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Sulle orme di...<br />
Il viaggio di von Humboldt, alla ricerca di un fiume leggendario nelle terre selvagge degli indios dell’Amazzonia<br />
La seconda scoperta dell’America<br />
Testo di Yurij Castelfranchi – Foto di Enrico Bossan<br />
<strong>Focus</strong> Storia 76<br />
Gli uomini remavano contro corrente,<br />
sfidando onde alte sino a<br />
due metri. Schizzi e schiuma impedivano<br />
di vedere la fine delle<br />
rapide. Un soffitto basso di nembi neri copriva<br />
il cielo. Sulla canoa, lunga 13 metri, fatta<br />
di un unico grande tronco scavato a colpi<br />
d’ascia e plasmato col fuoco, viaggiavano<br />
cinque indios, due spagnoli, un cane mastino,<br />
una ventina di uccelli, alcune scimmiette,<br />
centinaia di campioni di foglie, semi, radici.<br />
E due giovani scienziati: il tedesco Alexander<br />
von Humboldt e il francese Aimé Bonpland,<br />
partiti per studiare la natura delle<br />
zone più remote del Venezuela e per verificare<br />
l’esistenza del leggendario Casiquiare,<br />
un canale naturale che nei racconti degli indios<br />
e dei missionari doveva collegare il fiume<br />
Orinoco al Rio Negro, affluente setten-<br />
trionale del Rio delle Amazzoni. Il timoniere<br />
si rivolse ai forestieri. Spiegò, con la<br />
flemma tipica degli indios, che la canoa non<br />
avanzava di un metro.Anzi: stava scivolando<br />
indietro, verso le cascate. Poi due fulmini<br />
piombarono a pochi metri dall’imbarcazione.“Chi<br />
va all’Orinoco” recitava un detto<br />
“non torna vivo, o torna folle”.<br />
● Tempesta sulle rapide. Era il 18 aprile<br />
del 1800 e con una tempesta furiosa sulle rapide<br />
di Atures e Maipures iniziava la parte<br />
più pericolosa di un viaggio che gli storici<br />
avrebbero battezzato “la seconda scoperta<br />
dell’America”.<br />
I rematori non desistettero. Sul far della<br />
notte, zuppi sino alle ossa, gli esploratori<br />
riuscirono a trovare un approdo e, nei tre<br />
giorni successivi, superarono quel tratto in- ▼<br />
“Vaschetta”<br />
per bimbi<br />
Una mamma<br />
del gruppo degli<br />
indios Piaroa<br />
fa il bagnetto<br />
ai bambini nelle<br />
acque del fiume<br />
Orinoco, a nord<br />
di San Fernando<br />
de Atabapo.<br />
Sopra, ritratto<br />
di Alexander<br />
von Humboldt<br />
(1769-1859)<br />
due anni dopo<br />
il suo ritorno<br />
in Europa.<br />
<strong>Focus</strong> Storia 77
▼<br />
Dopo la descrizione<br />
fisica, sul passaporto<br />
di Humboldt era<br />
scritto: “Viaggia per<br />
acquisire sapienza”<br />
sidioso camminando nella selva, trascinando<br />
la barca via terra.<br />
Oggi le rapide di Atures e Maipures sono<br />
una delle attrazioni turistiche del Venezuela.<br />
In centinaia vengono qui a sfidare le onde<br />
dell’Orinoco, su gommoni con motori da 40<br />
cavalli. Pochi chilometri a valle, sorge una<br />
città che nel 1800 non esisteva: Puerto Ayacucho,<br />
80 mila abitanti, fondata nel 1924 per<br />
far da capitale allo Stato di Amazonas. Ma<br />
appena fuori dalla città tutto è rimasto come<br />
allora. “Nulla può essere più grandioso dell’aspetto<br />
di questa regione” scrisse Humboldt<br />
osservando il paesaggio da una collina: “la<br />
lunga successione delle rapide, l’immenso lenzuolo<br />
di schiume e vapori illuminato dai raggi<br />
del sole al tramonto”. Duecentocinque anni<br />
dopo, l’ambiente è quasi intatto, remoto ed<br />
estremo, splendido e ostile.Abitato, come ai<br />
tempi di Humboldt, da missionari in cerca di<br />
anime, indios in cerca di un futuro e bianchi<br />
in cerca di fortuna.<br />
● Alla ricerca di una meta. Accompagnato<br />
