Scarica in formato PDF - Portale di Archeologia Medievale ...

lamenta dunque una penuria di pubblicazioni italiane (come già sottolineato a suo tempo da Daniele
Manacorda 6 ), relative a materiali sei-settecentechi provenienti sia da contesti stratigrafici che da
recuperi occasionali. In effetti, alcuni prodotti di invetriata dipinta ad ingobbio sotto vetrina si sono
conosciuti attraverso esemplari interi, emersi da rinvenimenti fortuiti - quindi fuori dal loro contesto
- conservati in alcuni musei e collezioni private. Ma questi pezzi, al pregio della integrità, utile per
la ricostruzione delle forme, associano il limite dell’eccezionalità e dell’impossibilità di ricostruire
il contesto culturale e cronologico di provenienza. La classe dell’invetriata non è stata oggetto di
uno studio tipologico approfondito. La slip ware ha sofferto pertanto in Italia, fino alla fine degli
anni Settanta del ‘900, di un ingiusto anonimato a fronte di un interesse specifico da parte degli
studiosi inglesi, a cui si deve la definizione di slip ware, nomenclatura mutuata dalla ceramica
romana, ripresa in Italia per indicare tipi simili dell’area laziale ed entrata poi nell’uso comune. Le
problematiche relative alla difficoltà dello studio della invetriata dipinta sotto vetrina si collegano,
perciò, alla tematica generale della limitata conoscenza delle produzioni d’uso quotidiano,
imputabile alla mancanza di precisi quadri crono-tipologici fondati su basi stratigrafiche. Tuttavia,
un recupero privo di documentazione stratigrafica può fornire informazioni di carattere tecnologico
e tipologico del vasellame. Grazie alle pionieristiche pubblicazioni degli scavi stratigrafici
all’interno del Palazzo Pretorio di Prato del 1978 7 , della Crypta Balbi di Roma - in particolare del
Giardino del Conservatorio di S. Caterina della Rosa 8 e dell’immondezzaio del XVIII secolo 9 -
della mostra Torino nel Basso Medioevo 10 sugli scavi di Palazzo Madama di Torino, di indagini
archeologiche documentate sui «Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte» e del
materiale delle Civiche Collezioni torinesi 11 , la slip ware ha cominciato a ricevere la considerazione
che merita. Ciò è avvenuto soprattutto in virtù della sua larga diffusione nei livelli postmedievali di
contesti indagati con metodologie moderne. E’ importante osservare che tale classe deve molta della
sua “visibilità scientifica”: agli studi di Sauro Gelichi sulla ceramica d’età moderna e sui relativi
centri produttivi in Emilia-Romagna 12 ; a due recenti monografie sulla ceramica della collana di
Documenti di Archeologia Postmedievale (l’una sulla ceramica postmedievale in Abruzzo di Van
Verrocchio e Diego Troiano 13 , l’altra sui centri produttori di ceramica in Piemonte nei secoli XVII-
6
Manacorda 1984, p. 6.
7
Francovich et al. 1978.
8
Cipriano 1984.
9
Bartoloni 1985.
10
Cortelazzo, Murer, Pantò, Vaschetti, Pettinati 1982.
11
Pantò 1982.
12
Gelichi, Librenti 2001, pp. 13-38. Gelichi, Librenti 1997, pp. 185-228. Gelichi, Librenti 1995, pp. 253-264. Gelichi,
Curina 1992, pp. 69-116. Gelichi 1992, pp. 1-23. Gelichi, Minguzzi 1986, pp. 51-94. Gelichi 1992, pp. 11-22. Gelichi
1987, pp. 182-193.
13
Verrocchio, Troiano 2002.
5