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lezione 5 - Facoltà di Scienze della Formazione

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LE RELAZIONI INTERGRUPPI<br />

La ricerca sul comportamento intergruppi si è<br />

focalizzata principalmente sulle cause che<br />

determinano il pregiu<strong>di</strong>zio (atteggiamenti negativi nei<br />

confronti <strong>di</strong> un gruppo).<br />

Esistono varie spiegazioni del pregiu<strong>di</strong>zio e <strong>della</strong><br />

<strong>di</strong>scriminazione nei confronti <strong>di</strong> gruppi estranei. Questi<br />

possono <strong>di</strong>pendere:<br />

• da variabili <strong>di</strong> personalità (Adorno, 1950),<br />

• dalla competizione per uno stesso bene (Sherif,<br />

1966),<br />

• dalla semplice appartenenza <strong>di</strong> gruppo (Tajfel,<br />

1978).<br />

1


Fattori <strong>di</strong> personalità come causa del pregiu<strong>di</strong>zio<br />

La personalità autoritaria. Secondo Adorno<br />

(1950), il pregiu<strong>di</strong>zio nei confronti dell’outgroup<br />

<strong>di</strong>pende da caratteristiche <strong>di</strong> personalità. Traendo<br />

spunto dalle teorie psicoanalitiche, Adorno sostiene<br />

che l’ostilità verso alcuni gruppi <strong>di</strong>pende dal tipo <strong>di</strong><br />

educazione ricevuto durante l’infanzia.<br />

Secondo questa prospettiva, quando i genitori sono<br />

troppo severi, il bambino svilupperebbe aggressività<br />

nei loro confronti. Non potendo palesare tale<br />

aggressività, per timore delle conseguenze, essa<br />

viene ri<strong>di</strong>retta nei confronti <strong>di</strong> persone più deboli o<br />

inferiori. Il risultato è una persona sottomessa<br />

all’autorità, e ostile nei confronti delle minoranze<br />

etniche.<br />

2


Partendo da questi presupposti Adorno creò la Scala-<br />

F, per rilevare le tendenze fasciste o democratiche<br />

delle persone.<br />

Gli in<strong>di</strong>vidui che ottenevano alti punteggi sulla Scala-F<br />

avevano avuto un educazione rigida e conservatrice e<br />

manifestavano pregiu<strong>di</strong>zio nei confronti <strong>di</strong> vari gruppi.<br />

Al contrario, chi otteneva bassi punteggi aveva avuto<br />

un educazione equilibrata e non manifestava alcun<br />

tipo <strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>zio.<br />

3


Limiti<br />

• Quando si focalizza la causa del pregiu<strong>di</strong>zio su<br />

fattori <strong>di</strong> personalità <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticano i fattori<br />

socioculturali che, invece, sono molto rilevanti<br />

(perché mostrano pregiu<strong>di</strong>zio sia persone con alti<br />

punteggi sia persone con bassi punteggi <strong>di</strong><br />

autoritarismo?).<br />

• Le spiegazioni basate sulle <strong>di</strong>fferenze in<strong>di</strong>viduali<br />

non sono in grado <strong>di</strong> spiegare l’uniformità del<br />

pregiu<strong>di</strong>zio (è possibile che un’intera popolazione<br />

abbia la stessa personalità?).<br />

• Le spiegazioni basate sulle variabili <strong>di</strong> personalità<br />

non tengono conto <strong>della</strong> specificità storica del<br />

pregiu<strong>di</strong>zio, ovvero non tengono conto dell’aumento<br />

del pregiu<strong>di</strong>zio che si verifica in alcuni perio<strong>di</strong> storici<br />

(è possibile che <strong>di</strong> colpo tutte le famiglie abbiano<br />

4<br />

cambiato il modo <strong>di</strong> educare i figli?)


Il capro espiatorio. La teoria del capro espiatorio<br />

sostiene che in situazioni <strong>di</strong> frustrazione si sfoga la<br />

propria aggressività su persone più deboli.<br />

Essa trae origine dalla teoria <strong>della</strong> frustrazioneaggressività,<br />

secondo cui, l’aggressività <strong>di</strong> un<br />

in<strong>di</strong>viduo <strong>di</strong>pende dalla frustrazione: in seguito a<br />

frustrazioni aumenta l’aggressività. Tale aggressività,<br />

quando non può essere <strong>di</strong>retta verso la fonte <strong>della</strong><br />

frustrazione, si <strong>di</strong>rige verso un bersaglio più debole (il<br />

capro espiatorio).<br />

5


In un esperimento Miller e Bugelski (1948),<br />

<strong>di</strong>mostrarono tali ipotesi.<br />

• Dissero ad un gruppo <strong>di</strong> ragazzi che soggiornava in un<br />

campo estivo che la sera sarebbero andati in paese.<br />

• Rilevarono, quin<strong>di</strong>, gli atteggiamenti del gruppo <strong>di</strong><br />

ragazzi verso alcune minoranze etniche.<br />

• Successivamente <strong>di</strong>ssero ai ragazzi che la gita in paese<br />

era stata annullata (evento frustrante).<br />

• Rilevarono nuovamente gli atteggiamenti nei confronti<br />

delle minoranze etniche.<br />

• I risultati mostrano che gli atteggiamenti dopo la<br />

frustrazione erano peggiorati.<br />

6


Limiti<br />

• Il primo limite riguarda i risultati delle ricerche.<br />

Infatti, in alcune ricerche viene confermata la teoria<br />

<strong>della</strong> frustrazione-aggressività, in altre no.<br />

• Inoltre, sembra che l’aggressività non <strong>di</strong>penda<br />

tanto da livelli assoluti <strong>di</strong> frustrazione, quanto da<br />

livelli relativi (teoria <strong>della</strong> deprivazione relativa).<br />

• Infine, secondo la teoria <strong>della</strong> frustrazioneaggressività<br />

il comportamento intergruppi è guidato<br />

dalle emozioni, piuttosto che da uno scopo.<br />

7


La teoria <strong>della</strong> deprivazione relativa<br />

La teoria <strong>della</strong> deprivazione relativa sostiene che la<br />

sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> una persona o <strong>di</strong> un gruppo non<br />

