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Bozza (27 marzo) - Tullio e Vladimir Clementi

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IL TEMPO E LA MEMORIA - IL LAVORO<br />

1<br />

Collana diretta da <strong>Tullio</strong> <strong>Clementi</strong> e Mimmo Franzinelli<br />

Cgil e Cisl Valcamonica-Sebino – Circolo culturale Ghislandi<br />

1


Si ringraziano per le fotografie:<br />

Gianfranco Avanzini, Cesare Bazzana,<br />

Ciccone, <strong>Tullio</strong> <strong>Clementi</strong>, Angelo<br />

Danesi, Giuseppe Fontana.<br />

2


<strong>Tullio</strong> <strong>Clementi</strong> - Luigi Mastaglia<br />

FFFFFor or or orno orno<br />

no no no Allione Allione Allione Allione Allione<br />

LA GRAFITE E LE CENERI<br />

prefazione di Mimmo Franzinelli<br />

postfazione di Roberto Ravelli Damioli e Domenico Ghirardi<br />

3


Prefazione ............................................................................................................................................................................... pag. 7<br />

Premessa degli autori ......................................................................................................................................pag. 19<br />

Cronologia (1928 - 1941) ......................................................................................................................pag. 23<br />

La ripresa postbellica ......................................................................................................................................pag. <strong>27</strong><br />

Gli anni Sessanta ......................................................................................................................................................pag. 32<br />

Il Sessantotto e lo Statuto dei lavoratori .........................................................................pag. 36<br />

L’impegno politico ...............................................................................................................................................pag. 44<br />

Dal Comitato intercategoriale al Consiglio di zona ........................................pag. 46<br />

Una rappresentanza sindacale diffusa ...................................................................................pag. 51<br />

1975: il presidio della fabbrica ......................................................................................................pag. 52<br />

La programmazione territoriale .....................................................................................................pag. 60<br />

Un inceneritore... sospetto .....................................................................................................................pag. 63<br />

1981, nasce il comprensorio sindacale ............................................................................pag. 67<br />

La crisi dell’acciaio ............................................................................................................................................pag. 68<br />

La sindrome del “Titanic” .........................................................................................................................pag. 70<br />

Decadenza e cinismo ........................................................................................................................................pag. 74<br />

Le ceneri ...............................................................................................................................................................................pag. 77<br />

Sindacato e familiari come “parte civile” ......................................................................pag. 81<br />

Epilogo .....................................................................................................................................................................................pag. 84<br />

Valorizzare l’esperienza e conservare la memoria .........................................pag. 87<br />

Testimonianze ...............................................................................................................................................................pag. 91<br />

Postfazione ...................................................................................................................................................................pag. 119<br />

Appendice (testi contrattuali ecc.) ....................................................................................... pag. 123<br />

Memoria sulla discarica ......................................................................................................................... pag. 133<br />

5


PREFAZIONE<br />

di Mimmo Franzinelli<br />

Scrivere la storia di una fabbrica è una sfida difficile, poiché è necessario<br />

considerare – oltre alla dimensione produttiva – diversi altri fattori, interni ed<br />

esterni, di carattere sociale e ambientale. Si deve ripercorrere la storia di chi in<br />

quella azienda lavorò e al tempo stesso bisogna addentrarsi nelle vicende del<br />

territorio che – dagli aspetti ambientali a quelli socio-economici – fu influenzato<br />

dalle attività produttive sviluppate in quel determinato stabilimento. Se, nello<br />

specifico, l’azienda è l’Elettrografite-UCAR, lo studio diventa ancora più<br />

complesso e avvincente in quanto coinvolge le strategie economico-finanziarie<br />

di una multinazionale, riguarda una piccola isola industriale in una zona refrattaria<br />

ad attività imprenditoriali, evidenzia una figura professionale del tutto<br />

particolare (l’operaio-contadino) sconosciuta nei grandi centri urbani, illumina<br />

un’esperienza sindacale fortemente partecipata e nella quale i fattori interpersonali<br />

hanno probabilmente contato più che le appartenenze ideologiche.<br />

Quando infine l’indagine riguarda una fabbrica smobilitata, entrano in campo<br />

una molteplicità di fattori difficilmente ponderabili, che vanno dal rimpianto alla<br />

nostalgia alla rabbia sia per la chiusura dell’attività sia per il modo nel quale<br />

essa si è determinata.<br />

Forno d’Allione ha alle spalle tradizioni lavorative di tutto rispetto. Il territorio<br />

alla confluenza del torrente Allione nel fiume Oglio è stato all’avanguardia della<br />

protoindustrializzazione, grazie a un insieme di fattori ottimali quali la disponibilità<br />

di metalli estratti dalle montagne sovrastanti Paisco-Loveno, la presenza in loco<br />

di un dinamico artigianato del ferro, l’attivazione di arcaici ma efficaci forni a<br />

legna, l’abbondante disponibilità di risorse idriche e di manodopera. A inizio<br />

Ottocento i fratelli Simoncini (che, insieme ai loro parenti Panzerini, costituivano<br />

l’aristocrazia cedegolese) si accordarono con l’imprenditore di Edolo Pietro<br />

Franzoni per la costruzione di un moderno forno fusorio di legna, entrato in<br />

funzione nel 1808 e gestito per circa un trentennio dalla ditta Simoncini-Panzerini,<br />

finché l’impianto fu rilevato da Giovanni Andrea Gregorini (1819-1878).<br />

Originario di Vezza d’Oglio e artefice dello sviluppo industriale del loverese,<br />

7


Gregorini può essere considerato – e non soltanto in ordine di tempo – il primo<br />

imprenditore camuno dell’epoca moderna. Una figura di estremo rilievo, ancora<br />

in attesa di un’adeguata valorizzazione storico-biografica.<br />

Il forno fusorio valligiano produceva – a seconda delle richieste del mercato –<br />

cannoni di ghisa, proiettili di grosso calibro o attrezzi per il lavoro agricolo.<br />

Verso la metà del secolo XIX, quando la rivoluzione industriale non si era<br />

ancora sviluppata nella penisola, i prodotti di Forno d’Allione erano rinomati per<br />

l’ottima resa qualitativa. Le grandi dinamiche produttive determinarono il tramonto<br />

della fase artigianale e l’introduzione di tecniche sofisticate, che nell’ultimo<br />

ventennio dell’Ottocento emarginarono e poi cacciarono dal mercato le<br />

fucine della Valcamonica, inclusa quella di Forno. Gli ultimi fuochi si spensero e<br />

la disoccupazione si estese, con la via obbligata dell’emigrazione per tante<br />

persone che non potevano essere riassorbite dalla stentata economia agro-silvopastorale.<br />

La scoperta dell’energia idroelettrica determinò a inizio del nuovo secolo una<br />

ripresa produttiva, grazie alla costruzione di una centrale alimentata con le acque<br />

dell’Allione. Il protagonista di questa fase fu Attilio Franchi (1860-1939), che<br />

sfruttando la forte domanda proveniente dalle esigenze belliche diede impulso ad<br />

una serie di attività imprenditoriali elettrosiderurgiche in provincia di Brescia,<br />

attraverso la Società anonima alti forni, fonderie, acciaierie e ferriere Franchi-<br />

Gregorini. La grande guerra rappresentò la migliore occasione per l’imprenditore<br />

bresciano di rilanciare la propria attività, producendo nello stabilimento di<br />

Forno Allione acciaio utilizzato per la costruzione di carri armati e di proiettili.<br />

La storia si ripeteva, poiché sino a metà Ottocento le fucine sulla riva<br />

dell’Allione avevano sfornato bombe per l’esercito austriaco: la principale<br />

modifica consisteva nell’identità del committente, un dato politico, dunque. Il<br />

triennio 1916-18 si rivelò decisivo per il potenziamento delle strutture industriali,<br />

con una produzione iniziale di ventimila tonnellate annue. La fine della guerra fece<br />

crollare la domanda di acciaio e innescò una profonda crisi di riconversione<br />

industriale che, mentre penalizzò fortemente lo stabilimento siderurgico, valorizzò<br />

le due centrali elettriche di Forno e di Paisco, scorporate dalla Franchi-<br />

Gregorini nella nuova Società idroelettrica dell’Allione.<br />

8


Nel 1930 l’ILVA assorbì lo stabilimento di Forno, con l’obiettivo di smantellare<br />

l’acciaieria e di trasferirne le strutture a Castro (Lovere).<br />

Chiusa la lavorazione del metallo si preparava una nuova fase economica, che<br />

sarebbe durata un sessantennio, dall’inizio degli anni Trenta all’inizio degli anni<br />

Novanta. A fungere da elemento di raccordo tra la produzione siderurgica e quella<br />

di elettrodi grafitati fu il già citato Attilio Franchi, azionista di maggioranza della<br />

Società anonima Elettrografite di Marone, da lui costituita nel 1926 per la produzione<br />

e la messa in commercio di elettrodi. Gli alti costi energetici suggerirono di lì<br />

a un biennio il trasferimento dell’attività dalla sponda bresciana del lago d’Iseo alla<br />

media Valcamonica: il 3 dicembre 1928 l’assemblea degli azionisti mutò la denominazione<br />

sociale in Società anonima Elettrografite di Forno Allione. Con notevole<br />

rapidità, nel volgere di sei mesi lo stabilimento entrava in produzione con una<br />

quantità media mensile – per la seconda parte del 1929 – di 50 tonnellate,<br />

equivalenti a un quinto del fabbisogno nazionale di elettrodi per altoforno.<br />

Le rosee previsioni si scontrarono con un quadro generale negativo. Nell’ottobre<br />

1929 il crollo della borsa di New York innescò una gravissima crisi<br />

economica che avrebbe messo in ginocchio l’economia mondiale. L’anno successivo<br />

gli effetti della recessione si avvertirono anche in Italia e, nel contesto di<br />

ridimensionamento dell’attività industriale, il prezzo degli elettrodi si abbassò di<br />

molto – per la legge della domanda e dell’offerta – compromettendo le prospettive<br />

di sviluppo dell’azienda di Forno Allione. Nel giugno 1931 Franchi cedette<br />

la fabbrica alla Acheson Graphite Corporation di New York, la multinazionale<br />

che dominava il mercato mondiale del settore. Ne conseguirono l’aumento del<br />

capitale sociale e l’introduzione di migliorie nel processo produttivo, col risultato<br />

di consolidare la posizione dello stabilimento di Forno Allione, l’unico impianto<br />

italiano del colosso statunitense. Alla fine degli anni Trenta il numero dei dipendenti<br />

era salito a 280.<br />

Nel 1939-40 le ripercussioni della guerra mondiale furono di duplice natura:<br />

da un lato accrebbero il rilievo strategico della fabbrica, nel quadro dello sforzo<br />

per il riarmo; dall’altro posero delicati problemi relativamente alla proprietà dello<br />

stabilimento, per l’insostenibilità di una situazione in cui un’azienda italiana<br />

appartenesse ai «plutocrati» di una nazione avversaria. Nell’inverno 1941-42,<br />

9


all’indomani della dichiarazione di guerra agli USA, lo stabilimento venne sequestrato<br />

e gli amministratori americani (Lavene e Willliamson) furono sostituiti da<br />

un delegato del ministero delle Corporazioni, un “sindacatore” che si affiancò<br />

agli altri membri del consiglio d’amministrazione rimasti in carica. A dispetto<br />

delle apparenze, nei tempi lunghi l’estromissione non avrebbe comportato una<br />

effettiva lesione dei diritti della proprietà, in quanto – ai fini pratici – i gestori<br />

italiani si considerarono dei “curatori” della multinazionale, pronti a passare la<br />

mano non appena la situazione internazionale lo avrebbe permesso. Non è<br />

quindi un caso che i bombardamenti aerei abbiano sostanzialmente risparmiato<br />

l’azienda di Forno Allione; l’eventuale distruzione dello stabilimento avrebbe<br />

infatti provocato un serio danno economico per la potente Corporation d’oltreoceano.<br />

D’altronde, costituitasi la Repubblica sociale italiana, il governo di Salò<br />

considerò lo stabilimento una “azienda nemica”, confermandone il sequestro e<br />

sostituendo il sequestratario (ritenuto un filobadogliano) con una persona maggiormente<br />

affidabile sul piano politico.<br />

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, col dissolvimento dell’esercito<br />

italiano e l’occupazione tedesca della penisola, la fabbrica venne presidiata da<br />

reparti germanici e nelle sua adiacenze si allestì un autoparco per la riparazione<br />

dei mezzi di trasporto militari. Un reparto speciale antisabotaggio vigilava sulla<br />

sicurezza degli impianti, scongiurando incursioni dei partigiani. In effetti nell’autunno<br />

1944 elementi della 54 a Brigata “Garibaldi” tentarono di danneggiare i<br />

trasformatori, dando esecuzione alla direttiva ricevuta dal Comitato di liberazione<br />

nazionale dell’Alta Italia. La riuscita dell’attentato avrebbe fermato la produzione<br />

e costretto alla disoccupazione una parte delle maestranze, cosicché – a<br />

quanto pare – si verificò una specie di gioco delle parti: la direzione aziendale<br />

versò sottobanco un contributo economico ai garibaldini, i partigiani posizionarono<br />

la dinamite (dimostrando così al CLNAI di avere ottemperato all’indicazione<br />

ricevuta) e un paio di operai scoprirono l’esplosivo giusto in tempo utile al<br />

disinnesco della carica.<br />

Cessata la guerra, gli statunitensi ritornarono ad esercitare le prerogative<br />

della proprietà; nel riprendere le loro funzioni Lavene e Willliamson si complimentarono<br />

con gli amministratori italiani per il modo in cui essi avevano «curato<br />

10


gli affari della Società durante la loro assenza». La ricostruzione postbellica di<br />

un’Europa semidistrutta dai bombardamenti richiedeva, tra gli altri elementi, una<br />

cospicua produzione di elettrodi grafitati, ragione per cui l’impianto di Forno<br />

Allione incrementò notevolmente l’attività e i profitti: il bilancio del 1945 accertò<br />

un utile superiore di ben tre volte rispetto a quello realizzato l’anno precedente.<br />

Nella seconda metà degli anni Quaranta si attuò un significativa estensione<br />

delle strutture produttive, con la costruzione dell’impianto di trafilatura, l’installazione<br />

di moderni di forni di cottura e di grafitazione. In tal modo la capacità<br />

produttiva saliva per il reparto grafitazione a 7.500 tonnellate e per il reparto<br />

cottura a 6.000 tonnellate. Il periodo di maggiore incremento si ebbe dal 1954 al<br />

1960, col raddoppio della capacità produttiva e il raggiungimento di livelli record<br />

sul piano occupazionale: 560 operai e 102 impiegati. Il punto di massima<br />

espansione venne toccato nel 1963, con ben 905 dipendenti.<br />

Sulle vicende del secondo dopoguerra si diffondono due volumi cui il lettore<br />

interessato potrà attingere utilmente: la Storia dell’insediamento industriale di<br />

Forno Allione di Francesco Gino Frattini (edita nel 1993 dalla Biblioteca civica<br />

di Cedegolo) e Forno Allione e dintorni di Teofilo Bertoli (1998, per questa<br />

stessa collana). Due pubblicazioni postume, da intendersi come un lascito ideale<br />

da parte dei loro autori, due volumi che s’integrano armonicamente in quanto<br />

Frattini e Bertoli lavorarono a lungo in quello stabilimento – l’uno come impiegato,<br />

l’altro come operaio, l’uno animato da una forte fede cattolica e l’altro<br />

sostenuto da una non meno salda convinzione comunista – e rappresentarono un<br />

punto di riferimento per tanti loro colleghi. Quei due testi esprimono un reale<br />

attaccamento alle esperienze umane e produttive di Forno Allione, ne delineano<br />

momenti e aspetti che hanno segnato la vita di quello stabilimento. L’itinerario<br />

professionale di Bertoli e di Frattini è quello di due personalità significative della<br />

generazione di camuni che, antifascista per istinto, trovò nel movimento resistenziale<br />

l’approdo logico e anche dopo la liberazione continuò a portare dentro di<br />

sé gli ideali di una società più equa.<br />

Il ripristino della democrazia si tradusse, dentro la fabbrica, nella ripresa<br />

dell’attività sindacale, con modalità piuttosto particolari, a partire dalla netta<br />

distinzione tra impiegati e operai, divisi da una barriera di incomunicabilità che<br />

11


trovava la più evidente forma di visibilità nella presenza di due diverse mense<br />

nonché nell’atteggiamento contrapposto dinanzi agli scioperi, con la massiccia<br />

adesione operaia fronteggiata da un’esigua partecipazione impiegatizia. Gli impiegati<br />

non erano per nulla propensi ad iniziative che li avrebbero posti in cattiva<br />

luce agli occhi alla direzione aziendale, cui essi si sentivano affini per sensibilità e<br />

per comunanza di interessi. Tranne limitate eccezioni, esisteva tra le due categorie<br />

di lavoratori una distanza abissale, al limite dell’incomunicabilità.<br />

Nello stabilimento di Forno Allione non si trovava la figura professionale del<br />

“proletario” ma piuttosto l’ibrida figura dell’”operaio-contadino”, entrato in<br />

fabbrica con una mentalità di piccolo lavoratore dei campi e persistentemente<br />

ancorato al retroterra agricolo, anche attraverso i canali familiari di un parentado<br />

esteso. Le ferie venivano per lo più destinate alla coltivazione dei campi e alla<br />

cura del bestiame.<br />

Dopo una breve esperienza sindacale unitaria (1945-48) la problematica<br />

situazione socio-politica, con le ripercussioni della guerra fredda ingaggiata tra<br />

blocco capitalista e blocco socialista, determinò pesanti contraccolpi anche<br />

dentro le fabbriche, rendendo impossibile la collaborazione tra organizzazioni<br />

di differente ispirazione ideale. Come in ogni centro industriale, pure a Forno<br />

Allione le maestranze di orientamento socialista e comunista aderirono alla<br />

CGIL, mentre il personale filodemocristiano s’iscrisse alla CISL; il tentativo di<br />

costituire un terzo raggruppamento - UIL - non sortì esiti apprezzabili e si<br />

spense in un baleno. Le mobilitazioni sindacali ottennero rinnovi contrattuali<br />

nel complesso di buon livello, che resero particolarmente ambito il posto di<br />

lavoro all’Elettrografite. La maggiore peculiarità del microcosmo sindacale di<br />

Forno Allione è stata la preponderanza dell’elemento locale rispetto al dato<br />

generale, ovvero il rilievo dei rapporti interpersonali e del dato comune di<br />

appartenenza alla stessa fabbrica rispetto al fattore politico-ideologico generale.<br />

Ciò si rese tanto più evidente nei momenti di maggiore crisi, quando il<br />

sindacato – mediante forme di mobilitazione unitarie – riuscì a contrastare i<br />

progetti di ridimensionamento aziendale. Negli anni Sessanta imponenti manifestazioni<br />

pubbliche con blocchi della circolazione stradale fecero intendere<br />

alla direzione che la massa operaia intendeva difendere e se possibile accre-<br />

12


scere i livelli occupazionali, in linearità con un’etica del lavoro di matrice<br />

produttivistica.<br />

La rilevante novità della riscossa operaia del ’68 si manifestò – tra l’altro –<br />

col superamento delle tradizionali forme di rappresentanza della commissione<br />

interna e con la sperimentazione di un nuovo strumento: il consiglio di fabbrica. A<br />

Forno Allione il passaggio dall’una all’altra forma di organizzazione operaia si<br />

rivelò convinto e radicale, con un rilevante ricambio generazionale e un rinnovato<br />

attivismo da parte della CISL, dal cui seno uscirono giovani dirigenti sindacali in<br />

grado di parlare un muovo linguaggio e di dare espressione più adeguata alle<br />

richieste dei lavoratori. Se dal 1945 alla guerra agli anni Sessanta la figura più<br />

rappresentativa dell’ambiente operaio era stata quella del comunista Teofilo<br />

Bertoli, alfiere della CGIL, la nuova fase ebbe quale protagonista il giovane<br />

cislino Gigi Mastaglia (appartenente a una famiglia di tradizioni socialiste), che<br />

come Bertoli respinse le lusinghe della direzione – promozioni, premi ecc. – e<br />

antepose al tornaconto personale gli interessi generali delle maestranze. La stima<br />

nutrita da Mastaglia per il “vecchio” Teofilo si coglie da uno stralcio della<br />

testimonianza scritta per il libro a lui dedicato: «È stato tra i fondatori del<br />

Sindacato nello stabilimento di Forno Allione, uno dei più giovani commissari di<br />

fabbrica. Mai è venuta a mancare la fiducia che i lavoratori ponevano in lui: è<br />

stato un punto di riferimento ed esempio per quanti hanno, nel tempo, assunto<br />

incarichi sindacali nello stabilimento di Forno Allione, e ciò a prescindere dal<br />

Sindacato di appartenenza. È stato vero difensore dei diritti dei lavoratori, è<br />

stato il sindacalista per antonomasia dell’importante fabbrica camuna. Nei<br />

momenti più difficili, quando i problemi sembravano insormontabili, quando<br />

sarebbe venuta voglia di mollare tutto, lui riusciva con l’esempio e l’esperienza a<br />

dare la carica, quella necessaria a continuare». Giudizio, quello di Mastaglia su<br />

Bertoli, che si adatta allo stesso Mastaglia, in quanto egli rappresentò nella<br />

nuova fase della vita sindacale l’equivalente di ciò Bertoli aveva impersonato<br />

sino a quel momento. Ciò senza nulla togliere a quel gruppo di attivisti, numericamente<br />

non esteso ma molto coeso e determinato, che contribuì allo sviluppo<br />

dell’organizzazione sindacale: da Cesare Bazzana a Albino Ferrati, da Mario<br />

Giacomini a Rodolfo Scolari...<br />

13


Elemento qualificante del nuovo organismo sindacale fu l’attenzione per<br />

l’ambiente lavorativo, tanto è vero che l’accordo del 24 giugno 1971 sancì il<br />

ruolo della Clinica del Lavoro di Milano in materia di igiene del lavoro dentro lo<br />

stabilimento, con l’avvio di un’indagine conoscitiva. L’anno successivo il Consiglio<br />

di fabbrica presentò le preoccupanti risultanze dell’inchiesta con un monito<br />

significativo: «Con la salute non si scherza, pertanto o l’azienda si fa carico delle<br />

proprie responsabilità e s’impegna in modo concreto e non con mezzi termini ad<br />

eliminare la nocività o si troverà di fronte ad un movimento di lotta che investirà<br />

oltre all’azienda le autorità politiche, pubbliche e sanitarie della zona e della<br />

provincia».<br />

Tuttavia l’azienda sabotò l’attuazione di questo specifico punto contrattuale,<br />

ribadendo la centralità della figura del “medico di fabbrica”, ovvero di un... suo<br />

dipendente che, data la posizione di subordinato della direzione, non garantiva<br />

alcuna possibilità di un controllo scrupoloso e oggettivo. Gli stessi tentativi del<br />

servizio di medicina del lavoro presente in Valcamonica di monitorare la situazione<br />

di Forno Allione furono ostacolati in vario modo, quasi che la tutela della<br />

salute delle maestranze e il rispetto dell’ambiente fossero questioni di competenza<br />

dell’azienda.<br />

Dalla fine degli anni Sessanta, per un buon ventennio, l’attività dell’organizzazione<br />

sindacale dello stabilimento di grafite si è proiettata sul territorio, attraverso<br />

gli strumenti del Comitato intercategoriale e poi del Consiglio unitario di zona,<br />

rivestendo dunque una funzione ben più significativa di quella – già di per sé<br />

notevole – della negoziazione di migliori condizioni retributive e normative,<br />

tradizionale appannaggio del sindacato. In buona sostanza da Forno Allione si<br />

esercitò un’influenza positiva sul mondo del lavoro di tutta la Valle Camonica,<br />

come esempio e nerbo organizzativo sia per la costruzione di una rete di<br />

rappresentanza operaia sul posto di lavoro sia per la riuscita delle mobilitazioni<br />

generali che, sotto forma di scioperi generali, incalzarono i governi richiedendo<br />

una politica di riforme e di sviluppo. Il che significava, tradotto in camuno,<br />

agitazioni tendenti all’ammodernamento delle strade, al potenziamento delle<br />

strutture ospedaliere, al rafforzamento del sistema scolastico locale.<br />

Questo discorso è valido per gli operai, mentre la presenza di impiegati e<br />

14


dirigenti di fabbrica caratterizzava i consigli comunali della zona (Cedegolo, Berzo-<br />

Demo, Paisco, Malonno), spesso con incarichi di assessore e di sindaco. Si<br />

verificava dunque una singolare differenziazione tra il peso della componente<br />

sindacalizzata degli operai nella società valligiana e il ruolo preponderante rivestito<br />

dai “colletti bianchi” nelle istituzioni preposte all’amministrazione pubblica.<br />

Il primo durissimo attacco all’esistenza dello stabilimento si è avuto nel 1975,<br />

quando difficoltà generali di mercato convinsero l’azienda a “sacrificare” l’impianto<br />

di Forno Allione. In quella circostanza il sindacato attuò una straordinaria<br />

mobilitazione, respingendo provvedimenti che mediante il ricorso ad appalti esterni<br />

ridimensionassero l’occupazione. Dopo mesi di trattative, il 6 ottobre la direzione<br />

proclamò la serrata; seguirono due settimane di presidio e di iniziative pubbliche<br />

finalizzate alla solidarietà con le maestranze. Si raggiunse infine un’intesa, che se<br />

risolse momentaneamente la situazione non riuscì tuttavia ad imporre gli investimenti<br />

necessari all’ammodernamento degli impianti, divenuti via via obsoleti. In<br />

questo modo, dinanzi all’incalzare della crisi dell’acciaio e alla conseguente diminuzione<br />

del fabbisogno di elettrodi, la struttura di Forno Allione diveniva marginale e<br />

si avviava fatalmente alla chiusura, incalzata dalla concorrenza.<br />

Dalla fine degli anni Settanta il sindacato si è trovato sulla difensiva. Le<br />

strategie della grande multinazionale Union Carbide non passavano più per<br />

Forno Allione ma privilegiavano, in termini di presenza italiana, il nuovo stabilimento<br />

di Caserta (reso più appetibile dalle rilevanti sovvenzioni pubbliche) e<br />

perseguivano una politica di insediamenti industriali in Paesi dove il costo del<br />

lavoro era irrisorio. In luogo di una posizione dialogante, la direzione mise il<br />

sindacato dinanzi al fatto compiuto, gettando sul tavolo provvedimenti presentati<br />

come indispensabili e di cui si rifiutava la messa in discussione. Da quel momento<br />

il consiglio di fabbrica riuscì soltanto a frenare, rallentare, differire nel tempo gli<br />

esiti di una politica aziendale indirizzata alla graduale smobilitazione produttiva.<br />

Si è trattato di una posizione logorante di resistenza, tanto più difficile in quanto la<br />

parte preponderante degli impiegati e la totalità dei dirigenti locali nulla fece per<br />

modificare la linea decisa dalla multinazionale. Oggi, ad oltre un decennio di<br />

distanza dalla cessazione dell’attività produttiva, uno sguardo retrospettivo dimostra<br />

la miopia di una simile posizione, considerato l’interesse generale di<br />

15


valorizzare le potenzialità produttive dello stabilimento, poiché operai, impiegati<br />

e dirigenti camuni si trovavano sulla stessa barca. Chi si adattò a docile strumento<br />

della politica aziendale ha in definitiva agevolato la dismissione, rendendo più<br />

difficoltosa la difesa sindacale degli organici e della produzione. Inoltre, come<br />

rileva opportunamente la testimonianza del sindacalista Fiorenzo Colombo (riportata<br />

nell’ultima sezione di questo volume), «è mancato un processo di<br />

concertazione locale: non si sono innescati percorsi virtuosi con obiettivi condivisi<br />

da parte delle parti sociali e delle istituzioni». A rendere ancora più amara la<br />

sconfitta, vi fu la scarsa solidarietà incontrata dal consiglio di fabbrica nel corso<br />

delle ultime drammatiche mobilitazioni per la difesa del posto di lavoro. Ulteriori<br />

elementi negativi derivarono da una gestione insoddisfacente della trattativa<br />

svoltasi al ministero del Lavoro ad inizio anni Novanta per il ricorso ai prepensionamenti,<br />

e la rivelazione – da parte delle indagini – degli intollerabili livelli di<br />

nocività tradottisi nella morte di diversi operai. Altra (prevedibile) sorpresa<br />

riguardò i livelli d’inquinamento ambientale, con la costruzione – a fianco dello<br />

stabilimento, alle pendici del bosco – di imponenti ammassamenti costituiti dai<br />

detriti dalla lavorazione.<br />

A stabilimento chiuso (l’attività produttiva cessò nel 1994), il procedimento<br />

avviato dalla magistratura bresciana contro i vertici aziendali e contro il medico<br />

di fabbrica ha indotto nel 2003 la multinazionale alla stipulazione di un accordo<br />

extragiudiziale (pari a due milioni di euro) con i parenti di una trentina di<br />

lavoratori defunti a causa dell’esposizione a forme di inquinamento superiori a<br />

ogni livello di guardia.<br />

Finale tragico, dunque, anche se non suonano del tutto convincenti i riferimenti<br />

dedicati da questo libro a Bhopal. Insieme ad innegabili elementi di<br />

analogia, vi sono infatti tanti aspetti di notevole diversità – relativi al comportamento<br />

criminale di alcune multinazionali nel cosiddetto Terzo mondo – rispetto a<br />

Forno Allione. L’ammaestramento dei fatti dovrebbe anzitutto indurre a preoccupate<br />

riflessioni sulla gestione sconsiderata dell’inceneritore posto nei pressi<br />

dell’azienda, decisione cui la multinazionale era estranea, in quanto attuata per<br />

volontà dell’amministrazione comunale di Berzo Demo che, proprietaria del<br />

vecchio impianto, intendeva conseguire un guadagno bruciandovi rifiuti speciali<br />

16


provenienti dagli ospedali milanesi: operazione concertata con taluni esponenti<br />

dell’apparato politico-burocratico della Regione Lombardia.<br />

Oggi, nella ricorrenza decennale della chiusura dell’UCAR, questa pubblicazione<br />

recupera segmenti di una memoria collettiva, nel ricordo sofferto di<br />

un’esperienza lavorativa straordinaria, che ha dato molto alla comunità locale ma<br />

che è pure costata un prezzo notevole, in termini di sacrifici quotidiani e di<br />

esistenze umane.<br />

Pagine che – dentro i percorsi della collana “Il tempo e la memoria” – si<br />

sforzano di strappare all’oblio spezzoni di vita vissuta e rendono il lettore più<br />

consapevole dei mutamenti intervenuti nella Valcamonica di fine Novecento.<br />

17


PREMESSA DEGLI AUTORI<br />

Scrivere un libro “su commissione” può essere opera ardua, al limite<br />

dell’inconciliabilità fra le diverse e non raramente contrastanti esigenze<br />

dell’autore (la piena libertà nella ricerca e nella narrazione) e dell’editore<br />

(l’obiettivo cui si è finalizzato l’investimento). Di questo ne eravamo perfettamente<br />

consapevoli, fin da quando abbiamo accettato l’incarico di realizzare<br />

un ultimo libro sulla vicenda dello stabilimento chimico (Efa, Uci, Ucar...)<br />

di Forno Allione, puntando a chiudere alcuni “buchi” lasciati inevitabilmente<br />

aperti dalle precedenti pubblicazioni.<br />

Per questo, grazie a questa preventiva consapevolezza, abbiamo puntato fin<br />

dall’inizio ad operare su diversi livelli, ovvero: la struttura narrativa vera e propria<br />

(la “storia”, in sostanza), con l’inclusione di alcuni brani tratti da opere che<br />

affrontano argomenti analoghi – o comunque attinenti – alla vicenda di Forno<br />

Allione; l’apparato critico (le note al testo), che abbiamo scelto di lasciar<br />

“scorrere” per conto loro accanto al racconto, come un approfondimento<br />

facoltativo, a discrezione del lettore; alcuni testi di accordi e vertenze (una<br />

limitata selezione, per non appesantire il tutto); le testimonianze dei protagonisti<br />

e, quindi, la postfazione degli editori, che potranno così integrare il libro in quegli<br />

aspetti maggiormente funzionali alle ragioni “sociali” per cui è nato.<br />

Il risultato complessivo lo valuteranno i lettori, ovviamente, ma per quanto ci<br />

riguarda, come autori, siamo certi di aver operato nel miglior modo possibile per<br />

evitare l’insorgere di quei “conflitti” di cui di diceva, e non ci pare poco.<br />

Completano il libro l’inserto fotografico (persone, fatti e documenti storici)<br />

e la prefazione, che avrà l’arduo compito di tenere insieme il tutto, per una<br />

efficace presentazione al lettore.<br />

19


«Sembra una carcassa, una trappola. Pensa, di notte si<br />

sentono i gufi, e la luna lo scompone del tutto. Appena gli<br />

hanno tolto corrente, fumi guardiole, vampate di acidi e<br />

rumori, è diventato una carcassa immonda... Non puoi<br />

pensare che ci lavoravano e ci campavano tanti uomini...»<br />

Paolo Volponi, “Le mosche del capitale”<br />

21


BREVE CRONOLOGIA<br />

1928<br />

Viene costituita la Società anonima per Azioni sotto Elettrografite di Forno Allione.<br />

Ne sono azionisti, con diverse quote sociali, i fratelli Franchi (Attilio, Fausto,<br />

Gaetano e Luigi) ed il ragionier Primo Baggi.<br />

1929<br />

Alla prima assemblea il capitale nominale della Società ammonta a 2 milioni e<br />

mezzo di lire.<br />

1030<br />

All’assemblea del 13 aprile viene registrato un utile netto di 5.904.<br />

L’esercizio annuale chiude in perdita a causa della «forzata limitazione dei<br />

prezzi di vendita per accaparrarsi la clientela in concorrenza con l’estero».<br />

1931<br />

Prime trattative tra la Dolomite di Marone, proprietaria della totalità delle azioni<br />

della Elettrografite di Forno Allione, 1 e la Acheson Graphite Corporation. 2<br />

Nel giugno dello stesso anno l’americano Ralph Grout viene eletto nel Consiglio<br />

di amministrazione, assieme a Attilio Franchi, Enrico Piccinelli.<br />

Nella stessa circostanza, l’assemblea straordinaria, «in vista di un nuovo più vasto<br />

programma di attività», delibera di aumentare il capitale sociale, da 2,5 a 4, 7 milioni<br />

di lire emettendo 2,200 azioni da 100 lire. Si modifica pure lo statuto sociale della<br />

nuova società, che ha ora sede in Malonno, «ha la durata di 15 anni ed ha lo scopo di<br />

fabbricare e commercializzare la grafite, gli elettrodi ed articoli affini».<br />

Nel mese di agosto, nello studio Price Waterhause a Milano, viene confermato il<br />

contratto con la società Elettrica dell’Adamello per la fornitura dell’energia elettrica.<br />

1932<br />

Nel Consiglio di amministrazione del 24 ottobre, Andrea Fauser 3 informa che «nel<br />

periodo intercorrente tra l’inizio del nuovo anno sociale ed oggi si è attivamente<br />

continuato il riordino degli impianti, addivenendo a nuove costruzioni di forni, 4<br />

sostituzioni e integrazioni di macchinari e ciò al principale oggetto di [ot]tenere una<br />

produzione qualitativamente migliore in rapporto alle esigenze della clientela con i<br />

progressi dell’industria. La lavorazione dei prodotti – continua la relazione di Fauser<br />

– ha dovuto necessariamente subire delle interruzioni in dipendenza dei lavori di<br />

23


iordino e di rifacimento suddetti, anche perché non sarebbe stato conveniente<br />

spingere troppo la lavorazione stessa con i vecchi metodi». E ancora: «Il periodo di<br />

trasformazione degli impianti dovrà continuare ancora per alcuni mesi, richiedendo<br />

ulteriori investimenti oltre a quelli già effettuati...».<br />

Il bilancio di esercizio si chiuderà con una perdita netta di 96.519,37 lire, mentre<br />

il valore patrimoniale passa da 3.690.805 a 5.064.207 lire. 5<br />

1935<br />

Nella sua relazione al Consiglio di amministrazione, il presidente Attilio Franchi,<br />

esponendo i buoni risultati conseguiti nella riorganizzazione degli impianti e nella<br />

ripresa della produzione, afferma che tali risultati sono stati possibili grazie alla<br />

«stretta collaborazione della Acheson Graphite Corporation di New York, la quale,<br />

oltre all’assistenza personale dei suoi tecnici, ha messo a disposizione della società i<br />

suoi disegni, i metodi di fabbricazione e quant’altro inerente al migliore svolgimento<br />

dell’industria, secondo i risultati della sua speciale esperienza nella fabbricazione<br />

degli elettrodi; per modo che la produzione di Forno Allione si svolge parallelamente<br />

e secondo gli identici sistemi praticati negli stabilimenti della Acheson».<br />

1940<br />

Nel Consiglio di amministrazione del 28 <strong>marzo</strong> del 1940, Fabrizio Colonna viene<br />

nominato presidente della società, in sostituzione di Attilio Franchi, scomparso<br />

all’inizio dell’anno, e dall’anno seguente, quando i consiglieri americani, in conseguenza<br />

dell’entrata in guerra dell’Italia, faranno rientro in patria, 6 nel Consiglio di<br />

amministrazione della Elettrografite rimarranno soltanto i tre componenti italiani,<br />

Colonna, Piccinelli e Macorsini. Per tutta la prima metà degli anni Quaranta,<br />

quindi, lo stabilimento di Forno Allione verrà completamente “nazionalizzato”, e la<br />

sua produzione convertita alle esigenze belliche. 7<br />

1 Qualche decennio dopo, per un beffardo concorso di circostanze, le due aziende torneranno<br />

ad essere associate attraverso la condivisione di un processo penale, per presunte gravi<br />

responsabilità dei loro dirigenti in tema di nocività ambientale, «... ci sono le 19 morti<br />

“sospette” registrate in undici anni tra i dipendenti della Dolomite Franchi, l’azienda del<br />

lago d’Iseo (sede a Marone) che dagli anni Venti produce mattoni per altiforni di acciaieria<br />

e dove i lavoratori del reparto messo sotto accusa, chiuso una dozzina d’anni fa, ricordano:<br />

“fino al ’70 non usavamo guanti, mascherine e neanche tappi per le orecchie. Lo chiamavamo<br />

il reparto Mauthausen”. Ci sono anche le 22 morti per tumore accertate (dal 1989 ad<br />

oggi) tra i dipendenti della Union Carbide Italia (Ucar), la fabbrica di Forno Allione, nella<br />

vicina Valcamonica, che trasformava componenti a base di carbone coke e pece in grafite<br />

24


per produrre elettrodi poi venduti nelle acciaierie. Due storie parallele, messe sotto la lente<br />

di ingrandimento degli 007 dell’Asl diventati periti di fiducia della Procura», Nunzia Vallini,<br />

I casi della Dolomite Franchi e della Union Carbide Italia: da anni si indaga su 41<br />

decessi sospetti - Morire d’azienda, i processi infiniti a due imprese di Brescia, Corriere<br />

della sera, 8 febbraio 2003.<br />

2 Sulle origini della Acheson Graphite Corporation (e, quindi, della futura Union Carbide),<br />

cfr. l’intervista di Pier Luigi Milani all’architetto Terry Necciai, Monongahela (Pennsylvania),<br />

agosto 2002 (nelle “testimonianze”).<br />

3 Dal <strong>marzo</strong> dello stesso anno nel Consiglio di amministrazione, con Attilio Franchi (presidente),<br />

Enrico Piccinelli e Ralph Grut, verrà nominato direttore, in sostituzione dello stesso<br />

Piccinelli.<br />

4 «Nel 1933, nel reparto cottura erano installati 4 forni bulk con bruciatori a nafta», Siria<br />

Garattini e Luciano Tolla, La produzione degli elettrodi di grafite in Vallecamonica,<br />

raccolta di documenti, testimonianze e materiali sullo stabilimento di Forno Allione.<br />

5 Ma le cose sarebbero risultate sensibilmente diverse ad una prima dettagliata analisi da parte<br />

dei nuovi proprietari, nel senso che «Harry Alfred Lavene e gli altri tecnici giunti dagli Stati Uniti<br />

si trovarono di fronte ad un impianto che non aveva molto da spartire con il processo Acheson.<br />

E non usarono complimenti. Ne fecero un inventario dettagliato, lo riportarono sui primi fogli di<br />

quei grossi volumi che da allora registrarono le variazioni apportate alla proprietà, ed adottarono<br />

misure draconiane. Escludendo terreni e fabbricati, l’apparato produttivo era valutato in lire<br />

2.462.233,10. Ne scartarono mediamente l’80%, per un valore di 1.959.998 lire e 90 centesimi. Si<br />

salvarono solo le macchine non strettamente legate alla produzione...», Francesco Gino Frattini,<br />

Storia dell’insediamento industriale di Forno Allione.<br />

6 «Con l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania nel giugno del 1940, Grouth,<br />

Lavene e Williamson, precedendo gli eventi, se n’erano già tornati negli Stati Uniti. Lo<br />

stesso aveva fatto Christiansen da Parigi, rassegnando le dimissioni anche da amministratore.<br />

Al suo posto era entrato Giorgio Macorsini. Da quel momento e fino al 1946 gli<br />

interessi della Società rimasero affidati agli italiani fra i quali emergeva la personalità<br />

dell’Amministratore delegato Enrico Piccinelli, subentrato a Lavene», Francesco Gino<br />

Frattini, Storia dell’insediamento industriale di Forno Allione.<br />

7 «Lo scoppio della seconda guerra mondiale ebbe delle ripercussioni anche sulla fabbrica<br />

camuna: data la rottura dei rapporti diplomatici tra Italia e Stati Uniti, l’Elettrografite passò<br />

sotto il controllo dello stato. La produzione venne poi subordinata alle pressanti esigenze<br />

belliche, per il cui soddisfacimento si dovettero installare nuovi impianti: un secondo forno<br />

di calcinazione, un terzo trasformatore di grafitazione e un reparto di lavorazione meccanica»,<br />

Ibidem.<br />

25


LA RIPRESA POSTBELLICA<br />

«Dopo un’interruzione di oltre 4 anni eccoli ancora qui i protagonisti».<br />

Piuttosto insolito per un documento aziendale, ma è così che apre il verbale del<br />

Consiglio di amministrazione del 17 giugno 1946. Consiglio al quale sono<br />

presenti, oltre al presidente Colonna, i consiglieri Piccinelli, Marconsini ed i<br />

reintegrati Lavene e Williamson che, rientrati in Italia alla fine del conflitto,<br />

«esprimono il loro compiacimento per il modo con cui gli affari della società sono<br />

stati curati dai colleghi italiani durante la loro assenza».<br />

Il Consiglio di amministrazione conferma quindi Fabrizio Colonna ed Enrico<br />

Piccinelli nei ruoli di Presidente e Consigliere delegato della società. Sei mesi dopo,<br />

però, Fabrizio Colonna lascerà l’incarico, «per ragioni sue personali», e verrà<br />

sostituito da Harry Lavene che condividerà la «firma libera ed indipendente» con il<br />

Consigliere delegato Piccinelli. E sarà proprio quest’ultimo, nello stesso Consiglio<br />

di amministrazione del 16 dicembre 1946, a ringraziare, «attraverso Williamson e<br />

Lavene, il popolo americano per l’amichevole e vasto apporto di aiuti e di<br />

assistenza prestati in ogni campo alla popolazione italiana», aiuti che, aggiunge il<br />

Consigliere delegato dello stabilimento di Forno Allione, nel clima di «sempre<br />

migliori e più ampi rapporti di amicizia nella rinnovata atmosfera di fiducia e di<br />

libertà», hanno permesso una «bene augurante ripresa industriale...».<br />

Nel 1947, quindi, scrive Mimmo Franzinelli, «la maggioranza del pacchetto<br />

azionario passò sotto il controllo della “National Carbon Co.” di New York<br />

(denominata dal 1950 “Union Carbide and Carbon Co.”), che portò il capitale<br />

sociale dell’Elettrografite a 25 milioni di lire, aumentato nel 1949 a 175 milioni,<br />

nel 1951 a 375 milioni e nel 1953 a 625 milioni». Cifre che evidenziano molto<br />

bene l’importanza dello stabilimento di Forno Allione nella fase della ricostruzione<br />

industriale, con la crescente richiesta di elettrodi da parte delle acciaierie.<br />

Ma il prezzo da pagare per la ripresa dell’attività a Forno Allione non è solo<br />

in termini economici... Le condizioni di lavoro nello stabilimento di Forno<br />

Allione, infatti, sono molto pesanti come denuncerà il sindacalista della Cisl,<br />

Roberto Pomini: «Nel reparto dove è stato piazzato un nuovo potentissimo<br />

frantoio, quando questo è in movimento, non si resiste per la polvere generata<br />

<strong>27</strong>


dalla frantumazione. Nel reparto torneria, quando i torni sono in funzione per<br />

filettare gli elettrodi, una fine polvere si diffonde nel medesimo ed in quelli<br />

circostanti. Per farsi un’idea della cosa, basti pensare che in pochi minuti di<br />

lavoro, tutto, pavimento, macchine, materie, sono coperti di vari centimetri di<br />

polvere [...]. Gli operai devono liberare gli elettrodi a colpi di mazza, rimanendo<br />

tra un forno e l’altro mentre il corpo è sottoposto alle emanazioni di calore dei<br />

forni e della materia. Si immagini questo lavoro in periodo estivo. Grondanti<br />

sudore, avvolti dalla polvere che si appiccica alla pelle col sudore, e si infila tra i<br />

pori, gli operai si trasformano in maschere della sofferenza e del sacrificio.<br />

Questo il lavoro alla Elettrografite». 1<br />

Sono gli anni della ricostruzione industriale, e sono anche gli anni in cui nelle<br />

fabbriche cominciano a svilupparsi, dopo un ventennio di repressione politica, i<br />

primi tentativi di organizzazione sindacale: «Nel 1946 si formò il sindacato dei<br />

chimici: facemmo subito una lotta per il controllo dell’ambiente di lavoro,<br />

sull’onda del peso che con la Liberazione avevamo ottenuto. Siccome sul<br />

momento non c’era la possibilità di modificare gli impianti di lavorazione ecc., si<br />

erano stabilite delle tabelle sindacali del “lavoro gravoso” e del “lavoro nocivo”,<br />

e mantenemmo questa distinzione fino al 1948, quando la scissione sindacale<br />

indebolì i lavoratori e così la ditta abolì questa distinzione. La Cgil spingeva per il<br />

miglioramento delle condizioni dei lavoratori; la Cisl era per il contenimento, per<br />

la “gradualità” nell’azione...». 2<br />

I rapporti tra i dipendenti e la direzione aziendale, scrive ancora Franzinelli,<br />

«giunsero alla rottura nel 1950, quando i lavoratori scesero in lotta per ottenere<br />

il premio di produzione, il miglioramento della mensa, la riduzione delle ore di<br />

lavoro straordinario e l’assunzione di nuova manodopera. Lo sciopero fu proclamato<br />

ad oltranza a partire dal 28 <strong>marzo</strong> [e] gli operai costituirono delle<br />

squadre per controllare giorno e notte lo stabilimento». 3<br />

Gli anni Cinquanta sono segnati da profonde divisioni fra le organizzazioni<br />

sindacali; divisioni determinate soprattutto dalle pressioni dei partiti politici, 4 che<br />

«tendono ad esercitare un ruolo egemone nella vita del sindacato», 5 contribuen-<br />

28<br />

1 Roberto Pomini, La elettrografite<br />

in sciopero, “La Valcamonica”,<br />

9 aprile 1950, in Mimmo<br />

Franzinelli, La Valcamonica nella<br />

ricostruzione (1945-1953),<br />

pag. 140.<br />

2 Teofilo Bertoli, in Teofilo Bertoli:<br />

Forno Allione e dintorni,<br />

Cgil, Cisl e Circolo culturale Ghislandi,<br />

aprile 1998.<br />

3 I 300 di Forno Allione sono<br />

più forti della “Carbide”, La<br />

Verità, 9 aprile 1950, in Mimmo<br />

Franzinelli, cit.<br />

4 «Spesso una corrente sindacale<br />

accusava l’altra di essere asservita<br />

al partito, di fare il suo<br />

interesse. D’altra parte tutti dichiaravano<br />

di essere autonomi.<br />

Ma il fatto che le correnti sindacali<br />

si definissero “correnti” di<br />

un partito dà la misura del legame<br />

esistente tra i sindacati e i<br />

partiti», Franco Gheza, Movimento<br />

cattolico e dinamica sociale<br />

a Brescia, in Brescia negli<br />

anni della ricostruzione, a cura<br />

di Roberto Chiarini, Luigi Micheletti<br />

Editore, 1981.<br />

5 Luigi Mastaglia, Un attivista<br />

sindacale e la sua fabbrica, in<br />

Teofilo Bertoli, cit.


