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Grano duro GM - dispa - Università degli Studi di Catania

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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>Catania</strong><br />

Facoltà <strong>di</strong> Agraria<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea in Biotecnologie Agrarie<br />

Studente: Vitale Filippo<br />

grano <strong>duro</strong> (Triticum durum )<br />

Anno Accademico 2010/2011<br />

Prof. Salvatore Luciano Cosentino


P r e s e n t a z i o n e<br />

I cereali comprendono un gruppo <strong>di</strong> specie la cui caratteristica principale è quella <strong>di</strong> produrre<br />

frutti o semi secchi, amidacei, utilizzati nell’alimentazione umana e animale come sfarinato o<br />

come prodotti ottenuti da sfarinati, ma anche una loro utilizzazione a livello industriale.<br />

L’importanza che assunsero i cereali già nelle prime civiltà e che si è conservata nei tempi,<br />

deriva da alcune caratteristiche, prima fra tutte quella <strong>di</strong> dare un prodotto che per potere<br />

calorico, contenuto proteico, lipi<strong>di</strong>co, <strong>di</strong> sali minerali e <strong>di</strong> vitamine è adatto per l’alimentazione<br />

umana. Hanno poi, l’importante caratteristica <strong>di</strong> dare un prodotto secco facilmente<br />

trasportabile e conservabile, idoneo a costituire scorte da utilizzare nello stesso anno della<br />

produzione o in anni successivi. Altri aspetti non meno importanti riguardano la adattabilità e la<br />

semplicità <strong>di</strong> coltivazione delle piante. La preminente importanza dei cereali nell’alimentazione<br />

umana sta non solo nell’uso <strong>di</strong>retto che si fa<br />

nella <strong>di</strong>eta sotto forma <strong>di</strong> prodotti <strong>di</strong>versi, ma<br />

anche nell’impiego in<strong>di</strong>retto come prodotti<br />

derivanti dalla loro trasformazione in carne,<br />

uova, latte e derivati. Nelle abitu<strong>di</strong>ni alimentari<br />

me<strong>di</strong>terranee il frumento sod<strong>di</strong>sfa per circa 1/3 il<br />

fabbisogno giornaliero <strong>di</strong> energia e <strong>di</strong> proteine <strong>di</strong><br />

un adulto (~2.400 kcal/<strong>di</strong>e). Da un punto <strong>di</strong> vista<br />

nutrizionale la farina <strong>di</strong> grano è un alimento che<br />

fornisce circa 320 kcal/100 g, con un valore<br />

energetico che proviene per l’80% da carboidrati.


1. Classificazione botanica<br />

La sistematica dei frumenti è tuttora controversa ed ha subito nel tempo successivi<br />

rimaneggiamenti, conseguenti all’evoluzione dei criteri tassonomici, passando da quelli<br />

puramente morfologici a quelli genomici fino all’impiego delle moderne tecniche <strong>di</strong> genetica<br />

molecolare, con l’intento <strong>di</strong> stabilire una classificazione quanto più possibile “naturale” basata<br />

cioè anche sulle affinità filogenetiche delle <strong>di</strong>verse specie.<br />

Una sistematica attuale del genere Triticum, si fonda sulla costituzione genomica delle <strong>di</strong>verse<br />

specie. In questo genere sono infatti riconducibili quattro genomi, in<strong>di</strong>cati con A, B, G e D. il<br />

genoma A proverrebbe da una specie selvatica del genere Triticum, i genomi B e G da specie<br />

del genere Aegilops non identificate con sicurezza e i l genoma D da A. tauschii. Di seguito si<br />

riporta la più recente classificazione dei frumenti (G. toderi).<br />

• frumenti <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong> (AA ; 2n=14) Triticum monococcum<br />

• frumenti tetraploi<strong>di</strong> (AA BB; 2n=28) derivati dall’incrocio tra frumenti<br />

<strong>di</strong>ploi<strong>di</strong> ed una specie selvatica<br />

(Aegilops speltoides, BB) e<br />

successivo raddoppiamento del<br />

corredo cromosomico.<br />

• frumenti esaploi<strong>di</strong> (AA BB DD ; 2n=42) derivanti dall’incrocio tra frumenti<br />

tetraploi<strong>di</strong> ed una specie <strong>di</strong>ploide<br />

selvatica (Aegilops squarrosa, DD) e<br />

successivo raddoppiamento<br />

cromosomico.


1.2. Origine, <strong>di</strong>ffusione e importanza economica<br />

La culla <strong>di</strong> origine del frumento, o grano, <strong>duro</strong> (Triticum durum) è l’Africa centro-orientale<br />

(Etiopia). La <strong>di</strong>ffusione delle prime coltivazioni <strong>di</strong> frumento verso l’Europa fu relativamente<br />

veloce. Verso il 6000 a.C. si erano consolidati villaggi agricoli lungo le coste del Mar Egeo e<br />

nell’interno, ma il frumento era già coltivato in queste zone da un paio <strong>di</strong> millenni. Dalla Grecia<br />

passò in Italia, in Francia e in Spagna, e qualche secolo dopo lo ritroviamo in Bulgaria e negli<br />

altri Paesi balcanici, da dove proseguì verso le pianure più a nord, fino in Germania (5000<br />

a.C.)<br />

Per il ruolo centrale che il frumento ha nell’alimentazione umana, per il buon profilo<br />

nutrizionale, per la facilità <strong>di</strong> conservazione e trasporto, a livello mon<strong>di</strong>ale viene coltivato su<br />

una superficie <strong>di</strong> 216 milioni <strong>di</strong> ettari e fornisce una produzione <strong>di</strong> 627 milioni <strong>di</strong> tonnellate<br />

all’anno. Dopo il mais e insieme al riso, rappresenta la seconda produzione più grande tra le<br />

colture dei cereali, e corrisponde al 27% della produzione totale (dati FAOSTAT, 2009). Il<br />

frumento <strong>duro</strong> viene coltivato in un’area pari a meno del 10% (circa 20 milioni <strong>di</strong> ettari) rispetto<br />

a quella del frumento tenero e la sua produzione raggiunge il 5% (circa 30 milioni <strong>di</strong> tonnellate<br />

annue) <strong>di</strong> quella del frumento tenero (statistiche FAO, 2009). La produzione del frumento <strong>duro</strong><br />

viene quasi totalmente impiegata per il consumo umano, sotto forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi prodotti pastari<br />

(80%), couscous e forme speciali <strong>di</strong> pane, ecc. Inoltre, benché il frumento <strong>duro</strong> sia coltivato in<br />

<strong>di</strong>verse regioni del mondo, attualmente la maggior parte della produzione è concentrata nel<br />

Bacino del Me<strong>di</strong>terraneo e nel Nord America.


