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I Catilinaria (I, 1-2) Quo usque tandem abutere, Catilina, patientiae ...

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I <strong><strong>Catilina</strong>ria</strong> (I, 1-2)<br />

<strong>Quo</strong> <strong>usque</strong> <strong>tandem</strong> <strong>abutere</strong>, <strong>Catilina</strong>, <strong>patientiae</strong> nostrae? Quamdiu etiam furor iste<br />

tuus nos eludet? Quem ad finem sese effrenata iactabit audacia?…ecc<br />

Forma e contenuto: Con questo discorso Cicerone attaccò in Senato <strong>Catilina</strong> durante<br />

la seduta dell’8 novembre del 63 a. C. Il contenuto è manifestamente politico: si<br />

polemizza contro la malafede di <strong>Catilina</strong> e l’ingenuità dei senatori che sottovalutano<br />

la pericolosità dell’uomo.<br />

Il discorso utilizza una funzione prevalentemente persuasiva: chi parla vuole<br />

presentare una tesi, sostenerla, dimostrarla e difenderla; non si accontenta di far<br />

conoscere il proprio punto di vista, ma vuole ottenere la condivisione di opinione da<br />

parte del destinatario e indurlo a modificare il comportamento.<br />

Poiché ha uno scopo essenzialmente pratico, il testo punta su fatti concreti, e li<br />

presenta secondo una fitta concatenazione logica, in modo da portare il destinatario<br />

alla conclusione voluta.<br />

Perciò l’emittente deve tener conto della caratteristiche del destinatario in<br />

relazione ad alcuni parametri: ambiente e contesto culturale, ruolo, relazioni,<br />

dimensioni dell’uditorio: qui si tratta del Senato, un uditorio di tipo politico al quale<br />

il console si rivolge per richiamarlo alla consapevolezza delle proprie prerogative e<br />

dei propri doveri verso la patria.<br />

Il testo segue lo schema tradizionale della tipologia argomentativa: Tesi, argomenti<br />

a favore della tesi, antitesi, confutazione. La pericolosità di <strong>Catilina</strong>, sostenuta nella<br />

tesi, è esposta tramite una serie di interrogative apparentemente rivolte a <strong>Catilina</strong>,<br />

ma in realtà indirizzate al Senato: nell’antitesi, introdotta dalla celebre affermazione<br />

“o tempora, o mores !” l’evidente assuefazione generale ai misfatti di <strong>Catilina</strong><br />

“Senatus haec intellegit, consul videt, hic tamen vivit” c’è una sottile allusione alla<br />

debolezza dei senatori, che evidentemente non sono così “fortes” come<br />

dovrebbero, se tollerano la sfacciataggine con cui <strong>Catilina</strong> trama apertamente<br />

contro lo stato. L’uso ricorrente delle interrogative retoriche, delle anafore (nihil è<br />

ripetuto ben sei volte e quid tre volte), dell’iperbole, e dell’ironia, rientra nella prassi<br />

della scrittura argomentativa, ma qui è finalizzato a stuzzicare l’uditorio, come per<br />

scuoterlo da una sorta di torpore morale e psicologico. “Furor, audacia, coniuratio”,<br />

sembrano essere le parole chiave con cui l’oratore costruisce l’immagine negativa<br />

dell’avversario, all’interno di un lessico che attinge al mondo della politica e della<br />

guerra, a voler dimostrare che la situazione è urgente e preoccupante.<br />

La sintassi, che in testi analoghi risulta ricca di connettivi logici, qui appare serrata e<br />

spezzata dall’iterazione delle interrogative, dalle enumerazioni per asindeto, in un<br />

sapiente gioco di contrapposizioni; è curioso osservare che tutti i tempi dell’antitesi<br />

sono al presente, quasi a sottolineare la minaccia incombente sullo Stato, mentre la


tesi si articola in un ritmo concitato di richiami agli ultimi misfatti e alle trame future<br />

di <strong>Catilina</strong>.<br />

Tale carattere di concitazione emotiva, in aperto contrasto con l’andamento ben più<br />

ricco, armonioso e simmetrico della scrittura di Cicerone, accentua l’intonazione<br />

emotiva del testo, che appare più vicino allo stile parlato.

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