museo - Provincia di Verona

IMUSEI
DELLA PROVINCIA
DI VERONA

AUTOSTRADA
STRADA STATALE
STRADA PROVINCIALE

© Provin c ia di Veron a Turism o s.r.l.
Fin ito d i stam pare n el m ese d i Ottobre 2005
presso Girardi Print Factory - Legnago - VR

PRESENTAZIONE DELLA PROVINCIA
Da tempo l’Amministrazione Provinciale di Verona cullaval’ideadidarevoceinmanieraorganicaefruibilealle
tan te realtà m u seali presen ti n el n ostro territorio. Un patrimonio
storico, artistico, ambientale e culturale veramente
importante che di anno in anno trova sempre più attenti
e interessati non solo i turisti ma gli stessi veronesi che
guardano con grande attenzione alle tante testimonianze
d el passato c he affioran o n el n ostro vasto e varieg ato territorio
che può vantare montagna, collina, pianura e lago
oltre ad u n a splen d id a c ittà.
Ecco quindi che ha trovato piena rispondenza l’iniziativa
studiata e voluta con la fattiva collaborazione delle Pro
Loco della nostra provincia, per costruire un percorso
m u seale c he potesse id ealm en te sposare tu tte le zon e d el
veron ese in u n g ran d e prog etto tu ristic o su d i u n territorio
com e il veronese, ricchissim o di testim onianze con m usei
aperti e visitabili che spaziano dalla m ontagna alla collin
a, dal lago alla pian u ra, a testim on ian za del gran de
bagaglio storico e culturale che ciascun paese detiene.
Per questo m otivo l’Am m inistrazione Provinciale, d’intesa
con Unpli Pro Loco Veronesi, ha pensato di realizzare una
pubblicazione il più esaustiva possibile riunendo i circa
70 m usei sparsi nella provincia raccontati, descritti e narrati
d ai g estori d i tali realtà per g iu n g ere ad u n prod otto
di quasi 150 pagine, riccamente illustrato da presentare a
chi voglia saperne di più del nostro territorio.
Il risultato di questa certosina opera di ricerca è senza
dubbio di grande valore e un grazie sincero va a tutti i
respon sabili dei m u sei e alle person e c he han n o forn ito
materiale, foto e notizie utili per realizzre un libro così
im portan te e pratic o m a soprattu tto a c hi ha rac c olto,
inventariato e coordinato una grande massa di notizie e
cioè al signor Augusto Garau, al dottor Francesco Occhi
aiutati dalla dottoressa Laura Longo. Un grazie va anche
alla professoressa An n a Zan garin i c he ha provvedu to alla
revisioneeallacorrezionedeitesti.
Verona e l’intera provincia sono un patrimonio da conoscere,
da valorizzare e da salvaguardare e questa ricca
presenza museale ne è la conferma. Infatti accanto ai
quasi70museisparsineicirca100comunidelnostroterritorio,
altri 17 son o presen ti in Veron a c ittà e tu tti d oc u -
mentano la ricchezza e la bellezza che essi conservano tra
le loro m u ra. An dateli a visitare, an dateli a sc oprire,
imparerete quanto di bello essi racchiudono e quanta storia
e qu an te ric c hezze vale la pen a di sfogliare.
L’ASSESSORE AL TURISMO
An ton io Pastorello
IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA
Prof. Elio Mosele
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NOTE DEGLI AUTORI
La ricerca m useale della provincia veronese è iniziata
intorno alla m età del 2004 e le inform azioni sono
ag g iorn ate a settem bre 2005. I d ati relativi ai sin g oli
m u sei son o stati rac c olti su lla base d i alc u n e liste
forniteci dalla Provincia di Verona, dai comuni
veronesi interessati, dagli uffici IAT e dalle Pro Loco
veronesi.
Alcune difficoltà sono sorte perché la maggior parte
dei musei dipendono da associazioni o da privati supportati
dal sostegno encom iabile dei volontari.
In og n i c aso abbiam o c on tattato u n referen te istitu -
zion ale o u n referen te volon tario per avere tu tte le
n otizie rig u ard an ti le realtà prese in c on sid erazion e.
Nel redigere questo libro esigenze tipografiche di spazio
e di equilibrio ci hanno costretto ad una compilazion
e d elle sc hed e a volte troppo lim itate e n on su fficientemente
esaustive e ci scusiamo per le immancabili
carenze, om issioni ed inesattezze che sono sfuggite
alla nostra attenzione. Per questa guida abbiamo
preso in considerazione varie forme museali come i
m usei archeologici, artistici, etnografici, ergologici,
naturalistici, paleontologici, storici e tecnici, oltre ad
oasi naturalistiche, giardini storici, am bienti um idi
protetti e siti archeologici.
Questa scelta risponde al concetto che il patrimonio
culturale, come insieme organico di musei, monumenti,
ville, chiese, case , opere artistiche, paesaggi e
città, sia in simbiosi con il territorio che lo ha generato.
Per sem plificare la fruibilità delle proposte abbiam o
poi sc elto d i su d d ivid ere il testo in sette perc orsi d an d o
a ciascuno una sua identità geografica, culturale e
tu ristic a per aiu tare il lettore a g u stare il c on testo territoriale
che accoglie i vari musei.
Ci auguriam o che queste pagine possano essere uno
stru m en to u tile affin c hé le stru ttu re m u seali d iven tin o
un elemento culturale radicato nel territorio per giungere
ad una maggior conoscenza di quanto di bello
può offrire la nostra realtà provinciale.
Augusto Garau
La u r a Lo n g o
Francesco Occhi
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RINGRAZIAMENTI
Per la realizzazione del presente volume un grazie sincero
va a tutti i responsabili dei musei, ai loro presidenti e
direttori, all’Am m inistrazione provinciale di Verona, al
presidente e vicepresidente, alle Pro Loco veronesi e
all’Un pli provin c iale, alle Am m in istrazion i c om u n ali, alle
Biblioteche comunali e private, alla Soprintendenza
arc heologic a di Veron a, alla Soprin ten den za per i ben i
am bien tali e arc hitetton ic i e a tu tti c oloro c he han n o d ato
un contributo alla realizzazione di questa pubblicazione.
Un grazie particolare va, per la preziosa collaborazione,
alla professoressa An n a Zan garin i ed alla c oordin atric e
Dan iela Ad am i oltre c he ag li au tori Au g u sto Garau ,
Francesco Occhi, Laura Longo.
Inoltre a Luciano Salzani, Anna Gaudini, Mauro Cova,
Maurizia De Min, Vincenzo Giuliano, Luigi Pozzati,
Monica Fondriest, Lorenzo Da Prà Galanti, Marco
Vicentini, Flavio Turri, Carla Massagrande, Luciano
Pasetto, Nazario Barone, Lorenza del “Parco Giardino
Sigurtà”, Orsola Rizzardi, Tiziano Fraccaroli,
Giannantonio Conati, Savio Cazzola, Mario Girardi, Alba
Corsini, Barbara della Ditta Grafica, Giuseppe Belluzzo,
Ale s s a n d r a Alb a r e llo , Sa n to Mo n ta g n a n a , Fr a n c e s c a
Colau tti, Giorgio Vedovelli, Diego Bellam oli, Marta Garau ,
Carlo Ferrari, Elisa Corbetti, Giuseppe Franco Viviani,
Giovanna Corona, Paolo Pozzani, Filippo Maria Cailotto,
GiovanniModena,Vitale Sartori,Lino Fontana,Ugo Ricci,
Rossan a Zan olli, Lu c ian o Moden a, Giu lio Carradore,
Gianni Rigodanzo, Daniele Giovanni Piasere, Giulio
Squ a ran ti, Elisa Martin i, Alberto Bolog n a, Giu lia n o
Zanella, Paolo Pozzani, Elisabetta Arici, Gruppo Valnera,
LINEA4, Oleificio Cisano del Garda, Cantina F.lli Zeni,
Con sorzio Veron a Tu ttoin torn o, Com u n ità m on tan a d ella
Lessinia, personale uffici IAT della provincia di Verona,
Andrea,Marta,MauriziodellaGirardiPrintFactory.
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LA PIANURA TIONE TARTARO

TIONE TARTARO LA PIANURA
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Lasciata alle spalle la città di Verona ed il suo
fium e, ci si inoltra tra le colline m oreniche gardesane
nobilitate dalla presenza diimponenticipressi
e c aratterizzate d alla c oltu ra d ella vite.
Continuando il percorso si scende verso la pianura
ricca di risorgive che alim entano im portanti
corsi d’acqua.
In qu e sta zo n a , c o m presa tra i fiu m i Tio n e e
Tartaro, all’inizio della prim avera i contadini preparano
i terreni che dovranno accogliere i semi
del riso Vialone Nano.
Il suggestivo panoram a di queste im m ense distese
d ove terra e c ielo d iven g on o u n tu tt’u n o, rapisc e
lo sg u ard o d el visitatore am m aliato d a tan ta bellezza.
Pu r c attu rati d a qu esti pan oram i, an c he il palato
ha le sue esigenze e non ci resta che gustare un
piatto caldo e profumato di risotto all’Isolana, nei
ristoran ti, n elle trattorie e n eg li ag ritu rism o d ella
zona.

LA PIANURA TIONE TARTARO
OASI ADIGE SUD
(VERONA)
Il tratto del fiume Adige compreso
tra il ponte San Francesco e località
Ca’ del Bue, è occupato da questa
oasi che ha al suo interno alcune
caratteristiche tipiche di un’area
posta a ridosso del grande fiume.
Le rive infatti, sono coperte da
vegetazione molto densa formata
da boschetti di Larici, Pioppi,
Robinia e Platano, interrotta, ogni
tanto, da distese di cespugli e da
rovi tipici di queste zone.
Uno scorcio dell’oasi.
Passeggiando in quest’area ci imbattiamo
in un’isola del tutto particolare:
l’isola del Pestrino.
È un piccolo lembo di terra, circondato
dalle acque del fiume, del
tutto inaccessibile e per questo
motivo ricco di fascino e di originalità
tanto da conservare un alone
tutto suo. L’oasi è interessante per
la flora e la fauna presente in ogni
stagione.
Tra le specie più importanti dobbiamo
ricordare il Gabbiano, la Gavina
e il Gabbiano reale mentre, tipiche
delle zone situate a ridosso del
Una lepre.
fiume, possiamo vedere il Piro Piro
piccolo e il Corriere piccolo, due
specie di uccelli di riva che nidificano
nel greto del fiume così come il
Topino, una specie di piccola rondine.
Altri sono gli uccelli particolarmente
interessanti, come l’Usignolo, la
Capinera, la Cornacchia grigia,
l’Usignolo di fiume e il Rigogolo.
Nei pressi dell’isolotto del Pestrino
si possono poi osservare gruppi di
cormorani che utilizzano questo
lembo di terra incuneato nel fiume
per fermarsi a riposare. Di recente
l’Oasi è stata ampliata con l’aggiunta
di un tratto del fiume compreso
tra ponte Catena e Settimo di
Pescantina.
L’oasi è visitabile tutto l’anno.
Ingresso libero.
Accessibile alle persone diversamente abili,
anche se alcuni tratti del percorso sono un
po’ difficoltosi.
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TIONE TARTARO LA PIANURA
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OSSARIO DI CUSTOZA
(SOMMACAMPAGNA)
Custoza, frazione di
Sommacampagna, è nota per le battaglie
della Prima (1848) e Terza
(1866) Guerra d’Indipendenza. In
quel periodo i caduti di guerra
venivano sepolti subito dopo la battaglia
in avvallamenti naturali,
oppure in fosse create da bombe o
granate che poi, per ragioni d’igiene,
venivano ricoperte con calce e
terra al fine di evitare eventuali epidemie.
Con il passare degli anni le
sepolture divennero precarie, e fu
necessario dare una degna e definitiva
sepoltura alle migliaia di morti.
Su richiesta dell’allora parroco don
Gaetano Pivatelli nacque, nel 1875,
un comitato presieduto dal senatore
Giulio Camuzzoni con lo scopo di
raccogliere fondi per la causa.
Numerose offerte giunsero da enti
pubblici italiani, dal re Vittorio
Emanuele II, dall’imperatore
Francesco Giuseppe e dal
Municipio di Vienna. Si raccolsero
in tutto 111.000 lire, una cifra considerevole
per l’epoca e per un’economia
disastrata da anni di guerra.
Venne bandito un concorso per l’edificazione
di un ossario atto a raccogliere
le spoglie dei caduti: parteciparono
al bando un’ottantina di
architetti provenienti da tutta Italia,
che avevano a disposizione la cifra
massima di 88.000 lire.
Vinse l’architetto veronese Giacomo
Franco e l’incarico venne affidato
all’impresa di Francesco Podestà,
che incluse, nella somma di 90.000
lire, anche l’abitazione del custode.
L’inaugurazione dell’Ossario avvenne
il 24 giugno 1879 davanti alle massime
autorità italiane e austriache.
Il monumento, a pianta ottagonale, è
suddiviso in quattro lati grandi con
gradinata e pronao e in quattro lati
chiusi. Nella parte inferiore, edificata
con marmo bianco di Domegliara,
Il Mausoleo.
si aprono quattro finestre con grata
che permettono di illuminare la
cripta; il resto del monumento è
stato costruito, compreso il ballatoio,
con tufo di Ongarine. Dei
quattro portoni alla sommità del
basamento, due assolvono alla
funzione di far accedere all’interno
del sacrario.
Nella parte superiore, che ospita
un piccolo museo dove sono conservati
i cimeli raccolti dopo le
due battaglie, vi è il ballatoio che
gira tutt’intorno al monumento
permettendo un’ampia visuale sul
territorio circostante.
ViaOssario,17
Per informazioni: signor Vitale Sartori, tel.
045 516184.
Ingresso libero.
Orario: aprile-settembre dalle ore 9.00 alle
ore 12.00 e dalle 15.15 alle 19.00; ottobre-marzo
dalle ore 9.00 alle ore 12.30 e
dalle 14.15 alle 16.00. Giorno di chiusura:
martedì.
La struttura non è agibile alle persone diversamente
abili se non per la parte esterna.

LA PIANURA TIONE TARTARO
PARCO GIARDINO SIGURTÀ
(VALEGGIO SUL MINCIO)
Una suggestiva immagine.
Il Parco Giardino Sigurtà ha una
superficie di 560.000 metri quadrati
e si estende ai margini delle colline
moreniche, nelle vicinanze del lago
di Garda, a soli otto chilometri da
Peschiera. Trae la sua origine dal
«brolo cinto de muro» (1617), giardino
di villa Maffei (opera di
Pellesina, allievo del Palladio),
dimora che nel 1859 fu quartiere
generale di Napoleone III.
La natura incanterà il visitatore con
spettacolari panorami, colori brillanti
e scorci pittoreschi: il Parco
Giardino è un’oasi dove è possibile
immergersi nella natura. Si possono
visitare i suoi luoghi più suggestivi
a piedi, in bicicletta, su golf-cart o
grazie ai simpatici trenini che percorrono
i sette chilometri
dell’Itinerario degli Incanti. Un ser-
vizio bus navetta gratuito assicura,
nei giorni di maggiore afflusso,
un’ampia disponibilità di parcheggio
nelle vicinanze. Quattro punti
ristoro, attrezzati anche per colazioni
al sacco, fanno del Parco
Giardino Sigurtà un luogo ideale
per il divertimento e il benessere di
tuttalafamiglia.
Filare di cipressi.
I famosi bossi, scolpiti dalla natura
e dalla sapiente mano dell’uomo, si
rivelano qui in tutta la loro malleabilità,
dando origine ad oltre 30.000
forme fantastiche e surreali. Nelle
varie stagioni si susseguono cinque
grandi fioriture: Tulipani, Iris, Rose,
Ninfee, Aster. La Grande Quercia, la
Meridiana orizzontale, l’Eremo, i
diciotto laghetti con pesci tropicali,
i giardini acquatici e quelli delle
piante officinali, il Grande Tappeto
erboso sono solo alcune delle attrazioni
naturali che si possono ammirare
nel Parco Giardino Sigurtà,
considerato oggi uno fra i cinque
più straordinari giardini al mondo.
Alcune curiosità legate al parco:
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TIONE TARTARO LA PIANURA
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Veduta d’insieme.
1.000.000.000 sono i litri di acqua
per l’irrigazione; 3.000.000 il numero
di fioriture nella stagione;
250.000 i visitatori nella stagione
2004; record di 100.000 i tulipani in
fiore nel corso della stagione;
40.000 le piante di Buxus presenti
nel Parco; 10.000 le rose in fiore
nell’omonimo viale; 550 i metri
quadrati della struttura per Eventi;
380 gli anni della Grande Quercia;
100 i chilometri di tubature per l’irrigazione;
55 i golf-cart con cui visitare
il Parco; 28 le stagioni di apertura
dal 1978 al 2005; 5 i premi
Nobel ospitati nel Parco.
Immersi nel verde.
Via Cavour n.1 tel. 045 6371033
Il Parco è aperto tutti i giorni dal 6 marzo al
6 novembre dalle ore 9.00 alle 18.00; uscita
ore 19.00.
Entrata a pagamento, escluso bambini 0-5
anni e persone diversamente abili con
accompagnatore
Servizio guida (durata all’incirca di un’ora e
trenta) Euro 4,00.
In caso di pioggia il biglietto non sarà rimborsato
e il servizio trenino potrà essere sospeso
per motivi di sicurezza.

LA PIANURA TIONE TARTARO
MUSEO DEL RISORGIMENTO
(VILLAFRANCA VERONESE)
Pochissime sono le città in Italia
che possono vantare il primato che
Villafranca ha avuto durante il
periodo del Risorgimento italiano
per la sua posizione geografica a
ridosso della linea del fiume Mincio
e quasi al centro della strada che
univa Verona a Mantova, le due
maggiori città del Quadrilatero.
Il castello.
Nel 1848 la città fu sede del quartier
generale piemontese, sistemato
nell’albergo “Il Sole” che ospitò
nelle sue stanze Carlo Alberto e suo
figlio Vittorio Emanuele, il futuro re
d’Italia. Contemporaneamente il
palazzo Gandini-Morelli-Bugna
ospitava il generale toscano Cesare
De Laugier, l’eroe di Curtatone e
Montanara. Lo stesso palazzo nel
1859 fu sede del quartier generale
austriaco e vi si fermò l’imperatore
Francesco Giuseppe nei giorni che
precedettero la battaglia di
Solferino-San Martino del 24 giugno.
L’11 luglio vi si tenne il famoso
incontro, tra gli imperatori
Napoleone III e
Francesco Giuseppe,
cheposefinealla
seconda Guerra per
l’indipendenza.
Il 24 giugno 1866,
durante la terza Guerra
per l’indipendenza,
appena fuori
Villafranca, si sistemarono
le truppe italiane
del generale Morozzo
della Rocca che comprendevano
anche la
16ª divisione al comando
del principe
Umberto di Savoia,
futuro re d’Italia.
Attaccata dalla cavalleria
imperiale, la fanteria
italiana per difendersi
si dispose in quadrato
e, nel IV battaglione
del 49° reggimento
della brigata
Parma si rifugiò il principe
Umberto durante
una furiosa carica di
ussari e ulani austriaci
che non riuscirono
però a rompere i quadrati.
A ricordo dell’episodio, in
questo luogo venne eretto un
monumento a forma di obelisco.
Per dare un’adeguata sistemazione
a una serie di reperti storici di tale
periodo, di proprietà comunale, nel
novembre 1989 è stato inaugurato il
Museo del Risorgimento. Ha sede
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TIONE TARTARO LA PIANURA
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nella cantoria della chiesetta del
castello scaligero e vi sono esposti,
in razionali e luminose vetrine,
armi, stampe e cimeli appartenuti
agli eserciti che combatterono le
guerre per l’indipendenza e l’unità
d’Italia. Nelle bacheche centrali
della sala sono anche conservati i
documenti e le testimonianze dei
volontari villafranchesi che presero
parte, tra il 1848 e il 1866, alle
patrie battaglie: 62 uomini e una
donna, Angela Aprili, vivandiera
garibaldina del 1866. Si possono
ammirare proclami, lettere della
polizia austriaca, lettere della deputazione
comunale di Villafranca, la
dichiarazione di diserzione dall’esercito
austriaco di Luigi Prina, che
insieme a Luigi Zanini fu con i
Mille di Garibaldi, e il berretto e
una ben conservata camicia rossa
appartenuti a un garibaldino del
1866.
Tra le armi sono esposti un fucile
francese mod. 1777 a pietra focaia,
due carabine da Cacciatore mod.
1854 austriache, un moschetto
austriaco per artiglieria e genio
mod. 1854 e vari modelli 1822,
1822T e 1842 francesi, alcune sciabole
piemontesi da fanteria mod.
1855, sciabole e daghe della
Guardia nazionale italiana nonché
sciabole e baionette austriache e
L’interno con le vetrine.
francesi. È esposta anche una nutrita
serie di granate e palle da cannone
ottocentesche.
Il Museo del Risorgimento di
Villafranca è visitato annualmente
da circa 4000 persone, soprattutto
studenti.
Presso Castello Scaligero (Ingresso libero)
Il Museo è aperto il sabato dalle 15.00 alle
18.00, la domenica dalle 15.00 alle 18.30
in inverno e dalle 15.00 alle 19.00 in estate.
La seconda domenica di ogni mese, in
coincidenza col mercatino dell’antiquariato,
anche dalle 10.00 alle 12.00.
Per altri giorni e orari è possibile prenotare
le visite presso la Biblioteca comunale (045
7902901; e-mail bibliovilla@tin.it)
Il Museo è accessibile alle persone diversamente
abili.

LA PIANURA TIONE TARTARO
MUSEO NICOLIS DELL’AUTO
DELLA TECNICA
DELLA MECCANICA
(VILLAFRANCA VERONESE)
Il Museo Nicolis dell’Auto - della
Tecnica - della Meccanica, di proprietà
privata, è situato in un avvenieristico
edificio di acciaio e vetro
e ospita più di 100 automobili d’epoca,
uniche e introvabili, 100 moto
d’epoca, altrettante biciclette che
aiutano a ripercorrere la storia del
ciclismo, ma anche 400 macchine
fotografiche, decine di macchine da
scrivere e strumenti musicali, raccolti
con passione da Luciano
Nicolis a testimonianza della storia
emozionante e sorprendente dell’ingegno
umano.
L’entrata del museo.
L’archivio storico, ricchissimo di
documenti e testimonianze che possono
soddisfare anche i ricercatori
più esigenti, racconta due secoli di
storia dell’uomo e delle sue idee.
L’automobile è l’indiscussa protagonista
perché è stata ed è una delle
grandi passioni del fondatore che
cerca, in giro per il mondo, auto
d’epoca, spesso ridotte a rottami, le
recupera e le restaura, pezzo su
pezzo, riportandole al loro antico
splendore restituendo alla storia
dell’automobile una parte del suo
patrimonio e della sua cultura. Fra i
reperti più sorprendenti basti ricordare
la “Motrice Pia”, il primo
motore a benzina brevettato dal
veronese Enrico Bernardi nel 1882
(il 5 agosto) quasi contemporaneamente
all’antagonista tedesco Karl
Benz (il 25 ottobre dello stesso
anno), la mitica Isotta Fraschini del
1929, la Lancia Astura 1000 Miglia,
unica al mondo, costruita appositamente
per Luigi Villoresi dalla scuderia
Ambrosiana di Milano. Ma fra
le star del museo ci sono anche la
Lancia Lambda del 1928, prima vettura
con carrozzeria portante del
mondo, l’Alfa Romeo 1750 con
compressore, la francese Cottereau
Populaire del 1903, introvabili Benz,
fino alle ambite Ferrari e Rolls
Royce e a numerosi altri gioielli a
quattro ruote.
L’Alfa Romeo “6C 1750 GTG” 1931.
Il percorso attraverso l’evoluzione
dei mezzi di trasporto comprende
anche una collezione di 100 moto
(lo stesso Bernardi applicò un
motore a benzina sul triciclo del
figlio che può considerarsi a tutti gli
effetti la prima moto rudimentale) e
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TIONE TARTARO LA PIANURA
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di altrettante biciclette che testimoniano
le imprese, a volte eroiche, di
grandi atleti di questo sport amato
e popolare. Il Museo Nicolis offre
anche al visitatore una collezione di
400 macchine fotografiche, macchine
per scrivere e strumenti musicali,
tutti pezzi rari o introvabili.
Lancia Astura Spider 1937.
Progettato secondo criteri innovativi
che valorizzano gli spazi e li rendono
facilmente accessibili e fruibili, il
Museo è una meta per visitatori di
tutte le età; per i disabili il Museo
Nicolis ha di recente messo a punto
una serie di iniziative specifiche,
istituendo, per esempio, una giornata
speciale (tutti i giovedì) con
visite guidate gratuite. II Museo ha
da tempo avviato un’ampia collaborazione
con il mondo della scuola.
Con diversi istituti di ogni ordine e
grado sono state elaborate sezioni
Esposizione di macchine d’epoca.
didattiche speciali, nate dalla collaborazione
con insegnanti ed educatori,
per aiutare i ragazzi a ripercorrere,
con i supporti più moderni, la
storia dei mezzi di trasporto, dalle
epoche più remote ai giorni nostri.
È infatti la storia dell’automobile,
costantemente influenzata dal costume,
dalla moda, dall’economia e
dal progresso, a rivoluzionare nel
profondo la società e a rappresentare,
in definitiva, la storia stessa dell’uomo.
Alle sezioni didattiche il Museo
affianca anche numerosi laboratori
interattivi che puntano a stimolare
curiosità e partecipazione, facendo
emergere il talento e la creatività
dei ragazzi. Di recente si è iniziato
ad organizzare dei corsi di
Educazione Stradale che, utilizzando
le tecnologie e il linguaggio dei
videogiochi, aiutano i ragazzi più
grandi ad arrivare preparati all’esame
per l’acquisizione del patentino
e i più piccoli ad apprendere,
divertendosi, le regole fondamentali
della corretta educazione stradale.
Museo Nicolis dell’auto - della tecnica - della
meccanica, Viale Postumia, Villafranca.
Tel. 045 6303289; fax 045 7979493;
e-mail museonicolis@museonicolis.com;
website: www.museonicolis.com
Il Museo è aperto dal martedì alla domenica
dalle ore 10.00 alle 18.00.
Ingresso a pagamento; gratuito per bambini
da 0 a 5 anni e persone diversamente abili
Prezzi ridotti e agevolati per scuole. Visite
guidate Euro 50
Varie convenzioni per sconti entrata.

LA PIANURA TIONE TARTARO
MUSEO ARCHEOLOGICO
(POVEGLIANO VERONESE)
Il Museo Archeologico di
Povegliano, curato dall’architetto
Giulio Squaranti (presidente
dell’Associazione Balladoro), ha
sede nella settecentesca villa
Balladoro e riunisce reperti archeologici
dell’Età del Bronzo e del
Ferro rinvenuti nel territorio di
Povegliano e dei paesi limitrofi.
Sono inoltre esposti materiali celtici
e una tomba longobarda.
Interno.
I primi scavi archeologici a
Povegliano furono effettuati tra il
1876 e il 1877 in località
Gambaloni. In quell’occasione
venne alla luce una necropoli della
media Età del Bronzo con inumati
accompagnati da corredi costituiti
da spade, pugnali e spilloni, attualmente
conservati presso il Museo
Nazionale Pigorini di Roma. Pochi
anni dopo furono segnalati altri rinvenimenti
riguardanti gruppi di
sepolture della tarda Età del Ferro
in località Campi Magri della Bora e
in località Madonna dell’Uva Secca.
Sono queste le due età preistoriche
che trovano ampia documentazione
nelle vetrine che occupano attualmente
tre stanze al piano terra di
villa Balladoro: l’Età del Bronzo
presenta reperti che coprono tutto
l’intero arco cronologico; quella del
Ferro è relativa al periodo finale.
I recenti scavi in località Muraiola
che hanno portato alla luce i basamenti
di capanne di un villaggio
dell’Età del Bronzo Medio, hanno
consentito di recuperare fra vario
altro materiale due lame di pugnale
di bronzo e una matrice di argilla
che serviva per la fabbricazione di
pendagli ornamentali.
I reperti più antichi e interessanti in
esposizione sono due asce di rame
rinvenute in località Gambarella che
possono essere interpretate come
oggetti votivi deposti in un corso
d’acqua o in una palude, secondo
un rito ben noto nella preistoria. I
materiali dell’Età del Bronzo antico
sono stati raccolti nelle località
Zocca e Grezzanin e riconducibili
alla cultura di Polada che ha lasciato
tante testimonianze nelle stazioni
dell’anfiteatro morenico. Più documentato
risulta il periodo tra l’Età
del Bronzo medio e recente. I
manufatti rinvenuti a Grezzano si
avvicinano alla forme tipiche dei
prodotti terramaricoli. Grazie al
ritrovamento di numerose forme di
fusione, scorie di forno e frammenti
informi di bronzo, è stato accertato
che in loco ha operato un’officina
metallurgica.
I materiali della tarda Età del Ferro
(III-I sec. a.C.) sono stati rinvenuti a
21

TIONE TARTARO LA PIANURA
22
Campi Magri, alla Bora di
Sant’Andrea, in località Crocetta, a
Ponte dei Mulinei e alla Madonna
dell’Uva Secca. In quest’ultima località
uno scavo condotto nel 1985
dalla Sovrintendenza Archeologica
di Verona, in collaborazione con il
gruppo culturale dell’Associazione
Balladoro, ha portato alla luce quattro
tombe con numerosi materiali di
corredo gallici tra i quali una padella
di bronzo, un mestolino e una
situla di bronzo e numerosi manufatti
di ceramica. Secondo Luciano
Salzani, ispettore della
Sovrintendenza di Verona, le sepolture
sono riferibili ad una piccola
comunità pacificata e fortemente
romanizzata, ma che conservava
ancora la propria identità nei riti
funebri. Tra il 1985 e il 1986 è stata
rinvenuta una necropoli longobarda
in località Ortaia e recuperate circa
quaranta tombe.
Fra i reperti più suggestivi del
museo va segnalata la sepoltura
rituale longobarda di un cavallo
acefalo con due cani, che sono stati
Arte e preistoria convivono in questa sala.
accuratamente ricomposti; la sepoltura
costituisce il motivo di maggior
richiamo del museo ed è esposta in
uno dei saloni affrescati al primo
piano di villa Balladoro. Sempre in
località Ortaia, negli anni 1991-
1992, dopo la bonifica di alcuni terreni,
sono state recuperate circa
quattrocento sepolture di età celtica,
romana e longobarda, attualmente
ancora in fase di studio e
restauro.
Museo Archeologico di Povegliano Veronese,
via A. Balladoro 15, tel. 045-7971035.
Il Museo è aperto ogni prima domenica del
mese dalle 10 alle 12.30 e dalle 14.30
alle 18.
Ingresso libero.
Visite guidate su prenotazione per scolaresche
e gruppi organizzati.
Il Museo è accessibile alle persone diversamente
abili.

LA PIANURA TIONE TARTARO
OASI DELLA BORA
(POVEGLIANO VERONESE)
A sud dell’abitato di Povegliano
lungo strada per Nogarole Rocca, si
trova l’Oasi della Bora, che rappresenta
un importante luogo dedicato
alla flora e fauna tipiche
delle nostre zone. È un
lembo di terra di 1,2
ettari lungo 300 metri
nel punto massimo,
largo 50, delimitato a
nord dal fiume Tione-
Tartaro e a sud dalla
fossa Bora che qui ha
origine da tre piccole
risorgive. Gestito dal
WWF Veneto tramite il
Gruppo WWF di
Villafranca e Povegliano
sulla base di una concessione
della proprietà,
questo fondo coltivato a
cereali fino all’estate del 1991 è
stato progressivamente riconvertito
per riformare una associazione
vegetale di specie autoctone per
fini sia conservativi che didattici. Il
terreno su cui si è formata l’Oasi è
di proprietà del Consorzio per la
depurazione delle acque tra i
Comuni di Villafranca e di
Povegliano Veronese che ha anche
contribuito in più occasioni nell’acquisto
di attrezzi e materiali.
Di origine alluvionale, il terreno è
composto nello strato profondo da
ghiaie e sabbie e in superficie da
terreno agricolo. Uno scavo archeologico
effettuato nel 1992 ha confermato
la presenza nell’area di un
abitato dell’Età del Bronzo. Da
tempo si è stabilito di ospitare
nell’Oasi gran parte delle specie
arboree e arbustive che probabilmente
popolavano l’antica foresta
della pianura veronese. A tutt’oggi
sono state messe a dimora oltre 500
piante tra alberi, arbusti e rampicanti
appartenenti a 41 diverse spe-
Gallinelle d’acqua.
cie. I più adattati sono: Olmo,
Pioppo bianco e Pioppi ibridi,
Acero campestre, Prugnolo,
Biancospino, Sambuco.
Fauna: sono state
osservate varie specie
di pesci d’acqua dolce
come il Luccio, la
Carpa, il Pesce Gatto.
Anfibi: Rana verde,
Rana di lataste,
Raganella, Rospo
comune, Rospo smeraldino.
Rettili: Biscia dal
collare, Biscia tessellata,
Biacco, Lucertola
dei muri, Ramarro.
Uccelli: Martin pescatore,
Gallinella d’acqua,
Usignolo, Usignolo di
fiume, Cinciallegra,
Ballerina bianca, Cutrettola, Luì piccolo,
Beccacino, Fagiano, Capinera,
Averla piccola, Allodola, Civetta.
Mammiferi: Toporagno, Talpa,
Arvicola, Donnola, Lepre, Nutria,
Volpe.
L’area è caratterizzata da tre piccole
risorgive artificiali che danno origine
alla Fossa Bora. Il confine nord
è costituito dalla Fossa di
Sant’Andrea, canale scavato in
epoca medioevale per portare le
acque del fiume Tione a defluire
nel fiume Tartaro. Data la piccola
superficie le visite sono possibili
solo con una guida e su appuntamento.
La visita, di circa un’ora,
permette di osservare varie specie
di piante e i piccoli animali, o le
loro tracce, che si incontrano su di
esse.
Per informazioni: WWF Verona 045
8010338; www.wwf.it/oasi.
L’oasi non è accessibile a persone diversamente
abili
23

TIONE TARTARO LA PIANURA
24
MUSEO DELLA CIVILTÀ
CONTADINA
E DEI LAVORI ARTIGIANALI
(BONFERRARO DI SORGÀ)
Il Museo della Civiltà Contadina è
nato grazie all’interessamento, spirito
d’iniziativa e impegno di un
gruppo di volontari di storia contadina
spinti dal desiderio di evitare
che quanto può essere ancora salvato
non vada perduto.
La sede del museo è stata ricavata
utilizzando un ampio edificio
annesso a villa Brà, in Bonferraro,
un’antica corte del 1600.
Attualmente l’area espositiva occupa
una superficie di circa 500 mq. suddivisa
in tre ampi saloni oltre ad
altre piccole sale.
Gli oggetti e gli attrezzi esposti
hanno trovato una loro ubicazione
tematica al fine di agevolare il visitatore
a ripercorrere idealmente le
varie fasi della vita contadina, dal
lavoro, alla vita domestica, allo
svago.
Ricostruzione dell’ambiente domestico
con accessori e mobili tipici dell’epoca.
Nel primo salone sono esposti carri
a quattro ruote in legno, carretti a
due ruote, carriole di varie dimensioni
ed usi, gioghi, basti e tutta
l’attrezzatura necessaria per l’utilizzo
degli animali da traino, una serie
di attrezzi per la coltivazione del
riso, una vasta gamma d’aratri di
varia forma, struttura e impiego,
tutti a trazione animale. Alle pareti
sono appese una serie di falci e falcetti
per riso, frumento, erba palustre,
erba medica e canniccio. Infine
fanno bella mostra numerosi piccoli
attrezzi utilizzati quotidianamente
dai contadini per il lavoro nei campi
e nelle case. Adiacente a questo
primo salone c’è la ricostruzione di
una bottega di fabbro ferraio-maniscalco,
un laboratorio da falegname
e la bottega del calzolaio.
In un’altra zona è stata ricostruita
una lavanderia d’altri tempi con l’attrezzatura
necessaria per il bucato
che veniva lavato a mano.
Nel secondo salone si può ammirare
una piccola raccolta dei pochi,
semplici e autarchici giocattoli d’anteguerra
e la cantina con botti di
varie dimensioni, pompe per irrorare
il verderame, pigiatrici e tini. In
un angolo ceste di vimini e di ferro
per chiocce e pulcini e graticci per
i bachi da seta.
Nel terzo salone è stata ricostruita
fedelmente la cucina con arredi e
stoviglie. A lato una camera da
letto, con letti in ferro, acquasantiere,
brocche e lavandini.
Museo della civiltà contadina e dei lavori artigianali,
villa Brà, via Dante 7/c, Bonferraro
Aperto da aprile ad ottobre la terza domenica
di ogni mese dalle ore 16.00 alle ore
19.00.
Visita anche su richiesta (tel. 045
7320091); visite guidate per scolaresche e
piccoli gruppi.
Gran parte del museo, è accessibile alle persone
diversamente abili.

