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Trappole e misteri di una traduzione<br />

Il futuro degli studi classici appariva roseo al lettore che rilevava con piacere l’attenzione,<br />

lusinghiera, con cui la grande stampa nazionale 1 accoglieva la recente traduzione annotata del<br />

De nuptiis Philologiae et Mercurii di Marziano Capella, la prima traduzione completa in lingua<br />

italiana 2 . In un latino denso ed elaborato, Marziano (IV-V sec.) racconta, in prosa mista<br />

a versi (la satura menippea, il medievale prosimetro), le allegoriche vicende del matrimonio<br />

divino tra Filologia e Mercurio, e insieme espone i principi fondamentali di quelle che saranno<br />

le sette arti liberali, impersonate da sette ancelle, dono nuziale dello sposo a Filologia. La<br />

vastità dell’opera e soprattutto la complessità delle allegorie e quindi del loro significato, le<br />

difficoltà della lingua, la eterogeneità delle discipline trattate richiedono competenze, impegno,<br />

coraggio. E anche il lettore deve impegnarsi, per non smarrirsi lungo le quasi milletrecento<br />

pagine del volume, dove, oltre al testo e alla traduzione, si affrontano i problemi relativi<br />

alla figura dell’autore, alla struttura e all’unità dell’opera; e quindi le fonti delle discipline<br />

e della poesia, il pensiero dell’autore, e ancora la fortuna dell’opera nei commenti medievali,<br />

e poi la tradizione, i manoscritti, le edizioni del De nuptiis e dei relativi commenti medievali;<br />

insomma, tutto quello che un lettore può chiedere di un autore e della sua opera.<br />

Per farsi un’idea complessiva del poderoso volume, il lettore accondiscende a seguire<br />

percorsi laterali, a fermarsi su elementi particolari, forse apparentemente non rilevanti nella<br />

mole complessiva del lavoro, ma certamente indicativi per le correlazioni che inducono, per<br />

i meccanismi che fanno scattare o per gli interrogativi e per i problemi che suscitano.<br />

Così quando M. a VIII 817 ricorda alcune etimologie varroniane (stella ab stando, sidera<br />

a considendo, astra ab Astraeo), Ramelli rinvia per queste a «Varrone, Sulla lingua latina,<br />

VI 14» (p. 969 n. 13) ma al luogo varroniano indicato il lettore cerca invano una qualsiasi<br />

etimologia. È forse incappato in una menda tipografica? Incuriosito indaga. Anche uno<br />

studioso come A.Le Boeuffle 3 rinviava invano allo stesso luogo varroniano per l’etimologia<br />

di astrum da Astraeus; e F.Della Corte 4 lo ricordava inutilmente per stella a stando. Ma per<br />

1 Vd., per esempio, «Corriere della sera», 26 luglio 2001, p. 34; «Il sole-24 ore», 7 ottobre 2001,<br />

suppl. « Domenica», p. VIII; «la Repubblica», 2 gennaio 2002, p. 38.<br />

2 Marziano Capella, Le nozze di Filologia e Mercurio. Testo latino a fronte. Introduzione, traduzione,<br />

commentario e appendici di Ilaria Ramelli, Bompiani, «Il pensiero Occidentale», Milano 2001,<br />

pp. CX + 1177.<br />

3 Le Boeuffle 1977, 31.<br />

4 Della Corte 19702 , 226.<br />

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