1.3. Struttura e composizione della cariosside<br />

Quello che comunemente viene in<strong>di</strong>cato come seme, in realtà è un frutto secco indeiscente<br />

denominato cariosside (Fig. 1). La cariosside matura è formata da tre parti fondamentali: il<br />

germe o embrione, la crusca e l’endosperma (Evers and Millart, 2002). L’endosperma, ricco <strong>di</strong><br />

amido, rappresenta più dell’80% della massa della cariosside ed è rivestito esternamente da<br />

uno strato <strong>di</strong> cellule aleuroniche ed al suo interno contiene l’embrione (germe <strong>di</strong> grano) che<br />

rappresenta circa il 3% della cariosside. La crusca è formata dagli strati <strong>di</strong> rivestimento della<br />

cariosside (pericarpo all’esterno e residui dei tegumenti seminali all’interno) e dallo strato <strong>di</strong><br />

aleurone e rappresenta circa il 14% del frutto. Nei cereali la cariosside è la sede <strong>di</strong> accumulo<br />

dei prodotti della fotosintesi e del metabolismo dell’azoto, essa infatti contiene una limitata<br />

quantità <strong>di</strong> proteine (7-15%) e <strong>di</strong> lipi<strong>di</strong> (2-9%) ed un elevato contenuto <strong>di</strong> carboidrati (65-75%)<br />

principalmente sotto forma <strong>di</strong> amido. Sebbene<br />

la composizione dell’amido e la quantità e<br />

qualità dei lipi<strong>di</strong> presenti nella cariosside <strong>di</strong><br />

grano, siano fattori importanti nel determinare<br />

le ”caratteristiche tecnologiche” delle farine,<br />

della semole e dei prodotti finiti, le proprietà<br />

funzionali uniche <strong>degli</strong> impasti <strong>di</strong> frumento<br />

sono in massima parte ascrivibili alla frazione<br />

proteica, ed in particolare, alle proteine <strong>di</strong><br />

riserva della cariosside (glia<strong>di</strong>ne e glutenine).<br />

Fig 1 . Struttura <strong>di</strong> una cariosside


2. Caratteri qualitativi del grano<br />

Il frumento tenero è usato in panificazione, pasticceria, per la produzione <strong>di</strong> prodotti da forno<br />

(biscotti, panettoni, ecc), mentre il frumento <strong>duro</strong> è impiegato maggiormente nell’industria<br />

pastaria, ma anche in minima parte nella panificazione per la produzione <strong>di</strong> pani tipici (Fig. 2).<br />

Fig 2. Differenti usi <strong>di</strong> frumento<br />

INDUSTRIA DOLCIARIA (14%)<br />

PANIFICAZIONE (76%)<br />

GRANO DURO GRANO TENERO<br />

ALTRI USI DOMESTICI (10%)<br />

In ognuno <strong>di</strong> questi settori esistono tipologie <strong>di</strong> prodotto e nicchie <strong>di</strong> mercato <strong>di</strong>fferenziate,<br />

pertanto le caratteristiche qualitative richieste non sono uniformi. Le due specie <strong>di</strong> frumento<br />

presentano aspetti qualitativi <strong>di</strong>versi, e l’attitu<strong>di</strong>ne della farina o della semola ad essere<br />

trasformata in un determinato prodotto alimentare secondo tecniche appropriate è<br />

determinata dalla “qualità tecnologica”. Da un punto <strong>di</strong> vista industriale, sono stati definiti<br />

alcuni parametri fondamentali che determinano le intrinseche qualità panificatorie e<br />

pastificatorie <strong>degli</strong> impasti e quin<strong>di</strong> il loro successivo impiego per la produzione <strong>di</strong> specifici<br />

prodotti. Per quanto concerne le qualità panificatorie i criteri <strong>di</strong> valutazione sono rappresentati


dall’assorbimento <strong>di</strong> acqua da parte dell’impasto, dal volume <strong>di</strong> lievitazione del pane, dalla<br />

struttura della mollica, dal colore e dalla capacità <strong>di</strong> conservazione (MacRitchie,1984). Di<br />

norma, un pane <strong>di</strong> buona qualità è prodotto con impasti forti ed estensibili che sono in grado<br />

espandersi in seguito ai processi <strong>di</strong> respirazione del lievito, <strong>di</strong> trattenere la CO2 prodotta e <strong>di</strong><br />

non collassare a processo <strong>di</strong> cottura ultimato. Buone qualità pastificatorie si hanno invece<br />

quando il prodotto finito è <strong>di</strong> un forte colore giallo ambrato, è resistente ad una eccessiva<br />

cottura, rimanendo “al dente”, quando mantiene la sua forma e quando l’acqua <strong>di</strong> cottura<br />

rimane priva <strong>di</strong> amido. Queste caratteristiche vengono raggiunte me<strong>di</strong>ante impiego <strong>di</strong> impasti<br />

estremamente forti, che siano in grado <strong>di</strong> trattenere l’amido durante la cottura. La qualità e la<br />

quantità delle proteine costituenti il glutine (glia<strong>di</strong>ne glutenine) sono fattori che influenzano in<br />

misura preponderante le proprietà reologiche delle farine <strong>di</strong> frumento ed in particolare le<br />

proprietà visco-elastiche <strong>degli</strong> impasti da esse ottenute, quali l’estensibilità, l’elasticità e la loro<br />

forza (Shewry and Tatham, 1997).


