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ERoI E FILoSoFI NEL De NVPTIIs DI MARzIANo CAPELLA<br />
identificazione di queste animae puriores; ma, come si vedrà, esse hanno già avuto una loro<br />
presentazione dettagliata; una conferma indiretta tuttavia di questa identificazione dei<br />
sapientes deriva già dalla loro collocazione immediatamente attigua a quella degli eroi.<br />
Nell’ampia rassegna delle divinità, l’individuazione di questi ultimi non presenta problemi:<br />
collocati fra terra e luna, sono chiamati da Marziano hemitheoi oppure semones-semidei<br />
(II 156); hanno anima e mente di origine divina (animas caelestes gerunt sacrasque mentes)<br />
31 ; nell’assumere parvenze umane (sub humana effigie) confermano la loro natura<br />
soprannaturale con una epifania prodigiosa (plerumque sui miraculo fidem facere caelestium)<br />
e rendono immensi servizi all’umanità tutta (in totius mundi commoda procreantur),<br />
o hanno insegnato per primi qualcosa di utile agli uomini (quid loquar eos qui primi mortalibus<br />
usum rerum maioraque commoda praestiterunt?), rispettivamente secondo il modello<br />
dell’euergetes o del protos euretes. Le espressioni che caratterizzano questi esseri divini (in<br />
totius mundi commoda procreantur; commoda praestiterunt) ricordano la loro designazione<br />
nell’invito al senato celeste: utilitatis publicae cultores (I 62). Sono dunque gli eroi sociali<br />
consacrati dalla tradizione; fra essi Marziano pone Ercole, il loro prototipo, e poi Tagete,<br />
Ammone, Dioniso, osiride, Iris, Trittolemo, Iside. Per la loro identificazione sono dati solo<br />
gli elementi essenziali, perché, proprio come i sapientes, anche gli eroi sono già stati presentati<br />
e caratterizzati.<br />
In sintesi, i mortali, sapientes ed eroi, sono invitati da Giove a partecipare al senato degli<br />
dei (I 62); si desume che intervengono alla prima riunione (uulgo ceteri deuenere I 90);<br />
fanno parte degli spiriti che abitano lo spazio celeste (II 150; II 156): indicati nell’invito con<br />
una espressione sintetica che ne individua le due componenti, filosofi ed eroi ricevono una<br />
più esatta definizione nella rassegna delle divinità, dove occupano sedi contigue; infine sono<br />
designati complessivamente come animae... beatorum ueterum quae iam caeli templa<br />
meruerant (II 211).<br />
Quest’ultima espressione suscita però degli interrogativi: perché ueteres? perché iam...<br />
meruerant? Se ueteres potrebbe essere semplicemente l’epiteto dei beati consacrati dalla tradizione,<br />
l’inattesa precisazione temporale iam sembra conferirgli un valore distintivo rispetto<br />
ad altri mortales dei quali non si possa ancora dire caeli templa meruerant. Ed è proprio così.<br />
31 L’espressione indica l’origine trascendente sia del loro principio vitale (anima), sia di quello<br />
intellettivo (mens); gerere ha qui il valore di habere (testimonianze in tutta la latinità: animum gerere<br />
Plaut. Bacch. 509; Ter. Hec. 511; Sall. Iug. 43,5; Liu. I 25,3; Lattanzio, che identifica mens e animus<br />
(opif. 16,9), osserva però (inst. VII 12,9): non idem est anima et mens: aliud est enim quo uiuimus,<br />
aliud quo cogitamus. Pertanto animas caelestes gerunt sacrasque mentes non può essere «a new version<br />
of I 61» (utilitatis publicae mentiumque cultores), secondo il parere di Weinstock 1946, 104 n. 18,<br />
il solo a proporre una identificazione, che pur si pone, per ragioni dottrinali, non linguistiche, ma solo<br />
con gli utilitatis publicae… cultores (I 62), gli eroi benefattori.<br />
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