<strong>di</strong>pendono dalla situazione oggettiva, ma dalla<br />

situazione relativa rispetto da altre persone o gruppi.<br />

La persona o il gruppo provano deprivazione relativa<br />

quando ottengono meno <strong>di</strong> quanto si aspettavano,<br />

non in assoluto, ma rispetto ad una altra persona o un<br />

altro gruppo.<br />

8


Comportamento interpersonale vs.<br />

comportamento <strong>di</strong> gruppo. Le spiegazioni del<br />

conflitto intergruppi basate su caratteristiche <strong>di</strong><br />

personalità sostengono che il comportamento<br />

dell’in<strong>di</strong>viduo quando è da solo e quando è inserito in<br />

un gruppo è sostanzialmente uguale.<br />

Questa assunzione non è in grado <strong>di</strong> spiegare<br />

l’uniformità e la preve<strong>di</strong>bilità del comportamento degli<br />

in<strong>di</strong>vidui quando sono in gruppo.<br />

A partire da questa evidenza, Tajfel (1978) ha<br />

<strong>di</strong>stinto il comportamento interpersonale e il<br />

comportamento intergruppi.<br />

9


Il comportamento interpersonale si riferisce al<br />

comportamento dell’in<strong>di</strong>viduo in quanto in<strong>di</strong>viduo, che<br />

possiede caratteristiche uniche e che ha relazioni<br />

personali con altri in<strong>di</strong>vidui. In questo caso, le<br />

categorie sociali <strong>di</strong> appartenenza non sono importanti.<br />

Il comportamento intergruppi, invece, fa<br />

riferimento all’in<strong>di</strong>viduo in quanto membro <strong>di</strong> gruppo<br />

e le categorie sociali a cui si appartiene rivestono un<br />

ruolo importante.<br />

10


Questi due tipi <strong>di</strong> comportamento costituiscono i poli <strong>di</strong><br />

un continuum.<br />

• Al polo interpersonale (solo teorico) ogni tipo <strong>di</strong><br />

interazione è determinata dalle relazioni personali<br />

tra gli in<strong>di</strong>vidui e dalle loro caratteristiche in<strong>di</strong>viduali.<br />

• Al polo intergruppi ogni comportamento reciproco<br />

<strong>di</strong> due o più in<strong>di</strong>vidui è determinato dalla loro<br />

appartenenza a <strong>di</strong>versi gruppi o categorie.<br />

Ogni comportamento dell’in<strong>di</strong>viduo può essere posto in<br />

un punto qualunque del continuum<br />

interpersonale/intergruppi.<br />

11


Gli interessi del gruppo come causa del pregiu<strong>di</strong>zio<br />

È possibile considerare il pregiu<strong>di</strong>zio e la <strong>di</strong>scriminazione<br />

intergruppi come risposte “normali” <strong>di</strong> persone “comuni”<br />

che si trovano in una situazione intergruppi.<br />

Nelle situazioni intergruppi, riveste molta importanza la<br />

natura degli scopi dei due gruppi.<br />

• Quando gli scopi sono incompatibili, ovvero quando un<br />

gruppo per ottenere qualcosa deve farlo a scapito <strong>di</strong> un<br />

altro gruppo, si adotta un orientamento competitivo ed<br />

aumenta il pregiu<strong>di</strong>zio e l’ostilità nei confronti dell’altro<br />

gruppo.<br />

• Quando gli scopi sono concordanti, ovvero quando i<br />

gruppi hanno bisogno l’uno dell’altro per raggiungerli, i<br />

due gruppi adottano un orientamento cooperativo e le<br />

relazioni tra i gruppi sono più armoniose.<br />

Il pregiu<strong>di</strong>zio, quin<strong>di</strong>, potrebbe <strong>di</strong>pendere dalla presenza <strong>di</strong><br />

12<br />

scopi incompatibili.


La teoria del conflitto realistico proposta da Sherif<br />

(1966) sostiene, appunto, che i conflitti tra i gruppi<br />

sorgano dalla competizione per le risorse.<br />

Gli atteggiamenti e il comportamento intergruppi<br />

riflettono gli interessi oggettivi del proprio gruppo<br />

nel confronto con gli altri gruppi.<br />

• Quando gli interessi sono in conflitto, aumenteranno<br />

gli atteggiamenti negativi, il pregiu<strong>di</strong>zio e la<br />

<strong>di</strong>scriminazione.<br />

• Quando gli interessi dei gruppi sono comuni, il<br />

comportamento dei due gruppi sarà più amichevole<br />

e cooperativo, e <strong>di</strong>minuirà il pregiu<strong>di</strong>zio.<br />

13


Gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Sherif nei campi estivi<br />

Per verificare la sua teoria Sherif condusse tre stu<strong>di</strong><br />

ambientati all’interno <strong>di</strong> campi estivi.<br />

I partecipanti alla ricerca erano tutti ragazzi bianchi, <strong>di</strong> 11<br />

o 12 anni, <strong>di</strong> classe me<strong>di</strong>a, sani, ben adattati, provenienti<br />

da famiglie stabili, psicologicamente equilibrati.<br />

I ragazzi, inoltre, non si conoscevano prima <strong>di</strong> arrivare al<br />

campo.<br />

Gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Sherif comprendono tre fasi:<br />

1. formazione del gruppo,<br />

2. competizione intergruppi,<br />

3. riduzione del conflitto.<br />

Inoltre, nei primi due esperimenti, prima <strong>della</strong> fase <strong>di</strong><br />

formazione del gruppo, vi erano la fase <strong>di</strong> scelte<br />

spontanee <strong>di</strong> amicizia interpersonale.<br />

14


Scelte spontanee <strong>di</strong> amicizia interpersonale<br />

Questa fase è presente solo nei primi due esperimenti, ed ha<br />

la funzione <strong>di</strong> eliminare l’attrazione interpersonale come<br />

fattore esplicativo, serve, cioè per <strong>di</strong>minuire la possibilità che i<br />

risultati <strong>della</strong> ricerca <strong>di</strong>pendano dagli effetti dell’attrazione<br />

interpersonale.<br />

Durante questa fase i ragazzi erano alloggiati insieme ed<br />

erano liberi <strong>di</strong> interagire e lavorare con chi preferivano. Una<br />

volta stabilizzate le relazioni, è stata fatta una valutazione<br />

dell’attrazione interpersonale.<br />

I ragazzi sono, quin<strong>di</strong>, stati <strong>di</strong>visi in due capanne e circa i due<br />

terzi dei migliori amici <strong>di</strong> ogni ragazzo è stato messo nell’altra<br />

capanna.<br />

Da questo punto in poi i ragazzi interagivano solo con i<br />

membri del proprio gruppo.<br />

Il terzo esperimento iniziava con la fase <strong>di</strong> formazione del<br />

15<br />

gruppo, i ragazzi, quin<strong>di</strong>, non si incontravano mai prima.