2.1 Contenuto proteico<br />

Una prima classificazione delle proteine della cariosside <strong>di</strong> frumento realizzata da Osborne<br />

(1924), le <strong>di</strong>videva in quattro gruppi in base alla loro relativa solubilità: albumine (acqua),<br />

globuline (soluzioni saline), “glia<strong>di</strong>ne e glutenine” (alcali o aci<strong>di</strong> <strong>di</strong>luiti). Le albumine sono le<br />

proteine a più basso peso molecolare, seguite dalle globuline, dalle glia<strong>di</strong>ne ed infine dalle<br />

glutenine. Albumine e globuline costituiscono il 20% delle proteine della cariosside e sono<br />

rappresentate in massima parte da proteine fisiologicamente attive. Esse sono presenti<br />

nell’involucro del seme, nelle cellule aleuroniche e nel germe, mentre sono relativamente poco<br />

abbondanti nell’endosperma.<br />

Le globuline, in particolare, sono rappresentate maggiormente da enzimi con attività α e β-<br />

amilasica, che rivestono un ruolo importante nei processi <strong>di</strong> lievitazione <strong>degli</strong> impasti, in quanto<br />

catalizzano l’idrolisi dell’amido presente nei granuli danneggiati, producendo i substrati<br />

necessari per l’attività fermentativa del lievito. Le glia<strong>di</strong>ne e le glutenine rappresentano circa<br />

l’80% delle proteine della cariosside e sono collettivamente denominate prolammine, in<br />

relazione al loro elevato contenuto in prolina e glutammina. Le prolammine sono accumulate<br />

esclusivamente nell’endosperma e hanno il ruolo fisiologico <strong>di</strong> proteine <strong>di</strong> riserva. Inoltre esse<br />

sono i maggiori costituenti del glutine, che è costituito dalla massa visco-elastica che si forma<br />

dopo la rimozione dell’amido e delle proteine solubili in acqua e che è responsabile delle<br />

proprietà visco-elastiche uniche <strong>degli</strong> impasti ottenuti da farine <strong>di</strong> frumento.


2.2 Qualità e quantità del glutine<br />

Esistono vari meto<strong>di</strong> per la valutazione della quantità e qualità del glutine ognuno fornisce<br />

informazioni appropriate su specifiche finalità . La quantità in percentuale del glutine si<br />

determina su un campione <strong>di</strong> 10 g <strong>di</strong> farina<br />

impastata con una soluzione <strong>di</strong> NaCl a 30 °C<br />

. L’impasto viene poi lavato in acqua a mano<br />

o con apposito strumento lava glutine,<br />

asportando così l’amido e le proteine solubili.<br />

Il glutine umido viene poi pesato ed essiccato<br />

in stufa a 105 °C, per la determinazione del<br />

glutine secco. Per la determinazione della<br />

qualità del glutine delle farine, la strumento<br />

maggiormente utilizzato è l’alveografo <strong>di</strong><br />

Chopin (Figura3). La metodologia consiste nel<br />

preparare <strong>di</strong>schi <strong>di</strong> impasto impiegando 250 g<br />

<strong>di</strong> farina e una soluzione <strong>di</strong> NaCl al 2,5 %, e<br />

sottoporre alla pressione <strong>di</strong> un gas tali <strong>di</strong>schi,<br />

che ne provoca il rigonfiamento con la<br />

formazione <strong>di</strong> un alveolo o bolla, fino alla sua<br />

rottura. Nel corso del processo le variazioni <strong>di</strong><br />

pressione all’interno della bolla vengono<br />

misurate e riportante in un <strong>di</strong>agramma<br />

(alveogramma) (Figura 4.). Gli in<strong>di</strong>ci rilevati<br />

nell’ alveo grama sono:<br />

Fig 3. Alveografo <strong>di</strong> Chopin.<br />

Fig 4. Alveogrmma .<br />

• P (mm) : altezza del <strong>di</strong>agramma, rappresenta la massima pressione raggiunta, è un<br />

in<strong>di</strong>ce della tenacità dell’impasto,caratteristica conferita dalle glutenine; valori elevai


in<strong>di</strong>cano anche un elevato assorbimento <strong>di</strong> acqua per arrivare alla consistenza<br />

ottimale, con una conseguente alta resa in pane.<br />

• L (lunghezza del <strong>di</strong>agramma) : è proporzionale al tempo necessario per determinare<br />

la rottura dell’alveolo; in<strong>di</strong>ca l’estensibilità dell’impasto, collegata alla sua capacità <strong>di</strong><br />

rigonfiarsi senza rompersi, conferita dalle glia<strong>di</strong>ne.<br />

• G (ml) : è l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> rigonfiamento che corrisponde alla ra<strong>di</strong>ce quadrata del volume <strong>di</strong><br />

aria necessaria per la rottura della bolla, e in<strong>di</strong>ca l’attitu<strong>di</strong>ne a dare pane bene<br />

sviluppato e con buona porosità.<br />

• W : è proporzionale all’area del <strong>di</strong>agramma e riassume tutte le caratteristiche<br />

dell’alveogramma; in<strong>di</strong>ca la forza dell’impasto cioè la resistenza che l’impasto oppone<br />

alla rottura.<br />

• P/L : in<strong>di</strong>ca l’equilibrio fra tenacità ed estensibilità, deve avere valori equilibrati intorno<br />

a 0,5 – 0,7, valori più bassi in<strong>di</strong>cano eccesso <strong>di</strong> estensibilità ed impasti<br />

tendenzialmente collosi;: valori più alti in<strong>di</strong>cano eccesso <strong>di</strong> tenacità ed impasti poco<br />

elastici e sono accettati se accompagnati da valori <strong>di</strong> W proporzionalmente elevati.<br />

I risultati dell’alveografo permettono <strong>di</strong> ottenere una buona classificazione tecnologica dei<br />

frumenti e fornisce importanti informazioni per specifiche finalità . Nella tabella 1, una<br />

classificazione delle farine in funzione <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>ci dell’alveogramma.


