Avevano spento anche la luna - Il Circolo

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01.06.2013 Views

3. La mamma riempì una valigia altrettanto grande per Jonas. Lo faceva sembrare ancora più minuscolo di quel che era e lui doveva reggerla con entrambe le mani, piegandosi all’indietro per sollevarla da terra. Non si lamentò del peso né chiese aiuto. Il rumore di vetri e ceramiche infranti risuonava dolente nell’appartamento a intervalli rapidi. Trovammo nostra madre in tinello che gettava per terra la cristalleria e le porcellane più belle. Aveva la faccia lucida di sudore e i riccioli biondi le ricadevano liberi sugli occhi. «No, mamma!» gridò Jonas correndo verso i cocci rotti che si ammucchiavano sul pavimento. Io lo tirai indietro prima che toccasse i vetri. «Mamma, perché stai rompendo il tuo servizio bello?» Lei si fermò e fissò la tazza di porcellana che teneva in mano. «Perché ci sono troppo affezionata.» La scagliò per terra, senza nemmeno soffermarsi a guardarla rompersi prima di prenderne un’altra. Jonas si mise a piangere. «Non piangere, tesoro. Ne prenderemo di più belle.» La porta si spalancò di scatto e tre agenti dell’nkvd entrarono in casa impugnando fucili a baionetta. «Che cosa è successo qui?» chiese un agente alto, esaminando i danni. «È stato un incidente», rispose la mamma calma. «Lei ha distrutto delle proprietà sovietiche», tuonò lui. Jonas si tirò vicino la valigia, per paura che anche quella potesse diventare da un minuto all’altro proprietà sovietica. La mamma si guardò nello specchio dell’anticamera per 20

sistemarsi i riccioli scompigliati e mettersi il cappello. L’agente dell’nkvd la colpì sulla spalla con il calcio del fucile, buttandola con la faccia contro lo specchio. «Porci borghesi, sempre a perdere tempo. Non le servirà quel cappello», la derise. La mamma si raddrizzò e ritrovò l’equilibrio, poi si lisciò la gonna e aggiustò il cappello. «Mi scusi», disse in tono dimesso all’agente prima di sistemarsi di nuovo i riccioli e infilarsi lo spillone di madreperla nel cappello. «Mi scusi»? Aveva detto proprio così? Quegli uomini fanno irruzione di notte in casa nostra, la sbattono contro lo specchio... e lei li supplica di «scusarla»? A quel punto la mamma allungò la mano per prendere il lungo cappotto grigio, e di colpo capii. Stava giocando con gli agenti della polizia sovietica una delicata partita a carte, senza sapere quale mano sarebbe stata distribuita in seguito. La rividi nella mia mente cucire gioielli, documenti, argento e altri valori nella fodera di quel cappotto. «Devo andare in bagno», annunciai nel tentativo di distogliere l’attenzione da mia madre e dal cappotto. «Hai trenta secondi.» Chiusi la porta del bagno e mi guardai allo specchio. Non avevo idea di quanto in fretta sarebbe cambiato il mio viso, sfiorendo. Se l’avessi saputo, avrei fissato più a lungo il mio riflesso, cercando di memorizzarlo. Era l’ultima volta, per più di dieci anni, in cui mi sarei guardata in uno specchio vero. 21

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La mamma riempì una valigia altrettanto grande per Jonas.<br />

Lo faceva sembrare ancora più minuscolo di quel che<br />

era e lui doveva regger<strong>la</strong> con entrambe le mani, piegandosi<br />

all’indietro per sollevar<strong>la</strong> da terra. Non si <strong>la</strong>mentò del peso<br />

né chiese aiuto.<br />

<strong>Il</strong> rumore di vetri e ceramiche infranti risuonava dolente<br />

nell’appartamento a intervalli rapidi. Trovammo nostra madre<br />

in tinello che gettava per terra <strong>la</strong> cristalleria e le porcel<strong>la</strong>ne<br />

più belle. Aveva <strong>la</strong> faccia lucida di sudore e i riccioli biondi<br />

le ricadevano liberi sugli occhi.<br />

«No, mamma!» gridò Jonas correndo verso i cocci rotti che<br />

si ammucchiavano sul pavimento.<br />

Io lo tirai indietro prima che toccasse i vetri. «Mamma,<br />

perché stai rompendo il tuo servizio bello?»<br />

Lei si fermò e fissò <strong>la</strong> tazza di porcel<strong>la</strong>na che teneva in mano.<br />

«Perché ci sono troppo affezionata.» La scagliò per terra,<br />

senza nemmeno soffermarsi a guardar<strong>la</strong> rompersi prima di<br />

prenderne un’altra.<br />

Jonas si mise a piangere.<br />

«Non piangere, tesoro. Ne prenderemo di più belle.»<br />

La porta si spa<strong>la</strong>ncò di scatto e tre agenti dell’nkvd entrarono<br />

in casa impugnando fucili a baionetta. «Che cosa è<br />

successo qui?» chiese un agente alto, esaminando i danni.<br />

«È stato un incidente», rispose <strong>la</strong> mamma calma.<br />

«Lei ha distrutto delle proprietà sovietiche», tuonò lui.<br />

Jonas si tirò vicino <strong>la</strong> valigia, per paura che <strong>anche</strong> quel<strong>la</strong><br />

potesse diventare da un minuto all’altro proprietà sovietica.<br />

La mamma si guardò nello specchio dell’anticamera per<br />

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