Ambiente_e_Sicurezza..

INSERTO
Prontuario delle Bonifiche
Il questionario per la raccolta dei dati 2007
SPECIALE
Certificazione e qualità
SGA ed EMAS:
applicazioni e casi di specie (2 a parte)
IGIENE E SICUREZZA
Sicurezza del lavoro
TU: efficienza ed efficacia
per il riordino della disciplina
Dall’INAIL
i chiarimenti sui libri obbligatori
Sicurezza in cantiere
L’orientamento europeo
sulle cadute dall’alto
AMBIENTE
Energia
Riqualificazione degli edifici:
i chiarimenti dalle Entrate
Tutela ambientale
Che prospettive dal ddl di penalizzazione?
MODULO DA PAGINA I
ARTICOLI DA PAGINA
ARTICOLO A PAGINA
COMMENTO A PAGINA
TESTO A PAGINA
ARTICOLO A PAGINA
TESTO A PAGINA
ARTICOLO A PAGINA
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4
NOVITÀ
GAZZETTAUFFICIALE:GLIULTIMI15GIORNI
GAZZETTAUFFICIALEREPUBBLICAITALIANA
ARGOMENTO PROVVEDIMENTO TITOLO PUBBLICATOIN
Aria Decretolegislativo
11luglio2007,n.94
DecretodelMinistero
deiTrasporti
3maggio2007
Contributi
efinanziamenti Deliberazione
dell’Autorità
perl’energiaelettrica
eilgas
22giugno2007,n.143
Tutela
ambientale
Deliberazione dell’Autoritàperl’energiaelettrica
e il gas 22 giugno
2007,n.142
DecretodelPresidente
dellaRepubblica
14maggio2007,n.90
AMBIENTE
«Attuazione della direttiva 2006/7/CE,
concernente la gestione delle acque di
balneazione,nellaparterelativaall’ossigeno
disciolto»
«Recepimento della direttiva 2005/64/
CE del Parlamento europeo e del Consiglio
del 26 ottobre 2005 sull’omologazionedeiveicoliamotore,perquantoriguarda
la loro riutilizzabilità, riciclabilità
e recuperabilità e che modifica la
direttiva 70/156/CEE del Consiglio»
«Modalitàdicontribuzioneaglioneridi
funzionamentodell’Autoritàperl’energia
elettrica e il gas»
«Determinazione della misura del contributo,perl’anno2007,perilfunzionamento
dell’Autorità per l’energia elettrica
e il gas»
«Regolamentoperilriordinodegliorganismi
operanti presso il Ministero dell’AmbienteedellaTuteladelterritorioe
del mare, a norma dell’articolo 29 del
decreto­legge4luglio2006,n.223,convertito,
con modificazioni, dalla legge 4
agosto 2006, n. 248»
GAZZETTAUFFICIALEDELLECOMUNITÀEUROPEE
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
GazzettaUfficiale
del16luglio2007,n.163
Insintesiapag.107
Gazzetta Ufficiale
del 18 luglio 2007,
n.165
GazzettaUfficiale
del16luglio2007,n.163
GazzettaUfficiale
del16luglio2007,n.163
S.O.n.157
allaGazzettaUfficiale
del10luglio2007,n.158
Insintesiapag.107
ARGOMENTO PROVVEDIMENTO PUBBLICATOIN
Igiene
dialimenti
ebevande
SICUREZZA
«Direttiva2007/43/CEdelConsigliodel28giugno2007chestabilisce G.U.C.E.L
normeminimeperlaprotezionedeipolliallevatiperlaproduzione del12luglio2007,n.182
dicarne»
Insintesiapag.82
«Regolamento(CE)n.834/2007delConsigliodel28giugno2007re­ G.U.C.E.L
lativoallaproduzionebiologicaeall’etichettaturadeiprodottibio del20luglio2007,n.189
logiciecheabrogailregolamento(CEE)n.2092/91»
Insintesiapag.82
Iltestoèdisponibileon­lineall’indirizzo
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
14 agosto 2007 ­ N. 16

Insintesi
14 agosto 2007 ­ N. 16
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SOMMARIO
INSERTO ............................................................................................................................... p. 8
SPECIALE ............................................................................................................................. p. 8
IGIENE E SICUREZZA................................................................................................................ p. 8
AMBIENTE ............................................................................................................................. p. 10
Articoli
Approfondimenti
l Prontuario delle bonifiche
Questionario di raccolta dati 2007....................................................................................... p. I
l La certificazione di prodotto Ecolabel è realmente un fattore competitivo?
di Fabio Iraldo ..................................................................................................................... p. 14
l Dichiarazione ambientale di prodotto: la sostenibilità in chiave competitiva
di Adriana Del Borghi, Fabio Iraldo, Gian Luca Baldo e Maurizio Fieschi ........................... p. 19
l Aspetti ambientali indiretti dell’EMAS: il caso del dipartimento ARPAT di Lucca
di Fabio Iraldo e Francesco Testa ....................................................................................... p. 24
l EMAS negli ambiti produttivi omogenei: è attestazione o registrazione?
di Daniele Pernigotti e Enrico Meggiolaro ........................................................................... p. 28
l Gestione ambientale e della sicurezza: l’applicazione al settore idroelettrico
di Maurizio Agosta, Luca Dellai, Mario Introzzi, Giorgio Penati e Emilio Warnots ............... p. 33
l Con l’entrata in vigore dell’edizione 2007 la BS OHSAS 18001 diventa “norma”
di Fabio Fortunati ................................................................................................................ p. 42
l Controlli igienico-sanitari degli alimenti: le insidie nascoste nella nuova disciplina
di Maurizio Podico............................................................................................................... p. 48
l Alluminio e leghe a contatto con alimenti: pubblicato il decreto di disciplina igienica
di Claudio de Cani e Riccardo Giambelli ............................................................................. p. 51
l Apparecchi semplici a pressione: immissione sul mercato e utilizzazione
di Franco Musilli .................................................................................................................. p. 54
l Non solo efficienza, ma anche efficacia per il riordino delle norme di sicurezza
di Cinzia Frascheri .............................................................................................................. p. 57
l La carta di qualificazione del conducente per il trasporto di merci e persone
di Pietro Verna .................................................................................................................... p. 60
l Chiarimenti INAIL sui libri obbligatori: che ricadute per l’attività ispettiva?
di Mario Gallo...................................................................................................................... p. 64
l Il coordinatore in fase di esecuzione tra obblighi e responsabilità
di Gabriele Taddia ............................................................................................................... p. 69
l Ottimizzazione delle procedure in quota: l’orientamento europeo e regionale
di Marco Masi e Susanna Festinese ................................................................................... p. 72
l Tra considerazioni e suggerimenti l’evoluzione della valutazione degli oneri
di Matteo Tomaiuolo............................................................................................................ p. 75
l Si allunga la lista delle merci pericolose per il trasporto marittimo alla rinfusa
di Pietro Verna .................................................................................................................... p. 78
5

6
SOMMARIO
l Delega di funzioni e forma scritta
di Pierguido Soprani............................................................................................................ p. 83
l La detrazione per riqualificare gli edifici non è cumulabile con altre agevolazioni
di Daniele Verdesca ............................................................................................................ p. 90
l La gestione integrata dei rifiuti tra esigenze di tutela e costi di servizio
di Annalisa Guercio............................................................................................................. p. 93
l Trasporto, iscrizione e fideiussioni: le novità dall’Albo gestori ambientali
di Rosanna Laraia............................................................................................................... p. 100
l Penalizzazione dei delitti ambientali: quali novità dal disegno di legge?
di Francesco Castoldi.......................................................................................................... p. 103
l Prescrizioni all’esercizio di uno scarico e discrezionalità della PA
di Cesare Parodi ................................................................................................................. p. 109
Legislazione
l La carta di qualificazione del conducente per il trasporto di merci e persone
Decreto del Ministero dei Trasporti 3 maggio 2007 ............................................................. p. 62
l Si allunga la lista delle merci pericolose per il trasporto marittimo alla rinfusa
Decreto del Ministero dei Trasporti 10 aprile 2007 .............................................................. p. 80
l Prodotti avicoli
Direttiva 2007/43/CE del Consiglio 28 giugno 2007 .................................................................. p. 82
l Prodotti da agricoltura biologica
Regolamento (CE) del Consiglio 28 giugno 2007, n. 834/2007........................................... p. 82
l Acque da balneazione
Decreto legislativo 11 luglio 2007, n. 94 .............................................................................. p. 107
l Riordino del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare
Decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90........................................ p. 107
Prassi
l Chiarimenti INAIL sui libri obbligatori: che ricadute per l’attività ispettiva?
Circolare INAIL - Direzione centrale rischi 4 giugno 2007, prot. n. 60010/04.06.2007/0004609 ...
l La detrazione per riqualificare gli edifici non è cumulabile con altre agevolazioni
p. 67
Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate
Direzione centrale normativa e contenzioso 5 luglio 2007, n. 152 ..........................................
l Trasporto, iscrizione e fideiussioni: le novità dall’Albo gestori ambientali
p. 91
Circ. Comitato nazionale Albo gestori ambientali 29 maggio 2007, Prot. n. 1126/ALBO/PRES ....... p. 102
Circ. Comitato nazionale Albo gestori ambientali 29 maggio 2007, Prot. n. 1131/ALBO/PRES .... p. 102
Circ. Comitato nazionale Albo gestori ambientali 31 maggio 2007, Prot. n. 1197/ALBO/PRES .... p. 102
Giurisprudenza
l DPI e comportamento anomalo del lavoratore
Cassazione civile, sezione lavoro, 20 aprile 2007, n. 9421 ................................................. p. 87
l Danno morale da elettromagnetismo
Cassazione civile, sez. II, 23 gennaio 2007, n. 1391........................................................... p. 112
l Rifiuti: competenza riservata e separata
Corte Costituzionale, 26 giugno 2007, n. 239/2007 ............................................................ p. 112
l Concreta idoneità della condotta rumorosa
Cassazione penale, sez. I, 19 gennaio 2007, n. 1561......................................................... p. 113
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14 agosto 2007 ­ N. 16

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SINTESI
INSINTESI
8
RUBRICA
Inserto
PRONTUARIO DELLE BONIFICHE
QUESTIONARIO................................................................................................................................................................................. da pag. II
QuestionarioperlesocietàiscritteallaCategoria9dell’Albonazionaledeigestoriambientali ­ In osservanza del D.Lgs. n. 152/2006,
l’ormai tradizionale pubblicazione “IlProntuariodelleBonifiche” da quest’anno raccoglierà i dati relativi alle sole imprese iscritte alla Categoria
9 dell’Albo nazionale dei gestori ambientali (Bonificasiti). A questo proposito, pubblichiamo il questionario per la raccolta dei dati.
Speciale
CERTIFICAZIONEEQUALITÀ
ARTICOLI ..................................................................................................................................................................................................da pag. 14
SGAedEMAS:applicazioniecasidispecie(2 a parte)­Dopo avere analizzato le diverse applicazioni dello strumento “sistema di gestione
ambientale”, la seconda e ultima parte dello Speciale dedicata a SGA ed EMAS passa in rassegna il valore competitivo dell’Ecolabel, la
dichiarazione ambientale di prodotto (EPD), l’applicazione della gestione ambientale e della sicurezza al settore idroelettrico, nonché i casi di
attestazione e registrazione EMAS, rispettivamente per alcuni Ambiti produttivi ottimali (per lo più ancora a livello progettuale) e per il
dipartimento ARPAT di Lucca.
Igieneesicurezza
CERTIFICAZIONEEQUALITÀ
ARTICOLO ..................................................................................................................................................................................................a pag. 42
Con l’entrata in vigore della versione 2007 la BS OHSAS 18001 diventa “norma” ­ La OHSAS 18001:1999 non aveva, in realtà, la
connotazione di “norma” riconosciuta, bensì di “specifica”, vale a dire di documento che può essere oggetto di un rapporto di natura
contrattuale tra le parti ma non costituisce una regola stabilita. La BS OHSAS 18001:2007, che sostituisce la precedente versione, configurandosi
come vera e propria “norma” sui sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL), offre alle aziende un riferimento internazionale
più riconosciuto e aggiornato con le considerazioni derivate dall’applicazione dellostandard da parte di migliaia di aziende nel mondo intero.
Alcune tabelle sinottiche di confronto possono aiutare a visualizzare meglio i cambiamenti.
IGIENEDIALIMENTIEBEVANDE
ARTICOLO ..................................................................................................................................................................................................a pag. 48
Controlliigienico­sanitarideglialimenti:leinsidienascostenellanuovadisciplina­La sostituzione dell’autorizzazione sanitaria con la
cosiddetta “dichiarazione di inizio attività” (conseguente all’applicazione del “pacchetto igiene”e, in particolare, del regolamento n. 852/2004)
solo apparentemente rappresenta una notevole semplificazione dal punto di vista amministrativo­burocratico, nascondendo, in verità, non
poche criticità, come, ad esempio, il fatto che per le regioni che abbiano già optato per la formula di abolizione dell’emissione delle
autorizzazioni sanitarie vi sia un problema legato alla conseguente sospensione del parere preventivo, cosa che pone sia l’imprenditore che gli
organi di controllo in una situazione abbastanza delicata.
ARTICOLO ..................................................................................................................................................................................................a pag. 51
Alluminioelegheacontattoconalimenti:pubblicatoildecretodidisciplinaigienica­Obblighi per produttori e utilizzatori industriali e
commerciali; responsabilità per l’importatore relativamente ai prodotti importati da paesi terzi; applicazione a oggetti per uso alimentare nei
quali l’alluminio è a contatto diretto con alimenti, purché non rivestiti da un altro materiale che esplichi un effetto barriera con gli alimenti a
contatto. Queste alcune delle novità più significative del decreto del Ministero della Salute 18 aprile 2007, n. 76 «Regolamento recante la
disciplinaigienicadeimaterialiedeglioggettidialluminioedileghedialluminiodestinatiavenireacontattoconglialimenti», in vigore dal 5
luglio 2007.
SINTESI ........................................................................................................................................................................................................a pag. 82
Prodotti avicoli ­ La direttiva 2007/43/CE del Consiglio 28 giugno 2007 reca le nuove norme igienico­sanitarie per l’allevamento dei polli
destinati alla produzione di carne, non applicabile, però, alle aziende con meno di 500 polli (soglia minima), alle aziende in cui sono allevati
soltanto gruppi di polli per la riproduzione, agli incubatori, ai polli allevati estensivamente al coperto e all’aperto e ai polli allevati con metodi
biologici (inG.U.C.E. L del 12 luglio 2007, n. 182).
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RUBRICA
SINTESI
SINTESI ........................................................................................................................................................................................................a pag. 82
Prodotti da agricoltura biologica ­ Il regolamento del Consiglio 28 giugno 2007, n. 834/2007, tratta della nuova disciplina comunitaria
recante la base per lo sviluppo sostenibile della “produzione biologica”, assicurando l’efficace funzionamento del mercato interno, garantendo
una concorrenza leale e assicurando la fiducia dei consumatori, tutelandone gli interessi (inG.U.C.E. L del 20 luglio 2007, n. 189).
SICUREZZADEGLIIMPIANTI
ARTICOLO...................................................................................................................................................................................................a pag. 54
Immissione sul mercato e utilizzazione degli apparecchi semplici a pressione ­ Il decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 311, di
attuazione delle direttive 87/404/CE e 90/488/CE, ha fornito la definizione dei “recipienti a pressione semplici”, le cui caratteristiche principali si
riscontrano nell’essere realizzati con saldature, fabbricati in serie, destinati a contenere aria o azoto, non destinati a essere esposti alle fiamme o
a impieghi nucleari ecc. (art. 1). Questa tipologia di apparecchiature è suddivisa in classi, dallaa) allac), e, in funzione della pressione massima di
esercizio, sono previste diverse modalità di messa in servizio.
SICUREZZADELLAVORO
ARTICOLO.................................................................................................................................................................................................. a pag. 57
Nonsoloefficienza,maancheefficaciaperilriordinodellanormativadisicurezza ­ Da circa un anno le istituzioni stanno lanciando un
chiaro segnale di volere intraprendere una lotta aperta contro gli illeciti in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, promuovendo una
pianificazione coordinata delle azioni di prevenzione. Dopo l’approvazione al Senato, il testo della delega al Governo per il riassetto della
normativa di sicurezza è giunto all’esame della Camera, per giungere il più in fretta possibile al testo finale. Nasce il dubbio però che questa
efficienza porti a risultati realmente efficaci.
COMMENTO ..............................................................................................................................................................................................a pag. 60
TESTO .........................................................................................................................................................................................................a pag. 62
Al via la carta di qualificazione del conducente per il trasporto stradale di merci e persone ­ Definite dal Ministero dei Trasporti ­
Dipartimento trasporti terrestri, con decreto 3 maggio 2007, le caratteristiche del modello della carta di qualificazione del conducente (CQC).
Tutti coloro che intendono munirsi della patente di categoria C, C+E, D e D+E devono possedere la CQC, la quale può essere richiesta ai
conducenti residenti in Italia oppure a quelli che appartengono a Stati non della UE o allo Spazio economico europeo che però sono alle
dipendenze di una impresa di autotrasporto italiana (in S.O. n. 96 allaGazzettaUfficiale del 5 aprile 2007, n. 125).
COMMENTO ..............................................................................................................................................................................................a pag. 64
TESTO......................................................................................................................................................................................................... a pag. 67
Libriobbligatori:ichiarimentidell’INAILeiriflessisull’attivitàispettiva ­ L’omessa istituzione ed esibizione dei libri paga e matricola è
l’oggetto del chiarimento della circolare INAIL 4 giugno 2007, prot. n. 60010/04.06.2007/0004609. Infatti, l’Istituto ha ritenuto opportuno
fornire alcune istruzioni operative alle proprie strutture territoriali in tema di tenuta dei libri obbligatori relativi al rapporto di lavoro, adempimento
che, negli ultimi tempi, si è notevolmente complicato a causa dell’inasprimento del sistema sanzionatorio.
CASO ..........................................................................................................................................................................................................a pag. 83
Delegadifunzionieformascritta­L’accertamento della responsabilità nel settore della prevenzione degli infortuni e dell’igiene nei luoghi di
lavoro è condizionato dalla frequente suddivisione dei compiti e ripartizione delle competenze. Infatti, nelle organizzazioni di lavoro complesse
come le imprese, spesso le violazioni di legge si possono ricondurre alla condotta di più soggetti (per esempio, il datore di lavoro, i dirigenti, i
preposti); nasce la necessità, quindi, di distinguere le responsabilità di ciascuno, nel rispetto del principio di personalità della responsabilità
penale.
MASSIMA E NOTA .....................................................................................................................................................................................a pag. 87
DPI e comportamento anomalo del lavoratore ­ Allorché il ricorrente, in sede di legittimità, si dolga della omessa valutazione di prove
documentali o testimoniali, deve assolvere all’onere di trascrivere il documento o la deposizione, o almeno le parti cui la doglianza è riferita,
onde consentire al giudice di legittimità di valutare la decisività della prova non valutata o inadeguatamente valutata. La valutazione delle prove
testimoniali e dei documenti, come il giudizio sulla attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri e la scelta, tra le varie
risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito
insindacabili in sede di legittimità se sorretti da congrua motivazione. In caso di violazione delle norme dettate in tema di prevenzione degli
infortuni sul lavoro per la tutela dell’integrità fisica del lavoratore, proprio per evitare rischi specifici in relazione a determinate lavorazioni, anche
se connessi ad imperizia, negligenza ed imprudenza del medesimo addetto, il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al
lavoratore, salvo che nella ipotesi di comportamenti della vittima che si presentino con carattere di abnormità, in opinabilità ed esorbitanza,
rispetto al procedimento lavorativo “tipico” ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento (Cassazionecivile,sezione
lavoro,20aprile2007,n.9421).
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9

SINTESI
RUBRICA
SICUREZZAINCANTIERE
ARTICOLO ..................................................................................................................................................................................................a pag. 69
Il coordinatore in fase di esecuzione tra obblighi e responsabilità ­ Definito dall’art. 5, D.Lgs. n. 494/1996, il coordinatore per
l’esecuzione dei lavori è nominato dal committente o dal responsabile dei lavori ed è un soggetto diverso dal datore di lavoro dell’impresa
esecutrice. L’obbligo di segnalazione, al committente o al direttore dei lavori, delle inosservanze delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi
alle prescrizioni del PSC, la valutazione del POS, l’azione di controllo e di coordinamento rispetto all’attuazione del PSC, nonché la verifica
dell’adeguamento del piano operativo di sicurezza, quando necessario, sono le mansioni che ricadono su questo soggetto.
ARTICOLO.................................................................................................................................................................................................. a pag. 72
Sull’ottimizzazione delle procedure in quota l’orientamento europeo e un esempio regionale ­ Al fine di determinare una politica
efficace di lotta contro i pericoli per la salute dei lavoratori, la UE ha scelto di utilizzare come strumento legislativo le direttive che, pur non
essendo immediatamente precettive come i regolamenti, consentono ai diversi Stati membri di adattare, al proprio contesto tecnico ed
economico, la strutturazione di un adeguato sistema di tutela della salute e della sicurezza.
ARTICOLO.................................................................................................................................................................................................. a pag. 75
Tra considerazioni e suggerimenti l’evoluzione della valutazione degli oneri ­ Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 494/1996 si è
presentato per la prima volta, nel quadro legislativo vigente in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, il concetto di oneri della sicurezza. Solo
con la pubblicazione del D.P.R. n. 222/2003, però, sono state previste le modalità necessarie alla redazione di questi oneri. Nonostante questo, a
dieci anni dall’introduzione, il tema dei costi della sicurezza è oggetto ancora di svariate interpretazioni nonché di visioni strumentali da parte sia
delle PA sia dei soggetti privati.
SOSTANZEPERICOLOSE
COMMENTO ..............................................................................................................................................................................................a pag. 78
TESTO .........................................................................................................................................................................................................a pag. 80
Si allunga la lista delle merci pericolose per il trasporto marittimo alla rinfusa ­ I gusci di semi di palma devono essere inseriti tra le
sostanze che presentano rischi chimici, è quanto ha stabilito il Ministero dei Trasporti con decreto 10 aprile 2007. Nell’Allegato al nuovo
provvedimento sono descritti anche i pericoli che può presentare un carico di questo tipo, le modalità di pulizia delle stive, della caricazione e le
precauzioni da adottare in questa fase (inGazzettaUfficiale del 3 maggio 2007, n. 101).
Ambiente
ACQUA
SINTESI ......................................................................................................................................................................................................a pag. 107
Acquedabalneazione­Ildecretolegislativo11luglio2007,n.94 rinnova la disciplina in materia di qualità delle acque per la balneazione,
affermando come «insededisvolgimentodelleindaginiperdeterminareipotenzialirischiperlasaluteumana» non rilevi più la valutazione del
parametro ossigeno disciolto di cui al D.P.R. n. 470/1982 (inGazzettaUfficiale del 16 luglio 2007, n. 163).
IL CASO ....................................................................................................................................................................................................a pag. 109
Prescrizioni all’esercizio di uno scarico e discrezionalità della PA ­ Quando e in quali termini le prescrizioni all’esercizio di uno scarico
possono essere considerate illogiche, arbitrarie e/o vessatorie? Sulla base di quali principi generali è ammesso un sindacato al proposito? Tra le
possibili risposte fornite dalla recente giurisprudenza, merita attenzione la sentenza del TAR Sicilia, Palermo, sez. I ­ 1° dicembre 2006, n. 3254,
avente ad oggetto la richiesta di annullamento ­ parzialmente accolta ­ di un provvedimento di un comune concernente il rinnovo dell’autorizzazione
allo scarico, nonché la legittimità di alcune prescrizioni contenute nel provvedimento stesso.
ELETTROSMOG
MASSIMA E NOTA ...................................................................................................................................................................................a pag. 112
Dannomoraledaelettromagnetismo­L‘impossibilità di affermare il superamento dei limiti legali di immissioni elettromagnetiche, di cui al D.M.
387/1998, esclude che possa ipotizzarsi il reato di cui all’art. 674 c.p. e, conseguentemente, il riconoscimento di un danno morale(Cassazionecivile,
sez.II,23gennaio2007,n.1391 e nella sezione“Documentazioneintegrativa” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com).
ENERGIA
TESTO E NOTA ............................................................................................................................................................................................a pag. 90
La detrazione per riqualificare gli edifici non è cumulabile con altre agevolazioni ­ In merito alle detrazioni per la riqualificazione
energetica degli edifici, l’Agenzia delle Entrate, in risposta a un interpello di un utente privato, con la risoluzione 5 luglio 2007, n. 152, ha
ribadito che, in considerazione della possibile sovrapposizione degli ambiti oggettivi di applicazione delle due normative (Finanziaria 2007 e
10
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14 agosto 2007 ­ N. 16

RUBRICA
SINTESI
legge n. 449/1997), il contribuente potrà avvalersi, per le medesime spese, soltanto dell’una o dell’altra agevolazione, rispettando gli
adempimenti specificatamente previsti in relazione a ciascuna di esse.
RIFIUTI
ARTICOLO ..................................................................................................................................................................................................a pag. 93
Gestioneintegratadeirifiuti:statodell’arteecriticità­Elementi progettuali, socio­economici, demografici, urbanistici, geografico­climatici,
ma anche politici; scelta delle tecnologie e delle strategie di sviluppo tecnologico del territorio, delle attrezzature, degli strumenti per la
raccolta, dei contenitori, degli automezzi e delle macchine; conoscenza delle interazioni uomo­macchina/impianto/attrezzatura e gestione della
sicurezza sul lavoro; costi del personale (elementi retributivi, indennità, oneri aggiuntivi, oneri previdenziali e assistenziali, TFR e varie). Molti sono
gli elementi che sovente non vengono considerati (e contabilizzati) nell’analisi del ciclo di gestione integrata dei rifiuti. Al contrario, andrebbero
rispettati determinati requisiti “operativi” in grado di influire sull’economia di gestione, affinché un servizio di raccolta, effettivamente integrato,
sia un insieme equilibrato delle diverse modalità di raccolta, di frequenze di svuotamento opportune, in relazione agli obiettivi e al contesto
territoriale del servizio da erogare.
COMMENTO ............................................................................................................................................................................................a pag. 100
TESTI .........................................................................................................................................................................................................a pag. 102
Trasporto,iscrizioneefideiussioni:lenovitàdall’Albogestoriambientali­Èconsentita l’iscrizione all’Albo dei veicoli in questione anche
alla categoria 3 relativa alla raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi ammessi al regime delle procedure semplificate e alla categoria 5 sul trasporto
di rifiuti pericolosi; in caso di iscrizione pienamente efficace, anche se riferita a impresa sottoposta a procedura concorsuale, nulla osta al
trasferimento dell’iscrizione stessa a seguito di cessione di azienda, o di ramo d’azienda, nel rispetto di quanto previsto dal citato articolo 15,
D.M. n. 406/1998 e di quanto stabilito dallo stesso comitato nazionale in materia di variazioni dell’iscrizione; le sezioni regionali e provinciali,
preposte all’accettazione delle garanzie finanziarie pre­iscrizione devono, comunque, richiedere alle imprese interessate di applicare la nuova
disciplina, sostituendo negli schemi dei contratti fideiussori i riferimenti «all’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349» con «ai sensi della
parteVIdeldecretolegislativo3aprile2006,n.152». Queste le indicazioni contenute in tre recenti circolari dell’Albo gestori ambientali.
MASSIMA E NOTA................................................................................................................................................................................... a pag. 112
Rifiuti:competenzariservataeseparata­Gli artt. 90 e 91 dello Statuto della Regione Trentino­Alto Adige/Südtirol e l’art. 3 della relativa disciplina di
attuazione (D.P.R. n. 426&1984) svolgono esclusivamente la funzione di regolare «l'assetto organizzativo» del Tribunale regionale di giustizia amministrativa
di Trento e della sezione autonoma di Bolzano, facendone oggetto di «unacompetenzariservataeseparata» della Provincia (CorteCostituzionale,26giugno2007,n.239/2007
e nella sezione“Documentazioneintegrativa” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com).
RUMORE
MASSIMA E NOTA ...................................................................................................................................................................................a pag. 113
Concretaidoneitàdellacondottarumorosa­Nel caso in cui sia addebitabile all'imputato solo il mancato rispetto dei limiti di emissione del rumore
stabiliti dal D.P.CM. 1° marzo 1991 non è applicabile il principio di specialità di cui all’articolo 9, legge n. 689/1981, in quanto la fattispecie di cui
all'articolo 659, comma 2, c.p., contiene un elemento, mutuato da quella del comma 1 con cui il comma 2 va posto in relazione, estraneo alla
fattispecie prevista dall’articolo 10, legge n. 447/1995, che tutela genericamente la salubrità ambientale limitandosi a stabilire ­ e a sanzionarne in via
amministrativa ­ il superamento, i limiti di rumorosità delle sorgenti sonore oltre i quali deve ritenersi sussistente l'inquinamento acustico (Cassazione
penale,sez.I,19gennaio2007,n.1561e nella sezione“Documentazioneintegrativa” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com).
TUTELAAMBIENTALE
ARTICOLO ................................................................................................................................................................................................a pag. 103
Penalizzazione dei delitti ambientali: al varo il disegno di legge ­ A fronte di alcuni profili apprezzabili ­ quali ad esempio il principio
generale di responsabilità penale in campo ambientale, le notevoli diminuzioni di pena in caso di ravvedimento operoso del reo e l’estensione
dei principi di responsabilità della persona giuridica ­ da una prima analisi del disegno di legge governativo recante «Disposizioniconcernentii
delitti contro l’ambiente», approvato dal Consiglio dei Ministri in data 24 aprile 2007, emerge qualche potenziale criticità come la mancata
demarcazione del confine tra le forme più gravi di reato e le semplici violazioni di natura amministrativa, la definizione di “falso” formulata in
termini incompatibili con le esigenze di precisione dei precetti penali e altre espressioni troppo vaghe.
SINTESI .....................................................................................................................................................................................................a pag. 107
Riordino del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare ­ Il decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio
2007,n.90 prevede il riordino degli organismi operanti presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’art.
29, D.L. n. 223/2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2006, il quale prevede una riduzione della spesa complessiva sostenuta
dalle amministrazioni pubbliche per commissioni, comitati ed altri organismi, del 30%, con riordino ed eventuale soppressione o accorpamento
degli organismi medesimi (in S.O. n. 157 allaGazzettaUfficiale del 10 luglio 2007, n. 158).
14 agosto 2007 ­ N. 16
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
11

SCADENZARIO
RUBRICA
OBBLIGHI,ADEMPIMENTI,SCADENZE
acuradiMarcoFabrizio, avvocatoinRoma
12
16
AGOSTO
20
AGOSTO
31
AGOSTO
DENUNCIADEGLIINFORTUNIDELSETTOREESTRATTIVO
Entroil16agosto2007il“titolare”exart.2,comma1,letterab),D.Lgs.n.624/1996,devetrasmettereall’autoritàdivigilanzaunprospettoriassuntivo,anchesenegativo,degliinfortuniverificatisi
nelmeseprecedenteecheabbianocomportatoun’assenzadallavorodialmenotregiorni.(Art.
25,comma8,D.Lgs.25novembre1996,n.624)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Titolareexart.2,comma1,letterab),
D.Lgs.n.624/1996
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Mensile 15settembre2007
SISTEMADIGESTIONEDELLASICUREZZAANTINCENDIO(SGSA)
Il20agosto2007entrainvigorelanuovadisciplinasulSistemadiGestionedellaSicurezzaAntincendio(SGSA)introdottadaldecretodelMinisterodell’Interno9maggio2007(approccioingegneristicoallagestionedellasicurezzaantincendio).
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Chiunque ­ ­
BARRIERESTRADALIDISICUREZZA
Il20agosto2007scadeilterminefinoalqualeglientiappaltanti,perletipologiedidispositividi
sicurezzastradaleprividicircolariexart.9,D.M.n.223/1992,possonoaccettareanchedispositivi
rispondentiallenuovedisposizionidicuialD.M.21giugno2004oalD.M.3giugno1998,anchese
testatiantecedentementealladatadientratainvigoredelD.M.21giugno2004(conrichiestadi
verificadirispondenzaaquestanormativa,rapportidiproved’urtorilasciatidacampiprovaautorizzatiinbaseallasuddettanormativaodaaltricampiprovadotatidicertificazionesecondola
normaISOEN17025).
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Entiappaltanti ­ ­
DENUNCIAPERIODICADEGLIIMBALLAGGIDELMESEPRECEDENTE
Il20agosto2007èl’ultimogiorno,periproduttoriogliutilizzatoridiimballaggiiscrittialConsorzionazionaleimballaggi(CONAI)einregimedidichiarazionemensile,perpresentareladenunciaecalcolare,sullabasedellefattureemesseodeidocumentiricevuti,ilcontributoprelevatoodovutonelmeseprecedente,distinguendogliimportirelativiaciascunatipologiadimaterialieindicandoilrelativoconsorziodiappartenenza.GliimportirelativialladichiarazionepresentatadovrannoessereversatialCONAI,entroisuccessivi90giorni,suunoopiùdeiseiconticorrentibancari,ognunorelativoaunatipologiadimateriali(acciaio,alluminio,carta,legno,plasticaevetro).
(Art.7,commi9e10,regolamentoCONAI)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Produttori o utilizzatori di imballaggiiscrittialConsorzionazionale
imballaggi(CONAI)einregimedi
dichiarazionemensile
Mensile 20settembre2007
ANALISIQUADRIMESTRALIDEGLIIMPIANTIDIINCENERIMENTOEDICOINCENERIMENTO
Il31agosto2007scadeiltermineentroilqualeigestoridiimpiantidiincenerimentoodicoincenerimentodevonoeffettuarelamisurazioneperiodicadelleemissioniindicatenell’AllegatoI,paragrafoA,punti3e4,nonchédelleconcentrazionidiCO,NO
x,SO 2,polveritotali,TOC,HCleHF,per
lequalil’autoritàcompetenteabbiaprescrittomisurazioniperiodiche.(Art.11,comma5,D.Lgs. n.
133/2005)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA
Gestoridiimpiantidiincenerimento Quadrimestrale 31dicembre2007
14 agosto 2007 ­ N. 16

SGAEDEMAS:
APPLICAZIONIECASIDISPECIE
(2 a parte)
Dopoavereanalizzatolepiùrecentiapplicazionidellostrumento“Sistema
di Gestione Ambientale” alla disciplina del “danno ambientale”e ai
settori dell’emission trading e della gestione di appalti per la progettazione
e la costruzione di opere pubbliche o private, la seconda parte
delloSpecialeesamina:
•ilvalorecompetitivodell’Ecolabel;
•ladichiarazioneambientalediprodotto(EPD);
•icasidiapplicazioneEMAS:
­agliAmbitiProduttiviOttimali(attestazione);
­aldipartimentoARPATdiLucca(registrazione);
•l’applicazione della gestione ambientale e della sicurezza al settore
idroelettrico.
LaprimapartedelloSpecialeèstatapubblicatasuln.15/2007diAmbiente&Sicurezza.
Contributi di:
• Adriana Del Borghi, Fabio Iraldo, Gian Luca Baldo, Maurizio Fieschi
e Francesco Testa
• Daniele Pernigotti ed Enrico Meggiolaro
• Maurizio Agosta, Luca Dellai, Mario Introzzi, Giorgio Penati ed Emilio Warnots

CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
SPECIALE
Al via i lavori preparatori alla stesura della nuova versione del regolamento comunitario
La certificazione di prodotto Ecolabel
è realmente un fattore competitivo?
diFabioIraldo, ScuolaSuperioreSant’AnnadiPisa,IEFEBocconieCESISP­CentroperloSviluppo
dellaSostenibilitàdeiProdotti
Dopo15annidiapplicazione,
èopportunochiedersise
l’Ecolabelabbiaraggiunto
l’obiettivodiessereunaleva
competitivaefficace.Partendo
daquestamotivazione,
laCommissioneeuropea
haincaricatounconsorzio
dicentridiricercaeconsulenti
internazionalidirealizzare
lostudioEVER,pervalutare
lacapacitàdelmarchioecologico
europeodicontribuirealla
competitivitàdelleaziende
chelohannoadottato.Accanto
aelementidisoddisfazione,
qualiilmiglioramento
dell’immagine,deiflussi
dicomunicazione
erelazionaliconiclienti
intermediefinaliedegliaspetti
gestionalieorganizzativi,
siriscontranocriticitàlegate,
essenzialmente,allamancanza
disensibilizzazione
econsapevolezzadaparte
dimoltidegli“interlocutori”
dell’aziendadotatadelmarchio.
Suquestopunto,comesualtri,
quali,adesempio,lapossibilità
diadottareincentivifiscali
perleaziendecertificate,
sifocalizzerannoiprossimilavori
preparatoriperlastesura
delnuovoregolamento.
14
Lacertificazione
diprodottoEcolabel
Il rapporto fra le prestazioni ambientali
dell’azienda e le sue capacità
competitive ha vissuto negli ultimi
decenni un processo di notevole maturazione.
L’accresciuta sensibilità
ambientale di molti interlocutori economici
e finanziari dell’azienda e,
soprattutto, il manifestarsi di tendenze
di consumo “sostenibile” sempre
più accentuate e convinte sul mercato,
si sono uniti e sovrapposti alla
crescente pressione legislativa, rafforzandone
gli effetti di “responsabilizzazione”
dell’imprenditore e dando
impulso a un progressivo inserimento
della variabile “ambiente”
nelle strategie competitive. Quando
questo processo muoveva i primi
passi, agli inizi degli anni ’90,
l’Unione europea decise di cavalcarne
le potenzialità, predisponendo uno
schema per la certificazione della
qualità ambientale dei prodotti, noto
come Ecolabel. Questo strumento
prevede che ai prodotti soddisfacenti
criteri ecologici pre-determinati possa
essere concesso un marchio che ne
segnala al mercato la migliore qualità
ambientale rispetto ad altri prodotti
appartenenti alla stessa categoria.
L’emanazione del regolamento n.
880/92/CE (oggi già revisionato nel
1980/2000/CE), istitutivo dell’Ecolabel,
rappresentò un passaggio decisivo
nella definizione di politiche ambientali
comunitarie mirate alla valorizzazione
delle nuove logiche volontarie
e basate su meccanismi di
garanzia (introdotte dal V e rafforzate
dal VI Programma d’azione dell’UE)
e fu accompagnata da grandi
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
aspettative, alimentate soprattutto
dalle potenzialità di incentivare e interessare
le aziende che lo schema
portava con sé. La forza di uno schema
volontario come l’Ecolabel risiedeva,
infatti, nell’essere simultaneamente
strumento:
l di politica ambientale per il soggetto
pubblico;
l di marketing per l’azienda;
l informativo e di supporto alle
scelte per il consumatore.
Le dinamiche competitive hanno,
quindi, giocato fin dall’inizio un ruolo
fondamentale per l’Ecolabel; infatti,
solo se lo schema fosse stato pienamente
accettato dal mercato
(aziende e consumatori) avrebbe
avuto successo anche come politica
ambientale.
Il bilancio dei primi
15 anni di applicazione
Dopo 15 anni di applicazione, è
opportuno chiedersi se l’Ecolabel abbia
raggiunto l’obiettivo di essere
una leva competitiva efficace.
Un primo modo, molto utilizzato,
per valutare l’efficacia competitiva di
uno schema di certificazione è quello
di misurarne l’accettazione da parte
delle aziende. Da questo punto di vista,
senz’altro lo schema Ecolabel si
dimostra al di sotto delle iniziali
aspettative.
Nel novembre 2006 erano 376 le
aziende in possesso della certificazione
Ecolabel ed erano diverse centinaia
i prodotti su cui si poteva trovare
il relativo logo. Da notare anche
come la diffusione del marchio non
sia stata omogenea fra i settori per i
quali sono stati definiti i criteri ecolo-
14 agosto 2007 ­ N. 16

Valore percentuale
70
60
50
40
30
20
10
0
59
DK
gici; mentre per alcuni gruppi di prodotti
e servizi, infatti, a oggi si nota
una considerevole diffusione (65
aziende certificate nel settore tessile,
56 in quello delle vernici e ben 95 in
quello della ricettività turistica, fra gli
ultimi gruppi di prodotti arrivati e già
primo per numero di adesioni), in altri
settori il marchio è notevolmente
meno apprezzato (su 23 gruppi di
prodotti certificabili ve ne sono, infatti,
ben 5 senza nemmeno un’azienda
che abbia creduto nel marchio, fra
i quali i frigoriferi, le lavatrici e i
computer).
Se si guarda solo alla diffusione
della certificazione Ecolabel come
criterio di valutazione, tuttavia, si rischia
di perdere di vista altri aspetti
di cruciale importanza e, probabilmente,
anche di maggiore interesse
per le stesse aziende, quali, ad esempio,
i benefici e i vantaggi che l’adesione
allo schema è in grado di produrre
sotto il profilo competitivo.
14 agosto 2007 ­ N. 16
37
21
SPECIALE
L’Ecolabel e i consumatori europei
6
17
6
16
BE SE IT
4
Paese
In vista dell’avvio di un nuovo
processo di revisione del regolamento
Ecolabel attualmente in vigore
(che dovrà completarsi entro l’anno
2008), la Commissione europea ha
incaricato un consorzio di centri di
ricerca e consulenti internazionali di
realizzare lo studio EVER, acronimo
di Evaluation of EMAS and Ecolabel
for their Revision, che ha fra i propri
obiettivi una valutazione approfondita
della capacità del marchio ecologico
europeo di contribuire alla competitività
delle aziende che lo adottano.
Lo studio ha fornito interessanti evidenze
empiriche, basate su un’estesa
indagine sulle aziende e sugli
stakeholder (oltre 100) interessati
all’applicazione di questo schema nel
contesto dell’Ue.
Prime indicazioni
Una prima indicazione indiretta
della forza competitiva dell’Ecolabel
emerge dallo studio con riferimento
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
15
3
10
AT FR NL
1
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
5
1
Grafico 1
Riconoscimento
Conoscenza
all’importanza attribuita dai responsabili
marketing a questa certificazione,
in quanto strategica per cogliere
le opportunità di mercato. I risultati
dell’indagine dimostrano che gli
obiettivi di natura competitiva sono
effettivamente all’origine della scelta
di adottare il marchio:
l l’ottenimento della leadership nel
mercato;
l la risposta a un nuovo tipo di domanda
da parte dei consumatori;
l il miglioramento dell’immagine
aziendale.
È interessante notare come uno
dei principali obiettivi competitivi sia
legato al mercato degli acquisti pubblici;
ben il 53% dei soggetti intervistati,
infatti, ha risposto di voler ottenere
un miglior accesso ai bandi
d’acquisto delle pubbliche amministrazioni
relativi al cosiddetto GPP -
green public procurement. Si vedrà,
tuttavia, come questa aspettativa risulti,
a oggi, largamente disattesa.
Un altro modo per valutare indi-
15

CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
rettamente l’efficacia competitiva
dell’Ecolabel consiste nel misurare i
riscontri in termini di risposta del
mercato. Da questo punto di vista,
precedenti indagini hanno messo in
luce che l’Ecolabel può fare affidamento
su una sensibilità e una disponibilità
ad acquistare sempre crescenti,
soprattutto in alcuni Paesi. In Italia,
ad esempio, un’indagine del 2003
evidenziò come una larga maggioranza
dei consumatori, una volta informata
precisamente sull’Ecolabel e
sulle garanzie da esso fornite, fosse
disposta a considerare la certificazione
una variabile importante nella
scelta d’acquisto (76%) o addirittura
a preferire sempre, laddove possibile,
prodotti con il marchio europeo
(65%). Il problema principale per le
aziende che intendono utilizzare
l’Ecolabel come strumento di marketing
risiede, dunque, soprattutto nel
fatto che i consumatori non hanno
familiarità con il simbolo che lo raffigura
e, quand’anche lo riconoscano,
non sono pienamente a conoscenza
del suo significato. Come dimostra il
grafico 1, solo in Danimarca la consapevolezza
dei consumatori circa
l’Ecolabel è elevata, mentre in tutti
gli altri Paesi dell’Ue compresi nell’indagine
le percentuali offrono un
quadro decisamente meno positivo.
Queste indicazioni, peraltro, vengono
confermate dai dati relativi alle quote
di mercato occupate dai prodotti
Ecolabel nei segmenti in cui sono
presenti. Anche in questo caso, alle
rilevanti eccezioni di alcuni settori
(quali ad esempio le vernici in Svezia
con una quota pari al 15% o la carta
tissue in Italia con percentuali anche
superiori) fa da contraltare una situazione
generalizzata del mercato europeo
in cui, nel migliore dei casi, si
raggiunge una quota di prodotti etichettati
pari all’1,3%.
I vantaggi maggiormente percepiti
Se le valutazioni di tipo indiretto
mettono in evidenza le poche luci e
molte ombre dell’efficacia competitiva
dell’Ecolabel, una verifica più di-
16
SPECIALE
retta è in grado di produrre indicazioni
molto più positive. Lo studio
EVER ha indagato i riscontri ottenuti
dalle aziende certificate sul piano
competitivo, identificando le principali
categorie di benefici riportate
nel grafico 2.
Il vantaggio maggiormente
percepito dalle aziende dotate di
prodotti con l’Ecolabel è costituito
da benefici di natura immateriale,
ma considerati essenziali per
garantire una buona prestazione
competitiva; si tratta di un miglioramento
dell’immagine, che aiuta
il posizionamento dell’azienda
come leader di mercato. A questo
proposito, è emblematico che ben
il 95% delle aziende certificate
utilizzi l’Ecolabel all’interno di
campagne pubblicitarie o altre
azioni di marketing e ritenga soddisfacente
l’esito di queste azioni,
valutando positivamente l’efficacia
del marchio. Va, inoltre, registrato
come una larga maggioranza
delle aziende intervistate riscontri,
dopo l’adozione dell’Ecolabel,
un netto miglioramento dei
flussi di comunicazione e relazionali
con i clienti intermedi
(74%) e con i consumatori finali
(66%).
Fra i vantaggi competitivi evidenziati
dallo studio EVER, un
ruolo centrale occupano anche i
benefici legati al miglioramento
indotto dalla partecipazione allo
schema sulle performance ambientali.
Attraverso una maggiore
efficienza e produttività delle risorse
ambientali, infatti, poco meno
della metà delle aziende con
l’Ecolabel ha conseguito risparmi
significativi nei costi di produzione.
Questo risultato è stato ottenuto
grazie a un’ottimizzazione:
l della gestione delle emissioni
in atmosfera (50%);
l del ciclo idrico (consumi e scarichi,
47%);
l della gestione e recupero degli
scarti (45%).
Come è evidente dal grafico 2,
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
inoltre, margini di efficienza sono
stati ricavati dalle aziende anche
grazie a una più accorta selezione
delle materie prime.
Uno dei vantaggi competitivi
più interessanti, segnalati dallo
studio EVER, è relativo al riscontro
dell’Ecolabel sul mercato (che
si colloca al quarto posto nel grafico
2). Lo studio EVER evidenzia
come, anche in questo ambito, vi
sia un effettivo aumento di competitività
ottenuto dalle aziende
certificate; nel 57% dei casi, infatti,
si sono riscontrati incrementi
nella quota di mercato e/o l’acquisizione
di nuovi clienti in seguito
all’adozione dell’Ecolabel. Il dato
risulta, peraltro, sottostimato in
ragione del fatto che molte aziende
si sono certificate di recente e
non hanno potuto apprezzare sufficientemente
i cambiamenti nelle
vendite e nelle quote di mercato.
Va, comunque, sottolineato che lo
studio non ha rilevato un solo caso
in cui l’azienda certificata Ecolabel
abbia perso competitività
dopo la certificazione. L’analisi
ha, inoltre, tentato di misurare
l’aumento percentuale nel fatturato
indotto dall’Ecolabel; sul punto,
sebbene molte aziende certificate
non abbiano saputo isolare e
quantificare il contributo specifico
del marchio sull’andamento del
fatturato, il dato riscontrato dallo
studio è decisamente confortante,
visto che, in media (considerando
solo le aziende che hanno saputo
rispondere), l’Ecolabel genera un
aumento del fatturato del 3-5% in
un anno, con punte massime che
raggiungono il 30-35%.
Può, infine, apparire sorprendente
che le aziende dotate dell’Ecolabel
individuino nei miglioramenti
di aspetti gestionali e
organizzativi un considerevole
beneficio competitivo legato all’acquisizione
del marchio, superiore
ad esempio agli effetti sulla
soddisfazione del cliente. Ciò, tuttavia,
è spiegato dall’utilità che
può essere generata da molte delle
14 agosto 2007 ­ N. 16

modifiche nell’assetto gestionale
dell’azienda richieste dai criteri
Ecolabel. Si pensi, ad esempio, alla
capacità delle aziende certificate
di rispondere con anticipo all’evoluzione
normativa riguardante
le caratteristiche ambientali dei
prodotti. Non è causale che ben
l’84% delle aziende intervistate
nel progetto EVER abbia dichiarato
che l’Ecolabel possa essere
valorizzato come base per la conformità
con requisiti delle direttive
CE cosiddette “nuovo approccio”
o con altre normative
nazionali. La direttiva 2005/32/
CE [1] (detta EuP - energy using
products o direttiva “EcoDesign”),
ad esempio, ha istituito un
quadro per l’elaborazione di specifiche
per la progettazione eco-
14 agosto 2007 ­ N. 16
SPECIALE
Benefici competitivi dell’Ecolabel europeo
Riconoscimento come leader dai concorrenti e dal mercato
Miglioramento generale nella gestione delle performance ambientali
Selezione più efficiente delle materie prime
Acquisizione di nuovi clienti o incremento quote di mercato
Miglioramenti interni sul piano gestionale e organizzativo
Più efficiente gestione dei materiali di scarto
Aumento della soddisfazione dei clienti già acquisiti
Aumento dell’interesse e della curiosità da parte di potenziali clienti
Capacità di rispondere alla richiesta di uno o più grandi clienti
Capacità di stare al passo dei concorrenti più agguerriti sul piano della
competitività ambientale
2,9
compatibile di prodotti che consumano
energia. In pratica, questo
provvedimento impone ai fabbricanti
di prodotti “energy-using”
di integrare gli aspetti ambientali
nella progettazione del prodotto,
al fine di migliorarne le prestazioni
ambientali nel corso del suo
intero ciclo di vita. È la stessa
direttiva EuP a prevedere che,
qualora un prodotto abbia ottenuto
l’Ecolabel europeo, possa godere
di una presunzione di conformità
anche nei confronti delle misure
attuative da essa previste.
Criticità
Lo studio EVER ha analizzato anche
le difficoltà incontrate nell’utilizzo
dell’Ecolabel come strumento
competitivo. Per la grandissima parte
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
Min: 0 - Max: 5
Grafico 2
3 3,1 3,2 3,3 3,4 3,5 3,6 3,7 3,8
delle aziende intervistate, l’ostacolo
più significativo è sicuramente rappresentato
dalla mancanza di sensibilizzazione
e consapevolezza da
parte di molti degli “interlocutori”
dell’azienda dotate del marchio, che
dovrebbero essere in grado di premiarlo
sul mercato. Secondo la percezione
delle aziende (confermate
dai precedenti dati relativi ai consumatori
europei), l’Ecolabel è ancora
troppo poco conosciuto all’interno
dell’Unione, in primo luogo da parte
dei consumatori finali, ma anche dalle
istituzioni, dalle altre possibili
aziende clienti e dai distributori.
Questa barriera è senz’altro colmabile
con un’intensa azione informativa
e di sensibilizzazione nei confronti
del pubblico, che tuttavia, a oggi, non
è mai stata attuata nei Paesi membri
[1] «Direttiva 2005/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 luglio 2005 relativa all’istituzione di un quadro per
l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia e recante modifica della
direttiva 92/42/CEE del Consiglio e delle direttive 96/57/CE e 2000/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio» (in G.U.C.E. L
del 22 luglio 2005, n. 191).
17

CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
dell’UE In particolare, la principale
misura consigliata dal 90% delle
aziende certificate per aumentare
l’efficacia dell’Ecolabel nell’ambito
della prossima revisione del regolamento
europeo è incentrata sulla promozione
e il marketing del logo Ecolabel.
Gli intervistati richiedono, in
particolare alle istituzioni pubbliche,
azioni mirate ad aumentare la conoscenza
del marchio e, conseguentemente,
la domanda di prodotti e servizi
etichettati.
Secondo quanto emerge dallo
studio EVER, inoltre, un secondo
problema competitivo risiede nella
reale “forza d’impatto” del
marchio che molte volte, pur essendo
riconosciuto, non viene premiato
dai comportamenti e dalle
scelte d’acquisto. Questo problema
viene riscontrato, soprattutto,
con riferimento al settore pubblico;
a fronte delle altissime aspettative
sul green procurement sotto
18
SPECIALE
il profilo motivazionale, le aziende
Ecolabel, infatti, hanno constatato
che, alla prova dei fatti, la
pubblica amministrazione non è
ancora in grado di attuare realmente
le politiche di “acquisti
verdi”, che potrebbero influenzare
notevolmente i produttori di molti
settori merceologici. Le aziende
certificate, in particolare, sono
molto sensibili alla necessità di
indurre un maggior uso di criteri
“verdi” all’interno delle graduatorie
per gli appalti pubblici (67%
degli intervistati), garantendo il
riconoscimento dell’Ecolabel quale
elemento dirimente nelle gare
di appalto degli enti pubblici.
Un’ultima misura richiesta dagli
intervistati, in grado di rendere i
prodotti Ecolabel più competitivi
anche in termini di prezzo, si riferisce
alla possibilità di adottare
incentivi fiscali (tassazione diret-
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
ta più favorevole, riduzione dell’IVA
sui prodotti etichettati) da
indirizzare alle aziende certificate,
in modo da permettere loro di produrre
a costi minori. Il suggerimento
emerge dallo studio EVER
in ben il 76% delle interviste.
Conclusioni
Nell’avviare ufficialmente i lavori
preparatori per la stesura del nuovo
regolamento Ecolabel, la Commissione
europea ha recepito soprattutto
le indicazioni e le raccomandazioni
emergenti dallo studio EVER
focalizzate maggiormente su misure
di potenziamento dei benefici acquisibili
da parte delle imprese certificate,
dimostrando di comprendere
appieno che gli aspetti competitivi
costituiscono un perno fondamentale
per il rilancio e il rafforzamento
di questo schema volontario sul
mercato europeo. l
14 agosto 2007 ­ N. 16

SPECIALE
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
Le serie di norme internazionali di riferimento sono le ISO 14025 e 14040
Dichiarazione ambientale di prodotto:
la sostenibilità in chiave competitiva
diAdrianaDelBorghi,FabioIraldo,GianLucaBaldoeMaurizioFieschi,
CE.Si.S.P.CentroperloSviluppodellaSostenibilitàdeiProdotti
Ladichiarazioneambientale
diprodottoèundocumento
sinteticochedisegnaunsemplice
“profilo”delleprestazioni
ambientalidiun
prodotto/servizioechepermette
dicomunicareinformazioni
oggettive,confrontabili
ecredibilialriguardo,senza
esprimerecriteridivalutazione,
preferibilitàolivelliminimi
darispettare.Alcontrario,
l’obiettivosarebbequello
dimettereilclienteingrado
dicompiereunascelta
consapevoleecorrettamente
informataall’attod’acquisto.
Nonacaso,lostrumento
siallineaperfettamente
aquantoindicato,direcente,
dallaCommissioneeuropea,
checaldeggiastrumenti
innovativiingradodipotenziare
lecapacitàdeiproduttori
edeiconsumatoridioperare
scelte“sostenibili”
ediinfluenzarsi
vicendevolmente,considerando,
aquestoscopo,particolarmente
efficaciglistrumenti
cheamplificanolepossibilità
dicomunicazione,
disegnalazionealmercato
edicooperazione,inmodo
dacreareopportunità
periproduttorieiconsumatori.
14 agosto 2007 ­ N. 16
Con la definizione di una strategia
in tema di “Sustainable
Production and Consumption”
(SPC), la Commissione europea ha
rafforzato e perfezionato le proprie
linee di azione nell’area delle politiche
ambientali mirate a prevenire,
gestire e migliorare gli impatti del
ciclo di vita dei prodotti e dei servizi.
Anche in Italia, con un’iniziativa di
pubblico confronto promossa dal Ministero
dell’Ambiente, si è recentemente
aperta la fase di sviluppo e di
lancio di una strategia nazionale coerente
con le prime indicazioni comunitarie
in materia di produzione e
consumo “sostenibili”. In questa prospettiva,
può essere utile mettere a
fuoco i principi che devono guidare
la progettazione di queste strategie e
valutare la disponibilità di strumenti
che ne supportino l’attuazione.
Il nuovo approccio SPC proposto
dalla Commissione europea, che ne
ha fatto una priorità per il quinquennio
2007-2013, è maturato da
un’evoluzione dell’approccio delle
cosiddette “politiche integrate di
prodotto” (IPP), guidata dalla consapevolezza
che:
l la connessione tra modelli di consumo
e modalità di produzione sia un
passaggio nodale per l’efficacia delle
politiche ambientali; soltanto se le
scelte dei consumatori e le tendenze
dei mercati riescono a incidere sulle
decisioni del sistema produttivo è
possibile ottenere miglioramenti sensibili
in questo ambito;
l le politiche orientate a perseguire
obiettivi di trend di consumo e produzione
più sostenibili devono, pertanto,
focalizzarsi su (e promuovere)
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la interazione fra produttori e consumatori,
in modo da favorire le dinamiche
di mutua influenza e di condizionamento
reciproco in prospettiva
ambientale;
l la domanda sui mercati va stimolata
nella direzione della “sostenibilità”
a tutto campo, piuttosto che soltanto
verso una sensibilità ambientale,
recependo e valorizzando la crescente
tendenza della collettività a
considerare in modo integrato e inscindibile
i diversi aspetti in cui essa
si declina: l’impatto sull’ambiente, la
sicurezza per i consumatori, l’etica
delle produzioni, ecc.;
l l’attuazione di politiche per lo sviluppo
sostenibile deve essere, a propria
volta, “sostenibile”, ovvero deve
essere in grado di mobilitare le risorse
economiche necessarie a sostenere
la fase applicativa; queste risorse non
possono più essere soltanto pubbliche,
occorre stimolare e mobilitare la
volontà di investimento da parte delle
imprese sulla base di opportunità
da cogliere;
l l’obiettivo di trasformare l’ambiente
da “vincolo” a “opportunità” è
destinato a rimanere un approccio
puramente concettuale (e utopistico)
se non si riesce a dimostrare che migliori
prestazioni ambientali producono
realmente un contestuale miglioramento
nelle performance economiche
e competitive.
Le linee di azione comunitarie in
ambito SPC, pertanto, si affidano a
strumenti innovativi che siano in grado
di potenziare le capacità dei produttori
e dei consumatori (o dei mercati,
in senso più esteso) di operare
scelte “sostenibili” e di influenzarsi
19

CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
Calcestruzzo
20
SPECIALE
DichiarazionidiprodottoregistratenelsistemaEPD
dalleaziendeitaliane
Prodotti/Servizi
Cementotipo:cementoPortland,allapozzolana,alcalcare,cementopozzolanico,“cementomedio”
Cuffiacambioefrenoamano­settoreautomotive
Cuscinettiasfera
Filatodivetroalcalinoresistente(AR)ausorinforzo
Granulatoplasticobiodegradabile
Interruttoridibassatensione
iSMP­mediagateway
Lastreinpolistireneespanso
LattefrescopastorizzatodialtaqualitàconfezionatoinbottigliadiPET
Macchinaperilconfezionamentodibevandeelatteincontenitorimultilayer
Mattoniinargillaperedilizia
NododitransitoTDMiMSS4030
Pannellitruciolatigrezzienobilitati
Pelletsinfilatodivetroemacinatoefilativegetali,ausorinforzo
Pigmentiindispersioneconcentrata
Produzionedielettricitàdall’impiantoeolico
Produzionedielettricitàdall’impiantogeotermico
ProduzionedielettricitàtramitecombustionediCDR(combustibilederivatodarifiuto)
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TABELLA1
Raccolta,conferimentoesmaltimentodirifiutisolidiurbanierifiutispecialiassimilabiliagliurbaniindiscarica
Raccolta,conferimento,selezioneRSUecompostaggiodellafrazioneumidadeirifiuti
Serviziodilogisticadistributivadipastinellaristorazionecollettiva
Serviziodizincaturaacaldo
Tappodisugheronaturalemonopezzo
Tappodisugheropervinispumantiefrizzanti(tappitecniciodisugherocomposto)
Trasformatoridipotenza
Trasformatoripergrandedistribuzione
Vasodafioristampatoainiezione
Vinofrizzanterosso(Lambrusco)imbottigliato
14 agosto 2007 ­ N. 16

vicendevolmente. Nella prospettiva
SPC vengono, infatti, considerati
particolarmente efficaci gli strumenti
che, amplificando le possibilità di comunicazione,
di segnalazione al mercato
e di cooperazione, creano opportunità
sia per i produttori che per i
consumatori; in particolare alcuni
strumenti, cosiddetti “market-oriented”,
ben si prestano a essere utilizzati
e valorizzati nella prospettiva
SPC, anche in previsione della definizione
di una strategia nazionale.
L’attenzione delle imprese e di alcuni
mercati di sbocco, ad esempio,
si è concentrata in questi ultimi anni
su diverse tipologie di certificazioni
volontarie, che sono in grado di coniugare
efficacemente la possibilità
di far interagire i produttori con i propri
clienti, informando meglio e rendendo
consapevoli le preferenze di
acquisto, e la capacità di attribuire
vantaggi economici e competitivi.
La dichiarazione ambientale
diprodotto(EPD)
Fra i diversi schemi disponibili - e
oggi più consolidati in Italia (certificazioni
di sistema EMAS e ISO,
Ecolabel europeo) - meritano particolare
attenzione i cosiddetti “label
del tipo III dell’ISO”, nel cui ambito
si è sviluppato un sistema internazionale
che interessa un numero crescente
di Paesi e di imprese.
Il sistema internazionale, basato
sulle norme ISO (14025 e serie
14040), offre la possibilità a organizzazioni
di qualunque settore di predisporre,
far convalidare e utilizzare
una “dichiarazione ambientale di
prodotto” (environmental product declaration
- EPD) come efficace strumento
di valutazione e comunicazione
delle prestazioni ambientali di un
prodotto o di un servizio secondo un
approccio che tenga conto di tutto il
ciclo di vita.
L’EPD è un documento sintetico
che disegna un semplice “profilo”
14 agosto 2007 ­ N. 16
SPECIALE
delle prestazioni ambientali di un
prodotto/servizio e che permette di
comunicare dati e informazioni oggettive,
confrontabili e credibili al riguardo.
È importante sottolineare che
i contenuti di una EPD hanno carattere
esclusivamente informativo, non
riportando, infatti, criteri di valutazione,
preferibilità o livelli minimi
che il prodotto o servizio debba rispettare,
ma, semmai, l’obiettivo di
mettere il cliente, destinatario del documento,
in grado di compiere una
scelta consapevole e correttamente
informata all’atto d’acquisto.
Il sistema di convalida delle EPD,
originariamente sviluppato in un Paese
membro (Svezia), è oggi il più
diffuso sul territorio dell’Unione europea
e si è candidato ad assumere
un ruolo decisivo nel promuovere
un’armonizzazione a livello internazionale.
Istituito nel 1997 grazie anche
all’impulso di alcuni settori industriali,
il programma è infatti una delle
iniziative di maggior successo nel
panorama internazionale delle dichiarazioni
ambientali di tipo III, annoverando
prodotti dotati di EPD
certificate in diversi Paesi europei
(Italia e Svezia soprattutto, poi Belgio,
Polonia, Repubblica Ceca, Russia
e Lituania) ed extraeuropei (Giappone,
Corea del Sud).
Un’organizzazione operante in
qualunque settore e localizzata in ciascuna
parte del mondo, che intenda
sviluppare e utilizzare sul mercato
un’EPD, deve, innanzitutto, applicare
alcune “regole” fissate dalle norme
ISO di riferimento e dalle prescrizioni
aggiuntive del sistema internazionale
per la conduzione di un’analisi
del ciclo di vita del proprio prodotto
o servizio, incluse le cosiddette
PCR - “product category rules”
(che, qualora non esistano già, vengono
proposte dalla stessa organizzazione
e sottoposte a un rigoroso processo
di approvazione attraverso
[1] Società mista posseduta dallo Stato, da società private e autorità locali svedesi.
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CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
consultazione pubblica). Gli indicatori
di performance ambientale che
risultano dalla LCA devono poi essere
sintetizzati nella vera e propria
EPD, secondo uno schema espositivo
che prevede informazioni quali:
l il consumo di energia (rinnovabile
e non);
l la produzione di rifiuti;
l l’impatto sulle principali problematiche
ambientali di tipo globale e
regionale (effetto serra, assottigliamento
della fascia d’ozono, acidificazione,
ecc.);
l la corretta utilizzazione del prodotto
al fine di limitarne gli impatti;
l i suggerimenti per un corretto riutilizzo;
l il recupero o il riciclaggio del prodotto
o di sue componenti;
l ecc.
L’organizzazione deve, infine,
sottoporre la propria EPD, nonché i
processi aziendali che ne consentono
e garantiscono la credibilità e il rigore
metodologico, l’efficacia comunicativa
e il continuo aggiornamento, a
un verificatore opportunamente accreditato,
che, in Italia, si identifica
con alcuni fra i più noti enti che operano
anche negli ambiti della certificazione
dei sistemi qualità e dei sistemi
di gestione ambientale.
Una volta ottenuta la convalida e
la registrazione dell’EPD, l’organizzazione
può utilizzare questo “profilo”
delle prestazioni come strumento
di comunicazione e marketing, accompagnandolo
al prodotto/servizio
di cui si vogliono valorizzare i vantaggi
ambientali, ad esempio in
un’ottica di pubblicità comparativa
con i principali concorrenti.
Ilcontributoitaliano
Il sistema EPD, attualmente, è
governato da un “organismo competente”,
originariamente incaricato
dal governo svedese di gestire il
programma, lo swedish environmental
management council - SEMC [1] ,
21

22
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
SPECIALE
TABELLA2
Principalicaratteristicheenovitàdelsistemainternazionale
Scopo Elementicaratterizzantieapproccioprincipale
Essereinconformitàconiprincipista­ •approccio all’individuazione dei dati per il LCA tipo “Book­keeping LCA
bilitidallaISO14025sullamodularità approach”;usodidatistoriciedocumentati;
ecomparabilità •metodidiallocazionebasatisul“polluter­pays­principle(PPP)”perl’attribuzionedeicarichitrasistemicollegati
Semplificazionedellavoroperlosvi­ •PCRModuleInitiative(PMI)perl’organizzazionedellePCRinmodulisulla
luppo di Product Category Rules basedellaclassificazioneinternazionale;
(PCR)
•nominadimoderatorinellosviluppodellaPCRchediriganoesupportino
leattività;
•possibilitàdipre­certificazionedelleEPD
AssicurarelapartecipazioneinternazionalenellosviluppodellePCR
il quale, in qualità di “program operator”,
ha progressivamente aperto
la partecipazione ai propri organi
deliberanti di rappresentanti di altri
Paesi. I principali compiti del
SEMC sono quelli di:
l sviluppare i requisiti dello schema;
l definire i gruppi di prodotti;
l sviluppare o approvare le PCR
con cui condurre gli studi LCA e redigere
le dichiarazioni;
l coordinare tutti i soggetti coinvolti
nell’attuazione del programma;
l registrare le dichiarazioni;
l promuovere il sistema con attività
di informazione presso i destinatari
potenziali.
In seguito alla realizzazione del
progetto italo-svedese LIFE Intend
(2003-2006), sono state presentate al
SEMC molte proposte per la revisione
del sistema, volte a trasformarlo in
uno schema adatto e dunque applicabile
dai diversi Paesi membri della
Ue. Va sottolineato come oggi la partecipazione
italiana all’attuazione
GestionedelGlobalPCRForumperlaconsultazioneapertaetrasparentedeglistakeholderinteressatiallaEPD
Facilitarel’identificazioneelaraccoltadidatieinformazionisulciclodivi
Approccioselettivonellasceltadeidatispecificiegenerici
ta
Allargare gli ambiti d’impiego della
EPD
IntroduzionedellaEPDdisettore
Estendere la possibilità per le organizzazioni
di gestire lo sviluppo di
EPDinmodoeconomicamentesoste­ Introduzionedella“certificazionedelprocessodigestioneEPD”
nibile
dello schema sia significativa non solo
in termini di aziende aderenti, ma
anche quanto a PCR sviluppati da
proponenti italiani e, attraverso il
processo di open consultation previsto
dal sistema EPD, approvati a livello
internazionale.
Le dichiarazioni di prodotto registrate
nel sistema EPD dalle aziende
italiane a oggi sono riportate in tabella
1.
Ilnuovo
sistemainternazionale
Il sistema internazionale, emergente
dal processo di revisione aperto
nell’anno 2007 e oggi in fase conclusiva,
ha l’ambizione di offrire:
l un programma completo per ogni
organizzazione di ogni paese, interessata
a sviluppare e comunicare delle
EPD in accordo con la ISO 14025;
l un supporto a programmi nazionali
o settoriali per raggiungere la cooperazione
e armonizzazione dei sistemi,
aiutando così le organizzazioni
nell’allargare le possibilità d’uti-
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
lizzo delle loro EPD sul mercato internazionale.
Le principali caratteristiche e novità
del sistema sono illustrate nella
tabella 2.
Gli elementi caratterizzanti del
nuovo sistema internazionale contribuiranno
in maniera decisiva a rendere
l’EPD uno strumento di comunicazione
scientificamente credibile
e utilizzabile in maniera efficace da
diverse categorie di stakeholder,
molte delle quali beneficeranno della
revisione:
l le PMI, ad esempio, trarranno
vantaggi dalla facilitazione nel reperimento
dei dati, mentre le multinazionali
potranno usufruire della certificazione
del processo di gestione
delle EPD;
l le associazioni di categoria e i
distretti industriali potranno valorizzare
i propri prodotti attraverso
l’introduzione della “EPD di settore”
(una sorta di “profilo ambientale medio”
del prodotto caratterizzante la
produzione offerta dal settore o tipica
14 agosto 2007 ­ N. 16

del contesto locale);
l i fornitori di servizi e le multiutilities,
spesso in grado di caricarsi dell’onere
di recuperare flussi di scarto e
di rifiuto o di recuperare energia, vedranno
valorizzata la loro attività attraverso
il “polluter-pays-principle
(PPP)”;
l gli altri organi del sistema, quali
il gestore del programma, denominato
International EPD Cooperation
(IEC), l’organo tecnico, denominato
international technical committee
(ITC), gli enti di accreditamento e i
verificatori indipendenti, svolgeranno
il loro ruolo di attori a garanzia di
14 agosto 2007 ­ N. 16
SPECIALE
Schema del processo di sviluppo,
convalida e registrazione delle EPD
General Programme Instructions for an international
EPD system - ISO 14025
PCR
Convalida
PCR
EPD EPD EPD
PCR
EPD
Registrazione
credibilità del sistema.
Nella fase di transizione verso
l’entrata a pieno regime del sistema
internazionale è cruciale il ruolo
dei centri di ricerca, delle università
e delle altre expertise nel
campo delle LCA e delle EPD,
chiamate a contribuire in termini di
elaborazione scientifica, di sviluppo
di proposte, di supporto tecnico
e di divulgazione.
In seguito a uno specifico mandato
da parte del SEMC, ad esempio,
il CE.Si.S.P. (Centro per lo
Sviluppo della Sostenibilità dei
Prodotti) [2] sta approfondendo le
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CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
Programme Operator
- International EPD
Cooperation (IEC)
Parti Interessate
PCR moderator
International
Technical Committee
(ITC)
Organizzazioni
Verificatori
indipendenti
Programme Operator
Figura 1
modalità con cui il sistema internazionale
EPD potrebbe essere sviluppato
in sinergia con gli scenari
che il Ministero dell’Ambiente sta
disegnando per la strategia italiana
di sustainable production and consumption.
Va sottolineato che il
CE.Si.S.P. ha assunto il ruolo di
auxiliary competent body in via
transitoria, al fine di favorire il processo
di consolidamento in Italia
del sistema EPD e con l’obiettivo
di contribuire alla creazione del relativo
assetto gestionale definitivo
che preveda anche il coinvolgimento
delle istituzioni pubbliche. l
[2] Il CE.Si.S.P. è un centro di ricerca inter-universitario, nato nel 2006 per iniziativa dell’Università di Genova (DICheP), della Scuola
Superiore Sant’Anna di Pisa (Laboratorio M&I - management & innovation) e del Politecnico di Torino, al fine di promuovere
l’approfondimento dei temi legati alla valutazione, alla gestione, all’innovazione e alla comunicazione degli aspetti ambientali e di
sostenibilità propri del ciclo di vita di prodotti e servizi (http://www.cesisp.unige.it).
PCR
23

CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
SPECIALE
Lo studio condotto sull’Agenzia ha definito un possibile approccio metodologico
Aspetti ambientali indiretti dell’EMAS:
il caso del dipartimento ARPAT di Lucca
diFabioIraldoeFrancescoTesta, ScuolaSuperioreSant’AnnadiPisa,LaboratorioInSAT
Ildipartimentoprovinciale
diLuccadell’ARPAToscana
hadecisodiaderirealloschema
comunitariodieco­gestione
eaudit(EMAS),facendocosì
registrareunprecedente
assoluto,inquantoquestoente
hacomefineprimolatutela
ambientale.L’esperienza,oltre
aintrodurreelementiaforte
valenza innovativadalpuntodi
vistametodologico(nell’ambito
dellavalutazioneegestione
dipeculiariaspettiambientali
indiretti),imprimeunadecisa
spinta,interminidicredibilità
egaranzia,all’interosistema
EMASitaliano.Èstato,infatti,
possibilemettereapuntoun
metodoche,partendodall’analisi
degliaspettiambientaliindiretti,
èarrivatoadefinireduediversi
ambitiincuileattività
dell’Agenzia­einparticolare
deldipartimento­possonodar
luogoainterazioniorelazioni
consoggettiesterniedallequali
possonoscaturireaspetti
ambientalichesfuggono
auncontrollogestionaletotale.
Dasegnalare,inparticolare,
l’importanzadell’attività
dicontrollotecnico.
24
del dipartimento
provinciale di Lucca dell’AR-
L’adesione
PA Toscana allo schema comunitario
di eco-gestione e audit
(EMAS) rappresenta un passo importante
nello sviluppo degli strumenti
volontari di politica ambientale
nel panorama italiano. Con l’emanazione
del nuovo regolamento EMAS
n. 761/2001, molte pubbliche amministrazioni
hanno lavorato per ottenere
il riconoscimento comunitario implementando
un sistema di gestione
conforme ai requisiti dell’EMAS.
Tuttavia, si è trattato essenzialmente
di enti locali che hanno la responsabilità
di gestire e governare il territorio
di propria competenza quali Comuni,
Province o Comunità montane
e parchi. La registrazione di un’articolazione
territoriale dell’ARPAT
rappresenta un elemento di novità assoluta
in quanto costituisce l’organismo
tecnico per il supporto all’azione,
rispettivamente, di Ministero dell’Ambiente
e Regione Toscana e degli
enti locali. Essendo un ente il cui
fine primo è la tutela ambientale,
l’applicazione di un sistema di gestione
presenta un carattere di pervasività
superiore rispetto a qualsiasi
altra organizzazione, soprattutto se si
considera la capacità di influenza, in
ambito ambientale, dell’Agenzia sull’azione
dell’ampia gamma di attori
pubblici e privati con cui interagisce.
Le agenzia regionali per la protezione
ambientale (ARPA), inoltre,
svolgono un ruolo cruciale all’interno
della componente istituzionale
dello stesso schema EMAS, fornendo
il supporto tecnico all’APAT nelle
istruttorie alle domande di registrazione
inviate dalle singole organizza-
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zioni al comitato Ecolabel ed Eco-
Audit. Il ruolo delle ARPA e, in particolare,
dei dipartimenti provinciali,
è quello di accertare la conformità
alla legislazione ambientale delle organizzazioni
richiedenti la registrazione
EMAS, mediante verifiche documentali
a cui, eventualmente, si
aggiungono sopralluoghi presso queste
organizzazioni. Il parere dell’Agenzia
costituisce elemento determinante
all’iscrizione dell’organizzazione
nel registro comunitario.
L’adesione del dipartimento di
Lucca allo schema EMAS presenta,
quindi, una forte innovatività sia dal
punto di vista metodologico (nell’ambito
della valutazione e gestione
di peculiari aspetti ambientali indiretti)
sia per la spinta, in termini di credibilità
e garanzia, che questo risultato
può imprimere all’intero sistema
EMAS italiano.
RelazioniARPAT-ambiente:
aspettiindiretti
La valutazione degli aspetti ambientali
ha rappresentato, dal punto
di vista metodologico, l’elemento più
innovativo del percorso intrapreso
per ottenere la registrazione EMAS.
Per un’organizzazione come il dipartimento
provinciale di ARPAT definire
le relazioni e individuare gli impatti
sull’ambiente non risulta essere
semplice né immediato.
La fase più complessa dell’intero
percorso e, al tempo stesso, più stimolante
per le ripercussioni potenziali
sull’intera attività dell’agenzia è
quella di identificare, valutare e definire
le modalità di gestione degli
aspetti ambientali indiretti, ovvero
degli aspetti che possono essere solo
14 agosto 2007 ­ N. 16

SPECIALE
Struttura degli aspetti ambientali indiretti
Interagisce
Organizzazione Soggetto intermedio
influenzati o controllati parzialmente
sotto il profilo gestionale dalle attività
e dall’esercizio del ruolo istituzionale
dell’Agenzia.
Il regolamento EMAS definisce
l’aspetto ambientale indiretto come
l’elemento dell’attività di un’organizzazione
che interagisce con
l’ambiente sul quale l’organizzazione
stessa non ha un controllo gestionale
totale. Caratteristica di questi aspetti
è, quindi, la presenza di uno o più
soggetti terzi, definiti soggetti intermedi,
con i quali il dipartimento condivide
il controllo gestionale sull’aspetto
e che si frappongono tra
l’aspetto indiretto e l’impatto ambientale
che ne consegue (si veda la
figura 1).
Nel caso del dipartimento provinciale
di ARPAT, la gamma di soggetti
che, a vario titolo, interagiscono con
l’Agenzia e che possono generare
impatti ambientali è molto ampia,
andando dalle attività industriali e di
servizi oggetto dell’attività di controllo,
agli enti di governo del territorio
che si avvalgono delle conoscenze
tecniche (sia in ambito delle istruttorie
per il rilascio di autorizzazioni
che in fase di programmazione) fino
ai destinatari della variegata attività
di informazione ed educazione in
campo ambientale.
Metodologia applicativa
Per l’identificazione degli aspetti
ambientali indiretti si è proceduto
14 agosto 2007 ­ N. 16
Figura 1
Influenza Agisce (Impatto)
Ambiente
inizialmente analizzando le singole
macro-classi di aspetti ambientali indiretti
indicate nell’Allegato VI al regolamento
EMAS n. 761/2001 ed
esplicitate nella raccomandazione
CE 7 settembre 2001, n. 680; successivamente,
sono stati distinti due diversi
ambiti nei quali le attività dell’Agenzia
- e in particolare del dipartimento
- possono dar luogo a interazioni
o relazioni con soggetti esterni
e dalle quali possono scaturire aspetti
ambientali che sfuggono a un controllo
gestionale totale:
l un primo ambito in cui ricondurre
gli aspetti indiretti di primo livello o
“gestionali”, legati e necessari al
funzionamento del dipartimento stesso
(ad esempio prestazioni e comportamento
ambientale dei fornitori e
appaltatori, approvvigionamento di
prodotti e servizi ecc.);
l un secondo ambito in cui comprendere
gli aspetti indiretti di secondo
livello o “decisionali”, legati, invece,
alle attività di tipo “immateriale”
che sono proprie dell’ente e inerenti,
in senso lato, alle decisioni del
dipartimento e, ancor più in generale,
dell’Agenzia, per quanto attiene alla
sfera delle politiche (ad esempio attività
di controllo, attività di monitoraggio,
supporto tecnico alle attività
istruttorie ecc.).
Nel primo ambito rientrano dunque
gli aspetti ambientali indiretti legati
alle attività necessarie per garantire
il “funzionamento” dell’Agenzia
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CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
e delle sue articolazioni territoriali, al
quale occorrono risorse umane e materiali;
nel secondo ambito rientrano,
invece, gli aspetti ambientali indiretti
legati alle attività di tipo “immateriale”
proprie dell’Ente, attinenti soprattutto
alla sfera delle decisioni e delle
politiche.
Fin da una preliminare e orientativa
analisi delle conseguenze sull’ambiente
che possono indirettamente derivare
dalle linee di indirizzo adottate
nello svolgimento del proprio ruolo
istituzionale, è emerso che l’ambito
di attività più interessante e al tempo
stesso impegnativo, al fine dell’identificazione
degli aspetti ambientali indiretti,
è relativo alle decisioni del dipartimento
e, più in generale, dell’Agenzia
in merito alla sfera delle
politiche. In particolare, l’inclusione
fra gli aspetti indiretti dell’Allegato
VI al regolamento CE n. 761/2001 di
un riferimento esplicito alle decisioni
amministrative e di programmazione
(comuni a molte tipologie di organizzazioni),
assume un significato particolare
se ricondotto ai soggetti pubblici.
Queste attività rappresentano
infatti un importante “servizio” offerto
alla collettività. In questa ottica,
EMAS si pone l’obiettivo di incentivare
le amministrazioni a tutti i livelli
affinché si impegnino ad esercitare le
proprie funzioni di governance internalizzando
le considerazioni ambientali
nei processi decisionali, di programmazione
e amministrativi.
Da questo punto di vista, è, tuttavia,
opportuno sottolineare come il
nuovo regolamento EMAS non chieda
ai soggetti pubblici di sottoporre a
valutazione di efficienza o di efficacia
le proprie politiche pubbliche in
materia di ambiente, bensì, da un lato,
di considerare le implicazioni e le
conseguenze per l’ambiente delle
scelte e delle decisioni pubbliche relative
ai diversi ambiti delle politiche
locali e, dall’altro, di tenere conto
nella formulazione degli obiettivi di
queste politiche (e nella conseguente
pianificazione dell’azione) delle
priorità fissate sia nell’ambito del po-
25

26
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
licy making ambientale sia nello stesso
processo di implementazione del
sistema di gestione EMAS.
Riguardo alle attività istituzionali
del dipartimento, sono stati individuati
4 macro ambiti principali:
l attività di controllo tecnico sugli
elementi di pressione (ad esempio,
ispezioni);
l attività di supporto alle funzioni di
amministrazione attiva (supporto
istruttorio nei procedimenti amministrativi);
l attività di monitoraggio degli elementi
naturali;
l gestione rapporti con l’esterno (ad
esempio attività di educazione ambientale).
L’attività di controllo tecnico
Un particolare cenno va riservato
all’attività di controllo tecnico sia
perché rappresenta l’attività cardine
dell’Agenzia regionale e delle sue articolazioni
territoriali sia per la capacità
di azione sugli impatti ambientali
dei soggetti su cui è esercitata.
L’attività di controllo tecnico si
SPECIALE
Schema dell’interazione con l’ambiente
dell’attività di controllo tecnico
Ambiente
compone di due sotto-attività:
l il controllo;
l l’ispezione.
Entrambe le attività avvengono su
elementi di pressione (macroaggregazioni
di attività antropiche responsabili
dell’origine delle principali
pressioni esercitate sull’ambiente),
determinandone, così, lo stato e gli
impatti sulle singole matrici. I risultati
di queste attività possono evidenziare
la presenza o meno di determinate
situazioni critiche in parti di territorio
o relative a specifici elementi
di pressione e aspetti ambientali a
questi associati. Le informazioni raccolte
possono migliorare la pianificazione
dell’attività non solo del dipartimento
stesso, ma anche degli enti
preposti al governo del territorio.
Essendo l’attività di controllo destinata
a verificare che le interazioni
con l’ambiente dei soggetti controllati
siano conformi alla normativa ambientale
a essi applicabile, l’approccio
seguito nella fase di analisi di
questo aspetto indiretto si fonda proprio
sugli elementi di pressione su
[1] Dopo l’identificazione e l’analisi di tutti gli aspetti ambientali, il regolamento EMAS stabilisce che un’organizzazione debba
decidere, sulla base di criteri da essa definiti (generali, verificabili ad un controllo indipendente, riproducibili e pubblicamente
disponibili), quali aspetti abbiano un impatto significativo e da lì muovere per stabilire i suoi obiettivi e target. (Allegato VI, punto 1).
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Azienda
Ambiente
Figura 2
Dipartimento
Interazione Elemento di pressione
(Cartiera, depuratore, impianti Dipartimento Ente titolare del controllo
Verifica il
rispetto della
di trattamento rifiuti)
legge
Pianifica
Scarichi,
Fornendo informazioni
Influenza
emissioni, ecc. sull’attività di controllo
Evitando il perpetrarsi
di impatti o componenti
non previsti dalla normativa
ambientale
cui è esercitata l’azione di controllo.
Sono state, infatti, individuate otto
categorie di elementi di pressione su
cui l’Agenzia esercita il controllo
tecnico:
l insediamenti produttivi;
l cave;
l depuratori;
l impianti di gestione rifiuti;
l siti inquinati;
l elettrodotti alta tensione;
l impianti di radioemissione;
l infrastrutture di mobilità.
Per ogni categoria sono stati identificati,
sia per l’attività di controllo
sia per quella di ispezione, gli aspetti
ambientali diretti a essi connessi, oggetto
di verifica. Ad esempio, per i
depuratori gli aspetti ambientali al
centro delle attività di controllo tecnico
sono la produzione di rifiuti, gli
scarichi di acque reflue e le emissioni
odorigene.
Per tutti gli aspetti indiretti decisionali
risultati come significativi [1] è
stato attuato un sistema di indicatori
di “prestazione ambientale” in grado
di fornire la misura dell’attività svol-
14 agosto 2007 ­ N. 16

14 agosto 2007 ­ N. 16
SPECIALE
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CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
Indicatoridiperformanceambientale
perl’attivitàdicontrollotecnicosuimpiantididepurazione
ta e un supporto informativo all’azione
di pianificazione rendendola più
efficace e capace di coniugare risorse
scarse ed incisività nell’azione. Per
l’azione di controllo tecnico, ad
esempio, è stato elaborato un set di
indicatori, specifici per ogni elemento
di pressione, capaci di sistematizzare
le evidenze dell’azioni di controllo
creando una base informativa
da cui leggere le criticità ambientali
emerse, monitorare il loro andamento
nel tempo e rispondere in maniera
efficace alle stesse. La tabella 1 mostra,
in via esemplificativa, gli indicatori
individuati per l’attività di controllo
sugli impianti di depurazione
di acque reflue.
Conclusioni
In sede conclusiva, è opportuno
porre attenzione sul rapporto che, necessariamente,
deve esistere fra la di-
Indicatore
mensione complessa degli aspetti
ambientali indiretti e quella territoriale
del contesto locale in cui le organizzazioni
EMAS e, in particolare, le
strutture agenziali come il dipartimento
ARPAT di Lucca, operano.
In questo senso, si può dire che gli
aspetti ambientali indiretti di un
EMAS applicato da una pubblica
amministrazione siano la manifestazione
più chiara del legame reciproco
con il territorio:
l da un lato, gli aspetti indiretti sono
l’espressione più alta del modo in cui
un ente pubblico e, in particolare,
un’Agenzia per la protezione ambientale,
interagisce con il proprio
territorio, ovvero influenzando,
orientando, regolando e incentivando
i comportamenti dei soggetti localizzati
sullo stesso, al fine di migliorarne
le prestazioni ambientali;
l dall’altro lato, è solo grazie a dati
TABELLA1
Depuratoridirefluiurbaniineserciziodicuièstatoeffettuatoilcontrollo n.
Depuratoridirefluiurbaniineserciziodicuièstatoeffettuatoilcontrolloespressoinabitantiequivalenti(AE)
Unitàdi
Misura
Depuratoridirefluiurbaniineserciziodicuièstatoeffettuatoilcontrollo rispettoaltotaleinesercizio %
Depuratoridirefluiurbaniineserciziodicuièstatoeffettuatoilcontrollo degliscarichirispettoaltotalesoggettoacontrolloexD.Lgs.n.152/2006
Potenzialitàdeidepuratoridirefluiurbaniineserciziodicuièstatoeffettuatoilcontrollorispettoal
totaleinesercizio
Potenzialitàdeidepuratoridirefluiurbaniineserciziodicuièstatoeffettuatoilcontrollodegliscarichi
rispettoaltotalesoggettoacontrolloexD.Lgs.n.152/2006
Controllieffettuaticoncampionamentoeditipo“amministrativo”suddivisoperaspettoambientale
(rifiuti,scarichiidrici)
Violazioniriscontratedistinteperaspettoambientale(rifiuti,scarichiidrici,odori) n.
Violazioni riscontrate distinte per tipologia (violazioni per superamento di limiti o mancato rispetto
delleprescrizioniautorizzative)
Violazioni/controllieffettuati %
e indicatori territoriali che le pubbliche
amministrazioni riescono a giudicare
correttamente la significatività
dei propri aspetti indiretti e a concentrarsi
sulle attività e sui soggetti intermedi
cruciali per il miglioramento
dell’ambiente locale.
La principale indicazione emergente
dall’esperienza del dipartimento
ARPAT di Lucca, quindi,
potrebbe essere efficacemente sintetizzata
nella considerazione che
soltanto attraverso un’opportuna ed
efficace gestione, il monitoraggio,
la periodica rivalutazione e il miglioramento
nel tempo degli aspetti
ambientali indiretti è possibile applicare
EMAS nel rispetto dei principi
che hanno ispirato e guidano
l’attuazione di questo fondamentale
strumento volontario delle politiche
ambientali dell’Ue. l
RingraziamentiaBiancaPatriziaAndreinieMarcoPellegrinidell’ARPATperilcontributooffertoall’elaborazionedeicontenutidiquestoarticolo.
AE
%
%
%
n.
n.
27

CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
SPECIALE
Per ora solo due APO (Pordenone e Ravenna) hanno conseguito il primo traguardo
EMAS negli ambiti produttivi omogenei:
è attestazione o registrazione?
diDanielePernigotti, docentediAmbienteedeconomiad’impresa,UniversitàCa’Foscari,Veneziae
EnricoMeggiolaro,autoredellatesidiLaureainScienzeAmbientali
Gli“AmbitiProduttivi
Omogenei”(APO),areeestese
caratterizzatedaunamedesima
tipologiaproduttiva,
rappresentanounaparte
importantedeltessuto
economicoitaliano.Accanto
allefortipotenzialitàsinergiche
diunterritoriomolto
specializzatoesiste,però,
ilproblemadellanotevole
amplificazionedellecriticità
ambientalicaratteristiche
delsettorecheimpattano
sulmedesimoterritorio.
IlComitatoEMAShaprodotto
nel2004unapropriaposizione
perfavorirel’istituzione
el’operativitàdisoggetti
rappresentatividelterritorio,
ingradodipromuoverela
diffusionecapillarediEMAS.
Direcente,èstataanalizzato
illivellodiapplicazioneinItalia
dellaposizionesull’APO.
Tralecriticitàpiùfortiladifficoltà
direperimentodirisorse
economiche,larelativa
ripartizionedeicostitraivari
soggettieladefinizione
diobiettividimiglioramento
condivisi.
28
Introduzione agli APO
Un recente lavoro di tesi del
Corso di Laurea in Scienze ambientali
dell’Università Ca’ Foscari
ha analizzato il livello di applicazione
in Italia della posizione
che il Comitato EMAS ha sviluppato
in merito agli Ambiti Produttivi
Omogenei (APO).
Vengono così in genere classificate
le aree estese contraddistinte
da una medesima tipologia produttiva,
realtà che caratterizzano
una parte importante del tessuto
produttivo italiano.
L’elevata concentrazione di attività
simili, se da un lato è in
grado di generare significative
sinergie dal punto di vista produttivo,
dall’altro amplifica anche
notevolmente il peso delle
criticità ambientali che impattano
sul medesimo territorio.
Ne consegue che ogni strategia
di gestione sostenibile di queste
aree non può limitarsi a proporre
esclusivamente interventi direttamente
rivolti alle aziende, ma deve
cercare di favorire la gestione
complessiva del territorio, quasi a
considerare l’intera APO come un
unico stabilimento produttivo senza
soluzione di continuità.
Sulla base di questa logica, il
Comitato EMAS ha prodotto nel
2004 una propria posizione che mira
a favorire l’istituzione e l’operatività
di soggetti rappresentativi del
territorio, in grado di promuovere
la diffusione capillare di EMAS.
In accordo al documento, l’APO
può scegliere di intraprendere:
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l un percorso più complesso, in
grado di raggiungere l’importante
traguardo della registrazione EMAS
attraverso il soggetto gestore o
l un iter semplificato, con il soggetto
promotore, che si limiti a ottenere
il rilascio di un apposito attestato
da parte del Comitato EMAS.
In entrambi i casi, le aziende
insediate all’interno dell’APO intenzionate
a raggiungere autonomamente
la registrazione EMAS,
potranno godere di apposite semplificazioni
rispetto al percorso
completo previsto dal regolamento
europeo n. 761/2001.
Con la posizione sugli APO il
Comitato EMAS intende anche
sondare la possibilità di proporre
a livello europeo delle possibili
proposte di modifica nel processo
di revisione del regolamento che
dovrà portare all’EMAS III.
Nella fase pilota di applicazione
della posizione sono state
coinvolte una serie di APO di vari
settori produttivi e diffusione
geografica (si veda la figura 1)
che, con l’importante aiuto del
Comitato EMAS, sono state oggetto
anche dello studio in questione.
Il lavoro, chiuso nel febbraio
2007, intende così valutare ,
a distanza di più di 2 anni dalla
pubblicazione del documento,
quale sia lo stato di applicazione
della posizione.
I risultati dello studio
Il soggetto promotore/gestore
è, in realtà, un organo variegato
che include, tra l’altro, rappre-
14 agosto 2007 ­ N. 16

SPECIALE
Localizzazione e tipologia degli APO
che hanno partecipato alla ricerca (*)
Piemonte
Novara
(rubinetteria)
Biella
(tessile)
Liguria
Val Fontanabuona
(ardesiaci)
Toscana
Santa Croce
(conciario)
Lucca
(cartario)
Prato
(tessile)
sentanti della sfera pubblica e
di quella privata (si veda la figura
2).
Soggetti pubblici sono presenti
complessivamente in quasi la totalità
dei casi (93%) con varie
rappresentanze (73% Comuni,
73% Province, 40% Regioni, 13%
Comunità montane o parchi), evidenziando
un grande interesse per
14 agosto 2007 ­ N. 16
Lombardia
Lumezzane
(meccanica)
Mantova
(meccanica)
Sesto S. Giovanni
(meccanica)
Lodi
(meccanica)
Crema
(meccanica)
Marche
Fabriano
(meccanica)
Campania
Solofra
(conciario)
Friuli Venezia Giulia
Pordenone
(mobile)
Udine
(sedia)
Udine
(zona industriale)
San Daniele
(alimentare)
Figura 1
Veneto
Euganei
(termale)
Arzignano
(conciario)
Emilia-Romagna
Modena
(ceramico)
Reggio Emilia
(ceramico)
Life Siam
(zone industriali)
Ravenna
(chimico)
Ferrara
(zona industriale)
(*) Life SIAM è un progetto guidato dalla sede di Faenza dell’ENEA che raccoglie in
realtà un certo numero di aree industriali variamente distribuite nel territorio
nazionale (area Industriale di Mongrando, area Industriale di Padova, area Industriale
di Rovigo, area Industriale 1° macrolotto di Prato, area Industriale della Maiella, area
Industriale di Rieti-Cittaducale, area Industriale di Frosinone-Ferentino e area
Industriale di Molfetta, Comune di Molfetta).
la partecipazione diretta verso la
creazione di logiche di sviluppo
sostenibile degli APO.
La contemporanea rappresentanza
(93%) del mondo produttivo
(66% associazioni industriali,
53% aziende, 13% camera di
commercio) conferma il medesimo
interesse convergente verso un
sempre più integrato rapporto tra
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CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
impresa e ambiente e diventa elemento
essenziale perché l’APO
possa operare con disegni di sviluppo
condivisi.
Come già indicato, la scelta di
optare per la creazione di un soggetto
gestore o promotore implica
un diverso tipo sia di impegno sul
territorio, sia di riconoscimento
finale.
Tra gli APO che hanno accettato
di partecipare alla ricerca
(67% di quelli contattati), emerge
un quasi totale orientamento a favore
del soggetto promotore, che
manifesta la volontà di muoversi
verso l’attestato, con un solo caso
che ha espresso la volontà di
intraprendere il percorso della registrazione.
Pesano evidentemente,
in quest’ultimo caso, le difficoltà,
per il soggetto gestore, di
realizzare un’interfaccia più profonda
e complessa con le singole
aziende insediate nell’area, mentre
il soggetto promotore può assumere
un ruolo maggiormente
di collegamento e promozione
della cultura dei Sistemi di Gestione
Ambientale (SGA) sul territorio.
L’analisi del diverso livello di
soddisfacimento dei requisiti della
posizione da parte dei singoli
APO, consente di evidenziare la
progressione logica con cui le realtà
oggetto di studio hanno intrapreso
il proprio percorso verso
l’ottenimento dell’attestato (si veda
la figura 3).
Le criticità emerse
La discontinuità del numero di
APO che hanno completato le diverse
fasi previste dalla posizione
permette di ipotizzare quali siano
probabilmente gli elementi che
presentano maggiori difficoltà per
l’ottenimento dell’attestato. Non
era, in realtà, difficile immaginare
come i punti più critici sarebbero
stati:
29

30
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
SPECIALE
Percentuale presenza dei diversi attori
all’interno dei soggetti promotori/gestori
%
93
Enti pubblici
66
53
Aziende
Associazioni industriali
20
Org. sindacali
l la stesura dell’analisi ambientale
iniziale (AAI);
l la realizzazione del programma
ambientale;
l l’ottenimento dell’attestato.
L’analisi ambientale iniziale
La realizzazione dell’AAI richiede
un impegno di tempo e risorse
non indifferente e non è priva
di difficoltà oggettive, legate
alla sensibilità del territorio circostante,
alla variabilità e alla criticità
degli aspetti ambientali caratteristici.
Le metodologie applicate
per individuare gli aspetti
ambientali significativi (AAS) sono
molto diversificate, andando
13 13
Università
6 6 6
ASL
Comitato EMAS
Camera di commercio
Figura 2
Ministero Ambiente
dal DPSIR [1] , all’uso di matrici e,
in un caso (Udine), alla VAS [2] .
Interessante il coinvolgimento
delle parti sociali che viene talvolta
adottato (ad esempio S.
Croce) per cercare di aumentare
la partecipazione della popolazione
nel processo di valutazione degli
AAS e, quindi, di applicazione
della posizione. In un paio di casi
(Lucca e Arzignano) è stata effettuata
anche una LCA [3] per valutare
gli impatti ambientali del prodotto
caratteristico dell’APO nel
suo intero ciclo di vita. Nel caso
di Arzignano, la LCA è stata finalizzata
alla realizzazione di una
PCR [4] delle pelli bovine al fine di
[1] “Determinanti, Pressioni, Stato, Impatto, Risposte”.
[2] Valutazione Ambientale Strategica.
[3] Life Cycle Assessment (Analisi di ciclo di vita del prodotto).
[4] Product Category Requirements (requisiti di categoria di prodotto che dettano le specifiche per la partecipazione con un
determinato prodotto allo schema svedese EPD).
[5] Environmental Product Declaration (dichiarazione ambientale di prodotto, documento finalizzato alla comunicazione degli impatti
ambientali di un prodotto nel suo intero ciclo di vita, sviluppato a livello svedese e in fase di internazionalizzazione).
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promuovere la valenza ambientale
del prodotto locale nel mercato
internazionale attraverso la produzione
di EPD [5] .
Il programma ambientale
Le difficoltà verso la realizzazione
del programma ambientale
sono, evidentemente, legate alla:
l difficoltà di reperimento di risorse
economiche;
l relativa ripartizione dei costi tra i
vari soggetti;
l definizione di obiettivi di miglioramento
condivisi.
Su questo punto, si è registrato
un atteggiamento contraddittorio
da parte di alcuni APO che, dopo
aver dichiarato l’approvazione di
un programma, non ne hanno, come
richiesto nello studio, trasmesso
copia ai ricercatori, andando un
po’ contro la logica di condivisione
e trasparenza che dovrebbe caratterizzare
l’adesione ai principi
della posizione.
Nel caso di un’eventuale revisione
della posizione potrebbe
essere interessante rendere obbligatoria
la pubblicazione del programma,
la cui definizione rappresenta,
sicuramente, un elemento
reale di serietà dell’APO,
ma che ha senso trovi la più ampia
diffusione verso le parti interessate.
La posizione dedica già ora una
particolare attenzione al tema della
comunicazione, nella consapevolezza
che il concetto di sostenibilità
debba necessariamente unire
la variabile sociale, quindi la partecipazione
del territorio, a quella
ambientale ed a quella economica
(si veda la figura 4).
14 agosto 2007 ­ N. 16

SPECIALE
Completamento delle diverse fasi
della posizione da parte delle APO
Tutti gli APO hanno lavorato al
miglioramento del tema della comunicazione,
arrivando a sviluppare
siti internet (si veda la tabella
1), a organizzare convegni, a
produrre pubblicazioni, cd-rom e
rapporti, fino a utilizzare il mezzo
televisivo.
L’ottenimento dell’attestato
A oggi, solo due APO hanno
ottenuto l’attestato:
l Pordenone [6] ;
l Ravenna.
La difficoltà nell’ottenimento
di questo riconoscimento sembra,
in realtà, essere caratterizzata più
dal rappresentare di fatto l’ultimo
passo di un percorso articolato,
che da difficoltà oggettive. È presumibile
che, in tempi relativamente
brevi, ulteriori APO, già in
possesso di un programma approvato,
raggiungeranno l’obiettivo
[6] Si veda il n. 10/2007 di Ambiente&Sicurezza.
14 agosto 2007 ­ N. 16
Figura 3
dell’attestato, così come risulta
stia avvenendo nel caso di Arzi-
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
gnano. Una volta raggiunto l’attestato,
il percorso degli APO dovrà
continuare nella promozione dell’applicazione
di EMAS direttamente
da parte delle aziende, in
modo che esse possano diventare
un motore interno in grado di
contribuire fattivamente alla modifica
delle dinamiche esistenti e
allo sviluppo futuro degli APO in
chiave di sostenibilità. Attualmente,
la diffusione di EMAS
nelle aziende è abbastanza limitata
in queste aree (si veda la figura
5), ma ci si attende che le semplificazioni
previste nella posizione
per le aziende insediate nelle
APO in possesso dell’attestato, o
dell’eventuale registrazione, possano
incentivare una loro crescita
nel tempo.
Conclusioni
Le APO sembrano dimostrare
un grande interesse verso il percorso
definito nella posizione che
favorisce l’integrazione degli inte-
Variabili che dovrebbero
essere considerate in ogni politica
di sviluppo sostenibile
Sociale Economia
Ambiente
Figura 4
31

32
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
SPECIALE
ElencodeisitiinternetdegliAPO
APO Sitoweb
Arzignano www.progettogiada.org
Fabriano www.autoritambientale.regione.marche.it
Ferrara servizi.comune.fe.it/index.phtml?id=958
Fontanabuona www.regione.liguria.it
LifeSiam www.siamproject.it
Lucca www.life­pioneer.info
Lumezzane www.lumetel.it
Mantova www.comune.mantova.it
Mo-Re www.provincia.modena.it
Pordenone www.distrettomobililivenza.it
Prato www.ui.prato.it/ambiente/emas
Ravenna www.assind.ra.it
SantaCroce www.assoconciatori.com
SanDaniele www.parcoalimentare.it
Udine www.progettosedia.it
ressi pubblici e privati in chiave
di condivisione di finalità orientate
allo sviluppo sostenibile.
Tra i riconoscimenti previsti
dalla posizione prevale nettamente
un orientamento verso l’attestato
e l’ipotesi di registrazione dell’APO
sembra non avere una
grande prospettiva futura.
In ogni caso, la disponibilità di
fondi rappresenta, a oggi, uno degli
elementi di maggiore criticità per
garantire la realizzazione di contenuti
di carattere sostanziale.
Resta da monitorare nel tempo
l’incremento di APO che raggiungeranno
l’attestato e, soprattutto, l’efficacia
delle semplificazioni introdotte
dalla posizione per diffondere la logica
della gestione ambientale all’interno
delle singole aziende operanti
negli APO. l
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TABELLA1
Attuale diffusione di EMAS nelle singole
imprese operanti all’interno di un APO
Tra 5 e 10 imprese
(8%)
< 5 imprese
(51%)
> 10 imprese
(8%)
Figura 5
0 imprese
(33%)
14 agosto 2007 ­ N. 16

SPECIALE
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
Decisamente significativo il caso dell’omonima Direzione di Edison, articolata in 3 poli
Gestione ambientale e della sicurezza:
l’applicazione al settore idroelettrico
diMaurizioAgosta, PASQEdison,auditorQualità,Ambiente,SaluteeSicurezza,LucaDellai,PASQ
Edison,GestioneIdroelettrica,MarioIntrozzi,CSQ/IMQ,auditorSaluteeSicurezza,GiorgioPenati,
verificatoreaccreditatoEmasI­V­0004eCSQauditorAmbiente,SaluteeSicurezzaedEmilioWarnots,
CSQ/CESIauditorAmbiente
Ilprocessoproduttivodella
gestioneidroelettricacomporta
fisiologicamenterischispecifici
diareaconriferimento
alrapportodegliaddetti
conl’ambiente,alleinfrastrutture
eagliimpianti;è,quindi,
importanteprocedereconuna
efficacelistadiriscontroinmerito
airequisitidisicurezzadellearee
stesse.Rappresentativoinquesto
sensoèilcasodelladirezione
EdisonGestioneIdroelettrica,
checomprende42impianti
raggruppatiintreorganizzazioni
dipolo(poli1,2e3)aseconda
delladislocazionenelterritorio,
peruntotaledi1.500MW
dipotenzainstallata.Particolare
attenzionemeritanol’analisi
dipericoli,rischi,aspetti
ambientalierelativipotenziali
impatti,ilprogramma
dimiglioramento,gliaudit
interni,laverificasecondo
lostandardOHSAS18001
eilrinnovodellacertificazione
UNIENISO14001,chehaofferto
l’opportunitàdiaderire
alregolamentoEMAS.
14 agosto 2007 ­ N. 16
Lastrutturaorganizzativa
dellagestioneidroelettrica
Inserita nell’ambito della business
unit “energia elettrica”, la Direzione
Edison Gestione Idroelettrica comprende
42 impianti raggruppati in tre
organizzazioni di polo (poli 1, 2 e 3)
a seconda della dislocazione nel territorio,
per un totale di 1.500 MW di
potenza installata.
La direzione ha sede a Bolzano,
dove sono ubicati i centri di riferimento
dei servizi tecnici e gli staff
che svolgono funzioni comuni a tutti
i poli.
Pericolierischi
Il processo produttivo della gestione
idroelettrica è fortemente caratterizzato
da rischi specifici di area intesi
come rapporto degli addetti con
l’ambiente, le infrastrutture e gli impianti;
pertanto, è propedeuticamente
importante procedere con una efficace
lista di riscontro in merito ai requisiti
di sicurezza delle aree stesse.
Il rischio viene valutato con metodo
semiqualitativo, introducendo una
pesatura algoritmica fondata sul rapporto
tra fattore gravità e probabilità
dell’accadimento:
l la gravità è correlata all’effetto
(danno) che un rischio può generare
sulla persona; in particolare, il fattore
di gravità è strettamente vincolato alla
propria caratteristica intrinseca (ti-
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pologia della struttura/impianto, protezione
alla fonte, utilizzo di dispositivi
idonei e specifici);
l il fattore probabilistico si misura
in ragione di molteplici fattori di governo
che possono essere applicabili
ed è improntato sulla risposta organizzativa
e di controllo, offrendo,
pertanto, l’opportunità di un governo
sistemico di questi fattori con criteri
così riassumibili:
- presenza di procedure, istruzioni,
norme condivise;
- presenza di autorizzazioni, certificazioni,
verifiche di conformità;
- livello di controllo sulle attrezzature
e sui dispositivi;
- stato di mantenimento dei siti,
attrezzature e dispositivi;
- livello di conoscenza, addestramento,
formazione e informazione
degli addetti;
- controllo sistemico del rischio
con audit e verifiche;
Il risultato viene espresso in livello
di rischio residuo quantificato che,
a seconda dell’entità, impone un piano
di miglioramento.
Particolare attenzione è stata posta
all’analisi dei rischi collegata a
enti terzi [1] che possono avere afferenza
diretta o indiretta sul processo
della gestione della sicurezza. Il
fattore di rischio derivante da imprese
terze risulta di notevole impatto
su tutta l’organizzazione in
[1] Per “terzi” si intendono imprese e servizi che partecipano alla produzione con la propria organizzazione e/o con proprie risorse
trascinando nel sistema di valutazione anche i processi di supporto e gestionali di Edison, gli approvvigionamenti, la progettazione,
la gestione degli appalti e relative qualifiche, la pianificazione della manutenzione.
33

34
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
SPECIALE
Aspettiambientalidirettieindiretti
Aspetti connessi all’utilizzodellerisorse
•acqua;
•combustibili;
•energiaelettrica;
•materieprime;
•materialiausiliari;
•imballaggio;
•immagazzinamento.
Aspetticonnessialle
emissioni di inquinanti
Aspetti connessi a
potenzialiinfluenze
perl’ambiente
termini sia quantitativi sia qualitativi,
in quanto i processi di ingegnierizzazione
e di modifica, i servizi e
la cantieristica vengono sovente appaltati
in parte o in toto; ne deriva
l’onere di una efficace pesatura dei
rischi, strutturata con la metodica
sopra descritta, confidando nel fatto
che anche i terzi partecipino e
condividano le logiche e gli obiettivi
prefissati.
In termini probabilistici, il rischio
viene valutato e misurato ricorrendo:
l allo strumento delle verifiche interne
ed esterne;
l agli audit, a tutti i livelli dell’organizzazione
- sia di campo sia gestionali;
l non da ultimo, al processo di qualificazione
delle imprese.
Aspettiambientali
eimpatti
L’insieme delle analisi ambientali
è stato disposto partendo, in primo
•emissioniinatmosfera;
•scarichiidrici;
•rifiuti;
•rumoreversol’ambientecircostante;
•campielettromagnetici;
•vibrazioni;
•polveri;
•utilizzodisostanzepotenzialmentenociveperl’ambienteelasalute.
luogo, dalle singole realtà locali, definite
come unione di soggetti presenti
sulla medesima asta; è stato, inoltre,
ripreso a livello di polo quanto di
competenza generale e gestionale.
Gli aspetti ambientali diretti e indiretti
definiti da valutare sono riportati
in tabella 1.
I criteri definiti per la valutazione
della significatività sono riportati, invece,
in tabella 2.
Questi metodi consentono di
realizzare un’analisi comparativa
della significatività degli aspetti
ambientali sia nelle condizioni
normali/anomale sia in quelle di
emergenza. La caratterizzazione
degli impatti e della loro significatività
ha consentito di definire
adeguati piani di azione.
Ilprogramma
dimiglioramento
A livello di polo e gestionale sono
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TABELLA1
•oliomineralecontenentePCB;
•contaminazionedelleacqueedelterreno;
•amianto;
•gaslesiviperlafasciadiozonoegasserra;
•sicurezzaesalutedeilavoratori;
•consegnadell’energiaelettricaallareteditrasmissionenazionale;
•inserimentoambientaledelleopereeimpattovisivo;
•modifichesulledirezionieportatedeicorsid’acqua;
•interferenzesull’ecosistemadovutealdeflussorilasciato;
•rapporticonilterritorio(urbanizzazione,effettisocio­economicisullapopolazionelocale,
interferenzeconlafruizionedelterritorioascoporicreativo,effettisullaviabilità);
•comportamentiambientalidegliappaltatori,deisubappaltatoriedeifornitorichepossono
avereun’influenzasull’ambiente.
state individuate le seguenti direttrici
di lavoro:
l riduzione dell’impatto sulle acque
e sul terreno;
l eliminazione di gas lesivi per la
fascia di ozono e gas serra;
l riduzione dell’interferenza sull’ecosistema
dovuta al deflusso rilasciato;
l miglioramento dei rapporti con il
territorio;
l miglioramento del comportamento
ambientale degli appaltatori e dei
fornitori in genere;
l incremento dei piani di sorveglianza
e misure;
l adozione di analisi di sicurezza e
piani di azione generali (formazione,
comunicazione).
A livello locale, i piani di azione
sono più collegati alle specifiche tecniche
e riguardano interventi a carattere
squisitamente locale, quali, ad
esempio:
14 agosto 2007 ­ N. 16

14 agosto 2007 ­ N. 16
SPECIALE
Criteriperlavalutazionedellasignificatività
Valutazione in condizioni
normali/anomale
Valutazioneincondizionidi
emergenza
l interventi migliorativi su caldaie e
gruppi elettrogeni;
l revisione scarichi;
l eliminazione fluidi contaminati da
PCB;
l miglioramento di contenimento e
gestione emergenze;
l miglioramento dei rapporti locali
con interventi anche a carattere puntuale
(cartellonistica, sentieri, ecc.);
l programmi locali di azione per il
miglioramento delle condizioni di salute
e sicurezza.
Gliauditinterni
Audit di primo
e secondo livello
Il processo di audit del Gruppo
Edison è strutturato su più livelli organizzativi:
l gli audit di primo livello (o prima
parte) sono quelli effettuati dalle gestioni
con risorse interne, presso i
propri siti verificando processi operativi
e/o gestionali puntuali;
l gli audit di secondo livello (o seconda
parte) sono effettuati dalla funzione
ambiente sicurezza qualità della
corporate e verificano tutti i processi
delle organizzazioni, compresi
quelli non valutabili dagli audit di
primo livello per ovvi motivi di indipendenza
(audit, riesame di direzione,
ecc.).
La pianificazione degli audit di
primo e secondo livello è articolata
in modo da renderli congruenti fra
Sonostatipresiinconsiderazioneiseguentifattori:
•intensitàdell’impattoconnessoalsingoloaspettoambientale;
•regolamentazionediriferimento;
•accadimentodieventinondesiderati;
•vulnerabilitàesensibilitàdelterritorio.
Sonostatipresiinconsiderazioneiseguentifattori:
•probabilitàdiaccadimentodell’impatto;
•gravitàdelleconseguenze.
loro e correlati con quelli di terzo
livello effettuati dagli enti esterni di
certificazione/registrazione.
Nell’ambito della gestione
idroelettrica, il progetto di registrazione
EMAS dei tre poli operativi
ha avuto uno dei suoi principali
fondamenti proprio nella pianificazione
dei tre livelli di audit,
effettuata proprio per assicurare
una completa copertura di tutti i
42 impianti della gestione nell’arco
di tre anni e garantire così che
ogni sito sia interessato almeno
annualmente da una verifica di
primo, secondo o terzo livello.
La dichiarazione ambientale
L’organizzazione ha disposto, al
fine di ottemperare al regolamento
europeo n. 761/2001 [2] , una serie di
dichiarazioni ambientali, che, strutturate
per polo, comprendono, analogamente
a quanto già elaborato da altre
organizzazioni Edison (Edison Gestione
Termoelettrica e Edison Energie
Speciali) una sezione generale
con i piani e le azioni dell’intera organizzazione
e delle sezioni di “asta
idrica”, con le caratteristiche specifiche
delle stesse e i previsti piani di
azione; il tutto integrato da fotografie.
La struttura risulta decisamente
massiccia sia per la parte generale sia
per le schede di area, al fine di fornire
il massimo della trasparenza delle
informazioni.
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CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
TABELLA2
L’organismodicertificazione
eilverificatoreEMAS
L’organizzazione che adotta un sistema
gestionale, relativo alla tutela
dell’ambiente e della salute e sicurezza
sul lavoro e desunto da schemi
internazionali di provata efficacia, intende
sia migliorare il livello delle
proprie prestazioni relative a queste
problematiche sia disporre di idonei
strumenti di controllo e gestionali al
fine di garantire un costante miglioramento
continuo.
I soggetti principali fruitori dei
vantaggi relativi alla adozione di
questi schemi sono, rispettivamente:
l per l’ambiente, la collettività
(quale la popolazione immediatamente
prossima ai siti operativi della
organizzazione);
l per la salute e sicurezza sul lavoro,
in particolar modo la popolazione
lavorativa.
Occorre certamente ribadire che
altri soggetti interessati all’adozione
da parte della organizzazione di
avanzati processi gestionali possono
essere interni (dalle direzioni alle organizzazioni
dei lavoratori fino agli
stessi azionisti), ma anche esterni
(pubblica amministrazione, strutture
collettive a carattere sociale, stesse
banche e assicurazioni).
L’importanza interna ed esterna
dell’introduzione di questo processo
nell’organizzazione richiede una formale
verifica effettuata da soggetti
[2] «Regolamento (CE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del consiglio del 19 marzo 2001 sull’adesione volontaria delle
organizzazioni ad un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS)» (in G.U.C.E. L del 24 aprile 2001, n. 114). Si vedano il n.
13/2001 ma anche il n. 2/2002 di Ambiente&Sicurezza.
35

CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
(sia figure professionali sia organismi)
dotati di elevata qualificazione,
competenza e indipendenza in grado
di attestare la rispondenza alle normative
di riferimento.
Compitieteamdiverifica
Gli organismi di certificazione accreditati
(in Italia il Sincert) e i verificatori
ambientali accreditati (in Italia
il Comitato Ecoaudit ed Ecolabel)
valutano e attestano questa rispondenza
operando sotto la stretta sorveglianza
degli organismi di accreditamento
che ne garantiscono pertanto a
loro volta i requisiti.
Edison Gestione Idroelettrica è
stata sottoposta a verifica e sorveglianza
da parte dell’organismo di
certificazione CSQ di Milano in merito
alla conformità alle norme e
standard UNI EN ISO 14001:2004 e
BSI OHSAS 18001 e al regolamento
europeo n. 761/2001 EMAS da parte
del verificatore accreditato.
I compiti dell’organismo di certificazione
e del verificatore ambientale
consistono nell’esaminare, seppure
in modo campionario, attraverso idonei
esami documentali, sopralluoghi
di dettaglio e approfondite interviste,
come le attività svolte dalle organizzazioni
siano strutturate, in modo da
garantire il continuo monitoraggio
dettagliato delle prestazioni ambientali
e di salute e sicurezza nonché il
continuo miglioramento delle stesse
nel tempo.
In particolare, per la conformità al
regolamento EMAS deve essere disposta
anche una dichiarazione ambientale
verificata e convalidata, nella
quale viene comunicato quanto sopra
all’esterno.
Alla luce delle considerazioni precedenti
appare molto chiara l’importanza
di questo processo per l’organizzazione
a fronte della specifica attività
della stessa con una forte e diffusa
interazione territoriale nonché
per la stessa collettività che può av-
36
SPECIALE
viare un processo di dialogo continuo
fondato sulla piena trasparenza delle
informazioni.
Particolare attenzione è stata disposta
nella formazione del team di
verifica attraverso le seguenti scelte:
l pluridisciplinarietà dei componenti;
l esperienza pluriennale e condivisa
nel campo della gestione ambientale
e della salute e sicurezza;
l organizzazione del programma e
giornate dedicate, con particolare
attenzione alla valutazione delle visite
precedenti, all’esame della documentazione
e delle modalità dei
sopralluoghi;
l impiego di strumenti specifici: elaborazione
di una scheda di raccolta delle
informazioni per area e di insieme.
Metodologia e piano
della sorveglianza
La metodologia e il piano della
verifica della Edison Gestione Idroelettrica
sono stati strutturati a fronte
delle caratteristiche dell’organizzazione
e delle metodologie gestionali
adottate. Nella predisposizione del
piano di sorveglianza, occorre, infatti,
tenere presente quali sistemi la stessa
realtà abbia disposto per garantire nel
tempo una verifica interna nonché le
capacità maturate nella gestione del
flusso delle informazioni fra la realtà
centrale e le realtà periferiche.
Il piano di verifica, svolto in maniera
integrata sia per la parte ambientale
sia per quella riguardante la
tutela della salute e sicurezza, è stato
disposto secondo le seguenti considerazioni:
l analisi della evoluzione gestionale
della organizzazione;
l tipologia degli audit interni;
l verifica dell’intera organizzazione
nell’arco di un periodo di tre anni
raccolto e confrontato fra quanto presente
in campo e quanto raccolto a
livello centrale;
l verifica della capacità dell’organizzazione
di sovrintendere a livello
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centrale al processo e dei dati non
presenti nei siti o in aree non sottoposte
a verifica nel campione dell’anno
in corso;
l attenzione costante su tutte le aree
nell’arco del periodo triennale;
l alternanza con gli audit interni, di
livello superiore, effettuati dall’organizzazione;
l verifica completa di tutte le informazioni
presenti nelle dichiarazioni
ambientali EMAS.
Il piano è stato strutturato e realizzato
nel seguente modo:
l raccolta delle analisi ambientali
dei siti interessati alla verifica;
l predisposizione di schede di raccolta
dati sulle caratteristiche degli
impatti ambientali specifici del settore
e dei rispettivi regimi autorizzativi
per singola area;
l completamento delle informazioni
e verifica delle stesse schede in campo;
l elaborazione delle informazioni;
l verifica delle dichiarazioni ambientali
(solo per il regolamento
EMAS).
Laverifica18001
La verifica secondo lo standard
OHSAS 18001:1999 [3] è stata sviluppata
parallelamente e in modo integrato
con la verifica ambientale, secondo
la norma UNI EN ISO 14001,
in quanto i punti delle due norme
sono sostanzialmente speculari. Pertanto,
già in sede di definizione del
team e soprattutto, nella programmazione
delle visite si è tenuto conto di
processi gestionali unici presidiati da
procedure, regole e strumenti di verifica
perfettamente dialoganti tra loro
anche perché le funzioni coinvolte,
spesso, sono coincidenti.
Le professionalità e i requisiti dei
componenti specialisti del team risultano
rilevanti allorché debbano essere
verificati i fattori di rischio di processo
e il loro governo, comportando
l’onere di una conoscenza specifica
sia dello standard sia della normativa
[3] Il British Standard Institution ha recentemente pubblicato la BS OHSAS 18001:2007, non più “specifica”, ma vera e propria
“norma”. Sulla nuova BS OHSAS:2007 si veda il commento di F. Fortunati a pag. 42.
14 agosto 2007 ­ N. 16

di sicurezza applicabile. Quest’ultima
risulta essere un fattore che caratterizza
pesantemente la conduzione
delle verifiche e che pone il conduttore
della verifica stessa e l’organizzazione
in un’ottica di estrema fiscalità;
il rispetto dei requisiti legislativi
risulta, infatti, propedeutico a ogni
forma di sistema di certificazione volontaria.
Ciò premesso, la metodologia esecutiva
di una attività di certificazione
H&S viene espletata seguendo criteri
procedurali; la tecnica è campionaria
e, pertanto, come per gli altri standard,
possono essere verificati processi
e siti secondo un programma
che, comunque, nell’arco del triennio
di validità della certificazione debbono
essere tutti verificati.
La peculiarità della OHSAS 18001
prevede due momenti specifici:
l stage 1;
l stage 2.
Lo stage 1 è preceduto da una
verifica documentale che consiste
prioritariamente nella consultazione
del documento di valutazione
dei rischi articolato a seconda dei
processi e delle mansioni, del manuale
del SGSL e di una check-list
legislativa opportunamente inviata
dall’ente di certificazione e da
compilare con le registrazioni applicabili
all’organizzazione. Lo
stage 1 prevede il suo completamento
con una visita al sito con
l’obiettivo di valutare la conformità
legislativa e la sistematicità di
approccio alla gestione della sicurezza.
Lo stage 2 è costituito dalla visita
di certificazione mirata alla valutazione
dell’applicazione pratica del sistema.
In ragione della conoscenza
dell’organizzazione e della modularità
di processo che caratterizza i vari
siti, vengono concordati programmi
tesi a monitorare i processi di mantenimento
e miglioramento fortemente
14 agosto 2007 ­ N. 16
SPECIALE
improntati sui processi più critici:
l la costante sorveglianza sui requisiti
cogenti;
l la valutazione dei rischi;
l il coinvolgimento del servizio di
prevenzione e protezione e dei suoi
componenti (datore di lavoro, responsabile
del servizio di prevenzione,
medico competente e rappresentanti
dei lavoratori);
l la formazione, l’informazione e la
comunicazione;
l la gestione delle emergenze;
l il controllo operativo dei processi
con attenzione dedicata alle imprese
terze e alla cantieristica;
l la sorveglianza sugli indicatori di
sistema con particolare attenzione al
fenomeno infortunistico e agli incidenti;
l i piani di verifica e audit.
Laverifica
UNIENISO14001-EMAS
La verifica ambientale è stata sviluppata
nell’ambito del rinnovo della
certificazione UNI EN ISO 14001, cogliendo
l’opportunità della revisione
della stessa norma e l’adesione della
organizzazione al regolamento EMAS.
Trattandosi di un’organizzazione
complessa e particolare si è fatto riferimento
a quanto previsto dal regolamento
europeo e, nello specifico, all’Allegato
1 alla decisione della
Commissione n. 681/2001 [4] ; il piano
è stato proposto e accettato dal Comitato
Ecoaudit, previa valutazione
della Unità APAT di Roma.
L’organizzazione ha deciso di
aderire al regolamento EMAS con un
piano triennale che prevede:
l polo 1 e 2 nel 2005;
l polo 3, Lombardia e Friuli nel
2006;
l unificazione sistemica e organizzazione
nel 2007.
Alla data attuale risultano, pertanto,
registrati EMAS i poli 1 e
2, mentre è in corso l’iter relativo
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CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
al polo 3 e all’intera organizzazione
della gestione idroelettrica,
sebbene sia terminata positivamente
la fase di verifica da parte
del verificatore ambientale.
L’esame è stato disposto come segue:
l raccolta e verifica della documentazione
specifica di ogni area all’interno
del contesto normativo proprio
della stessa (si ricorda, a questo riguardo,
l’estrema varietà di normative
presenti a carattere locale);
l richiesta di integrazioni e precisazioni
relative alla valutazione della
documentazione;
l riscontri in campo delle caratteristiche
degli impianti e della necessità
di ulteriori supporti documentali e
valutazione preliminare delle schede
di dichiarazione ambientale;
l analisi dei supporti richiesti nella
sede centrale;
l valutazione degli audit disposti
internamente e dell’esito delle azioni
richieste;
l completamento della valutazione
degli impianti ed estensione e integrazione
delle analisi alle aree non
soggette a sopraluogo durante il piano
del primo anno;
l verifica della prima stesura conclusiva
delle dichiarazioni ambientali
di polo;
l stesura dei rapporti di valutazione
e condivisione degli stessi con l’organizzazione;
l esame e accettazione delle azioni
disposte a seguito della apertura di
non conformità;
l verifica definitiva delle dichiarazioni
ambientali;
l valutazione della congruità del
piano triennale di verifica impostato.
Il fatto che la verifica si sia svolta
nell’arco temporale di un mese ha
dato modo all’organizzazione di allineare/modificare
il materiale presente,
laddove possibile, rispetto alle
evidenze che venivano rilevate in fase
di avanzamento lavori.
[4] «Decisione della Commissione del 7 settembre 2001 relativa agli orientamenti per l’attuazione del regolamento (CE) n. 761/2001
del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001 sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di
ecogestione e audit (EMAS)» (in G.U.C.E. del 17 settembre 2001, n. 247).
37

CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
Durante la verifica sono state usate
le apposite liste di riscontro, disposte
anche per garantire nell’arco
dei tre anni una loro completa valutazione
da impiegarsi per il triennio di
audit in modo da consentire di aderire
in modo puntuale alla specificità
della organizzazione.
La verifica è stata improntata sul
massimo coinvolgimento di tutte le
figure interessate a ciascun livello nei
processi gestionali e operativi dell’organizzazione.
Particolare attenzione è stata posta
nella valutazione del rapporto che le
singole aree e l’organizzazione hanno
stabilito con il territorio circostante;
a questo riguardo è stato richiesto
di riportare sempre nelle dichiarazioni
ambientali ogni tipologia di comunicazione
o problematiche emerse
con la realtà locale.
Un aspetto chiave sul quale si è
avviata un‘osservazione importante è
quello relativo ai sistema gestionali
dell’intera organizzazione, alle metodologie
di avvio o modifiche impianti
e alla raccolta e definizione di specifiche
ambientali e di sicurezza
proprie di ogni processo e, laddove
possibile, condivisibili dall’intera
struttura operativa.
Proprio dell’organizzazione esa-
38
SPECIALE
IlSistemadiGestioneAmbienteeSicurezzainEdisonS.p.A.
Edison da diversi anni ha deciso di aderire a strumenti volontari per promuovere un modello di sviluppo
eco­compatibiledandolapiùampiadiffusionenelleproprierealtàproduttiveaspecificisistemidigestione
ambientale,disicurezzaediqualità.
Glistandardadottatisono:
l lanormaUNIENISO14001eilregolamentoEMASn.761/2001perlagestioneambientale;
l laspecificaBSIOHSAS18001perlagestionedellasaluteedellasicurezza;
l lanormaUNIENISO9001perlagestionedellaqualità.
Questoapproccioèstato,quindi,sviluppatonell’ambitodituttelegestionioperativedellasocietà:
l legestionidiproduzionetermoelettricaeidroelettrica;
l lagestioneretinelsettoreelettrico;
l lagestioneproduzioneeolicanelsettorefontirinnovabili;
l legestionidicoltivazione,stoccaggioedistribuzionenelsettoreidrocarburi.
L’obiettivo della società è di raggiungere la certificazione della totalità dei siti operativi entro la fine del
2007. A ulteriore miglioramento nell’applicazione dei sistemi di gestione, Edison ha deciso di passare
dall’approccioinizialedicertificazionedelsingolositoall’attualeimpostazionealivellodi“organizzazione”,
accrescendocosìl’integrazionetraiprocessiaziendali.
minata risulta anche il fatto che la
stessa opera anche in qualificate
strutture industriali di valore archeologico
degli anni ’30, soggette a
vincoli ambientali e che nelle stesse
sono presenti impianti o macchine
che ne fanno una sorta di “museo industriale”,
aspetti dei quali devono tenere
conto gli interventi disposti.
Conclusioni
La gestione ambientale nella organizzazione
Edison Gestione Idroelettrica
è un processo dinamico avviato
da anni e in corso di continuo miglioramento
sia qualitativo sia per quanto
riguarda il coinvolgimento progressivo
dell’intera organizzazione.
In particolare, sono emersi i seguenti:
l punti forti;
l punti da sviluppare.
Punti forti
l unitarietà della organizzazione:
la struttura centrale all’interno di
Edison S.p.A. ha permesso di delineare
in un unico progetto la gestione
dell’ambiente e della sicurezza, trovando
nei vertici organizzativi il necessario
impulso e sintonia per garantire
il raggiungimento dei continui
traguardi;
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l inserimento in una organizzazione
più vasta e sinergie a livello
centrale: la possibilità di operare
all’interno di una organizzazione
ha permesso di definire una
metodologia condivisa su un elevato
arco territoriale, consentendo
di elaborare strategie generali e
puntuali condivise;
l esperienza nei sistemi di gestione
ambientale, salute e sicurezza:
da anni questi sistemi sono divenuti
parte attiva nella organizzazione e
punto di riferimento; ciò ne consente
un uso funzionale e meno burocratizzato
rispetto all’avvio degli stessi;
l storia della organizzazione: l’inserimento
nel territorio e, in genere,
in aree di elevato pregio ambientale
ha evidenziato, sin dall’avvio delle
prime centrali, la necessità di garantire
un continuo contatto con lo stesso
e un costante miglioramento della interazione
con la popolazione maggiormente
prossima agli impianti;
una particolare nota deve essere riservata
anche al pregevole rapporto
che gli impianti hanno con la storia e
con la qualità industriale a fronte di
realizzazioni che risalgono ai primi
decenni del 1900;
l gradualità dell’approccio: l’introduzione
nella struttura del proget-
14 agosto 2007 ­ N. 16

to gestionale sia a livello verticale
(ad esempio dalla ISO 14001 all’EMAS)
sia orizzontale (per estensione
a tutte le aree sino alla organizzazione)
ha consentito di estendere,
in modo maggiormente funzionale,
le riflessioni e le azioni che conseguivano
allo sviluppo dello stesso alle
sezioni non ancora direttamente interessate,
con conseguente innalzamento
della loro qualità
l continuità del rapporto di verifica:
il continuo e costante rapporto
stabilito fra l’organismo di
certificazione, il verificatore
EMAS, il Comitato Ecoaudit e
l’organizzazione ha consentito di
valutare tutte le azioni finalizzate
a favorire il corretto svolgimento
della certificazione e risolvere
preventivamente tutte le difficoltà
operative conseguenti all’azione
su una realtà complessa.
Punti da sviluppare
l metodologie di analisi: la gestio-
14 agosto 2007 ­ N. 16
SPECIALE
ne di una realtà complessa come nel
caso in esame può migliorare a fronte
della elaborazione di strumenti di
pianificazione sempre più attenti alla
loro stessa funzionalità;
l gestione degli impatti indiretti:
risultano correttamente individuati
e possono trovare un ulteriore
punto di miglioramento a fronte
della presa in carico di opportuni
indicatori e valutazione delle
azioni disposte;
l omogeneizzazione operativa e
gestionale: già all’interno della adozione
e valutazione del sistema sono
emersi importanti suggerimenti migliorativi
che potranno trovare pieno
adeguamento nel tempo;
l specifiche progettuali: lo sforzo
compiuto dal punto di vista analitico
e di verifica può e deve trovare la sua
conclusione in un complessivo miglioramento
dei processi preventivi e
progettuali;
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CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
l analisi particolari di dettaglio:
le sinergie di azione disposte consentono
di migliorare anche a livello
puntuale le soluzioni già elaborate a
carattere locale;
l verifiche di particolari: l’analisi
ha consentito di evidenziare la
necessità di fornire a tutti i livelli
della organizzazione la capacità di
analizzare preventivamente le
azioni conseguenti al loro operato
in una complessiva ottica gestionale,
preventiva e sistemica; quanto
sopra anche attraverso una condivisione
delle informazioni e la
semplificazione di apposite schede
informative;
l metodologie di comunicazione:
la dichiarazione ambientale
necessariamente completa può essere
integrata da schede informative
che, riprendendone i contenuti,
possono migliorare la condivisione
della gestione ambientale dell’organizzazione
verso tutte le parti
interessate. l
39

CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
IGIENE E SICUREZZA
La nuova versione è stata pubblicata dal British Standards Institution il 1° luglio 2007
Con l’entrata in vigore dell’edizione 2007
la BS OHSAS 18001 diventa “norma”
diFabioFortunati, docenteeresponsabilegruppodiauditpersistemidigestionedellasicurezza
sullavoro(qualificaCEPASeIRCA)
Il1°luglio2007èstatapubblicata
dalBritishStandardsInstitution
(BSI)lanormaBSOHSAS
18001:2007suisistemidigestione
dellasaluteesicurezzasullavoro
(SGSL).Dopoottoannidi
crescentesuccessodella
certificazionevolontaria,le
aziendehannooggiun
riferimentointernazionalepiù
riconosciutoeaggiornatoconle
considerazioniderivate
dall’applicazionedellostandard
dapartedimigliaiadiaziende
nelmondointero.Lasua
pubblicazioneèparticolarmente
significativa,inquantola
precedenteOHSAS18001:1999
nonaveva,inrealtà,la
connotazionedi“norma”
riconosciuta,bensìdi“specifica”,
valeadiredidocumentochepuò
essereoggettodiunrapportodi
naturacontrattualetraleparti
manoncostituisceunaregola
stabilita.Permegliocomprendere
lanuovaversionevengono
propostealcunetabelledi
confrontotraledueversioni
(1999e2007)econlealtre
principalinormesuisistemidi
gestionequalil’ISO9001:2000
el’ISO14001:2004.
42
La specifica OHSAS 18001:1999
è stata sostituita dalla prima
emissione della norma BS OH-
SAS 18001:2007. L’atto stesso della
pubblicazione costituisce un elemento
importante da sottolineare; infatti, la
OHSAS 18001, il documento più diffuso
a livello internazionale a fronte del
quale richiedere la certificazione del
proprio sistema di gestione della salute
e sicurezza sul lavoro (SGSL), non
aveva, in realtà, la connotazione di
“norma” riconosciuta bensì di “specifica”,
ovvero di un documento che poteva
essere oggetto di un rapporto di natura
contrattuale tra le parti pur non
costituendo una regola stabilita. Non a
caso, nonostante il progressivo successo
dei SGSL nelle aziende negli ultimi
anni, questo “status” minore si è rivelato
un ostacolo al pieno riconoscimento
di tale standard. Al contrario, oggi la
norma BS OHSAS 18001:2007 costituisce
uno standard ufficiale in materia
di salute e sicurezza sul lavoro, la cui
accresciuta importanza è deducibile anche
dall’elevato numero di enti che
hanno partecipato alla sua stesura.
Mentre nell’edizione precedente gli enti
di certificazione erano presenti in misura
rilevante, in quella del 2007 il numero
degli organismi legati al mondo
della normazione è notevolmente aumentato,
avendo compreso enti di diversi
paesi europei ed extra.
L’aspetto più peculiare, ma anche
più critico, di questo standard, ovvero
le importanti interrelazioni tra i requisiti
normativi volontari e le legislazioni
nazionali in materia, è affrontato già
nella premessa nella quale è precisato
che «la realizzazione di un SGSL conforme
a questa norma deve prendere in
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considerazione tutti gli aspetti previsti
dalle normative cogenti, con particolare
riferimento alla valutazione dei rischi
ed alle misure di prevenzione e
protezione».
È anche, ovviamente, ribadito il
concetto che «la conformità al presente
standard non può conferire alcuna immunità
verso gli obblighi legali».
Leggendo l’introduzione è evidente
l’eco delle molte discussioni generate
in questi anni sull’esistenza di una
“certificazione della sicurezza”, in un
certo senso parallela ai controlli degli
organi pubblici deputati.
Gli estensori della norma, in sostanza,
hanno ribadito che la norma OH-
SAS 18001 costituisce un modello, basato
sulla ben nota metodologia PDCA
(Plan-Do-Check-Act), finalizzato a favorire
l’efficace applicazione di tutte le
norme di buona pratica, inclusi, ovviamente,
gli obblighi legislativi. Lo scopo
principale della norma è di promuovere
all’interno delle organizzazioni la prevenzione
nella sicurezza e consentire
l’ottenimento di risultati positivi nel
controllo dei propri rischi.
I requisiti sono applicabili a ogni
tipo di organizzazione e possono essere
adattati alle relative dimensioni e alle
diverse condizioni socio-culturali e geografiche,
anche tenendo conto delle
esigenze socio-economiche e finanziarie.
Le imprese medio-piccole possono
applicarlo con un livello di dettaglio
della documentazione e di complessità
del sistema adeguato alle loro esigenze.
Il testo dell’introduzione sembra poi
anche far valere l’importanza di uno
standard completo e certificabile, basato
sulle evidenze oggettive e sulle verifiche
indipendenti. Si afferma, infatti,
che audit”e “riesami” eseguiti dalle or-
14 agosto 2007 ­ N. 16

ganizzazioni per valutare i propri risultati
in termini di sicurezza, in assenza
di un vero e proprio sistema che li sostenga,
possono non essere sufficienti
a dare una ragionevole confidenza che
gli obblighi legali e gli interventi a favore
della sicurezza siano costanti e
mantenuti nel tempo.
È degna di essere notata anche
“l’importante distinzione” tra:
l un sistema OHSAS 18001: consta
di precisi requisiti che devono essere
14 agosto 2007 ­ N. 16
IGIENE E SICUREZZA
dimostrati mediante una completa serie
di evidenze oggettive e possono
essere certificati da enti indipendenti
per dare dimostrazione a ogni parte
interessata del raggiungimento della
conformità e del suo mantenimento
nel tempo;
l le auto-dichiarazioni o l’utilizzo di
linee guida: non sono certificabili e non
possono che fornire una generica assistenza
nell’applicazione di un SGSL.
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CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
LE MODIFICHE DELLA BS OHSAS 18001:2007 RISPETTO ALLA SPECIFICA PRECEDENTE
•OHSAS18001:2007=norma;
•allineamentoconISO14001:2004ecross­referenceconISO9001:2000;
•modifichealledefinizioni(rischioaccettabile,infortunio,pericolo,ecc.);
•maggioreimportanzaalconcettodi“salute”;
•esclusionedeidanniallaproprietàsenonhannoinfluenzasullaincolumitàdeilavoratori;
•definizionediuna“gerarchiadeicontrolli”nellavalutazionedeirischi;
•introduzionedelconcettodi“delega”;
•importanzadella“gestionedeicambiamenti”;
•maggioreattenzioneallapartecipazionedeilavoratorieallaloroconsultazione;
•nuoveprescrizioniperl’analisidegliinfortunieincidenti.
IrequisitimodificatidellanormaOHSAS18001:2007
Irequisitimodificatidella
normaOHSAS18001:2007
Nella tabella 1 vengono commentati
brevemente i requisiti della norma,
focalizzando le modifiche rispetto
alla precedente, senza entrare nel
merito di questi cambiamenti e dell’indicazione
puntuale delle modifiche
al SGSL che le aziende certificate
dovranno adottare per risultare
conformi anche alla nuova revisione,
che entrerà definitivamente in vigore
il 1° luglio 2009. l
TABELLA1
Elementodellanorma Contenuti
1.Scopo Laconformitàallanormapuòesseredimostratanonsolomedianteauto­certificazioneo
certificazionediunaparteterza,maanchedaattestazionidiclientioaltrepartiinteressate,oppurechiedendounaverificadiunaterzaparteafrontediunapropriaauto­dichiarazione.
SiprecisachelanormaOHSAS18001sioccupadisaluteesicurezzasullavoroenondeve
essereutilizzataperaltreareerelativeallasaluteesicurezzaqualiilbenessere,lasicurezzadeiprodotti,idannialleproprietà,gliaspettipiùpropriamenteambientali.
2.Riferimenti ÈsostituitalaBS8800:1996conlelineeguidaILOdel2001.
normativi
3.Termini
edefinizioni
Moltesonoledefinizioninuove,aggiunterispettoallarevisioneprecedente,lamaggiorpartedellequaliperconsentirel’allineamentoconlaISO14001:2004econlaISO9000:2005.
Inalcunicasi,ledefinizionigiàesistentisonostateinvecemodificate;ciòhacomportato
talvoltasensibilidifferenzediapplicazione,chedovrannoessereattentamentevalutate
nellaletturadeltesto:
•rischio“accettabile”:rischioridottoaunlivellotollerabiledall’organizzazioneconriferimentoagliobblighidileggeeaquantoespressonellapropriapoliticaperlasicurezza;•audit:siintroduceladefinizionedellaISO9000:2005diprocessosistematico,indipendenteedocumentato;
•miglioramentocontinuo:definizioneconmodifichenonsostanzialiderivantidaun
allineamentoconlaISO14001:2004;
•azionecorrettivaepreventiva:introdotteledefinizionidellaISO9000:2005;
•documento:introdotteledefinizionidellaISO14001:2004;
•pericolo:fonte,situazioneoattochepuòprovocareunaferita,unamalattiaprofessionaleounacombinazionediesse;
43

CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
4.2Politicaperla
saluteesicurezza
4.3.1Identificazione
deipericoli,
valutazione
deirischiecontrolli
stabiliti
4.3.2Prescrizionilegali
edialtrotipo
4.3.3.Obiettivi
eprogrammi
44
IGIENE E SICUREZZA
•malattiaprofessionale:introdottaladefinizione(assentenellaprecedenterevisione)comecondizionefisicaomentaleavversaeidentificabilederivanteopeggioratada
un’attivitàlavorativaolegataasituazionilavorative;
• incidente/infortunio:laprimaedizionenonsempreèstatafacilmenteinterpretatainItalia,permotividitraduzione.Nell’attualerevisione,iltermine“accident”(riconducibileall’infortunio)nonèpiùpresentesenoncome“casoparticolare”dell’“incident”(o“incidente”).L’incidenteèuneventocollegatoall’attivitàlavorativachehaoavrebbepotutoportarealesioni,morteoaunamalattiaprofessionale.Nelprimocasosihaancheun“accident”,mentrenel
secondosipossonoutilizzareancheiterminidi“quasi­infortunio”o“situazionepericolosa”.Si
precisacheanchelesituazionidiemergenzasonounparticolaretipodiincidente;
• partiinteressate:modificanonsostanzialedelladefinizioneprecedentecheprecisa
comelepartiinteressatepossanoesseresiaall’internocheall’esternodeiluoghidilavoro;
•nonconformità:ladefinizionedellaprecedenterevisione,focalizzatasuglieffetticoncreti(infortuni,incidenti,malattieprofessionali)causatidallaNC,èstata(stranamente)sostituitaconunadefinizionestrettamenteaderenteaisistemidigestione.LaNCèsemplicemente
un“nonsoddisfacimentodiunrequisito”,comeriportatoanchenellenorme“gemelle”ISO
9001eISO14001.Ancheunoscostamentodairequisitilegalièunanonconformità;
•politicaperlasaluteesicurezza:introdottaladefinizioneanalogaallaISO14001;
• procedura:modospecificatopercondurreun’attivitàounprocesso(definizionedella
ISO9000:2005);
• registrazione:documentocheattestairisultaticonseguitiofornisceevidenzadiattivitàsvolte(analogaallaISO14001:2004);
•rischio:combinazionedellaprobabilitàdell’accadimentodiuneventopericoloso(o
esposizione)egravitàdellalesioneodellamalattiaprofessionalechepuòesserecausata
daquell’eventooesposizione;
•valutazionedeirischi:processodivalutazionedelrischiochehaoriginedall’identificazionedeipericoliechetieneinconsiderazionel’adeguatezzadeicontrolliesistentiper
stabilireseilrischiosiaaccettabileono;
•luogodilavoro:ogniluogofisiconelqualesonosvolteattivitàcollegateallavorosottoilcontrollodell’organizzazione.Unaspecificanotachiariscecheancheleattivitàsvolteall’esternodell’organizzazione(inauto,aereo,treno,acasa,ecc.),inclusequellepressoiclienti,sonodaprendereinconsiderazione.
L’altadirezionedevedefinireenonsoloautorizzarelapolitica.
La politica deve prevedere anche un impegno alla prevenzione degli infortuni e delle
malattieprofessionaliedeveesserecomunicataatuttoilpersonalechelavorasottoil
controllodell’organizzazione(enonpiùsoloailavoratori).
Ilprocessodivalutazionedeirischideveconsiderareancheilcomportamentoelecapacitàumane,ipericoliprovenientidall’esternodell’organizzazione(compresiquellicircostantiiluoghidilavoro),leinfrastrutture,icambiamentinell’organizzazioneenelSGSL,
laprogettazionediluoghidilavoro,attrezzature,processi,ecc.,eognirequisitolegale.
Ilrisultatodellavalutazionedeirischidevecomprenderel’identificazione,leprioritàela
documentazionecollegataairischi,oltreallemisuredicontrolloderivanti.
Perlasceltadellemisuredicontrolloolaloromodifica,deveesserepresainconsiderazionelagerarchiadiinterventotipicadellanormativadilegge(art.3,D.Lgs.n.626/1994),
ovvero:
• eliminazione;
• sostituzione;
• misuretecnologiche;
• segnaleticaecontrolliprocedurali;
• dispositividiprotezionepersonale.
Aquantoindicatonellaprecedenterevisione,èaggiuntalaprescrizionechel’organizzazionedevetenereinconsiderazionegliobblighilegalinelrealizzareemantenereilproprioSGSL.Questanuovaprescrizionevaconsiderataunitamentealnuovorequisito4.5.2
cheprevedelaverificadellaconformitàlegislativa.
Comeampiamenteprevisto,iduerequisitidellaprecedenteversionesonostatiaccorpati,analogamenteallaISO14001:2004.
Sisottolineachegliobiettividevonoessereinlineaconl’impegnoallaprevenzionedegli
infortuniedellemalattieprofessionalinonchéalrispettodegliobblighilegaliesottoscrittidall’organizzazione.
Nellostabiliregliobiettiviparechesiastatadataunaprevalenzaagliaspetticogentieai
rischi.Devono“anche”essereconsideratiglialtrielementigiàpresentinellaprecedente
revisione(qualeilpuntodivistadellepartiinteressate,purché“significative”).
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4.4.1Risorse,ruoli,
responsabilità
edautorità
4.4.2Competenza,
addestramento
econsapevolezza
4.4.3Comunicazione,
partecipazione
econsultazione
4.4.4­4.4.5Documenti
econtrollo
deidocumenti
4.4.6Controllo
operativo
4.4.7Preparazione
alleemergenze
erisposta
4.5.1Misurazione
emonitoraggio
deirisultati
4.5.2Valutazione
dellaconformità
4.5.3.1Indagine
suincidenti
4.5.3.2Nonconformità,
azionicorrettive
epreventive
4.5.4Controllo
delleregistrazioni
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IGIENE E SICUREZZA
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CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
L’altadirezioneèilresponsabileultimodelSGSLedevedimostrareilproprioimpegno
nelladisponibilitàdirisorse(insensoassolutamenteampio,ovveroinclusorisorseumane,
tecnologiche, skill specialistici, infrastrutture, risorse tecnologiche e finanziarie) e
nelladefinizionediruolieresponsabilità,inclusoeventualideleghe.
Siconsentecheilrappresentantedelladirezione(chedeveesseremembrodellastessa)
possa delegare alcuni compiti a un suo collaboratore, mantenendone, tuttavia, la responsabilità.L’organizzazionedeveidentificareibisogniformativiedareattuazioneaquantonecessariopercolmarelecarenze,dandoneevidenzamedianteregistrazioni.
Modificatoancheiltitolodelrequisito,conl’introduzionedeltermine“partecipazione”
che rende esplicita l’integrazione del requisito esistente con la richiesta di una più costantepartecipazionedeilavoratoriechedeveesseredimostrabilenellosviluppodella
identificazione dei pericoli e valutazione dei rischi, nelle indagini sugli incidenti, nella
definizionedegliobiettividelSGSLenellagestionedeicambiamenti.
Laconsultazioneèestesaagliappaltatori.
NoncisonosostanzialimodifichesenonunamigliordefinizionedelleregistrazionirichiesteeunaterminologiapiùsimileallaISO9001,inclusoilriferimentoaidocumentidi
origineesterna.
Diversaformulazionedelrequisito,masenzarilevantimodifiche.Maggiorenfasisulla
gestionedeicambiamentiesuicontrolliperappaltatorievisitatori.
Leprocedureperleemergenzedevonotenereinconsiderazionelepartiinteressatequaliiservizidisoccorsoesterni(vigilidelfuoco,prontosoccorso,prefettura,ecc.)elealtre
aziendecircostanti.
Siprecisacheilmonitoraggiodell’efficaciadeicontrollideveriguardareanchegliaspetti
legatiallasaluteenonsoloallasicurezza.
Ilrequisitoèstatointrodottoex­novoperallinearsiconlaISO14001:2004.
Lerisultanzedell’applicazionedellaprimarevisioneavevanogiàevidenziato,peraltro,
ladifficoltàdirecepireleverifichediconformitàlegaleall’internodiunrequisitoconcettualmenteampioqualeil4.5.1.Deveessereprevistaunaprocedurapervalutareperiodicamentelaconformitàalleprescrizionilegaliapplicabiliall’organizzazioneeregistrarneirisultati.Lastessaoun’altra
proceduradeveprevederelavalutazionedellaconformitàdiognialtroaspettocogente
collegatoadaltreprescrizionisottoscrittedall’organizzazione.
Sotto­requisitointrodottoex­novocheriguarda,inparticolare,losvolgersidelleindaginiinterneincasodiincidenti(inclusi,quindi,siagliinfortuni,gliincidentisenzainfortunioeimancati­incidenti).Diversaformulazionedelrequisito,masenzarilevantimodificherispettoallaprecedenterevisione.Èresainterminimoltopiùesplicitilanecessitàdieseguireunavalutazionedeirischiprimadell’attuazionediun’azionecorrettivaopreventivaselecauseallabasedell’azione
evidenzianonuovefontidipericolooppurelamodificanellavalutazionedipericoligià
consideratioanchelanecessitàdicambiamentinellemisuredicontrollo.
Siprecisa,poi,cheogniazionecorrettivaepreventivadeveesserecommisurataairischi.
Diversaformulazionedelrequisito,masenzarilevantimodifiche.
4.5.5Auditinterni Siprecisachelasceltadegliauditorelaconduzionedegliauditdeveassicurarel’obiettivitàel’imparzialitàdelprocessodiaudit.
4.6.Riesame
delladirezione
Adifferenzadelprecedente,ilrequisitoelencaesplicitamentegliargomentichedevono
esserepresentinelriesamedelladirezione:
• input:risultatidegliauditinterni,risultatidellapartecipazioneeconsultazionedeilavoratori,comunicazionidellepartiinteressate(inclusoreclami),risultatiottenutidalSG­SL;statodiattuazionedegliobiettivi,risultatidelleindaginisugliincidenti/azionicorrettive
e preventive, risultati del precedente riesame, cambiamenti dell’organizzazione e
delleprescrizionilegali.
• output:decisionisucambiamentiallapolitica,agliobiettivi,allerisorse,aelementidel
SGSL.
Questioutputdevonoessereresidisponibilipercomunicazioneeconsultazione.
45

46
CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
IGIENE E SICUREZZA
TABELLA2
TabelladicorrelazionetraOHSAS18001:1999eBSOHSAS18001:2007
OHSAS18001:1999 BSOHSAS18001:2007 Modifiche
4.1Requisitigenerali 4.1Requisitigenerali NO
4.2Politicaperlasaluteesicurezza 4.2Politicaperlasaluteesicurezza 1
4.3.1 Identificazione dei pericoli, valutazionedeirischielorocontrollo
4.3.1 Identificazione dei pericoli, valutazione dei rischiecontrollistabiliti
4.3.2Prescrizionilegaliealtre 4.3.2Prescrizionilegaliealtre 1
4.33.Obiettivi 4.33.Obiettivieprogrammidigestione 1
4.3.4 Programmidigestione
4.4.1Strutturaeresponsabilità 4.4.1Risorse,ruoli,responsabilitàedautorità 2
4.4.2 Competenze, addestramento e
consapevolezza
4.4.2 Competenze, addestramento e consapevolezza
4.4.3Consultazioneecomunicazione 4.4.3 Comunicazione, partecipazione e consultazione
4.4.4Documentazione 4.4.4Documentazione 1
4.4.5Controllodeidocumentiedeidati 4.4.5Controllodeidocumenti 1
4.4.6Controllooperativo 4.4.6Controllooperativo 1
4.4.7Preparazionealleemergenzeerisposta
4.5.1 Misurazione e monitoraggio dei
risultati
4.5.2 Infortuni, incidenti, non conformità,azionicorrettiveepreventive
4.5.3 Registrazioni e gestione delle registrazioni
4.4.7Preparazionealleemergenzeerisposta 2
4.5.1Misurazioneemonitoraggiodeirisultati 1
4.5.2Valutazionedellaconformità 3
4.5.3Nonconformità,azionicorrettiveepreventive 2
4.5.4Gestionedelleregistrazioni 1
4.5.4Auditinterni 4.5.5Auditinterni 2
4.6RiesamedellaDirezione 4.6RiesamedellaDirezione 2
Legenda:1=marginale,3=elevata
TABELLA3
TabelladicorrelazionetraBSOHSAS18001:2007,ISO9001:2000eISO14001:2004
BSOHSAS18001:2007 ISO14001:2004 ISO9001:2000
4.1Requisitigenerali 4.1Requisitigenerali 4.1Requisitigenerali
4.2 Politica per la salute e sicurezza
4.2Politicaperl’ambiente 5.3Politicaperlaqualità
4.3.1 Identificazione dei pericoli, 4.3.1Aspettiambientali 5.2 Attenzionealcliente
valutazione dei rischi e controlli
7.2.1Determinazionedeirequisitidelprodotto
stabiliti
7.2.2Riesamedeirequisitidelprodotto
4.3.2Prescrizionilegaliedaltre 4.3.2Prescrizionilegaliedaltre
4.33.Obiettivieprogrammidigestione
4.33. Obiettivi e programmi
digestione
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5.2 Attenzionealcliente
7.2.1Determinazionedeirequisitidelprodotto
5.4.1Obiettivi
5.4.2Pianificazionedelsistemaqualità
8.5.1Miglioramentocontinuo
2
2
2
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4.4.1 Risorse, ruoli, responsabilità
edautorità
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IGIENE E SICUREZZA
4.4.1 Risorse, ruoli, responsabilitàedautorità
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CERTIFICAZIONE E QUALITÀ
Articolo
5.1ResponsabilitàdellaDirezione
6.1Risorse
6.3Infrastrutture
4.4.2 Competenze, addestramen­ 4.4.2 Competenze, addestra6.2.2Competenze,consapevolezzaedaddestratoeconsapevolezzamentoeconsapevolezzamento 4.4.3 Comunicazione, partecipa­ 4.4.3Comunicazione 5.5.3Comunicazioneinterna
zioneeconsultazione
7.2.3Comunicazioneconilcliente
4.4.4Documentazione 4.4.4Documentazione 4.2.1Documentazione
4.4.5Controllodeidocumenti 4.4.5Controllodeidocumenti 4.2.3Controllodeidocumenti
4.4.6Controllooperativo 4.4.6Controllooperativo 7. Realizzazionedelprodotto
4.4.7 Preparazione alle emergen4.4.7Preparazionealleemerzeerispostagenzeerisposta 4.5.1Misurazioneemonitoraggio 4.5.1 Misurazione e monito­ 7.6Controllodellastrumentazionedimisura
deirisultati raggio 8.2.3Monitoraggiodeiprocessi
8.2.4Monitoraggiodeiprodotti
8.4Analisideidati
4.5.2 Valutazione della confor­ 4.5.2 Valutazione della con­ 8.2.3Monitoraggiodeiprocessi
mitàformità
8.2.4Monitoraggiodeiprodotti
4.5.3 Non conformità, azioni cor­ 4.5.3 Non conformità, azioni 8.3Controllodellenonconformità
rettiveepreventive correttiveepreventive 8.4Analisideidati
8.5.2Azionicorrettive
8.5.3Azionipreventive
4.5.4Gestionedelleregistrazioni 4.5.4Gestionedelleregistra­ 4.2.4Controllodelleregistrazioni
zioni
4.5.5Auditinterni 4.5.5Auditinterni 8.2.2Auditinterni
4.6Riesamedelladirezione 4.6Riesamedelladirezione 5.6Riesamedelladirezione
47

IGIENE DI ALIMENTI E BEVANDE
Articolo
IGIENE E SICUREZZA
Particolarmente controversa l’introduzione della cosiddetta “dichiarazione di inizio attività”
Controlli igienico-sanitari degli alimenti:
le insidie nascoste nella nuova disciplina
diMaurizioPodico, Segretario del Consiglio Nazionale dei Biologi
L’applicazione all’ordinamento
italiano dei 4 regolamenti
comunitari ­ e in particolare
del regolamento n. 852/2004 ­
orientati ad armonizzare
i requisiti e i principi igienico
­sanitari da applicare e da
utilizzare come riferimenti per le
industrie alimentari (meglio noti
come del “pacchetto igiene”)
sta creando non pochi problemi
alle imprese del settore. Uno di
questi riguarda la sostituzione
dell’autorizzazione sanitaria
con la cosiddetta “dichiarazione
di inizio attività”, che, solo
apparentemente, rappresenta
una notevole semplificazione
dal punto di vista
amministrativo­burocratico,
ma che, in verità, si dimostra, allo
stato attuale, un documento
fortemente lacunoso da affinare
e modificare in modo da evitare
che possa divenire uno strumento
capace di minare l’affidabilità e
la credibilità dell’azienda.
Tutto ciò è evidentemente
antitetico rispetto all’obiettivo
di creare l’anagrafe delle imprese
alimentari basata su un tracciato
standard minimo dei record.
48
Ultimamente, a seguito della
presentazione di richiesta per
l’autorizzazione sanitaria di
una struttura che volesse iniziare a
produrre, preparare, immagazzinare,
trasportare o somministrare alimenti,
viene sempre più spesso risposto che
questa licenza non viene più emessa,
essendo sufficiente inoltrare una semplice
dichiarazione di inizio attività
(DIA) allo Sportello unico per le attività
produttive (SUAP), ove esistente,
del Comune competente per territorio.
Questa situazione non è uniforme
in tutt’Italia, ma riguarda solamente
le regioni che abbiano dato seguito al
regolamento CE n. 852/2004
«sull'igiene dei prodotti alimentari»
[1] (si veda la tabella 1) mediante
l’applicazione delle linee guida approvate
il 9 febbraio 2006 [2] .
Il“pacchettoigiene”
Nel 2004 la Comunità europea,
dopo numerose direttive emesse negli
anni precedenti, ha licenziato alcuni
regolamenti orientati ad armonizzare
i requisiti e i principi igienico-sanitari
da applicare e da utilizzare come riferimenti
per le industrie alimentari; i
quattro regolamenti emessi (tutti in
pari data) vennero riuniti sotto l’unica
definizione di “pacchetto igiene”
(si veda il box di approfondimento),
successivamente arricchitosi di altre
disposizioni normative.
Queste norme e le successive modifiche
e integrazioni rappresentano
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un gruppo coordinato destinato a regolamentare
i principali aspetti, principi
e requisiti (compresi i controlli
ufficiali) da adottare in ambito agroalimentare.
Per inciso, i “regolamenti” sono
norme giuridiche che entrano in vigore
immediatamente (alla data formalizzata
nel testo di tali provvedimenti),
in tutti i Paesi membri senza la
necessità di essere recepiti o modificati,
rappresentando così uno strumento
importante per riportare sotto
delle regole comuni i settori di applicazione.
Lo scopo è quello di garantire
un’uniformità di comportamento e
di regole tale da rendere possibile non
solo l’effettiva libera concorrenza tra
gli operatori dei vari paesi ma, vista la
libera circolazione delle merci e, in
questo caso, degli alimenti, anche
l’uniformità dei principi che ne assicurano
le loro caratteristiche e specialmente
la loro sicurezza (salubrità).
Per tutte le norme del pacchetto,
la data di applicazione è stata indicata
come «non anteriore al 1° gennaio
2006».
Lenovitàderivanti
dall’entratainvigore
La DIA
Dall’emissione a oggi, il pacchetto
igiene non sembrava aver introdotto
grandi innovazioni in fase applicativa.
Tuttavia, con gli atti di adozione
delle indicazioni delle linee guida per
[1] In G.U.C.E. L del 30 aprile 2004, n. 139.
[2] «Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Ministero della salute, le Regioni e le Province
autonome, relativo a “Linee guida applicative del regolamento n. 852/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’igiene
dei prodotti alimentari”» (in S.O. n. 211 alla Gazzetta Ufficiale del 7 novembre 2006, n. 259).
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14 agosto 2007 ­ N. 16
IGIENE E SICUREZZA
Principalileggiregionalidirecepimento
Regione Provvedimento
Abruzzo D.G.R. 21 agosto 2006, n. 950
Campania D.G.R. 16 giugno 2006, n. 797
Friuli D.G.R. 22 dicembre 2006, n. 3160
Lazio D.G.R. 16 maggio 2006, n. 275
Liguria D.G.R. 15 dicembre 2006, n. 1465
Lombardia L.R. 2 aprile 2007, n. 8
Piemonte L. R. 29 dicembre 2006, n. 38
Puglia D.G.R. 28 maggio 2007, n. 713
Sardegna L. R. 18 maggio 2006, n. 5
Toscana D.P.G.R. 1° agosto 2006, n.40/r
Umbria D.G.R. 2 aprile 2007, n. 510
Umbria D.G.R. 18 maggio 2005, n. 791
Veneto D.G.R. 11 aprile 2006, n. 1041
l’applicazione del regolamento è nato
quanto citato in apertura.
L’introduzione della DIA (in alcune
forme chiamata DIAP-Dichiarazione
di inizio attività produttiva) in
sostituzione dell’autorizzazione sanitaria
sottolinea l’impegno dell’operatore
alimentare di progettare, realizzare
e iniziare una attività anche senza
alcun controllo ufficiale, ma con
una semplice comunicazione. In particolare,
esistono due tipi di DIA:
l semplice: riguarda solamente
quelle tipologie di esercizi che operavano
senza l’obbligo di detenere
un’autorizzazione sanitaria, in pratica,
in deroga al dettato dell’art. 2,
legge n. 283/1962;
l differita: si applica a tutte le altre
imprese alimentari escludendo solo
quelle soggette a notifica ai sensi del
regolamento CE n. 853/2004 come
mattatoi, salumifici, industrie lattiero-casearie,
ecc.
La DIA dovrebbe essere accompagnata
da una relazione sintetica descrittiva
dell’attività e da una sola
planimetria dei locali e delle aree
produttive.
Le differenze tra i due tipi di DIA
sono legate ai tempi tecnici di attua-
zione; quelle semplici sono, infatti,
operative immediatamente, mentre
quelle differite (come indica il nome)
divengono operative solo dopo 45
giorni dalla data di presentazione.
Il comune riceve le DIA e le trasmette
al dipartimento di prevenzione
dell’Azienda USL competente
che, se ritiene opportuno o in base a
indicazioni generali o norme locali
(regionali, provinciali o comunali),
procede a fare gli accertamenti o le
verifiche del caso:
l sull’idoneità della struttura;
l sulla conformità dei documenti di
autocontrollo;
l sulle relative procedure e documenti
applicativi;
l su tutte le possibili applicazioni
delle norme cogenti anche di ambito
non strettamente alimentare.
Nel caso di DIA differita, a seguito
dell’eventuale audit dell’organo di
controllo, l’attività può iniziare solo
se le eventuali non conformità rilevate
sono state risolte.
Nel caso che questo accertamento
non venga effettuato, è possibile che
una struttura non controllata inizi la
propria attività senza la garanzia di
possedere tutti i requisiti e le proce-
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IGIENE DI ALIMENTI E BEVANDE
Articolo
TABELLA1
dure necessarie a tutelare la salute
degli utenti. Il fatto che l’emissione
dell’autorizzazione sanitaria sia stata
abolita, ovviamente, non sopprime
assolutamente gli obblighi derivanti
da tutte le norme cogenti.
Pare evidente come i documenti
siano apparentemente più semplici rispetto
al passato. Non sono, infatti,
più richieste le due planimetrie in scala
1:100 con le destinazioni d’uso dei
locali complete di rapporti aeroilluminanti
e le due in scala 1:50 con la
disposizione delle principali attrezzature
presenti, contenenti, inoltre, le indicazioni
dei flussi delle materie prime
e dei prodotti in lavorazione, dei
rifiuti, del flusso del personale ecc.
La predisposizione di due copie
era legata al fatto che una faceva parte
integrante dell’autorizzazione sanitaria
rilasciata, consentendo, così, di
controllare la struttura anche solo con
i documenti a disposizione in loco.
È chiaro, inoltre, che due disegni
consentono una maggior leggibilità e
chiarezza rispetto a una sola planimetria
che dovrà contenere tutti i dati.
Criticità
Nonostante quanto sopra, non
49

50
IGIENE DI ALIMENTI E BEVANDE
Articolo
IGIENE E SICUREZZA
REGOLAMENTI COMUNITARI COSTITUENTI IL “PACCHETTO IGIENE” EMESSI NEL 2004
• «regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sull’igiene dei
prodotti alimentari» (in G.U.C.E. L del 30 aprile 2004, n. 139);
• «regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce
norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale» (in G.U.C.E. L del 25 giugno 2004,
n. 226);
• «regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce
norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al
consumo umano» (in G.U.C.E. L del 25 giugno 2004, n. 226);
• «regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativo ai
controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle
norme sulla salute e sul benessere degli animali» in G.U.C.E. L del 30 aprile 2004, n. 139).
mancano alcune criticità derivanti
dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni.
Ad esempio, per le regioni che
hanno già optato per abolire l’emissione
delle autorizzazioni sanitarie vi
è un problema legato alla conseguente
sospensione del parere preventivo,
cosa che pone sia l’imprenditore sia
gli organi di controllo in una situazione
abbastanza delicata.
Il parere preventivo (alla richiesta
di autorizzazione sanitaria) era, infatti,
un documento o meglio uno strumento
importante con cui veniva richiesta
un’opinione sulla liceità e
sulla correttezza igienico-sanitaria
del progetto della futura impresa alimentare
o sulle modifiche che si sarebbe
voluto introdurre in una già
esistente e autorizzata.
Tutto ciò garantiva che la struttura
fosse conforme alle norme igienicosanitarie,
ponendo gli organi di controllo
nella situazione di conoscere
cosa sarebbe stato realizzato (anticipando
ed evitando, così, le eventuali
non conformità strutturali ostative all’inizio
dell’attività.)
Il parere preventivo in molte regioni
non viene più rilasciato, con
tutte le conseguenze e incertezze del
caso, peraltro in apparente controtendenza
in alcune regioni, come la Toscana,
dove si è optato per mantenere
il parere preventivo.
Un altro aspetto su cui soffermarsi
è il fatto che l’autorizzazione sanitaria
fosse “personale”, intestata cioè a
una persona fisica garante dell’osservanza
delle norme igienico-sanita-
rie. Questo consentiva al legale rappresentante
di una società che gestiva
numerose attività produttive (stabilimenti,
ristoranti, laboratori di produzione,
alberghi, ecc.) di far intestare
le autorizzazioni sanitarie ai vari direttori/responsabili
che (dotati di requisiti
professionali e di idonea autonomia
gestionale, amministrativa e
finanziaria) divenivano anche legalmente
i responsabili della gestione
dell’impresa a tutti gli effetti.
Con le nuove indicazioni, la modulistica
per la presentazione della
DIA sembra consentire la sola indicazione
e la conseguente responsabilità
diretta unicamente del legale rappresentante
o, in caso di imprese personali,
del titolare.
La questione non è “accademica”,
in quanto il responsabile di un’impresa
alimentare (nelle vecchie norme
come il D.Lgs. n. 155/1997 veniva
chiamata “industria alimentare”),
il cosiddetto “operatore del settore
alimentare” è «la persona fisica o
giuridica responsabile di garantire il
rispetto delle disposizioni della legislazione
alimentare nell’impresa alimentare
posta sotto il suo controllo»
(art. 3, comma 3, regolamento CE n.
178/2002).
Nell’attuale situazione, il legale
rappresentante o il titolare non è sempre
detentore delle competenze tecniche
e della costante presenza necessaria
per assicurare la sorveglianza e il
rispetto di quanto sopraccitato, potendo,
di fatto, essere una persona che
rappresenta e amministra l’impresa,
che non solo non ha le conoscenze
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richieste, ma che dovrà trovare lo
strumento giuridico per scaricare, per
quanto possibile, le responsabilità su
chi, assunto per tale compito, gestisce
di fatto le attività produttive.
Conclusioni
In realtà, dalla lettura del regolamento
CE 852/2004, più che dalle linee
guida, sembra trasparire come la
DIA venga indicata quale strumento
per costituire una anagrafe delle imprese
alimentari, definendone i requisiti.
In Italia la successiva interpretazione
fatta mediante le linee guida
stesse è stata di trasformarla in un
importante momento di riordino dell’intero
settore mediante l’eliminazione
dell’autorizzazione sanitaria.
La situazione, anche per l’elevato
numero di regioni che non hanno ancora
emesso provvedimenti normativi,
è in notevole evoluzione, in quanto
i provvedimenti e le documentazioni
disponibili sono differenti non
solo per aspetti banalmente lessicali
(in alcuni documenti la DIA - Dichiarazione
di inizio attività è divenuta
Denuncia di inizio attività), ma, specialmente,
per i loro contenuti tecnici.
Sia il regolamento che le linee
guida prevedono che l’anagrafe delle
imprese alimentari sia costituita con
un tracciato minimo dei record (dati
minimi per individuare l’impresa) la
cui struttura non pare essere assolutamente
sufficiente e che nelle prime
documentazioni rese disponibili ha
subito un arricchimento di dati non
omogeneo da regione a regione. l
14 agosto 2007 ­ N. 16

IGIENE E SICUREZZA
IGIENE DI ALIMENTI E BEVANDE
Articolo
Il D.M. Salute 18 aprile 2007, n. 76, è entrato in vigore a partire dal 5 luglio 2007
Alluminio e leghe a contatto con alimenti:
pubblicato il decreto di disciplina igienica
diClaudiodeCani, direttoreASSOMET(associazionenazionaleindustriemetallinonferrosi)/CENTROAL
(centroitalianoalluminio)eRiccardoGiambelli,direttoreTIFQ­IstitutoperlaQualitàIgienicadelle
TecnologieAlimentari
ConildecretodelMinistero
dellaSalute18aprile2007,n.76,
èstatoadottatounregolamento
chedisciplinainmodospecifico
gliimballaggi,irecipienti
egliutensilidialluminio
edileghedialluminio.
Ilprovvedimentoprevede
obblighiperiproduttori,aiquali
spettailcompitodicontrollare
laconformitàdeiprodotti
alleregolestabilitedalD.M.
n.76/2007,epergliutilizzatori
industrialiecommerciali,
tenutiadaccertarel’idoneità
tecnologicadeiprodotti
alloscopoacuisonodestinati
eagarantirnelatracciabilità
quantoalproduttore
oalfornitore.Soggetti
allenormedettatedalnuovo
decreto­esottoresponsabilità
dell’importatore­anche
iprodottiimportatidaPaesiterzi.
Regolamentato,infine,anche
l’impiegodeilubrificantinella
produzionedellevaschette,che,
peressereutilizzaticome
coadiuvantitecnologici,
dovrannoessereabasedioli
vegetaliodiolimineralideltipo
alimentareconformi
allaFarmacopeaeuropea.
[1] In Gazzetta Ufficiale del 21 giugno 2007, n. 141.
14 agosto 2007 ­ N. 16
Il testo integrale del decreto del Ministero della Salute
18 aprile 2007, n. 76, è disponibile nella sezione
“Novitànormative”delsito:
IlD.M.n.76/2007
Dopo un iter più che decennale,
che ha visto impegnati gli esperti dell’Istituto
Superiore di Sanità (ISS) nel
condurre studi e prove sul materiale
nelle più varie condizioni di impiego,
anche l’alluminio impiegato per produrre
oggetti destinati a venire a contatto
con gli alimenti è stato assoggettato
a un provvedimento che ne disciplina
la produzione e la vendita. In
particolare, si tratta del decreto del
Ministero della Salute 18 aprile 2007,
n. 76 [1] , che entra in vigore a partire
dal 5 luglio 2007.
Il criterio che ha ispirato il Ministero
nel redigere il decreto e, ancora prima, i
tecnici dell’ISS nel condurre gli studi
preliminari, è stato quello di garantire al
consumatore che i materiali rispondano
a un titolo di purezza minimo, senza,
per questo, obbligare i produttori a dubbie
e difficili prove di cessione, che pure
sono previste per altri materiali quali
l’acciaio o le materie plastiche.
Anche se, a rigore, sono sempre
state operative le norme generali che
vietano l’uso di qualsiasi materiale
che ceda sostanze nocive o che alteri
le qualità organolettiche dei cibi, i
produttori di alluminio hanno salutato
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favorevolmente la pubblicazione del
D.M. n. 76/2007, dal quale si attendono
chiarezza e certezza per il mercato,
per i consumatori e per gli organi
di controllo sanitario, insieme al riconoscimento
della piena liceità, ora anche
a norma di legge, degli impieghi
alimentari del metallo leggero.
Obblighi
Il decreto stabilisce anche gli obblighi
per:
l i produttori, ai quali spetta il
compito di controllare la conformità
dei prodotti alle regole stabilite dal
D.M. n. 76/2007 e di far seguire ogni
partita consegnata da una propria dichiarazione,
in mancanza della quale
si dovrà fare ricorso a una dichiarazione
rilasciata da un laboratorio
pubblico di analisi;
l gli utilizzatori industriali e commerciali,
che, oltre a verificarne la
conformità sulla base della dichiarazione
del produttore, saranno tenuti
ad accertare l’idoneità tecnologica
dei prodotti allo scopo a cui sono
destinati e a garantirne la tracciabilità
quanto al produttore o al fornitore.
Sono soggetti alle norme dettate dal
regolamento e sotto responsabilità
dell’importatore anche i prodotti im-
51

52
IGIENE DI ALIMENTI E BEVANDE
Articolo
IGIENE E SICUREZZA
Requisitidipurezzadell’alluminio
Metallo Tenoremassimo%(espressocomemassa)
Ferro+Silicio 1,0
Rame 0,10(seCre/oMn ≥0,05)
portati da Paesi terzi; in base alle regole
del mercato unico non soggiacciono alle
nuove disposizioni i materiali e oggetti
prodotti e/o commercializzati in
uno Stato dell’Unione europea e in
Turchia in base alle leggi ivi vigenti e
quelli legalmente prodotti nei Paesi
dello Spazio Economico Europeo
(Islanda, Liechtenstein e Norvegia).
Campidiapplicazione
Ricadono nell’ambito di applicazione
del D.M. n. 76/2007 tutti gli
oggetti per uso alimentare nei quali
l’alluminio è a contatto diretto con il
cibo, quali utensili per:
l la cottura (pentole di alluminio
nudo, caffettiere);
l la conservazione (barattoli, vaschette
monouso, foglio domestico);
l l’imballaggio (foglio sottile, accoppiati
multistrato con l’alluminio
all’esterno);
purché non rivestiti da un altro mate-
riale che esplichi un effetto barriera
con gli alimenti a contatto.
Sono, pertanto, esclusi tutti gli oggetti
nei quali l’alluminio è rivestito da
una vernice (lattine per bevande) o da
un materiale antiaderente o da smalto
(alcuni tipi di pentole) o da un film
plastico (cartoni del latte, coperchi per
yogurt), per i quali continuano a valere
le disposizioni di legge relative agli
specifici materiali di contatto.
Secondo il D.M. n. 76/2007 è consentito
impiegare per la produzione sia
metallo puro - e a questo fine le impurezze
non devono superare i livelli consentiti
(si veda la tabella 1) - o in lega
con altri metalli, purché gli elementi di
lega non eccedano i valori stabiliti dallo
stesso decreto in commento.
A questo fine, le leghe di alluminio,
che quantitativamente coprono oltre
l’80% degli usi alimentari di questo
metallo, sono state definite in funzione
di due grandi famiglie di impiego:
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0,20(seCr

14 agosto 2007 ­ N. 16
IGIENE E SICUREZZA
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IGIENE DI ALIMENTI E BEVANDE
Articolo
TABELLA3
Caratteristichedicomposizionedeimaterialiedeglioggetti
dileghedialluminioottenutiperfusione
Metallo Tenoremassimoespressocomemassa(%)
Antimonio 0,20
Cromo 0,35
Ferro 2,0
Magnesio* 11,0
Manganese 4,0
Nichel 3,0
Rame** 0,6
Silicio 13,5
Stagno 0,10
Stronzio 0,2
Titanio 0,3
Zinco 0,25
Zirconio 0,3
Altrimetalli*** 0,15cometotale
*Leleghecontenentipiùdel5%dimagnesionondevonoessereutilizzateperlaproduzionedipartiresistentiapressioneper
applicazioninellacotturaapressione.
**Nellaproduzionedioggettidestinatialcontattobreve,qualicaffettiereepiastre,ilcontenutodiramepuòarrivarefinoal6%.
***Peralcunimetalli(adesempiol’argento)ilcontenutomassimoèparia0,05%.
parte di quelle per uso domestico sono
escluse dall’ambito di applicazione
del D.M. n. 76/2007, se sono rivestite
con uno strato di materiale antiaderente
o di smalto, nel qual caso bisognerà
fare riferimento ai decreti relativi.
Un altro aspetto importante della
produzione, ora regolamentato, è
quello relativo all’impiego dei lubrificanti
nella produzione delle vaschette,
che, per essere utilizzati come
coadiuvanti tecnologici, dovranno
essere a base di oli vegetali o di
oli minerali del tipo alimentare conformi
alla Farmacopea europea [2] .
Le condizioni alle quali si possono
impiegare gli oggetti di alluminio
prevedono di tenere in considerazione,
in combinazione fra loro:
l il fattore tempo;
l il fattore temperatura.
Per contatti brevi (tempi inferiori
alle 24 ore) non ci sono limiti alla
temperatura di contatto, è il caso, ad
esempio, della cottura nelle pentole e
dell’uso degli utensili da cucina.
I contatti prolungati (tempi superiori
alle 24 ore) devono avvenire di
norma a temperatura refrigerata (le
vaschette usate dalle rosticcerie per
l’asporto del cibo o per la conservazione
domestica oltre le 24 ore devono,
pertanto, essere tenute in frigorifero)
tranne che per alcune categorie di
alimenti secchi - purché non siano fortemente
acidi o salati - che possono,
invece, essere conservati per periodi
prolungati a temperatura ambiente.
I produttori hanno, perciò, l’obbligo,
fatte salve le disposizioni del regolamento
(CE) n. 1935/2004 [3] , di
specificare in etichetta le condizioni
specifiche d’impiego con una o più
istruzioni indicanti:
l «non idoneo al contatto con alimenti
fortemente acidi o fortemente salati»;
l «destinato al contatto con alimenti
a temperature refrigerate»;
l «destinato al contatto con alimenti
a temperature non refrigerate per
tempi non superiori alle 24 ore»;
l «destinato al contatto con gli alimenti
di cui all'allegato IV a temperature
ambiente anche per tempi superiori
alle 24 ore». l
IMPIANTITRATTAMENTOACQUAPOTABILE:NONSOLOL’ACCIAIO,MATUTTIIMETALLIE“LOROLEGHE”SONODISCIPLINATIDALD.M.N.174/2007
A pag. 83 del numero 14 di Ambiente&Sicurezza, nel paragrafo ”I materiali disciplinati” è stata erroneamente inserita
nell’elencolavoce«AcciaioInox»inluogodellapiùgenerica«Metallieloroleghe».
[2] L’incertezza fino a ieri esistente negli organi sanitari di controllo sulla liceità dei lubrificanti impiegati da alcuni produttori di
vaschette aveva fatto scoppiare, nel marzo 2006, un caso nato anche sull’onda del precedente allarme per l’ITX presente in tracce
sui cartoni del latte. Tuttavia, in quell’occasione il Ministero della Salute, con un comunicato stampa, era prontamente intervenuto a
tranquillizzare i consumatori sulla scorta degli studi e delle esperienze che l’ISS aveva accumulato sull’argomento.
[3] «Regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004 riguardante i materiali e gli oggetti
destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE» (in G.U.C.E. L del 13
novembre 2004, n. 338).
53