Tab. 1 Classificazione delle farine .<br />

CLASSIFICAZIONE W P/L<br />

• Grani <strong>di</strong> forza :<br />

Idonei per prodotti da forno soffici<br />

e lievitati (panettoni, pane ), danno<br />

impasti con alta tenacità ed<br />

estensibilità, molto rigonfiabili e<br />

resistenti alla rottura.<br />

• Panificabili superiori<br />

• Direttamente<br />

panificabili :<br />

danno impasti me<strong>di</strong>amente tenaci<br />

ed elastici<br />

• Grani comuni<br />

• Grani da biscotti :<br />

Devono dare impasti poco elastici<br />

e friabili<br />

>300<br />

>260<br />

160 - 200<br />

120 – 160<br />

< 120<br />

≈1<br />

≈0.8<br />

0.6 – 0.7<br />

0.4 – 0.5<br />

0.3 – 0.4<br />

Per quanto riguarda le caratteristiche reologiche, per la preparazione del pasta, che è un<br />

prodotto non lievitato, è necessario avere semole che <strong>di</strong>ano impasti con la massima tenacità,<br />

mentre sono sfavorevoli eccessiva estensibilità e rigonfiabilità. Gli in<strong>di</strong>ci tecnologici ottimali<br />

sono : W >350; P/L > 1.5.


3. Genotipi <strong>di</strong> pane <strong>duro</strong> ad elevata qualità panificatoria<br />

INTRODUZIONE<br />

L’uso del grano <strong>duro</strong> per la produzione <strong>di</strong> pane riguarda principalmente alcune regioni<br />

meri<strong>di</strong>onali d’Italia, alcuni Paesi del bacino me<strong>di</strong>terraneo (Turchia, Siria, Paesi del Nord Africa)<br />

e l’In<strong>di</strong>a. Tuttavia, le semole o le farine <strong>di</strong> grano <strong>duro</strong> danno tendenzialmente origine ad<br />

impasti tenaci e poco estensibili dai quali si ottiene un pane “pesante” e poco voluminoso.<br />

Il miglioramento genetico della qualità tecnologica del grano <strong>duro</strong> ha come obiettivo finale la<br />

costituzione <strong>di</strong> nuove varietà produttive e dotate <strong>di</strong> superiori caratteristiche nutrizionali,<br />

molitorie e reologiche. Dopo la prima “rivoluzione verde” ad opera <strong>di</strong> Nazareno e Carlotta<br />

Strampelli nel ventennio 1910-1930, che portò alla costituzione della varietà <strong>di</strong> grano <strong>duro</strong><br />

“Cappelli”, secondo alcuni il grano più bello mai prodotto, agli inizi <strong>degli</strong> anni 40 in Italia prese<br />

avvio una intensa attività <strong>di</strong> miglioramento genetico che oltre a sfruttare la variabilità naturale<br />

presente nelle popolazioni locali (soprattutto siciliane), introdusse nuova variabilità attraverso<br />

l’incrocio tra genotipi <strong>di</strong> tipo africano (ad esempio la succitata varietà Cappelli) con genotipi<br />

siro-palestinesi precoci e a bassa taglia. Da questi incroci emersero eccellenti varietà, alcune<br />

delle quali sono state coltivate fino a pochi anni fa (ad esempio Appulo e Trinakria). In questo<br />

periodo la produttività è stato l’obiettivo pressoché esclusivo del costitutore varietale. Tuttavia,<br />

negli ultimi 30 anni la qualità tecnologica del grano <strong>duro</strong> è <strong>di</strong>ventata sempre più importante, e i<br />

principali caratteri qualitativi presi in considerazione sono stati il contenuto proteico e le<br />

proprietà” visco-elastiche” del glutine. Così a partire dagli anni ’80, l’attività <strong>di</strong> miglioramento<br />

genetico della qualità tecnologica del grano ha avuto un notevole impulso dalla in<strong>di</strong>viduazione<br />

<strong>di</strong> specifiche proteine correlate con la qualità del glutine. (Damidaux et al. 1978; Kosmolak et<br />

al. 1980; Payne et al. 1979, 1984), in particolare, è stato <strong>di</strong>mostrato che tra le due principali<br />

frazioni proteiche del glutine, glia<strong>di</strong>ne e glutenine, è quest’ultima che determina in maggior<br />

misura le caratteristiche reologiche <strong>degli</strong> impasti (elasticità ed estensibilità) attraverso la<br />

formazione <strong>di</strong> polimeri proteici costituiti da subunità gluteniniche a basso peso molecolare ( L


M W-GS) e ad alto peso molecolare (HMW-GS) (Payne et al. 1979, 1984; Branlard et al. 1985;<br />

Pogna et al. 1990; Gupta et al. 1991; Halford et al.1992).<br />

Le glia<strong>di</strong>ne costituiscono il 40% circa delle proteine dell’endosperma <strong>di</strong> grano e sono una<br />

miscela eterogenea <strong>di</strong> proteine monomeriche solubili in alcool. In una singola varietà si<br />

possono identificare me<strong>di</strong>ante tecniche elettroforetiche 20-30 componenti. Sulla base della<br />

loro mobilità elettroforetica questi componenti vengono classificati in , α, β, γ, e ω<br />

glia<strong>di</strong>ne.(Fig. 3)<br />

Fig 3. Gel <strong>di</strong> poliacrilammide <strong>di</strong> glia<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> frumento<br />

Le subunità gluteniniche LMW e HMW sono presenti nell’endosperma sotto forma <strong>di</strong> gran<strong>di</strong><br />

polimeri ramificati nei quali le subunità sono legate tra loro da ponti <strong>di</strong>solfuro in corrispondenza<br />

dei residui cisteinici.<br />

I geni che co<strong>di</strong>ficano per le proteine <strong>di</strong> riserva <strong>di</strong> grano <strong>duro</strong> sono portati dai cromosomi 1A,<br />

1B, 6A e 6B. In particolare i geni che controllano la sintesi delle glia<strong>di</strong>ne sono riuniti in gruppi <strong>di</strong><br />

10 – 15 in loci noti come Gli-A1 e Gli- B1 ( nei bracci corti dei cromosomi 1A e 1B ) e Gli-A2 e<br />

Gli-B2 (nei bracci corti dei cromosomi 6A e 6B) (Payne 1987). Esiste una vasta serie <strong>di</strong> forme<br />

alleliche per ciascun locus glia<strong>di</strong>nico, per un totale <strong>di</strong> alcune decine <strong>di</strong> alleli. Altri loci glia<strong>di</strong>nici<br />

minori (Gli-A3, Gli-B3, Gli-A5, Gli-B5 e Gli-A6) sono stati recentemente in<strong>di</strong>viduati nei bracci<br />

corti dei cromosomi 1A e 1B (figura 4).


