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<strong>di</strong>segno molto corsivo. Sembra che il precipuo <strong>in</strong>tento del vasaio fosse il risparmio dell’argilla<br />
caol<strong>in</strong>itica.<br />
Anche le fonti scritte menzionano Pescia come centro produttore <strong>di</strong> vasellame <strong>in</strong>vetriato da cottura -<br />
le tre forme funzionali del pignatto, del tegame e del coperchio – nella relazione, realizzata a Pescia<br />
l’11 aprile del 1768 60 , per l’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e granducale della sopracitata Valutazione. In essa si legge:<br />
“[…] Vi sono ancora <strong>di</strong>versi pentolai che lavorano <strong>di</strong> vasellami <strong>di</strong> terra cotta, cioè a <strong>di</strong>re pentole,<br />
tegami, testi e cose simili, le quali hanno esito sul luogo [dest<strong>in</strong>ati al consumo locale] ove son<br />
comprate da <strong>di</strong>versi battelli [ven<strong>di</strong>tori ambulanti] che le trasportano sul proprio dorso sulle<br />
montagne lucchesi e modanesi. Il prodotto <strong>di</strong> questa arte è parimenti <strong>di</strong>fficile a dettagliarsi, ma per<br />
quanto che sia è certo che ciò che viene <strong>in</strong> essa impiegato nasce tutto quivi a eccezione della<br />
schiuma <strong>di</strong> piombo, che si provvede <strong>in</strong> Livorno, e che è necessaria per la vernice <strong>di</strong> detti vasellami<br />
[…]” 61 .<br />
Questa attestazione archivistica non conferma soltanto l’orig<strong>in</strong>e locale dei manufatti <strong>in</strong>vetriati da<br />
cottura r<strong>in</strong>venuti <strong>in</strong> via Ricasoli e <strong>in</strong> via Oberdan, ma <strong>di</strong>spensa anche preziose <strong>in</strong>formazioni<br />
sull’approvvigionamento delle materie prime e sulla circolazione dei prodotti, def<strong>in</strong>iti<br />
genericamente <strong>di</strong> “terra cotta”. L’unico materiale non autoctono, necessario al ciclo produttivo,<br />
sembra essere il piombo, acquistato presso il porto <strong>di</strong> Livorno, impiegato nella vetr<strong>in</strong>a piombifera<br />
del rivestimento. Il vasellame, oltre al consumo locale, è dest<strong>in</strong>ato alla circolazione <strong>in</strong> un’area <strong>di</strong><br />
<strong>in</strong>fluenza della città <strong>di</strong> Pescia: quella appenn<strong>in</strong>ica lucchese e modenese. L’Inchiesta leopold<strong>in</strong>a<br />
sembra connotare le manifatture ceramiche della Vald<strong>in</strong>ievole (Pescia, Montevettol<strong>in</strong>i) come<br />
tecnologicamente molto modeste.<br />
Le pentole <strong>di</strong> Pescia vengono esportate anche via mare.<br />
Nella Bilancia del 1762 si parla del vasellame <strong>in</strong>vetriato prodotto <strong>in</strong> Vald<strong>in</strong>ievole, esportato per il<br />
98,5% nel Pisano.<br />
Per quanto concerne la materia prima utilizzata per i prodotti <strong>di</strong> slip ware pesciat<strong>in</strong>i, che l’Inchiesta<br />
leopold<strong>in</strong>a testimonia come <strong>di</strong> approvvigionamento locale tranne il piombo, ipotizziamo un utilizzo<br />
dell’argilla caol<strong>in</strong>itica <strong>di</strong> Montecarlo (Lu), il cui Comune faceva parte del Vicariato <strong>di</strong> Pescia, per la<br />
decorazione <strong>di</strong>p<strong>in</strong>ta ad <strong>in</strong>gobbio sotto vetr<strong>in</strong>a. Alcune fonti conservate nell’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong><br />
Pescia, pur non confermando <strong>di</strong>rettamente la nostra supposizione (cui ci auguriamo <strong>di</strong> conferire, <strong>in</strong><br />
un futuro prossimo, veri<strong>di</strong>cità scientifica me<strong>di</strong>ante analisi <strong>di</strong> laboratorio), attestano un commercio <strong>di</strong><br />
60 ASF, Carte Gianni, filza 39, n. 523, <strong>in</strong>serto 50.<br />
61 Ibidem.<br />
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