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VARRoNE E MARzIANo CAPELLA<br />

rum) equivalente a quello che Varrone attribuirà a litteratio, questa sì neoformazione varroniana<br />

corrispondente al greco γραμματιστική; litteratio però non entrerà neppure nell’uso<br />

colto, e proprio a questo fatto sembra alludere la concessiva di Marziano quamuis infantem<br />

me Litterationem uoluerit (scil. Romulus) nuncupare (III 229).<br />

Come in apertura di ogni ars grammatica, Marziano pone in evidenza le corrispondenze<br />

lessicali tra il greco e il latino: ma subito fa emergere quelle relazioni che delineano anche,<br />

sia in Grecia che a Roma, l’evoluzione storica e, insieme, il percorso didattico della disciplina:<br />

a una prima fase in cui Grammatica ha come oggetto grammata o litterae (Grammatistice<br />

/ Litteratio; grammatodidascalos / litterator), subentra una fase in cui la disciplina si<br />

occupa della cultura tutta (Grammatice / Litteratura; litteratus). Delineato così lo sviluppo<br />

storico e la gradualità didattica di questa disciplina, si definiscono anche i due distinti compiti<br />

di Grammatica, corrispondenti ai due successivi periodi: dapprima docte scribere legereque,<br />

poi anche erudite intellegere probareque; così le funzioni di Grammatica sono uguali<br />

a quelle dei philosophi e dei critici 38 . Il percorso diacronico è il filo espositivo di Marziano,<br />

rivelato anche dalle serie di avverbi temporali contrapposti che scandiscono l’inizio dell’intervento<br />

di Grammatica: primitus… tunc... nunc (III 229); tunc... nunc etiam (III 230).<br />

Marziano dunque organizza e ricolloca nella loro diacronia logica materiali varroniani,<br />

diffusi ormai nella tradizione grammaticale, per definire identità, profilo storico, percorso<br />

didattico della Grammatica; e può attribuire, metonimicamente, alcuni elementi a Romulus<br />

proprio perché si tratta di tessere varroniane note, riconoscibili, e tanto più nell’incipit di un<br />

trattato: non necessitano quindi di un’attribuzione esplicita. Non è dunque necessario presupporre,<br />

neppure per questo passo, l’accesso diretto a un’opera varroniana.<br />

Rimane un’unica incertezza: litteratio. Il termine è esplicitamente attribuito a Varrone<br />

solo da Agostino 39 , da cui dipende la citazione di Isidoro; Agostino lo usa per delineare<br />

l’evoluzione della grammatica dall’origine (litteratio) alla litteratura, cui compete tutto ciò<br />

che è tramandato attraverso la scrittura: Agostino dichiara di non ricordare l’equivalente<br />

greco, (grammatistice); l’esposizione agostiniana adombra un modello grammaticale 40 non<br />

38 Officium meum tunc fuerat docte scribere legereque; nunc etiam illud accessit ut meum sit erudite<br />

intellegere probareque, quae duo mihi cum philosophis criticisque uidentur esse communia. III<br />

230). I compiti della grammatica erano già prefigurati negli strumenti esibiti all’ingresso: dallo scalprum,<br />

il metaforico bisturi per correggere all’inizio i difetti di pronuncia più grossolani, al multo oliuo<br />

(III 224), per mantenere acceso, alla fine, il lume ambivalente della elucubrazione testuale: gli strumenti,<br />

la funzione, il fine non rinviano a una grammatica scolastica tradizionale, ma, nella cornice filologica<br />

del De nuptiis, a uno strumento superiore di cultura e di conoscenza. Per le testimonianze della<br />

tradizione grammaticale sugli officia della Grammatica cf. n. 36.<br />

39 Cf. n. 33.<br />

40 Litteratio è l’unico termine per il quale non si individua una fonte, ma si intravede soltanto la<br />

tradizione grammaticale: per questo non si può escludere, almeno come ipotesi, la derivazione diretta,<br />

per quanto improbabile, da Varrone. Pizzani 1979, 405, pensa a una fonte comune ad Agostino e a Mar-<br />

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