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VARRoNE E MARzIANo CAPELLA<br />

Sono esattamente le stesse considerazioni fatte dalla Dialettica marzianea sul proprio nome.<br />

L’interlocutore del dialogo ciceroniano cercherà quindi di usare lessico latino, con la sola eccezione<br />

di termini come quelli che indicano la denominazione delle discipline, termini greci<br />

ormai accolti nella lingua latina. Così chiama qualitates quelle che i Greci chiamano ποιότητες<br />

e aggiunge: quod ipsum apud Graecos non est uulgi uerbum sed philosophorum, atque id<br />

in multis; dialecticorum uero uerba nulla sunt publica: suis utuntur. È dunque sottolineata la<br />

particolare peculiarità del lessico della dialettica, come nel preambolo di Marziano. A tale proposito,<br />

Attico riconosce all’amico gli stessi meriti (Tu uero… bene etiam meriturus mihi uideris<br />

de tuis ciuibus si eos non modo copia rerum auxeris, ut effecisti, sed etiam uerborum) che<br />

Dialettica riconosce a Varrone nel De nuptiis. Attico infine conclude: Audebimus nouis uerbis<br />

uti te auctore, e l’auctor ciceroniano è proprio M. Terenzio Varrone. Le affinità tra i due elogi<br />

di Varrone non sono solo concettuali: l’espressione di Marziano post Platonis aureum flumen<br />

atque Aristotelicam facultatem (IV 335) trova il suo archetipo in flumen orationis aureum fundens<br />

Aristoteles (ac. II 119), e potrebbe riflettere un pensiero precedentemente esposto da Varrone:<br />

accademici e peripatetici sono «concordi nella dottrina, discordi nelle parole» 21 . Il richiamo<br />

di Marziano a Platone e ad Aristotele non è dunque formale, ma serve a collocare l’innovazione<br />

varroniana nella tradizione filosofica. Naturalmente troppo numerosi sono i punti di<br />

contatto tra i due testi, per poterli attribuire alla casualità.<br />

Anche questo passo, rilevante in apertura del trattato retorico, conferma che Marziano<br />

trae le notizie su Varrone da fonti indirette e che quindi, con ogni probabilità 22 , non ha<br />

davanti a sé l’opera del Reatino, ma gli Academici libri ciceroniani. Proprio questo dialogo<br />

spiega anche l’origine di tutta la scena iniziale in cui l’ars, greca sotto ogni aspetto, è in<br />

grado, inopinatamente, di esprimersi in latino.<br />

Una conferma della presenza degli Academica ciceroniani nel De nuptiis è data da due<br />

citazioni nel V libro. Nella prima (… qui poiotetas ‘qualitates’ esse dixerunt, quod nomen<br />

numquam fuerat in latinis V 510) Marziano riporta dunque, come esempio di neologismo,<br />

proprio il caso riferito da Varrone nel dialogo ciceroniano sopra ricordato (ac. I 25). La<br />

21 Platonis autem auctoritate, qui uarius et multiplex et copiosus fuit, una et consentiens duobus<br />

uocabulis philosophiae forma instituta est Academicorum et Peripateticorum, qui rebus congruentes<br />

nominibus differebant (ac. I 17). Marziano usa la seconda redazione degli Academica (cf. n. 23), non<br />

conservata per questa parte; inoltre l’attributo Aristotelicus non è ciceroniano: ne consegue che la pericope<br />

post... facultatem è risultato di imitatio marzianea.<br />

22 In teoria sarebbe possibile, ma pare una possibilità più teorica che probabile, che Marziano attingesse<br />

da Cicerone le notizie su Varrone e poi usasse anche l’opera di Varrone stesso. Eyssenhardt<br />

sospettava dunque a ragione che questa citazione fosse di seconda mano («sed veri similius puto apud<br />

posteriorem aliquem scriptorem Martianum illam Varronis laudationem invenisse eumque in suum<br />

usum convertisse», p. LII). Ritschl 1877, 356, riteneva invece che, sia pure in forma criptica, Marziano<br />

indicasse Varrone come fonte per la Dialettica.<br />

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