6 Mimmo Franzinelli, cit., pag. 142.<br />

7 La Verità, 16 e 23 aprile 1950, in<br />

Mimmo Franzinelli, cit.<br />

8 «É motivo di soddisfazione, in<br />

questo periodo in cui i lavoratori<br />

poco comprendono la necessità<br />

dell’organizzazione sindacale,<br />

dover dire che quelli della Elettrografite<br />

di Forno Allione, rappresentano<br />

oggi in Valle il gruppo<br />

meglio organizzato e ottimamente<br />

consapevole di cosa sia l’azione<br />

sindacale», Bilanci sindacali, La<br />

Valcamonica, 24 giugno 1951, in<br />

Mimmo Franzinelli, cit.<br />

9 «Dopo aver conquistato con la<br />

dura forza questi risultati positivi,<br />

le maestranze dell’Elettrografite<br />

sono tornate al lavoro, soddisfatte<br />

della vittoria ottenuta, della coscienza<br />

conquistata e maturata<br />

attraverso la lotta, la quale è la<br />

prova evidente che l’unica maniera<br />

per far valere il rispetto del<br />

proprio diritto ad una vita possibile<br />

ed umana è quello di far sentire<br />

in forma unita ed organizzata la<br />

forza della propria volontà e dei<br />

propri interessi. Questa è la strada<br />

che i lavoratori tutti devono<br />

seguire», ibidem.<br />

10 «Siccome sul momento non<br />

c’era la possibilità di modificare<br />

gli impianti di aspirazione, si era-<br />

do in tal modo a consolidare le posizioni più intransigenti del padronato (sono gli<br />

anni dei “reparti confino” alla Fiat), che si inserisce in queste divisioni, sfruttandole<br />

fino in fondo per respingere le rivendicazioni operaie. Tuttavia, proprio in<br />

tale contesto la fabbrica di Forno Allione, pur scontando alcuni limiti nella<br />

propria capacità contrattuale, sarà in grado di offrire uno degli esempi più<br />

significativi di unità fra i lavoratori, come possiamo rilevare da diverse testimonianze.<br />

Nella prima grande vertenza sindacale del 1950, infatti, «l’oggettiva unità<br />

delle due organizzazioni sindacali aveva costretto la direzione a recedere dalle<br />

posizioni di netta chiusura, impedendole inoltre di giocare la carta della contrapposizione<br />

tra gli operai». 6 Una vertenza, e soprattutto una lotta esemplare, tanto<br />

da essere assunta a modello dal periodico provinciale del Partito comunista, che<br />

scrive: «La bandiera dell’unità e della lotta sventola su Forno Allione. Dopo dieci<br />

giorni di lotta la direzione dell’Elettrografite ha ceduto e l’americano mister H.<br />

Lavene battuto dai camuni di Forno Allione». 7<br />

Par di cogliere, in questa enfasi giornalistica, qualcosa in più del puro e<br />

semplice “stare dalla parte degli operai”, qualcosa che fa pensare ad una sorta di<br />

rivalsa di classe, a fronte del clima sempre più teso e soffocato dall’arroganza<br />

padronale anche nella provincia bresciana. Non meno entusiasta il commento<br />

dei sindacalisti camuni del Sindacato Libero (Cisl), Roberto Pomini 8 e della<br />

Camera del Lavoro (Cgil), Alfredo Pieratti, 9 che non esiteranno ad assumere<br />

l’esempio degli operai di Forno Allione come punto di riferimento per tutti i<br />

lavoratori della Valcamonica.<br />

Servendoci di una metafora piuttosto abusata, potremmo dire che le vertenze<br />

dei primi anni Cinquanta all’Elettrografite sono un po’ la “madre di tutte le lotte<br />

sindacali” che impegneranno lo stabilimento di Forno Allione, ma più diffusamente<br />

l’intera Valcamonica, nell’arco dei successivi quattro decenni, fino al<br />

“riflusso” degli anni Novanta.<br />

I temi più ricorrenti nella contrattazione aziendale dei primi anni Cinquanta<br />

riguardano soprattutto aspetti di carattere economico, fra i quali le indennità per<br />

lavori gravosi, 10 il servizio mensa (il cui costo viene ripartito in rapporto di quasi<br />

un terzo a carico del lavoratore ed oltre due terzi a carico dell’azienda), 11 colonie<br />

29


marine e montane 12 e borse di studio 13 per i figli dei dipendenti, oltre al Fondo<br />

previdenziale e mutualistico aziendale, che vedremo più avanti.<br />

Il pezzo forte della contrattazione aziendale, però, riguarda la cosiddetta<br />

“Una tantum”: una forma di “Premio di produzione” annuale, destinato a trasformarsi<br />

successivamente in una vera e propria quattordicesima mensilità. Introdotta<br />

con l’accordo aziendale dell’11 giugno 1952, nella misura «pari a 150 ore di<br />

retribuzione globale di fatto in vigore al 1º luglio 1952 (escluso assegni familiari e<br />

caro-pane)...», questa “Una tantum” verrà elevata, già a partire dall’anno<br />

successivo, ad importo «pari a 178 ore di retribuzione globale di fatto in vigore al<br />

30 aprile 1953...». Una intera mensilità, in sostanza...<br />

Si tratta di una conquista economica che probabilmente non ha precedenti<br />

nella storia della contrattazione collettiva; una conquista resa possibile dalla<br />

combattività dei lavoratori, ma anche dal favorevole andamento della produzione<br />

aziendale, come confermato anche dai verbali del consiglio di amministrazione:<br />

«Sono stati ultimati i nuovi impianti. Altro aumento di 500 milioni nelle<br />

vendite. Dividendo di 2500 lire per azione più il 5% a riserva legale, il resto a<br />

residuo nuovo [...]. Nuovo aumento di capitale da 375 a 475 milioni [...] dal<br />

1.1.52». Ben presto, però, si apriranno altri due importanti capitoli di contrattazione<br />

e di mobilitazione, uno relativo all’ambiente di lavoro in fabbrica, e l’altro<br />

di carattere territoriale, in merito ai temi dello sviluppo economico sociale e del<br />

lavoro in Valcamonica. 14<br />

Sul ambiente di lavoro, quindi, dopo la prima fase in cui il problema venne<br />

affrontato attraverso il risarcimento economico del disagio e della nocività, si<br />

tende ad “alzare il tiro”, puntando sulla rimozione della cause, anche perché «nel<br />

frattempo gli operai avevano cominciato ad apprezzare alcuni risultati dell’azione<br />

sindacale», 15 mentre l’azienda tentava già di rimettere in discussione gli stessi<br />

accordi sulle indennità, «soprattutto in quella parte in cui prevedeva che si<br />

potessero determinare quote più pesanti per le assicurazioni contro le malattie<br />

professionali (avendo l’azienda stessa dovuto riconoscere l’esistenza di lavoro<br />

nocivo)...». 16 E qui, anche nello stabilimento di Forno Allione, si innescano gli<br />

effetti perversi della divisione sindacale, come ricordava già Luigi Mastaglia, così<br />

che «con questa divisione i lavoratori persero dieci anni di progressi», 17 anche<br />

30<br />

no stabilite delle tabelle sindacali<br />

del lavoro gravoso e del lavoro<br />

nocivo [...]. Si era concordata<br />

l’indennità di lavoro nocivo per<br />

quelli che lavoravano nei reparti<br />

di grafitazione, mentre alle tornerie<br />

e allo cottura (e in qualche<br />

altro posto come gli addetti alla<br />

pece, ai vagli, alla pesa, ecc.) si<br />

era applicata l’indennità per lavoro<br />

gravoso». Teofilo Bertoli,<br />

in Teofilo Bertoli: Forno Allione<br />

e dintorni, cit.<br />

11 L’accordo aziendale stipulato<br />

in data 11 giugno 1952 stabilisce<br />

che «la somma erogata dalla ditta<br />

viene elevata da lire 97 a lire<br />

104 per pasto ed il contributo<br />

operai da lire 40 a lire 46».<br />

12 «La ditta metterà a disposizione<br />

la retta necessaria per inviare<br />

alle colonie marine e montane n.<br />

15 figli di lavoratori. Tale retta si<br />

limiterà a £ 15.000 per bambino»,<br />

Ibidem.<br />

13 «Viene messa a disposizione<br />

per l’anno scolastico 1953/54 la<br />

somma di £ 300.000 per borse di<br />

studio», Ibidem.<br />

14 «Siamo stati un po’ la stella<br />

cometa della Valcamonica, perché<br />

poi andavamo anche nelle<br />

altre fabbriche della zona: ci<br />

chiamavano e noi andavamo, e


non abbiamo neanche fatto brutta<br />

figura. Ci siamo scontrati coi<br />

loro principali: lì erano i padroni<br />

proprio, nel vero senso della parola,<br />

e abbiamo fatto accordi anche<br />

con quelli lì. Io, Mastaglia e<br />

Scolari, dopo veniva il Bertoli, e<br />

ci diceva: “Non ce n’è abbastanza<br />

dei nostri problemi!”», Cesare<br />

Bazzana in Teofilo Bertoli: Forno<br />

Allione e dintorni, cit.<br />

15 Teofilo Bertoli, in Teofilo Bertoli:<br />

Forno Allione e dintorni, cit.<br />

16 Ibidem.<br />

17 Ibidem.<br />

18 Ibidem.<br />

19 Luigi Mastaglia, Teofilo Bertoli:<br />

Forno Allione e dintorni, cit.<br />

20 «La vertenza degli elettromeccanici<br />

è però decisiva per gli<br />

stessi lavoratori e per i sindacati<br />

lombardi, la cui unità “d’azione”<br />

prosegue nel biennio seguente<br />

con lotte massicce che culminano<br />

nei contratti collettivi firmati<br />

nel 1962 e con il contagio trasmesso<br />

ai lavoratori della Fiat di<br />

Torino, che per la prima volta dal<br />

1954 riprende a scioperare»,<br />

Gianfranco Petrillo, la mutazione<br />

sociale e politica, in 40 anni<br />

di storia, Cgil Lombardia, 2001.<br />

21 Il testo dell’accordo è nell’appendice<br />

“Allegati”.<br />

sul piano economico, oltre che sulle condizioni di lavoro, perché «ogni anno la<br />

produzione aumentava continuamente, mentre i salari restavano spesso fermi». 18<br />

Bisognerà giungere verso la fine del decennio, perché si possa verificare una<br />

ripresa efficace della contrattazione, come ricorda ancora Luigi Mastaglia: «La<br />

stagione dei rinnovi contrattuali che si apre nel 1959 è ancora segnata da<br />

difficoltà unitarie, il padronato picchia forte, ma è in questa fase che emerge fra le<br />

categorie un inizio di unità d’azione»; 19 e l’iniziativa unitaria nel settore Elettromeccanico<br />

– al quale fa ancora riferimento la fabbrica di Forno Allione – per<br />

la conquista del premio di produzione segna quindi uno dei primi avvenimenti di<br />

azione unitaria». 20 Nella stessa fabbrica di Forno Allione, dopo le difficoltà del<br />

decennio, nel luglio del 1959 viene realizzato uno degli accordi più significativi<br />

del dopoguerra. 21<br />

«Nel 1959 c’è stata la vertenza per la quattordicesima: la Direzione la<br />

chiamava “una tantum” e, quindi, come “una tantum” pretendeva di non darcela<br />

più. Abbiamo fatto una lunga battaglia, finché siamo riusciti a riprendercela.<br />

Trentatre giorni filati di sciopero, con manifestazioni a Cedegolo...». 22<br />

Si può comprendere la durezza dello scontro pensando al precedente che<br />

avrebbe rappresentato un simile obiettivo per l’intera contrattazione di categoria,<br />

23 e ci aiuta a comprenderla meglio un altro capo storico del Consiglio di<br />

fabbrica, Mario Giacomini: «Probabilmente c’era dietro una spinta dell’Associazione<br />

Industriale Bresciana, dove si erano resi conto che questa voce avrebbe<br />

costituito un principio e che anche altre aziende avrebbero potuto pagare.<br />

Essendo oltretutto la nostra fabbrica una delle poche in cui c’era il contratto<br />

aziendale e, quindi, la tendenza ad uscire dalle norme della stessa Associazione<br />

Bresciana. Ecco, probabilmente la spinta è venuta da lì...». 24<br />

Naturalmente, all’inizio nessuno si aspettava una lotta di quella intensità: uno<br />

sciopero totale a oltranza e lo stabilimento chiuso per trentatre giorni. Uno<br />

sciopero che, come ricorda ancora Mario Giacomini, «non aveva alcun consenso<br />

da parte dell’opinione pubblica locale, tanto è vero che in alcune parrocchie si<br />

facevano le conferenze alle madri... ma non dimentichiamo che quelli erano<br />

ancora gli anni Cinquanta!». 25<br />

31


GLI ANNI SESSANTA<br />

«É nei primi anni Sessanta che si formano i militanti sindacali che poi<br />

ritroveremo protagonisti della ripresa delle lotte nel 1967/68 – scrive Luigi<br />

Mastaglia nel citato libro su Teofilo Bertoli – Sono lotte e iniziative che saldano i<br />

movimenti dei grandi centri industriali con quelli relativamente nuovi e che<br />

vedono scendere in lotta a fianco degli operai delle fabbriche anche i lavoratori<br />

dell’agricoltura». Sono gli anni del cosiddetto “miracolo economico”, gli anni di<br />

quell’impetuosa crescita di tutti gli indicatori economici e sociali. Crescita che in<br />

Italia, e ancor più in Lombardia, è preceduta, accompagnata e seguita da un<br />

tumultuoso fermento culturale e sociale.<br />

All’Elettrografite di Forno Allione «il 1961-1964 fu un quadriennio contraddittorio,<br />

caratterizzato da un inizio pieno di speranze e terminato tra notevoli delusioni;<br />

che vide consistenti aumenti di capacità produttiva e di personale, seguiti da<br />

recessioni e licenziamenti». 26 Le cause, sempre secondo l’autore del libro citato<br />

vanno attribuite «alle incertezze seguite alle nazionalizzazioni in corso ed a quelle<br />

paventate, alla crisi dell’edilizia, ma anche alle “grosse rivendicazioni salariali a<br />

carattere generale” <strong>27</strong> che provocarono una lievitazione dei costi senza possibilità di<br />

adeguamento dei prezzi a causa della concorrenza nazionale ed estera». 28<br />

Alcuni significativi riscontri sul buon avvio del decennio trovano conferma<br />

nella relazione del Consiglio di amministrazione all’Assemblea del 21 <strong>marzo</strong><br />

1963 (relativamente al bilancio d’esercizio 1962): «Si sono raggiunti nuovi<br />

traguardi nel quadro del nostro programma di sviluppo aziendale. Il livello<br />

qualitativo dei nostri prodotti, la maggior specializzazione e potenzialità produttiva,<br />

l’efficienza della nostra organizzazione si sono ulteriormente affermati, consentendoci<br />

di estendere il nostro giro di affari, come risulta dall’importo del<br />

fatturato che mostra un sensibile aumento ed al quale ha pure contribuito<br />

l’aumento delle esportazioni. I risultati raggiunti e le premesse per un più ampio<br />

sviluppo trovano il loro fondamento nell’alto livello qualitativo della produzione<br />

tradizionale degli elettrodi e degli anodi e nella produzione più recente del<br />

Karbate 29 e delle specialità 30 raggiunto dal nostro complesso industriale».<br />

32<br />

22 Rodolfo Scolari, Il sindacato<br />

in una fabbrica agonizzante, in<br />

Teofilo Bertoli: Forno Allione e<br />

dintorni, cit.<br />

23 Lo stesso contratto nazionale<br />

dei chimici, pur all’avanguardia<br />

nella contrattazione collettiva di<br />

categoria, avrebbe previsto la<br />

quattordicesima mensilità soltanto<br />

molto più tardi.<br />

24 Mario Giacomini, Sindacato e<br />

direzione aziendale dell’Uci, in<br />

Teofilo Bertoli: Forno Allione e<br />

dintorni, cit.<br />

25 «Il clero camuno si inserisce e<br />

partecipa attivamente alla vita<br />

sociale, con una presenza molto<br />

più attiva di quanto avviene in<br />

altre zone della provincia. Spesso<br />

ha assunto anche posizioni<br />

socialmente avanzate [...]. Queste<br />

posizioni, che a prima vista<br />

potrebbero sembrare esclusivamente<br />

demagogiche, riflettono<br />

in gran parte vera preoccupazione<br />

e sensibilità sociale...», Giancarlo<br />

Zinoni, Valcamonica<br />

1954, ricostruzione e politica<br />

dei comunisti, Luigi Micheletti<br />

editore, Brescia, 1982.<br />

26 Francesco Gino Frattini, Storia<br />

dell’insediamento industriale<br />

di Forno Allione, Biblioteca<br />

comunale di Cedegolo, novembre<br />

1993.


<strong>27</strong> «L’aumento delle retribuzioni<br />

e degli oneri previdenziali verificatisi<br />

verso la fine del 1961 e gli<br />

inasprimenti fiscali che graveranno<br />

sul prossimo esercizio,<br />

avranno indubbiamente conseguenze<br />

negative sui ricavi netti<br />

del 1962», dal Verbale assemblea<br />

del 19 aprile 1962.<br />

28 Francesco Gino Frattini, cit.<br />

29 «Nel 1962 viene realizzato il<br />

reparto Karbate. La produzione<br />

consiste in tubi di grafite impermeabilizzati<br />

con resine sintetiche<br />

da utilizzare nella costruzione di<br />

scambiatori di calore per le torri<br />

di distillazione usate nelle industrie<br />

chimiche. Si fa molto affidamento<br />

sul nuovo prodotto; sembra<br />

che sia destinato a soppiantare<br />

la primaria produzione degli<br />

elettrodi», Luigi Mastaglia, Un<br />

attivista sindacale e la sua fabbrica,<br />

in Teofilo Bertoli, Forno<br />

Allione e dintorni, cit.<br />

30 «Al Karbate si aggiunge il reparto<br />

delle lavorazioni speciali<br />

(mattoni, pompe, pezzi speciali<br />

su ordinazione) in grafite impermeabilizzata<br />

(impregnata) con le<br />

stesse resine sintetiche usate<br />

per il Karbate», Ibidem.<br />

31 Si tratta comunque di un utile<br />

netto di 325,6 milioni di lire.<br />

32 Il 22 febbraio del 1962, presieduto<br />

da Amintore Fanfani, nasce<br />

Anche se la stessa relazione conferma alcuni dei “limiti” già citati dal Frattini:<br />

«Non possiamo invece esimerci dal constatare che la sempre più intensa concorrenza,<br />

ed in particolare quella estera, ci ha impedito di adeguare i prezzi di<br />

vendita ai costi di produzione in continuo aumento sia per i crescenti oneri<br />

salariali che per il maggior costo delle merci e dei servizi».<br />

La relazione del 20 febbraio 1964 (relativa all’esercizio 1963), nel denunciare<br />

un utile netto «nettamente inferiore a quello dell’anno precedente», 31 attribuisce<br />

le cause di tale calo alla «sfavorevole fase di congiuntura» ed alle «agitazioni<br />

sindacali, che hanno turbato l’attività produttiva della nostra azienda», aggiungendo<br />

però che «il clima di incertezza che ha pervaso l’economia del nostro<br />

paese ed il nuovo indirizzo della politica nazionale si sono ripercossi negativamente<br />

sul mercato economico e finanziario». 32<br />

In realtà, così come negli anni successivi tutto il quadro politico e sindacale sarà<br />

condizionato dalla “strategia della tensione” (che diventerà il vero fronte di lotta,<br />

tutta difensiva, delle forze sindacali e politiche democratiche), la stessa crisi subita<br />

nel 1964 dalle ambizioni riformatrici del centro-sinistra «era frutto di una minaccia<br />

di colpo di stato di cui sarebbero state le prime vittime i partiti di sinistra e la Cgil». 33<br />

Nel gennaio del 1961 viene messo a punto e firmato fra le parti l’accordo sul<br />

“Fondo assistenza integrativa per gli operai”, con lo scopo di «erogare un<br />

sussidio integrativo ai dipendenti assenti dal lavoro per malattia e per infortunio»,<br />

attraverso un regolamento specifico che ne prevede le modalità di intervento e di<br />

gestione. Il “Fondo” verrà finanziato attraverso un contributo dell’1,5% sul<br />

salario globale lordo, a carico dell’azienda e dei dipendenti nella misura di 2/3<br />

per l’azienda ed 1/3 per il singolo lavoratore. L’accordo avrà una durata<br />

“sperimentale” di un anno (dal 1º gennaio 1961 al 1º gennaio 1962), ma in<br />

sostanza diverrà lo strumento attraverso il quale, anticipando di alcuni anni<br />

un’analoga contrattazione a livello nazionale, ai dipendenti dell’Elettrografite di<br />

Forno Allione sarà assicurato il 100% del salario anche in caso di assenza per<br />

infortunio o malattia.<br />

Nel <strong>marzo</strong> del 1964, dopo alcune intese raggiunte nella sede della Prefettura<br />

bresciana, viene firmato un nuovo significativo accordo triennale (dal 1º gennaio<br />

33


1964 al 31 dicembre 1966) in cui, fra l’altro, viene istituito un “premio di<br />

operosità” regolato sugli aumenti della produttività....<br />

Ma nello stesso anno la crisi economico-congiunturale offre il pretesto<br />

all’azienda per un attacco sul fronte dei livelli occupazionali: alcune decine di<br />

lavoratori vengono sospesi a zero ore e, quindi, a varie riprese licenziati: in molti<br />

casi (ma non sempre) con premio di buonuscita.<br />

«Nel 1964 – leggiamo in un “Rapporto del Consiglio di fabbrica redatto nel<br />

1976 – la produzione complessiva è di 17mila tonnellate di prodotto finito. Nello<br />

stesso anno inizia la fase discendente del numero di occupati. 34 Con il pretesto<br />

della crisi economica si sospendono a zero ore 200 lavoratori, che gradualmente<br />

vengono licenziati con un “premio di buonuscita”. 35 ». 36<br />

L’azienda sfrutta decisamente la situazione di incertezza e di timore che si<br />

viene a creare dopo i licenziamenti, istituisce ed introduce nei reparti la figura del<br />

“tempista”, addetto a cronometrare le varie operazioni di lavoro, per spingere la<br />

produttività (già sensibilmente aumentata grazie alle innovazioni tecnologiche)<br />

anche attraverso l’aumento dei ritmi e dei carichi di lavoro, così che, nonostante<br />

la crisi congiunturale la produzione complessiva non cala. 37<br />

Tant’è vero che «gli indici della produzione industriale, che avevano registrato<br />

modesti segni di incremento nel corso del 1965, hanno confermato nel decorso<br />

esercizio la tendenza ad un ulteriore miglioramento, che si è favorevolmente<br />

ripercosso sui risultati economico finanziari della industria nazionale. [...] anche le<br />

vendite dei nostri elettrodi hanno superato del 13% quelle dell’anno precedente».<br />

38 L’esercizio in questione (il 1966), quindi, chiuderà con utile di 730,9 milioni.<br />

Nel corso del primo semestre 1967, le vendite si mantengono a livello del<br />

1966, mentre «i costi di produzione, anche a seguito di perfezionamenti tecnici<br />

apportati e di una ulteriore contrazione dell’organico, sono risultati leggermente<br />

inferiori». 39 L’utile, quindi, «risulta favorevolmente influenzato da questi fattori».<br />

In questi stessi anni di “crisi”, in seguito ad una indagine di mercato realizzata<br />

in collaborazione con la Union Carbide Corporation di New York, che prevede<br />

«la necessità di disporre entro qualche anno di una capacità produttiva notevolmente<br />

superiore a quella attualmente esistente», la società, stimolata anche da<br />

varie agevolazioni concesse dalle leggi per lo sviluppo del Mezzogiorno, decide<br />

34<br />

il primo governo di centrosinistra,<br />

fra i cui proponimenti c’è la<br />

nazionalizzazione di alcuni settori<br />

strategici dell’economia, come<br />

quello dell’energia elettrica. La<br />

stampa americana, riferendo alcune<br />

notizie allarmistiche diffuse<br />

dai critici del nuovo governo,<br />

scriverà che «cinquanta miliardi<br />

di lire sarebbero finite nelle banche<br />

svizzere da quando Fanfani<br />

ha costruito il suo governo di<br />

centro sinistra, e vi sarebbe il<br />

pericolo che la crescita dell’economia<br />

italiana possa subire un<br />

arresto», comunicato Ansa del 5<br />

<strong>marzo</strong>, ed il presidente della Confindustria,<br />

Furio Cicogna, ad un<br />

anno esatto di distanza dalla nascita<br />

della nuova formula di governo,<br />

nella sua relazione ai soci<br />

esprimerà le preoccupazioni della<br />

categoria per alcune riforme<br />

che «scuotono la fiducia degli<br />

imprenditori».<br />

33 Gianfranco Petrillo, cit.<br />

34 L’occupazione massima si raggiungerà,<br />

appunto, negli anni<br />

1963/64, con quasi mille dipendenti<br />

(di cui circa 850 nello stabilimento<br />

di Forno Allione e circa<br />

100 presso la sede di Milano.<br />

35 In quegli anni non esistevano<br />

ancora né la Cassa integrazione<br />

guadagni né altre forme di “ammortizzatori<br />

sociali”.


36 Duecento licenziamenti, secondo<br />

il documento sindacale,<br />

mentre il Frattini parla di «circa<br />

100 unità lavorative». La discordanza<br />

probabilmente è soltanto<br />

apparente, nel senso che «circa<br />

100» potrebbero essere i lavoratori<br />

effettivamente licenziati,<br />

mentre negli altri casi potrebbe<br />

essersi trattato di “dimissioni”<br />

incentivate (ecco il “premio di<br />

buonuscita”) e, quindi, non risultanti<br />

agli effetti “statistici”<br />

come veri e propri licenziamenti.<br />

37 «La riorganizzazione, i quadri<br />

aziendali e la maggior produttività<br />

conseguita con i nuovi impianti<br />

e macchinari entrati in funzione<br />

ci hanno consentito la riduzione<br />

di circa 100 unità lavorative<br />

nel corso dell’esercizio»,<br />

dalla relazione del Consiglio di<br />

amministrazione all’Assemblea<br />

del 21 aprile 1966.<br />

38 Verbale dell’assemblea ordinaria<br />

del 30 <strong>marzo</strong> 1967.<br />

39 Verbale del Consiglio di amministrazione<br />

del 20 giugno 1968.<br />

40 Union Carbide Italia.<br />

41 «Per “strozzatura” si intende<br />

l’impossibilità del Reparto Grafitazione<br />

di produrre più di 25mila<br />

tonnellate/anno di elettrodi, a<br />

fronte di una capacità dei Reparti<br />

di realizzare un nuovo impianto al sud con capacità produttiva di oltre 10mila<br />

tonnellate annue. La progettazione e la realizzazione del nuovo impianto di<br />

Caserta richiederanno circa due anni, ed investimenti per circa un miliardo.<br />

«L’espandersi di quest’azienda al Sud e la possibilità di produrre elettrodi di<br />

tutte le dimensioni – leggiamo sempre nel già citato rapporto del Consiglio di<br />

fabbrica – è senza dubbio motivo di preoccupazione per le maestranze di Forno<br />

Allione. Non lo sarebbe se si riscontrasse una volontà da parte dell’Uci 40 ad<br />

ammodernare gli impianti esistenti e fare investimenti per eliminare la “strozzatura”<br />

rappresentata dal reparto Grafitazione, 41 per produrre 35mila tonnellate di<br />

elettrodi l’anno a fronte delle attuali 25mila. Il Sindacato è stato ed è favorevole<br />

ad insediamenti industriali nelle zone sottosviluppate del Sud – continua il<br />

rapporto del Consiglio di fabbrica – , ma questa industrializzazione non può<br />

avvenire a scapito delle zone sottosviluppate del Nord».<br />

Sono evidenti, in questo rapporto del consiglio di fabbrica, due elementi<br />

significativi: il primo relativo al timore che la lotta per la difesa della fabbrica di<br />

Forno Allione possa determinare delle “ricadute” negative rispetto alle iniziative di<br />

solidarietà che, proprio in quegli anni, vedono il sindacato fortemente impegnato<br />

nella vertenza per lo sviluppo del Mezzogiorno; il secondo elemento, invece, viene<br />

colto molto bene da Mimmo Franzinelli nella sua prefazione al citato libro su<br />

Teofilo Bertoli: «... si evidenzia un contrasto via via crescente tra sindacato e<br />

direzione dello stabilimento proprio su questo punto [la piena accettazione del<br />

proprio ruolo di produttori, con quanto ciò comporta in termini di fatica e di<br />

orgoglio, da parte dei lavoratori]: ai delegati che insistono sulla necessità di uscire<br />

dalla crisi produttiva col potenziamento dei reparti vengono fornite risposte evasive,<br />

dietro le quali – come poi si è visto – stava la totale disponibilità a tradurre in<br />

pratica le direttive della multinazionale per la chiusura della fabbrica»...<br />

La direzione aziendale ha ben altri progetti, quindi, anche in tema di attività<br />

produttiva. Nel frattempo, infatti, al fine di godere dei «vantaggi che potrebbero<br />

derivare alla società da una estensione dell’attività in campi già trattati dalla casa<br />

madre Union Carbide Corporation», 42 con assemblea straordinaria del 1º settembre<br />

1966, viene deciso il cambio della ragione sociale: la Elettrografite di<br />

Forno Allione Spa assume la denominazione sociale di Union Carbide Italia.<br />

35


Viene modificato anche lo statuto, al fine di «introdurre il commercio di prodotti<br />

chimici, materie plastiche, resine, metalli e loro leghe, gas industriali, batterie<br />

elettriche, nonché dei prodotti derivati dai precedenti, degli impianti e delle<br />

attrezzature, immagazzinare e trasportare quanto sopra menzionato, dando<br />

corso anche alla produzione di tutti i materiali o prodotti sopra elencati». 43<br />

E qui balza agli occhi con evidenza la “vocazione” originaria della Union<br />

Carbide, la sua impronta più autentica:<br />

«Nata all’inizio del secolo dal connubio di quattro società che fabbricavano<br />

pile elettriche, lampade all’acetilene per l’illuminazione stradale e fari per le<br />

prime automobili, la “Carbide” – com’era chiamata affettuosamente dal<br />

personale – aveva avuto la sua prima ora di gloria grazie alla guerra del 1914-<br />

18. L’elio uscito dai suoi alambicchi aveva infatti permesso ai palloni frenati<br />

di innalzarsi nel cielo della Francia per individuare le batterie dell’artiglieria<br />

tedesca; un blindaggio di sua invenzione a base di ferro e zirconio aveva<br />

fermato gli obici del Kaiser sui primi carri armati alleati; le sue pastiglie di<br />

carbone attivo nelle maschere a gas avevano protetto i polmoni di migliaia di<br />

fanti nelle trincee della Somme e della Champagne. 44 Venticinque anni dopo<br />

la Carbide si sarebbe messa di nuovo al servizio dell’America durante il<br />

secondo conflitto mondiale. Dalla sua prima collaborazione con gli scienziati<br />

del Manhattan Project era nata la prima bomba atomica». 45<br />

IL SESSANTOTTO E LO STATUTO DEI LAVORATORI<br />

«Una delle prime vertenze del Consiglio di fabbrica – ricorda Albino Ferrati –<br />

ha riguardato l’ambiente di lavoro: di riflesso alle lotte del Sessantotto, il<br />

sindacato cominciava a portare avanti le questioni dell’ambiente di lavoro.<br />

Ricordo che c’era stata tutta una serie di iniziative di preparazione alla questione<br />

dell’ambiente, con un corso di due giornate – all’Eremo di Bienno – a cui<br />

partecipò tutto il Consiglio di fabbrica, in funzione di una vertenza sull’ambiente,<br />

che poi era sfociata in un accordo». 46<br />

L’accordo di cui parla Albino Ferrati (che riproduciamo integralmente in<br />

appendice con diversi altri documenti significativi) porta la data del 24 giugno<br />

36<br />

a “monte” (Trafila, Cottura, Impregnazione)<br />

e a “valle” (Torneria)<br />

pari a 35mila tonnellate/<br />

anno. Gli investimenti richiesti,<br />

quindi, dovevano servire a realizzare<br />

un nuovo reparto di Grafitazione<br />

o ad ampliare la capacità<br />

di quelli esistenti (Grafitazione A<br />

e Grafitazione C).<br />

42 Dal verbale del Consiglio di amministrazione<br />

del 1º agosto 1966.<br />

43 «Sono le strategie finanziarie<br />

che stanno cambiando a livello<br />

mondiale nei paesi avanzati, di cui<br />

l’Italia è ormai entrata a far parte,<br />

spostando risorse dalle attività<br />

manifatturiere, divenute sempre<br />

più costose a causa delle conquiste<br />

sindacali, a quelle finanziarie»,<br />

Gianfranco Petrillo, cit.<br />

44 Per ironia della sorte, un quarto<br />

di secolo dopo, come abbiamo<br />

già avuto modo di ricordare, saranno<br />

proprio i Tedeschi ad utilizzare<br />

per scopi bellici gli impianti<br />

di produzione dello stabili-


mento di Forno Allione (che si<br />

chiama ancora Elettrografite, ma<br />

di cui la “Carbide” è già l’azionista<br />

di riferimento).<br />

45 Dominique Lapierre e Javier<br />

Moro, Mezzanotte e cinque a<br />

Bhopal, Mondadori, agosto<br />

2001, pag. 40.<br />

46 Albino Ferrati, Anni di vicende<br />

operaie e sindacali, in Teofilo<br />

Bertoli, Forno Allione e dintorni,<br />

cit.<br />

47 « L’affiancamento della Commissione<br />

interna [al Consiglio di<br />

fabbrica] è durato quattro anni,<br />

poi insieme ai lavoratori in assemblea<br />

abbiamo deciso di superare<br />

le vecchie rappresentanze»,<br />

Luigi Mastaglia, Ibidem.<br />

1971: siamo ancora nella fase di “convivenza” fra la “vecchia” Commissione<br />

interna ed i nuovi Delegati sindacali previsti dallo Statuto dei lavoratori 47 e,<br />

quindi, il verbale d’accordo è firmato da entrambe le strutture sindacali di<br />

fabbrica. Ma si va già delineando chiaramente il ruolo che dovrà avere Consiglio<br />

di fabbrica, soprattutto in tema di ambiente di lavoro: «a) Alla rappresentanza<br />

sindacale aziendale [l’insieme dei delegati di reparto] sono devolute le attribuzioni<br />

previste dall’art. 9 dello Statuto dei lavoratori (Legge 20 maggio 1970, n.<br />

300); b) la Clinica del Lavoro di Milano è per comune designazione organo di<br />

consulenza in materia di igiene del lavoro; c) per l’affidamento alla Clinica del<br />

Lavoro delle indagini da effettuare, la Direzione dello stabilimento, congiuntamente<br />

alla rappresentanza sindacale aziendale, prenderà i necessari contatti con<br />

la Clinica stessa; d) le relazioni della Clinica del Lavoro conseguenti alle indagini<br />

affidate verranno portate a conoscenza della rappresentanza sindacale aziendale.<br />

Membri di quest’ultima potranno presenziare alle operazioni di rilievo; e) per<br />

tutto il personale per il quale, in relazione a specifiche tecnopatie aziendali<br />

saranno disposti accertamenti medici periodici, sarà istituita una scheda sanitaria<br />

che verrà compilata dal medico di fabbrica e conservata preso l’infermeria.<br />

Copia di tale scheda verrà consegnata ai lavoratori interessati, i quali la restituiranno<br />

in occasione dei successivi accertamenti per l’aggiornamento».<br />

L’accordo prosegue poi elencando gli impegni dell’azienda, che «interverrà,<br />

nei limiti del possibile, per rimuovere le cause di nocività emerse dalle indagini» e,<br />

«agevolerà in quanto possibile le iniziative di Enti pubblici (Consorzio antitubercolare,<br />

ecc...) tendenti a tutelare la salute e potenziare la prevenzione delle<br />

malattie». L’azienda, infine, «conferma il suo impegno a procedere nei programmi<br />

di miglioramento ambientale, dello stabilimento tenendo informate di ciò le<br />

rappresentanze sindacali aziendali».<br />

Ma la realizzazione di tale accordo non fu senza problemi e difficoltà, anche<br />

all’interno della stessa delegazione sindacale.<br />

Le richieste qualificanti della piattaforma, per dirla con le parole di Luigi<br />

Mastaglia, «erano quelle riferite alla possibilità di far entrare in fabbrica una<br />

struttura universitaria (nel nostro caso, la Clinica del Lavoro dell’Università di<br />

Milano) per avviare un’indagine conoscitiva delle condizioni ambientali e, natu-<br />

37


almente, quella riferita al riconoscimento del Consiglio di fabbrica quale agente<br />

contrattuale a tutti gli effetti». 48 Le altre richieste, quindi, se non proprio “di<br />

contorno”, sono complementari, e sicuramente meno significative.<br />

«La contrattazione in azienda – sono ancora parole di Luigi Mastaglia – ha<br />

sgrossato le questioni di minore importanza, ma quando siamo arrivati a quelle<br />

importanti le difficoltà sono emerse. La Direzione non intendeva più andare<br />

avanti, aveva “mollato” su qualche passaggio di categoria, sull’aumento salariale<br />

e su altre cosette, ma su quello che più ci interessava non intendeva più<br />

trattare. Anche al nostro interno sono sorte alcune perplessità: se chiudere a<br />

qual punto o partire con le ostilità per ottenere di più. Serviva un passaggio 49<br />

nel Consiglio di fabbrica e in Assemblea. La delegazione contrattuale ha<br />

siglato “con riserva” il verbale». 50<br />

La riunione del Consiglio di fabbrica è stata piuttosto tempestosa, nel senso<br />

che alcuni rappresentanti della “vecchia guardia” spingevano per accettare le<br />

proposte dell’Azienda, ma la maggioranza 51 ha deciso di andare in assemblea a<br />

proporre di respingere l’ipotesi di accordo.<br />

In assemblea la discussione non è stata meno vivace, ma alla fine il nuovo<br />

organismo di rappresentanza ha raccolto la maggioranza dei consensi per<br />

procedere con la vertenza, anche a costo di sostenere con la lotta le richieste più<br />

significative. 52<br />

La Direzione, dal canto suo, probabilmente con l’intento di mettere in<br />

difficoltà il Consiglio di fabbrica, ha spostato il tavolo del confronto a Brescia,<br />

nella sede dell’Associazione Industriale, coinvolgendo così anche le segreterie<br />

provinciali di categoria. 53<br />

Per circa tre mesi il Consiglio di fabbrica, in pieno accordo con le strutture<br />

provinciali, è riuscito a tenere la situazione, con una serie di scioperi molto<br />

partecipati, programmati in modo tale da incidere il meno possibile sulle tasche<br />

dei lavoratori, ma di pesare molto su quelle dell’azienda.<br />

La vertenza è stata portata a conoscenza degli abitanti dell’alta Valcamonica:<br />

ogni giorno si giravano i paesi a distribuire volantini sui quali erano descritte le<br />

varie richieste e attraverso i quali si chiedeva solidarietà. 54 Si sono sollecitate le<br />

Amministrazioni comunali a prendere posizione con Ordini del giorno a favore<br />

38<br />

48 Luigi Mastaglia, Un attivista<br />

sindacale e la sua fabbrica, in<br />

Teofilo Bertoli, Forno Allione e<br />

dintorni, cit.<br />

49 Una verifica.<br />

50 Non potendo partecipare alla<br />

riunione del Consiglio di Fabbrica,<br />

il segretario della Filcea-Cgil<br />

di Brescia, Dino Valseriati, farà<br />

pervenire allo stesso Consiglio<br />

una nota in cui vengono espressi<br />

commenti e proposte su ogni<br />

singolo punto di quello che definisce<br />

un «accordo di massima».<br />

51 «Bertoli in testa, schierato con<br />

tutta la sua autorevolezza a fianco<br />

dei giovani...», Luigi Mastaglia,<br />

Ibidem.<br />

52 «I rapporti tra maestranze e<br />

datori di lavoro si sono incrinati<br />

alla fine di giugno scorso allorché<br />

l’assemblea dei lavoratori respinse<br />

l’accordo stipulato tra i<br />

rappresentanti della ditta e la sezione<br />

sindacale aziendale», Enrico<br />

Cattane, Il significato della<br />

vertenza dell’Uci di Forno d’Allione:<br />

prima difendiamo la salute,<br />

La voce della Valle Camonica,<br />

11 settembre 1971.<br />

53 «Pensavano che il nuovo organismo<br />

di rappresentanza di


fabbrica venisse sconfessato, o<br />

che il confronto si incanalasse<br />

su binari più tranquilli, ma si sbagliavano<br />

di grosso», Luigi Mastaglia,<br />

Ibidem.<br />

54 Durante una delle tante manifestazioni,<br />

a Cedegolo, tredici lavoratori<br />

e due sindacalisti (Ernesto<br />

Fenaroli e Franco Castrezzati)<br />

vennero denunciati ed imputati<br />

per aver «impedito la libera<br />

circolazione, ostruito la strada<br />

statale n. 42 del Tonale e della<br />

Mendola ponendo di traverso<br />

sulla stessa delle autovetture,<br />

impedendo per venti minuti il<br />

passaggio delle autovetture provenienti<br />

da Edolo e da Brescia».<br />

55 Nell’agosto del 1971 i segretari<br />

provinciali della Filcea-Cgil,<br />

Dino Valseriati, e della Fim-Cisl,<br />

Franco Castrezzati, scrivono una<br />

lettera ai rappresentanti delle<br />

istituzioni valligiane, provinciali<br />

e regionali, informando che «alla<br />

Uci di Forno Allione è in atto una<br />

vertenza che tiene in sciopero i<br />

dipendenti da oltre un mese. A<br />

prescindere dal merito delle singole<br />

rivendicazioni, su cui si potrà<br />

raggiungere un compromesso<br />

più o meno positivo – aggiungono<br />

i dirigenti provinciali – desideriamo<br />

sottolineare che le<br />

dei lavoratori, 55 e l’una cosa e l’altra hanno favorito l’intervento del Prefetto di<br />

Brescia, che ha convocato le parti e, dopo un’estenuante trattativa, 56 fra dichiarazioni<br />

di rottura e riprese del confronto, si è riusciti a concludere un accordo<br />

soddisfacente.<br />

Ecco come viene descritta da Enrico Cattane la vertenza (ormai nella sua fase<br />

conclusiva): «... si comprende come le richieste specificamente economiche<br />

siano passate in secondo ordine rispetto ai problemi della salute e dell’ambiente<br />

di lavoro. Questo è indubbiamente un segno di maturità e di presa di coscienza<br />

sui valori della persona umana e dei fattori fondamentali ad essa inerenti, tra cui<br />

soprattutto la salvaguardia della salute». 57<br />

«Quante aziende in Valcamonica si trovano nella medesima situazione della<br />

Uci?!», si chiede ancora Cattane, che conclude con una sorta di appello:<br />

«Diamo atto agli operai di Forno d’Allione di essere i primi a rivendicare, a<br />

livello contrattuale, la tutela della salute: è un richiamo che ci deve far riflettere!».<br />