dagli indios, un quartetto bizzarro si<br />
stava inoltrando in una regione che pochissimi<br />
bianchi avevano visto prima. Nicolás<br />
Soto, cognato del governatore della provincia<br />
di Barinas, si era accodato alla spedizione<br />
perché moriva dalla voglia di conoscere l’America<br />
selvaggia. Padre Bernardo Zea, che<br />
lungo il tragitto seguiva gli indios a caccia<br />
di tartarughe di fiume, si era invece offerto di<br />
Un’orchidea, descritta da Humboldt,<br />
che vive al confine fra Ecuador e Perù.<br />
<strong>Focus</strong> Storia 78<br />
“Non è quindi sorprendente che gli indios isolati<br />
delle missioni imparino lo spagnolo meno<br />
facilmente di quelli che vivono fra i meticci,<br />
i mulatti e i bianchi nelle periferie delle città”<br />
accompagnare i due scienziati stranieri perché<br />
voleva visitare i missionari sperduti nell’Alto<br />
Orinoco. Il francese, appena ventisettenne,<br />
si chiamava Aimé Goujaud, ma sin<br />
da bambino, grazie all’amore per la botanica,<br />
si era guadagnato<br />
<strong>Focus</strong><br />
il soprannome<br />
Storia 78<br />
di bonplant<br />
(“buona pianta”). Divenne medico, ma<br />
non abbandonò la sua passione e scelse di<br />
cambiare il proprio cognome in Bonpland.<br />
Friedrich Wilhelm Heinrich Alexander von<br />
Humboldt era invece un trentunenne dalla<br />
cultura enciclopedica. Aveva studiato economia,<br />
legge, lingue, geologia, botanica, chimica,<br />
fisica, astronomia, zoologia e anatomia.<br />
Era stato funzionario statale, ma da<br />
sempre sognava di intraprendere un grande<br />
viaggio scientifico, alla ricerca di quella che<br />
lui chiamava “una fisica generale”, una scienza<br />
universale capace di mostrare “l’unità della<br />
natura”.<br />
Traslochi complicati<br />
Sotto la pioggia, un bongo trasporta<br />
masserizie lungo l’Orinoco. Il bongo è<br />
l’imbarcazione tipica di questo fiume.<br />
Quando nel 1796 era morta la madre,<br />
Humboldt aveva deciso di spendere l’eredità<br />
in nome dei viaggi e della scienza.Aveva<br />
comprato cronometri di precisione, sestanti,<br />
quadranti, microscopi, telescopi, bussole, barometri,<br />
igrometri, elettrometri, batterie, reagenti<br />
chimici. Persino uno strumento per misurare<br />
il blu del cielo.Andò a Parigi per imbarcarsi<br />
con una spedizione che doveva circumnavigare<br />
il globo, e che però non partì<br />
mai. Cercò, invano, di andare in Egitto, al<br />
seguito di Napoleone. Infine fece amicizia<br />
con Bonpland e i due corsero a Madrid con<br />
l’idea di imbarcarsi per l’Africa. Ottennero<br />
invece il permesso di recarsi nelle terre americane<br />
del regno di Spagna, ma a proprie<br />
spese. Humboldt pagò tutto, compreso il<br />
viaggio di Bonpland. Sarebbe diventato l’uomo<br />
più famoso dell’epoca, assieme a Napoleone<br />
Bonaparte.<br />
▼<br />
Fra passato<br />
e presente<br />
Donne in<br />
abiti moderni<br />
davanti a<br />
un murales<br />
del Museo<br />
archeologico<br />
di Puerto<br />
Ayacucho.<br />
In Venezuela<br />
vivono diversi<br />
gruppi etnici,<br />
fra cui europei,<br />
arabi, neri<br />
e amerindi.<br />
IL VIAGGIO DI HUMBOLDT<br />
Il tragitto di Humboldt e Bonpland alla<br />
ricerca del canale Casiquiare. I due<br />
partirono da Cumaná. La maggior parte<br />
del viaggio fu compiuto su imbarcazioni.<br />
Stendino indio<br />
Panni stesi ad asciugare sulle rocce<br />
a San Fernando de Atabapo, villaggio<br />
che sorge alla confluenza di tre fiumi.<br />
“A” come Amazzonia<br />
La scuola elementare di San Pedro,<br />
sull’Orinoco. Circa il 7% dei venezuelani<br />
non sa né leggere né scrivere.
