Antigene-Anticorpo - Altervista
Antigene-Anticorpo - Altervista
Antigene-Anticorpo - Altervista
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Ag-Ab
Reazione <strong>Antigene</strong>-<strong>Anticorpo</strong><br />
Immunocomplesso: reazione dell’antigene con il corrispondente anticorpo con<br />
formazione di un complesso tenuto insieme da legame chimico , non covalente che<br />
si forma tra i residui amminoacidici dell’Ag (antigene) e quelli del sito combinato<br />
dell’anticorpo.<br />
Tipi di legame :<br />
o Legame idrogeno : atomo di idrogeno è condiviso da due atomi<br />
elettronegativi<br />
o Legame elettrostatici : attrazione di carice elettriche di segno<br />
opposto<br />
o Forze di Van der Waals : movimento degli elettroni di una<br />
molecola che la inducono a comportarsi in maniera temporanea<br />
come un dipolo , attraendole molecole vicine<br />
o Legami idrofobici : determinati quando una molecola idrofobica si<br />
trova in acqua. Le molecole idrofobiche si aggregano per evitare il<br />
solvente.
Reazione <strong>Antigene</strong>-<strong>Anticorpo</strong><br />
Affinita : somma algebrica delle forze attrattive e repulsive tra antigene ed anticorpo<br />
Avidità : insieme delle forze d’interazione tra i singoli siti combinatori<br />
dell’anticorpo e l’antigene
Immunoprecipitazione<br />
Rappresenta la formazione di un complesso tridimensionale detto lattice che<br />
determina un precipitato visibile. Può essere utilizzata sia in modo qualitativo che<br />
quantitativo
Precipitazione quantitativa<br />
Si ottiene facendo reagire quantità costanti di anticorpo con quantità crescenti<br />
d’antigene. La precipitazione è dovuta alla formazione di un reticolo di molecole<br />
antigene-anticorpo.
Reazione di precipitazione<br />
Le reazioni di precipitazione sono utilizzate per evidenziare la presenza<br />
dell’antigene oppure dell’anticorpo. Vengono utilizzati reazioni in mezzi<br />
semisolidi (agar) :
Immunodiffusione doppia
Immunodiffusione doppia<br />
• Se gli antigeni sono<br />
identici : si forma una linea<br />
continua del precipitato<br />
• Se gli antigeni sono diversi :<br />
si hanno due linee di<br />
precipitato che si incrociano<br />
• Se l’antigene A possiede degli<br />
epitopi in comune con l’antigene B<br />
: si forma una linea di precipitato<br />
non continua
Immunodiffusione radiale<br />
Viene detto anche metodo di Mancini . Usato per la determinazione quantitativa<br />
dei livelli delle immunoglobuline e dei componenti del complemento presenti sia<br />
nel siero che in altri liquidi.<br />
Il metodo consiste :<br />
• Stratificare l’agar in cui è stato aggiunto un<br />
antisiero specifico in piastre di petri<br />
• Si effettuano dei pozzetti<br />
• Si aggiunge l’antigene<br />
• L’antigene diffondendo dà origine ad un<br />
alone di precipitazione<br />
• Il diametro dell’alone è proporzionale alla<br />
concentrazione dell’antigene
Immunoelettroforesi<br />
Metodo utilizzato per l’analisi delle proteine del siero . Essa si basa su una<br />
reazione di precipitazione preceduta da una migrazione elettroforetica del siero.<br />
Il metodo si basa :<br />
• Si stratifica l’agar su un vetrino porta oggetto<br />
• Si crea un pozzetto in cui si pone il siero da esaminare<br />
• Si applica un campo elettrico<br />
• Le proteine migreranno secondo la loro carica elettrica e la loro mobilità<br />
• Separate le proteine si pratica un altro pozzetto parallelo al senso di migrazione<br />
e vi si aggiunge l’antisiero<br />
• Si lascia diffondere l’antisiero<br />
• Nella zona di incontro tra antigene ed anticorpo si forma la banda di<br />
precipitazione
Western Blot ( Immunoblot )<br />
Questo metodo viene utilizzato per identificare e caratterizzare gli Ag sia nella<br />
ricerca sia nella clinica.<br />
Il metodo consiste nel :<br />
• Separare gli antigeni attraverso l’utilizzo di un gel di poliacrilammide<br />
• Trasferire il gel su una membrana di nitrocellulosa<br />
• Aggiungere un anticorpo specifico per l’Ag ricercato marcato con un marcatore<br />
enzimatico<br />
• L’anticorpo si collocherà solo dove la reazione sarà avvenuta permettendo di<br />
analizzare con facilità la quantità e la presenza dell’Ag<br />
• In alternativa può essere utilizzato un anticorpo marcato con un tracciante<br />
radioattivo.
Western Blot ( Immunoblot )
Agglutinazione<br />
L’interazione tra un anticorpo e un antigene corpuscolato ( presente su batteri,<br />
eritrociti, leucociti, ecc) determina la formazione di aggregati visibili, definita<br />
agglutinazione. L’anticorpi in questo caso prenderanno il nome di agglutinine.