Ecco, è dall’accordo del 1971 (che porterà la data iniziale del 24 giugno), 58<br />

essenzialmente, che partono le mosse per la realizzazione di quelle indagini<br />

ambientali che – in un rapporto di stretta collaborazione fra il Consiglio di<br />

fabbrica e la Clinica del Lavoro di Milano prima e, quindi, fra lo stesso<br />

Consiglio di fabbrica e l’Ussl di Valcamonica nell’ultimo decennio di attività<br />

dello stabilimento – faranno emergere tanti degli “effetti collaterali” che si sono<br />

sviluppati per quasi un secolo all’interno (ma con gravi e a volte irreversibili<br />

danni all’esterno) dello stabilimento di Forno Allione. Anche se il percorso<br />

non sarà sempre agevole... 59<br />

«I risultati delle analisi furono così catastrofici che la direzione della<br />

fabbrica ne vietò la divulgazione. I campioni di terra raccolti oltre il<br />

perimetro del reparto di formulazione del Sevin 60 avevano tra l’altro<br />

evidenziato un’elevata presenza di mercurio, cromo, nichel e piombo.<br />

Nell’acqua dei pozzi situati a sud-est della fabbrica, furono rilevati cloroformio,<br />

tetracloruro di carbonio e benzene. Il rapporto degli esperti fu<br />

categorico: si trattava di una contaminazione potenzialmente letale. Ciò<br />

nonostante, contrariamente alle promesse della Carbide, non sarebbe stata<br />

presa alcuna misura per eliminare l’inquinamento». 61<br />

39


Il brano appena letto si riferisce alla lontana fabbrica di Bhopal, evidentemente,<br />

ma per oltre un decennio (dai primi anni Settanta fino alla drammatica notte tra il 2<br />

ed il 3 dicembre del 1984) 62 le due fabbriche della grande multinazionale vivono<br />

degli sviluppi in qualche modo simili, anche se l’epilogo di Bhopal sarà ben più<br />

tragico che non quello di Forno Allione.<br />

Ulteriori motivi di confronto fra le due diverse realtà, infine, possiamo coglierli<br />

anche in diversi altri passaggi del libro di Lapierre, come quando descrive,<br />

accanto alla tanto sbandierata “cultura della sicurezza” («Siamo giunti a mezzo<br />

milione di ore di lavoro senza una sola giornata perduta»), le sue più vistose<br />

lacune: «Per il personale medico assunto alla Carbide non fu previsto alcun<br />

corso di formazione sulle patologie legate a fughe o esplosioni di gas, in<br />

particolare dell’isocianato di metile.». 63<br />

Del resto, a conferma di quanto e come l’accostamento non sia troppo<br />

azzardato, basta andarsi a rileggere la lettera del professor Vito Foà, dirigente<br />

della Clinica del Lavoro di Milano, al Consiglio di fabbrica nel <strong>marzo</strong> del 1972,<br />

a proposito dell’incarico ricevuto nel novembre dell’anno precedente: «... ho<br />

preso contatto con la Direzione dell’Uci qui a Milano. Ho trovato notevole<br />

freddezza ed anche una scarsa disponibilità, almeno come mi è parso di capire al<br />

telefono, a condurre effettivamente l’indagine da noi proposta e da Voi approvata.<br />

Chiara invece è stata la netta presa di posizione contro la possibilità che<br />

venga assunto un medico di scelta operaia o al limite anche di scelta della Clinica<br />

del Lavoro. L’Uci vuole andare avanti con il suo vecchio medico, fintanto che<br />

non ne troverà un altro di suo gradimento e, soprattutto, di sua scelta.<br />

L’ingegner Malpei – continua la lettera di Vito Foà – ne fa una “questione di<br />

principio”. Pertanto su questo punto le posizioni sembrano antitetiche e poco mi<br />

sembra può fare la Clinica del lavoro per farle cambiare all’Uci. Quindi mi<br />

sembra più logico premere sui Comuni della Valle perché istituiscano il servizio<br />

di Medicina del Lavoro, uno dei medici del quale potrà essere il Dr. Lo Russo.<br />

Da parte mia – conclude la lettera – se ne avrò l’occasione, continuerò a<br />

chiedere all’Uci la soluzione del problema medico di fabbrica».<br />

Nulla di nuovo sotto il sole (anzi, sotto la prestigiosa “losanga” blu) della<br />

“Carbide”, quindi...<br />

40<br />

scriventi Organizzazioni sindacali,<br />

d’intesa con le rappresentanze<br />

sindacali di fabbrica, con<br />

questa vertenza si sono poste<br />

soprattutto l’obiettivo di garantire<br />

ai lavoratori un posto sicuro,<br />

livelli occupazionali più stabili e<br />

condizioni di lavoro meno nocive»,<br />

<strong>Tullio</strong> <strong>Clementi</strong>, Valcamonica,<br />

1968 - 2001. La parabola<br />

della sinistra politica e sociale,<br />

http.www.netmatica.it/clementi.<br />

56 La trattativa durerà ininterrottamente<br />

dalle ore 10 antimeridiane<br />

del 14 settembre fino alle 7 e<br />

mezza della mattina successiva.<br />

57 Enrico Cattane, cit.<br />

58 Presumibilmente per far decorrere<br />

anticipatamente (rispetto<br />

alla data effettiva della firma, nel<br />

mese di settembre) alcuni istituti<br />

contrattuali, come il monte ore a<br />

disposizione del Consiglio di<br />

fabbrica.<br />

59 «Per molti anni l’Unità Operativa<br />

di Tutela della Salute nei Luoghi<br />

di Lavoro della Ussl [di Valcamonica]<br />

si è occupata di questa<br />

fabbrica, ottenendo anche<br />

qualche risultato importante. A<br />

partire dalla metà degli anni Ottanta<br />

la Union Carbide ha adottato<br />

una politica fortemente<br />

orientata alla prevenzione degli


infortuni. Ma fin dal primo sopralluogo<br />

noi Operatori della<br />

Ussl abbiamo verificato la ferma<br />

volontà da parte aziendale di negare<br />

l’esistenza di rischi per la<br />

salute, in particolare di un rischio<br />

cancerogeno», Siria Garattini<br />

e Luciano Tolla, La produzione<br />

degli elettrodi di grafite<br />

in Vallecamonica. I rischi per la<br />

salute dei lavoratori e l’inquinamento<br />

ambientale.<br />

60 Nome in codice dell’«Experimental<br />

Insecticide Seven<br />

Seven» (Insetticida sperimentale<br />

Sette Sette), realizzato dalla Union<br />

Carbide nei primi anni Cinquanta<br />

nei laboratori del Boyce Thompson<br />

Institute di Yonkers.<br />

61 Dominique Lapierre e Javier<br />

Moro, cit., pag. 135.<br />

62 Nella notte tra il 2 e il 3 dicembre<br />

1984, a mezzanotte e cinque,<br />

una nube di gas tossico fuoriesce<br />

dalla fabbrica di pesticidi<br />

dell’Union Carbide, costruita<br />

pochi anni prima nel cuore dell’antica<br />

città indiana di Bhopal,<br />

provocando la più grande catastrofe<br />

industriale della storia,<br />

con un numero imprecisato di<br />

morti (tra i sedicimila e i trentamila)<br />

e oltre mezzo milione di feriti e<br />

invalidi.<br />

Le questioni, poi, grazie alla capacità di mobilitazione dei lavoratori, prenderanno<br />

gradualmente ben altra piega. Dopo l’assegnazione ufficiale dell’incarico<br />

(nel novembre del 1971) alla Clinica del Lavoro per la realizzazione dell’indagine<br />

ambientale, il Consiglio di Fabbrica approva la proposta di lavoro presentata,<br />

che si articola nell’indagine vera e propria, con prelievi di campioni di polveri,<br />

gas e materiali, e prevede la realizzazione del Libretto Sanitario e di quello di<br />

Rischio, copia dei quali dovrà essere consegnata ai lavoratori.<br />

Diventa quindi importante la figura del “Medico di Fabbrica” che dovrà<br />

certificare i rischi reali per i lavoratori, riscontrati nei vari ambienti di lavoro,<br />

effettuare visite periodiche per tenere aggiornati i libretti e provvedere a disporre<br />

cure o visite ulteriori in caso di necessità. Fino allora, il Presidio infermieristico e<br />

lo stesso Medico di Fabbrica, pur rappresentando nel panorama industriale<br />

della Vallecamonica una lodevole eccezione, sono serviti prevalentemente da<br />

pronto soccorso e, nella maggior parte dei casi, a rappresentare l’immagine<br />

dell’Union Carbide, sensibile e attenta alla salute dei propri dipendenti.<br />

Verificata, anche da parte del dottor Foà, come abbiamo visto, l’indisponibilità<br />

dell’Azienda a sostituire, a breve, il Medico di Fabbrica (che doveva<br />

riscuotere la piena fiducia da parte aziendale), si pensa di aggirare l’ostacolo<br />

puntando sull’obiettivo della realizzazione, in Vallecamonica, di un Servizio<br />

Pubblico di Medicina del Lavoro, come suggerito dallo stesso dottor Foà,<br />

nell’ambito dei neonati Consorzi Sanitari di Zona. 64 Un Servizio pubblico di<br />

Medicina del lavoro, avrebbe rappresentato certamente una valida struttura<br />

specialistica, necessaria per un controllo degli ambienti di lavoro, e non solo per<br />

la Fabbrica di Forno Allione.<br />

In effetti, quindi, a parte alcune modifiche agli impianti e qualche visita in più,<br />

risultati significativi, sulla tutela della salute e sulla individuazione delle malattie<br />

professionali, verranno colti solo quando nella struttura sanitaria della Vallecamonica<br />

inizierà a funzionare l’Uotsll. Nei primi anni, senza la “sponda” di questa<br />

struttura Tecnico/Sanitaria esterna e pubblica, il Consiglio di Fabbrica, ha potuto<br />

fare ben poco per dimostrare che alcune lavorazioni erano nocive e rischiose per<br />

la salute dei Dipendenti.<br />

41


E non mancavano neppure ripetuti ostacoli (al limite della provocazione, in<br />

qualche caso) da parte della Direzione aziendale. Verso la fine del 1974, per<br />

sottolineare ulteriormente il proprio impegno alla tutela della salute dei lavoratori<br />

e, probabilmente, per contrapporre un proprio organismo alla Commissione per<br />

l’Ambiente di Lavoro (composta da rappresentanti dei lavoratori) prevista dal<br />

Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro dell’Industria Chimica, la Direzione<br />

dello stabilimento procede alla creazione di un proprio “Comitato di Sicurezza<br />

Aziendale” composto da Capi Servizio, Capi Fabbrica e Tecnici Aziendali, nel<br />

quale, bontà loro, vengono coinvolti anche dei lavoratori, che partecipano alle<br />

riunioni come invitati.<br />

Dura è la presa di posizione del Consiglio di Fabbrica: attraverso una lettera<br />

inviata alla Direzione e, quindi, un comunicato sindacale, diffuso all’esterno dello<br />

stabilimento, viene espressa la contrarietà al coinvolgimento strumentale dei<br />

lavoratori, che servirebbero solo da paravento alle decisioni assunte dalla<br />

Direzione. Naturalmente non si mette in discussione il Comitato di Sicurezza<br />

Aziendale, ma si vuol mettere bene in chiaro che si tratta del “Comitato Tecnico<br />

dell’Azienda” e, quindi, controparte per il sindacato. I lavoratori che, in perfetta<br />

buona fede, accettarono di entrare nel Comitato Aziendale, danno le dimissioni e<br />

l’Azienda conferma il suo Organismo Tecnico.<br />

Il carattere “di parte” del Comitato Aziendale emergerà chiaramente vent’anni<br />

più tardi, quando si tenderà a far ricadere la responsabilità principale degli<br />

infortuni sulle stesse vittime. Nel verbale del 2 maggio 1994, infatti, dopo la<br />

premessa sulla «delicata situazione che si è venuta a creare all’interno dello<br />

Stabilimento, in seguito alla comunicazione ufficiale da parte della Società di<br />

chiudere in tempi brevi l’unità produttiva di Forno Allione», leggiamo che<br />

«Statisticamente la principale causa soggettiva degli infortuni nel periodo considerato<br />

[1989-1994] è dovuta alla disattenzione da parte dell’infortunato. Pertanto<br />

– continua la nota del verbale presentato al Consiglio di Fabbrica – se<br />

anche nel passato la disattenzione è stata la causa determinante di molti infortuni,<br />

nell’attuale contesto si ha motivo di temere che la medesima possa trovare<br />

ulteriore terreno fertile»...<br />

42<br />

63 Dominique Lapierre e Javier<br />

Moro, cit., pag. 153.<br />

64 All’epoca non esisteva ancora<br />

l’Ussl (Unità socio sanitaria locale)<br />

e, quindi, neppure l’Uotsll<br />

(Unità operativa di tutela della<br />

salute nei luoghi di lavoro).


65 «Gli orfani del grande capitale<br />

privato, ben indennizzati dallo<br />

stato in seguito alla nazionalizzazione<br />

dell’energia elettrica, riuniscono<br />

le forze. Hanno inizio così,<br />

nel 1966, le peripezie della Montedison,<br />

nata dalla fusione tra<br />

Edison e Montecatini, un gigante<br />

dai piedi d’argilla che ben presto<br />

comincerà a inghiottire soldi<br />

pubblici e a inquinare, oltre che<br />

l’ambiente, anche i rapporti tra<br />

politica e affari», Gianfranco Petrillo,<br />

cit.<br />

Si tratta di un decennio che, scrive Frattini, inizia con «un’economia stagnante<br />

e con minacce di recessione, attribuite principalmente all’incapacità di troncare<br />

la spirale ascendente dell’inflazione, alimentata dalle lotte sindacali che tentavano<br />

di ricuperare il potere d’acquisto dei salari; dall’aumento dei prezzi teso a<br />

riprendere i margini di guadagno rosi dal lievitare dei costi di produzione e dal<br />

continuo espandersi della spesa pubblica, in buona parte assorbita dalle perdite<br />

dell’industria nazionalizzata». 65<br />

In questo contesto, dunque, le relazioni sindacali nella fabbrica di Forno<br />

Allione riescono a mantenersi improntate ad un buon rapporto di correttezza<br />

formale soltanto fino alla lunga vertenza del 1971. Correttezza confermata anche<br />

dal verbale del Consiglio di amministrazione del 4 febbraio 1971 che, in merito<br />

allo «stato di agitazione sindacale che per tutto l’anno [1970] ha turbato i<br />

rapporti di lavoro si può dire in tutti i settori industriali, seriamente compromettendo<br />

le capacità produttive [...]», scrive di aver seguito con una certa preoccupazione<br />

«le agitazioni nel campo dell’industria dell’acciaio al forno elettrico, nella<br />

quale l’attività produttiva ha subito interruzioni per le vertenze sindacali riguardanti<br />

l’industria stessa» e che hanno «ridotto le nostre vendite, particolarmente<br />

sul finire dell’anno».<br />

«In questa situazione di generale disagio nelle relazioni aziendali – continua la<br />

nota aziendale – è motivo di compiacimento il poter constatare la serenità e lo<br />

spirito di collaborazione che hanno caratterizzato anche nel 1970 i rapporti con<br />

i nostri dipendenti. Ad essi desideriamo far pervenire l’espressione della nostra<br />

stima e la conferma del nostro intendimento di continuare ad operare con criteri<br />

di larga comprensione nel regolare le condizioni economiche e normative dei<br />

loro rapporti».<br />

Si aggiunge infine che «vari reparti dello stabilimento sono stati migliorati e<br />

potenziati», cosa che, «oltre a riflettersi in una maggiore capacità di produzione<br />

finita, ha anche realizzato un più armonico equilibrio nella possibilità operativa<br />

dei vari reparti». In tale situazione, quindi «è stato possibile contenere le<br />

conseguenze derivanti dai notevoli aumenti dei prezzi delle materie prime e<br />

dall’onere rappresentato dal costo del personale...».<br />

43


L’IMPEGNO POLITICO<br />

Fin dal 1969, quando inizia a delinearsi la fase che verrà poi storicizzata<br />

come “Strategia della tensione”, 66 l’azione sindacale – soprattutto laddove più<br />

forte è la sua consistenza organizzativa – si caratterizza per il suo forte<br />

impegno democratico contro l’emergente minaccia rappresentata dal terrorismo<br />

di marca neofascista. Da allora, e per l’intero arco degli anni Settanta,<br />

nonostante i molteplici problemi e le altrettante preoccupazioni all’interno<br />

dello stabilimento, gli striscioni dell’Uci di Forno Allione, così come i volantini<br />

e gli appelli firmati dal suo Consiglio di Fabbrica, faranno la loro “provvidenziale”<br />

apparizione nel territorio dell’alta valle, con ripetute “escursioni” anche<br />

in ambito nazionale ed internazionale... 67<br />

É del settembre 1972 l’appello del Consiglio di Fabbrica alla Segreteria della<br />

CEI e all’Arcivescovo di Madrid Vincente Enrique y Taracòn, volto a sollecitare<br />

l’intervento presso il Giudice per la liberazione del Sacerdote Operaio Francisco<br />

Garcia Salve 68 e dei suoi compagni, arrestati nel convento di Pozuelo nel giugno<br />

dello stesso anno. La lettera, trascritta poi in comunicato sindacale servirà a<br />

sensibilizzare i lavoratori sulle brutalità perpetrate dal regime franchista che, pur<br />

definendosi Cristiano, ne calpestava sistematicamente gli insegnamenti, con la<br />

complicità, più o meno occulta, delle alte gerarchie ecclesiastiche. 69<br />

Nel gennaio del 1973, a fronte di aumenti ingiustificati dei prezzi dei prodotti<br />

di largo consumo, il Consiglio di fabbrica, dopo un dibattito al suo interno e<br />

dopo aver puntualmente informato i lavoratori tramite i delegati di reparto,<br />

manda una lettera a tutti i Sindaci dell’Alta Valle Camonica e per conoscenza al<br />

Prefetto di Brescia ed alla Tenenza dei Carabinieri di Breno, per sollecitare<br />

interventi e controlli (come peraltro previsto dalla Legislazione vigente) «per<br />

stroncare la speculazione che viene esercitata a scapito del consumatore».<br />

Si tratta, evidentemente, di una battaglia civile contro l’aumento del costo<br />

della vita, così come assumeranno decisamente il carattere di impegno civile gli<br />

incontri con gli insegnanti, per mettere a nudo le carenze del sistema scolastico, e<br />

le iniziativa assunte l’anno successivo a sostegno della “Pia Fondazione” di<br />

Malegno, attraverso la raccolta di fondi da destinare alla riabilitazione dei disabili<br />

ed al loro inserimento nell’ambiente del lavoro. 70<br />

44<br />

66 «Il 12 dicembre la strage provocata<br />

da una bomba posta nella<br />

sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura,<br />

in Piazza Fontana a<br />

Milano, ha ferocemente inaugurato<br />

la strategia della tensione, dimostrando<br />

che esistono forze<br />

(quali esattamente? Sono passati<br />

trent’anni e non lo sappiamo ancora,<br />

e probabilmente mai lo sapremo»,<br />

Gianfranco Petrillo, cit.<br />

67 «Chiunque tra noi abbia passato<br />

da tempo la quarantina e abbia<br />

incontrato il sindacato prima degli<br />

anni del massimo “potere”,<br />

vale a dire il 1975-76, sicuramente<br />

ha incontrato e sfiorato un ambiente<br />

umano davvero speciale.<br />

Non mi riferisco ai grandi leader<br />

né alle prorompenti lotte collettive.<br />

Si tratta di persone; le tante<br />

che con la loro luce anonima fornivano<br />

al sindacato il suo tono<br />

normale. Commissari interni, delegati,<br />

operatori di secondo rango,<br />

semplici attivisti: ciascuno recava<br />

con sé la sua piccola storia di<br />

scelte, di rinunce, di generosità<br />

[...]. Per loro si poteva davvero<br />

utilizzare quella parola “servizio”<br />

che successivamente ha assunto<br />

un tono falso ed ipocrita», Ciò<br />

che non ritorna, almeno per ora:<br />

i santi minori, in Bruno Manghi,<br />

Interno sindacale, Edizioni lavoro,<br />

1996, pagg. 45/46.


68 Uno dei massimi dirigenti delle<br />

Comisiones Obreras spagnole<br />

negli ultimi anni della dittatura<br />

franchista in Spagna.<br />

69 Una lettera nella quale si chiede<br />

l’immediata scarcerazione dei<br />

lavoratori arrestati viene indirizzata<br />

contemporaneamente anche<br />

al «Mariscal De Gante<br />

Yuzcado de Orden Publico di<br />

Madrid».<br />

70 In questo caso, al fine di contribuire<br />

al risanamento del disavanzo<br />

prodotto dalla Fondazione,<br />

il Consiglio di Fabbrica, con il<br />

consenso dei lavoratori, ovviamente,<br />

attingerà al “Fondo collette<br />

Operai e Impiegati”, rimediando<br />

la somma (tutt’altro che<br />

esigua, allora) di lire 500mila.<br />

71 «Il tema della repressione verrà<br />

successivamente ripreso in un<br />

volantino firmato dal “Comitato<br />

di lotta contro la repressione”,<br />

diffuso nel novembre del 1972 in<br />

occasione del processo a Brescia<br />

(il Pretore di Edolo aveva<br />

dichiarato la propria “incompetenza”)<br />

contro i tre militanti del<br />

Comitato Popolare Alta Valle...»,<br />

<strong>Tullio</strong> <strong>Clementi</strong>, Valcamonica,<br />

1968 - 2001. La parabola della<br />

sinistra politica e sociale,<br />

http.www.netmatica.it/clementi.<br />

Sul piano internazionale, i primi anni Settanta vengono marchiati a sangue dal<br />

golpe militare in Cile, che travolge con la violenza il governo democratico<br />

presieduto dal socialista Salvador Allende. Contro la brutalità dei golpisti (migliaia<br />

di oppositori al regime militare verranno incarcerati, torturati e uccisi), in<br />

Italia, non meno che nel resto del mondo libero, si organizzeranno migliaia di<br />

manifestazioni di protesta. Manifestazioni alle quali aderiranno anche i lavoratori<br />

dell’Uci di Forno Allione i quali, attraverso il loro Consiglio di Fabbrica rivolgeranno<br />

un appello al governo italiano per il non riconoscimento diplomatico della<br />

Giunta militare cilena...<br />

Queste e molte altre iniziative sul piano nazionale ed internazionale, oltre ad<br />

esprimere il livello di sensibilità politica e sociale raggiunto dai lavoratori all’interno<br />

della fabbrica camuna, saranno il lievito con il quale gli stessi lavoratori ed il<br />

loro Consiglio di Fabbrica cercheranno, con esiti non sempre adeguati all’impegno,<br />

di coinvolgere idealmente anche le centinaia di altri lavoratori della media e<br />

alta Valle, distribuiti in una miriade di cantieri edili e di laboratori artigianali, oltre<br />

che in qualche piccola fabbrica tessile o metalmeccanica.<br />

Ecco, i caroselli di lavoratori che percorrevano la Valcamonica con le prime<br />

“utilitarie”, rischiando a volte di incorrere anche nei rigori della legge, avranno<br />

questo duplice intento: solidarizzare – e scendere in lotta, quando necessario –<br />

con i lavoratori delle aziende minori (dalla Made di Edolo al Cotonificio Alta<br />

Valle di Malonno, fino ai cantieri edili della nascente centrale Enel di Edolo) per<br />

l’affermazione dei diritti sul lavoro e, per altro verso, non perdere mai di vista i<br />

processi sociali e politici anche fuori dal ristretto ambito della Valcamonica. 71<br />

E sarà appunto con questo spirito che i lavoratori dell’Uci saranno fra i primi,<br />

non solo in Valcamonica, a fermare l’attività produttiva 72 ed a proclamare<br />

l’occupazione simbolica della fabbrica con assemblee in tutti i luoghi di lavoro,<br />

immediatamente dopo lo scoppio della bomba in Piazza Loggia, a Brescia, nella<br />

mattinata del 28 maggio 1974.<br />

45


DAL COMITATO INTERCATEGORIALE AL<br />

CONSIGLIO UNITARIO DI ZONA<br />

Nei primi anni ’70, dopo la nascita dei Consigli di Fabbrica, in Vallecamonica<br />

si costituisce il Comitato Intercategoriale (insieme delle rappresentanze dei<br />

Consigli di Fabbrica coordinati dagli Operatori sindacali di Zona di Cgil Cisl<br />

Uil). Inizia così la lunga ed intensa stagione del Sindacato proiettato nel territorio.<br />

Da tempo, era maturata la convinzione che la tutela degli interessi dei<br />

lavoratori non si potesse esercitare solo rimanendo all’interno dei luoghi di<br />

lavoro, ma doveva necessariamente passare attraverso iniziative territoriali in<br />

grado di promuovere il confronto con le Istituzioni e gli Enti locali su temi, quali il<br />

diritto alla salute, la prevenzione e l’assistenza sanitaria, le infrastrutture (viarie e<br />

di trasporto), la difesa del territorio e la tutela ambientale. 73<br />

«Le piattaforme sui problemi del territorio, elaborate dal Comitato Intercategoriale,<br />

erano di carattere globale. Affrontavano più problemi contemporaneamente<br />

e, in genere, avevano una vita molto breve. Era da poco tempo<br />

che il sindacato aveva inaugurato la nuova strategia di lotta per le riforme e<br />

ne scontava tutta l’inesperienza e l’impreparazione del momento, finendo<br />

per raccogliere, anche nei casi migliori, soltanto un buon livello di consenso<br />

e la solidarietà dei partiti». 74<br />

Il Consiglio Unitario di Zona nasce dunque su più solide basi, sfruttando il<br />

meglio delle esperienze del Comitato Intercategoriale. Al suo interno sono<br />

costituite varie Commissioni di lavoro: Programmazione; Industria-Artigianato-<br />

Decentramento; Trasporti e Viabilità; Sanità e Servizi Socio Sanitari; Scuola, e<br />

promuove periodicamente la riunione dei componenti le stesse Commissioni per<br />

discutere dei problemi sociali economici e dell’occupazione.<br />

Le Commissioni hanno quindi lo scopo di individuare i problemi e le necessità<br />

del territorio, operare delle scelte in ordine alle questioni prioritarie, elaborare<br />

richieste e proposte qualificate ed individuare le controparti con le quali avviare<br />

il confronto.<br />

Le elaborazioni prodotte dalle commissioni sono ciclostilate e distribuite in<br />

tutti i luoghi di lavoro per una prima discussione. Le proposte di modifica, le<br />

46<br />

72 «Appena usciti dalla morsa dei<br />

controlli (attivati solo a strage<br />

avvenuta) – scrive uno dei delegati<br />

presenti alla manifestazione<br />

bresciana – c’è stato il rientro in<br />

fabbrica e, verificato che alcuni<br />

dirigenti non intendevano aderire<br />

alla protesta di solidarietà per<br />

le vittime, abbiamo fatto un giro<br />

nella palazzina degli uffici ed “invitato”<br />

tutti i presenti a scendere<br />

in quanto non si poteva garantire<br />

che non sarebbe successo<br />

niente; la risposta è stata positiva,<br />

forse anche grazie al tono accorato<br />

dell’appello».<br />

73 «... perché dentro la fabbrica si<br />

contrattavano il salario e la condizione<br />

di lavoro, ma fuori aumentavano<br />

i prezzi, si acutizzavano gli<br />

squilibri sociali, il problema della<br />

casa, i servizi erano inefficienti e<br />

inadeguati, mutava il rapporto tra<br />

la domanda e l’offerta. Il mestiere<br />

del sindacato diventava, così,<br />

sempre più corposo...», Luciano<br />

Lama, Cari Compagni, Ediesse,<br />

1996, pag. 31.<br />

74 La contrattazione territoriale<br />

esperienze e problemi, Edizioni<br />

Lavoro, Novembre Dicembre<br />

1983.


integrazioni, i suggerimenti emersi dalla tornata d’assemblee vengono poi raccolte<br />

e sistemate nel successivo lavoro delle commissioni. Al termine del secondo<br />

passaggio l’elenco dei problemi assume una fisionomia definitiva, e le richieste<br />

sono sistemate in ordine di priorità dal Consiglio di Zona in seduta plenaria.<br />

Nella Valcamonica i problemi sono consistenti: alta è la tensione sociale legata<br />

alla carenza di lavoro e di servizi sociali; è sempre più consistente il fenomeno<br />

dell’emigrazione della forza lavoro verso le aree ricche della Regione Lombardia.<br />

E saranno proprio questi i temi affrontati dalla piattaforma per «Lo sviluppo<br />

economico, produttivo e sociale del comprensorio», sul finire degli anni Settanta.<br />

I punti qualificanti riguardano: l’assetto idrogeologico del territorio; il rilancio<br />

delle colture agricole più remunerative; il potenziamento della zootecnia; l’avvio<br />

di programmi di forestazione e di coltivazione del bosco; la realizzazione di nuovi<br />

poli industriali ed artigianali; il superamento del decentramento produttivo e la<br />

promozione dell’associazionismo fra imprenditori artigiani; la realizzazione di<br />

infrastrutture viarie e di trasporto; la realizzazione del metanodotto; la creazione<br />

di un osservatorio permanente dell’economia e del lavoro.<br />

Per quanto riguarda i problemi sociali, invece, si punterà sul riordino ed il<br />

potenziamento dei presidi ospedalieri e la costruzione di un nuovo ospedale di<br />

Valle; lo sviluppo delle iniziative di prevenzione della salute e dell’integrità fisica<br />

nei luoghi di lavoro e la creazione di un Servizio di Medicina del lavoro; il<br />

completamento del servizio Inail e l’attuazione del decentramento dell’Inps;<br />

l’incremento degli aiuti alla scuola materna; l’inserimento scolastico dei portatori<br />

di handicap; la realizzazione della gratuità per tutti i cicli della scuola dell’obbligo;<br />

la creazione di un centro scolastico polivalente e l’istituzione di un servizio<br />

d’orientamento professionale.<br />

Per ogni problema evidenziato e per ogni singola richiesta si individua<br />

l’interlocutore (o la controparte) con cui confrontarsi. Naturalmente ci sono vari<br />

livelli e vari interlocutori, da quelli istituzionali (la Comunità montana, la Provincia,<br />

i Comuni, la Regione) a quelli privati (le Associazioni artigiane, l’Api, l’Aib,<br />

il Collegio costruttori edili...) ed altri interlocutori pubblici quali le Amministrazioni<br />

Ospedaliere, il Consorzio Sanitario di Zona, l’Inail, l’Inps, i Provveditorati<br />

scolastici ecc.<br />

47


La Piattaforma viene approvata dall’Assemblea Generale intercategoriale dei<br />

rappresentanti sindacali, riunita il 12 febbraio 1980, che da mandato alla segreteria<br />

di avviare un confronto con le forze politiche per verificare la convergenza<br />

riguardo alle richieste e la loro disponibilità a sostenerle, e di avviare il confronto<br />

con le controparti individuate privilegiando il confronto con la Comunità Montana,<br />

a partire dalla elaborazione di un Piano socio economico di sviluppo.<br />

Il 21 ottobre 1980, si sigla un documento d’intesa tra le Organizzazioni<br />

Sindacali e la Comunità Montana, nella cui premessa viene sottolineata «l’importanza<br />

del contributo di proposte e di idee provenienti dalle organizzazioni sindacali,<br />

come esempio di confronto proficuo e continuo tra istituzioni e società, nel quadro<br />

dell’azione programmatoria già avviata dalla comunità con l’ipotesi di Piano».<br />

In effetti, quello della programmazione è un aspetto centrale di questa vertenza,<br />

in quanto rappresenta un salto di qualità notevole non solo per il sindacato, che<br />

abbandona la rincorsa spicciola dei problemi, ma anche per le istituzioni e le forze<br />

politiche e sociali, obbligate a misurarsi su programmi ed obiettivi complessivi (non<br />

a caso il titolo della piattaforma è “Lo sviluppo socio economico della Valle”), a<br />

ragionare ed agire in termini di programmazione del territorio.<br />

Non manca nella premessa, un richiamo alle difficoltà ed ai limiti che la<br />

Comunità montana incontra nel suo ruolo programmatore, in particolare, la<br />

carenza di effettivi strumenti operativi e la mancanza di una programmazione<br />

nazionale e regionale quale necessario contesto di riferimento entro cui collocare<br />

le proprie scelte.<br />

Altri risultati positivi del confronto avviato riguardano un verbale sottoscritto<br />

con l’Ente ospedaliero Edolo-Breno-Darfo; con i Consorzi Sanitari di Zona di<br />

Edolo Breno e Darfo per la costituzione degli Smal; con l’Inps, che s’impegna<br />

alla realizzazione di un Centro a Breno e con l’Inail per il consolidamento della<br />

sede di Breno, il completamento dell’organico ed il potenziamento dei servizi.<br />

Nel passaggio alla fase attuativa, i risultati sono però deludenti, sopratutto<br />

riguardo alla realizzazione dei programmi da parte della Comunità montana,<br />

priva di deleghe amministrative e di finanziamenti adeguati. Il confronto con la<br />

Regione, poi, non è mai iniziato nonostante le richieste inoltrate dal Consiglio di<br />

Zona, unitamente a Cgil Cisl Uil Provinciali e Regionali.<br />

48


75 «... i Bellicini si erano distinti<br />

piuttosto bene anche per un altro<br />

elemento di forza, quello di soffocare<br />

sul nascere ogni forma di organizzazione<br />

sindacale all’interno<br />

delle loro aziende», <strong>Tullio</strong> <strong>Clementi</strong>,<br />

Valcamonica, 1968 –<br />

2001..., cit. «La Flm era stata liquidata<br />

dopo un braccio di ferro<br />

da Far West dove vennero sconfitte<br />

non solo le rappresentanze<br />

sindacali a colpi di licenziamenti,<br />

ma anche le processioni di protesta<br />

guidate dai sacerdoti locali»,<br />

Giorgio Pedrocco, cit.<br />

76 Verso la fine degli anni Settanta,<br />

il sindacato italiano promuove una<br />

consistente riforma della propria<br />

organizzazione. L’assemblea unitaria<br />

di Montesilvano, nel novembre<br />

del 1979, decide per una nuova<br />

forma di confederalità e il decentramento<br />

territoriale. La riforma<br />

dovrebbe supportare la nuova<br />

strategia del “sindacato della gestione”,<br />

ovvero, favorire la vertenzialità<br />

territoriale ed una nuova<br />

partecipazione del sindacato al<br />

governo dell’economia e del mercato<br />

del lavoro, sia a livello nazionale<br />

che regionale e sub regionale,<br />

attraverso la nascita di un livello<br />

intermedio (il Comprensorio) tra<br />

Regione e Provincia. Di fatto, si va<br />

al superamento dell’entità provinciale<br />

del sindacato, con la nascita<br />

del Comprensorio come nuovo livello<br />

congressuale.<br />

Merito del Consiglio Unitario di Zona è comunque quello di mettere in<br />

contatto le varie rappresentanze sindacali presenti ed operanti nei luoghi di<br />

lavoro. Dal confronto tra i rappresentanti delle varie categorie e le realtà<br />

produttive e di lavoro, oltre alla conoscenza delle varie esperienze, nasce una<br />

nuova sensibilità attorno ai problemi che meritano attenzione ed interventi per<br />

favorire uno sviluppo territoriale. In questi anni s’impostano le prime “vertenze<br />

sulle politiche territoriali”; si avvia e si pratica nel concreto la solidarietà nei<br />

confronti dei lavoratori e delle lavoratrici delle piccole aziende non sindacalizzate,<br />

dentro le quali era difficile impostare una politica di tutela sindacale. In alcune<br />

occasioni si sono organizzati momenti di sciopero generale con manifestazione a<br />

sostegno di vertenze, o contro licenziamenti arbitrari, o ancora a sostegno di<br />

richieste di carattere generale.<br />

Le più significative sono per una viabilità migliore; una riorganizzazione dei<br />

trasporti su ferrovia e su gomma; il completamento del presidio Ospedaliero di<br />

Edolo e la realizzazione dell’Ospedale di Zona a Esine; la difesa del territorio<br />

attraverso l’avvio di una manutenzione preventiva e del riassetto idrogeologico;<br />

o, nello specifico, contro i 70 licenziamenti (tutti i Lavoratori iscritti al sindacato)<br />

alla Sidercamuna di Berzo Inferiore; 75 la chiusura delle Fabbriche tessili di<br />

confezioni (San Martino, Made, Bassetti, Evan), ecc.<br />

L’analisi, il confronto e la mobilitazione su temi territoriali di carattere generale<br />

avviata in quegli anni e proseguita in quelli successivi ha prodotto la nascita di una<br />

nuova strategia politico sindacale che è sfociata negli anni ’90 nella “Programmazione<br />

Negoziata” (Concertazione territoriale - Patti territoriali - Contratti d’area).<br />

L’iniziativa vertenziale, insomma, non conosce sosta nel territorio, anzi,<br />

riprende con maggior vigore in concomitanza con la creazione del Comprensorio<br />

camuno-sebino, quando il Sindacato si adegua decisamente, anche dal punto<br />

di vista organizzativo, ai nuovi compiti e responsabilità derivanti dalla propria<br />

azione sul territorio. 76<br />

Nel nostro caso il Comprensorio comprende l’area della Valcamonica, con<br />

tutto il bacino del Sebino (sponda bresciana e bergamasca) ed alcuni comuni<br />

della Franciacorta: un territorio sul quale agiscono ben quattro Comunità monta-<br />

49


ne (Valcamonica, Sebino bresciano, Alto Sebino bergamasco e Monte Bronzone).<br />

Il nome che si assume, quindi, è quello di Valcamonica-Sebino.<br />

La sede centrale è provvisoriamente localizzata ad Erbanno (in comune di<br />

Darfo Boario Terme), ma già dal dicembre 1982 il sindacato comprensoriale si<br />

insedia unitariamente nello stabile di via Ghislandi (ex scuole), messo a disposizione<br />

dall’Amministrazione Comunale di Darfo e ristrutturato dalla stessa struttura<br />

sindacale (in conto affitto): vengono poi realizzate sedi di zona nei centri<br />

principali (Edolo, Breno, Lovere, Sarnico, Iseo).<br />

Dopo il congresso costitutivo vengono ricreati i Gruppi di lavoro, sulla scorta<br />

dell’esperienza fatta nel Consiglio unitario di zona tenendo conto dei coordinamenti<br />

regionali. Il percorso della nuova piattaforma è molto simile al precedente.<br />

Il 10 e l’11 dicembre del 1982, dopo un anno di lavoro, viene promosso dalla<br />

Federazione Unitaria Cgil Cisl Uil di Vallecamonica Sebino un convegno con le<br />

forze politiche, le istituzioni locali, provinciali e regionali, le forze sociali, per<br />

avviare un confronto sulle proposte elaborate dal sindacato, nella nuova dimensione,<br />

in merito allo sviluppo e all’occupazione nel Comprensorio. I temi del<br />

dibattito riguardano, ancora una volta, la gravità della situazione occupazionale,<br />

la difesa del territorio e la salvaguardia dell’ambiente, la razionalizzazione ed il<br />

potenziamento dei trasporti pubblici, il miglioramento della viabilità, i ritardi<br />

nell’applicazione della riforma sanitaria, il problema istituzionale, la costituzione<br />

di un “tavolo di confronto locale” e la costituzione di un coordinamento permanente<br />

fra le istituzioni (le quattro Comunità montane, le due Amministrazioni<br />

Provinciali e la Regione), con compiti di osservatorio della situazione socio<br />

economica ed occupazionale, nell’intento di diventare «strumento attivo di<br />

iniziative per contrastare il degrado del territorio».<br />

La soluzione del problema istituzionale, costituirà un elemento non secondario<br />

per il successo di tutte le altre richieste. La Federazione Cgil Cisl Uil, infatti, è<br />

ben consapevole che i rapporti negoziali con le comunità montane locali non<br />

hanno prodotto in base alle attese, soprattutto a causa della mancata assegnazione<br />

delle deleghe amministrative e dei relativi finanziamenti per la gestione dei<br />

Piani programmatici e dei Progetti stralcio, vanificando così le intese sottoscritte.<br />

A ciò andrà aggiunta, successivamente, la contrarietà politica alla realizzazio-<br />

50


ne dei Comprensori istituzionali, con la conseguente rivalutazione delle Province<br />

quale ente intermedio titolare delle deleghe regionali e, quindi, il progressivo<br />

snaturamento delle nuove strutture sindacali.<br />

Rimane solo da aggiungere che il Consiglio di Fabbrica dell’Uci di Forno<br />

Allione ha partecipato da protagonista, con convinzione e determinazione, alla<br />

nascita alla crescita ed alle iniziative politico organizzative delle strutture sindacali<br />

che si sono succedute nel territorio Camuno Sebino.<br />

UNA RAPPRESENTANZA SINDACALE DIFFUSA<br />

La consapevolezza di godere di significativi trattamenti economici e normativi,<br />

tanto che i dipendenti dell’Uci venivano considerati dei “privilegiati”, nel<br />

panorama camuno (nei settori dell’economia privata, perché nell’ambito pubblico<br />

erano certamente i dipendenti dell’Enel a godere di una situazione migliore),<br />

non ha mai distolto né il Consiglio di Fabbrica né gli stessi lavoratori dal sentirsi<br />

concretamente solidali con altri lavoratori ed altre realtà.<br />

Le differenze di trattamento riscontrate nei confronti dei dipendenti delle<br />

imprese che operavano in modo continuativo all’interno dello stabilimento di<br />

Forno, per esempio, hanno indotto per anni il Consiglio di Fabbrica dell’Uci a<br />

farsi carico della rappresentanza sindacale di questi lavoratori nei confronti dei<br />

loro imprenditori. Le principali ditte titolari degli appalti, come Asticher (raccolta<br />

e stoccaggio del materiale di risulta dal processo di grafitazione e pulizia dello<br />

stabilimento), Conti (trasporti interni e conferimento alla discarica esterna dei<br />

rifiuti raccolti nello stabilimento) e Gelmi (lavori di edilizia e manutenzione<br />

straordinaria di carattere edile), costrette ad una forte competitività per poter<br />

vincere l’appalto, puntavano spesso a rivalersi sui trattamenti economici e<br />

normativi e, a volte, anche sulle condizioni di lavoro dei loro dipendenti. Con<br />

l’evidente risultato che questi lavoratori, pur svolgendo mansioni disagiate e<br />

poco gratificanti, erano meno pagati e peggio trattati rispetto ai dipendenti della<br />

Uci, con i quali dividevano gran parte del lavoro e dei disagi, dovuti alle<br />

condizioni ambientali non certo fra le migliori.<br />

Inoltre, diversamente dal personale Uci, i dipendenti delle imprese appaltatri-<br />

51


ci non avevano diritto né alla mensa né all’uso degli spogliatoi e delle docce né,<br />

tanto meno, agli indumenti da lavoro ed alle protezioni antinfortunistiche necessarie<br />

a tutelare la propria salute e l’integrità fisica. Il Consiglio di Fabbrica, dopo<br />

aver riscontrata la disponibilità dei titolari delle imprese al riconoscimento di pari<br />

trattamento ai propri dipendenti qualora vi fosse stato l’impegno della ditta<br />

appaltante a farsi carico dei costi aggiuntivi, aprì una vertenza con la Direzione<br />

Uci e giunse alla realizzazione di accordi che portavano al superamento delle<br />

differenze. Al fine di poter verificare nel concreto e, quindi, intervenire con la<br />

necessaria tempestività in caso di inadempienze, si provvide perfino a dare una<br />

rappresentanza organica a questi dipendenti di “serie b”, procedendo all’elezione<br />

di un loro delegato (uno per ogni impresa), che sarebbe entrato di diritto nel<br />

Consiglio di Fabbrica.<br />

Si tratta, evidentemente, di scelte che vanno ben oltre la pur apprezzabile<br />

solidarietà di classe. Scelte che si inquadrano piuttosto in quella che il sociologo<br />

Tannenbaum definisce il «raggrupparsi degli uomini attorno ai loro arnesi», nel<br />

senso che «il lavoro deve compiere una funzione morale oltre che economica,<br />

[perché] l’uomo deve appartenere a qualche cosa di reale, di effettivo, di utile e<br />

creativo; deve appartenere al suo lavoro ed alla sua industria o essi devono<br />

appartenere a lui. Non c’è modo di tenerli permanentemente separati [...].<br />

Poiché un mondo in cui né il padrone né il lavoratore si identificano moralmente<br />

con la fonte del proprio reddito – continua Tannenbaum – non ha un principio di<br />

continuità: nessuna istituzione può sopravvivere a lungo in un vuoto morale». 77<br />

Ne avremo drammatica conferma nei decenni successivi, quando i fenomeni di<br />

ristrutturazione della grande impresa si intrecceranno con la tendenza al decentramento<br />

di molte lavorazioni e di alcuni settori di attività produttiva, concentrandosi<br />

essenzialmente sull’obiettivo di frammentazione della classe operaia. 78<br />

1975: IL PRESIDIO DELLA FABBRICA<br />

«Il 1975 – scrive Frattini – fu invece un anno difficile per i rapporti sindacali.<br />

Da una parte la pesantezza del mercato degli elettrodi consigliava all’Azienda<br />

alcuni tagli di spese e la riduzione delle scorte, che avevano raggiunto livelli<br />

52<br />

77 Frank Tannenbaum, Una filosofia<br />

del sindacato, Edizioni Lavoro,<br />

1995, pag. 66.<br />

78 «... come si vedrà, la crisi della<br />

composizione operaia tradizionale<br />

nella sede dell’insediamento<br />

produttivo e sociale della<br />

classe (la fabbrica) e all’interno<br />

delle sue forme politiche maggioritarie<br />

(Pci e sindacato) e minoritarie<br />

(i gruppi della nuova sinistra<br />

si interseca con l’emergere<br />

della contraddizione di sesso e<br />

di quella generazionale. [...] è il<br />

modello che vacilla: è la forma<br />

paradigmatica dell’aggregato<br />

operaio, come comunità solidale,<br />

fonte di unità e di forza politica e<br />

titolare della strategia rivoluzionaria<br />

(comunque sia interpretato<br />

quest’ultimo termine), che tende<br />

a declinare», Luigi Manconi, Solidarietà,<br />

egoismo, Il mulino,<br />

1990, pag. 86.