<strong>Formazione</strong> del gruppo<br />

Lo scopo principale <strong>di</strong> questa fase era assegnare un certo<br />

numero <strong>di</strong> compiti al gruppo (ad es., cucinare,<br />

campeggiare), che comprendevano un lavoro <strong>di</strong> squadra da<br />

parte dei ragazzi <strong>di</strong> ciascun gruppo, senza avere a che fare<br />

con l’altro gruppo.<br />

Nei primi due esperimenti, già in questa fase vi furono<br />

alcuni confronti spontanei tra i gruppi, in cui si favoriva il<br />

proprio gruppo.<br />

Il favoritismo per il proprio gruppo si verificava prima<br />

dell’inizio <strong>della</strong> fase <strong>di</strong> conflitto.<br />

Nel terzo esperimento, invece, i ragazzi non erano a<br />

conoscenza <strong>della</strong> presenza dell’altro gruppo, ma appena<br />

seppero <strong>della</strong> sua presenza decisero spontaneamente <strong>di</strong><br />

sfidarlo in una competizione sportiva. La semplice presenza<br />

16<br />

dell’altro gruppo suscitava sentimenti competitivi.


Competizione intergruppi<br />

In questa fase i due gruppi prendevano parte ad una<br />

serie <strong>di</strong> competizioni, in ognuna delle quali il gruppo<br />

vincente riceveva un premio, mentre il gruppo che<br />

perdeva non riceveva nulla.<br />

In questo modo si creava un oggettivo conflitto <strong>di</strong><br />

interessi tra i due gruppi.<br />

I due gruppi si trovavano in una situazione <strong>di</strong><br />

inter<strong>di</strong>pendenza negativa, una situazione, cioè, in cui<br />

ogni gruppo guadagna quello che perde l’atro gruppo.<br />

17


In questa fase Sherif notò che:<br />

• la presenza dell’outgroup aveva aumentato la<br />

solidarietà all’interno dell’ingroup,<br />

• gli atteggiamenti nei confronti dell’outgroup erano<br />

<strong>di</strong>ventati negativi, mentre quelli nei confronti<br />

dell’ingroup erano <strong>di</strong>ventati più positivi,<br />

• il leader all’interno dei gruppi era cambiato, nel<br />

senso che <strong>di</strong>ventavano leader i bambini più bellicosi<br />

e aggressivi,<br />

• gli eventi erano sistematicamente percepiti in<br />

maniera da favorire l’ingroup.<br />

18


Le percezioni <strong>di</strong>storte a favore dell’ingroup sono<br />

<strong>di</strong>mostrate dal gioco del “lancio dei fagioli”.<br />

L’obiettivo <strong>di</strong> questo gioco era raccogliere, nel tempo<br />

stabilito, il maggior numero possibile <strong>di</strong> fagioli sparsi<br />

per terra.<br />

I ragazzi lavoravano in<strong>di</strong>vidualmente raccogliendo i<br />

fagioli in una sacca dall’apertura molto stretta, in<br />

modo che non si potesse vedere quanti fagioli vi<br />

fossero.<br />

19


Successivamente venne loro affidato il compito <strong>di</strong> valutare<br />

il numero <strong>di</strong> fagioli <strong>di</strong> ogni sacca.<br />

Il contenuto <strong>di</strong> ogni sacca venne brevemente mostrato ai<br />

ragazzi e ogni mucchio <strong>di</strong> fagioli raccolto da ciascun<br />

ragazzo venne identificato solo in base al gruppo <strong>di</strong><br />

appartenenza <strong>di</strong> chi l’aveva raccolto.<br />

In realtà ogni volta fu mostrato lo stesso mucchio<br />

contenete 35 fagioli.<br />

Ogni ragazzo scrisse la propria stima del numero <strong>di</strong> fagioli.<br />

I risultati mostrano una consistente tendenza a<br />

sovrastimare il numero <strong>di</strong> fagioli, quando si <strong>di</strong>ceva che<br />

erano stati raccolti dall’ingroup, e a sottostimarlo quando si<br />

<strong>di</strong>ceva che erano stati raccolti dall’outgroup.<br />

20


Riduzione del conflitto<br />

L’obiettivo <strong>di</strong> questa fase era introdurre degli scopi<br />

sovraor<strong>di</strong>nati per trasformare le relazioni ostili in relazioni<br />

cooperative.<br />

Uno scopo sovraor<strong>di</strong>nato è uno scopo che ha un forte<br />

richiamo per ogni gruppo, ma che nessun gruppo può<br />

raggiungere senza la partecipazione dell’altro.<br />

Uno <strong>di</strong> questi scopi fu progettato in modo da far rompere<br />

l’autocarro che portava le provviste. Per avere le provviste<br />

bisognava trainare l’autocarro fino al campo.<br />

I ragazzi erano motivati ad avere le provviste poiché era<br />

quasi ora <strong>di</strong> pranzo, tuttavia l’autocarro era molto pensante e<br />

l’unico modo per farlo arrivare al campo era che i membri <strong>di</strong><br />

entrambi i gruppi lo trainassero insieme.<br />

L’introduzione <strong>di</strong> vari obiettivi sovraor<strong>di</strong>nati portò a rendere le<br />

21<br />

relazioni tra i due gruppi più amichevoli.