1 A<br />

1 B<br />

6 A<br />

6 B<br />

HMW<br />

X,Y<br />

HMW<br />

X,Y<br />

GLu- A 1<br />

GLu- B 1<br />

Fig 4 . Fig. 5 Schema relativo alla localizzazione cromosomica dei geni co<strong>di</strong>ficanti le <strong>di</strong>verse proteine<br />

<strong>di</strong> riserva del frumento. I loci in<strong>di</strong>cati dalle sigle HMW o LMW co<strong>di</strong>ficano rispettivamente per le HMW-GS<br />

(subunità gluteniniche ad alto peso molecolare) e LMW-GS (subunità gluteniniche a basso peso molecolare);<br />

tutti gli altri loci (compresi quelli minori) sono relativi alle glia<strong>di</strong>ne.<br />

Anche i geni che co<strong>di</strong>ficano per le subunità gluteniniche sono portati dai cromosomi 1A e 1B.<br />

In particolare, quelli che co<strong>di</strong>ficano per le subunità HMW risiedono nei loci Glu-A1 e Glu-B1 nei<br />

bracci lunghi dei suddetti cromosomi, mentre quelli che controllano la sintesi delle subunità<br />

LMW stanno nei loci Glu-A3 e Glu-B3 nei bracci corti <strong>degli</strong> stessi cromosomi. Recentemente è<br />

stato identificato nel braccio corto del cromosoma 1B un locus ad<strong>di</strong>zionale Glu-B2 che co<strong>di</strong>fica<br />

per poche subunità LMW (Liu et al. 1995). Il locus Glu-A3 co<strong>di</strong>fica per 1-2 subunità LMW<br />

mentre il locus Glu-B3 co<strong>di</strong>fica per 7-8 subunità LMW; le tecniche <strong>di</strong> elettroforesi<br />

bi<strong>di</strong>mensionale sviluppate recentemente (Redaelli et l . 1995) <strong>di</strong>mostrano che ad entrambi i<br />

loci esiste un esteso polimorfismo allelico.<br />

LMW GLu- A 3—GLU B3<br />

GLI- A 1<br />

GLI -B 1<br />

GLI -A 2<br />

GLI -B 2<br />

GLI -A 3 GLI -A 5<br />

GLI -A 3 GLI -A 3<br />

Ciascuno dei loci Glu-A1 e Glu-B1 contiene due geni che co<strong>di</strong>ficano per una subunità HMW <strong>di</strong><br />

tipo x a maggior peso molecolare e una subunità <strong>di</strong> tipo y più leggera. In realtà, il gene del


locus Glu-A1 che co<strong>di</strong>fica per la subunità <strong>di</strong> tipo y è sempre inattivo mentre lo è quasi sempre<br />

l’altro gene <strong>di</strong> questo locus. Inoltre alcune subunità co<strong>di</strong>ficate dal locus Glu-B1 particolarmente<br />

frequenti in grano tenero sono assenti in grano <strong>duro</strong>. Attraverso una serie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> è stato<br />

<strong>di</strong>mostrato che la presenza <strong>di</strong> certe subunità HMW è correlata alla buona qualità panificatoria<br />

del grano tenero. L’osservazione che le subunità sono presenti prevalentemente nelle varietà<br />

<strong>di</strong> grano tenero con glutine forte e buona qualità panificatoria ha fornito un metodo semplice<br />

per scegliere i genotipi da incrociare e per selezionare le progenie sulla base della loro<br />

composizione in subunità HMW. In effetti la composizione in subunità HMW è in grado <strong>di</strong><br />

spiegare una quota significativa (anche il 50%) della variabilità osservata nella qualità<br />

panificatoria. Per ciò che riguarda il grano <strong>duro</strong>, la variabilità allelica per le subunità HMW è<br />

piuttosto limitata rispetto a quella <strong>di</strong> grano tenero, anche perché mancano o sono rare le<br />

proteine co<strong>di</strong>ficate dal locus Glu-A1.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista del miglioramento genetico è importante osservare che gli effetti delle<br />

subunità HMW e LMW sulla elasticità ed estensibilità <strong>degli</strong> impasti sono ad<strong>di</strong>tivi. Il ruolo svolto<br />

da queste subunità deriva dalla loro capacità <strong>di</strong> dare origine a polimeri <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni variabili<br />

attraverso la formazione <strong>di</strong> ponti <strong>di</strong>solfuro intermolecolari. La presenza <strong>di</strong> alcune subunità<br />

HMW e LMW è infatti risultata strettamente correlata con la formazione <strong>di</strong> polimeri gluteninici<br />

<strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni rispetto a quelli formati da altre subunità.<br />

SCOPO DEL LAVORO<br />

Alla luce <strong>di</strong> queste scoperte, l’approccio genetico al miglioramento qualitativo del grano deve<br />

mirare alla manipolazione del numero, della struttura e dell’espressione dei geni che<br />

co<strong>di</strong>ficano per le subunità gluteniniche in modo da incrementare la quantità <strong>di</strong> polimeri<br />

gluteninici <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni. Questi risultati si possono ottenere attraverso l’ aumento del<br />

numero <strong>di</strong> geni gluteninici attivi, l’aumento della loro efficienza <strong>di</strong> trascrizione e traduzione,<br />

oppure attraverso l’incremento della capacità delle subunità <strong>di</strong> formare ponti <strong>di</strong>solfuro<br />

intermolecolari. Allo scopo <strong>di</strong> introdurre le subunità HMW in grano <strong>duro</strong>, la varietà commerciale<br />