79 Il reparto Karbate ha come<br />

centro nevralgico il settore<br />

Trattamenti (Impregnazione),<br />

dal quale dipende la buona qualità<br />

della produzione in quanto,<br />

se il processo di “impregnazione/karbatizzazione”<br />

è perfetto,<br />

l’impermeabilità dei tubi trattati<br />

lo è altrettanto.<br />

troppo elevati; dall’altra le maestranze, preoccupate dalle minacce ai posti di<br />

lavoro derivanti dalla recente chiusura della linea Elettrolitici e dalle sempre più<br />

insistenti voci sulla precarietà di un’altra linea produttiva, quella del Karbate».<br />

Tale situazione produsse presto un diffuso senso di incertezza e, quindi, con il<br />

verificarsi di alcune altre avvisaglie “minori”, determinò quello stato di tensione<br />

che, nell’arco di qualche mese, avrebbe portato alla lunga vertenza d’autunno,<br />

con il presidio della fabbrica per oltre un mese.<br />

«Si iniziò in aprile – scrive ancora Frattini – con il rifiuto del Consiglio di<br />

fabbrica di accettare l’appalto esterno della riparazione degli elettrodi per conto<br />

clienti. Si continuò in luglio quando venne respinta anche l’altra proposta avanzata<br />

dall’azienda: l’appalto della mensa unificata».<br />

La ragione dei due dinieghi, come conferma lo stesso Frattini, è la medesima:<br />

la salvaguardia dei posti di lavoro. Perché «i lavoratori ed il Consiglio di<br />

Fabbrica – leggeremo su un rapporto sindacale del settembre 1976, dopo la<br />

lunga vertenza del 1975 – hanno la sensazione che la Union Carbide Corporation<br />

si stia disimpegnando gradualmente nello stabilimento di Forno Allione [...] e<br />

tenda a privilegiare gli investimenti al Sud, sfruttando i tassi agevolati, l’esenzione<br />

delle tasse, i contributi a fondo perduto...». Il disimpegno della multinazionale in<br />

quel di Forno Allione, quindi, sempre secondo il documento sindacale citato,<br />

diventa evidente se si vanno a verificare i comportamenti e la politica organizzativa<br />

dell’azienda. Nel reparto Karbate, 79 per esempio, pur essendo considerato<br />

un «centro nevralgico dal quale parte la buona qualità della produzione», col<br />

procedere del tempo gli impianti sono invecchiati e «la mancanza di manutenzione<br />

non ha permesso il ripristino delle condizioni iniziali».<br />

Inizialmente questo settore ha funzionato bene, sia per la buona consistenza<br />

degli impianti sia per l’efficiente programmazione del lavoro ed il rispetto delle<br />

relative norme di lavorazione. Le miscele delle resine utilizzate per l’impregnazione<br />

ed il loro controllo era affidato al Laboratorio chimico dell’Azienda che,<br />

tramite un apposito analista, era costantemente disponibile per ogni evenienza.<br />

Ma col procedere del tempo gli impianti sono invecchiati, e la mancanza di<br />

adeguata manutenzione non ha consentito il ripristino delle condizioni iniziali; i<br />

tempi di lavorazione sono stati inspiegabilmente modificati, per “ordini superio-<br />

53


i”; le miscele dosate dal caporeparto senza il preventivo controllo da parte del<br />

laboratorio chimico. Tutto questo ha provocato il prevedibile decadimento della<br />

qualità, con i pezzi ed i tubi che risultavano sempre più porosi.<br />

Nel frattempo cessa la lavorazione degli anodi di grafite (Litici) e vengono<br />

trasferite le macchine della Linea Litici in Francia, presso una consociata.<br />

«Chiediamo spiegazioni – continua il documento – e ci viene risposto che gli<br />

Anodi di grafite sono superati tecnologicamente e soppiantati da quelli metallici<br />

(Brevetto De Nora), praticamente indistruttibili». Mentre tale produzione si<br />

avvia inesorabilmente verso l’estinzione, la Direzione dello stabilimento, per<br />

tenere tranquilli i dipendenti, comunica che «secondo i programmi della Union<br />

Carbide Europea, tendenti ad omogeneizzare le produzioni nei vari stabilimenti<br />

sparsi nel continente, a Forno Allione verranno assegnate le produzioni di tutto il<br />

Karbate e della Viti, che ora vengono prodotte in Europa». Naturalmente, come<br />

vedremo, nulla di tutto ciò si concretizzerà...<br />

Laddove la produzione continua, il Consiglio di Fabbrica individua e denuncia<br />

fra le cause della forte lievitazione dei costi la scarsa manutenzione degli impianti,<br />

soprattutto nel reparto di trafilatura dei tubi, dove si sono registrati periodi in cui «la<br />

produzione scartata ha raggiunto il 90-95% del totale». Ecco, queste sono le<br />

premesse in cui si inserisce la lunga vertenza sindacale del 1975...<br />

La soppressione della produzione di Anodi di Grafite (utilizzati nei bagni<br />

galvanici), le ricorrenti “voci” sulla chiusura del Reparto Karbate e la consistente<br />

riduzione della produzione di pezzi speciali, allarmano non poco i lavoratori. Il<br />

Consiglio di Fabbrica deve inoltre contrastare l’intento della Direzione di appaltare<br />

a ditte esterne, oltre alla mensa aziendale, anche la riparazione degli elettrodi<br />

presso i clienti.<br />

Nelle assemblee i lavoratori esprimono la contrarietà a queste “manovre”, e<br />

si dichiarano disponibili a forme di lotta per difendere i posti di lavoro (13<br />

complessivamente) in pericolo.<br />

Nella primavera del 1975, la produzione degli elettrodi ha ormai saturato le<br />

capacità dei reparti, e le scorte aumentano in modo direttamente proporzionale<br />

alle preoccupazioni del Consiglio di Fabbrica, che intravede, nella politica<br />

54


80 Queste le motivazioni con cui<br />

viene respinta la richiesta di sospensione<br />

del lavoro attraverso<br />

il ricorso alla Cassa Integrazione<br />

Guadagni: «1. se c’è calo delle<br />

vendite non è colpa dei lavoratori,<br />

che non vogliono quindi pagare<br />

per errori commessi da altri;<br />

2. il ricorso alla Cig ha soprattutto<br />

lo scopo di utilizzare risorse<br />

pubbliche per recuperare denaro<br />

male investito; 3. non vengono<br />

fornite assicurazioni adeguate<br />

sul mantenimento dei livelli occupazionali<br />

e, quindi, la Cig può<br />

diventare per molti lavoratori<br />

l’anticamera del licenziamento;<br />

4. l’ipotetica crisi del settore potrebbe<br />

essere superata se equamente<br />

suddivisa tra i vari stabilimenti<br />

europei della Union Carbide<br />

Corporation».<br />

aziendale, l’intenzione di “prepararsi” all’imminente rinnovo del Contratto di<br />

Lavoro dell’Industria Chimica e, quindi, a possibili fermate per “sciopero” da<br />

parte dei lavoratori.<br />

A conferma di quanto siano fondate tali preoccupazioni, a ridosso delle ferie<br />

estive la Direzione convoca il Consiglio di Fabbrica e comunica di aver raggiunto<br />

il massimo delle scorte, in quanto le richieste di prodotto sono calate del 40%, e<br />

chiede di ridurre la produzione anche attraverso un programma di smaltimento<br />

delle ferie. Nel frattempo, a Caserta la produzione procede a ritmi serrati e si<br />

parla di raddoppio della capacità produttiva.<br />

La strumentalità dell’atteggiamento della Direzione appare in tutta evidenza<br />

nel mese di settembre, quando comunica al Consiglio di Fabbrica che, in<br />

riferimento al calo della richiesta di elettrodi, è costretta, «suo malgrado», a<br />

chiedere l’intervento della Cassa Integrazione Guadagni per un giorno alla<br />

settimana, a partire dalla prima del mese di ottobre e fino a tutto il mese di<br />

dicembre, per un totale di 12 giornate complessive per tutti i dipendenti). Da<br />

verifiche ed accertamenti svolti dal Consiglio di Fabbrica, però, risulta che la<br />

crisi di mercato non è così pesante come si vorrebbe far credere. La concorrenza<br />

(Elettrocarbonium), per esempio, produce e vende, e la stessa Uci, per<br />

soddisfare richieste di alcuni clienti italiani più esigenti, importa da una sua<br />

consociata di Portorico 3mila tonnellate di elettrodi.<br />

Da un po’ di tempo, inoltre, si riscontrano nel gruppo dirigente dei comportamenti<br />

che il Consiglio di Fabbrica ritiene lesivi della qualità del prodotto. Si<br />

produce con materie prime scadenti; i tempi di lavorazione sono ridotti; viene<br />

incentivata la conflittualità fra dirigenti di reparto, chi produce di più con meno<br />

personale (anche a scapito della qualità) viene premiato; si rimuovono vari<br />

passaggi di controllo della qualità. Il risultato è disastroso, molti clienti dopo<br />

numerose proteste si rivolgono alla concorrenza. Alle proteste del Consiglio di<br />

Fabbrica si risponde in modo sprezzante che «la programmazione e l’organizzazione<br />

del lavoro riguardano solo l’azienda».<br />

La richiesta di poter usufruire della Cassa Integrazioni Guadagni, inoltrata<br />

dall’azienda, viene quindi respinta dai lavoratori, su proposta del Consiglio di<br />

Fabbrica e della Fulc provinciale. 80<br />

55


Due incontri con l’azienda nella sede dell’Associazione Industriale Bresciana<br />

non servono ad appianare le divergenze. Alle proposte del Consiglio di Fabbrica<br />

(possibilità di utilizzo di parte delle ferie del 1976 a fronte di garanzie sui livelli<br />

occupazionali, di futuri investimenti, di mantenimento delle produzioni nel reparto<br />

Karbate), l’azienda risponde in termini perentori che «non si parla di garanzie se<br />

prima non si accetta la Cassa Integrazione…». Nel frattempo, a Caserta sono in<br />

fase avanzata i lavori per il raddoppio dello stabilimento e l’unica fermata<br />

programmata (due settimane a fine anno) è quella necessaria per consentire gli<br />

allacciamenti dell’energia elettrica a seguito dell’ampliamento.<br />

Nelle assemblee con i lavoratori ci si chiede se la crisi esiste davvero o no, e<br />

cominciano a pesare gli interrogativi sul ruolo che la Direzione intende assegnare<br />

allo stabilimento di Forno Allione. Il rifiuto della Cassa Integrazione è netto, e la<br />

Direzione decide unilateralmente di chiudere lo stabilimento per 12 giorni lavorativi,<br />

a partire dal 6 Ottobre. É la serrata, 81 a fronte della quale i lavoratori, in<br />

assemblea, decidono di presidiare la fabbrica. 82<br />

In Vallecamonica, nel 1975, la crisi sta picchiando forte, la cassa integrazione<br />

interessa la maggior parte dei settori industriali presenti, dalla Siderurgia, al<br />

comparto Edile, dal Tessile al settore Alimentare; per alcune fabbriche del<br />

settore tessile si ipotizza la chiusura. I lavori per la strada di fondovalle, la<br />

costruzione dell’Ospedale Provinciale di Esine, l’inizio dei lavori per la Centrale<br />

di Edolo, un serio programma d’interventi per il riassetto idrogeologico e la<br />

forestazione; potrebbero, se avviati con decisione, favorire la creazione di nuovi<br />

posti di lavoro, ma, nonostante le richieste supportate da scioperi generali e<br />

mobilitazioni indette dal Consiglio Unitario di Zona, nulla si muove. In questo<br />

drammatico contesto sociale economico e politico, la vertenza alla Uci diviene<br />

emblematica e centrale, avendo come obiettivi non solo la salvaguardia dell’occupazione<br />

all’interno dello stabilimento di Forno Allione, ma anche la richiesta di<br />

investimenti per nuove opportunità di lavoro.<br />

Il rifiuto della cassa integrazione comportava – ed i lavoratori erano informati –<br />

la perdita dell’indennità prevista e l’impegno a presidiare per 8 ore al giorno la<br />

fabbrica. É stato un sacrificio notevole, sopportato con la consapevolezza di<br />

56<br />

81 Serrata, chiusura temporanea<br />

dello stabilimento come azione<br />

di forza (e di ritorsione) da parte<br />

della Direzione contro azioni di<br />

lotta dei dipendenti.<br />

82 «Il presidio – leggiamo in un<br />

documento sindacale – è garantito<br />

da tutti i lavoratori, che si<br />

presenteranno negli orari dei<br />

normali turni di lavoro (sabato,<br />

domenica e notturno compresi)».<br />

Durante il presidio, il Consiglio<br />

di Fabbrica istituisce un<br />

centro di raccolta delle presenze,<br />

a cui tutti fanno riferimento. Vengono<br />

inoltre montati, all’esterno<br />

dello stabilimento, un tenda ed<br />

uno stand come riparo dagli ormai<br />

incombenti rigori della stagione<br />

autunnale.


quanto stava accadendo, e la convinzione che la lotta serviva a salvaguardare il<br />

futuro dell’unità produttiva ed i posti di lavoro. Ai lavoratori in presidio, infatti,<br />

giungono attestati di solidarietà da parte di comuni, associazioni, rappresentanti<br />

politici e sindacali, sacerdoti e singoli cittadini. La freddezza iniziale si scioglie, i<br />

lavoratori si sentono meno soli. A fianco dello stabilimento funziona un centro di<br />

ristoro, che è alimentato dalla solidarietà della popolazione e dai commercianti dei<br />

paesi vicini. Diventa la “mensa” per i lavoratori in presidio. Un impianto stereo<br />

diffonde musiche e canzoni popolari e serve per socializzare le indicazioni del<br />

Consiglio di Fabbrica sull’andamento del presidio e sugli sviluppi della vertenza.<br />

Le assemblee si tengono in strada (la sala assemblee non è stata concessa per<br />

tutta la durata della serrata): sono sempre affollate e vi partecipano anche numerosi<br />

esterni, che portano di volta in volta la propria solidarietà alla lotta in atto.<br />

La Comunità Montana si fa promotrice di un incontro tra le parti, l’Associazione<br />

Industriale Bresciana e l’Azienda si arroccano su posizioni oltranziste, la<br />

vertenza si inasprisce, il presidio continua. Tra le tante visite e gli attestati di<br />

solidarietà, viene accolta con soddisfazione una delegazione del Consiglio di<br />

Fabbrica dello stabilimento Elmer di Caserta, che porta la solidarietà delle maestranze<br />

della consociata meridionale, e viene accolto con altrettanta soddisfazione<br />

un invito a Caserta, per presenziare ad un’assemblea nella quale si intende<br />

promuovere la costituzione di un coordinamento fa i due Consigli di Fabbrica, con<br />

la partecipazione della Segreteria Fulc nazionale. L’obiettivo è quello di evitare,<br />

per quanto possibile, che la Multinazionale possa continuare ad utilizzare alternativamente<br />

le potenzialità produttive di uno stabilimento contro l’altro. I dipendenti<br />

Elmer di Caserta scenderanno quindi in sciopero al fianco dei lavoratori di Forno<br />

Allione per sollecitare una soluzione positiva della vertenza.<br />

Il 22 ottobre l’Azienda pone fine alla serrata. I lavoratori in assemblea<br />

approvano all’unanimità la proposta del Consiglio di Fabbrica: si rientra al<br />

lavoro, gli addetti al reparto Spedizioni effettuano otto ore di sciopero ogni turno<br />

di lavoro con presidio del reparto; tutti gli altri lavoratori effettueranno un’ora di<br />

sciopero per ogni reparto (a turno) e durante questa ora si recheranno nel<br />

piazzale antistante le spedizioni impedendo di fatto all’azienda di caricare il<br />

prodotto finito. Le ore di sciopero effettuate in più dagli addetti alle spedizioni<br />

57


verranno retribuite con i soldi raccolti in una colletta promossa dal Consiglio di<br />

Fabbrica tra tutti gli altri dipendenti.<br />

L’azienda denuncia alla magistratura tutti i Delegati del Consiglio di Fabbrica,<br />

con esclusione dei soli rappresentanti degli impiegati, per blocco delle spedizioni<br />

attraverso intimidazioni, minacce, violenze. Accuse pesantissime, che l’azienda<br />

non riuscirà però a provare, nel corso dell’udienza prontamente convocata dalla<br />

pretura di Breno, ed i suoi legali chiederanno quindi il rinvio del dibattimento.<br />

La Direzione mobilita tutto il suo apparato (dirigenti e capi servizio) ed il 31<br />

ottobre, direttore in testa, si portano tutti nel reparto spedizioni ed iniziano le<br />

provocazioni personali nei confronti dei lavoratori in sciopero: ordinano agli<br />

autisti di entrare in fabbrica con gli automezzi e sollecitano gli addetti a caricare,<br />

ma quest’ultimi rispondono di essere in sciopero ed in presidio del reparto.<br />

Allora vien dato l’ordine ai carellisti del Reparto Yard di procedere a caricare. A<br />

questo punto, la risposta del Consiglio di Fabbrica è lo sciopero di reparto<br />

(indetto e revocato 8 volte nell’arco delle 8 ore di lavoro). Mai come quel giorno<br />

la tensione ha raggiunto picchi tanto alti, ma nonostante le provocazioni, i<br />

lavoratori, i delegati tutti danno prova di alto senso di responsabilità e di<br />

convinzione sugli obiettivi da raggiungere.<br />

Le espressioni di solidarietà aumentano in tutta la Valle; a Caserta continua lo<br />

sciopero a sostegno delle richieste di Forno Allione. In fabbrica il morale è alto e<br />

si intravede la fine della vertenza. Il 5 Novembre 1975, nella sede della<br />

Comunità Montana di Vallecamonica tra l’Aib, la Direzione Uci, la Fulc provinciale<br />

ed il Consiglio di Fabbrica, con la partecipazione del Presidente della<br />

Comunità montana, di alcuni dei Sindaci, della Segreteria del Consiglio di Zona<br />

Cgil Cisl Uil, viene siglato l’accordo di massima, 83 che sarà poi ratificato<br />

dall’Assemblea dei Lavoratori il giorno successivo.<br />

«Ma la vertenza non era chiusa – scrive Frattini –: rimaneva da saldare la<br />

“contropartita”, cioè lo sviluppo produttivo dello stabilimento per rioccupare i 50<br />

posti di lavoro persi e quindi il turn over». Ma la Società non accettò di impegnarsi<br />

in ulteriori investimenti che continuava a ritenere non giustificati dal mercato. E<br />

ripresero quindi «i volantini, le conferenze pubbliche, i convegni che impegnarono<br />

di nuovo tutti gli interessati diretti e no: Assessorato Regionale compreso». 84<br />

58<br />

83 Vedere allegato.<br />

84 Francesco Gino Frattini, cit.


85 Consiglio di Fabbrica Uci, Documento<br />

sulla situazione economica<br />

produttiva e sindacale<br />

dell’Uci nel contesto della Valle<br />

Camonica, settembre 1977.<br />

86 L’accordo in questione, al quale,<br />

partecipano per la prima volta<br />

anche i delegati sindacali della<br />

sede di Milano ed una rappresentanza<br />

della Fulc regionale, contiene<br />

importanti impegni della Società<br />

in merito alle «scelte di gestione<br />

fatte a suo tempo a livello di<br />

gruppo, per le quali allo stabilimento<br />

di Forno Allione è stata<br />

assegnata una propria linea di<br />

prodotti, gli elettrodi fino ad un<br />

diametro di 400-450 mm; oltre alle<br />

Lavorazioni Speciali, ed è su questa<br />

precisa scelta gestionale che<br />

riposa la stabilità delle ragioni di<br />

funzionamento dello stabilimento,<br />

e conferma che lo stabilimento<br />

rimane uno dei punti strategici<br />

della società» e, quindi, in ordine<br />

ai problemi della sicurezza e delle<br />

condizioni di lavoro, attraverso la<br />

«installazione di attrezzature che<br />

consentano l’eliminazione della<br />

polverosità nelle operazioni di carico<br />

dei forni [...], alleggerimento<br />

delle condizioni di lavoro [...]».<br />

87 Comunicato del Consiglio di<br />

Fabbrica, 7 ottobre 1980.<br />

88 «Dopo la svolta alla Fiat, negli<br />

anni ’80, il padronato ha teso a<br />

Due anni più tardi, quando a ragion veduta sarà possibile tirare meglio le<br />

somme, il Consiglio di Fabbrica esprimerà in un pubblico documento alcune<br />

considerazioni, tanto dure quanto disincantate: «Lo Stabilimento di Forno, dal<br />

1975 non ha prodotto nemmeno in base alle reali capacità. La manodopera è<br />

calata di oltre 40 unità e l’emorragia continua. Gli investimenti sono in funzione di<br />

mantenere in attività gli impianti o addirittura per restringere ulteriormente il<br />

numero degli addetti. Nessun investimento è stato fatto per potenziare la capacità<br />

produttiva o per aumentare la produttività salvaguardando gli organici attraverso<br />

ammodernamenti tecnologici.<br />

La situazione reale è quindi particolarmente preoccupante per non destare<br />

gravi sospetti sulla continuità futura dello stabilimento nelle dimensioni e con la<br />

produzione attuale». 85 Preoccupazioni e sospetti che, nonostante alcuni segnali<br />

positivi come l’accordo aziendale del <strong>marzo</strong> 1978, 86 verranno puntualmente<br />

confermati sul finire del decennio, quando la Direzione aziendale convocherà la<br />

Rappresentanza sindacale aziendale «per comunicare, per la terza volta in due<br />

mesi, una ulteriore riduzione di produzione, per i prossimi tre mesi». 87<br />

Le due precedenti comunicazioni, come scrive il Consiglio di Fabbrica nel<br />

comunicato diffuso in quei giorni di ottobre, «erano state fatte, la prima il 5<br />

agosto e la seconda l’11 settembre, per complessive 2.800 tonnellate in meno<br />

rispetto alle previsioni». Si tratta, anche in questo caso, di provvedimenti<br />

quantomeno sospetti, nel senso che «non si comprende come mai nei primi 8<br />

mesi la produzione è stata spinta al massimo delle capacità possibili, per poi, nel<br />

restante periodo dell’anno, essere fatta precipitare ai valori comunicatici.<br />

A meno che – si chiede il Consiglio di Fabbrica – le ragioni siano di natura<br />

politica». E le “ragioni di natura politica”, in quel periodo vengono inevitabilmente<br />

ricondotte alla «linea adottata dalla Fiat, 88 [che] sta diventando la stessa di tutto il<br />

padronato italiano». Per battere le conquiste sociali dei lavoratori, infatti, «adottano<br />

qualsiasi misura. Creano la divisione tra la classe operaia. Vogliono espellere<br />

dalle fabbriche i meno remissivi. Giocano la carta dei licenziamenti assumendo a<br />

pretesto l’assenteismo. Vogliono imporre con le intimidazioni condizioni di lavoro<br />

più gravose, più nocive, aumentando ritmi e carichi di lavoro».<br />

Accuse durissime che, ricondotte all’interno dello stabilimento di Forno<br />

59


Allione, significano «che la Uci non sia immune da questo fascino. Così come<br />

non lo è stata neanche nell’ottobre del 1975, quando facemmo il presidio della<br />

fabbrica e poi delle spedizioni». E, quindi, l’unica prospettiva possibile: «L’azienda<br />

deve sapere che siamo disposti a rifare quello che abbiamo fatto cinque anni fa.<br />

Le nostre convinzioni partono da una profonda consapevolezza: che i disegni e le<br />

rivalse padronali sui lavoratori vanno respinti con fermezza, come lo stanno<br />

facendo da ormai 20 giorni i lavoratori della Fiat». 89<br />

Ma il disegno della multinazionale (così come della stessa Fiat), come<br />

vedremo, sta ormai dispiegandosi con altrettanta potenza e determinazione.<br />

LA PROGRAMMAZIONE TERRITORIALE<br />

«Il dato di fondo che emerge oggi nel nostro Paese è quello dell’assoluta<br />

mancanza di programmazione». Così inizia il lungo documento elaborato dal<br />

Consiglio di fabbrica, come contributo politico sulla situazione in Valcamonica<br />

nella seconda metà degli anni Settanta. 90 Un documento che, a ridosso della<br />

dura vertenza del 1975 per la difesa dei livelli occupazionali a Forno Allione,<br />

esprime tutto il disagio di una situazione difensiva destinata ad essere perdente se<br />

vissuta all’interno dei cancelli, ma assume invece il carattere di denuncia dei limiti<br />

nella gestione politica ed economica del territorio camuno e, quindi, di proposta<br />

sul che fare per uscire dall’angustia del “caso per caso”.<br />

«L’attività di progettazione ha una fondazione soggettiva – scriverà<br />

qualche anno dopo uno studioso di tematiche sindacali – che è bene<br />

analizzare a sé, ed è anche una struttura razionale, formale; insomma è<br />

anche un calcolo, un fare i conti con vincoli qualitativi e quantitativi, con<br />

risorse e possibilità aperte ma non infinite, plastiche ma determinate<br />

entro confini, e così via. Ciò – continua l’autore del saggio – richiede<br />

strutture organizzative, pluralità di risorse soggettive (interdisciplinarità),<br />

regole di discussione, determinazione dei rapporti tra esperti e<br />

partecipanti, accumulazione di esperienza e di sapere, rapporti tra il<br />

proprio mondo ed altri mondi [...]; occorrono poi strutture e regole<br />

politiche per valutare, dopo ogni piano realizzato, come proseguire nella<br />

direzione generale desiderata, nelle mutate circostanze, ecc...». 91<br />

60<br />

ripristinare un dominio incontrastato<br />

sulla forza lavoro. Il sindacato<br />

è stato posto di fronte a un<br />

dilemma: subire dando il proprio<br />

consenso, in cambio della trasformazione<br />

in accordo di quello<br />

che era un diktat, oppure non<br />

subire il ricatto, rischiando di farsi<br />

emarginare. In tanti casi accettare<br />

accordi imposti è sembrata<br />

al sindacato la soluzione più realistica,<br />

pagata però con aspre<br />

rotture con i propri rappresentati»,<br />

Pio Galli, Da una parte sola,<br />

Manifestolibri, 1997.<br />

89 Comunicato del Consiglio di<br />

Fabbrica, 7 ottobre 1980.<br />

90 Consiglio di Fabbrica Uci, Documento<br />

sulla situazione economica<br />

produttiva e sindacale<br />

dell’Uci nel contesto della Valcamonica,<br />

Settembre 1997.<br />

91 Francesco Garibaldo, Lavoro,<br />

innovazione, sindacato, Costa<br />

& Nolan, 1988, pag. 160.


92 Questo fenomeno, che darà<br />

origine alla figura dell’operaiocontadino,<br />

si svilupperà soprattutto<br />

nelle aree attorno alla grande<br />

fabbrica siderurgica, tessile o,<br />

come nel caso di Forno Allione,<br />

chimica: Dalmine a Costa Volpino,<br />

Tassara a Breno, Ferretti a<br />

Gianico, Seii a Malegno, Manifattura<br />

brenese a Ceto e, appunto,<br />

Uci a Berzo Demo-Malonno,<br />

tanto per citare solo i casi più<br />

significativi.<br />

Due sono i settori primari sui quali ci si sarebbe dovuti muovere: «Il primo<br />

riguarda la distribuzione delle industrie sul territorio. Il secondo, partendo<br />

dall’analisi del territorio stesso, doveva stabilire le possibili coltivazioni agricole e<br />

il tipo di industria, in base al reale bisogno di beni del Paese».<br />

Par quasi di cogliere, in questa breve premessa, non solo una chiara anticipazione<br />

di quello che sarebbe diventato il costante impegno dei lavoratori di Forno<br />

Allione per la salvaguardia ed il ripristino di un equilibrio ecologico sempre più<br />

compromesso, ma perfino una sorta di “profetica” denuncia di quanto sarebbe<br />

emerso soltanto molti anni dopo, in merito all’inquinamento ambientale causato<br />

dalle grandi fabbriche chimiche e siderurgiche.<br />

Ma val la pena di rileggere attentamente alcuni brani di questo importante<br />

documento: «Il concentramento delle industrie in alcune zone, con conseguente<br />

intasamento, inquinamento e mancanza di infrastrutture; la mancanza di investimenti<br />

in altre, lasciava e lascia dei serbatoi di manodopera da utilizzare, o più<br />

precisamente da supersfruttare a discrezione del padronato.<br />

La Vallecamonica ha pagato e paga tuttora questo tipo di politica. A livello<br />

nazionale si è sacrificata l’agricoltura ai disegni di industrializzazione. In Valle,<br />

alla mancanza di investimenti si sono sommati altri problemi, come la diffidenza<br />

dei Camuni verso la formazione di cooperative, quindi l’eccessiva frantumazione<br />

dei terreni in piccole proprietà. Aziende quindi a conduzione familiare,<br />

con basso rendimento, insufficiente al mantenimento dei nuclei familiari interessati,<br />

diventate ora, per la maggior parte, il secondo lavoro per gli occupati<br />

nelle industrie di zona». 92<br />

Il documento prende quindi in esame il programma di sviluppo predisposto<br />

dalla Comunità montana, pubblicato verso la fine del 1975, laddove si parla pure<br />

di prestare «particolare attenzione al settore agro-silvo-pastorale», ma senza<br />

andare oltre le «Buone intenzioni». Anche perché si tratta pur sempre di<br />

«scontrarsi con gli interessi dei gruppi di potere politico economico, orientati al<br />

perpetuamento della situazione che ha visto i Camuni utilizzati, in Italia e all’estero,<br />

come stagionali, nelle coltivazioni agricole prima, poi come manodopera a<br />

basso costo per le fabbriche del triangolo industriale, per i grandi cantieri e per le<br />

miniere europee. Senza contare – aggiunge il documento del Consiglio di<br />

61


Fabbrica – coloro che si sono trasferiti in paesi extraeuropei, e dei quali non<br />

esiste una statistica precisa». 93<br />

E non mancano neppure critiche al sindacato che, al fine di promuovere il<br />

beneficio di incentivi e facilitazioni statali, ha sostenuto la creazione di insediamenti<br />

industriali senza alcuna prospettiva di lunga durata, salvo poi trovarsi di fronte a<br />

ripetute “crisi di settore” non appena consumate le varie sovvenzioni pubbliche.<br />

L’incapacità manageriale dei proprietari e dei dirigenti di queste fabbriche<br />

renderà difficile la collocazione dei prodotti sul mercato e, quindi, «si da allora<br />

avvio alla fase di decentramento produttivo, con la costruzione di laboratori e<br />

centri di distribuzione del lavoro a domicilio che permette, con lo sfruttamento<br />

del lavoro nero a intensi ritmi, bassi salari e frantumazioni delle mansioni, di<br />

immettere sul mercato prodotti a basso costo con altri profitti per i gestori<br />

fantasma dei laboratori e dei centri di raccolta del prodotto finito».<br />

Niente di più e niente di diverso da quanto scriveranno, negli anni successivi,<br />

attenti osservatori come Giuseppe Bondioni («Il basso contenuto tecnologico e<br />

la bassa intensità del capitale caratterizzano le industrie della fase successiva, dal<br />

1970 ad oggi. È il momento del grande decentramento dell’industria tessile, che<br />

smantella le grandi fabbriche, per lasciare spazio a micro-aziende, le famose<br />

“fabbrichette”»), 94 Dino Greco: «Quando, all’inizio del 1978, il sindacato si<br />

accosta seriamente al problema delle piccole aziende della Valcamonica, la<br />

situazione nell’abbigliamento si presenta così: da Pisogne a Malonno – vale a<br />

dire da un capo all’altro della Valle – esistono oltre 200 laboratori che occupano<br />

circa 2.500 operaie. C’è una sola azienda di discrete dimensioni, la Labi, di<br />

proprietà della Fin-Bassetti che si svincolerà però un anno dopo riducendo<br />

drasticamente il proprio pacchetto azionario e iniziando un progressivo, rapido<br />

disimpegno dall’azienda. Due altre imprese, la Made di Edolo e la San Martino<br />

di Darfo, con rispettivamente 200 e 80 dipendenti, avevano già chiuso i battenti<br />

e a nulla era valsa la lunga e drammatica lotta impegnata dalle lavoratrici per farle<br />

riaprire. Ma che la crisi non fosse imputabile a una flessione di mercato lo si<br />

avvertiva nel giro di poche settimane: sulle ceneri delle due aziende chiuse<br />

nascevano alcune decine di laboratori retti da ex operai e da maestre di linea» 95<br />

e Roberto Cucchini: «… negli anni Settanta il settore avrebbe subito un’ulteriore<br />

62<br />

93 Quest’ultimo riferimento vale<br />

soprattutto per le grandi migrazioni<br />

di inizio secolo da Malonno<br />

verso l’Australia.<br />

94 Giuseppe Bondioni, Le ragioni<br />

degli uomini, Fondazione Calzari<br />

Trebeschi – Università Popolare<br />

Vallecamonica-Sebino, 1988.<br />

95 Dino Greco, L’economia riemersa.<br />

Un’esperienza di lotta<br />

delle operaie dell’abbigliamento,<br />

Proposte n.86-87, Editrice Sindacale<br />

italiana, <strong>marzo</strong> 1980.


96 Roberto Cucchini, I tessili<br />

bresciani. Operai, sindacati e<br />

padroni dagli anni Venti all’autunno<br />

caldo, Camera del<br />

Lavoro di Brescia, 1992.<br />

evoluzione sia nella struttura produttiva che nella tipologia dei prodotti e ciò<br />

avrebbe comportato una nuova riorganizzazione del ciclo (decentramento) e la<br />

comparsa di piccoli e piccolissimi opifici con un’ulteriore espansione della<br />

sottoccupazione implicita». 96<br />

Ma torniamo, per un momento ancora, al documento del Consiglio di<br />

fabbrica, soffermandoci particolarmente nel punto in cui, sempre nell’intento di<br />

descrivere tanto il contesto socio-economico in cui nasce e si sviluppa l’Elettrografite<br />

di Forno Allione quanto la posizione geografica dello stabilimento (che ha<br />

reso possibile «strumentalizzare e ricattare i lavoratori per piegarli ad aumentare<br />

la produttività individuale e, di conseguenza, collettiva»), denuncia «le forti<br />

carenze di funzionali infrastrutture (strade e trasporti su ferrovia) che inevitabilmente<br />

producono un parziale isolamento dello stabilimento e della Valle in<br />

generale e incidono fortemente sui costi di produzione» e, quindi, individua<br />

anche in tali carenze alcune fra le cause che hanno riproposto «il problema della<br />

competitività dei nostri prodotti o, meglio, del minor profitto realizzato dalla<br />

Union Carbide Corporation rispetto a prodotti di altri stabilimenti consociati».<br />

Dopo aver aggiunto alcune brevi considerazioni sulla «collaudata politica delle<br />

multinazionali» che, quando uno stabilimento non rende più come previsto, a<br />

prescindere da ogni altra valutazione, lo abbandonano come «una vecchia ciabatta»,<br />

il documento in questione conclude con un appello in merito al carattere della<br />

vertenza in atto: una vertenza che «non può prescindere da alcuni fattori che<br />

coinvolgano più o meno a fondo i problemi di sempre della Vallecamonica».<br />

UN INCENERITORE... SOSPETTO<br />

Tra l’autunno del 1980 e la primavera del 1981 esplode la questione dell’inceneritore.<br />

Il 21 novembre 1980, la ditta Ormi, di Milano, scrive al Laboratorio di<br />

Igiene e Profilassi di Brescia per ottenere un parere «circa la accettabilità, dal<br />

punto di vista della tutela sanitaria e ambientale, del metodo di recupero dell’argento<br />

da lastre radiografiche mediante combustione delle lastre stesse in forno».<br />

Forno che, scopriremo presto, dovrebbe essere realizzato a ridosso della montagna<br />

di detriti (che già allora cominciavano ad essere sospetti) accumulati per anni<br />

63


dalla Uci ai margini dello stabilimento di Forno Allione. Allo scopo, la ditta<br />

presenta un campione del materiale, da sottoporre ad analisi, una dichiarazione<br />

dell’Agfa-Gevaert (produttrice delle lastre) relativa alla composizione delle lastre<br />

stesse e le caratteristiche del forno che si intende realizzare.<br />

Il parere richiesto riguarda essenzialmente la eventuale nocività dei fumi<br />

liberati dal camino del forno, nel timore che questi possano contenere prodotti<br />

tossici come le clorodibenzodiossine ed i clorodibenzofurani.<br />

La risposta del Laboratorio di Igiene e Profilassi è tanto tempestiva quanto<br />

precisa e sicura: «questi composti possono formarsi solo se vi è la presenza di<br />

cloro durante la combustione». E, poiché «l’analisi del campione e la dichiarazione<br />

della Agfa-Gevaert escludono totalmente questa presenza», ritiene «perciò<br />

possibile esprimere parere favorevole alla attività prevista, purché sia assicurato<br />

che le lastre vengano bruciate da sole, con l’ausilio di combustibile ordinario<br />

(gasolio) ed escludendo la presenza di qualsiasi altro materiale di scarto, con<br />

particolare esclusione per gli oggetti in plastica».<br />

«Si raccomanda inoltre – continua la nota del Laboratorio di Igiene – una<br />

accurata conduzione del forno per quanto riguarda la completa combustione, al<br />

fine di evitare fumi visibili e cattivi odori, e una attenta gestione e manutenzione<br />

del depuratore fumi, per limitare al minimo possibile l’emissione di polveri».<br />

Tutto tranquillo quindi, o no?<br />

No! I primi dubbi sorgono già nei giorni immediatamente successivi, quando<br />

il Consiglio di Fabbrica dell’Uci «venuto a conoscenza che il bruciatore situato a<br />

monte dello stabilimento Uci, di proprietà del Comune di Berzo Demo, 97 è stato<br />

rimesso in funzione per bruciare materiale che proviene dagli Ospedali riuniti di<br />

Milano (quali negativi per radiografie ecc.)», preoccupato che tali sostanze<br />

possano costituire un pericolo di inquinamento dell’aria e delle acque, 98 scrive<br />

alla Comunità montana di Vallecamonica ed al Consorzio Sanitario di Edolo per<br />

chiedere che «vengano svolte indagini e controlli».<br />

Sempre a strettissimo giro di posta, il Consorzio Sanitario di Zona scrive al<br />

sindaco e all’Ufficio sanitario di Berzo Demo, alla Comunità montana di Valle<br />

Camonica, all’Ufficio del Medico Provinciale e all’Assessore regionale alla<br />

Sanità, ritenendo che, «al fine di stabilire il tipo di emissioni atmosferiche di tale<br />

64<br />

97 Si tratta di un vecchio impianto<br />

di incenerimento dei rifiuti<br />

solidi urbani, costruito dal Comune<br />

di Berzo Demo nel 1969<br />

presso la Valletta dell’Allione e<br />

gestito dallo stesso Comune<br />

fino al 1977, quando anche Berzo<br />

Demo deliberò l’adesione al<br />

Consorzio costituito dalla Comunità<br />

di Valle Camonica per lo<br />

smaltimento dei rifiuti.<br />

98 Se consideriamo che la tragedia<br />

di Bhopal non è ancora avvenuta,<br />

assume un significato ancor<br />

maggiore tanta attenzione, in<br />

quanto non dettata da alcuna<br />

tensione emotiva ma solo e semplicemente<br />

da un profondo senso<br />

di vigilanza sui temi della salute,<br />

in fabbrica e fuori.


99 Il volantino porta la data del <strong>27</strong><br />

dicembre 1980.<br />

impianto, debbano essere effettuati i prelievi del caso con ogni possibile urgenza»,<br />

aggiungendo che «a tale operazione, stante l’attuale competenza, dovrà<br />

provvedere il Sindaco, assistito dai competenti Organi tecnici», e che lo stesso<br />

Consorzio Sanitario «potrà intervenire soltanto in caso di inadempienza [del<br />

sindaco, evidentemente]».<br />

Nel frattempo, la questione sta diventando ormai di dominio pubblico, grazie<br />

anche alla diffusione di un volantino, firmato dal “Gruppo Intervento Sociale<br />

Mediavalle” e dal “Comitato ecologico camuno” in cui, ricordando che «già<br />

pochi anni fa le acque di scarico di questo inceneritore avevano inquinato la<br />

sorgente che fornisce l’acqua ad alcune abitazioni di Forno d’Allione», si<br />

denuncia «Un altro colpo basso per la Vallecamonica».<br />

Entrando nel merito della questione, gli autori scrivono che «è di oggi 99 la<br />

notizia della messa in funzione di un inceneritore di lastre radiografiche e di altro<br />

materiale fotografico, in località Forno d’Allione, concesso in affitto a tre milioni<br />

e mezzo all’anno a una ditta con sede a Milano in data 12 dicembre 1980, dal<br />

Comune di Berzo Demo [...]. Il contratto è firmato e nessun sopralluogo è stato<br />

effettuato per verificare la regolarità dell’impianto, l’esatta natura del materiale<br />

che si intende bruciare e il rispetto delle condizioni richieste per evitare l’emissioni<br />

di sostanze inquinanti». Il volantino, quindi, dopo aver aggiunto ancora che «i<br />

profitti dell’inceneritore sono privati, le conseguenze dell’inquinamento, invece,<br />

sono sociali, le pagano le persone, gli animali e l’ambiente», chiude con un un<br />

appello alla popolazione affinché si impegni per «bloccare tutte le iniziative che<br />

fanno della nostra Valle una pattumiera».<br />

I passi successivi, prima che la questione finisca dinnanzi al pretore di Breno,<br />

vengono compiuti ancora dal Consorzio Sanitario di Zona che, con atto del 29<br />

dicembre 1980, delibera di «assegnare al Sindaco di Berzo Demo il termine<br />

massimo del 10 gennaio 1981 per la presentazione di una relazione scritta sui<br />

provvedimenti adottati circa la verifica delle emissioni dell’impianto cui alla premessa,<br />

precisando che trascorso inutilmente detto termine il C.S.Z. dovrà intervenire<br />

in sostituzione del Comune per gli adempimenti che si riterranno opportuni».<br />

Trascorso inutilmente il termine di cui sopra, toccherà quindi ancora al<br />

Consorzio Sanitario intervenire decisamente sulla questione, attraverso una<br />

65


lunga nota del suo presidente Mino Mottinelli il quale, dopo una circostanziata<br />

cronaca degli eventi, scrive che «I vincoli indicati nel citato parere del Laboratorio<br />

Igiene e profilassi di Brescia e le avvertenze circa la periodica manutenzione<br />

e verifica del forno per evitare emissioni di polveri, preoccupano lo scrivente e<br />

dovrebbero preoccupare anche altri, in primis il proprietario dell’impianto,<br />

tenuto conto anche dell’estrema perifericità dell’inceneritore che ne rende difficile<br />

un costante controllo».<br />

Dalla nota di Mottinelli emerge anche un altro elemento, che «desta ancora<br />

maggiore preoccupazione». A fronte di una protesta del Comune di Malonno sul<br />

rischio di inquinamento delle acque, infatti, «il Comune di Berzo Demo ha<br />

affermato verbalmente che l’impianto di captazione dell’acquedotto essendo a<br />

monte dello scarico delle acque residue usate nel processo di incenerimento non<br />

può essere fonte di inquinamento». Si tratta, in sostanza, di una implicita<br />

ammissione sul rischio inquinante dell’impianto, indipendentemente dal fatto che<br />

i residui inquinanti entrino nell’acquedotto di Malonno o “soltanto” nel fiume<br />

Oglio, più a valle. Ma è sempre lo stesso presidente del Consorzio Sanitario a<br />

mettere il dito nella piaga, ritenendo che «fonte di inquinamento siano anche (e<br />

principalmente) le emissioni del camino. Queste, depositatesi sul terreno, non<br />

escludono certamente il rischio di inquinare anche le sorgenti ivi esistenti. La<br />

conformazione del territorio (la notevole pendenza) aggrava evidentemente la<br />

situazione [...]. Non si vede in definitiva alcuna ragione valida per riattivare un<br />

impianto di incenerimento in zona, se non quella economica (abbastanza limitata).<br />

I rischi appaiono maggiori ad ogni interesse economico, anche se relazioni<br />

tecniche li potessero escludere. 100<br />

Per quanto precede, – conclude la nota di Mottinelli – lo scrivente conferma la<br />

richiesta di sospensione dell’esecutività della citata deliberazione e chiede,<br />

qualora il Comune di Berzo Demo non desistesse dal programma di riattivare<br />

l’inceneritore, che siano messe in atto tutte le iniziative tecnico-sanitarie.ecologiche<br />

per garantire una più sicura tutela della popolazione residente nella zona e del<br />

territorio interessato. Si precisa comunque che l’unica soluzione appare la<br />

definitiva rinuncia alla riattivazione dell’impianto»<br />

Ma per ottenere il definitivo accantonamento del progetto saranno necessarie<br />

66<br />

100 É risaputo che il grado di affidabilità<br />

delle relazioni tecniche è<br />

spesso subordinato a quanto è<br />

interessato a far emergere il committente.<br />

Nel caso specifico, a<br />

sollevare dubbi non sono i rappresentanti<br />

sindacali, ma lo stesso<br />

presidente del Consorzio Sanitario<br />

di Zona, seppure con una<br />

formula dubitativa e attraverso<br />

l’uso del condizionale.