LA PIANURA TIONE TARTARO
PALUDE DELLA PELLEGRINA
(ISOLA DELLA SCALA,NOGARA,ERBÈ)
La palude di Pellegrina è un’aera
privata con un’estensione di 129
ettari, che riceve per scorrimento
naturale acqua del Tartaro e lungo
il cui perimetro si snoda un piacevole
percorso arginale, lungo alcuni
chilometri, percorribile a piedi, a
cavallo o in bicicletta. È un’area di
rara bellezza che si incontra percorrendo
la statale 12 tra Isola della
Scala e Nogara e nella cui parte
sud-orientale s’incontra una zona
palustre con alcuni specchi d’acqua
formatisi dove un tempo vi erano
delle cave di torba.
Il biotipo è soprattutto occupato da
canneti, in cui sono però infiltrate
numerose testimonianze di vita.
Sono presenti pure, specie nella
porzione settentrionale, delle alberature
(Salici) che garantiscono un
ottimo microambiente per un’interessante
microfauna. L’avifauna
risente molto della notevole vicinanza
di insediamenti umani e di
grosse strade, ed è piuttosto impoverita.
Oltre allo scavo della torba l’ambiente
è in piccola parte utilizzato
Basettino femmina.
per la raccolta della cannuccia palustre
e, scarsamente, per la caccia. I
laghetti formatisi nelle cave di torba
sono riserva di pesca. Va osservato
che la maggior parte dell’estensione
del fondo è ancora incolta e quindi
riserva elementi molto particolari e
caratteristici di questa zona.
Un’altra area è poi occupata da
alcuni ritrovamenti archeologici
risalenti all’Età del Bronzo, all’Età
del Ferro e all’epoca romana; essa è
inoltre interessata da parte del percorso
della strada romana che da
Ostiglia portava a Verona per proseguire
quindi per la valle dell’Adige.
Per informazioni: Consorzio Bonifica Agro
Veronese Tartaro Tione Conagro, tel. 045
8004392.
In parte accessibile a persone diversamente
abili.
25

TIONE TARTARO LA PIANURA
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MUSEO ARCHEOLOGICO
DI ISOLA DELLA SCALA
(ISOLA DELLA SCALA)
Dolio proveniente dalla necropoli paleoveneta
di Palazzina.
Il Museo Archeologico di Isola della
Scala sorse nel 1978 quando la
Soprintendenza autorizzò la conservazione
e l’esposizione in loco dei
materiali preistorici rinvenuti nel
territorio comunale di Isola della
Scala e in quello dei comuni vicini,
soprattutto in occasione dell’aratura
di terreni agricoli, di spianamenti di
dossi, di altri interventi intesi a
modificare la conformazione del
suolo. La maggior parte dei reperti,
esposti in un’unica grande sala,
risalgono all’Età del Bronzo (dal
XVI al X sec. a.C.), ma sono rappresentate
anche l’Età del Ferro e
l’Età romana.
Età del Bronzo. I materiali dell’Età
del Bronzo, fase media (XVI-XIV
sec.), fase recente (XIII sec.) e fase
finale (XII-X sec.) provengono dagli
insediamenti di Isola della
Scala (loc. Mulino
Giarella), Pellegrina,
Tarmassia (loc. Pralongo),
Trevenzuolo (loc.
Castello), Nogarole Rocca
(loc. Corte Vivaro), Erbè
(loc. Tremolina), Isola
Alta (loc. Mulino di
Brugnolo). Tutte queste
località si trovano ai margini
delle depressioni
entro cui scorrono il
Tartaro, il Tione e altri
corsi d’acqua minori che,
all’epoca non regimentati,
si espandevano liberamente
dando origine ad
acquitrini e paludi. Lungo
il loro corso si ebbe, nell’arco
di tempo compreso
tra il II e il I millennio
avanti Cristo, una capillare
diffusione di insediamenti
abitativi, dei quali
pochi sono stati oggetto
di scavi regolari. Fra i
reperti esposti si distinguono alcune
eleganti ciotole carenate, con parte
lucidata in nero, ansa cornuta e
decorazione a solcature sotto l’orlo,
due brassards (elementi tipici dell’equipaggiamento
degli arcieri) e altri
oggetti ornamentali ricavati dalla
lavorazione di corno, numerosi
esemplari di vasetti giocattolo e un
frammento di statuetta in terracotta
raffigurante un bovide. La lavorazione
della pietra è documentata da
asce in pietra verde, punte di freccia,
raschiatoi, elementi di falcetto e
da una lama di pugnale in selce a
lavorazione bifacciale. La produzione
dei metalli è rappresentata da
spilloni, scalpelli, un’ascia e altri
oggetti a fusione, in bronzo.
L’occasionalità dei rinvenimenti
rende però impossibile una rico-

LA PIANURA TIONE TARTARO
struzione circostanziata circa le pratiche
abitative, le forme di organizzazione
sociale, le credenze spirituali
e gli altri aspetti che caratterizzavano
queste popolazioni, per cui,
in attesa che appropriate campagne
di scavo possano apportare ulteriori
contributi conoscitivi, è possibile far
congetture avvalendosi quasi esclusivamente
di criteri d’analogia.
Entrata del museo presso l’ex chiesa
di Santa Maria Maddalena.
Età del Ferro. Le testimonianze
archeologiche di questo periodo
risultano rare, se confrontate con il
rilevante numero di quelle dell’Età
del Bronzo, e sono ubicate sui
dossi sabbiosi che costeggiano le
depressioni vallive dei maggiori
corsi d’acqua. Le aree interessanti
sono sostanzialmente due: quella di
Palazzina e quella attigua di Castion
di Erbè. Dalla necropoli di
Palazzina provengono frammenti di
situle zonate, di coppe ad alto
gambo, di grossi vasi, tutti in materiale
fittile, attribuibili al VI-V sec.
a.C. I reperti rinvenuti nell’abitato
di Castion, ove la Soprintendenza
ha condotto una regolare campagna
di scavo nel 1972, sono conservati a
Padova.
Età romana La maggior parte dei
reperti di epoca romana provengono
dalla torbiera San Carlo di
Pellegrina e vennero alla luce in
occasione dei lavori di scavo effettuati
nel 1989. In un successivo
intervento di esplorazione subacquea
si scoprì l’esistenza di una
necropoli databile al I secolo d.C.:
furono rinvenuti patere, olpi, lucer-
nette, unguentari e altri manufatti
sempre di raffinata esecuzione. I
corredi funerari erano collocati, a
volte, entro anfore con il collo
mozzo, entro cassette fatte con
tegole, o direttamente sul terreno.
Da altre località provengono materiali
vari come tessere musive, elementi
di pavimento in cotto, pluviali,
resti di macine, mattoni sesquipedali,
puntali di frecce in ferro e
altre testimonianze di presenze isolate.
In generale l’epoca romana a
Isola della Scala rimane ancora
poco documentata, anche se è noto
che di qui passava la via consolare
Claudio Augusta Padana di cui si
conserva il miliare dell’imperatore
Massenzio ritrovato a nord del
capoluogo in località Falceri.
Via Roma n. 35, Tel. 045 7302553.
Ingresso libero.
Il Museo è aperto la prima domenica del
mese dalle 15 alle 18 in inverno e dalle 16
27

TIONE TARTARO LA PIANURA
28
MUSEO ETNOGRAFICO
DELL’ISTITUTO AGRARIO
STATALE BENTEGODI
(BUTTAPIETRA)
Un museo nella scuola è l’esempio
pratico di come la storia dei nostri
nonni e bisnonni, della tanto osannata
‘civiltà contadina’ possa appassionare
i giovani. Quello dell’Istituto
Tecnico Agrario Statale Bentegodi di
Buttapietra (ideato e curato dal prof.
Luigi Lanza) è una realtà che va ad
integrare l’offerta formativa dell’istituto.
Annessa alla scuola si trova un’azienda
agraria autosostenuta che
funge da laboratorio e osservatorio:
all’interno dei cinquanta ettari dell’azienda
si trovano apiari, coltivazioni
idroponiche, coltivazioni biologiche,
serre, stalle dove vengono allevati
equini e bovini, una porcilaia per i
suini e pollai per l’allevamento di
animali di bassa corte. I prodotti
derivanti da coltivazioni e allevamenti
e poi immessi sul mercato, servono
per sostenere l’aziende agraria.
Inoltre, il Museo della civiltà contadina,
ideato e seguito con passione,
permette di fare dimostrazioni prati-
Vecchie trebbie.
che di lavoro nei campi con trattori
risalenti ai primi anni del Novecento.
Sempre all’interno dell’azienda si
trova un’oasi botanico-faunistica del
fiume Menago, dove gli studenti
vengono educati al rispetto degli
ambienti naturali e alla cura degli
stessi, anche attraverso la pulizia dei
numerosi fontanili presenti.
Inoltre, l’Assessorato alla Pubblica
Istruzione della Provincia favorisce
lo scambio con studenti stranieri, in
particolar modo danesi e olandesi,
in quanto ritiene l’azienda connessa
all’istituto Bentegodi un esauriente
riassunto ‘colturale’ della pianura
veronese. L’idea di un Museo contadino
ha talmente appassionato gli
studenti che buona parte degli stessi
chiedono di effettuare gli stages in
istituto per potersi dedicare al
restauro e alla manutenzione degli
attrezzi, alcuni dei quali risalenti
all’Ottocento.
Gli studenti stessi si sono adoperati

LA PIANURA TIONE TARTARO
per la raccolta di materiale donando
al Museo attrezzi e oggetti di proprietà
delle loro famiglie; da loro è
partita anche l’idea di raccogliere
le testimonianze e i racconti di
nonni e genitori perché non vadano
persi per sempre quei pezzi di
storia, quella che sui libri di scuola
non si trova, che ognuno di noi
porta con sé.
Trattore ancora funzionante.
Da oltre cinque anni il Museo
conserva e raccoglie ‘pezzi’ di
civiltà contadina, recuperando il
mobilio e coltivando i prodotti di
un tempo, come il mais qualità
“marano vicentino” per produrre
un tipo di polenta un tempo
molto diffusa nella pianura veronese
e alberi da frutto selvatici:
meli, peri, giuggioli e cachi.
Alcuni degli oggetti raccolti per il
Museo sono esposti lungo i corridoi
dell’istituto; altri più ingombranti,
come trattori e aratri, si
trovano sistemati in ordine cronologico
nell’ex palestra della scuola,
mentre gli oggetti di piccole
dimensioni sono sistemati in una
grande aula. Di quest’ultima serie
di oggetti fanno parte vecchi
mobili, pigiatrici, un cesto per i
pulcini, un intero set di ferri per
l’ostetricia bovina, scaldini, moscarole,
una morsa da falegname e
tantissimi altri utensili.
Trattori pronti per l’uso.
In questo istituto si eseguono lavorazioni
nei campi con l’uso di nuovi
e vecchi attrezzi da lavoro per poi
comparare la resa, il tempo, la convenienza
dell’attrezzatura adoperata
nell’esecuzione del lavoro.
Parata di vecchi trattori.
Viale Dell’Agricoltura n.1, tel. 045 6660235
Il Museo è aperto tutti i giorni riferibili al
calendario scolastico, dal lunedì al sabato
dalle 08.30 alle 12.30. Il mercoledì e il giovedì
anche dalle 14.00 alle 16.30.
La prenotazione va effettuata almeno tre
giorni prima della visita. Sono disponibili
docenti per le visite guidate. Le dimostrazioni
sono aperte al pubblico.
29

LA PIANURA TARTARO ADIGE

TARTARO ADIGE LA PIANURA
32
La grande pianura veronese è un continuo susseguirsi
di colori, un’alternanza di quadri, triangoli,
rombi e rettangoli dipinti di verde, rosso, giallo
e marrone, solcati da strade e corsi d’acqua.
La zona più meridionale delpercorso è denominata
Basso Veronese ed è ricca di prodotti agricoli,di
tradizioni artigianali come il restauro e la produzione
del mobile d’arte e di importanti impianti
industriali.
In tu tta qu est’am alg am a d i c olori e sapori, si sc oprono
angoli sorprendenti per bellezza, storia, arte
ed ingegneria idraulica che coinvolgono anche il
visitatore più d istratto.
Il paesaggio pianeggiante di queste terre, che
d ’estate è d ard eg g iato d al sole, si trasform a in u n a
delicata e romantica poesia durante l’autunno.

LA PIANURA TARTARO ADIGE
PARCO VALLE DEL MENAGO
(BOVOLONE)
Il Parco Valle del Menago, posto tra
i comuni di Bovolone e di
Salizzole, è un parco ambientale
dove si è cercato di ricreare il tipico
ambiente umido di pianura che
propone, oltre all’ecosistema di un
tempo, anche la riproduzione di un
villaggio preistorico.
Attualmente il Parco si estende su
una superficie di 35 ettari la cui
cura e tutela sono state affidate
all’associazione “Valle del Menago".
La vegetazione
del
parco è
costituita
da piante
tipiche
della pianuraveronese,
con
Pioppo,
Gelso,
Carpine,
Platano,
Acero,
Ontano e
Salice.
Un Airone
Numerosi anche gli arbusti che crescono
spontanei grazie all’ambiente
umido, come il Biancospino, il
Carpino bianco, il Lingustrello, la
Sanguinella, il Sambuco e molti
altri. Intorno al laghetto si possono
vedere Lepri, Oche, Anitre, Fagiani,
Gufi, Civette, il Martin pescatore, il
Falco e vari Aironi. La fauna presente
nella valle è quella tipica
della pianura veronese, che trova
qui il suo habitat ideale, con qualche
eccezione rappresentata da
Daini e Struzzi che si sono adattati
bene all’ambiente. Il progetto del
Parco ha reso possibile il recupero
di un’oasi naturalistica che altri-
menti sarebbe andata perduta per
sempre.
Nell’ecosistema naturale del Parco il
vasto laghetto realizzato nell’area
centrale riveste un’importanza del
tutto particolare in quanto qui
hanno trovato rifugio numerosissimi
uccelli acquatici che lo hanno scelto
come luogo ideale per la nidificazione.
Nelle aree rimboschite sono riapparsi
in questi anni animali che si
consideravano quasi scomparsi
dalla valle del Menago e molte
sono le specie che ora si riproducono
indisturbate. Il grande numero
di uccelli che nidificano nel Parco
ha portato anche un aumento delle
specie rapaci. Alle civette ed ai barbagianni,
che si possono notare
specialmente al calar della sera, si
sono così aggiunte anche le poiane
che erano scomparse dalla zona da
alcuni decenni.
La presenza di una popolazione
paleoveneta che viveva di caccia e
di pesca è testimoniata da numerosi
resti ritrovati nel corso degli anni
nelle zone circostanti..
Il Parco è anche dotato di attrezzature
sportive, didattiche (un percorso
archeologico e uno botanico) e
ricreative. Al suo interno sono stati
realizzati 3 chilometri e mezzo di
piste ciclabili, 7 chilometri di sentieri
per le passeggiate, 2 chilometri di
percorso della salute attrezzate con
16 stazioni. Sono stati ricreati due
boschi con carpini, tigli, platani,
querce e salici.
Il parco può essere visitato contattando lo
I.A.T. (Informazioni Accoglienza Turistica) di
Bovolone (tel. 045 6901489) o
l’Associazione Valle del Menago di Bovolone
(tel. 045 6902222).
Accessibile a persone diversamente abili se
accompagnate.
33

TARTARO ADIGE LA PIANURA
34
PALUDE DEL BUSATELLO
SAN PIETRO IN VALLE
(GAZZO VERONESE)
La magia della palude.
È forse la più conosciuta e la più
visitata di tutte le oasi presenti nel
territorio veronese e si incunea tra
due regioni, il Veneto e la
Lombardia. Nonostante le tante traversie
e le radicali trasformazioni
che hanno interessato le aree
umide italiane a partire dal 1800,
questo piccolo regno è riuscito a
sopravvivere quasi intatto fino ad
oggi, soprattutto grazie all’interessamento
di alcune persone. Il
Busatello infatti non corre più il
rischio di scomparire perché nel
1996 il comune di Gazzo Veronese
ha acquistato la parte veneta della
palude dandola in gestione al WWF
Italia.
La palude del Busatello rappresenta
una delle poche zone umide d’ac-
qua dolce rimaste dopo la bonifica
delle Valli Grandi Veronesi. Essa
complessivamente si estende su un
territorio di circa 96 ettari a cavallo
delle province di Verona (comune
di Gazzo Veronese, 46 ettari) e
Mantova (comune di Ostiglia, 35
ettari). A causa della bonifica dei
terreni circostanti e del conseguente
compattamento dei sedimenti, la
palude si presenta pensile rispetto
al piano di campagna; l’acqua, prelevata
dalle canalizzazioni dei fondi
agricoli vicini, vi arriva infatti pompata
da un’idrovora. La regimentazione
delle acque prevede un notevole
apporto di acqua in primavera
e in autunno e una situazione di
secca in estate e in inverno, in corrispondenza
dei momenti del taglio,
rispettivamente, del carice e della
cannuccia di palude.
La campagna intorno alla palude.
Protagonisti della vita animale nella
palude del Busatello sono i vertebrati
e in modo particolare gli
uccelli che nidificano numerosi
durante l’estate; comuni sono
comunque anche i mammiferi, i rettili,
gli anfibi e i pesci. Nella palude
e nelle aree limitrofe sono state raccolte
o segnalate oltre 1000 specie
animali.
Tra gli uccelli meritano di essere
ricordati il Tuffetto, il Tarabusino, il
Porciglione, la Gallinella d’acqua, il

LA PIANURA TARTARO ADIGE
Cuculo, la Cutrettola capocenerino,
l’Usignolo di fiume, l’Usignolo, il
Beccamoschino, la Salciaiola, il
Forapaglie, la Cannaiola verdognola,
la Cannaiola, il Cannareccione, il
Basettino, il Pendolino e il
Migliarino di palude, specie stanziali
o migratrici che trovano all’interno
della palude un ambiente particolarmente
favorevole per nidificare
e allevare i loro piccoli. A queste
vanno aggiunte altre specie che
usano l’area solo per nutrirsi, come
ad esempio la Garzetta, la Sgarza
ciuffetto, l’Airone cenerino, la
Nitticora, il Barbagianni, la Civetta,
il Rondone, la Rondine e il
Balestruccio.
In attesa dell’alba.
Infine durante i passi primaverile e
autunnale numerosi uccelli sorvolano,
in cerca di cibo, la palude, i
corsi d’acqua e i terreni circostanti
sostando solo per pochi giorni. Tra
i mammiferi degna di nota è la presenza
dell’Arvicola di Savi, specie
endemica italiana, del Toporagno
acquatico specie, in Italia, rara e
localizzata, e soprattutto della
Nutria, roditore originario
dell’America meridionale. Tra i rettili
merita particolare rilievo la presenza
della Lucertola vivipara, specie
legata alle zone umide della
regione alpina per la quale il
Busatello rappresenta uno dei limiti
meridionali di distribuzione in Italia.
Tra gli anfibi sono presenti il
Tritone punteggiato, il Rospo comune,
la Rana, la Rana toro e la Rana
esculenta. Nelle acque della palude
e dei canali circostanti sono presenti
22 specie di pesci, appartenenti
soprattutto alla famiglia dei
Pendolino.
Ciprinidi. Ricco e vario è il gruppo
degli invertebrati con numerose
specie di grande interesse soprattutto
tra gli insetti.
La vegetazione si è conservata bene
al centro della palude e lungo le
rive del Busatello perché non ha
subito il massiccio intervento dell’uomo
e presenta specie paludicole
rare.
L’oasi è visitabile da 25 aprile al 31 ottobre.
Per scolaresche e gruppi organizzati tutti i
giorni previo accordo telefonico. Per singoli:
aprile, maggio, giugno, settembre, ottobre
tutti i sabati e domeniche, partenza dalla
sede operativa alle ore 15.30 con bicicletta
propria o noleggiata presso la sede. Luglio e
agosto tutte le domeniche mattina con partenza
dalla sede operativa alle ore 9.00 con
le stesse modalità degli altri mesi. Alle persone
diversamente abili verrà rilasciata l’autorizzazione
per raggiungere l’oasi con il proprio
mezzo purché accompagnate.
Visite guidate: tel. 0442 550012 presso
Sede Operativa, via Piazza San Pietro in Valle
(da lunedì a venerdì dalle 15.00 alle 17.00).
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TARTARO ADIGE LA PIANURA
36
MUSEO ARCHEOLOGICO
(GAZZO VERONESE)
Il Museo Archeologico di Gazzo
Veronese ha sede nella villa Parolin
Poggiani. La villa è stata acquistata
dal Comune di Gazzo nel 1987 e i
restauri sono cominciati l’anno
seguente. Un primo nucleo museale
iniziato, negli anni Cinquanta dal
parroco del tempo, don Severino
Pezzini, mirava alla conservazione
del materiale proveniente dalle
campagne circostanti.
Successivamente, nel 1980, il
Gruppo Archeologico di Gazzo
Veronese, con il benestare della
Sovrintendenza e del Comune di
Gazzo, ha dato vita al Museo
Archeologico di Gazzo Veronese.
Un antico vaso esposto nel museo.
La sede museale, ubicata lungo le
rive del Tartaro nei pressi della
pieve romanica di Santa Maria, si
trova in una zona particolarmente
ricca di reperti archeologici. In questa
area a vocazione agricola si rinvengono
con una certa frequenza
elementi provenienti da necropoli o
dai resti d’abitati risalenti alle varie
età della preistoria a partire dall’Età
del Rame (2000 a.C.). Parte del
materiale raccolto è stato catalogato
ed esposto nel museo che fornisce
passo passo una vera e propria
vetrina del mondo antico dal periodo
eneolitico, attraverso l’Età del
Bronzo, l’Età del Ferro, per giungere
alle invasioni galliche e alla
romanizzazione. Fra gli oggetti
esposti sono da segnalare punte di
freccia in selce e in osso, fibule di
bronzo, armille finemente lavorate,
collane di corallo e ceramica attica,
assai rara nel Veronese.
Tra gli abitati documentati nel
museo ricordiamo Ronchetrin, risalente
al periodo eneolitico (2000
a.C.), quello del Mulino risalente
all’Età del Bronzo antico (1850
a.C.), quello dei Copi Romani risalente
dell’Età del Bronzo mediorecente
e finale (1500-1000 a.C.) e
infine quello delle Coazze, molto
vasto e risalente all’Età del Ferro.
Altre testimonianze sono fornite
dalle necropoli di Colombara, di
Dosso del Pol e di Cassinate: la
prima risale al I e al II periodo atestino,
la seconda al III periodo atestino,
mentre nella terza si notano
influenze della civiltà gallica.
Museo Archeologico di Gazzo Veronese,
Piazza Gazzo 14
Aperto solo la domenica, dalle 15.00 alle
19.00 in estate e dalle 14.30 alle 18.30 in
inverno.
Ingresso gratuito.
La struttura è accessibile alle persone diversamente
abili.
Visite guidate su prenotazione; referente
Helga Fazion, cell. 335 6228826.
Tel. 0442 550299 (Museo); 0442 579000
(Municipio).

LA PIANURA TARTARO ADIGE
PALUDE DEL BRUSÀ
(CEREA)
Questa palude, tipico esempio dell’ecosistema
presente nelle nostre
Valli in antichità, rappresenta un
importante progetto voluto per fare
rivivere una parte dell’antico habitat
naturale di queste zone.
La palude del Brusà è una zona
umida voluta dal comune di Cerea
per documentare l’ultimo residuo
delle “Valli del Menago”, zone palustri
che si estendevano all’interno
dei paleoalveo del fiume Menago
che dal paese di Cerea si allargavano
fino alle “Grandi Valli Veronesi”.
La Riserva ha un’estensione di 117
ettari di questi circa 87 fanno parte
dell’area denominata “Vallette” mentre
i rimanenti 30 ettari appartengono
alla Valle Brusà propriamente
detta. Alla fine del XVIII secolo le
paludi di Cerea coprivano una
superficie di circa 2200 ettari, di cui
oggi non rimangono che un centinaio.
Le valli di questo territorio
sono state utilizzate dall’uomo nelle
varie epoche storiche per la pesca,
la caccia, la raccolta della canna
palustre, della carice e marginalmente
per la coltivazione del pioppo
e degli ortaggi.
All’ingresso della Riserva protetta
dell’Oasi del Brusà, in via Porte,
sorge un capitello in muratura edificato
alla fine della seconda guerra
mondiale in sostituzione di una piccola
edicola in legno affissa ad un
vecchio pioppo nero da tempo
immemorabile situato all’imbocco di
un ponte sul fiume Menago.
La palude del Brusà è ricca sia di
flora che di fauna: sono presenti
mammiferi, uccelli, anfibi, rettili,
pesci, crostacei e molluschi oltre
agli insetti: sono presenti il Riccio
europeo, la Talpa europea, il
Pipistrello nano, la Lepre, la Nutria,
la Volpe e vari topi; tra i rettili la
Testuggine palustre e la Lucertola
vivipara.Gli uccelli individuati fanno
della zona un nodo importante sia
dal punto di vista scientifico che
didattico. Nel parco del Brusà nidificano
l’Airone rosso, il Tarabusino
e alcuni passeriformi di palude.
Airone rosso.
Tipico poi il Bosco igrofilo in cui
dominano il Salice bianco e il Salice
grigio oltre a Pioppo nero, Gelso,
Acero, Olmo, Farnia, Ontano nero.
Vegetazione e flora della riserva
dipendono principalmente dalla
profondità dell’acqua, e oggi possiamo
individuare precise fasce
attorno all’area palustre vera e propria,
individuando una vegetazione
natante, una immersa, una semisommersa,
una emergente e una
vegetazione arborea. Nella palude è
presenta la canna da palude, tipica
delle zone umide del Basso
Veronese. Diffusa in tutta la pianura
veronese, possiede un fusto sotterraneo
che, al contrario della parte
superiore, ramifica e non muore, e
in primavera emette i germogli che
diventeranno nuove canne.
La canna veniva largamente usata
come lettiera per i bachi da seta, e
nell’edilizia fungeva da supporto
per i soffitti da intonacarsi.
37

TARTARO ADIGE LA PIANURA
38
La riserva naturale del Brusà-
Vallette comprende pure due siti di
interesse storico quali La Motta e il
villaggio preistorico di Tombola.
Dell’uso e della costruzione del
primo sito non si sa nulla, per
quanto compaia sulle più antiche
mappe del paese (1400): è una collinetta
di origine artificiale che si
innalza di quattro metri rispetto al
dosso su cui si trova. Il villaggio
preistorico risulta essere stato abitato
da popolazioni terramaricole (Età
del Bronzo) e a breve sarà segnalato
a quanti frequenteranno il Parco
con appositi pannelli didattici.
All’interno del Parco, delimitato dal
fiume Menago, lo scolo Canossa, il
Drizzagno, il Boldierona e la
Palanca nei pressi dello sguazzo, si
trovano aree protette per le scuole
con le attività di approfondimento,
una zona per il pic nic, un capanno
per le osservazioni. Tra le varie iniziative
per mettere alla portata di
tutti la riserva, quella di un “Bosco
didattico” e una serie di strutture
accessorie che faciliteranno il visitatore
nell’individuare particolari
caratteristiche della zona protetta.
Vallette: il canale Fossà.
Una bella immagine della Palude.
Per informazioni: tel. 0442 80055/0422
31709
Biblioteca comunale tel. 0442 320494

LA PIANURA TARTARO ADIGE
MUSEO CIVICO
“ARTIGIANATO DEL LEGNO”
(CEREA)
Il Comune di Cerea ha acquisito nel
2001 una sezione importante del
materiale del Museo dell’Antico
Artigianato del Legno dei fratelli
Gianfrancesco e Giuseppe Ferrarini,
una cospicua collezione privata di
oltre 3000 pezzi che ripercorre la
storia degli attrezzi di lavoro degli
artigiani del legno dal 1600 ad oggi.
La raccolta è la testimonianza, con
forte radicamento territoriale, dei
“mestieri” che hanno impugnato gli
strumenti di lavorazione del legno
per un lungo arco di tempo e di
generazioni, qui nella pianura del
basso veronese, e che ormai
sopravvivono solo nell’ultima bottega
o nel ricordo di qualche anziano
artigiano.
Vista d’insieme.
Il museo dei fratelli Ferrarini aveva
trovato sistemazione nella suggestiva
sede di villa Tacoli-Dionisi a
Cerea ma, una volta acquisita da
parte del Comune di Cerea l’intera
raccolta, nel febbraio del 2002 il
Consiglio comunale approvava l’istituzione
del Museo Civico
“Artigianato del Legno” con la definitiva
sistemazione del materiale
nell’ex Fabbrica Perfosfati. Un
Museo che parla di storia del lavoro
in un centro come Cerea ben noto
Alcuni attrezzi di lavoro degli artigiani
del legno.
per essere una delle fucine del
mobile in stile.
Si è quindi provveduto a classificare
eacatalogareivaripezzieaquesto
importante lavoro si è poi
affiancato quello di restauro dei
pezzi e della loro schedatura.
Nell’esaminare il materiale ai fini
della formazione del catalogo se ne
è constatato anche lo stato di conservazione.
Un lavoro impegnativo
reso possibile grazie al lavoro
dell’Associazione “Appio Spagnolo”
storica Scuola di Disegno nel
campo della realizzazione dei mobili
in stile; a questa associazione è
affidata dal 2002 la gestione del
Museo.
Per la visita al Museo inviare la richiesta, con
qualche giorno di anticipo, alla “Scuola di
Disegno Appio Spagnolo” di Cerea, disponibile
anche ad organizzare visite guidate. Per
prenotazioni rivolgersi al presidente Luciano
De Bianchi (tel. 0442 82288; Fax 0442
327953; e-mail scuola@appiospagnolo.it).
Informazioni anche presso Comune di Cerea,
Ufficio Cultura (tel. e fax 0442 30411).
Visitabile da persone diversamente abili.
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TARTARO ADIGE LA PIANURA
40
FONDAZIONE
ALDO MORELATO
OSSERVATORIO SULL’ARTE
APPLICATA NEL MOBILE
(CEREA)
Villa Dionisi è una villa veneta settecentesca,
oggi sede espositiva della
Fondazione Aldo Morelato e
dell’Osservatorio sull’Arte Applicata
nel Mobile. La villa si trova in località
Ca’ Del Lago, presso Cerea.
La villa fu disegnata nel 1740 dal
proprietario, il marchese Gabriele
Dionisi (1719-1808), con l’apporto
dell’architetto bolognese Giuseppe
Montanari, allievo di Francesco
Bibiena. I tempi di realizzazione del
complesso furono però molto lunghi:
i lavori non terminarono prima del
1774.
La facciata della villa.
L’immagine complessiva è di impronta
barocca: la loggia centrale è sormontata
da un originale fastigio e da
una facciata in cui sono ancora in
parte visibili affreschi di Nicola
Marcola; le quattro allegorie sul coronamento
sono opera di Lorenzo
Muttoni. Sotto il portico si conservano
due ritratti equestri raffiguranti
Dionisio e Giovanni Dionisi, opera di
Nicola e Marco Marcola, autori anche
di alcuni affreschi al primo piano.
L’interno ricalca l’impianto della villa
veneta: un’ampia scala collega il
pianterreno al piano primo, caratterizzato
da un vasto salone centrale di
rappresentanza, decorato da affreschi
di Giuseppe Gru che intendeva esaltare
il nome dei Dionisi rappresentando
una sontuosa scena sul soffitto
con l’incoronazione di un esponente
della famiglia. Splendida, nella raffinatezza
del disegno e nella decorazione
a stucco, la cosiddetta Alcova
del Vescovo al pian terreno, opera
barocca del milanese Donato Pozzi
(1742). La biblioteca al piano superiore,
con gli originali trom pe l’oeil,
accoglie oggi una collezione di libri
sulla storia del mobile. Notevole e
singolare l’accesso alla grande corte
retrostante la villa, costituito da due
torri di guardia rotonde con statue di
granatieri e finti cannoni.
La villa è circondata da un vastissimo
parco all’inglese, in cui si trovano
stupendi esemplari arborei, una grotta
con l’accesso ornato da cariatidi,
una giassara e resti di statue.
È annesso al complesso anche un
elegante oratorio con altare barocco
e una pala di San Dionigi dipinta da
Giovanni Battista Marcola. Lo stile
architettonico della cappella si differenzia
dal gusto barocco che caratterizza
l’impianto della villa: infatti si
presenta come un tempio neoclassico
con pronao d’ingresso ritmato da
quattro colonne ioniche.
Questa splendida dimora si presenta
al pubblico come una particolarissi-

