettuale<br />
intemperie<br />
intendere<br />
intorno<br />
invecchiare<br />
inventato<br />
invisibile<br />
irresolutezza<br />
irrigua<br />
irritare<br />
isolate<br />
istante<br />
laboriosa<br />
lagrima<br />
lamentarsi<br />
lamentoso<br />
lampione<br />
lana<br />
lasciare<br />
lavorare<br />
lavoro<br />
legate<br />
leggere<br />
leggero<br />
leggìo<br />
legittimo<br />
legno<br />
lenzuola<br />
letto<br />
libro<br />
limite<br />
lingua<br />
litigati<br />
lontano<br />
lume<br />
lungo<br />
luogo<br />
macchia<br />
macchina<br />
madre<br />
magari<br />
maggior<br />
magro<br />
malato<br />
malattie<br />
male<br />
malessere<br />
malinconico<br />
mancanza<br />
mancare<br />
mancia<br />
mandare<br />
mangiare<br />
mano<br />
marito<br />
maschera<br />
matita<br />
mattino<br />
melopea<br />
memoria<br />
mente<br />
mercato<br />
mestiere<br />
metro<br />
miagolare<br />
miagolio<br />
migliorare<br />
mille<br />
minestrone<br />
minimo<br />
misterioso<br />
mode<br />
moglie<br />
momento<br />
mondo<br />
morbido<br />
morire<br />
motivo<br />
mugolare<br />
multa<br />
muovere<br />
museo<br />
musica<br />
musicale<br />
muto<br />
naso<br />
nazionale<br />
nebbia<br />
necessità<br />
nessuno<br />
neve<br />
niente<br />
noiosa<br />
noleggiare<br />
nome<br />
nord<br />
nostalgica<br />
nota<br />
numero<br />
nuovo<br />
nutrire<br />
occasione<br />
occhio<br />
o<strong>di</strong>are<br />
o<strong>di</strong>o<br />
offeso<br />
ombra<br />
opera<br />
orchestra<br />
or<strong>di</strong>nare<br />
or<strong>di</strong>ne<br />
orientamento<br />
orso<br />
orto<br />
osare<br />
osservare<br />
ottenere<br />
oziare<br />
ozio<br />
padrone<br />
pagato<br />
palato<br />
palco<br />
palmo<br />
pancotto<br />
parere<br />
parlare<br />
parola<br />
parsimonia<br />
parte<br />
partenza<br />
particolare<br />
passare<br />
passeggiare<br />
passeggiata<br />
passione<br />
pasticcino<br />
patata<br />
patente<br />
paura<br />
peggiore<br />
pensare<br />
pensione<br />
penso<br />
pericolo<br />
periferia<br />
perso<br />
persona<br />
personaggi<br />
piacere<br />
piango<br />
pianissimo<br />
piano<br />
pianta<br />
piantatore<br />
pianto<br />
piatto<br />
piccolo<br />
pienamente<br />
pieno<br />
pigro<br />
pioggia<br />
piovere<br />
pittura<br />
placare<br />
poesia<br />
polare<br />
polemica<br />
poliziotto<br />
polo<br />
pomeriggio<br />
popolato<br />
portare<br />
portobello<br />
possare<br />
possedere<br />
posto<br />
potere<br />
pranzo<br />
precisione<br />
pregare<br />
prendere<br />
prevalso<br />
prezzo<br />
prigione<br />
primo<br />
privazione<br />
processo
Dalla ſcrittura alla letteratura • 181<br />
Analisi Tecnica. Ginzburg<br />
<strong>prof</strong>essore<br />
<strong>prof</strong>ilo<br />
<strong>prof</strong>ondo<br />
pronto<br />
proporre<br />
prossimo<br />
protestare<br />
provare<br />
provvista<br />
pulito<br />
punta<br />
puntiglio<br />
quadro<br />
quantità<br />
quarto<br />
raccontare<br />
racconto<br />
ra<strong>di</strong>o<br />
raffinato<br />
ragazzo<br />
rammarico<br />
rapporti<br />
raramente<br />
rassomigliare<br />
ravviluppato<br />
re<br />
reali<br />
regista<br />
remoto<br />
rendere<br />
repellente<br />
restare<br />
ribasso<br />
riccamente<br />
ricciolo<br />
ricerca<br />
ricevimento<br />
ricevuta<br />
riconoscere<br />
ricoprire<br />
ricordare<br />
ricordo<br />
ridere<br />
riempire<br />
rifare<br />
rifiutare<br />
riflettere<br />
rifugiare<br />
rigagnolo<br />
rigi<strong>di</strong>tà<br />
rimanere<br />
rimorso<br />
rimpiangere<br />
rimproverare<br />
rinfacciare<br />
rior<strong>di</strong>nare<br />
ripetere<br />
riposare<br />
riserbo<br />
rispetto<br />
rispondere<br />
risposta<br />
ristorante<br />
ritornare<br />
riuscire<br />
rivoluzione<br />
robusti<br />
rosso<br />
rumorosa<br />
sala<br />
salubre<br />
saputo<br />
sbagliare<br />
sbertucciato<br />
scagliare<br />
scarpa<br />
scegliere<br />
scen<strong>di</strong>letto<br />
sceneggiatura<br />
schermo<br />
schernire<br />
schiera<br />
scomparso<br />
sconosciuto<br />
scoprire<br />
scozzese<br />
scrivere<br />
scuro<br />
sdegnare<br />
sdegnore<br />
sdraiata<br />
secolo<br />
secondo<br />
sedano<br />
sedere<br />
segreto<br />
seguire<br />
sembrare<br />
sensibile<br />
senso<br />
sentimento<br />
sentire<br />
sera<br />
servire<br />
servizio<br />
sforzo<br />
sigaretta<br />
sigaro<br />
signora<br />
silenzio<br />
sobborgo<br />
sofferente<br />
soffrire<br />
sole<br />
solere<br />
solo<br />
sommamente<br />
sonno<br />
soppesato<br />
sorgere<br />
sorta<br />
sovrabbondante<br />
sparso<br />
specie<br />
spe<strong>di</strong>zione<br />
spenta<br />
speranza<br />
spesa<br />
spettacolo<br />
spia<br />
spiacevole<br />
spiegare<br />
spirito<br />
spuma<br />
standard<br />
stanza<br />
stare<br />
sterlina<br />
stillante<br />
stivaletti<br />
stonato<br />
stop<br />
storia<br />
stoviglia<br />
strabordare<br />
straccio<br />
strada<br />
stragrande<br />
straniero<br />
straripare<br />
strascico<br />
stu<strong>di</strong>are<br />
stuoia<br />
subìto<br />
successo<br />
supporre<br />
suscitare<br />
svaporare<br />
svolto<br />
taccuino<br />
tagliatella<br />
tar<strong>di</strong><br />
tavolino<br />
tazza<br />
tè<br />
teatro<br />
teiera<br />
telefono<br />
telo<br />
temere<br />
tempestoso<br />
tempo<br />
tenere<br />
tentare<br />
terra<br />
testa<br />
timido<br />
toccare<br />
togliere<br />
topografica<br />
torto<br />
toscano<br />
traboccare<br />
traccia<br />
trama<br />
tramontare<br />
tramonto<br />
tranquillo<br />
trascinare<br />
trattenere<br />
trionfante<br />
trovare<br />
turbine<br />
uguale<br />
unico<br />
universo<br />
uomo<br />
urbanamente<br />
uscire<br />
vagare<br />
vasca<br />
vecchio<br />
vedere<br />
velocemente<br />
velocissimo<br />
venire<br />
veramente<br />
verde<br />
vero<br />
versare<br />
veste<br />
vestirsi<br />
vestito<br />
viaggi<br />
vicino<br />
villaggio<br />
vinaccia<br />
vino<br />
violento<br />
vista<br />
vita<br />
vivere<br />
voce<br />
volere<br />
volontà<br />
vuoto<br />
zelo<br />
zuppo
pIER VITTORIO TONDELLI<br />
182 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
ALTRI LIBERTINI<br />
da AutobAhn<br />
Così me ne corro e quanti <strong>di</strong> pensieri che tengo nella mia crapa o piuttosto<br />
pensieri <strong>di</strong> stomaco, la testa ronza solamente come il monoscopio della tivú; nella<br />
pancia invece è lì che ci tengo tutti i miei fumamenti come bussolotti del lotto <strong>di</strong>te<br />
un numero vi guardo dentro che pensiero ci sta.<br />
Ma continuo a volare e dovete sapere che fatti <strong>di</strong>eci chilometri, fatti venti<br />
comincia a stringermi la vescica in mezzo alle gambe. Tengo duro ’co<strong>di</strong>o io ci ho<br />
fatto un patto <strong>di</strong> non fermarmi questa notte <strong>di</strong> libertà perché so che se mi fermo<br />
poi vien su la malinconia del viaggiatore e faccio il gran filosofo, <strong>di</strong>co vado non<br />
vado, torno non torno e non è proprio bello a questo punto menare le cazzate.<br />
Fatti altri chilometri passo quin<strong>di</strong> sopra al flumen Po tutto luccicante nella<br />
notte che sembra la stagnola <strong>di</strong> un presepio che fa il ruscelletto eppoi finisce nello<br />
specchietto della mamma vicino alla grotta a far da laghetto, io e mio fratellino<br />
grande ci mettevamo le oche, mio cugino invece ci faceva la pipì da sopra una se<strong>di</strong>a<br />
e <strong>di</strong>ceva piove piove sul laghetto.<br />
Passato il Po tanta pipì che ingrosserei il delta e le valli <strong>di</strong> Comacchio se dovessi<br />
scaricarmi da quassú. Così mi costringo e faccio sosta in una piazzola, ma non<br />
per far pipì quanto piuttosto bisogno <strong>di</strong> un fernet sennò gli scoramenti, quelle<br />
fiere, tornano a saltar fuori. Bisogna sempre tenerli cal<strong>di</strong> cal<strong>di</strong> che scottino se li<br />
fate raffreddare sarà tutto un umor <strong>di</strong> novembre, tetro e nuvoloso e allora me la<br />
scrivete poi voi una cartolina dall’asilo degli sbalinati.<br />
All’Area <strong>di</strong> Servizio Po, parcheggio la mia cinquecento ma prima <strong>di</strong> scappar<br />
giú a cambiar acqua al merlo mi conto i sol<strong>di</strong> in tasca, magari mi son sbagliato e<br />
ci ho piú grano <strong>di</strong> quel che ho contato l’ultima volta, insomma mille lire in piú<br />
Negli anni Ottanta vede la luce una serie <strong>di</strong> opere che pongono al centro della ricerca il tema<br />
dei giovani: l’autore si fa rappresentante <strong>di</strong> una generazione, nella quale, per altro, egli si sente,<br />
ed è, immerso sì da esserne coinvolto emotivamente. Il coinvolgimento esclude la possibilità e<br />
la volontà <strong>di</strong> comprensione della con<strong>di</strong>zione sociale, culturale e così via, giovanile; ma anche<br />
esclude la volontà <strong>di</strong> comunicare all’esterno della generazione. Problemi atteggiamenti, moti<br />
vissuti dall’interno, sono comunicati a lettori giovani, neanche presi nell’insieme <strong>di</strong> pubblico,<br />
ma come in<strong>di</strong>vidui: insomma una sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo a due, partecipato per identità <strong>di</strong> visione<br />
della vita, per la con<strong>di</strong>visa separatezza dagli adulti, comunque da contestare perché troppo<br />
compromessi, e troppo rinunciatari rispetto alla vita.<br />
In un’intervista rilasciata a F. Panzeri T. ha detto: «Altri libertini è, anche letterariamente, un<br />
libretto aggressivo, forse perché i timi<strong>di</strong>, per parlare al mondo, hanno bisogno <strong>di</strong> passare<br />
attraverso lo scandalo o tiri grande clamore. Negli anni in cui è uscito era anche un libro che<br />
andava contro la letteratura paludata, contro quella che ancora oggi è la letteratura ufficiale,<br />
quella premiata dalle autorità, dai marescialli e dai <strong>prof</strong>essori, contro un certo modo <strong>di</strong> scrivere,<br />
<strong>di</strong> vedere il libro, contro la <strong>di</strong>ffusa tendenza a considerare il testo come un feticcio <strong>di</strong>
Analisi Tecnica. Tondei<br />
per un panino. Niente, porca la miseria, solo monetaccia spicciolata, ottocentocinquanta<br />
lire e <strong>di</strong>eci dracme, ma quelle mica le posso spendere che sono un regalo<br />
<strong>di</strong> un amico mio.<br />
Raggiungo dunque il posto per lo scaricamento che non ne posso proprio<br />
piú. Dopo, che pisciata! A gambe larghe e chiappe strette una mano dura sulle<br />
piastrellette <strong>di</strong> formica a lato, e la testa china a guardare il pro<strong>di</strong>gio fumante, che<br />
fumata lettori miei! Poi saltellando qua e là per la piazzola <strong>di</strong> sosta mi trovo a<br />
svicolare nel baretto solitario e mi metto al banco <strong>di</strong>cendo fernet. Uno tutto secco<br />
e allampanato che pare Bela Lugosi <strong>di</strong>ce lo scontrino ce l’hai? E io lo guardo <strong>di</strong>co<br />
no, però versami il fernet che poi lo faccio. Ma quello niente, sta lì a guardare fisso<br />
fisso che sembra proprio l’uomo lupo e attende la fattura così che dopo mi volto e<br />
vado alla cassa però non c’è nessuno seduto lì <strong>di</strong>etro. Torno a voltarmi con gran<br />
sorriso come <strong>di</strong>re Bela Lugosi che faccio ora? Ma lui non sta piú lì per cui guardo<br />
in alto e in basso alla ricerca del pipistrellone e dopo me lo vedo alla cassa seduto<br />
che fa tic-tac come alla macchina per scrivere e infine dling! il talloncino.<br />
Lo prendo e vado al banco e <strong>di</strong>co “fernet please” davanti allo specchio tanto<br />
so il giochettino e Bela Lugosi primaoppoi arriverà. Però altri che sono entrati<br />
non capiscono bene me che parlo a nessuno <strong>di</strong>cendo “fernet please” che sembro<br />
un <strong>di</strong>sco e mi guardano un po’ storti come <strong>di</strong>re c’ha le rotelle ammaccate povero<br />
<strong>di</strong>avolo e dopo vanno a destra del bancone e lì mangiano e bevono e si ristorano<br />
promozione sociale. Con Altri libertini la mia ambizione è stata quella <strong>di</strong> introdurre una certa<br />
novità linguistica, rivolta a quei giovani che come me avevano venti o venticinque anni. In<br />
un certo senso credo che si possa parlare <strong>di</strong> un’opera “democratica”, nel senso proprio del<br />
messaggio culturale che voleva produrre. È come se, con questo libro, io <strong>di</strong>cessi a chi mi<br />
leggeva. “Se lo posso fare io un libro come questo, lo potete fare anche voi. Se io riesco a<br />
mettere insieme queste storie, anche voi potete raccontare le vostre storie su queste cose”.<br />
lo e il lettore ci trovavamo assolutamente alla pari. Del resto è anche il <strong>di</strong>scorso che faccio<br />
ancora oggi. Lo scrittore non è una personalità baciata da qualche capacità superiore. Può<br />
essere presente del talento maggiore in una persona, anziché in un’altra, ma non per questo<br />
deve essere considerato come appartenente a una casta esclusiva e inavvicinabile».<br />
Altre opere <strong>di</strong> P.V.T. sono Pao Pao (’82), Rimini (’86) Camere separate (’89) Un weekend postmoderno<br />
(’90). È morto nel 1991 a trentasei anni, <strong>di</strong> Aids.<br />
Lo stile<br />
Il primo cpv contiene già tutti gli elementi <strong>di</strong> una<br />
contestazione globale della scrittura letteraria;<br />
formule come me ne corro, quanti <strong>di</strong>... che, nella<br />
pancia... è lì che ci, appartengono al linguaggio<br />
popolare. Si aggiungano termini come crapa,<br />
pensieri <strong>di</strong> stomaco, fumamenti, uno derivato<br />
dal <strong>di</strong>aletto, uno prodotto da un ossimoro, il terzo<br />
un neologismo. E poi la riduzione alla banalità<br />
quoti<strong>di</strong>ana operata attraverso le due similitu<strong>di</strong>ni:<br />
la testa ronza come un monoscopio della<br />
tivù, e nella pancia... ci tengo... i miei fumamenti<br />
come bussolotti del lotto. Infine l’improvviso<br />
scarto sintattico costituito da <strong>di</strong>te un numero vi<br />
guardo dentro che pensiero ci sta, che non si<br />
configura come flusso <strong>di</strong> coscienza, né come <strong>di</strong>scorso<br />
<strong>di</strong>retto libero, ma è traduzione imme<strong>di</strong>ata<br />
del sarcasmo e della rabbia contro sé stesso,<br />
contro la sua depressione i cui motivi gli sono<br />
ignoti. E si veda il 2º cpv che nel pd iniziale allinea<br />
due coor<strong>di</strong>nate nelle quali non solo i sogg sono<br />
<strong>di</strong>versi ma lo sono i contenuti, tanto che per la<br />
seconda vien da pensare che si tratti <strong>di</strong> un’avversativa;<br />