I risultati <strong>di</strong> questi esperimenti <strong>di</strong>mostrano l’insufficienza<br />

delle teorie che spiegano il conflitto tra gruppi in termini <strong>di</strong><br />

fattori <strong>di</strong> personalità.<br />

Infatti, in questi esperimenti si vede come dei bambini<br />

“normali” mo<strong>di</strong>ficarono sistematicamente il proprio<br />

comportamento adeguandosi alla relazione intergruppi.<br />

Inoltre, i cambiamenti avvenuti nei ragazzi erano stati<br />

troppo veloci per poter essere attribuiti a caratteristiche <strong>di</strong><br />

personalità.<br />

Secondo Sherif, quin<strong>di</strong>, la <strong>di</strong>scriminazione e il<br />

pregiu<strong>di</strong>zio tra i gruppi <strong>di</strong>pendo dall’incompatibilità<br />

dei loro obiettivi materiali.<br />

22


La semplice appartenenza al gruppo come causa del<br />

pregiu<strong>di</strong>zio<br />

Alcuni stu<strong>di</strong>osi hanno analizzato il favoritismo per il<br />

proprio gruppo (ingroup bias) nel contesto dei gruppi<br />

minimi.<br />

I gruppi minimi o gruppi minimali sono gruppi in cui<br />

la categorizzazione ingroup/outgroup viene effettuata<br />

in base ad un criterio debole.<br />

Inoltre, tra i due gruppi mancano le con<strong>di</strong>zioni che <strong>di</strong><br />

solito sono associate al conflitto intergruppi (ad es.,<br />

competizione per uno stesso bene che solo uno dei<br />

due gruppi può ottenere).<br />

23


Rabbie e Horwitz (1969) ipotizzarono che la<br />

competizione per uno stesso bene non fosse una<br />

con<strong>di</strong>zione essenziale <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione intergruppi,<br />

ma che questa può essere determinata dal destino<br />

comune che lega i membri <strong>di</strong> un gruppo.<br />

Nel loro esperimento, persone che non si conoscevano<br />

venivano casualmente assegnate a due gruppi (ver<strong>di</strong><br />

o blu).<br />

I membri dei due gruppi portavano delle targhette<br />

identificative con il colore del proprio gruppo.<br />

Inoltre, i membri dei due gruppi sedevano ai due lati<br />

<strong>di</strong> un paravento (i ver<strong>di</strong> da una parte e i blu<br />

dall’altra), ogni partecipante, quin<strong>di</strong>, poteva interagire<br />

24<br />

solo con i membri dell’ingroup.


Vennero create due con<strong>di</strong>zioni sperimentali.<br />

• Nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> controllo si passava<br />

<strong>di</strong>rettamente alla fase successiva.<br />

• Nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> destino comune, invece, i<br />

partecipanti ricevevano o meno alcune ra<strong>di</strong>oline.<br />

Nella fase successiva veniva tolto il paravento e ogni<br />

membro dei due gruppi leggeva ad alta voce alcune<br />

notizie biografiche.<br />

I membri <strong>di</strong> entrambi i gruppi valutavano il<br />

partecipante che stava parlando.<br />

25


I risultati mostrano che nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> destino<br />

comune i partecipanti esibivano favoritismo per il<br />

proprio gruppo: le valutazione dei membri dell’ingroup<br />

erano più favorevoli delle valutazioni dei membri<br />

dell’outgroup.<br />

Nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> controllo questo non si verificava.<br />

La conclusione fu che l’appartenenza ad un gruppo<br />

produce ingroup bias quando tale appartenenza<br />

coincide con un’esperienza comune <strong>di</strong> ricompensa o<br />

deprivazione (ricevere o meno la ra<strong>di</strong>olina).<br />

Quin<strong>di</strong>, la con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> un destino comune, da<br />

sola, può generare favoritismo per l’ingroup.<br />

26


L’esperimento <strong>di</strong> Tajfel et al. (1971)<br />

Tajfel e collaboratori minimizzarono ulteriormente le<br />

caratteristiche <strong>della</strong> situazione intergruppi. L’obiettivo<br />

era <strong>di</strong> definire le con<strong>di</strong>zioni minime in cui un<br />

in<strong>di</strong>viduo effettua delle <strong>di</strong>stinzioni tra il proprio gruppo<br />

<strong>di</strong> appartenenza e un altro gruppo.<br />

L’ipotesi era che la semplice appartenenza <strong>di</strong> gruppo<br />

(senza conflitto o destino comune) avrebbe prodotto<br />

favoritismo per l’ingroup, la sola categorizzazione<br />

ingroup/outgroup avrebbe prodotto <strong>di</strong>scriminazione.<br />

27


Con lo scopo <strong>di</strong> eliminate dalla situazione sperimentale<br />

tutte le variabili che <strong>di</strong> norma producono favoritismo,<br />

furono adottati alcuni criteri nella strutturazione<br />

dell’esperimento.<br />

• Non doveva esserci alcuna interazione faccia a faccia<br />

tra i membri del proprio gruppo, del gruppo estraneo o<br />

tra i gruppi.<br />

• L’appartenenza al gruppo doveva essere anonima.<br />

• Non doveva esserci alcuna precedente ostilità tra i<br />

gruppi.<br />

• Non doveva esserci alcun conflitto <strong>di</strong> interesse tra i<br />

gruppi.<br />

• Non doveva esserci alcun legame utilitaristico o<br />

strumentale tra le risposte dei soggetti e i loro interessi<br />

personali.<br />

• Non doveva esserci un destino comune tra i membri<br />

del gruppo.<br />

28


L’esperimento si svolgeva in due fasi.<br />

• Nella prima fase, i soggetti eseguivano un compito<br />

banale che consisteva nell’esprimere una preferenza per<br />

i <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> un pittore astratto (Klee o Kan<strong>di</strong>nski). Si<br />

creavano, quin<strong>di</strong>, due gruppi: quelli che preferivano Klee<br />

e quelli che preferivano Kan<strong>di</strong>nski.<br />

In altri esperimenti, i soggetti dovevano in<strong>di</strong>viduare il<br />

numero <strong>di</strong> puntini proiettati su uno schermo, venivano,<br />

quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong>visi in due gruppi “sovrastimatori” (che<br />

sistematicamente vedevano più puntini) o<br />

“sottostimatori” (che sistematicamente vedevano meno<br />

puntini). In altri casi la <strong>di</strong>visione in due gruppi veniva<br />

fatta lanciando una moneta, e <strong>di</strong>videndo i partecipanti in<br />

membri del gruppo X e membri del gruppo Y.<br />

L’appartenenza al gruppo era sempre fittizia.<br />

29


• Nella seconda fase, i partecipanti ricevevano un<br />

blocchetto contenente delle matrici <strong>di</strong> assegnazione <strong>di</strong><br />

risorse. Tramite queste matrici assegnavano delle quote<br />

<strong>di</strong> denaro, a membri dell’ingroup e dell’outgroup. Le<br />

persone a cui si assegnava il denaro erano anonime, nel<br />

senso che era in<strong>di</strong>cato solo il gruppo <strong>di</strong> appartenenza un<br />

numero.<br />

In nessun caso i partecipanti avrebbero ricompensato se<br />

stessi.<br />

30


Esempi <strong>di</strong> matrice.<br />

a) Libretto per il gruppo Klee<br />

Queste cifre in<strong>di</strong>cano le ricompense a favore <strong>di</strong>:<br />

