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RACCONTO, POETICA, MODELLI DI MARzIANO CAPELLA NELL’EPISODIO DI SILENO<br />

Se il vecchio padre dei satiri è goffo e comico, Cupido è addirittura scatenato in una euforica<br />

gazzarra (impatiens atque inuerecundis procax ac proteruus assultibus… alacer… atque<br />

hilarus, VIII 804). Per questo Satura non si accontenta di rinfacciare duramente a Marziano<br />

quemquam… garrientem, ma aggiunge anche l’inciso uel cerritulum, «addirittura un pazzo<br />

furioso» cioè Cupido, intervenuto poco prima: l’espressione sintetizza proprio il diverso<br />

comportamento del dio dell’amore rispetto a Sileno. Alla figura di Cupido, rappresentato di<br />

solito come puer 20 , il diminutivo cerritulum si addice perfettamente e, hapax sulle labbra<br />

irate di Satura 21 , rafforza la valenza negativa di garrientem: Satura manifesta tutto il suo<br />

sdegno e il suo disprezzo con un riferimento volutamente generico ma che si rivela subito<br />

puntualmente preciso e perciò sferzante.<br />

Nella sua sfuriata essa si riferisce pertanto sia a Sileno, sia a Cupido; prosegue poi, quasi<br />

a censurare proprio tutto l’episodio, fino all’ultima scena (VIII 805), in cui un satiro si carica<br />

Sileno sulle spalle e lo porta via: at quo etiam tempore Cupido uel Satyrus dissiliunt?<br />

Nempe cum uirgo siderea pulchriorque dotalium in istam uenerabilem curiam ac deorum<br />

uentura conspectus (VIII 806); alla accusa di sconvenienza segue dunque quella di avere<br />

anche scelto il momento meno opportuno. Ma il risalto concesso alla prorompente figura di<br />

Cupido rivela improvvisamente riflessi inattesi e insospettati.<br />

Cerritulum consolida il profilo di Cupido già tracciato da Marziano: ut semper impatiens<br />

atque inuerecundis procax ac proteruus assultibus… alacer Cupido atque hilarus (VIII 804).<br />

Ne risulta una figura caratterizzata da una intemperanza allegra e impudente, unita a una<br />

rimarcata sfrontatezza, che non trova corrispondenti analoghi nelle rappresentazioni tradizionali<br />

del dio alato 22 : la aggressività sfrontata costituisce infatti solo un aspetto della per-<br />

20 È questo l’epiteto più frequente per Cupido, come risulta da Carter 1902.<br />

21 La semplice presenza dell’aggettivo cerritulus, al di là del contesto in cui è usato, testimonia invece,<br />

secondo l’analisi di Préaux 1961, 225-231, l’ispirazione poetica e il culto delle Muse di Marziano Capella.<br />

22 Nella letteratura classica il dio dell’amore (e l’opera di Marziano è un racconto di nozze) è caratterizzato<br />

da una ambivalenza persistente: «toujours tendrement cruel» sintetizza Lasserre 1946, 216; è<br />

infatti γλυκύπικρος da Sapph. fr. 130,2 Voigt all’Anth. Pal. V 134,4; e per i Latini, Catull. 64,95 sancte<br />

puer, curis hominum qui gaudia misces; Hor. carm. IV 1,4 desine dulcium / mater saeua Cupidinum;<br />

Prop. II 18,21 malus esse solet cui bonus ante fuit; indaga più in generale la composita ambiguità di questa<br />

figura Fasce 1977, 149ss. Per Marziano stesso Cupido è puer uersiformis (IX 917) poiché, abbandonato<br />

l’arco, in carminis leporem / curam negat sagittis; nel De nuptiis è definito corporeae uoluptatis illex<br />

(II 148) e associato a Imeneo (I 1) e a Imero (IX 905), ma distinto dall’Amor filosofico (consociato sibi<br />

quodam puero renidenti qui nec uoluptariae Veneris filius erat et tamen Amor a sapientibus ferebatur, II<br />

144), che era considerato «la forza guida dell’anima» (Lenaz 1975, 203): tale differenziazione è realizzata<br />

dagli scrittori tardo-antichi proprio con i nomi Amor e Cupido (Fliedner 1974, 80).<br />

Nel passo in questione Marziano conferisce invece un ricercato risalto a quegli aspetti che meglio possono<br />

collegare Cupido a Dioniso e al suo seguito; su Cupido nel tiaso bacchico, Collignon 1877 e Turcan<br />

1966, 522ss. e 577ss. In Apul. met. V 29-30 Venere traccia un profilo decisamente negativo di Cupido, ma<br />

in una situazione di forte contrasto con il figlio, secondo un motivo che risale ad Apoll. Rhod. III 91ss.<br />

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