l’assenza della punteggiatura, però,<br />
in<strong>di</strong>ca piuttosto la natura <strong>di</strong> copula. L’assenza <strong>di</strong><br />
punteggiatura e la sintassi, volutamente incerta,<br />
caratterizzano il successivo pd tengo duro<br />
’co<strong>di</strong>o io ci ho fatto... dove la bestemmia può<br />
in<strong>di</strong>care il mutamento logicosintattico (benché<br />
sia impossibile stabilire se appartenga alla prima<br />
o alla seconda frase): si passa dal momento <strong>di</strong>e<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 183
Analisi Tecnica. Tondei<br />
perché da quell’altra parte c’è Bela Lugosi che li serve calmo e placido al passaggio<br />
e me non mi caga neanche un po’, come non c’avessi il talloncino. Tanto che io<br />
m’incazzo e grido brutto canchero uccellone d’un Bela Lugosi, dammi da bere che<br />
sennò ti pianto un palo nella gola e la finisci <strong>di</strong> fare il lupacchione grrrrr! Dopo<br />
tanta attesa arriva il beveraggio.<br />
Taccagno! Per cinquecento lire me ne versa un goccino che sembra una caramella<br />
al fernet, allora se lo sapevo facevo prima a comperare le caramelle e spaccarmele<br />
in boccuccia come ovini, <strong>di</strong> certo risparmiavo, ah se risparmiavo. Alla<br />
brutta faccia vostra taccagni dell’autostrada piú bella che ci sta!<br />
Quin<strong>di</strong> mentre mi volto infumanato ho una visione. Strabuzzo gli occhi poi<br />
metto anche gli occhiali che tenevo in cinquecento. Infatti uscito e poi tornato.<br />
Lei stava sempre lì che guardava col sorriso. Che bella bambina! Ci avrà sì e no<br />
quin<strong>di</strong>ci anni, però è bella e si vede che mi guarda bene lì davanti al bancone dei<br />
taccagni. Prendo la mia mano nell’altra e <strong>di</strong>co be’? Lei mette la sua manina e <strong>di</strong>ce<br />
be’ anche lei. Dopo fatta così conoscenza corriamo fuori e an<strong>di</strong>amo <strong>di</strong>etro il casotto<br />
che c’è anche un lampione, sempre <strong>di</strong>cendo be’ come due pecorine innamorate.<br />
Le do un bacio? daglielo daglielo <strong>di</strong>ce dentro la vocina e così glielo do, ma quanto<br />
coraggio ci è voluto. Poi anche lei mi bacia sulla fronte e tira via col <strong>di</strong>to i capelli<br />
perché li tengo lunghi e non sta bene per una bambina baciare i capelli <strong>di</strong> un giovanotto.<br />
Succhiamo succhiamo lei la fronte e io la guancia così timi<strong>di</strong>ni tuttedue<br />
che voi lettori furbacchioni non ve lo sareste mai aspettato da un duro come me.<br />
E invece facciamo proprio così <strong>di</strong>etro al casotto e vicino al lampione che ora s’è<br />
spento però c’è la luna che ci tiene compagnia, una gran bella luna piena, capita la<br />
solfa del Bela Lugosi? Poi lei <strong>di</strong>ce che io le racconto la mia storia e io chiedo ti fa<br />
piacere davvero? Dice <strong>di</strong> sì e allora comincio a raccontare, ma quante balle che le<br />
<strong>di</strong>co, tutte fregnacce, io son questo qui e faccio questo qua, tutte menate voi che<br />
lo sapete che sono un povero <strong>di</strong>avolo con su gli scoramenti. Ma Lei spalanca la<br />
boccuccia e <strong>di</strong>ce ooohhhhhh a ogni mia fandonia e quante che ne racconto sono<br />
getico (ma anche questo potrebbe non essere<br />
vero, e la frase potrebbe essere un pensiero) ad<br />
un momento <strong>di</strong> spiegazione <strong>di</strong> quella decisione<br />
<strong>di</strong> non arrendersi al bisogno fisiologico: dunque<br />
una <strong>di</strong>chiarativa, o una causale. Io ci ho fatto...<br />
è esplosione umorale ribellione, ancora, alle<br />
esigenze del corpo, e a sé stesso. L’assenza<br />
<strong>di</strong> veri e propri nessi logicosintattici fa sì che il<br />
testo <strong>di</strong> T. si offra come una accumulazione <strong>di</strong><br />
fatti irrazionali, apparentemente slegati gli uni<br />
dagli altri: allineamento <strong>di</strong> impressioni ricor<strong>di</strong><br />
luoghi comuni sentimenti e sensazioni; nei quali<br />
l’unico collante possibile è l’io dello scrittore che<br />
cerca identiche risonanze nel lettore.<br />
Al quale ripetutamente T. si rivolge: dovete sapere,<br />
che fumata lettori miei !, così timi<strong>di</strong>ni tuttedue<br />
che voi lettori furbacchioni non ve lo sareste mai<br />
aspettato da un duro come me, Che ne <strong>di</strong>te<br />
lettori miei ?, sino alla richiesta <strong>di</strong> un’esplicita<br />
complicità quando,narrando dell’incontro con<br />
la fanciulla in un’area <strong>di</strong> servizio dell’autostrada,<br />
le racconta un gran numero <strong>di</strong> fandonie sulla<br />
184 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
propria attività e personalità: tutte menate voi<br />
che lo sapete che sono un povero <strong>di</strong>avolo con<br />
su gli scoramenti. O alla proposta <strong>di</strong> stabilire un<br />
vero e proprio <strong>di</strong>alogo quando enuncia la teoria<br />
che i momenti <strong>di</strong> depressione vanno tenuti sotto<br />
controllo con l’alcool: se li fate raffreddare sarà<br />
tutto un umor <strong>di</strong> novembre, tetro e nuvoloso<br />
e allora me la scrivete poi voi una cartolina<br />
dall’asilo degli sbalinati. Così è che il racconto<br />
sembra farsi durante la lettura, nella continua<br />
confessionecoinvolgimento al/del lettore.<br />
Il legame scrittorelettore è fondamentale nel<br />
testo <strong>di</strong> T. giacché il coinvolgimento avviene<br />
attorno a temi che avrebbero una qualche carica<br />
sovversiva dell’or<strong>di</strong>ne (culturale) costituito,<br />
gli “scoramenti”, la “pisciata”, il “fernet” e così<br />
via – come in generale in Altri libertini, la droga,<br />
l’omosessualità ecc. – e tuttavia gli spunti polemici<br />
più spesso abortiscono nel compiacimento<br />
per il paradosso, in un macabro narcisismo<br />
scatologico: tanta pipì che ingrosserei il delta e<br />
le valli <strong>di</strong> Comacchio; ... la testa china a guardare
Analisi Tecnica. Tondei<br />
ricco son famoso, son scrittore ah quante che ne <strong>di</strong>co che non stan né in cielo né in<br />
terra e manco nel mio mare. Il mare, il mare! io non posso fermarmi qui, ho il mio<br />
odore da seguire, devo correre, l’autostrada mi aspetta, non ci ho tempo caramia!<br />
E qui svanisce la visione e lei <strong>di</strong>venta sempre lei però io capisco il trucco. Te ti<br />
han mandato i correggesi per fermarmi, vattene via stregaccia bella che fai finta<br />
<strong>di</strong> credere alle mie balle, ora t’ho capito l’inganno, vattene via! Corro al mio ronzinante,<br />
salto dentro dalla cappotta metto la prima e parto forte senza nemmeno<br />
salutarla. Lasciata sull’erbetta inglese del retrocasotto, con su il pullover e i bottoncini<br />
rosa in aria, così impara a voler fermare il mio viaggio!<br />
Però mentre corro <strong>di</strong> nuovo sulla strada la vocina dentro <strong>di</strong>ce facevi bene<br />
a fermarti con la bellina, dove vai? chi sei? Piantala piantala vocina del cazzo,<br />
coscienza inquieta dei miei stivalacci sdruciti, fanculo te che se non taci ti porto<br />
dritta dritta da uno jun ghiano e poi me la racconti se parli lunga e <strong>di</strong>stesa sul sofà.<br />
Tante minacce, la vocina tace e s’assopisce nella cuccia. Finalmente. Canto una<br />
canzone e mi faccio da me l’accompagnamento come qualche pagina in<strong>di</strong>etro<br />
battendo i pie<strong>di</strong> e le mani sul ferro della capote scappottata e insomma vedo in<br />
alto le stelle e dopo, fatti altri chilometri, anche delle ombre nere. A un piú attento<br />
esame rivelatesi le montagne sopra Verona.<br />
Go<strong>di</strong>ti dunque occhio mio il ramingar contando stelle, go<strong>di</strong>ti queste montagne<br />
che paiono ostriconi arribaltati, go<strong>di</strong>ti il canto del ronzinante, dei pistoni e dei<br />
cilindri, il traballio lucente e mercuriato del l’A<strong>di</strong>ge, ora a sinistra dopo un ponte<br />
un’ansa e a destra, ma dritto l’asfalto, ah chi ci fermerà? Alla faccia del cazzo e<br />
della mia visione, brutta fatina che volevi arrestarmi! Alla faccia vostra vado finché<br />
ho benzina vado, porci scoramenti che bollite in pancia ora vi centrifugo dal<br />
muscoletto mio, fuori fuori che sto correndo addosso alla mia felicità. Però poi son<br />
il pro<strong>di</strong>gio fumante; quel che salta fuori è un<br />
ruttazzo, ma un ruttazzo che sembra tremino le<br />
montagne e arrivare il terremoto; la gente ... sulla<br />
piazzetta in mezzo agli sporchi della mia pancia<br />
e ai puzzi e rumoracci sbrang dei ventoni, olé, è<br />
<strong>di</strong>già sciupada la terza guerra mon<strong>di</strong>ale coi gas<br />
atomici e tutto il resto... È in questo vomito, in<br />
queste secrezioni gastointestinali un modello <strong>di</strong><br />
contestazione dell’etica, del bon ton, dell’estetica<br />
borghese: insomma tutti i parametri della<br />
scrittura letteraria sono qui negati e respinti.<br />
Oggetto del romanzo è l’emarginato, o meglio<br />
ciò che fuori d’ogni testura sociale (e fuori perciò<br />
anche degli strumenti comunicativi letterari e<br />
non: dunque ripiegati sul privato, emotivo sino<br />
al fisiologico). Proprio perché fuori da ogni forma<br />
sociale la ribellione <strong>di</strong> T. non immagina, tanto<br />
meno progetta (come pur facevano i Futuristi),<br />
quale che sia organizzazione, non può, infatti,<br />
sfuggire che la corsa del protagonista è verso il<br />
Mar del Nord inseguendo un odore che scende<br />
lungo l’autostrada del Brennero. Insomma è<br />
una corsa romantica, vaga meta sentimentale:<br />
odore, odorino mio <strong>di</strong> Mar del Nord, <strong>di</strong> libertà <strong>di</strong><br />
gioventù. D’altra parte – ed è una ripova – egli<br />
rifiuterà, per non lasciare la sua ’Bianchina’,<br />
significativamente trsformata in una memoria<br />
donchiottiana, ronzinante, <strong>di</strong> seguire il giovane<br />
cinematografaro che ha scelto <strong>di</strong> documentare<br />
non l’Italia delle periferie, ma quella respinta e<br />
respingente ogni gruppo sociale; l’Italia degli<br />
sbandati e degli irregolari; quella che rifiuta – s’è<br />
detto – ogni tipo <strong>di</strong> aggregazione sociale. Tal<br />
che il messaggio finale dell’intero Altri libertini<br />
è sostanzialmente romantico: Solo questo vi<br />
voglio <strong>di</strong>re credete a me lettori cari. Bando a<br />
isterismi, depressioni scoglionature e smaronamenti.<br />
Cercatevi il vostro odore eppoi ci saran<br />
fortune e buoni fulmini sulla strada. Non ha<br />
importanza alcuna se sarà <strong>di</strong> sabbia del deserto<br />
o <strong>di</strong> montagne rocciose, ... No, sarà pure l’odore<br />
dell’arcobaleno e del pentolino pieno d’ori, degli<br />
aquiloni bimbi miei, degli uccelletti, dei boschi<br />
ver<strong>di</strong> con in mezzo ruscelletti gai e cinguettanti,<br />
delle giungle, sarà l’odore delle palu<strong>di</strong>, dei<br />
canneti, dei venti sui ghiacciai, saranno gli odori<br />
delle bettole <strong>di</strong> Marrakesh o delle fumerie <strong>di</strong><br />
Istanbul, ah buoni davvero buoni odori in verità,<br />
ma saran pur sempre i vostri odori e allora via,<br />
alla faccia <strong>di</strong> tutti avanti! Col naso in aria fiutate<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 185
Analisi Tecnica. Tondei<br />
costretto a fermarmi <strong>di</strong> nuovo che il ronzinante fa sput sput. Ehi, ehi, carcassetta<br />
mia non abbandonarmi proprio ora, altri chilometri altra strada, tanto non ci ho<br />
sol<strong>di</strong> damned damned! Vai fin che puoi!<br />
Dopo, fermato.<br />
Stavolta la piazzola si chiama Area <strong>di</strong> Servizio fiume A<strong>di</strong>ge, ne ho fatta <strong>di</strong> strada,<br />
il beveraggio è terminato, in folle arrivo dentro appena un venti metri, mica tanti<br />
<strong>di</strong> piú. Infatti raggiungo a pie<strong>di</strong> l’autogrill, lei la mia bianchina la lascio lontana.<br />
C’è notte fredda e buia attorno al posto <strong>di</strong> ristoro e qualche sagoma scura <strong>di</strong> Tir<br />
e qualche Mercedulo <strong>di</strong> buon doicc e qualche bicicletta, <strong>di</strong> lavoratori penso io.<br />
Mi siedo sul gra<strong>di</strong>no <strong>di</strong> cemento e faccio rollare una sigaretta col Samson e anche<br />
mumble mumble che farò ora? Dopo si accende un lungo albero <strong>di</strong> Natale nel bel<br />
mezzo del buio e fa un gran rombo. C’è tutto un filo <strong>di</strong> belle lampa<strong>di</strong>ne colorate e<br />
quando si illuminano io capisco che è il bestione del Tir che se ne va e il Babbetto<br />
Natale che sta alla cabina lassú in alto mi saluta col braccione da Popeye perché<br />
io agito la mano e canto in mezzo alla piazzola: “Bello albero <strong>di</strong> Natale beato te<br />
che te ne vai verso il nord. Ah se gliel’avessi io un bestione così, sempre in giro<br />
a zizzagare altroché! Bbello che sei con tutte le luci, vai vai e corri finché puoi.”<br />
E lui parte e io gli corro <strong>di</strong>etro festoso e sbracciato che quando gli son vicino<br />
mi sgasa in faccia tanto che poi non vedo nulla in quella nebbia puzzolente, solo<br />
intravedo qualche lumicino come il Pollicino della fiaba. Eppoi in quello smog sale<br />
un masso nero, però non lo scorgo perché ci inciampo addosso, ma dopo lo vedo<br />
grande e per giunta vociferante. Perché fa porcamadonna!<br />
Tutto imperplessato guardo in basso. Che ne <strong>di</strong>te lettori miei? Mumble mumble,<br />
altro miracolo, altra visione che siano ancora i correggesi una ne fanno cento,<br />
mille ne pensano accidenti a loro? Macché visione, macché miracolo. Il sasso s’alza<br />
il vento, strapazzate le nubi all’orizzonte, forza,<br />
è ora <strong>di</strong> partire, forza tutti insieme incontro<br />
all’avventuraaaaa!<br />
Lo stesso legame scrittorelettore, presiede<br />
all’impasto linguistico. Si è già alluso ad una<br />
sostanziale trasposizione del linguaggio <strong>di</strong>alogico,<br />
anzi, parlato, fortemente intimistico,<br />
umorale ed emotivo; qui si aggiunge che si<br />
tratta del gergo giovanile (cazzo, maroni, rottinculo,<br />
sculato, cagarsi, cicalare, infognarsi,<br />
sgasare, srugginarsi) nel quale, in morfosintassi<br />
popolare, confluiscono parole <strong>di</strong>alettali e parole<br />
colte (ramingare, ronzinante, defenestrazione),<br />
neologismi (caromio, ciaociao, cinematografaro,<br />
cineocchio, doicc, imperplessato,<br />
mercedulo, mercuriato, primaoppoi, stoppista)<br />
ed onomatopee, francese, spagnolo (garrota,<br />
mileu) e fonemi tratti dai fumetti (bleah, grrrr,<br />
mumble mumble, ooohhhhhhh, scrash scrash,<br />
uuuahhhhh). Una peculiare categoria <strong>di</strong> parole<br />