Grazia è stata incrociata con la varietà <strong>di</strong> grano tenero Salmone, mentre la varietà


commerciale Simeto è stata incrociata con la varietà <strong>di</strong> grano tenero Manital. Le progenie F1<br />

<strong>di</strong> ciascun incrocio sono state reincrociate con il genitore ricorrente tetraploide per 4<br />

generazioni, selezionando me<strong>di</strong>ante analisi elettroforetica ad ogni generazione gli in<strong>di</strong>vidui<br />

contenenti le subunità HMW . Le progenie ottenute dal quarto reincrocio sono state<br />

autofecondate per produrre in<strong>di</strong>vidui omozigoti per la presenza delle suddette subunità.<br />

RISULTATI<br />

• L’analisi alveografica delle semole ottenute dai genotipi in prova ha messo in evidenza<br />

che l’introduzione delle subunità HMW nelle linee quasi isogeniche Simeto ha<br />

determinato un significativo abbassamento del valore <strong>di</strong> W e del rapporto tra tenacità<br />

ed estensibilità (P/L) rispetto alla varietà commerciale Simeto . D’altra parte, la<br />

presenza delle subunità HMW nelle linee quasi isogeniche “Grazia ” ha determinato un<br />

leggero ma significativo incremento del parametro W e una riduzione statisticamente<br />

non significativa del rapporto P/L. Questi risultati suggeriscono che la qualità<br />

panificatoria del grano <strong>duro</strong> può essere migliorata significativamente introducendo in<br />

questa specie le subunità , le quali sembrano avere un effetto positivo sulla estensibilità<br />

del glutine e <strong>di</strong> conseguenza sul volume del pane.<br />

Un altro stu<strong>di</strong>o condotto sulla qualità panificatoria del grano <strong>duro</strong> si è basato sull’osservazione<br />

dell’assenza del genoma D presente nel grano tenero (triticum aestivum AABBDD) ma<br />

assente nel grano <strong>duro</strong> (AABB) e più precisamente dalla mancanza delle proteine <strong>di</strong> riserva<br />

co<strong>di</strong>ficate dal cromosoma 1D. Grazie alla scoperta <strong>di</strong> una varietà <strong>di</strong> grano tenero (cv.<br />

Perzivan) contenente una traslocazione spontanea del locus Glu-D3 dal cromosoma 1D al<br />

cromosoma 1A è stato possibile trasferire questo locus me<strong>di</strong>ante incrocio interspecifico tra la<br />

cv Perzivan e la varietà <strong>di</strong> grano <strong>duro</strong> Rodeo. In particolare, la progenie F1 del suddetto<br />

incrocio è stata reincrociata per 4 generazioni con la varietà Rodeo, selezionando ad ogni<br />

generazione me<strong>di</strong>ante elettroforesi gli in<strong>di</strong>vidui contenenti le subunità LMW co<strong>di</strong>ficate dal


locus Glu-D3 e le glia<strong>di</strong>ne co<strong>di</strong>ficate dal locus a<strong>di</strong>acente Gli-D1. L'ultima generazione da<br />

reincrocio è stata autofecondata per produrre in<strong>di</strong>vidui omozigoti per le suddette proteine <strong>di</strong><br />

riserva e questi ultimi sono stati moltiplicati per sviluppare linee tetraploi<strong>di</strong> quasi isogeniche.<br />

Infine le linee quasi isogeniche sono state allevate in parcelle replicate e le semole ottenute da<br />

questo materiale sono state sottoposte ad analisi biochimiche e alveo grafiche.<br />

• Come atteso, la presenza nelle linee tetraploi<strong>di</strong> quasi isogeniche delle proteine<br />

co<strong>di</strong>ficate dai loci Gli-D1/Glu-D3 ha mo<strong>di</strong>ficato significativamente le proprietà visco-<br />

elastiche del glutine. In particolare, è stata osservata una riduzione altamente<br />

significativa del rapporto P/L a seguito <strong>di</strong> un forte incremento del parametro<br />

“estensibilità” (L), accompagnata da una riduzione contenuta ma significativa (+10%)<br />

del parametro “forza” (W). Questi cambiamenti sono indubbiamente associati alla<br />

presenza dei suddetti loci, come <strong>di</strong>mostrato dalla invarianza dei parametri alveografici<br />

delle linee quasi isogeniche prive <strong>di</strong> questi loci rispetto alla varietà ricorrente Rodeo


4. Trasferimento <strong>di</strong> geni dalla specie selvatica D. villosum al<br />

frumento per la resistenza ai fattori biotici .<br />

La qualità dei frumenti è strettamente con<strong>di</strong>zionata dagli aspetti fitopatologici, in quanto i<br />

patogeni costituiscono un fattore limitante per la produzione cerealicola influenzando<br />

negativamente la resa sia intermini qualitativi che quantitativi, e uno <strong>degli</strong> obiettivi del<br />

miglioramento genetico è l’introgressione in genotipi dotati <strong>di</strong> interessanti caratteristiche<br />

qualitative e produttive, <strong>di</strong> nuovi geni <strong>di</strong> resistenza a stress biotici. Il lavoro del miglioratore<br />

genetico è basato sulla ricerca <strong>di</strong> nuovi geni <strong>di</strong> resistenza da utilizzare nel bree<strong>di</strong>ng al fine <strong>di</strong><br />

aumentare la <strong>di</strong>versificazione genetica tra le varietà <strong>di</strong> frumento e ridurre le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

omogeneità varietale che favorirebbero la <strong>di</strong>ffusione dei patogeni, per la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> resistenza<br />

da parte delle piante. A tal proposito, il “pool” genetico rappresentato da specie <strong>di</strong> cereali<br />

primitive o selvatiche ha ricevuto una particolare attenzione perché comprendono “popolazioni<br />

bilanciate” per geni che conferiscono adattamento all’ambiente e resistenza verso patogeni<br />

che evolvono rapidamente varianti con nuovi geni <strong>di</strong> virulenza.<br />