▼<br />
Al microscopio, Humboldt svelava alle dame lo spettacolo dei loro pidocchi. Per consolarle diceva che erano “pidocchi aristocratici”<br />
● Gli indios? Eccellenti geografi. I due<br />
scienziati salparono da La Coruña (Spagna)<br />
il 5 giugno del 1799 e sbarcarono a Cumanà,<br />
sulla costa nord del Venezuela, cinque settimane<br />
dopo. Qui si fermarono 4 mesi, raccogliendo<br />
esemplari di piante e animali che<br />
poi osservavano al microscopio. Dopo un’ulteriore<br />
tappa a Caracas si sentirono pronti<br />
per affrontare l’interno.<br />
Quando, nell’aprile del 1800, si diressero<br />
verso il Casiquiare, missionari e colonizzatori<br />
avevano già percorso le sue acque e fondato<br />
il villaggio di San Carlos de Rio Negro alla<br />
sua foce. Ma, in Europa, per molti geografi il<br />
canale era un assurdo idrogeologico, frutto<br />
della fantasia dei selvaggi. Era impossibile,<br />
per la scienza ufficiale, che un fiume grande<br />
come l’Orinoco potesse biforcarsi, lontano<br />
dal proprio delta, per originare un canale<br />
che poi sfociava in un altro fiume (il Rio Negro).<br />
Il geografo Philippe Buache aveva addirittura<br />
definito l’ipotesi “un errore geografico<br />
mostruoso”.<br />
Humboldt, invece, credeva ai missionari e<br />
ancor più alla parola degli indios, che, disse,<br />
“sono eccellenti geografi”. A indicargli la<br />
strada, a San Fernando de Apure, fu un frate<br />
cappuccino: “Prendete l’Orinoco sino all’incrocio<br />
col Rio Atabapo” disse.“Risalite il<br />
fiume finché la corrente non vi impedisca di<br />
avanzare. Là, verrete spinti fuori dagli argini<br />
ed entrerete nelle foreste inondate.Vivono in<br />
quelle giungle due monaci che vi forniranno<br />
mezzi per trascinare la canoa, via terra, sino al<br />
Rio Negro. Discendete lungo il fiume: dopo<br />
un giorno, troverete il canale”. Così fecero.<br />
● La terra dei salvajes e dei mosquitos.<br />
Al di là delle grandi rapide dell’Orinoco,<br />
una terra ignota aveva inizio. “Passate le<br />
grandi cataratte”, scrisse Humboldt, “ci si<br />
sente in un mondo nuovo, come se si fossero<br />
superate le barriere che la natura sembra aver<br />
posto fra i paesi civilizzati della costa e il sel-<br />
<strong>Focus</strong> Storia 80<br />
Sul battello della Coca-<br />
Cola, che rifornisce i<br />
villaggi lungo il fiume.<br />
vaggio, sconosciuto entroterra”. Era una terra<br />
di fiaba dove vivevano, si diceva, cannibali,<br />
esseri senza testa e col volto sul ventre, uomini<br />
dal muso di cane e i salvajes, pericolosi<br />
uomini-scimmia. Ma non ci fu bisogno di loro<br />
per rendere rischioso il viaggio. Risalendo<br />
il fiume, gli esploratori incontrarono caimani,<br />
serpenti, ragni velenosi, giaguari, piraña.<br />
Le lunghe ore di navigazione sulla canoa,<br />
larga meno di un metro, non erano facili.<br />
Sole e pioggia flagellavano gli esploratori,<br />
protetti solo in parte dal tettuccio di foglie di<br />
palma che ancora oggi si usa sui bongo, le canoe<br />
tipiche dell’Orinoco. Ma il flagello peggiore<br />
era la plaga (“la piaga”): nugoli di mosche,<br />
moscerini e zanzare, che i viaggiatori<br />
cercavano di scacciare con il fumo, accendendo<br />
falò sulla barca, e da cui si riparavano<br />
come potevano, coprendo corpo e volto con<br />
panni (i mosquitos entravano anche nel naso,<br />
nelle orecchie, negli occhi).<br />
La velocità delle imbarcazioni di oggi, quasi<br />
identiche a quella di Humboldt ma a motore,<br />
impedisce ai mosquitos di raggiungere<br />
i viaggiatori durante la navigazione. Ma nelle<br />
soste, i repellenti non bastano a tenerli<br />
Canotto<br />
gonfiabile<br />
Due bambini<br />
giocano con una<br />
camera d’aria<br />
a Puramane,<br />
villaggio<br />
sull’Orinoco.<br />
▼<br />
Al sicuro<br />
nella cesta<br />
Una donna<br />
trasporta la sua<br />
bambina in una<br />
cesta di behuco,<br />
vicino a San<br />
Fernando de<br />
Atabapo. In<br />
Venezuela le<br />
donne hanno<br />
in genere 2 o 3<br />
figli. È un Paese<br />
giovane: l’età<br />
media della<br />
popolazione è<br />
di soli 25,6 anni.<br />
Panettieri<br />
nella foresta<br />
Una donna<br />
prepara il<br />
cassave, il pane<br />
non lievitato<br />
fatto di farina<br />
di manioca.<br />
Gli esploratori scienziati<br />