è quella costituita dai nomi delle marche che<br />
sostituiscono il prodotto (metonìmia): è il caso<br />
<strong>di</strong>: faccio rollare una sigarette col (tabacco della<br />
186 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
marca) Samson; Ecco l’Arriflex (macchina per<br />
riprese cinematografiche con pellicola).<br />
Il continuo <strong>di</strong>alogo col lettore si unisce e si<br />
mescola con il <strong>di</strong>alogo dello scrittore con il<br />
sé personaggio: conta che nessun segno <strong>di</strong><br />
punteggiatura, nessun in<strong>di</strong>catore lessicale o<br />
sintattico avverta il lettore. Si veda come alla<br />
<strong>di</strong>egesi: Canto una canzone e mi faccio da<br />
me l’accompagnamento segua una notazione<br />
meta<strong>di</strong>egetica: come qualche pagina in<strong>di</strong>etro<br />
battendo i pie<strong>di</strong> e le mani sul ferro della capote<br />
scappottata. E senza soluzione <strong>di</strong> continuità<br />
riprenda il racconto: e insomma vedo in alto le<br />
stelle e dopo, fatti altri chilometri, anche delle<br />
ombre nere. A un piú attento esame rivelatesi<br />
le montagne sopra Verona. Qui la fine del cpv<br />
segna il mutamento della modalità narrativa: ché<br />
adesso il narratore si rivolge a sé stesso, con<br />
certo gusto lessicale, indugiando su termini letterari,<br />
o formando neologismi arcaicizzanti (alla<br />
fin fine una sorta <strong>di</strong> autoironia per un momento<br />
<strong>di</strong> pacificazione interiore): Go<strong>di</strong>ti dunque occhio<br />
mio il ramingar contando stelle, go<strong>di</strong>ti queste<br />
montagne che paiono ostriconi arribaltati, go<strong>di</strong>ti
Analisi Tecnica. Tondei<br />
su e <strong>di</strong>venta un autostoppista colorato, finalmente che il vapore dell’albero s’è un<br />
poco <strong>di</strong>radato.<br />
Oeeeee scusa tanto amico mio, ma non t’avevo mica visto cretino io così appallottolato,<br />
oé scusa tanto ma davvero che mi <strong>di</strong>spiace che dormivi e t’ho svegliato.<br />
Ma sei proprio tonto, <strong>di</strong>ce l’autostoppista, mica dormo non ve<strong>di</strong> che giro un<br />
film? Ecco l’Arriflex tienla in mano.<br />
Cazzo, questo qui è un cinematografaro. Io mi sciolgo un poco. Dice faccio un<br />
film, <strong>di</strong>co ho capito, ma così al buio?<br />
Filmava le luci dell’autostrada piú bella che c’è, questo ho capito poi piú tar<strong>di</strong><br />
nel bettolone dove mi ha offerto un cappuccino perché io non ci ho sol<strong>di</strong>. Così<br />
parliamo e cicaliamo. Lui <strong>di</strong>ce che questo è il primo film, ma poi ne farà degli altri,<br />
tutti film <strong>di</strong> viaggio alla miseria l’italietta e la comme<strong>di</strong>a, qui caromio nessuno sa<br />
piú un cazzo, bisogna registrare le autostrade e i movimenti, ok?<br />
Ah, che due maroni questa Italia, io ci ho fame amico mio una gran fame <strong>di</strong><br />
contrade e sentieroni, <strong>di</strong> ferrate, <strong>di</strong> binari, <strong>di</strong> laghetti, <strong>di</strong> frontiere e <strong>di</strong> autostrade, ok?<br />
Senti amico mio bisogna gettarsi nelle strade senza tante scene o riflettori,<br />
bisogna cercare soltanto una frontiera e un limite da scavalcare bisogna gettare<br />
le nostalgie e i retrò, anco riflussi e regressioni, via gli interni i teatri e gli stabilimenti.<br />
Si dovranno in vece ricercare periferie ghetti e marciapie<strong>di</strong>, viali lampioni<br />
e cantinette anco però sottoscale soffitte e sottotetti, ok?<br />
A morte, a morte! Alla forca! alla ghigliottina! al patibolo! al supplizio! alla gogna<br />
e alla garrota! all’esecuzione! alla fucilazione! all’impiccagione! alla defenestrazione<br />
il canto del ronzinante, dei pistoni e dei cilindri,<br />
il traballio lucente e mercuriato del l’A<strong>di</strong>ge, ora<br />
a sinistra dopo un ponte un’ansa e a destra,<br />
ma dritto l’asfalto, ah chi ci fermerà? Il <strong>di</strong>scorso<br />
<strong>di</strong>retto libero che lo scrittore intrattiene con sé,<br />
vaga da un oggetto all’altro; ora egli ripensa<br />
all’incontro con la fanciulla <strong>di</strong>nanzi al bar della<br />
stazione <strong>di</strong> servzio ed ecco che esplode nuovamente<br />
l’ira ed il <strong>di</strong>sprezzo (fors’anche con qualche<br />
punta <strong>di</strong> paranoia) per il mondo circostante.<br />
E cambia il linguaggio che ri<strong>di</strong>venta popolare<br />
se non triviale: Alla faccia del cazzo e della mia<br />
visione, brutta fatina che volevi arrestarmi! Alla<br />
faccia vostra vado finché ho benzina vado, porci<br />
scoramenti che bollite in pancia ora vi centrifugo<br />
dal muscoletto mio, fuori fuori che sto correndo<br />
addosso alla mia felicità. Senza alcun segnale<br />
T. riprende la modalità narrativa, <strong>di</strong>egetica: Però<br />
poi son costretto a fermarmi <strong>di</strong> nuovo che il<br />
ronzinante fa sput sput. Dove ricorre, accanto<br />
alla citazione letteraria, l’onomatopea da fumetto<br />
che conferisce una non lieve connotazione<br />
autoironica che prosegue nel periodo successivo<br />
che innova interlocutore – questa volta è<br />
l’automobile –: Ehi, ehi, carcassetta mia non<br />
abbandonarmi proprio ora, altri chilometri altra<br />
strada, tanto non ci ho sol<strong>di</strong> damned damned!<br />
Vai fin che puoi! E qui si noti il vezzeggiativo<br />
aulicizzante accanto al fumettistico damned<br />
damned. Dialogo col lettore, con sé personaggio,<br />
ed ancora <strong>di</strong>alogo del sé personaggio con<br />
altri personaggi si susseguono senza essere<br />
marcati in un complesso ed articolato flusso<br />
<strong>di</strong> coscienza che risente della lezione joyciana,<br />
privata dell’ironia e della volontà autoconoscitiva,<br />
e rivolta all’espressione imme<strong>di</strong>ata delle<br />
emozioni, del <strong>di</strong>sagio e dell’incapacità <strong>di</strong> aderire<br />
ad una sia pur momentanea visione della vita:<br />
qui caromio nessuno sa piú un cazzo. In questa<br />
<strong>di</strong>rezione si vedano quello che dovrebbero essere<br />
le parole del cineasta incontrato per caso:<br />
che se sembrano contestare, e con violenza, le<br />
strutture culturali della società borghese (... alla<br />
fucilazione! all’impiccagione! alla defenestrazione<br />
i mafiosi i teoreti i politologhi, i cor sivisti, le<br />
penne d’oro, le gran<strong>di</strong>firme, gli speculatori del<br />
grassetto e del filmetto, a morte! a morte! i mistificatori,<br />
le conventicole, i salotti, ...) poi traccia,<br />
in una enumeratio affollatissima, un panorama<br />
della cultura giovanile degli anni ’70’80 spesso<br />
contrad<strong>di</strong>ttorio, certo frammentario e alla fine<br />
caotico: e ciò avviene benché, anzi, proprio perché<br />
T. tenta raggruppamenti all’interno dei quali<br />
non <strong>di</strong> rado è dato <strong>di</strong> trovare raddoppiamenti<br />
<strong>di</strong> etichette che spesso sembrano connotarsi<br />
<strong>di</strong> ironia: ... e poi marchette trojette ruffiani e<br />
spacciatori, precari assistenti e supplenti, suici<strong>di</strong><br />
anco ed eterosessuali ...<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 187
Analisi Tecnica. Tondei<br />
i mafiosi i teoreti i politologhi, i cor sivisti, le penne d’oro, le gran<strong>di</strong>firme, gli speculatori<br />
del grassetto e del filmetto, a morte! a morte! i misti ficatori, le conventicole,<br />
i salotti, i milieu, i gruppi e i sottogruppi, le compagnie, le quadriglie e le famiglien,<br />
al rogo, al rogo, ok?<br />
Ma il cineocchio mio amerà, oooohhh se amerà la fauna <strong>di</strong> questi scassati e<br />
tribolati anni miei, certo che l’amerà. L’occhiocaldo mio s’innamorerà <strong>di</strong> tutti, dei<br />
freak dei beatnik e degli hippy delle lesbiche e dei sadomaso, degli autonomi, dei<br />
cani sciolti, dei froci, delle superchecche e dei filosofi, dei pubblicitari ed eroinomani<br />
e poi marchette trojette ruffiani e spacciatori, precari assistenti e supplenti,<br />
suici<strong>di</strong> anco ed eterosessuali cantautori et beoni, imbriachi sballati scannati<br />
bucati e forati. E femministe, autocoscienti, nuova psichiatria, antipsichiatria,<br />
mito e astrologia istintivi della morte e della conoscenza, psico<strong>analisi</strong> e semiotica,<br />
lacaniani junghiani e <strong>prof</strong>on<strong>di</strong>. Eppoi tutti quanti gli adepti <strong>di</strong> Krishna <strong>di</strong> Geova,<br />
del Guru, del Brahamino, dello Yogi. In<strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>scendenza, bambini <strong>di</strong> Dio, figli<br />
<strong>di</strong> Dioniso Zagreo, nipotini <strong>di</strong> Marx, illegittimi <strong>di</strong> Nietzsche, pronipoti del Marchese,<br />
figlioletti delle stelle, sorelline <strong>di</strong> Lilith luna nera e fratellini <strong>di</strong> prometeo<br />
incatenato, anche bastar<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Frankenstein, abortini <strong>di</strong> Caligari, goccioline <strong>di</strong><br />
Nosferatu. E ancora tutti quanti i tran sessuali, i perversi, i <strong>di</strong>fferanti, i situazionali,<br />
gli e<strong>di</strong>pici, i pree<strong>di</strong>pici e i fissati, i masturbatori e i segaioli, i corporali, i biologici,<br />
i macrobiotici, gli integrali, gli apocalittici, i funamboli, gli animatori, i creativi,<br />
i performativi, i federativi, i lettristi, i brigatisti, i seminaristi, i fiancheggiatori, i<br />
mimi e gli istrioni, i funerei, i piagnoni, i mortiferi e i bestemmiatori, i blasfemi,<br />
i boccaloni, i grafomani e gli esibizionisti e i masochisti e tutta quanta quell’altra<br />
razza <strong>di</strong> giovani Holden e giovani Torless, giovani Werther e giovani Ortis, giovani<br />
Heloise e giovani Cresside, giovani Tristani, giovani Isotte, giovani Narcisi<br />
e Boccadori, giovani Cloridani e Medori, giovani Euriali e giovani Nisi, Romei e<br />
Giuliette. Eppoi nuovi trimalcioni, e nuovi Hidalgo, autori da giovani da cuccioli<br />
e da scimmiotti, oppiomani, morfinomani, spinellatori, travoltini, trasversali,<br />
macon<strong>di</strong>sti, marginali, baleromani, jazzisti e reggomani, depressi, angosciati,<br />
nostalgici, <strong>di</strong>pendenti, studenti e figli. Nonché stupratori viziosi e ingannatori.<br />
E questi caromio, saranno i personaggi e le figure del nuovo cinema mio, il Rail<br />
Cinema, il drunk, very-drunk, cinema, ok ?<br />
Io li filmerò. Filmerò i <strong>di</strong> loro amori, le lacrime, i sorrisi, le acque, gli umori i<br />
colori e le erezioni, i mestrui le sifili<strong>di</strong>, le croste, gli amplessi i coiti e le inculate,<br />
i pompini e i <strong>di</strong>talini, quin<strong>di</strong> i culi le tette e anco i cazzi filmerò. Insomma, ok?<br />
Me mi vien voglia <strong>di</strong> <strong>di</strong>rgli all’amico stoppista cinematografaro del drunkcinema,<br />
vè se ti manca uno scorato ecco ce l’hai qui davanti a te e magari incominci<br />
da me se tu ci metti la benzina si potrebbe andare in giro insieme a visionare tutti<br />
questi amici tuoi, un po’ come allo zoo safari, insomma dopo glielo <strong>di</strong>co quando<br />
quasi viene giorno perché l’abbiamo menata in lungo e in largo, come ci avete<br />
senz’altro capito. Però io penso che con questo qui c’è proprio dell’affinità elettiva<br />
ed è un segno del destino che l’abbia incontrato così posso proseguire il viaggio<br />
mio verso… Aaaghhh! il mio odore! Chi m’ha rubato l’odore? Non lo sento mica<br />
piú, aiuto aiuto ai ladri ai rapinatori, ahimè son tornati i correggesi, a rubarmi il<br />
mio odore?<br />
Odore, odorino mio <strong>di</strong> Mar del Nord, <strong>di</strong> libertà e gioventú, evvieni ancora<br />
188 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Tondei<br />
nella mia pancia, eddai non far così, vieni, sniff e sniff odorino mio ci stai ancora?<br />
Dimmi che ci sei!<br />
Me ne giro col naso all’aria nella piazza <strong>di</strong> sosta A<strong>di</strong>ge e cerco il buon odorino<br />
che se non lo trovo al piú presto m’infogno in questa puzza d’italietta e muoio,<br />
cioè perdo la rotta e allora che <strong>di</strong>verrà mai <strong>di</strong> me perduto con i porci scoramenti<br />
addosso? Dopo che giro per un po’ in questo stato il mio amico <strong>di</strong>ce sono ubriaco<br />
io che non posso mica girare così col naso all’aria e fare sniffe e sniffe come ci<br />
piovesse polverina.<br />
Ah, stupido che sei nuovo amico mio, se l’avessi sentito il mio odore, se te lo<br />
fossi tenuto dentro una notte intera che salti che faresti a ritrovarlo. Gli correresti<br />
<strong>di</strong>etro come me, anche coi pie<strong>di</strong> e basta, odorino mio salta fuori.<br />
E invece quel che salta fuori è un ruttazzo, ma un ruttazzo che sembra tremino<br />
le montagne e arrivare il terremoto, così che la gente salta fuori dal banco del<br />
ristoro e viene nella piazzola in mezzo ai rifiuti e ai pie<strong>di</strong> del mio amico che filma<br />
da per terra e fa così il replay del porcamadonna. E dopo il rutto primo viene su<br />
alla gola un gran magone d’aria che la gente fa uuuahhhhh <strong>di</strong> spavento e si tappa<br />
le orecchie; epperò lui non esce ma ri<strong>di</strong>scende in bassapancia, plumf. E la gente<br />
fa aaaahhh come <strong>di</strong>re menomale che gli è sceso. E dopo invece il gran bordello<br />
perché il mio stomaco si mette a far pulito e getta tutto in fuori lo sporco che ci<br />
tiene. Vomito, vomito, che vomitata!<br />
La gente <strong>di</strong> nuovo fuori sulla piazzetta in mezzo agli sporchi della mia pancia<br />
e ai puzzi e rumoracci sbrang dei ventoni, olé, è <strong>di</strong>già sciupada la terza guerra<br />
mon<strong>di</strong>ale coi gas atomici e tutto il resto pensa la gente, perché c’è tutto un flusso<br />
bagnato che salta fuori dalla bocca e io sto lì piegato con la bocca spalancata bleah e<br />
vedo venir fuori <strong>di</strong> corsa ogni cosa della mia pancia tanto che penso mi venga fuori<br />
<strong>di</strong> lì tutto, anche le gambe e le braccia che poi mi rivolto come un guanto. E non<br />
finisce mai lo sbocco! Sopra ai pie<strong>di</strong> viene a cominciare come un fiumiciattolo che<br />
fa per traverso la piazzetta, svolta <strong>di</strong>etro ai pini e giú ad affluire nell’A<strong>di</strong>ge, lì <strong>di</strong>etro.<br />
Tutto fuori. Scrash, scrash, sputa sputa stomaco mio l’ho capita sai via gli<br />
scoramenti, fuori i porci indemoniati, avanti getta che poi guarisci; e <strong>di</strong>fatti dopo<br />
comincio a ridere e fare il giullaretto perché non mi sento piú gli scoramenti addosso<br />
e sto benone che guardo il mattino che vien su e <strong>di</strong>co toh la notte ha <strong>di</strong>già<br />