Titolo anticorpale del siero
Inibizione dell’agglutinazione<br />
E’ un saggio altamente sensibile per evidenziare piccole quantità di Ag (<br />
es. droghe) oppure per determinare se un soggetto è stato esposto ad<br />
alcuni virus che causano l’agglutinazione dei globuli rossi ( es. rosolia ,<br />
influenza, ecc)<br />
In pratica se nel siero del paziente sono presenti Ab contro un virus , essi<br />
reagiranno con questo, quindi il virus non sarà più in grado di agglutinare i<br />
globuli rossi aggiunti in un secondo momento<br />
Le reazioni d’agglutinazione sono utilizzate anche per determinare i gruppi<br />
sanguigni di un paziente (emoagglutinazione) oppure per ricercare un<br />
anticorpo legato ad un antigene ( test di Coombs).
Emoagglutinazione<br />
Viene utilizzata per determinare il gruppo sanguigno utilizzando anticorpi anti-A, anti-<br />
B, anti-AB
Test di Coombs
Test di Coombs diretto<br />
• I globuli rossi del paziente vengono lavati per allontanare le IgG non legate alla<br />
membrana<br />
• I globuli rossi vengono posti direttamente a contatto con il siero di Coombs<br />
• Si stabilisce cosi se i globuli rossi sono stati ricoperti in vivo da IgG , come<br />
accade nelle malattie emolitiche autoimmuni<br />
• Test positivo : le emazie agglutinano , significa che gli Ab del coniglio si sono<br />
legati agli Ab adesi sulla membrana degli eritrociti .
Test di Coombs indiretto<br />
• Gli eritrociti vengono lavati per rimuovere le IgG non legate alle membrane .<br />
• Si incubano i globuli rossi del paziente o degli eritrociti compatibili con il siero del<br />
paziente e successivamente con il siero di Coombs.<br />
• Il test viene detto indiretto perche il siero del paziente è incubato con eritrociti<br />
normali per far aderire gli eventuali anticorpi anti-eritrocitari.<br />
• Test positivo : i globuli rossi agglutinano , quindi nel siero testato vi è la presenza<br />
di Ab.
Immunoflorescenza<br />
Permette di legare ad alcuni anticorpi delle sostanze fluorescenti , senza alterarne la<br />
capacità di legarsi agli antigeni<br />
Le sostanze fluorescenti in questione sono :<br />
• La fluorosceina<br />
• La rodamina<br />
Le sostanze fluorescenti coniugate agli anticorpi possono evidenziare al microscopio<br />
a fluorescenza la presenza di :<br />
• Antigeni di superficie di cellule viventi in sospensione<br />
• Antigeni presenti nel citoplasma<br />
• Antigeni presenti nei nuclei<br />
Il metodo viene utilizzato per identificare :<br />
• fenotipi cellulari<br />
• i componenti del complemento<br />
• antigeni tissutali<br />
• antigeni tumorali<br />
• batterici<br />
• virali
Esistono due metodi :<br />
Immunoflorescenza diretta ed<br />
indiretta<br />
• Metodo diretto : l’anticorpo specifico coniugato al fluorocromo si fa<br />
direttamente aderire agli antigeni cellulari<br />
• Metodo indiretto : l’anticorpo specifico ( anticorpo primario) non<br />
coniugato si fa aderire agli antigeni cellulari , in una seconda fase , si<br />
aggiunge un anticorpo anti- anticorpo primario, coniugato con il<br />
fluorocromo.
FACS<br />
( fluorescence- activated cell sorter )<br />
Si basa sul principio della citometria a flusso . Viene utilizzato un raggio laser e un<br />
rivelatore di luce per contare le cellule
FACS<br />
( fluorescence- activated cell sorter )<br />
La citometria a flusso si basa sul seguente principio:<br />
• Un campione, contenente le cellule,è incubato con un Ab monoclonale<br />
marcato con un fluorocromo<br />
• Le cellule che hanno legato ai loro antigeni di membrana l’Ab<br />
fluorescinato vengono eccitati dal raggio laser ed emettono la luce<br />
• Il rilevatore della luce misura sia la grandezza sia il numero delle cellule<br />
che hanno legato l’Ab marcato<br />
• Un computer analizza questi parametri e crea un diagramma in cui sono<br />
riportate il numero delle cellule e la loro tipologia
RIA<br />
( saggio radioimmunologico)<br />
E’ una tecnica molto sensibile che può rivelare la presenza di un antigene o di<br />
un anticorpo a concentrazioni inferiori a 0,001 pg/ml.<br />
Il test RIA si basa sulla competizione tra un antigene radio marcato ed uno non<br />
marcato per un anticorpo specifico ad alta affinità.<br />
L’antigene è marcato generalmente con piccole quantità di un isotopo radioattivo<br />
( per es. I 251 ) che emette raggi gamma ( γ )
RIA<br />
( saggio radioimmunologico)<br />
• Se si vuole determinare la concentrazione di un antigene X , presente nel<br />
siero , lo si purifica e lo si marca con I 251<br />
• Si allestiscono una serie di provette contenenti una quantità costante<br />
d’antigene X radiomarcato e di anticorpi anti-antigene X<br />
• Si aggiunge una quantità crescente del siero in esame , in cui è presente<br />
l’antigene da testare.<br />
• L’anticorpo si può legare sia all’antigene marcato sia all’antigene non<br />
marcato, quindi i due tipi d’antigene competono per legare l’anticorpo.<br />
• Si misura con un contatore gamma la quantità d’antigene marcato rimasto in<br />
soluzione e quindi per differenza si può determinare la concentrazione di<br />
antigene non marcato.