101 «Brescia, in tutta questa operazione<br />

è guardata con attenzione:<br />

al di là del dissenso marcato a<br />

Milano, è stato da questa provincia<br />

(dalla Valcamonica) che<br />

sono partite le prime esperienze<br />

di sindacato decentrato» Bresciaoggi,<br />

29 maggio 1980.<br />

102 «In concreto l’operazione<br />

porterà a radicali cambiamenti<br />

nel sindacato. Cambiamenti nel<br />

modo di operare, nelle sedi di riferimento,<br />

nell’utilizzo degli operatori<br />

come dei dirigenti. Le articolazioni<br />

operative saranno cinque<br />

[...]: la prima istanza sarà il<br />

Consiglio dei delegati, quindi la<br />

zona unitaria, i comprensori (non<br />

pienamente unitari, ma uniti dal<br />

patto federativo), le regioni e, infine,<br />

l’istanza nazionale», » Bresciaoggi,<br />

29 maggio 1980.<br />

103 Nel febbraio del 1984, Cisl, Uil e<br />

componente socialista della Cgil<br />

sottoscrivono un accordo col governo<br />

Craxi per il blocco parziale<br />

della scala mobile. Accordo che si<br />

concluderà con il cosiddetto “Decreto<br />

di San Valentino”.<br />

altre mobilitazioni, a cominciare dall’esposto al pretore di Breno, firmato da<br />

alcune decine di abitanti della zona, Consiglio di Fabbrica e dipendenti dell’Uci<br />

di Forno Allione il <strong>27</strong> febbraio del 1981: «Premesso che il funzionamento di tale<br />

inceneritore aggraverebbe ulteriormente una zona con tasso di inquinamento<br />

atmosferico già molto elevato, come è stato dimostrato dall’analisi prodotta in<br />

loco con apposite attrezzature dai competenti organi regionali – scrivono i<br />

firmatari dell’esposto – riteniamo che non sia opportuno e legittimo per la<br />

salvaguardia della salute delle persone e per la tutela dell’ambiente il funzionamento<br />

del predetto impianto [...]. Per le ragioni sopra esposte, riteniamo che<br />

l’inceneritore di Forno non debba funzionare; chiediamo che la pretura intervenga<br />

per quanto di sua competenza».<br />

Alla fine, quindi, grazie alla tenace mobilitazione di associazioni, lavoratori e<br />

cittadini della Valcamonica, il progetto verrà definitivamente acantonato.<br />

1981, NASCE IL COMPRENSORIO CAMUNO-SEBINO<br />

Il 26 maggio del 1980, il Consiglio generale della Federazione Cgil-Cisl-Uil<br />

della Lombardia decide di superare le vecchie strutture provinciali e decentrare<br />

energie ed iniziativa sindacale in «una serie di organismi più a contatto con le<br />

esigenze del territorio e dei lavoratori». Nascono così, con il voto contrario<br />

della Uil bresciana e alcune astensioni fra i comunisti della Cgil (fra i quali<br />

anche alcuni bresciani, con in testa il segretario della Camera del Lavoro, Aldo<br />

Rebecchi), 101 i nuovi comprensori sindacali. La Valcamonica, insieme al Sebino<br />

(compresa la sponda bergamasca) ed una parte consistente della Franciacorta,<br />

costituisce il comprensorio Valcamonica-Sebino. 102<br />

Nei primi mesi del 1981 si svolgono i congressi costitutivi delle varie categorie<br />

e, quindi, delle confederazioni (Cgil e Cisl) di Valcamonica Sebino.<br />

La nascita del comprensorio camuno sebino tende a coincidere con il lento<br />

deteriorarsi dei rapporti unitari nel sindacato italiano; deterioramento che verrà<br />

così ripreso ed analizzato dal primo numero della nuova rivista camuna “Periferia”:<br />

«Nessuna rosa d’amore tra le componenti sindacali, il giorno di San<br />

Valentino. 103 Quel 14 febbraio di disamore segna una tappa fondamentale<br />

67


nel processo di disunità sindacale, che si trascinava da anni, ma che era<br />

venuto fortemente a configurarsi dalla fine dell’82, sulla scorta della<br />

famosa assemblea dei Consigli dei delegati all’Eur nel ’76 (chi più ricorda<br />

ora la teorizzazione del salario come variabile dipendente, la legittimazione<br />

della “grande politica”, la proposta di riforma organizzativa del<br />

sindacato stesso, che si pose allora come uno dei grandi soggetti della<br />

politica economica?), del convegno settembrino [1979] di Montesilvano<br />

(nel quale credo che per la prima volta si inizi a sostenere che il CdF deve<br />

rappresentare oltre che i lavoratori anche il sindacato organizzato e con il<br />

quale nascono i comprensori), della sconfitta ottobrina alla Fiat nell’80,<br />

del convegno cislino di Montecatini, nel <strong>marzo</strong> dell’81, nel quale Carniti<br />

lanciò la famosa parola d’ordine “lavorare meno, lavorare tutti”, e della<br />

discussione sulla struttura del salario che lì ebbe inizio, fino ai Congressi<br />

confederali dello stesso anno, per la prima volta dall’unità sindacale<br />

aperti da ciascuna delle tre confederazioni con slogans diversi, e forse<br />

tutti e tre erronei, perché parziali…». 104<br />

Ma per il nascente comprensorio camuno-sebino sarà l’inizio di un lungo<br />

periodo di grandi obbiettivi, speranze e mobilitazioni sociali, che vedranno il<br />

sindacato (Cgil e Cisl, soprattutto) fortemente – ed unitariamente – impegnato<br />

nel tentativo di affermare il ruolo delle classi lavoratrici nel processo di crescita e<br />

di sviluppo dell’economia territoriale.<br />

Si assisterà quindi, per oltre un decennio, all’affermarsi di quel sindacato che<br />

«non è un movimento di riforma, non è un partito politico, non ha intenti<br />

rivoluzionari, non è un’attività legislativa», 105 ma darà «il proprio contributo a<br />

tutte queste cose, senza essere alcuna di esse». 106<br />

Ed i lavoratori dell’Uci di Forno, attraverso il loro Consiglio di Fabbrica,<br />

sapranno esprimere ed esercitare anche in questa nuova dimensione il loro costante<br />

impegno, come già negli anni precedenti attraverso il Consiglio di zona. 107<br />

LA CRISI DELL’ACCIAIO<br />

«La drastica riduzione imposta, non solo a livello europeo, alla produzione<br />

dell’acciaio – scrive Frattini – determinò un analogo calo nel fabbisogno di elettrodi<br />

68<br />

104 Roberto Andrea Lorenzi, San<br />

Valentino del disamore. Il<br />

“grande freddo” nel sindacato,<br />

tra conti in rosso, opacità e prudenze,<br />

Periferia, n. 18/19, 1984.<br />

105 Frank Tannenbaum, cit, pag. 66.<br />

106 Ibidem.<br />

107 Nel mese di aprile del 1972,<br />

dopo due anni di “sperimentazione<br />

sul campo”, l’Assemblea<br />

generale dei lavoratori approva<br />

definitivamente lo Statuto del<br />

Consiglio di Fabbrica. Tra i contenuti<br />

più significativi, oltre agli<br />

aspetti che definiscono i ruoli<br />

del Delegato di reparto, dell’Esecutivo,<br />

del Presidente e della Segreteria,<br />

vi è la norma che regolamenta<br />

l’elezione dei rappresentanti<br />

del Consiglio di Fabbrica<br />

stesso che andranno a comporre<br />

il Consiglio Unitario di Zona.


108 Si tratta del Reparto di grafitazione<br />

“E”, che secondo la già citata<br />

relazione di Siria Garattini e<br />

Luciano Tolla, era considerato il<br />

reparto più moderno, con sistemi<br />

tecnici d’avanguardia.<br />

109 Sulla crisi dei primi anni Ottanta<br />

può essere utile una rilettura<br />

di quanto scrive Giorgio Pedrocco:<br />

«... sulla crisi degli anni<br />

Ottanta il meccanismo di autoregolazione<br />

messo a punto dalla<br />

Cee non aveva funzionato. Infatti<br />

la direttiva dei prezzi minimi era<br />

saltata e quindi il Consiglio dei<br />

Ministri della Cee in data 30 ottobre<br />

1980 aveva deciso di dichiarare<br />

lo stato di crisi manifesta e<br />

fissare, secondo l’articolo 52 del<br />

trattato della Ceca, le riduzioni<br />

obbligatorie delle quote produttive<br />

intervenendo sulle importazioni<br />

e col sostegno finanziario<br />

per contrattazioni temporanee o<br />

durature della manodopera, ricorrendo<br />

alla Cassa Integrazione<br />

ed ai prepensionamenti», Giorgio<br />

Pedrocco, cit.<br />

110 Verbale di assemblea del <strong>27</strong><br />

aprile 1982.<br />

111 Verbale del 20 giugno 1983.<br />

112 Lo stabilimento di Caserta.<br />

i cui produttori, dopo aver sperimentato con poco successo la via della concorrenza,<br />

furono costretti ad abbassare l’utilizzazione degli impianti. E non bastò: alcuni<br />

stabilimenti europei, americani e giapponesi dovettero chiudere i battenti».<br />

Ma, sempre secondo Frattini, tenderebbe a prevalere ancora l’ottimismo<br />

sulle prospettive, se è vero che alla Uci, pur dovendo ridurre i livelli produttivi<br />

ed il numero dei dipendenti per «riassettare l’organico sulle nuove esigenze di<br />

produzione, la Direzione aziendale non cedette a visioni catastrofiche del<br />

futuro e continuò gli investimenti tesi ad aumentare la produttività ed il risparmio<br />

energetico, a migliorare la qualità, a ridurre ancora il numero degli infortuni<br />

ed i danni all’ambiente».<br />

Buone intenzioni formulate anche nel corso del Consiglio di Amministrazione<br />

del 23 novembre 1981, laddove si mette a verbale che «relativamente alla<br />

costruzione di un nuovo reparto di grafitazione 108 a Forno Allione il presidente<br />

illustra la possibilità di ricorrere al conseguimento di risparmio energetico» e,<br />

quindi, «delibera di assumere dall’Imi un finanziamento da perfezionare con<br />

contratto per un importo di 3,3 miliardi [di Lire] rimborsabile in dieci anni».<br />

Ma gia dai mesi immediatamente successivi vien preso atto che «l’andamento<br />

sfavorevole registrato dall’economia italiana a partire dal secondo semestre<br />

1980 109 è progressivamente peggiorato con il volgere dei mesi, fino a determinare<br />

per il 1981 un quadro complessivo di marcata recessione». 110<br />

La successiva “Relazione al bilancio” per il 1982 non farà che confermare la<br />

tendenza negativa dell’economia italiana che, «già in fase di marcata recessione<br />

durante tutto il 1981, ha confermato il suo andamento negativo anche durante il<br />

1982». 111 Tuttavia, sempre in base a quanto riportato sullo stesso verbale, le<br />

vendite di grafite, relativamente all’esercizio 1982, hanno subito un incremento<br />

del 10,9% (per un totale vendite di 58,544 milioni) a Forno e del 7,6 milioni (per<br />

un totale fatturato di 142,863 milioni) alla Elmer. 112<br />

Margini non dissimili da quelli dell’anno precedente, che vengono attribuiti al<br />

«miglioramento del grado di efficienza degli impianti».<br />

Una situazione complessa che, se per un verso non gioverà assolutamente a<br />

ristabilire un confronto serio e credibile sulle prospettive dello stabilimento di<br />

Forno Allione, per altro verso alimenterà ancora a lungo una situazione di<br />

69


incertezza e di ambiguità in cui le più pessimistiche previsioni potranno convivere<br />

con le promesse più disinvolte da parte dello staff dirigente.<br />

«In definitiva – scriverà sul finire del secolo l’ex segretario della Cgil<br />

lombarda, Mario Agostinelli, parlando di “Tempo e spazio nel modello di<br />

impresa globale” –, si è andato configurando un paradigma produttivo<br />

con uno spazio e un tempo proprio, in discontinuità con quello dell’esperienza<br />

precedente. 113 Un paradigma che permette di simulare uno<br />

spazio e un tempo della produzione (a rete e in contemporanea) al cui<br />

interno vengono massimizzati gli obiettivi del sistema economico-finanziario<br />

ed è minimizzata l’entropia 114 locale, poiché sono volutamente<br />

trascurati gli effetti di disordine indotti sulla società e l’ambiente dove si<br />

scarica il massimo di “entropia” esterna». 115<br />

In parole forse più comprensibili, il fenomeno in atto potrebbe essere spiegato<br />

attraverso la lettera di Mario Didò 116 (in risposta ad un quesito sull’argomento,<br />

evidentemente) al segretario della Cgil camuno-sebina Giuseppe Guerrini, il<br />

15 maggio 1984: «... ti scrivo in merito alla Union Carbide Italia per la quale ho<br />

cercato di avere notizie tramite la confederazione europea dei sindacati. Risulta<br />

che a Ginevra tale impresa è registrata come una società esclusivamente finanziaria,<br />

con 70 dipendenti, mentre è accertato che è una emanazione del colosso<br />

multinazionale Esso Petroli con sede a Detroit negli Usa».<br />

«Questa – aggiunge il parlamentare europeo, ricordandosi di essere stato<br />

sindacalista – è una delle tipiche situazioni che il Parlamento Europeo sta cercando<br />

di regolamentare attraverso la Direttiva”Vredeling”, che impone l’obbligo d’informazione<br />

e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori, per le società multinazionali<br />

e non solo per le filiali ma anche per le case-madri che abbiano sede nella<br />

Comunità Europea o in paesi esterni alla stessa Comunità...». 117<br />

LA SINDROME DEL “TITANIC”<br />

La contrattazione nei primi anni Ottanta continua a svilupparsi, sulla falsariga<br />

di quella impostata nei decenni precedenti, attorno ai temi dell’ambiente e della<br />

sicurezza, fisica ed economica, ma ben presto subirà l’impronta degli eventi<br />

70<br />

113 Il corsivo è nel testo di riferimento.<br />

114 In termodinamica, funzione di<br />

stato di un sistema, che misura il<br />

suo grado di disfacimento, degradazione<br />

e disordine.<br />

115 Mario Agostinelli, Tempo e<br />

spazio nell’impresa postfordista,<br />

Manifestolibri, 1997, pag. 47.<br />

116 Già segretario nazionale della<br />

Cgil e, quindi, parlamentare europeo.<br />

117 Documento in appendice.


118 La “Cooperativa lavoratori<br />

Uci” nasce verso la fine degli<br />

anni Settanta, ed ha fra le sue<br />

finalità principali (come leggiamo<br />

dal relativo Statuto) quelle di<br />

«provvedere all’acquisto ed alla<br />

distribuzione di prodotti alimentari<br />

[...]; all’acquisto ed alla distribuzione<br />

di prodotti casalinghi<br />

(frigoriferi, lavastoviglie, televisori,<br />

ecc.) interessanti le famiglie<br />

dei lavoratori [...]».<br />

incalzanti attraverso ricorsi alla Cassa Integrazione ed ai primi licenziamenti<br />

“contrattati”, salvo ritornare, in una sorta di stop and go, ai temi principali relativi<br />

alle condizioni economiche e normative non appena l’attenuarsi delle situazioni di<br />

emergenza concedono qualche momento di respiro.<br />

É del maggio 1980 l’accordo aziendale che prevede l’anticipo da parte<br />

dell’Azienda delle indennità di pertinenza Inail, alle relative scadenze mensili, in<br />

caso di infortunio: uno degli ultimi tasselli (insieme all’analoga misura in caso di<br />

malattia) verso il salario garantito, in sostanza.<br />

Nello stesso mese di maggio vengono concordati alcuni punti significativi su<br />

temi come la classificazione del personale, il premio di operosità, il finanziamento<br />

del Fondo sociale ed il perfezionamento (comprensivo della messa a disposizione<br />

di apposito locale da parte dell’Azienda) della Cooperativa dei dipendenti<br />

Uci per la vendita anche al pubblico di prodotti di largo consumo. 118<br />

Due anni dopo, il 14 maggio 1982, viene sottoscritto un altro importante<br />

accordo aziendale in cui, dopo una generica premessa in ordine alla «situazione<br />

aziendale condizionata dalla manifesta crisi del settore dell’acciaio tuttora in<br />

atto», si contrattano aggiornamenti e adeguamenti in merito a: classificazione del<br />

personale, colonie per i figli dei dipendenti, riconferma delle agevolazioni per i<br />

dipendenti nell’acquisto di carbone per riscaldamento, organizzazione e ambiente<br />

di lavoro, corsi di aggiornamento professionale...<br />

Ma gia nell’ottobre dello stesso anno il tema principale di un’intesa fra le<br />

parti riguarderà la procedura per il ricorso alla Cassa integrazione guadagni a<br />

fronte di una riduzione dell’orario di lavoro che coinvolgerà quasi tutti i<br />

dipendenti, con la sola esclusione di «cabinisti, fuochisti, infermiere, guardie e<br />

personale avente qualifica di intermedio», per un periodo di 24 giorni, dall’11<br />

ottobre al 31 dicembre.<br />

Come ulteriore passo verso l’obiettivo della mensilizzazione del salario,<br />

l’azienda, benché in via eccezionale, «provvederà all’integrazione di quanto<br />

corrisposto dalla Cassa Integrazione Guadagni per ratei di tredicesima, gratifica<br />

straordinaria e premio di operosità maturati nel periodo coperto dalla Cassa<br />

stessa, fino a concorrenza del totale importo dei ratei stessi».<br />

Neppure il tempo necessario all’esaurimento del provvedimento che già, il 23<br />

71


dicembre del 1982, le parti si incontrano nuovamente per discutere sulla «necessità<br />

di un ulteriore ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni, permanendo lo<br />

stato di recessione del mercato al quale l’azienda indirizza il suo prodotto, e cioè<br />

il mercato siderurgico», e si concordano altre due giornate di riduzione dell’attività<br />

lavorativa, ad eccezione dei già citati gruppi, del personale addetto alla<br />

manutenzione e del Reparto Trafila, «in considerazione del fatto che nel passato<br />

trimestre questo reparto ha dovuto effettuare una intensa attività di lavoro in<br />

previsione di una fermata resa necessaria da interventi sull’impianto medesimo<br />

nel periodo dal 17 gennaio 1983 al 21 <strong>marzo</strong> 1983».<br />

Ed infine (ma siamo solo all’inizio), il 12 aprile 1983 le parti si incontrano<br />

nuovamente – dopo la revoca di una procedura per il licenziamento di 66 operai<br />

e 9 fra intermedi ed impiegati –, nella sede bresciana dell’Associazione industriale,<br />

per definire le modalità relative al «ricorso alla Cassa integrazione Straordinaria<br />

per crisi aziendale per 18 mesi, decorrenti dal 25 aprile 1983», 119 il «prepensionamento<br />

del personale in possesso dei requisiti soggettivi e pensionamento<br />

del personale in possesso dei requisiti di età e di contribuzione...» ed il blocco<br />

del turn-over. 120<br />

L’accordo, dopo una lunga serie di impegni assunti dall’aziende in merito alle<br />

modalità di rotazione dei cassintegrati, le limitazioni nel ricorso al lavoro straordinario,<br />

la realizzazione di corsi per la riqualificazione del personale, l’anticipo<br />

delle spettanze relative al trattamento di Casa integrazione e, quindi, le prospettive<br />

future dello stabilimento, si conclude con l’impegno delle parti ad incontrarsi<br />

periodicamente per esaminare gli sviluppi della situazione.<br />

E l’incontro successivo sarà di lì a meno di un mese, nella sede aziendale di<br />

Forno Allione (confermando così quella prassi di lunga durata che avrebbe visto<br />

perfezionarsi in sede aziendale anche i pochi accordi realizzati altrove), l’11<br />

maggio, per completare i punti lasciati in sospeso: definizione degli organici e<br />

degli orari di lavoro reparto per reparto e chiarimenti in ordine al trattamento<br />

economico dei cassintegrati, unitamente ad altri aspetti di carattere più “ordinario”<br />

come sussidi scolastici e borse di studio.<br />

Nel corso di questa prima verifica, quindi, il Consiglio di Fabbrica prenderà<br />

atto di come «l’assetto aziendale che risulterà dopo l’eliminazione del personale<br />

72<br />

119 Verranno messi in Cassa Integrazione<br />

Straordinaria 130 operai<br />

e 9 fra intermedi ed impiegati.<br />

120 Testo allegato.


121 Esigenze produttive che vengono<br />

indicate in 18mila tonnellate.<br />

122 Per calmare la gente, sulla<br />

nave che stava affondando, l’orchestra<br />

di bordo cominciò a suonare<br />

un ragtime nel salone della<br />

prima classe, poco dopo la mezzanotte,<br />

e tutti gli orchestrali non<br />

avrebbero smesso di suonare<br />

fino al completo affondamento<br />

della nave, pienamente consci di<br />

essere sul punto di morte.<br />

esuberante (66 operai + 9 fra intermedi e impiegati) può ritenersi adeguatamente<br />

dimensionato rispetto alle esigenze produttive». 121<br />

L’accordo successivo, del 31 agosto 1984, accennerà soltanto ai problemi di<br />

natura occupazionale, laddove apprendiamo che l’organico «si compone di 350<br />

persone comprensivo di operai ed intermedi e di 60 impiegati», e che va riferito ad<br />

una produzione di 1.200/1.300 tonnellate mensili», mentre affronterà diffusamente<br />

quelli che potrebbero sembrare gli argomenti propri di un’azienda senza particolari<br />

problemi di prospettiva: ambiente di lavoro e sicurezza (si conferma l’incontro,<br />

entro il mese di ottobre, con la Clinica del Lavoro di Pavia «per un approfondimento,<br />

su base tecnica, dei risultati delle indagini effettuate»); riduzione orario di<br />

lavoro (in riferimento al Contratto nazionale di lavoro firmato nel mese di luglio<br />

dello stesso anno); inquadramento professionale e aumenti retributivi.<br />

L’unico riferimento che potremmo definire “estraneo” all’attività produttiva lo<br />

troviamo al capitolo “richieste varie”, dove viene concordato di «erogare, in<br />

aggiunta al trattamento di fine rapporto, una cifra una-tantum di 80mila lire ai 66<br />

operai, 3 intermedi e 6 impiegati, di cui all’accordo 12 aprile 1983, i quali<br />

abbiano cessato il rapporto di lavoro entro il 30 settembre 1984, e di estendere<br />

questo trattamento anche a quei dipendenti che, beneficiando della legge n. 193/<br />

1984 sul prepensionamento, abbiano risolto o risolvano il rapporto di lavoro<br />

entro il 31 dicembre 1984».<br />

In calce all’accordo, l’azienda conferma gli incontri trimestrali con il Consiglio<br />

di Fabbrica per informarlo sulla situazione tecnico produttiva dello stabilimento.<br />

Pochi mesi dopo, l’11 dicembre dello stesso anno, nel corso di un incontro fra le<br />

parti, verranno concordati più di 60 passaggi di categoria, distribuiti un po’ ovunque<br />

all’interno dei vari reparti, con prevalenza assoluta fra le categorie operaie.<br />

Difficile, a questo punto, sfuggire alla tentazione di un accostamento col<br />

Titanic. 122 Anche se nel nostro caso, come abbiamo già visto, sul fatto che la<br />

nave fosse a rischio di affondamento c’erano stati forti segnali di allarme ben<br />

prima che venissero calate in mare le scialuppe di salvataggio: basti pensare al<br />

modo in cui vengono gradualmente ridotti, quando non abbandonati, gli accorgimenti<br />

utili al mantenimento degli impianti, con ovvie e repentine cadute di qualità<br />

in ordine alla produzione ed alle condizioni ambientali.<br />

73


Vale anche per Forno Allione, in sostanza, il quadro che emerge a livello più<br />

generale secondo l’analisi di Marco Revelli, il quadro di «una disfatta storica del<br />

“lavoro” e delle sue strutture organizzate. Di un vasto ridimensionamento del suo<br />

peso specifico nell’ambito delle società industrialmente avanzate; di un generale<br />

arretramento nelle condizioni di vita e di lavoro per fasce maggioritarie di popolazione;<br />

di un drastico indebolimento delle sue rappresentanze politiche e sociali». 123<br />

DECADENZA E CINISMO<br />

Ciò che avviene da qui in avanti in tema di contrattazione, tanto nella sostanza<br />

quanto nello stile, sembra appartenere ad un altro mondo, o quantomeno ad<br />

un’altra fabbrica. A cominciare dall’accordo firmato in data 20 aprile 1988 in<br />

tema di occupazione, investimenti, ambiente di lavoro interno ed esterno, premio<br />

di produzione e produttività. Tralasciamo ogni commento in ordine alla macchinosità<br />

con cui vengono definiti i criteri per la distribuzione di un “premio di<br />

produttività” che, alla fine, si caratterizza soprattutto per la sua capacità («date le<br />

difficoltà obiettive di valutazione preventiva del nuovo meccanismo») di coprire<br />

la differenza tra quanto generato dal premio variabile ed una soglia minima<br />

garantita, per soffermarci sui primi tre punti, laddove appare piuttosto difficile<br />

leggere il testo come frutto di una contrattazione fra le parti piuttosto che un<br />

dettato a senso unico. Ma andiamo a vedere punto per punto.<br />

Al capitolo Occupazione leggiamo: «Premesso che la società ribadisce il<br />

proprio impegno verso lo stabilimento di Forno Allione e che le parti dichiarano<br />

che il mantenimento e lo sviluppo della produttività economica passa anche<br />

attraverso il migliore utilizzo di tutte le risorse tecniche ed umane che possono<br />

essere ricercate mediante nuove formule organizzative, la Società si impegna ad<br />

adeguare il proprio organico alle necessità, non episodiche, del livello di produzione<br />

richiesto. Quanto a diversificazione produttiva l’azienda, nella consapevolezza<br />

della specifica, consolidata e ben definita attitudine dello Stabilimento di<br />

Forno Allione alla produzione di Grafite e non ad altro, conferma l’impegno alle<br />

lavorazioni speciali ed al potenziamento delle stesse indagando tutte le opportunità<br />

offerte dal mercato». Che significa? Si può dire di meno in altro modo?<br />

74<br />

123 Marco Revelli, Alle radici<br />

della caduta, in La sinistra sociale,<br />

Bollati Boringhieri, novembre<br />

1997, pag. 28.


124 Alcune conferme in tal senso<br />

le troviamo anche confrontando<br />

i verbali del presidio multinazionale<br />

di igiene e prevenzione che,<br />

dopo aver constatato nell’ottobre<br />

del 1988 come «non si era<br />

ancora proceduto all’installazione<br />

dell’impianto per problemi di<br />

carattere tecnico...», nell’agosto<br />

del 1990 rilevava «un sostanziale<br />

miglioramento delle emissioni di<br />

polveri e di I.P.A. [Idrocarburi<br />

Policiclici Aromatici] poste a valle<br />

delle lavorazioni...».<br />

125 Pare evidente come qui non si<br />

tratti più di contrattazione fra le<br />

parti, ma, piuttosto, pura e semplice<br />

verbalizzazione di una volontà<br />

(o comunque di una intenzione)<br />

a senso unico.<br />

126 Pensando alla lucida consapevolezza<br />

(che non poteva certo<br />

mancare a livello dirigenziale) di<br />

quanto si stava realmente prospettando,<br />

c’è da rimanere allibiti,<br />

di fronte al cinismo condensato<br />

in una simile affermazione.<br />

Al capitolo Investimenti, invece, «Premesso che la Società ha sempre<br />

fornito informazioni ampie in tal senso, ottemperando con ciò ai disposti<br />

contrattuali ed alle richieste del Consiglio di Fabbrica [Cos’è, una dichiarazione<br />

a “futura memoria” in difesa della correttezza da parte della Direzione<br />

aziendale?] e che nessuna preclusione è posta ad ampliare, se del caso, tale<br />

informativa, si precisa che per l’anno in corso la Società ha predisposto un<br />

piano di investimenti di oltre due miliardi.<br />

Questo impegno finanziario si rivolge per circa il 50% al miglioramento delle<br />

condizioni di lavoro e dell’ambiente, 124 e per il restante 50% si rivolge alla<br />

riduzione dei costi di produzione ed al miglioramento della qualità, nella convinzione<br />

che il recupero di produttività è esigenza insopprimibile per mantenere la<br />

competitività sul mercato e quindi assicurare la stabilità dell’occupazione».<br />

Ed ecco, infine, la “perla” in merito all’Ambiente di lavoro interno ed esterno:<br />

«Il miglioramento delle condizioni di lavoro e la protezione dell’ambiente è stato<br />

l’impegno primario e sempre presente della Società. 125 A tal fine l’Azienda ha<br />

investito oltre il 40% dei totali investimenti annui, ottenendo nell’ultimo periodo<br />

effettivi e sostanziali miglioramenti. Tale impegno è confermato sia per il 1988<br />

come dettagliato al punto “investimenti”, sia per gli anni futuri dove via via<br />

verranno risolti i problemi tecnologicamente ed economicamente risolvibili. 126<br />

Sull’argomento si è avuto un ampio confronto e l’Azienda ha fornito verbalmente<br />

dettagliati ragguagli tecnici ed economici al Consiglio di Fabbrica e inoltre si<br />

impegna a fornire per il futuro le informazioni più ampie al riguardo, nell’ambito<br />

delle periodiche riunioni del Comitato Ambiente anche per verificare i miglioramenti<br />

intervenuti».<br />

Il testo dell’accordo prosegue poi trattando altri temi di “ordinaria amministrazione”,<br />

come il Premio di produzione/produttività, attraverso la definizione di<br />

alcuni marchingegni piuttosto cervellotici relativi alla sua pratica applicazione.<br />

Il tema della produttività verrà ripreso anche nell’accordo successivo, in data<br />

16 febbraio 1989, come premessa che «è interesse comune delle parti mantenere<br />

lo Stabilimento in condizioni di buona competitività economica soprattutto<br />

attraverso la continua ricerca del miglioramento della produttività perseguito<br />

anche ricorrendo all’ottimale utilizzo degli impianti ed ai necessari adeguamenti<br />

75


organizzativi», e, quindi, «si conviene di dar corso in alcuni reparti alle seguenti<br />

modifiche organizzative...».<br />

Seguono, quindi, alcuni modesti accorgimenti organizzativi (concentrati prevalentemente<br />

sull’organizzazione degli orari) nei reparti Trafila, Cottura e Grafitazione.<br />

Accorgimenti che verranno poi confermati o perfezionati dopo alcuni<br />

mesi 1<strong>27</strong> anche nel reparto manutenzione...<br />

«Tutti concordano e tutti dicono di sì. Certo, la loro grande azienda ha<br />

un piano, diversi piani, anche se non necessariamente tutti scritti e<br />

proclamati; anzi, più vivi, anche perché ideali, non scritti, non esattamente<br />

calcolati e versati, ma appena accennati, definiti, lasciati al calore<br />

fondente del pensiero unico dell’azienda, della sua autorità, della sua<br />

morale, anche dell’improvvisazione dei suoi vari conduttori protagonisti,<br />

spesso anche dei minori, fino ai più piccoli capi, alle loro decisioni di<br />

risparmiare, aggiustare attrezzi, meglio distribuire la manodopera, occupare<br />

ogni minuto del tempo-produzione...». 128<br />

Un altro significativo atto relativo al precipitare degli eventi (ma sempre<br />

accompagnato da notevoli elementi di ambiguità) si compie sul finire del 1990,<br />

attraverso l’accordo del 5 dicembre, quando la lunga premessa a proposito di<br />

«un piano articolato, finalizzato all’improrogabile rilancio competitivo dello stabilimento»<br />

(che sarebbe stato deliberato dall’azienda «anche per garantire la<br />

propria qualificata permanenza nell’ambito dell’economia della Valle Camonica»),<br />

serve sostanzialmente per introdurre ulteriori drastiche misure per il ridimensionamento<br />

degli organici, «ad oggi quantificabile in 78 unità, suddivise in 65<br />

operai e 13 impiegati». Ridimensionamento concordato fra le parti attraverso il<br />

ricorso per 24 mesi alla Cassa integrazione Straordinaria, a fronte della disponibilità<br />

aziendale a sospendere la procedura di licenziamento, preventivamente<br />

attivata il 30 ottobre precedente.<br />

Lo stesso accordo verrà poi utilizzato come punto di partenza, il 14 dicembre<br />

dello stesso anno, nell’incontro al Ministero del Lavoro e della Previdenza<br />

sociale, nella formulazione di un impegno congiunto fra le parti per «sollecitare<br />

tutti gli organismi competenti nazionali, regionali o locali, affinché vengano estese<br />

anche all’area in cui è ubicato lo stabilimento di Forno Allione tutte le forme di<br />

76<br />

1<strong>27</strong> Accordo aziendale del 20 dicembre<br />

1989.<br />

128 Paolo Volponi, Le mosche del<br />

capitale, Einaudi, 1991, pag. 205.


129 Viene richiesto il diritto ai prepensionamenti,<br />

in sostanza, già<br />

adottati nel settore siderurgico<br />

dai primi anni Ottanta.<br />

130 la differenza rispetto ai 78 di<br />

cui sopra potrebbe essere attribuibile<br />

a dimissione (o decesso)<br />

di un dipendente.<br />

facilitazione o incentivazione già in essere in alcune località limitrofe ed in altre<br />

zone del Paese, ritenute bacini di crisi occupazionale». 129<br />

Poco più di un anno dopo, il 31 <strong>marzo</strong> del 1992, presso la sede dell’Associazione<br />

Industriale Bresciana, un altro incontro fra le parti “converrà” sulla necessità<br />

di attestare l’organico dello stabilimento a 103 unità e, quindi, «in aggiunta ai<br />

77 lavoratori 130 già sospesi, a decorrere dal 6 aprile 1992 135 operai e 16<br />

impiegati verranno sospesi dal lavoro, e anche per essi verrà richiesto l’intervento<br />

della Cassa integrazione guadagni straordinaria fino al 16 dicembre 1992, a<br />

completamento del periodo di 24 mesi concordato nel verbale del 14 dicembre<br />

1990». Per tutti i dipendenti sospesi, quindi, «verrà inoltre richiesta una ulteriore<br />

proroga del periodo di intervento della Cigs per 12 mesi».<br />

E qui emerge, per la prima volta in modo tanto esplicito, tutta la pressione<br />

coercitiva dell’azienda nei confronti dei lavoratori e delle loro organizzazioni<br />

sindacali. Dopo aver premesso che «si intendono esaurite le procedure ed<br />

adempiuti gli obblighi della Ucar Carbon Italia relativi all’istituto di pensionamento<br />

anticipato nonché ad altre forme di ammortizzatore sociale», l’accordo chiude<br />

con la seguente affermazione: «Di conseguenza le vertenze giudiziarie pendenti<br />

su tale materia si intendono esaurite ed assorbite dal presente accordo, impegnandosi<br />

la Fulc ad effettuare ogni adempimento per eliminare le suddette<br />

vertenze e a non intraprendere per il futuro vertenze giudiziarie per gli stessi titoli,<br />

intendendosi insussistente ogni materia del contendere a riguardo».<br />

Un’affermazione piuttosto discutibile sul piano del diritto giuridico (oltre che<br />

nello stile), ma probabilmente molto efficace in termini di condizionamento<br />

psicologico e morale...<br />

LE CENERI<br />

«Nel 1994 lo stabilimento chiude, ma ormai è aperto il fronte giudiziario: una<br />

perizia medica dopo l’altra, emerge un quadro terrificante», scriverà Giampiero<br />

Rossi sull’Unità del 9 aprile 2003.<br />

Un quadro “terrificante” sul versante umano, come denuncerà il segretario della<br />

Cgil, Domenico Ghirardi, durante la celebrazione del Primo maggio a Forno<br />

77


Allione nel 1998, «per ricordare quanti nel lavoro e per il lavoro hanno sacrificato<br />

la loro salute», 131 ma un quadro non meno allarmante sul versante ambientale,<br />

perché «anche il bosco era stato ferito, anche l’ambiente circostante era stato<br />

contagiato, inquinato da quei fumi e da quegli scarti delle lavorazioni». 132<br />

Nella primavera del 2002 il sostituto procuratore della Repubblica, Alessandra<br />

Chiavegatti, chiede al giudice per le indagini preliminari, Roberto Spanò, il<br />

rinvio a giudizio dei vertici dell’azienda e del medico di fabbrica in servizio allo<br />

stabilimento di Forno Allione fino al 1994, per «omicidio colposo plurimo e<br />

lesioni colpose causate dall’inosservanza delle norme relative alla prevenzione<br />

delle malattie professionali sui luoghi di lavoro». 133<br />

Mentre i vertici aziendali sono accusati di non aver applicato le necessarie<br />

misure di prevenzione contro il rischio rappresentato da fumi e vapori contenenti<br />

idrocarburi policiclici aromatici e pece, il medico di fabbrica dovrà invece<br />

«raccontare perché non avrebbe sottoposto i lavoratori esposti alle sostanze<br />

cancerogene alle indispensabili visite mediche semestrali previste dalla legge». 134<br />

Tali comportamenti, secondo la procura di Brescia, avrebbero «provocato la<br />

morte per malattia professionale di ventuno operai camuni, assunti in fabbrica dal<br />

’36 all’87 e morti dal <strong>marzo</strong> del 1989 al luglio di due anni fa», 135 mentre la vita di<br />

altri continua con molte sofferenze.<br />

Ma per un quadro più completo e circostanziato della situazione riscontrata<br />

nello stabilimento, giova andare a rileggere, ancora, quanto scrive Marco Toresini<br />

sul quotidiano Bresciaoggi: «All’epoca dei fatti contestati la legge 626 sulla<br />

sicurezza nei luoghi di lavoro non esisteva ancora (la normativa è del ’94, giusto<br />

il periodo in cui è iniziato lo smantellamento del complesso industriale Ucar di<br />

Forno Allione), ma per la procura e per i tecnici che hanno affiancato il pm<br />

Alessandra Chiavegatti nelle indagini, nei capannoni dell’azienda camuna erano<br />

parecchie le cose che non andavano: scarsa pulizia, proprio là dove si trattavano<br />

polveri pericolose; scarsa manutenzione degli impianti di aspirazione e di captazione<br />

dei fumi; mancanza di locali protetti, là dove si effettuavano lavorazioni<br />

nocive; non ci sarebbe stata nemmeno l’acqua a disposizione dei lavoratori nel<br />

reparto dove gli operai entravano in contatto con pece e coke.<br />

I periti del pubblico ministero, ascoltando anche gli operai al lavoro in azienda,<br />

78<br />

131 Domenico Ghirardi, Primo<br />

Maggio a Forno Allione, Argomenti,<br />

giugno 1998.<br />

132 Ibidem.<br />

133 Marco Toresini, Dal giudice<br />

le morti sospette dell’Ucar, Bresciaoggi,<br />

30 aprile 2002.<br />

134 Ibidem.<br />

135 Silicosi, neoplasie vescicali<br />

e polmonari, tumori al cavo orale,<br />

sono le cause principali dei<br />

decessi.


136 Marco Toresini, Ecco come<br />

gli operai venivano a contatto<br />

con polveri nocive, Bresciaoggi,<br />

30 aprile 2002.<br />

avrebbero riscontrato nei reparti dello stabilimento condizioni di lavoro particolarmente<br />

rischiose, senza che l’azienda avesse messo a disposizione delle maestranze<br />

tutti gli strumenti necessari ad evitare situazioni di pericolo per la salute.<br />

Secondo i tecnici, in alcuni reparti dell’azienda si effettuavano lavorazioni<br />

con metodi che esponevano gli operai ad un contatto costante e diretto con<br />

polveri pericolose per la salute. Materie prime che, ad esempio, venivano pesate<br />

a mano, così come manualmente venivano pulite le buche degli elevatori di coke<br />

e ossidi di ferro (in questo caso, secondo i periti, sarebbe bastato usare un<br />

aspiratore). Nell’azienda – contesta la Procura – non c’erano nastri trasportatori<br />

o silos automatizzati, ma solo pale meccaniche per portare le materie prime<br />

altamente inquinanti da un posto all’altro dei capannoni.<br />

Gli operai procedevano anche alla rigenerazione dell’imbottitura dei forni,<br />

aprivano manualmente le mescolatrici e intervenivano con delle spatole per<br />

completare lo svuotamento del macchinario. A mano e senza alcuna automazione<br />

venivano timbrati anche gli elettrodi.<br />

Gli scarsi mezzi che sarebbero stati messi a disposizione costringevano gli<br />

operai ad aprire l’autoclave, entro la quale si svolgeva parte della lavorazione,<br />

mentre fuoriuscivano fumi e vapori. E lo stesso impianto che si occupava di<br />

catturare gli inquinanti dell’autoclave, secondo la ricostruzione dei periti, era<br />

stato messo in un punto che finiva per investire il lavoratore. Impianti di aspirazione<br />

di fumi e polveri, poi, per lungo tempo non sono stati presenti in quelle aree<br />

dove gli operai dovevano pulire alcuni contenitori utilizzati per la lavorazione.<br />

In questo modo – secondo la ricostruzione fatta dalla Procura – i lavoratori<br />

venivano esposti a polveri, polveri di carbon coke, fumi, fumi e vapori di pece.<br />

Ad esempio: il forno veniva preparato utilizzando materiali, come la graniglia di<br />

coke, sabbia e polvere di carbone, altamente polverosi e questo rischio aumentava<br />

anche a causa delle modalità utilizzate per spostare il materiale; gli elettrodi<br />

venivano ancora puliti manualmente con l’utilizzo delle raspe.<br />

Nel reparto di grafitazione, una delle tante procedure di lavorazione effettuate<br />

all’interno dell’Ucar, si procedeva ancora al distacco manuale degli elettrodi e<br />

alla pulitura con carta vetrata dei tubi di grafite». 136<br />

Le conclusioni dei tecnici della procura, quindi, dopo aver ascoltato gli operai,<br />

79


sono impietose: «l’azienda non ha provveduto nel corso degli anni a dotare i propri<br />

impianti di tutte quelle soluzioni tecnicamente realizzabili e compatibili con lo<br />

svolgimento delle operazioni connesse alle lavorazioni in corso».<br />

L’atteggiamento dell’azienda davanti alle contestazioni delle maestranze<br />

sarebbe stato quello – si legge negli atti – di «sottacere i problemi, tendendo ad<br />

evitare un confronto su queste problematiche con il sindacato».<br />

E quando nel corso degli anni alcune delle situazioni più critiche sono state<br />

almeno in parte sanate l’azienda – sempre secondo la Procura – sarebbe intervenuta<br />

tardivamente, con effetti limitati e, in molti casi, «non impiegando la tecnologia già<br />

disponibile sul mercato a fronte di costi compatibili con il valore delle lavorazioni».<br />

L’inchiesta della procura, infine, ripropone la drammatica attualità dell’esposto<br />

presentato qualche anno prima da una donna abitante nella zona 137 e, per altro<br />

verso, le perplessità espresse dal segretario della Cgil, Domenico Ghirardi, attraverso<br />

il quotidiano Bresciaoggi, in merito alla «bonifica eseguita ove sorgevano i<br />

capannoni e sul tipo di attività delle aziende insediatesi a Forno Allione». 138<br />

L’inchiesta sui 21 decessi e sulle malattie professionali, leggiamo ancora sul<br />

Bresciaoggi, «ha suscitato sgomento e sorpresa», ma le morti “sospette” e le<br />

malattie professionali non sarebbero l’unico problema al quale la multinazionale<br />

dovrà fornire alla magistratura risposte esaurienti, nel senso che «una nuova<br />

bufera starebbe per scoppiare a Forno Allione». 139 Nel mirino degli investigatori,<br />

infatti, sarebbe finita anche la discarica utilizzata per smaltire i rifiuti prodotti<br />

dalla fabbrica, che sarebbe stata «inspiegabilmente stralciata dall’area industriale<br />

al momento della dismissione». 140<br />

Un successivo incontro presso la sede della Provincia di Brescia, nei primi<br />

giorni di maggio 2002, tra l’assessore provinciale all’ecologia e all’ambiente, Enzo<br />

Cossu, le Organizzazioni sindacali Cgil e Cisl di Valcamonica-Sebino, i rappresentanti<br />

dell’Arpa regionale e dell’Asl camuno-sebina e i sindaci di Berzo Demo e<br />

Malonno servirà per fare il punto «sulla delicata situazione della bonifica dell’area<br />

industriale ex Ucar di Forno Allione», 141 dopo che lo stesso sindacato comprensoriale,<br />

nel gennaio dello stesso anno, aveva denunciato la gravità del problema.<br />

«La vicenda è complessa – scrive Lino Febbrari su Bresciaoggi – e prende le<br />

mosse a metà anni ’90, quando l’Ucar Carbon decise di chiudere gli impianti che<br />

80<br />

137 «Voglio far presente che presso<br />

la frazione di Forno Allione di<br />

Malonno l’aria è a volte irrespirabile,<br />

tanto da provocare a me e<br />

alle mie figlie mal di testa e nausea.<br />

Questo accade da qualche<br />

anno ogni volta che trovo della<br />

polvere depositata sui balconi<br />

della mia abitazione. É come se<br />

respirassi dei gas. La polvere è<br />

tanto fine che si infiltra in casa<br />

depositandosi sui mobili...».<br />

138 Luciano Ranzanici, In un<br />

esposto di due anni fa: «è come<br />

se respirassi gas», Bresciaoggi,<br />

10 maggio 2002.<br />

139 Lino Febbrari, Ucar, i dubbi<br />

del sindacato, Bresciaoggi, 1<br />

maggio 2002.<br />

140 Ibidem.<br />

141 Fulvia Scarduelli, Ex Ucar da<br />

risanare, Giornale di Brescia, 15<br />

maggio 2002.