voltato il culo. Toh, che bello, però son stanco, stanco morto. Contento ma fiacco.<br />
L’amico mio viene lì vicino a me che guardo il bel mattino che alza il culo e <strong>di</strong>ce<br />
caromio io me ne parto vuoi che an<strong>di</strong>amo? Magari magari amichetto mio tutto<br />
biondo e lentigginoso come sei, magari ci tenessimo i sol<strong>di</strong> per fare il pieno al<br />
ronzinante, alla faccia dei petrolieri speculatori <strong>di</strong> questo porco mondo. Non ho<br />
grano, che fare? Dice lui, non preoccuparti, an<strong>di</strong>amo in autostop. Che? Lasciare<br />
la cinquecento cavalli, lasciarla lì a srugginarsi tutta sola quando io lo so bene che<br />
anche lei ci piacerebbe mangiar asfalto e polveroni <strong>di</strong>etro al mio odorino, no, no<br />
io <strong>di</strong> qui non mi movo senza lei. E allora?<br />
Salutato amichetto tutto biondo imbarcato su un altro grandalbero <strong>di</strong> Natale<br />
verso Trento, salutato col magone nella voce e gorgoglio <strong>di</strong> pancia, era pur sempre<br />
un compagno <strong>di</strong> strada, ciao biondo cinematografaro, salute a te che te ne<br />
vai per le città ciaociao vero compagno <strong>di</strong> quelli veri che ci han capito tutto della<br />
nostra historia quoti<strong>di</strong>ana, davvero ciao con lacrimuccia e fazzoletto e colpettino<br />
<strong>di</strong> clacson del ronzinante, non ci rivedremo mai piú ah questo lo so, ma terrò pur<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 189
Analisi Tecnica. Tondei<br />
sempre in giro per le strade un amico in piú, vai vai, è stato bello, ognuno c’ha il<br />
percorso suo. Così <strong>di</strong> nuovo mi ritrovo in solitu<strong>di</strong>ne con l’odorino sempre vivo che<br />
se lo perdo il racconto finisce a questa riga qui. Ma il problema è trovare grano,<br />
magari un portafoglio pien <strong>di</strong> deca, ah questa sì che sarebbe fortuna rottincula,<br />
mica prendere un treno in orario.<br />
E un portafoglio <strong>di</strong>ce ciao in mezzo alla piazzola, vien qui pren<strong>di</strong>mi son tuo.<br />
Miracolo, miracolo. È davvero un portapila, fortuna sculata, volete vedere che<br />
sta vuoto?<br />
Niente male, recuperate venticarte. Faccio il pieno, ronzinante mio si riparte,<br />
corriamo <strong>di</strong>etro al nostro odore avanti. Proprio fortuna sfacciata ma quando uno<br />
ci sente che l’odore che serra in pancia è proprio il suo arriva anche la fortuna.<br />
Solo questo vi voglio <strong>di</strong>re credete a me lettori cari. Bando a isterismi, depressioni<br />
scoglionature e smaronamenti. Cercatevi il vostro odore eppoi ci saran fortune<br />
e buoni fulmini sulla strada. Non ha importanza alcuna se sarà <strong>di</strong> sabbia del deserto<br />
o <strong>di</strong> montagne rocciose, fossanche quello dell’incenso giú nell’In<strong>di</strong>a o quello<br />
un po’ piú forte, tibetano o nepalese. No, sarà pure l’odore dell’arcobaleno e del<br />
pentolino pieno d’ori, degli aquiloni bimbi miei, degli uccelletti, dei boschi ver<strong>di</strong><br />
con in mezzo ruscelletti gai e cinguettanti, delle giungle, sarà l’odore delle palu<strong>di</strong>,<br />
dei canneti, dei venti sui ghiacciai, saranno gli odori delle bettole <strong>di</strong> Marrakesh o<br />
delle fumerie <strong>di</strong> Istanbul, ah buoni davvero buoni odori in verità, ma saran pur<br />
sempre i vostri odori e allora via, alla faccia <strong>di</strong> tutti avanti! Col naso in aria fiutate<br />
il vento, strapazzate le nubi all’orizzonte, forza, è ora <strong>di</strong> partire, forza tutti insieme<br />
incontro all’avventuraaaaa!<br />
Il lessico<br />
Su propone qui il lessico utilizzato in questo brano<br />
da P.V. Tondelli, affinché sia possibile una sua<br />
valutazione e il confronto con il lessico d’uso.<br />
aaaahhh<br />
aaaghhh<br />
abbandonarmi<br />
abortini<br />
accende<br />
accidenti<br />
accompagnamento<br />
acqua<br />
addosso<br />
adepti<br />
a<strong>di</strong>ge<br />
affinità<br />
affluire<br />
agito<br />
ah<br />
ahimè<br />
aiuto<br />
albero<br />
albero<br />
alla defenestrazione<br />
alla forca<br />
alla fucilazione<br />
alla garrota<br />
alla ghigliottina<br />
alla gogna<br />
allampanato<br />
all’avventuraaaaa<br />
all’esecuzione<br />
all’impiccagione<br />
alpatibolo<br />
alsupplizio<br />
alto<br />
altroché<br />
amerà<br />
amichetto<br />
amico<br />
ammaccate<br />
amori<br />
amplessi<br />
anco<br />
ancora<br />
andare<br />
angosciati<br />
animatori<br />
anni<br />
ansa<br />
antipsichiatria<br />
apocalittici<br />
appallottolato<br />
aquiloni<br />
arcobaleno<br />
area<br />
aria<br />
arrestarmi<br />
arribaltati<br />
arriflex<br />
arrivare<br />
asfalto<br />
asilo<br />
assistenti<br />
assopisce<br />
astrologia<br />
atomici<br />
attende<br />
attento<br />
attesa<br />
attorno<br />
autocoscienti<br />
autogrill<br />
autonomi<br />
autori<br />
autostop<br />
autostoppista<br />
autostrada<br />
babbetto<br />
baciare<br />
bacio<br />
bagnato<br />
baleromani<br />
balle<br />
bambina<br />
bambini<br />
banco<br />
bancone<br />
bando<br />
190 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
baretto<br />
bassapancia<br />
basso<br />
basta<br />
bastar<strong>di</strong>ni<br />
battendo<br />
bbello<br />
beatnik<br />
beato<br />
bela<br />
bellina<br />
bello<br />
benone<br />
benzina<br />
beoni<br />
bere<br />
bestemmiatori<br />
bestione<br />
bettole<br />
bettolone<br />
beveraggio<br />
bianchina<br />
bicicletta<br />
binari<br />
biologici<br />
biondo<br />
bisogna<br />
bisogno<br />
blasfemi<br />
bleah<br />
bocca<br />
boccaloni<br />
boccuccia<br />
bollite<br />
bordello<br />
boschi<br />
bottoncini<br />
braccia<br />
braccione<br />
brahamino<br />
brigatisti<br />
brutta<br />
brutto<br />
bucati<br />
buia<br />
buio<br />
buon<br />
bussolotti<br />
cabina<br />
caga<br />
cal<strong>di</strong><br />
caligari<br />
calmo<br />
cambiar<br />
canchero<br />
cani<br />
canneti<br />
cantautori<br />
cantinette<br />
canto<br />
canzone<br />
capelli<br />
capisco<br />
capiscono<br />
capita<br />
capito<br />
capote<br />
cappotta<br />
cappuccino<br />
caramella<br />
caramia<br />
carcassetta<br />
cari<br />
caromio<br />
cartolina<br />
casotto<br />
cassa<br />
cavalli<br />
cazzate<br />
cazzo<br />
cemento<br />
cento<br />
centrifugo<br />
cercare<br />
chiama<br />
chiappe<br />
chiedo<br />
chilometri<br />
china<br />
ciao<br />
ciaociao<br />
cicaliamo<br />
cielo<br />
cilindri<br />
cinema<br />
cinematografaro<br />
cineocchio<br />
cinguettanti<br />
cinquecento<br />
città<br />
clacson<br />
’co<strong>di</strong>o<br />
coiti<br />
colorato<br />
colori<br />
colpettino<br />
comacchio<br />
cominciare
Dalla ſcrittura alla letteratura • 191<br />
Analisi Tecnica. Tondei<br />
comme<strong>di</strong>a<br />
compagnia<br />
compagno<br />
comperare<br />
conoscenza<br />
contando<br />
contato<br />
contento<br />
continuo<br />
conto<br />
contrade<br />
conventicole<br />
coraggio<br />
corporali<br />
correggesi<br />
correndo<br />
correre<br />
corsa<br />
corsivisti<br />
coscienza<br />
costretto<br />
costringo<br />
crapa<br />
creativi<br />
credere<br />
cretino<br />
croste<br />
cuccia<br />
cuccioli<br />
cugino<br />
culo<br />
damned<br />
davanti<br />
davvero<br />
deca<br />
delta<br />
dentro<br />
depressi<br />
depressioni<br />
deserto<br />
destino<br />
destra<br />
<strong>di</strong>avolo<br />
<strong>di</strong>eci<br />
<strong>di</strong>etro<br />
<strong>di</strong>fferanti<br />
<strong>di</strong>già<br />
<strong>di</strong>o<br />
<strong>di</strong>oniso<br />
<strong>di</strong>pendenti<br />
<strong>di</strong>radato<br />
<strong>di</strong>re<br />
<strong>di</strong>scendenza<br />
<strong>di</strong>sco<br />
<strong>di</strong>stesa<br />
<strong>di</strong>talini<br />
<strong>di</strong>to<br />
dling<br />
doicc<br />
dormo<br />
dracme<br />
dritto<br />
drunk<br />
drunkcinema<br />
duro<br />
eddai<br />
e<strong>di</strong>pici<br />
ehi<br />
elettiva<br />
entrati<br />
epperò<br />
eppoi<br />
erbetta<br />
erezioni<br />
eroinomani<br />
esame<br />
esce<br />
esibizionisti<br />
et<br />
eterosessuali<br />
evvieni<br />
fame<br />
famiglien<br />
famoso<br />
fanculo<br />
fandonia<br />
fatina<br />
fattura<br />
fauna<br />
fazzoletto<br />
federativi<br />
felicità<br />
femministe<br />
fermare<br />
fermo<br />
fernet<br />
ferrate<br />
ferro<br />
festoso<br />
fiaba<br />
fiacco<br />
fiancheggiatori<br />
fiere<br />
figli<br />
figlioletti<br />
figure<br />
film<br />
filmare<br />
filmetto<br />
filo<br />
filosofo<br />
finta<br />
fissati<br />
fisso<br />
fiume<br />
fiumiciattolo<br />
fiutate<br />
flumen<br />
flusso<br />
folle<br />
forati<br />
formica<br />
forte<br />
fortuna<br />
fortune<br />
forza<br />
fossanche<br />
frankenstein<br />
fratellino<br />
freak<br />
fredda<br />
fregnacce<br />
froci<br />
fronte<br />
frontiera<br />
frontiere<br />
fulmini<br />
fumamenti<br />
fumante<br />
fumata<br />
fumerie<br />
funamboli<br />
funerei<br />
furbacchioni<br />
gai<br />
gambe<br />
gas<br />
gente<br />
geova<br />
gettare<br />
ghetti<br />
ghiacciai<br />
giochettino<br />
giorno<br />
giovani<br />
giovani cloridani e<br />
medori<br />
giovani cresside<br />
giovani euriali e<br />
giovani nisi<br />
giovani heloise<br />
giovani holden<br />
giovani isotte<br />
giovani narcisi e<br />
boccadori<br />
giovani ortis<br />
giovani torless<br />
giovani tristani<br />
giovani werther<br />
giovanotto<br />
gioventú<br />
girare<br />
giro<br />
giullaretto<br />
giungle<br />
giunta<br />
goccino<br />
goccioline<br />
go<strong>di</strong>ti<br />
gola<br />
gorgoglio<br />
gra<strong>di</strong>no<br />
grafomani<br />
grandalbero<br />
gran<strong>di</strong>firme<br />
grano<br />
grassetto<br />
grido<br />
grotta<br />
grrrrr<br />
gruppi<br />
guancia<br />
guanto<br />
guarda<br />
guardano<br />
guardare<br />
guardava<br />
guardo<br />
guarisci<br />
guerra<br />
guru<br />
hidalgo<br />
hippy<br />
historia<br />
illegittimi<br />
illuminano<br />
imbarcato<br />
imbriachi<br />
impara<br />
imperplessato<br />
importanza<br />
incannatori<br />
incatenato<br />
incazzo<br />
incenso<br />
inciampo<br />
incominci<br />
incontrato<br />
incontro<br />
inculate<br />
indemoniati<br />
in<strong>di</strong>a<br />
in<strong>di</strong>etro<br />
infogno<br />
infumanato<br />
inganno<br />
inglese<br />
ingrosserei<br />
innamorarsi<br />
innamorate<br />
inquieta<br />
insomma<br />
integrali<br />
intera<br />
interni<br />
intravedo<br />
istanbul<br />
isterismi<br />
istintivi<br />
istrioni<br />
italia<br />
italietta<br />
jazzisti<br />
junghiani<br />
junghiano<br />
krishna<br />
lacaniani<br />
lacrime<br />
lacrimuccia<br />
ladri<br />
laghetto<br />
lampa<strong>di</strong>ne<br />
lampione<br />
largo<br />
lasciare<br />
lassú<br />
lato<br />
lavoratori<br />
lentigginoso<br />
lesbiche<br />
lettori<br />
lettristi<br />
libertà<br />
lilith<br />
limite<br />
lire<br />
lontana<br />
lotto<br />
luccicante<br />
lucente<br />
luci<br />
lugosi<br />
lumicino<br />
luna<br />
lungo<br />
lupacchione<br />
lupo<br />
macché<br />
macchina<br />
macon<strong>di</strong>sti<br />
macrobiotici<br />
mafiosi<br />
magone<br />
male<br />
malinconia<br />
mamma<br />
manca<br />
manco<br />
mandato<br />
mangiar<br />
mani<br />
manina<br />
mano<br />
marchese<br />
marchette<br />
marciapie<strong>di</strong><br />
mare<br />
marginali<br />
maroni<br />
marrakesh<br />
marx<br />
masochisti<br />
masso<br />
masturbatori<br />
mattino<br />
menare<br />
menata<br />
menomale<br />
mercedulo<br />
mercuriato<br />
merlo<br />
mestrui<br />
metri<br />
mettere<br />
mezzo<br />
mica<br />
milieu<br />
mille<br />
mimi<br />
minacce<br />
miracolo<br />
miseria<br />
mistificatori<br />
mito<br />
mon<strong>di</strong>ale<br />
mondo<br />
monetaccia<br />
monoscopio<br />
montagne<br />
morfinomani<br />
morte<br />
mortiferi<br />
morto<br />
movimenti<br />
movo<br />
mumble<br />
muoio<br />
muscoletto<br />
naso<br />
natale<br />
neanche<br />
nebbia<br />
nepalese<br />
nero<br />
nietzsche<br />
nipotini<br />
nord<br />
nosferatu<br />
nostalgici<br />
nostalgie<br />
notte<br />
novembre<br />
nubi<br />
nulla<br />
numero<br />
nuovo<br />
nuvoloso<br />
occhiali<br />
occhio<br />
occhiocaldo<br />
oche<br />
odori<br />
odorino<br />
oé<br />
oeeeee<br />
offerto<br />
ok<br />
olé<br />
ombre<br />
ooohhhhhh<br />
oooohhh<br />
oppiomani<br />
ora<br />
orario<br />
orecchie<br />
orizzonte<br />
oro<br />
ostriconi<br />
ovini<br />
pagina<br />
palo<br />
palu<strong>di</strong><br />
pancia<br />
panino<br />
parcheggio<br />
parte<br />
partire<br />
passaggio<br />
passato<br />
passo<br />
patto<br />
pecorine<br />
penne<br />
pensiero<br />
penso<br />
pentolino<br />
percorso<br />
perdo<br />
perduto<br />
performativi<br />
periferie<br />
personaggi<br />
perversi<br />
petrolieri<br />
piacere<br />
piagnoni<br />
piantala<br />
pianto<br />
piastrellette<br />
piazza<br />
piazzetta<br />
piazzola<br />
pie<strong>di</strong><br />
piegato<br />
pieno<br />
pini<br />
piove<br />
pipì<br />
pipistrellone<br />
pisciata<br />
pistoni<br />
placido<br />
please<br />
plumf<br />
politologhi<br />
pollicino<br />
polverina<br />
polveroni<br />
pompini<br />
ponte<br />
popeye<br />
porca<br />
porcamadonna<br />
porco<br />
portafoglio<br />
portapila<br />
porto<br />
posto
192 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
Analisi Tecnica. Tondei<br />
povero<br />
precari<br />
pree<strong>di</strong>pici<br />
prendere<br />
pren<strong>di</strong>mi<br />
prendo<br />
preoccuparti<br />
presepio<br />
presto<br />
prima<br />
primaoppoi<br />
primo<br />
problema<br />
pro<strong>di</strong>gio<br />
<strong>prof</strong>on<strong>di</strong><br />
prometeo<br />
pronipoti<br />
proprio<br />
proseguire<br />
psichiatria<br />
psico<strong>analisi</strong><br />
pubblicitari<br />
pulito<br />
pullover<br />
punto<br />
puzza<br />
puzzi<br />
puzzolente<br />
quadriglie<br />
quassú<br />
quoti<strong>di</strong>ana<br />
raccontare<br />
racconto<br />
raffreddare<br />
raggiungo<br />
rail<br />
ramingar<br />
rapinatori<br />
razza<br />
recuperate<br />
regalo<br />
reggomani<br />
registrare<br />
regressioni<br />
replay<br />
resto<br />
retrò<br />
retrocasotto<br />
ricco<br />
ricerca<br />
ricercare<br />
ridere<br />
ri<strong>di</strong>scende<br />
rifiuti<br />
riflettori<br />
riflussi<br />
riga<br />
riparte<br />
risparmiavo<br />
ristorano<br />
ristoro<br />
ritrovo<br />
rivedremo<br />
rivelatesi<br />
rivolto<br />
rocciose<br />
rogo<br />
rollare<br />
rombo<br />
romei e giuliette<br />
ronza<br />
ronzinante<br />
rosa<br />
rotelle<br />
rotta<br />
rottincula<br />
