Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica 79.pdf - Bibliotheca ...

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Falla Ih professione rompe ogni commer*
ciò co'suoi parenti e amici; e se ricortla-
si ancora del mondo, ciò non è che a fine
di pregare per Ini. Non ricevesi cosa al-
cuna nelle troppe, le qnali benché povere,
pnre trovano il modo di fare abbondanti
limosìne.Qiiando l'abbate sa la mor-
te d'alcun parente di qualche religioso, il
raccomanda alle preci della comunità, ma
senza specificarlo, e dicendo in genere che
il padre, la madre o altro congiunto d'u-
no de'monaci è morto. Essi tengono tul-
li gli occhi bassi, e non guardano mai gli
stranieri.solo passando innanzi ad essi fanno
un profondo inchino. Osservano tra loro
un silenzio continuo, e non si comunicano
che per segni i loro pensieri: non
parlano che a'superiori, e non ponno in-
lertenersi cogli stranieri che alla loro pre-
senza. Quegli che apre loro la porla, pro-
strasi dinanzi ad essi, e poscia li conduce
in una cappella vicina alla chiesa, affinchè
rifacciano la loro preghiera. Dipoi li conduce
al parlatorio, ove dopo avere loro
fatto una breve lettura di pietà, raccomanda
il silenzio e li prega d'avvertire
che non dicano o facciano cosa che pos-
sa disturbare la comunità. Gli ospitalie-
ri non parlano che quando la necessità
Io esige. Siccome l'umiltà è una di quel-
le virtù che più si ammirano ne'trappisti
dagli stranieri, all'udire di quelli che han-
no il permesso di parlare, altro non sono
che peccatoi i, e nulla dicono mai che tor-
nar possa a gloria della loro casa. La vita
de'trappistinon èche un continuo me-
ditare, un lavorare, un pregare, un tace-
re. Entrali nelle trappe, tutte le relazio-
ni, lutti i legami si spezzano; tutte le lusinghe,
tutte le illusioni svaniscono. Non
y'ì è che un solo pensiero, la morte! un
desiderio solo, iddio! Quanti che sembravano
posti sulla terra solo per essere segno
all'invidia dell'universale, abbando-
nali gli agi,i fasti, le grandezze,sonosi rin-
chiusi fra «pielle mura, e vestita la ruvi-
da lana della bianca cocolla, cinta a'fian-
chi la stringa d'un nero cuoio, hormo rin-
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venuta quella felicità che invano altrove
cercarono. L'abito de'trappisli è tutto di
lana, e situile a quello de'cisterciensi del-
la stretta osservanza. Perciò consiste in
una cocolla bianca, legata con una cintu-
ra di pelle nera, con maniche larghe, ed
un cappuccio simile a quello de'foglian-
ti o bernardoni; i conversi l'hanno di co-
lor tanè, ed i novizi invece di essa portano
una cappa senza maniche. Il p. Bonan-
ni nel Catalogo degli ordì ni religiosi, de-
dicato aClemente Xl, nel 1.
1 , p. i 35 e i 36,
riporta le figure del monaco cisterciense
del monastero della Trappa in cocolla e
coperto di cappuccio, e del medesimo spo-
glialo della cocolla, in atto di vangare la
teira. Egli dice, che si depone la cocolla
da'monaci trappisti, ogni qual volta devono
impiegarsi in occupazioni servili e
faticose; poiché lutti sono obbligati ogni
giorno, eccettuate le feste, a lavorare per
alcune ore assegnate, o nella coltura del-
l'orto o ne' ministeri vili della cucina, o
nel lavare le vesti, o in qualunque altra
occupazione necessaria al mantenimento
loro. Mentre sono occupali in esse, por-
tano sopra la camicia di lana un'altra to-
naca bianca, sopra cui è uno scapolare ne-
ro poco più lungo de'fianchi, cinto attor-
no a'medesimi; a questo è unito un pic-
colo cappuccio alquanto aguzzo, con cui
coprono il capo, e quandocolti vano la ter-
ra, invece di scarpe adoprano certe pianelle,
che i francesi chiamano snbot. Men-
tre si trattengono in queste opere servili e
laboriose, se odono il suono della campa-
na, lutti si prostrano inginocchioni, e reci-
tanoalcune preci assegniate dal superiore.
A 'nostri giorni ilCapparoni nella lìaccoltadegli
ordini religiosi, v\\)voi\iisse la fi-
gura del trappista in cocolla, con quanto
dell'origine de'trappisli e costumanze di
essi avea scritto il p. lìonanni. Nel t. 20, n.'
27 i\e\Wdlhnni di Honia si vede l'imuiagine
d'un trappista in cocolla e colla te-
sta tutta tosata, in allodi meditare, aven-
te in mano e a'iali gli attrezzi rurali, con
articolo di Luigi Curion, celebrante qua
IO