142 Lino Febbrari, L’ex discarica<br />

va bonificata, Bresciaoggi, 15<br />

maggio 2002.<br />

143 Siglato il 31 ottobre del 1996<br />

da Provincia di Brescia, Asl e<br />

Comuni interessati.<br />

144 Lino Febbrari, L’ex discarica<br />

va bonificata, Bresciaoggi, 15<br />

maggio 2002.<br />

145 Ibidem.<br />

146 Ibidem.<br />

147 Vengono rinviati a giudizio<br />

due ex direttori dello stabilimento<br />

(Nicola Frisario e Bruno Poli),<br />

un consigliere delegato (Pietro<br />

Magnani) ed il medico di fabbrica<br />

(Pietro Adani).<br />

fino ad allora avevano prodotto elettrodi di grafite per le aziende siderurgiche di<br />

mezzo mondo. Nell’accordo siglato con gli enti locali – continua Febbrari – era<br />

previsto che l’Ucar bonificasse la vasta area di oltre 175mila metri quadrati». 142<br />

Ma, come abbiamo già visto, la zona della discarica viene inspiegabilmente<br />

stralciata dai piani di bonifica e, quindi, il successivo insediamento di altre attività<br />

(non sempre immuni da problemi di ordine ambientale, come si intuisce anche<br />

dalle preoccupazioni di Ghirardi e della donna autrice dell’esposto, di cui<br />

abbiamo a ppena parlato), tende a mettere in secondo piano il “vecchio”<br />

problema. Ad occuparsi della discarica dimenticata, dunque, sono ancora una<br />

volta le organizzazioni sindacali del comprensorio camuno-sebino che, come già<br />

ricordato, il 16 gennaio scrivono alle varie istituzioni per «denunciare nuovamente<br />

la delicata situazione della bonifica e soprattutto per segnalare il potenziale<br />

pericolo costituito dalla discarica».<br />

Una situazione delicata sotto vari punti di vista, se è vero che «sei anni fa<br />

circolarono in zona le ipotesi più disparate. Quella che alla fine sembrava<br />

prevalere sulle altre diceva che l’Ucar avrebbe in qualche modo imposto ai<br />

firmatari dell’accordo di programma di bonifica 143 lo stralcio dell’area in queste<br />

ore al centro dell’attenzione». 144<br />

E non è questa l’unica anomalia presente nell’accordo, soprattutto se mettiamo<br />

in conto che le rappresentanze sindacali aziendali «che sicuramente avrebbero<br />

potuto fornire precise indicazioni sulle modalità di smaltimento dei rifiuti, e<br />

qualche suggerimento sul processo di bonifica», 145 non sono state minimamente<br />

coinvolte nell’operazione.<br />

Nel 1997, quindi, si conclusero i lavori di asportazione dei terreni inquinati,<br />

sulla base di quanto indicato dalle indagini effettuate, «ma l’ex discarica, esterna<br />

al perimetro aziendale, coperta di terra e inerbata, non fu mai oggetto di<br />

specifiche indagini o interventi di bonifica». 146<br />

SINDACATO E FAMILIARI COME “PARTE CIVILE”<br />

Nella stessa primavere del 2002, dopo il rinvio a giudizio dei dirigenti<br />

aziendali, 147 il sindacato comprensoriale ed i familiari delle vittime, al fine di poter<br />

81


entrare meglio nelle “pieghe” della vicenda, decidono di costituirsi parte civile nel<br />

procedimento giudiziario.<br />

«La scelta di un gesto collettivo come la costituzione di parte civile – chiarisce<br />

un rappresentante sindacale – è dettata anche e sopratutto dal fatto che la Ucar<br />

è stata una azienda profondamente legata al nostro territorio. Vogliamo che le<br />

nostre voci si sentano in Tribunale. Vogliamo sapere, in particolare, se morti e<br />

malattie hanno un nesso con il lavoro che centinaia di persone hanno svolto per<br />

decenni in una fabbrica poi chiusa e smantellata».<br />

E mentre la data della prima udienza si avvicina, sul versante della discarica<br />

giungono le prime, preoccupanti, notizie ufficiali: «Il responso analitico del campione<br />

prelevato in occasione del primo sopralluogo – dichiara il responsabile dell’Arpa,<br />

ingegner Cassio, in un’intervista a Bresciaoggi – ci ha confermato che si tratta<br />

di rifiuti speciali, e che la presenza di idrocarburi è certa; inoltre – continua il tecnico<br />

– ci sono altre sostanze che stiamo cercando di individuare». 148<br />

Ma, forse, «il peggio non è stato ancora scoperto», per dirla con le parole<br />

con cui un ex dipendente che, nel corso di una riunione promossa dai responsabili<br />

territoriali di Cgil e Cisl nel giugno del 2002, dichiarerà di aver notato più<br />

volte, in anni recenti, «uno strano andirivieni di automezzi sulla collina sorta alle<br />

spalle dell’insediamento industriale», esprimendo così il pesante sospetto che<br />

in quel luogo possa esserci «un pesante “giacimento” di scarti industriali di<br />

natura sconosciuta». 149<br />

Ipotesi e sospetti che trovano ulteriori conferme e aggravanti in quanto<br />

scriverà un ex dirigente del Consiglio di Fabbrica, nell’estate dello stesso anno:<br />

«La presenza in quel di Forno Allione di polvere e fumo non era una novità per<br />

nessuno, ma la vera scoperta stava nel fatto che le sostanze lì contenute erano<br />

inquadrate dalla scienza medica internazionale come altamente cancerogene. 150<br />

Da qui – ricorda ancora l’ex delegato sindacale – i medici della struttura<br />

pubblica, supportati dal Consiglio di Fabbrica, danno inizio ad un lungo lavoro di<br />

ricerca, a ritroso nel tempo, per scoprire se le cause di morte degli operai<br />

potessero essere riconducibili al prolungato contato con tali sostanze». 151<br />

E non meno sconcerto desta il fatto che fra gli indagati vi sia anche il dottor<br />

Pietro Adani, 152 la cui funzione «era cruciale e determinante nel capire, chiarire e<br />

82<br />

148 Lino Febbrari, Le morti della<br />

Ucar. I sindacati e i familiari<br />

parte civile al processo, Bresciaoggi,<br />

25 giugno 2002.<br />

149 Lino Febbrari, Uniti per avere<br />

giustizia, Bresciaoggi, 28 giugno<br />

2002.<br />

150 «Nelle fabbriche della<br />

Kanhawa Valley, la sola Carbide<br />

produceva duecento materie chimiche,<br />

ed era noto che molte di<br />

esse, come il cloroformio, l’ossido<br />

di etilene, l’acrilonitrite, il benzene,<br />

il cloruro di vinile, potevano<br />

provocare il cancro nell’uomo e<br />

negli animali», Dominique Lapierre<br />

e Javier Moro, cit, pag. 54.<br />

151 Albino Ferrati, Giustizia per i<br />

lavoratori della Ucar, Rifo,<br />

estate 2002.<br />

152 Già medico di base a Sonico,<br />

ma all’epoca dei fatti narrati in<br />

queste pagine, come ricorda Albino<br />

Ferrati, «ingaggiato dalla<br />

direzione aziendale come medico<br />

di fabbrica».


153 Meritano di essere ricordate, a<br />

tale proposito, le gigantesche<br />

cartellografie appese anche all’esterno<br />

dello stabilimento, dove<br />

mensilmente appariva l’andamento<br />

degli infortuni, sempre più<br />

in calo, con l’obiettivo dichiarato<br />

di voler raggiungere lo zero.<br />

154 Albino Ferrati, Giustizia per i<br />

lavoratori della Ucar, cit.<br />

155 Il 13 <strong>marzo</strong> 1998 si apre a Mestre<br />

il processo contro i vertici di<br />

Enichem e Montedison per le<br />

morti e le malattie (157 lavoratori<br />

morti per tumore ed altri 103 ammalati<br />

delle stesse patologie)<br />

causate dalle lavorazioni di Cvm<br />

(Cloruro di vinile) e Pvc (Cloruro<br />

di polivinile) al Petrolchimico di<br />

Porto Marghera. Nel novembre<br />

del 2001, dopo 10 giorni di camera<br />

di consiglio nell’aula bunker<br />

di Mestre, verrà emessa la sentenza<br />

di assoluzione per tutti i<br />

128 imputati. La vicenda verrà<br />

poi raccontata nei teatri d’Italia<br />

da Marco Paolini, dal cui monologo<br />

riportiamo alcuni dei passaggi<br />

più significativi, che vanno<br />

ben oltre il caso specifico di<br />

Mestre: «Montedison ed Enichem,<br />

i fiori all’occhiello della<br />

storia dell’industria chimica italiana<br />

vivono nell’aula bunker di<br />

Mestre un processo che rischia<br />

di essere epocale, perché deve<br />

assolvere o punire la colpa di<br />

individuare i pericoli reali a cui gli operai potevano andare incontro: spettava a lui<br />

muoversi in maniera indipendente dalla filosofia dell’impresa, la quale dal canto<br />

suo prestava particolare attenzione all’immagine esteriore alla riduzione degli<br />

infortuni, con lo scopo di avere sconti sui versamenti Inail. 153<br />

Le costose campagne di sensibilizzazione su tutto il personale per l’uso di<br />

casco, guanti e scarpe antinfortunistiche andavano di pari passo con l’elargizione<br />

di premi ai reparti migliori e addirittura con il camuffamento degli incidenti,<br />

mentre solo una misera mascherina bianca sulla bocca era in dotazione per<br />

difendersi dalla massiccia quantità di fumo e polveri...». 154<br />

Pur nella piena consapevolezza di essere di fronte ad una vicenda complessa<br />

e difficile da sostenere (anche perché la Ucar, non mancandole certo le risorse,<br />

«ha ingaggiato i migliori avvocati che la piazza offre»), l’ex dirigente del Consiglio<br />

di Fabbrica non rinuncia comunque a sperare in un risultato positivo, «anche per<br />

contrastare la vergognosa sentenza di Porto Marghera; 155 per affiancare gli<br />

operai di Marone 156 e per non dimenticarsi delle oltre 16mila vittime di Bohpal,<br />

dove nel dicembre del 1984 la stessa Ucar causò un immenso disastro provocato<br />

dalla fuoruscita di isocianato di metile». 157<br />

Ed eccoci ancora una volta di fronte allo sviluppo circolare della storia, che si<br />

avvita ripetutamente su sé stessa, nel senso che:<br />

«come i suoi concorrenti la società Carbide si sforzava di preservare la<br />

propria reputazione investendo grosse somme nella sicurezza sui posti di<br />

lavoro e praticando una severa politica di salvaguardia dell’ambiente. Ma<br />

per quanto le fabbriche si vantassero di un’ineccepibile condotta in<br />

materia, i loro rifiuti tossici avvelenavano insidiosamente i verdeggianti<br />

paesaggi della Kanhawa Valley». 158<br />

Quella di Forno Allione (non meno di altre analoghe) rimane dunque una<br />

vertenza difficile da sostenere, anche perché relativa ad «un pericolo subdolo –<br />

come ricorda ancora Albino Ferrati – con effetti dilatati nel lungo periodo,<br />

scientificamente dimostrabile, ma ancora non ben definibile...», e soprattutto,<br />

«un “male” difficile da definire e provare in un’aula giudiziaria», come scrive<br />

invece Nunzia Vallini sul Corriere della Sera. Tuttavia, Brescia ci prova, e porta<br />

alla sbarra «il “vecchio modo” di fare impresa, quello del profitto ad ogni costo,<br />

83


anche a spese della salute dei lavoratori e dell’ambiente circostante. Il prodotto<br />

viene prima di tutto, anche degli aspiratori e delle mascherine salva-polmoni». 159<br />

Nella primavera del 2003, dopo una serie di rinvii nello sviluppo giudiziario<br />

della vertenza, si approda ad un primo accordo extragiudiziale che prevede il<br />

risarcimento dei danni da parte della multinazionale verso i parenti delle vittime:<br />

«due milioni di euro (circa quattro miliardi di lire) per una trentina di persone<br />

morte o rimaste invalide dopo aver lavorato per anni alla Ucar». 160<br />

Gli indennizzi andranno ai parenti di 21 ex operai morti (circa 80mila euro<br />

ciascuno) e di una dozzina di loro colleghi gravemente malati; perché tali sono i<br />

casi accertati al momento del patteggiamento, ma il sindacato «invita tutti gli ex<br />

dipendenti della Ucar che si trovassero a soffrire di simili patologie (e i familiari di<br />

chi ne è morto) ad attivarsi per le necessità del caso». 161<br />

Viene così chiusa la prima fase della battaglia legale aperta dal sindacato<br />

camuno contro il colosso multinazionale, ma la vertenza non si ferma, anzi,<br />

mentre lo stesso sindacato comprensoriale sollecita l’Asl di Valcamonica affinché<br />

sia possibile «chiedere il riconoscimento della malattia professionale all’Inail<br />

per tutti i lavoratori che hanno contratto patologie simili a quelle che sono state<br />

oggetto del procedimento», sul versante ambientale si tende a «coinvolgere le<br />

amministrazioni interessate affinché venga risanata la discarica 162 dove per<br />

decenni è stato accumulato materiale potenzialmente pericoloso...». 163<br />

EPILOGO<br />

Avviandoci verso l’epilogo di una storia lunga quasi un secolo, quindi, ci pare<br />

inevitabile percorrere ancora una volta il solco del confronto parallelo – benché<br />

su livelli di drammaticità imparagonabili – con la vicenda di Bhopal, dove, in<br />

seguito alle prime avvisaglie di pericolosità, i due responsabili sindacali presenti<br />

all’interno della fabbrica 164 «fecero stampare seimila manifesti 165 che gli aderenti<br />

al sindacato affissero sui muri della fabbrica e in tutta la città». 166<br />

Ma per mobilitare realmente l’opinione pubblica, scrive ancora l’autore del<br />

libro sulla tragedia di Bhopal, «il sindacalista indù Malviya contava su un’arma ben<br />

84<br />

strage e disastro ambientale...».<br />

E ancora: «Ma quelle migliaia di<br />

operai e di famiglie che da ottant’anni<br />

guardano con fierezza<br />

a quella fonte di lavoro emersa<br />

dalle acque come Venere, ma<br />

non certo dea della bellezza,<br />

come possono difendere il lavoro<br />

e salvare polmoni e fegato?».<br />

156 «Per la Dolomite Franchi [di<br />

Marone, appunto] l’udienza preliminare<br />

davanti al giudice Silvia<br />

Milesi, chiamata a pronunciarsi<br />

sulla richiesta di rinvio a giudizio<br />

per gli 8 amministratori succeduti<br />

alla guida dell’azienda tra il 1989 e<br />

il 2000, è stata aggiornata al 6 maggio<br />

[2003]», Nunzia Vallini, Morire<br />

d’azienda, i processi infiniti a<br />

due imprese di Brescia, Corriere<br />

della Sera, 8 febbraio 2003.<br />

157 Albino Ferrati, Giustizia per i<br />

lavoratori della Ucar, cit.<br />

158 Dominique Lapierre e Javier<br />

Moro, cit, pag. 54.<br />

159 Nunzia Vallini, Ibidem.<br />

160 Marco Toresini, Ucar,<br />

l’azienda ha pagato i danni,<br />

Bresciaoggi, 4 aprile 2003.<br />

161 Giampiero Rossi, Risarcite le<br />

vittime della Ucar Carbon,<br />

L’Unità, 9 aprile 2003.<br />

162 Per maggiori dettagli sulla discarica,<br />

si veda la scheda in “Allegati”.


163 Gian Mario Martinazzoli, Sindacati<br />

“soddisfatti ma non appagati”<br />

per il risarcimento Ucar,<br />

Giornale di Brescia, 9 aprile 2003.<br />

164 «L’indù Shankar Malviya, di<br />

trentadue anni, e il mussulmano<br />

Bashir Ullah, di trentun anni, erano<br />

a capo del principale sindacato<br />

dell’impresa. Venivano entrambi<br />

da famiglie poverissime dei basti<br />

di Bhopal ed erano molto popolari<br />

per l’impegno che mettevano nel<br />

difendere i loro compagni di lavoro»,<br />

Dominique Lapierre e Javier<br />

Moro, cit, pag. 166/167.<br />

165 «La vita di migliaia di operai e di<br />

centinaia di migliaia di abitanti di<br />

Bhopal – si legge sui manifesti – è<br />

in pericolo a causa dei gas tossici<br />

fabbricati nello stabilimento chimico<br />

della Carbide», Ibidem.<br />

166 Ibidem.<br />

167 Ibidem.<br />

168 Siria Garattini e Luciano Tolla,<br />

in particolare.<br />

169 «... il presidente dell’Ussl, che<br />

conosce bene i problemi ambientali<br />

di Marone, non è tenero con<br />

l’azienda: “Non è sufficiente installare<br />

dei filtri – spiega – occorre anche<br />

ridurre i rumori che l’azienda<br />

produce e captare i gas che fuoriescono<br />

non solo dai camini, ma anche<br />

da altre parti dell’impianto produttivo”...»,<br />

Tonino Mazza, E la<br />

gente denuncia i fumi della Dolomite,<br />

Bresciaoggi, 17 ottobre 1989.<br />

più efficace. Il mahatma Gandhi vi era ricorso con successo per costringere i<br />

colonizzatori britannici ad accettare le sue richieste. Essa consisteva nell’offrire la<br />

vita all’avversario. Malviya annunciò che avrebbe iniziato lo sciopero della fame». 167<br />

Forme di lotta radicalmente diverse, evidentemente, ma non per questo<br />

diverse nella loro efficacia, soprattutto se rapportate alle differenze culturali,<br />

sociali e politiche dell’ambito in cui si sviluppano e si esercitano.<br />

La differenza più significativa, invece, (oltre naturalmente alla diversa dimensione<br />

della tragedia), potrebbe essere ravvisata proprio nel grande impegno, non<br />

sempre scontato neppure nella nostra “cultura occidentale”, mostrato dagli<br />

operatori della struttura sanitaria camuna 168 che, non meno di quanto faranno<br />

nello stesso periodo i tecnici dell’Ussl 36 nei confronti della Dolomite Franchi di<br />

Marone, 169 attraverso un lavoro paziente e tenace di alcuni anni, hanno realizzato<br />

un’indagine ambientale e sanitaria – dentro e fuori la fabbrica di Forno Allione –<br />

senza la quale, probabilmente, non sarebbe stato possibile la conclusione cui si è<br />

giunti, almeno sul piano delle responsabilità e dei relativi risarcimenti.<br />

Una nota di ringraziamento, infine, ai parenti delle vittime, senza la cui generosa<br />

collaborazione non sarebbe statq possibile la realizzazione di questo libro.<br />

85


VALORIZZARE L’ESPERIENZA E CONSERVARE LA MEMORIA<br />

di Siria Garattini*<br />

ELETTROGRAFITE di FORNO ALLIONE è la prima denominazione della<br />

fabbrica che produceva elettrodi di grafite artificiale, fino al 1994 in alta Vallecamonica.<br />

Il primo Lavoratore, con numero matricola 1, è stato assunto il giorno<br />

01.07.1929. Da allora hanno lavorato presso lo stabilimento 1407 lavoratori. La<br />

fabbrica ha cambiato nel tempo il nome più volte: Elettrografite, Union Carbide,<br />

Ucar Carbon. Dal 1994 la fabbrica è chiusa.<br />

La pece con il coke, è la materia principale per la produzione di grafite<br />

artificiale. È classificata dalla Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro<br />

quale agente cancerogeno per l’uomo. Nel riscaldamento di pece, coke, oli<br />

minerali si liberano nell’ambiente di lavoro sostanze cancerogene. Queste sostanze<br />

appartengono a una famiglia chimica complessa, gli idrocarburi aromatici<br />

policiclici (IPA). Ma nella fabbrica di Forno Allione c’erano anche altri rischi:<br />

polveri, fumi, gas, rumore, calore.<br />

Per molti anni l’Unità Operativa di Tutela della Salute nei Luoghi di Lavoro<br />

della USSL si è occupata di questa fabbrica, ottenendo anche qualche risultato<br />

importante. A partire dalla metà degli anni ‘80 la Union Carbide ha adottato una<br />

politica fortemente orientata alla prevenzione degli infortuni. Ma fin dal primo<br />

sopralluogo noi Operatori della USSL abbiamo verificato la ferma volontà da<br />

parte aziendale di negare l’esistenza di rischi per la salute, in particolare<br />

l’esistenza di un rischio cancerogeno. Il nostro lavoro è stato tutto orientato a far<br />

emergere questi problemi, ottenendo alla fine la bonifica del reparto maggiormente<br />

inquinato, il reparto impregnazione.<br />

Questo è il razionale scientifico del nostro agire. Il percorso è tutto rintracciabile<br />

dentro i documenti, le lettere, i verbali. Le ragioni tecniche stanno semplicemente<br />

nella legge di riforma sanitaria, con la nascita del servizio sanitario nazionale.<br />

Quello che mi piacerebbe raccontare ora è l’esperienza umana, i sentimenti<br />

che hanno animato il mio lavoro, ma anche quello, sono certa, di tutti i miei colleghi<br />

della UOTSLL della USSL37, come si chiamava allora.<br />

All’inizio ci sentivamo un po’ incerti, timorosi di non possedere conoscenze<br />

tecniche adeguate per valutare un impianto chimico, per di più gestito da una<br />

“multinazionale”. La parola stessa evoca poteri forti.<br />

87


Per nostra fortuna ci è venuto in aiuto Mario Fada, ingegnere chimico del<br />

PMIP di Brescia. L’ing. Fada, con fare burbero, esordiva sempre con «ora ti<br />

spiego…». È stato il nostro “c’era una volta” e tra pirolisi e anelli benzenici<br />

vari (che non sono cose da mangiare!) è riuscito a spiegare la grafitazione<br />

anche a noi “montanari”.<br />

Di solito mi presentavo in fabbrica indossando una giacca rosa ricamata con<br />

lustrini viola, cosa che aveva fatto scalpore nelle fabbriche del “Pi del Fra”.<br />

Forse la portavo anche il giorno del primo incontro con il Medico di fabbrica. Con<br />

fare professionale ho chiesto al collega quali fossero i problemi di salute dei<br />

lavoratori della UCI. Mi sono sentita rispondere: «il mal di schiena». Il mio<br />

pensiero è andato subito ai rischi da movimentazione manuale dei carichi<br />

piuttosto che all’ergonomia della postura. Invece, con mio grande stupore<br />

(perché non capivo) seguito da una seria indignazione (mi stavo incazzando) mi<br />

sono sentita spiegare che «gli operai non hanno voglia di lavorare!». E allora<br />

quell’omino, che assomigliava a Geppetto, mi è parso subito maligno come “Il<br />

Gatto e la Volpe”. Purtroppo non era una fiaba anche se lui era ignorante tanto<br />

tanto; cancerogeni, pece, IPA erano a lui proprio sconosciuti!<br />

Ma il lavoro più grande è stato compiuto dal Consiglio di fabbrica che è<br />

stato stimolo costante per il miglioramento delle condizioni di lavoro. Questi<br />

lavoratori con grande intelligenza e capacità hanno profuso un impegno enorme<br />

nella difesa della salute. Hanno saputo confrontarsi con i Professori<br />

dell’Università, che guardavano alla fabbrica solo come luogo di ricerca,<br />

esigendo risposte concrete. Hanno chiesto alle Istituzioni di usare risorse e<br />

saperi per fare prevenzione.<br />

Un giorno siamo partiti in auto, io e il Consiglio di fabbrica. Siamo andati a<br />

Pavia, alla Clinica del Lavoro, per avere spiegazioni sul significato delle indagini<br />

ambientali che gli Igienisti Industriali della Clinica avevano fatto. Siamo stati<br />

ricevuti dal prof. Capodaglio e dal prof. Pozzoli. Erano i miei professori, dove mi<br />

ero laureata e dove stavo specializzandomi. Mi tremavano le gambe, era come<br />

fare un esame. Ma gli uomini del CdF sono stati “mitici”. In realtà l’esame<br />

l’hanno fatto loro ai professori. Difficile dimenticare il tono preciso e deciso delle<br />

domande poste da Rodolfo Scolari o il tono calmo molto calmo di Albino Ferrati<br />

(chi li conosce sa bene cosa intendo).<br />

88


Ora che la fabbrica è chiusa è importante valorizzare l’esperienza e conservare<br />

la memoria. Molti uomini che hanno trascorso anni dentro la fabbrica ne<br />

sopportano le conseguenze sulla salute. È importante che possano dimostrare<br />

quali sono state le condizioni di lavoro nella fabbrica. Abbiamo perciò raccolto le<br />

testimonianze di numerosi lavoratori per descrivere bene le condizioni di lavoro,<br />

così come si sono modificate nel tempo, anche per farne uso ai fini del<br />

riconoscimento del danno.<br />

Nel periodo ’97-’98 io e un collega, Luciano Tolla, ci siamo impegnati ad<br />

intervistare numerosi lavoratori, addetti a tutti i reparti e in diversi periodi.<br />

A parte l’utilità pratica, è stata una esperienza umana bellissima. All’inizio nei<br />

nostri interlocutori c’era un po’ di diffidenza. Man mano che il colloquio si<br />

addentrava nei particolari, quando si rendevano conto che stavano parlando con<br />

persone davvero interessate e che facevano domande con cognizione di causa, si<br />

apriva un fiume di ricordi. La cosa più emozionante era che, ad un certo punto, si<br />

radunava tutta la famiglia ad ascoltare il racconto. (i colloqui spesso si svolgevano<br />

nell’abitazione dell’intervistato). Ragazzi e mogli restavano incantati ad ascoltare.<br />

Per la prima volta nella loro vita questi uomini potevano dire la fatica e il sudore, la<br />

competenza e l’esperienza. Tutto diventava un po’ magico e il racconto della loro<br />

vita diventava un evento importante, le cose fatte finalmente erano riconosciute e<br />

visibili. Alla fine tutti eravamo emozionati e c’era sempre una donna che diceva:<br />

«…se avessi saputo quello che passavi là dentro…».<br />

E da lì si dipanava un nuovo racconto. Le donne dicevano del bucato da rifare<br />

con le lenzuola come un sudario, una sindone di pece. La sedia riservata al<br />

babbo, un trono nero, che mai aveva conosciuto l’ebano. A me venivano sempre<br />

gli occhi lucidi.<br />

Poi finalmente qualcuno alla Procura di Brescia si è accorto di quel fascicolo<br />

che cresceva dentro l’armadio, occupando sempre più spazio. Alessandra Chiavegatti,<br />

una donna, non a caso. Quante volte, dopo ore e ore passate a consultare<br />

documenti negli uffici di via Vittorio Emanuele II, guardavamo con terrore<br />

l’orologio: «Sono le 20,45 usciamo presto, alle 21,00 suona l’allarme!». Ci veniva<br />

da ridere scendendo le scale di corsa sui tacchi alti dicendo: «Quanti cittadini<br />

sarebbero disposti a credere che esistono funzionari dello stato che passano le<br />

loro serate così?».<br />

89


Un giorno ad un congresso ho incontrato un Direttore della UCI, quello che è<br />

stato trasferito, forse perché in un giorno di agosto, quando anche le multinazionali<br />

vanno in ferie, mi aveva consegnato dei documenti importanti. Sono un Ufficiale di<br />

Polizia Giudiziaria e non avrebbe potuto negarli. Questo signore mi ha abbracciato<br />

e baciato, sono rimasta impalata, senza riuscire a dire una parola.<br />

Forse il mio lavoro è stato utile, certo ho cercato di farlo con onestà e<br />

competenza. Io però ho imparato tanto e ringrazio tutte le persone che mi sono<br />

state compagne di strada. Un grazie speciale a Emilia Rondinini, la nostra infermiera,<br />

che odia il computer, per quanta pazienza ha avuto con nomi, date e codici.<br />

Ma noi che abbiamo conosciuto la UCI, che abbiamo sentito la polvere nei<br />

polmoni, l’odore della pece, il calore che brucia la pelle e il velo nero impalpabile che<br />

avvolgeva tutto là dentro, come una cipria infernale, sappiamo che le carte ufficiali<br />

non sono sufficienti. I documenti ufficiali sono cosa inadeguata a descrivere.<br />

90


TESTIMONIANZE<br />

Alberto Ronchi .......................................................................................................................................................pag. 93<br />

Angela Ravelli Damioli ............................................................................................................................pag. 97<br />

Alessio Bertoli .......................................................................................................................................................pag. 99<br />

Fiorenzo Colombo ...................................................................................................................................... pag. 103<br />

Antimo De Col ................................................................................................................................................... pag. 107<br />

Giuseppe Guerini ............................................................................................................................................ pag. 111<br />

Giambettino Polonioli ...........................................................................................................................pag. 113<br />

Luciano Bonetti e Aldo Patti .......................................................................................................pag. 115<br />

Terry Necciai .........................................................................................................................................................pag. 117<br />

91


* Dipendente dell’Elettrografite di<br />

Forno Allione e, quindi, operatore<br />

sindacale della Cisl in Valcamonica<br />

per tutti gli anni Sessanta.<br />

LA FABBRICA DEI “FORTUNATI”<br />

di Alberto Ronchi*<br />

Gli aspetti morfologici, climatici e altimetrici che caratterizzano la Vallecamonica<br />

hanno avuto, in ogni epoca, un posto determinante nelle scelte che le comunità<br />

locali hanno operato relativamente all’utilizzo di questo territorio; quindi presumo<br />

che l’insediamento a Forno Allione dell’Elettrografite (EFA spa) sia stata una<br />

scelta obbligata, pur consapevoli del grave inquinamento che la specificità della<br />

lavorazione di tale impresa avrebbe determinato; ciò ovviamente per l’assoluta<br />

mancanza di più valide alternative occupazionali. Infatti, coloro che venivano<br />

assunti alle dipendenze dell’EFA venivano considerati dei “fortunati” perché non<br />

erano vittime dell’emigrazione o della disoccupazione.<br />

Negli anni sessanta l’azienda occupa circa 1000 dipendenti tra impiegati e<br />

operai distribuiti nei vari reparti (Grafitazione A e Grafitazione C; Trafila; Cottura;<br />

Impregnazione; P3C e Torneria). Nel 1962 viene realizzato il reparto Karbate<br />

dove vengono impermeabilizzati tubi e pezzi speciali di grafite con resine fenoliche<br />

e furfuroliche da destinare alla costruzione di scambiatori di calore ed a particolari<br />

impianti di industrie chimiche; tale attività produttiva iniziata con ottime prospettive<br />

di sviluppo verrà soppressa verso la metà degli anni settanta.<br />

I problemi salariali e normativi e gli interessi economico professionali venivano<br />

periodicamente trattati dai Sindacati rappresentati in fabbrica da 6 membri eletti<br />

nella Commissione Interna espressione della CISL e della CGIL.<br />

In azienda il Sindacato rappresentava il normale strumento a disposizione dei<br />

dipendenti per il raggiungimento di condizioni lavorative sempre migliori.<br />

Per rappresentare, in concreto, il centro di convergenza degli interessi di tutti i<br />

lavoratori dipendenti, il sindacato impostava normalmente la sua funzione su una<br />

piattaforma di grandi obiettivi di natura collettiva (rinnovo del contratto aziendale;<br />

rinnovo del premio di produzione / produttività ecc.); l’azione sindacale, se necessaria,<br />

a livello di pressione, doveva perseguire obiettivi specifici e concreti rispondenti<br />

alle aspettative condivise dai lavoratori, valutando preventivamente l’effetto<br />

negativo e frustrante di quelle iniziative che partivano con un alto tasso di<br />

rischiosità e si potevano concludere con un forte squilibrio fra le richieste e i<br />

risultati raggiunti; ogni associazione sindacale, al suo interno, studiava motivate ed<br />

elastiche politiche organizzative per la sindacalizzazione dei lavoratori e, quindi,<br />

darsi una struttura di uomini e mezzi.<br />

93


La contrattazione collettiva, di regola, aveva luogo presso l’AIB a Brescia<br />

mentre a livello aziendale, venivano trattati negozialmente i problemi più specifici e<br />

particolari connessi allo “status” e al ruolo professionale del lavoratore (qualifica,<br />

spostamento nell’ambito dell’unità produttiva ecc.); in quest’ultimo caso l’azienda<br />

era rappresentata dal Capo del Personale (Dr. Stelvio Malpei), i lavoratori dalla<br />

Commissione Interna (Bertoli Teofilo, Giacomini Mario, Tonelli, Paroletti Raffaele,<br />

Milani Gino, Moraschetti Rocco) rispettivamente eletti i primi tre nella lista della<br />

CGIL e gli altri tre in quella CISL, io partecipavo in qualità di Operatore della CISL<br />

di Brescia in Vallecamonica, al termine di ogni incontro veniva redatto regolare<br />

verbale sottoscritto dalle parti Contraenti.<br />

Le manifestazioni conflittuali molto intense (scioperi di ampia durata) erano<br />

collegate alle procedure negoziali per il rinnovo del contratto aziendale e per il<br />

premio di produzione, tali eventi erano pienamente controllati dal sindacato; in tale<br />

ambito la regola generale che veniva adottata era quella di adeguare l’attività<br />

contrattuale e le tecniche organizzative delle OO.SS. alle situazioni economico<br />

produttive dell’azienda tenendo ben presenti quelle socio culturali dell’ambiente.<br />

Al riguardo giova evidenziare come la popolazione dei Comuni circostanti non<br />

sempre abbia espresso piena solidarietà con i lavoratori dell’EFA in occasione di<br />

azioni sindacali di lunga durata.<br />

Da queste manifestazioni si sono sempre autoesclusi gli Impiegati, anche se<br />

sindacalmente erano degnamente rappresentati con un collega Sig. Giacomo Lo<br />

Russo, che, ogni volta sollecitava la loro partecipazione.<br />

Sono stati più volte e in sedi diverse presi in considerazione gli orientamenti e gli<br />

atteggiamenti della categoria impiegatizia rispetto all’azione sindacale, ma non è<br />

mai stato raggiunto l’obiettivo che ci si era proposti: di convincere i soggetti che<br />

svolgevano mansioni impiegatizie ad aderire compatti agli scioperi.<br />

Se si considera che il grado di sindacalizzazione dei lavoratori è direttamente<br />

proporzionale al ruolo attivo che gli stessi assumono nell’azione contrattuale, si può<br />

concludere che mentre si può considerare “alto” per la categoria degli operai è<br />

invece da ritenere “scarso o nullo” per la categoria impiegatizia.<br />

La contrattazione aziendale, rispetto a quella esercitata ad altri livelli, nell’unità<br />

produttiva dell’Elettrografite di Forno Allione ha senz’altro suscitato un più alto<br />

grado di sindacalizzazione tra i lavoratori e conseguentemente un incremento del<br />

dinamismo salariale e l’esigenza, da parte del sindacato, di un necessario e<br />

continuo adeguamento dei modi e dei criteri di tutela del lavoro.<br />

94


Il buon grado di sindacalizzazione ha favorito l’incremento del numero degli<br />

iscritti e la relativa contribuzione degli stessi che mensilmente veniva trattenuta<br />

sulla busta paga (l’EFA è stata tra le prime aziende in Italia ad effettuare la<br />

trattenuta sulla busta paga per conto delle OO.SS.) e devoluta alle Organizzazioni<br />

Sindacali.<br />

Il problema più volte discusso a livello aziendale è senz’altro quello concernente<br />

la nocività dell’ambiente; al riguardo si può affermare senza tema di smentita che,<br />

nonostante i ripetuti incontri e le numerose proposte, non sono stati raggiunti<br />

traguardi soddisfacenti; a parziale compensazione degli obiettivi non raggiunti,<br />

veniva contrattata una indennità oraria chiamata “nocivo” che veniva corrisposta<br />

ai dipendenti in aggiunta alla normale retribuzione.<br />

Tale criterio di monetizzare il rischio ambientale, col passare del tempo, veniva<br />

sempre più criticato, soprattutto dalle giovani leve che, in sede sindacale, spingevano<br />

per ottenere dall’azienda interventi razionali a tutela della propria salute<br />

ritenendo di secondaria importanza l’indennità per i lavori nocivi.<br />

Particolarmente sensibile a tale problematica e quindi promotore di iniziative<br />

sindacali è stato l’organico addetto al ciclo produttivo dei reparti Karbate e P3C;<br />

formato prevalentemente da giovani lavoratori.<br />

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* Responsabile Inas-Cisl.<br />

UNA POLVERE STRANA<br />

di Angela Ravelli Damioli*<br />

Siamo nel 1971. Vengo assunta dal patronato Inas-Cisl e, dopo una settimana di<br />

affiancamento al mio predecessore per conoscere i luoghi dove si svolgevano i<br />

recapiti, inizio il mio nuovo lavoro.<br />

Ogni giorno della settimana dovevo andare in vari paesi della Valcamonica, in<br />

orari e luoghi prestabiliti. Il lavoro mi entusiasmava; contattare tante persone con<br />

esigenze di vario tipo mi coinvolgeva e, col passare degli anni, mi sono resa conto<br />

che è anche stata una lezione di vita.<br />

Le persone che venivano nei recapiti erano diverse tra di loro: venivano<br />

lavoratori, disoccupati, pensionati, giovani, donne, anziani, con bisogni di varia<br />

natura e, tra questi, c’erano anche persone indifese, disperate, che cercavano – se<br />

non era possibile la risoluzione di un problema – almeno una persona con la quale<br />

potersi confidare ed avere un minimo di conforto.<br />

Dopo qualche mese dall’inizio del mio lavoro, la Cisl mi chiede di fare una<br />

permanenza anche nello stabilimento Uci di Forno d’Allione.<br />

Non ho esperienze di fabbrica perché lavoro in ufficio e – per quanto riguarda<br />

i recapiti – nelle sedi comunali, perciò la richiesta mi sembra interessante. Così, un<br />

lunedì pomeriggio, inizia la mia esperienza presso l’Uci.<br />

Mi presento in portineria e, accompagnata da un Delegato sindacale, arrivo alla<br />

saletta del Consiglio di Fabbrica, luogo dove dovrò svolgere il mio lavoro.<br />

Entrando in quella stanzetta provo un immediato senso di disagio. Come già<br />

avevo sentito all’esterno, anche all’interno c’era uno strano “odore”; la scrivania,<br />

le sedie e un armadietto erano ricoperti da una polvere scura, una polvere diversa<br />

da quella che si fa negli uffici, nelle nostre case, una polvere STRANA.<br />

Senza palesare il mio disagio al Delegato, ci sediamo e parliamo di lavoro. Mi<br />

viene spiegato sommariamente quale sarà la mia utenza e i bisogni dei dipendenti<br />

dell’Azienda. Logicamente, essendo il mio primo giorno, non ho avuto nessuno.<br />

Durante la settimana penso continuamente a quale posto, penso a come<br />

attrezzarmi, a come vestirmi per entrare in quella saletta. Le mie preoccupazioni<br />

non sono date da vanità, ma da razionalità e realismo. Così, il lunedì successivo, mi<br />

97


presento con pantaloni e maglione “non della festa” e con un giornale. Entro nella<br />

saletta del Consiglio di Fabbrica, prendo il giornale, non per leggerlo, bensì per<br />

sistemarlo sulla sedia e sulla scrivania. Mi era sembrato l’unico sistema per non<br />

riempirmi di quella polvere STRANA.<br />

Però, terminata l’operazione, mi assale un pensiero: non è che questo mio<br />

atteggiamento offenderà i lavoratori che si presenteranno? Non è che vedranno in<br />

me una ragazza “schizzinosa” che ha paura di sporcarsi?<br />

Non ho più avuto il tempo di riflettere sul da farsi perché bussavano alla porta.<br />

Subito dico “avanti” e mi trovo di fronte un lavoratore che ha un quesito da pormi.<br />

Non dimenticherò mai quell’incontro! Io non conoscevo quella persona ma, anche<br />

se l’avessi conosciuta, la cosa non cambiava. Infatti, il volto era scuro, ricoperto da<br />

una polvere quasi lucida, una polvere STRANA.<br />

Col passare degli anni mi sono abituata agli odori e alla polvere di quella<br />

Fabbrica. Non mi sono mai abituata ai volti di quei lavoratori; era per me<br />

inaccettabile pensare che gli uomini potessero lavorare in quelle condizioni e ridursi<br />

così. Mi è capitato diverse volte di riconoscere le persone dalla voce prima che dal<br />

viso.<br />

Non mi sono mai abituata neppure al loro modo di scusarsi per la tuta sporca, le<br />

mani sporche, il viso sporco, quando si presentavano nella saletta. In quei momenti<br />

mi sentivo angosciata.<br />

Gli anni passati alla Uci, diventata poi Ucar, mi hanno dato la possibilità di<br />

conoscere tante persone all’apparenza umili,, indifese, ma molto dignitose. É stata<br />

un’esperienza indimenticabile, sia nel bene che nel male.<br />

Quando mi trovo a passare da Forno Allione, non posso non ricordare la<br />

ragazzina che, con tanto entusiasmo, si era presentata un lunedì pomeriggio, per la<br />

prima volta, in una fabbrica per svolgere il suo lavoro di Patronato.<br />

Quell’entusiasmo che è svanito quasi subito per lasciare posto ad una profonda<br />

amarezza alla vista di persone obbligate a lavorare in certe condizioni, sempre a<br />

contatto con tante sostanze nocive, compresa quella polvere STRANA.<br />

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* Responsabile Inca-Cgil.<br />

GAROFANI ROSSI E... LOTTERIE<br />

di Alessio Bertoli*<br />

A Settembre del 1970, non ancora diciottenne, iniziò la mia esperienza lavorativa<br />

nel mondo sindacale, andando a gestire l’ufficio di zona dell’Inca – il patronato<br />

della Cgil – a Edolo, per lo svolgimento dell’attività di assistenza a lavoratori e<br />

pensionati dell’alta Valcamonica.<br />

Prima di allora, l’attività di patronato in alta valle era svolta quasi esclusivamente<br />

dalle Acli, che si avvalevano di un’ampia rete di collaborazioni da parte della<br />

chiesa, della Democrazia Cristiana e, soprattutto, di alcuni parroci della zona,<br />

impegnati socialmente nel dare assistenza a lavoratori, cittadini e pensionati.<br />

Fino a quei primi anni Settanta, quindi, la presenza della Cgil in alta Valle era<br />

assicurata dalla giovane operatrice dell’Inca, Irene Minini che, con la sua Fiat 500<br />

blu, risaliva la Valcamonica per svolgere i recapiti settimanali a Edolo (presso il<br />

Bar Popolo prima e presso la trattoria Il Sole poi), a Forno Allione (presso il Bar<br />

Cia e, successivamente, presso la portineria dello stabilimento della Elettrografite).<br />

Per quanto saltuaria, però, la presenza dell’Inca-Cgil in Alta Valle non si limitava ai<br />

recapiti di cui sopra, ma si avvaleva anche di contatti con alcuni fra gli attivisti<br />

maggiormente impegnati.<br />

Tanto in fabbrica che nel territorio, il centro di riferimento era la Elettrografite<br />

di Forno Allione, grazie all’impegno dei suoi delegati sindacali che, oltre ad<br />

assicurare una buona rete di assistenza dentro la fabbrica, sapevano promuovere e<br />

coordinare anche le iniziative da intraprendere sul territorio con altri consigli di<br />

fabbrica presenti in alta Valle: la Made (poi Valcam ed infine Gencotex), la<br />

Baitone e la Manifattura Alta Valle, nel settore tessile-confezioni; la Orizio e la<br />

Tecas nel settore metalmeccanico... Di queste aziende oggi non ne esiste più una<br />

in attività, hanno chiuso o sono fallite.<br />

Altri delegati erano presenti sul territorio e collaboravano attivamente con<br />

l’organizzazione (particolare riferimento ai delegati del settore dell’edilizia impegnati<br />

nei cantieri delle allora costruende centrali elettriche di San Fiorano di Sellero<br />

e, successivamente, di Edolo).<br />

L’alta Valle inoltre soffriva ancora dell’emigrazione verso la Svizzera e questo<br />

significava gestire le fasi di ingresso (permessi e passaporti) e quella in uscita alla<br />

fine del lavoro stagionale (disoccupazione, assistenza mutualistica e ospedaliera).<br />

Per queste ultime necessità, era molto radicata anche la presenza sul territorio<br />

99


delle associazioni contadine, di orientamento cattolico (la “Bonomiana”) e laico<br />

(Alleanza Contadini), che raccoglievano e gestivano l’iscrizione nelle liste comunali<br />

dei coltivatori diretti di buona parte dei lavoratori e delle lavoratrici stagionali<br />

emigranti all’estero, al fine di garantire loro una copertura mutualistica e ospedaliera.<br />

Anche per questo motivo, la Vallecamonica ha sempre avuto un alto numero<br />

di lavoratori autonomi “coltivatori diretti” che in realtà risultavano solamente sulla<br />

carta... Ecco, questo, in sostanza era l’ambiente in cui mi sono trovato ad operare<br />

dal momento in cui la Cgil decise di garantire una più assidua e regolare presenza<br />

anche in alta Valcamonica.<br />

Ma la politica, il sindacato, le riunioni, il rapporto con persone, politici e<br />

sindacalisti, essendo figlio di operaio impegnato sindacalmente, fu per me, una<br />

componente di vita quotidiana anche molto prima. A otto dieci anni, la domenica,<br />

andavo a portare il giornale, l’Unità, alle famiglie di compagni del paese (prevalenza<br />

di operai e qualche pensionato). Il Primo Maggio vendevo i garofani rossi alla<br />

festa dei lavoratori che si teneva tutti gli anni a Malonno. Sono ancora alla<br />

memoria di tanti, la festa del primo Maggio, i garofani rossi, il pranzo nei ristoranti<br />

di Malonno (l’Eternità, il Tolotti, il Miramonti ogni anno si cambiava ), per poi<br />

continuare in gruppo, girare nei Bar del Paese o nelle “balere” accompagnati da<br />

fisarmoniche. Si riuscì, anche se poche volte, ad organizzare fuori dal comune la<br />

festa del lavoro, a Cevo, a Cedegolo, a Edolo.<br />

In quegli anni (1963-1973), la festa del primo Maggio era una festa vera e<br />

propria, semplice e autogestita; facevamo la colletta per pagare le spese organizzative<br />