rubarmi<br />
rubato<br />
ruffiani<br />
rumoracci<br />
ruscelletti<br />
ruscelletto<br />
ruttazzo<br />
rutto<br />
sabbia<br />
sadomaso<br />
safari<br />
sagoma<br />
sale<br />
salotti<br />
saltare<br />
saltellando<br />
salto<br />
saluta<br />
salute<br />
samson<br />
sapere<br />
sasso<br />
sbagliato<br />
sbalinati<br />
sballati<br />
sbocco<br />
sbracciato<br />
sbrang<br />
scannati<br />
scappar<br />
scappottata<br />
scaricamento<br />
scaricarmi<br />
scassati<br />
scavalcare<br />
scene<br />
sceso<br />
scimmiotti<br />
sciolgo<br />
sciolti<br />
sciupada<br />
scoglionature<br />
scontrino<br />
scoramenti<br />
scorato<br />
scorgo<br />
scottino<br />
scrash<br />
scrittore<br />
scrivere<br />
sculata<br />
scura<br />
scusa<br />
sdruciti<br />
secco<br />
se<strong>di</strong>a<br />
seduto<br />
segaioli<br />
segno<br />
seguire<br />
seminaristi<br />
semiotica<br />
sennò<br />
sentieroni<br />
sentito<br />
serra<br />
serve<br />
servizio<br />
sfacciata<br />
sgasa<br />
siedo<br />
sifili<strong>di</strong><br />
sigaretta<br />
sinistra<br />
situazionali<br />
smaronamenti<br />
smog<br />
sniff<br />
sniffe<br />
sofà<br />
soffitte<br />
sol<strong>di</strong><br />
solfa<br />
solitario<br />
solitu<strong>di</strong>ne<br />
sorelline<br />
sorriso<br />
sosta<br />
sottogruppi<br />
sottoscale<br />
sottotetti<br />
spaccarmele<br />
spacciatori<br />
spalanca<br />
spalancata<br />
spavento<br />
specchietto<br />
specchio<br />
speculatori<br />
spendere<br />
spento<br />
spicciolata<br />
spinellatori<br />
sporco<br />
sput sput<br />
srugginarsi<br />
stabilimenti<br />
stagnola<br />
stanco<br />
stavolta<br />
stelle<br />
stivalacci<br />
stomaco<br />
storia<br />
storti<br />
strabuzzo<br />
strada<br />
strade<br />
strapazzate<br />
stregaccia<br />
strette<br />
stringermi<br />
studenti<br />
stupido<br />
stupratori<br />
succhiamo<br />
suici<strong>di</strong><br />
superchecche<br />
supplenti<br />
svanisce<br />
svegliato<br />
svicolare<br />
svolta<br />
taccagni<br />
taccagno<br />
talloncino<br />
tappa<br />
tar<strong>di</strong><br />
tasca<br />
teatri<br />
tempo<br />
teoreti<br />
terminato<br />
terra<br />
terremoto<br />
terza<br />
testa<br />
tetro<br />
tette<br />
tibetano<br />
tictac<br />
timi<strong>di</strong>ni<br />
tir<br />
tira<br />
tivú<br />
toh<br />
tonto<br />
tornare<br />
traballio<br />
transessuali<br />
trasversali<br />
traverso<br />
travoltini<br />
tremino<br />
treno<br />
trento<br />
tribolati<br />
trimalcioni<br />
trojette<br />
trovare<br />
trovo<br />
trucco<br />
ubriaco<br />
uccelletti<br />
uccellone<br />
umor<br />
umori<br />
uscito<br />
uuuahhhhh<br />
valli<br />
vapore<br />
vè<br />
vedere<br />
venir<br />
venti<br />
venticarte<br />
vento<br />
ventoni<br />
ver<strong>di</strong><br />
veri<br />
verità<br />
vero<br />
verona<br />
versa<br />
verydrunk<br />
vescica<br />
via<br />
viaggiatore<br />
viaggio<br />
viali<br />
vicino<br />
visionare<br />
visione<br />
visto<br />
vivo<br />
viziosi<br />
voce<br />
vociferante<br />
vocina<br />
volta<br />
voltarmi<br />
voltato<br />
volto<br />
voluto<br />
vomitata<br />
vomito<br />
vuoto<br />
yogi<br />
zagreo<br />
zizzagare<br />
zoo
ALDO BUSI<br />
(GIOVANNI BOCCACCIO)<br />
DECAMERONE DA UN ITALIANO ALL’ALTRO<br />
STORIa N. 3 dEcIMa gIORNaTa - gENEROSITÀ SfRENaTa<br />
Filostrato:<br />
Donne da capogiro, si sa con sicurezza, a dar retta ai racconti <strong>di</strong> certi genovesi<br />
e <strong>di</strong> altra gente che da quelle parti <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> esserci stata, che in Cina o giù <strong>di</strong> lì viveva<br />
un uomo nobile e assolutamente straricco, che si chiamava Natan; costui,<br />
trovandosi a essere proprietario <strong>di</strong> una seconda casa su una strada <strong>di</strong> grande<br />
traffico dove doveva passare per forza chiunque volesse andare da Occidente a<br />
Oriente o venire dall’Oriente in Occidente, e avendo per giunta un gran cuore<br />
generoso e desiderando <strong>di</strong>mostrarlo a fatti e non a chiacchiere, dato che <strong>di</strong>sponeva<br />
<strong>di</strong> artigiani del posto fece costruire in tempo record uno dei più belli e gran<strong>di</strong> e<br />
sontuosi palazzi che mai si fossero visti e lo attrezzò magnificamente con tutto ciò<br />
che poteva servire a ospitare e viziare i viaggiatori da Carta Oro. La sua numerosa<br />
équipe <strong>di</strong> collaboratori <strong>di</strong> bella presenza riceveva a tarallucci e vino tutti quelli<br />
che andavano e venivano; e si impegnò in questa prestigiosa attività <strong>di</strong> pubbliche<br />
relazioni con tanta continuità che non solo l’Oriente ma quasi tutto l’Occidente<br />
ormai lo conosceva almeno <strong>di</strong> nome.<br />
[…] Filostrato […] prestamente incominciò.<br />
Nobili donne, grande fu la magnificenzia del re <strong>di</strong> Spagna, e forse cosa più non u<strong>di</strong>ta giammai quella<br />
dell’abate <strong>di</strong> Clignì; ma forse non meno maravigliosa cosa vi parrà l’u<strong>di</strong>re che uno, per liberalità usare ad un<br />
altro che il suo sangue, anzi il suo spirito, <strong>di</strong>siderava, cautamente a dargliele si <strong>di</strong>sponesse; e fatto l’avrebbe,<br />
se colui prender l’avesse voluto, sì come io in una mia novelletta intendo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrarvi.<br />
Certissima cosa è (se fede si può dare alle parole d’alcuni genovesi e d’altri uomini che in quelle contrade<br />
stati sono) che nelle parti del Cattaio fu già uno uomo <strong>di</strong> legnaggio nobile e ricco senza comparazione, per<br />
nome chiamato Natan; il quale, avendo un suo ricetto vicino ad una strada per la qual quasi <strong>di</strong> necessità<br />
passava ciascuno che <strong>di</strong> Ponente verso Levante andar voleva o <strong>di</strong> Levante venire in Ponente, e avendo l’animo<br />
grande e liberale e <strong>di</strong>sideroso che fosse per opera conosciuto, quivi, avendo molti maestri, fece in piccolo<br />
spazio <strong>di</strong> tempo fare un de’ più belli e de’ maggiori e de’ più ricchi palagi che mai fosse stato veduto, e quello <strong>di</strong><br />
tutte quelle cose che opportune erano a dovere gentili uomini ricevere e onorare, fece ottimamente fornire;<br />
e avendo grande e bella famiglia, con piacevolezza e con festa chiunque andava e veniva faceva ricevere e<br />
onorare. E in tanto perseverò in questo laudevol costume, che già, non solamente il Levante, ma quasi tutto<br />
il Ponente per fama il conoscea.<br />
Viene qui presentata la versione in italiano contemporaneo <strong>di</strong> una novella del Decameron <strong>di</strong><br />
Giovanni Boccaccio, il padre della prosa volgare, punto <strong>di</strong> riferimento (non sempre alla portata<br />
degli imitatori) per tutti gli scrittori in prosa, non solo italiani. La ’traduzione’ è <strong>di</strong> Aldo Busi,<br />
uno scrittore che nell’ultimo ventennio ha acquistato fama a partire dal romanzo generazionale<br />
Seminario sulla gioventù (1984). Qui lo scrittore si presentava come espressione della<br />
generazione dei giovani – dalla quale non si tira fuori, né guarda dal <strong>di</strong> fuori –: la domanda<br />
che ricorre nel romanzo è: che resta dei valori, o delle potenzialità che si credevano della<br />
gioventù ? Cosa <strong>di</strong> ciò che i giovani credevano <strong>di</strong> essere e <strong>di</strong> volere ? Insomma B. avverte la<br />
trasformazione che i giovani subiscono nella società italiana, da detentori del futuro, o per lo<br />
meno dell’evoluzione della società a oggetto <strong>di</strong> mercato, ad oggetto <strong>di</strong> manipolazioni della<br />
società industriale. Di qui il tono polemico della scrittura <strong>di</strong> B., in costante polemica con tutto<br />
e tutti, compreso il suo proprio io. Di qui la volontà <strong>di</strong> provocare con la crudezza della sessua<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 193
Analisi Tecnica. Busi<br />
Quando era già piuttosto vecchio, ma per niente stanco <strong>di</strong> organizzare cene in<br />
pie<strong>di</strong>, la sua popolarità solleticò le orecchie <strong>di</strong> un giovane chiamato Mitridanes, <strong>di</strong><br />
un paese <strong>di</strong> quelle parti lì, che sentendosi non meno ricco <strong>di</strong> Natan si fece prendere<br />
dall’invi<strong>di</strong>a per la sua fama <strong>di</strong> mecenate e programmò a tavolino <strong>di</strong> annientarla<br />
o almeno <strong>di</strong> offuscarla con elargizioni <strong>di</strong> qualità superiore. Costruito un palazzo<br />
simile a quello <strong>di</strong> Natan, cominciò a coprire <strong>di</strong> premure smisurate e mai viste<br />
quelli che gli passavano a tiro all’andata o al ritorno, e <strong>di</strong>ventò incontinentemente<br />
famoso a tambur battente.<br />
Però un giorno successe che, mentre il giovane se ne stava tutto solo nel cortile<br />
del suo palazzo, una zingara che era entrata da una delle porte del palazzo<br />
gli chiese l’elemosina, e l’ebbe, e entrando <strong>di</strong> nuovo per la seconda porta l’ebbe<br />
ancora, e così via fino alla do<strong>di</strong>cesima volta, ma quando tornò per la tre<strong>di</strong>cesima,<br />
Mitridanes <strong>di</strong>sse:<br />
«Cara la mia donna, ti dai un bel po’ da fare per il tuo business, eh?» e non<strong>di</strong>meno<br />
le fece l’elemosina.<br />
La vecchiaccia incassò la battuta e replicò:<br />
«Ah, generosità <strong>di</strong> Natan, quanto sei favolosa! Perché io nel suo palazzo, che<br />
è uguale a questo, sono entrata per tutte e trentadue le porte e gli ho chiesto l’elemosina<br />
e lui, guai per me, se mi ha riconosciuta non me l’ha mai fatto capire, e i<br />
Ed essendo egli già d’anni pieno, né però del corteseggiar <strong>di</strong>venuto stanco, avvenne che la sua fama agli<br />
orecchi pervenne d’un giovane chiamato Mitridanes, <strong>di</strong> paese non guari al suo lontano; il quale, sentendosi<br />
non meno ricco che Natan fosse, <strong>di</strong>venuto della sua fama e della sua virtù invi<strong>di</strong>oso, seco propose con<br />
maggior liberalità quella o annullare o offuscare. E fatto fare un palagio simile a quello <strong>di</strong> Natan, cominciò a<br />
fare le più smisurate cortesie che mai facesse alcuno altro, a chi andava o veniva per quin<strong>di</strong>, e senza dubbio<br />
in piccol tempo assai <strong>di</strong>venne famoso.<br />
Ora avvenne un giorno che <strong>di</strong>morando il giovane tutto solo nella corte del suo palagio, una feminella,<br />
entrata dentro per una delle porti del palagio, gli domandò limosina ed ebbela; e ritornata per la seconda<br />
porta pure a lui, ancora l’ebbe, e così successivamente insino alla duodecima; e la tredecima volta tornata,<br />
<strong>di</strong>sse Mitridanes:<br />
– Buona femina, tu se’ assai sollicita a questo tuo <strong>di</strong>mandare –; e non<strong>di</strong>meno le fece limosina.<br />
La vecchierella, u<strong>di</strong>ta questa parola, <strong>di</strong>sse:<br />
– O liberalità <strong>di</strong> Natan, quanto se’ tu maravigliosa! ché per trentadue porti che ha il suo palagio, sì come<br />
questo, entrata, e domandatagli limosina, mai da lui, che egli mostrasse, riconosciuta non fui, e sempre l’ebbi;<br />
e qui non venuta ancora se non per tre<strong>di</strong>ci, e riconosciuta e proverbiata sono stata –. E così <strong>di</strong>cendo, senza<br />
più ritornarvi si <strong>di</strong>partì.<br />
lità e con la continua accusa <strong>di</strong> bigottismo, ipocrisia e stupi<strong>di</strong>tà alla società. Ma al <strong>di</strong> là delle<br />
apparenze B. ha, spiccato, il culto della letteratura e della parola che riescono a sottrarsi alla<br />
frammentazione, non solo generazionale, ma dell’intera realtà.<br />
Diamo qui una pagina del proemio che B. antepone alla ’traduzione’: essa, oltre a rendere<br />
ragione dell’intento dello scrittore (si veda la polemica contro l’ideologia filologica, e come<br />
tale fortemente conservatrice, dominante – non <strong>di</strong> rado sino a <strong>di</strong>ventare soffocante – nella<br />
lettura dei classici della letteratura del teatro della musica), sono una spia della sua personalità:<br />
Desidero sottolineare che ho tradotto il Decamerone <strong>di</strong> Giovanni Boccaccio, non ho scritto il mio:<br />
ho autocensurato dello scrittore che è in me trovate intimamente strepitose all’istante, ma che<br />
avrebbero marchiato la traduzione in modo irreversibile rendendola subito scandalosa e subito<br />
dopo vecchia. Perché questa traduzione non ha affatto la pretesa <strong>di</strong> essere una traslitterazione o<br />
una ricreazione o altra cosa dall’originale: è l’originale oggi. Si sa quanto gli originali più autentici<br />
siano proprio quelli sottoposti a costanti revisioni e mutilazioni e reintegrazioni, e in questo sta<br />
194 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Busi<br />
sol<strong>di</strong> me li ha sempre dati, e qua invece sono venuta appena tre<strong>di</strong>ci volte e sono<br />
stata subito riconosciuta e presa per la Bocchini Bonomi» e così <strong>di</strong>cendo se ne<br />
andò e non tornò più.<br />
Mitridanes, sentite le parole della vecchia e con vinto che quello che sentiva <strong>di</strong>re<br />
<strong>di</strong> Natan buttava giù le proprie quotazioni, si inalberò come un Falck e cominciò<br />
a strillare:<br />
«Che crack! altro che cercare <strong>di</strong> superare Natan! come posso sperare <strong>di</strong> mettermi<br />
alla pari con lui nelle gran<strong>di</strong> prove <strong>di</strong> generosità, quando non riesco a stargli<br />
<strong>di</strong>etro in quelle piccolissime? Butto via le energie per niente, se non lo faccio sparire<br />
dalla faccia della terra: e visto che la vecchiaia non se lo porta via lei, bisogna che<br />
provveda io con le mie mani senza perdere altro tempo.»<br />
E alzandosi con questa furia, senza comunicare a nessuno la sua decisione, saltò<br />
a cavallo con pochi uomini e in tre giorni arrivò dove abitava Natan e or<strong>di</strong>nò ai<br />
compagni che facessero finta <strong>di</strong> non essere con lui e <strong>di</strong> non conoscerlo neanche e<br />
<strong>di</strong> pensare loro a procurarsi un albergo fino a nuovo or<strong>di</strong>ne. Arrivato dunque qui<br />
verso sera e rimasto solo, non molto lontano dal palazzo incontrò Natan che se ne<br />
andava a spasso senza scorta e in un abbigliamento molto casual, per cui lui senza<br />
riconoscerlo gli domandò se poteva insegnargli dove stava <strong>di</strong> casa Natan.<br />
Natan rispose <strong>di</strong>vertito:<br />