ELISA<br />
( enzyme-linked immunosorbent assay)<br />
E’ una tecnica simile al RIA ma è più sicuro è meno costoso<br />
Viene utilizzata per evidenziare la reazione antigene -anticorpo<br />
Si utilizza un marcatore enzimatico contrariamente al RIA in cui si utilizza un<br />
marcatore radioattivo<br />
Sono impiegati vari enzimi tra cui :<br />
• la β-galattosidasi<br />
•La fosfatasi alcalina<br />
•La perossidasi di rafano<br />
Il test si basa sul fatto che un enzima coniugato ad un anticorpo reagisce con un<br />
substrato incolore, detto substarto cromatogenico, e dà origine a un prodotto di<br />
reazione colorato.<br />
L’intensità del colore è proporzionale alla quantità d’anticorpo marcato che si lega<br />
all’antigene.
ELISA<br />
(metodo indiretto)<br />
Viene utilizzato per determinare la quantità di<br />
anticorpi. Si basa sul seguente procedimento:<br />
• In un micropozzetto ricoperto d’antigene si<br />
aggiunge il campione da analizzare ( siero o<br />
un altro campione , in cui è presente<br />
l’anticorpo da testare, detto Ab primario e lo si<br />
lascia reagire con l’antigene.<br />
• Si aggiunge un anticorpo secondario anti-Ab<br />
primario, coniugato ad un enzima.<br />
• Si lava via l’Ab secondario libero e si<br />
aggiunge il substrato per l’enzima.<br />
• La quantità di prodotto di reazione colorato,<br />
che si forma , viene valutata mediante speciali<br />
lettori spettrofotometrici<br />
• I lettori spettrofotometrici possono misurare<br />
l’assorbanza di una piastra a 96 pozzetti .
ELISA<br />
(metodo indiretto)<br />
Il test ELISA è utilizzato anche per determinare la presenza di anticorpi<br />
sierici diretti contro il virus dell’immunodeficienza umana ( HIV), antigene<br />
eziologico dell’ AIDS.<br />
In questo caso le proteine ricombinanti dell’involucro e del core dell’HIV (Ag)<br />
vengono adsorbite nei micropozzetti.<br />
E’ possibile evidenziare la presenza di anticorpi sierici diretti contro l’HIV,<br />
mediante l’ELISA indiretto , entro 6 settimane dall’infezione
ELISA<br />
(a sandwich)<br />
Viene utilizzato per determinare la quantità<br />
dell’antigene.<br />
ELISA sandwich :<br />
• il micropozzetto è ricoperto con l’anticorpo<br />
primario<br />
• Viene aggiunto il campione contenente<br />
l’antigene da misurare<br />
• Dopo un periodo di incubazione si aggiunge<br />
un anticorpo specifico per l’antigene coniugato<br />
con un enzima.<br />
• Si lava via l’Ab secondario libero e si<br />
aggiunge il substrato dell’enzima.<br />
• L’intensità del colore è proporzionale alla<br />
quantità di anticorpo secondario marcato che si<br />
lega all’antigene, e quindi alla concentrazione<br />
dell’Ag.
