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VARRoNE E MARzIANo CAPELLA<br />

esprimerebbe l’idea del manuale varroniano 8 . Per un rapporto più stretto con le Disciplinae<br />

varroniane si era pro nunciato anche Simon 9 ; ma I. Hadot 10 , nel quadro di un’ampio studio<br />

su origine e sviluppo del sistema delle arti liberali, riesamina il problema dei Disciplinarum<br />

libri varroniani e giunge a conclusioni antitetiche rispetto a quelle di Ritschl e rileva il<br />

rischio, per Marziano, di un circolo vizioso metodologico: valutare cioè il piano delle discipline<br />

di Marziano con quello di Varrone, a sua volta ricostruito su quello di Marziano. Troppo<br />

spesso però la studiosa, in particolare nella ‘confutazione’ delle tesi di Ritschl, si rifugia<br />

nella constatazione che poche sono le certezze sulle Disciplinae di Varrone e contemporaneamente<br />

non rileva i gravi limiti della lettura del De nuptiis proposta da Ritschl, che così<br />

risulterà avvallata ancora una volta. Pizzani ritiene «con quasi assoluta certezza» che Marziano<br />

conoscesse il testo delle Disciplinae varroniane, ma aggiunge ora che «il materiale varroniano<br />

confluito nella sua satira rischia comunque di essere assai meno consistente di quanto<br />

i frequenti ed espliciti richiami al Reatino presenti nell’opera farebbero pensare» 11 .<br />

In questa situazione, di un autore ‘varroniano’ conclamato come Marziano Capella rimane<br />

incerto proprio il suo debito verso Varrone stesso. Per cercare di definire questo debito e valutarne<br />

l’estensione, per individuare la prospettiva con cui Marziano guarda a Varrone, per chiarire<br />

infine la funzione degli apporti varroniani nel De nuptiis non rimane che un esame sistematico,<br />

ovvio ma non privo di sorprese, dei passi in cui il Reatino viene nominato esplicitamente<br />

o in modo tale da poter essere individuato con sicurezza; il numero delle occorrenze è<br />

contenuto e non si danno casi in cui il riferimento sia stato revocato in dubbio e solo discusso.<br />

Il nome di Varrone ricorre due volte nel VI libro (Geometria) come fonte della misura di<br />

distanze geografiche; in entrambi i casi si tratta di citazioni circoscritte e puntuali. Dopo<br />

avere descritto le regioni e le popolazioni italiche, Marziano indica alcune misure relative<br />

alla lunghezza e alla larghezza dell’Italia e riporta le distanze della sua costa dalle regioni<br />

circumvicine (VI 639):<br />

a solo igitur Italico Liburnia Istriaque discretae sunt centenis milibus passuum, quod ab<br />

Epiro et Illyrico quinquaginta, ab Africa intra ducenta milia, ut Varro commemorat, ab<br />

Sardinia centum uiginti, a Sicilia mille quingentis, a Corcyra minus octoginta milia, ab<br />

Issa quinquaginta 12 .<br />

8 Più recentemente, Boccuto 1985, vorrebbe escludere la presenza delle Disciplinae varroniane<br />

proprio dalla sezione astronomica del De nuptiis; fonda però le sue considerazioni sui loci paralleli<br />

della mantissa dell’ed. Dick, considerati a tutti gli effetti «fonti» (p. 137 e 138) di Marziano.<br />

9 Simon 1966.<br />

10 Hadot 1984, 156-190.<br />

11 Rispettivamente in Pizzani 1987, 697 e in Pizzani 1998, 315.<br />

12 È questo il testo tràdito e recepito da Willis 1983. Dick 1978, preferiva invece Istriaue a Istriaque,<br />

attestato da quasi tutti i codd.; espungeva inutilmente quod (di tutti i codd.), sulla scorta di Plin. nat.<br />

III 45; accoglieva due emendazioni di Petersen 1870, 19: la prima milibus quingentis per il tràdito mille<br />

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