Membro n. 74 del gruppo Klee<br />

Membro n. 44 del gruppo Kan<strong>di</strong>nski<br />

b) Libretto per il gruppo Klee<br />

Queste cifre in<strong>di</strong>cano le ricompense a favore <strong>di</strong>:<br />

Membro n. 15 del gruppo Kan<strong>di</strong>nski<br />

Membro n. 38 del gruppo Klee<br />

25 23 21 19 17 15 13 11<br />

19 18 17 16 15 14 13 12 11 10<br />

25 23 21 19 17 15 13 11<br />

19 18 17 16 15 14 13 12 11 10<br />

Ogni matrice veniva presentata due volte, invertendo le<br />

ricompense per i membri dei due gruppi.<br />

I partecipanti dovevano scegliere una colonna <strong>della</strong> matrice.<br />

Questa matrice era costruita in modo da rilevare la<br />

tendenza a massimizzare la <strong>di</strong>fferenza tra l’ingroup e<br />

l’outgroup.<br />

9<br />

9<br />

7<br />

7<br />

5<br />

9<br />

5<br />

9<br />

31<br />

3<br />

8<br />

3<br />

8<br />

1<br />

7<br />

1<br />

7


Risultati<br />

a) Libretto per il gruppo Klee<br />

Queste cifre in<strong>di</strong>cano le ricompense a favore <strong>di</strong>:<br />

Membro n. 74 del gruppo Klee<br />

Membro n. 44 del gruppo Kan<strong>di</strong>nski<br />

b) Libretto per il gruppo Klee<br />

Queste cifre in<strong>di</strong>cano le ricompense a favore <strong>di</strong>:<br />

Membro n. 15 del gruppo Kan<strong>di</strong>nski<br />

Membro n. 38 del gruppo Klee<br />

25 23 21 19 17 15 13 11<br />

19 18 17 16 15 14 13 12 11 10<br />

25 23 21 19 17 15 13 11<br />

19 18 17 16 15 14 13 12 11 10<br />

Nella matrice a i partecipanti <strong>di</strong> solito scelgono l’equità tra i<br />

due gruppi (13/13).<br />

Nella matrice b, invece, i partecipanti tendono ad<br />

assegnare più al proprio gruppo (11/12), rinunciando a<br />

somme <strong>di</strong> denaro superiori (25/19) pur <strong>di</strong> guadagnare più<br />

dell’altro gruppo.<br />

32<br />

9<br />

9<br />

7<br />

7<br />

5<br />

9<br />

5<br />

9<br />

3<br />

8<br />

3<br />

8<br />

1<br />

7<br />

1<br />

7


I risultati, quin<strong>di</strong>, mostrano che vi è una tendenza a<br />

favorire il proprio gruppo, anche quando l’assegnazione al<br />

gruppo è fatta su una base insignificante.<br />

La <strong>di</strong>scriminazione, rilevata in questo esperimento<br />

• non <strong>di</strong>pende da attrazione personale per i membri<br />

dell’ingroup;<br />

• non <strong>di</strong>pende da precedenti ostilità tra i gruppi;<br />

• non <strong>di</strong>pende dalla presenza <strong>di</strong> un conflitto <strong>di</strong> interessi<br />

tra i gruppi;<br />

• non <strong>di</strong>pende dall’interesse personale;<br />

• non <strong>di</strong>pende dalla presenza <strong>di</strong> un destino comune.<br />

La <strong>di</strong>scriminazione è determinata dalla categorizzazione<br />

Klee/Kan<strong>di</strong>nski (sovrastimatori/sottostimatori, X/Y).<br />

Tajfel, quin<strong>di</strong>, arrivò alla conclusione che la semplice<br />

categorizzazione ingroup/outgroup è sufficiente a<br />

33<br />

creare <strong>di</strong>scriminazione.


Spiegazioni <strong>della</strong> <strong>di</strong>scriminazione nei gruppi minimi<br />

Le norme<br />

Secondo le spiegazioni <strong>della</strong> <strong>di</strong>scriminazione basate<br />

sulle norme la consapevolezza dei membri <strong>di</strong><br />

appartenere ad un gruppo genera associazioni con le<br />

squadre, il che rende saliente un tipo <strong>di</strong> norma<br />

competitiva.<br />

Questa competitività non si manifesta del tutto perché<br />

nelle varie culture è saliente anche un’altra norma, la<br />

norma dell’imparzialità.<br />

Queste spiegazione, comunque, non funzionano per<br />

due motivi.<br />

34


• Se si spiega il comportamento tramite le norme si<br />

dovrebbe essere in grado <strong>di</strong> prevedere in quali<br />

situazioni si adotta la norma competitiva e in quali<br />

si adotta la norma dell’imparzialità. Questo,<br />

tuttavia, non è possibile.<br />

• Inoltre, spiegando la <strong>di</strong>scriminazione tramite le<br />

norme non è possibile spiegare alcune variazioni<br />

sistematiche del comportamento che<br />

intervengono quando, ad esempio, i gruppi non<br />

hanno lo stesso status, o esistono delle <strong>di</strong>fferenze<br />

nelle <strong>di</strong>mensioni dei gruppi.<br />

35


La categorizzazione<br />

L’in<strong>di</strong>viduo ha bisogno <strong>di</strong> organizzare l’ambiente in cui vive<br />

e lo fa tramite il processo <strong>di</strong> categorizzazione. Gli elementi<br />

del mondo fisico e sociale, quin<strong>di</strong>, vengono <strong>di</strong>visi in<br />

categorie in base alle loro somiglianza. In questo modo<br />

l’in<strong>di</strong>viduo avrà a che fare con un numero limitato <strong>di</strong><br />

categorie, invece che con innumerevoli casi singoli.<br />

Una conseguenza <strong>della</strong> categorizzazione è la<br />

<strong>di</strong>fferenziazione categoriale, processo tramite cui si<br />

massimizzano le <strong>di</strong>fferenze tra gli elementi che<br />

appartengono a gruppi <strong>di</strong>versi e si minimizzano le<br />

<strong>di</strong>fferenze tra gli elementi che appartengono allo stesso<br />

gruppo.<br />

Questo processo ci aiuta a <strong>di</strong>scriminare i membri <strong>di</strong> una<br />

classe da chi non fa parte <strong>della</strong> classe.<br />

36


Il contesto dei gruppi minimali è una situazione indefinita e<br />

per dargli chiarezza l’in<strong>di</strong>viduo si attacca all’unica<br />

informazione <strong>di</strong>sponibile, ovvero l’appartenenza <strong>di</strong> gruppo.<br />