partire dal Settecento<br />
A si intrapresero esplorazioni<br />
per scopi scientifici.<br />
Nel 1735 i francesi Pierre<br />
Bouguer e Charles-Marie<br />
de La Condamine andarono<br />
in Perù per misurare l’arco<br />
di meridiano vicino all’equatore<br />
(v. articolo a pag.<br />
26). La Condamine si staccò<br />
poi dal gruppo e discese<br />
il Rio delle Amazzoni, osservando,<br />
fra l’altro, la preparazione<br />
del curaro da parte<br />
degli indios e il caucciù.<br />
Onorato. Nel 1768 il botanico<br />
inglese Joseph Banks<br />
s’imbarcò (a sue spese)<br />
sull’Endeavour di Cook (v.<br />
a pag. 40) e viaggiò 3 anni<br />
per i mari australi catalogando<br />
migliaia di piante,<br />
tra cui quelle del genere<br />
Banksia (in suo onore).<br />
Rana volante. Il naturalista<br />
Henry Bates partì invece<br />
per esplorare l’Amazzonia<br />
nel 1848. Rimase in<br />
Sud America 11 anni,<br />
raccogliendo oltre 14 mila<br />
campioni (soprattutto<br />
insetti), 8 mila dei quali<br />
sconosciuti alla scienza.<br />
Il suo collega e amico<br />
Alfred Wallace viaggiò dal<br />
1854 al 1862 nell’arcipelago<br />
malese, dove scoprì la<br />
“rana volante”, che plana<br />
dagli alberi al suolo.<br />
La celebrità. Ma la spedizione<br />
scientifica più nota fu<br />
il giro del mondo di Charles<br />
Darwin sul Beagle (1831-<br />
36): in base alle osservazioni<br />
effettuate in quel<br />
viaggio, formulò la teoria<br />
dell’evoluzione. (m. f.)<br />
“Gli indiani ci dissero che le foreste abbondano di<br />
una pianta rampicante chiamata behuco de mamures.<br />
Questa specie di liana si usa per fare ceste e tappetini”
▼<br />
Dagli schizzi tracciati da Humboldt nel<br />
viaggio, incisori e artisti ricavarono le<br />
tavole che furono inserite nei suoi trattati<br />
lontani. Così “la piaga”<br />
è ancora l’argomento<br />
di conversazione di<br />
stranieri e abitanti del<br />
luogo. Ci si incontra e<br />
già si chiede: «Come ti<br />
sono parse le zanzare?<br />
A valle è un po’ meglio?».<br />
Humboldt scrisse<br />
che per il prurito non<br />
riusciva a tenere fissi gli<br />
strumenti astronomici,<br />
che gli servivano per<br />
determinare la loro posizione<br />
(v. a pag. 30).<br />
Guardando il cielo, una<br />
notte, un indio gli disse<br />
che pensava fosse meraviglioso<br />
vivere sulla<br />
Luna. Così chiara, limpida: non dovevano<br />
esserci insetti, lassù.<br />
● Alla conquista di anime e corpi. Il 21<br />
aprile Humboldt e Bonpland lasciarono le<br />
acque dell’Orinoco per entrare in quelle, nere<br />
come la Coca-Cola, dell’Atabapo. Furono<br />
ospiti dei missionari di San Fernando de Atabapo,<br />
fondata nel 1756 all’incrocio di tre<br />
grandi fiumi: il Guaviare (che oggi appartiene<br />
alla Colombia), l’Atabapo e l’Orinoco.<br />
Il prete che dirigeva la missione raccontò a<br />
Humboldt dei raid militari che organizzava<br />
“per la conquista delle anime”. Reclutando<br />
gli indios come soldati, i gesuiti rapivano<br />
adolescenti, che venivano distribuiti come<br />
schiavi fra gli indigeni convertiti della missione.<br />
Humboldt, fervente repubblicano, che<br />
riteneva la schiavitù “il male peggiore che<br />
affligga l’umanità”, ne fu sconvolto.<br />
Oggi, molte delle etnie indigene osservate<br />
dall’esploratore sono estinte. Quelle sopravvissute<br />
alle vessazioni, alle malattie portate<br />
dai bianchi e al genocidio operato dai<br />
baroni del caucciù (proprietari terrieri che,<br />
all’inizio dell’800, usarono gli indios come<br />
schiavi per l’estrazione dell’“oro nero d’A-<br />
Una Simia ursina, primate del Sud<br />
America descritto da Humboldt.<br />
mazzonia”) sono ridotte<br />
ad alcune centinaia o<br />
poche migliaia di persone.<br />
Sono gli indios<br />
Curripaco, i Piaroa, i<br />
Baniwa, i Baré, gli Yanomami,<br />
gli Yekuana, i<br />
Guahibo, che cercano<br />
un futuro nel mondo<br />
del secolo XXI.<br />
Humboldt non vide<br />
guerriglia e narcotraffico,<br />
che oggi sono invece<br />
la presenza invisibile<br />
che accompagna il viaggiatore,<br />
e la forza, visibile,<br />
con cui gli indigeni<br />
devono fare i conti: per<br />
sopravvivere nelle selve<br />
di frontiera, gli indios<br />
devono imparare a obbedire alle leggi contrastanti<br />