Mitridanes, u<strong>di</strong>te le parole della vecchia, come colui che ciò che della fama <strong>di</strong> Natan u<strong>di</strong>va <strong>di</strong>minuimento<br />
della sua estimava, in rabbiosa ira acceso, cominciò a <strong>di</strong>re:<br />
– Ahi lasso a me! Quando aggiugnerò io alla liberalità delle gran cose <strong>di</strong> Natan, non che io il trapassi,<br />
come io cerco, quando nelle piccolissime io non gli mi posso avvicinare? Veramente io mi fatico invano, se<br />
io <strong>di</strong> terra nol tolgo; la qual cosa, poscia che la vecchiezza nol porta via, convien senza alcuno indugio che<br />
io faccia con le mie mani.<br />
E con questo impeto levatosi, senza comunicare il suo consiglio ad alcuno, con poca compagnia montato<br />
a cavallo, dopo il terzo dì dove Natan <strong>di</strong>morava pervenne; e a’ compagni imposto che sembianti facessero<br />
<strong>di</strong> non esser con lui né <strong>di</strong> conoscerlo, e che <strong>di</strong>stanzia si procacciassero infino che da lui altro avessero, quivi<br />
adunque in sul fare della sera pervenuto e solo rimaso, non guari lontano al bel palagio trovò Natan tutto<br />
solo, il quale senza alcuno abito pomposo andava a suo <strong>di</strong>porto; cui egli, non conoscendolo, domandò se<br />
insegnar gli sapesse dove Natan <strong>di</strong>morasse.<br />
Natan lietamente rispose:<br />
la loro vitale inossidabilità: nella letteratura universale le più gran<strong>di</strong> opere immutabili sono quelle<br />
che hanno ancora e sempre tanta energia in serbo da sopportare (più da vere sa<strong>di</strong>che che da<br />
querule masochiste) lo squartamento, la manipolazione, l’estrapolazione aforistica, e pungolano<br />
i contemporanei <strong>di</strong> ogni epoca a espurgarle, passarle sottobanco, santificarle, mandarle al rogo,<br />
farle “risorgere” in un’e<strong>di</strong>zione qualsiasi, e renderle, appunto, <strong>di</strong> volta in volta nuovamente originali<br />
– e se non <strong>di</strong> fatto con una traduzione, con l’ingenuo arbitrio <strong>di</strong> una reinterpretazione qualsiasi,<br />
benvenuta per quanto tirata per i capelli o messa in piega.<br />
Per i più schizzinosi, poi, una precisazione fuori dai denti: l’originale non è stato trafugato e<br />
sostituito da questa traduzione, è sempre lì al suo posto a loro <strong>di</strong>sposizione. Ma perché, allora,<br />
gli orripilati non sono andati a leggerselo prima o perché contesterebbero a altri la possibilità <strong>di</strong><br />
accedervi grazie a una traduzione invocando la sacralità del testo e la blasfemità dell’operazione?<br />
Non si vorrà negare, per esempio, che la Bibbia sia un testo sacro per qualcuno o fondamentale<br />
per gli snob e sapete perché? Perché è mercuriale nel tempo, capricciosa e faziosa, pacifica e<br />
sanguinaria nel suo muovere con sé secolo dopo secolo gran parte dell’umanità che ci sta. La<br />
Bibbia è quel che è perché non conosce stasi ermeneutiche (non solo per questioni <strong>di</strong> traduzione,<br />
dunque), perché è un’opera scatenatamente ballerina, che al Vaticano piaccia o no. Era ora<br />
che si strappasse il Decamerone dal suo mortifero ballo liceale della mattonella per fargli fare un<br />
meritato e popolare giro <strong>di</strong> valzer sul suolo nazionale. Sono sicuro che da adesso in poi non starà<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 195
Analisi Tecnica. Busi<br />
«Ragazzo mio, in questo paese non c’è nessuno che te lo possa insegnare meglio<br />
<strong>di</strong> me. Ti ci porto quando vuoi.»<br />
Il giovanotto <strong>di</strong>sse che bella combinazione, ma che possibilmente non avrebbe<br />
voluto che Natan lo vedesse o ne sapesse niente. Natan gli <strong>di</strong>sse:<br />
«Non c’è problema.»<br />
Mitridanes quin<strong>di</strong> smontò da cavallo e seguì Natan, che quasi subito lo coinvolse<br />
in una piacevole conversazione, fino al suo palazzo. Qui Natan fece segno a<br />
uno dei suoi camerieri <strong>di</strong> prendere il cavallo del giovane e gli soffiò in un orecchio<br />
<strong>di</strong> avvisare subito anche tutti gli altri <strong>di</strong>pendenti <strong>di</strong> non <strong>di</strong>re al giovane che Natan<br />
era lui: e così fu fatto. Una volta che furono nel palazzo, Natan fece sistemare Mitridanes<br />
in una suite bellissima, dove nessuno poteva entrare a parte i camerieri<br />
incaricati del ser vi zio, e lui stesso, facendolo trattare da mille e un <strong>di</strong>o, gli teneva<br />
compagnia.<br />
Mitridanes, che pure provava un rispetto filiale per quel vecchio, a forza <strong>di</strong><br />
trovarselo attorno non poté fare a meno <strong>di</strong> domandargli chi fosse, e Natan gli<br />
rispose:<br />
«Sono un modesto impiegato <strong>di</strong> Natan. Mi sono venuti i capelli bianchi stando<br />
– Figliuol mio, niuno è in questa contrada che meglio <strong>di</strong> me cotesto ti sappia mostrare, e per ciò, quando<br />
ti piaccia, io vi ti menerò.<br />
Il giovane <strong>di</strong>sse che questo gli sarebbe a grado assai; ma che, dove esser potesse, egli non voleva da Natan<br />
esser veduto né conosciuto. Al quale Natan <strong>di</strong>sse:<br />
– E cotesto ancora farò, poi che ti piace.<br />
Ismontato adunque Mitridanes con Natan, che in piacevolissimi ragionamenti assai tosto il mise, infino<br />
al suo bel palagio n’andò.<br />
Quivi Natan fece ad un de’ suoi famigliari prendere il caval del giovane, e accostatoglisi agli orecchi gl’impose<br />
che egli prestamente con tutti quegli della casa facesse che niuno al giovane <strong>di</strong>cesse lui esser Natan; e<br />
così fu fatto.<br />
Ma poi che nel palagio furono, mise Mitridanes in una bellissima camera dove alcuno nol vedeva, se<br />
non quegli che egli al suo servigio <strong>di</strong>putati avea, e sommamente faccendolo onorare, esso stesso gli tenea<br />
compagnia.<br />
Col quale <strong>di</strong>morando Mitridanes, ancora che in reverenzia come padre l’avesse, pur lo domandò chi el<br />
fosse. Al quale Natan rispose:<br />
– Io sono un picciol servidor <strong>di</strong> Natan, il quale dalla mia fanciullezza con lui mi sono invecchiato, né mai<br />
ad altro che tu mi vegghi mi trasse, per che, come che ogni altro uomo molto <strong>di</strong> lui si lo<strong>di</strong>, io me ne posso<br />
poco lodare io.<br />
Queste parole porsero alcuna speranza a Mitridanes <strong>di</strong> potere con più consiglio e con più salvezza dare<br />
più fermo neanche un secolo.<br />
Desideriamo premettere che ogni operazione (si ricor<strong>di</strong> la ’traduzione’ del Cortegiano <strong>di</strong> B.<br />
Castiglione sempre <strong>di</strong> B.; P. Chiara tradusse in parte lo stesso Decamerone; e come non ricordare<br />
Italo Calvino e suo riracconto dell’Orlando furioso? – tralasciamo le ’traduzioni’ pur<br />
rispettabili destinate alla scuola) volta a rendere familiari ai lettori moderni, a liberare dalla<br />
prigionia della filologia, i classici non può che avere il plauso <strong>di</strong> chi sa quanto sia faticoso il<br />
cammino <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento e comprensione dell’arte. Perciò il confronto tra l’originale e la<br />
traduzione che qui proponiamo non ha altro significato se non quello <strong>di</strong> mostrare tangibilmente<br />
le peculiarità della scrittura moderna (in uno scrittore che come B. non è mai sciatto ed, anzi,<br />
solitamente persegue certa <strong>di</strong>gnità; benché in quest’operazione affiori – non raramente – una<br />
volontà ammodernatrice non sempre necessaria come nel caso <strong>di</strong> Natan che veste casual e<br />
pratica il footing, che è innanzi tutto incongruente con la vicenda (Mitridanes gli si fa incontro<br />
e gli parla senza affrettarsi), e che mal si adatta ad una persona assai anziana.<br />
196 • Dalla ſcrittura alla letteratura
Analisi Tecnica. Busi<br />
con lui da quando ero appren<strong>di</strong>sta, e non mi ha mai promosso a <strong>di</strong>rigente. Parlano<br />
tutti tanto bene <strong>di</strong> lui, ma come ve<strong>di</strong> ho pochino da lodarlo, io.»<br />
Queste parole fecero appigliare Mitridanes alla speranza <strong>di</strong> poter mettere in<br />
atto il suo perfido pro getto con più organizzazione e meno alla <strong>di</strong>sperata. E intanto<br />
Natan con molto garbo gli domandava chi era lui e quali affari lo portavano da<br />
quelle parti, e gli offriva la propria consulenza mettendosi a <strong>di</strong>s posizione per aiutarlo<br />
in tutto ciò che gli sarebbe stato possibile. Prima <strong>di</strong> rispondere Mitridanes<br />
ci pensò un po’ su, ma poi decise <strong>di</strong> fidarsi e prima <strong>di</strong> tutto gli chiese con un lungo<br />
giro <strong>di</strong> parole il suo impegno al silenzio, e in secondo luogo la consulenza e l’aiuto,<br />
quin<strong>di</strong> gli spiattellò per filo e per segno chi era lui e per che cosa era venuto e qual<br />
era il movente.<br />
Mentre ascoltava Mitridanes esporre l’efferato programma, Natan si sentiva<br />
rimescolare le budella; ma senza stare troppo a pensarci gli rispose con coraggio<br />
e senza battere ciglio:<br />
«Mitridanes, tuo padre era un grand’uomo e tu non sei da meno, visto che ti<br />
sei messo in un’impresa così signorile come è quella <strong>di</strong> sponsorizzare tutti quanti;<br />
e mi sembra molto produttiva anche l’invi<strong>di</strong>a che tu nutri per le qualità <strong>di</strong> Natan,<br />
effetto al suo perverso inten<strong>di</strong>mento. Il qual Natan assai cortesemente domandò chi egli fosse, e qual bisogno<br />
per quin<strong>di</strong> il portasse, offerendo il suo consiglio e il suo aiuto in ciò che per lui si potesse.<br />
Mitridanes soprastette alquanto al rispondere, e ultimamente <strong>di</strong>liberando <strong>di</strong> fidarsi <strong>di</strong> lui, con una lunga<br />
circuizion <strong>di</strong> parole la sua fede richiese, e appresso il consiglio e l’aiuto, e chi egli era e per che venuto e da<br />
che mosso, interamente gli <strong>di</strong>scoperse.<br />
Natan, udendo il ragionare e il fiero proponimento <strong>di</strong> Mitridanes, in sé tutto si cambiò, ma senza troppo<br />
stare, con forte animo e con fermo viso gli rispose:<br />
– Mitridanes, nobile uomo fu il tuo padre, dal quale tu non vuogli degenerare, sì alta impresa avendo fatta<br />
come hai, cioè d’essere liberale a tutti, e molto la invi<strong>di</strong>a che alla virtù <strong>di</strong> Natan porti commendo, per ciò<br />
che, se <strong>di</strong> così fatte fossero assai, il mondo, che è miserissimo, tosto buon <strong>di</strong>verrebbe. Il tuo proponimento<br />
mostratomi senza dubbio sarà occulto, al quale io più tosto util consiglio che grande aiuto posso donare, il<br />
quale è questo. Tu puoi <strong>di</strong> quinci vedere forse un mezzo miglio vicin <strong>di</strong> qui un boschetto, nel quale Natan<br />
quasi ogni mattina va tutto solo, prendendo <strong>di</strong>porto per ben lungo spazio; quivi leggier cosa ti fia il trovarlo<br />
Dall’italiano antico al moderno<br />
Sui primi due cpv del D. B. interviene eliminandoli:<br />
cioè non ritiene attuale la cornice che in B.<br />
giustificava il convenire dei giovani in un palazzo<br />
lontano dalla vita reale e dalla peste, e il loro affabulare<br />
narrativo. Si tratta <strong>di</strong> un’opzione <strong>di</strong> fondo<br />
<strong>di</strong> cui lo scrittore moderno dà notizia, più che<br />
giustificazione, nella Nota del traduttore nella<br />
quale riprende uno dei temi fondamentali della<br />
sua ideologia: la per<strong>di</strong>ta, cioè, dello scrittore<br />
nella sua scrittura. Di qui, insieme alla volontà<br />
<strong>di</strong> tralasciare gli abboccamenti moralistici, la<br />
scomparsa dei due cpv; ed in particolare del<br />
secondo che è anticipazione della narrazione.<br />
Naturalmente B. interviene sul lessico e sullo<br />
stile, sono fortemente ri<strong>di</strong>mensionate le ridondanze<br />
retoriche ed in generale si procede ad<br />
un aggiornamento del lessico: l’antico Catai è<br />
resa con Cina; nobili donne <strong>di</strong>viene donne da<br />
capogiro; ricco senza comparazione è reso con<br />
assolutamente straricco. Quest’ultimo intervento<br />
merita un po’ d’attenzione dal momento<br />
che straricco è superlativo; l’avv assolutamente<br />
accanto ad un aggettivo lo rende superlativo:<br />
ad es. Piero è assultamente povero vale Piero è<br />
poverissimo. È chiaro che qui B. adopera l’avv in<br />
funzione rafforzativa sia pure <strong>di</strong> un superlativo<br />
(<strong>di</strong> fatto rende con esattezza l’espressione del<br />
D.). La grammatica tra<strong>di</strong>zionale avrebbe sottolineato<br />
un eccesso trasgressivo delle norme; la<br />
grammatica moderna, più tollerante nei confronti<br />
della lingua d’uso accettarebbe la formula.<br />
Qui, ai lettori che B. non sono ancora, consiglieremo<br />
<strong>di</strong> non ripeterla, non ostante l’autorità<br />
dello scrittore (per altro affiancato da molti altri);<br />
e, nel caso sentano il bisogno <strong>di</strong> rafforzare un<br />
superlativo, <strong>di</strong> scegliere un avv che non rafforzi<br />
il grado dell’aggettivo, ma sposti l’attenzione su<br />
un <strong>di</strong>fferente aspetto della con<strong>di</strong>zione espressa<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 197
Analisi Tecnica. Busi<br />
perché, se le invi<strong>di</strong>e fossero tutte come la tua, il mondo dallo schifo che è <strong>di</strong>venterebbe<br />
tutto un Bella Figurella. Sta’ tranquillo, sarò una tomba sul tuo progetto, al<br />
quale posso contribuire con un consiglio utile più che con un aiuto vero e proprio,<br />
e il consiglio è questo: ve<strong>di</strong> quel boschetto, lontano un mezzo chilometro da qui?<br />
Natan ci va a fare un po’ <strong>di</strong> footing da solo quasi tutte le mattine e per parecchio<br />
tempo. Ti sarà facilissimo beccarlo lì e fare <strong>di</strong> lui quello che ti pare. Se lo ammazzi,<br />
poi, per tornartene senza impicci a casa tua, non ti conviene prendere la strada<br />
che hai fatto all’andata. Pren<strong>di</strong> quella che ve<strong>di</strong> uscire dal bosco a sinistra: è un po’<br />
<strong>di</strong>ssestata, ma è più corta e per te è più sicura.»<br />
Dopo che Natan gli ebbe dato la soffiata e se ne fu andato, Mitridanes quatto<br />
quatto fece sapere ai suoi compagni, che stavano anche loro nel palazzo, dove dovevano<br />
aspettarlo il giorno dopo. E il giorno dopo Natan, che non aveva cambiato<br />
idea sul consiglio dato a Mitridanes e non si era spostato <strong>di</strong> un millimetro dalla<br />
sua decisione, se ne andò tutto solo al boschetto a dover morire.<br />
Mitridanes appena sveglio prese l’arco e la spada, perché <strong>di</strong> altre armi non ne<br />