Una volta adottata la classificazione ingroup/outgroup<br />

entrerà in atto il processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione categoriale.<br />

Nella situazione dei gruppi minimi l’unico modo per<br />

<strong>di</strong>fferenziare tra i due gruppi consiste nell’attribuire più<br />

denaro al proprio gruppo rispetto all’altro gruppo.<br />

Anche la spiegazione basata sulla categorizzazione non è<br />

sufficiente. Essa non spiega, infatti, per quale motivo<br />

quando si <strong>di</strong>fferenzia lo si fa sempre a favore del<br />

proprio gruppo e mai dell’altro.<br />

37


La teoria dell’identità sociale (Tajfel, 1978)<br />

Al centro <strong>della</strong> teoria c’è il concetto <strong>di</strong> identità sociale.<br />

Tajfel definisce l’identità sociale come “quella parte<br />

del concetto <strong>di</strong> sé <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo che deriva dalla<br />

consapevolezza <strong>di</strong> appartenere ad un gruppo (o<br />

gruppi) sociale unita al valore e al significato emotivo<br />

attribuito a tale appartenenza”.<br />

Dato che gli in<strong>di</strong>vidui preferiscono avere un’immagine<br />

<strong>di</strong> sé positiva, piuttosto che negativa, e dato che una<br />

parte dell’immagine dell’in<strong>di</strong>viduo proviene<br />

dall’appartenenza <strong>di</strong> gruppo, ne deriva che egli<br />

in<strong>di</strong>vidui preferiscono appartenere a gruppi valutati<br />

positivamente.<br />

38


Per giu<strong>di</strong>care il valore del proprio gruppo lo si<br />

confronta con altri gruppi.<br />

L’esito <strong>di</strong> questi confronti è importante poiché<br />

influenza <strong>di</strong>rettamente l’autostima delle persone.<br />

Per questo motivo si tende a <strong>di</strong>storcere il confronto,<br />

nel tentativo <strong>di</strong> creare una specificità o <strong>di</strong>stintività<br />

positiva per il proprio gruppo, ovvero nel tentativo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fferenziare positivamente il proprio gruppo dall’altro.<br />

39


In base alla teoria dell’identità sociale, gli in<strong>di</strong>vidui,<br />

nel contesto dei gruppi minimali <strong>di</strong>scriminano a favore<br />

dell’ingroup per innalzare l’immagine del proprio<br />

gruppo e, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> se stessi.<br />

Nella situazione dei gruppi minimi gli in<strong>di</strong>vidui sono<br />

anonimi e l’unica informazione che li contrad<strong>di</strong>stingue<br />

è il gruppo <strong>di</strong> appartenenza. Il proprio gruppo, però,<br />

non è <strong>di</strong>fferenziato dall’altro e, quin<strong>di</strong>, non può<br />

influenzare l’autostima dei partecipanti.<br />

Per creare una specificità positiva per il proprio<br />

gruppo e, quin<strong>di</strong>, aumentare la propria autostima gli<br />

in<strong>di</strong>vidui hanno bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziare tra i due<br />

gruppi e l’unico modo che hanno per farlo è assegnare<br />

più denaro all’ingroup che all’outgroup.<br />

40


Secondo la teoria dell’identità sociale, quin<strong>di</strong>, la<br />

<strong>di</strong>scriminazione intergruppi e il favoritismo per<br />

l’ingroup possono avere unicamente determinanti<br />

psicologiche.<br />

I fenomeni <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione, quin<strong>di</strong>, possono<br />

derivare dal bisogno <strong>di</strong> valorizzare il proprio<br />

gruppo e, quin<strong>di</strong>, la propria identità.<br />

41


Uno stu<strong>di</strong>o sul campo<br />

La teoria dell’identità sociale è applicabile anche a<br />

gruppi reali. Un esempio è costituito da una ricerca <strong>di</strong><br />

Brown (1978) condotta in una fabbrica.<br />

Ai partecipanti, operai <strong>di</strong> tre <strong>di</strong>versi reparti (Sala<br />

attrezzi, Sviluppo e Produzione), venivano mostrate<br />

alcune matrici <strong>di</strong> assegnazione delle risorse simili a<br />

quelle utilizzate da Tajfel.<br />

Interessanti sono i risultati del reparto Sala attrezzi.<br />

Ai partecipanti era chiesto <strong>di</strong> scegliere la paga<br />

settimanale da assegnare al proprio gruppo (Sala<br />

attrezzi) e agli altri due gruppi.<br />

42


Anche in questo caso i partecipanti dovevano scegliere una<br />

riga <strong>della</strong> matrice.<br />

Sviluppo e Progettazione<br />

£ 70.30<br />

£ 69.30<br />

£ 68.30<br />

£ 67.30<br />

£ 66.30<br />

Sala attrezzi<br />

£ 69.30<br />

£ 68.80<br />

£ 68.30<br />

£ 67.80<br />

£ 67.30<br />

I risultati in<strong>di</strong>cano che la maggior parte dei partecipanti del<br />

reparto Sala attrezzi, sceglie l’ultima riga <strong>della</strong> matrice<br />

(66.30/67.30). Come si vede, quin<strong>di</strong>, i partecipanti sono<br />

<strong>di</strong>sposti a sacrificare una parte <strong>di</strong> guadagno pur <strong>di</strong><br />

guadagnare più degli altri gruppi, ovvero, pur <strong>di</strong> creare una<br />

<strong>di</strong>stintività positiva per il proprio gruppo.<br />

43


Il modello <strong>di</strong> Hinkle e Brown (1990)<br />

La teoria dell’identità sociale prevede che vi sia una<br />

relazione tra il livello <strong>di</strong> identificazione e il favoritismo per<br />

l’ingroup, nel senso che maggiore è l’identificazione più si<br />

dovrebbe <strong>di</strong>scriminare a favore del proprio gruppo.<br />

Tuttavia, in una rassegna <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> condotta da Hinkle e<br />