LA PIANURA TARTARO ADIGE
ma realtà di “museo nel museo”, in
cui i preziosi mobili dal design contemporaneo,
ospitati nelle sale,
diventano piccole opere d’arte contenute
nell’involucro di una grande
opera d’arte come l’elegante villa settecentesca.
Una visita alla sede
museale di villa Dionisi consente al
pubblico di immergersi in questa
doppia situazione: è possibile effettuare
un percorso storico nella villa,
ricca di affreschi che rievocano le
glorie passate della famiglia Dionisi,
e nella realtà contemporanea, costituita
da una preziosa collezione di
mobili d’arte dal design d’altissima
qualità, di proprietà della Fondazione
Aldo Morelato. La sede espositiva si
arricchisce ogni anno di nuove opere
di design realizzate dai vincitori del
Concorso Internazionale sull’Arte
Applicata nel Mobile indetto dalla
Fondazione, che vanno ad aggiungersi
ai 48 pezzi originari della collezione.
Uno dei pregiati pezzi della collezione.
Le opere esposte nelle sale di villa
Dionisi sono modelli sperimentali,
quindi pezzi unici di design contemporaneo
applicato al mobile d’arte. I
prototipi realizzati documentano vent’anni
di ricerca (1982-2002) e di sperimentazione
tecnica nell’uso dei
materiali. Le opere esposte si riallacciano
stilisticamente e nella tecnica
esecutiva alla plurisecolare tradizione
produttiva della zona, nonché al
mobile storico del Novecento, con
recuperi e rimandi all’Art Deco, al
Razionalismo e al Liberty. I pezzi
esposti sono accompagnati dai relativi
disegni di progetto.
Le opere sono idealmente suddivise
in tre categorie di studio fondamentali:
Riedizioni, Citazioni, Allusioni.
Tra gli oggetti di maggior pregio,
nella categoria Riedizioni, una scrivania
e un comoncino in legno di noce
con inserti in vetro e cristallo, realizzati
nel 1994 dal designer Giacomo
Ulrich e presentati alla fiera “Abitare
il tempo” di Verona. Nella stessa
categoria rientra un ridisegno del
1991 di Elda Salvatori della
“Credenza 1925” in legno di noce
tinto. Dall’ufficio di ricerca
dell’Azienda Morelato provengono
invece alcuni preziosi pezzi come la
serie “Novecento” costituita da credenza,
tavolo, poltrona, sedia, armadio
in legno di ciliegio
Tra gli oggetti di design più originali
e innovativi, la Colonna “Metafisico”
inlegnodifaggionaturalediS.
Garofano, D. Lo Porto, G. Salerno, il
tavolino da gioco “Rocco”, con piano
intarsiato in legno d’ebano e acero
(D. De Muro), il mobile portabottiglie
“Botte”, in legno di rovere naturale
con inserti di acciaio e ferro,
realizzati da T. Cordero e A. Pozzallo
(1999). Di grande interesse anche gli
oggetti di design più minuto, dai
portariviste agli specchi, dagli accessori
per armadio ai portapenne.
Per informazioni e prenotazioni: Via Ca’ del
Lago (Cerea) - tel. 0442 365112; fax 0442
365244; e-mail info@fondazionealdomorelato.org;
www.fondazionealdomorelato.org;
www.villadionisi.com.
L’accesso alla villa e all’esposizione è possibile
in ogni periodo dell’anno su prenotazione.
La Fondazione organizza visite guidate tematiche,
che su richiesta possono includere
anche altri importanti beni culturali dell’area,
e laboratori sul legno e sull’arte applicata in
particolare per le scuole.
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TARTARO ADIGE LA PIANURA
42
BOSCO DEL TARTARO
(TORRETTA DI LEGNAGO)
In lontananza il bosco visto dal fiume Tartaro.
Immerso nelle Grandi Valli
Veronesi, all’interno di un antico
alveo del fiume Adige poco oltre
l’abitato di Torretta Veronese lungo
la strada che congiunge Legnago
con Castelmassa, è nato, per volontà
del Consorzio di Bonifica Grandi
Valli Veronesi, il Bosco del Tartaro,
un luogo unico che ha ricreato
l’ambiente tipico, consono alla
fauna che popolava i boschi in antichità
nel Basso Veronese.
La zona in cui sorge il “Bosco del
Tartaro” aveva in antico una rilevante
importanza di tipo commerciale,
in quanto attraverso di essa
passavano tutte le vie commerciali,
in quel tempo di carattere fluviale,
che univano l’Adige al Po. Da
Legnago infatti si staccava un corso
d’acqua che arrivava proprio nelle
adiacenze della “Torre
della Croxeta”. Qui si
pagavano tasse di tipo
doganale e poi la merce,
sempre su zatteroni e
apposite imbarcazioni,
continuava il suo viaggio,
anche attraverso il Tartaro,
per arrivare infine nel Po.
Il fiume sul cui paleoalveo
è stato posto questo
bosco, origina da alcune
fonti poste nei territori
comunali di Villafranca e
di Povegliano. Il suo
corso, che si snoda nella
pianura Veronese e
Rodigina tra Bastione San
Michele e la Torretta
Veneta, è stato rettifilato
negli anni Cinquanta e
Sessanta per migliorarne la
funzione idraulica di scolmatore.
Si dismisero quindi
il vecchio tracciato
ondulato, le golene e le
arginature, ed è in questa
zona “abbandonata” che ora sorge
il prezioso bosco.
Il Bosco del Tartaro si trova subito
dopo l’abitato di Torretta Veronese,
lungo la strada provinciale 46 che
congiunge Legnago a Castelmassa.
In un tratto dell’antico alveo del
fiume Tartaro, sono state collocate
circa 15.000 piante realizzando un
bosco composto da più specie di
alberi ed arbusti autoctoni che
ricreano un ambiente consono alla
fauna che popolava i boschi un
tempo presenti nel Basso Veronese.
Il percorso ha uno sviluppo di 3
km da farsi a piedi o in bicicletta.
All’entrata del bosco, a testimonianza
anche dell’importanza storica
della zona, è stato posto in luce il
basamento in pietra di una torre (la
“Croxeta”) che aveva funzione di

LA PIANURA TARTARO ADIGE
posto doganale e nel medioevo e
nel rinascimento segnava il confine.
La struttura originale dei boschi
padani era determinata da una
fascia esterna di arbusti a volte
impenetrabili. Quest’ultimi, man
mano che ci si addentra, tendono a
scomparire lasciando lo spazio ad
alberi d’alto fusto che raggiungono
un’altezza di circa 25 metri (la
Farnia e il Carpino bianco).
All’interno del bosco troviamo
l’Olmo campestre, il Frassino maggiore,
l’Acero campestre, il Ciliegio
selvatico; oltre alle piante di alto
fusto vi sono il Sambuco, il
Biancospino, il Nocciolo, il Pallon
di maggio.
L’intera area era abitata fin dai
tempi antichi, come testimoniano
estesi ritrovamenti; i reperti più
antichi risalgono all’Età del Bronzo
(XV-XIV secolo a. C.) con l’infittirsi
di insediamenti, posti molto spesso
in aree vallive, presso il corso del
Tartaro o di altri fiumi minori. Con
il passare del tempo i piccoli villaggi
vennero abbandonati in favore di
insediamenti più estesi posti sulla
sommità dei dossi di pianura e delimitati
da argini: è il caso del
Castello del Tartaro, situato a sud di
Cerea, un abitato di grandi dimensioni
per quell’epoca con il terrapieno
perimetrale alto oltre due
metri e mezzo e ancora ben visibile
L’inizio del bosco.
al termine del primo conflitto mondiale.
La fantasia popolare ha voluto
identificarlo con la mitica città di
Carpanea, misterioso luogo che si
vuole inghiottito dalle acque e
ancor oggi sepolto, di cui hanno
parlato molti scrittori: tra i primi
Raffaele da Verona che, alla fine del
Trecento, scriveva come a metà
strada tra Verona e Ferrara esistesse
un’area boscosa denominata
Carpanea nella quale si trovava la
mitica città. Era difesa da ben 12
ordini di mura e il luogo dove si
estendeva fu identificato in prossimità
del fiume Tartaro con le porte
che guardavano Casaleone,
Bastione San Michele, Castagnaro e
San Pietro che ne mettevano in luce
l’importanza, data la sua collocazione
a metà strada tra Adige e Po e al
centro della confluenza delle province
di Rovigo, Ferrara, Mantova e
Verona. Proprio a ridosso della città
scorreva il fiume Tartaro, e il Bosco
di recente sistemato dal Consorzio
di Bonifica Valli Grandi era situato
a poca distanza.
Il Bosco è accessibile (anche con guida) contattando
il Consorzio Valli Grandi e Medi
Veronesi (tel. 0442 634111).
La visita per gruppi scolastici o turistici è
consentita previa autorizzazione del
Consorzio stesso.
Accessibile a persone diversamente abili se
accompagnate.
43

TARTARO ADIGE LA PIANURA
44
MUSEO FIORONI
(LEGNAGO)
Il Museo, ospitato nelle sale dell’ottocentesco
palazzo Fioroni Accordi
a Legnago, comprende due distinte
entità, il Museo Storico e la Sezione
Archeologica (sita nelle antiche
foresterie). Entrambe furono promosse
e realizzate da Maria Fioroni
che diede corpo, nella sale della
propria dimora, ad una esposizione
di reperti e documenti di storia
locale e nazionale che, per importanza
e valore, giunsero a costituire,
verso la metà degli anni Venti del
Novecento, un vero e proprio
museo. Nel dopoguerra, con la
ricostruzione del palazzo colpito da
ordigni bellici, furono apportate
modifiche
L’esterno del Museo Fioroni.
sia all’edificio sia alla collezione
personale di Maria Fioroni, associando
arredi d’epoca a cimeli e a
documenti, in modo da creare nel
visitatore l’illusione di entrare in abitazioni
reali. L’alternarsi di salotti in
stile Luigi XVI e Luigi Filippo (1830-
1850), di sale da pranzo arredate
con mobili seicenteschi, di camere
da letto corredate da oggetti di uso
comune come catini e brocche per
l’igiene personale, lampade ad olio
portatili, calamai e sveglie, distingue
tutt’ora il Museo Fioroni nel vasto
panorama dei musei nazionali, tanto
che si è proposto di chiamarlo, per
le sue sale ambientate, “Casa
Fioroni”. A seguito della scoperta nei
primi anni Sessanta a Villa
Bartolomea, nelle vicinanze di
Legnago, di una villa romana databile
al I - II sec. (da cui proviene un
bellissimo pavimento musivo, ora
conservato nelle sale della sezione
archeologica), furono restaurate le
vecchie foresterie ottenendo al pian
terreno quattro ampie sale destinate
ad accogliere il materiale archeologico
e a cui fu data l’attuale sistemazione
espositiva nel 1981. Nel 1964,
infine, al primo piano, fu allestita
una biblioteca il cui patrimonio
librario ammonta oggi a più di
40.000 volumi, riguardanti tutti i settori
della cultura, di cui circa 1.800
sono antichi. Il Museo e la
Biblioteca sono oggi proprietà della
Fondazione Fioroni.
Il Museo si compone di cinque
sezioni: il piano terreno è dedicato
alla famiglia Fioroni e alla storia di
Legnago. Alle pareti delle sale sono
numerose immagini di edifici distrutti
durante la seconda guerra mondiale,
ritratti di personaggi che diedero
lustro alla cittadina veneta e ceramiche,
graffite e ingobbiate, prodotte
da botteghe legnaghesi attorno al
XV e XVI secolo. Un piatto riproducente
un delicatissimo angelo (il
Cherubino Fioroni, simbolo del
museo) denota, in particolare, l’abilità
di questi artigiani la cui fama si
diffuse oltre le mura cittadine. Un
ampio salone accoglie i ricordi di
viaggio e di caccia grossa appartenuti
a Oreste Fioroni, fratello di Maria,
fra i quali si segnalano numerose
pelli di animali esotici, messali copti
e monili provenienti da regioni
asiatiche e africane. Suppellettili (tra
cui pregiati servizi in porcellana) e

LA PIANURA TARTARO ADIGE
Il simbolo del Museo.
mobili databili al XVII-XVIII e XIX
secolo completano l’allestimento di
queste sale. Al primo piano, un
imponente salotto ottocentesco,
nelle cui vetrine si conservano
accessori femminili (ombrellini, borsette
e ventagli), separa le sezioni
riservate ai sanguinosi conflitti del
XX e del XIX secolo. Le pareti di
quest’ultima sezione, in particolare,
sono arricchite da proclami emanati
dai governi delle province unite
d’Italia e dal regno di Lombardia e
da numerose litografie di battaglie
oltre a “bollettini straordinari” sull’andamento
dei conflitti stessi. Armi
appartenute a generali francesi e a
garibaldini, ritratti di patrioti legnaghesi,
lettere autografe di Giuseppe
Garibaldi, raffinate calcografie completano,
con mobili e preziosi suppellettili
d’epoca, l’allestimento di
queste sale. Cimeli relativi alla guerra
di Spagna, vessilli italiani e resti
di una super fortezza volante, caduta
a Minerbe il 10 Giugno 1944,
ornano la sezione dedicata agli
eventi bellici del 1915-18 e 1940-45,
tra i quali l’eccidio della divisione
Acqui a Cefalonia e a Corfù nel settembre
1943. La visita al primo
piano di palazzo Fioroni si conclude
con una sala nella quale sono
esposte spade, lance e parti di
armature medioevali trovati, nel
luogo dell'antica rocca, a Legnago.
Fra le armi, i cui esemplari più antichi
risalgono all'età barbarica, vi
sono un cappello di ferro del XIII
secolo e alcune spade usate dai
Franchi e dai Longobardi nel X
secolo. Le antiche foresterie accolgono
reperti provenienti da scavi
nelle valli veronesi. Oltre a utensili
e armi riconducibili all’Età del
Bronzo e del Ferro, si conservano
lapidi e corredi funerari di età
romana, composti prevalentemente
da lucerne fittili, ceramica fine da
mensa e balsamari in vetro. Spunti
interessanti sulla vita quotidiana del
primo e secondo secolo vengono
fornitidalpavimentomusivocon
scene di caccia proveniente dalla
villa urbano-rustica di Venezia
Nuova, di Villa Bartolomea, alla
quale appartengono anche le
numerose olle in ceramica comune
e una pavimentazione in cotto.
Oltre a ciò, tra i reperti provenienti
da Massaua di Villa Bartolomea, si
segnalano oggetti in
Applique raffigurante un cavaliere
romano.
bronzo (cucchiai, casseruole, specchi)
di notevole fattura come l’applique
di Balteo raffigurante un
cavaliere romano del II secolo.
Via Giacomo Matteotti n. 39 tel. 0442
20052
Il Museo Fioroni è aperto ogni domenica dalle
15.00 alle 18.00 (chiuso nei giorni di
Pasqua, Natale, Capodanno e nel mese di
agosto).
Visite guidate nei giorni feriali (sabato escluso)
dalle 9.00 alle 12.00 per scolaresche e
gruppi organizzati (su richiesta scritta).
Ingresso a pagamento.
A breve il Museo sarà reso accessibile alle
persone diversamente abili.
45

TARTARO ADIGE LA PIANURA
46
MUSEO CIVICO CENTRO
AMBIENTALE ARCHEOLOGICO
(LEGNAGO)
Il Centro Ambientale Archeologico
è ospitato in un edificio austriaco
ideato agli inizi del 1800 come
caserma di cavalleria e successivamente
utilizzato come ospedale
militare. È ora divenuto un’istituzione
in grado di soddisfare le molteplici
esigenze in campo culturale,
ambientale, archeologico e turistico
della pianura di Legnago.
La caratteristica facciata dopo il
restauro.
Elementi caratteristici sono l’ambiente
fluviale dell’Adige e di altri
corsi d’acqua minori (Bussè,
Menago, Fossa Maestra, Tartaro,
Canal Bianco, Cagliara), il bosco del
Tartaro, la palude del Brusà e il vasto
patrimonio archeologico.
Quest’ultimo è raccolto, conservato e
valorizzato nel Centro Ambientale
Archeologico che è pure luogo di
documentazione e di ricerca in grado
di dare ai fruitori concrete e quotidiane
possibilità di accesso e di informazione.
In esso è possibile trovare
informazioni per quel che concerne i
percorsi verso luoghi di interesse culturale
ed ambientale.
Il Centro è uno dei risultati di un
progetto a più largo respiro che ha
visto la realizzazione di piste ciclabili,
la piantumazione nell’oasi del Brusà
e nel bosco del Tartaro, l’attuazione
di ricerche archeologiche, lo studio e
il restauro dei materiali ritrovati, in
fattiva collaborazione tra la Comunità
Economica Europea, la Regione
Veneto e il comune di Legnago.
L’aspetto scientifico è stato curato in
collaborazione con la Soprintendenza
Archeologica per il Veneto.
I materiali archeologici sono esposti
in quattro saloni e coprono un arco
di tempo che va dal 5000 al 50 a.C.,
permettendo di osservare lo sviluppo
culturale e commerciale in tutta la
media e bassa pianura veronese.
Dopo le prime vetrine, che ci permettono
di focalizzare il momento in
cui appare il primo vaso in argilla
nella pianura veronese (cultura di
Fiorano: Sant’Andrea di Cologna
Veneta) insieme a particolari utensili
in selce, si passa alla capanna di
località Cristo di Gazzo Veronese (Età
del Rame), e all’Età del Bronzo, che
ha nella pianura veronese uno dei
capisaldi per lo studio di questo
periodo. Il veronese è infatti un territorio
di confine in cui i commerci e
le culture centroeuropee entrano in
contatto con quelle mediterranee.
Cronologicamente sono esposti i
materiali della palafitta di Dossetto
(Nogara), del villaggio di Saccavezza
(Bovolone) e di quello della
Tombola (Cerea). Vasi in ceramica,
gioielli e strumenti in bronzo, utensili
in selce, osso e corno, oggetti in
legno ci permettono di individuare le
principali vie commerciali e culturali
del secondo millennio a.C. Dopo i
primi contatti con la zona gardesana
e in parte centroeuropea (approvvigionamento
di rame), la media e
bassa pianura veronese guarda sia
verso la zona romagnola (cultura
appenninica), che verso quella emiliana
(cultura terramaricola).

LA PIANURA TARTARO ADIGE
Nella seconda sala si affronta il tema
delle necropoli partendo dall’importante
sito dell’Olmo di Nogara (XV-
XIII secolo a.C.): sono ricostruite due
sepolture ad inumazione di guerrieri
con spade
Sepolture a inumazione.
e di donne con spilloni fermapieghe.
Complessivamente all’Olmo
sono presenti 42 guerrieri. Al XIII e
al XII secolo sono attribuibili le
necropoli di Crosare (Bovolone), di
Scalvinetto (Legnago), di Franzine
Nuove (Villa Bartolomea), di
Castello del Tartaro (Cerea).
Pertinenti a questi quattro siti si
possono ammirare alcuni corredi di
inumazioni (gioielli in bronzo, perle
in ambra, conchiglie forate) e
numerose urne cinerarie a volte
con coperchio. Unico è un tin tin -
nabulum in bronzo messo in luce
nelle vicinanze della caviglia di una
sepoltura femminile. L’Età del
Bronzo termina con uno spaccato
dei villaggi arginati di Terranegra e
Fondo Paviani (Legnago), Fabbrica
dei Soci e Lovara (Villabartolomea)
e Castello del Tartaro (Cerea). Nelle
vetrine, oltre alla ceramica locale e
ai tipici strumenti in bronzo e in
corno di cervo decorato, si possono
ammirare alcuni frammenti di vasi
micenei probabilmente importati
nella pianura padana a partire dal
XIII secolo a.C. Questi vasi sono
stati individuati esclusivamente nei
villaggi arginati della bassa pianura
veronese e sono di produzione
apula o greca.
La razionale disposizione delle vetrine.
La terza sala è dedicata all’antica
cultura veneta. Nelle prime vetrine
vengono presentate sepolture ad
incinerazione provenienti dalla
necropoli della Colombara (Gazzo
Veronese) e dalla Lovara (Villa
Bartolomea). Accanto ad urne cinerarie
in alcuni casi decorate con
borchiette in bronzo o con motivi a
fasce rosso-nere, vi sono in alcuni
casi numerosi “vasi corredo” utilizzati
nel banchetto funebre. All’inizio
del VII secolo a.C. si può attribuire
una tomba ad incinerazione di una
bambina di 3-5 anni. Nell’ossuario,
accanto alle poche ceneri, il corredo
è composto da alcune armille,
da una fibula, da una perlina in
pasta vitrea blu, da tre conchiglie
due delle quali forate per essere
utilizzate come pendagli e da un
uovo di cigno proveniente dalla
vicina palude. Particolarmente
interessante la ricostruzione di una
sepoltura in cui accanto alla tipica
ceramica veneta è stata individuata
una coppa (VI secolo a.C.) di produzione
attica. Di particolare effetto
la ricostruzione di una tomba
ad inumazione di una donna di
20-25 anni, zoppa e deposta bocconi.
L’aspetto abitativo di questo periodo
è messo in evidenza con la
ricostruzione di una delle capanne
47

TARTARO ADIGE LA PIANURA
48
individuate a Terranegra di
Legnago (VII-VI secolo a.C.).
Sfruttando l’esatta posizione delle
buche fatte per l’inserimento dei
pali portanti, è stato possibile
riproporre un’abitazione in scala
2:3. Il tetto era a doppio spiovente
e le pareti, non essendoci tracce
di incantucciato, erano esclusivamente
in ramaglie. Al centro del
pavimento un focolare di forma
circolare per cuocere il cibo e per
riscaldare l’ambiente. In alcune
teche sono esposti tutti i materiali
individuati all’interno della capanna:
da una loro analisi è accertata
la presenza di una tessitrice e di
un artigiano che lavorava l’osso e
il corno di cervo. La capanna è
stata più volte ristrutturata e gli
spazi interni più volte ridisegnati.
Nell’ultima sala sono esposti alcuni
reperti individuati nelle necropoli
di Oppeano. Accanto ad un cinturone
in lamina di bronzo riccamente
decorato, trovano posto
alcune urne cinerarie e alcune
fibule in bronzo. L’esposizione termina
con alcuni corredi provenienti
da tombe proprie dei Celti. I
materiali sono stati individuati a
Santa Maria (Zevio) e in località
L’accesso a una delle sale.
Casalandri (Isola Rizza). È messa
in risalto la tomba di un guerriero
con le proprie armi in ferro e
quella di una donna con preziosi
orecchini in argento che dovevano
costituire un “gioiello di famiglia”.
I corredi delle tombe sono completati
da alcuni vasi in lamina
bronzea, da tipici vasi fittili a
forma di “trottola”, da fibule in
ferro e da monete in bronzo.
Oltre alle zone espositive il Centro
dispone di un laboratorio per la
didattica sperimentale, di un laboratorio
per il primo intervento sui
materiali, di un padiglione informatico,
di una sala conferenze e di
una zona ristoro. Il Centro
Ambientale Archeologico pianura di
Legnago svolge anche attività di
ricerca: collabora con alcuni musei,
con alcune istituzioni pubbliche e
private e con la Soprintendenza
Archeologica del Veneto.
Via Enrico Fermi tel. 0442 601460
Il Centro Ambientale Archeologico è aperto
dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 12.30 e
dalle 14.30 alle 18.30, il sabato e la domenica
dalle 15.30 alle 18.30.
La struttura è accessibile a persone diversamente
abili.

LA PIANURA TARTARO ADIGE
IL CASTELLO BEVILACQUA
(BEVILACQUA)
Suggestivo notturno.
Il castello di Bevilacqua fu costruito
nel 1336 da Guglielmo Bevilacqua e
completato dal figlio Francesco per
conto degli Scaligeri, signori di
Verona. Fu concepito come fortezza
per difendersi dalle signorie confinanti,
i Carraresi e gli Estensi. La
famiglia Bevilacqua proveniva da
Ala di Trento e lo attesta il disegno
di un’ala d’uccello posta al centro
dello stemma. Abile commerciante
di legname, Guglielmo Bevilacqua
aveva consolidato il suo prestigio
economico alla corte di Cangrande
della Scala, tanto da ricevere regolare
investitura di vassallo del vescovo.
Il figlio Francesco fu protagonista
della politica scaligera e in qualità
di ambasciatore ricevette onorificenze
dai Visconti, dai Carraresi,
dagli Estensi e da papa Clemente VI.
Il castello fu danneggiato
all’epoca della Lega di
Cambrai e perdette la sua
funzione difensiva durante il
dominio della Repubblica di
Venezia. L’edificio venne
sistemato nel 1532 ad opera
dell’architetto Michele
Sanmicheli che lo trasformò
in residenza nobiliare. Nel
1756 Gaetano Ippolito
Bevilacqua restaurò e rimodernò
parte dell’interno del
castello, ricavando i grandi
saloni del primo piano. Nel
1848 l’edificio venne dato
alle fiamme dall’esercito
austriaco. Il castello fu
restaurato a più riprese dalla
contessa Felicita Bevilacqua
assieme al marito, il generale
Giuseppe La Masa, e
venne abbellito con un
coronamento a merli; tutto il
complesso acquistò un’immagine
neogotica secondo
il gusto romantico del
tempo.
Il patrimonio del castello, dopo la
morte dei coniugi, fu lasciato in
beneficenza alla fondazione
Bevilacqua-La Masa che avrebbe
trasformato, dopo alcuni anni, ad
opera del ingegner Mutto, il maniero
in Asilo di Quiete Bevilacqua-La
Masa, una sorta di residence per
anziani e bisognosi. Durante la
seconda guerra mondiale fu occupato
dai tedeschi come postazione
comando e trasmissioni.
L’edificio ospitò il collegio salesiano
dalla fine del periodo bellico al
1966; in quell’anno, per lo scoppio
di una caldaia, per la terza volta
nella sua storia, il castello fu devastato
dalle fiamme. Abbandonato
dai Salesiani fu ceduto a privati.
Solo dopo il 1990 l’edificio, acqui-
49

TARTARO ADIGE LA PIANURA
50
stato dalla famiglia Cerato, ha riacquistato
il suo antico splendore in
seguito a minuziosi restauri che
oggi permettono ai visitatori di
ammirare una costruzione che racchiude
fra le proprie mura quasi
700 anni di storia.
Si consiglia di visitare il castello
partendo dalle sale più antiche, in
particolar modo dalla Cucina
Medievale nella quale si può ammirare
una splendida credenza del
Seicento, per poi passare alla Sala
dell’Armatura ove è esposta una
singolare maglia di ferro turca del
1400 e si può ammira un tavolino
scrittoio risalente al Seicento. Dalla
Sala dell’Armatura si accede alla
vecchia Cantina e alla Sala delle
Torture: attualmente queste stanze
sono utilizzate, durante le visite
scolastiche, come laboratori didattici.
Precedono l’ampio e suntuoso
scalone elicoidale che conduce ai
piani nobili, due statue bronzee
della metà del XIX secolo rappresentanti
una graziosa coppia di cani
levrieri. Nel corridoio, che dà accesso
sia al Salone delle Feste che al
Salone Rosa, è possibile ammirare
uno splendido cassone nuziale in
stile rinascimentale completamente
ricoperto da foglia d’oro zecchino e
Il castello visto dal giardino pensile.
una singolare coppia di troni in
stile gotico, anch’essi ricoperti da
foglia d’oro zecchino. Nel Salone
delle Feste si trovano una coppia di
pregiatissime specchiere in stile
Luigi Filippo risalenti al secolo dei
Lumi, in linea con l’ammodernamento
voluto da Gaetano Ippolito
Bevilacqua. Dal Salone delle Feste
si accede sia alla Sala Spagnola che
alla Sala della Musica, dove è esposto
uno splendido orologio con
cassa in legno intagliato e ricoperto
da foglia d’oro zecchino. Sul lato
meridionale del castello è ubicato il
Salone Rosa, ampia stanza di rappresentanza
delicatamente stuccata,
che introduce ad altre due sale, di
dimensioni minori, chiamate Sala
degli Affreschi, per alcuni stralci di
affresco risalenti al XV secolo, e
Sala dei Poeti. Nella Sala degli
Affreschi si trova una singolare credenza
provenzale del Settecento
che contiene un raffinato orologio a
pendolo.
Le sale del piano nobile ospitano
anche una pregevole collezione di
opere del pittore Saccardo, seguace
della scuola macchiaiola.
Dal Salone Rosa è possibile accedere
allo splendido giardino pensile
che circonda per tre lati l’intero

LA PIANURA TARTARO ADIGE
castello. Secondo in Europa per
estensione, vi dimorano alcune
piante secolari e si possono vedere
i cinquecenteschi pozzi, pregevole
opera di ingegneria idraulica che
consentiva di portare l’acqua ad
oltre sei metri di altezza.
Suggestivo per la sua posizione e
affascinante per la sua impeccabile
eleganza, il castello di Bevilacqua è
anche una splendida cornice per
eventi di particolare importanza.
Attualmente il castello di Bevilacqua
è gestito dalla famiglia Iseppi-
Cerato, che ha saputo riportare
all’antico splendore gli interni sanmicheliani,
il giardino pensile e il
cortile interno circondato da armoniosi
porticati e impreziosito da una
signorile vera da pozzo.
Il cortile interno con la vera da pozzo.
Castello di Bevilacqua, Bevilacqua, via Roma 2
Tel. 0442 93655; 0442 649521; fax 0442
649420; www.castellodibevilacqua.com; email
info@castellodibevilacqua.com.
Aperto tutto l’anno. Al castello si svolgono
l’annuale Festa Medievale e il Capodanno
Medievale e spettacoli teatrali e concerti.
Ingresso a pagamento. Visite con guida il
mercoledì pomeriggio dalle ore 15 alle
18,30; il sabato e la domenica dalle 10,30
alle 18,30. Su prenotazione, visite da concordare
per comitive turistiche e gruppi scolastici,
ai quali vengono proposti interessanti
laboratori didattici.
Accesso libero e servizi per persone diversamente
abili.
51

TARTARO ADIGE LA PIANURA
52
MUSEO “LIONELLO FIUMI”
(ROVERCHIARA)
II suggestivo sottotetto di villa
Pindemonte-Fiumi (sec. XV-XVIII),
adibita a sede municipale dal 1998
in seguito a un intervento di restauro
conservativo, ospita un piccolo
spazio museale dedicato a Lionello
Fiumi (1894-1973), poeta e concittadino
che in questa villa, la sua
“Casa degli Avi”, trascorse le estati
della sua fanciullezza e visse ininterrottamente
per oltre vent’anni.
Qui Fiumi, nel paese della sua
“agreste prigionia”, lavorò assiduamente
a saggi letterari e a moltissima
poesia, creando un fervido
cenacolo culturale.
Nell’ambito di un vasto programma
di valorizzazione della sua figura e
della sua opera promosso
dall’Amministrazione Comunale, il
museo fu inaugurato nel novembre
2000 in occasione di un convegno
dedicato all’itinerario umano e letterario
del poeta. Si tratta di poche
ma suggestive stanze, ricche di
materiale rinvenuto in villa durante
il restauro, raccolto e conservato
dalla Biblioteca Civica. Su tavolini e
Il museo ospitato presso il Municipio.
bacheche sono disposti un discreto
numero di volumi, riviste, ritagli di
giornali, rubriche, lettere autografe
appartenute al poeta e appendice
della sua ricca biblioteca e del suo
vastissimo patrimonio epistolare,
conservati e gestiti dal "Centro Studi
Internazionale Lionello Fiumi" di
Verona. Interessanti fotoriproduzioni
ripercorrono le tappe fondamentali
dell’itinerario culturale internazionale
del poeta e offrono uno
spaccato significativo del suo vissuto
personale.
Il materiale è in fase di catalogazione
ed è stato programmato l’acquisto
di idoneo arredamento atto a
conservare i documenti non ancora
fruibili dall’utenza.
Via Lionello Fiumi n. 17
Il Museo è aperto al pubblico, con ingresso
gratuito, previo appuntamento tramite la
Biblioteca Civica tel. 0442689044
La struttura non è agibile a persone diversamente
abili.

LA PIANURA TARTARO ADIGE
DEPOSITO MUSEALE DI
OPPEANO (OPPEANO)
Il Deposito Museale del Comune di
Oppeano è sorto a partire dal 1980,
quando le attività di ricerca e le
attenzioni della Soprintendenza
Archeologica del Veneto si sono
fatte più regolari ed assidue; da
quell’anno sono state infatti intraprese
numerose campagne di
scavo, recuperi d’emergenza e rinvenimenti
di superficie relativi principalmente
alle necropoli e all’antico
abitato veneto di Oppeano in un
territorio, in gran parte, ancora
destinato ad uso agrario.
Il Deposito, che rappresenta solo
una minima parte della grande
mole di materiale rinvenuto, è costituito
principalmente da oggetti
ceramici pertinenti sia alle varie attività
domestiche e artigianali
Alcune ceramiche conservate nel
deposito.
che si svolgevano all’interno del villaggio
(vasellame da mensa, da
cucina e/o con funzione di contenitore
di alimenti, pesi da telaio, rocchetti,
fuseruole, alari ecc.), sia alle
numerose sepolture scoperte in
alcune delle locali necropoli delle
Franchine, Belgioioso, Fondo
Gambin e via Napoleonica (vasi
ossuario, coppe zonate ad alto
stelo, scodelle ecc.). Oltre al materiale
fittile, fanno parte del deposito
museale anche alcuni oggetti in
corno e osso lavorato, nonché
oggetti in bronzo quali elementi di
corredo delle tombe e/o pertinenti al
costume dell’epoca. Si tratta principalmente
di fibule, spilloni di varie
fogge, lamine decorate a sbalzo. Tra
i vari rinvenimenti, degno di nota un
cinturone a losanga ora in esposizione
al Centro Ambientale
Archeologico di Legnago. Altrettanto
rilevante è il famoso elmo di
Oppeano, rinvenuto tra il 1876 e il
1878 in una località non ben precisata.
Si tratta di un elmo a forma conica
decorato con una teoria di cinque
cavalli e un centauro all’interno di
più fasce geometriche e datato al V
sec. a.C. Dal 1880 è conservato nel
Museo Archeologico di Firenze, mentre
presso la sala di rappresentanza
del Municipio di Oppeano è visibile
una fedele riproduzione.
Da un punto di vista cronologico e
culturale, gli oggetti conservati nel
deposito sono riferibili al mondo dei
Veneti antichi, sviluppatosi nel nostro
territorio tra il X ed il V-IV sec. a.C.
L’antico abitato insisteva su un dosso
di origine fluviale, posto in corrispondenza
di un paleoalveo
dell’Adige, in posizione strategica
lungo una delle più importanti vie di
comunicazione naturale della regione.
Nel momento di massima floridezza,
l’insediamento raggiunge
un’estensione di circa 80 ettari, e
costituisce uno dei principali centri
(insieme a Este e Padova) dei Veneti
antichi, provvisto di difese perimetrali
più o meno complesse (tagli, fossati,
aggeri). Le necropoli si dispongono
invece a ferro di cavallo, con
una forte concentrazione sul lato
ovest.
Informazioni presso il Municipio Piazza G.
Altichieri n. 1 tel. 045 6970586
Deposito museale di Oppeano, via Roma 13
53

LA PIANURA EST VERONESE

EST VERONESE LA PIANURA
56
Quando diversi millenni fa il fiume Adige divagava
nella pianura veronese, per un certo periodo
scelse di dirigersi verso Est e accarezzate le colline
scendeva lim accioso verso la pianura.
Lungo le sue sponde ha dimorato gente dedita
all’agricoltura e alla pastorizia lasciando una
in delebile trac c ia di qu el passato.
Visitando queste terre non solo tornano alla
m em oria gli antichi ricordi racchiusi nei tanti
m usei sparsi qua e là tra i caratteristici paesi, m a
anche i piaceri legati alla cucina e ell’enogastronom
ia che, con i suoi vini bianchi, il m iele, il
mandorlato, il radicchio, gli asparagi, le patate e
tante altre bontà, non fanno che attrarre chi percorrequestestrade.
In lon tan an za i c olli Beric i ed i c olli Eu gan ei
movimentano questo panorama aggraziato da
c astelli, pievi, oratori e im pon en ti ville.