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
Osservatorio ISPESL ­ Articolo
54
IGIENE E SICUREZZA
Apparecchisempliciapressione:
immissionesulmercatoeutilizzazione
diFrancoMusilli
ingegnere, direttore del Dipartimento ISPESL di Padova
ISPESL
IlD.Lgs.n.311/1991,diattuazionedelledirettiven.87/404/CEen.90/488/CE,hafornitoladefinizionedirecipientesemplicea
pressione,stabilendonelecondizionidiimmissionesulmercatoel’utilizzazione.
La materia era regolamentata in precedenza dal D.M. 21 maggio 1974, il quale aveva suscitato alcune proteste da parte dei
costruttoristranieridiapparecchisemplici,poichèilprovvedimentoministerialeprevedeva,dapartedell’ISPESL,unaverificadi
esclusione per alcuni recipienti, quelli di classe a), prima della commercializzazione. In conseguenza di questo, con D.M. 5
febbraio 1996, era stato precisato che l’obbligo di sottoporre questi recipienti a verifica prima dell’immissione sul mercato
poteva non essere applicato agli apparecchi semplici se conformi alle direttive 87/404/CE e 90/488/CE e purché non venisse
compromessalasicurezzadellepersone,deglianimalidomesticiodeibeni.
I “recipienti a pressione semplici” sono
quelli definiti all’art. 1, D.Lgs. 27 settembre
1991, n. 311 [1] , che ha dato attuazione in
Italia, obbligatoriamente dal 1° luglio 1992,
alle direttive n. 87/404/CE e n. 90/488/CE;
in particolare, sono quei recipienti:
l realizzati mediante saldatura (anche se
sono ammesse parti imbullonate);
l fabbricati in serie;
l destinati a contenere aria o azoto;
l non destinati a essere esposti alla fiamma
o a impieghi nucleari;
l aventi pressione massima di esercizio
compresa tra 0,5 bar e 30 bar;
l temperatura di esercizio compresa tra
­50 °C e 300 °C, per i recipienti in
acciaio, e 100 °C per quelli in alluminio e
nelle sue leghe;
l di forma semplice;
l che presentano un prodotto PS [2] x V [3] ≤
10.000 bar x l.
Restano esclusi, così, gli apparecchi contenenti
aria compressa con altri fluidi come,
per esempio, i montaliquidi, i vasi di espansione,
quelli contenenti aria arricchita con
ossigeno, nonché quelli non costruiti in serie;
al contrario, i separatori aria/olio sono stati
considerati parte del campo della direttiva.
Osservatorioacuradell’UfficioRelazioniconilPubblico
Questi apparecchi devono essere forniti dal
fabbricante accompagnati da una dichiarazione
di conformità alle direttive comunitarie
suddette e dalle istruzioni per l’uso, redatte
nella lingua del paese di destinazione.
Sull’apparecchio o sulla sua targa devono
essere punzonati:
l la pressione massima di esercizio in bar;
l la temperatura massima di esercizio in °C;
l la temperatura minima di esercizio
in °C;
l la capacità in litri;
l il nome o il marchio del fabbricante;
l il tipo e il numero di identificazione del
lotto al quale il recipiente appartiene;
l il marchio CE se PS x V > 50 bar x litro.
Le classi
È necessario rammentare che, all’epoca in
cui fu data attuazione alle direttive, era in
vigore in Italia il D.M. 21 maggio 1974, il
quale distingueva i recipienti soggetti ­ tra i
quali rientravano, per le loro caratteristiche,
anche i recipienti semplici ­ in tre distinte
classi:
l recipienti di classe a), cioè i recipienti
aventi P x V ≤ 8.000 bar x l e P ≤ 12 kg/cm 2 ,
installati singolarmente e destinati a non
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contenere fluidi corrosivi; questi recipienti
erano soggetti alle sole verifiche di costruzione,
infatti, era richiesta, già in sede di
costruzione, la verifica degli accessori di sicurezza
e di controllo;
l recipienti di classe b), cioè recipienti aventi
P x V ≤ 8.000 bar x l e P ≤ 12 kg/cm 2 , destinati
a funzionare in collegamento con altri recipienti
dello stesso tipo e a contenere fluidi
non corrosivi; per questi recipienti era richiesta
la verifica di primo o di nuovo impianto;
l recipienti di classe c), cioè tutti i recipienti
con caratteristiche diverse da quelle suddette
e soggetti a verifiche di costruzione,
di primo o di nuovo impianto e periodiche.
Le verifiche
Per un apparecchio semplice che rientrasse
nella classe a), secondo quanto prescritto
dalla circolare ISPESL n. 47/1992, era in vigore
l’obbligo dell’accertamento dei dispositivi
di sicurezza e di controllo anteriormente
all’immissione sul mercato; questo poteva
essere effettuato presso il costruttore,
ovvero presso l’officina di assemblaggio degli
accessori o presso il rivenditore; a seguito
del buon esito dell’accertamento, l’ISPE­
SL rilasciava la dichiarazione di esclusione
[1] «Attuazione delle direttive n. 87/404/CEE e n. 90/488/CEE in materia di recipienti semplici a pressione, a norma dell’art. 56 della
legge 29 dicembre 1990, n. 428», in Gazzetta Ufficiale del 4 ottobre 1991, n. 233.
[2] Pressione massima ammissibile in bar.
[3] Volume in litri.
14 agosto 2007 ­ N. 16

Capacità
V
(litri)
14 agosto 2007 ­ N. 16
PS
(bar)
da ogni ulteriore verifica.
Per gli apparecchi di classe b) e c), invece,
era richiesta l’esecuzione della verifica di
omologazione dell’impianto e la loro immatricolazione
(circolare ISPESL n. 72/1994);
per gli apparecchi di classe c), anche le verifiche
periodiche. Questo modo di procedere,
in realtà, aveva suscitato alcune proteste
da parte dei costruttori stranieri di apparecchi
semplici, che si vedevano sfavoriti rispetto
a quelli nazionali per il fatto di dover far
effettuare all’ISPESL la verifica di esclusione
prima dell’immissione sul mercato italiano
per gli apparecchi semplici rientranti nella
classe a) del D.M. 21 maggio 1974. I Ministeri
dell’Industria e del Lavoro e della Previdenza
sociale erano intervenuti per ristabilire
le regole di libero mercato; in pratica, con
il decreto interministeriale 5 febbraio 1996,
era stata riconsiderata la circolare ISPESL n.
IGIENE E SICUREZZA
Adempimenti di cui al D.M. n. 329/2004
per la messa in servizio e l’esercizio degli apparecchi semplici
PS xV
Bar x1
Soggettoa
corrosione
Dichiarazionedimessa
in servizio
47/1992, precisando che l’obbligo di sottoporre,
già all’atto della costruzione, prima
dell’immissione sul mercato, gli apparecchi
rientranti nella classe a) alla verifica degli
accessori, poteva non essere applicato agli
apparecchi semplici, verificati secondo le direttive
87/404/CE e 90/488/CE, che ne prevedevano
l’immissione sul mercato, la libera
circolazione e l’utilizzazione, purché non
venisse compromessa la sicurezza delle persone,
degli animali domestici o dei beni.
Comunque, i costruttori nazionali non avevano
più richiesto la verifica di esclusione
per gli apparecchi rientranti nella classe a)
ma, per la maggior parte, avevano dotato
questi apparecchi di accessori di sicurezza
e di controllo (quindi, la valvola di sicurezza
e il manometro) tarati dall’ISPESL.
Per cui, attualmente, possono essere riscontrati
i seguenti casi:
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SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
Osservatorio ISPESL ­ Articolo
Verifica
dimessa
in servizio
Riqualificazione
periodica
≤25 NO-SI NO NO NO
Art.2.1.i)
>25 ≤50l ≤12bar ≤600 NO-SI NO NO NO
>50l ≤12bar >600
≤8.000 NO NO
Art. 6.1
>8.000
≤10.000*
Art. 2.1.i)
NOArt.5.1.c) NO
Art.11.1.a)
SI SI
Art.6.4 NOArt.5.1.c) SI
NO
SI SI NO
Art.11.1.a)
SI SI SI SI
>12bar NO-SI SI SI SI
TABELLA 1
*Illimitedi10.000anziché12.000perilprodottoPSxVderivadalfattochequestovaloreèilmassimoperunapparecchiosemplice
apressione.
Nota:dall’esamedeidatisipuòdedurreche,pergliapparecchisemplici:
•nonesistealcunobbligosehannoV≤25l,oppurehannoV≤50l,ePS ≤12bar,oppurehannoV>50l,PS ≤12bar,PSxV≤8.000bar
xlenonsonosoggettiacorrosione;
•sonosoggettiadichiarazionedimessainservizioeriqualificazioneperiodica(manonaverificadimessainservizio)sehannoV >
50l,PS ≤12bar,PSxV≤8.000barxlesonosoggetteacorrosione;
•sonosoggettiadichiarazionedimessainservizioeverificadimessainservizio(manonariqualificazioneperiodica)sehannoV >
50l,PS ≤12bar,PSxVcompresotra8.000e10.000barxlenonsonosoggettiacorrosione;
•intuttiglialtricasi,sonosoggettiadichiarazionedimessainservizio,verificadimessainservizioeriqualificazioneperiodica.
l apparecchi semplici rientranti nella classe
a), sottoposti a prova di esercizio dall’ISPESL
prima dell’immissione sul mercato,
secondo la circolare n. 47/1992, ed esclusi,
pertanto, da ulteriori verifiche in base al
D.M. 21 maggio 1974, art. 7;
l apparecchi semplici rientranti nella classe
a) messi in servizio dall’utente correttamente
senza alcuna verifica, secondo il decreto
interministeriale 5 febbraio 1996;
l apparecchi semplici rientranti in classe
b), assoggettati alla verifica ISPESL nel corso
del controllo dell’impianto ed esclusi da
ogni verifica successiva;
l apparecchi semplici rientranti in classe
b), per i quali la verifica sul posto d’impianto
non è mai stata effettuata, anche se richiesta
dall’utente;
l apparecchi semplici rientranti in classe
c), per i quali sono già state fatte verifiche;
55

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
Osservatorio ISPESL ­ Articolo
l apparecchi semplici rientranti in classe
c), senza verifiche.
La situazione attuale
Per comprendere quali sono attualmente gli
adempimenti ai quali deve attenersi l’utente
di apparecchi semplici, occorre ancora ricordare
l’entrata in vigore, il 12 febbraio 2005,
del decreto del Ministero delle Attività produttive
1° dicembre 2004, n. 329, recante le
nuove norme per la messa in servizio e l’utilizzazione
delle attrezzature a pressione. Con
l’introduzione del nuovo provvedimento, le
suddivisioni nelle tre classi a), b) e c) non
sono più valide; l’apparecchio semplice non
deve essere più distinto in funzione del fatto
che sia destinato a funzionare singolarmente
oppure in collegamento in rete con altri apparecchi,
ma esclusivamente in base alle sue
caratteristiche di pressione massima di esercizio
PS, volume V e alla possibilità o meno di
essere soggetto a corrosione; quindi, le
esclusioni e le scadenze di cui al D.M. 21
maggio 1974 non possono più essere concesse.
È necessario distinguere, quindi, due
regimi:
l uno relativo agli apparecchi verificati
prima del 12 febbraio 2005;
l uno relativo a quelli verificati dal 12 febbraio
2005.
Pertanto:
l per quelli sottoposti a verifica d’impianto
antecedentemente al 12 febbraio 2005,
occorre distinguere a loro volta quelli già
esclusi da ogni ulteriore verifica da quelli
soggetti a verifiche periodiche (ora riqualificazioni
periodiche):
­ per i primi, poiché (come disposto dall’art.
15 al comma 2, D.M. n. 329/2004) «lenorme
relative alla riqualificazione periodica di
applicano a partire dalla prima verifica periodicainscadenza»,
se non è stato previsto
56
IGIENE E SICUREZZA
l’obbligo di alcuna verifica periodica nel corso
della prima verifica, non scatta neppure
l’obbligo della riqualificazione periodica secondo
il D.M. n. 329/2004;
­ per i secondi invece, a partire dalla prima
verifica periodica in scadenza, si applicheranno
le norme relative alla riqualificazione
periodica imposte dal D.M. n. 329/2004;
l per gli apparecchi non sottoposti a
prima verifica antecedentemente al 12
febbraio 2005 (anche se questa verifica
è stata richiesta dall’utente antecedentemente),
vige l’obbligo dell’osservanza
integrale delle prescrizioni di cui al D.M.
n. 329/2004.
Nellatabella1èpresentato un quadro riepilogativo,
nel quale, in funzione dei parametri
caratteristici del recipiente (più precisamente,
la capacità V, la pressione massima
di esercizio PS, il prodotto PS x V, la presenza
o meno di corrosione), sono individuati
gli obblighi della presentazione della dichiarazione
di messa in servizio, della effettuazione
della verifica di messa in servizio e di
quella di riqualificazione periodica.
La corrosione
È opportuno fare un’ultima considerazione
relativa al fatto di come possa essere stabilito
se il particolare apparecchio semplice sia
soggetto a corrosione oppure no; in base a
questo giudizio, che in ultima analisi compete
all’utente, cambiano sostanzialmente,
come si può vedere dalla tabella 1, per gli
apparecchi di capacità > 50 litri, PS ≤ 12 bar
e PS x V > 600 e ≤ 10.000 bar x litro, gli
obblighi conseguenti.
È necessario tenere conto di molti fattori, in
particolare che:
l l’apparecchio semplice può essere destinato
a contenere aria o azoto o aria e olio;
l il materiale con cui è costruito può
essere acciaio al C non legato oppure
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alluminio o sue leghe;
l la temperatura di esercizio può variare
da ­50 °C a 300 °C;
l nelle prescrizioni indicate nell’Allegato I al
D.Lgs. n. 311/1991, relative alla progettazione,
è indicato che «irecipienti,tenutoconto
dell’impiego prescritto, devono essere adeguatamenteprotetticontrolacorrosione»;
l questo impiego prescritto deve essere
chiaramente definito nelle istruzioni per l’uso
di cui al paragrafo 2, Allegato II al D.Lgs. n.
311/1991; in particolare, è stabilito che devono
essere indicate «lecondizionidimanutenzioneperlasicurezza»,
termini che l’ISPE­
SL, nella circolare n. 72/1994, aveva reso più
chiari ed espliciti richiedendo l’indicazione
dello spessore minimo delle membrature
principali e il sovraspessore di corrosione.
Quindi, nella realtà si riscontra che i vari fabbricanti,
oltre a produrre generalmente apparecchi
verniciati solo esternamente e lasciati
allo stato grezzo internamente, possono
fornire gli stessi, a richiesta dell’utente,
con protezioni particolari quali la zincatura a
bagno caldo o con idonei rivestimenti interni.
Tranne queste situazioni particolari, dunque,
da esaminare caso per caso, è necessario
capire cosa accade nel caso più semplice
dell’aria compressa. Si ritiene di poter
dire, in via generale e purché il fabbricante
non sia di diverso avviso, che solamente se
si è a temperatura ambiente, con aria convenientemente
deumidificata, alimentata
tramite separatore di condensa, manutenzione
accurata e scarichi di condensa frequenti,
ci si trova nella situazione di non
corrosione, perlomeno per i primi 10 anni di
vita del recipiente.
In tutti gli altri casi conviene attenersi più
restrittivamente all’ipotesi di presenza di
corrosione e soddisfare, quindi, i relativi
adempimenti validi per questa situazione
riportati nellatabella1. l
14 agosto 2007 ­ N. 16

IGIENE E SICUREZZA
SICUREZZA DEL LAVORO
Articolo
Il testo di delega per il TU è caratterizzato da disposizioni immediatamente precettive
Non solo efficienza, ma anche efficacia
per il riordino delle norme di sicurezza
diCinziaFrascheri, ResponsabilenazionalesaluteesicurezzasullavoroedellaResponsabilitàSociale
delleImprese­CISL
Dopol’approvazione,
il27giugno2007,daparte
dell’AssembleadelSenato,
deltestodelladelegaalGoverno
perilriassettoelariforma
dellanormativainmateria
dituteladellasaluteedella
sicurezzasullavoro,finalmente
ildocumentoèpassatoall’esame
dellaCamera,dove, inbreve
tempo,dovrebbeterminare
ilsuoiterparlamentare
ediventareoperativo.Ineffetti,
itempisonorisultatimoltoveloci,
c’èstatalavolontàditutti
gliaddettiailavoridivoler
giungereilpiùinfrettapossibile
aunrisultato.Manasceildubbio
chequestaoperazione,
certamentediassolutaefficienza,
possanonportarearisultati
realmenteefficaci,inquanto
soluzioniimmediatepossono
nascondereavolteproblemi
applicativiimportanti.
14 agosto 2007 ­ N. 16
Quello che, da circa un anno,
sta giungendo da parte delle
istituzioni è un chiaro segnale
dell’intenzione di intraprendere
azioni dirette e determinate nel
perseguire una lotta aperta, su più
fronti, nei riguardi degli illeciti in
materia di salute e di sicurezza sul
lavoro e nel promuovere interventi
volti, non solo a una analisi e a una
conoscenza reale della casistica infortunistica,
ma anche a una pianificazione
coordinata delle azioni di
prevenzione.
È trascorso un anno da quando,
con l’art. 36-bis, decreto “Bersani” (4
luglio 2006), nel settore dell’edilizia,
agendo sulla regolarità del lavoro, si
è inteso aggredire, avviando un percorso,
il fenomeno delle “morti bianche”,
correlandone le cause [1] ; il 27
giugno 2007, invece, il Senato ha approvato
il testo di delega al Governo
per il riassetto e la riforma della normativa
in materia di tutela della salute
e della sicurezza sul lavoro (più
conosciuta come la delega per l’elaborazione
del Testo Unico per la salute
e la sicurezza sul lavoro).
La cultura della sicurezza, il suo
radicamento profondo nel sistema
sociale e produttivo, non risponde alle
regole della pubblicità e delle mode;
però, l’avere riportato il tema all’evidenza
pubblica, all’attenzione
diffusa, sta senza dubbio aiutando il
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
lento e delicato processo di educazione
e di formazione alla legalità, alla
liceità e, in coerenza, al rispetto delle
regole in materia antinfortunistica,
che dovrebbero condurre a sistematiche
e diffuse pratiche di prevenzione
e di miglioramento continuo delle
condizioni di lavoro.
È così che, partito con una formulazione
ampiamente condivisa e concertata
tra i Ministeri prioritariamente
coinvolti (Lavoro e Salute), con le
organizzazioni datoriali e sindacali,
con le Regioni e gli Istituti nazionali,
in una strutturazione classica formata
da un unico articolo (con due soli
commi) e dal linguaggio tipico richiesto
a una delega (puntuale, sintetico
e complessivo) il testo della delega
si è trasformato e ampliato.
Itempi
Differenziandosi da tutte le precedenti
esperienze, l’attuale testo di delega
presenta, accanto a una parte più
tipica (costituita dalla declinazione
dell’art. 1), una seconda parte (costituita
da dieci articoli, dall’art. 2 all’art.
11) caratterizzata da disposizioni
di natura immediatamente precettiva.
Sono stati i lavori della Commissione
Permanente Lavoro-Previdenza
Sociale al Senato (l’11 a ) [2] che, cogliendo
e (forse) raccogliendo le
[1] Sono trascorsi sei mesi dall’intervento accorato, ma al contempo risoluto e determinato, del Capo dello Stato nel messaggio di
Capodanno, nel quale per la prima volta dopo “troppo” tempo, il tema della tutela della persona sul lavoro e della dignità sono
stati posti tra le priorità dell’Italia;
[2] Relazione della 11 a Commissione Permanente Lavoro-Previdenza Sociale, del 18 aprile u.s., sui disegni di legge nn. 1507 e 1486-A,
relativi alla delega al Governo per l’emanazione di un Testo Unico per il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela
della salute e sicurezza sul lavoro.
57

SICUREZZA DEL LAVORO
Articolo
priorità, le urgenze, le integrazioni e
le diverse pressioni, sono approdati a
un testo composito, articolato, incisivo,
ma forse anche un po’ troppo più
“efficiente” che “efficace”.
È stata intenzione di tutti gli addetti
ai lavori di giungere a una immediata
approvazione, la quale ha
caratterizzato i lavori della recente
Conferenza nazionale di Torino [3] ; infatti,
il testo di delega, superate le
difficoltà politiche del voto al Senato,
giunto alla Camera con un impegno
di un articolato pressoché ormai blindato,
in brevissimo tempo dovrebbe
terminare il suo iter parlamentare e
divenire operativo: la prima parte,
quale base di lavoro per i prossimi
nove mesi (come previsto espressamente
dal testo di delega), la seconda
parte immediatamente precettiva e
dagli interventi di modifica subito vigenti.
Proecontro
dell’immediataoperatività
Un operazione, questa, senz’altro
di assoluta efficacia. Infatti, nel
tempo previsto per l’elaborazione
del Testo Unico (almeno nove mesi),
prevedere già un pacchetto di
interventi di immediata applicazione
non può che risultare quanto mai
rilevante, tenuto conto del panorama,
non certo di segno positivo, che
il numero delle morti sul lavoro,
delle malattie professionali e dei disagi
lavorativi ogni giorno fanno registrare.
Ma l’efficienza non è sempre
accompagnata, in modo automatico,
dall’efficacia e così, anche
in questa circostanza, quello che
può apparire immediatamente una
soluzione può nascondere (per poi,
subito dopo, presentare) problemi
58
IGIENE E SICUREZZA
applicativi e di governo rilevanti.
Analizzando i punti di maggior
criticità e perplessità, in vista dell’imminente
operatività, è necessario
porre all’attenzione alcune aperte
riflessioni:
l art. 2, comma 1, lettera d) - la
disposizione di un’unica data di elezione
del rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza (RLS), prevista
d’imperio dal livello istituzionale
(seppur resa meno vincolante dal rimando
“residuale” alla contrattazione
collettiva e dall’espressione «di
norma»), rinnega, nei fatti, il ruolo
della contrattazione collettiva nei riguardi
di questa figura, quale livello
unico di regolazione previsto dal
D.Lgs. n. 626/1994 (entrando in
chiaro conflitto con gli accordi interconfederali
vigenti).
La previsione di un “RLS
day” [4] , svincolato totalmente dalle
tempistiche di elezione della rappresentanza
sindacale aziendale, potrebbe
snaturare, spingendo a rafforzare
maggiormente l’immagine e
l’appartenenza alla dimensione sociale
e collettiva del RLS, il ruolo e
la funzione di rappresentanza che in
realtà incarna. Non deve essere dimenticato,
infatti, che il ruolo previsto
dal legislatore europeo (nella direttiva
quadro n. 89/391 [5] , dalla
quale non si può prescindere) per il
RLS è quello di «rappresentare i
lavoratori» per i problemi inerenti
alla salute e alla sicurezza sul lavoro,
concetto già presente nella legislazione
nazionale (tutt’oggi vigente)
nello Statuto dei Lavoratori, all’art.
9, nel quale si precisa che i
«lavoratori, mediante loro rappresentanze,
hanno diritto di controllare
l’applicazione delle norme per la
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prevenzione»;
l art. 2, comma 1, lettera e) - è
dubbia l’equiparazione tra la consegna
al RLS della copia del documento
di valutazione dei rischi e del
registro degli infortuni. Se, nel primo
caso, l’aggiornamento non prevede
un’alta frequenza e, comunque,
richiede un iter di modifica nel
quale il RLS deve essere consultato,
nel caso della registrazione degli infortuni
questa disposizione non sussiste
e (purtroppo) la tempistica può
risultare maggiormente frequente.
Pertanto, è necessario capire come
il registro (copia) in possesso del
RLS, al momento di un infortunio,
dovrà essere integrato, se direttamente
(pur essendo una copia), oppure
ogni volta verrà fatta una ulteriore
copia del registro aggiornato
con il nuovo evento infortunistico e
riconsegnata al RLS. Forse, sarebbe
stato meglio prevedere un preciso
obbligo, a carico del datore di lavoro,
di coinvolgimento diretto del
RLS per ciascuna nuova registrazione
di infortunio, piuttosto che la
mera copia del registro.
Da non trascurare, in parallelo, la
validità formale della copia del registro
(e l’eventuale integrazione degli
infortuni) essendo un documento
che, a oggi, necessita di specifica
vidimazione da parte dell’ASL [6] ;
l art. 4, commi 1 e 5-bis - stravolgendo
le disposizioni previste
(e non solo) all’art. 23, D.Lgs. n.
626/1994, nel quale si identifica
l’ASL quale organo preposto alla
vigilanza e, in forma suppletiva,
l’Ispettorato del Lavoro (esclusi i
settori specifici a lui demandati),
si estende, di contro, il ruolo di
vigilanza diretta di quest’ultimo
[3] Prima Conferenza del Servizio Sanitario Nazionale sulla Promozione della Salute nei luoghi di lavoro - Torino, 25-26 giugno 2007,
Centro Congressi Lingotto.
[4] Il testo della delega prevede una elezione degli RLS in un unico giorno per tutto il territorio nazionale.
[5] Direttiva quadro n. 89/391, art. 3, comma 1, lettera c).
[6] Istituito dall’art. 403, D.P.R. n. 547/1955, il registro degli infortuni è divenuto obbligatorio solo a partire dal gennaio 1959, data
prevista per l’avvio delle disposizioni relative al modello specifico previsto dal D.M. 12 agosto 1958, al quale negli anni si sono
susseguiti interventi di modifica ed integrazione. Particolare sull’argomento la recente posizione assunta della Regione Lombardia.
Per maggiori informazioni sul tema, si veda, di Mario Gallo, Registro degli infortuni e sicurezza: funzioni prevenzionali e regole di
tenuta, in Ambiente&Sicurezza n. 14/2007, pag. 64.
14 agosto 2007 ­ N. 16

(senza obbligo di previa informativa
alle ASL, come previsto dalla legislazione
vigente) a tutti i settori di
attività e su entrambi gli ambiti di
intervento, quali il contrasto del lavoro
irregolare e la tutela della salute e
della sicurezza sul lavoro (seppur nei
casi di «gravi e reiterate violazioni»).
Le ASL passano, così, da un
ruolo principale di vigilanza a un
ruolo secondario e, comunque, “limitato”
alla tutela della salute e della
sicurezza sul lavoro, avendo alle
spalle circa trent’anni di esperienza
sul campo in questo settore (legge n.
833/1978);
l art. 6, commi 1 e 2 - intervento
ulteriormente di imperio, in materia
di stretto interesse delle parti sociali,
interpretando (e forzando) le parole
del tutto condivise, previste nell’art.
1, comma 2, lettera h), di un ruolo di
«aiuto» alle imprese da parte degli
organismi paritetici; senza dubbio,
appare troppo vaga l’espressione
usata per il nuovo “potere” di compiere
sopralluoghi, da parte degli organismi
paritetici, «finalizzati a valutare».
Se non si è inteso parlare di
vigilanza e di verifica, risulta comunque
“non chiara e ambigua” la disposizione
prevista al comma 2, nella
quale si prevede che l’autorità di coordinamento
della vigilanza sia informata,
dall’organismo paritetico, non
prima (almeno) del sopralluogo ma,
piuttosto, «degli esiti» di questo.
Rimane non determinata, al contempo,
tutta la problematica della gestione
degli organismi paritetici per
svolgere questo ruolo (al di là della
loro più o meno organica presenza
sul territorio), della loro adeguata
formazione a questo fine, della loro
agibilità e fattibilità di intervento e,
non secondariamente, della loro
“eventuale” responsabilità a seguito
degli interventi di valutazione e dei
“vincoli” di informazione agli organi
di vigilanza;
l art. 1, comma 2, lettera g) - non
del tutto diversa da una questione tra
efficienza ed efficacia, la definizione
del RLS di sito.
Indicato nella prima parte del testo
14 agosto 2007 ­ N. 16
IGIENE E SICUREZZA
di delega quale novità e, pertanto,
(giustamente) inserito tra le questioni
che necessitano di un lavoro di concerto
puntuale e approfondito (della
durata del mandato, previsto di nove
mesi), ha visto un’accelerazione inadeguata,
portatrice di problemi di attuazioneconcreti,
relativi
alla troppo
“semplice” descrizione
del
ruolo e delle
funzioni di
questa nuova
figura.
Introdotta
operativamente
all’interno
dei protocolli
specifici (previsti
per le due
realtà portuali
di Napoli e
Genova), promossi
e sostenuti
strenuamente da parte istituzionale,
meno supportati da parte sindacale
e (ancor meno) da parte datoriale,
la figura del RLS di sito male si
concilia con un semplice intervento
di similitudine nell’agire con l’attuale
figura del rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza territoriale
(RLST).
Una prima differenza sostanziale,
infatti, la si ritrova nel diverso
rapporto che le due figure vengono
ad avere nei riguardi delle aziende
del loro ambito di intervento. Nel
caso del RLST, il rappresentante
non ha un rapporto contrattuale di
lavoro e, pertanto, di subordinazione
con nessuna delle aziende del
territorio, mentre, nel caso del rappresentante
di sito la situazione è
opposta, essendo previsto espressamente
un suo quasi «distacco», per
lo svolgimento del ruolo, da una
delle aziende del sito produttivo. Da
questo deriva una prima rilevante
difficoltà sul piano dello svolgimento
delle «verifiche» previste e
della relativa previa consegna, da
parte delle aziende, della copia del
Previstounpacchetto
diinterventi
diimmediataapplicazione
conloscopo
diporreunfreno
allemortisullavoro
allemalattieprofessionali
eaidisagilavorativi
checaratterizzano
ilperiodo
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SICUREZZA DEL LAVORO
Articolo
documento di valutazione dei rischi
(soggetto alle regole del segreto industriale)
al rappresentante di sito
(dipendente, per esempio, di una
azienda concorrente sul mercato).
Altra difficoltà, in presenza di un
rappresentante di sito, è il rapporto
con gli RLS aziendali,
in questo caso comunque
presenti (a
differenza del RLST,
la cui presenza, nella
quasi totalità delle
realtà aziendali,
esclude quella del
RLS interno). Pertanto,
rimangono
aperte questioni di
rilievo:
- stabilire la gradazione
di ruolo, di funzioni
e di “poteri” tra
i due diversi rappresentanti;
- definire il possibile
sistema armonico
di coordinamento;
- quali segnalazioni considerare
“oltre” quelle degli RLS aziendali;
- quali finalità attribuire alla funzione
di accesso ai luoghi di lavoro
da parte dei rappresentanti di sito.
Conclusioni
È impegno, volontà, auspicio di
tutti, non solo il poter giungere ad
avere un nuovo Testo Unico in materia
di salute e sicurezza sul lavoro,
ma di poter migliorare, in modo diffuso
e sistematico, le condizioni e la
qualità del lavoro, elevando e rafforzando
le tutele delle lavoratrici e dei
lavoratori. Ma la determinazione non
deve lasciare spazio all’improvvisazione
e l’efficacia non deve rinunciare
all’efficienza, perché non sono
“solo” le belle leggi e gli accordi (o
la fretta) a cambiare lo stato delle
cose, ma sono soprattutto le procedure
applicate e applicabili e i passi
condivisi che, rendendoli regola praticata,
possono concretamente cambiare
le condizioni e le situazioni,
giungendo a determinare una vera
cultura di cambiamento. l
59

SICUREZZA DEL LAVORO
Commento
IGIENE E SICUREZZA
Il corso di formazione base prevede un programma comune per tutte le patenti di guida
La carta di qualificazione del conducente
per il trasporto di merci e persone
diPietroVerna, CapitanodiVascello,ComandantedellaCapitaneriadiportodiTrapani
IlMinisterodeiTrasporti,
Dipartimentoperitrasporti
terrestri hadefinito,condecreto
3maggio2007,lecaratteristiche
delmodellodellacarta
diqualificazionedelconducente.
Questodocumentodeveessere
inpossessoditutticoloroche
intendonomunirsidellapatente
dicategoriaC,C+E,DeD+E.
LaCQCpuòessererichiesta
aiconducentiresidentiinItalia
oppureaquelliche
appartengonoaStatinon
dellaUEoalloSpazioeconomico
europeocheperòdipendono
daunaimpresadiautotrasporto
stabilitainItalia.
60
Con la pubblicazione del decreto
del Ministero dei Trasporti
3 maggio 2007 [1] , che
individua il modello della «carta
di qualificazione del conducente»
di cui devono munirsi i soggetti in
possesso di patente di categoria C,
C+E, D e D+E, l’Italia si allinea
alla direttiva comunitaria 59/2003,
recepita dal decreto legislativo n.
286/2005, «Disposizioni per il
riassetto normativo in materia di
liberalizzazione regolata dell’esercizio
dell’attività di autotrasportatore»
e dai relativi decreti di attuazione.
Effetti
dellanormativacomunitaria
Fatte salve le deroghe previste
dall’art. 16, decreto legislativo n.
286/2005 (si veda il riquadro 1),
per il rilascio della carta di qualificazione
del conducente (CQC),
che sostituisce a tutti gli effetti il
certificato di abilitazione professionale
tipo KC e KD previsto dall’art.
311, codice della strada, la
normativa comunitaria ha imposto
due “obblighi di formazione”, ai
conducenti che effettuano il trasporto
di cose e di persone residenti
in Italia e ai conducenti appartenenti
ai Paesi extracomunitari o
agli Stati ricadenti nello Spazio
economico europeo, che operano
nel territorio italiano alle dipen-
[1] In S.O. n. 96 alla Gazzetta Ufficiale del 5 aprile 2007, n. 125.
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denze di imprese di autotrasporto,
quali:
l un corso di qualificazione iniziale,
a carattere teorico-pratico di
280 ore (di cui almeno 20 ore di
esercitazioni pratiche alla guida di
veicoli);
l la frequenza, a cadenza quinquennale,
di un corso a carattere
teorico di 35 ore, conditio sine qua
non per il rinnovo della CQC.
Il decreto del Capo del Dipartimento
dei trasporti terrestri 7 febbraio
2007, n. 371, «Rilascio della
carta di qualificazione del conducente»,
ha precisato che i soggetti
che, alla data di entrata in vigore
dello stesso (19 aprile 2007), risultino
già titolari di patente di guida
della categoria C e C+E o del certificato
di abilitazione di tipo KD,
sono eccezionalmente dispensati
dal corso iniziale.
Regimetransitorio
Nelle more dell’applicazione del
decreto legislativo n. 286/2005, la
CQC può essere richiesta ai conducenti:
l residenti in Italia, già titolari del
certificato di abilitazione professionale
del tipo KD o della patente
di guida della categoria C o C+E;
l di Stati non appartenenti all’Unione
europea o allo Spazio economico
europeo dipendenti da
un’impresa di autotrasporto di persone
o di cose stabilita in Italia, già
14 agosto 2007 ­ N. 16

titolari di patente di guida equivalente
alle categorie C, C+E, D e D+E.
Al rilascio del documento provvede,
a richiesta degli interessati,
la motorizzazione civile, sulla base
del calendario e delle modalità fissate
dal decreto n. 371/2007, fermo
restando che è possibile chiederne
il rilascio posticipato, purché entro
tre anni dalla data di entrata in vigore
del decreto in questione.
In ogni caso, il decreto ha specificato
che:
l dal 10 settembre 2008 non saranno
più rilasciati i certificati di
abilitazione professionale di tipo
KD;
l dal 10 settembre 2009 non saranno
più rilasciati i certificati di
tipo KC;
l i conducenti che conseguono la
patente di guida della categoria C
o C+E, ovvero il certificato di abilitazione
professionale di tipo KD,
dopo la data di pubblicazione del
decreto n. 371/2007, potranno
condurre i veicoli adibiti al trasporto
di persone sino al 9 settembre
2008 e i veicoli adibiti al
trasporto di merci sino al 9 settembre
2009;
l ai fini del computo del quinquennio
di validità delle CQC rila-
14 agosto 2007 ­ N. 16
IGIENE E SICUREZZA
Deroghe
Lacartadiqualificazionenonèrichiestaaiconducentideiveicoli:
l lacuivelocitàmassimaautorizzatanonsuperai45km/h;
sciate in esenzione dell’obbligo di
frequentare il corso iniziale e il relativo
esame di idoneità, la scadenza
della “carta” deve essere calcolata
a partire:
- dal 10 settembre 2008, per le
CQC che abilitano al trasporto di
persone;
- dal 10 settembre 2009, per le
CQC che abilitano al trasporto di
cose (per esempio, la scadenza di
una CQC per il trasporto di persone,
rilasciata il 1° settembre 2007,
sarà il 9 settembre 2013, mentre la
scadenza di una CQC per il trasporto
di cose, rilasciata il 1° ottobre
2007, sarà il 9 settembre 2014).
Da segnalare, infine, il limite
minimo di età consentito ai conducenti
previsto dall’art. 18, decreto
legislativo n. 286/2005:
l 21 anni, per la guida dei veicoli
adibiti al trasporto di passeggeri
per cui è richiesta la patente di guida
delle categorie D e D+E;
l 18 anni, per la guida di veicoli
adibiti al trasporto di merci, per cui
è richiesta la patente di guida delle
categorie C e C+E, in deroga alle
limitazioni di massa previste dall’art.
115, comma 1, lettera d), numero
2, codice della strada.
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SICUREZZA DEL LAVORO
Commento
RIQUADRO1
l ausodelleForzearmate,dellaProtezionecivile,deiVigilidelFuocoedelleforzedell’ordine;
l sottoposti a prove su strada ai fini di perfezionamento tecnico, di riparazione o di manutenzione e dei
veicolinuoviotrasformatinonancoraimmessiincircolazione;
l utilizzatiinservizidiemergenzaodestinatiamissionidisalvataggio;
l impiegatiperlezionidiguida,aifinidelconseguimentodellapatentediguidaodiabilitazioneprofessionale;
l utilizzatiperiltrasportodipasseggeriodimerciaifiniprivatienoncommerciali;
l che trasportano materiale o attrezzature utilizzati dal conducente nell’esercizio della propria attività, a
condizionechelaguidadelveicolononcostituiscal’attivitàprincipale.
Formazionea360gradi
Oltre a elevare le competenze in
materia di sicurezza, i corsi di qualificazione
mirano al conseguimento
di una serie di obbiettivi, che
spaziano dalla capacità di caricare
il veicolo a quella di prevenire la
criminalità e il traffico di clandestini,
dalla valorizzazione dell’immagine
dell’azienda all’organizzazione
del mercato, dalla capacità di
valutare le situazioni di emergenza
alla consapevolezza dell’importanza
dell’idoneità fisica e mentale.
Per esempio, per il raggiungimento
di quest’ultimo obbiettivo, è richiesta
la conoscenza dei principi
sulla corretta alimentazione, sull’effetto
dell’alcool, dei farmaci e
di tutte le sostanze che inducono
stati di alterazione nonché sui sintomi,
le cause e gli effetti dell’affaticamento
e dello stress.
Il corso di formazione iniziale
prevede un programma comune
per i titolari di tutte le patenti di
guida e due parti speciali:
l la prima dedicata agli aspiranti
al conseguimento della CQC per il
trasporto di cose;
l l’altra parte agli aspiranti al
conseguimento della CQC per il
trasporto di persone.
61

SICUREZZA DEL LAVORO
Legislazione
Il corso di formazione periodica
si incentra, invece, sull’approfondimento
delle conoscenze in materia
di razionalizzazione del consumo di
carburante e di sicurezza stradale.
In particolare, in base all’art. 6,
decreto del Ministero dei Trasporti
7 febbraio 2007, n. 372, «Enti per
la formazione dei conducenti pro-
62
IGIENE E SICUREZZA
Soggettiautorizzatiasvolgereicorsidiformazione
Icorsidiformazione,inizialeeperiodica,devonoesseresvolti:
l dalleautoscuoledicuiall’art.335,comma10,letteraa),codicedellastrada;
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RIQUADRO2
l daicentridiistruzioneautomobilistica,costituitidaconsorzidiautoscuolechesvolgonocorsiditeoriae
diguidaperilconseguimentodituttelepatenti;
l dagli enti che hanno maturato, anche all’interno delle associazioni di categoria, almeno tre anni di
esperienzanelsettoredellaformazioneinmateriadiautotrasporto;
l dadocentiqualificati,traiquali:
­unmedicospecialistainmedicinasociale,medicinalegaleodellavoro;
­ un esperto in materia di organizzazione aziendale, che abbia maturato almeno tre anni di esperienza in
un’impresa di autotrasporto negli ultimi cinque anni o che abbia pubblicato testi specifici sull’attività
giuridico­amministrativadell’autotrasporto.
Decreto del Ministero dei Trasporti 3 maggio 2007
Modello della carta di qualificazione del conducente
in S.O. n. 96 alla Gazzetta Ufficiale del 5 aprile 2007, n. 125
IL CAPO DEL DIPARTIMENTO
per i trasporti terrestri
Vista la direttiva 2003/59/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 15 luglio 2003, concernente la qualificazione
iniziale e la formazione periodica dei conducenti di
taluni veicoli stradali adibiti al trasporto di merci o di
passeggeri;
Visto il Capo II del decreto legislativo 21 novembre
2005, n. 286, che ha recepito la direttiva 2003/59/CE;
Considerata l’esigenza di predisporre il modello nazionale
della carta di qualificazione del conducente;
Visto il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e
successive modificazioni;
Decreta:
fessionali, programmi del corso e
procedure d’esame per la carta di
qualificazione del conducente», è
necessario che:
l i soggetti già titolari della CQC
per il trasporto di merci, che intendono
conseguire anche la CQC per
il trasporto di passeggeri, o viceversa,
dimostrino di conoscere le
materie specifiche attinenti alla
nuova qualificazione;
l i candidati al conseguimento
della CQC, già titolari dell’attestato
di idoneità professionale, per
l’accesso alla professione di autotrasportatore
sono tenuti a frequentare
soltanto la prima parte del corso
di formazione iniziale. l
Art.1
Caratteristichetecnichedellacarta
diqualificazionedelconducente
1. La carta di qualificazione del conducente prevista dal
decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 è stampata su
un supporto avente le seguenti caratteristiche: formato ISO
mm. 86/times 54, spessore mm 0,80, stampa litografica a
sei colori in bianca e cinque colori in volta di cui uno
fluorescente invisibile, supporto in PVC, angoli arrotondati,
numerazione progressiva costituita da una serie di due lettere
e da un numero di sette cifre sul verso del documento.
Art.2
Modellodellacartadiqualificazionedelconducente
1. La carta di qualificazione del conducente ha la
configurazione conforme al modello allegato.
Il presente decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana. l
14 agosto 2007 ­ N. 16

14 agosto 2007 ­ N. 16
IGIENE E SICUREZZA
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SICUREZZA DEL LAVORO
Legislazione
63