aveva: montò a cavallo, andò al boschetto, da lontano vide Natan che passeggiava<br />
avanti e in<strong>di</strong>etro solo soletto, decise che era il caso <strong>di</strong> dargli una guardata in faccia<br />
e <strong>di</strong> sentirlo parlare prima <strong>di</strong> farlo fuori, corse verso <strong>di</strong> lui, lo prese per il turbante<br />
che aveva in testa e <strong>di</strong>sse:<br />
«Vecchio, sei morto!»<br />
e farne il tuo piacere. Il quale se tu ucci<strong>di</strong>, acciò che tu possa senza impe<strong>di</strong>mento a casa tua ritornare, non<br />
per quella via donde tu qui venisti, ma per quella che tu ve<strong>di</strong> a sinistra uscir fuor del bosco n’andrai, per ciò<br />
che, ancora che un poco più salvatica sia, ella è più vicina a casa tua e per te più sicura.<br />
Mitridanes, ricevuta la informazione, e Natan da lui essendo partito, cautamente a’ suoi compagni, che<br />
similmente là entro erano, fece sentire dove aspettare il dovessero il dì seguente. Ma, poi che il nuovo dì fu<br />
venuto, Natan, non avendo animo vario al consiglio dato a Mitridanes, né quello in parte alcuna mutato,<br />
solo se n’andò al boschetto a dover morire.<br />
Mitridanes, levatosi e preso il suo arco e la sua spada, ché altra arme non avea, e montato a cavallo, n’andò<br />
al boschetto, e <strong>di</strong> lontano vide Natan tutto soletto andar passeggiando per quello, e <strong>di</strong>liberato, avanti che<br />
l’assalisse, <strong>di</strong> volerlo vedere e d’u<strong>di</strong>rlo parlare, corse verso lui, e presolo per la benda la quale in capo avea,<br />
<strong>di</strong>sse:<br />
– Vegliardo, tu se’morto.<br />
dall’agg: ad esempio – per rimanere nel lessico<br />
corrente – veramente, in<strong>di</strong>scutibilmente, semplicemente<br />
ecc nelle varianti possibili davvero,<br />
senza dubbio ecc (oppure sontuosamente,<br />
regalmente, splen<strong>di</strong>damente): insomma, l’avv<br />
aggiunga qualcosa, una sfumatura o qualcosa<br />
<strong>di</strong> più, che non sia contunato nell’agg e nel<br />
suo grado.<br />
Naturalmente l’operazione <strong>di</strong> ’traduzione’ non<br />
riguarda solamente il lessico, non può non investire<br />
anche la sintassi. Così al gerun<strong>di</strong>o tanto<br />
caro alla scrittura <strong>di</strong> Boccaccio B. sostituisce<br />
la subor<strong>di</strong>nata esplicita: E essendo egli già<br />
d’anni peno <strong>di</strong>viene Quando era già piuttosto<br />
vecchio; <strong>di</strong>morando il giovane tutto solo – mentre<br />
il giovane <strong>di</strong>morava; offerendo il suo consiglio<br />
198 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
– e gli offriva la propria consulenza; ultimamente<br />
<strong>di</strong>liberando – poi decise.<br />
Il periodo ipotattico, latineggiante, del certaldese<br />
viene sciolto e risolto in una scrittura dalla<br />
ipotassi limitata. E soprattutto pre<strong>di</strong>ligendo un<br />
andamento lineare del periodo che esclude gli<br />
incisi. Analizziamo una formula come: Natan,<br />
udendo il ragionare e il fiero proponimento <strong>di</strong><br />
Mitridanes, in sé tutto si cambiò; Mitridanes,<br />
u<strong>di</strong>ta la voce e nel viso guardatolo, subitamente<br />
riconobbe ... egli, gittata via la spada, la qual<br />
per già per ferirlo aveva tirata fuori, da caval<br />
<strong>di</strong>smontato piagnendo corse a’ piè <strong>di</strong> Natan;<br />
Mitridanes, vergognandosi forte, <strong>di</strong>sse. Insomma<br />
dopo il sogg Boccaccio propone un inciso,<br />
solitamente un’implicita, non raramente però,<br />
costituita da subor<strong>di</strong>nate implicite ed esplicite;
Analisi Tecnica. Busi<br />
Natan non rispose nient’altro che:<br />
«Allora me lo sarò meritato.»<br />
A sentire quella voce e a guardarlo in faccia Mitridanes riconobbe <strong>di</strong> colpo<br />
colui che lo aveva ricevuto con benevolenza, accompagnato con cameratismo e<br />
consigliato con alta fedeltà: per cui, la mattana gli sbollì all’istante e la sua rabbia<br />
si ridusse a vergogna: buttò via la spada già estratta per colpire, si precipitò giù da<br />
cavallo, corse a piangere ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> Natan e <strong>di</strong>sse:<br />
«Voi sì che siete generoso, o antico uomo! L’ho capito vedendo con quanta<br />
<strong>di</strong>ligenza siete venuto a consegnarmi la vostra vita che io, scemo e criminale, vi<br />
avevo detto <strong>di</strong> desiderare. Ma il cielo, che sa quello che devo fare più <strong>di</strong> quanto lo<br />
sappia io, al l’ultimo momento mi ha aperto gli occhi accecati dall’invi<strong>di</strong>a, e perciò<br />
quanto più voi siete stato pronto a assecondarmi, tanto più io mi devo riconoscere<br />
pronto a scontare il mio errore: punitemi, vi prego, nella maniera che voi ritenete<br />
più giusta per il mio peccato.»<br />
Natan tirò su Mitridanes, lo abbracciò teneramente, lo baciò e gli <strong>di</strong>sse:<br />
«Bambino mio, il tuo progetto – chiamalo criminale o come altro ti pare – non<br />
richiede pentimenti o perdoni, perché tu non ti ci sei messo per o<strong>di</strong>o ma per apparire<br />
migliore. Dunque, vivi senza aver paura <strong>di</strong> me e sta’ sicuro che sulla faccia<br />
Al quale niuna altra cosa rispose Natan, se non:<br />
– Dunque, l’ho io meritato.<br />
Mitridanes, u<strong>di</strong>ta la voce e nel viso guardatolo, subitamente riconobbe lui esser colui che benignamente<br />
l’avea ricevuto e familiarmente accompagnato e fedelmente consigliato; per che <strong>di</strong> presente gli cadde il furore<br />
e la sua ira si convertì in vergogna. Laonde egli, gittata via la spada, la qual già per ferirlo aveva tirata fuori,<br />
da caval <strong>di</strong>smontato, piagnendo corse a’ piè <strong>di</strong> Natan e <strong>di</strong>sse:<br />
– Manifestamente conosco, carissimo padre, la vostra liberalità, riguardando con quanta cautela venuto<br />
siate per darmi il vostro spirito, del quale io, niuna ragione avendo, a voi medesimo <strong>di</strong>sideroso mostra’ mi;<br />
ma Id<strong>di</strong>o, più al mio dover sollicito che io stesso, a quel punto che maggior bisogno è stato gli occhi m’ha<br />
aperto dello ’ntelletto, li quali misera invi<strong>di</strong>a m’avea serrati. E per ciò quanto voi più pronto stato siete a<br />
compiacermi, tanto più mi cognosco debito alla penitenzia del mio errore; prendete adunque <strong>di</strong> me quella<br />
vendetta che convenevole estimate al mio peccato.<br />
Natan fece levar Mitridanes in piede, e teneramente l’abbracciò e baciò, e gli <strong>di</strong>sse:<br />
– Figliuol mio, alla tua impresa, chente che tu la vogli chiamare o malvagia o altrimenti, non bisogna <strong>di</strong><br />
domandar né <strong>di</strong> dar perdono, per ciò che non per o<strong>di</strong>o la seguivi, ma per potere essere tenuto migliore. Vivi<br />
B. ’traduce’ rispettivamente:Mentre ascoltava<br />
Mitridanes esporre l’efferato programma, Natan<br />
si sentiva rimescolare le budella (anticipata<br />
la temporale resa esplicita, vengono posti in<br />
sequenza sogg e vb); A sentire quella voce<br />
e a guardarlo in faccia Mitridanes riconobbe<br />
<strong>di</strong> colpo ... buttò via la spada già estratta per<br />
colpire, si precipitò giù da cavallo, corse a<br />
piangere ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> Natan (qui l’or<strong>di</strong>ne sogvb<br />
è ottenuto grazie all’anticipazione delle temporali<br />
implicite, ed alla loro riduzione a compl <strong>di</strong><br />
tempo, le altre subor<strong>di</strong>nate implite od esplicite<br />
sono trasformate in principlali, e legate, le une<br />
alle altre per paratassi asindetica in una serie in<br />
cui le azioni si susseguono non senza efficacia,<br />
rapi<strong>di</strong>ssime); Mitridanes tutto vergognoso <strong>di</strong>sse<br />
(opportunamente il gerun<strong>di</strong>o qui viene ridotto<br />
ad agg). Di particolare interesse è l’ammodernamento<br />
del <strong>di</strong>scorso che Natan rivolge a<br />
Mitridanes, offrendogli la sua vita, per sod<strong>di</strong>sfare<br />
al <strong>di</strong>sumano proposito. Si tratta <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso in<br />
cui munificenza e paradossalità devono trovare<br />
un compromesso anche razionale oltre che<br />
stilistico nella magnificenza oratoria, che non<br />
deve tra<strong>di</strong>re la spontaneità della generosità.<br />
Boccaccio per ottenere quest’effetto propone<br />
costantemente la costruzione artificiosa della<br />
frase, la costruzione latina in particolare, per<br />
cui il complemento precede il verbo (della mia<br />
<strong>di</strong>sposizione ti meravigli; io nel mio arbitrio fui; a<br />
casa mia capitasse; ecc.); vengono enunciate le<br />
premesse e gli scopi dell’azione espressa dal vb<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 199
Analisi Tecnica. Busi<br />
della terra non vive nessuno che ti ami più <strong>di</strong> quanto ti amo io, considerata l’altezza<br />
dei tuoi investimenti sentimentali e il fatto che non ti sei dato a ammucchiare<br />
miliar<strong>di</strong> come un pitocco qualunque, bensì a spendere tutto il mucchio. E non ti<br />
vergognare <strong>di</strong> avermi voluto uccidere allo scopo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare famoso, io non me<br />
ne meraviglio mica, sai? Gli imperatori più in vista e le altre teste coronate si sono<br />
conquistati i loro regni, e <strong>di</strong> conseguenza un sacco <strong>di</strong> spazio negli incunaboli, con<br />
quasi nessun’altra arte che quella <strong>di</strong> ammazzare, e non <strong>di</strong> ammazzarne uno solo<br />
come volevi fare tu, ma tanti, per non parlare dei paesi messi a ferro e a napalm e<br />
delle città che hanno raso al suolo: tu, se volevi uccidere solo me per acquistare un<br />
po’ <strong>di</strong> celebrità, non facevi niente <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario e nemmeno <strong>di</strong> nuovo, anzi.»<br />
Mitridanes, senza smettere <strong>di</strong> battersi il petto per il suo cattivo pensiero ma<br />
applaudendo l’eccellente scusa che Natan gli aveva escogitato, nel prosieguo della<br />
conversazione arrivò a <strong>di</strong>rsi stupefatto dal sangue freddo <strong>di</strong> Natan, che gli aveva<br />
fornito l’occasione e la consulenza per fare quella cosa là. Natan gli <strong>di</strong>sse:<br />
«Caro, non è proprio il caso che tu ti stupisca per i miei consigli e per il mio<br />
atteggiamento, perché da quando io <strong>di</strong>ventai maggiorenne e mi de<strong>di</strong>cai alla stessa<br />
impresa che tu stai avviando, a casa mia non ha mai messo piede nessuno che io<br />
adunque <strong>di</strong> me sicuro, e abbi <strong>di</strong> certo che niuno altro uom vive, il quale te quant’io ami, avendo riguardo<br />
all’altezza dello animo tuo, il quale non ad ammassar denari, come i miseri fanno, ma ad ispender gli ammassati<br />
se’dato. Né ti vergognare d’avermi voluto uccidere per <strong>di</strong>venir famoso, né credere che io me ne maravigli. I<br />
sommi imperadori e i gran<strong>di</strong>ssimi re non hanno quasi con altra arte che d’uccidere, non uno uomo come<br />
tu volevi fare, ma infiniti, e ardere paesi e abbattere le città, li loro regni ampliati, e per conseguente la fama<br />
loro; per che, se tu per più farti famoso me solo uccider volevi, non maravigliosa cosa né nuova facevi, ma<br />
molto usata.<br />
Mitridanes, non iscusando il suo <strong>di</strong>sidero perverso, ma commendando l’onesta scusa da Natan trovata<br />
ad esso, ragionando pervenne a <strong>di</strong>re sé oltre modo maravigliarsi come a ciò si fosse Natan potuto <strong>di</strong>sporre<br />
e a ciò dargli modo e consiglio. Al quale Natan <strong>di</strong>sse:<br />
– Mitridanes, io non voglio che tu del mio consiglio e della mia <strong>di</strong>sposizione ti maravigli, per ciò che, poi<br />
che io nel mio albitrio fui, e <strong>di</strong>sposto a fare quello medesimo che tu hai a fare impreso, niun fu che mai a casa<br />
mia capitasse, che io nol contentasse a mio potere <strong>di</strong> ciò che da lui mi fu domandato. Venistivi tu vago della<br />
mia vita, per che, sentendolati domandare, acciò che tu non fossi solo colui che senza la sua <strong>di</strong>manda <strong>di</strong> qui<br />
(Venistivi tu vago della mia vita [reggente con un<br />
forte valore <strong>di</strong>egetico, narrativo, una temporale<br />
insomma], per che [introduzione della relativa<br />
con valore <strong>di</strong>chiarativo: <strong>di</strong> fatto è la principale<br />
logica, quella che esprime il concetto più importante],<br />
sentendolati domandare [causale che<br />
motiva la causa efficente dell’azione espressa<br />
dal verbo logicamente principale – si noti la<br />
doppia enclitica ripetuta in donarlati] acciò che<br />
non fossi solo colui [finale che motiva la causa<br />
finale dell’azione in cui incide – si noti come<br />
causa efficente e causa finale vengano chiarite<br />
prima del vb al fine <strong>di</strong> renderlo ragionevole] che<br />
senza la sua <strong>di</strong>manda <strong>di</strong> qui si partissi [relativa<br />
– un altro inciso ! – retta dal <strong>di</strong>mostrativo colui<br />
a sua volta denotato dal solo, onde l’accezione<br />
<strong>di</strong> l’unico che, che permette <strong>di</strong> considerare<br />
questa relativa come la spiegazione storica<br />
200 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
della decisione presa], prestamente <strong>di</strong>liberai <strong>di</strong><br />
donarlati [è la conclusione della <strong>di</strong>chiarativa<br />
che s’era aperta imme<strong>di</strong>atamente a ridosso<br />
della reggente: in essa Natan <strong>prof</strong>essa d’avere<br />
imme<strong>di</strong>atamente deciso <strong>di</strong> regalare la sua<br />
vita ! decisione in qualche modo paradossale,<br />
tanto più se presa rapidamente, quasi senza<br />
riflettere: tuttavia la costruzione del periodo,<br />
le anticipazioni delle cause efficente e finale,<br />
incastonate tra due enunciazioni <strong>di</strong> fatto, ’tu eri<br />
qui’ e ’saresti stato il primo’, rendono la scelta <strong>di</strong><br />
Natan meno provvisoria e peregrina], e [coor<strong>di</strong>na<br />
la precedente <strong>di</strong>chiarativa con la successiva]<br />
acciò che tu l’avessi [finale anticipa il verbo<br />
della 2ª <strong>di</strong>chiarativa e lo motiva] quel consiglio<br />
ti <strong>di</strong>e<strong>di</strong> [è la 2ª <strong>di</strong>chiarativa <strong>di</strong>pendente dalla<br />
congiunzione; pari alla prima per valore logico,<br />
ma della prima effetto imme<strong>di</strong>ato] che io credetti
Analisi Tecnica. Busi<br />
non abbia accontentato in ogni suo desiderio, per quanto mi era possibile. Ci sei<br />