LA PIANURA EST VERONESE
OASI TORRICELLE
E VAJO GALINA
(VERONA)
Quest’oasi si trova a ridosso della
città, nel punto più panoramico
della cintura attorno a Verona. È
molto estesa e si suddivide in 558
ettari per l’oasi delle Torricelle e in
22 ettari per quella di Vajo Galina.
Un bell’esemplare di fagiano.
L’area protetta è caratterizzata dalla
presenza di una vegetazione di tipo
mediterraneo che però si alterna
con altri tipi di vegetazione per i
forti sbalzi di temperatura riscontrati
specie in val Galina. La fauna è
ricca e varia. Tra i mammiferi possiamo
incontrale la Volpe, la
L’oasi in autunno.
Donnola, la Faina, il Tasso mentre
gli uccelli più numerosi sono il
Fagiano, la Tortora selvatica, la
Civetta, l’Upupa, il Cuculo, la
Ghiandaia, il Pettirosso e altri.
L’oasi, anche se a ridosso di un’area
urbanizzata, mantiene il suo fascino
e la sua importanza ecologica.
Non è raro infatti vedere caprioli ed
altri animali scorazzare liberi lungo
il monte di Avesa.
L’oasi è aperta tutto l’anno ed è
facilmente raggiungibile imboccando
la zona di Borgo Trento o quella
di Borgo Venezia per raggiungere la
strada delle Torricelle. L’oasi di Vajo
Galina invece, è situata nei pressi di
Avesa. Nata su proposta del WWF,
al suo interno è stato creato un
sentiero natura per meglio gustare il
sapore di una visita.
L’ingresso è gratuito e l’oasi è visitabile tutto
l’anno.
Agibile per persone diversamente abili.
57

EST VERONESE LA PIANURA
58
MUSEO DELLA CULTURA
CONTADINA (LAVAGNO)
CENTRO DI DOCUMENTAZIONE DELLE
TRADIZIONI POPOLARI
Dalla statale 11, passato il paese di
San Martino Buon Albergo e svoltato
per Marcellise, si sale verso la frazione
di San Briccio.
Poco dopo, nascosto tra la vegetazione
di acacie, sambuchi, roverelle e
nespoli, in un tutt’uno con la collina,
mimetizzato dall’ambiente, si trova il
forte di San Briccio, che si presenta
in tutta la sua maestosità. Il forte è
una costruzione militare in parte
interrata e in parte a cielo aperto,
composta da oltre centocinquanta
stanze più o meno capienti che si
sviluppano intorno al perimetro di
un quadrilatero a forma di trapezio.
L’entrata del museo sistemata dai
volontari del Centro Culturale di
Lavagno.
Dismesso da oltre vent’ anni, grazie
ai volontari del Centro Culturale di
Lavagno ha subito una trasformazione
d’uso radicale, diventando luogo
di cultura, contenitore di storia e di
tradizioni popolari.
Nelle centocinquanta stanze sono
sistemati gli attrezzi, gli utensili, i
documenti che si riferiscono alla cultura
contadina, alle tradizioni e alla
storia attraverso un percorso didattico
che porta i visitatori a conoscere
la gerarchia bracciantile, le sequenze
dei lavori della terra, le attività che
precedevano la semina e il raccolto.
Sono stati riprodotti elementi di lavo-
ro comunitario, come la battitura del
grano, “el selese”, la stalla, il vigneto,
la cantina, mentre in un’ala attigua
sono stati allestiti gli interni della
casa, delle botteghe artigiane, come
la bottega del fabbro e attività come
la bachicoltura. Particolarmente interessanti
sono gli allestimenti, con
suppellettili originali, della cucina,
della camera da letto e della sala.
Schede esplicative posizionate sugli
oggetti ne descrivono l’uso e le
caratteristiche.
Il lavoro di raccolta che il Centro
Culturale di Lavagno sta portando
avanti da oltre vent’anni ha consentito
al Museo della Cultura Contadina
veronese di confrontarsi con il
museo di Hannover in Germania
attraverso scambi di oggetti e la realizzazione
di due convegni sulla cultura
popolare. Per dimensione,
ambientazione e materiale raccolto
questo museo è forse l’unico, nella
nostra Regione, che affianca all’attività
museale anche varie attività culturali.
Il teatro all’aperto costruito dal
Centro Culturale all’interno del forte
viene usato per serate di spettacolo,
festepopolariedesposizionediprodotti
tipici della realtà contadina.
Via Liberazione n. 1 - Località Forte San
Briccio
Il museo è aperto al pubblico la domenica
dalle 14.00 alle 18.00 nel periodo invernale,
dalle 15.30 alle 19.30 nel periodo estivo;
inoltre è aperto nei giorni in cui si svolgono le
manifestazioni e gli spettacoli. Per le scolaresche
e le comitive è possibile, previa prenotazione,
la visita guidata in qualsiasi giorno.
Referente signor Lino Pasetto, tel. 045
8740104.
Ingresso a pagamento.
Il museo si raggiunge a piedi partendo dal
paese di San Briccio; l’uso dell’auto è consentito
solo alle persone diversamente abili purché
accompagnate.

LA PIANURA EST VERONESE
VILLA VERITÀ FRACCAROLI
(SAN PIETRO DI LAVAGNO)
L’importante facciata della villa.
Nella bassa Lessinia orientale, in un
paesaggio vivacizzato da ville
costruite soprattutto a partire dal
Quattrocento, si trova San Pietro di
Lavagno, piccolo paese con palazzetti
e case di campagna, dove
domina villa Verità Fraccaroli, situata
in località Boschetto. Qui i Verità,
eminente famiglia veronese, risultano
insediati già nel XV secolo con
una casa dominicale per il controllo
della proprietà terriera. Il giardino,
posto sul retro della villa, viene
commissionato da Girolamo Verità
tra il 1596 e il 1604.
Membro dell’Accademia
Filarmonica, come lo erano il padre
e il fratello, Girolamo ha modo di
incontrare Domenico Curtoni, esponente
a Verona dell’architettura post
sanmicheliana, e a Curtoni viene
attribuito il progetto di sistemazione
della villa e del giardino di San
Pietro di Lavagno.
La casa, ispirata a moduli classici, è
stata ampliata nella seconda metà
del XVIII secolo. Il giardino invece,
che sfrutta il declivio sul quale la
villa è posta, articolato su più terrazzamenti
collegati da scalinate,
mantiene intatta l’impostazione
datagli da Curtoni, il cui impegno
tecnico è evidente negli imponenti
muri di sostegno e nella complessa
canalizzazione delle acque.
Il giardino si articola in quattro elementi
distinti ma tra loro perfettamente
coordinati: il grande parterre
pensile con fontana a livello della
residenza, quale prolungamento
delle sale terrene; il teatro scavato
nella collina superiore accessibile,
dal parterre, mediante due rampe di
scale alle cui sommità sono collocate
due statue risalenti al periodo
romano, che attestano la passione
per il collezionismo di Girolamo
Verità; la cosiddetta “piazza” posta
al livello più alto, ora tenuta a
bosco; la grotta e il grande bacino
della peschiera, collocati a valle,
che rendono grande e imponente la
struttura architettonica del giardino.
La fontana posta al centro del giardino.
Il collegamento tra il parterre centrale
e la peschiera inferiore avviene
tramite due monumentali scalinate
convergenti, di cui sopravvive
quella meridionale. La parte di giardino
che costituisce l’ideale prolungamento
del pianterreno della villa
presenta una complessa elaborazione
formale al cui centro emerge la
vasca quadriloba con il gruppo di
59

EST VERONESE LA PIANURA
60
Ercole e Anteo dello scultore
Girolamo Campagna, databile alla
fine del Cinquecento.
In asse con tale gruppo, al centro
del muro di contenzione del terrazzamento
superiore, si trova una nicchia
dove è posta la statua di
Adone con il cane e una testa di
cinghiale, con alla base una vasca
poligonale. In fondo al giardino,
posteinunangoloombrosoe
nascosto, si possono vedere delle
abitazioni scavate nel monte di difficile
datazione. Eccelsa nel giardino
di Lavagno appare la vasta grotta,
ricavata nel terrapieno di sostegno
del parterre, con la grande
peschiera, dove cielo e mura riflettono
la propria immagine. Alla grotta
si accede da un fornice centrale
e da due aperture architravate laterali,
ritagliate in un elaborato paramento
murario a bozze rustiche di
grande impatto architettonico.
All’interno della grotta si trova
un’ampia aula rettangolare partita
da lesene con tre fontane dì cui
quella centrale, decorata con stalattiti,
raccoglie ancora l’acqua in una
grande conchiglia in pietra per poi
riversarla nella vasca sottostante.
Alle estremità del muro di sostegno
si aprono altre due grotte minori,
La peschiera.
poste simmetricamente, con l’ingresso
contornato da bugnato rustico.
Le acque, di cui è ricco il giardino
di Lavagno, vengono raccolte nella
peschiera inferiore che in un disegno
del 1742 appare di forma rettangolare
con gli angoli concavi e
un’isola al centro, diversamente da
quella odierna irregolare e con i
bordi indefiniti coperti da vegetazione.
Villa Verità Fraccaroli, via Boschetto 6, San
Pietro di Lavagno.
Il giardino è visitabile su appuntamento tel.
045 8980154
Gran parte del giardino non è visitabile da
parte di persone diversamente abili.

LA PIANURA EST VERONESE
CASTELLO SCALIGERO
DI SOAVE
(SOAVE)
Il castello di Soave è una tipica
costruzione militare del Medioevo e
sorge sul monte Tenda.
Da questa visuale strategica e di
grande effetto, il maniero domina la
vasta pianura sottostante, coprendo
un’area di 5.882 metri quadrati.
Il castello scaligero di Soave.
Esso è costituito da un’alta torre, o
mastio, intorno alla quale ruotano i
giri delle mura che raccolgono tre
cortili di forma, dimensione e livello
differenti scendendo con armonia
fino ad abbracciare tutto il
borgo medioevale.
L’origine di questa mole turrita risale
all’alto Medioevo e sorge forse
sulle rovine di un antico fortilizio
romano (Rocca). Da documenti che
risalgono al secolo X e da un diploma
di Federico Barbarossa si
apprende che apparteneva ai Conti
di Verona, i San Bonifacio.
Nell’anno 1237 ne era proprietaria
la famiglia dei Greppi i quali, trasferitisi
in Lombardia, lo cedettero nel
1270 al Comune di Verona, che vi
stabilì un capitano.
Progressivamente il castello crebbe
d’importanza specialmente sotto la
dominazione degli Scaligeri, che,
considerandolo una solida fortezza
militare in posizione strategica, lo
restaurarono e lo rinnovarono.
Nel corso dei secoli vari furono gli
scontri tra opposte fazioni per il
suo possesso. Tra di esse quello del
1338 quando Rolando de’ Rossi da
Parma, generale dei Veneziani,
messa a soqquadro la terra soavese,
si impadronì del castello. Dopo
breve, ma strenua lotta, nella quale
perirono 400 soldati scaligeri, fu
ripreso da Mastino II della Scala.
Cansignorio nel 1379 restaurò il
castello e cinse di mura merlate il
paese. Spentasi la dinastia scaligera,
il 18 ottobre 1387 Soave passò ai
Visconti di Milano e quindi ai da
Carrara, signori di Padova. Nei
secoli successivi il castello visse
alterne vicende finché, verso la fine
del 1500, perse d’importanza e fu
trasformato in fattoria. Da questo
stato di rovinoso abbandono venne
risollevato e restaurato (1889-1897)
nelle sue forme originarie dal
nuovo proprietario, il senatore
Giulio Camuzzoni, che ispirato da
un preciso programma archeologico
riattò e rifece quelle parti della cui
esistenza non si poteva dubitare.
L’ingresso principale si trova a settentrione,
munito di ponte levatoio,
protetto da una torre possente sulla
quale sta una scultura di San
Giorgio. Oltrepassato il ponte levatoio,
si entra nel primo cortile che
al tempo degli Scaligeri non esisteva
e che venne realizzato dalla
Repubblica di Venezia nel secolo
XV. Nel cortile si scorgono i resti di
una chiesetta di modeste dimensioni,
a tre absidi, la cui origine si può
far risalire al secolo X. Tramite la
porta munita di saracinesca si passa
nel secondo cortile, il primo dell’antico
castello per chi veniva dal
piano, detto “della Madonna”. La
61

EST VERONESE LA PIANURA
62
porta d’ingresso è sormontata da
una torre; sopra, sulla parete, vi è
un affresco che rappresenta la
Vergine nell’atto di proteggere i
fedeli inginocchiati ai suoi piedi. Il
dipinto porta la data del 1 giugno
1321. L’ultimo cortile, il più elevato
e il più piccolo, si raggiunge salendo
una scaletta. Qui si alza la torre,
o mastio, che rappresentava l’ultimo
e più strenuo baluardo di difesa e
che probabilmente fu luogo di prigione
e di tortura, come testimonierebbero
le ossa umane qui scoperte
durante i lavori di restauro.
Nell’archivolto della porta d’accesso
si leggono, sbiaditi dal tempo, i
nomi di quegli uomini a cui era
stata affidata la difesa del castello.
A sinistra della stessa porta si nota
un affresco del 1340, raffigurante
uno scudo con la scala scaligera a
quattro gradini, sostenuta da due
cani rampanti; sullo sfondo un
guerriero, seguito da una schiera di
soldati con bandiera scaligera. È
interessante perché ci dà modo di
conoscere le armature dei soldati
del castello.
Il cortile interno del castello.
Nel mezzo di questo cortile si trova
un pozzo, antico quanto il castello,
che presenta profonde scanalature
prodotte da rudi mezzi atti ad attingere
acqua. Verso destra, una stanza
ad archivolti destinata al corpo
di guardia offre suppellettili militari
dell’epoca (spadoni, mazze ferrate,
balestre con frecce, elmetti, visiere
e alabarde). Una scala esterna permette
di salire a quella che nel
castello era l’abitazione del signore
o del suo rappresentante: una casa
medioevale ben conservata. La
scala immette nella stanza centrale
detta “La Caminata”, che era l’equivalente
della nostra stanza di soggiorno,
che prende il nome dal
grande camino. Intorno alle pareti
si trovano cassapanche e sedie,
mentre nella cassetta di vetro che
sta sulla credenza sono esposti
cocci di stoviglie rinvenuti nella
necropoli del territorio. Una porticina
immette in un cortiletto pensile
che fu creato qualche anno dopo
che la Repubblica di Venezia
subentrò ai Carraresi nel possesso
del castello ed aveva lo scopo di
impedire che i soldati comunicassero
con la gente esterna. Da una
porta della “Caminata” si passa alla
camera da letto, in cui si trova un
affresco del 1200 raffigurante il
Cristo crocefisso, la Madonna e la
Maddalena. L’altra stanza è la sala
da pranzo, con tavola apparecchiata,
che conduce in una stanzetta
sulle cui pareti stanno cinque ritratti:
Mastino I, fondatore delle fortune
dei Della Scala; Cangrande, il personaggio
più illustre della casata;
Dante Alighieri, il sommo poeta;
Taddea da Carrara, moglie di
Mastino II; Cansignorio della Scala,
che ebbe il merito del restauro e
dell’ampliamento del castello, che
circondò Soave di mura, fece
costruire il palazzo di Giustizia e il
palazzo Scaligero. Uscendo da una
porta strettissima, saliti alcuni gradini,
si arriva sui cammini di ronda
protetti, che permettono accedere
al mastio, il punto più alto del
maniero.
Via Castello n. 11 Castello di Soave tel.
custode 045 7680036
Orario estivo 09.00 – 12.00 e 15.00 –
18.30
Orario invernale 09.00 – 12.00 e 14.00 –
16.30.
Non è accessibile alle persone diversamente
abili.

LA PIANURA EST VERONESE
MUSEO CIVICO
GEOPALEONTOLOGICO
“ABATE DON GIUSEPPE
DALLA TOMBA”
(SAN BONIFACIO)
Gasteropode.
II Museo Civico Geopaleontologico
“Abate don Giuseppe Dalla Tomba”
può essere considerato un nuovo
importante tassello nella realtà culturale
della provincia di Verona.
Nelle sue sale vengono illustrati gli
aspetti geologici del territorio sambonifacese
e delle aree limitrofe,
dove gli insediamenti umani sono
attestati già nel Neolitico e nell’Età
del Bronzo (II millennio a.C.) e
dove numerosi sono stati i ritrovamenti
archeologici del periodo
romano.
Nel Museo uno spazio è dedicato
ad una grande varietà di fossili provenienti
da giacimenti famosi in
tutto il mondo rappresentativi delle
ere geologiche, nonché a
minerali di rara bellezza Si
può così risalire oltre la
vita degli uomini e intravedere,
nella storia della
natura, l’evoluzione geologica
di parte del territorio
veronese.
Il Museo Civico di San
Bonifacio, istituzionalizzato
nel 1994, oltre che
luogo di conservazione ed
esposizione al pubblico di
rari reperti fossili e mineralogici,
vuole essere un
Centro di documentazione,
di ricerca scientifica e
di divulgazione didattica
in materia di ambiente e
di scienze naturali, per
offrire valido supporto
allo svolgimento dei programmi
formativi negli
istituti scolastici.
Il primo passo per l’istituzionedelMuseoCivicolosidevea
don Giuseppe Dalla Tomba, abate
di Villanova ispiratore morale di
tale istituzione, che donò alla città
che lo aveva ospitato per oltre cinquant’anni
anni la propria collezione
geopaleontologica, frutto di
decenni di pazienti e appassionate
ricerche, che ora costituisce il materiale
paleontologico e mineralogico
esposto nel Museo. Intuì che la percezione
e la giusta valorizzazione
del mondo naturalistico che ci circonda
è senz’altro lo stadio di partenza
per una maggiore conoscenza
dello spirito dell’Uomo.
L’itinerario museale riguarda circa
40 metri di esposizione e prevede
63

EST VERONESE LA PIANURA
64
dapprima una sosta alle vetrine 1 e
2 che sono dedicate all’indicazione
del percorso didattico, ai curatori e
sostenitori della mostra e al ricordo
di don Giuseppe Dalla Tomba. La
vetrina 3 tratta gli aspetti geologici
del veronese visti su scala regionale,
mentre le vetrine 4e5riguardano
più strettamente la geologia del
territorio di San Bonifacio. Nella
vetrina 6 è rappresentato il tempo
geologico e nella 8 l’evoluzione
della vita nel corso delle ere; nelle
vetrine seguenti, dalla 9 alla 21,
sono visibili i più significativi reperti
mineralogici e paleontologici
della ex collezione Dalla Tomba. La
vetrina9èdedicataallacristallografia
e alla descrizione di alcuni caratteri
fisici dei minerali, mentre nella
vetrina 10 sono evidenziati i più
importanti aspetti legati alla fossilizzazione.
Nelle vetrine i reperti fossili sono
stati esposti seguendo il criterio cro-
Ramo di felce fossilizzato.
nostratigrafico, ovvero dai più antichi
ai più recenti. I reperti delle ere
archeozoica e paleozoica sono
esposti nella vetrina 11; quelli dell’era
mesozoica nelle vetrine 12 e 7,
mentre i reperti fossili dell’era cenozoica
si trovano nelle vetrine 13-20.
All’interno di queste, e più precisamente
dalla vetrina 16 fino alla 20,
sono esposti i reperti fossili dei giacimenti
Pesciara e monte Vegroni di
Bolca. I reperti dell’era neozoica
sono esposti nella vetrina 21.
Museo Civico Geopaleontologico “Abate Don
Giuseppe Dalla Tomba” ha sede presso l’abbazia
di Villanova, piazzale San Benedetto, 1
San Bonifacio.
L’ingresso gratuito. Le visite guidate si possono
prenotare al numero 0457612385 dal
martedì al sabato dalle 09.30 alle 11.30.
Orario: domenica dalle ore 10.00 alle 11.30
e dalle 15.00 alle 17.00 (inverno) dalle
16.00 alle 18.00 (estate).
La sede è accessibile a persone diversamente
abili.

LA PIANURA EST VERONESE
MUSEO NAPOLEONICO
“GUSTAVO ALBERTO
ANTONELLI”
(ARCOLE)
Il Museo Napoleonico “Gustavo
Alberto Antonelli” di Arcole nasce
dal nucleo della collezione e dalla
creatività del fondatore e ne completa,
nel tempo e nello spazio, la
personalità.
La sede del museo.
Pur non essendo un letterato, attraverso
l’amore per la poesia, per la
musica, per la pittura, Antonelli ha
saputo costruire un rapporto dialettico
con i cittadini di Arcole trasmettendo
un messaggio chiaro e
incisivo di apprezzamento per i
valori spirituali e per le virtù più
alte dell’umanità di Napoleone, in
cui credeva. La lenta genesi del
Museo che l’architetto Gustavo
Alberto Antonelli (1915-1996) ha
gestito in prima persona curandone
l’allestimento nei minimi particolari
consta di una copiosa
documentazione. Dopo la stipula di
una convenzione tra il sindaco di
Arcole e l’architetto, il Museo trovò
la sua prima sede nell’oratorio di
Sant’Antonino. Il fabbricato venne
sottoposto a vari lavori e domenica
27 maggio 1984 il console generale
di Francia inaugurava il Museo
NapoleonicodiArcolealgrido
«liberté – fraternité – égalité».
Proprio dal grande interesse di
Antonelli per le vicende napoleoniche
si sviluppa questo museo locale,
che al nucleo iniziale donato dal
fondatore ha aggiunto nel tempo
altro materiale; la collezione consiste
in stampe, incisioni su rame ed
acciaio, litografie ed acquetinte,
manifesti, bollettini della Grande
Armata e documenti dell’epoca. I
dipinti presenti sono opere
dell’Antonelli: Il g e n e ra le Bo n a pa rte
alla battaglia di Arc ole, copiadel
dipinto del Gros; L’i n g r e s s o d e l
generale Bonaparte al Cairo,composizione
originale dell’Antonelli; Il
Prim o Console al passaggio del
Gra n Sa n Be r n a rd o , copia da
David; Na p o le o n e i n b a tta g li a da
Chabord; Na p o le o n e a c a v a llo da
Meissonier; due copie dei
Ca c c ia to ri d e lla Gu a rd ia Im pe ria le
a c avallo alla c aric a da Géricault.
Nel museo è singolare la rievocazione
della morte di Napoleone che
ha, al centro, la salma dell’imperatore.
Richiesto nel 1971 dal Museo
dell’Armata di Parigi e dal Museo
Napoleonico dell’Elba, troverà collocazione
proprio nel Museo arcolese.
Il percorso per una visita inizia
dalla sala di ingresso con dipinti
dell’Antonelli e una raccolta di
medaglie e di monete napoleoniche
oltre a pallottole e proiettili raccolti
nei campi di battaglia; sono descritte
la battaglia di Ulma e di
Austerlitz (1805), la battaglia di Jena
65

EST VERONESE LA PIANURA
66
e di Eylau (1806-1807), Friedland
(1807), l’intervento in Spagna e la
battaglia di Wagram (1809); dalla
prima sala a destra comincia il percorso
cronologico: Giovinezza di
Napoleone, Primi successi, Prima
Campagna d’Italia (1796-1797),
Spedizione d’Egitto (1798-1799);
seconda sala a destra: Napoleone
primo console (1799), Seconda
Campagna d’Italia (Marengo 1800),
Napoleone Imperatore dei francesi
e re d’Italia (1804-1805); sala centrale
a sinistra: L’Aquilotto (1810-
1811), Campagna di Russia (1812),
Tragica ritirata, Campagne di
Germania e di Francia (1813-1814);
ultima sala a sinistra: All’Isola
d’Elba, Waterloo (18 giugno 1815),
a Sant’Elena (1815-1821); saletta
prima del simulacro: Cinque maggio
1821; simulacro: Napoleone
vegliato da un granatiere.
Al Museo è affiancata una biblioteca
tematica riguardante il periodo
napoleonico.
Ricostruzione della battaglia di Arcole.
L’interno.
Via Nuova Arcole
Orario: domenica dalle 15.00 alle 18.00,
oppure su appuntamento tel. 045 7635423
(sig. Ballarin).
Ingresso a pagamento.
La struttura non è agibile a persone diversamente
abili.

LA PIANURA EST VERONESE
MUSEO DELLA CIVILTÀ
CONTADINA
(ARCOLE)
L’ingresso del museo.
Il Museo dell’Alzana di Arcole prende
avvio dall’amore di un gruppo
di persone per il mondo contadino.
Il 16 gennaio 1998 si costituisce il
gruppo “Amici Santa Maria
dell’Alzana” che da anni fa ricerche
e recupera nel territorio dell’Est
veronese vari materiali facenti parte
il questo mondo.
Originale è il luogo che custodisce
tale memoria: si tratta di una chiesa
romanica. Le sale espositive rappresentano
un percorso ordinato all’interno
della civiltà contadina dove
appaiono la casa (cucina, camera,
la stalla e gli altri ambienti), i lavori
domestici (le giornate del maiale, il
lavar le robe, la filatura, la cova,
l’uccellagione, la pesca, ecc.), la
famiglia (nascita, ecc.), gli animali
e i loro attrezzi, il lavoro della
terra (arare, seminare, pesare, raccogliere,
ecc.), i mestieri ausiliari
di paese (scarpaio, fabbro, ecc.).
Visitando il Museo dell’Alzana, per
conoscere materiali e mezzi del
lavoro agricolo, ci si imbatte in
migliaia di oggetti raccolti lungo le
pareti delle sale museali. Questa
serie ininterrotta di oggetti, di materiali,
di creazioni, originali e uniche,
questa ricchezza di utensili oggi
quasi dimenticati ma indispensabili
nel passato, ci fanno immergere in
una civiltà che non si è spenta, ma
cheèvivaedèinmezzoanoi.
Credere in questa continuità ci
porta a chi verrà dopo di noi un
patrimonio inestimabile, perché la
cultura non si estingue definitivamente,
ma si trasforma in altra cultura,
in funzione di nuove circostanze
e di nuove istanze.
Una delle sale espositive.
Santuario Santa Maria dell’Alzana. Località
segnalata
Aperto la domenica dalle ore 15.00 alle ore
18.00; il giovedì dalle 09.00 alle 12.00.
Per appuntamento telefonando allo 045
7635089 (sig. Fabbrizio).
Ingresso con offerta libera.
La struttura non è agibile a persone diversamente
abili.
67

EST VERONESE LA PIANURA
68
MUSEO CIVICO
ARCHEOLOGICO DI
COLOGNA VENETA
(COLOGNA VENETA)
Il palazzo che ospita il museo.
Le ricerche archeologiche, condotte
da oltre un ventennio dalla competente
Soprintendenza per i beni
archeologici in collaborazione con le
Amministrazioni Comunali del
Colognese, hanno evidenziato la
consistente e densa presenza dell’uomo
fin dall’Età del Neolitico antico
in tutto il territorio colognese.
La documentazione archeologica è
abbondante per le età successive e,
in maniera continuativa, fino ed
oltre l’Età romana. Durante la dominazione
romana questa parte della
provincia di Verona venne interessata
da una divisione agraria (centuriazione)
fatta attuare dall’imperatore
Ottaviano Augusto per assegnare
terra in premio ai soldati reduci dalla
battaglia di Azio (31 a.C.); l’assegnazione
ai nuovi coloni di tali appezzamenti
fa assumere a questa terra il
nome di Colonia,
donde Cologna.
Il Museo Civico
Archeologico di
Cologna Veneta, ospitato
fino al 1991 nel
Palazzo di città, è ora
organizzato nel palazzo
ex Monte di Pietà
(1853); fu istituito nel
1892-1893 al fine di
raccogliere quanto
stava emergendo
dallo scavo di un
nuovo alveo per il
fiume Guà, cioè
meravigliosi corredi
funebri in bronzo
relativi a una necropoli
paleoveneta.
La sede museale si
articola in tre sale: la
prima, intitolata ad
Anna Rinaldi Gruber (studiosa del
Colognese), mostra materiali del
Neolitico relativi alla civiltà di
Fiorano provenienti da Santa
Giustina in Baldaria e altri materiali
dell’Età del Rame, recuperati nelle
località di Bernardine di Coriano,
Sabbion e Spessa e dell’età del
Bronzo, emersi in località
Sabbionara e nella necropoli protoveneta
di Desmontà (Veronella),
dalla quale proviene una coppia di
schinieri, dono votivo con motivi
decorativi raffiguranti uccelli stilizzati,
databili fra Ì’XI e il X secolo a.C.
La seconda sala, dedicata a Cesare
Cardellini (fondatore del Museo), è
costituita dai reperti provenienti
dalla necropoli di Baldaria e da altri
relativi all’Età del Ferro. I materiali
della necropoli di Baldaria di
Cologna Venata costituiscono una

LA PIANURA EST VERONESE
delle più cospicue documentazioni
delle fasi antiche dell’Età del Ferro.
Da sottolineare i caratteri tipicamente
atestini nelle forme degli spilloni
delle fibule e delle armille, anche se
non mancano tipi di fibule con “arco
a grandi coste”, rare a Este, che indiziano
i legami con il Trentino e la
Lombardia.
Sempre a proposito di fìbule, la più
nota è quella con scimmiette sull’arco
che si riallaccia all’area della cultura
di Villanova (Bologna), così
come trova confronti a Bologna e
nel Lazio il magnifico esemplare di
cinturone a losanga decorato a incisioni
con i motivi del culto della
barca solare trainata da coppie di
uccelli. Notevoli l’esemplare di coltello
in bronzo con manico traforato,
i frammenti di situla e i molti pendagli,
elementi d’ornamento in bronzo
e perle in pasta vitrea.
Di Baldaria è stato individuato l’insediamento
riferibile alla necropoli
mentre, tra gli altri rinvenimenti del
territorio, si possono ricordare la
necropoli di Minerbe, anch’essa gravitante
nella sfera atestina e, infine,
quello di Pressana, con le rare fibule
di tipo celtico, databili al primo
secolo a.C., con arco decorato da un
volto umano con grandi baffi.
L’ultima sala, dedicata ad Eusebio
Lucerna romana a due piedi del ceramista Priscus.
Checchetti, raccoglie materiali d’epoca
romana e altomedioevale provenienti
dalle necropoli delle località
di Sant’Agata delle Alte, dai Gazzoli
e da Tramon (Albaredo d’Adige).
Sono corredi funebri costituiti da
lucerne, vasellame in terracotta e
balsamari in vetro. Interessante è un
cippo miliare dell’imperatore
Magnenzio. Esposti sono inoltre corredi
funebri della civiltà dei
Longobardi.
Alle pareti si trovano poi lacerti di
affresco con scene di battaglia provenienti
dalla località Campanella e
attribuiti a Giovanni Battista Battaglia
(1521-1580).
Negli interni della Rocca Scaligera
trovano spazio, nel museo lapidario,
elementi di acquedotto e altro materiale
lapideo.
Museo Civico Archeologico, piazza Duomo -
Palazzo ex Monte di Pietà, 37044 Cologna
Veneta - tel. 0442 410667 / 0442
411122; fax 0442 410811;
www.comune.cologna-veneta.vr.it;
e-mail: info@comune.cologna-veneta.vr.it.
Orario: domenica dalle ore 10.00 alle 12.00
e dalle 15.00 alle 18,00 (inverno);
dalle ore 10.00 alle 12.00 e dalle 16.00 alle
19.00 (estate).
Ingresso gratuito
La struttura è agibile a persone diversamente
abili.
69

EST VERONESE LA PIANURA
70
MUSEO CIVICO
(ALBAREDO D’ADIGE)
Frammento di piatto decorato.
Il Museo Civico di Albaredo d’Adige
troverà sede presso l’ex Casa del
Fascio, in piazza Aldo Moro, edificio
attualmente in fase di restauro.
Nelle nuove sale museali sarà collocata
gran parte del materiale preistorico
e storico recuperato da
volontari o risultato delle campagne
di scavo operate dalle varie
Soprintendenze negli anni. Ricca è
infatti la presenza umana nel territorio
di Albaredo fin dall’Eneolitico,
circa 4000 anni prima di Cristo, e
delle varie fasi dell’Età del Bronzo,
XIV- XIV-X sec. a.C., soprattutto
dalle località di Bernardine di
Coriano, Beccacivetta di Coriano e
Desmontà, attestata da punte di
freccia, raschiatoi e altro materiale
(attualmente custodito presso la
sede comunale e presso il Museo di
Cologna Veneta), e da un’ampia e
pregevolissima raccolta di ceramiche
graffite recuperate, nel corso
degli anni, da appassionati “racco-
glitori” in quell’inesauribile
miniera di storia e
civiltà che è il fiume
Adige. Oggi tutto questo
materiale che comprende:
vasi, piatti, borracce,
tazze, bicchieri e olle,
che vanno dal XII al
XVIII secolo, è custodito
nella sede municipale e
presso la sede
dell’Associazione Adige
Nostro a Beccacivetta di
Coriano, presso la villa
Serego-Rinaldi. Tali ceramiche,
recuperate spesso
in cocci, ma in alcuni
casi abbastanza integre,
danno l’idea dello sviluppo
dell’arte della ceramica
nella nostra zona ove
erano presenti fornaci
perlaloropreparazione
e la cottura. Esse raffigurano animali
(cervi, conigli, cani ecc.) con forte
significato simbolico (forza, fertilità
ecc.), motivi ornamentali astratti
(losanghe) ma anche figure umane.
Importante è la presenza di figure
caricaturali e di amorini che conferiscono
alle ceramiche grande bellezza
ed originalità facendo risaltare
l’intensità dei colori giallo, rosso,
verde, frutto della ricerca e dell’abilità
degli artigiani. I pezzi posseduti
sono circa tremila ma, nella nuova
sede, saranno esposti solo quelli di
maggior rilevanza storica e artistica.
Molti sono stati anche i ritrovamenti
di armi di varie epoche: spade,
elmi, celate, falcetti da combattimento
e archibugi che sono attualmente
custoditi dall’Associazione
Adige Nostro e verranno, in seguito,
esposti all’ammirazione dei visitatori.
Nella nuova sede verrà anche ricordata
l’epopea dei “barcari” che, fino

LA PIANURA EST VERONESE
agli anni Cinquanta del secolo scorso,
hanno fatto della navigazione
fluviale il loro lavoro, la loro vita.
Saranno esposte foto, documenti,
materiali a testimonianza dell’attività
di trasporto fluviale delle merci, trasportate
verso i porti del mare
Adriatico o verso il Po. Accanto a
queste immagini si potranno ammirare
quelle dei mulini natanti che
per molti anni hanno costellato le
sponde dell’Adige e che ricavavano,
dalla forza della corrente del fiume,
la sussistenza per le famiglie dei
mugnai.
L’oratorio di Villa Sarego-Rinaldi a
Beccacivetta di Coriano dove si trova
l’attuale sede dell’associazione Adige
Nostro.
Un altro bell’esempio di ceramica dipinta.
Per informazioni e visione reperti custoditi
dall’Associazione Adige Nostro a Beccacivetta
di Coriano: Comune di Albaredo d’Adige, tel.
045 7000799 / 045 6608011; fax 045
7000956; e-mail albaredo@libero.it .
Associazione Adige Nostro: tel. 045
7025516 (sig. Gianni Rigodanzo, visite su
appuntamento); www.adigenostro.it; e-mail
adigenostro@yahoo.it.
71

MONTAGNA EST LESSINIA

EST LESSINIA MONTAGNA
74
I monti Lessini, oltre ai musei e alle oasi naturalistic
he, offron o al visitatore u n paesag g io m ovimentato,
in cui più ci si addentra e più ci si sorprende.
Le cose che lo caratterizzano maggiormente
son o l’arc hitettu ra e l’arte, c om e le steli e le sc u lture
sacre di pietra scolpite in bassorilievo o le
fac c iate d elle c ase d ipin te c on c olori brillan ti
dove sono riprodotte immagini sacre o le artistiche
m eridiane.
I n u c lei abitati sparsi qu a e là, offron o il c aratteristico
esem pio di com e la gente del luogo abbia
saputo usufruire della pietra locale per edificare le
proprie contrade, le proprie malghe, le ghiacciaie e
iconfinideipascoli,inarmoniaconlanaturaei
m ezzi che essa m ette a disposizione.

