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IL LIBRo VIII DEL De nVptIIS È MUTILo?<br />

In conclusione nulla fa sospettare che le righe finali del libro VIII possano essere spurie;<br />

al contrario le precisazioni tecniche sono complesse e difficilmente ricavabili dal contesto;<br />

le corrispondenze linguistiche trascendono il singolo passo e saldano così la conclusione al<br />

libro intero; le diversità sia di contenuto (stazioni, deviazione in latitudine) che di lingua<br />

(retrogradi / retrogradari; differenti suffissazioni per verbi corradicali sinonimi) esprimono<br />

invece la cura stilistica e il gusto marzianeo della uariatio. Dottrina ed elaborazione linguistica<br />

fanno dunque escludere, per la pericope tollit… facit, la possibilità di un intervento<br />

esterno e sono invece garanzia sufficiente di autenticità.<br />

Il testo potrebbe però essere mutilo dopo facit, come supponeva Dick. Ma dalla dottrina<br />

astronomica non si coglie certo la necessità di ulteriori aggiunte e quindi, implicitamente, la<br />

prova dell’esistenza di una lacuna dopo facit 14 ; al contrario l’esposizione appare perfettamente<br />

compiuta: la programmata trattazione dei pianeti (nunc planetarum cursus conuenit intueri,<br />

879) si chiude con Saturno, l’ultimo; l’accenno successivo alle cause dei moti di tutti i pianeti<br />

(omnibus supra dictis, 887) diventa, per questa sezione, un conciso riepilogo finale.<br />

È stata invece avvertita nella struttura della fabula (Petersen, Dick) l’assenza di un qualsiasi<br />

riferimento sia alla conclusione del discorso di Astronomia, sia al favore incontrato<br />

presso le divinità o alla loro valutazione, come avviene per le altre artes. Va però rilevato<br />

anzitutto che negli altri libri le osservazioni conclusive non sono così rigorose: Dialettica alla<br />

fine del libro IV viene interrotta bruscamente e, nonostante espressioni di stima, chiude il<br />

suo intervento con parole polemicamente minacciose; manca invece una qualsiasi valutazione<br />

della sua disciplina, né si accenna alla sua destinazione, anche se è chiaro che, come tutte<br />

le altre, anch’essa passa al servizio di Filologia, cui tutte le artes sono donate dallo sposo<br />

Mercurio; così alla fine del libro IX Marziano dirà soltanto che Armonia, conclusa l’esposizione,<br />

si trasferisce con tutti gli dèi nel talamo nuziale.<br />

L’assenza di fabula alla fine del libro VIII trova invece una sua ragione, come aveva<br />

intuito Cristante 15 , proprio all’inizio del IX: Venere, vista l’ora tarda, interrompe perentoriamente<br />

l’intervento di Astronomia; l’interruzione è chiara fin dall’esordio stesso di Venere:<br />

quis modus - inquit - erit? quonam sollertia fine / impedient thalamos ludere gymnasia? E<br />

così pure alcuni successivi riferimenti acquistano un significato preciso proprio nel contesto<br />

di una interruzione censoria dell’intervento di Astronomia, troppo lungo e troppo dotto: si<br />

erudita placent certe sponsalia diui / saltem docta ferat carmina Calliope; e più esplicitamente:<br />

omnia... / in cumulum doctae uocis honore tacent: l’espressione docta uox non può<br />

che indicare Astronomia, l’ars che ha appena concluso la sua esposizione davanti all’assem-<br />

14 Già Stahl (Stahl-Johnson-Burge 1971, 201) osservava a proposito della fine del 1ibro VIII:<br />

«Martianus, either here or in Book VI, has taken up all the conventional topics of an ars astronomiae».<br />

15 Cristante 1975, 376: «Un intervento (di Venere) così brusco può dunque spiegare... perché il trapasso<br />

dall’ottavo al nono libro avvenga senza il ‘congedo’ di Astronomia».<br />

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