ELISA<br />
(competitivo)<br />
ELISA competitivo :<br />
• E’ un test di inibizione la concentrazione dell’Ag<br />
è inversamente proporzionale al colore<br />
sviluppato.<br />
• Si incuba l’anticorpo primario con il campione<br />
contenente l’Ag da misurare<br />
• Si aggiunge la miscela Ag-Ab formatasi ai<br />
micropozzetti contenenti l’Ag.<br />
• Maggiore è la quantità di Ag, presente nel<br />
campione , minore sarà la quantità di anticorpo<br />
primario libero.<br />
• Si aggiunge l’anticorpo secondario, specifico<br />
per l’Ab primario, coniugato con un enzima.<br />
• Dopo aver lavato via l’Ab secondario si<br />
aggiunge il relativo substrato e si misura il<br />
prodotto di reazione colorato
Complemento<br />
• E’ formato da un complesso sistema multifattoriale, costituito da oltre 20 proteine sieriche<br />
, che ha la funzione di distruggere i batteri tramite la lisi o la fagocitosi.<br />
• Soggetti affetti da deficit quantitativo o funzionale del complemento pur avendo livelli<br />
normali di Ig, sono particolarmente esposti a ripetute infezioni.<br />
• Le molecole del complemento si trovano nel sangue o nei liquidi biologici, in forma inattiva<br />
finche non sono attivati da microrganismi o altri fattori.<br />
• Il meccanismo di attivazione è un meccanismo a cascata, in cui il primo elemento agisce<br />
sul successivo , rendendolo attivo e quindi capace di agire sull’elemento successivo.<br />
• L’attività è localizzata nella zona d’innesco con una emivita degli elementi di un millesimo<br />
di secondo.<br />
• Le molecole del complemento sono indicate con una numerazione , che va da C1 al C9 ,<br />
oppure con le lettere maiuscole (B,D,P).<br />
• I frammenti derivati dalla molecola che ha subito l’azione enzimatica dell’elemento che lo<br />
precede nella cascata, sono indicati con le lettere minuscole (es. C5a, C5b) .<br />
• Il meccanismo terminale dell’azione del complemento è la formazione di un “complesso<br />
litico”, detto complesso d’attacco alla membrana (MAC), costituito dai fattori che vanno dal<br />
C5 al C9.
Complemento
Complemento
Via classica<br />
• Il primo fattore attivato è C1 .<br />
• Il fattore C1 è costituito da un complesso tri-molecolare di 750 kDa legato in<br />
maniera non covalente , C1q, C1r, C1s , in un rapporto molare di 1/2/2<br />
(C1qr 2 s 2 ).<br />
• C1q è una proteina complessa, ricca in idrossiprolina, idrossilisina e glicina che<br />
per le sue caratteristiche elettroforetiche presenta delle analogie con le Ig,<br />
mentre per la sua struttura amminoacidica ricorda le proteine del collagene.<br />
• La molecola C1q è costituita da 6 unità ognuna costituita da tre distinte<br />
subunità A,B,C<br />
• E’ possibile distinguere una parte centrale compatta , che lega C1r e C1 s , ed<br />
una struttura più esterna che termina con una forma a calice.<br />
• La struttura a calice svolge la funzione di riconoscere e legare particolari siti<br />
presenti nelle Ig, i quali si evidenziano durante la formazione<br />
dell’immunocomplesso.<br />
• La sub-unità C1q si deve legare ai domini C H 2 di almeno due anticorpi IgG<br />
adiacenti .<br />
• La sub-unità C1q si può legare ad un solo anticorpo IgM perche dotato di molti<br />
domini C H 3.<br />
• Esistono 4 sottoclassi di IgG nell’uomo ciascuna delle quali ha una differente<br />
affinità per C1q. La più affine è IgG3 , seguita dall’IgG1 e IgG2 mentre l’IgG4<br />
non attiva il complemento.
Via classica<br />
•C1s inattivo ha un peso molecolare intorno a 90 kDa ed è costituito da una sola<br />
catena polipeptidica<br />
•L’attivazione di C1s comporta la formazione di due catene una più grande (a) ed una<br />
più piccola (b) , in cui si trova il sito enzimatico necessario per l’attivazione dei<br />
componenti successivi .<br />
• L’attività enzimatica è di tipo serino-esterasi, ed agisce su due substrati C4 e C2<br />
che vengono scissi rispettivamente in C4a e C4b , e in C2a e C2b dando origine al<br />
complesso C4b2a, denominato C3 convertasi che ha la capacità di attivare il fattore<br />
C3.
Via classica<br />
meccanismi di controllo<br />
Le reazioni che caratterizzano la via classica sono soggette al controllo di diverse<br />
proteine solubili quali :<br />
• C1 inibitore ( C1 INH ) : questo fattore agisce su C1, bloccando<br />
l’attività enzimatica di C1s ( edema angioneurotico , dipende<br />
dall’assenza di questo fattore)<br />
• C4bp ( C4 binding protein) : questo fattore si lega al C4b,<br />
bloccando la formazione del complesso C4b2a e permettendo ,<br />
cosi, il legame del fattore H, capace a sua volta di inattivare ,<br />
oltre che il C3b, anche il C4b.<br />
• Fattore I : questo fattore inattiva il C3b, formando il C3b inattivo<br />
(iC3b).<br />
Questi meccanismi sono necessari per mantenere gli effetti dell’innesco della<br />
cascata del complemento solamente a livello del sito d’attivazione.
Via alternativa
Via alternativa
Via lectinica<br />
•Viene attivata in assenza di Ab .<br />
•E’ un meccanismo di difesa aspecifico<br />
•Viene indicata come MBL , ossia la via della lectina legante il mannosio<br />
•La sua attivazione dipende dal riconoscimento non specifico di sostanze estranee<br />
(carboidrati).<br />
•Presenta analogie strutturali alla via classica.<br />
•La MBL è simile al C1q, infatti dopo che si è legata ad un microrganismo si unisce,<br />
per formare un complesso attivo , ad un enzima , detto MASP (MBL-associated<br />
serine-protease) , che è simile al C1r e al C1s della via classica.<br />
•Il complesso MBL-MASP cliva il C4 e il C2 e porta alla formazione di una C3<br />
convertasi che ha come conseguenza la formazione della C5 convertasi.