MONTAGNA EST LESSINIA
MUSEO PALEONTOLOGICO
(RONCÀ)
I fossili più rappresentativi.
Il nuovo Museo di Roncà è stato
inaugurato nel febbraio del 2004,
dopo 15 anni di permanenza presso
le scuole medie.
Il percorso museale si snoda in tre
sale: in quella a piano terra è esposta
la ricostruzione del territorio di
Roncà mentre nelle altre due sono
visibili la ricostruzione del paesaggio
locale come appariva quaranta milioni
di anni fa, i fossili più significativi
e un diorama che ripropone un sirenide
nel suo ambiente naturale.
La realtà geologica di Roncà e dintor-
Il diorama rappresentante un sirenide.
ni era ben conosciuta già nel XVIII
secolo, quando l’abate Alberto Fortis
pubblicò, a Venezia, un opuscolo
con un titolo molto significativo:
Da lla Va lle Vu lc a n ic o -Ma rin a d i
Roncà nel territorio Veronese.
Le origini di questa zona vulcanica
risalgono a quaranta milioni di anni
fa, quando questo territorio si trovava
al limite del Mare della Tetide ed
era caratterizzato da un clima tropicale,
simile a quello che si trova,
attualmente, lungo le coste dell’Asia
sud orientale.
La presenza di un fondale basso,
favorì e divenne l’habitat ideale per
diverse specie di gasteroropodi e
lamellibranchi, testimoniati dall’affioramento
di rocce basaltiche di origine
vulcanica che contengono anche
nummuliti, coralli cefalopidi, crostacei,
vertebrati, vegetali, resti di pesci,
rettili, uccelli e mammiferi.
Piazza Marconi
Il Museo è aperto il sabato e la domenica
dalle 09.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle
18.00.
Tutti gli altri giorni si apre su prenotazione
per gruppi composti da un minimo di 10 persone.
Per prenotare: Cooperativa Monscleda
Lavoro (lunedì-venerdì dalle 08.00 alle
17.00, tel. 045 6540268.
Ingresso a pagamento.
La struttura è agibile anche a persone diversamente
abili.
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EST LESSINIA MONTAGNA
76
MULINO DEI GAJI
(VESTENANOVA)
L’interno del mulino.
A Vestenanova è possibile visitare
l’antico mulino dei Gaji che, un
tempo, si trovava lungo la valle dei
Gaggi e ha funzionato fino al 1967.
Questo mulino è l’ultimo esemplare
rimasto fra le decine che si potevano
contare, lungo i corsi d’acqua,
Il mulino immerso nel verde.
nei territori di Vestenanova e San
Giovanni Ilarione.
Il manufatto è stato ricostruito in
via Chiesa, in un ambiente simile a
quello d’origine (XVIII secolo), su
un terreno messo a disposizione
dell’Amministrazione Comunale.
Dietro l’edificio si trova un laghetto
che raccoglie l’acqua piovana che
serve a far funzionare la ruota,
che a sua volta muove tutti i macchinari.
Particolarmente interessante è,
durante la visita, seguire le diverse
fasi della macinazione, dal
grano fino alla farina setacciata.
Via Chiesa. Le indicazioni in loco - Comune di
Vestenanova, tel. 045 6564017
Referente: Pasquale Calierno
Apertura: tutto l’anno; per prenotare (orari
da concordare) rivolgersi Pro Loco tel. 045
7470123
Ingresso gratuito.
Agibile, con cautela, per persone diversamente
abili.

MONTAGNA EST LESSINIA
MUSEO DEI FOSSILI DI
BOLCA E LUOGHI DI SCAVO
(VESTENANOVA)
Il Museo dei Fossili di Bolca, sorto
nel 1969, offre la possibilità di
vedere un’esposizione di reperti
fossili provenienti dalla “Pesciara”.
Ampie didascalie, disegni e ricostruzioni,
spiegano i fenomeni che
avvennero, in questi luoghi, 50
milioni di anni fa. Il giacimento fossilifero,
recentemente attrezzato per
le visite guidate alle gallerie, è considerato
il più importante del
mondo per i pesci fossili dell’Era
terziaria.
In due stanze vengono esposti i
reperti più significativi dell’Eocene
provenienti dalla zona di Bolca, da
quella circostante il monte Purga e
il monte Postale; inoltre, si trova
spiegata la topografia e la geologia
della valle d’Alpone.
Nel 1978 il nucleo originario viene
ampliato con la costruzione di una
terza sala indispensabile per acco-
gliere i visitatori attratti dal fascino
del vicino giacimento nel quale è
possibile osservare la stratigrafia
rocciosa e verificare come avviene
l’estrazione dei fossili. La visita al
museo può infatti proseguire con la
“passeggiata paleontologica”, tramite
un sentiero che, partendo dall’abitato
di Bolca, porta alla valletta
della Pesciara. La stazione didattica
consente, assieme alla visita della
galleria principale, un’ampia visione
della zona.
L’entrata del museo dei fossili di Bolca, un luogo unico per conoscere un altro
aspetto della natura.
77

EST LESSINIA MONTAGNA
78
E LA PESCIARA
I fossili presenti sono, principalmente,
pesci e piante, che si trovano
all’interno di cinque livelli
sovrapposti costituiti da calcari a
grana finissima fittamente stratificati
e intercalati da strati calcarei detritici
entro cui ci sono unicamente
resti di invertebrati (gusci di lamellibranchi
e gasteropodi).
Qui, durante l’Eocene, esisteva un
mare chiamato Tetide, che si estendeva
dal Nord Africa all’Indonesia
collegando le aree corrispondenti
all’attuale Mare Mediterraneo con
l’arcipelago della Sonda. Durante il
Miocene medio e inferiore, con
l’emergere di ampie aree dell’Asia
Minore, venne a mancare questa
comunicazione provocando un
sostanziale cambiamento delle condizioni
ambientali.
I fossili rinvenuti a Bolca sono
caratteristici di un ambiente di tipo
costiero caratterizzato da numerose
scogliere coralline che delimitavano
le lagune e, pur appartenendo a
Dentro la Pesciara.
specie marine attualmente scomparse,
rappresentano pesci con scheletro
cartilagineo come gli squali, o
pesci con scheletro ossificato come
l’orata, mostrando molte affinità con
forme tutt’oggi viventi nei mari
caldi dell’oceano Indo-Pacifico e
dell’oceano Atlantico. Accanto a tali
specie di pesci sono poi state rinvenute
molte altre forme rare, affini a
specie viventi nei mari temperati.
Via San Giovanni Battista. Bolca di
Vestenanova Ceratoichthys di Cerato Cav.
Massimiliano s.n.c. (referente: Massimo
Cerato),
tel. 045 6565088; fax 045 6565111.
Orari: da novembre a febbraio dalle 10.00
alle 12.00 e dalle 14.00 alle 17.00; da
marzo ad ottobre dalle 09.00 alle 13.00 e
dalle 14.00 alle17.30
Chiuso il lunedì; solo il museo è accessibile a
persone diversamente abili
Ingresso a pagamento.

MONTAGNA EST LESSINIA
MUSEO DEI TROMBINI A
SAN BORTOLO
(SELVA DI PROGNO)
Il paese di San Bortolo delle
Montagne ha saputo conservare più
a lungo di tutti gli altri paesi della
Lessinia la tradizione dello sparo
dei “trombini”, o “s-cìopi da sagra”,
o anche “pistoni”. Nei secoli passati
era arma da postazione, usata
soprattutto per incutere paura, per
abbattere palizzate, per tenere lontani
i pirati del mare, per farsi largo
tra la folla, per difendersi durante i
viaggi in carrozza da briganti e
ladri. Si ritiene che fossero in uso
già nel tardo Cinquecento e, più
sicuramente, nel Seicento. Il nome
“trombino” probabilmente proviene
dalla forma di imboccatura della
campana fatta a tromba. Nel
Seicento, nei Paesi Bassi, un’arma
simile era detta trom blon mentre in
Lessinia un trombino molto più leggero
di quelli che si fabbricano
oggi, era usato dai Cimbri dell’altopiano
per far la guardia ai confini
col Tirolo che, allora, arrivava sulle
vette settentrionali della Lessinia.
Foto di gruppo con trombini.
Oggi i trombini sparano a salve per
salutare gli ospiti, per far festa con
la gente del paese, per accogliere
un nuovo parroco, per solennizzare
un avvenimento, per celebrare
degnamente le più importanti ricorrenze
religiose, per intrattenere la
gente. La sagra dei trombini e pistonieri
si svolge il giorno della
Santissima Trinità cui è dedicata la
piccola chiesa nei pressi del paese;
il parroco di San Bortolo vi celebra
una messa in suffragio delle anime
dei soci defunti e poi solennemente
benedice i “trombonieri” e le loro
armi. Al termine della cerimonia
religiosa, il gruppo al gran completo
si esibisce in una sarabanda ininterrotta
di spari individuali, a coppie
o in gruppo. Per non perdere
questa antica memoria e queste
importanti tradizioni, a San Bortolo
è stato allestito un museo che accoglie
un’esposizione del trombino.
Nel locale d’entrata sono esposti
alcuni tipi di trombino, fra i quali
un esemplare antico risalente al
1911 e uno di valore storico, di origine
veneziana, risale al 1500.
Nella sala interna sono esposti gli
utensili utilizzati per la costruzione
e l’assemblaggio di un trombino,
foto d’epoca e documenti. Il visitatore
viene coinvolto come spettatore
di un evento straordinario e per
questo sono riprodotti, con documenti
visivi e sonori, rumori e botti
dei nobili trombini.
Via Vittorio Veneto San Bortolo frazione di
Selva di Progno.
Il museo è aperto tutto l’anno nella giornata
di domenica, tramite chiamata con citofono
e dalle ore 15.30 alle ore 17.30 con apertura
della struttura. Tutti gli altri giorni, su
prenotazione, attraverso la segreteria telefonica
(Cooperativa Lessinia Servizi - Contatti al
Museo di Giazza e dei Trombini; tel. 045
7847050; fax 045 7847050; referente
prof. Giovanni Molinari). Giorno di chiusura
lunedì.
Ingresso a pagamento.
La struttura è accessibile ai disabili.
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EST LESSINIA MONTAGNA
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MUSEO DEI CIMBRI
A GIAZZA
(SELVA DI PROGNO)
Arte religiosa cimbra.
Il museo, costruito nel 1972, è di
proprietà della Comunità Montana
della Lessinia e viene gestito
dall’Associazione Culturale
Curatorium Cimbricum Veronense.
Nell’agosto del 1998 sono stati completati
i lavori di ristrutturazione
interna, proponendo un nuovo itinerario
espositivo che prende in
considerazione ventuno argomenti
per spiegare la storia, la vita, il
lavoro, le tradizioni e la lingua dei
cimbri.
Questo itinerario è stato concepito
e distribuito lungo il seminterrato e
il primo piano dell’edificio progettato
dall’architetto Arrigo Rudi.
Nel seminterrato si può approfondire
l’aspetto religioso della cultura
cimbra, mentre al primo piano sono
collocati dei pannelli esplicativi che
illustrano l’insediamento sui monti
Lessini e le origini delle popolazioni
cimbre (“de usarne burtzan”: le
nostre radici): un tema sul
quale il dibattito tra gli
studiosi di storia e di linguistica
è ancora aperto.
All’ultimo piano si trovano
la sala per il ricevimento
delle comitive, la sala
video e la sala multimediale
da utilizzare, come
supporto audio e video,
per l’approfondimento e il
chiarimento dei vari argomenti
trattati nel percorso
museale. Inoltre è fruibile
il servizio di biblioteca
specializzata sulle problematiche
dei cimbri e i vari
aspetti della Lessinia.
Via Dei Boschi n. 62 Giazza frazione di Selva
di Progno.
Orari: in luglio e agosto il Museo è aperto nei
giorni prefestivi e festivi dalle 09.30 alle
12.30 e dalle 15.30 alle 18.30, il mercoledì
e il venerdì dalle 15.00 alle 18.00. Da settembre
a giugno nei giorni prefestivi e festivi
dalle 15.00 alle 18.00, il mercoledì dalle
15.00 alle 18.00. Chiuso il lunedì. Per visite
in altri giorni prenotare tramite la segreteria
telefonica Cooperativa Lessinia Servizi, contatti
al Museo di Giazza e dei Trombini, tel.
045 7847050: fax 045 7847050; referente
prof. Giovanni Molinari.
Ingresso a pagamento.
La struttura è praticabile da persone diversamente
abili.

MONTAGNA EST LESSINIA
MUSEO
GEO-PALEONTOLOGICO DI
CAMPOSILVANO
(VELO VERONESE)
Il museo dei fossili di
Camposilvano è sorto grazie alla
straordinaria collezione di reperti,
provenienti da tutto il mondo, del
cavalier Attilio Benetti, collezione
ingrandita grazie all’apporto di
Giampaolo Rossetti e al contributo
di altre persone.
Nel 1997 la Comunità Montana
della Lessinia e il Parco Regionale
della Lessinia, considerata l’importanza
di questa collezione, costruirono
l’attuale struttura museale che
venne inaugurata il 4 luglio 1999. Il
Museo propone ai visitatori un’interessante
panoramica sulla geologia
e la paleontologia dei monti Lessini.
Il percorso espositivo illustra brevemente
i principali fenomeni geologici
e paleontologici verificatisi sulla
terra nei periodi di formazione dell’altopiano
dei Lessini.
Nelle numerose vetrine sono esposti
fossili rinvenuti in zona, come le
ammoniti, e reperti provenienti da
altri luoghi, offrendo una panoramica
del Mesozoico e del Cenozoico.
L’entrata del museo geo – paleontologico.
Sono inoltre esposti alcuni resti
dell’Orso delle Caverne risalente al
periodo del Quaternario, rinvenuti
nelle grotte di Velo Veronese.
Il Museo è punto di partenza per
raggiungere, attraverso un breve
sentiero, sia il “Covolo di
Camposilvano”, fenomeno naturale
comprendente un pozzo profondo
83 metri e un’ampia caverna, sia le
città di roccia della “Valle delle
Sfingi”, caratterizzate da blocchi
lastriformi che si ergono dal terreno
come enormi monoliti.
Via Covolo Camposilvano frazione di Velo
Veronese.
Orari: dal 1 giugno al 31 agosto aperto tutti
i giorni, escluso il lunedì, dalle 0 9.30 alle
12.30 e dalle 15.30 alle 18.30; tutti gli altri
giorni dell’anno, su prenotazione, tramite la
segreteria telefonica Cooperativa Lessinia
Servizi, contatti al Museo di Camposilvano,
tel. 045 6516005; fax. 045 6516005;
referenti Attilio Benetti, Giampaolo Rossetti.
Struttura accessibile a persone diversamente
abili
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EST LESSINIA MONTAGNA
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GROTTA DEL MONTE
CAPRIOLO
(ROVERÈ VERONESE)
La cavità carsica si trova alla sommità
di un altopiano formato da
rocce sedimentarie che risalgono al
Mesozoico, depositatesi circa 180
milioni di anni fa sui fondali di un
antico mare caldo e poco profondo,
chiamato Tetide, e si apre su una
valletta che regala incantevoli paesaggi.
Posta nel Comune di Roveré,
Il fascino dei colori.
è anche nota con il nome di Grotta
Roveré 1000 ed è stata esplorata
per la prima volta nel 1957 dal
gruppo speleologico G.E.S. Falchi.
Successivamente altri interventi di
indagine operati nel 1970 e nel
1995, hanno stabilito lo sviluppo
della grotta ad oltre 240 metri con
un dislivello negativo di 75 metri.
Interessante modello di ambiente
ipogeo, la grotta carsica è un’eccitante
palestra didattica per lo studio
e la comprensione dei fenomeni
adattativi che interessano questi
ambienti sotterranei sia dal punto di
vista biologico sia da quello dell’attività
idrogeologica.
Le formazioni calcaree su cui agisce
il fenomeno carsico, sono caratterizzate
in superficie da profonde spaccature
che formano aree assorbenti
che condizionano l’idrografia superficiale.
Grazie a queste incisioni, le
acque che provengono dall’esterno
(piogge, neve ecc.) penetrano in
profondità alimentando il fenome
Un altro particolare della grotta.
no carsico che crea la dissoluzione
del carbonato di calcio ad opera
dell’acqua e dell’anidride carbonica.
In questo ambiente i minerali contenuti
nelle acque circolano nelle
cavità depositandosi su concrezioni
suggestive quali stalattiti stalagmiti e
colate bianche.
La grotta quindi rappresenta un
esempio didatticamente molto valido
per la corretta tutela di ambienti
così speciali.
La grotta è aperta da giugno a settembre;
sabato dalle 15.00 alle 19.00 e domenica
dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle
19.00.
Negli altri mesi la grotta viene aperta su prenotazione
solo per gruppi di minimo 20 persone.
Per informazioni tel. 045 918484 oppure
045 562573 (Gruppo speleologico).

MONTAGNA EST LESSINIA
OASI MONTE PURGA
(VELO VERONESE)
Il caratteristico paesaggio dei Monti Lessini.
L’oasi di protezione Monte Purga-
Valle dei Covoli, è un’area di 246
ettari e rappresenta un luogo di
grande interesse naturalistico posta
nei pressi del comune di Velo
Veronese facilmente raggiungibile
percorrendo la strada che da
Verona e porta a
Boscochiesanuova.
Comprende il monte Purga e la
vicina valle dei Covoli ed è caratterizzata
da estesi boschi ricchi di
Carpino nero e Faggio inframezzati
da aree rimboschite con Abete
rosso. Le zone più esterne dell’Oasi
e quelle a ridosso dei centri abitati,
sono ricche di prati utilizzati per il
pascolo delle mucche, numerosissime
viste le tante stalle della zona.
I mammiferi presenti nell’oasi
sono la Lepre
comune, il Capriolo, la
Volpe e il Camoscio. Tra
gli uccelli troviamo il
Gheppio, lo Sparviero, la
Poiana e l’Astore. In alcuni
mesi dell’anno, soprattutto
da fine agosto e per
tuttoilmesedisettembre,
è possibile vedere numerosi
Falchi pecchiaioli sorvolare
l’area durante la
migrazione.
Per arrivare all’oasi Monte
Purga è sufficiente partire
da Velo Veronese e seguire
l’itinerario 252 della
Carta dei Sentieri Lessinia-
Carega che, attraverso
prati e boschi, porta a
Selva di Progno.
L’Oasi è a ingresso libero; aperta tutto l’anno,
è consigliata nei periodi di primavera,
estate e autunno. Il sentiero presenta alcuni
tratti non accessibili a persone diversamente
abili.
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EST LESSINIA MONTAGNA
84
MUSEO DEL FERRO
BATTUTO E DELLE ANTICHE
ARTI A COGOLLO
(TREGNAGO)
Inaugurato nel luglio 2003, questo
Museo è stato fortemente voluto
per ricordare e sostenere l’attività
artigianale del ferro battuto. Nella
frazione di Cogollo questa forma
artistica viene praticata da centinaia
di anni e, ancora oggi, ci sono botteghe
che operano con le stesse
tecniche usate nei tempi passati.
All’interno del Museo si trovano
pannelli che illustrano i diversi
modi di forgiare il ferro, grandi
fotografie che documentano le figure
artistiche che decorano imponenti
cancelli, oggetti e utensili legati a
questo antico mestiere, oltre a
diverse opere d’arte di molti artisti
del ferro battuto.
Il Museo ospita inoltre una saletta
in cui vengono proiettati dei filmati
riguardanti le diverse fasi della
lavorazione del ferro.
Passeggiando per Cogollo si posso-
La nuova struttura museale.
no visitare le botteghe dei maestri
artigiani acquisendo ulteriore conoscenza
sull’arte del ferro battuto,
oltre a poter ammirare i vari lavori
esposti.
Aperto tutto l’anno, con orario da concordare;
per prenotare rivolgendosi alla Biblioteca
Comunale, via Unità d'Italia, 37039
Tregnago; tel. 045 7809450; referente
dr.ssa Paola Melli.
Ingresso gratuito.
Accesso per le persone diversamente abili.

MONTAGNA LESSINIA - VALPOLICELLA

LESSINIA - VALPOLICELLA MONTAGNA
86
La presenza dell’uomo su queste montagne di formazionecarsicasiperdenellanottedeitempitra
le vallate c he s’affac c ian o a m ezzogiorn o pu n tegg
iate d a g rotte, forre, an fratti, bosc hi e verd i
pascoli.
La Valpolicella è una di queste valli, la quale offre
paesaggi ricchi di meraviglie della natura e dell’in
terven to d ell’in g eg n o u m an o.
Borghi rurali, ville e pievi antiche collaborano nel
rendere questo territorio particolarmente accogliente,
che sa offrire una raffinata gamma di
occasioni enogastronomiche.

MONTAGNA LESSINIA - VALPOLICELLA
MULINO BELLORI A LUGO
DI GREZZANA
(GREZZANA)
Il mulino ad acqua.
Tra le valli dei Monti Lessini, la
Valpantena occupa una posizione
centrale e, solcata dall’omonimo
torrente, ha accolto, fin dai tempi
più antichi, popolazioni che vi trovarono
riparo, cibo ed acqua.
Le acque del torrente e dei suoi
affluenti venivano usate per usi
domestici, per usi agricoli e per usi
industriali dando l’energia necessaria
al funzionamento di opifici e
mulini.
Nei mulini ad acqua si macinavano
diversi tipi di granaglie ed uno dei
primi ad entrare in funzione fu
quello situato in località Bellori,
presso la frazione di Lugo, che si
trova nel comune di Grezzana.
Questo mulino, risalente al XVI
secolo, rimase attivo fino al 1956. È
ubicato in un angolo della contrada
che in buona parte ha mantenuto le
peculiari strutture architettoniche
caratteristiche delle abitazioni in
pietra della Lessinia. Nel
1981 venne acquistato dal
comune di Grezzana perché
venisse ristrutturato, ed
ora si presenta perfettamente
funzionante nella sua
struttura originaria.
Al suo interno si trovano
alcuni pannelli illustranti, la
cerealicoltura in Lessinia, i
cereali, la loro lavorazione,
e la dislocazione dei mulini
idraulici in Valpantena.
Sono inoltre esposti tutti gli
attrezzi necessari al funzionamento
del mulino.
Nei pressi è pure possibile
visitare il Baito della
Contrada, luogo dove gli
abitanti della zona consegnavano
il latte, che veniva
trasformatoinburroein
formaggio e dove sono
ancora conservati gli arnesi usati
per la trasformazione del latte in
prodotti caseari.
Indicazioni in loco.
Orario: sabato non festivo dal 1 ottobre al
31 marzo dalle 15.00 alle 17.00; dal 1 aprile
al 30 settembre dalle 16.30 alle 18.30.
Su prenotazione tutti i giorni.
Ingresso a pagamento.
Informazioni Pro Loco di Grezzana il martedì
e il giovedì dalle ore 10.00 alle 13.00 tel.
045 980296; tutti i giorni al numero telefonico
045 907483 / 045 8880022;
info@grezzanainchat.it
Non idoneo ad essere visitato da persone
diversamente abili se non accompagnate.
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LESSINIA - VALPOLICELLA MONTAGNA
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RIPARO TAGLIENTE
(GREZZANA)
Il sito di Riparo Tagliente si trova a
Stallavena, nel comune di Grezzana
sul versante destro della Valpantena
a 250 m s.l.m. È stato scoperto nel
1958 dall’archeologo veronese
Franco Tagliente che ha poi partecipato
alle ricerche condotte, fino alla
morte di Francesco Zorzi, dal
Museo di Storia Naturale di Verona
(1962-1964) e successivamente
dall’Università di Ferrara.
La storia del riparo è piuttosto
complessa.
Dopo una lunghissima presenza
umana, seppur non continuativa,
per circa 60.000 anni, il sito fu
abbandonato durante il
Tardiglaciale wurmiano e successivamente
completamente ricoperto
dai depositi argillosi dilavati dai
versanti soprastanti. La piccola
In prossimità del sito archeologico.
fessura che rimase aperta fu utilizzata,
durante il Medioevo, per
addentrarsi nel riparo e guadagnare
un ricovero per le greggi, intaccando
i deposito preistorici del
Paleolitico superiore e compromettendo
l’integrità della sepoltura
del guerriero inumato durante un
rito dagli antichi epigravettiani
circa 12.000 anni fa. La celebrazione
della cerimonia prevedeva la
deposizione del morto in posizione
supina; come viatico per la vita
ultraterrena il defunto disponeva
di un corredo composto da un
magnifico esemplare di leone
delle montagne inciso su una pietra
posta ai suoi piedi e delle
corna di bisonte. La sepoltura e i
manufatti del corredo sono attualmente
esposti al Museo di Storia
Naturale di Verona. Nel riparo

MONTAGNA LESSINIA - VALPOLICELLA
La figura di un bisonte incisa su ciottolo calcareo.
sono state rinvenute molte altre
opere di arte mobiliare tra cui raffigurazioni
di animali, stambecchi,
uri e leoni, incisi sia su pietre calcaree
che su frammenti di ossa di
grandi erbivori. Oltre a questi
splendidi oggetti datati intorno a
12-14.000 anni fa, Riparo Tagliente
è famoso in tutto il mondo per
l’impressionante quantità di manufatti
in selce che vi si rinvengono
durante le annuali campagne di
scavo.
La ricchezza e la qualità di questa
materia prima tipica della Lessinia
fa sì che il sito sia uno delle testimonianze
più significative della
presenza dell’uomo preistorico nel
territorio veronese e non solo.
Questa grande ricchezza è conosciuta
anche per i periodi più
antichi della presenza umana nel
riparo e cioè quella riferita alla
frequentazione da parte dell’uomo
di Neandertal. In quel periodo,
circa 50-60.000 anni fa, l’ambiente
in cui cacciava questo nostro progenitore
era una prateria arborata
caratterizzata da pino silvestre e
da un clima freddo e secco.
I depositi quindi documentano la
presenza dell’uomo preistorico in
almeno due cicli, durante i quali il
sito è stato ripetutamente rioccupato:
il più antico (Paleolitico medio)
caratterizzato dalla presenza
dell’Uomo di
Neandertal, e il più
recente (Paleolitico
superiore) caratterizzato
dalla presenza
dell’Uomo di Cro-
Magnon (Homo
sapiens sapiens).
Attualmente il sito è visitabile durante l’annuale
campagna di scavo condotta
dall’Università di Ferrara ed è in fase di allestimento
un percorso per rendere visitabile
l’area archeologica.
Contatti: Prof. Antonio Guerreschi -
Università degli Studi di Ferrara
Referente in loco: Museo di Storia Naturale
di Verona via Lungadige Porta Vittoria n. 9
tel. 045 8079400
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LESSINIA - VALPOLICELLA MONTAGNA
90
MUSEO ERGOLOGICO
"LA GIASSARA"
(CERRO VERONESE)
La ghiacciaia dei Carcereri era
ormai in grave degrado e rischiava
di andare distrutta come è successo
per altre costruzioni storiche della
Lessinia. Quando negli anni
Ottanta, l’amministrazione comunale
di Cerro Veronese ha acquistato
il manufatto e, con un adeguato
restauro, ha sottratto all’oblio e alla
distruzione questo documento risalente
alla società paleotecnica.
Inoltre l’amministrazione comunale
ha deciso di valorizzare questa specifica
espressione edile della cultura
montanara affidandone la conservazione
alla tutela pubblica.
La ghiacciaia con a fianco la pozza
d’acqua.
Il complesso è costituito da tre elementi
fondamentali: la pozza ovale,
il grande deposito del ghiaccio
naturale e il suggestivo portico in
pietra con tetto in “lastame” a un
solo spiovente.
Il restauro del manufatto risulta
rispettoso delle forme originarie
che garantiscono una corretta lettura
del sistema produttivo, ricreando,
per quanto possibile, l’atmosfera
del tempo.
Lo scopo non era di recuperare
una testimonianza del passato da
guardare, ma si voleva e si vuole
che questo luogo sia vivo, che
susciti memorie, nostalgie e in
certi casi, rimpianti.
Nella “giassara” dei Carcereri di
Cerro è allestita una mostra permanente
che illustra la produzione, la
vendita del ghiaccio e l’impiego di
queste costruzioni, testimonianza di
un’attività del passato che ha rappresentato
una risorsa economica
per la Lessinia.
Si tratta di una costruzione circolare,
in parte interrata, adibita alla
conservazione del ghiaccio che
d’inverno si formava nel vicino
laghetto. All’interno una serie di
pannelli illustrano il mestiere del
"giassaroi" e l’uso della ghiacciaia.
Si tratta della sola ghiacciaia presente
nel veronese completamente
ristrutturata.
Interno.
Via Ghiacciaia Cerro Veronese
Apertura: tutto l’anno, su prenotazione con
orario da concordare, presso la Pro Loco di
Cerro tel. 045 7080963
comune di Cerro Veronese tel. 045
7080005
Ingresso gratuito.
Non agibile per persone diversamente abili.
Referente: Pietro Marcolini (tel. 328
5370081)

MONTAGNA LESSINIA - VALPOLICELLA
MUSEO ETNOGRAFICO
(BOSCOCHIESANUOVA)
Gli attrezzi della falegnameria.
“La Lessinia: l’uomo e l’ambiente” è
la denominazione del Museo
Etnografico situato in via Spiazzi
presso la piazza della Chiesa. È
stato costituito nel 1981, all’interno
dell’edificio che ha ospitato la
prima sede municipale, dopo l’unità
d’Italia, a Bosco Chiesanuova.
La finalità del Museo Etnografico è
quella di documentare, attraverso
l’esposizione di oggetti originali,
foto e modellini in scala, una sintesi
dei principali aspetti della vita passata
e di quella presente in Lessinia.
Il Museo, che può essere considerato
un libro aperto sulla cultura, le
tradizioni, le attività delle genti dell’altopiano,
è diviso in diverse
sezioni: la preistoria, il paesaggio,
l’architettura locale, l’utilizzo dell’acqua,
la cerealicoltura, l’alpeggio, la
fienagione, il “baito” con la lavorazione
del latte, la produzione del
carbone vegetale, del ghiaccio,
della calce, la
falegnameria,
la filatura, la
tessitura, la
religiosità
popolare, i
lavori ambulanti,
la casa e
i giochi di un
tempo.Fanno
parte del percorso
del
museo, anche
due sezioni
esterne: la
Giassàra del
Griez e il
Baito della
Colletta.
91

LESSINIA - VALPOLICELLA MONTAGNA
92
BAITO DELLA
COLLETTA
Il Baito della Colletta si trova in
località Colletta sulla strada che
porta ad Erbezzo, a circa 1,5 chilometri
dal centro di Bosco
Chiesanuova. Il “baito”, costruito
nel 1729, è un edificio in pietra di
forma rettangolare utilizzato, un
tempo, per la lavorazione del latte.
È diviso in due stanze: il “logo del
fogo”, al quale si accede mediante
la porta d’ingresso e il “logo del
làte” dove questo veniva lasciato
riposare per permettere l’affioramento
della panna. All’interno, di
particolare valore architettonico, è
la volta a botte ottenuta con scaglie
di pietra sistemate di taglio, mentre
nel “logo del late”, sono esposti gli
utensili originali usati per la produzione
del burro e del formaggio.
Dove si scaldava il latte per poi fare il
formaggio.
I “baiti” della Lessinia erano di solito
gestiti in modo collettivo da tutti
coloro che ne avevano diritto e
risiedevano nelle contrade circostanti.
GIASSÀRA DEL
GRIEZ
La Giassàra del Griez, situata nell’omonima
contrada, si trova a circa
4 chilometri dal centro di Bosco
Chiesanuova lungo la strada che
porta a San Giorgio. Si tratta di una
costruzione circolare, in parte interrata,
adibita, un tempo, alla conservazione
del ghiaccio che poi, in
estate, veniva venduto in varie località
della Pianura Padana.
La Giassara.
Questa ghiacciaia, costruita attorno
al 1870 da Innocente Menegazzi,
presenta il tetto, con un solo spiovente,
in lastre di pietra che poggiano
su travi di abete.
Via Spiazzi n. 4 Boscochiesanuova.
Orari: sabato, domenica e festivi dalle 16.30
alle 18.30;
luglio, agosto, festività natalizie: martedì,
venerdì, sabato, domenica e festivi dalle ore
16,30 alle ore 18,30.
Visite guidate in altri giorni previa prenotazione
tel. 045 6780280.

MONTAGNA LESSINIA - VALPOLICELLA
CENTRO DI EDUCAZIONE
AMBIENTALE MALGA
DEROCON
(ERBEZZO)
Oggi, grazie ad un progetto finanziato
dalla Comunità Europea, l'antica
malga Derocon, ubicata nella
zona centrale degli Alti Lessini, in
comune di Erbezzo, è stata integralmente
recuperata.
La malga che funge da Centro di edu-
cazione ambientale.
Nei 54 ettari del territorio della
malga, è stata realizzata un'area
floro-faunistica che comprende un
recinto faunistico, un percorso
botanico e un centro visitatori.
- Il recinto faunistico.
L'area recintata, avente un perimetro
di 2,8 chilometri, comprende
una zona fittamente boscata che
offre habitat ideale a camosci,
cervi e caprioli. La presenza di
percorsi a piedi e altane interne
al recinto permette ai gruppi,
accompagnati dalla guida del
Centro, di avvicinare gli animali
senza recare loro disturbo e osservarli
nel loro habitat naturale.
- Il giardino botanico.
Nei pressi del centro visitatori, è
stato realizzato un piccolo
Giardino botanico costituito da 60
nicchie naturali che raccolgono
altrettante
All’interno del parco floro-faunistico.
specie di alberi, arbusti, erbe e
felci, diffusi nei boschi e nei pascoli
circostanti.
La visita al Giardino è guidata da
pannelli descrittivi che illustrano le
caratteristiche morfologiche ed ecologiche
delle specie, nonché, alcune
delle loro proprietà farmacologiche.
Le piante presenti sono quelle
tipiche della faggeta, del margine
del bosco e delle radure pascolive,
ossia le piante che il visitatore dell'area
florofaunistica incontra lungo
i sentieri della Lessinia, tra queste
sono comprese specie endemiche
ed alcune piante catalogate nell'elenco
della flora protetta nella
Regione del Veneto.
- Itinerari guidati (mezza giornata).
L'etologia degli ungulati selvatici e
percorso botanico. La visita guidata
si svolge lungo il percorso
all'interno del recinto e permette
l'osservazione diretta di cervi,
camosci e caprioli. Dopo una
breve sosta al centro visitatori, la
guida riprende con l'itinerario
botanico. La durata del percorso è
di 2 ore e trenta.
- Le tracce degli ungulati e le forme
delle foglie.
Questo percorso tematico, consigliato
alle scuole e alle famiglie,
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LESSINIA - VALPOLICELLA MONTAGNA
94
coinvolge i visitatori nella ricerca
attiva di questi affascinanti animali
e dei segni del loro passaggio.
Durata del percorso 2 ore e trenta.
- Fotografando la fauna e la flora.
Le guide o le guardie del Parco
condurranno gli appassionati di
fotografia naturalistica alla ricerca
dei luoghi più belli per soffermarsi
ad osservare gli animali e per
cogliere le immagini più suggestive
dei grandi alberi secolari o dei fiori
più colorati e appariscenti o delle
città di roccia. Durata del percorso
fotografico 2 ore.
- Laboratorio “I calchi delle tracce”.
È possibile intraprendere un laboratorio
per costruire sul campo una
impronta con il gesso. Durata del
laboratorio didattico 2 ore.
- Itinerari guidati (giornata intera).
È possibile completare la giornata
con una escursione alla scoperta
dei tipici ambienti dell'alpeggio e
delle malghe in pietra.
Per raggiungere l'area floro-faunistica,
che si trova a circa 6 chilometri
dall'abitato di Erbezzo, ci sono a
disposizione bus navetta con par-
Camoscio in libertà all’interno del parco.
tenza dalla piazza del paese per
portare, in 10-15 minuti, i visitatori
alla malga Decoron e al Recinto
Faunistico. Le navette funzionano il
sabato e domenica ogni ora dalle
10 alle 16, dal lunedì al venerdì
solo su prenotazione. Nella giornata
di domenica e festivi dal 15 maggio
al 15 settembre la Malga Derocon è
aperta dalle ore 9.30 alle ore 18.30
con orario continuato; in tali giornate
è a disposizione il servizio pullman
navetta. L’utilizzo del pullman
navetta è consentito al di fuori degli
orari e dei calendari stabiliti a
discrezione del gestore.
Apertura: tutto l’anno su prenotazione:
Cooperativa Lessinia, Via Roma, 73 Erbezzo.
tel. diretto delle guide: 3489242902 -
tel.del comune di Erbezzo: 045 7075013.
Referente: Margherita.
Giorno di chiusura il lunedì
Ingresso a pagamento; gratuito per i bambini
di età inferiore a 6 anni, per persone diversamente
abili e per le scolaresche del comune
di Erbezzo

MONTAGNA LESSINIA - VALPOLICELLA
MUSEO PREISTORICO E
PALEONTOLOGICO
(SANT’ANNA D’ALFAEDO)
C’è un luogo vicino a Verona dove
le pietre parlano e raccontano mille
storie, tra le quali, quella di un antichissimo
mare, o quella degli uomini
che, nel Paleolitico, hanno popolato
i monti Lessini, costruendo
ripari, scheggiando la selce, disegnando
animali ed altre storie che
ci parlano di un passato da conoscere.
Il museo fu istituito nel 1961 per
iniziativa di Francesco Zorzi in una
piccola sala posta a piano terra del
municipio di Sant'Anna d'Alfaedo
dove erano esposti una serie di fossili
e materiali preistorici trovati in
zona. Nel 1998 venne inaugurata la
nuova sede sistemata in un edificio
appositamente costruito, su progetto
scientifico di Luciano Sorbini.
L’entrata del museo con il caratteristi-
co tetto.
Il museo raccoglie reperti paleontologici
ed archeologici di notevole
interesse scientifico, tanto da essere
un punto di riferimento per il
mondo scientifico. I fossili di fauna
marina esposti, risultano inglobati
negli strati della “Pietra di Prun”
risalente al Cretaceo Superiore
conosciuta anche come “Pietra della
Lessinia”o “lastrame”.
La visita al museo inizia dalle sale
inferiori dedicate al materiale paleontologico
rinvenuto nel corso
degli ultimi decenni nelle cave di
“lastrame” di Scaglia rossa del
monte Loffa. Per le enormi dimensioni
dei reperti e per le pareti
delle sale completamente dedicate a
ricostruzioni dell’ambiente di vita
degli organismi del passato, entrare
nel museo risulta molto coinvolgente.
Tra i reperti fossili si trovano
cheloni, rettili marini, ammoniti,
echinidi e il più grande squalo
europeo risalente al Cretaceo
Superiore.
L’esposizione della sala superiore è
dedicata a reperti preistorici portati
alla luce durante le campagne di
scavo condotte in Lessinia, sul
Monte Loffa, a Lugo e Fumane,
testimonianze della presenza dell’uomo,
in questi territori, già dal
Paleolitico.
Il museo offre la possibilità di visitare
accompagnati da guide, il grande
ponte naturale di Veja, ammirare
i fenomeni carsici della Spluga,
della Preta e della Grotta del
Ciabattino.
Piazza Dalla Bona Sant’Anna d’Alfaedo
Orari: dal 15 maggio al 15 settembre aperto
tutti i giorni dalle 09.30 alle 12.30 dalle
15.30 alle 18.30; dal 16 settembre al 14
maggio aperto nei giorni di sabato e domenica,
dalle 10.00 alle 12.00 dalle 15.30 alle
17.30.
Tutti gli altri giorni, su prenotazione, attraverso
la segreteria telefonica Cooperativa sociale
“La Fonte” Museo di Sant’Anna: tel. 045
7532656; fax. 045 6831112. Referente:
Nida Peretti.
Giorno di chiusura lunedì. Ingresso a pagamento.
Solo il museo è accessibile a persone
diversamente abili.
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LESSINIA - VALPOLICELLA MONTAGNA
96
IL PONTE DI VEJA
(FUMANE)
Il grande Ponte di Veja, con associato
il complesso di grotte sparse
tutt’intorno, costituisce una autentica
attrazione sia da un punto di
vista scientifico che paesaggistico.
Il Ponte di Veja è un ponte naturale
in roccia ed era l'architrave d'ingresso
di un'ampia caverna parzialmente
crollata. La grande arcata del
ponte, composta da calcari del
Rosso Ammonitico Veronese, ha lo
spessore di una decina di metri
mentre la distanza dei pilastri, costituiti
dai calcari del Gruppo di San
Vigilio, è circa 50 metri. La sua lunghezza
è compresa tra i 16 e i 23
metri mentre il punto più alto dal
suolo raggiunge i 29 metri.
Tra i massi di crollo sgorgano alcune
sorgenti caratterizzate da forti variazioni
stagionali di portata d’acqua.
La più importante di queste sorgenti
è certamente quella che scaturisce
dalla "Grotta C" o "Grotta
dell'Acqua".
Il ponte naturale in roccia calcarea.
Ponte di Veja.
Informazioni presso il museo di Sant’Anna
d’Alfaedo, tel. 045 7532656.

