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Racconto, poetica, modelli di Marziano Capella<br />
nell’episodio di Sileno<br />
Nei primi due libri del De nuptiis il concilio degli dèi approva la decisione di Mercurio di<br />
prendere moglie e alla prescelta, Filologia, concede l’apoteosi, affinché sia pienamente degna<br />
dello sposo divino. In ognuno dei libri successivi gli dèi ascoltano e valutano l’esposizione di<br />
una delle sette artes, le allegoriche ancelle che costituiscono l’omaggio nuziale di Mercurio<br />
alla sposa. Negli intervalli Marziano Capella realizza la sua satura: racconta, in prosa e in versi,<br />
quanto avviene nel senato celeste e porta a conclusione la fabula di queste nuptiae divine.<br />
Ma nell’ottavo libro, quando nell’assemblea degli dèi sta per entrare Astronomia, inserisce<br />
un inatteso intermezzo comico che provoca una accesa discussione sulla poetica tra l’autore<br />
stesso e Satura, la personificazione del genere letterario che ha suggerito la fabella<br />
all’autore (I 2) e che si preoccupa anche della composizione dell’opera (quae meos semper<br />
curae habuit informare sensus, VIII 806): con un procedimento metaletterario l’autore<br />
rompe dunque la finzione del racconto e lo lascia regredire allo stadio problematico dell’elaborazione;<br />
ma anche il tono stesso del violento contrasto che ne segue viene a poco a poco<br />
connotato da arguzie sottili e dotte che rivelano come la reale esigenza della narrazione sia<br />
costituita proprio dalla comicità complessiva dell’intermezzo.<br />
La lettura dell’episodio si rivela interessante a più livelli: il racconto esprime anzitutto<br />
uno spirito comico vivace, non privo di elementi colti, ma contemporaneamente sorregge,<br />
anche in forma allegorica, le riflessioni sulla poetica, e tutto questo attraverso una attenta<br />
ricomposizione dei materiali sparsi della tradizione precedente.<br />
Il protagonista è Sileno. Entrato nel senato celeste al seguito di Dioniso, se ne sta un po’ in<br />
disparte, appoggiato all’inseparabile bastone ed ebbro come sempre; sopraffatto però da un<br />
sonno pesante comincia ben presto a russare rumorosamente: tra gli dèi scoppiano le prime risa<br />
che, in rapido crescendo, diventano poi un fragore diffuso quando Cupido, tutto allegro e gioviale,<br />
appioppa al vecchio pedagogo di Dioniso un sonoro schiaffo sul capo rubizzo e calvo.<br />
Sileno, svegliatosi a fatica, cerca con affanno di sottrarsi agli sguardi divertiti dei presenti, ma<br />
barcolla e cade, fra le risate ormai convulse e sfrenate di quasi tutti gli dèi (VIII 804-805).<br />
Satura rimprovera aspramente Marziano per questo episodio indecoroso e fuori luogo (desipere<br />
uel dementire coepisti?, VIII 806): gli rinfaccia di avere inopportunamente suscitato il riso 1<br />
1 Gli sviluppi comici dell’episodio sono scanditi dalle risate fragorose degli dèi: risus circumstantium<br />
eo maxime quo claudebatur, excussus, VIII 804; tantos cachinnos… tulere… ut quamplures alios<br />
conisos cohibere risum hoc maxime in petulantis proruptionis sonitum effusique cachinni libentiam<br />
prouocarint, VIII 804; ridentes, VIII 805; fit maior inde risus / nescit modum Voluptas, VIII 805. Il<br />
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