imposte ora dall’esercito, ora dai<br />
paramilitari, ora dai guerriglieri.<br />
San Fernando è una cittadina di qualche<br />
migliaio di anime, ancora marcata dalla presenza<br />
missionaria. Come ai tempi di Humboldt,<br />
ragazzi e ragazze si separano dalle famiglie<br />
per andare nei collegi. Ma lo fanno<br />
per scelta: vogliono studiare. «La politica dei<br />
missionari è cambiata» spiega l’antropologo<br />
Ramón Iribertegui, un prete spagnolo giunto<br />
in queste terre decenni fa. «Cerchiamo di<br />
fare in modo che la lingua e le tradizioni indigene<br />
non si perdano, fornendo però l’educazione<br />
che gli indios chiedono per affrontare<br />
un mondo che cambia. Forse, però,<br />
siamo arrivati troppo tardi».<br />
● Il fiume che non esisteva. Abbandonata<br />
la missione di San Fernando, Humboldt<br />
e i suoi compagni navigarono lungo l’Atabapo.<br />
Poi, come previsto dal frate cappuccino,<br />
si inoltrarono nella foresta inondata lungo<br />
fiumi minori, il Temi e il Tuamini, sino a<br />
giungere alla missione di Yavita, dove incontrarono<br />
i monaci che li avrebbero aiutati.<br />
Gli insetti diedero tregua ai viaggiatori,<br />
Specialità<br />
del luogo<br />
Caimano fatto a<br />
pezzi, catturato<br />
sul Casiquiare:<br />
finirà in zuppa.<br />
Rivivete l’avventura dei nostri inviati<br />
attraverso i loro diari e le loro foto su:<br />
www. .it/esplorazioni<br />
perché i fiumi di acque nere, che sorgono<br />
da montagne dilavate da milioni di anni di<br />
erosione, sono poveri di nutrienti e inadatti<br />
allo sviluppo delle larve. I fiumi “bianchi”<br />
invece, come l’Orinoco, sgorgano da terre<br />
giovani: sono argillosi e ricchi di sostanze<br />
nutritive, un vero banchetto per le zanzare.<br />
Humboldt e Bonpland si fermarono alcuni<br />
giorni a Yavita, mentre gli indios abbattevano<br />
alberi da usare come carrelli per trasportare<br />
la canoa nella selva. Finalmente, il 6<br />
maggio 1800, arrivarono nel Rio Negro e,<br />
navigando verso sud, il giorno seguente vi-<br />
Effetto<br />
missione<br />
Un poster con la<br />
Madonna affisso<br />
nel collegio<br />
di Esmeralda.<br />
“Dissero: il tuo Dio vive rinchiuso in una casa, come<br />
se fosse vecchio e malato, il nostro è nella giungla,<br />
nei campi, nelle montagne da cui viene la pioggia”<br />
dero le sue acque scure confondersi con<br />
quelle chiare del Casiquiare, il fiume che per<br />
molti non poteva esistere.<br />
Troppo stanchi per effettuare subito le misurazioni<br />
della posizione geografica, proseguirono<br />
verso il villaggio di San Carlos, dove<br />
si fermarono tre giorni. Erano vicini, come<br />
scrisse Humboldt, “all’obiettivo più importante<br />
del viaggio: determinare le coordinate di<br />
quel braccio di Orinoco che cade nel Rio Negro,<br />
l’esistenza del quale è stata ora affermata,<br />
ora negata”.<br />
San Carlos de Rio Negro è, oggi come allora,<br />
una triste cittadina di frontiera. C’è un<br />
ristorante-birreria, una pista d’atterraggio<br />
in terra battuta che i bambini usano per far<br />
volare gli aquiloni e una casa che è anche negozio<br />
(“Vendesi ghiaccioli e cemento. Si<br />
compra oro”, recita il cartello sulla porta)<br />
nonché posto telefonico pubblico. Sull’altro<br />
lato del fiume c’è San Felipe, piccolo villaggio<br />
colombiano di commercianti e pescatori,<br />
senza polizia né politici: da tempo è in mano<br />
alle Farc, il maggiore gruppo guerrigliero colombiano.<br />
● Missione compiuta. Il 10 maggio Humboldt<br />
e Bonpland si prepararono a imboc-<br />
▼<br />
Le rughe<br />
del tempo<br />
Un’anziana<br />
india a<br />
Lau-Lau, sul<br />
fiume Orinoco.<br />
Il Venezuela ha<br />
25 milioni di<br />
abitanti. Il 96%<br />
è di confessione<br />
cattolica, il 2%<br />
è protestante<br />
e il restante<br />
2% professa<br />
altre religioni.<br />
Vivere<br />
sull’acqua<br />
Un bambino<br />
corre verso<br />
l’Orinoco.<br />
In basso, le<br />
prue di due<br />
canoe usate<br />
dagli indios.<br />
In Venezuela ci<br />
sono 7.100 km<br />
di vie navigabili<br />
d’acqua dolce,<br />
ma solo 682 km<br />
di ferrovie.<br />
<strong>Focus</strong> Storia 83
▼<br />
Mentre erano accampati lungo il canale<br />
Casiquiare, i viaggiatori persero il loro<br />
“amato mastino”, sbranato da un giaguaro<br />