MONTAGNA LESSINIA - VALPOLICELLA
MUSEO BOTANICO DELLA
LESSINIA DI MOLINA
(FUMANE)
Il Museo Botanico della Lessinia è
stato inaugurato nel 1979 e sistemato
provvisoriamente nello stabile adiacente
il campanile della parrocchiale.
Successivamente è stato trasferito
nelle ex scuole elementari dove ha
trovato la sua sede definitiva.
Il museo, dedicato a Giovanni
Zantedeschi, medico e botanico
nato a Molina nel 1773, documenta
la flora e la fauna della Lessinia con
particolare riferimento alla vegetazione
della Valle dei Molini.
Il percorso conoscitivo inizia nella
sala superiore del museo dove sono
esposti, suddivisi per fasce altimetriche,
fiori e piante perfettamente
conservati. A lato della mostra è
presente un’area didattica con un
grande diorama dedicato al sottobosco
in cui sono inserite oltre cento
specie di funghi mangerecci diffusi
su questo altipiano. In un altro
locale c’è il laboratorio attrezzato
con microscopio stereoscopico per
L’entrata del museo botanico.
interessanti esperienze ludico-pratiche.
Il museo è centro di cultura e
informazione del paese per rispondere
alle esigenze degli abitanti del
luogo e a quelle dei turisti.
All’interno di questo edificio si
organizzano le visite guidate al
Parco delle Cascate.
Via Bacilieri n. 19/a Molina frazione di
Fumane.
Apertura: dal 1 aprile al 30 settembre tutti i
giorni dalle 09.00 alle ore 19.30; dal 1 ottobre
al 31 marzo aperto nei giorni festivi e
prefestivi dalle 09.30 alle 16.00. Visite guidate
su prenotazione aperto per comitive
minimo 20 persone.
Ingresso a pagamento L’acquisto del biglietto
di ingresso al Parco delle Cascate si effettua
in paese presso l’Ufficio Turistico tel. 045.
7720185; fax. 045.7720185.
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LESSINIA - VALPOLICELLA MONTAGNA
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PARCO DELLE CASCATE
DI MOLINA
(FUMANE)
Una delle cascate del Parco.
Il Parco delle Cascate di Molina è
situato, rispetto al paese, a Sud-Est,
in località Vaccarole. Si estende su
una superficie di circa 80.000 mq
che comprende l’ultimo tratto della
valle di Molina e la zona di confluenza
della val Cesara e il vajo
delle Scalucce.
Le tre valli, profondamente incassate
fra ripidi versanti boscosi e vertiginose
pareti di roccia nuda, sono
caratterizzate dalla presenza di
ampie caverne e numerosi
anfratti che offrono al visitatore
un impareggiabile e
variegato paesaggio. La
zona più accessibile del
parco è anche la più spettacolare
perché in uno spazio
relativamente ristretto la
natura ha concentrato scroscianti
cascate e strapiombanti
pareti rocciose.
L’acquisto dei biglietto di ingresso al Parco
delle Cascate si effettua in paese presso
l’Ufficio Turistico tel. 045. 7720185; fax.
045.7720185.

MONTAGNA LESSINIA - VALPOLICELLA
LA “GROTTA DELLO
SCIAMANO"
FUMANE
Tra i siti paleolitici dei Lessini è
particolarmente importante, tanto
da assumere sempre più rilevanza
mondiale, la Grotta dello Sciamano.
Essa si trova a 350 metri di quota
lungo il vajo di Manune, che sbocca
nel più ampio vajo di Fumane.
Già nell'Ottocento si conosceva
questa grotta, il cui ingresso era
allora mascherato da detriti, ossa e
manufatti, tanto che il sito era chiamato
dalla gente del posto "I Osi";
soltanto nel 1960 le evidenze
archeologiche furono interpretate
come tali e vent'anni dopo un
gruppo di archeologi realizzò uno
scavo per il rilievo stratigrafico.
Il rilievo stratigrafico.
La necessità di un intervento sistematico
spinse la Soprintendenza
Archeologica del Veneto ed il
Museo di Storia Naturale a costituire
un gruppo di ricerca con studiosi
dell'Università di Milano e Ferrara.
Il giacimento consente di vedere la
grande sezione dei depositi musteriani
e aurignaziani, le strutture abitative
aurignaziane e la suggestiva
paleosuperficie che documenta la
frequentazione di iene dopo l'abbandono
del sito da parte dell'uomo.
Sensazionale è stato il ritrovamento
di una pietra dipinta che mostra
una figura dalle fattezze umane ed
è stata interpretata come l’immagine
di uno sciamano.
Informazioni presso il museo di Sant’Anna
d’Alfaedo, tel. 045 7532656
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LESSINIA - VALPOLICELLA MONTAGNA
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VILLA DELLA TORRE
CAZZOLA
(FUMANE)
Il peristilio della villa.
Edificata nell’incantevole paesaggio
della Valpolicella, sulla strada che
da Fumane porta a Mazzurega,
villa Della Torre rappresenta uno
degli episodi più interessanti e originali
dell’architettura veneta rinascimentale.
Tra le proprietà fondiarie già formatesi
in epoca scaligera e consolidatesi
in età veneziana, emerge quella
dei Maffei, una delle famiglie più
antiche del patriziato veronese.
Intorno agli anni Venti del
Cinquecento le terre di Fumane e la
casa dominicale dei Maffei, passano
in eredità a Giulio Della Torre,
marito di Anna Maffei. Giulio
discende da un ramo della potente
famiglia milanese Della Torre antagonista
dei Visconti, emigrata a
Verona nella prima metà del
Trecento.
A Giulio Della Torre, letterato, collezionista
di antichità e medaglista
dilettante, e a due dei figli
maschi, Girolamo e
Francesco, si deve la trasformazione
intorno al quinto
decennio del Cinquecento,
della vecchia casa di campagnadiFumane.Ilmodello
per la nuova residenza è tratto
dalla meditazione degli
scritti di Vitruvio sulla casa
degli antichi, secondo lo spirito
squisitamente rinascimentale
che vede il recupero di
ogni testimonianza dell’età
classica. Villa Della Torre si
articola infatti, secondo lo
schema delle case romane,
intorno a un peristilio circoscritto
da un porticato a pilastri
bugnati e ornato al centro
da una fontana. Nella parte
nord la villa è caratterizzata
dalla presenza di due torri colombare
poste alle estremità, mentre
poco discosto c’è il tempietto a
pianta ottagonale che Vasari attribuisce
a Sanmicheli.
All’interno sono da ricordare i quattro
monumentali camini a mascherone,
attribuiti al veronese
Bartolomeo Ridolfi, che ricordano
per analogie stilistiche i camini del
palladiano palazzo Thiene a
Vicenza. Studi recenti hanno accreditato
l’ipotesi di un ruolo determinante
della committenza nell’impostare
il progetto della villa.
Al di là dei problemi di attribuzione,
villa Della Torre si presenta
come un unicum nel panorama
delle ville venete del tempo. Oltre
all’originalità dell’impianto della
casa, colpisce anche l’organizzazione
dei giardini, secondo un progetto
che vede la villa posta al centro
di una sequenza di cinque terrazza

MONTAGNA LESSINIA - VALPOLICELLA
Uno dei quattro camini a mascherone.
menti rettangolari che sfruttano il
pendio del colle e che evidenziano
un’unica intenzione progettuale. La
successione dei terrazzamenti,
documentata in una mappa del
1752 dei periti Michelangelo Mattei
e Stefano Foin conservata presso
l’Archivio di Stato di Venezia, avviene
dall’alto verso il basso seguendo
la naturale pendenza del luogo
secondo un’impostazione rigidamente
assiale.
Brevi scalinate collegano il brolo
superiore con la corte d’accesso:
questa è cinta da mura ritmate da
paraste su cui poggiano sfere lapidee
ed è segnata dalla presenza di
quattro portali a bugnato rustico,
conclusi sempre da sfere, che conducono
alla casa, alla pubblica strada,
alla corte rustica, al brolo. Una
scalinata a emiciclo scende nel parterre
davanti alla facciata a monte
della villa. Un muretto, sempre
ornato da sfere lapidee, contorna il
prato, mentre un portale concluso
da timpano triangolare immette nel
peristilio. Qui lo spazio è scandito
dalla sequenza dei pilastri bugnati
del portico. I vasi di pietra e la fontana
a stilo centrale rappresentano
quanto rimane dell’arredo di questo
spazio aperto, un tempo arricchito
da busti posti nel portico, su mensole,
che facevano parte della collezione
antiquaria dei Della Torre.
Dal peristilio il percorso continua
nel primo terrazzamento a valle, in
cui è protagonista una peschiera
attraversata da un ponte ad arcate,
in parte fuori asse con il portale
della villa, dove ancora una volta i
parapetti sono segnati dalla presenza
di sfere in pietra. Quindi una
scalinata a doppia rampa, posizionata
centralmente, e due scalinate
laterali, scendono nel giardino inferiore
al centro del quale, un tempo,
si trovava un’altra fontana a stilo
che concludeva il percorso dell’acqua,
elemento protagonista della
villa e del giardino. Al termine del
percorso, sotto la peschiera, più
piccola ma molto simile a quella
che si trova a palazzo Te
(Mantova), è stata ricavata una grotta
con la fronte esterna che imita
parvenze antropomorfiche.
Via Della Torre strada per Mazzurega.
Visite per soli gruppi da aprile a settembre
dalle ore 15.00 alle ore 19.00
Ingresso a pagamento.
Prenotazioni tel. 045 912104 / 045
8033204.
Difficoltà di visita per persone diversamente
abili.
101

LESSINIA - VALPOLICELLA MONTAGNA
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MUSEO DELLA PIEVE A
SAN GIORGIO
INGANNAPOLTRON
(SANT’AMBROGIO DI VALPOLICELLA)
San Giorgio di Valpolicella, o
Ingannapoltron, si trova nel comune
di Sant’Ambrogio, nella
Valpolicella occidentale, ai piedi del
monte Solane. Collocato su un
cocuzzolo, stretto attorno alla pieve,
è costruito con la stessa pietra calcarea
sulla quale poggia. San
Giorgio, immerso tra i vigneti e gli
olivi, gode di una natura ancora
intatta e di un incantevole panorama
che spazia dal lago di Garda a
Verona, dalla Valpolicella alla
Pianura Padana.
Il museo si trova al centro del
paese in fianco alla pieve, edificata
nell’VIII secolo, diventando un tutt’uno
con i vari edifici che gli sorgono
intorno.
Il chiostro della pieve.
In occasione della sistemazione del
parco archeologico si è voluto realizzare
un piccolo museo che raccoglie
testimonianze di storia, arte, cultura e
folklore relativi a San Giorgio.
Nel museo hanno trovato colloca-
zione reperti fossili provenienti dal
monte Pastello, reperti preistorici e
arusnati, ex voto della stipe, are e
iscrizioni romane, sculture longobarde
e carolinge, oggetti d’arte
d’ogni epoca e pannelli illustrativi
che aiutano a comprendere il territorio.
Fra le più interessanti attrattive del
museo ci sono quattro archetti risalenti
alla stessa epoca di quelli
impiegati per la ricostruzione del
ciborio che è collocato nel presbiterio
della pieve.
Sotto la canonica, appendice del
museo, è visitabile un locale nel
quale è stato riproposto un ambiente
caratteristico: la cucina.
È questo un omaggio che la Pro
Loco del luogo ha voluto fare alla
sua gente e alle sue tradizioni; la
cucina qui ricostruita è provvista di
tutto quanto arredava la cucine di
un tempo: il focolare, la stufa a
legna, il secchiaio in marmo rosso
di Verona, la credenza, il tavolo con
le sedie impagliate, le panche, la
lucerna a petrolio.
Oltre al museo, per comprendere
ed apprezzare San Giorgio, si consiglia
di visitare la pieve con il ciborio
e i grandi affreschi, il chiostro e
la colleggiata risalenti al XII secolo,
il parco archeologico e le stradine
del paese.
Piazza della Pieve.
Aperto la domenica pomeriggio, dalle 14.30
alle 17,30 in inverno e dalle 14.00 alle
19.00 in estate.
Ingresso a pagamento.
Per visite guidate e altre informazioni contattare
I.A.T. della Valpolicella, tel. 045
7701920.
Gran parte del complesso non è accessibile
a persone diversamente abili.

MONTAGNA LESSINIA - VALPOLICELLA
GIARDINO DI POJEGA, VILLA
RIZZARDI
(NEGRAR)
Il giardino di Pojega è l’ultima meraviglia
del giardino all’italiana: templi,
teatro, muri, gallerie, belvedere vengono
costruiti sul finire del
Settecento trasformando e piegando
alberi, siepi, acqua in una fantasmagorica
macchina per lo spettacolo. Il
giardino venne commissionato nel
1783 dal conte Antonio Rizzardi
all’architetto Luigi Trezza; i disegni
originali sono conservati nella
Biblioteca Civica di Verona.
Antonio Rizzardi volle creare un giardino
che, secondo i canoni del
Polifilo e di Francesco di Giorgio
Martini, «contenesse angoli segreti
quali già vagheggiati da poeti e filosofi»,
il cui centro fosse «il desiderio
del cuore» realizzato a Pojega nella
rotonda fontana racchiusa da quinte
in cipresso, mortella e lauro.
A quest’umanistica ed arcadica ispirazione,
Antonio Rizzardi univa però
anche un gran senso della scenografia
e del paesaggio e volle che
Pojega diventasse il trionfo della prospettiva.
Luigi Trezza riuscì così a
conciliare il giardino all’italiana spettacolare
e formale con il giardino
romantico nato per ricreare un sofi-
Giardino e villa visti dall’alto.
sticato ambiente naturale. Era infatti
l’epoca in cui i giardini all’italiana
venivano praticamente spazzati via
per lasciare posto a quell’insieme di
prato e bosco denominato giardino
all’inglese e proprio per questo
Pojega, ultimo giardino del suo
genere ad essere creato in Italia,
diventa così significativo. Il giardino
occupa uno spazio di 54.000 mq ed
è disposto su tre livelli diversi e
paralleli con un’appendice semicircolare
nella quale è stato costruito il
teatro verde.
Nel livello più basso, in proiezione
della villa, dopo un parterre di
bosso, c’è il viale di carpini, ombrosa
galleria verde che lascia con incredibile
gioco di luce una lama di cielo
aperto a riflettersi per tutta la lunghezza
del viale sulla striscia di tappeto
erboso centrale. Il carpino usato
per questo viale è Ostrya
Carpinifolia. Il viale termina con una
rotonda verde entro la quale sta un
gruppo di statue e il percorso si apre
a destra con lo sfondo del belvedere
che domina dall’alto tutto il giardino
e il paesaggio d’intorno.
Il teatro verde, sulla sinistra, con
103

LESSINIA - VALPOLICELLA MONTAGNA
104
siepe di bosso e cipresso, e nicchie
create nel carpino per ospitare le statue
dei vari personaggi mitologici
inerenti la commedia e la tragedia, è
di chiara ispirazione greca, con quinte
e cavea semicircolare e con sette
ordini di gradinate in bosso intersecate
da tre volate di gradini. Le statue
sono di Pietro Muttoni. Dal teatro,
attraverso l’allée di cipressi potati
fino ad una certa altezza per sottolineare
la loro vocazione di colonnato,
si raggiungono le limonaie che si
affacciano su un parterre dal disegno
tipico del Settecento, in bosso, e si
accede
Il belvedere.
attraverso una scala chiusa da alte
siepi in cipresso alla rotonda della
fontana.
Risalendo verso il livello superiore
del giardino, arriviamo, attraverso
una piccola galleria di carpini, al
boschetto, popolato da animali in
pietra del Muttoni, ove lo spirito
riposa da tanto impegno estetico.
Qui crescono in lussureggiante spontaneità
Carpini, Lecci, Tassi e Aceri
con un sottobosco di palmette
(Trachycarpus fortunei) che mantengono
la loro dimensione nana grazie
all’assenza di luce lasciando qua e là
chiazze di Cy c la m e n Eu ru pa e u m ,
Hepatica nobilis, Lamium album,
Orobus vernus, a seconda delle stagioni.
Improvvisamente, tra gli alberi, ecco
il tempietto, con una cupola di verzura
creata dai carpini che si accostano
fra di loro contro il cielo. Nel
muro interno, tra apertura e apertura,
dalle quali un tempo si accedeva a
nuove stanze di verde in alloro e
bosso, vi sono nicchie con statue di
Ercole e Diana e altri personaggi
mitologici.
Infine il giardino segreto, cui si accede
anche dal primo piano della villa,
che occupa, con le sue aiuole in
bosso, uno spazio appoggiato sul
pendio ed è chiuso dal ninfeo, scenografico
termine ottico della veduta
della villa. Realizzato in pietra e roccia,
è costituito da tre nicchie in roccia
grottesca con statue al centro e
trom pe-l’oeil di una finta cascata in
gesso.
Il giardino è stato creato per essere
‘posato’ sulla distesa di vigneti che
da secoli rappresentano la
vita della Valpolicella e così ora ci
appare, con i suoi magnifici contrasti
di cupi verdi, come un cuscino
appoggiato su di un prezioso broccato
dalle delicate sfumature di tenero
verde, oro e rame che con il variare
delle stagioni accompagnano la vita
di Pojega.
Pojega è oggi un borgo che comprende
non solo la villa e il giardino,
ma anche la barchessa, la cantina e i
rustici dove si possono assaggiare ed
acquistare prodotti dell’azienda.
Il teatro verde.
Villa Rizzardi, loc. Pojega, 37024 Negrar di
Valpolicella.
Amministrazione Giardino di Pojega, Villa
Rizzardi - Via Verdi n.4 Bardolino (Verona)
tel. 045 7210028 / 045 7501940; fax 045
7210704.
Web site: www.guerrieri-rizzardi.it; e-mail: pojega@guerrieri-rizzardi.it.
Ingresso a pagamento.
Il giardino è aperto al pubblico dal 1 aprile al 31
ottobre, ogni martedì, giovedì e sabato pomeriggio
dalle 15.00 alle 19.00. Su prenotazione
si effettuano anche visite guidate per gruppi e
degustazioni nelle serre settecentesche.
Visita impegnativa per persone diversamente
abili.

MONTAGNA VAL D’ADIGE - BALDO

VAL D’ADIGE - BALDO MONTAGNA
106
Questo percorso si snoda in gran parte lungo la
Valdadige conosciuta anche come Terra dei
Fo rti.
Zona a grande vocazione vinicola, qui si producono
il Marzem ino, il Pinot Grigio, il Sauvignon
e sopratutto l’Enantio, un vino dal colore rosso
rubino molto intenso e un sapore robusto come
qu este terre. Qu esto vitig n o c on osc iu to fin dall’an
tic hità, in qu esta valle solc ata dal fiu m e
Ad ig e, ha ritrovato la su a vitalità.
Oltre alla c oltivazion e della vite qu esta zon a è
famosa per i forti fatti costruire dall’impero
austriaco subito dopo la Prim a Guerra
d’Indipendenza per controllare ed impedire l’accesso
ai territori rivendicati dal regno d’Italia.

MONTAGNA VAL D’ADIGE - BALDO
MUSEO DELL’ADIGE
(PESCANTINA)
L’edificio che ospita il museo.
Il Museo etnografico “Lavoro e tradizioni
lungo il fiume Adige”, allestito
nella pieve romanica di
Pescantina, da tempo sconsacrata,
documenta attività e usanze della
popolazione locale e, più in generale,
quella delle comunità legate
all’ambiente fluviale atesino. Esso
raccoglie e presenta le testimonianze
di una cultura profondamente
segnata dal rapporto con il fiume,
modificata in seguito dalle trasformazioni
della società industriale.
Il Museo è allestito nella navata
centrale della pieve di San Lorenzo,
attigua alla parrocchiale di
Pescantina. La chiesa, risalente al
XII secolo, ma successivamente
barocchizzata e ridotta ad oratorio
(dedicato a san Luigi Gonzaga), pur
menomata in alcune parti, conserva
elementi architettonici e decorativi
di pregio, valorizzati dal recente
restauro. L’esposizione museale
occupa l’intera navata e la cantoria,
nella quale si mostrano,
ancora ben conservate, le
strutture romaniche della
chiesa.
L’Adige, via di comunicazioni
fin dai secoli più
lontani, rappresentava
una fonte primaria di
lavoro e prosperità.
Numerose attività: artigianali,
industriali, agricole,
domestiche, si servivano
delle sue acque per gli
usi più svariati. Con l’acqua
del fiume si muovevano
ingranaggi, macine,
seghe, filatoi, si irrigavano
i campi e gli orti.
Attraverso la navigazione
era assicurata tutta una
rete di collegamenti tra
luoghi vicini e lontanissimi,
e su essa poggiava
un florido sistema di scambi commerciali.
Fino a qualche decennio fa i segni
di questo mondo vivace e diversificato
erano ancora visibili in vari
punti, silenziosi testimoni di epoche
andate. Attualmente però, complici
il mutare dei tempi e una certa colpevole
indifferenza, di questi segni
rimane ben poco e si rischia di
vedere dispersa ogni espressione
della cultura “adesante”. Il Museo,
con il recupero di oggetti, arnesi,
documenti di vario genere, viene a
custodire parte di questo passato e
a riproporlo in chiave culturale e
didattica; esso si propone quale
punto di riferimento per chi voglia
approfondire temi storico-economici
riguardanti il bacino del fiume nel
suo tratto medio.
Il materiale esposto, ordinato in
linea di massima secondo il metodo
dei “canali chiusi” (le varie fasi di
una determinata attività vengono
107

VAL D’ADIGE - BALDO MONTAGNA
108
descritte con un insieme di elementi
convergenti, che mira a dare
indicazioni anche di carattere storico
ed ergologico), è ripartito in
quattro sezioni, elencate nel
seguente schema.
La navata della pieve, ora sede del
museo etnografico.
Navigazione: - imbarcazioni - cantieri
- direttrici commerciali – traghetti.
molitura: - mulini terragni - mulini
galleggianti - ciclo del grano.
attività artigianali e domestiche: -
botteghe artigiane - usi domestici
dell’acqua - pesca.
agricoltura: – irrigazione - tecniche
agricole - cerealicoltura - foraggicoltura
- frutticoltura.
Si può considerare inoltre come
quinta sezione, esterna alla struttura
museale ma fisicamente e idealmente
contigua, l’itinerario storico-naturalistico
denominato “Strada alzaia”
(l’antica strada usata per trainare le
barche in risalita), che si snoda per
qualche chilometro lungo l’Adige e
al quale, per i caratteri che mostra,
può essere assegnato il ruolo di
“ecomuseo”.
Il visitatore può disporre di sussidi
didattici e di strumenti per lo studio
dei materiali delle raccolte (guida,
piccola biblioteca ecc...). Il Museo
inoltre pubblica opuscoli di carattere
storico e naturalistico mantenendo
una fattiva collaborazione con le
scuole della zona, con associazioni
culturali, centri di studio e altri
musei etnografici.
Il Museo di Pescantina può essere
considerato una sorta di libro aperto
sulla cultura materiale delle
comunità legate all’Adige; gli attrezzi
presentati, i documenti scritti, i
modelli in scala e l’apparato iconografico,
illustrano i molteplici aspetti
di una cultura viva e operosa e
costituiscono una valida testimonianza
per ricostruire i tempi trascorsi,lasciandoalfuturopreziose
informazioni sulla conoscenza di
questi luoghi.
Il Museo è curato da un gruppo di
appassionati di storia del territorio,
che nel corso degli ultimi anni ha
provveduto a raccogliere oggetti,
attrezzi e documenti, ad operare
restauri, comporre tabelle e schemi,
a sistemare, con la partecipazione
di personale specializzato, il suggestivo
edificio che accoglie l’esposizione.
Il gruppo si avvale del contributo
di studiosi di storia locale e
di persone che hanno acquisito
esperienza operando nei vari settori
documentati (mugnai, artigiani,
costruttori di barche, agricoltori).
Via Duomo 5, Pescantina (lungo la strada
che porta all’abitato di Arcé).
Orario: sabato dalle 15.00 alle 16.00;
prima domenica del mese dalle ore 11.00
alle ore 12.00 (esclusi novembre, dicembre,
gennaio e febbraio); negli altri giorni previo
accordo anche nei mesi invernali
Per informazioni: Giannantonio Conati tel.
045 7156093 Parrocchia di Pescantina
tel. 045 7150056
Ingresso gratuito.
La struttura è divisa fondamentalmente in
due settori: la sala e la cantoria. Solo la
prima è agibile per persone diversamente
abili.

MONTAGNA VAL D’ADIGE - BALDO
VILLA DEL BENE
(DOLCÈ)
La villa è un grande complesso che
si articola in diversi corpi di fabbrica,
ultimati entro il 1560. Fu costruita
a Volargne nel XV secolo, lungo
la via che porta a Trento e nei pressi
del fiume Adige. Il palazzo, con
fabbricati e terreni circostanti, nella
prima metà del XVI secolo erano
proprietà di Giacomo Antonio
Malfatti che, tra il 1538 e il 1539,
vendette a Giovanni Battista Del
Bene. Questi rifece completamente
il palazzo originario facendolo
dipingere anche all'interno.
Il maestoso portale d'ingresso, che
attesta un probabile intervento di
Michele Sanmicheli, è decorato da
una testa che simboleggia Cristo e
da un disco solare, sul cui retro è
incisa la data 1551.
Il portale d’accesso.
Oggi villa Del Bene appartiene al
Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, Soprintendenza per i Beni
Architettonici e del Paesaggio di
Verona.
L’acquisizione da parte dello Stato
di questo complesso, è conseguente
ad un evento bellico che ha fortemente
inciso sull’assetto edilizio
dell’edificio.
Nel novembre del 1944 un convoglio
militare tedesco in sosta a
Volargne e composto da una quindicina
di carri carichi di tritolo fu
bombardato dall’aviazione americana;
il formidabile scoppio che ne
derivò provocò gravissimi danni
alla villa e agli affreschi. L’azione
tempestiva della Soprintendenza,
che avviò nel 1946 i primi interventi
di restauro, garantì la messa in sicurezza
del complesso seppur con i
limiti dovuti alle particolari condizioni
operative e storiche.
Dopo il ritrovamento dell’atto di
acquisto da parte di Giacomo
Antonio Malfatti, che si limita a
descrivereunacasacircondatada
mura e dotata di due cortili, rimangono
da chiarire tipologie e configurazione
delle preesistenze e
quale sia stata la consistenza degli
interventi architettonici commissionati
successivamente da Giovanni
Battista Del Bene.
Mentre c’è sostanziale univocità nel
ritenere quattrocentesco l’impianto
fondato sugli assi distributivi dell’atrio
e della sala passanti, le posizioni
divergono in merito all’epoca
di costruzione del fronte a portico e
della loggia. Ritenuto da alcuni
peculiare della residenza domenicale
quattrocentesca, viene da altri
posticipato agli anni Quaranta del
Cinquecento.
Quando Giovanni Battista Del Bene
acquista la proprietà, avvia una
completa ristrutturazione del complesso
e commissiona la decorazione
pittorica seguendo un preciso
programma, evidentemente concordato
a priori con una personalità
colta e bene introdotta nelle com-
109

VAL D’ADIGE - BALDO MONTAGNA
110
plesse problematiche connesse a
raffigurazioni simboliche collegate a
posizioni nettamente anti-luterane.
Tutte le raffigurazioni presenti nelle
varie stanze e nella loggia, rispondono
ad uno stesso motivo conduttore
che presiede all’impianto generale.
Questo motivo conduttore va
ricondotto all’esaltazione piena dei
sacramenti e del dogma cattolico
insidiato dalla riforma luterana
(eucaristia, primato di Pietro ecc...)
nonché alla meditazione e riproposizione
di fatti dell’Antico
Testamento, come le Storie di
Davide e Golia, di Giuditta, di
Giuseppe in Egitto, sempre in funzione
accesamente antiluterana. Il
salone è dedicato all’esposizione di
episodi tratti dall’Apocalisse che
vengono ad assumere, anche per
questo, una posizione logistica ed
ideologica centrale.
Per chi, nel tempo, si è occupato di
queste decorazioni, è sempre risultata
problematica la loro paternità,
oltre all’individuazione puntuale dei
temi. Si tratta evidentemente di esecutori
che operano, se non proprio
all’unisono, certamente entro il
quinto decennio del XVI secolo. Di
recente è risultato decisivo l’apporto
del professor Gian Maria
Varanini, che ha trovato i documen-
La loggia affrescata.
ti di una controversia fra Giovanni
Battista Del Bene e il pittore Nicola
Crollalanza, di famiglia lombarda
trapiantata a Verona, e, sembra,
parente di Domenico Brusasorzi. Il
parziale superamento della problematica
attributiva, in quanto lo sconosciuto
Crollalanza assume un
ruolo da comprimario risultando
l’autore delle Scene dell’Apocalisse
nel salone e dei finti quadri dello
studiolo, prima attribuiti a Giovanni
Caroto, non chiarisce del tutto l’attribuzione
ad altri pittori delle
opere rappresentate.
Nella loggia, sotto gli intonaci del
XVI secolo, emergono lacerti di
affreschi con motivi decorativi tipici
del XIV secolo, a dimostrare la
preesistenza di un edificio più antico,
in seguito completamente trasformato
dalla famiglia Del Bene.
Via Dell’Adige Volarne frazione di Dolcè
Orario: dalle 09.00 alle 12.00 dalle 15.00
alle 18.00. tel. 045 7731972
Giorno di chiusura lunedì.
Per informazioni: Soprintendenza per i beni
architettonici e per il paesaggio di Verona –
Vicenza - Rovigo
Piazza San Fermo 3, Verona. Tel 045
8050111
Per persone diversamente abili la visita è
molto limitata.