Brown si è visto che non sempre si trova questa relazione.<br />

I due autori hanno, quin<strong>di</strong>, ipotizzato che le previsioni <strong>della</strong><br />

teoria dell’identità sociale possano valere solo per alcune<br />

persone o gruppi.<br />

Hinkle e Brown propongono <strong>di</strong> <strong>di</strong>videre le persone e i<br />

gruppi in quattro tipi derivati dall’incrocio <strong>di</strong> due<br />

<strong>di</strong>mensioni: Collettivismo/In<strong>di</strong>vidualismo e<br />

Orientamento Autonomo/Relazionale.<br />

44


In<strong>di</strong>vidualismo/Collettivismo<br />

Il collettivismo può essere definito come un modello<br />

sociale che considera in<strong>di</strong>vidui strettamente legati tra loro,<br />

in<strong>di</strong>vidui che si vedono come parti <strong>di</strong> una o più collettività<br />

(la famiglia, i colleghi <strong>di</strong> lavoro, la nazione); essi sono<br />

motivati nel loro comportamento più dagli obiettivi del<br />

gruppo d’appartenenza, che dagli obiettivi personali e<br />

seguono le norme imposte dalla collettività.<br />

L’in<strong>di</strong>vidualismo, invece, può essere definito come quel<br />

modello sociale che prende in esame in<strong>di</strong>vidui slegati tra<br />

loro, che si percepiscono come in<strong>di</strong>pendenti da qualsiasi<br />

gruppo sociale, motivati nel loro comportamento più dalle<br />

loro preferenze, dai propri bisogni e <strong>di</strong>ritti, che da quelli del<br />

gruppo; essi danno la priorità agli obiettivi personali e,<br />

prima <strong>di</strong> associarsi con altri, fanno un’analisi razionale dei<br />

costi e dei benefici derivanti da tale unione.<br />

45


Orientamento Autonomo/Relazionale.<br />

Questa <strong>di</strong>mensione si riferisce alla tendenza a valutare<br />

l’ingroup confrontandolo o meno con altri gruppi.<br />

L’orientamento è autonomo nel caso in cui un gruppo<br />

viene valutato senza essere confrontato con altri<br />

gruppi.<br />

L’orientamento è relazionale, invece, nel caso in cui<br />

un gruppo viene valutato tramite il confronto con altri<br />

gruppi.<br />

Secondo i due autori gli in<strong>di</strong>vidui e i gruppi che<br />

mostreranno ingroup bias saranno quelli<br />

collettivistici con orientamento relazionale; lo<br />

stesso non dovrebbe valere per gli in<strong>di</strong>vidui e i gruppi<br />

in<strong>di</strong>vidualistici con orientamento autonomo.<br />

46


Questa ipotesi è stata confermata da Hinkle e Brown<br />

<strong>di</strong>videndo gli in<strong>di</strong>vidui che avevano partecipato a tre<br />

esperimenti in base alla tassonomia proposta, e rilevando,<br />

per ognuno dei quattro gruppi, la correlazione tra<br />

identificazione e favoritismo per l’ingroup.<br />

Orientamento<br />

in<strong>di</strong>vidualista<br />

Orientamento relazionale<br />

0.24<br />

0.05<br />

0.55<br />

0.23<br />

Orientamento autonomo<br />

Orientamento<br />

collettivista<br />

Come appare dai risultati, per i membri classificati come<br />

collettivisti, con orientamento relazionale, si trova una<br />

correlazione elevata tra l’identificazione e la <strong>di</strong>scriminazione.<br />

47


I gruppi <strong>di</strong> status inferiore<br />

In molti casi i gruppi che si confrontano non hanno lo<br />

stesso status. Per questo motivo, per i membri dei<br />

gruppi <strong>di</strong> status inferiore, il confronto con i gruppi <strong>di</strong><br />

status superiore, dovrebbe portare ad un esito<br />

negativo, con conseguente calo dell’autostima.<br />

Le strategie per ripristinare la positività dell’identità<br />

sociale possono essere sia in<strong>di</strong>viduali sia collettive e<br />

<strong>di</strong>pendono tre fattori.<br />

• Permeabilità/Impermeabilità dei confini dei gruppi<br />

• Legittimità/Illegittimità delle relazioni <strong>di</strong> status<br />

• Stabilità/Instabilità delle relazioni <strong>di</strong> status<br />

48


Il continuum mobilità in<strong>di</strong>viduale/cambiamento<br />

sociale.<br />

• Quando i confini tra i gruppi sono percepiti<br />

permeabili (si può passare da un gruppo all’altro),<br />

l’in<strong>di</strong>viduo usa strategie <strong>di</strong> mobilità in<strong>di</strong>viduale per<br />

ripristinare la positività <strong>della</strong> propria identità sociale<br />

ed elevare la propria autostima. Tenterà, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong><br />

passare nel gruppo <strong>di</strong> status superiore.<br />

• Quando, invece, i confini tra i gruppi sono percepiti<br />

impermeabili (non è possibile passare da un<br />

gruppo all’altro), l’in<strong>di</strong>viduo usa strategie collettive<br />

per risolvere i problemi legati alla propria identità.<br />

Le strategie collettive possono produrre il<br />

cambiamento sociale.<br />

49


Il tipo <strong>di</strong> strategia collettiva adottata dai membri del<br />

gruppo <strong>di</strong> status inferiore <strong>di</strong>pende dalla stabilità e dalla<br />

legittimità delle relazioni <strong>di</strong> status.<br />

• Quando le relazioni <strong>di</strong> status sono legittime e stabili si<br />

può ripristinare la positività dell’identità sociale:<br />

cambiando il gruppo <strong>di</strong> confronto, cioè confrontandosi<br />

con un gruppo <strong>di</strong> status inferiore;<br />

mo<strong>di</strong>ficando le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> confronto, cioè trovando<br />

<strong>di</strong>mensioni in cui il proprio gruppo è superiore all’altro.<br />