(la musica e le consumazioni nei Bar che si frequentavano dopo pranzo e<br />

fino a mezzanotte l’una (quando i bar chiudevano), tutti in compagnia. Il cosiddetto<br />

menù organizzativo era cosi programmato, la musica popolare e del lavoro, il<br />

comizio sindacale-politico, tenuto da un compagno della Federazione che a volte<br />

era anche responsabile di categoria sindacale, i fiaschi di vino, i balli, i cori e<br />

qualche punto alla “morra”: erano il folklore che attraversa la festa.<br />

A tutto questo partecipavano prevalentemente i lavoratori della Elettrografite di<br />

Forno Allione e mi ricordo che tutti gli anni erano presenti operai che provenivano<br />

da Monte di Berzo, Novelle di Sellero, Sonico, Cevo, Paisco, Cedegolo...<br />

Appena insediata e arredata la sede della Cgil (in via Fratelli Ramus, 17, presso<br />

l’ex tipografia Angeloni), e dopo aver chiesto l’autorizzazione di aprire l’ufficio<br />

100


come Patronato, dunque, nel settembre 1971 inizio l’attività di tutela e assistenza.<br />

La sede venne poi presentata al consiglio di zona dall’allora segretario della<br />

Camera del lavoro di Brescia Giovanni Foppoli e dal Segretari dell’Inca provinciale<br />

Beniamino Galesi e Luigi Filippini, per la Camera del lavoro di Darfo, Ernesto<br />

Fenaroli, con la presenza anche di altri collaboratori del patronato, fra cui Giuseppe<br />

Cresci (di Cogno) e Lanfranco Panigada (di Pisogne).<br />

Fatto molto importante e rilevante nella Valle è stato anche l’azione sindacale<br />

unitaria gestita e svolta dai rappresentanti del Consiglio di Fabbrica della Union<br />

Carbide di Forno Allione che rappresentavano in azienda e sul territorio la FULC<br />

(Federazione Unitaria Lavoratori Chimici) tra questi spiccavano alcune figure che<br />

hanno fatto molto per il sindacato e per gli interessi dei lavoratori tutti, sacrificando<br />

molte volte se stessi e la propria famiglia all’insegna di sani principi di onestà e di<br />

moralità che ai tempi nostri sono sempre più rari e introvabili, se collocati nel<br />

contesto politico-economico-sociale che attualmente attraversiamo.<br />

Facendosi forti delle norme scritte nello Statuto dei diritti dei Lavoratori Legge<br />

300, conquistato con lotte e sacrifici, i rappresentanti della Cgil in seno al Consiglio<br />

di Fabbrica della Union Carbide Italia, Giacomini,Bazzana, Bertoli, Salvetti ed altri<br />

rivendicano l’applicazione degli articoli 9 e 12, in merito alla possibilità di svolgere<br />

l’attività di patronato all’interno dello stabilimento, con un operatore, in un luogo<br />

attrezzato e messo a disposizione dell’azienda. Prima, sempre a mia memoria,<br />

l’unico caso di presenza di un patronato in Fabbrica era quella delle Acli all’interno<br />

dello stabilimento tessile dell’Olcese di Cogno.<br />

Cosi, dopo avere avuto il benestare dell’azienda, iniziai nella primavera del<br />

1972 ad effettuare il recapito settimanale all’interno dello stabilimento, nella<br />

“saletta del Consiglio di Fabbrica”, ubicata vicino alla sede dell’ infermeria<br />

interna. Da allora, e fino al 1991, ogni martedì dalle 12.10 alle 14.30, ho<br />

effettuato questo importante recapito.<br />

Vent’anni di attività in cui sono stato testimone di tante situazioni, coinvolto in<br />

tante diverse iniziative, promotore di molte iniziative e attore di tanti interventi<br />

sociali ai singoli, tanto da essere stato mio malgrado testimone impotente di decine<br />

di morti tra i lavoratori e di numerose malattie professionali invalidanti che hanno<br />

colpito i lavoratori della Elettrografite.<br />

101


La produzione degli elettrodi e le materie prime usate, carbone e tutte le sostanze<br />

usate nel ciclo produttivo (grafite, pece, oli minerali, etc..) portava il Consiglio di<br />

Fabbrica ad operare molto nel campo degli infortuni e delle malattie professionali,<br />

creando delle commissioni di lavoro per intervenire efficacemente dei confronti della<br />

direzione per rimuovere quanto poteva nuocere ai lavoratori ed all’ambiente...<br />

Devo dire che l’esperienza fatta alla Ucar è stata una di quelle che contano nel<br />

vero senso della parola. Ho assistito a vere e proprie dispute verbali tra delegati di<br />

opposti pensieri, sono stato testimone della tessitura di vere e proprie rivendicazioni<br />

aziendali, e a significativi momenti di lotta sindacale e di presidio dei picchetti nelle<br />

giornate di sciopero davanti alla “palazzina degli impiegati”, ho assistito ai momenti<br />

di svago dei lavoratori durante la pausa mensa, che erano imperniate in frenetiche<br />

partite a briscola o a scopa al vicino bar della Gigliola e a quello della Cia, mentre<br />

al ristorante Vivione andavano per gli stessi motivi gli impiegati.<br />

Indimenticabile è stata pure quella volta che, a nome del Consiglio di Fabbrica,<br />

mio padre (nessun altro lo voleva fare) dovette richiamare al loro dovere tre operai<br />

che, dediti un po’ troppo al vino, stavano rischiando il posto di lavoro nel caso<br />

fossero stati trovati non completamente lucidi dai relativi capireparto. Fu una<br />

lezione di vita. Vidi i tre operai, che per altro conoscevo, mettersi a piangere<br />

quando venne loro ricordato che non ci sarebbe stata un’altra possibilità e che per<br />

loro era già pronta la lettera di licenziamento incontestabile. Ricordare oggi quel<br />

fatto mi lascia perplesso se penso che questi operai, forse… non bevevano sul<br />

lavoro perché dediti all’alcol, forse… bevevano perché le condizioni di lavoro e<br />

l’ambiente portava di per sé… a bere. Ma quello che mi è rimasto impresso erano<br />

le lacrime, nere come il carbone o per meglio rappresentarle, come l’inchiostro.<br />

Nel contesto di quegli anni, aver visto convivere un enorme cartellone con la<br />

scritta «anno… infortuni obbiettivo zero» e sapere che nei più variegati sistemi si<br />

nascondevano denunce di infortuni e malattie professionali era dire tutto.<br />

Si andava dalla permanenza in portineria o in altri ambienti dell’azienda durante<br />

l’orario di lavoro degli operai infortunati, alla certificazione di malattia anziché quella<br />

di infortunio, alla “lotteria a premi” per quei reparti che non avevano registrato<br />

infortuni. I “fortunati” della lotteria erano quasi sempre figure diverse dagli operai,<br />

una volta mi è stato riferito che il premio venne assegnato all’infermeria.<br />

102


* Segretario generale Femca-Cisl<br />

della Lombardia.<br />

NON SOLO UNA VERTENZA<br />

di Fiorenzo Colombo*<br />

Ho provato lungamente a guardare le carte della “UCI” ( perché così continua<br />

a essere ricordata), quelle trattenute nell’archivio regionale, per evitare di scrivere<br />

cose sbagliate o confondere le date. All’improvviso ho capito che non era<br />

questione di verbali, accordi, comunicati, appunti di riunioni o assemblee.<br />

Così come temevo le emozioni hanno prevalso, l’ho sempre saputo dentro di me:<br />

raccogliere idee e ricordi sulla vicenda di Forno Allione avrebbe costituito un lavoro<br />

personale, in cui sarei arrivato a concludere che gli aspetti politici e sindacali non<br />

potevano essere disgiunti dal fatto che, personalmente, mi sono sentito coinvolto in un<br />

esperienza molto forte, qualcosa di più e di diverso di una vertenza seppur lunga e<br />

conclusasi con il venir meno di un insediamento industriale di rilevanti dimensioni, dal<br />

punto di vista sociale ed economico per l’Alta Valle.<br />

La lunga vicenda della UCI, (Ucar Carbon nell’ultimo lustro), ha evidenziato<br />

che la mia partecipazione, come segretario regionale della federazione di categoria<br />

della Cisl, nella gestione dei negoziati che si sono susseguiti dalla fine degli anni 80<br />

fino alla fine del 1994, è stata non solo una normale integrazione organizzativa,<br />

visto il peso e la complessità della lunga vertenza, ma il realizzarsi di una<br />

esperienza unica e che personalmente mi ha coinvolto sul piano del tempo, delle<br />

energie, della fatica, individuale e collettiva, segnalando ancora una volta che il<br />

lavoro sindacale contempla la parola “esperienza”.<br />

Esperienza significa partecipare, condividere, essere disponibili, mettere al<br />

servizio conoscenze e strumenti, dove il tempo non è solo quello d’ufficio: la UCI è<br />

stata tutto questo per me.<br />

In ogni vicenda sindacale si commettono errori e forse, probabilmente, anche<br />

qui ne abbiamo commessi alcuni, di sottovalutazione, di incapacità a costruire<br />

traguardi positivi e meno difensivi; tuttavia ho l’impressione che nel vissuto<br />

collettivo delle persone coinvolte, in primis i lavoratori e le loro famiglie, pur con la<br />

chiusura dello stabilimento, il sindacato ne sia uscito ”in piedi”, ha fatto il suo<br />

mestiere fino in fondo e ciò è il vero, grande motivo di orgoglio che mi trovo dentro<br />

riflettendo sulla vicenda.<br />

É certamente un affermazione impegnativa ma se ripercorro le sequenze del<br />

processo è possibile trattenere alcune “considerazioni” che hanno distinto gli ultimi<br />

anni sindacali, senza nulla togliere, sul piano del valore, a tutta la storia della presenza<br />

103


dello stabilimento in Alta Valle nel secolo scorso e delle grandi lotte sociali che in<br />

esso si sono sviluppate per migliorare le condizioni dei lavoratori.<br />

1. Sotto il profilo delle produzioni è indubbio che lo stabilimento ha seguito le<br />

vicende più generali della siderurgia e delle sue trasformazioni, del ridimensionamento<br />

delle capacità produttive europee e mondiali, dell’ammodernamento tecnologico,<br />

della sostituzione dei materiali ferrosi con nuovi materiali nei manufatti che<br />

quotidianamente accompagnano la nostra vita e UNION CARBIDE si è rivelata<br />

una tra le tante Multinazionali che non ha diversificato i propri business, mantenendosi<br />

in comparti e prodotti a scarso valore aggiunto. Oggi non esiste più, è stata<br />

incorporata in un altra multinazionale USA ed il percorso delle sue produzioni<br />

assomiglia ad una certa Chimica di “casa nostra”, assorbita o dismessa per<br />

carenze di investimenti sui processi e sui prodotti.<br />

Forno Allione è stato contemporaneamente protagonista e vittima di tale<br />

processo: protagonista in quanto centro produttivo fondamentale nella filiera<br />

produttiva europea e nel contempo capro espiatorio per la sua localizzazione, per<br />

mancati investimenti di adeguamento e poi perdente nella competizione interna alla<br />

stessa UCAR CARBON.<br />

2. Ma è stata l’esperienza dei rapporti e delle relazioni che si sono instaurate<br />

l’elemento che più ho presente nella mia testa, un’esperienza di lavoratori tesi a<br />

difendere la fonte del proprio reddito e del ritmo della propria esistenza.<br />

Un’esperienza sindacale “sui generis”, ritmata da numerosissime assemblee in<br />

fabbrica e nella sala civica di Cedegolo, riunioni con i lavoratori molto sofferte in<br />

quanto emergeva il limite di non riuscire a trovare alternative se non gestire il<br />

ridimensionamento nel tempo. Passaggi complicati anche nelle riunioni del Consiglio<br />

di Fabbrica, riunito al venerdì sera, per le ragioni legate alle turnazioni dei<br />

delegati. Ricordo che, con il collega De Col della FILCEA CGIL Regionale,<br />

tornavamo a Milano di notte, con le strade ghiacciate e facevamo una volta per<br />

uno con la macchina per ridurre le spese .<br />

Tornavamo di notte e i miei figli, allora piccoli, non capivano lo strano lavoro del<br />

papà, al quale non pagavano nemmeno gli straordinari!<br />

E poi ho portato un giorno mio figlio in assemblea, venerdì <strong>27</strong> Dicembre 1991,<br />

un giorno in cui probabilmente in Italia non lavorava quasi nessuno, ma per Forno<br />

Allione quella assemblea, in quel giorno, è risultata decisiva per il proseguo dei<br />

104


negoziati. Un’esperienza popolare anche per il coinvolgimento delle famiglie nelle<br />

manifestazioni, il lavoro fatto con le maestre della scuola elementare per spiegare<br />

ai bambini, figli dei lavoratori, cosa stava succedendo e quello che stava succedendo<br />

avrebbe generato insicurezza in famiglia.<br />

Una esperienza popolare anche per lo straordinario clima di unità dei lavoratori,<br />

per la sostanziale azione unitaria delle Organizzazioni Sindacali, nelle varie articolazioni<br />

confederali e di categoria; ci sono stati molti dibattiti, discussioni interne<br />

vivaci, passaggi drammatici nelle decisioni, come quella “storica” in cui abbiamo<br />

sostanzialmente perso una tornata di prepensionamenti concessi dal Ministero, ma<br />

non richiesti dall’Azienda in carenza di un accordo.Quella volta mi sono preso<br />

molte accuse dalla Segreteria Nazionale in quanto “incapace” di fare il mio<br />

mestiere. Ma avevamo deciso insieme, tutti i delegati e le varie istanze sindacali:<br />

probabilmente abbiamo sbagliato e su ciò si può discutere, ma insisto nel segnalare<br />

che mai avremmo firmato accordi separati in quelle circostanze.<br />

Il vincolo unitario era così forte che nessuno aveva il problema della competizione,<br />

i disegni e le decisioni erano frutto di un paziente e faticoso lavoro interno,a<br />

confermare la regola che la democrazia sindacale è un processo lento ma se si<br />

dispiega in tutti i suoi passaggi risulta essere potente ed efficace, in quanto<br />

partecipato e assunto insieme come vincolo e obiettivo.<br />

3. Gli ultimi anni di sopravvivenza dello storico stabilimento hanno visto un<br />

coinvolgimento di molte istituzioni pubbliche, che hanno realizzato una notevole<br />

pressione per evitare processi traumatici alla Valle e per indirizzare lo sviluppo<br />

verso traguardi diversi da una deindustrializzazione della zona: un dibattito ancora<br />

in corso, al fine di realizzare fattori e opere strutturali in grado di attrarre<br />

investimenti,che rallentino ulteriori fenomeni emigratori.<br />

Rammento ciò in quanto, pur in presenza di scarsi risultati e comunque di<br />

processi non certamente brevi, nel corso degli anni 90 ciascuno ha fatto il proprio<br />

mestiere: partiti e istituzioni non si sono sovrapposti al sindacato e il sindacato,<br />

anche nelle situazioni più difficili non ha mai ignorato il ruolo dei sindaci, delle<br />

amministrazioni locali, della comunità montana e degli strumenti territoriali.<br />

Tuttavia è mancato un processo di concertazione locale: non si sono innescati<br />

percorsi virtuosi con obiettivi condivisi da parte delle parti sociali e delle istituzioni e ciò<br />

è da far dipendere dalla scarsità di risorse finanziarie, pubbliche e private, di comuni<br />

intenti sullo sviluppo, di allocazione di risorse anche immateriali sul territorio.<br />

105


Mi ha sempre colpito, di fronte a questa nostra richiesta,l’atteggiamento delle<br />

controparti, in particolare dell’Associazione industriali di Brescia che, in quegli<br />

anni, sosteneva la tesi che non era affare nostro, che in Alta Valle comunque non<br />

ci sarebbe mai andato nessuno a investire, anzi che molti imprenditori se ne<br />

sarebbero andati anche loro, anche per le rigidità delle posizioni sindacali.<br />

Probabilmente oggi non è più così, non ho elementi di valutazione, tuttavia è<br />

indubbio che la dismissione di aree di dimensioni quale quella di Forno Allione,<br />

dovrebbe indurre tutte le istanze territoriali ad interrogarsi e ad innescare percorsi<br />

comuni e responsabilità accertate, ai fini di determinare un processo di sviluppo<br />

condiviso, compatibile e di qualità.<br />

Di tutto ciò ha bisogno la Valle Camonica ma anche tutta la Lombardia, a<br />

conferma che da solo il mercato non ce la fa a innescare processi che tengano<br />

insieme i vari fattori dello sviluppo, compreso il lavoro e l’occupazione.<br />

4. Un’ ultima considerazione: ripensando a quegli anni, rivedo nella mia mente<br />

i volti corrispondenti a molte persone incontrate, delegati e lavoratori, colleghi e<br />

amministratori, un sacerdote, i gestori della trattoria...Con alcuni di essi ci eravamo<br />

ripromessi di rivederci e non lo abbiamo fatto, forse perché i percorsi della vita dei<br />

singoli sovrastano ricordi e promesse.<br />

Purtroppo alcuni non ci sono più e qualche rimpianto mi è rimasto. Ecco perché,<br />

quando qualche anno fa sono stato invitato a celebrare il Primo Maggio a Forno,<br />

con il comizio davanti allo stabilimento, mi sono commosso.<br />

Non posso disgiungere la mia vita privata dal lavoro sindacale ed è per questo<br />

che parlo di esperienza, di una esperienza unica seppur non positiva sotto il profilo<br />

dei risultati occupazionali: in definitiva abbiamo chiuso uno stabilimento e francamente<br />

non so quante persone hanno poi ritrovato un lavoro stabile e con un reddito<br />

adeguato. E nella mia esperienza di 25 anni nel settore chimico di stabilimenti e<br />

fabbriche ne abbiamo chiuse tante, accanto ad altre esperienze positive di nuovi<br />

insediamenti o di alternative occupazionali realizzate.<br />

Ma questa mi ha particolarmente “segnato” per l’intensità popolare e per la<br />

variegata umanità che ho incontrato. E questa è una ricchezza che serbo nel mio<br />

cuore.<br />

106


* Ex segretario della Filcea-Cgil<br />

regionale.<br />

RIPENSANDO AD UNA FABBRICA, A TANTE<br />

PERSONE E AD UNA LEZIONE DI VITA<br />

di Antimo De Col*<br />

Ripensare alla Ucar Carbon di Forno d’Allione, quando mi è arrivata la<br />

telefonata del Sindacato della Valle Camonica, è stato come tornare indietro di<br />

qualche anno. Nella mia esperienza di dirigente sindacale quella fabbrica e le<br />

vicende ad essa legate sono state indiscutibilmente uno dei momenti più importanti<br />

e vissuti con maggiore trasporto emotivo.<br />

Ero appena stato nominato in segreteria della Filcea-Cgil della Lombardia, alla<br />

fine del 1989, quando fui chiamato per tenere un’assemblea ai lavoratori della<br />

UCI, come la chiamavano gli operai, gli abitanti della valle e come ho imparato da<br />

subito a chiamarla anch’io. Era un’assemblea sul Contratto collettivo di lavoro in<br />

fase di rinnovo (si sarebbe firmato nel luglio del 1990) ed ebbi così il primo impatto,<br />

anche visivo, con la fabbrica. Ricordo ancora come nel salone delle assemblee la<br />

discussione sia stata serrata, ma nel contempo precisa e puntuale denotando<br />

chiaramente una importante cultura sindacale di tutti i lavoratori.<br />

Da allora, e per parecchi anni, la UCI ha accompagnato la mia storia sindacale,<br />

purtroppo non più con la discussione dei Contratti, bensì con la gestione di una<br />

vicenda drammatica che portò, alla fine alla chiusura della fabbrica. Ma questa è<br />

storia conosciuta, mi tornano invece alla mente alcuni episodi che hanno intrecciato<br />

la mia storia personale con quella della fabbrica. Durante le varie fasi, alcune<br />

delicatissime e, nel contempo dolorose, della trattativa ho conosciuto la grande<br />

determinazione, ma anche la immensa umanità ed il senso innato di solidarietà che<br />

i lavoratori della UCI ed in genere gli abitanti dell’alta Valle Camonica hanno.<br />

Ed in un confuso accavallarsi di ricordi emergono anche tutte le contraddizioni<br />

di quegli anni ’90, da un lato gli interessamenti delle forze politiche, ma dall’altro la<br />

crisi profonda di quelle stesse forze politiche così come da un lato si viveva un forte<br />

declino dell’industria tradizionale, ma sulla scena si presentava prepotente un forte<br />

cambiamento del concetto stesso di fabbrica e di produzione. E purtroppo i<br />

lavoratori della UCI, come quasi tutti i lavoratori dell’industria tradizionale, erano<br />

impreparati a quel cambiamento e, siccome di lavoro in valle non ce n’era più, molti<br />

di loro con la chiusura della fabbrica furono costretti a riprendere la strada che<br />

altre generazioni prima di loro avevano intrapreso: la strada dell’emigrazione.<br />

107


Quell’emigrazione che riappariva spesso nei racconti dei più vecchi tra gli<br />

operai, anche, talvolta, durante le riunioni del C.d.F., riunioni che quasi sempre si<br />

svolgevano dopo cena per poter avere tutti i componenti del Consiglio che<br />

facevano i turni, ed io ricordo quelle riunioni associate ai viaggi notturni in<br />

macchina spesso con il collega ed amico Fiorenzo Colombo della Flerica-Cisl, per<br />

abbassare le spese, ma soprattutto per poter aver modo di ragionare insieme<br />

durante i viaggi di andata e di ritorno, sulla situazione, sulle difficoltà, sui tentativi di<br />

trovare un bandolo ad una matassa che sembrava (e lo era ) troppo intricata, ma si<br />

viaggiava insieme anche per il timore che avevamo ambedue di appisolarci alla<br />

guida su quelle strade buie e ghiacciate che talvolta mettevano davvero paura.<br />

A questo proposito ricordo vividamente due episodi emblematici : il primo si<br />

riferisce ad un assemblea che si doveva tenere per le 8.30 a Forno, il che<br />

comportava partire da Milano verso le 5.00, ebbene, quella volta io ero tranquillo<br />

perché , seppur la mia auto avesse qualche problema con l’apparato frenante,<br />

saremmo andati con quella di Colombo, nuova di zecca, talmente nuova e moderna<br />

che la sera prima alle nove Fiorenzo mi telefonò dicendomi che era andata in tilt la<br />

centralina elettronica. Partimmo verso le 4 con la mia auto carichi di prudenza e<br />

tensione, ma riuscimmo comunque ad arrivare in tempo. L’altro episodio mi riporta<br />

ad un’altra assemblea, un’assemblea aperta alle Istituzioni ed alle forze politiche<br />

del comprensorio che si sarebbe dovuta tenere dentro la fabbrica: era un venerdì<br />

<strong>27</strong> dicembre, la Direzione aziendale, all’ultimo momento negò l’uso della sala delle<br />

assemblee, di più, non concesse agli estranei l’ingresso nel perimetro aziendale.<br />

Dopo pochi istanti la decisione: avremmo tenuto l’assemblea nel piazzale, tra i<br />

mucchi di neve abbondantemente caduta nei giorni precedenti, non scorderò mai<br />

quel piazzale gremito di gente, i lavoratori della UCI e quelli di altre imprese, le loro<br />

famiglie, la CGIL e la CISL territoriali, i cittadini dei paesi intorno alla UCI ed i loro<br />

rappresentanti, Sindaci, Presidenti di Comunità montana, sacerdoti, tutti presenti ed<br />

attenti nella neve ed al freddo a dimostrare il loro impegno, la loro solidarietà, la loro<br />

rabbia per la paventata chiusura delle produzioni; io credo sia stata quella una pagina<br />

importante della storia sindacale del territorio ed anche del mio bagaglio di sapere.<br />

Le vicende della UCI mi richiamano però non solo presenze di masse di<br />

lavoratori, ma anche i volti di persone precise, sia quelli di Luciano Bonetti<br />

Segretario della Filcea-Cgil comprensoriale, sia quello di Aldo Patti suo omologo<br />

per la Flerica-Cisl, due persone diversissime nel carattere: quanto Luciano emanava<br />

un costante senso di tranquillità, tanto Aldo era sempre irrequieto, l’uno dava<br />

108


l’impressione del ragionatore l’altro dell’impulsivo, in realtà entrambi vivevano con<br />

un’intensità enorme la responsabilità che sul sindacato gravava e reagivano nel<br />

modo a loro più innato ad una situazione di tale gravità. Anche durante le lunghe e,<br />

talvolta estenuanti, trattative presso la sede bresciana dell’Associazione Industriali<br />

questi tratti differenti emergevano e diventavano così una vera e propria risorsa<br />

nel dispiegarsi della tattica negoziale, ma comunque il tratto comune che ha<br />

sempre caratterizzato le varie fasi della vertenza è stato quella serietà di fondo,<br />

coscienti come eravamo che erano in gioco le sorti di centinaia di famiglie.<br />

Ricordo la forza partecipativa dei componenti del C.d.F. che in tutti i momenti,<br />

in tutti i passaggi della vicenda sono stati parte attiva, talvolta obbligandoci a<br />

rallentare i tempi della trattativa. Ma era giusto così: senza il loro consenso, senza<br />

la loro capacità di trasferire ai lavoratori il senso della trattativa non saremmo mai<br />

riusciti a venirne a capo, limitando, per quanto fu possibile, i danni della ristrutturazione<br />

prima e della chiusura poi. Solo nell’ultimissima fase si verificò una spaccatura<br />

tra i membri del Consiglio ed era evidente quanto questo fosse il prodotto di<br />

una grande lacerazione interiore di parecchi di loro, il tentativo di trovare una<br />

sintesi fu cercato fin oltre l’immaginabile, ma alla fine si dovette scegliere e fu<br />

l’assemblea dei lavoratori, ovviamente, a farlo.<br />

E, mentre scrivo, mi passano davanti agli occhi i visi di quegli operai, di quella<br />

quindicina di appartenenti al C.d.F., alcuni sono andati ormai in pensione, altri,<br />

purtroppo, non ci sono più, alcuni sono andati a lavorare all’estero come molti dei<br />

loro compagni di lavoro, resta il piacere di sentirne ogni tanto ancora uno di loro ed<br />

il rimpianto di non avere poi più messo in atto quei propositi di riuscire a rivedersi<br />

tutti insieme, magari attorno ad una tavola imbandita. Io continuo a sperare che<br />

possa avvenire ancora, ma il tempo passa.<br />

Per concludere io credo che l’esperienza sindacale della UCI di Forno d’Allione<br />

sia stata sicuramente una parte della storia sindacale della Lombardia, simile<br />

per tanti aspetti alle vicende che, in quegli anni, hanno portato alla chiusura di<br />

moltissimi siti industriali ( il territorio su cui opero ora, Sesto San Giovanni, ne è<br />

stato uno degli esempi più conosciuti e drammatici ). Ma io penso sia stata anche<br />

una vicenda unica nel suo genere per l’intensità con cui è stata vissuta da tutti i<br />

protagonisti, assumendo talvolta i toni di un tragico epos.<br />

Per quello che mi riguarda, credo di averlo già scritto più sopra, quell’esperienza<br />

è stata e lo è tuttora una delle più intense ed umane della mia vita di sindacalista,<br />

ma anche di uomo.<br />

109


110


* Segretario generale Filcea-Cgil<br />

nel comprensorio camuno-sebino<br />

dalla fine degli anni Settanta e,<br />

successivamente, segretario della<br />

Camera del Lavoro Territoriale<br />

fino all’inizio degli anni Novanta.<br />

UN’ESPERIENZA INDIMENTICABILE<br />

di Giuseppe Guerini*<br />

Ogni volta che transito verso Edolo sulla statale 42, appena lasciato Berzo<br />

Demo mi assale una sensazione di incredulità osservando ciò che rimane della<br />

fabbrica più importante dell’alta Valle Canonica.<br />

Parlare della UCI (Union Carbide Italia) di Forno d’Allione, sapendo che non<br />

esiste più, mi stringe il cuore.<br />

Per me, che da giovane Sindacalista della Filcea-Cgil, nel 1977 entrare in quella<br />

Fabbrica è stato come accedere all’Università.<br />

Come dimenticare i consigli di “veri” rappresentanti dei lavoratori che mi<br />

venivano da Bertoli, da Bazzana, Tiberti, Giacomini, Scolari, Mastaglia, e da tanti<br />

altri, quando dovevo affrontare assemblee tumultuose di uomini che la pece e la<br />

grafite rendeva tutti simili, tanto che difficilmente riuscivo a riconoscerli negli<br />

incontri esterni alla fabbrica. Quegli uomini… tanto sudici quanto carichi di energia<br />

sindacale e di umanità.<br />

Quante piacevoli nottate ho passato a discutere per comprendere che il lavoro,<br />

per queste persone, nonostante fosse sporco, duro e pericoloso, doveva comunque<br />

essere mantenuto in Valle Canonica.<br />

Per loro lavorare all’Uci, lo dicevano con orgoglio, era un privilegio e ne<br />

andavano fieri!<br />

Le riunioni del Consiglio di Fabbrica serali (venivano tenute la sera dopo<br />

l’orario di lavoro per risparmiare sul monte ore sindacale aziendale)erano momenti<br />

di confronto vero su problemi concreti ai quali la potente multinazionale americana<br />

in quegli anni non riusciva a dire di no.<br />

Già si parlava di Sicurezza sui posti di lavoro già si sapeva che l’ambiente non<br />

era salubre, non era sicuro<br />

.Un grande cartello accampava all’entrata, come monito per tutti, con evidenziati<br />

gli infortuni accaduti l’anno precedente, la situazione aggiornata dell’anno<br />

corrente,e… gli obbiettivi che in futuro l’azienda intendeva conseguire.<br />

Non evidenziate erano però le malattie professionali che oggi non potendo più<br />

essere celate sono emerse con le note conseguenze.<br />

Nel 1984 il grande trauma del referendum sulla scala mobile non ha prodotto<br />

divisioni sostanziali sia tra i lavoratori che tra i delegati del consiglio di fabbrica<br />

111


come è purtroppo avvenuto nella maggior parte delle grandi aziende, forzature<br />

esterne per far emergere strumentalmente divergenze non sono mancate ma non<br />

hanno avuto spazio e questo episodio ha saldato ulteriormente la capacità dei<br />

delegati dell’UCI di interpretare gli interessi dei lavoratori e l’autonomia del<br />

sindacato rispetto ai partiti. L’unità sindacale all’interno dell’UCI era fatto acquisito<br />

ma non sempre accettato all’interno del sindacato in generale.<br />

Respiravo in quegli anni l’aria della passione politica e sindacale e nello stesso<br />

periodo continuava la crisi siderurgica alla quale l’UCI era direttamente collegata.<br />

I primi prepensionamenti… gli accordi sindacali con garanzie per l’occupazione…<br />

firmati in AIB* tutti erano stati garantiti: i lavoratori ,le istituzioni, il sindacato, le<br />

forze politiche, si pensava ad un ridimensionamento momentaneo della produzione,<br />

ma ben presto la realtà delle scelte prese dalla proprietà a Ginevra hanno preso<br />

il sopravvento sulla filosofia e condizionato la vita dell’azienda fino al tragico<br />

epilogo della chiusura<br />

.Gli stessi dirigenti della fabbrica di Forno d’Allione, mi confidavano alcuni anni<br />

dopo, non sapevano che la multinazionale avesse scelto il disimpegno totale in<br />

Valle Canonica.<br />

Ora rimangono i ricordi come testimonianza di un’esperienza molto positiva che<br />

mi ha dato tanto.<br />

La sincera amicizia che ancora mi lega a tanti uomini della UCI è una cosa<br />

veramente bella, dimostrazione di come il Sindacato sia stato scuola di vita, prima<br />

che difesa di interessi e movimento.<br />

Sono cambiati i tempi, esperienze come quelle da me vissute in questa fabbrica<br />

da Segretario della categoria dei chimici e successivamente da Segretario della<br />

Camera del Lavoro della Valle Camonica e del Sebino, ma innanzitutto come<br />

uomo, difficilmente potranno essere un patrimonio per altri.<br />

Purtroppo alcuni dei grandi protagonisti di quei tempi non sono più tra noi ma il<br />

loro esempio rimarrà nella mia mente assieme ai preziosi consigli ed ai loro volti<br />

onesti.<br />

112<br />

* Associazione Industriale<br />

Bresciana.


* Segretario Femca-Cisl del comprensorio<br />

camuno-sebino e,<br />

quindi, componente della segreteria<br />

confederale.<br />

UN’ESPERIENZA BREVE MA INTENSA<br />

di Giambettino Polonioli*<br />

Ho conosciuto la “UCI di Forno” quando è iniziata l’esperienza Comprensoriale<br />

(1981 - 82) e mi fu chiesto di seguire per la Cisl le categorie degli elettrici e dei<br />

chimici.<br />

La mia conoscenza della realtà industriale UCI a quel momento era data da<br />

quanto avevo sentito raccontare dai dipendenti ex UCI assunti all’Enel negli anni<br />

60/70 (reduci dalla dura vertenza del 1966) e da quanto potevo capire partecipando<br />

ai Consigli Unitari di Zona, dove era forte “l’impronta” sindacale dei delegati di<br />

quella realtà.<br />

Mi ero fatto l’idea di un’azienda fortemente intrecciata (in positivo ed in negativo)<br />

con la storia del territorio e della gente che vi abitava. Ma anche di un’azienda, che<br />

pur avendo una buona tradizione contrattuale, manteneva forti tensioni tra proprietà<br />

e lavoratori ed una sostanziale divisione tra operai ed impiegati.<br />

L’impatto con la realtà industriale fu per me quasi traumatico. Non riuscivo<br />

infatti a coniugare la realtà Enel con la diversificata realtà delle industrie chimiche:<br />

UCI e C.F. Gomma, ma anche le piccole fabbriche del basso sebino (gomma e<br />

vernici).<br />

Era predominante in me la sensazione di essere inadeguato al ruolo, soprattutto<br />

di fronte alla realtà della UCI.<br />

Come spesso accade però, incontrai subito persone disponibili e capaci che mi<br />

aiutarono a superare la fase di difficoltà.<br />

Ricordo gli incoraggiamenti di Alcide Cattabriga (che seguiva i chimici CISL da<br />

Brescia) e di Gigi Mastaglia (primo segretario comprensoriale CISL), di Rodolfo<br />

Scolari e Ferrati Albino della Segreteria FLERICA-CISL, importanti furono<br />

anche gli incontri con l’amico Beppe Guerini (Segretario Aggiunto CGIL e<br />

FILCEA) e con il consiglio di fabbrica della UCI, che mi diedero la motivazione e<br />

la carica necessari.<br />

L’esperienza è durata circa 3 anni, ed i ricordi principali sono legati alla<br />

vertenza del 1983, alle trattative in A.I.B., ai consigli di fabbrica convocati alla sera<br />

presso un locale pubblico, all’impatto con la grande assemblea della UCI, ma<br />

anche ad aspetti minori quali il tesserino unitario di fabbrica, i grandi cartelli<br />

all’ingresso dello stabilimento dove erano riportati gli infortuni ed i “premi”, come<br />

113


dato di esteriorità (mentre non erano riportate le malattie professionali ed il<br />

degrado ambientale).<br />

Un periodo breve ma intenso, che ricordo volentieri per le persone che ho<br />

conosciuto, per la carica umana e le forti motivazioni che le animavano.<br />

Penso proprio mi sia servito a fare quel piccolo salto, necessario a comprendere<br />

la complessità e le difficoltà del mondo del lavoro nel settore privato, ed a capire<br />

anche, quale “laboratorio sociale” possa essere una grande fabbrica per il territorio.<br />

114


* Intervista a cura di T. <strong>Clementi</strong>,<br />

su Graffiti di dicembre 2001.<br />

UN MODO STRANO (E DRAMMATICO) DI... NON SMOBILITARE<br />

Intervista a Luciano Bonetti e Aldo Patti, responsabili territoriali del sindacato chimici<br />

(Fulc) rispettivamente per la Cgil e la Cisl*<br />

Da anni, ormai, la direzione aziendale accompagna dichiarazioni di “fedeltà”<br />

allo stabilimento di Forno Allione con drastici tagli occupazionali. «Nel gruppo<br />

dirigente si scontrano due filosofie», leggiamo su una scaletta di appunti (la stessa<br />

usata come promemoria per l’assemblea generale all’interno dello stabilimento)<br />

messa a nostra disposizione dai responsabili territoriali del sindacato chimici: «La<br />

filosofia di chi pensa alla chiusura in ogni modo e quella, invece, di chi propone il<br />

mantenimento dello stabilimento a determinate condizioni». Quali condizioni?<br />

«Il trasferimento delle lavorazioni primarie a Caserta [sede di un altro dei<br />

18 stabilimenti del gruppo internazionale], dove verrebbero sfruttati i benefici<br />

di maggior competitività derivanti da un diverso sistema di incentivi e di<br />

fiscalizzazioni (di assistenzialismo statale, in sostanza) e, successivamente,<br />

rientro dei semilavorati a Forno per le operazioni più specializzate».<br />

E con questa forma di compromesso verrebbe raggiunto un assestamento<br />

produttivo e occupazionale in entrambi gli stabilimenti italiani del gruppo?<br />

«Fino a quando le successive evoluzioni porteranno ulteriori quote di<br />

produzione verso altri Paesi a maggior convenienza produttiva...».<br />

Ma allora sarà come sfogliare il carciofo? allora anche la filosofia più ottimistica<br />

non porta molto lontano?<br />

«Questo è il rischio, infatti! C’è piena consapevolezza di una prospettiva<br />

drammatica. Fra i lavoratori stessi, lo abbiamo verificato anche oggi in<br />

assemblea, prevale la rabbia come sintomo di rassegnazione e di isolamento:<br />

rabbia e timore di una sconfitta inevitabile».<br />

Quali iniziative avete in programma, intanto?<br />

«Per ora, in attesa di ulteriori incontri e verifiche a livello sindacale e<br />

politico-istituzionale, pensiamo a come realizzare forme di intervento anche<br />

attraverso i nuovi meccanismi di ammortizzazione previsti dalla Legge 233...».<br />

115


E l’ipotesi dei prepensionamenti?<br />

«Sui prepensionamenti c’è una assurda chiusura da parte aziendale<br />

perché non intende accollarsi i costi previsti dalla normativa di legge: e<br />

pensare che con i ricorsi al prepensionamento si risolverebbero una ottantina<br />

di casi solo per il 1991»<br />

E poi, invece, per il futuro meno... prossimo?<br />

«Per il futuro, dopo l’attuale fase di drammatica emergenza, coltiviamo<br />

un obiettivo semplicissimo, per quanto oggi possa apparire come estremamente<br />

ambizioso: interrompere la spirale di caduta continua e cominciare a<br />

ragionare per una inversione di tendenza».<br />

Per concludere, infine, come se non bastasse già il dramma che stanno vivendo<br />

i lavoratori, i dirigenti sindacali esprimono sconcerto per l’atteggiamento della<br />

direzione aziendale che tende a coinvolgerli in un volgare ricatto, nel senso di<br />

scoraggiare ogni iniziativa “forte” con la minaccia di attribuirgli le responsabilità<br />

del fallimento di un progetto di salvataggio che sarebbe nelle intenzioni dei dirigenti<br />

stessi.<br />

116


* Intervista raccolta da Pier Luigi<br />

Milani il <strong>27</strong> agosto 2002 a Monongahela,<br />

in Pennsylvania.<br />

1 «In associazione con Westinghouse<br />

c’era un uomo molto<br />

meno conosciuto nella storia scritta,<br />

ma anche molto importante per<br />

il futuro dell’elettricità. Era chiamato<br />

“Nicolo (o Nikola) Tesla”, un<br />

serbo-croato-americano che aveva<br />

lavorato anche per Edison. Le<br />

sue idee erano un po’ più innovative,<br />

ma lui era più corretto di Edison<br />

e dei suoi amici. Tesla aveva<br />

convinto Westinghouse che la<br />

corrente AC era meglio perchè va<br />

a maggiore distanza. Invece la corrente<br />

DC non va a molta distanza e<br />

necessita di tante fabbriche per<br />

produrla in ogni quartiere. Molte<br />

più fabbriche significano molte<br />

più linee e posti (più centrali e punti<br />

telefonici). Ma la corrente AC<br />

non era ben capita in quel tempo<br />

dalla gente, anche perchè Westinghouse<br />

la controllava. Edison era<br />

“vendicativo” e usava la pubblicità<br />

per tenere il controllo dell’elettricità<br />

in generale, anche se la corrente<br />

AC era migliore specialmente<br />

per le città, i paesi e le fattorie<br />

americane dove gli edifici sono<br />

lontani e in posti come Niagara<br />

Falls dov’era possibile fare elettricità<br />

per molte città diverse», nota<br />

di T. Necciai.<br />

L’ORIGINE DELLA “UNION CARBIDE”<br />

di Terry Necciai*<br />

É molto comune avere delle fabbriche chimiche in posti ricchi di minerali. É<br />

comune in West Virginia come in Pennsylvania.<br />

Ieri ti ho raccontato che c’era un uomo nato a Washington PA. ed era molto<br />

famoso cent’anni fa perchè ha lavorato per dieci anni, più o meno, con Thomas A.<br />

Edison (l’uomo che ha inventato il “light bulb”) e un anno o più anche con<br />

Westinghouse.<br />

Westinghouse ed Edison erano rivali perchè commerciavano due diversi tipi di<br />

elettricità: Edison proponeva quella DC (in inglese “direct current”) mentre Westinghouse<br />

vendeva AC (quella alternata). 1 Edison ha fatto guerra a Edison andando di<br />

paese in paese a dire che era molto più pericolosa la corrente alternata e portava con<br />

sè dei cani che usava per dimostrare che questi morivano se venivano a contatto con<br />

la corrente alternata. In ogni paese uccidevano cani solo per dimostrare la pericolosità<br />

della corrente alternata.<br />

Nel 1856 nasceva a Washington (Pa.) E.G. Acheson che andava con Edison nel<br />

New Jersey per circa 10 anni; Edison pensava che Acheson fosse molto intelligente<br />

e gli affidava molti incarichi. Acheson ritenne però che il lavoro fosse troppo e se ne<br />

tornò nella Washington County (Pennsylvania) nel 1891; comprò una casa a Monongahela<br />

vicino al ristorante di Ida Gori (che tu hai conosciuto quando sei stato qua due<br />

anni fa). Quella casa ha ancora adesso una targa sulla sua facciata che ricorda che<br />

quello è un edificio importante dal punto di vista storico.<br />

Edward G. Acheson veniva a Monongahela perchè pensava che fosse possibile<br />

fare affari in un piccolo paese dove non c’era l’elettricità, dato che nel 1891<br />

l’elettricità era arrivata solo in poche cittadine. Così Acheson creava una sua<br />

Compagnia che aveva preso sede in una vecchia fabbrica vicino al fiume Monongahela,<br />

dove attraccavano i battelli e le chiatte.<br />

Lo spazio che aveva a disposizione era poco ma lui era un inventore e tentava<br />

di fare varie cose, come i copertoni fatti con gomma artificiale. Inventò la formula<br />

per la gomma artificiale e ne realizzò un piccolo pezzo ma un commerciante che<br />

veniva dal Sud-America lo convinse a lasciar perdere, dicendogli che non avrebbe<br />

trovato mercato per quel prodotto; così lui gettò via la formula e non seppe più<br />

ricordarsela.<br />

117


Contemporaneamente Acheson tentava un’altra cosa: una miscela tra<br />

silicio e “carbide” (carburo), creando un prodotto molto duro che riusciva a<br />

tagliare i diamanti.<br />

In quel tempo quell’invenzione era molto importante anche perchè si era a due<br />

anni dalla grande esposizione mondiale di Chicago in occasione del quattrocentesimo<br />

anniversario della scoperta dell’America.<br />

Acheson e la sua Compagnia (che aveva nome “The Carborundum Company,<br />

Monongahela City, Pennsylvania”) erano diventati famosi e la Compagnia cresceva<br />

molto rapidamente ma quel terreno su cui si era insediata nella cittadina di<br />

Monongahela era troppo piccolo e non aveva spazio per allargarsi.<br />

Così la banca Mellon di Pittsburgh, che concedeva prestiti ad Acheson, gli<br />

propose di traslocare e nel 1895 la Compagnia si spostò a Niagara Falls in New<br />

York State.<br />

Per questo motivo la gente di Monongahela era arrabbiata con quella banca e<br />

ancora oggi questa banca non esiste a Monongahela perchè nessuno le vende il<br />

terreno a causa di quel torto.<br />

Quell’invenzione di “Carborundum,” cioè quella sostanza molto dura che serve<br />

per tagliare i diamanti ha costituito l’«ingrediente» per creare nove Compagnie a<br />

Buffalo, New York e altre città; queste nove Compagnie sono tutte pronipoti della<br />

“Carborundum Company of Monongahela City” fondata all’inizio da Acheson. Se la<br />

“Mellon bank” non avesse patrocinato lo spostamento a Niagara Falls, New York<br />

forse quelle nove compagnie sarebbero sorte a Monongahela.<br />

La Union Carbide è la più grande delle nove ed Edward G. Acheson all’inizio<br />

era il direttore dell’Union Carbide perchè tali compagnie erano tra loro connesse.<br />