venuto tu che volevi la mia pelle e, sentendotela chiedere, ho deciso imme<strong>di</strong>atamente<br />
<strong>di</strong> regalartela per non rovinarmi il record lasciandoti andar via, primo e<br />
unico, con un pugno <strong>di</strong> mosche; quin<strong>di</strong>, ti ho dato il consiglio che mi sembrava<br />
op portuno per farti avere la mia vita e non farti perdere la tua, anzi, ti ripeto e ti<br />
prego, se ti piace pren<strong>di</strong>tela e go<strong>di</strong>tela: io non so come potrei spenderla meglio.<br />
L’ho già usata ottant’anni, consumandola nei miei piaceri e nei miei <strong>di</strong>vertimenti,<br />
e so che, se seguiamo il corso della natura come fanno in genere gli uomini e<br />
tutto il resto, mi può durare ancora per poco, quin<strong>di</strong> mi sembra molto meglio<br />
darla via come ho sempre dato via i sol<strong>di</strong>, piuttosto che chiuderla in una stanza<br />
blindata per farmela rubare da quella ladra della natura. Regalare cento anni è<br />
una cosa da niente: dunque, quanto vuoi che mi costi regalare quei sette o otto<br />
anni che mi restano? Se vuoi la mia pelle piglia tela, per favore, perché per tutto il<br />
tempo che ci sono vissuto dentro non ho mai trovato nessuno che la desiderasse<br />
e non so proprio quando ne potrei trovare uno, se non la pigli tu che me la chie<strong>di</strong>.<br />
Oltretutto, ammesso che ne trovassi qualcuno, mi rendo conto che più a lungo<br />
la conservo e più <strong>di</strong>minuisce <strong>di</strong> valore: perciò pren<strong>di</strong>la prima che non valga più<br />
niente, te ne supplico.»<br />
Mitridanes tutto vergognoso <strong>di</strong>sse:<br />
«Dio mi guar<strong>di</strong> non solo dal prendere una cosa così preziosa come la vostra vita<br />
si partisse, prestamente <strong>di</strong>liberai <strong>di</strong> donarlati, e acciò che tu l’avessi, quel consiglio ti <strong>di</strong>e<strong>di</strong> che io credetti che<br />
buon ti fosse ad aver la mia e non perder la tua; e per ciò ancora ti <strong>di</strong>co e priego che, s’ella ti piace, che tu la<br />
prenda e te medesimo ne so<strong>di</strong>sfaccia: io non so come io la mi possa meglio spendere. Io l’ho adoperata già<br />
ottanta anni, e ne’miei <strong>di</strong>letti e nelle mie consolazioni usata; e so che, seguendo il corso della natura, come<br />
gli altri uomini fanno e generalmente tutte le cose, ella mi può omai piccol tempo esser lasciata; per che io<br />
giu<strong>di</strong>co molto meglio esser quella donare, come io ho sempre i miei tesori donati e spesi, che tanto volerla<br />
guardare, che ella mi sia contro a mia voglia tolta dalla natura.<br />
Piccol dono è donare cento anni; quanto adunque è minor donarne sei o otto che io a star ci abbia? Pren<strong>di</strong>la<br />
adunque, se ella t’aggrada, io te ne priego; per ciò che, mentre vivuto ci sono, niuno ho ancor trovato che<br />
<strong>di</strong>siderata l’abbia, né so quando trovar me ne possa veruno, se tu non la pren<strong>di</strong> che la <strong>di</strong>man<strong>di</strong>. E se pure<br />
avvenisse che io ne dovessi alcun trovare, conosco che, quanto più la guarderò, <strong>di</strong> minor pregio sarà; e però,<br />
anzi che ella <strong>di</strong>venga più vile, pren<strong>di</strong>la, io te ne priego.<br />
Mitridanes, vergognandosi forte, <strong>di</strong>sse:<br />
– Tolga Id<strong>di</strong>o che così cara cosa come la vostra vita è, non che io, da voi <strong>di</strong>videndola, la prenda, ma pur la<br />
che buon ti fossi a aver la mia e non perder<br />
la tua [una relativa un’oggettiva una finale<br />
implicita costituiscono il complesso periodo<br />
fortemente argomentativo: giacché è ben vero<br />
che la decisione d’accontetare la terribile richiesta<br />
ha del paradosso; suggerire i mo<strong>di</strong> per<br />
farsela togliere significa con<strong>di</strong>viderne il progetto,<br />
insomma decidere <strong>di</strong> suicidarsi, cosa che non<br />
si confà alla figura morale del protagonista della<br />
novella. Ecco che il consiglio è necessario e<br />
consegue dalla necessità <strong>di</strong> scegliere tra la vita<br />
del giovane e la sua] e per ciò ancora ti <strong>di</strong>co e<br />
ti priego [è la parte persuasoria del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong><br />
Natan, che non a caso ricorre alla en<strong>di</strong>a<strong>di</strong>] che<br />
[oggettiva, <strong>di</strong>remmo naturalmente interrotta<br />
dopo l’introduzione sintattica] , s’ella ti piace<br />
[formula <strong>di</strong> cortesia e <strong>di</strong> modestia], tu la prenda<br />
e te medesimo ne so<strong>di</strong>sfaccia [viene esplicitata<br />
la preghiera, vero nucleo fondante del <strong>di</strong>scorso<br />
<strong>di</strong> Natan ed insieme nucleo narrativo, dal quale<br />
alla fin fine prende le mosse la novella stessa;<br />
non è senza senso che ci si trovi <strong>di</strong> fronte ad<br />
un’altra en<strong>di</strong>a<strong>di</strong>, non a caso per due volte<br />
ricorre il pronome personale a petto del quale<br />
sarà opposto quello <strong>di</strong> prima persona ripetuto<br />
anch’esso due volte: tu-(te medesimo)-io-io]: io<br />
non so come io la mi possa meglio spendere.<br />
La ’traduzione’ restituisce al complesso periodo<br />
la sua naturalezza, evitando le incisive, talora<br />
sopprimendole; lasciando, tuttavia, l’ampia<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 201
Analisi Tecnica. Busi<br />
ma anche soltanto dal desiderare <strong>di</strong> sopprimerla come facevo prima; se potessi,<br />
altro che rubarvi degli anni, ve ne regalerei un po’ dei miei.»<br />
Subito Natan <strong>di</strong>sse:<br />
«Potendo, me ne regaleresti? E mi lasceresti fare a te quello che non ho mai<br />
fatto a nessuno, cioè prendere qualcosa <strong>di</strong> tuo, io che non ho mai preso niente a<br />
nessuno?»<br />
«Sì» <strong>di</strong>sse in fretta Mitridanes<br />
«Allora» <strong>di</strong>sse Natan «farai quello che ti <strong>di</strong>rò. Tu, giovane come sei, resterai qui<br />
nella mia casa e ti chiamerai Natan, io me ne andrò nella tua e mi farò chiamare<br />
Mitridanes.»<br />
Mitridanes rispose,<br />
«Se sapessi comportarmi bene come sapete voi e avete sempre saputo fare,<br />
non ci penserei due volte a accettare la vostra offerta, ma temo proprio che le mie<br />
azioni farebbero calare la popolarità <strong>di</strong> Natan, e visto che non mi va <strong>di</strong> rovinare<br />
a un altro quello che non so far riuscire a me, non accetto.»<br />
Discussero a lungo amabilmente <strong>di</strong> questo e <strong>di</strong> altro, poi Natan pretese che<br />
<strong>di</strong>sideri, come poco avanti faceva; alla quale non che io <strong>di</strong>minuissi gli anni suoi, ma io l’aggiugnerei volentier<br />
de’ miei, se io potessi.<br />
A cui prestamente Natan <strong>di</strong>sse:<br />
– E, se tu puoi, vuo’nele tu aggiugnere, e farai a me fare verso <strong>di</strong> te quello che mai verso alcuno altro non<br />
feci, cioè delle tue cose pigliare, che mai dell’altrui non pigliai?<br />
– Sì, – <strong>di</strong>sse subitamente Mitridanes.<br />
– Adunque, – <strong>di</strong>sse Natan – farai tu come io ti <strong>di</strong>rò. Tu ti rimarrai, giovane come tu se’, qui nella mia casa,<br />
e avrai nome Natan, e io me n’andrò nella tua e farommi sempre chiamar Mitridanes.<br />
Allora Mitridanes rispose:<br />
– Se io sapessi così bene operare come voi sapete e avete saputo, io prenderei senza troppa <strong>di</strong>liberazione quello<br />
che m’offerete; ma per ciò che egli mi pare esser molto certo che le mie opere sarebbon <strong>di</strong>minuimento della<br />
fama <strong>di</strong> Natan, e io non intendo <strong>di</strong> guastare in altrui quello che in me io non acconciare nol prenderò.<br />
Questi e molti altri piacevoli ragionamenti stati tra Natan e Mitridanes, come a Natan piacque, insieme<br />
architettura ipotattica, in cui prevalgono le consecutive<br />
e le finali: Ci sei venuto tu (reggente) che<br />
volevi la mia pelle (relativa) e (coor<strong>di</strong>nazione<br />
con valore consecutivo), sentendotela chiedere<br />
(causale implicita), ho deciso (coor<strong>di</strong>nata<br />
alla reggente, ma logicamente consecutiva)<br />
imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong> regalartela (oggettiva) per<br />
non rovinarmi il record (finale negativa, che<br />
rende la decisione <strong>di</strong> Natan frutto <strong>di</strong> un calcolo,<br />
in qualche misura egoistico, mentre, si ricorderà<br />
in Boccaccio, l’argomentazione serviva ad<br />
allontanare il sospetto d’una condotta ’immorale’)<br />
lasciandoti andar via, primo e unico, con<br />
un pugno <strong>di</strong> mosche (temporale implicita);<br />
quin<strong>di</strong> ti ho dato il consiglio (consecutiva) che<br />
mi sembrava op portuno (relativa) per farti avere<br />
la mia vita e non farti perdere la tua (finale), anzi<br />
(avversativa), ti ripeto e ti prego (incisa, due<br />
principali coor<strong>di</strong>nate), se ti piace (ipotetica <strong>di</strong><br />
2º grado) pren<strong>di</strong>tela e go<strong>di</strong>tela (due esortative<br />
coor<strong>di</strong>nate): io non so come potrei spenderla<br />
202 • Dalla ſcrittura alla letteratura<br />
meglio. La modernizzazione del linguaggio impone<br />
la maggiore facilità della costruzione, ma,<br />
insieme con questa, una maggiore semplicità<br />
nei rapporti interpersonali: insomma l’imperativo<br />
alla liberalità del Natan boccacciano è avvertito<br />
da Busi come inattuale: più cre<strong>di</strong>bile, più probabile,<br />
la ricerca del record. Inattuali la prudenza<br />
nell’esprimere il proprio pensiero ed il bisogno<br />
<strong>di</strong> giustificarlo esponendone prima le cause,<br />
illuminandone le finalità. La società moderna<br />
dà spesso l’impressione <strong>di</strong> voler ignorare ogni<br />
problematizzazione e B. non poteva non tener<br />
conto <strong>di</strong> ciò.<br />
La scelta <strong>di</strong> B. è non solo dal punto <strong>di</strong> vista della<br />
sintassi, ma anche da quello del lessico per il<br />
linguaggio col loquiale, moderno, fortemente<br />
connotato dai luoghi comuni della cultura moderna<br />
come strada <strong>di</strong> grande traffico; a fatti e<br />
non a chiacchiere; in tempo record; viaggiatori<br />
da Carta Oro (alludendo alle carte <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to);<br />
però un giorno successe che ...; ... buttava giù
Analisi Tecnica. Busi<br />
tornassero assieme al palazzo, dove per parecchi giorni Natan fece un sacco <strong>di</strong> feste<br />
a Mitridanes e lo riempì <strong>di</strong> consigli e <strong>di</strong> suggerimenti incoraggiandolo a portare<br />
avanti la sua grande impresa. E quando Mitridanes se ne volle tornare a casa con<br />
i suoi amici, Natan lo lasciò andare: tanto, l’aveva già perfettamente convinto che<br />
non avrebbe mai potuto superarlo in generosità.<br />
verso il palagio se ne tornarono, dove Natan più giorni sommamente onorò Mitridanes, e lui con ogni ingegno<br />
e saper confortò nel suo alto e grande proponimento. E volendosi Mitridanes con la sua compagnia ritornare<br />
a casa, avendogli Natan assai ben fatto conoscere che mai <strong>di</strong> liberalità nol potrebbe avanzare, il licenziò.<br />
le proprie quotazioni...; che crack !...; ... lo faccio<br />
sparire dalla faccia della terra.. ; abbigliamento<br />
molto casual.. ; ... fece sistemare Mitridanes in<br />
una suite bellissima...; non mi ha mai promosso<br />
a <strong>di</strong>rigente...; si sentiva rimescolare le budella<br />
...; dopo che ... ebbe dato la soffiata... Tale modernizzazione<br />
sortisce, spesso, esiti apprezzabili<br />
come nel caso <strong>di</strong>: Mitridanes, u<strong>di</strong>ta la voce ...,<br />
subitamente riconobbe lui ... per che <strong>di</strong> presente<br />
gli cadde il furore e la sua ira si convertì in<br />
vergogna / A sentire quella voce ... Mitridanes<br />
riconobbe <strong>di</strong> colpo ... per cui, la mattana gli<br />
sbollì all’istante e la sua sua rabbia si ridusse a<br />
vergogna. O nel caso <strong>di</strong>: Queste parole porsero<br />
alcuna speranza a Mitridanes <strong>di</strong> potere con più<br />
solido consiglio e con più salvezza dare effetto<br />
al suo perverso inten<strong>di</strong>mento / Queste parole<br />
fecero appigliare Mitridanes alla speranza <strong>di</strong><br />
poter mettere in atto il suo perfido pro getto con<br />
più organizzazione e meno alla <strong>di</strong>sperata. Altre<br />
volte s’avverte certa inutile forzatura: è il caso <strong>di</strong>:<br />
Figliuol mio / Bambino mio; non hanno quasi con<br />
altra arte che d’uccidere / con quasi nessun’altra<br />
arte che quella <strong>di</strong> ammazzare. Altre volte il<br />
registro della traduzione non contrasta tanto con<br />
l’originale che, comunque, conserva – soprattutto<br />
in questa decima giornata – un fine decoro<br />
retorico, quanto col registro predominante della<br />
stessa ’traduzione’: Natan quasi ogni mattina<br />
va tutto solo, prendendo <strong>di</strong>porto per ben lungo<br />
spazio; quivi leggier cosa ti fia il trovarlo e farne il<br />
tuo piacere / Natan ci va a fare un po’ <strong>di</strong> footing<br />
da solo quasi tutte le mattine e per parecchio<br />
tempo. Ti sarà facilissimo beccarlo lì e fare <strong>di</strong> lui<br />
quello che ti pare, dove non solo l’attività ginnica<br />
pare sproporzionata ad un uomo anziano, ma<br />
anche beccarlo, suppone un registro familiare<br />
da essere gergale. Se, infatti, beccare, ha, pure<br />
nel livello familiare, tra<strong>di</strong>zione letteraria nell’accezione<br />
<strong>di</strong> guadagnare, il riferimento alle persone,<br />
nel significato perciò <strong>di</strong> sorprendere, incontrare<br />
<strong>di</strong> sorpresa, è – <strong>di</strong>ffusissimo – del tutto moderno<br />
e giovanile. Un altro caso in cui la opzione per il<br />
linguaggio moderno sembra se non altro inutile<br />
è costituito dal napalm che gli imperatori più in<br />
vista userebbero per <strong>di</strong>struggere le città, là dove<br />
Boccaccio aveva scritto: i sommi imperadori...<br />
non hanno quasi con altra arte che d’uccidere,<br />
..., e ardere paesi e abbattere città. Oppure<br />
dopo che ... gli ebbe dato la soffiata che traduce<br />
il pur moderno (dal punto <strong>di</strong> vista lessicale)<br />
ricevuta la informazione.<br />
Quanto s’è detto non valga se non per evidenziare<br />
le caratteristiche dei due tipi d’italiano, e<br />
nella speranza che il giovane lettore si appropri<br />
della molteplicità degli stili per trarne uno suo<br />
proprio.<br />
Dalla ſcrittura alla letteratura • 203