SICUREZZA DEL LAVORO
Commento
IGIENE E SICUREZZA
Ulteriori istruzioni operative sul nuovo regime sanzionatorio nella circolare n. 4609/2007
Chiarimenti INAIL sui libri obbligatori:
che ricadute per l’attività ispettiva?
diMarioGallo, docentediDirittodellaSicurezzaLavoroalcorsodiperfezionamentoingestionedelle
risorseumanedell’UniversitàdegliStudidiCassino.ComponentedelComitatoperlaFormazionedell’AIAS
Adistanzadipochigiorni
dall’ultimointervento
delMinisterodelLavoroedella
Previdenzasocialeconlacircolare
22maggio2007,n.6366,
anchel’INAILharitenuto
opportunodiramareistruzioni
operativeallepropriestrutture
territoriali,concircolare
4giugno2007,n.4609,intema
ditenutadeilibriobbligatori
relativialrapportodilavoro.
Questoadempimento
ultimamentesièulteriormente
complicatoedè,attualmente,
alcentrodiun’accesadiscussione
acausadell’inasprimento
delsistemasanzionatorio,
giudicatodamolticome
vessatorioesproporzionato
rispettoallagravitàdegliilleciti,
speciesemessoaconfronto
conilnuovoobbligo
generalizzato
dellacomunicazionepreventiva
dell’assunzioneaicentri
perl’impiego,chehafatto
evaporareunapartenotevole
dell’originariafunzione
dellibromatricola.
64
Per effetto dell’art. 1, comma
1178, legge n. 296/2006 (legge
Finanziaria 2007), a partire
dallo scorso 1° gennaio 2007,
l’omessa istituzione e l’omessa esibizione
dei libri matricola e paga previsti
dagli artt. 20 e 21, D.P.R. n. 1124/
1965, e dall’art. 134, R.D. n. 1422/
1924, sono punite con la sanzione
amministrativa da euro 4.000 a euro
12.000, con l’esclusione della possibilità,
da parte del trasgressore, di poter
accedere alla nuova procedura di
diffida introdotta dall’art. 13, D.Lgs.
n. 124/2004. Occorre precisare che
nella famiglia dei libri regolamentari
obbligatori rientra a pieno titolo anche
il libro degli infortuni, previsto
dall’art, 4, comma 5, lettera o),
D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626,
ma il Ministero del Lavoro e della
Previdenza sociale non ha ritenuto
opportuno fornire chiarimenti anche
su questo importante registro, né con
la circolare 22 maggio 2007, né con
quella precedente 29 marzo 2007, n.
26; questo anche se esistono ancora
diverse zone d’ombra sul versante
applicativo, rese ancora più critiche
dalle nuove sanzioni quintuplicate in
vigore dal 1° gennaio 2007 (si veda
la tabella 1) [1] . Sulla scia di questi
provvedimenti ministeriali si colloca,
in modo ermetico, l’INAIL che, con
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circolare 4 giugno 2007, è ritornato
nuovamente sul tema, senza apportare,
tuttavia, ulteriori elementi di utilità
applicativa [2] . Pertanto, è necessario
analizzare brevemente alcuni degli
aspetti più significativi di questo
provvedimento per quanto riguarda,
in particolare, la tenuta del libro matricola
che è rilevante anche in materia
di sicurezza del lavoro, specie
nell’ambito delle procedure ispettive
e per la lotta al lavoro nero che rappresenta
una delle principali cause,
ormai conclamate, degli infortuni sul
lavoro.
L’unicitàdellibro
elaconformitàall’originale
Nella circolare INAIL 4 giugno
2007, n. 4609, è ribadito, in primo
luogo, che il libro matricola, come
del resto anche quello paga, è unico
per ogni azienda [3] ; nella particolare
fattispecie in cui un’impresa abbia
più unità produttive dislocate sul territorio
e per i lavori di breve durata [4] ,
l’originale del libro matricola può essere
tenuto presso la sede legale dell’impresa
o presso il consulente del
lavoro o altro professionista, di cui
alla legge 11 gennaio 1979, n. 12,
incaricato dello svolgimento degli
adempimenti in materia lavoristica e
previdenziale. Il professionista, in
[1] Per un approfondimento, si veda, dello stesso Autore, D.Lgs. n. 626: tra nuove e vecchie sanzioni le modifiche della Finanziaria
2007, in Ambiente&Sicurezza n. 4/2007, pag. 54.
[2] Si veda, sul tema, la nota INAIL - Direzione Centrale Rischi, 11 aprile 2007, «Legge Finanziaria 2007 - Omessa istituzione ed
esibizione dei libri paga e matricola».
[3] Si ricorda che, invece, il registro infortuni deve essere istituito per ogni unità produttiva.
[4] Come precisato nella circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale 29 marzo 2007, n. 26, si tratta di «attività
caratterizzate da mobilità o svolte in sedi con pochi lavoratori e prive di adeguata attrezzatura amministrativa, come frequentemente
avviene nel settore dell’edilizia e dell’impiantistica».
14 agosto 2007 ­ N. 16

questo caso, dovrà rilasciare una copia
dichiarata conforme al libro matricola
originale, apponendo su ciascuna
pagina della copia la data, il
timbro e la propria firma autografa.
Si osservi che questa facoltà è concessa
anche al datore di lavoro. Attraverso
questa strada si è cercato di
conciliare il rigido principio contenuto
nell’art. 21, D.P.R. n. 1124/1965,
con l’esigenza obiettiva di semplificazione
degli adempimenti [5] .
L’omessaistituzione
edesibizione
Il provvedimento INAIL fornisce
anche ulteriori istruzioni operative in
ordine al nuovo regime sanzionatorio
introdotto dalla legge n. 296/2006,
per quanto riguarda l’omessa istituzione
e l’omessa esibizione dei libri
obbligatori; in particolare, viene precisato
che l’illecito di omessa istituzione
dei libri obbligatori si configura
solo con riferimento all’originale
dei libri di matricola e paga e si realizza
nelle fattispecie in cui il datore
di lavoro:
l è del tutto sprovvisto dei libri obbligatori;
l mette in uso i libri obbligatori non
vidimati;
l mette in uso copie (fotostatiche o
per estratto) non dichiarate conformi
all’originale.
Quest’ultima ipotesi configura
l’illecito di omessa istituzione dei libri
solo nel caso in cui, da ulteriori
accertamenti, si appuri la mancanza,
in altro luogo di lavoro o presso lo
studio del professionista, dei documenti
regolarmente vidimati. In queste
circostanze si realizza un illecito
istantaneo con effetti permanenti, in
quanto l’obbligo di istituire i libri re-
14 agosto 2007 ­ N. 16
IGIENE E SICUREZZA
golamentari insorge immediatamente,
prima della messa in uso degli
stessi, che coincide con la data di
inizio delle prestazioni lavorative da
parte dei lavoratori soggetti all’obbligo
assicurativo. La circolare, ribadendo
quanto già espresso dal Ministero
del Lavoro con la circolare 22
maggio 2007, precisa anche che, ai
fini dell’accertamento circa l’assenza
della documentazione obbligatoria,
l’ispettore dovrà «tenere conto dei
tempi tecnici strettamente necessari
perché tale documentazione possa
essere portata in visione al personale
ispettivo sul luogo di lavoro, tempi
che non possono protrarsi oltre il
tempo di permanenza del personale
di vigilanza in azienda».
Illibromatricola
eleprocedureispettive
Alcune brevi riflessioni devono
essere sviluppate anche per quanto
riguarda il rapporto tra il libro matricola
e le procedure ispettive in
materia di sicurezza e di igiene del
lavoro [6] . Questo libro obbligatorio
ha una notevole importanza anche
in tale contesto, in quanto consente
agli ispettori di raccogliere elementi
utili per la verifica degli
adempimenti da parte del datore di
lavoro previsti, per esempio, dal
D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626;
si pensi alla verifica dei limiti numerici
- per l’obbligatorietà del
documento di valutazione dei rischi
ex art. 4, comma 11, e la periodicità
della riunione ex art. 11
ecc. - o l’assolvimento dell’obbligazione
informativa e formativa ex
artt. 21 e 22, oppure, per l’accertamento
della presenza nell’unità
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SICUREZZA DEL LAVORO
Commento
produttiva di lavoratori minorenni,
spesso impiegati in lavori vietati ai
sensi dell’Allegato I alla legge n.
977/1967, o atipici, per i quali sono
previsti ulteriori obblighi aggiuntivi
rispetto alla disciplina ordinaria;
si pensi, per esempio, ai
lavoratori somministrati, a tempo
determinato, part-time, a progetto,
con rapporto di job on call o job
sharing (D.Lgs. n. 276/2003) [7] .
Inoltre, questo libro assume un notevole
valore anche nell’ambito
delle procedure ispettive conseguenti
a un infortunio e della denuncia
di malattia professionale,
in quanto prezioso strumento per
l’attività istruttoria; sono obbligati
alla tenuta tutti coloro che, nell’esercizio
delle attività previste
dall’art. 1, D.P.R. n. 1124/1965,
occupano persone tra quelle indicate
nell’art. 4, comprese le società
cooperative e ogni altro tipo di
società, anche di fatto, comunque
denominate, costituite totalmente
o in parte da prestatori d’opera,
nei confronti dei propri soci i quali
svolgano opera manuale o non manuale
oppure sovrintendano al lavoro
di altri [8] . Questo obbligo si
estende anche ai committenti che
impiegano solo lavoro parasubordinato
(lavoro a progetto ex art.
61, D.Lgs. n. 276/2003, e collaborazioni
coordinate e continuative).
Viceversa, sono esonerate diverse
categorie di soggetti tra le quali si
ricordano i datori di lavoro titolari
di aziende individuali artigiane,
che svolgono la loro attività individualmente
senza occupare lavoratori
dipendenti, e le imprese artigiane
che occupano esclusivamente
soci e familiari coadiuvanti sen-
[5] È utile precisare che l’art. 5, legge n. 12/1979, prevede la possibilità che i libri obbligatori siano conservati presso un consulente
autorizzato; tuttavia, il datore deve detenere sul luogo di lavoro, a disposizione degli ispettori del lavoro e degli altri organi di
vigilanza, una copia regolarmente aggiornata del libro matricola e paga, oltre a comunicare preventivamente alla DPL competente
le generalità del professionista al quale è stato affidato l’incarico, nonché il recapito dello studio dove sono reperibili i documenti.
[6] Si ricorda che nel libro matricola devono essere annotati, per ciascun prestatore d’opera, il numero di ordine di iscrizione, il
cognome e il nome, la data e il luogo di nascita, la data di ammissione in servizio e quella di risoluzione del rapporto di lavoro, la
categoria professionale e la misura della retribuzione.
[7] Per un approfondimento si veda dell’Autore, La sicurezza per i lavoratori atipici, Il Sole 24 Ore, Milano, 2006.
[8] Per un approfondimento si veda, a cura di Pierguido Soprani, Codice della Sicurezza, Il Sole 24 Ore, Milano, 2007, pag. 975.
65

SICUREZZA DEL LAVORO
Commento
za occupare dipendenti (art. 20,
D.P.R. n. 1124/1965). Chiariti questi
aspetti, occorre osservare che,
alla luce delle predette disposizioni
normative, gli ispettori delle
aziende sanitarie locali, durante i
controlli in fase amministrativa ai
sensi dell’art. 23, D.Lgs. 19 settembre
1994, n. 626, nel richiedere
il libro matricola possono prendere
visione dell’originale, se disponibile
sul luogo di lavoro, o chiederne
una copia autenticata. Tuttavia,
66
IGIENE E SICUREZZA
in virtù della necessità di garantire
l’immediata registrazione dei rapporti
di lavoro e del nuovo sistema
di vigilanza in materia di lavoro e
previdenza sociale, riformato dall’art.
1, D.Lgs. n. 124/2004, si può
affermare che il divieto di rimozione,
anche temporanea, dalla sede
dell’unità produttiva, opera anche
nei confronti degli ispettori
delle aziende sanitarie locali [9] .
Inoltre, il datore di lavoro non può
rifiutare l’esibizione o la consegna
[9] Si osservi che, pertanto, non è consentito nemmeno ai componenti del SPP di rimuovere dal luogo di lavoro il libro matricola per
attuare gli adempimenti prescritti dall’art. 9, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626.
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di una copia autenticata del libro
richiesto dagli ispettori in virtù del
D.P.R. n. 520/1955; in questa fattispecie,
l’inosservanza della disposizione
impartita, avente natura
esecutiva di carattere ordinatorio
(TAR Campania, Napoli, 14 gennaio
1981), determina un’ipotesi
contravvenzionale, con l’applicazione
della pena dell’arresto fino a
un mese o dell’ammenda fino a
euro 413 (art. 11, comma 2, D.P.R.
n. 520/1955). l
TABELLA1
Ilnuovoquadrosanzionatoriosullatenutadeilibriobbligatori
matricolaepagaintrodottodallaleggen.296/2006*
Omessasegnalazione
deilibriobbligatori
Rimozionedeilibri
obbligatori
Omessaistituzione
deilibriobbligatori
Tardivavidimazioni
deilibriobbligatori
Quando non sia possibile Sanzione amministrativa Non diffidabile ex art. 13,
verificare, attraverso altra da€4.000a€12.000 D.Lgs.n.124/2004
documentazione presente
sulluogodilavoro,laregolare
costituzione del rapportodilavoro
Quandosiacomunquepossibile
verificare, attraverso
altra documentazione presentesulluogodilavoro,la
regolare costituzione del
rapportodilavoro
Sanzione amministrativa Non diffidabile ex art. 13,
da€125 a€770 (soggetti D.Lgs.n.124/2004
assicurati INAIL) ovvero da
€ 25 a€150 (soggetti non
assicuratiINAIL)
Riguarda l’ipotesi in cui il Sanzione amministrativa Non diffidabile ex art. 13,
datoredilavorosiadeltut­ de€4.000a€12.000 D.Lgs.n.124/2004
tosprovvistodiquestidocumenti
ovvero le ipotesi in
cuiilibrinonsianomaistati
vidimati dagli Istituti previdenziali
ovvero non risultino
dichiarati conformi all’originale
Riguarda le ipotesi in cui il
personale ispettivo accerti
cheillibroèstatovidimato
primadiesserestatomesso
inuso(ladatadividimazioneèposteriorerispettoalla
data di assunzione del primolavoratoreiscritto)
Sanzione amministrativa Non diffidabile ex art. 13,
da€125 a€770 (soggetti D.Lgs.n.124/2004
assicurati INAIL) ovvero da
€ 25 a€150 (soggetti non
assicuratiINAIL)
*Siricordachelamancataistituzione,l’irregolaretenutaelamancataconservazionesulluogodilavorodellibro
degli infortuni comporta, dal 1° gennaio 2007, l’applicazione di una sanzione amministrativa da€2.580,00 a€
15.490,00(art.89,comma3,D.Lgs.n.626/1994,comeelevatidall’art.1,comma1177,leggen.296/2006).
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14 agosto 2007 ­ N. 16
IGIENE E SICUREZZA
Circolare INAIL - Direzione centrale rischi
4 giugno 2007, prot. n. 60010/04.06.2007/0004609
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SICUREZZA DEL LAVORO
Documento
Legge Finanziaria 2007 - Omessa istituzione ed esibizione dei libri paga e matricola.
Ulteriori chiarimenti
Si fa seguito alla nota di questa Direzione Centrale dell’11
aprile 2007: “Legge Finanziaria 2007 - Omessa istituzione ed
esibizione dei libri paga e matricola”, con la quale sono state
dettate istruzioni riguardo alla previsione contenuta nella Legge
Finanziaria del 2007 [1] che ha riformulato il quadro sanzionatorio
nelle ipotesi di omessa istituzione ed omessa esibizione
dei libri regolamentari.
In merito alla corretta interpretazione della nuova disciplina
è intervenuto il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
dapprima con la Lettera Circolare del 29 marzo 2007 [2] e,
successivamente, con l’allegata Lettera Circolare del 22 maggio
u.s. [3] , con le quali ha fornito indicazioni anche sulla modalità
di tenuta dei libri regolamentari di matricola e di paga.
In particolare, è stato ribadito il principio della unicità dei
libri obbligatori, introdotto dal Testo unico approvato con DPR
n. 1124/1965, confermando quanto già previsto in merito al
libro matricola con la nota del 16 dicembre 2004: “Modalità di
tenuta dei libri paga e matricola”.
Detto principio è applicabile non soltanto quando l’attività
di un’azienda si svolga su più unità produttive, ma anche
quando consista in attività di breve durata caratterizzate da
mobilità o svolte in sedi con pochi lavoratori e prive di adeguata
attrezzatura amministrativa (ad es.: settori dell’edilizia e
dell’impiantistica).
Quindi, in tali casi - al fine di conciliare esigenze di semplificazione
con quelle di controllo da parte del personale ispettivo
e, pertanto, osservare le disposizioni normative secondo cui
“il libro di paga e quello di matricola debbono essere presentati
nel luogo in cui si esegue il lavoro, ad ogni richiesta, agli
incaricati dell’Istituto assicuratore: a tal fine i libri non possono
essere rimossi, neanche temporaneamente, dal luogo di
lavoro” [4] - è consentito tenere sul luogo di lavoro delle semplici
fotocopie del libro di matricola e di paga dichiarate conformi
all’originale secondo le modalità già indicate nelle istruzioni
dell’11 aprile 2007.
In merito alla possibilità di dichiarare la conformità agli
originali concessa al datore di lavoro, il citato Dicastero ha
precisato nella recente Lettera Circolare del 22 maggio 2007
che detta prerogativa è concessa anche nel caso in cui il datore
di lavoro medesimo conservi egli stesso gli originali dei libri
regolamentari, pur affidandosi al professionista abilitato per
tutti o per alcuni adempimenti legati alla gestione del rapporto
di lavoro e anche nel caso in cui non abbia comunicato preventivamente
alla Direzione Provinciale del Lavoro le generalità
del professionista al quale è stato affidato l’incarico di tenere i
libri obbligatori, nonché il recapito dello studio dove sono
reperibili i libri medesimi [5] .
Libromatricola
Il libro matricola è unico per ogni azienda.
Qualora un’impresa abbia più unità produttive dislocate sul
territorio oppure quando l’attività sia caratterizzata da breve
durata, l’originale del libro matricola può essere tenuto presso
la sede legale dell’impresa o presso il consulente del lavoro o
altro professionista di cui alla Legge n. 12/1979, incaricato
dello svolgimento degli adempimenti in materia lavoristica e
previdenziale, che provvederà a tenere presso ciascun luogo
dove si esegue il lavoro una copia (anche fotostatica e per
estratto) di tale documentazione, dichiarata conforme al libro
matricola originale [6] .
Per i datori di lavoro titolari di più PAT, in quanto svolgono
l’attività in più luoghi di lavoro, il libro matricola, unico per
ogni azienda, andrà comunque vidimato con riferimento ad una
delle PAT che l’azienda ha in corso presso l’Istituto [7] .
Libropaga
Il libro paga è unico per ogni azienda.
Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, con la
citata Lettera Circolare del 29 marzo 2007, ha previsto anche
per questo libro regolamentare la possibilità di tenere sul luogo
dove si esegue il lavoro una copia fotostatica o uno stralcio del
libro paga originale.
Infatti, anche l’originale del libro paga, qualora un’azienda
abbia più unità produttive dislocate sul territorio oppure quando
l’attività sia caratterizzata da breve durata, può essere tenuto
presso la sede legale dell’impresa o presso il consulente del
lavoro o altro professionista di cui alla Legge n. 12/1979,
incaricato dello svolgimento degli adempimenti in materia lavoristica
e previdenziale, che provvederà a tenere presso ciascun
luogo dove si esegue il lavoro una copia (anche fotostatica
e per estratto) di tale documentazione, dichiarata conforme
al libro paga originale [8] .
Si chiarisce che la copia conforme del libro paga è riferita
soltanto al registro delle presenze, e non anche al prospetto di
paga (c.d. cedolino), atteso che gli adempimenti legati allo
sviluppo della paga sono effettuati quasi sempre separatamente
attraverso il prospetto di paga medesimo.
Inoltre, detta dichiarazione di conformità, che può farsi
anche per estratto, può limitarsi anche alla sola indicazione dei
lavoratori effettivamente impiegati nello specifico luogo di lavoro.
Alla luce di quanto sopra riferito, a rettifica delle precedenti
istruzioni impartite sull’argomento [9] , per i datori di lavoro titolari
di più PAT, in quanto svolgono l’attività in più luoghi di
lavoro, anche il libro paga, unico per azienda, è istituito con
riferimento ad una delle PAT che l’azienda assicurante ha in
corso presso l’Istituto ed è vidimato con riferimento a detta
PAT.
Detta disposizione vale per le vidimazioni che verranno
effettuate a far data dalla ricezione della presente.
Libririassuntivi
Come sopra detto in merito al principio della unicità dei
libri regolamentari, il libro matricola è unico per ogni Cliente,
ciò al fine di rilevare tutti i rapporti di lavoro in essere presso il
67

SICUREZZA DEL LAVORO
Documento
Cliente medesimo, anche in presenza di differenti tipologie di
lavoratori presenti in azienda (dirigenti, operai, impiegati). Altrettanto
per il libro paga.
Comunque, in casi speciali l’Istituto può autorizzare per
iscritto il datore di lavoro a tenere più libri paga e matricola,
tutti regolarmente vidimati, con l’obbligo di riepilogarne i dati
in libri riassuntivi [10] .
Omessaistituzione/omessaesibizione
deilibriobbligatori
Ad integrazione di quanto detto al riguardo nella precedente
nota di istruzioni diramata da questa Direzione Centrale dell’11
aprile 2007 [11] , si precisa quanto segue.
L’illecito di omessa istituzione dei libri obbligatori si configura
solo in relazione all’originale dei libri di matricola e paga
e si ha nell’ipotesi in cui il datore di lavoro:
- sia del tutto sprovvisto dei libri obbligatori
- abbia in uso libri obbligatori non vidimati
- abbia in uso copie (fotostatiche o per estratto) non dichiarate
conformi all’originale; questa ipotesi configura l’illecito di
omessa istituzione dei libri solo nel caso in cui, da ulteriori
accertamenti, si appuri la mancanza in altro luogo di lavoro o
presso lo studio del professionista dei documenti regolarmente
vidimati
- abbia in uso copie (fotostatiche o per estratto) dichiarate
conformi all’originale, ma sia successivamente accertata l’inesistenza
dei libri regolamentari originali.
In merito all’illecito di omessa istituzione dei libri obbligatori,
la circolare ministeriale [12] chiarisce che si tratta di un
illecito istantaneo con effetti permanenti, in quanto l’obbligo di
istituire i libri regolamentari insorge immediatamente prima
della messa in uso degli stessi [13] , che coincide con la data di
inizio delle prestazioni lavorative da parte dei lavoratori soggetti
all’obbligo assicurativo. Quindi, rispetto a detto illecito
trova applicazione la sanzione amministrativa in vigore al momento
della commissione dello stesso (sanzione da€4.000 a€
12.000 se l’obbligo della messa in uso dei libri obbligatori
decorre dall’1/1/2007).
Per quanto riguarda, invece, l’illecito di omessa esibizione
ovvero rimozione dei libri obbligatori, così come descritto
nella citata nota dell’11 aprile u.s. [14] , la circolare ministeriale
chiarisce che rientrano in questa tipologia di illecito le ipotesi
in cui:
- il datore di lavoro abbia in uso copie (fotostatiche o per
estratto) non dichiarate conformi all’originale, ma sia accertata
l’esistenza in altro luogo di lavoro o presso lo studio del professionista
dei documenti regolarmente vidimati
- siano rinvenuti, nel corso dell’accertamento ispettivo, libri
non vidimati, ma sia comunque accertata l’esistenza in altro
luogo di lavoro o presso lo studio del professionista dei documenti
regolarmente vidimati.
Infine, si chiarisce che, l’eventuale accertamento circa l’assenza
della documentazione obbligatoria nonché di ogni altra
documentazione utile ai fini della verifica della regolarità dei
rapporti di lavoro (le comunicazioni obbligatorie quali la comunicazione
preventiva di assunzione [15] , la denuncia nominativa
degli assicurati - DNA, ovvero la lettera di assunzione con
l’indicazione degli estremi di registrazione sul libro matricola e
sul libro paga), deve tenere conto dei tempi tecnici strettamente
68
IGIENE E SICUREZZA
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
necessari perché tale documentazione possa essere portata in
visione al personale ispettivo sul luogo di lavoro, tempi che non
possono protrarsi oltre il tempo di permanenza del personale di
vigilanza in azienda [16] .
Si invitano le Strutture in indirizzo a dare la massima diffusione
alla presente nota - che integra la precedente dell’11.4.2007
“Legge Finanziaria 2007 - Omessa istituzione ed
esibizione dei libri paga e matricola” - con particolare riguardo
ai funzionari di vigilanza.
Allegato: Lettera Circolare del Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale del 22.5.2007.
Note
1 - Legge n. 296 del 27 dicembre 2006 , art. 1, comma 1178
2 - La Lettera Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza
Sociale del 29 marzo 2007 “Art. 1, comma 1178, L. n.
296/2006 (Finanziaria 2007) - omessa istituzione e omessa esibizione
libri matricola e paga - indicazioni operative al personale
ispettivo” è allegata alla nota della Direzione Centrale Rischi dell’11/4/2007.
3 - Lettera Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza
Sociale del 22 maggio 2007 “Art. 1, comma 1178, L. n. 296/
2006 (Finanziaria 2007) - omessa istituzione e omessa esibizione
libri matricola e paga - indicazioni operative al personale ispettivo
- istruzioni operative”.
4 - Testo Unico approvato con D.P.R. n. 1124/1965, art. 21.
5 - Legge n. 12/1979, art. 5, comma 3.
6 - Lettera Circolare del 29 marzo 2007 del Ministero del
Lavoro e della Previdenza Sociale, paragrafo 3.
Circolare del 22 maggio 2007 del Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale, punto 5).
7 - Nota della Direzione Centrale Rischi del 16.12.2004 “Modalità
per la tenuta dei libri paga e matricola”, paragrafo 4 “La
vidimazione dei libri regolamentari”.
8 - Lettera Circolare del 29 marzo 2007 del Ministero del
Lavoro e della Previdenza Sociale, paragrafo 3.
Lettera Circolare del 22 maggio 2007 del Ministero del Lavoro
e della Previdenza Sociale, punto 5).
9 - Nota Direzione Centrale Rischi del 16 dicembre 2004:
“Modalità per la tenuta dei libri paga e matricola”, paragrafo 3.
10 - Testo Unico approvato con D.P.R. n. 1124/1965, art. 26,
comma 2.
11 - Nota Direzione Centrale Rischi dell’11 aprile 2007: “Legge
Finanziaria 2007 - Omessa istituzione ed esibizione dei libri paga e
matricola”, paragrafi 1 e 2.
12 - Lettera Circolare del 22 maggio 2007 del Ministero del
Lavoro e della Previdenza Sociale, punto 2).
13 - Testo Unico approvato con D.P.R. n. 1124/1965, art. 20.
14 - Nota Direzione Centrale Rischi dell’11 aprile 2007: “Legge
Finanziaria 2007 - Omessa istituzione ed esibizione dei libri paga e
matricola”, paragrafo 2.
15 - Art. 1, cc. 1180-1185 della Legge n. 296 del 27 dicembre
2006. Lettere del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
del 4/1/2007 e del 14/2/2007.
16 - Lettera Circolare del 22 maggio 2007 del Ministero del
Lavoro e della Previdenza Sociale, punti 3) e 4). l
14 agosto 2007 ­ N. 16

IGIENE E SICUREZZA
SICUREZZA IN CANTIERE
Articolo
Non è stato definito un tempo minimo di permanenza in cantiere da parte del CSE
Il coordinatore in fase di esecuzione
tra obblighi e responsabilità
diGabrieleTaddia, avvocatoinFerrara
L’art.5,D.Lgs.n.494/1996,
definiscequalidevonoessere
icompitidelcoordinatore
perl’esecuzionedeilavori,
nominatodalcommittente
odalresponsabiledeilavori
esoggettodiversodaldatore
dilavorodell’impresaesecutrice.
Lemansionidiquestafigura
vannodall’obbligodi
segnalazione,alcommittente
oaldirettoredeilavori,
delleinosservanzedelleimprese
esecutriciedeilavoratori
autonomialleprescrizioni
delPSC,allavalutazione
delPOS,all’azionedicontrollo
edicoordinamentorispetto
all’attuazionedelPSC,nonché
allaverificadell’adeguamento
delpianooperativodisicurezza,
quandonecessario.Sepergli
ultimitrecompitinonsirilevano
notevolidifficoltàinterpretative,
ancoramoltofadiscutere,invece,
l’obbligodinotifica,daparte
delCSEall’aziendasanitaria
localeeallaDirezioneprovinciale
dellavoro,delleinottemperanze
cheavvengonoincantiere.
14 agosto 2007 ­ N. 16
Il coordinatore «in materia di sicurezza
e di salute durante la realizzazione
dell’opera», comunemente
denominato (anche per espressa
indicazione normativa dell’art. 2,
D.Lgs. n. 494/1996) coordinatore per
l’esecuzione dei lavori (CSE), è il
soggetto, diverso dal datore di lavoro
dell’impresa esecutrice, indicato dal
committente o dal responsabile dei
lavori e incaricato dell’esecuzione
dei compiti di cui all’art. 5.
Si tratta della figura che, insieme a
quella del committente, riveste la
maggiore centralità nel sistema della
sicurezza dei cantieri temporanei o
mobili, le cui attribuzioni e responsabilità
penali continuano a far discutere,
in particolare per quanto concerne
gli obblighi di notifica, all’azienda
sanitaria locale e alla direzione provinciale
del lavoro, dell’immotivato
mancato recepimento, da parte del
datore di lavoro o del responsabile
dei lavori, dei rilievi eseguiti dal CSE
alle imprese esecutrici, circa il sistema
della sicurezza del cantiere.
L’art. 5, D.Lgs. n. 494/1996, prevede
che «Durante la realizzazione
dell’opera, il coordinatore per l’esecuzione
dei lavori, provvede a:
a) verificare, con opportune azioni
di coordinamento e controllo,
l’applicazione, da parte delle imprese
esecutrici e dei lavoratori autonomi,
delle disposizioni contenute nel
piano di sicurezza e di coordinamento
di cui all’articolo 12 e la corretta
applicazione delle relative procedure
di lavoro;
b) verificare l’idoneità del piano
operativo di sicurezza, da considerare
come piano complementare di dettaglio
del piano di sicurezza e coor-
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
dinamento di cui all’articolo 12, assicurandone
la coerenza con quest’ultimo,
e adeguare il piano di sicurezza
e coordinamento e il fascicolo
di cui all’articolo 4, comma 1, lettera
b), in relazione all’evoluzione dei lavori
ed alle eventuali modifiche intervenute,
valutando le proposte delle
imprese esecutrici dirette a migliorare
la sicurezza in cantiere, nonché
verificare che le imprese esecutrici
adeguino, se necessario i rispettivi
piani operativi di sicurezza;
c) organizzare tra i datori di lavoro,
ivi compresi i lavoratori autonomi,
la cooperazione ed il coordinamento
delle attività, nonché la loro
reciproca informazione;
d) verificare l’attuazione di quanto
previsto negli accordi tra le parti
sociali al fine di realizzare il coordinamento
tra i rappresentanti della sicurezza
finalizzato al miglioramento
della sicurezza in cantiere (1);
e) segnalare al committente o al
responsabile dei lavori, previa contestazione
scritta alle imprese e ai
lavoratori autonomi interessati, le
inosservanze alle disposizioni degli
articoli 7, 8 e 9, e alle prescrizioni
del piano di cui all’articolo 12 e
proporre la sospensione dei lavori,
l’allontanamento delle imprese o
dei lavoratori autonomi dal cantiere,
o la risoluzione del contratto.
Nel caso in cui il committente o il
responsabile dei lavori non adotti
alcun provvedimento in merito alla
segnalazione, senza fornire idonea
motivazione, il coordinatore per
l’esecuzione provvede a dare comunicazione
dell’inadempienza alla
Azienda Unità Sanitaria Locale
territorialmente competente e alla
69

SICUREZZA IN CANTIERE
Articolo
Direzione provinciale del lavoro;
f) sospendere in caso di pericolo grave
e imminente, direttamente riscontrato,
le singole lavorazioni fino alla
verifica degli avvenuti adeguamenti
effettuati dalle imprese interessate
(1).
1-bis. Nei casi di cui all’articolo 3,
comma 4-bis, il coordinatore per
l’esecuzione, oltre a svolgere i compiti
di cui al comma 1, redige il piano
di sicurezza e di coordinamento e
predispone il fascicolo, di cui all’articolo
4, comma 1, lettere a) e b)».
L’obbligodisegnalazione
La parte della norma che presenta
maggiori difficoltà applicative pratiche
è rappresentata sicuramente dalla
lettera e), la quale prevede l’obbligo
per il coordinatore di segnalare al
committente, ovvero al responsabile
dei lavori, le inosservanze delle imprese
esecutrici o dei lavoratori autonomi
alle disposizioni degli artt. 7, 8
e 9, D.Lgs. n. 494/1996 (obblighi dei
lavoratori autonomi, misure generali
di tutela, obblighi dei datori di lavoro),
ovvero alle prescrizioni del PSC
di cui all’art. 12.
Segnalazione che la norma non
impone di eseguire in forma scritta
ma che, tuttavia, il CSE farebbe bene
a documentare.
Prima di questa segnalazione, il
CSE deve contestare (questa volta la
norma impone la forma scritta), ai
soggetti ritenuti inadempienti, le carenze
rilevate, in modo da consentire
agli stessi di motivare le loro scelte in
materia di sicurezza e di fornire al
CSE indicazioni idonee a superare le
obiezioni sollevate; resta nella piena
discrezionalità del coordinatore accogliere
le motivazioni addotte, ovvero
procedere alla fase di segnalazione al
committente o al responsabile dei lavori.
Nel caso in cui il committente non
adotti alcun provvedimento in merito
alla segnalazione ricevuta dal CSE,
scatta per quest’ultimo l’obbligo di
segnalazione all’Azienda Sanitaria
Locale e alla Direzione provinciale
del lavoro.
70
IGIENE E SICUREZZA
Si tratta, nel complesso, di obblighi
sanzionati penalmente (si veda
l’art. 21, comma 2, lettera a), che
prevede la sanzione dell’arresto da
tre a sei mesi o dell’ammenda da
1.549 a 4.131 euro), rispetto ai quali
si sono registrate, fin dall’emanazione
della norma, reazioni estremamente
critiche, soprattutto per quanto
riguarda l’obbligo del CSE di notificare
agli organi di vigilanza l’inerzia
del committente rispetto alle segnalazioni
effettuate dallo stesso CSE.
In effetti, la possibilità del CSE di
proporre la sospensione dei lavori (o
di sospendere le lavorazioni in caso
di pericolo grave e immediato), l’allontanamento
delle imprese “a rischio”
e la risoluzione del contratto,
appaiono già obblighi particolarmente
stringenti in capo al CSE, il quale
ha, in sostanza, solamente un compito
propositivo nei confronti del committente
che, non lo si dimentichi, è
il medesimo soggetto che conferisce
l’incarico professionale al CSE; avere
imposto al coordinatore l’obbligo,
la cui violazione viene sanzionata penalmente,
di “deunciare” il proprio
committente, sembra eccessivo, soprattutto
se si considera che la norma
non impone alcun obbligo di intervento
alle autorità deputate a ricevere
la segnalazione.
Sarebbe stato meglio prevedere
una sanzione penale aggiuntiva a carico
del committente che omette di
riscontrare la segnalazione del coordinatore,
ma appare inopportuno investire
lo stesso CSE di una funzione
che sarebbe propria degli organi di
vigilanza.
Oltre a questo, sembra incongruo
e grave che la norma non preveda un
termine per effettuare la segnalazione
agli organi di vigilanza; la giurisprudenza
ha stabilito che la «ratio della
disposizione ricordata richiede che
le comunicazioni ivi previste siano
compiute il più presto possibile, trattandosi
di prescrizioni imposte per
assicurare la sicurezza e la prevenzione
degli infortuni nei cantieri in
modo che un ingiustificato ritardo
nella comunicazione equivarrebbe
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comunque ad una omessa comunicazione»
(Cassazione penale, sez. III,
21 gennaio 2005, n. 1722); tuttavia,
«il più presto possibile» è una indicazione
assolutamente generica e soggettiva
e non idonea a garantire il
CSE, il quale potrebbe valutare correttamente,
per esempio, che la complessità
dei rilievi svolti richieda al
committente un tempo maggiore per
la valutazione degli stessi.
Questa parte della norma, pur essendo
certamente volta alla predisposizione
delle massime garanzie di sicurezza
in cantiere, sembra andare
oltre quello che dovrebbe essere richiesto
al CSE, soprattutto in considerazione
del fatto che lo stesso coordinatore
potrebbe raggiungere il
poco lusinghiero risultato di rompere,
di fatto, il rapporto fiduciario che
lo lega al committente, senza ottenere
alcun concreto intervento degli organi
di vigilanza per la rimozione
delle situazioni ritenute inidonee rispetto
al sistema della sicurezza del
cantiere.
Glialtricompiti
delcoordinatore
Gli altri compiti del CSE sono
certamente più condivisibili e in linea
con la figura del coordinatore; di particolare
rilevanza appare, sicuramente,
la valutazione del POS delle imprese
esecutrici e l’azione di controllo
e di coordinamento rispetto all’attuazione
del PSC previsto dall’art.
12, nonché la verifica dell’adeguamento
del POS, laddove necessario.
Si tratta, in sostanza, della valutazione
dell’idoneità dei singoli POS
sia rispetto all’attività della singola
impresa esecutrice, sia rispetto all’interferenza
che l’attività di ciascuna
impresa può avere rispetto alle altre.
Non viene definito un tempo minimo
di permanenza in cantiere, da
parte del CSE, per ritenere soddisfatto
l’obbligo di vigilanza; certamente,
dipenderà dalla pericolosità delle lavorazioni
svolte e dal numero delle
imprese coinvolte, essendo quasi impossibile
definire, a priori, un termine
normativamente imposto; in que-
14 agosto 2007 ­ N. 16

sto senso ha fatto bene il legislatore a
non intervenire con una indicazione
positiva.
Ilsistemasanzionatorio
Tutti gli adempimenti previsti dalla
norma in questione sono sanzionati
penalmente, in via contravvenzionale,
dall’art. 21, comma 2, lettere a)
14 agosto 2007 ­ N. 16
BREVE RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
Cassazione penale, sez. III, 18 novembre
2004,n.1722
La violazione dell’art. 5, lett. c) D.Lgs. 14
agosto1996,n.494,obbligodidarecomunicazione
alla ASL e alla Direzione provinciale del
lavoro della inadempienza del committente o
del responsabile dei lavori in tema di eliminazione
delle irregolarità riscontrate in materia
di appalti, si integra anche in ipotesi di ingiustificato
ritardo nella comunicazione, atteso
che le disposizioni del citato decreto n. 494
prevedono che le comunicazioni siano effettuate
il più presto possibile trattandosi di prescrizioniimposteperassicurarelasicurezzaela
prevenzionedegliinfortunineicantieri.
IGIENE E SICUREZZA
e b); inoltre, non bisogna dimenticare
che, se le violazioni della normativa
dovessero concorrere alla causazione
di un infortunio, il CSE sarà chiamato
a rispondere anche dell’eventuale
reato di lesioni colpose o di omicidio
colposo; l’esempio classico è quello,
per esempio, di un infortunio causato
dall’inadeguatezza del POS rispetto
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SICUREZZA IN CANTIERE
Articolo
alle lavorazioni svolte.
L’inerzia del CSE rispetto alla carenza
che ha poi portato all’infortunio
è certamente portatrice, pertanto,
di responsabilità penali, non solo a
titolo contravvenzionale, ma anche
rispetto alle disposizioni codicistiche
in tema di lesioni personali o di omicidio
colposo. l
Cassazione penale, sez. IV, 3 aprile 2004,
n.24010
In forza dell’art. 5, D.Lgs. 14 agosto 1996 n.
494, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori
ha il compito di adeguare il piano di sicurezza
in relazione all’evoluzione dei lavori e alle
eventualimodificheintervenute,vigilaresulrispettodelpianostessoesospendere,incasodi
pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni;e,pertanto,qualoral’ordinediesecuzione
delle opere previsto dal piano di sicurezza
vengavariato,egli,presentequotidianamente
incantiere,ètenutoadintrodurre,primadella
effettuazione dei lavori, le necessarie modifichealpianodisicurezza,e,comunque,incaso
di assenza di tali modifiche, a disporre la sospensionedeilavori.
71

SICUREZZA IN CANTIERE
Articolo
IGIENE E SICUREZZA
In Toscana un iter di individuazione delle soluzioni tecniche per le attività di manutenzione
Ottimizzazione delle procedure in quota:
l’orientamento europeo e regionale
diMarcoMasi, CoordinatoreComitatoTecnicodelleRegionieProvinceautonome,
e SusannaFestinese,architetto
IPaesifondatoridell’Unione
Europeahannounaprofonda
conoscenzadeicostiumani
efinanziariprovocati
dagliinfortunineiluoghi
dilavoroedallemalattie
professionali,conunadiffusa
consapevolezzadicreareuna
condivisionediintentiattraverso
unalegislazionecomune.
Perdeterminareunapolitica
efficacedilottacontro
ifenomeniavversiallasalute
deilavoratori,èstatasceltalavia
legislativadelledirettiveche,
adifferenzadeiregolamenti,
nonhannovaliditàimmediata
intuttigliStatimembrima,pur
essendovincolantinegliobiettivi,
lascianoagliorganisminazionali
lasceltadellamodalità
edeimezziperlatrasposizione
neldirittonazionale.
Questasceltahapermesso,
aogniPaesecomunitario,
diadattarealpropriocontesto
tecnicoedeconomico
lastrutturazionediunadeguato
sistemadituteladellasalute
edellasicurezza.
72
Ilcontestonormativo
deiPaesieuropei
Francia
La verifica sulle prassi adottate
dagli altri Paesi fondatori dell’Unione
Europea, per la realizzazione di un
sistema anticaduta negli edifici di
nuova realizzazione e in quelli esistenti
soggetti a manutenzione, potrebbe
indicare nuove vie al fine di
migliorare le azioni a garanzia di un
ambiente di lavoro sicuro.
L’amministrazione francese utilizza,
per le sue pratiche edilizie, i seguenti
titoli edilizi:
l Demande de permis de construire
(Domanda di permesso di costruire);
l Demande de permis de construire
pour une maison individuelle ou ses
annexes (Domanda di permesso di
costruire per una casa individuale o
suoi annessi);
l Demande de permis de construire
modificatif (Domanda di permesso
di variante non sostanziale in corso
d’opera);
l Demande de permis de démolir
(Domanda di permesso di demolizione);
e, all’apertura dei lavori, è obbligatoria
la Déclaration d’ouverture de
chantier (Dichiarazione di apertura
del cantiere) e, a chiudere la pratica,
la dichiarazione di fine lavori.
Nell’elenco degli elaborati, da
presentarsi solo in caso di piano urbanistico
o di intervento superiore a
170 m 2 , non compare alcun riferimento
a un elaborato specifico paragonabile
all’elaborato tecnico della
copertura, per la prevenzione delle
cadute dall’alto.
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
All’apertura del cantiere, il committente
deve essere in possesso di
un documento che dimostri l’effettuata
stipulazione assicurativa per la
copertura dei danni relazionabili, in
mancanza è sanzionato penalmente.
Germania
L’amministrazione tedesca ha un
sistema simile a quello italiano per
quello che concerne il legame tra la
normativa e le pratiche edilizie.
Per i progetti di nuove costruzioni
e di ristrutturazioni, è prevista la predisposizione
di un piano di sicurezza
e prevenzione che analizza anche il
rischio di cadute dall’alto. Non vi è,
però, nessun obbligo normativo alla
predisposizione delle linee vita sulle
nuove coperture né su quelle soggette
a manutenzione.
Non può non sottolinearsi che
questa impostazione è dovuta al diverso
atteggiamento dei costruttori
tedeschi i quali, basandosi su conoscenze
tecniche avanzate, applicano i
concetti della buona tecnica e integrano
il documento di valutazione
dei rischi con la previsione di un sistema
di sicurezza contro le cadute
dall’alto.
La guida tecnica specifica di valutazione
di tutti gli interventi in copertura
è il BGR 203 Dacharbeiten
(bisher ZH 1/355) dell’aprile del
2000.
Spagna
L’amministrazione spagnola utilizza,
per le sue pratiche edilizie,
l’Ordinación de la Edificación (Richiesta
di edificazione) in base alla
legge 5 novembre 1999, n. 38, che è
14 agosto 2007 ­ N. 16

usata come pratica unica per la richiesta
dei vari tipi di intervento a
essa collegati. Si differenziano, al
suo interno, i progetti per nuove costruzioni
e i progetti di manutenzione,
per i quali è necessario il titolo
abilitativo.
L’art. 3 concerne la valutazione
del rischio e gli interventi necessari
per la sua riduzione e rimanda al Codice
tecnico della costruzione al quale
il progetto si dovrà adeguare.
L’art. 7 prevede che, nell’elenco
della documentazione relativa al
lavoro eseguito, devono essere
comprese anche le istruzioni d’uso
e di manutenzione della costruzione
e delle relative opere; tutto questo
materiale, insieme a ogni altra
documentazione relativa al percorso
costruttivo e all’identificazione
di tutti i professionisti e di tutte le
imprese, andrà a costituire il Libro
della costruzione, che dovrà essere
consegnato all’utilizzatore finale
dell’opera.
L’installazione delle linee vita nei
luoghi in cui non sono possibili sistemi
alternativi anticaduta deve essere
contemplata nell’Estudio de seguridad
y salud (ESS - Studio sulla sicurezza
e sulla salute) la cui applicazione
pratica viene effettuata per mezzo
del programma di sicurezza e salute,
documento da aggiornare in coerenza
con lo sviluppo del progetto e che
deve contenere anche le informazioni
necessarie al montaggio e all’utilizzo
delle linee vita.
Nessuna norma obbliga, invece, il
committente o l’impresa all’installazione
di una linea vita nel caso delle
manutenzioni in copertura delle costruzioni
esistenti.
Inghilterra
L’amministrazione inglese prevede
che i progetti delle nuove costruzioni
e delle opere di manutenzione
straordinaria debbano essere correlati
da una pianificazione programmatica
per la riduzione dei rischi in cantiere,
inclusa la valutazione dei rischi relativi
ai lavori da eseguirsi in altezza e,
quindi, in copertura.
14 agosto 2007 ­ N. 16
IGIENE E SICUREZZA
Il committente, il progettista e
l’impresa sono obbligati a predisporre
azioni preventive all’inizio dei lavori
e a seguirle durante la fase di
realizzazione. Non sono previste, però,
pratiche specifiche legate espressamente
ai titoli abilitativi.
Ilcontestonormativo
italiano
La normativa italiana sul tema
della sicurezza del lavoro ha radici
profonde, sia nella Carta Costituzionale,
sia in tutta la legislazione degli
anni ’50/60, periodo in cui il problema
della prevenzione era particolarmente
sentito, anche in conseguenza
del notevole incremento dell’attività
lavorativa nel settore edile.
Il rischio di caduta dall’alto è da
sempre la causa del maggior numero
di morti in cantiere. Il legislatore italiano
se ne era occupato già con il
D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, «Norme
per la prevenzione degli infortuni
sul lavoro», il D.P.R. 19 marzo 1956,
n. 303, «Norme generali per l’igiene
sul lavoro” e il D.P.R. 7 gennaio
1956, n. 164 “Norme per la prevenzione
degli infortuni sul lavoro nelle
costruzioni».
Alle direttive europee degli anni
novanta la legislazione italiana si è
adeguata emanando due fondamentali
decreti legislativi, il decreto 19 settembre
1994, n. 626, riguardante il
miglioramento della sicurezza e della
salute dei lavoratori durante il lavoro,
e il decreto 14 agosto 1996, n. 494,
concernente le prescrizioni minime
di sicurezza e di salute da attuare nei
cantieri temporanei e mobili.
LaleggeregionaleToscana
3gennaio2005,n.1
La legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3, ha modificato il Titolo V,
Costituzione, riconoscendo la potestà
legislativa delle Regioni nelle materie
di legislazione concorrente, tra le
quali rientra la tutela e la sicurezza
del lavoro. In questa ottica si è mossa
la Regione Toscana con la legge 3
gennaio 2005, n. 1, «Norme per il
Governo del territorio».
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SICUREZZA IN CANTIERE
Articolo
Manifestando grande attenzione
verso le problematiche relative alla
sicurezza degli operatori, anche nelle
varie fasi della manutenzione, il legislatore
regionale ha voluto attivare,
infatti, una procedura che impone, fin
dalla fase di progettazione di un’opera
edile, l’individuazione e l’adozione
di opportune soluzioni tecnologiche,
atte a garantire che le attività di manutenzione,
successive all’opera, possano
essere condotte in condizioni di
reale sicurezza per gli operatori.
In particolare, l’art. 82 prevede
per tutte le coperture di edifici di
nuova costruzione e per tutti gli interventi
di una certa consistenza sulle
coperture del patrimonio edilizio esistente,
l’obbligo dell’applicazione di
idonee misure preventive e protettive
che consentano l’accesso, il transito e
l’esecuzione dei lavori in quota in
condizioni di sicurezza.
La legge regionale prevede che
queste misure preventive e protettive
siano definite da apposite “istruzioni
tecniche” da parte della Giunta, alle
quali gli enti locali devono adeguare
i propri regolamenti edilizi.
La redazione delle “istruzioni tecniche”
è stata affidata a uno specifico
Gruppo di lavoro coordinato dal Settore
Prevenzione e Sicurezza della
Regione Toscana ed è confluita nel
regolamento di attuazione dell’art.
82, comma 16, legge regionale, approvato
con delibera della Giunta
Regionale 21 novembre 2005, n.
1129.
L’art. 5 del regolamento, prevede
che venga redatto un elaborato tecnico
della copertura in fase di progettazione
a cura del coordinatore per la
progettazione di cui all’art. 4, decreto
legislativo n. 494/1996, oppure, nei
casi in cui questa figura non sia prevista,
dal progettista dell’intervento, e
deve essere consegnato al proprietario
del fabbricato o ad altro soggetto
titolato; deve essere messo a disposizione
di tutti i soggetti interessati in
occasione di ogni intervento successivo
da eseguirsi sulle coperture, aggiornato
in caso di interventi alle parti
strutturali delle stesse e, in caso di
73