Formazione del complesso d’attacco alla<br />
membrana<br />
( MAC )<br />
La C5 convertasi provoca la scissione del C5 in C5a e C5b.<br />
La C5a liberato contribuisce con le sue capacità anafilattiche e chemiotattiche alla<br />
risposta infiammatoria locale<br />
La C5b si lega al C6 e al C7 per formare il complesso C5b-7, che presentano la<br />
capacità di legarsi alle membrane biologiche.<br />
Il complesso C5b-7 lega una molecola del fattore C8 e circa 10 molecole di C9,<br />
formando il complesso d’attacco alla membrana (MAC), il C5b-9.<br />
Il complesso d’attacco alla membrana (MAC) ha attività litica sulle membrane,<br />
causando la formazione di pori di circa 10 nm di diametro<br />
Attraverso i pori avviene il passaggio d’acqua e di Sali che portano alla lisi<br />
osmotica della cellula o del microrganismo.<br />
La proteina S si lega al complesso C5b-9, la quale blocca l’attività di lisi e quindi<br />
regola l’attività biologica del MAC.
Fattori regolatori<br />
Esistono molecole di membrana ad attività regolatoria tra cui:<br />
• fattore accellerante il decadimento ( DAF) e la proteina cofattore di<br />
membrana (MCP), che agiscono sulla C3 convertasi della via classia e<br />
della via alternativa.<br />
• fattore di restrizione omologa (HRF) e l’ inibitore di membrana della<br />
reazione di lisi (MIRL/CD59), che lega il complesso C5b-8 e blocca il<br />
legame del C9 alle cellule autologhe.
Anticorpi Monoclonali
Struttura e funzione degli anticorpi<br />
Quando un antigene entra nell'organismo, esso stimola una risposta<br />
immunitaria. Il principale elemento di questa risposta comprende<br />
l'attivazione di linfociti B selezionati per produrre anticorpi capaci di legare<br />
l'antigene (immunità umorale).<br />
Il legame con l'anticorpo può ridurre/inattivare l'attività biologica<br />
dell'antigene (specialmente se si tratta di una tossina), ed inoltre "marca"<br />
l'antigene per la distruzione da parte di altri elementi del sistema<br />
immunitario.<br />
Un dato anticorpo si legherà solo ad una specifica regione dell'antigene,<br />
detta epitopo . La maggior parte degli antigeni che si trovano in natura<br />
(proteine, virus, batteri) contengono centinaia, se non migliaia di differenti<br />
epitopi. Un tipico epitopo sulla superficie di una proteina comprende da<br />
cinque a sette residui amminoacidici.
Struttura e funzione degli anticorpi<br />
Una molecola di anticorpo (immunoglobulina) è costituita da due catene proteiche<br />
"leggere" (L) identiche e da due, anch'esse identiche, catene proteiche "pesanti"<br />
(H), tenute insieme tutte sia da legami a idrogeno sia da ponti bisolfuro<br />
esattamente localizzati.<br />
Le regioni N-terminali delle catene L e H formano in ciascun anticorpo il sito di<br />
riconoscimento dell'antigene.<br />
I siti che riconoscono e fissano gli antigeni sono costituiti da tre regioni<br />
determinanti la complementarietà (CDR) collocate nell'ambito delle regioni variabili<br />
(VH e VL) alle estremità N delle due catene H e delle due catene L.<br />
Le CDR costituiscono la parte della molecola anticorpale che presenta la massima<br />
variabilità della sequenza amminoacidica.<br />
Oltre alle regioni variabili (VH e VL), ogni catena L contiene una regione, o<br />
dominio, costante (CL), e ogni catena H ha tre regioni, o domini, costanti (CH1,<br />
CH2, CH3). Digerendo gli anticorpi con l'enzima papaina, si liberano tre frammenti:<br />
due identici (Fab)-ognuno dei quali contiene una catena L intatta congiunta da<br />
ponte bisolfuro alle regioni CL e CH1 della catena H- e uno diverso (Fc), il quale<br />
consta di due frammenti di catena H, ognuno contenente i domini CH2 e CH3,<br />
congiunti da un legame bisolfuro. Il frammento Fab conserva l'attività legante<br />
l'antigene.
Struttura e funzione degli anticorpi<br />
Una volta avvenuto il legame antigene-anticorpo, in una molecola anticorpale<br />
intatta la porzione Fc suscita parecchie risposte immunitarie:<br />
• Si attiva la cascata del complemento. I componenti di questo sistema<br />
disgregano le membrane cellulari, attivano i fagociti e generano segnali per<br />
mobilizzare altri componenti del sistema di risposta immunitaria.<br />
• Prende corpo la citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente (ADCC)<br />
provocata dal legame tra la porzione Fc dell'anticorpo e il recettore Fc di una<br />
cellula ADCC effettrice.<br />
• In seguito al legame tra la regione Fab e un antigene solubile la porzione Fc<br />
di un anticorpo si può fissare sui recettori Fc delle cellule fagocitiche, che<br />
inglobano e distruggono il complesso anticorpo-antigene.
