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- 181 -<br />

TRAPPOLE E MISTERI DI unA TRADuzIOnE<br />

perdidisti, VI 576) sono un rimprovero per M. che non ha riconosciuto Filosofia e Pedia, e<br />

riprendono in iperbole il topos dell’olio della lucerna, olio che M. avrebbe sprecato inutilmente<br />

in quantità tale che avrebbe potuto essere sufficiente alle frizioni ginniche addirittura dello<br />

stesso sposo Mercurio, il dio, fondatore, della palestra (I 5), la cui palaestrica unctio era stata<br />

ricordata a II 100. Ramelli invece così, oscuramente e contradditoriamente, intende: «... tu hai<br />

sprecato per nulla moltissimo olio, e a sazietà, quanto a stento potrebbe cospargere intere palestre,<br />

o almeno la scuola dello sposo stesso»: dunque a essere frizionati sarebbero gli edifici<br />

stessi? Sembrerebbe di sì, a giudicare da quanto specifica, con un filo di supponenza in nota a<br />

p. 909 n. 4: «Ho tradotto... in due modi diversi l’unico termine latino palaestras, poiché, traslitterazione<br />

del greco παλαίστρα, riveste il duplice significato di ‘palestra’ e di ‘scuola’». non<br />

aggiunge, a beneficio del lettore, che gli sta riproponendo l’interpretazione e l’esegesi, errate,<br />

di Stahl (216 e n. 10).<br />

Satura prosegue, sempre in questi primi paragrafi del libro sesto, ricordando a M. che<br />

avrebbe potuto riconoscere Filosofia, nelle precedenti vicende del De nuptiis, in occasione<br />

dell’ambasciata di Filosofia stessa presso Filologia: cum... ad Philologiae concilianda consortia<br />

procum affatum conubialiter allegaret (VI 576); già il Thesaurus (X 2,1593,64) orientava<br />

verso l’interpretazione corretta: Filosofia riferiva e garantiva a Filologia che il pretendente<br />

(procum) si era espresso in termini matrimoniali (affatum conubialiter). La riprova è<br />

nel De nuptiis a II 131, dove l’ambasciata di Filosofia presso Filologia avviene per volere<br />

dello sposo Mercurio (ab ipso transmissa Maiugena, II 131) e proprio per chiederle la mano<br />

(in nuptias corrogandam, II 131). non si potrà quindi intendere «… dal momento che...<br />

Giove, ... per combinare le nozze con Filologia, la (sc. Filosofia n.d.r.) mandò a parlare del<br />

matrimonio con il pretendente...»: nella traduzione gli eventi, e quindi anche l’interpretazione<br />

della relativa allegoria, risultano stravolti: l’iniziativa non è di Giove ma di Mercurio, il<br />

destinatario dell’ambasciata non è Mercurio ma Filologia.<br />

Il rimprovero di Satura così continua: sed quia nunc Arcadicum ac Midinum sapis... (VI<br />

577); per Satura M. sa di somaro e il sudore lo ha rinstupidito (desudatio... aciem... obtudit): R.<br />

invece intende: «Ma poiché ora tu sei saggio quanto un Arcade o Mida...» e spiega (p. 909, n.<br />

5): «L’essere saggi come un Arcade o come Mida è un’espressione perifrastica (e antifrastica!)<br />

che significa essere stupidi; gli Arcadi infatti erano proverbialmente stupidi...»; se così fosse,<br />

come spiegare nel De nuptiis la designazione dello sposo Mercurio, il dio Cillenio, come Arcas<br />

(I 7; I 24 v. 13; VI 705) e Arcadia ratio (V 437)? e, per limitarci a un solo esempio, il virgiliano<br />

Arcades ambo (ecl. 7,4)? In realtà per Marziano il riferimento, ironico, è alle orecchie asinine<br />

di re Mida e agli asini d’Arcadia, celebri nell’antichità, e non agli abitanti, come erroneamente<br />

supponeva Stahl, in Stahl-Johnson-Burge 1977, 217 (acriticamente e tacitamente seguito dalla<br />

Ramelli), che traduceva: «But because now you are wise as an Arcadian or a Midas...» e in nota<br />

osservava «Arcadian ass was a proverbial term for a stupid person», ma tale espressione «proverbiale»<br />

non pare attestata; anzi l’attributo Arcadicus nella letteratura latina è riferito, quasi<br />

sempre, proprio agli asini, celebri, dell’Arcadia; per contro non è mai usato per gli abitanti, per

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