SICUREZZA IN CANTIERE
Articolo
passaggio di proprietà, consegnato al
nuovo proprietario o avente titolo.
In particolare, si evidenziano alcuni
punti di sviluppo:
l l’individuazione e la definizione
delle adeguate soluzioni tecniche e
progettuali, finalizzate a garantire la
corretta esecuzione delle attività di
manutenzione successive all’opera,
non abitualmente campo di interesse
e di attenzione da parte dei progettisti
e del sistema delle imprese;
l le certificazioni di conformità delle
soluzioni tecniche reperibili sul
mercato e correntemente utilizzate, in
relazione alle caratteristiche richieste;
l il corretto utilizzo, da parte dei lavoratori
che dovranno intervenire in
copertura, dei sistemi anticaduta permanenti
eventualmente installati sulle
coperture stesse.
Una copia dell’intero fascicolo deve
essere consegnata al comune in occasione
dell’attestazione di abitabilità o
74
IGIENE E SICUREZZA
di agibilità, conferendogli, in questo
modo, la stessa valenza degli altri
elaborati progettuali.
Il provvedimento [1] ha rappresentato
un’assoluta novità nel quadro
normativo italiano, anche per l’estensione
territoriale, e avrà sicuramente
riflesso verso una diffusa crescita di
attenzione, anche culturale, per il settore
delle costruzioni.
Alcuneriflessioni
Al termine dell’analisi sulla verifica
dell’adeguamento alle direttive
comunitarie dei Paesi membri dell’Unione
europea, si può senz’altro
affermare che per tutti la metodologia
scelta per garantire al lavoratore
un ambiente privo di rischi nel settore
delle costruzioni passa, sicuramente,
attraverso una progettazione preventiva
e consapevole e una capacità
di realizzazione competente a ogni
livello operativo.
[1] La trattazione completa è rintracciabile su www.salute.toscana.it/prevenzione/ambienti-lavoro/edilizia-manutenzione-coperture.shtml.
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Non è sentita, però, in eguale maniera,
la necessità di un obbligo normativo
per la prevenzione del rischio
della caduta dall’alto delle coperture,
affidandosi, in alcuni casi, alla semplice
applicazione delle norme di
buona tecnica.
Al fine di conferire a questo strumento
una reale valenza operativa,
occorre che le scelte progettuali compiute,
anche in fase di “cantierizzazione”,
in relazione alla adozione di
adeguate misure preventive e protettive
nei confronti del rischio di caduta
dall’alto durante l’esecuzione di
lavori in copertura, scaturiscano da
una valutazione oggettiva delle condizioni
in cui queste ultime verranno
a realizzarsi; in caso contrario, la redazione
dell’elaborato tecnico verrebbe
a costituire una mera formalità,
non trovando una reale corrispondenza
con le esigenze degli operatori interessati.
l
14 agosto 2007 ­ N. 16

IGIENE E SICUREZZA
SICUREZZA IN CANTIERE
Articolo
Nel D.P.R. n. 222/2003 le modalità per redigere la stima dei costi per la sicurezza
Tra considerazioni e suggerimenti
l’evoluzione della valutazione degli oneri
diMatteoTomaiuolo, ingegnere,coordinatoreperlasicurezza
Sonoormaipassatidiecianni
dallaprimavoltaincuisiè
iniziatoaparlaredicostidella
sicurezza(D.Lgs.n.494/1996),
maquellodeglionerièuntema
semprepiùattualeechevede,
purtroppo,questoargomento
ancoraoggettodisvariate
interpretazioninonchédivisioni
strumentali,dapartesiadelle
pubblicheamministrazioni,
siadeisoggettiprivati,
chetrascuranol’aspettoetico,
socialeedeconomico
cheglioneristessirivestono.
Dopounprimoinquadramento
normativo,sarannopresentate
alcuneconsiderazioni
sullamateria.
[1] In Gazzetta Ufficiale del 10 febbraio 2003, n. 33.
14 agosto 2007 ­ N. 16
Nel quadro legislativo vigente
in materia di sicurezza del lavoro,
il concetto di oneri della
sicurezza fa la sua prima comparsa a
partire dal 1996 e, precisamente, con
l’art. 12, D.Lgs. n. 494/1996, il quale
prevede che «Il PSC contiene l’individuazione,
l’analisi e la valutazione
dei rischi, e le conseguenti procedure,
gli apprestamenti e le attrezzature
atte a garantire, per tutta la durata
dei lavori, il rispetto delle norme per
la prevenzione degli infortuni, nonché
la stima dei relativi costi che
non sono soggetti al ribasso delle
offerte».
Bisogna attendere, però, il D.P.R.
n. 222/2003, per il regolamento di
attuazione, già richiamato dall’art.
31, legge n. 109/1994, che ha individuato
i contenuti minimi dei piani di
sicurezza nei cantieri temporanei o
mobili che, al capo IV, art. 7, ha
elencato le modalità per redigere la
stima dei costi per la sicurezza. In
ultimo, con l’entrata in vigore del codice
dei contratti pubblici, il D.Lgs.
n. 163/2006, è stata posta in evidenza
l’importanza rivestita dagli oneri della
sicurezza; infatti il legislatore, all’art.
131, ha sottolineato ancora una
volta come gli stessi non sono soggetti
a ribasso.
Esaminando l’art. 7, D.P.R. n.
222/2003, si nota come il legislatore
ha individuato quello che deve essere
computato come costo, tra cui, al
comma 1, lettera e), le procedure e
gli apprestamenti derivanti dal contesto
ambientale o dalle interferenze,
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presenti nello specifico cantiere, necessarie
per eliminare o ridurre al minimo
il rischio per gli addetti.
Sempre all’art. 7, comma 1, lettera
f), vengono individuati come costi
gli interventi finalizzati alla sicurezza
e richiesti per lo sfasamento spaziale
o temporale delle lavorazioni interferenti.
Ovviamente, non è considerato
costo quello che è previsto nel cronoprogramma
di gara, ma solo gli apprestamenti
e le procedure dall’attività
di coordinamento, derivanti “dagli
sfasamenti spaziali e temporali”, per
eliminare o ridurre il rischio per gli
addetti.
IlPSCeglioneri
Secondo quanto riportato nella determinazione
dell’Autorità per i lavori
Pubblici 30 gennaio 2003, n. 2 [1] ,
«Carenze del Piano di Sicurezza e
Coordinamento»:
l il PSC può considerarsi carente
solo ed esclusivamente per quanto riguarda
i nuovi apprestamenti, ovvero
le ulteriori misure di sicurezza, non
contemplati nel relativo piano;
l le spese necessarie per far fronte
ai nuovi apprestamenti sono riconducibili
ai cosiddetti oneri speciali di
cui si compongono le spese complessive
per la sicurezza, previo aggiornamento
del relativo computo metrico,
e i relativi prezzi possono individuarsi
mediante il ricorso alla procedura
di cui all’art. 136, D.P.R. n. 554/
1999 (si veda il riquadro 1);
l è onere del responsabile del procedimento
valutare se le carenze “so-
75

SICUREZZA IN CANTIERE
Articolo
stanziali” del PSC sono riconducibili
all’ipotesi di errore progettuale, ovvero
se le stesse potevano essere valutate
dal progettista in fase di progettazione
esecutiva.
Tra l’altro, lo stesso art. 31, legge
n. 109/1994, modificato dal D.Lgs. n.
163/2006, al comma 2-bis, dispone
che «Le imprese esecutrici, prima
dell’inizio dei lavori ovvero in corso
d’opera, possono presentare al coordinatore
per l’esecuzione dei lavori di
cui al decreto legislativo 14 agosto
1996, n. 494, proposte di modificazioni
o integrazioni al piano di sicurezza
e di coordinamento loro trasmesso
dalla stazione appaltante, sia per
adeguarne i contenuti alle tecnologie
proprie dell’impresa, sia per garantire
il rispetto delle norme per la prevenzione
degli infortuni e la tutela
della salute dei lavoratori eventualmente
disattese nel piano stesso».
In quest’ultimo caso, l’amministrazione
appaltante dovrà riconoscere
gli oneri aggiuntivi, come confer-
76
IGIENE E SICUREZZA
D.P.R.n.554/1999,art.136
ma la determinazione dell’Autorità
di Vigilanza 26 luglio 2006, n. 4 [2] , la
quale sottolinea che «L’amministrazione,
nel valutare le proposte dell’impresa
aggiudicataria, può modificare
la stima dei costi della sicurezza
effettuata in sede di PSC, ma con
parziali e limitate variazioni, eventualmente
anche in detrazione».
Inoltre, nelle premesse della determina,
non meno importanti del corpus,
si ricava come «La sicurezza dei
lavoratori è materia di elevata rilevanza
sociale che trova fondamento
nella Costituzione (art. 32 e art. 41) e
nel Diritto Comunitario. Come significativo
fattore di garanzia del diritto
alla salute, costituisce bene inderogabile
a rilevanza pubblicistica e in
quanto tale sottratto alla disponibilità
di chiunque ne debba determinare i
suoi contenuti in applicazione delle
disposizione di legge e regolamenti».
Alcuneconsiderazioni
La normativa in materia è in
[2] In Gazzetta Ufficiale del 10 agosto 2006, n. 185.
[3] ITACA, Istituto per l’innovazione e la trasparenza negli appalti e la compatibilità ambientale.
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RIQUADRO1
Determinazioneedapprovazionedeinuoviprezzinoncontemplatinelcontratto
1.Quandosianecessarioeseguireunaspeciedilavorazionenonprevistadalcontrattooadoperaremateriali
di specie diversa o proveniente da luoghi diversi da quelli previsti dal medesimo, i nuovi prezzi delle
lavorazioniomaterialisivalutano:
a)desumendolidalprezziariodicuiall’articolo34,comma1;
b)ragguagliandoliaquellidilavorazioniconsimilicompresinelcontratto;
c)quandosiaimpossibilel’assimilazione,ricavandolitotalmenteoparzialmentedanuoveregolarianalisi.
2.Lenuoveanalisivannoeffettuateconriferimentoaiprezzielementaridimanod’opera,materiali,nolie
trasportialladatadiformulazionedell’offerta.
3. I nuovi prezzi sono determinati in contraddittorio tra il direttore dei lavori e l’appaltatore, ed approvati
dalresponsabiledelprocedimento.Ovecomportinomaggiorispeserispettoallesommeprevistenelquadro
economico, essi sono approvati dalla stazione appaltante su proposta del responsabile del procedimento
primadiessereammessinellacontabilitàdeilavori.
4. Tutti i nuovi prezzi sono soggetti al ribasso d’asta e ad essi si applica il disposto di cui all’articolo 26,
comma4,dellaLegge.
5. Se l’appaltatore non accetta i nuovi prezzi così determinati e approvati, la stazione appaltante può
ingiungergli l’esecuzione delle lavorazioni o la somministrazione dei materiali sulla base di detti prezzi,
comunque ammessi nella contabilità; ove l’appaltatore non iscriva riserva negli atti contabili nei modi
previstidalpresenteregolamento,iprezzis’intendonodefinitivamenteaccettati.
continua evoluzione e molte osservazioni
pertinenti, inserite anche
nelle linee guida per l’applicazione
del D.P.R. n. 222/2003, a
cura di ITACA [3] e richiamate all’interno
della determina n. 4/
2006, non trovano ancora un’adeguata
copertura normativa. Sicuramente
restano vigenti i principi
normativi di tutela della salute,
come bene inalienabile, nonché la
non ammissibilità di una stima degli
oneri forfettaria, così come
spesso è presente nei progetti definitivi
che vanno in gara, in
quanto è in palese violazione del
D.P.R. n. 222/2003.
Un intervento molto importante è
stato fornito dall’Autorità di Vigilanza
sui Lavori Pubblici che, con nota
6 novembre 2001, ha affermato la
necessità di «richiamare tutti i responsabili
della predisposizione di
bandi di gara di lavori pubblici sull’osservanza
dell’obbligatorietà di
individuare e evidenziare gli oneri
14 agosto 2007 ­ N. 16

elativi all’attuazione dei Piani di Sicurezza,
di cui si ribadisce la non
sottoposizione a ribasso d’asta, che
dovranno essere determinati dall’amministrazione
committente tenendo
conto delle esigenze specifiche
di cantiere e che dovranno essere fissati
in maniera adeguata e tale da
non implicare elusione dalle prescrizioni
normative in conformità normative».
Si è voluto mettere in rilievo un
problema di notevole entità, il quale
può dare origine a controversie e
a cattive interpretazioni, che si trascinano
fino alle aule dei tribunali,
con enorme dispendio di costi e
senza migliorare la qualità del progetto,
del costruito e, soprattutto,
della tutela delle maestranze impegnate
nei lavori.
Però, le obiezioni alla nota potrebbero
essere notevoli, due in
particolare:
l c’è un’evidente contraddizione di
fondo su chi redige la stima degli
oneri. La legge pone questo obbligo,
in maniera chiarissima, in capo al coordinatore
per la progettazione, infatti,
come previsto dalla determinazione
n. 4/2006, «Il Coordinatore nel
redigere il PSC esercita una attività
amministrativa di discrezionalità
tecnica»; tra l’altro, sono proprio i
coordinatori i soggetti attraverso i
quali il committente, che li nomina,
adempie ai suoi compiti, e che hanno
nella pianificazione della sicurezza il
fulcro attorno al quale si dà impulso
al sistema introdotto dal D.Lgs. n.
494/1996;
l è necessario stabilire a quale livello
di dettaglio progettuale l’amministrazione
pubblica dovrebbe spingersi
per poter valutare correttamente gli
oneri.
Questo sposta il baricentro della
discussione in capo alla pubblica amministrazione
e al suo ruolo (o a
quello che dovrebbe essere), in pieno
accordo con quello che è stato lo spi-
14 agosto 2007 ­ N. 16
IGIENE E SICUREZZA
rito del legislatore nel redigere la “direttiva
cantieri”, nell’ambito del recepimento
delle direttive europee già in
vigore.
Infatti, spesso la PA non adempie
al dettato normativo, tant’è che la nomina
del coordinatore della progettazione
avviene ex post, pertanto, la
figura che dovrebbe dare il suo contributo
nell’ambito del concetto della
progettazione integrata, è chiamato a
gara fatta a ufficializzare una cifra
forfetaria (alias gli oneri della sicurezza),
pensata da qualcuno (che per
legge non è deputato a farlo), e che
sottende a diverse logiche, fuorché
quella per la quale il legislatore gli ha
dato una certa dignità.
Ilgeneralcontractor
Ovviamente in questo rifuggire il
proprio ruolo di soggetto promotore
del progetto della sicurezza, la committenza
pubblica, appunto, si svincola
nei più diversi modi dall’inserimento
di clausole contrattuali, tipiche
dei paesi del Common Law (senza
peraltro essere nello stesso contesto),
alla redazione di forbiti capitolati
tutto fare, a carico del privato; questo
sia per le gare in regime di
appalto tradizionale sia di general
contractor (GC).
Il privato è costretto a fare il
suo interesse e, se i conti non tornano,
come spesso accade, deve
fare in modo di trovare una soluzione;
molto spesso questa soluzione
ha conseguenze negative
proprio sugli oneri della sicurezza,
per diverse ragioni, di cui la
principale è che, non riconoscendone
il valore aggiunto e, quindi,
il necessario contributo, vengono
declassati a mera “riserva” di bilancio.
Infatti, non essendo e non potendo
essere frutto di un progetto, gli oneri
perdono quella dignità di specificità
per la quale dovrebbero essere stati
calcolati e pianificati.
È evidente che tutto si complica
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SICUREZZA IN CANTIERE
Articolo
se si parla della figura del GC, figura
ancora “poco digerita”, ma
che nei paesi d’origine, dalla quale
è stata importata, non è altro che
una longa manus dell’autorità pubblica
[4] , una sorta di partenariato
pubblico-privato.
Conclusioni
Ovviamente, per la mentalità e la
cultura italiana, il general contractor
non è recepito in questo modo, il tutto
è sempre riferito ancora al rapporto
committente-impresa esecutrice,
nel senso più anacronistico del termine.
È importante, a questo punto, provare
a fornire alcuni suggerimenti:
l al legislatore, di modificare, ancora
una volta, una normativa di rilevanza
sociale come quella sulla salute
e sulla tutela dei lavoratori, chiarendo
finalmente ogni dubbio residuo;
l alla PA, di svolgere fino in fondo
il proprio dovere, assumendosi le relative
responsabilità;
l all’impresa privata, di dare il
proprio contributo, non solo nel
collaborare serenamente con il coordinatore
per la sicurezza, in fase
sia di progettazione, sia di esecuzione,
ma al tempo stesso, nello
stimolare tutti gli attori del processo
affinché l’obbiettivo di miglioramento
del progetto trovi il proprio
riscontro, trasformando quello
che è considerato un puro valore
etico-sociale, di difficile comprensione
seppur largamente condiviso,
a valore economico quantificabile.
Da anni si è in attesa di colmare il
gap infrastrutturale e, visti già i gravi
problemi esistenti, è necessario non
contribuire ad aggiungerne altri, risolvibili
a monte con un po’ di buon
senso, evitando di contribuire ulteriormente
all’eccessivo numero di
contenziosi in sede di gara e in corso
d’opera. l
[4] Si veda, per maggiori informazioni, a cura di Aldo Norsa, La Gestione del Costruire, edizioni Franco Angeli, 2005.
77

SOSTANZE PERICOLOSE
Commento
IGIENE E SICUREZZA
Nell’elenco dei materiali che presentano rischi chimici inseriti anche i gusci di palma
Si allunga la lista delle merci pericolose
per il trasporto marittimo alla rinfusa
diPietroVerna, CapitanodiVascello,ComandantedellaCapitaneriadiportodiTrapani
Iguscidisemidipalmaentrano
nell’elencodeimaterialiche
presentanopericolichimici.
Èquantodisponel’articolounico
deldecretodelMinisterodei
Trasporti­Comandantegenerale
delCorpodellecapitanerie
diporto10aprile2007cheha
aggiornatol’AppendiceB
deldecretodelMinisterodella
Marinamercantile22luglio1991,
«Normedisicurezzaperil
trasportomarittimoallarinfusa
dicarichisolidi».
Nell’Allegatoalnuovo
provvedimento,tralediverse
cose,sonodescrittiipericoli
chepuòpresentareuncarico
diquestotipo,lemodalità
dipuliziadellestive,
dellacaricazioneeleprecauzioni
daadottareinquestafase.
78
Fattoridirischio
In base al D.M. 10 aprile 2007 [1] ,
i frammenti di gusci di semi di palma
(palm nut shells) rientrano nella
classe 4.1 delle merci pericolose. Si
tratta di materiali che hanno la caratteristica
di essere facilmente infiammabili
per contatto con qualsiasi sorgente
esterna di ignizione (scintille,
fiamme ecc.) o facilmente combustibili
per sfregamento. Di conseguenza,
i fattori di rischio sono diversi:
l l’ossidazione e il conseguente impoverimento
del contenuto di ossigeno
all’interno delle stive, accompagnato
dalla crescita del tenore di monossido
di carbonio e di anidride carbonica;
l la combustione spontanea e la formazione
di gas asfissianti e infiammabili
causati dalla fermentazione;
l l’incendio, quando il tasso di umidità
si abbassa al di sotto del 15%, o
l’esplosione, se la concentrazione
delle polveri raggiunge livelli elevati.
Operazionidicarico
Per l’esecuzione delle operazioni
di carico e di stivaggio, il decreto fa
espresso rinvio alle regole 1-5, capitolo
VI, Convenzione per la salvaguardia
della vita umana in mare
(Solas). Questo impone al caricatore
di frammenti di gusci di palma di
fornire con tempestività al comandante
le informazioni sulle caratteristiche
e sulle proprietà del prodotto,
dal fattore di stivaggio al punto di
umidità che provoca lo scorrimento,
dalle procedure di livellamento ai
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presidi medici alle relative istruzioni
per l’impiego degli stessi nei casi di
emergenza.
In particolare, i certificati che riportano
i limiti di umidità devono
essere esibiti al comandante della nave
con una dichiarazione attestante
che il contenuto di umidità indicato
corrisponda a quello medio del materiale
al momento in cui la stessa è
presentata. Da parte sua, il comandante,
sulla scorta del libretto di carico
(si veda il riquadro 1), deve essere
in grado di calcolare la stabilità della
nave in base alle condizioni meteo
marine previste e aver cura che il
prodotto sia stivato e fissato in modo
tale da impedire danni alla nave e
all’equipaggio. Inoltre, prima dell’imbarco,
deve accertarsi che:
l le stive siano state pulite e ispezionate
e che gli impianti elettrici e i
cavi che attraversano le stive siano
protetti e sigillati, per evitare corti
circuiti e/o il contatto con i gas e i
vapori;
l le tubazioni di sentina, i tubi di
sonda e le condotte posizionate nelle
stive siano in condizioni di sicurezza;
l i pozzetti delle sentine e le griglie
di aspirazione siano in condizioni da
facilitare il drenaggio e impedire l’ingresso
di materiali.
Sicurezzadeilavoratori
Il prodotto appena introdotto nell’Appendice
B al decreto ministeriale
22 luglio 1991 deve essere segregato
con le modalità richieste per i materiali
solidi facilmente infiammabili e
[1] «Aggiornamento dell’Appendice B del decreto 22 luglio 1991, recante norme di sicurezza per il trasporto marittimo alla rinfusa di
carichi solidi», in Gazzetta Ufficiale del 3 maggio 2007, n. 101.
14 agosto 2007 ­ N. 16

monitorato con un’apparecchiatura
per l’analisi dell’ossigeno e la rilevazione
di gas. Di qui l’obbligo di adottare
precauzioni molto severe:
l l’ingresso del personale negli spazi
chiusi deve essere vietato fino a
che non sono state eseguite le prove
per accertare che il contenuto di ossigeno
sia tornato a livelli normali e
che non siano presenti gas tossici (in
caso di emergenza, deve intervenire
soltanto il personale addestrato munito
di bombole per la respirazione e di
indumenti protettivi);
l rimuovere con acqua le polveri che
si sono depositate e ventilare i locali
per minimizzare il rischio di esplosioni;
l nella stessa stiva non può operare
più di una squadra alla volta, a
meno che il lavoro non si svolga in
sezioni non adiacenti situate in modo
tale che la distanza fra i ganci
dei rispettivi mezzi di sollevamento
risulti non inferiore a 6 metri, purché
non sussista la possibilità di
contatto tra questi mezzi al massimo
sbraccio (art. 14, decreto legislativo
n. 272/1999).
14 agosto 2007 ­ N. 16
IGIENE E SICUREZZA
Sicurezzadeiterminali
chemovimentanoilprodotto
Fatte salve le altre prescrizioni dettate
dal decreto ministeriale 16 dicembre
2004, «Recepimento della direttiva
CE 96/2001 in materia di requisiti
e procedure armonizzate per la
sicurezza delle operazioni di carico e
scarico delle navi portarinfuse» (si
veda la tabella 1), il terminalista deve
accertarsi che l’idoneità operativa
delle navi sia adeguatamente documentata
e che le strutture destinate
alla movimentazione dei gusci di
semi di palma siano in condizioni di
sicurezza, tenendo conto delle attrezzature
di banchina, dei parabordi, della
sicurezza degli accessi e delle possibili
ostruzioni alle operazioni di carico/scarico.
Fa capo al terminalista
anche segnalare al comandante eventuali
danni alle strutture o all’equipaggiamento
verificatisi durante le
operazioni di carico e scarico e, qualora
il danno possa compromettere la
capacità strutturale o la tenuta stagna
dello scafo o uno dei sistemi di comando
della nave, informare l’autori-
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SOSTANZE PERICOLOSE
Commento
Riquadro1
Librettodicarico
InforzadelcapitoloVI,Solas,il“Librettodicarico”devecontenere:
•idatirelativiallastabilitàdellanave;
•leportateeivolumidizavorramentoedidiscaricadellazavorra;
•ilmassimocaricoammissibileperstivaeperunitàdiareadelfasciamedelcielodellecisterne;
•leistruzionigeneralidicaricoediscarico,conriferimentoallarobustezzadellastrutturadellanave,compresaqualsiasi
limitazionedurantelecondizionidieserciziopiùsfavorevoliduranteleoperazionicommercialieduranteilviaggio;
•eventualilimitazionisullecondizionidiesercizioimpostedall’amministrazione.
Requisitidelleportarinfuseedeiterminali
Portarinfuse Terminali
Lenaviportarinfuse*devonodisporredistiveeboccaportididimensionisufficientiediconfigurazionetaledaconsentireilcarico,
lo stivaggio, il livellamento e lo scarico di rinfuse solide in
condizionisoddisfacenti.Inumeridiidentificazionedeiportelli
dellestivedevonoesserebenvisibilieidentificabiliecorrispondereaquellimenzionatinelpianodicarico/scarico.Infine,gliindicatoridisbandamentodellanavedevonoessereverificatiprimadelleoperazionidicarico/scarico.
*Secondol’art.2,decreto16dicembre2004,sonotalilenaviaun
ponteconcasselateralietramoggianeglispazidestinatialcaricoe
adibiteprincipalmentealtrasportodicarichisolidiallarinfusa.
tà portuale, se istituita, o marittima
per i provvedimenti del caso. Infine, è
compito del terminalista accertarsi
che le attrezzature utilizzate per la
movimentazione del carico siano certificate
e mantenute in buono stato di
funzionamento e concordare con il
comandante il piano di carico e scarico
della nave, attenendosi alle disposizioni
della regola VI/7, convenzione
Solas.
Peraltro, il comandante e il terminalista
o un suo rappresentante
devono:
l compilare e sottoscrivere la “lista
di controllo” di sicurezza nave/banchina,
nel rispetto delle indicazioni
del “Codice Blu” per le operazioni di
carico e scarico previste per le navi
portarinfuse dalla risoluzione dell’Organizzazione
marittima internazionale
(IMO) 27 novembre 1997, A.862;
l dirigere le operazioni indicate nel
rispetto del piano di carico/scarico
concordato e, al termine dei lavori,
dichiarare che tutte le operazioni sono
state eseguite in conformità al piano;
l a scarico completato, attestare che
le stive sono state svuotate. l
TABELLA1
Ciascun terminale deve essere provvisto di manuali operativi
contenentilecaratteristichedellastrutturanonchéinformazionirelativealloscalomarittimo.Aquestodeveessereaggiunto
l’onere,benpiùgravoso,dielaborare,diattuareedimantenere
unsistemadigestionedellaqualitàchesiacertificatoconformemente
alle norme ISO 9001:2000 e sia oggetto di revisione in
conformità alla norma 10011:1991 o a una norma equivalente**chesoddisfiquest’ultima.
**Le norme equivalenti devono soddisfare i requisiti previsti
dalla legge n. 317/1986, modificata con decreto legislativo n.
427/2000.
79

80
SOSTANZE PERICOLOSE
Legislazione
IGIENE E SICUREZZA
Decreto del Ministero dei Trasporti 10 aprile 2007
Aggiornamento dell’Appendice B del decreto 22 luglio 1991, recante
norme di sicurezza per il trasporto marittimo alla rinfusa di carichi solidi
In Gazzetta Ufficiale del 3 maggio 2007, n. 101
IL COMANDANTE GENERALE
del Corpo delle capitanerie di porto
Vista la legge 5 giugno 1962, n. 616, sulla sicurezza
della navigazione e della vita umana in mare;
Vista la legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive
modificazioni, recante riordino della legislazione in materia
portuale, ed in particolare l’art. 3 che attribuisce la
competenza in materia di sicurezza della navigazione al
Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto;
Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche ed in particolare
l’art. 4 relativo alle attribuzioni dei dirigenti;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 2 luglio
2004, n. 184, recante riorganizzazione del Ministero
delle Infrastrutture e dei trasporti ed in particolare l’art. 8
relativo alle attribuzioni del Comando generale del Corpo
delle capitanerie di porto;
Vista la legge 17 luglio 2006, n. 233, recante conversione
in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18
maggio 2006, n. 181, recante disposizioni urgenti in ma-
Frammentidiguscidisemidipalma
(palmkernelshellsopalmnutshells)
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teria di riordino delle attribuzioni della Presidenza del
Consiglio dei Ministri e dei Ministeri. Delega al Governo
per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni
e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei
Ministri e dei Ministeri;
Visto il decreto del Ministro della Marina mercantile
22 luglio 1991, pubblicato nel supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 1991, recante
norme di sicurezza per il trasporto marittimo alla rinfusa
di carichi solidi;
Considerata la necessità di aggiornare l’elenco dei materiali
compresi nell’Appendice B del succitato decreto;
Decreta:
Articolounico
1. Il materiale elencato nella tabella allegata al presente
decreto è inserito nell’Appendice B del decreto del
Ministro della Marina mercantile 22 luglio 1991, recante
norme di sicurezza per il trasporto marittimo alla rinfusa
di carichi solidi.
Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana. l
ALLEGATO
Descrizione
Frammentidiguscidisemidipalma.Possonoesserepresentianchegusciinteriesemiliberi.
Il contenuto di umidità è variabile e può arrivare al 30% circa. Viene utilizzato principalmente come
combustibile.
Caratteristiche
Angolodiriposo Pesospecifico(Kg/m 3 ) Fattoredistivaggio(m 3 /t)
Nonapplicabile 610­630 1.58­1.64
Dimensione Classe Appendice
Inf.A3cmappross. MHB B
Pericoli
Ilcaricopuòesseresoggettoadossidazione,provocandounimpoverimentodelcontenutodiossigeno
all’interno delle stive ed una crescita del tenore di anidride carbonica e monossido di carbonio negli
spazi del carico ed in quelli adiacenti. Il carico può dare luogo a fenomeni di fermentazione che
possonocondurreallacombustionespontaneadelcarico.Ifenomenidifermentazionepossonoanche
comportarelaformazionedigasasfissiantiedinfiammabili.
14 agosto 2007 ­ N. 16

IGIENE E SICUREZZA
SOSTANZE PERICOLOSE
Legislazione
Seilcontenutodiumiditàèpariosuperioreal15%ilcaricohaunbassorischiodiincendio.Quandoil
contenutodiumiditàdiminuisceilrischiodiincendioaumenta.
La movimentazione del carico avente un basso contenuto di umidità può produrre spolverio. Può
verificarsi,dunque,unrischiodiesplosioneadalteconcentrazionidellepolveri.
Stivaggioesegregazione
Segregazionecomeperimaterialidiclasse4.1.
Puliziadellestive
Stivepuliteedasciuttesenzalapresenzadiresiduideicarichiprecedenti.
Precauzioniperlecondizioniatmosferiche
Nessunaprecauzioneparticolare.
Caricazione
Distribuire il carico in accordo con le informazioni prescritte dalla regola VI/2 della SOLAS. Se vi siano
dei dubbi, distribuire il carico in maniera ragionevolmente uniforme verso le pareti dello spazio del
carico in modo da minimizzare i rischi di scivolamento ed assicurare una adeguata stabilità durante
tuttoilviaggio.
Precauzioni
L’accesso del personale agli spazi del carico non dovrà essere consentito fino a quando non sia stato
verificatocheiltenorediossigenoètornatoalivellinormali.
In caso di condizioni atmosferiche molto secche, la polvere del carico caduta sul ponte può seccare
rapidamenteepuòesserefacilmenteincendiata.Dovrannoessereadottatemisureadeguateaprevenireilverificarsidell’incendio.
Ventilazione
Vedereprecauzioni.
Trasporto
Nessunaprecauzioneparticolare.
Scaricazione
Vedereprecauzioni.
Pulizia
Nessunaprecauzioneparticolare.
14 agosto 2007 ­ N. 16
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81

LEGISLAZIONE
In breve
IGIENE E SICUREZZA
RASSEGNADILEGISLAZIONE
acuradiMarcoFabrizio, avvocatoinRoma
EUROPA
PRODOTTI AVICOLI
Direttiva2007/43/CEdelConsiglio
28giugno2007
«Direttiva2007/43/CEdelConsigliodel28giugno
2007chestabiliscenormeminimeperlaprotezione
dei polli allevati per la produzione di carne»
(G.U.C.E.Ldel12luglio2007,n.182)
La direttiva reca le nuove norme igienico­sanitarie
per l’allevamento dei polli destinati
alla produzione di carne, non applicabile, però,
alle aziende con meno di 500 polli (soglia
minima), alle aziende in cui sono allevati soltanto
gruppi di polli per la riproduzione, agli
incubatori, ai polli allevati estensivamente al
coperto e all’aperto ex lettere b), c), d) ed e),
allegato IV al regolamento (CE) n. 1538/91, e
ai polli allevati con metodi biologici ai sensi
del regolamento (CE) n. 2092/91.
A livello generale, gli Stati comunitari dovranno
garantire che tutti i pollai rispettino
la normativa tecnica di prevenzione definita
nell’Allegato I alla direttiva (requisiti per gli
abbeveratoi, l’alimentazione, la lettiera, la
ventilazione e il riscaldamento, il rumore, la
luce ecc.).
Inoltre, dovranno essere svolte una serie di
ispezioni, di monitoraggi e di controlli, da
parte dell’autorità competente, individuata
a questo scopo, ovvero dal veterinario ufficiale,
considerando, inoltre, una densità massima
dell’allevamento o del pollaio (non oltre
i 33 kg/m 2 in qualsiasi momento), salvo
deroghe concedibili secondo gli ulteriori requisiti
tecnici di cui all’Allegato II e, comunque,
non oltre la densità, da non superare in
alcun momento, dei 39 kg/m 2 .
82
PRODOTTI DA AGRICOLTURA BIOLOGICA
Regolamento(CE)delConsiglio
28giugno2007,n.834/2007
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«Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio del
28 giugno 2007 relativo alla produzione biologica
e all’etichettatura dei prodotti biologici e che
abrogailregolamento(CEE)n.2092/91»(G.U.C.E.
Ldel20luglio2007,n.189)
Il regolamento tratta della nuova disciplina
comunitaria recante la base per lo sviluppo
sostenibile della “produzione biologica” e,
nel contempo, per assicurare l’efficace funzionamento
del mercato interno e per garantire
una concorrenza leale e assicurare la fiducia
dei consumatori, tutelandone gli interessi.
Per il perseguimento di queste finalità
risulta definita, pertanto, una disciplina concernente
tutte le fasi della produzione, della
preparazione e della distribuzione dei prodotti
biologici nonché il loro controllo, relativa,
inoltre, all’uso di indicazioni riferite alla
produzione biologica nell’etichettatura e
nella pubblicità (art. 1, paragrafo 1). In particolare,
il regolamento sarà applicabile ai prodotti
agricoli vivi o non trasformati, ai prodotti
agricoli trasformati destinati a essere
utilizzati come alimenti, ai mangimi e al materiale
di propagazione vegetativa e ai sementi
per la coltivazione, tutti provenienti
dall’agricoltura (inclusa l’acquacoltura) qualora
siano immessi sul mercato o siano destinati
a essere immessi sul mercato. In questo
contesto, per “produzione biologica” si intende
«l’impiego dei metodi di produzione
in conformità alle norme stabilite nel regolamento,
in tutte le fasi della produzione, preparazione
e distribuzione» (art. 2, paragrafo
1, lettera a). Restano esclusi dalla nuova normativa
i prodotti della caccia e della pesca di
animali selvatici. l
14 agosto 2007 ­ N. 16

ILCASO
diPierguidoSoprani, avvocato
DELEGA DI FUNZIONI E FORMA SCRITTA
Trairequisitidiefficaciadelladelegadifunzioni
rientra anche la forma scritta? In caso
positivo,occorrelasuaregistrazione,ovverol’autenticazionenotarile?Èpossibilefornirelaprova
relativa all’esistenza della delega mediante testimonianze?
L’accertamento della responsabilità nel settore
della prevenzione degli infortuni e dell’igieneneiluoghidilavoroècondizionato,nella
realtà di molte imprese, dalla frequente suddivisione
dei compiti e ripartizione delle competenze.
Infatti, nelle organizzazioni di lavoro complesse
quali sono le imprese, spesso le violazioni
di legge si possono ricondurre alla condotta di
più soggetti (per esempio, il datore di lavoro, i
dirigenti, i preposti); di qui la necessità di distinguere
le responsabilità di ciascuno, nel rispetto
del principio di personalità della responsabilità
penale. Infatti, secondo quanto dispone l’art. 27
Costituzione, in ambito penale si risponde sempreperfattoproprio,nonperfattoaltrui.
Poichélegatoaesigenzeorganizzativedilavoro,è
inevitabileilricorsoalladelegadifunzioni;diventa
di fondamentale importanza, quindi, valutare le
condizioni e i limiti per il trasferimento, su altri
soggetti, delle responsabilità che sarebbero proprie.Ladelegaè,perl’appunto,l’unicostrumento
che consente di operare questo trasferimento di
responsabilità; peraltro, affinché sia valida ed efficace,occorrechealsoggettodelegatosianoconferitiadeguatipoteriattuativi,decisionaliegestionali
della delega. Inoltre, la Giurisprudenza richiede
cheladelegasianonsolocertaeconoscibile(ilche
ne presuppone ragionevolmente il conferimento
generalmenteconattoscritto),machericonoscaal
delegato la necessaria autonomia patrimoniale e
finanziaria per l’attuazione degli obblighi e degli
adempimenti imposti dalla normativa di prevenzionedegliinfortuniediigienedellavoro.
Certezza e conoscibilità dell’atto di delega sonolecondizioniminimaliperlasuaapprezzabilitàevalutazionenelmondodeldiritto;altroprincipio
caratterizzante la delega di funzioni e con­
14 agosto 2007 ­ N. 16
IGIENE E SICUREZZA
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LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI
dizione fondamentale per il suo valido conferimento
consiste nella sua effettività, non disgiunta
dal conferimento di autonomia gestionale e
finanziariaaldelegato(Cass.pen.,sez.III,23giugno2004,n.28126;Cass.pen.,sez.III,29novembre2000,Buzzi).
In linea generale, sebbene per lungo tempo la
Giurisprudenza si sia orientata in senso tendenzialmente
contrario (tra le tante pronunce, Cass.
pen.,sez.IV,26agosto1999,Bologna;Cass.pen.,
sez. IV, 16 marzo 1999, Meggiolaro; Cass. pen.,
sez. IV, 10 aprile 1998, Zambonin), di recente (si
veda Cass. pen., sez. IV, 2 ottobre 2003, Gialanella),
a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n.
626/1994,èstataammessalalegittimitàelapossibilità
di conferire la delega qualsiasi sia la dimensione
dell’impresa (anche se, in realtà, l’ipotesi
più frequente, in quanto determinata e giustificata
da condizioni strutturali e organizzative
chesiimpongonocometali,èquellachesiritrova
nelleimpresedigrandiedimedio­grandidimensioni).
Perchépossaspiegareisuoieffetti,alladelegasi
richiede il soddisfacimento di determinati requisiti
di efficacia. La Giurisprudenza richiede che
l’attodidelegasiaespresso,inequivocoecertoe
cheilsoggettodelegatosiaunapersonatecnicamente
capace e dotata delle necessarie competenzetecniche.Inoltre,sirichiedecheildelegatoaccetti,consapevolmenteeliberamente,lospecifico
incarico conferito con la delega e che disponga
di poteri decisionali e di attuazione. In
ogni caso, resta in capo al soggetto delegante
(normalmente il datore di lavoro) l’obbligo di
vigilare e controllare che il delegato eserciti la
delegaconformementeall’incaricoricevutoenel
pieno rispetto degli obblighi di legge. Una delle
tante pronunce giurisprudenziali che sintetizza
efficacemente i requisiti di efficacia della delega
è quella di Cass. pen., sez. IV, 25 agosto 2000,
Archetti,secondolaqualel’attodidelega«deve
essere espresso, inequivoco e certo, e deve investire
persona tecnicamente capace, dotata delle
necessariecognizionitecnicheedeirelativipoteridecisionaliediintervento,cheabbiaaccettato
lo specifico incarico ­ fermo comunque restando
l’obbligoperildatoredilavorodivigilareecontrollarecheildelegatousi,poi,concretamentela
83

84
LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI
IGIENE E SICUREZZA
Requisitidelladelegadifunzioni
delega,secondoquantolaleggeprescrive».
Volendo trattare specificamente il requisito di
formadelladelega,deveessereprecisato,innanzitutto,
che la delega di funzioni, risolvendosi in
un’attività di gestione del rapporto tra due soggetti
(delegante e delegato), non deve necessariamente
assumere la forma documentale. Quest’ultima,dunque,èlaconsacrazioneredazionale
di questa attività, al fine di renderla oggettivamenteconoscibileecomprensibilesiatraleparti,
sia ai terzi. Insomma, certezza e scrittura della
deleganonsonoelementidiunarelazionebiunivoca;
sebbene la delega scritta sia sempre certa,
nondimenoancheadelegheconferiteoralmente
(o consensualmente dalle parti per facta concludentia
e/o prassi consolidata di lavoro) può e deve
essere riconosciuto il requisito della certezza
giuridica. Tuttavia, poiché nel mondo del diritto
la categoria della certezza, acquisibile mediante
conoscenza, è necessariamente ancorata a un
meccanismo di riscontro probatorio, la sintesi
estremaèche«avereunadelega,manonpoterla
provare, è come non averla». Nasce quindi l’importanza
strategica della forma scritta, giacché
uno dei momenti di forte e di fondamentale valenzadelladelegaèproprioquelloprocessuale.
Il cosiddetto “principio di scrittura” della delega
è riportato nella maggior parte delle sentenze
della Corte di cassazione (ex multis, Cass. pen.,
sez. III, 19 maggio 1998, Sodano; Cass. pen., sez.
IV,11luglio1997,DaRinSpaletta;Cass.pen.,sez.
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TABELLA1
Requisito Principiodiriferimento
1. deveesserecomprovataenonpresunta: certezza
2. nelladelegaipoteridebbonoessereprecisati: specificitàodeterminazione
3. deveessereportataaconoscenzadeldelegato,edaquestiesplicitamenteaccettata: consapevolezza
4.deveessereconferitaperiscritto: scrittura
5.acquistaefficaciasolosedataapersonaqualificata,tecnicamentecapace,espertae
competente:
6.èvalidasolosecorrelataallepiùampiefacoltàdiiniziativaediorganizzazione,in
modocheildelegatosiapostoingradodiassolverla:
7. ildelegantenondeveingerirsipersonalmente,neppureindirettamente,nell’assolvimentodeicompitidelegati:
assenza
diculpaineligendo
corrispondenza
oeffettività
noningerenza
oastensione
8.ildelegantenondeveessereaconoscenzadellainefficienzadeldelegato: nonconnivenza
ononacquiescenza
9. ildelegantedevepredisporreunsistemadicontrollo ediverificaperiodicadella
attivitàdeldelegato:
SchematrattodaIlCodicedellaSicurezza,acuradiPierguidoSoprani,EditoreIlSole24Ore,2007.
assenza
diculpainvigilando
IV, 9 luglio 1997, Ranieri; Cass. pen., sez. IV, 27
gennaio1994,Cassarà).L’ammissibilitàdelladeleganonscrittatrovaconfortosoloinalcuneisolate
sentenze di merito e, comunque, con riferimento
a imprese di piccole dimensioni (Cass.
pen., sez. IV, 2 novembre 1987, Cagliari). Del resto,
pur non essendo astrattamente vincolata a
una forma, si deve convenire che, sul piano concreto,
solo la delega scritta permette di potere
valutare con serenità e sufficiente certezza di
provaalcunirequisitiessenziali,peresempio:
•quellorelativoallaindicazionepuntualedeipoteri
oggetto di conferimento. Il requisito della
cosiddetta specificità o determinazione della
delegaescludelavaliditàdideleghe“inbianco”,
genericheeindeterminate;
• quello relativo alla necessaria conoscenza della
delega da parte del soggetto delegato e alla sua
esplicitaenonequivocaaccettazione.
Tuttavia, la delega può essere provata sulla base
«delle testimonianze assunte» e «dell’esame dell’organigrammadellasocietà»(Cass.pen.,sez.IV,
24marzo2000,Bonomi);insensoconforme(Cass.
pen.,sez.IV,9dicembre1997,Colombo)perl’affermazione
che «è esonerato da responsabilità
penale il datore di lavoro che abbia delegato ad
altri soggetti i compiti antinfortunistici pur se la
delega non assuma la forma di atto scritto ma
consista in un comportamento univoco, nel quadro
dello statuto organizzativo di un ente o di
una società» (Cass. pen., sez. IV, 25 novembre
14 agosto 2007 ­ N. 16