MONTAGNA VAL D’ADIGE - BALDO
RIPARO SOMAN
(DOLCÈ)
Durante una campagna di scavo.
Il sito preistorico di Riparo Soman
si trova a circa 2 km a nord della
Chiusa di Ceraino sulla sinistra orografica
dell’Adige a Volargne nel
comune di Dolcè.
Scoperto nel 1983 ad opera del
Gruppo Culturale “El Casteleto”, è
stato oggetto di scavi sistematici ad
opera della Soprintendenza
Archeologica del Veneto in collaborazione
con l’Università di Ferrara e
con “El Casteleto”. In esso si sono
portati alla luce sia depositi relativi
all’Età del Bronzo, sia quelli più
antichi sottostanti e riferiti alle fasi
finali del Paleolitico (Epigravettiano
e Mesolitico).
Purtroppo lavori di sbancamento
effettuati prima dello scavo hanno
asportato gran parte dei depositi ma
hanno comunque messo in luce
l’importante sequenza stratigrafica
nella quale si evidenziano due
distinti episodi di deposizione all’interno
dei quali vanno individuati i
vari momenti della frequentazione
del riparo da parte dell’uomo preistorico.
I materiali rinvenuti durante gli
scavi, hanno permesso di inquadrare
l’occupazione in fasi diverse
degli ultimi 15.000 anni. Le più antiche
sono rappresentate da manufatti
in selce (bulini, grattatoi, raschiatoi,
ecc.) testimonianza delle popolazioni
che vi hanno vissuto durante
le ultime fasi dell’ultima glaciazione
(Epigravettiano italico finale)
e nelle prime del miglioramento climatico
che è seguito a partire dal
Sauvteriano per continuare nel
Mesolitico e durante tutto il
Neolitico, cioè nel periodo in cui le
popolazioni assumono un nuovo
modo di vivere via via più stanziale
e dedito ad agricoltura ed allevamento.
Via Soman; lungo la strada statale del
Brennero.
Attualmente è in corso di allestimento un
percorso per rendere visitabile l’area archeologica.
Contatti: Gruppo Culturale “El Casteleto” –
Dolcè. Referente: Angelo Brusco
111

VAL D’ADIGE - BALDO MONTAGNA
112
MUSEO DELLA GRANDE
GUERRA
(RIVOLI VERONESE)
All’interno del forte
Wohlgemuth da qualche
anno è stato allestito
il Museo della
Prima Guerra
Mondiale, dove si possono
trovare esposti
reperti bellici impiegati
durante questo conflitto,
distribuiti in tre
locali adibiti, un
tempo, a deposito
munizioni.
Ad essi si affianca
un’interessante documentazione
dell’epoca,
proveniente in parte
dall’archivio privato di Cesare Maria
De Vecchi, ufficiale durante la
Grande Guerra.
I toni retorici che hanno spesso raccontato
i grandi eventi di questo conflitto,
si confondono con le sconosciute
storie di chi vi ha partecipato. Ogni
singolo oggetto a suo modo è importante:
dalle posate segnate con le pro-
Particole dell’interno del forte.
Il pozzo all’interno del forte.
prie iniziali, all’elmetto
scheggiato, alla semplice
armonica a
bocca.
Il forte di Rivoli non
è stato direttamente
coinvolto nel primo
conflitto mondiale. Il
confine italo-austriaco
si trovava a
Borghetto d’Adige e
fu varcato il 24 maggio
1915 dalle truppe
italiane. Nel dicembre
dello stesso anno,
l’avanzata si fermò a
Cornacalda, nelle
vicinanze di Rovereto, dove rimase
fino al termine della guerra.
Il forte fu costruito tra la metà del
1849 e il 1852 e porta il nome del
generale dell’Impero austriaco
Wohlgemuth che si distinse nella
Prima Guerra d’Indipendenza
(1848).
Il forte di Rivoli, originariamente
predisposto per battere con le sue
artiglierie il fondo valle, dopo l’annessione
del Veneto all’Italia, divenne
proprietà dello Stato italiano e
nel 1884 fu notevolmente potenziato
con l’aggiunta, a quota leggermente
inferiore, di una nuova batteria,
la Rivoli Bassa, predisposta a
battere d’infilata la val d’Adige
verso nord.
Segnaletica in loco; Forte di Wohlgemuth e
Museo della Grande Guerra
Aperto da marzo a gennaio su prenotazione
e tutte le domeniche pomeriggio.
Chiuso il mese di febbraio e due settimane
nel mese di agosto. Tel. 045 7281166
Ingresso a pagamento.
Non accessibile a persone diversamente
abili.

MONTAGNA VAL D’ADIGE - BALDO
MUSEO NAPOLEONICO
(RIVOLI VERONESE)
Il Museo Napoleonico di Rivoli
Veronese, di proprietà privata, è
aperto al pubblico dal 1973. Il
nucleo della raccolta trae origine da
documenti e cimeli famigliari del
professor Galanti, il cui avo
L’edificio che ospita il museo.
Francesco Galanti (Marciana 1765-
Marciana Marina 1850), comandò la
nave Carolina che portò Napoleone
in occasione del esilio all’isola
d’Elba. Tale nucleo originario si
ampliò successivamente grazie alla
passione di Luigi Galanti, che raccolse
per tutta la vita documenti e
testimonianze napoleonici, soprattutto
di interesse e ambiente italiano,
avendo riguardo agli effetti che
l’arrivo dei Francesi in Italia portò
sulla storia della Penisola, dalla
creazione della Repubblica
Cisalpina a quella del Regno
d’Italia, fino alla creazione dello
stato nazionale unitario risorgimentale.
La mostra si propone quindi di rievocare
gli avvenimenti della battaglia
di Rivoli (14 gennaio 1797),
tracciando soprattutto un profilo
storico-psicologico del grande condottiero
che fu il generale
Bonaparte, divenuto poi Napoleone
I, imperatore dei francesi e re
d’Italia. La mostra offre pertanto
un quadro della situazione
Manichino in uniforme.
europea da cui questa battaglia è
scaturita e gli esiti che essa ha
portato. Si ricordi che Napoleone
volle dedicare alla battaglia di
Rivoli una delle più importanti
strade di Parigi (la celebre Rue de
Rivoli) e che il nome di “Rivoli”
apre la serie delle otto battaglie
che circondano il sepolcro di
Napoleone nel Mausoleo degli
Invalidi.
Il museo è diviso in settori: il
primo comprende varie stampe
dell’epoca e alcuni documenti che
precedono e ricordano l’arrivo del
Bonaparte e i fatti d’arme salienti
113

VAL D’ADIGE - BALDO MONTAGNA
114
Statuine Capodimonte raffiguranti i protagonisti della
battaglia di Rivoli.
che hanno preceduto la battaglia
di Rivoli; la lettera con firma autografa
di Bonaparte al Commissario
Salicetti dopo la conquista del lago
di Garda; fotocopie, dal Museo di
Guerra di Vienna, di documenti
relativi alle fasi precedenti la battaglia,
rapporti minuziosi e interessanti
sugli avvenimenti dal novembre
1796 alla pace di Tolentino.
Nel settore centrale (relativo alla
battaglia di Rivoli), si vedono due
plastici del terreno della battaglia
che si è svolta fra il Garda, il
Baldo, l’Adige e il limite sud dell’altopiano,
con le posizioni delle
forze contrapposte nel momento
cruciale; le piante topografiche
della battaglia nelle tre fasi principali,
dal tentativo austriaco di
accerchiamento, alla vittoria francese;
un quadro del pittore Walter
Resentera, a grandezza naturale,
rappresentante il generale in capo
francese nel momento in cui, a vittoria
conseguita, entra per il Gran
Rapporto nella fattoria
Ca’ del Rì ad Affi; i
ritratti dell’imperatore
Francesco II d’Austria,
dei capi dei due eserciti,
francese e austriaco, e
numerose statuine
Capodimonte riproducenti
i personaggi più
importanti della prima
campagna napoleonica
in Italia; numerosi documenti
con firma autografa
di protagonisti della
battaglia (Napoleone,
Massena, Murat, Berthier
ecc.); un manichino di
granatiere nella divisa
usata a Rivoli; un fucile
del 1777 francese, un
altro austriaco; una sciabola
di ufficiale di
cavalleria; armi diverse,
originali, dell’epoca;
numerose immagini
della battaglia di Rivoli,
dalla riproduzione del
celebre quadro di
Philippoteaux, a innumerevoli
altre incisioni e stampe
raffiguranti varie versioni dell’epoca
di questa battaglia.
Vi è poi un settore dedicato a
Venezia che propone numerosi
manifesti originali da cui traspare
tutta la tragedia della Serenissima;
la lettera originale di Napoleone I
al vicerè d’Italia Eugenio
Beauharnais, con la quale l’imperatore
spiega che vuole che i
capolavori d’arte rimangano a
Venezia per «non umiliare» questa
città; un ritratto di Doge all’epoca
dello splendore veneziano, di
autore ignoto; numerose lettere
(originali) di Napoleone al vicerè,
manifesti e diplomi a firma di
Bonaparte.
Un altro specifico settore è dedicato
alla Repubblica Cisalpina, alla
Repubblica Italiana e al Regno
d’Italia. In esso vengono illustrate
le principali innovazioni introdotte
dall’amministrazione napoleonica
nel primo stato nazionale italiano,

MONTAGNA VAL D’ADIGE - BALDO
che sarà poi la base per lo stato
italiano moderno (riorganizzazione
legislativa, amministrativa, scolastica,
militare ecc.).
Il Museo possiede pure tre letti da
campo pieghevoli in ferro, creati
dall’artigiano francese Desouches.
Due letti (gemelli), con data 1803,
furono offerti a Napoleone Primo
Console, il quale li utilizzò nei suoi
viaggi e nelle sue campagne. Il
terzo letto, di epoca imperiale, presenta
una magnifica corona dorata
e cesellata. Fu utilizzato dalla
seconda moglie di Napoleone, l’imperatrice
Maria Luigia d’Asburgo,
nei suoi viaggi. Maria Luigia lasciò
in eredità i tre letti al suo maggiordomo
Paul Couillaux, la cui ultima
erede li ha ceduti al museo.
Oltre a tale materiale un’area è
riservata al Risorgimento con numerose
stampe relative ad episodi
salienti a tale periodo storico, documenti
a stampa e autografi di protagonisti.
Accanto al museo vi è pure una
biblioteca ricca di alcune centinaia
di volumi (fra cui alcune rarità e
curiosità), in cui lo studioso troverà
materiale di consultazione (su
richiesta e nei giorni ed ore prestabiliti)
e numerosi documenti in
fotocopia provenienti dai Musei di
Guerra di Vienna e di Parigi.
Letto da viaggio dell’imperatrice Maria Luigia.
Piazza Napoleone, Rivoli Veronese
Orario: periodo estivo (marzo-ottobre) tutti i
giorni dalle 09.00 alle 12.00 e dalle 15.00
alle 18.00 (chiuso lunedì e mercoledì); periodo
invernale (novembre-febbraio), aperto
solo su prenotazione.
Ingresso a pagamento.
Conservatore: avvocato Lorenzo Da Pra
Galanti. Responsabile Lario Zerbini. Telefono
045 7280179.
Il primo piano del Museo Napoleonico non
dispone di accesso facilitato per disabili.
115

VAL D’ADIGE - BALDO MONTAGNA
116
MUSEO CIVICO
ARCHEOLOGICO
(CAVAION VERONESE)
La storia del Museo Civico di
Cavaion Veronese inizia nel 1980
quando, in seguito a lavori di drenaggio
e sistemazione del fondale
di un laghetto ormai ridotto a
palude, situato in località Cà Nova,
venne alla luce un abitato risalente
all’Era del Bronzo Medio (1800-
1500 a.C.).
Produzione fittile di uso domestico.
La ricchezza, la varietà e l’importanza
del materiale raccolto suggerirono
l’idea di predisporre un
museo a Cavaion. Grazie all’entusiasmo
di chi segnalò il sito, alla
collaborazione della
Soprintendenza Archeologica del
Veneto, del Museo Civico di Storia
Naturale di Verona e alla sensibilità
dell’amministrazione comunale,
con l’appoggio della comunità
locale, si poté realizzare il Museo
Civico Archeologico, che trova
ospitalità al piano interrato del
Municipio.
Ufficialmente inaugurato il 2 giugno
1990, il museo è organizzato
in tre sale espositive, più una sala
d’ingresso polifunzionale dove
sono presenti numerosi pannelli
didattici.
La prima sala è interamente dedicata
al villaggio di Cà Nova; i
reperti esposti sono stati selezionati
per argomento. Nelle prime
vetrine è esposta la ceramica,
disposta in maniera da consentire
ai visitatori di comprendere cosa
sia, come l’argilla veniva reperita e
lavorata, come venivano modellati
i vasi e gli oggetti di uso domestico
e come avveniva la cottura di
questi manufatti. Sono esposti vasi,
olle, ciotole carenate, bicchieri
cilindrici e troncoconici, piatti e
tavolette d’argilla di enigmatica
comprensione. I materiali ceramici
presentano quasi sempre una
decorazione a motivo geometrico,
che poteva essere realizzata
mediante incisione.
Nelle altre teche si trovano i reperti
relativi alla vita quotidiana, con
una sezione dedicata agli oggetti
ornamentali: perline d’ambra o in
pasta vitrea, bottoni e pendagli. La
sezione dedicata alle attività economiche
come la caccia, l’allevamento
e l’agricoltura presenta zappette
in osso, elementi di falcetto
in selce, brassard.
Oggetti femminili.
È presente una sezione dedicata
alle attività artigianali come la tessitura
e la fusione metallurgica,
con pesi da telaio, fusarole e aghi
in osso, pugnali e asce in bronzo,
frammenti di fusione, crogioli e
soffiatoi.
Nella seconda sala sono esposti
oggetti preistorici di epoche diverse
provenienti non solo dal territorio
di Cavaion ma anche da zone
limitrofe come Affi, Pastrengo e

MONTAGNA VAL D’ADIGE - BALDO
Costermano, in quanto il Museo è
punto di riferimento e raccolta di
tutte le testimonianze antiche individuabili
nell’entroterra gardesano.
La terza sala è dedicata interamente
alla necropoli tardo antica (III-IV
secolo) scoperta a Cavaion in località
Bossema e portata alla luce nel
1993. Al centro della sala è stata
ricostruita fedelmente una delle
otto tombe rinvenute: si tratta di
una sepoltura femminile ad inumazione.
L’interno di una tomba ad inumazione.
La tomba, di forma rettangolare,
presenta alle pareti dei loculi che
ospitavano il corredo della defunta,
composto da olle in vetro e un
boccale in ceramica. In questa sala
è ricomposta anche una sepoltura
ad incinerazione che presenta
come corredo funebre un piatto in
vetro, vasi in ceramica, due balsamari,
una moneta in bronzo e un
chiodo in ferro. Nelle altre vetrine
sono esposti pregevoli manufatti in
vetro come balsamari, olle, bottiglie,
alcune delle quali di pregevole
esecuzione, e alcune lucerne
con timbro, bracciali e orecchini.
La sala d’ingresso è dedicata all’illustrazione
degli aspetti geomorfologici
dell’entroterra morenico gardesano
e di Cavaion. Qui si possono
consultare materiali didattici e
bibliografici oltre a visionare una
videocassetta riguardante il Museo.
Oggetti in vetro.
Per il funzionamento del Museo
Civico Archeologico di Cavaion
Veronese si è costituita un’associazione
archeologica composta da
volontari che operano per garantire
l’apertura domenicale ed estiva
della struttura, collaborando inoltre
all’organizzazione e alla realizzazione
delle attività didattiche che
vengono proposte alle scuole e
rendendosi disponibili a illustrare i
materiali esposti.
Durante l’anno il Museo organizza
le Giornate Archeologiche aperte a
tutti dove, tramite laboratori di
archeologia sperimentale e visite
guidate, si cerca di invogliare i
partecipanti ad impadronirsi degli
strumenti necessari per poter leggere
la storia.
Via Fracastoro 8, presso la sede del
Municipio 37010 Cavaion Veronese.
Aperto ogni domenica mattina dalle 09,00
alle 12,00. Dal 15 giugno al 15 settembre è
aperto nei giorni di martedì, giovedì e sabato
dalle 10,00 alle 12,30 e dalle 16,30 alle
19,00.
Ingresso gratuito.
Per visite guidate e altre informazioni contattare
il sig. Mario Parolotti tel. 045
7236127.
La struttura è accessibile alle persone diversamente
abili.
117

VAL D’ADIGE - BALDO MONTAGNA
118
MUSEO CIVICO DI
VILLA CARLOTTI
(CAPRINO VERONESE)
Il Museo Civico di Villa
Carlotti a Caprino
Veronese è situato al
piano terra delle seicentesca
villa Carlotti, oggi
anche sede del
Municipio.
Si compone della sezione
archeologico-preistorica e
della sezione paleontologica,
con materiali provenienti
prevalentemente
dalla zona del Baldo e
dai dintorni di Caprino.
In una saletta ha trovato
ospitalità anche un gruppo scultoreo
del XIV secolo raffigurante il
CompiantosuCristomorto, probabilmente
opera di Rigino di Enrico,
maestro nordico attivo anche in
Sant’Anastasia a Verona. La splendida
villa venne lasciata in eredità al
comune di Caprino da Francesca di
Canossa, figlia di Maria Carlotti,
quando si fece monaca. Il palazzo
esibisce eleganti stilemi architettoni-
Il soffitto decorato.
La villa sede del museo oltre che Municipio.
ci del Seicento con grandiosa
facciata che esalta
la sede municipale, mentre
affreschi, pitture e
stucchi adornano con
gusto seicentesco gli spazi
interni.
Molto nota, al piano terra,
è la Stanza dei sogni con
soffitto decorato a varie
figure fantasiose, che
ritrarrebbero i Sogni del
marchese Carlotti.
D'estate, il parco della
villa ospita concerti e
manifestazioni, che culminano ad
agosto con la Fiera Montebaldina e
il Baldofestival.
Piazza Roma n. 6 Caprino Veronese.
Per orari e appuntamenti telefonare al numero
045 6230444 Municipio.
La struttura è accessibile alle persone diversamente
abili.

MONTAGNA VAL D’ADIGE - BALDO
ORTO BOTANICO
DI NOVEZZINA
(FERRARA DI MONTE BALDO)
Nel bosco ceduo.
L’Orto Botanico allestito a
Novezzina di Ferrara di Monte
Baldo, è gestito dalla Comunità
Montana del Baldo in collaborazione
con il Corpo Forestale dello
Stato. È stato istituito per valorizzare
la straordinaria flora del Baldo,
che è tale per le particolari condizioni
climatiche.
Nelle zone a roccera sono stati ricostruiti
ambienti simili ai ghiaioni e
alle rocce delle cime baldensi, mentre
vi è una zona nitrofila, un
tempo rifugio per pastori, un’area
umida con pozza, dove crescono
piante acquatiche, ed una zona di
sottobosco con abbondante ombra
e umidità. Tra la vegetazione arborea
nell’Orto, vi sono le conifere
(Abete bianco e rosso, Pino silvestre,
Pino nero e Larice), il Faggio,
il Maggiociondolo, il Nocciolo, la
Betulla, ecc.
Nell’Orto vi è un percorso di
visita con cartelli e bacheche
che facilitano il riconoscimento
delle varie fasce vegetazionali.
L’Orto è circondato
da interessanti boschi di faggio
che ricoprono il versante
sud-orientale del monte delle
Erbe e le aree attorno ai
pascoli di malga Gambone e
Prazagano. Annesso all’Orto
Botanico, vi è il Rifugio
Novezzina con possibilità di
ristoro e servizi. Possibilità
anche di pernottamento e
organizzazione di soggiorni
di educazione ambientale.
Orto botanico del monte Baldo via general
Graziani n. 10
Località Novezzina 37020 Ferrara di Monte
Baldo
Orari: aperto tutti i giorni dal 1 maggio al 15
settembre dalle ore 09.00 alle ore 18.00.
Durante tutta la stagione sono programmate
visite guidate. tel. / fax 045 6247288
E-mail ortobotanico@comunitamontanabaldo.it
www.comunitamontanabaldo.it
Accessibile alle persone diversamente abili.
119

LAGO RIVIERA DEGLI OLIVI

RIVIERA DEGLI OLIVI LAGO
122
Un paesaggio stupendo, pieno di luce e colori;
questa è la Riviera degli Olivi, denominazione
della sponda orientale del lago di Garda.
Tra olivi e cipressi ci si trova coinvolti in un susseguirsi
di insenature, borghi e castelli che caratterizzano
fortemente questo ambiente lacustre
assieme a molteplici varietà vegetali provenienti
anche da ambienti climatici diversi.
La varietà paesaggistica concorre a rendere eccezionale
questo lago che venne definito da Johann
Wolfgan g Goethe du ran te il su o viaggio in Italia,
...“maestoso spettacolo della natura”...

LAGO RIVIERA DEGLI OLIVI
MUSEO DEL CASTELLO
SCALIGERO
(MALCESINE)
Il Museo del Castello, ospitato nella
“Casermetta”, illustra il patrimonio
naturale dell'ambiente baldense
(Museo del Baldo e quello del territorio
gardesano, Museo del Garda).
Vista dal lago.
I due piani sono collegati da una scaletta
interna ma possono anche essere
visitati separatamente.
Nel Museo del Baldo (piano interrato)
viene esposto e commentato un
vasto campionario fotografico e vengono
delineate le caratteristiche geo-
Il cortile interno del castello.
logiche del Baldo con le sue rocce, i
suoi fossili e le morfologie tipiche
dell'ambiente baldense d'alta quota,
prima fra tutti quella dei “circhi glaciali”
di vetta, riprodotti attraverso
suggestivi ingrandimenti fotografici.
Il Museo del Garda invece illustra il
patrimonio naturale ed archeologico
del territorio circumlacustre, completando
così l'argomento iniziato nelle
sale del Museo del Baldo. Particolare
rilievo viene dato anche qui alle specie
endemiche floristiche e faunistiche
della regione gardesana.
Una terza sezione del museo è poi
dedicata ai disegni che Goethe fece
durante il suo viaggio italiano, quando
si fermò a Malcesine, nel 1786.
Castello Scaligero tel. 045 7400837
Aperto: dal 1 aprile al 31 ottobre dalle
09.00 alle 20.00:
da novembre a marzo, sabato e domenica
dalle 09.00 alle 17.00
Ingresso a pagamento.
Non accessibile alle persone diversamente
abili.
123

RIVIERA DEGLI OLIVI LAGO
124
MUSEO DEL CASTELLO
SCALIGERO
(TORRI DEL BENACO)
Il castello con la limonaia.
Il castello di Torri del Benaco
venne costruito nel 1383, per ordine
di Antonio della Scala, sulle
rovine di un maniero preesistente,
risalente al X secolo, di cui rimane
visibile la torre posta ad ovest.
Nel 1760 venne abbattuta la
seconda cinta muraria per far
posto all’attuale cedraia. Da allora
il castello venne condannato ad
un inesorabile declino, fino a
quando, nel 1980, il comune di
Torri diede il via ad un radicale
restauro, affidando i lavori all’architetto
Arrigo Rudi.
Terminati i restauri, il castello scaligero
con annessa l’area adiacente
è stato adibito a museo etno-
grafico, che si sviluppa
in nove sale espositive.
Sala dei calafati, dove
viene presentata l’arte
degli artigiani dediti
alla costruzione e
riparazione delle barche
da pesca.
Sala dell’oliva, dove
viene illustrata la coltivazione
dell’olivo.
Di particolare interesse
è l’attrezzatura
esposta, tra cui una
slitta da trasporto.
Sala del torchio, ricostruzione,
con parti
originali in pietra,
risalenti all’epoca
romana, di un torchio
per la molitura delle
olive.
Sala della pesca, che
raccoglie rarissime
reti antiche, una gondola
piana del Garda,
reti e attrezzatura in
uso presso i pescatori
del lago.
La serra, addossata al lato sud del
castello e risalente al 1760, una
delle ultime serre ancora in funzione.
Le torri, con camminamenti che
Un’altra bella immagine.

LAGO RIVIERA DEGLI OLIVI
consentono ai visitatori di ammirare
il panorama, il caratteristico
porto e il centro abitato di Torri.
La sala degli antichi originali,
con testimonianze documentarie
relative all’attività della
Corporazione dei pescatori sorta
nel 1482 ed ancora operante.
La sala del plastico, con la riproduzione,
su plastico, del paese di
Torri come appariva agli inizi del
Il castello visto dal molo grande.
Novecento. In essa sono esposte
due grandi carte topografiche, di
epoca veneziana, raffiguranti il
territorio di Torri alla fine del
Settecento.
La sala delle incisioni, dove sono
esposti illustrazioni e calchi originali
delle incisioni rupestri
ritrovate nel comune di Torri e
risalenti, in parte, all’era preistorica.
Via Fratelli Lavanda 2 Torri del Benaco.
Orario: dal 1° aprile al 31 maggio dalle 9.30
alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18.00;
dal 1° giugno al 30 settembre dalle 09.30
alle 13.00 e dalle 16.30 alle 19.30; dal 1°
ottobre al 31 ottobre dalle 9.30 alle 12.30
e dalle 14.30 alle 18.30. Chiuso nel mese di
novembre. Nei mesi invernali aperto tutti i
giorni festivi dalle 14.30 alle 17.30.
Su prenotazione per gruppi numerosi aperto
tutti i giorni tel. 045 6296111 (segreteria
efax).
Solo la parte inferiore del museo è agibile a
persone diversamente abili.
125

RIVIERA DEGLI OLIVI LAGO
126
OASI MONTE LUPPIA E
ROCCA DI GARDA
(GARDA)
Parte dell’oasi.
Sono due oasi con superficie complessiva
di 480 ettari delle quali la
prima è di 340 ettari e la seconda
di 140. Situate a ridosso del lago di
Garda, sono due rilievi che appartengono
al monte Baldo ma vengono
considerati a se stanti per la loro
bassa quota e per la posizione del
tutto isolata rispetto all’area segnata.
Entrambe sono caratterizzate da un
vegetazione naturale di tipo mediterraneo
con una presenza cospicua
di Carpino nero, Orniello e
Roverella, sostituiti nelle zone più
aride e secche da Alloro e Leccio.
Il panorama che si può gustare in
questo angolo di paradiso è stupendo
e anche il sottobosco è tutto da
scoprire, ricco di arbusti quali
Ginestra, Scotano, Emero e
Viburno. A ridosso del
lago numerosi sono
anche gli uliveti con
caratteristiche uniche,
mentre nei periodi primaverili
e estivi si possono
vedere anche
splendide orchidee.
Ricca anche la fauna con
Volpi, Faine e Tassi mentre
tra gli uccelli troviamo
l’Upupa, il Passero, il
Canapino, l’Occhiocotto,
il Pigliamosche, l’Averla
piccola, l’Ortolano, il
Torcicollo e molti altri.
Entrambe le oasi sono visitabile tutto l’anno,
l’ingresso è libero.

LAGO RIVIERA DEGLI OLIVI
MUSEO DEL VINO
(BARDOLINO)
Il museo del vino, inaugurato in
occasione della “Festa dell’uva e del
vino” nel 1991, è stato ideato, voluto
ed allestito dal signor Gaetano
Zeni, il quale è riuscito a raccogliere
i principali attrezzi vitivinicoli
usati in tempi lontani e in tempi
più recenti.
L’idea è nata da una semplice considerazione
storica: in questi luoghi
i romani coltivavano la vite e producevano
il “Retico” e l’“Acinatico”,
due vini decantati sia da Cassiodoro
che da Catullo.
Inoltre mancava qualcosa che
potesse richiamare alla mente la
millenaria tradizione vinicola che
inizia con la coltivazione della vite,
prosegue con la vendemmia per
giungere, infine, alla produzione
del vino.
Da queste considerazioni nasce il
museo posto all’interno di una cantina
privata.
L’esposizione comprende la gerla
per la raccolta dell’uva, le principali
attrezzature dei bottai, una serie di
vecchie pompe; sono inoltre presenti
graticci per l’appassimento
Alcuni torchi posti all’interno del museo.
dell’uva e la riproduzione delle
principali forme di coltivazione
della vite.
Particolare interesse riveste un piccolo
aratro del XVII secolo ed un
complesso per la torchiatura del XII
e XIV secolo.
All’interno del museo, che prossimamente
verrà ingrandito, si possono
assaggiare vini tipici veronesi.
Via Costabella n. 9 Bardolino
Apertura: tutti i giorni compresi la domenica
e le festività da metà marzo e fine ottobre
Orario:
giorni feriali dalle 09.00 alle 13.00 e dalle
14.00 alle 19.00
giorni festivi dalle 09.00 alle 13.00 e dalle
14.00 alle 18.00
Al momento per motivi logistici non si ricevono
comitive.
La struttura è accessibile a persone diversamente
abili
tel. 045 6228331 www.museodelvino.it
(.com) email zeni@zeni.it
127

RIVIERA DEGLI OLIVI LAGO
128
OASI BASSO GARDA
(GARDA, BARDOLINO, LAZISE)
Un’immagine suggestiva del lago di Garda.
A sud dell’abitato di Lazise, in località
Fossalta e fino a Punta San
Vigilio, si trova l’Oasi del Basso
Garda. È divisa tra terra e lago e si
estende per 35 ettari lungo la riva e
per 2500 ettari nel lago di Garda.
L’Oasi è importante per l’elevato
numero di uccelli che vi nidificano
o che qui vengono a svernare.
Passeggiando lungo l’Oasi, specie
lungo la riva del lago, è possibile
vedere la Folaga, la Gallinella d’acqua,
lo Svasso, il Cigno Reale, il
Germano reale, il Tufetto ma anche
il Cormorano, diversi tipi di anatre
ed altre specie di uccelli.
L’oasi è ad ingresso libero; visitabile anche
per le persone diversamente abili; periodo
consigliato da fine inverno a primavera inoltrata.

LAGO RIVIERA DEGLI OLIVI
MUSEO DELL’OLIO
A CISANO
(BARDOLINO)
Il frantoio dall’artigianato rurale agli
albori della tecnologia industriale:
questo è il filo conduttore del
Museo dell’olio realizzato dall’oleificio
di Cisano Del Garda. È una rassegna,
unica nel suo genere, che
vuol dare testimonianza di un sistema
produttivo che ha coinvolto per
oltre un millennio le popolazioni
rurali. È anche la storia di un
ambiente privo di mezzi e conoscenze
scientifiche, che si è misurato
per secoli con l’urgenza di estrarre,
da un frutto così prezioso, un
alimento di primaria importanza.
Un torchio e la mola.
Il percorso si snoda attraverso una
realtà tecnologica statica e immutabile
per giungere, agli inizi del
Novecento, all’acquisizione delle
opportunità offerte dalla nascente
industria meccanica. Il lago di
Garda, e Bardolino in particolare,
hanno goduto in questo secolo dei
vantaggi di questa trasformazione,
ma non vanno dimenticati ad esempio
gli antichi frantoi di Paderno e
di Cisano con le loro presse a leva
dove si sono consumate le vite di
generazioni di uomini in un lavoro
manuale durissimo e ripetitivo.
Prima dell’avvento delle nuove tec-
nologie, infatti, per estrarre l’olio
dalle olive l’uomo si è sempre
avvalso delle proprie braccia o
della forza animale. I pezzi esposti,
quasi tutti in legno, e ormai molto
rari, sono espressione di una tecnologia
elementare tramandata da artigiano
ad artigiano, modificata a
volte dall’inventiva del singolo. Vi
troviamo l’antica pressa a leva,
sistema già utilizzato dagli Egizi,
espressione di una tecnica approssimativa,
molto attenta però a sfruttare
al massimo le leggi della fisica;
le mole di pietra per la frangitura
trainate dagli animali; i torchi a vite,
frutto di ulteriori aggiornamenti e,
infine, gli arnesi e le suppellettili
nel frantoio. Particolarmente interessante
è la ricostruzione di un
frantoio del XIX secolo, ancora funzionante,
azionato dalla classica
ruota idraulica che mette in movimento
la macina di pietra attraverso
una serie di ingranaggi in legno.
I frantoi a trazione idrica erano presenti
in quelle zone olearie che
disponevano di corsi d’acqua.
Questa opportunità agevolava notevolmente
le operazioni di frangitura
poiché escludeva la presenza dell’animale
all’interno del frantoio eliminando
nel contempo gli inconvenienti
tecnici ed igienici che ne
derivavano. La loro presenza sul
lago di Garda era concentrata
soprattutto nella zona nord, ricca di
corsi d’acqua che scendevano dalle
pendici del monte Baldo.
L’ampiezza della ruota era proporzionata
alla portata d’acqua e, in
molti casi, con ruote di grande diametro
si ottenevano ottimi risultati
anche in presenza di apporti idrici
di limitata consistenza. Il diametro
delle trasmissioni dentate era rapportato
alla velocità che si voleva
129

RIVIERA DEGLI OLIVI LAGO
130
imprimere alla "mola" in pietra. In
questo frantoio si eseguiva la doppia
pressione. Dopo la prima operazione
di frangitura delle olive
nella mola in pietra, la pasta ottenuta
era disposta nelle apposite
sacche (fiscoli) e sottoposta ad una
prima pressione in una colonna del
torchio. A pressatura conclusa, il
residuo, libero di liquidi, si presentava
compatto per cui veniva rimosso
utilizzando l’apparecchiatura a
pale scuotitrici posta vicino alla
mola. Il materiale ottenuto era nuovamente
disposto in altri fiscoli e
sottoposto a pressione nell’altra
colonna del torchio. Nelle operazioni
di molitura il nocciolo era frantumato
insieme con la polpa al fine
di favorire il drenaggio dei liquidi
sottoposti a pressione.
Nelle macine a trazione animale
veniva eseguita la prima lavorazione
delle olive. Il peso delle ruote in
movimento consentiva la rottura
della polpa e dei noccioli in modo
da ottenere una pasta omogenea
pronta per la successiva spremitura.
È la classica macchina per la frangi-
Una serie di recipienti per l’olio.
tura delle olive. Sostituita la forza
animale con l’energia elettrica e
applicati nuovi accorgimenti, è largamente
diffusa anche oggi in ogni
parte d'Italia.
Una rassegna quindi dai molti
richiami storico-culturali, interessante
soprattutto per rendersi conto
delle condizioni che hanno preceduto
e determinato il progresso in
tale lavorazione e per valutarne i
vantaggi.
Via Peschiera 54, 37011 Cisano di
Bardolino
Orario giorni: feriali dalle 09.00 alle 12.30 e
dalle 14.30 alle 19.00; giorni festivi dalle
9.00 alle 12.30. Chiuso le domeniche di
gennaio e febbraio, Pasqua, 15 agosto, 25
e 26 dicembre, 1 e 6 gennaio.
Per informazioni: Oleificio Cisano Del Garda
Srl, tel. 045 6229047; fax 045 6229024.
Ingresso libero. Accessibile a persone diversamente
abili:

LAGO RIVIERA DEGLI OLIVI
PARCO NATURA VIVA
(BUSSOLENGO)
Il Parco Natura Viva - Centro Tutela
Specie Minacciate, è situato a pochi
chilometri dalla sponda orientale
del lago di Garda ea18chilometri
da Verona. Quest’oasi faunistica si
sviluppa su dolci colline moreniche
ricoperte da un fitto bosco secolare
di querce.
La sua storia ha origini lontane. Nel
1965 l’architetto Alberto Avesani,
proprietario dell’omonima azienda
agricola situata tra le colline dell’entroterra
benacense, immaginò di
poter ospitare nella sua tenuta, di
circa 50 ettari, animali sia autoctoni
che esotici. Tale idea poteva conciliare
il principio di valorizzazione
del territorio con quello di divulgazione
naturalistica.
Chissà cosa c’è di buono qui dentro?
La zona ondulata, coperta di ricca
vegetazione arborea e la grande
disponibilità d’acqua, indussero il
proprietario alla stesura di un progetto
di fattibilità che trovò realizzazione
4 anni più tardi, quando, il 14
giugno 1969, fu inaugurato il primo
stralcio di un progetto denominato
“Parco Zoo del Garda”. Il successo
di pubblico fu clamoroso: oltre
duecentomila persone superarono i
cancelli d’ingresso in soli dodici
mesi. Nel 1973 fu aperto al pubblico
un secondo settore che rappresentava
una nuova frontiera per
l’Italia: il Parco Safari visitabile a
bordo della propria vettura.
Negli anni successivi seguirono iniziative
finalizzate ad arricchire il
panorama di animali presenti nel
Parco: un Rettilario, una Serra
Tropicale e un’area riservata dedicata
a specie estinte in epoche preistoriche,
il Parco Dinosauri, in cui
era possibile, per la prima volta in
Italia, ammirare modelli a grandezza
naturale dei rettili del passato.
Nel 1985 il figlio del fondatore,
Cesare Avesani Zaborra, assume il
ruolo di direttore del parco e avvia
un profondo cambiamento gestionale
armonico con il mutare della
sensibilità naturalistica. A voler sottolineare
una vocazione a tutto
campo nella conservazione della
natura, il nome cambia in Parco
Natura Viva. Da quel momento ha
inizio un intenso periodo di cooperazioni
europee con associazioni ed
enti che porta grandi innovazioni.
Lo staff tecnico cresce in esperienza
grazie ai tanti collaboratori che convogliano
esperienze diverse nell’allevamento,
nella cura e nell’attività
di conservazione delle specie. Nel
1999 il Parco è tra le prime strutture
italiane ad essere riconosciute dal
Ministero dell’Ambiente quale luogo
idoneo per ospitare specie pericolose.
Oggi il Parco Natura Viva, quale
moderno centro di tutela della fauna
a rischio del nostro pianeta, ospita
oltre 1500 animali appartenenti a
200 specie diverse, ambientate in
ampi reparti immersi nel verde.
Visitare una o entrambe le sezioni
del Parco Natura Viva, è un’emozione
unica.
Il Parco Safari si visita a bordo della
propria auto e lungo il precorso si
possono ammirare, a pochi passi
dai finestrini, mandrie di erbivori
come eleganti giraffe, graziose
131

RIVIERA DEGLI OLIVI LAGO
132
zebre, agili antilopi, oppure si possono
avvicinare, in tutta sicurezza,
gruppi di leoni e tigri. Nella sezione
safari è ospitata inoltre la più
numerosa colonia di scimpanzé
d’Italia.
Il Parco Faunistico si visita a piedi
ed ospita numerose ed affascinanti
specie animali rappresentative dei
cinque continenti, molte delle quali
in pericolo di estinzione nel loro
ambiente. Tra gli esemplari più rappresentativi
si possono ammirare il
lupo dalla criniera, i lemuri del
Madagascar, l’orso dagli occhiali, i
leopardi delle nevi e la simpatica
mascotte del Parco, il panda minore.
Collocati all’interno di questo settore
si trovano inoltre la Serra
Tropicale, l’Aquaterrarium e il Parco
Dinosauri. Nella Serra Tropicale il
visitatore può passeggiare immerso
in una vera foresta pluviale mentre
nell’Aquaterrarium possono vedere
da vicino pesci delle barriere coralline,
sauri tropicali ed alcune delle
più grandi specie di serpenti costrittori.
Il Parco Dinosauri, infine, propone
un salto indietro nel tempo:
attraverso modelli a grandezza naturale,
ambientati in scientifiche ricostruzioni
di scene di vita, si possono
ammirare i giganteschi dinosauri
scoprendo alcune loro abitudini.
Per i gruppi organizzati, scolastici e
Uno dei simpatici ospiti del Parco Natura Viva.
non, è a disposizione un qualificato
servizio di visite guidate con esperti
naturalisti in grado di approfondire
la visita alla scoperta del mondo
naturale. Inoltre il Parco ha sviluppato
un innovativo programma di
attività assistita con animali convenzionali
e non (caprette, conigli, tartarughe
giganti, foche, rettili) per
persone diversamente abili.
Località La Figara a Bussolengo.
Il Parco è aperto da marzo a ottobre con
orario continuato dalle ore 09.00 alle ore
18.00.
Nei mesi di febbraio e novembre in funzione
delle condizioni metereologiche.
Dicembre e gennaio chiuso.
Per informazioni: tel. 045 7170113; fax
045 6770247; info@parconaturaviva.it;
www.parconaturaviva.it.
Accessibile a persone diversamente abili.