• Quando, invece, le relazioni <strong>di</strong> status sono percepite<br />

illegittime e instabili è possibile ripristinare un’identità<br />

sociale positiva:<br />

chiedendo un confronto <strong>di</strong>retto con il gruppo<br />

dominante, con lo scopo <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare lo status dei<br />

due gruppi.<br />

50


Secondo la teoria dell’identità sociale, i fenomeni <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scriminazione più forti si avranno quando i confini<br />

intergruppi sono percepiti impermeabili e l’inferiorità<br />

dell’ingroup è percepita illegittima e/o instabile.<br />

51


Riduzione del conflitto<br />

Scopi sovraor<strong>di</strong>nati<br />

Una strategia per ridurre il conflitto consiste<br />

nell’introduzione <strong>di</strong> scopi sovraor<strong>di</strong>nati. Tuttavia, questo<br />

porta alla riduzione del conflitto solo se:<br />

• l’esito <strong>della</strong> cooperazione è positivo;<br />

• i gruppi hanno ruoli <strong>di</strong>stinguibili e complementari.<br />

Ri<strong>di</strong>segnare i confini <strong>della</strong> categoria<br />

Come abbiamo visto la semplice categorizzazione<br />

ingroup/outgroup produce <strong>di</strong>scriminazione. Allora, un modo<br />

per ridurre la <strong>di</strong>scriminazione consiste nel ri<strong>di</strong>segnare i<br />

confini delle categorie.<br />

Questo si può fare in due mo<strong>di</strong>:<br />

• creando un ingroup comune;<br />

• incrociando le categorie.<br />

52


Creazione <strong>di</strong> un ingroup comune<br />

Secondo Gaertner et al., (1993) per ridurre la<br />

<strong>di</strong>scriminazione gli in<strong>di</strong>vidui appartenenti a gruppi<br />

<strong>di</strong>versi devono percepirsi come membri <strong>di</strong> uno stesso<br />

gruppo.<br />

Bisogna passare, quin<strong>di</strong>, da una situazione in cui<br />

esiste un noi e un loro, ad una situazione in cui<br />

esiste un NOI più inclusivo.<br />

53


Categorizzazione incrociata<br />

La categorizzazione incrociata fa riferimento all’incrocio <strong>di</strong><br />

una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> categorizzazione (ad es., italianoalbanese)<br />

con una seconda (ad es., maschio-femmina), in<br />

modo da formare quattro gruppi (italiano/maschio,<br />

italiano/femmina, albanese/maschio, albanese/femmina).<br />

In questo modo:<br />

• un maschio/italiano con<strong>di</strong>vide entrambe le<br />

categorizzazioni con un altro maschio italiano che quin<strong>di</strong><br />

è un membro <strong>di</strong> un doppio ingroup.<br />

• una femmina/albanese, invece, è membro <strong>di</strong> un doppio<br />

outgroup, poiché <strong>di</strong>fferisce in entrambe le <strong>di</strong>mensioni.<br />

• una femmina/italiana e un maschio/albanese, invece,<br />

sono membri <strong>di</strong> un ingroup parziale, poiché<br />

con<strong>di</strong>vidono solo una <strong>di</strong>mensione.<br />

54


La categorizzazione incrociata dovrebbe ridurre la<br />

<strong>di</strong>scriminazione perché intervengono processi<br />

simultanei <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione intercategoriale a<br />

assimilazione intracategoriale che si neutralizzano.<br />

Tuttavia, la <strong>di</strong>scriminazione si dovrebbe ridurre solo<br />

nei confronti dei membri del doppio ingroup e dei due<br />

ingroup parziali, ma dovrebbe aumentare nei<br />

confronti dei membri del doppio outgroup.<br />

55


L’ipotesi del contatto<br />

Secondo l’ipotesi del contatto (Allport, 1954), il contatto<br />

positivo tra membri <strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong>versi riduce il pregiu<strong>di</strong>zio.<br />

Tuttavia, gli effetti del contatto <strong>di</strong>pendono da vari fattori.<br />

In particolare:<br />

il contatto deve essere intimo e prolungato;<br />

i gruppi devono avere <strong>di</strong> uguale status nella situazione<br />

<strong>di</strong> contatto;<br />

i gruppi devono cooperare nel raggiungimento <strong>di</strong><br />

obiettivi comuni;<br />

l’integrazione dei gruppi deve essere favorita dalle<br />

istituzioni.<br />

56


Contatto interpersonale vs. contatto intergruppi<br />

Secondo alcune teorie (Brewer & Miller, 1984) il contatto,<br />

per essere efficace, deve avvenire a livello<br />

interpersonale, tra in<strong>di</strong>vidui decategorizzati, che si<br />

percepiscono come in<strong>di</strong>vidui singoli.<br />

Infatti, se la categorizzazione produce pregiu<strong>di</strong>zio,<br />

l’eliminazione <strong>della</strong> categorizzazione dovrebbe ridurre il<br />

pregiu<strong>di</strong>zio.<br />

Tuttavia, gli atteggiamenti positivi derivati da questo tipo<br />

<strong>di</strong> contatto possono, al massimo, estendersi agli stessi<br />

membri dell’outgroup con cui si interagisce, in situazioni<br />

<strong>di</strong>verse, ma non all’outgroup in generale.<br />

Infatti, se i membri dell’outgroup vengono visti come<br />

in<strong>di</strong>vidui singoli, il legame tra questi e l’outgroup è bloccato<br />

e, quin<strong>di</strong>, non è possibile generalizzare gli atteggiamenti<br />

postivi.<br />

57


Visto che non è possibile generalizzare gli effetti positivi del<br />

contatto se questo avviene a livello interpersonale<br />

Hewstone e Brown (1986) propongono <strong>di</strong> mantenere<br />

salienti le rispettive appartenenze categoriali nella<br />

situazione <strong>di</strong> contatto. Il contatto, cioè, deve avvenire a<br />

libello intergruppi, tra in<strong>di</strong>vidui che si percepiscono<br />

membri dei rispettivi gruppi.<br />

In questo modo, gli atteggiamenti positivi nei confronti dei<br />

membri dell’outgroup con cui si interagisce possono<br />

estendersi all’outgroup in generale.<br />

Tuttavia, se l’esperienza <strong>di</strong> contatto genera atteggiamenti<br />

negativi, questi si ripercuoteranno sulle valutazioni<br />

dell’outgroup.<br />

Inoltre, quando il contatto avviene a livello intergruppi è<br />

sempre presente un certo livello <strong>di</strong> “ansia intergruppi”, che<br />

potrebbe <strong>di</strong>minuire gli effetti del contatto.<br />

58

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