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MarzIaNo CaPeLLa e IL proconSVlare cVlMen<br />
inoltre, l’attributo caelifer, topico di atlante, è un hapax semantico che condensa il valore<br />
iperbolico dell’espressione usuale laudibus ad caelum ferre, extollere 44 . Complessivamente<br />
la grandezza di roma, celebrata con tono elevato, appare ormai lontana (laudibus ueterum,<br />
quamdiu uiguit) e soprattutto non sono più attuali le ragioni di tale grandezza; la sensazione<br />
di graduale ‘decadenza’ è certamente presente in queste espressioni di Marziano 45 , che già<br />
aveva lamentato la scomparsa della mantica, ma le sue riflessioni sono del tutto svincolate da<br />
una qualunque contingenza cronologica. Inoltre, senza nulla togliere al senso complessivo,<br />
poiché laus con l’ablativo della causa non pare testimoniato 46 , il testo è da leggere, con ogni<br />
probabilità: ipsa caput gentium roma, armis, uiris sacrisque quamdiu uiguit, caeliferis laudibus<br />
conferenda; la celebrazione del passato di roma è così esplicita e alla lode ovvia dei<br />
mezzi di potenza subentra, con più logica, la lode della potenza dei mezzi.<br />
resta dunque per l’opera di Marziano solo il terminus ante quem del 429 e la sua probabile<br />
collocazione, per ragioni di dottrina, dopo Giamblico, quindi dopo il 330 circa 47 : per un<br />
terminus post quem più valido non compaiono nell’opera elementi specifici; indicazioni più<br />
precise potrebbero venire dalle ansie e dai temi del De nuptiis e dalla lingua stessa, ma questi<br />
aspetti di Marziano restano ancora inesplorati.<br />
7. Complessivamente sigillo insolito quello di Marziano alla fine dell’opera: non solo<br />
segno dell’identità dell’autore, ma anche biografia nascosta, non priva di difficoltà. La concordanza<br />
di tenui elementi del De nuptiis delinea lentamente la personalità di Marziano: altre<br />
possibilità di indagine o di riscontro non sussistono. egli appare un cultore isolato dei valori<br />
della classicità, un dotto che non rinuncia a rivendicare la centralità della scienza e la<br />
dignità del sapiens, suo sacerdote; combatte, non senza contrasti, una battaglia ormai di<br />
44 Numerosi esempi registra il Thll VII 2,1065,78-84 [v. Kamptz]; l’espressione caeliferis laudibus<br />
è forse ispirata dal corrispondente testo pliniano: (roma) numine deum electa quae caelum ipsum<br />
clarius faceret (III 39). a caeliferis Willis (1971, 89) preferisce la lezione caeli uestri attestata da alcuni<br />
codd. nell’usuale compendio (caeli ueri) e poi corretta in caeliferis. Paleograficamente è una lectio<br />
facilior che comporta un’esegesi tortuosa e illogica: roma sarebbe da paragonare alle lodi del cielo<br />
divino per la sua grandezza militare, civile e religiosa (p. 90).<br />
45 Naturalmente diversa è la valutazione, da altra prospettiva, di Prudenzio: felix nostrae res publica<br />
romae / iustitia regnante uiget (c. Symm. I 37).<br />
46 Per quanto ho potuto vedere laus con l’ablativo della causa non pare testimoniato: improbabile<br />
il caso di Cic. leg. I 51 laudem in uirtutem (uirtute var. lect.); è invece attestato uigeo con l’ablativo:<br />
animo uigemus (Cic. att. IV 3,6), opibus uiguit (Tac. ann. III 30), summis honoribus et multa eloquentia<br />
uigere (Tac. ann. XIV 19).<br />
47 Concezioni demonologiche e lessico della relativa catalogazione sono ricondotti ai temi del pensiero<br />
di Giamblico da Turcan 1958; la dipendenza di Marziano da Giamblico non è in realtà così immediata<br />
e le differenze sono numerose, puntualmente rilevate da Lenaz 1975, 94-95, che, senza escludere<br />
la presenza di Giamblico, pensa più verosimilmente a una contaminazione di fonti.<br />
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