LAGO RIVIERA DEGLI OLIVI
MUSEO CIVICO
“ATTILIO FEDRIGO”
(SONA)
Un grande gasteropode.
Il museo Civico di Sona, intitolato
ad Attilio Fedrigo, presenta una collezione
privata composta da fossili
di grande bellezza e importanza.
Attilio Fedrigo nacque a Negrar nel
1909 e per tutta la vita coltivò la
passione per le scienze naturali. Nel
1988 donò al Comune di Sona la
sua collezione allo scopo di creare
un museo paleontologico nel paese
dove aveva deciso di stabilirsi. La
morte, avvenuta nel 1992, gli impedì
di veder realizzato il suo sogno;
comunque questo Museo rappresenta
un esempio importante di
come un appassionato cultore delle
scienze naturalistiche possa contribuire
all’arricchimento culturale
della collettività.
Nel Museo Attilio
Fedrigo sono esposti
repertidiprovenienza
italiana ed estera,
con un’ampia visione
del succedersi delle
forme viventi presenti
sulla terra. Si parte
dalle ere più remote
(Paleozoico, oltre 500
milioni di anni fa),
per arrivare
all’Olocenico (qualche
migliaio di anni
fa).
Molto importanti,
all’interno della collezione,
sono i reperti
dell’Era Primaria, le
grandi ammoniti
dell’Era Secondaria,
alcuni grandi gasteropodi
del Terziario,
oltre a resti di elefanti
ed altri mammiferi
dell’Era Quaternaria.
Il pubblico può
vedere alcune centinaia
di reperti che rappresentano
solo una piccola parte della collezione
Fedrigo, ma sufficienti a comprendere
in modo chiaro e preciso
la paleontologia.
Piazza Vittoria 11, Sona
Orari: martedì e venerdì dalle 10.00 alle
13.00 e dalle 14.30 alle 19.00; lunedì,
mercoledì e giovedì dalle 10.00 alle 13.00;
sabato dalle ore 09.00 alle 13.00.
Ingresso gratuito.
Accessibile a persone diversamente abili.
133

RIVIERA DEGLI OLIVI LAGO
134
OASI LAGO DEL FRASSINO
(PESCHIERA DEL GARDA)
L’Oasi del lago del Frassino si trova
a sud del lago di Garda in una
splendida posizione in mezzo alle
colline moreniche in località San
Benedetto di Lugana. È un piccolo
specchio d’acqua formatosi durante
l’ultima glaciazione ma, nonostante
la ridotta superficie di 32 ettari,
rientra all’interno di un ecosistema
ricco di flora e fauna. Sono infatti
quasi 300 le specie di piante presenti
al suo interno e di queste ben
18 sono molto rare nella provincia
di Verona. Oltre 40 sono le specie
di uccelli nidificanti tra cui l’Airone
rosso, il Falco di palude, il
Porcilione, il Tarabusino e molte
altre specie rare. Entrando nella
palude si possono pure incontrare
5 specie di rettili, 5 di anfibi tra cui
la Rana Lataste e 10 specie di
mammiferi.
Se le specie animali sono così
numerose, anche le piante rappresentano
un elemento fondamentale
della palude. Infatti le sponde sono
caratterizzate da un’ampia fascia a
Cannuccia di palude e da piccole
aree su cui si sono insediate Tifa e
Il fascino di questo piccolo specchio d’acqua.
Carici. Belli e suggestivi sono gruppi
di Salici, Pioppi e l’Ontano nero.
Nonostante la superficie ridotta, il
laghetto del Frassino è un’importante
area di svernamento per numerose
specie di uccelli acquatici. Infatti
nei mesi invernali le sue acque
ospitano migliaia di anatre che trovano
in quest’area il luogo ideale
per svernare.
Dal 2000 il lago è stato inserito nell’elenco
dei siti di importanza
comunitaria e negli ultimi decenni
molti sono stati gli interventi di
ripristino e di riqualificazione
ambientale che hanno visto, oltre
alla conservazione delle specie protette,
numerosi lavori per attrezzare
il lago del Frassino con un percorso
naturalistico visitabile tutto l’anno.
Il lago del Frassino è visitabile telefonando
allo 045 9288424.
L’oasi è raggiungibile a piedi lasciando le auto
nel parcheggio del santuario della Madonna
del Frassino. Ingresso gratuito.
Per le visite di gruppo è consigliabile un’autorizzazione
preventiva.

LAGO RIVIERA DEGLI OLIVI
MUSEO DELLA PALAZZINA
STORICA
(PESCHIERA DEL GARDA)
Quando il Veneto era sotto il dominio
austriaco e Peschiera del Garda
faceva parte della linea difensiva
denominata “Quadrilatero” nel
“quartiere militare asburgico della
città”, sulla sponda sinistra del
Canale di Mezzo, sorgeva la
“Palazzina Storica”, una sobria e
bella costruzione in stile neoclassico,
circondata dal secolare parco
Catullo. L’edificio era la
Kommandanten Haus ed era stato
costruito negli anni 1852-1854 in
conformità a disegni risalenti al
1821. È una palazzina a due piani
che conteneva a piano terra due
alloggi per gli ufficiali, la cancelleria
e la cassa militare e sul retro le
rimesse per le carrozze, la scuderia,
il deposito del fieno, la selleria, la
legnaia. Il piano superiore era totalmente
riservato al comandante che,
di solito, aveva il grado di feldmaresciallo:
vi si trovavano gli alloggi
e le sale di rappresentanza.
L’8 novembre 1917, in una sala del
Palazzo di Comando della piazza-
La sala con il tavolo della firma.
forte di Peschiera, si svolse il
Convegno Interalleato presieduto
da Vittorio Emanuele III. Qui fu
decisa la resistenza sul Piave nonostante
la titubanza mostrata dagli
Alleati.
Nella sala "Storica" sembra che il
tempo si sia fermato: tutto è come
allora e la scrivania del re è sovrastata
dal dipinto originale del pittore
decorativista Sinibaldo Tordi che
ricorda quel giorno e raffigura la
sala e chi partecipò all’importante
riunione.
Ogni anno, l’8 di novembre, si svolge
la cerimonia rievocativa dello
storico convegno, ed è l’unica occasione
in cui l’intera costruzione è
aperta al pubblico perché l’edificio
versa in cattivo stato di conservazione
e abbisogna di interventi di
restauro conservativo. Alcuni cimeli
sono stati tolti ma si possono ammirare
gli affreschi del soffitto e vedere
la scrivania originale con calamaio e
penna, la sedia in legno con i braccioli,
spalliera curvata e sedile rive-
135

RIVIERA DEGLI OLIVI LAGO
136
stito in pegamoide, la grande stufa
in maiolica, la cassaforte, alcune
fotografie e cimeli storici bellici, il
busto del re e della regina, le lapidi.
Nel 1953, a distanza di 36 anni
dalla data del Convegno di
Peschiera, su iniziativa di alcuni cittadini,
la Federazione veronese
dell’Associazione Combattenti e
Reduci interviene per rimettere in
efficienza la Sala Storica ed organizzare
una solenne cerimonia per il
suo ripristino. A tale scopo fu costituito
un Comitato d’Onore, un
Comitato Esecutivo di Verona e un
Comitato Locale di Peschiera. L’idea
della riconsacrazione della Sala in
Museo Storico Nazionale, grazie ai
comitati, fu portata avanti con la
speranza che anche enti e privati in
possesso di cimeli storici, armi,
pubblicazioni, quadri raffiguranti
personaggi ed episodi della guerra
1915-1918 (Alleati compresi) ne
facessero generoso omaggio, arricchendo
in tal modo la raccolta di
cimeli già esistente.
La palazzina in stile neoclassico.
Il tavolo della firma.
Attualmente l’edificio è visitabile solo in occasione
della rievocazione dell’8 novembre.

I Musei della città
di Verona
ANFITEATRO ARENA
Piazza Bra
tel. 045 8003204
Arche Scaligere.
ARCHE SCALIGERE
Via Arche Scaligere
CASA DI GIULIETTA
Via Cappello, 23
tel. 045 8034303
TEATRO ROMANO E MUSEO
ARCHEOLOGICO
Regaste Redentore, 2
tel. 045 8000360
TOMBA DI GIULIETTA
E MUSEO DEGLI AFFRESCHI
Via del Pontiere, 35
tel. 045 8000361
TORRE DEI LAMBERTI
Piazza dei Signori,
Cortile Mercato Vecchio
tel. 045 8032726
I MUSEI DELLA CITTÀ DI VERONA
GIARDINO GIUSTI
Via Giardino Giusti, 2
tel. 045 8034029
MUSEO AFRICANO
S. Giovanni in Valle - Vic. Pozzo, 1
tel. 045 596238
MUSEO CASTELVECCHIO
Corso Castelvecchio, 2
tel. 045 594734 - 045 592985
fax. 045/8019729
MUSEO CIVICO DI STORIA
NATURALE
L.go Porta Vittoria, 9
tel. 045 8079400
MUSEO LAPIDARIO MAFFEIANO
Piazza Bra, 28
tel. 045 590087
GALLERIA D'ARTE MODERNA
"PALAZZO FORTI"
Ingresso da Corso S. Anastasia
tel. 045 8001903
FONDAZIONE MUSEO
MINISCALCHI ERIZZO
Via S. Mamaso, 2/a
tel. 045 8032484
SCAVI SCALIGERI
Cortile Ex Tribunale
tel. 045 8007490
MUSEO DELLE RADIO D'EPOCA
presso ITIS "Galileo Ferraris"
Via del Pontiere, 40 tel. 045 595855
MUSEO FERROVIARIO
Stazione FS di Porta Vescovo
tel. 045 8022412 – 045 596703
FONDAZIONE DOMUS
FONDAZIONE CARIVERONA
Via Forti 3/A - tel. 045 8057433
137

Percorsi Tematici
ARCHEOLOGICO
Centro ambientale archeologico
via Fermi tel. 0442 601460
Legnago
Museo Archeologico
p.zza Fracastoro, 8
tel. 045 7235022
Cavaion Veronese
Museo Civico Archeologico
p.zza Forini n. 14
Tel. 0442 579000 0442511045
Gazzo Veronese
Ciotole.
Museo Archeologico
via Roma n. 35 tel. 045 7302553
Isola della Scala
Museo Archeologico
via Balladoro n. 15
tel. 045 6334111
Povegliano Veronese
Museo Civico Archeologico
p.zza Duomo
tel. 0442 410667 0442410662
Cologna Veneta
PERCORSI TEMATICI
Associazione Adige Nostro
Via Beccacivetta c/o Villa Rinaldi
tel. 045 700799
Coriano Veronese di Albaredo
d’Adige
Museo Preistorico e Paleontologico
p.zza G. Dalla Bona
tel. 045 7532656
Sant'Anna d'Alfaedo
Museo Fondazione "Fioroni"
via Matteotti n. 39
tel. 0442 20052
Legnago
Museo del Cittadino
Piazza Roma n. 6
tel. 045 6209929
Caprino Veronese
Deposito museale di Oppeano
Via Roma n.13 tel. 045 6970586
Oppeano
CASTELLI
Museo castello scaligero
via Castello n. 11 tel. 045 7680036
Soave
Museo del castello scaligero
v.le Fratelli Lavanda n. 2
tel. 045 6296111
Torri del Benaco
Ascia neolitica. La limonaia del castello.
139

PERCORSI TEMATICI
140
Museo castello di Bevilacqua
Via Roma n. 2 tel. 0442 93655
Bevilacqua
Museo del risorgimento e mastio
del castello scaligero
p.zza Castello
tel. 045 7902901
Villafranca Veronese
Museo del castello scaligero
via Castello tel. 045 7400837
Malcesine
PALEONTOLOGICO
Museo dei Fossili di Bolca
Via S.Giovanni Battista
tel. 045 6565088
Bolca di Vestenanova
Museo civico
“Don Giuseppe Dalla Tomba”
p.zzale S. Benedetto n.1
tel. 045 7612385
San Bonifacio
Museo Civico " Attilio Fedrigo"
p.zza della Vittoria n. 11
tel. 045 6091229
Sona
Pesci fossilizzati.
Museo dei Fossili
p.zza Marconi tel. 045 7460017
Roncà
Museo Geopaleontologico
della Lessinia
via Covolo n. 1
tel. 045 7835413
045 915155
Camposilvano di Velo Veronese
Museo del Cittadino
p.zza Roma n. 6 tel. 045 6209929
Caprino Veronese
Museo della Pieve
p.zza della Pieve
tel. 045 6800411
S.Giorgio di Sant'Ambrogio di
Valpolicella
Museo Preistorico e Paleontologico
p.zza G. Dalla Bona
tel. 045 7532656
Sant’Anna d’Alfaedo
ETNOGRAFICO
Museo della Civiltà Contadina
Santuario S. Maria dell’Alzana
tel. 045 7635089
Arcole
Museo del castello scaligero
v.le Fratelli Lavanda, 2
tel. 045 6296111
Torri del Benaco
Museo Etnografico dei Cimbri
via Dei Boschi n. 62
tel. 045 7847050
Giazza Selva di Progno -
Museo dei Trombini
via Vittorio Veneto
tel. 045 7847050
San Bortolo Selva di Progno
Museo
Centro di documentazione
delle tradizioni popolari
Via Liberazione n. 1
tel. e fax 045 87401
Forte di San Briccio
Lavagno
Ricostruzione della camera da letto.

Museo Civico Etnografico
“La Lessinia: l’uomo e l’ambiente”
via Spiazzi n. 4 tel. 045 6780280
Bosco Chiesanuova
Museo della Civiltà Contadina
presso Villa Brà
via Dante n. 7
tel. 045 792006 - 045 7320091
Bonferraro di Sorgà
Museo del Fiume
via Duomo n. 5 tel. 045 7150056
Pescantina
Museo della Pieve
p.zza della Pieve tel. 045 6800411
S.Giorgio di Sant'Ambrogio
di Valpolicella
Museo Etnografico
Istituto Tecnico Agrario Statale
“Bentegodi”
via dell’Agricoltura n. 1
tel. 045 6660235
Buttapietra
ERGOLOGICO
Mulino “Bellori”
tel. 045 907483
Lugo di Grezzana
Mulino “dei Gaji”
tel. 045 6564017
Vestenanova
Museo Ergologico "La Giassara"
Via Ghiacciaia tel. 045 7080005
Cerro Veronese
Giassara del Griez
Baito della Colletta
tel. 045 6780280
Bosco Chiesanuova
L’interno del Baito della Colletta.
NATURALISTICO
PERCORSI TEMATICI
Centro di Educazione ambientale
e di tutela della fauna
e flora pre-alpina.
Malga Derocon
tel. 045 707513
Erbezzo.
Orto Botanico di Novezzina
via Generale Graziani n. 10
tel. 045 6247288
Ferrara di Monte Baldo
Bosco del Tartaro
Consorzio di Bonifica Valli Grandi
e Medio Veronesi
tel. 0442 634111
Torretta di Legnago
Palude del Busatello
p.zza S.Pietro in Valle
tel. 0442 550012
Gazzo Veronese
All’interno del Bussatello.
Palude Brusà-Vallette
Associazione Naturalistica
Valle del Brusà
tel. 0442 82029
0442 31709
Cerea
Palude della Pellegrina
Consorzio di Bonifica Agro
Veronese Tartaro Tione Conagro
045-8004392
Isola della Scala, Nogara, Erbè
Parco urbano
Valle del Menago
I.A.T. di Bovolone
tel. 045-6901489
Bovolone
141

PERCORSI TEMATICI
142
Parco Natura Viva
Loc. Figara tel. 045 7170052
Bussolengo
Parco di Villa Sigurtà
via Cavour n.1
tel. 045 6371033
Valeggio sul Mincio
Museo Botanico della Lessinia
via Bacilieri n. 19
tel. 045 7720185
Molina di Fumane
Fiori da conoscere.
Grotta di Monte Capriolo
tel. 045 918484
Roverè Veronese
Oasi della Bora
Povegliano Veronese
Oasi di Monte Purga
Valle dei Covoli
Velo Veronese
Oasi di protezione Monte Luppia
San Vigilio e Rocca di Garda
Garda
Oasi di protezione
Torricelle e Vajo Galina
Verona
Oasi di protezione
Laghetto del Frassino
Peschiera del Garda
Oasi di protezione
Basso Garda
Garda, Bardolino,Lazise
Oasi di protezione Adige Sud
Porto San Pancrazio - Ca’ del Bue
Verona
NAPOLEONICO
ERISORGIMENTALE
Museo Napoleonico "G. Antonelli"
via Nuova
tel. 045 7635423 0457635020
Arcole
Museo del Risorgimento e mastio
del castello scaligero
p.zza Castello
tel. 045 7902901
Villafranca Veronese
Museo Napoleonico
p.zza Napoleone n. 1
tel. 045 7280179 045 7281166
Rivoli Veronese
Museo della Grande Guerra
Forte Wohlgemuth
tel. 045 7281166
Rivoli Veronese
Museo Fondazione "Fioroni"
via Matteotti n. 39 tel. 0442 20052
Legnago
Sala dei patrioti.
Ossario di Custoza
Via Ossario
tel. 045 516413 - 045 8971355
Custoza di Sommacampagna
Museo della Palazzina Storica
Parco Catullo n. 1
tel. 045 7550938
Peschiera del Garda

TECNICO
Museo dell’Artigianato del Legno
area ex Perfosfati tel. 0442 30411
Cerea
Museo del “Ferro Battuto”
tel. 045 6508630
Cogollo di Tregnago
Museo "Nicolis" dell'Auto, della
Tecnica, della Meccanica
via Postumia tel. 045 6303289
Villafranca Veronese
Museo del Mobile
Villa Dionisi Tacoli
tel. 0442 365112
via Ca' del Lago
Cerea
Specchiera.
Museo dell’Olio
Oleificio Cisano del Garda s.r.l.
via Peschiera n. 54
tel. 045 6229047
Cisano di Bardolino
Museo etnografico
I.T.A.S. “ Bentegodi”
v.le Dell’Agricoltura n. 1
tel. 045 6660235
Buttapietra
Museo del Vino
Via Costabella n. 9 tel. 045 6228331
Bardolino
ARTISTICO
PERCORSI TEMATICI
Associazione Adige Nostro
Via Beccacivetta c/o Villa Rinaldi
tel. 045 700799
Coriano Veronese di Albaredo
d’Adige
Museo civico “Lionello Fiumi”
Via Lionello Fiumi n. 17
tel. 0442 689044
Roverchiara
Museo Fondazione "Fioroni"
via Matteotti n. 39 tel. 0442 20052
Legnago
Villa della Torre Cazzola
via della Torre tel. 045 912104
Fumane
Villa Del Bene
via dell’Adige tel. 045 7731972
Volargne di Dolcè
Giardino di Villa Rizzardi
tel. 045 7210028
fax 045 7210704
Pojega di Negrar
Giardino di Villa Verità Fraccaroli
Via Boschetto n. 6
tel. 045 8980154
San Pietro di Lavagno
Immagine invernale del giardino.
Museo della Pieve
p.zza della Pieve
tel. 045 6800411
San Giorgio di Sant’Ambrogio di
Valpolicella
Museo civico
presso Villa Carlotti
p.zza Roma n. 6 tel. 045 6209929
143

144
AUTORIZZAZIONI
Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto
Na u s i c a a
Nucleo Archeologia Umida Subacquea
Ita li a Ce n tr o Alto Ad r i a ti c o - Ve n e z i a
Autorizzazione n° 2.997 del 3 ottobre 2005 per le fotografie del libro
“I Musei della Provincia di Verona” a pag. 70 e 71
Soprin ten d en za per il Patrim on io Storic o Artistic o ed Etn oan tropolog ic o per
le provincie di Verona, Vicenza e Rovigo
Ve r o n a
Si autorizza la pubblicazione dell’immagine Ch e ru bin o del Museo
Fioroni di Legnago (VR)
ai sensi degli artt. 106 e 107 del DL. 22-01-2004 n° 42
posto a pag. 45 del libro “I Musei della Provincia di Verona” tratta
dall’Archivio fotografico soprintendenza per il patrimonio storico, artistico
ed etnoantropologico di Verona, Vicenza e Rovigo.
19 Settembre 2005
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto
Padova
Vista l’importante valenza culturale e promozionale dell’iniziativa si
autorizza l’utilizzo di foto di reperti e siti archeologici per una guida
ai musei del territorio.
Quest’ufficio ha preso in esame le foto proposte per la pubblicazione
nella Guida ai Musei della Provincia e concorda pienamente nella
scelta. 27 Aprile 2005 - Prot. n° 6328

Testi
BIBLIOGRAFIA
G.Belluzzo, Archeologia e Scuola – Centro Ambientale di Legnago,
Legnago2003
G. A. Antonelli, Museo Napoleonico di Arcole, Comune di Arcole 1986.
G. Ballarin, Nuova Guida al Museo Napoleonico di Arcole, Comune di
Arcole 2003.
E. Santi, Da Arcole alla storia, Comune di Arcole 2000
D. Coltro, L’Alzana. Santuario e memoria contadina, Comune di Arcole
2003.
Nazario Barone – Comitato del Museo del Risorgimento, Comune di
Villafranca.
“Musei Etnografici del Veneto”, Guide Artistiche Electa
L’Oasi del Lago del Frassino – Provincia di Verona - Settore faunistico
ambientale – Cierre grafica – Verona
Oasi provinciali per la protezione della fauna selvatica – Provincia di
Verona – Assessorato alla Tutela Faunistico Ambientale.
E.Castellaccio, Collezione di Fossili e Minerali don Giuseppe Dalla Tomba –
1994AA.VV. – Museo Civico Geopaleontologico “Abate Don Giuseppe
Dalla Tomba” – Guida al Museo – Comune di S.Bonifacio
U. La Pietra - Osseervatorio sull’Arte nel mobile
R. Adami, Mausoleo Sacrario 1848 1866 Custoza, Sommacampagna 2003
P. Brugnoli, San Giorgio Ingannapoltron di Valpolicella, Vago di Lavagno
1995
G. Conati O. Beghini, San Lorenzo di Pescantina, Settimo di Pescantina 2000
S. Conte, Sona, Sommacampagna
S. Joppi, Museo Napoleonico, Comune di Rivoli Veronese
Autori Vari, Itinerari Turistici del Territorio Veronese, Unpli Verona.
A.M. Conforti Calcagni, Bellissima è dunque la rosa, Trebaseleghe 2003
M. G. Martelletto M. Cova, Villa Del Bene, Soprintendenza per i Beni
Architettonici e per il Paesaggio di Verona, Vicenza, Rovigo.
M. Canella, Musei nel Veneto, Mestre – Venezia 2004
F. Occhi A. Garau, Alla scoperta di Pievi e Oratori, Vago di Lavagno 2001
F. Occhi A. Garau, A pelo d’acqua... , Vago di Lavagno 2003
Depliant Turistici
AA.VV. – Lago di Garda – Verona 2000
AA.VV. – Guida all’agriturismo nella provincia di Verona – Coldiretti e
Terranostra
AA.VV. – Castelli tra Padova e Verona 2004
AA.VV. - Comune di Legnago – Work Shop notizie
AA.VV. – Comune di Villafranca di Verona – Work Shop notizie
AA.VV. – Rievocazioni storiche nel Veneto – Regione del Veneto 2004
AA.VV. – Museo di Molina – Parco Naturale Regionale della Lessinia
AA.VV. – Orto Botanico del Monte Baldo – Comunità Montana del Baldo
AA.VV. – Museo del Risorgimento – Comune di Villafranca
145

146
BIBLIOGRAFIA
AA.VV. – Il mulino dell’acqua di Bellori e il Baito per la lavorazione del
latte – Comune e Pro Loco di Grezzana
AA.VV. – Parco Giardino Sigurtà – Dove la natura supera la fantasia
AA.VV. – Parco Natura Viva – 2003
AA.VV. – Guida al Parco Valle del Menago – Città di Bovolone 2002
AA.VV. – Guida turistica di Bovolone
AA.VV. – Museo-Castello di Bevilacqua – 700 anni di storia, un mondo di
opportunità
AA.VV. – Museo N icolis dell’auto – della Tecnica – della meccanica –
Villafranca
AA.VV. - Morelato – Ricerca e sperimentazione – Alinea 2002
AA.VV. - Il mondo contadino nel forte di S.Briccio – Centro Culturale di
Lavagno 1994
AA.VV. – Vivi la Valle del Menago – Associazione Valle del Menago
AA.VV. – Riserva naturale Palude del Brusà – Associazione naturalistica
Valle Brusà
AA.VV. – Oasi della palude del Busatello- WWF – Le oasi del Veneto
AA.VV. – L’oasi della valle o palude del Busatello – WWF 1996
AA.VV. – Il Bosco del Tartaro – Consorzio di Bonifica Valli Grandi e Medio
Veronesi
AA.VV. – La palude Brusà –Vallette osservazioni ornitologiche – Centro
Culturale Bruno Bresciani Cerea 1990
AA.VV. – Gusti e sapori della Pianura Veronese – Consorzio Pro Loco Basso
Veronese, 2005
AA.VV. – Tra L’Adige e il Tartaro – Consorzio Pro loco Basso Veronese,
1999
AA.VV. – L’oasi del lago del Frassino – Provincia di Verona
AA.VV. – C. Castiglioni F. Legnaghi, Villa Della Torre Cazzola a Fumane
AA.VV. – Il Castello di Soave
AA.VV. – Itinerari archeologici e Naturalistici in Lessinia e in Valpolicella,
Parca Naturale Regionale Lessinia
AA.VV. – Il Castello scaligero di Torri del Benaco, Museo del Castello scaligero
AA.VV. – Giazza Ljetzan, Publiart
AA.VV. – La Lessinia dei Cimbri, Curatorium Cimbricum Veronense
AA.VV. – Forte Wohlgemuth, Associazione Amici del forte
AA.VV. – Museo Civico Archeologico di Cavaion Veronese, Associazione
Archeologica Cavaionese
AA.VV. – A. Mellini, Museo Fedrigo – Sona, GRB srl
AA.VV. – Museo della civiltà contadina e dei lavori artigianali, villa Brà
Bonferraro
Da inter net
www.icastelli.it Elisa Corbetti
www.comunesoave.it
www.museodelvino.it
www.guerrieri-rizzardi.it
www.lessiniamusei.it
www.museo.com

INDICE
Presentazione della provincia ...............................................pag. 5
Note degli Autori.......................................................................“ 7
Ringraziamenti...........................................................................“ 9
LA PIANURA - TIONE TARTARO
Oasi Adige Sud (Verona).........................................................“ 13
Ossario di Custoza (Sommacampagna)...................................“ 14
Parco giardino Sigurtà (Valeggio sul Mincio)..........................“ 15
Museo del Risorgimento (Villafranca Veronese) .....................“
Museo Nicolis dell’auto della tecnica della meccanica
17
(Villafranca Veronese) .............................................................“ 19
Museo Archeologico (Povegliano Veronese) ..........................“ 21
Oasi della Bora (Povegliano Veronese) ..................................“
Museo della civiltà contadina e dei lavori artigianali
23
(Bonferraro di Sorgà) ..............................................................“ 24
Palude della Pellegrina (Isola della Scala, Nogara, Erbè).......“
Museo Archeologico di Isola della Scala
25
(Isola della Scala)....................................................................“
Museo etnografico dell’Istituto Agrario Statale
26
Bentegodi (Buttapietra)...........................................................“ 28
LA PIANURA - TARTARO ADIGE
Parco Valle del Menago (Bovolone) .......................................“
Palude del Busatello – San Pietro in Valle
33
(Gazzo Veronese) ....................................................................“ 34
Museo Archeologico (Gazzo Veronese) ..................................“ 36
Palude del Brusà (Cerea) ........................................................“ 37
Museo civico “Artigianato del Legno” (Cerea)........................“
Fondazione Aldo Morelato Osservatorio sull’Arte
39
Applicata nel Mobile (Cerea) ..................................................“ 40
Bosco del Tartaro (Torretta di Legnago).................................“ 42
Museo Fioroni (Legnago) ........................................................“ 43
Museo Civico Centro Ambientale Archeologico (Legnago) ....“ 46
Il castello Bevilacqua (Bevilacqua).........................................“ 49
Museo “Lionello Fiumi” (Roverchiara) ....................................“ 52
Deposito museale di Oppeano (Oppeano).............................“ 53
147

148
INDICE
LA PIANURA - EST VERONESE
Oasi Torricelle e Vajo Galina (Verona) ...............................Pag. 57
Museo della Cultura Contadina (Lavagno) Centro di
Documentazione delle Tradizioni Popolari ...........................“ 58
Villa Verità Fraccaroli (San Pietro di Lavagno) .....................“ 59
Castello scaligero di Soave (Soave) ......................................“
Museo Civico Geopaleontologico
61
“Abate don Giuseppe Dalla Tomba” (San Bonifacio) ...........“ 63
Museo Napoleonico “Gustavo Alberto Antonelli” (Arcole) ...“ 65
Museo della Civiltà Contadina (Arcole).................................“
Museo Civico Archeologico
67
di Cologna Veneta (Cologna Veneta) ...............................................“ 68
Museo Civico (Albaredo d’Adige)..........................................“ 70
MONTAGNA - EST LESSINIA
Museo Paleontologico (Roncà) ...............................................“ 75
Mulino dei Gaji (Vestenanova)................................................“
Museo dei Fossili di Bolca e luoghi di scavo
76
(Vestenanova) ..........................................................................“ 77
E la pesciara ............................................................................“ 78
Museo dei Trombini a San Bortolo (Selva di Progno)............“ 79
Museo dei Cimbri a Giazza (Selva di Progno)........................“
Museo geo-paleontologico di Camposilvano
80
(Velo Veronese) .......................................................................“ 81
Grotta del Monte Capriolo (Roverè Veronese) .......................“ 82
Oasi Monte Purga (Velo Veronese) .........................................“ 83
Museo del ferro battuto e delle antiche arti
a Cogollo (Tregnago) ..............................................................“ 84
MONTAGNA - LESSINIA - VALPOLICELLA
Mulino Bellori a Lugo di Grezzana (Grezzana) ......................“ 87
Riparo Tagliente (Grezzana) ...................................................“ 88
Museo Ergologico "La giassara" (Cerro Veronese) ..................“ 90
Museo etnografico (Boscochiesanuova)..................................“ 91
Giassàra del Griez ...................................................................“ 92
Baito della Colletta..................................................................“ 92

INDICE
Centro di educazione ambientale
Malga Derocon (Erbezzo) ...................................................Pag. 93
Museo preistorico e paleontologico (Sant’Anna d’Alfaedo) ..“ 95
Il Ponte di Veja (Fumane)......................................................“ 96
Museo botanico della Lessinia di Molina (Fumane)..............“ 97
Parco delle Cascate di Molina (Fumane)...............................“ 98
La “Grotta dello Sciamano" Fumane ......................................“ 99
Villa Della Torre Cazzola (Fumane) ......................................“
Museo della Pieve a San Giorgio Ingannapoltron
100
(Sant’Ambrogio di Valpolicella).............................................“ 102
Giardino di Pojega, villa Rizzardi (Negrar) ...........................“ 103
MONTAGNA - VAL D’ADIGE - BALDO
Museo dell’Adige (Pescantina) ..............................................“ 107
Villa del Bene (Dolcè)...........................................................“ 109
Riparo Soman (Dolcè) ...........................................................“ 111
Museo della Grande Guerra (Rivoli Veronese) .....................“ 112
Museo Napoleonico (Rivoli Veronese).................................“ 113
Museo Civico Archeologico (Cavaion Veronese) ..................“ 116
Museo civico di Villa Carlotti (Caprino Veronese)................“ 118
Orto Botanico di Novezzina (Ferrara di Monte Baldo).........“ 119
LAGO - RIVIERA DEGLI OLIVI
Museo del Castello Scaligero (Malcesine) .............................“ 123
Museo del Castello Scaligero (Torri del Benaco)..................“ 124
Oasi Monte Luppia e Rocca di Garda (Garda) .....................“ 126
Museo del vino (Bardolino) ..................................................“ 127
Oasi Basso Garda (Garda, Bardolino, Lazise).......................“ 128
Museo dell’olio a Cisano (Bardolino) ...................................“ 129
Parco Natura Viva (Bussolengo) .......................................... “ 131
Museo Civico Attilio Fedrigo (Sona) .....................................“ 133
Oasi Lago del Frassino (Peschiera del Garda) ......................“ 134
Museo della Palazzina Storica (Peschiera del Garda) ..........“ 135
149

150
INDICE
I MUSEI DELLA CITTÀ DI VERONA
I Musei della città di Verona .............................................Pag. 137
PERCORSI TEMATICI
Archeologico..........................................................................“ 139
Castelli ...................................................................................“ 139
Paleontologico .......................................................................“ 140
Etnografico.............................................................................“ 140
Ergologico..............................................................................“ 141
Naturalistico...........................................................................“ 141
Napoleonico e Risorgimentale...............................................“ 142
Tecnico ..................................................................................“ 143
Artistico..................................................................................“ 143
Autorizzazioni........................................................................“ 144
Bibliografia ............................................................................“ 145

Fin ito d i sta m pa r e
nel m ese di ottobre 2005
Via Maestri del Lavoro, 2
37048 Z.I. Legnago (VR)
Tel. 0442 600401
Fax 0442 600455