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Leggi - I Cistercensi

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seguenza, erano quelli che maggiormente necessitavano di poter disporre<br />

di tutto quanto occorreva sia per il sostentamento come per l'attività<br />

manuale delle officine e dei campi ». Tuttavia non si può fare a meno<br />

di ammettere la validità di un giudizio dell'autore (che per la verità<br />

concerne solo i monasteri della Sarthe ma che purtroppo deve riferirsi<br />

ad un gran numero di casi): «Da questi dati è doveroso arguire che gli<br />

ordini religiosi erano ricchi fin troppo in relazione alle loro necessità<br />

comunitarie e per il bene che avrebbero dovuto fare, ma che non facevano.<br />

Ciò vale soprattutto quando si consideri che una tale dovizia di<br />

beni, quale era quella dei Benedettini e dei Certosini, faceva bella<br />

mostra di sé in una medesima regione, perché in questo caso suona come<br />

una scandalosa smentita alla loro decantata professione di povertà<br />

per trasformarsi in un autentico accapparramento dei terreni ». (Charles<br />

Girault in «Les Biens d'Eglise dans la Sarthe », p. 358).<br />

Se il patrimonio fondiario delle case cistercensi della Sarthe era di<br />

minore consistenza di quello dei Benedettini e dei Certosini, non era<br />

tuttavia trascurabile; basti dire che le dieci abbazie dei <strong>Cistercensi</strong> situate<br />

in questa regione possedevano più di 5000 ettari. I cosiddetti «Quaderni<br />

delle Lamentele» (« Cahiers de Doléances ») esibiti agli Stati Generali<br />

ce ne riferiscono ampiamente. Da notare che in genere non si<br />

faceva rimprovero al Clero Regolare, anzi al Clero in sé stesso, di essere<br />

troppo ricco, ma piuttosto di fare un cattivo uso della ricchezza. La maggior<br />

parte di questi «Cahiers» propugnava una più equa ripartizione<br />

delle rendite monastiche, unitamente ad una riduzione del numero dei<br />

monasteri. In sostanza in un considerevole numero dei «Quaderni» si<br />

fa questo rilievo: «Una quota dei loro immensi beni dovrebbe essere<br />

destina ta a sollievo dei poveri ». In altri termini non si reclama va la<br />

soppressione degli ordini religiosi ma piuttosto delle radicali riforme.<br />

Al vertice dell' Amministrazione Finanziaria, la situazione del Paese<br />

era quanto mai precaria. Si pensi che nel 1789 la Francia soffriva d'una<br />

duplice crisi: finanziaria e monetaria. Il debito nazionale salì a 170 milioni<br />

di franchi in un primo tempo; poco dopo il Ministro delle Finanze<br />

lo valuterà in 294 milioni. Lo sciupìo di denaro non conosceva sosta. I<br />

prestiti nazionali lanciati da Necker rimasero in gran parte scoperti; imposte<br />

e tasse non davano il gettito sperato; il danaro si rarefaceva sempre<br />

più, mentre il Trattato commerciale franco-inglese del 1786 provocava<br />

una consistente emorragìa di valuta aurea.<br />

Occorreva urgentemente una moneta rivalutata, ma su quale base<br />

garantirla? Fino dal 19 settembre del 1789 il deputato Gouy d'Arcy<br />

aveva proposto la creazione di una carta-moneta garantita dalla massa

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