WEBSITES CONSULTABILI:<br />

http://www.chemheritage.org/EducationalServices/chemach/eei/ega02.html;<br />

http://ublib.buffalo.edu/libraries/exhibits/panam/sel/electrochemcompanies.html;<br />

http://www.school-for-champions.com/biographies/tesla.htm;<br />

http://www.school-for-champions.com/biographies/edison.htm.<br />

118


* Segretari generali della Cgil e<br />

della Cisl del comprensorio Valcamonica-Sebino.<br />

POSTFAZIONE<br />

di Domenico Ghirardi e Roberto Ravelli Damioli*<br />

Un libro per ricordare quanto, per il bisogno di lavoro, si è dovuto sopportare e<br />

subire, per cercare di far conoscere alle nuove generazioni una storia durata<br />

decenni, segnata da condizioni difficili, di lotte dei lavoratori per conquistare ciò<br />

che era un diritto e tutelare la dignità di persona nel posto lavoro.<br />

Molti lavoratori giovani, pieni di salute entravano “felicemente” al lavoro, in una<br />

fabbrica dove si respiravano i fumi della pece, la polvere di carbone. La pelle<br />

diventava nera, le vie respiratorie intasate; ma quella era la conseguenza per avere<br />

un’occupazione vicino a casa. Ciò poteva evitare o poneva fine alla prospettiva<br />

dell’emigrazione e di dover lasciare la terra natia.<br />

Il “gigante” s’insediò, per decenni ha dato lavoro a migliaia di persone, il<br />

bisogno era così forte che si finì anche per subire condizioni che hanno segnato la<br />

vita della gente che vi ha lavorato e inquinato l’ambiente circostante la fabbrica.<br />

Impegnative e memorabili le battaglie dei Lavoratori, guidati dal Sindacato,<br />

Commissione Interna e Consiglio di Fabbrica, per rivendicare miglioramenti delle<br />

condizioni di lavoro e soprattutto per dare priorità alla tutela della salute e<br />

dell’integrità fisica. Negli anni ’80 quelle battaglie hanno trovato una sponda,<br />

disponibilità e grande sensibilità nelle persone preposte alla tutela della salute nei<br />

luoghi di lavoro (in particolare nella Dr.ssa Siria Garattini) per conto dell’Ussl.<br />

Sensibilità, Professionalità ed attenzione, accompagnate dalla necessaria documentazione,<br />

sono state fondamentali per la Magistratura dopo alcuni anni per<br />

chiedere il rinvio a giudizio dei dirigenti dell’Ucar Carbon, responsabili dello scarso<br />

impegno nella tutela della salute; in definitiva responsabili delle molte malattie<br />

professionali contratte all’interno della fabbrica che per un numero consistente di<br />

Dipendenti sono state causa del decesso.<br />

Nel 1998, in occasione della celebrazione del Primo Maggio a Forno Allione (la<br />

fabbrica, dopo dure e travagliate vertenze, era stata chiusa definitivamente); Cgil<br />

Cisl Uil di Vallecamonica-Sebino organizzarono una manifestazione per sottolineare<br />

la necessità della bonifica dell’area e di una sua reindustrializzazione. In<br />

quell’occasione il Sindacato disse: «il gigante si è pian piano ritirato, nonostante le<br />

119


gloriose lotte della gente di montagna, ha chiuso definitivamente i battenti lasciandoci<br />

le ferite che una simile chiusura ha provocato sull’intera comunità.<br />

Non si tratta di recriminare, di aprire polemiche, di non essere riconoscenti<br />

verso chi per tanti anni ha dato il lavoro, si tratta, ora che non pesa più cosi forte il<br />

ricatto occupazionale, di porci l’interrogativo se è giusto che un azienda che per<br />

tanti decenni ha sfruttato le risorse umane e materiali possa andarsene senza<br />

ripagare la collettività dei danni subiti?<br />

La risposta all’interrogativo non può che venire dall’Ucar Carbon, sappiamo<br />

che è lontana ma in un modo o nell’altro l’eco di queste nostre istanze gli giungerà<br />

e, in un modo o nell’altro, le risposte dovranno essere fornite».<br />

Dopo quattro anni, nel luglio 2002 arrivò il rinvio a giudizio da parte del<br />

Tribunale di Brescia e il Pubblico Ministero Dr.ssa Alessandra Chiavegatti chiamò<br />

in causa come imputati i Dirigenti dell’Ucar a dover rispondere del delitto previsto<br />

dagli art.589 co.2 e 3, 590 co.2,3 e 4 C.P.<br />

Appena venuti a conoscenza della citazione in giudizio e viste le persone che<br />

come parti lese erano oggetto del procedimento giudiziario, abbiamo fornito ai<br />

diretti interessati l’assistenza del patronato (Inca-Cgil e Inas-Cisl) e costituito un<br />

ufficio legale (On. Avv. Giuliano Pisapia; Avv. Luciano Nardino; Avv. Giovanni<br />

Ponte). Dopo numerose udienze in Tribunale e incontri tra i nostri legali e quelli<br />

dell’azienda, si riuscì ad imporre alla proprietà un accordo che ha permesso di<br />

ottenere un risarcimento per i familiari dei lavoratori che nel frattempo erano<br />

deceduti, e un indennizzo economico per le persone che hanno contratto delle<br />

invalidità, proporzionalmente ai punti che sono stati riconosciuti dalle perizie dei<br />

medici di parte.<br />

Sul piano penale, i Dirigenti dell’azienda hanno patteggiato una pena piuttosto<br />

che rischiare di opporsi al rinvio a giudizio emanato dal Tribunale; considerando le<br />

possibili e maggiori conseguenze che avrebbero potuto subire.<br />

Le persone che hanno ottenuto il risarcimento hanno deciso di devolvere un<br />

contributo economico utilizzato per costituire un fondo. Tale decisione è stata<br />

assunta, dai diretti interessati, nella fase iniziale della vertenza. Il fondo è stato<br />

costituito con delle precise finalità da realizzare nel caso la vertenza avesse avuto<br />

esito positivo.<br />

120


Gli obbiettivi allora individuati furono: un libro sulla storia dell’Ucar Carbon; un<br />

monumento in ricordo di quanti sono morti sul lavoro; delle iniziative medico-legali<br />

che si pongano l’obbiettivo di approfondire la materia del riconoscimento delle<br />

malattie professionali con particolare riferimento alle sostanze nocive a cui sono<br />

stati esposti i lavoratori della Ucar di Forno Allione e della Dolomite di Marone; la<br />

destinazione di alcune Borse di studio in favore di neo-laureati che presentino delle<br />

tesi di laurea sulla tematica della sicurezza sul lavoro.<br />

Salvo l’ultimo degli obbiettivi a suo tempo individuati, in quanto ancora ad oggi<br />

non sono state presentate delle tesi di laurea sul tema stabilito, per tutti gli altri<br />

obbiettivi si è in fase di concreta realizzazione.<br />

Il Primo Maggio 2004 verrà presentato il libro riferito alla evoluzione della storia<br />

sindacale all’interno della fabbrica (EFA - UCI - UCAR) dal dopoguerra fino alla<br />

chiusura; nella stessa occasione sarà ufficializzato il bozzetto del monumento in<br />

ricordo dei morti sul lavoro, che si realizzerà a breve e sarà posizionato vicino alla<br />

piccola stazione ferroviaria di Forno Allione, destinata ad ospitare una chiesetta<br />

fortemente voluta dagli Abitanti della piccola Frazione.<br />

Il 17 e il 18 giugno 2004, a Darfo Boario Terme, si terrà un convegno nazionale<br />

sulle malattie professionali da agenti chimici, si concretizza cosi anche il terzo<br />

obbiettivo. Al convegno parteciperanno magistrati, professori, avvocati, medici e<br />

operatori provenienti da tutta l’Italia. L’abbiamo voluto organizzare assieme alle<br />

Asl di Vallecamonica-Sebino e di Brescia per evidenziare e valorizzare quest’importante<br />

punto di incontro a sottolineare la necessità di una azione comune tra le<br />

forze sociali e gli organi preposti alla tutela della salute ed alla prevenzione degli<br />

infortuni sul lavoro.<br />

È proprio il caso di dirlo, è forse una delle poche vertenze che vede riconosciuti ai<br />

lavoratori o ai loro familiari un parte dei danni subiti e sofferti. La sensibilità e<br />

generosità di quanti hanno voluto devolvere volontariamente contributi economici ha<br />

permesso di realizzare alcune significative iniziative che marcheranno nel futuro<br />

un’esperienza e trasmetteranno ai posteri un segno per conservare la memoria<br />

storica su una vicenda che ha segnato per decenni la comunità dell’Alta Valle.<br />

Il gesto e l’azione collettiva delle persone che sono state risarcite vuole mettere<br />

in evidenza una realtà, quella di altri lavoratori che non hanno potuto vedersi<br />

riconosciuto quanto probabilmente anche a loro sarebbe aspettato; le iniziative che<br />

121


il Sindacato unitariamente sta organizzando, utilizzando le risorse del fondo, cercano<br />

di colmare in parte queste lacune e ribadiscono l’impegno a far riconoscere le<br />

malattie professionali ai lavoratori che hanno lavorato in quelle condizioni. È un<br />

impegno serio e concreto da realizzare con il supporto dei nostri Patronati.<br />

Per ultimo, da tempo stiamo seguendo il problema della discarica ricolma di<br />

residui dei materiali della lavorazione dello stabilimento che nel corso dei decenni<br />

sono stati scaricati a monte dell’unità produttiva, stranamente dal progetto di<br />

bonifica eseguito, è stata stralciata tutta l’area di pertinenza della discarica in<br />

questione. Non intendiamo creare allarmismi, ma nemmeno di sottovalutare la<br />

possibile pericolosità dei materiali di rifiuto che nel corso degli anni sono stati<br />

depositati. Più volte abbiamo sollecitato gli organi preposti ad effettuare gli<br />

opportuni prelievi e i necessari carotaggi per capire se ci sono sostanze che<br />

possono inquinare le falde acquifere; per ora i risultati sono scarsi.<br />

Non possiamo e non dobbiamo lasciare niente d’intentato, non sono ancora<br />

rimarginate le ferite impresse sulla carne della gente e sull’ambiente circostante,<br />

per poter tollerare superficialità che nel passato si sono subite in nome del bisogno<br />

primario del lavoro.<br />

In memoria di quanti hanno patito e sofferto le conseguenze di un lavoro<br />

pesante e di quanti ancora vedranno venir meno la loro salute a causa di quelle<br />

condizioni lavorative è stato realizzato questo libro. Le iniziative che sono in<br />

programma serviranno ad onorare la memoria di quanti nel passato si sono spesi<br />

per tutelare la propria dignità e la salute come valori essenziali che dovrebbero<br />

essere diritto universale di ogni persona, ma che non sempre nell’evoluzione dei<br />

processi politici ed economici, la società moderna riesce nei fatti a rispettare.<br />

122


TESTI CONTRATTUALI E ALTRI DOCUMENTI<br />

Accordo sindacale del 23 luglio 1959 ...................................................................... pag. 125<br />

Accordo sindacale del 5 novembre 1975 ............................................................. pag. 1<strong>27</strong><br />

Accordo sindacale del 12 aprile 1983 ....................................................................... pag. 129<br />

Lettera di Mario Didò a Giouseppe Guerini .................................................... pag. 131<br />

123


124


ACCORDI SIGLATI A BRESCIA DALLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI, DALLA<br />

SOCIETÀ E DALLA ASSOCIAZIONE INDUSTRIALE BRESCIANA IL 23/7/1959<br />

1. Aumento del 4% circa sui minimi contrattuali per la categoria operai, sui minimi<br />

mensili contrattuali per gli appartenenti alla qualifica speciale e sui minimi mensili per gli<br />

impiegati. È escluso ogni aumento sugli incentivi. Per semplicità di calcolo la Società<br />

applicherà i minimi tabellari per la provincia di Brescia che sono inseriti nel contratto<br />

nazionale 25 luglio 1958 per l’Industria Chimica. Gli aumenti decorreranno dal 1º Maggio<br />

1959 e verranno accordati a tutto il personale, indipendentemente dalla situazione di fatto.<br />

2. Ferie operai. L’art.28 del contratto 1º ottobre 1955 (operai), per la parte che riguarda<br />

il periodo feriale viene modificato come segue: - giorni 12 pari a 96 ore per gli aventi<br />

anzianità di servizio da 1 a 6 anni compiuti; - giorni 14 pari a 112 ore per gli aventi anzianità<br />

di servizio da 7 a 13 anni compiuti; - giorni 16 pari a 128 ore per gli aventi anzianità di servizio<br />

da 14 a 18 anni compiuti; - giorni 18 pari a 144 ore per gli aventi anzianità di servizio<br />

superiore ad anni 19.<br />

3. Premio di anzianità. L’art.24 del contratto collettivo 1º ottobre 1955 (operai) viene<br />

modificato come segue: «Al lavoratore, sia uomo che donna, che compirà presso la stessa<br />

azienda il decimo o il quindicesimo o il ventesimo anno di anzianità continuativa, sarà<br />

corrisposto una tantum un premio eguale, nel primo caso a 125 ore, nel secondo caso a 125<br />

ore, nel terzo caso a 250 ore. Al lavoratore che alla data di entrata in vigore del presente<br />

contratto abbia già ultimato, in servizio presso la stessa azienda, il quindicesimo anno di<br />

anzianità ma non il ventesimo, verrà corrisposto sotto la stessa data il secondo premio di<br />

anzianità in ore 125 di retribuzione di fatto, indennità di contingenza compresa e computata<br />

secondo la misura in vigore alla data di applicazione del contratto stesso. Al lavoratore che<br />

alla data di entrata in vigore del presente contratto abbia già ultimato, in servizio presso la<br />

stessa azienda, il ventesimo anno di anzianità ed abbia già fruito del premio di anzianità<br />

relativo, verrà corrisposta una tantum sotto la stessa data una somma pari a 125 ore di<br />

retribuzione di fatto, indennità di contingenza compresa e computata secondo la misura in<br />

vigore alla data di applicazione del contratto».<br />

4. Indennità di licenziamento. L’art.47 del contratto collettivo 1º ottobre 1955, paragrafo<br />

4, viene modificato come segue: «Per quanto riguarda l’anzianità maturata dal lavoratore<br />

anteriormente al 1º gennaio 1947, al numero di giorni di indennità di licenziamento spettantigli<br />

in applicazione del precedente contratto nazionale 5 <strong>marzo</strong> 1941, si aggiungono due<br />

giorni per ogni anno intero di anzianità ininterrotta e l’indennità è calcolata sulla intera<br />

retribuzione (paga base più indennità di contingenza ecc.)».<br />

5. Gratifica straordinaria. La Società si impegna ad erogare entro il mese di agosto una<br />

gratifica straordinaria pari ad ore 200 di retribuzione globale di fatto (al 30 aprile 1959) per gli<br />

operai ed una mensilità per gli impiegati e le categorie speciali (esclusi assegni familiari,<br />

indennità di cassa e mensa e lavori gravosi). Tale erogazione è riferita a 12 mesi convenzionali<br />

125


di anzianità (1º maggio 1959 – 30 aprile 1960). La Società si riserva di recuperare per dodicesimi<br />

interi le eventuali quote anticipate e non dovute per i dipendenti che lasciassero il servizio<br />

prima della scadenza suddetta (30 aprile 1960). Tale rivalsa non verrà operata per le risoluzioni<br />

del rapporto di lavoro dovute a decesso, malattia, infortunio, gravidanza, matrimonio o limiti<br />

di età. I lavoratori assunti successivamente al 1º maggio 1959 beneficeranno di tanti dodicesimi<br />

quanti saranno i mesi di anzianità che matureranno a tutto il 30 aprile 1960.<br />

6. Indennità per lavoro gravoso. Alla tabella inclusa nell’accordo aziendale 25 luglio<br />

1957 si aggiunge la categoria degli operai addetti alla revisione delle testate dei forni di<br />

grafitazione in misura di £.15 orarie. A questi operai la Società fornirà n.3 tute all’anno.<br />

7. Il contratto collettivo si intende rinnovato per un periodo di anni due. Gli accordi<br />

aggiuntivi per un anno, l’accordo relativo alla gratifica straordinaria per due anni.<br />

8. L’erogazione per borse di studio per l’anno scolastico 1959-1960 ammonterà a Lire 1<br />

milione.<br />

9. L’erogazione per colonie marine e montane per l’anno 1959 ammonterà a Lire 2<br />

milioni; a proposito dei reclami pervenuti dalla commissione si stabilisce che n.2 rappresentanti<br />

della commissione stessa in unione al Sig. Martinelli si recheranno a spese della<br />

Società presso la Colonia Taglierini di Cervia allo scopo di effettuare un accurato controllo<br />

delle condizioni fatte ai figli dei nostri operai ed impiegati.<br />

10. Aumenti periodici di anzianità per le categorie speciali. Verranno applicate le “norme<br />

transitorie” già inserite nel nuovo contratto chimici, in calce all’art.16. Aumenti periodici di<br />

anzianità per il personale impiegatizio. Verranno applicate le “norme transitorie” già inserite<br />

nel nuovo contratto chimici, in calce all’art.15.<br />

126


OGGI, 5 NOVEMBRE 1975, PRESSO LA SEDE DELLA COMUNITÀ MONTANA DI<br />

VALLE CAMONICA, SI SONO INCONTRATI:<br />

- la Direzione dell’Union Carbide Italia S.p.A., rappresentata dai signori ing. Carlo<br />

Bellaviti, dott. Stelvio Malpei, ing. Bruno Poli, ing. Vittorio Luoni ed assistita dalla Associazione<br />

Industriale Bresciana nelle persone dei signori dott. Pietro Reginella e dott. Severino<br />

Schizzerotto;<br />

- le rappresentanze sindacali aziendali dello stabilimento di Forno d’Allione composte<br />

dai signori Teofilo Bertoli, Rodolfo Scolari, Luigi Mastaglia, Mario Giacomini, G. Battista<br />

Salvetti, Cesare Bazzana, Carlo Comensoli, Angelo Zaina, Albino Ferrati, Battista Tiberti,<br />

assistite dalle proprie rappresentanze unitarie zonali nelle persone del signor Sergio Vezzoli<br />

e dalla F.U.L.C. provinciale nelle persone dei signori Alcide Catabriga e Vittorino Baruffi;<br />

- il Presidente della Comunità Montana di Valle Camonica, dott. Pietro Avanzini, una<br />

rappresentanza del Consiglio Diretivo della Comunità stessa composta dai signori Paolo<br />

Franco Comensoli, Vice Presidente, Francesco Alberini, Domenico Alberti, Simone Maggiori<br />

e il prof. Alberto T. Moreschi, Sindaco di Malonno, in rappresentanza dei comuni<br />

della zona.<br />

Le parti, preso atto di quanto maturato nei precedenti incontri, ritengono di convenire<br />

quanto segue, con la precisazione che il presente accordo diverrà operante dopo la ratifica<br />

da parte dell’Assemblea delle Maestranze, convocata per domani 6 novembre:<br />

1. a) Le parti, preso atto che l’Azienda conferma di non avere programma alcuno che<br />

comporti licenziamento di personale, stabiliscono che si incontreranno trimestralmente al<br />

fine di verificare, in attinenza con quanto sancito dal C.C.N.L e dai programmi produttivi, i<br />

livelli occupazionali. b) Inoltre, in tali incontri, si esamineranno i programmi stabiliti circa gli<br />

investimenti per manutenzione ordinaria e straordinaria e per gli ammodernamenti degli<br />

impianti. c) In relazione a quanto riportato nei due paragrafi sopraddetti, si procederà, sulla<br />

base degli organici riscontrati, ad eventuali assunzioni che si rendessero necessarie per<br />

effetto di dimissioni volontarie ed altri casi (aumento produzione).<br />

2. L’Azienda assicura che verranno effettuati nuovi investimenti nel 1976 per un<br />

miliardo e 200 milioni (vedi allegato).<br />

3. L’Azienda assicura che verrà speso circa un miliardo, sempre per il 1976, per il lavoro<br />

di ordinaria e straordinaria manutenzione degli impianti.<br />

1<strong>27</strong>


4. L’Azienda assicura che verranno proseguiti gli studi riguardanti eventuali aumenti<br />

della capacità di produzione dello Stabilimento, prendendo le opportune iniziative per<br />

omogeneizzare le capacità di produzione a 35.000 ton.<br />

5. L’Azienda assicura che l’attività lavorativa allo Stabilimento “S” prosegue e si<br />

impegna a tenere informata la R.S.A. sulle prospettive future. Per la verifica di tali prospettive<br />

è fissato un incontro da tenersi nel mese di giugno 1976.<br />

6. In caso di contrazioni di mercato, nel corso del 1976, tali da comportare una<br />

riduzione dell’orario di lavoro, l’Azienda si impegna ad esaminare preventivamente con la<br />

R.S.A. l’utilizzo delle ferie.<br />

128<br />

Breno, 5 novembre 1975


IL GIORNO 12 APRILE 1983 IN BRESCIA, PRESSO LA SEDE DELL’ASSOCIAZIONE<br />

INDUSTRIALE BRESCIANA<br />

tra<br />

La Ditta Union Carbide Italia Spa, Stabilimento di Forno Allione, rappresentata dal Dr. S.<br />

Malpei, dall’Ing. B. Poli, dal Rag. C. Audano, dal p.i. Cinelli e dall’Ing. P.Passarini, assistiti<br />

dal Dr. Salvatore D’Erasmo dell’Associazione Industriale Bresciana<br />

e<br />

Le Maestranze dipendenti, rappresentate dal Consiglio di Fabbrica nelle persone che<br />

sottoscrivono, assistite dai Signori Guerini, Polonioli e Bontempi della F.U.L.C., che hanno<br />

rappresentato la particolare situazione socio-economica della Valle Camonica,<br />

si stipula e si conviene quanto segue:<br />

La procedura per il licenziamento per riduzione di personale di 66 operai e 9 fra intermedi ed<br />

impiegati, attivata il 25 <strong>marzo</strong> 1983, viene revocata.<br />

L’obiettivo della eliminazione del personale esuberante verrà perseguito attraverso:<br />

- ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria per crisi aziendale per 18 mesi,<br />

decorrenti dal 25 aprile 1983;<br />

- prepensionamento del personale in possesso dei requisiti soggettivi e pensionamento del<br />

personale in possesso dei requisiti di età e di contribuzione o già in godimento di pensione;<br />

- blocco del turn-over.<br />

L’Azienda, dopo approfondita analisi e valutazione di tutti gli elementi oggi disponibili e<br />

dopo un attento esame delle prospettive ipotizzabili per il mercato dell’acciaio, dichiara che<br />

l’assetto aziendale che risulterà dopo l’eliminazione del personale esuberante può ritenersi<br />

adeguatamente dimensionato rispetto alle esigenze produttive e che quindi, in queste<br />

condizioni, si farà luogo al termine della C.I.G.S. alla riammissione al lavoro di tutto il<br />

personale non esuberante ad essa interessato (prepensionabili, aventi titolo a pensione o<br />

in godimento di pensione).<br />

Alla C.I.G.S. che concernerà circa 130 posizioni di lavoro operaie e 9 fra intermedi ed impiegati,<br />

saranno interessati, a rotazione, il maggior numero degli operai possibile nei limiti delle<br />

compatibilità tecnico-organizzative e con esclusione del personale in possesso dei requisiti<br />

soggettivi per il prepensionamento e/o del pensionamento e/o già in possesso di pensione.<br />

Ulteriori modalità di realizzazione della rotazione saranno esaminate tra Azienda e C.d.F.<br />

In sede aziendale saranno inoltre esaminate tra Azienda e C.d.F. eventuali particolari<br />

posizioni caratterizzate da scarsa contribuzione e da un basso livello di pensione.<br />

L’Azienda comunica che realizzerà corsi interni di qualificazione professionale ad indirizzo<br />

elettrico, a partire dal prossimo mese di maggio. Tali corsi verranno proseguiti anche nel 1984.<br />

129


Per quanto concerne le prestazioni supplementari e straordinarie, fermo restando quanto<br />

previsto in merito dal C.C.N.L., vi si farà ricorso nei limiti strettamente indispensabili per<br />

tutto il periodo di ricorso alla C.I.G.S., con periodica informazione al C.d.F.<br />

L’Azienda conferma che alla manutenzione ordinaria continuerà a provvedere con proprio<br />

personale.<br />

L’Azienda si impegna ad anticipare al personale in C.I.G.S. le spettanze, pari al trattamento<br />

I.N.P.S.; tale anticipazione non sarà concessa al personale già in godimento di pensione e<br />

al personale in possesso dei requisiti di età e di contribuzione per il pensionamento, mentre<br />

sarà concessa al personale in possesso dei requisiti soggettivi per il prepensionamento<br />

soltanto fino alla emanazione del Decreto Ministeriale di riconoscimento della crisi aziendale<br />

e comunque al massimo fino al 31 agosto 1983.<br />

Azienda e Consiglio di Fabbrica si incontreranno periodicamente in sede aziendale indicativamente<br />

con cadenza trimestrale, per esaminare gli sviluppi della situazione; entro fine<br />

anno seguirà un incontro di verifica a livello provinciale.<br />

Con la sottoscrizione del presente accordo le parti si danno atto dell’avvenuto esperimento<br />

della procedura di consultazione sindacale ex art. 5 L. n. 164/1975 [e] si impegnano<br />

altresì ad adoperarsi affinché i tempi per l’emanazione del Decreto Ministeriale possano<br />

essere ridotti al minimo.<br />

Letto, confermato e sottoscritto<br />

130<br />

S.p.A. Union Carbide Italia - C.d.F.


131


132


LA DISCARICA UCAR CARBON ITALIA<br />

Il <strong>27</strong> maggio 2002 a Forno D’Allione, l’ASL di Vallecamonica, l’ARPA (Agenzia<br />

Regionale Protezione Ambientale), rappresentanze dell’Assessorato Provinciale Ambiente,<br />

i Sindaci di Berzo Demo e di Malonno con la presenza di una rappresentanza di<br />

CISL e CGIL di Vallecamonica Sebino; hanno effettuato un sopralluogo nel sito<br />

adibito a discarica a ridosso dell’ex Stabilimento dell’UCAR.<br />

L’esigenza è nata dopo una segnalazione da parte delle Organizzazioni Sindacali<br />

Territoriali che nella primavera del 2001 sono venute, finalmente, in possesso dei dati<br />

relativi alle indagini ambientali effettuate negli anni successivi alla chiusura dell’attività<br />

UCAR (ottobre 1994), dagli Enti preposti.<br />

La CISL e la CGIL, già preoccupate per i casi di morte per tumore e per alcune<br />

forme di neoplasia riscontrate in Lavoratori che per anni sono stati alle dipendenze<br />

UCAR, sulle quali sta indagando la Magistratura; nel visionare i risultati delle indagini<br />

ambientali effettuate, ed i luoghi nei quali sono stati prelevati i campioni di terreno su<br />

cui si sono sviluppate le analisi, hanno potuto constatare che uno dei siti più delicati (la<br />

discarica inerti) non è stato oggetto di campionature e/o d’indagine, anzi risulta<br />

stralciato, dallo studio in quanto «fuori dal perimetro dello Stabilimento e localizzato<br />

su terreno di proprietà del Comune di Berzo Demo».<br />

Le Organizzazioni Sindacali, già nell’estate 2001 hanno chiesto con lettera e più<br />

volte sollecitato, un incontro al Dipartimento Ambientale dell’ASL di Vallecamonica. Il<br />

Dirigente Responsabile Dr. Andreaggi insieme ai Tecnici ASL, nell’incontro tenutosi<br />

l’11 gennaio 2002, nel prendere atto delle osservazioni e delle preoccupazioni manifestate,<br />

hanno chiarito che l’unica discarica inerti autorizzata dalla Provincia (a metà degli<br />

anni ‘80), in quella località, risultava essere chiusa e bonificata nell’aprile 1997.<br />

CISL e CGIL, che avevano raccolto alcune testimonianze di Lavoratori dell’UCAR<br />

e di Abitanti di Forno D’Allione, in occasione dell’incontro, hanno segnalato:<br />

La discarica, è nata contestualmente all’inizio dell’attività di produzione di<br />

Elettrodi della Ditta Elettrografite di Forno Allione, nel 1931. Nel 1966 è subentrata la<br />

Union Carbide Italia poi UCAR Carbon Italia, che ha proseguito la produzione di<br />

Elettrodi di Grafite artificiale da utilizzare nella Elettrosiderurgia nei Forni fusori ad<br />

arco voltaico. Ha funzionato ininterrottamente fino alla cessazione dell’attività. Negli<br />

anni ’80 è stata autorizzata (secondo le norme vigenti) per la discarica di inerti,<br />

controllata e quindi bonificata.<br />

133


Il controllo e la bonifica hanno interessato solo la parte “Autorizzata”. Fino<br />

all’avvenuta bonifica, nella zona, sono stati scaricati migliaia di metri cubi di materiale<br />

inerte ed il materiale raccolto nelle operazioni di pulizia (giornaliere) effettuate nello<br />

stabilimento.<br />

Sono stati “letteralmente” riempiti due avvallamenti. Stando ai ricordi degli<br />

abitanti di Forno Allione, le vallate erano profonde oltre 50 metri dall’attuale sommità<br />

della discarica bonificata.<br />

Durante tutti questi anni, un’impresa, addetta al trasporto, effettuava più viaggi<br />

al giorno, con mezzi di trasporto (che vanno dal Motocarro, al Leoncino, ad<br />

Automezzi di piccole dimensioni) carichi dei rifiuti raccolti dall’Impresa di Pulizie<br />

operante nello stabilimento.<br />

É importante ricordare, per il tipo di produzione effettuata nello Stabilimento, le<br />

Materie Prime utilizzate e gli altri Materiali necessari per il ciclo di lavorazione.<br />

Le materie Prime: Coke di Petrolio – Pece – Olii Minerali.<br />

I Materiali utilizzati per la coibentazione (isolamento) degli elettrodi durante i processi<br />

di cottura e di Grafitazione per evitarne l’Ossidazione: Graniglie e Polveri di Coke<br />

Metallurgico – Sabbia Quarzosa e successivamente Lolla di Riso (dai primi anni ’70).<br />

Per sigillare i forni di Cottura e di Grafiazione:Terra refrattaria – Cemento e<br />

Amianto in polvere.<br />

Il combustibile per i forni di cottura: Gas prodotto con la distillazione del Carbone<br />

Fossile e successivamente Olio Pesante - Nafta (fine anni ’60). Il fumo derivante dalla<br />

combustione e dalla distillazione della pece contenuta nell’impasto, veniva convogliato<br />

in una ciminiera e disperso nell’aria.<br />

Impregnazione una notevole quantità di prodotto, dopo il processo di cottura<br />

veniva trattato con pece liquida (impregnato) in autoclave.<br />

Corrente Elettrica per il riscaldamento dei forni di Grafitazione. Per effetto delle alte<br />

temperature raggiunte nella curva di grafitazione (anche 2.500°C), la pece contenuta<br />

subiva un processo di distillazione, i fumi erano direttamente dispersi nell’aria.<br />

Considerando le Grandi quantità di Grafite Artificiale prodotta (si è arrivati anche<br />

a 25.000t./anno), dalla nascita dello Stabilimento nel 1931, sono state movimentate<br />

134


migliaia di tonnellate di queste materie prime e materiali. I rifiuti prodotti in oltre 60<br />

anni d’attività, sono da considerarsi nell’ordine delle tonnellate o migliaia di mc. Dove<br />

sono andati a finire? Con quali conseguenze per l’ambiente, le falde acquifere e la<br />

salute degli abitanti della zona?<br />

É vero che la pericolosità di certe sostanze, soprattutto, la cancerogenità dei fumi<br />

vapori e polveri contenenti gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (I.P.A.) risale ad una<br />

sentenza del 1988, ma la conoscenza della Silicosi o dell’Asbestosi risale ad una legge del<br />

1943 la n°455 e sono state inserite nel Testo Unico degli Infortuni con D.P.R. n°1124 del<br />

30.6.1965, pubblicate sulla G.U. n° 257 del 13.10.1965 con decorrenza 1.7.1965.<br />

Le Organizzazioni Sindacali insieme al Consiglio di Fabbrica costituitosi nel 1970,<br />

già nel 1971 hanno aperto con la Direzione dello Stabilimento una “Vertenza” per<br />

ottenere la possibilità di incaricare la Clinica del Lavoro dell’Università di Milano ad<br />

effettuare un’indagine ambientale per la stesura della mappa dei rischi e la redazione<br />

del Registro dei dati Biostatistici, per far adottare all’azienda, impianti e metodi di<br />

lavoro idonei per una maggiore tutela e controllo della salute e della integrità fisica dei<br />

Lavoratori. La vertenza è costata ai Lavoratori, complessivamente, 30 giorni di<br />

sciopero, ciò per piegare l’indisponibilità dell’Azienda a riconoscere il Consiglio di<br />

Fabbrica e ad effettuare l’indagine ambientale tramite la Clinica del Lavoro.<br />

Queste ed altre considerazioni sono state sollevate nell’incontro, al termine del<br />

quale, si è deciso di coinvolgere l’A.R.P.A., la Provincia di Brescia, i Comuni di Berzo<br />

Demo e di Malonno, per decidere insieme cosa fare.<br />

Nell’incontro, tenutosi a Brescia il 13 maggio 2002, convocato dall’Assessore<br />

Provinciale Cossu, nel quale le OO.SS. hanno ulteriormente manifestato la preoccupazione<br />

sulla mancanza d’indagini su gran parte della discarica UCAR, si è concordemente<br />

deciso di procedere ad un sopralluogo per una verifica sul campo delle<br />

dimensioni del problema. Sopralluogo avvenuto il <strong>27</strong> maggio dello stesso anno,<br />

nell’occasione, oltre a visionare i siti da indagare si è deciso di costituire un Gruppo di<br />

Lavoro che, a breve, doveva stendere un programma d’interventi e di rilievi per capire<br />

cosa è stato sepolto sotto la terra piantumata e verdeggiante che, ora, appare ad un<br />

visitatore superficiale. La verifica necessitava per valutare se esistono pericoli d’inquinamento<br />

per le falde acquifere o per il territorio circostante e, nel qual caso<br />

adottare tutte le moderne tecnologie e conoscenze per una certa e definitiva bonifica<br />

di tutta l’area interessata.<br />

135


Il 28 Aprile 2003, CISL e CGIL Vallecamonica Sebino, dopo numerose telefonate<br />

di sollecito, in una lettera indirizzata a tutti i soggetti Pubblici precedentemente<br />

coinvolti scrivono: “CISL e CGIL sottolineano gli enormi ritardi che si vanno<br />

accumulando nonostante gli impegni assunti nell’incontro del 13 maggio 2002, con<br />

l’Assessore Provinciale nel quale, Provincia, Comuni, ASL, ARPA ed Organizzazioni<br />

Sindacali di costituire un gruppo di lavoro per la definizione di un programma<br />

d’interventi e di rilievi da effettuarsi sul sito della discarica ex UCAR Carbon Italia.<br />

CISL e CGIL informate degli «interventi di monitoraggio sui piezometri», condizione<br />

preliminare per registrare eventuali evoluzioni nel tempo dello stato della falda<br />

superficiale, da parte dei Tecnici dell’ARPA, in attesa dei risultati delle analisi<br />

effettuate sui campioni d’acqua prelevati, per conoscere eventuali possibili danni<br />

all’ambiente che si fossero determinati con passare degli anni, ritengono necessario<br />

riprendere velocemente l’iniziativa, per fugare ogni legittimo sospetto in merito alla<br />

pericolosità di un sito (la discarica inerti) che non è stato oggetto di campionature o<br />

indagini in occasione di quelle a suo tempo effettuate per la Bonifica dell’area ex<br />

UCAR, in quanto «fuori dal perimetro dello stabilimento e localizzato su terreni di<br />

proprietà del Comune di Berzo Demo».<br />

CISL e CGIL individuano nell’immediata costituzione del gruppo di lavoro di cui<br />

all’accordo in sede di Assessorato provinciale e nella messa a disposizione dei fondi<br />

necessari per realizzare prelievi di inerti nella discarica e successiva analisi dei<br />

campioni, i passi urgenti irrinunciabili da compiere per completare un cammino da<br />

troppo tempo avviato e per dare finalmente risposte chiare agli abitanti ed ai lavoratori<br />

dell’area di Forno Allione.<br />

L’ ARPA di Darfo Boario Terme, in data 1 Ottobre 2003, trasmette nota riferita ad<br />

una specifica analisi effettuata dalla stessa sulla documentazione messa a disposizione<br />

dai vari Enti, riguardante la discarica UCAR. Nelle conclusioni, l’Azienda Regionale<br />

per la Protezione dell’Ambiente sottolinea «...l’importanza di una corretta disamina<br />

dell’idrologia locale... accompagnata da esami caratterizzanti possibili contaminanti in<br />

punti specifici...» e, quindi, «... prospetta agli Enti territoriali... la definizione e la<br />

realizzazione... di piezometri di controllo atti a coprire tutto l’arco possibile di<br />

migrazione dell’inquinante», sollecita gli Enti a «concertare le azioni immediate e<br />

quelle eventuali più a lungo termine” e suggerisce al Comune di Berzo Demo “la<br />

sollecita convocazione di un incontro tra tutti i soggetti coinvolti». L’incontro viene<br />

convocato per l’11 Novembre 2003; le OO.SS. si presentano a tale incontro<br />

dichiarando che dopo aver letta attentamente la nota dell’ARPA non sono affatto<br />

136


tranquillizzate anzi, le preoccupazioni iniziali si sono rafforzate. Gli impegni scaturiti<br />

in questo incontro riguardano la necessità di avviare:<br />

uno Studio Storico dell’Azienda, delle Materie prime Utilizzate, della Discarica<br />

uno Studio Idrogeologico in funzione della sorgente possibile inquinante.<br />

Appena venuti a conoscenza che il Comune di Berzo Demo ha incaricato la Ditta<br />

Graftech (S.p.A) già Ucar Carbon S.p.A. di effettuare rilevamenti e ricerche sulla<br />

Discarica, CISL e CGIL inviano una lettera al Comune ed all’ARPA per sollecitare il<br />

coinvolgimento delle Organizzazioni Sindacali ed il rispetto delle vigenti norme in<br />

materia per l’effettuazione delle ricerche (4 dicembre 2003) nessuna risposta! Il 29<br />

gennaio 2004 con lettera all’Assessore all’Ecologia della Provincia di Brescia, all’AR-<br />

PA Lombardia e Vallecamonica, all’ASL Vallecamonica Sebino si chiede la convocazione<br />

di un incontro urgente. Risponde l’ARPA di Vallecamonica comunicandoci che<br />

l’Amministrazione Comunale di Berzo Demo ha fissato la Conferenza dei Servizi<br />

tenuta il 21 gennaio 2004 nel corso della quale «...veniva impostata la procedura<br />

necessaria ad una corretta gestione dell’iter amministrativo, tecnico e di controllo cui<br />

risulteranno soggetti gli interventi sulla ex discarica ...».<br />

Com’è possibile notare, il metodo di ignorare le Organizzazioni Sindacali persiste!<br />

Che ci sia veramente la volontà di nascondere qualche cosa?<br />

CISL e CGIL di Vallecamonica non demordono ! I primi giorni di Marzo del c.a.<br />

una nuova lettera viene trasmessa all’Assessore Ecologia ed Energia Provincia di<br />

Brescia Dr. Enzo Cossu all’ARPA Lombardia Dip. di Brescia, alla Direzione Ufficio<br />

Rifiuti dell’Assessorato Ecologia ed Energia, al Sindaco del Comune di Berzo Demo,<br />

all’ARPA Regionale Lombardia, al Dipartimento Prevenzione ASL di Vallecamonica<br />

Sebino, che riportiamo integralmente:<br />

«A seguito della Nostra richiesta all’Assessore Provinciale (lettera del 29 gennaio<br />

u.s.), apprendiamo che l’Amministrazione Comunale di Berzo Demo, sollecitata<br />

dell’ARPA Dipartimento di Brescia Sez. Territoriale di Darfo Boario Terme, ha<br />

convocato la Conferenza dei Servizi tra gli Enti (già effettuata in data 21 gennaio u.s.);<br />

apprendiamo altresì che in detta conferenza è stata “impostata la procedura necessaria<br />

ad una corretta gestione dell’iter amministrativo, tecnico e di controllo cui<br />

risulteranno soggetti gli interventi sulla ex discarica in questione».<br />

Con la Presente siamo a ChiederVi:<br />

com’è possibile organizzare una conferenza dei servizi, senza avvisare ed<br />

invitare le Organizzazioni Sindacali con le quali Vi eravaTe impegnati, in più occasio-<br />

137


ni, a concordare i passi necessari all’apertura ed alla prosecuzione dell’indagine<br />

conoscitiva ?<br />

e non ci fossimo premurati di sollecitare l’Assessore e gli altri Enti in indirizzo<br />

con la lettera di cui sopra, a voler convocare una riunione per fare il punto sulla<br />

situazione, sicuramente alla data odierna non avremmo nemmeno saputo dell’avvenuta<br />

riunione della conferenza dei servizi.<br />

come intendeTe proseguire nell’indagine ambientale che necessariamente dovrà<br />

essere portata a termine? quali interventi di carattere tecnico riteneTe necessari ai fini di<br />

un’indagine approfondita? su quali siti e con quali metodi intendeTe intervenire?<br />

Le scriventi CISL e CGIL Vallecamonica Sebino, in attesa di una sollecita<br />

convocazione, sono a disposizione per eventuali chiarimenti.<br />

La speranza è l’ultima a morire, ma a questo punto se le cose vanno ancora come<br />

sono state impostate non resta che una Pubblica denuncia di tutti gli Enti interessati alla<br />

soluzione del problema. Il Sindacato non può rendersi complice di questo tentativo che<br />

assomiglia molto ad un occultamento di responsabilità, passate... e presenti.<br />

(Memoria a cura di Luigi Mastaglia, aggiornata al 22 <strong>marzo</strong> 2004)<br />

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BIBLIOGRAFIA<br />

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Università popolare Valcamonica-Sebino, 1988.<br />

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politica, 2001.<br />

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Giancarlo Zinoni, Valcamonica 1954, ricostruzione e politica dei comunisti, Luigi<br />

Micheletti, 1982.<br />

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LA COLLANA “IL TEMPO E LA MEMORIA”<br />

1. PIETRO BRESCIANINI, Partigiano per istinto, comunista per scelta, 1996.<br />

2. IGNAZIO TECCHI, Io sottoscritto Tecchi Ignazio..., 1996.<br />

3. ERNESTO MARTINI, Una vita operaia, 1997.<br />

4. LODOVICO FACCHINI, Vico dei Pède o dei Fenòi, 1997.<br />

5. TEOFILO BERTOLI, Forno Allione e dintorni, 1998.<br />

6. GIOVANNI BRASI, “Montagna” (biografia), 1999.<br />

7. GIANNI GUAINI, La mia guerra partigiana, 1999.<br />

8. DON CARLO COMENSOLI, Diario, 2000.<br />

9. MARGHERITA MORANDINI, Nome di battaglia “Luce”, 2000.<br />

10.TULLIO CLEMENTI, Una vita a ramengo, 2001.<br />

11.MARIA TAGLI, Vittoria Tedeschi, Carla Masnovi, Donne, 2001.<br />

12.SERGIO COTTI PICCINELLI (a cura di), Fausto Spagnoli, una morte senza verità, 2001.<br />

13.CARLO BRANCHI, Nicaragua: viaggio dentro un popolo, 2002.<br />

14.GIANCARLO MACULOTTI, Case di Viso: cronaca di una strage annunciata<br />

(prima edizione), 2003.<br />

15.AA.VV., Aldo Caprani (1899 - 1947). Dagli ideali risorgimentali all’Assemblea<br />

costituente, 2004.<br />

16.GIANCARLO MACULOTTI, Case di Viso: cronaca di una strage annunciata<br />

(seconda edizione), 2004.<br />

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LE PUBBLICAZIONI EDITE, CURATE E/O DIFFUSE DAL CIRCOLO CUL-<br />

TURALE GHISLANDI<br />

GUGLIELMO GHISLANDI, Socialismo e ricostruzione: scritti e discorsi 1943-1956, 1957.<br />

GIANCARLO ZINONI, Valcamonica 1954: ricostruzione e politica dei comunisti, 1982.<br />

DUILIO FAUSTINELLI, La "Cattastrofe" Diario di guerra di un pastore camuno, 1982.<br />

MIMMO FRANZINELLI, Democrazia e socialismo in Valcamonica: la vita e l'opera di<br />

Guglielmo Ghislandi, 1985.<br />

CIRCOLO GHISLANDI, Proposta di analisi e di intervento sulle tematiche culturali in<br />

Valcamonica, 198?.<br />

CIRCOLO GHISLANDI, Prima conferenza di Valle sulle tematiche culturali - Atti, 198?.<br />

G.FRANCO COMELLA, Zaccaria da Valcamonica, zoccolante reformato, 1986.<br />

ROBERTO A. LORENZI, Archivi della memoria. Storia orale di Montecchio, 1987.<br />

MIMMO FRANZINELLI, Lotte operaie in un centro industriale lombardo, 1987.<br />

GISAV-MCE, Archivio. Materiali per la ricerca sulla industrializzazione in Valcamonica,<br />

1987.<br />

MIMMO FRANZINELLI, La Società Operaia di Mutuo Soccorso "G. Garibaldi" in<br />

Breno, 1986.<br />

GIANCARLO MACULOTTI, I signori del ferro. Attività protoindustriali nella Valcamonica<br />

dell'Ottocento, 1988.<br />

FRANCO BONTEMPI, Economia del ferro. Miniere e fucine in Valcamonica dal XV<br />

al XIX secolo, 1989.<br />

MIMMO FRANZINELLI e GIACOMO CAPPELLINI, Alla Mirabella (Lettere dal carcere di<br />

Giacomo Cappellini), 2003.<br />

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