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‘oscurò’, ma ‘rimase abbagliato’ (caligauit), come conferma il gesto spontaneo di ritrarsi (Iuppiter<br />
paulum retrogressus sub immensi nitoris lumine caligauit). Il dipinto su tavola d’ebano<br />
portato da Temi in cui sono rappresentati enigmatici simboli mercuriali (caelatumque ex hebeno<br />
pinacem, II 174) diventa ‘una tavoletta cerata di ebano’, solo assonante al testo di M.<br />
L’enunciato delle clausole (pedes sunt asserendi, quibus clausulae decenter aptentur V 519)<br />
non risulta perspicuo al lettore nell’interpretazione di R.: «occorre trattare dei piedi ai quali le<br />
clausole si adattino con eleganza» , piuttosto che «occorre trattare a quali piedi le clausole si<br />
adattino...». E così, subito dopo (V 520) il monosillabo lungo finale di frase sarà preceduto dal<br />
trocheo e questa conclusione è adatta ‘soltanto’ a una proposizione dal senso sospeso (quae<br />
tantum pendenti sensui apta conclusio): ma ancora una volta l’interpretazione di R. turba senso<br />
e lessico: «la quale è una conclusione adatta a una frase il cui senso rimane sospeso tanto a<br />
lungo». A V 560 traduce i due termini retorici confirmatio e reprehensio con ‘affermazione’ e<br />
‘refutazione’, ma poco prima (V 557) li aveva resi con ‘rafforzamento’ e ‘rampogna’.<br />
Piccoli fraintendimenti sconvolgono talora dati complessivi, disegnando situazioni irreali.<br />
A VI 594 si riferisce che in Arabia una eclisse di luna si è verificata all’ora noctis secunda.<br />
mentre in Sicilia lo stesso fenomeno sarebbe stato visto in exortus primi splendore cioè,<br />
secondo R., ‘allo splendore della prima alba’; una eclissi di luna si può verificare solo con<br />
la luna in opposizione, a 180° dal sole, cioè con la luna piena: se si verificasse al primo sorgere<br />
del sole (ma exortus non è ‘alba’) significa che la luna è appena tramontata e quindi non<br />
visibile; dice invece M. che l’eclissi si è verificata al primo sorgere della luna piena (splendore),<br />
cioè subito dopo il tramonto del sole, che non può che essere a 180°; e d’altra parte<br />
l’espressione in primi exortus splendore corrisponde a exoriens (scil. luna) di Plinio, nat. II<br />
180, fonte di questa notizia.<br />
Se poi a una misurazione geografica di Agrippa M. fa seguire questa osservazione quae<br />
opinio Agrippae non exiguum admittit errorem (VI 632) non significherà ‘e questa opinione<br />
di Agrippa non comprende un piccolo errore’, ma al contrario che ‘l’opinione di Agrippa<br />
comporta un errore non piccolo’, che M. infatti spiegherà di seguito.<br />
E ancora, a VI 607 l’affermazione di M. qui autem in media fascea sunt, his cotidie<br />
ortus occasusque mutantur, et supra quos sol est, his citius exoritur tardiusque mersatur<br />
viene così resa nella parte finale: «e per quelli sopra i quali si trova il sole, esso sorge più<br />
velocemente e tramonta più lentamente»; il sole per la verità, per le latitudini che raggiunge<br />
spostandosi verso i tropici, anticipa le levate e posticipa i tramonti, allungando il periodo<br />
di illuminazione e quindi per coloro che lo hanno allo zenith, il sole sorge prima e tramonta<br />
dopo: non è dunque un problema di velocità, ma di indicazioni temporali. Analogamente<br />
a VIII 873, sul medesimo tema, il testo dubium autem non est citius transcurrere breuiorem<br />
sinum tardiusque diffusum, non va inteso «E non c’è dubbio che una curva più breve<br />
si percorra più velocemente, mentre una più espansa, più lentamente», poiché non di velocità<br />
si tratta, ma di tempi di percorrenza: il sole percorre un arco più breve in un tempo<br />
minore e uno più ampio in un tempo maggiore.<br />
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TRAPPOLE E MISTERI DI unA TRADuzIOnE