Struttura e funzione degli anticorpi
Principi alla base della produzione di Anticorpi<br />
monoclonali<br />
Ogni specifico anticorpo, che riconosce uno specifico epitopo, è prodotto da uno<br />
specifico linfocita B. L'isolamento e la coltura in vitro di una cellula capace di<br />
produrre un singolo anticorpo rappresenta una fonte di anticorpi monoclonali<br />
(monospecifici).<br />
Tuttavia i linfociti B, quando sono coltivati in vitro, muoiono dopo brevissimo<br />
tempo, e quindi non possono essere una fonte per la produzione a lungo termine<br />
di anticorpi.<br />
La tecnologia dell'anticorpo monoclonale comprende l'isolamento di questi<br />
linfociti B, e la loro successiva fusione con cellule trasformate (cellule<br />
mielomatose). Molte delle risultanti cellule ibride manterranno l'immortalità, oltre<br />
a produrre grandi quantità dell'anticorpo monospecifico.
Principi alla base della produzione di Anticorpi<br />
monoclonali<br />
La tecnica degli ibridomi può servire quindi a mantenere una scorta continua di<br />
anticorpo monospecifico puro, e l'obiettivo attuale consiste nel progettare e produrre<br />
anticorpi monoclinali umani dotati tanto di specifiche proprietà immunoterapiche<br />
quanto di bassa immunogenicità potenziale.
PREPARATI DI ANTICORPI POLICLONALI<br />
I preparati di anticorpi policlonali sono stati usati per decine di anni per indurre<br />
immunizzazione passiva contro malattie infettive e altri agenti dannosi, in<br />
particolare tossine (es.antisiero equino contro l'infezione da Corynebacterium<br />
diphteriae).<br />
I preparati di anticorpi sono generalmente somministrati per iniezione<br />
endovenosa. Mentre questo fornisce un'immediata protezione immunitaria,<br />
l'effetto è transitorio, e di solito persiste per sole due o tre settimane (per<br />
esempio finché gli anticorpi non sono escreti).<br />
L'immunizzazione passiva può essere usata come profilassi (es.<br />
somministrazione di anticorpi diretti contro tossine di serpenti a persone che<br />
debbano viaggiare in luoghi dove tali serpenti si trovino comunemente) o come<br />
terapia (es. somministrazione di anticorpi antiveleno immediatamente dopo il<br />
morso di un serpente).
Preparazione di un antisiero<br />
I preparati di anticorpi usati per indurre immunità passiva possono essere ottenuti<br />
da fonti animali o umane. I preparati di origine animale sono in genere chiamati<br />
"antisieri", mentre quelli di origine umana sono detti "immunoglobuline". In entrambi i<br />
casi gli anticorpi predominanti sono le IgG. Gli antisieri sono generalmente prodotti<br />
per mezzo dell'immunizzazione di animali sani con appropriati antigeni. Piccoli<br />
campioni di sangue sono successivamente prelevati dall'animale e su questi si fa<br />
un'analisi quantitativa della presenza degli anticorpi desiderati (enzyme-linked<br />
immunosorbent assay - ELISA). Il sangue viene raccolto usando una tecnica<br />
aseptica all'interno di contenitori sterili (in presenza di eparina o altro<br />
anticoagulante).<br />
La frazione anticorpale viene quindi purificata dal siero per mezzo di successive<br />
precipitazioni (etanolo e ammonio solfato) o di cromatografia ad alta risoluzione.<br />
Dopo questa purificazione si determina il titolo degli anticorpi, solitamente per<br />
mezzo di saggi biologici o immunologici. Spesso si aggiungono stabilizzanti come<br />
NaCl (0.9% w/v) o glicina (2- 3% w/v).
Preparazione di un antisiero<br />
Preparati di anticorpi policlonali di origine umana o animale usati per indurre<br />
immunità passiva contro specifici agenti biologici
Preparazione di un antisiero<br />
Gli antisieri si sono dimostrati preziosi nel trattamento di molte patologie, ma<br />
possono anche indurre particolari effetti indesiderati, tra cui è particolarmente<br />
degna di nota la loro capacità di indurre reazioni di ipersensibilità, le quali<br />
possono arrivare fino allo shock anafilattico con la morte del paziente.<br />
I preparati di anticorpi policlonali in uso terapeutico possono essere<br />
raggruppati secondo il loro target in:<br />
• Anticorpi diretti contro specifici patogeni microbici o virali<br />
• Anticorpi diretti contro tossine microbiche<br />
• Anticorpi diretti contro il veleno di ragni e serpenti (antiveleno)
ANTICORPI MONOCLONALI<br />
La tecnologia degli anticorpi monoclonali si è sviluppata negli anni '70, quando<br />
Kohler e Milstein riuscirono a fondere cellule mielomatose immortali con<br />
linfociti B produttrici di anticorpi. Una parte degli ibridi ottenuti risultava essere<br />
stabile, con caratteristiche cancerose e capace di produrre anticorpi. Queste<br />
cellule, dette ibridomi, rappresentavano dunque una inesauribile fonte di<br />
anticorpi monospecifici (monoclonali).