care il Casiquiare. Ma li aspettava una pessima<br />
sorpresa. “Scoppiammo quasi in lacrime”<br />
scrisse Humboldt “quando aprimmo le<br />
nostre casse per le piante”. L’umidità aveva<br />
distrutto oltre un terzo dei campioni. Inoltre,<br />
le nubi nascondevano le stelle da giorni e<br />
impedivano di misurare le coordinate del<br />
Casiquiare. Era la catastrofe.Valeva la pena<br />
aspettare, a rischio di perdere ogni campione?<br />
O dovevano rinunciare a determinare la<br />
<strong>Focus</strong> Storia 84<br />
posizione del canale e tornare indietro lungo<br />
il cammino già percorso? Humboldt decise<br />
che desistere “per paura del cielo nuvoloso e<br />
dei mosquitos” era una vergogna, e la canoa<br />
riprese il proprio corso. Ne valse la pena. Il<br />
giorno dopo ormeggiarono a pochi chilometri<br />
dalla foce del Casiquiare. Il tempo stava<br />
migliorando e, calata la notte, complici la<br />
costellazione della Croce del Sud e quella<br />
del Centauro, Humboldt riuscì a misurarne<br />
Bambini yanomami con il loro animale<br />
domestico: un piccolo di scimmia cebo.<br />
Sull’amaca, intorno al fuoco<br />
Interno di una capanna yanomami nel<br />
villaggio di Wirionawa. Le abitazioni<br />
mantengono la struttura tradizionale.<br />
latitudine (2° 0' nord) e longitudine (69° 33'<br />
ovest, sbagliando di oltre 2 gradi!).<br />
● Una previsione sbagliata. Il resto del<br />
viaggio fu a tappe forzate. Risalendo il Casiquiare<br />
incontrarono un prete che viveva lì da<br />
vent’anni, in compagnia dei mosquitos. Le<br />
sue gambe “erano tanto massacrate dagli insetti<br />
che quasi non si intravedeva il colore<br />
originale della pelle”.<br />
▼<br />
Rito per<br />
soli uomini<br />
Lo sciamano del<br />
villaggio sotto<br />
l’effetto della<br />
yãkõana, un<br />
allucinogeno.<br />
“La solitudine di queste regioni è così profonda che,<br />
da Carichana a Yavita e da Esmeralda a San Fernando<br />
de Atabapo, abbiamo incontrato un’unica barca”<br />
ELDORADO L’Amazzonia che punì l’avidità<br />
I conquistadores<br />
continuarono<br />
a esplorare la<br />
foresta in cerca<br />
delle ricchezze<br />
del mitico El<br />
Dorado. Non<br />
le trovarono,<br />
e le spedizioni<br />
finirono spesso<br />
in catastrofe.<br />
Nel 1541 Gonzalo Pizarro, fratellastro<br />
del conquistador Francisco<br />
e governatore di Quito (Ecuador),<br />
partì alla ricerca di spezie e del<br />
mitico El Dorado, che si credeva esistesse<br />
al di là delle Ande. Portò con<br />
sé 220 cavalieri, 4 mila schiavi indigeni,<br />
migliaia di lama, porci e cani<br />
addestrati per sbranare gli indios.<br />
Soldati arrugginiti. Già nei primi<br />
15 giorni sulle Ande morirono<br />
100 indigeni. Nella foresta, armi e<br />
corazze arrugginirono e i cavalli e i<br />
lama si bloccarono nel fango. Pizarro<br />
decise di continuare con solo 80<br />
Una scena dal film “Aguirre, furore di Dio” (1972).<br />
uomini.Vagarono nella foresta e costruirono<br />
un brigantino per discendere<br />
i fiumi. Dieci mesi dopo il cibo<br />
era finito e tutti gli schiavi erano<br />
morti. Francisco Orellana, generale<br />
di grande esperienza che si era unito<br />
alla spedizione, si offrì di andare<br />
in avanscoperta. Ma non tornò.<br />
Le terribili Amazzoni. Con 56<br />
soldati e il frate domenicano Gaspar<br />
de Carvajal, Orellana discese<br />
il Napo in direzione sud-est. Nel febbraio<br />
del 1542 entrò in un fiume colossale<br />
che scorreva verso est. Seguendone<br />
il corso, il gruppo fu attaccato<br />
più volte dagli indios. Carvajal<br />
fu colpito a un’anca e una freccia gli<br />
trapassò un occhio. Si salvò e, nel<br />
fantasioso racconto del viaggio che<br />
scrisse al rientro, raccontò che gli indiani<br />
erano sudditi di donne guerriere<br />
“nude, bianche e grandi, e con<br />
capelli lunghissimi” che lottavano<br />
“ognuna con la forza di dieci indiani”.<br />
Il grande fiume, che fino ad allora<br />
si chiamava Marañón, stava per<br />
diventare il “Rio grande de las Ama-<br />
Paesaggi di<br />
luci e ombre<br />
Le sponde<br />
dell’Orinoco<br />
vicino a<br />
Esmeralda.<br />
La principale<br />
risorsa del<br />
Venezuela è il<br />
petrolio, che<br />
fornisce circa<br />
un terzo del Pil.<br />
Lo sfruttamento<br />
dei giacimenti<br />