Fig 1 . L’oi<strong>di</strong>o o” mal bianco” è determinato da Blumeria graminis, che attacca la parti epigee<br />

della pianta (culmo foglie e spiga ). Sono soprattutto gli attacchi sull’ultima foglia quelli che hanno<br />

i maggiori effetti negativi sule rese <strong>di</strong> prodotto . la malattia è favorita da semine fitte e da abbondanti<br />

concimazioni azotate


MATERIALI E METODI<br />

Nel presente lavoro la specie miglioratrice per i caratteri <strong>di</strong> resistenza ai fattori biotici è stata<br />

Dasypyrum villosum Candargy (syn. Haynal<strong>di</strong>a villosa). Si tratta una specie <strong>di</strong>ffusa nel<br />

Me<strong>di</strong>terraneo, in particolar modo lungo il versante tirrenico della penisola italiana, dotata <strong>di</strong><br />

ampia variabilità genetica, essendo una specie allogama, e contiene geni utili per il<br />

miglioramento del frumento per caratteri agronomici, qualitativi, nonché <strong>di</strong> resistenza alle<br />

malattie. La sua resistenza alle ruggini e all’oi<strong>di</strong>o è stata confermata in <strong>di</strong>verse parti del<br />

mondo, compresa l’Italia, ma è altresì resistente ad altre malattie fungine come carbone, mal<br />

del piede, rizottoniosi, fusariosi della spiga e “complesso della septoriosi”<br />

Fig 2. Ruggine gialla. Gli attacchi<br />

<strong>di</strong>pendono soprattutto dalle<br />

con<strong>di</strong>zioni climatiche e dalla<br />

resistenza varietale, per questo<br />

motivo, essi sono più o meno<br />

elevati a seconda dell’annata, della<br />

zona <strong>di</strong> coltivazione del frumento e<br />

dalla varietà coltivata.<br />

Molti <strong>di</strong> questi geni sono stati in<strong>di</strong>viduati e localizzati nei cromosomi <strong>di</strong> Dasypyrum villosum e<br />

in particolare il cromosoma 6V sembra coinvolto nel conferimento <strong>di</strong> resistenza a <strong>di</strong>versi<br />

patogeni. Sul braccio corto del cromosoma 6V sono stati infatti localizzati <strong>di</strong>versi geni <strong>di</strong><br />

resistenza, in particolare un gene <strong>di</strong> resistenza alle infestazioni da parte dell’acaro Aceria


tosichella, vettore del virus del mosaico striato del frumento, il gene Yr26 che conferisce<br />

resistenza a Puccinia striiformis, agente causale della ruggine gialla, nonché il gene Pm21<br />

che conferisce resistenza all’ agente causale dell’ oi<strong>di</strong>o (Blumeria graminis f.sp. tritici) Bgt.<br />

Nel presente lavoro è stato analizzato il comportamento <strong>di</strong> linee <strong>di</strong> introgressione, derivate<br />

dall’incrocio tra la cv. <strong>di</strong> frumento tenero Chinese Spring (CS) e una accessione <strong>di</strong> Dasypyrum<br />

villosum resistente nei confronti <strong>di</strong> Bgt e Pt.<br />

Nella sperimentazione sono state ottenute delle linee aneuploi<strong>di</strong> 1 CS_V32 e CS_V63<br />

me<strong>di</strong>ante ibridazione interspecifica <strong>di</strong> Triticum aestivum cv. Chinese Spring e Dasypyrum<br />

villosum e successivo reincrocio a CS. Entrambe le linee aneuploi<strong>di</strong>, presentano nel genoma<br />

nucleare il cromosoma 6V sottoforma <strong>di</strong> sostituzione monosomia 6B-6V (CS_V32), e la linea<br />

(CS_V63) <strong>di</strong>somica per il cromosoma 6V<br />

Nelle prove epidemiologiche, non sempre le con<strong>di</strong>zioni climatiche e <strong>di</strong> semina nei campi<br />

sperimentali sono state favorevoli allo sviluppo <strong>di</strong> patogeni fungini, e per tale motivo, in alcuni<br />

campi, le linee parentali Chinese Spring (CS) e le linee Cs_V32 e CS_V63 che<br />

presentavano l’introgressione del cromosoma 6V sono state anche sottoposte ad inoculazione<br />

artificiale.<br />

RISULTATI:<br />

• Per quanto riguarda l’oi<strong>di</strong>o, le due linee CS_V32 e CS_V63 sono risultate resistenti in<br />

tutte le località dove la malattia è stata rilevata, ma soprattutto in quelle località dove gli<br />

attacchi del patogeno sono stati più consistenti (in particolare al Nord Italia : S. Angelo<br />

Lo<strong>di</strong>giano (LO), S. Lazzaro <strong>di</strong> Savena (BO) ma anche nel Lazio.<br />

• Nelle prove sperimentali è stato saggiato, anche il comportamento delle stesse linee<br />

aneuploi<strong>di</strong> e varietà <strong>di</strong> controllo (cv. Chinese Spring) nei confronti della ruggine bruna.<br />

Anche in questo caso le linee <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>zione e sostituzione <strong>di</strong>somica per il cromosoma 6V<br />

hanno mostrato un buon comportamento in campo, anche in quelle località dove i<br />

controlli suscettibili (Chinese Spring ) hanno subito attacchi più evidenti.<br />

1. Aneuploi<strong>di</strong>a . Descrive un cambiamento numerico solo in una parte del genoma, <strong>di</strong> solito <strong>di</strong> un singolo cromosoma. In<strong>di</strong>vidui che hanno un<br />

cromosoma extra, che mancano <strong>di</strong> un cromosoma o che hanno una combinazione <strong>di</strong> queste anomalie sono aneuploi<strong>di</strong>. Questa definizione<br />

comprende anche pezzi <strong>di</strong> cromosomi. Così, è considerato aneuploide anche un in<strong>di</strong>viduo in cui manca un braccio <strong>di</strong> cromosoma.