Formazione e selezione delle cellule ibride<br />
Il primo passo della produzione di una linea cellulare ibrida che produca un unico<br />
anticorpo è l'inoculazione, nel topo o nel ratto, dell'antigene contro il quale si<br />
desidera venga prodotto l'anticorpo. Dopo parecchie inoculazioni e in capo ad un<br />
periodo di alcune settimane, si saggiano gli animali per stabilire se hanno o meno<br />
sviluppato la risposta immunitaria. In caso affermativo essi vengono uccisi e se ne<br />
asporta la milza (che ospita i linfociti, le cellule che producono gli anticorpi), la si<br />
lava e trita, e si agita poi dolcemente per liberare le singole cellule, alcune delle<br />
quali saranno cellule B produttrici di anticorpi.<br />
Si mescola la sospensione di cellule spleniche con una sospensione di cellule di<br />
cellule mielomatose geneticamente prive dell'enzima ipoxantina-guaninafosforibosil-transferasi<br />
(HGPRT -). La miscela delle sospensioni cellulari viene<br />
mescolata con glicole polietilenico al 35% per alcuni minuti e successivamente<br />
trasferita a un mezzo di coltura contenente ipoxantina, amminopterina e timidina<br />
(mezzo HAT).
Formazione e selezione delle cellule ibride<br />
Il trattamento con polietilenglicole facilita la fusione tra le cellule, ma anche così gli<br />
eventi di fusione sono rari e casuali. Nella miscela esisteranno alla fine:<br />
•cellule mielomatose<br />
•cellule spleniche<br />
•cellule di fusione mieloma-milza<br />
•cellule di fusione mieloma-mieloma<br />
•cellule di fusione milza-milza.<br />
Il mezzo HAT, invece, permette la crescita delle sole cellule di fusione mieloma-milza,<br />
perché nessun'altra è in grado di proliferarvi.<br />
Le cellule spleniche e quelle di fusione milza-milza non sono in grado di crescere in<br />
alcun mezzo.<br />
Le cellule mielomatose e quelle di fusione mieloma-mieloma, del tipo HGPRT - non<br />
sono in grado di utilizzare l'ipoxantina come precursore per la biosintesi delle purine<br />
guanina e adenina, che sono, naturalmente, essenziali alla sintesi degli acidi nucleici.<br />
Esse dispongono però di un percorso alternativo, naturale, per sintetizzare le purine,<br />
che si serve dell'enzima diidrofolato-riduttasi. E' per questo che si comprende nel<br />
mezzo l'amminopterina, che inibisce appunto l'attività della diidrofolato-riduttasi.<br />
In definitiva le cellule HGPRT - mielomatose e di fusione mieloma-mieloma non sono<br />
capaci di sintetizzare nel mezzo HAT le purine e, di conseguenza, periscono.
Formazione e selezione delle cellule ibride<br />
Quanto alle cellule di fusione milza-mieloma, esse sopravvivono nel mezzo HAT<br />
perché le cellule di milza contribuiscono con l'HGPRT funzionale, che può utilizzare<br />
l'ipoxantina esogena del mezzo anche quando la produzione di purine affidata alla<br />
diidrofolato-riduttasi sia bloccata dall'amminopterina, e perché, inoltre, sono attive le<br />
funzioni della divisione cellulare delle cellule mielomatose.<br />
Si fornisce la timidina per superare il blocco della produzione di pirimidine causato<br />
dall'inibizione della diidrofolato-riduttasi ad opera dell'amminopterina.<br />
Da 10 a 14 giorni circa dopo il trattamento di fusione nel mezzo HAT saranno<br />
sopravvissute solamente, crescendovi, le cellule di fusione milza-mieloma.<br />
Tali cellule vengono allora distribuite nei pozzetti delle piastre da microdosaggio e fatte<br />
crescere in mezzo di coltura completo senza HAT.
