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TRAPPOLE E MISTERI DI unA TRADuzIOnE<br />

(sillaba) lunga e da una breve in tesi e da una lunga in arsi. Per R. è invece costituito «da una<br />

tesi lunga e breve e da un’arsi breve»: una interpretazione priva di senso, con la negligente<br />

inversione della misura dell’arsi. E il peone diagyios successivamente fu chiamato cretico<br />

(hunc διάγυιον posteriores creticum cognominarunt, IX 990): per R.: «Gli autori più tardi<br />

lo chiamarono cretico diagyios».<br />

Davanti a un lavoro tanto sciatto, davanti a tante interpretazioni improponibili, il lettore<br />

non può che rinunciare: rinuncia a discutere passi, scelte testuali, interpretazioni che pure<br />

meriterebbero di essere approfondite; rinuncia a riflettere se la scelta di commentare M. con<br />

il medievale Remigio d’Auxerre sia di qualche utilità per il testo di M.; rinuncia a segnalare<br />

i molti errori di stampa, anche nel testo latino, e le pericopi non tradotte; rinuncia infine a<br />

individuare gli apporti di R., preso dalla sensazione di aver già letto tutto o nelle mantisse<br />

dei passi paralleli (per R. sempre «apparato delle fonti») o nelle opere di carattere generale<br />

sull’antichità. Insomma un’occasione mancata.<br />

Forse, pensa il lettore, un po’ di diligenza poteva aiutare, e anche la bibliografia disponibile<br />

poteva fornire un supporto discreto. Ma il mistero si svela quando capita in un’appendice<br />

dove la studiosa disquisisce di manoscritti ed edizioni di Marziano, e di Giovanni Scoto<br />

Eriugena e di Remigio d’Auxerre, commentatori medievali del De nuptiis: cose dotte, filologia<br />

severa. Per M. così conclude: «Le edizioni di James Willis per i tipi della Teubner, integrale,<br />

e di Jean Préaux per la Collection Budé, comprensiva soltanto dei primi due libri, sembrano<br />

le migliori che abbiamo oggi a disposizione» (p. 1089). Il compianto Préaux aveva<br />

certamente dei progetti editoriali per M., ma purtroppo non poté realizzarli, e nella Collection<br />

Budé non è mai entrata un’edizione di M. 10 ; eppure R. offre al lettore anche un giudizio<br />

di merito. E questo è troppo. È un dettaglio che può essere una ulteriore trappola, ma che<br />

svela anche metodi e disinvolture: quella citazione varroniana errata da cui il lettore è partito<br />

non prometteva proprio nulla di buono, e il futuro degli studi classici appare al lettore un<br />

po’ meno roseo.<br />

nel chiudere il volume si coglie nel risvolto di copertina, ultimo sfregio, l’indicazione<br />

del celebre passo di Marziano sulle orbite di Mercurio e Venere citato da Copernico: ma si<br />

trova nel libro VIII del De nuptiis, non nel VII, come erroneamente riportato a pag. LXIX<br />

dell’introduzione, e da qui, probabilmente, rifluito nel risvolto.<br />

10 Le notizie anticipate da Stahl (Stahl-Johnson-Burge 1971, 79) una trentina d’anni fa meritavano,<br />

forse, un controllo.<br />

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