Questo farebbe pensare alla presenza <strong>di</strong> uno o più geni specifici che determinano resistenza<br />

in pianta, e la localizzazione <strong>di</strong> tali geni dovrebbe essere nel cromosoma 6V, in quanto la<br />

varietà parentale CS, è risultata più sensibile alla malattia in campo, laddove le linee <strong>di</strong><br />

introgressione derivate da CS hanno subito infezioni più lievi.<br />

• Per quanto riguarda la resistenza all’oi<strong>di</strong>o, un ulteriore analisi è stata effettuata sulle<br />

progenie F2 e F3 derivate dall’incrocio tra la linea CS_V63 resistente all’oi<strong>di</strong>o, <strong>di</strong>somica<br />

per il cromosoma 6V , e la linea CS+6V anch’essa <strong>di</strong>somica per il cromosoma 6V,<br />

ottenuta utilizzando una altra accessione italiana <strong>di</strong> . Dasypyrum villosum e che non<br />

mostra caratteri <strong>di</strong> resistenza verso l’oi<strong>di</strong>o. Questi dati hanno anche confermato<br />

l’estrema variabilità presente nelle accessioni <strong>di</strong> Dv utilizzate nelle prove sperimentali.<br />

• Le progenie F2 sono state utilizzate per stu<strong>di</strong>are la base genetica della resistenza ad<br />

oi<strong>di</strong>o in CS_V63 e per stabilire la <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> mappa tra il gene <strong>di</strong> resistenza e marcatori<br />

genetici biochimici (glia<strong>di</strong>ne). Le analisi elettroforetiche delle proteine <strong>di</strong> riserva (A-<br />

PAGE) hanno confermato l’ere<strong>di</strong>tà monogenica del blocco delle glia<strong>di</strong>ne α / β co<strong>di</strong>ficate<br />

al locus Gli-V2, ma ulteriori analisi sono tuttora in corso per verificare l’eventuale<br />

associazione tra il locus PmVt e il locus Gli-V2.<br />

• Le progenie F3 invece, sono state utilizzate per identificare marcatori molecolari (RAPD<br />

e SSR) associati al fenotipo <strong>di</strong> resistenza all’oi<strong>di</strong>o evidenziato nella progenie F2. Le<br />

analisi molecolari sono state condotte sul DNA genomico estratto dal tessuto fogliare<br />

ed è stato utilizzato per le reazioni <strong>di</strong> amplificazione PCR, il marcatore RAPD<br />

OPH171900. Tale marcatore, costituito da un unico primer con sequenza 5’-<br />

CACTCTCCTC-3’, amplifica un frammento <strong>di</strong> 1900 bp in linee resistenti all’oi<strong>di</strong>o, che<br />

invece risulta assente in quelle suscettibili, ma l’associazione non è così stretta (Fig 3.)


Figura 3. Analisi “preliminari” elettroforetiche su progenie F2 resistenti e suscettibili<br />

derivanti dall'incrocio (CS-V69) X (CS+6V) utilizzando il marcatore OPH17.<br />

• Un altro dato emerge dall’osservazione fatta sulle piantine allo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> prima foglia<br />

della progenie F2 (CS+6V) x (CS_V63), cui sono state effettuate sia analisi<br />

fitopatologiche, me<strong>di</strong>ante inoculazioni artificiali con il patotipo O2 <strong>di</strong> Bgt (usato per i<br />

caratteri <strong>di</strong> virulenza e <strong>di</strong>ffusione nel territorio) e sia analisi elettroforetiche <strong>di</strong> marcatori<br />

molecolari e biochimici (proteine <strong>di</strong> riserva). Su un totale <strong>di</strong> 356 piante F2, 270 sono<br />

risultate resistenti e 86 suscettibili e in accordo con l’ipotesi <strong>di</strong> una segregazione <strong>di</strong> tipo<br />

monogenico dominante 3:1 . L’analisi ha quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrato che il controllo della<br />

resistenza è dovuto ad un unico gene dominante che è stato momentaneamente<br />

denominato PmVt. Questo gene potrebbe risultare allelico al gene Pm21, già<br />

in<strong>di</strong>viduato sul braccio corto del cromosoma 6V <strong>di</strong> Dv.


il primer RAPD OPH17 specifico per il braccio corto del cromosoma 6V, amplifica la banda da<br />

1900 bp in CS_V63 ma non in Cs +6V (Fig. 3), quin<strong>di</strong> è atteso che le progenie F3 manifestino<br />

segregazione oltre che per la resistenza/ suscettibilità a Bgt, anche per la presenza/assenza<br />

dell’amplicone OPH171900, ma le indagini condotte su una parte delle progenie F2<br />

<strong>di</strong>sponibili, hanno evidenziato la segregazione attesa, ma l’associazione del marcatore in<br />

questione con il gene <strong>di</strong> resistenza in<strong>di</strong>viduato (che potrebbe corrispondere al Pm21), non<br />

sembra essere così stretta. Infatti, mentre il bulk <strong>di</strong> DNA <strong>di</strong> alcune progenie F2 suscettibili a<br />

Bgt, consentiva l’amplificazione del frammento, il DNA <strong>di</strong> alcune progenie F2 resistenti a Bgt,<br />

non ha consentito l’amplificazione del frammento OPH171900. Il marcatore OPH171900, pur<br />

non risultando strettamente associato al gene PmVt, tuttavia potrebbe risultare utile almeno<br />

per <strong>di</strong>agnosticare la presenza del cromosoma 6V.<br />

Saranno quin<strong>di</strong> necessarie ulteriori indagini sia per confermare l’eventuale allelismo tra il gene<br />

PmVt e il Pm21, sia per quantificare con precisione la <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> mappa tra il locus per<br />

OPH171900 e PmVt.


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