minaccia però<br />
la foresta.<br />
zonas”, il Rio delle Amazzoni. Percorrendolo<br />
fino alla foce, gli esploratori<br />
raggiunsero il mare in agosto.<br />
Un inferno verde. Nel febbraio<br />
del 1559 anche Pedro de Ursúa partì<br />
da Lima (Perù) con 300 soldati in<br />
cerca dell’El Dorado. Fu ucciso due<br />
anni dopo, in un ammutinamento<br />
organizzato dall’ufficiale Fernando<br />
Guzmán e dal soldato Lope De<br />
Aguirre, che presero il comando.<br />
Quest’ultimo poi assassinò anche<br />
Guzmán e si mise a capo della spedizione.Viaggiò<br />
dieci mesi nella selva<br />
su un fiume “grande e spaventoso”,<br />
dove non c’era “altro da fare<br />
che disperarsi” (forse era l’Orinoco).<br />
Arrivò infine nel mar dei Caraibi,<br />
dove inviò una lettera al re di<br />
Spagna autoproclamandosi monarca<br />
delle selve. Raggiunto dalle truppe<br />
governative, Aguirre, primo imperatore<br />
d’Amazzonia, morì dopo<br />
aver ucciso a coltellate la propria figlia<br />
per impedire che fosse catturata.<br />
L’Amazzonia, dissero molti, è un<br />
inferno verde che rende pazzi. ■<br />
<strong>Focus</strong> Storia 85
▼<br />
Anziano, Humboldt<br />
scrisse la sua opera<br />
capitale, Kosmos,<br />
sulla profonda<br />
unità della natura<br />
Il canale era un corso d’acqua deserto fra<br />
due muri compatti di foresta, e con pochissimi<br />
approdi. Humboldt pensava che in futuro<br />
le merci avrebbero viaggiato dal Perù ai<br />
Caraibi grazie a quel fiume che, verso la foce<br />
sul Rio Negro, è largo oltre 500 metri. E<br />
che le cittadine sull’Orinoco sarebbero diventate<br />
grandi porti commerciali. La profezia<br />
non si avverò. Oggi sul Casiquiare passano<br />
soltanto i pochi battelli che riforniscono<br />
San Carlos di Coca-Cola e carne, e le imbarcazioni<br />
che contrabbandano benzina<br />
venezuelana, droga colombiana e oro. Per<br />
il resto, si possono passare giorni senza vedere<br />
nessuno.<br />
Il 21 maggio Humboldt e Bonpland videro<br />
le acque del canale aprirsi su un fiume<br />
immenso: erano di nuovo sull’Orinoco. Lo risalirono<br />
per pochi chilometri sino al villaggio<br />
di Esmeralda, tanto infestato dagli insetti<br />
che i missionari con qualche peccato da scontare<br />
venivano spediti qui in punizione.<br />
Oggi Esmeralda è un aeroporto con un<br />
paesino attorno, abitato da meticci e indios<br />
Yekuana. Ma la pista d’atterraggio, si vantano<br />
qui «è la più ricca del mondo», perché<br />
l’asfalto posa direttamente su un letto di migliaia<br />
di cristalli di quarzo. Un conquistador<br />
ingenuo pensò che fossero diamanti e smeraldi,<br />
e diede al villaggio il nome sbagliato<br />
che gli è rimasto. Nel collegio salesiano, indios<br />
di diverse etnie studiano assieme per<br />
poi tornare ai propri villaggi come maestri di<br />
scuola.All’orizzonte si staglia il monte Duida,<br />
un antichissimo tavoliere di arenaria quasi<br />
inesplorato. E nelle foreste a valle della<br />
cittadina sorge una base scientifica internazionale,<br />
abbandonata da alcuni anni per<br />
mancanza di fondi. Si chiamava Base Humboldt.<br />
● Il popolo della foresta. Humboldt, instancabile,<br />
fu tentato di risalire l’Orinoco in<br />
I gioielli<br />
della selva<br />
Donne<br />
yanomami<br />
impastano<br />
la farina<br />
di manioca.<br />
Fin da bambine<br />
si perforano il<br />
labbro inferiore<br />
con stecchini<br />
di legno. Da<br />
adolescenti,<br />
forano il naso<br />
e inseriscono<br />
cilindri di legno<br />
nei lobi.<br />
Spedizione scientifica: gli indios trasportano un anaconda.<br />
“Questi indigeni coltivano banane e manioca,<br />
ma non il mais. La manioca, trasformata<br />
in sottili focacce, è il pane di questo Paese”<br />
cerca delle sorgenti. Ma ebbe paura delle<br />
frecce al curaro di piccoli guerrieri dalla pelle<br />
bianca, all’epoca quasi sconosciuti, che venivano<br />
chiamati Waika. Sono gli Yanomami,<br />
una delle ultime grandi nazioni indigene<br />
sopravvissute alla conquista. Orgogliosi, coraggiosi<br />
difensori delle proprie terre (le fittissime<br />
foreste fra Venezuela e Brasile), gli<br />
Yanomami, che oggi<br />
sono oltre 20 mila, resistettero<br />
ai conquistadores<br />
e ai missionari<br />
(le sorgenti dell’Orinoco<br />
furono esplorate<br />
