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TRAPPOLE E MISTERI DI unA TRADuzIOnE<br />

il passo di M. anche l’editore, teubneriano più recente J.Willis (1983), rinviava nella mantissa<br />

a «Varro ling. 6,14»; e anche Dick, il precedente editore teubneriano (1925), nei loci<br />

paralleli rinvia a «Varro, ling. 6,14». La sobria precedente edizione di Eyssenhardt (1866)<br />

non riporta luoghi paralleli e al lettore non rimane che risalire all’edizione pre-lachmanniana<br />

di Kopp 5 : per le etimologie marzianee di VIII 817, anche Kopp, di solito preciso, rinvia<br />

a Varrone, ling. Lat. VI 14, annotando (p. 643): «Varronem fortasse significat, licet in iis<br />

illius libris, qui ad nos pervenerunt, unam tantum harum etymologiarum exstet (de l. L. 6,14;<br />

p. 76) ubi sidera dici vult quae insidant...». Kopp dunque rinvia al misterioso passo del de<br />

lingua Latina di Varrone solo per l’etimologia di sidus, e non per quelle di stella e di astrum,<br />

pure ricordate da M. L’osservazione puntuale di Kopp, commentatore metodico e meticoloso,<br />

non sembra lasciare spazio all’ipotesi della svista. Riflettendo sulla cronologia di quegli<br />

anni, l’attenzione del lettore si sposta nuovamente, curiosa coincidenza, sulla storia del testo<br />

varroniano. Kopp muore nel 1834; il suo commento al De nuptiis esce postumo nel 1836,<br />

curato da C.F.Hermann: ma quelli erano anni fecondi anche per gli studi varroniani: nel 1833<br />

era uscita l’edizione del de lingua Latina di O.K.Mueller e nel 1826 quella di L.Spengel, la<br />

prima edizione moderna. Ma Kopp, studioso di stampo settecentesco e poco attratto dai<br />

metodi della filologia moderna, non usa tali opere: per Varrone si avvale dell’edizione lionese<br />

di Vertranio Mauro (1563), come dichiara esplicitamente a pag. 144 della sua opera. Questa<br />

precisazione è importante, perché, come è noto, è con l’edizione di L.Spengel che si<br />

accerta che il primo dei libri a noi giunti dell’opera varroniana è il quinto e non il quarto,<br />

come si era ritenuto fino ad allora, per la lettura imprecisa di un passo sibillino all’inizio del<br />

quinto libro. La conseguenza è che ciò che per i predecessori di L.Spengel (e fra questi va<br />

collocato Kopp) era VI 14 dopo L.Spengel diventa VII 14 e a VII 14 del de lingua Latina di<br />

Varrone il lettore trova finalmente l’etimologia sidera quae insidunt. Il riferimento di Kopp<br />

è dunque preciso ma, proprio com’egli specificava, solo per sidus a considendo: le altre due<br />

etimologie (stella a stando; astrum ab Astraeo) ricordate da M. non compaiono nella produzione<br />

varroniana a noi giunta 6 : per più di un secolo e mezzo la citazione di Kopp, ripetuta e<br />

non controllata ha ingannato editori e studiosi, e ha fatto addirittura supporre nel de lingua<br />

Latina a noi giunto etimologie inesistenti.<br />

A questa trappola, infida e senza pari, non è sfuggita la R., che contribuisce così a perpetuarla.<br />

Ma proprio sul testo con cui M. indica Varrone nel passo sopra considerato (quidam<br />

Romanorum non per omnia ignarus mei, VIII 814) 7 l’incauta traduttrice attiva essa stessa<br />

una ulteriore trappola: a pag. LXVII così lo riporta virgolettato: «un certo Romano a me non<br />

5 Kopp 1836.<br />

6 La prima è invece tràdita come varroniana anche da Cassiod. inst. II 7,2, p. 155, 11 Mynors:<br />

Varro... stellam commemorat ab stando dictam.<br />

7 Il testo del De nuptiis riportato, qui come altrove, è sempre quello stampato da Ramelli.<br />

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