Identificazione di specifiche linee cellulari ibride produttrici di anticorpi<br />
Il compito successivo consiste nell'identificare le cellule ibride che producono<br />
anticorpi contro l'antigene immunizzante. Uno dei procedimenti comuni di selezione<br />
utilizza il mezzo di coltura, che contiene gli anticorpi secreti.<br />
Lo si raccoglie dai pozzetti che contengono cellule in crescita e lo si aggiunge nel<br />
pozzetto di un'altra piastra da microdosaggio preliminarmente rivestita con<br />
l'antigene bersaglio.<br />
Se il mezzo di coltura contiene un anticorpo (anticorpo primario) che riconosce un<br />
epitopo dell'antigene vi si legherà, e i successivi lavaggi non lo allontaneranno. Ai<br />
pozzetti della piastra si aggiunge un secondo anticorpo (anticorpo secondario)<br />
specifico degli anticorpi murini (di topo): si legherà a qualsiasi anticorpo primario<br />
fissato sull'antigene.<br />
Prima di adoperarlo nell'immunodosaggio si coniuga il secondo anticorpo con un<br />
enzima che trasforma un substrato incolore in un composto colorato. La presenza di<br />
colorazione in uno dei pozzetti dimostrerà che il mezzo di coltura conteneva un<br />
anticorpo specifico per l'antigene.
Identificazione di specifiche linee cellulari ibride produttrici di anticorpi<br />
I pozzetti della piastra da microdosaggio originale il cui mezzo fornisce<br />
all'immunodosaggio risposta positiva (colorazione) possono contenere una<br />
miscela di cellule di fusione. Tali cellule perciò vengono diluite con mezzo di<br />
coltura e inoculate in pozzetti vergini, onde impiantare linee cellulari da cellule<br />
individuali (cloni).<br />
Dopo avere coltivato i cloni se ne saggia il mezzo nuovamente per stabilire quali<br />
linee cellulari (ibridomi) producano molecole di anticorpi monoclonali atte a<br />
riconoscere l'antigene bersaglio.<br />
Se si isola più di un ibridoma specifico si effettuano ulteriori saggi per stabilire se<br />
i diversi cloni producano anticorpi contro il medesimo determinante antigenico.<br />
Ciascun clone produttore di anticorpi monoclonali può essere mantenuto in<br />
coltura più o meno indefinitamente, inoltre si possono congelare i campioni in<br />
azoto liquido per potere disporre in seguito di una fonte di cellule.
Produzione di un anticorpo monoclonale (Mab)
Identificazione di specifiche linee cellulari ibride produttrici di anticorpi<br />
La produzione degli anticorpi monoclonali può essere anche condotta mediante<br />
iniezione degli ibridomi nella cavità peritoneale di ratti, che servono dunque da<br />
camera di fermentazione vivente.<br />
Crescendo, le cellule di ibridoma trapiantate producono anticorpi.<br />
Molti dei primi preparati di anticorpi monoclonali venivano prodotti in questo<br />
modo, tra questi OKT-3, il primo anticorpo monoclonale approvato per l'uso<br />
terapeutico dalla Food and Drug Administration.<br />
Questo metodo presenta però degli svantaggi quali l'alto costo e il fatto che il<br />
prodotto sia contaminato da significativi livelli di varie proteine murine.<br />
La rimozione delle cellule dal mezzo contenente gli anticorpi è portata a termine<br />
mediante centrifugazione o filtrazione, e normalmente si fa anche una<br />
ultrafiltrazione per concentrare il filtrato, che viene poi sottoposto a diverse<br />
purificazioni di tipo cromatografico<br />
A seconda dell'utilizzo previsto, l'anticorpo può poi essere coniugato a<br />
specifiche molecole "segnale" (es. radionuclidi o tossine). Alla fine vengono<br />
aggiunti al prodotto degli agenti stabilizzanti come tamponi, glicina o anche<br />
albumina. Il prodotto viene poi liofilizzato e venduto confezionato in atmosfera di<br />
gas inerte.
Produzione di anticorpi monoclonali mediante coltura di cellule animali
Applicazioni terapeutiche degli anticorpi monoclonali<br />
L'incomparabile specificità degli anticorpi monoclonali, unita alla loro<br />
relativamente facile produzione e alla possibilità di averne scorte pressoché<br />
inesauribili, li rende interessanti strumenti in campo biochimico.<br />
In campo terapeutico essi rappresentano di gran lunga la più grande categoria<br />
di sostanze biofarmaceutiche attualmente in studio, e centinaia di queste<br />
preparazioni si trovano correntemente sotto sperimentazione pre-clinica e<br />
clinica.<br />
Negli anni '80 si è focalizzata l'attenzione sul loro uso sia come agenti traccianti<br />
(diagnostica per immagini) o come diretti agenti terapeutici.<br />
I primi studi sono stati concentrati sul cancro, ma i preparati di anticorpi<br />
monoclonali vengono oggi usati in una gran varietà di campi della medicina.
Applicazioni cliniche degli anticorpi monoclonali in commercio<br />
• Immunizzazione passiva<br />
• Diagnostica per immagini (es. cancro, malattie infettive, patologie<br />
cardiovascolari)<br />
• Terapia del cancro e delle patologie cardiovascolari<br />
• Prevenzione della reazione immunitaria di rigetto nei trapianti di organi<br />
• Diagnosi di gravidanza e di malattie a trasmissione sessuale<br />
• Purificazione di prodotti industriali<br />
• Rilevazione di molecole in tracce nei prodotti alimentari, agricoli e<br />
industriali