dai bianchi solo pochi<br />
decenni fa). Conoscono<br />
le città dei napëpë<br />
(“i nemici, gli estranei”:<br />
cioè i bianchi).<br />
Conoscono vestiti,<br />
scarpe, fucili, motori,<br />
machete; ma usano<br />
anche gli archi e le pitture corporali, un’usanza<br />
che i missionari evangelici cercano di<br />
contrastare perché, insegnano «il nostro corpo<br />
è il tempio del Signore; insozzarlo è<br />
omaggio a Satana». Gli sciamani producono<br />
ancora il micidiale curaro, che aveva tanto<br />
spaventato Humboldt, e parlano con gli spiriti<br />
della foresta sotto l’effetto della polvere<br />
allucinogena che chiamano yãkõana. Vivono<br />
ancora in comunità dove non esistono il denaro<br />
né le prigioni inventate dai bianchi.<br />
Nonostante la fama di feroci guerrieri li<br />
accompagni tuttora, i cercatori d’oro invadono<br />
a centinaia la loro selva, portando alcolismo,<br />
pallottole e malattie veneree. Nel<br />
1993 un gruppo di brasiliani penetrò nel villaggio<br />
di Haximu, nell’Alto Orinoco. Uccisero<br />
a colpi di pistola e machete tutti gli indios<br />
che trovarono, compresi i bambini. Per<br />
questo, il governo venezuelano tenta di far sì<br />
che, come ai tempi di Humboldt, Esmeralda<br />
sia l’ultimo punto cui si possa arrivare facil-<br />
mente risalendo l’Orinoco:<br />
non si può entrare nelle terre<br />
degli Yanomami senza un<br />
permesso speciale.<br />
● Dalla Terra alla Luna. I<br />
due scienziati uscirono dalla<br />
selva estenuati e malati di<br />
una febbre violenta e debilitante,<br />
che quasi uccise Bonpland. Ma non si<br />
fermarono. In 4 anni attraversarono paludi e<br />
scalarono vulcani, esplorarono foreste e deserti<br />
in Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù,<br />
Messico, Cuba, Stati Uniti. Il 3 agosto del<br />
1804 fecero infine ritorno in Francia.<br />
Bonpland tornava con un bottino di migliaia<br />
di piante tropicali, molte delle quali<br />
sconosciute. Humboldt con quintali di carte.<br />
Aveva studiato le linee isoterme e i pesci<br />
elettrici d’Amazzonia, le tempeste magnetiche<br />
e le proprietà fertilizzanti del guano, le<br />
correnti oceaniche e i temporali tropicali, il<br />
SAPERNE DI PIÙ<br />
Personal narrative of a<br />
journey to the equinoctial<br />
regions of the new continent,<br />
Alexander von Humboldt<br />
(Penguin). In inglese.<br />
vulcanismo e la periodicità<br />
delle piogge di meteore.<br />
Nel 1808 si stabilì a Parigi<br />
per pubblicare, a sue spese,<br />
l’immensa mole di dati. Divennefamosissimo.Vezzeggiato<br />
dai monarchi, si vide<br />
offrire cariche diplomatiche,<br />
accademiche, politiche. I più<br />
importanti intellettuali dell’epoca si dichiararono<br />
suoi ammiratori entusiasti. Goethe<br />
scrisse: “In un’ora con lui, si impara quanto in<br />
otto giorni sui libri”. Il patriota venezuelano<br />
Simón Bolívar dichiarò che era “il vero scopritore<br />
del Sud America”. Charles Darwin<br />
(v. riquadro a pag. 81) si imbarcò sul Beagle<br />
con i libri di Humboldt in valigia: “Se prima<br />
lo ammiravo” disse poi “ora quasi lo adoro”.<br />
Oggi, la fama di Alexander von Humboldt<br />
è quasi svanita, ma la sua impronta resta indelebile.<br />
Portano il suo nome istituti e fondazioni<br />
di ricerca. Solo nel Nord America<br />
Laboratorio senza finanziamenti<br />
Sotto, la foresta si riappropria degli edifici della<br />
Base scientifica “Humboldt”, vicino a Esmeralda,<br />
ormai abbandonata per mancanza di fondi.<br />
esistono tre contee, una dozzina di città e<br />
una decina fra laghi, fiumi e baie che si chiamano<br />
Humboldt. Ma sparsi per il mondo<br />
sono dedicati a lui animali, ghiacciai, correnti<br />
marine, montagne e parchi nazionali.<br />
Persino sulla Luna, lontano dai mosquitos,<br />
esiste un Mare Humboldtianum. ❏<br />
Il viaggio in Venezuela<br />
è stato realizzato con<br />
il contributo e l’organizzazione<br />
di Kel12 (www.kel12.com),<br />
specialista in viaggi di approfondimento,<br />
fuori dalle rotte turistiche abituali.<br />
Il racconto del viaggio,<br />
dalla viva voce dei nostri<br />
inviati, nello spazio dedicato<br />
a <strong>Focus</strong> Storia dal<br />
programma ApertaMente:<br />
www.radio24.ilsole24ore.com/ApertaMente<br />
<strong>Focus</strong> Storia 87