14 agosto 2007 ­ N. 16
IGIENE E SICUREZZA
Ladelegadifunzionenell’impresa
Relazione
1994, Gentili); nel senso della sufficienza dell’attribuzione
dei compiti «anche per fatti concludenti»
e mediante il concreto inserimento del
soggettodelegatonell’organizzazionedellavoro
del delegante (Cass. pen., sez. IV, 13 dicembre
1995, Monetti); in senso diametralmente opposto,dell’inidoneitàdelladelegaprivadidatacerta
e della firma autenticata del datore di lavoro
delegante(Cass.pen.,sez.III,1°marzo1999,Alladio).Quantoallacircostanzacheladelegadebba
essere conferita con atto notarile (o scrittura privata
autenticata) o con atto soggetto a registrazione,
è evidente che non si tratta di una condizione
necessaria; ma certo si tratta di una condizionesufficienteachelapubblicitàdell’attoconferiscacertezza,anchedidata,inordineall’epoca
dellasuaredazione.
In questo contesto dottrinario e giurisprudenziale,
peraltro sempre più orientato a ritenere la
nonnecessarietàdellaformascrittaperladelega
(si veda Cass. pen., sez. III, 13 luglio 2004, Beltrami)
deve essere inserita una recente pronuncia
della Corte di cassazione (Cass. pen., sez. IV, 29
marzo2007n.12800,Ferrante),relativaaunprocessoperomicidiocolposodiambitoinfortunistico,
nel quale il datore di lavoro aveva addotto, a
suadifesaediscolpa,ilconferimentodiunadelega
di funzioni, peraltro disatteso dai Giudici di
merito, in quanto non era stato esibito «alcun
atto formale» dal quale risultassero nomina e
ambito della delega. La valutazione della Suprema
Corte, in ordine alla vexata quaestio «se la
delega debba o meno rivestire forma scritta», è
Ammissibilità
delladelega
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LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI
TABELLA2
Obbligo
dipreventivainformazione
deldatoredilavoro
Datoredilavoro èdirigente SI ­
Datoredilavoro èextraneus SI ­
Datoredilavoro èpreposto NO ­
Datoredilavoro èlavoratore NO ­
Dirigente èdirigente SI SI
Dirigente èextraneus SI SI
Dirigente èpreposto NO ­
Dirigente èlavoratore NO ­
Preposto èpreposto SI SI
Preposto èextraneus SI SI
Preposto èlavoratore NO ­
SchematrattodaIlCodicedellaSicurezza,acuradiPierguidoSoprani,EditoreIlSole24Ore,2007.
stata per la soluzione negativa, non mancando,
tuttavia,diporreinrisaltoche«èpiuttostoarduo
cheunadeleganondocumentataperiscrittopossaessere,comecomunementerichiesto,specifica
ed individuare con sufficiente precisione sia il
soggetto delegato, sia le funzioni al medesimo
attribuite (in modo da consentire una puntuale
ricostruzione dei suoi poteri­doveri e dei relativi
limiti)».
Il dato di sintesi che si può trarre dalla citata
pronunciadellaCassazioneè,dunque,chelaforma
scritta della delega non è essenziale ai fini
della sua validità ed efficacia, né è richiesta la
prova scritta della stessa. Infatti, non è possibile
limitareall’esistenzadiunattoscrittolapossibilità
di dimostrare l’avvenuto trasferimento delle
funzioni e, in genere, l’effettiva ripartizione dei
compiti all’interno dell’impresa, ferma restando
la necessità di una individuazione rigorosa e incontrovertibiledell’avvenutorilasciodelladelegaedelsuocontenuto.Sempresecondolacondivisibile
opinione dei Giudici della Suprema Corte, la
certezza dell’esistenza della delega, nel suo contenuto
e nel suo destinatario, si deve raggiungere
utilizzando il sistema probatorio che il Codice
di procedura penale mette a disposizione (che
non ammette alcuna presunzione di maggiore
efficacia di alcuni mezzi di prova, come quello
documentale,rispettoadaltri)e,dunque,èpacificamente
ammissibile il ricorso alla prova testimoniale.
In ogni caso, è il datore di lavoro che la
invoca a essere onerato della prova circa il fatto
storico dell’avvenuto conferimento della delega
85

86
LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI
IGIENE E SICUREZZA
Ladelegadifunzionenelcantiere
Relazione
Ammissibilità
delladelega
Committente(singoloodatoredilavoro) èextraneus SI
Committente(datoredilavoro) èdirigentedell’impresadelcommittente SI
Committente (datoredilavoro) èprepostodell’impresadelcommittente NO
Committente(datoredilavoro) èlavoratoredell’impresadelcommittente NO
Committente(singoloodatoredilavoro) ècoordinatoreperlaprogettazione SI
Committente (singoloodatoredilavoro) èdirettoredeilavori SI
Committente(singoloodatoredilavoro) ècoordinatoreperl'esecuzione SI
Committente (singoloodatoredilavoro) èdatoredilavorodell’impresa esecutrice SI
Committente(singoloodatoredilavoro) èdirigentedell’impresa esecutrice (1) SI
Committente èprepostodell’impresaesecutrice NO
Committente èlavoratoredell’impresaesecutrice NO
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TABELLA3
(1)DalmomentocheilD.Lgs.n.494/1996hasancitol‘assolutaincompatibilitàtralaqualificadicoordinatoreperl’esecuzionedeilavoriequelladi
datoredilavorodell’impresaesecutrice,lapossibilitàdinominarecoordinatoreperl’esecuzionedeilavoriundirigentedell’impresaesecutrice­e
dunqueanchediconferirglidelega­èsoluzionenonvietatadaltestodeldecretolegislativo[(art.2,comma1,letteraf)],mapiùragionevolmente
dallalogicadeiprincipi.
SchematrattodaIlCodicedellaSicurezza,acuradiPierguidoSoprani,EditoreIlSole24Ore,2007.
(Cass.pen.,sez.IV,3novembre1994,Sonnino).
Quanto alla delega di funzioni prevenzionistica
nel settore pubblico, l’opinione della Giurisprudenza
era che la delega di funzioni dovesse
necessariamente assumere la forma scritta,
in ragioni di inevitabili esigenze procedurali di
gestione evidente e trasparente del potere (in
tal senso, Cass. pen., sez. III, 30 novembre
1998, Tiragallo). Le indicazioni giurisprudenziali
risultano confermate nel testo del comma
1­bis, art. 17, D.Lgs. n. 165/2001 (come introdotto
dall’art. 2, legge 15 luglio 2002, n. 145,
«Delega di funzioni ai dirigenti»), il quale dispone
che «I dirigenti, per specifiche e comprovate
ragioni di servizio, possono delegare
per un periodo di tempo determinato, con atto
scritto e motivato, alcune delle competenze
comprese nelle funzioni di cui alle lettere b),
d) ed e) del comma 1 a dipendenti che ricoprano
le posizioni funzionali più elevate nell’ambito
degli uffici ad essi affidati. Non si applica
in ogni caso l’articolo 2103 del codice civile».
Quindi, sebbene l’istituto della delega di funzioni,
introdotto ex novo per il settore pubblico,
concerne le funzioni amministrative, nondimeno
essa, nel rispetto dei principi, può essere
modellata anche quale delega di funzioni
prevenzionali. Vale, peraltro, non solo il limite
dato dalla “temporaneità” della delega, ma,
quantoallaforma,dallaimprescindibilecondizione
del suo conferimento «con atto scritto e
motivato». Dunque la conclusione è che la delega
può avere forma scritta nel settore privato
ma deve averla nel settore pubblico. l
14 agosto 2007 ­ N. 16

IGIENE E SICUREZZA
RASSEGNADIGIURISPRUDENZA
a cura diMariaMelizzi, consulentelegale
14 agosto 2007 ­ N. 16
DPI E COMPORTAMENTO ANOMALO
DEL LAVORATORE
Cassazionecivile,sezionelavoro,
(ud.16gennaio2007)
20aprile2007,n.9421,
Pres.Ianniruberto,Rel.Lamorgese
Infortuniosullavoro-Usodeimezzidiprotezione-Comportamentoanomalodellavoratore-Provedocumentalietestimoniali-Valutazione-D.P.R.27aprile1955,n.547
Allorché il ricorrente, in sede di legittimità, si dolga
della omessa valutazione di prove documentali
o testimoniali, deve assolvere all’onere di trascrivere
il documento o la deposizione, o almeno le
parti cui la doglianza è riferita, onde consentire al
giudice di legittimità di valutare la decisività della
prova non valutata o inadeguatamente valutata.
La valutazione delle prove testimoniali e dei documenti,
come il giudizio sulla attendibilità dei
testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri
e la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di
quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione,
involgono apprezzamenti di fatto riservati
al giudice del merito insindacabili in sede di
legittimità se sorretti da congrua motivazione.
In caso di violazione delle norme dettate in tema
di prevenzione degli infortuni sul lavoro per la
tutela dell’integrità fisica del lavoratore, proprio
per evitare rischi specifici in relazione a determinate
lavorazioni, anche se connessi ad imperizia,
negligenza ed imprudenza del medesimo addetto,
il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio
occorso al lavoratore, salvo che nella
ipotesi di comportamenti della vittima che si presentino
con carattere di abnormità, in opinabilità
ed esorbitanza, rispetto al procedimento lavorativo
“tipico” ed alle direttive ricevute, così da porsi
come causa esclusiva dell’evento.
Nota
Sulla scorta dei tre principi enunciati, la Corte di
Cassazioneharigettatoilricorsoavanzatodauna
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GIURISPRUDENZA
Massime
azienda agro­forestale contro la sentenza della
Corte di Appello di Firenze che, confermando la
sentenza del tribunale della stessa città, aveva
condannato l’azienda a risarcire un suo dipendentedeldannobiologicosubitoinconseguenza
diuninfortuniosullavoro.
La Corte territoriale, dopo aver proceduto al riesame
degli elementi probatori acquisiti, aveva ritenuto
la responsabilità dell’azienda per l’incidente,
poiché non aveva dimostrato di aver ottemperato
alle prescrizioni antinfortunistiche di
cui al D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, relative alla
dotazione al dipendente del casco con visiera,
necessarioperlosvolgimentodellemansioniaffidateglididisboscamentoedirimozionedellegame,
e al controllo, all’inizio del turno di lavoro,
dell’usodapartedellavoratoredeimezziprotettivinecessariperl’esecuzionedeilavori.
L’Azienda ha fondato il proprio ricorso in Cassazionesutremotivi.Iprimiduemotivi,dichiaratiinammissibilidallaSupremaCorte,denunciavanoentrambilaviolazionedell’art.116c.p.c.,degliartt.382e4,D.P.R.27aprile1955,n.547,edell’art.2087Codicecivile.
La sentenza della Corte di Appello di Firenze impugnatahaevidenziatocomeglielementidiprova
acquisiti non avevano dimostrato l’adempimento,
ad opera dell’azienda, degli obblighi di
dotare il dipendente, poi infortunato, del casco
convisieraprescrittodall’art.382,D.P.R.27aprile
1955,n.547,ediesercitareunaadeguataattività
divigilanzasull’uso,dapartedeldipendente,dellemisurediprotezioneperlasicurezzasullavoro.
Nel valutare le prove, il giudice di merito ha sostenuto
che nessuno dei testi aveva confermato
la consegna del materiale antinfortunistico al lavoratore
infortunato, in quanto uno dei dipendenti,
che aveva sottoscritto il verbale di consegnadelcascoconvisiera,nonhapotutoricordareseilresistentelamattinadell’infortuniofossestatodotatodelcascodiprotezione,mentrel’istruttoredelcorsoperlasicurezzasullavorononaveva
potuto confermare la consegna, al predetto
resistente,delmaterialeantinfortunistico,perché
a questo provvedeva direttamente l’azienda ed
egli si era limitato a invitare il lavoratore a usare
glistrumentiantinfortunistici.
LaCortedistrettualehaaggiuntochelaconsegna
non poteva essere desunta neppure dalla docu­
87

GIURISPRUDENZA
Massime
mentazionediacquistoesibita,inquantoiverbali
di consegna riguardavano altri dipendenti, mentre
l’altra fattura degli ulteriori acquisti di mezzi
diprotezionecontrogliinfortuni,allegata,eradi
epocadigranlungaposterioreall’infortunio.
Con riferimento alla ricostruzione dell’infortunio,
lostessogiudiceavevarimarcatoanchecheillavoratoresierarecatoallavorotrasportandosultrattore,daluiguidato,duecompagnidilavoro,dicui
uno con le mansioni di caposquadra, il quale, però,
come risultato dalla deposizione dell’altro lavoratore,
non si era accertato se il giorno dell’infortunio
il resistente, prima di iniziare il lavoro,
avesseconséinecessarimezzidiprotezione.
Pertanto, la Suprema Corte ha ritenuto il vizio di
omessa valutazione delle prove prima che infondato
inammissibile, evidenziando che la censura,
nei termini in cui è stata prospettata dalla parte
ricorrente,nonpresentavailrequisitodispecificità,
come richiesto dalla costante giurisprudenza
della Cassazione (si veda anche Cassazione 25
agosto2006,n.18506,Cassazione24marzo2006,
n.6679).
Inoltre,laCassazionehaevidenziatocheilGiudicedelmeritohavalutatoleprovetestimonialiei
documenti ai quali si riferisce la ricorrente e,
88
IGIENE E SICUREZZA
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quindi, in sostanza, la censura si risolve in una
inammissibile contrapposizione di una propria
valutazione degli elementi di prova rispetto a
quelladelgiudicedimerito(sivedaancheCassazione
5 ottobre 2006, n. 21412, Cassazione 28
maggio2006,n.18506).
Il terzo motivo posto a fondamento del ricorso
avevadenunciatounviziodimotivazione.
La società ricorrente aveva evidenziato, nella ricostruzionedelsinistro,ilcomportamentocolposo
o negligente della vittima che, unito alla imprevedibilitàdell’evento,avevacausatol’infortunio.
Anche questo motivo, sulla scorta del principio
di diritto richiamato (si veda anche Cassazione
13 settembre 2006, n. 19559, Cassazione 14
marzo 2006, n. 5493), è stato ritenuto infondato
in considerazione delle enunciate modalità dell’infortunio
che hanno escluso un comportamentoanomaloedesorbitantedellavoratore.
In base all’accertamento compiuto dal giudice di
merito,infatti,l’infortuniosieraverificato «mentre
il lavoratore, nello svolgimento dei compiti
affidatigli, tirava con le mani una pianta tagliata
in precedenza ed un ramo della stessa crollava
verso il basso procurandogli le lesioni all’occhio
sinistro». l
14 agosto 2007 ­ N. 16

ENERGIA
Commento
AMBIENTE
Così si è espressa l’Agenzia delle Entrate con la recente risoluzione 5 luglio 2007, n. 152
La detrazione per riqualificare gli edifici
non è cumulabile con altre agevolazioni
diDanieleVerdesca, direttoreFORMEDIL
Conlarisoluzione5luglio2007,n.152,l’AgenziadelleEntrate,direzionecentralenormativaecontenzioso,
ha ripreso il tema delle procedure amministrative per l’applicazione della detrazione delle spese di
riqualificazione energetica degli edifici, prevista dall’articolo 1, commi da 344 a 349, legge n. 296/2006
(Finanziaria2007).
Rispondendoauninterpellodiunutenteprivato,l’Agenziariproponequantogiàespressamentechiaritoin
unasuaprecedentecircolare31maggio2007,n.36(sivedaAmbiente&Sicurezzan.13/2007)incuiprecisava
che, in considerazione della possibile sovrapposizione degli ambiti oggettivi di applicazione delle due
normative (Finanziaria 2007 e legge n. 449/1997), il contribuente potrà avvalersi, per le medesime spese,
soltanto dell’una o dell’altra agevolazione, rispettando gli adempimenti specificatamente previsti in
relazioneaciascunadiesse.
Questoperchélarichiamataagevolazionesulrisparmioenergeticorappresentaunaspecificazionediquella
relativa alla ristrutturazione degli immobili, in quanto concessa in relazione agli interventi che afferiscono
alla componente muraria dell’edificio, agli impianti di riscaldamento e/o di produzione di acqua calda,
migliorandolaprestazioneenergeticadell’immobile.
Considerata la presenza del divieto di cumulo espressamente prevista dall’articolo 10, comma 1, D.M. 19
febbraio 2007, l’Agenzia ha ritenuto che, in considerazione al caso preso in esame, il contribuente potrà
usufruire dell’agevolazione prevista dalla Finanziaria 2007 solo nel caso in cui, in relazione a interventi
“energetici”, l’istante dell’interpello non abbia usufruito di altra agevolazione fiscale e sempreché le spese
relativeaglistessisianostatesostenutenelperiodod’imposta2007.
Inquestomodo,ancheincasodilavorazioniiniziateprimadel2007esucuièstatafattadomandaalcentro
operativodelComune,èpossibileusufruiredelladetrazionedel55%dellespesesostenutesoloacondizione
che dalla fattura rilasciata al contribuente risulti specificatamente che i lavori cui si riferiscono i pagamenti
concretizzanounoopiùinterventifinalizzatialrisparmioenergetico,riconducibili,cioè,all’elencazionedelle
tipologieammissibiliprevistadall’articolo3,D.M.19febbraio2007(sivedaAmbiente&Sicurezzan.7/2007).
Diconseguenza,perlavoriiniziatieconclusiprimadel2007,ancheseafferisconoainterventidirisparmioo
riqualificazioneenergetica,nonèpossibileottenerelosgraviodel55%.
Qualora i lavori siano stati realizzati entro il 2007, anche se per gli stessi è stata fatta domanda al centro
operativo del Comune, ma non si sia potuto usufruire degli sgravi fiscali previsti dalla legge n. 449/1197, è
possibileoptareperipiùconvenientiincentiviprevistidallaFinanziaria2007.
Inquestocaso,ilcontribuentedovràunicamenteporreinesseregliadempimentiprevistidall’articolo4,D.M.
19febbraio2007,dovendo,inparticolare:
­ acquisire l’asseverazione di un tecnico abilitato che attesti la corrispondenza degli interventi effettuati ai
requisititecnicirichiestidalmedesimodecreto;
­trasmettere(telematicamenteoperraccomandata)all’ENEAcopiadell’attestatodicertificazioneenergetica
contenenteidatirelativiall’efficienzaenergeticadell’edificioelaschedainformativarelativaagliinterventi
realizzati,redattasecondoloschemariportatodell’AllegatoEdelmedesimodecreto.
L’effettuazionedeisummenzionatilavorinondovràessereprecedutadaalcunaformalitàdaporreinessere
neiconfrontidell’Amministrazionefinanziaria,nédall’inviodellacomunicazionediiniziodeilavoriallaASL.
90
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14 agosto 2007 ­ N. 16

AMBIENTE
ENERGIA
Documentazione
Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate - Direzione centrale normativa
e contenzioso 5 luglio 2007, n. 152
Istanza di interpello - Art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. Sig. …- Interpretazione della Legge
n. 296 del 2006, commi da 344 a 349 - agevolazione fiscale per gli interventi
di riqualificazione energetica degli edifici esistenti
Quesito
Il sig. … rappresenta di essere comproprietario,
insieme alla propria moglie e ai propri figli, di un
immobile composto da tre unità abitative catastali,
sito in ..... Attualmente l’immobile è oggetto di un
intervento di restauro e ristrutturazione, avviato nell’anno
2004, che si concluderà entro il corrente anno
2007. In relazione a tale intervento, l’istante ha richiesto
di poter usufruire dei benefici fiscali di cui
alla legge n. 449 del 27 dicembre 1997 e successive
proroghe ed integrazioni, provvedendo ad espletare
le necessarie formalità ed inviando la comunicazione
di inizio lavori al Centro Operativo di ….
Nell’ambito degli interventi di restauro e ristrutturazione
sono previsti alcuni lavori volti ad ottenere un risparmio
energetico.
Poiché la Finanziaria per l’anno 2007 ha introdotto
agevolazioni fiscali più vantaggiose per gli interventi riconducibili
al miglioramento dell’efficienza energetica
degli immobili, l’istante chiede se relativamente alle spese
sostenute nel periodo d’imposta 2007 è possibile usufruire
di queste ultime agevolazioni in alternativa ai benefici
fiscali previsti per gli interventi di recupero edilizio.
Inoltre, in relazione agli adempimenti da osservare,
l’istante chiede se è necessario duplicare la documentazione
già prodotta ai sensi della legge n. 449 del 1997 per
gli interventi di ristrutturazione edilizia eseguiti sull’immobile.
Soluzione interpretativa
prospettata dal contribuente
L’istante, alla luce della normativa in vigore e del
decreto ministeriale del 19 febbraio 2007, ritiene in primo
luogo che, con riferimento alle spese sostenute nel periodo
d’imposta 2007 relative ai lavori in corso di ultimazione
aventi i requisiti prescritti per il risparmio energetico,
possa usufruire dell’agevolazione più vantaggiosa prevista
dai commi da 344 a 349 dell’unico articolo dalla legge
27 dicembre 2006, n. 296.
Ciò in quanto il comma 1 dell’articolo 10 del decreto
ministeriale del 19 febbraio 2007, che disciplina i contenuti
tecnici degli interventi agevolabili e le modalità per
fruire della detrazione, stabilisce che “le detrazioni di cui
al presente decreto non sono cumulabili con altre agevo-
14 agosto 2007 ­ N. 16
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lazioni fiscali previste da altre disposizioni di legge nazionali
per i medesimi interventi”.
Ad avviso dell’istante, con tale disposizione il decreto
ministeriale ha inteso stabilire che in relazione al medesimo
intervento edilizio non possono essere cumulate agevolazioni
differenti sebbene non sia esclusa la possibilità
di usufruire del beneficio più vantaggioso.
Al fine di garantire che sulle medesime spese il contribuente
non usufruisca di più benefici l’istante propone la
tenuta di una contabilità separata degli interventi realizzati
sull’immobile.
Inoltre, l’istante ritiene di non dover procedere ad
una duplicazione degli adempimenti già eseguiti per
l’ottenimento del beneficio fiscale previsto ai sensi
della legge n. 449 del 1997 dal momento che per
usufruire delle agevolazioni previste per gli interventi
di riqualificazione energetica è richiesto l’adempimento
di ulteriori formalità rispetto a quelle previste
dalla citata legge n. 449 del 1997.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
L’articolo 1, commi 344, 345, 346 e 347 della legge 27
dicembre 2006, n. 296, introduce una detrazione dall’imposta
sul reddito pari al 55% delle spese sostenute nel
2007, ed effettivamente rimaste a carico del contribuente,
per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici
esistenti.
Il successivo comma 348 dispone che le predette detrazioni
siano riconosciute, fra l’altro, secondo le modalità
di cui all’art. 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449
recante “disposizioni tributarie concernenti interventi di
recupero del patrimonio edilizio” nonché secondo le relative
disposizioni di attuazione contenute nel decreto del
Ministro delle Finanze 18 febbraio 1998, n. 41, regolamento
recante norme di attuazione e procedure di controllo
in materia di detrazioni per le spese di ristrutturazione
edilizia.
Il successivo comma 349 del medesimo articolo ha
previsto l’attuazione dei precedenti commi attraverso
l’emanazione di un decreto del Ministro dell’Economia e
delle Finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo
economico, intervenuto in data 19 febbraio 2007 e pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale del 26 febbraio 2007.
91

ENERGIA
Documentazione
La richiamata agevolazione si sovrappone, in molti
casi, alla detrazione prevista per le ristrutturazioni
edilizie di cui alla legge n. 449 del 1997 e ne rappresenta,
in sostanza, una specificazione, in quanto è
concessa in relazione alle ristrutturazioni edilizie che
investono la componente muraria dell’edificio, gli
impianti di riscaldamento e di produzione di acqua
calda, migliorando la prestazione energetica dell’immobile.
Ciò premesso, in riferimento al quesito proposto
dall’istante, diretto in primo luogo a conoscere se
nell’ambito di lavori di ristrutturazione per i quali si
usufruisce delle agevolazioni ai sensi della legge n.
449 del 1997 è possibile usufruire, per i soli interventi
diretti al conseguimento del risparmio energetico,
dell’agevolazione prevista dalla legge n. 296
del 2006, la scrivente fa presente che il citato decreto
ministeriale del 19 febbraio rubricato “Disposizioni
in materia di detrazioni per le spese di riqualificazione
energetica del patrimonio edilizio esistente,
ai sensi dell’articolo 1, comma 349, della legge
27 dicembre 2006, n. 296”, all’articolo 10, comma
1, stabilisce che “Le detrazioni di cui al presente
decreto non sono cumulabili con altre agevolazioni
fiscali previste da altre disposizioni di legge nazionali
per i medesimi interventi di cui all’articolo 1,
commi da 2 a 5”.
Considerata la presenza del divieto di cumulo, la
scrivente ritiene che, in riferimento al caso in esame,
il contribuente potrà usufruire dell’agevolazione prevista
dalla legge n. 296 del 2006 solo nel caso in cui
in relazione ad interventi ”energetici” l’istante non
abbia usufruito di altra agevolazione fiscale e sempreché
le spese relative agli stessi siano sostenute nel
periodo d’imposta 2007.
A tal proposito la circolare n. 36 del 31 maggio 2007,
che ha chiarito le modalità applicative delle agevolazioni
sopra elencate, ha precisato che “in considerazione della
possibile sovrapposizione degli ambiti oggettivi previsti
dalle due normative, il decreto specifica che le agevolazioni
fiscali non sono tra loro cumulabili e pertanto il
contribuente potrà avvalersi, per le medesime spese, soltanto
dell’una o dell’altra agevolazione, rispettando gli
adempimenti specificamente previsti in relazione a ciascuna
di esse”.
Naturalmente, la detrazione del 55% compete solo a
condizione che dalla fattura rilasciata al contribuente risulti
specificamente che i lavori cui si riferiscono i pagamenti
concretizzano uno o più interventi, finalizzati al
risparmio energetico riconducibili all’elencazione contenuta
nell’articolo 3 del decreto interministeriale del 19
febbraio 2007.
92
AMBIENTE
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È necessario, inoltre, che siano osservati gli adempimenti
procedurali previsti dall’articolo 4 e ss. del predetto
decreto.
Con riferimento al secondo quesito posto dall’istante,
diretto a conoscere se è possibile non procedere alla duplicazione
degli adempimenti già eseguiti ai sensi della
legge n. 449 del 1997 si fa presente che la scrivente, nella
citata circolare n. 36 del 2007, ha chiarito che tra gli
adempimenti da osservare per fruire della detrazione del
55% è stato eliminato l’obbligo di inviare, al Centro
Operativo di Pescara, la comunicazione preventiva di inizio
dei lavori.
L’effettuazione dei lavori, quindi, non deve essere preceduta
da alcuna formalità da porre in essere nei confronti
dell’amministrazione finanziaria né dall’invio della comunicazione
di inizio lavori alla ASL.
Il contribuente deve, invece, porre in essere gli adempimenti
previsti dal richiamato articolo 4 del decreto ministeriale
del 19 febbraio 2007.
Pertanto, l’istante dovrà:
- acquisire l’asseverazione di un tecnico abilitato che
attesti la corrispondenza degli interventi effettuati ai requisiti
tecnici richiesti dal medesimo decreto;
- trasmettere (telematicamente o per raccomandata)
all’ENEA copia dell’attestato di certificazione
energetica contenente i dati relativi all’efficienza
energetica dell’edificio e la scheda informativa relativa
agli interventi realizzati, redatta secondo lo schema
riportato nell’allegato E del citato decreto ministeriale
del 19 febbraio 2007.
Si fa presente che, i soggetti che non sono titolari di
reddito d’impresa devono effettuare i pagamenti con bonifico
bancario o postale dal quale risulti la causale del
versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione
e il codice fiscale o la partita IVA del beneficiario
del bonifico.
Pertanto, in riferimento alla proposta, formulata dal
contribuente, di conservare una contabilità separata al fine
di garantire che in relazione ai lavori eseguiti per il conseguimento
del risparmio energetico l’istante non usufruisca
di ulteriori agevolazioni fiscali, la scrivente ritiene
sufficiente, come chiarito nella circolare n. 36 del 2007,
che il contribuente conservi ed esibisca all’amministrazione
finanziaria, che eventualmente lo richieda, le fatture
e le ricevute del bonifico bancario relative alle spese per
le quali si fa valere la detrazione ai sensi della citata legge
n. 296 del 2006.
La risposta di cui alla presente nota, sollecitata con
istanza di interpello presentata alla Direzione Regionale
...., viene resa dalla scrivente ai sensi dell’articolo
4, comma 1, ultimo periodo del D.M. 26 aprile 2001,
n. 209. l
14 agosto 2007 ­ N. 16

AMBIENTE
RIFIUTI
Osservatorio INAIL ­ Articolo
Lagestioneintegratadeirifiuti
traesigenzeditutelaecostidelservizio
14 agosto 2007 ­ N. 16
diAnnalisaGuercio
INAIL - Direzione Generale - CONTARP
INAIL
Molte sono le componenti che concorrono all’interno della gestione integrata dei rifiuti, a partire dalla fase progettuale che
deve necessariamente tenere conto di elementi socio­economici, demografici, urbanistici, geografico­climatici, fino a quelli
politico­ambientali.Parimenti,nellafaseoperativa,rivestonounspecificoruololescelteditecnologieedisviluppotecnologico
delterritorio,leattrezzature,glistrumentiperlaraccolta,icontenitori,gliautomezzi,lemacchine,nonchélaconoscenzadelle
interazioniuomo­macchina/impianto/attrezzaturaegestionedellasicurezzasullavoro.Discorsoapartepericostidelpersonale
(elementi retributivi, indennità, oneri aggiuntivi, previdenziali e assistenziali, TFR e varie). Di conseguenza, è necessario
rispettaredeterminatirequisiti“operativi”cheinfluisconosull’economiadigestione,affinchéunserviziodiraccoltaeffettivamente
integrato sia un insieme equilibrato delle diverse modalità di raccolta, di frequenze di svuotamento opportune, in
relazioneagliobiettiviealcontestoterritorialedelserviziodaerogare.
Il miglioramento delle condizioni economiche
e di vita degli ultimi decenni, se da un
lato ha condotto all’incremento dei consumi
e delle tipologie di beni di consumo nonché
al progresso tecnologico e di sviluppo industriale,
dall’altro ha fatto crescere proporzionalmente
anche le problematiche connesse
con l’integrazione delle attività relative alla
gestione dei rifiuti nel suo complesso e, nella
fattispecie, al servizio di raccolta rifiuti e di
igiene urbana.
La teoria vorrebbe che un sistema di gestione
integrata seguisse lo schema di figura 1; la
reale situazione attuale è ben diversa come
dimostra la recente gravissima emergenza rifiuti
in Campania, dovuta a un’errata concezione
del servizio, alla mancanza di provvedimenti
che vanno da una programmazione
delle azioni da intraprendere, che stanno a
significare interventi a posteriori, dispendiosi
e sovrabbondanti, fino a un’efficace sensibilizzazione
e informazione del cittadino.
La tutela dell’ambiente, concetto ormai accettato
a tutti i livelli in via quantomeno
teorica e non solo dai cosiddetti “addetti ai
lavori”, ha avuto uno slancio effettivo a
partire dagli anni ’80. Secondo i principi
dettati dalle leggi che hanno “segnato”
un’epoca e da quelle attuali, la gestione
complessiva dei rifiuti costituisceattività
di pubblico interesse da effettuarsisenza
pericolo per la salute dell’uomo,
senza usare procedimenti o metodi che po­
trebbero recare pregiudizio all’ambiente e
secondo «criteri di efficacia, efficienza,
economicitàetrasparenza».
Questi concetti, al momento, non ancora
compresi né tantomeno applicati in maniera
integrata, saranno analizzati a seguire.
La gestione integrata dei rifiuti
La gestione dei rifiuti deve puntare a prevenire
la produzione di rifiuti alla fonte quale
strumento drastico per arginarne la tendenza
costante all’aumento. Tutte le iniziative
intraprese anche a livello europeo sono confluite
nella considerazione che una gestione
efficiente e un maggiore tasso di riciclo non
consentono completamente di abbattere la
produzione dei rifiuti e che solo una gestione
concepita come una componente dei
flussi totali di materia che attraversano la
società, inserita dunque all’interno di una
strategia integrata di sviluppo sostenibile,
può raggiungere efficacemente l’obiettivo
primario, ossia l’uso razionale e sostenibile
delle risorse, per conseguire il quale occorre
seguire un rigoroso ordine gerarchico di
priorità:
l riduzione della produzione e della pericolosità
dei rifiuti;
l sostituzione delle sostanze pericolose
per l’ambiente con altre che lo sono meno;
l riutilizzo e valorizzazione dei rifiuti sotto
forma di materia e di energia;
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l smaltimento definitivo dei soli rifiuti non
recuperabili o trattabili;
l minimizzazione del ricorso alla discarica.
L’aumento della ricchezza e della produttività
determina la crescita della domanda di
prodotti con cicli di vita sempre più brevi e
sempre più complessi tecnologicamente (e
più pericolosi dei rifiuti a fine vita) determinando,
di conseguenza, l’aumento della
quantità di rifiuti derivanti dai prodotti
fuori uso e dai relativi cicli di estrazione e
di fabbricazione. Ciò implica che il raggiungimento
dell’uso razionale delle risorse
e la diminuzione della produzione dei
rifiuti transiti necessariamente per drastiche
modifiche al sistema produttivo, agli
attuali modelli di consumo e, non da ultimo,
alle scelte e alla domanda dei consumatori,
quali “primi” gestori di molti rifiuti
da reimmettere nel ciclo economico attraverso
il riciclaggio o nell’ambiente in forma
utile (compostaggio), al fine di ridurre le
quantità di rifiuti destinate allo smaltimento
finale e l’impatto delle quantità da trasportare.
La sensibilizzazione dei cittadini e dei
consumatori è un passo fondamentale
per far “accettare” che ogni comunità
debba essere autosufficiente nella gestione
integrata dei rifiuti, ivi compresa la
raccolta, sorpassando la mentalità basata
sulla sindrome da NIMBY (Not In My Back
Yard).
93

RIFIUTI
Osservatorio INAIL ­ Articolo
Variabilidiscenario
Tipologiaetessutostoricodelterritorio
riguardantelosmaltimentodeirifiuti
94
Variabili
operative
Variabilidemografiche
Variabilisocio­economiche
Variabiliurbanistiche
Variabiligeograficheeclimatiche
Variabilispecificheodisettore
Variabilipolitico­ambientali
Un sistema integrato di raccolta dei rifiuti
è costituito da un insieme, pianificato
e programmato in modo equilibrato, di
raccolte diversificate in domiciliari, di
prossimità e stradali, mono e plurimateriale,
la cui frequenza può essere molto
diversa in funzione della tipologia di raccolta,
del territorio e di altri parametri a
loro volta correlati agli obiettivi e al contesto.
La raccolta integrata è un sistema differenziato
che interviene all’interno del sistema
di raccolta ordinaria, quindi non
avulso dal circuito di raccolta del rifiuto
indifferenziato, di cui modifica le caratteristiche.
Alcuni esempi sono:
l la domiciliarizzazione delle raccolte
delle frazioni di rifiuto recuperabili più significative
(carta, organico) accoppiate a
quelle del secco residuo, per il quale vengono
modificate le frequenze e, a volte,
anche le modalità di raccolta;
l un insieme di impianti dedicati al trattamento
dei rifiuti derivanti da diverse
AMBIENTE
Le variabili progettuali
Tecnologie e sviluppo tecnologico del territorio
• numero degli abitanti da servire;
• numero dei nuclei familiari e loro composizione;
• flussi di popolazione:“pendolarismo”, turismo
frazioni merceologiche, finalizzati al recupero
e al riciclo della materia;
l un termovalorizzatore che trasforma
frazioni non più riusabili, ma con buon
potere calorifico, in energia.
In quest’ambito, la raccolta differenziata
costituisce un elemento fondamentale di
una reale gestione integrata dei rifiuti e
richiede un approccio logistico e organizzativo
impegnativo da parte del singolo e
degli enti gestori del servizio di raccolta,
in termini di risorse umane, macchine e
attrezzature, organizzazione del lavoro,
infrastrutture.
In Italia, a tutt’oggi, la situazione è di ritardo,
geograficamente non omogeneo, dove,
accanto ad aree di eccellenza se ne
trovano altre al collasso, essenzialmente
per interessi particolari o per un’errata e
parziale valutazione di costi e benefici, per
resistenze culturali e per il cambiamento
nonché per una scarsa sensibilità nei confronti
di problemi connessi con un corretto
sistema di gestione dei rifiuti e per la conti­
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TABELLA 1
• livello di reddito medio;
• attività prevalenti e incidenza percentuale delle attività non
produttive;
• tassi di disoccupazione
• densità e tipologie abitative prevalenti;
• viabilità;
• vincoli artistici o altri;
• problematiche varie collegate alla vocazione turistica
• territorio;
• clima;
• variabile geografica
• situazione impiantistica attuale e prevista;
• struttura attuale dei servizi di raccolta;
• grado di ammortamento delle attrezzature e stato di manutenzione
• caratterizzazione dei rifiuti
• orientamenti dell’amministrazione;
• impegno pregresso e propensione alla innovazione;
• eventuali vincoli ed emergenze;
• ruolo deimassmedia
Attrezzature, strumenti per la raccolta, contenitori, automezzi, macchine
Conoscenza delle interazioni uomo­macchina/impianto/attrezzatura e gestione della sicurezza sul lavoro
nua crescita della produzione dei rifiuti e la
pressante esigenza di riprogettazione dell’attuale
sistema di smaltimento, per privilegiare
il recupero e il riciclaggio.
La progettazione della raccolta è, ancora
in molti casi, approssimativa e non
unitaria, fatta di aggregazioni successive,
secondo la dinamica che gli addetti ai
lavori chiamano “raccolta aggiuntiva”,
solitamente di basso rendimento, consistente
in circuiti di raccolta del rifiuto differenziato
(contenitori, frequenze, mezzi
e risorse a disposizione della raccolta) sovrapposti
ai circuiti dell’indifferenziato,
priva, perciò, di una visione gestionale
globale.
Affinché si approdi a una logica di integrazione,
l’approccio di organizzazione
dei servizi non deve puntare sulla “standardizzazione”
dei servizi. La diversificazione
è frutto di una progettazione del
servizio funzione della specificità del contesto,
delle risorse disponibili, umane e
tecnologiche, del budget, del tessuto so­
14 agosto 2007 ­ N. 16

ciale e del contesto urbano e suburbano,
degli impianti esistenti e in progetto, risultando,
quindi, frutto di un’analisi a
priori di una serie di variabili progettuali,
quali quelle riassunte in tabella 1.
Tra le variabili operative sono importanti:
l la scelta degli strumenti e dei mezzi di
raccolta (attrezzature, strumenti per la raccolta,
contenitori, automezzi, macchine);
l la presenza di infrastrutture (piattaforme
ecologiche e opere civili connesse);
l il numero e la tipologia di contenitori.
La quantificazione e il posizionamentodeicontenitori
è un momento di progettazione
delicata dell’organizzazione
del servizio, al fine di razionalizzare la raccolta
in rapporto agli obiettivi, qualitativi
e quantitativi, di intercettazione e alla
soddisfazione del cittadino/consumatore/
produttore di rifiuti.
I parametri di riferimento sono:
l la quantità da intercettare a regime,
per le singole frazioni;
l il peso specifico delle singole frazioni;
Le raccolte monomateriali
puntano a intercettare
una particolare e significativa
frazione di rifiuto da inviare
al recupero in purezza
(carta e imballaggi in cartone).
La raccolta domiciliarizzata
consente l’intercettazione
di quote rilevanti con
un elevato grado di purezza
merceologica. Questo metodo
consente di conferire il
materiale all’impianto di
trattamento senza ulteriori
separazioni
14 agosto 2007 ­ N. 16
AMBIENTE
l iltassodiriempimento dei contenitori;
l le frequenze di svuotamento.
Nella tabella 2 è riportata la descrizione di
diverse tipologie di raccolta che costituiscono
un sistema integrato di raccolta. A
ciò si aggiunge il servizio di pulizia e spazzamento
strade che può esserefine (solitamente
manuale) emassivo (meccanizzato).
Il servizio deve essere progettato in via
preliminare onde rispondere a criteri di
ottimizzazione, in funzione:
l delle utenze e della tipologia del differenziato
da raccogliere;
l delle modalità di raccolta più opportune
per ciascun materiale e ogni flusso di
provenienza;
l del dimensionamento dei servizi per
ciascuna tipologia di raccolta;
l delle strategie di formazione/informazione
degli utenti.
Ciò significa che la progettazione preliminare
deve riguardare:
l la raccolta multimateriale e l’aggregazione
di più frazioni;
Tipologie di raccolta
Leraccoltemultimateriali prevedono il conferimento di
più frazioni destinate al riciclo in un unico contenitore. La
separazione dei diversi materiali/prodotti raccolti viene effettuata
successivamente in un apposito “impianto di selezione”.
La raccolta multimateriale è adottata per consentire
un recupero di frazioni ­ in particolare della plastica ­ per
le quali l’alternativa “monomateriale” risulta molto costosa,
distribuendo i costi su più frazioni a differente peso specifico
e valore di mercato. Si distinguono:
• la raccolta multimateriale “leggera”:
­ carta;
­ contenitori per liquidi in plastica;
­ lattine in alluminio e in banda stagnata;
­ stracci;
• la raccolta multimateriale per contenitori per liquidi o
“pesante”:
­ vetro;
­ contenitori per liquidi in plastica;
­ lattine in alluminio ed eventualmente in banda stagnata
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RIFIUTI
Osservatorio INAIL ­ Articolo
l il potenziamento della raccolta della
frazione verde;
l l’equilibrio tra grado di automazione e
domiciliarizzazione per evitare conferimenti
impropri;
l la personalizzazione/domiciliarizzazione
e la responsabilizzazione diretta del
cittadino;
l sistemi di controllo dei conferimenti
per imprese industriali, attività artigianali
o commerciali;
l la raccolta delle frazioni merceologiche
di maggiore valore, per conseguire i
migliori risultati di raccolta differenziata
e, contestualmente, contenerne i costi,
secondo lo schema:
­ vetro (campane e/o cassonetti);
­ carta (monomateriale, domiciliare);
­ umido (domiciliare);
­ verde (a consegna assistita presso strutture
e domiciliare con frequenza opportune
o su chiamata);
­ plastica (campane e/o cassonetti stradali,
domiciliare);
TABELLA 2
Le raccolte a doppio
scomparto sono relativamente
nuove nell’ambito
nazionale e sono basate
sullo stesso concetto della
raccolta multimateriale.
Un aspetto critico è l’organizzazione
operativa (frequenza
e tipologia di materiale
da prelevare) che
deve essere opportunamente
dimensionata al fine
di ottimizzare il carico
ed evitare sbilanciamenti
del mezzo
In generale, sia le raccolte multimateriali sia quelle a doppio scomparto sonosistemiaconsegna di raccolta combinata
e consistono in operazioni di prelievo dei rifiuti presso punti fissi esterni ai luoghi di produzione degli stessi,
mediante specifici e riconoscibilicontenitorisustrada o inpuntidiaccentramento, quali, a titolo di esempio,
campane per il vetro, cassonetti per metalli o altro, contenitori per pile o per farmaci scaduti
Laraccolta“diprossimi­ Laraccoltadomiciliare, o sistema a ritiro, consiste in operazioni di prelievo dei rifiuti
tà” è una raccolta con fre­ presso i luoghi di produzione degli stessi o presso specifici punti di raccolta organizzaquenza
di distribuzione dei ta. Il conferimento da parte degli utenti avviene in sacchi o bidoni. La raccolta porta a
contenitori fortemente ca­ porta può anche essere condominiale servendo più famiglie che usufruiscono di uno
pillarizzata, pur se non do­ spazio dedicato al raggruppamento dei rifiuti. Esistono sistemi “intensivi” con raccolmiciliarizzatata
a domicilio a elevata frequenza che riguardano soprattutto l’umido.
95

RIFIUTI
Osservatorio INAIL ­ Articolo
Costi
operativi
digestione
Costicomuni
Costodelcapitale
• inflazione programmata;
• recupero produttività;
• costi di gestione;
• contributi vari
l il ritiro dei rifiuti ingombranti e la creazione
di centri per la raccolta differenziata
aperti al pubblico;
l l’organizzazione degli orari in funzione
delle esigenze degli utenti;
l la previsione di incremento delle frequenze
presso grandi utenze (grossi condomini
o utenze non domestiche con elevata
produzione specifica) per limitare il
numero di cassonetti;
l le procedure per affrontare in tempi
certi i mancati servizi (rottura mezzi, malattie,
assemblee);
l l’adeguamento o l’implementazione
di sistemi informatici gestionali;
l la gestione delle risorse tecniche (mezzi
e attrezzature) e umane (professionalità
del personale di raccolta) nella transizione
da un modello all’altro.
Efficienza, efficacia
edeconomicitàdelserviziodiraccolta
Affinché un servizio di raccolta, effettivamente
integrato, sia un insieme equili­
96
• frequenza e densità punti
di prelievo (n. svuotamenti);
• quantità di rifiuti raccolti;
• densità urbana, traffico,
orari di raccolta;
• servizi accessori (lavaggio e
manutenzione cassonetti);
• integrazione della raccolta
con lo smaltimento;
• presenza di attività di trattamento;
• livello di sviluppo tecnologico
dell’industria
AMBIENTE
Parametri di costo
Costi
digestione rifiuti
indifferenziati
Costi
digestionerifiuti
differenziati
brato delle diverse modalità di raccolta,
di frequenze di svuotamento opportune,
in relazione agli obiettivi e al contesto
territoriale del servizio da erogare, è necessario
rispettare determinati requisiti
“operativi” che influiscono sull’economia
di gestione.
Esistono in letteratura alcuni contributi per
la valutazione dei costistandard di raccolta
la cui precisione, significatività e affidabilità
variano in base ai vincoli imposti dal
servizio. Le metodologie sono diverse:
l approcci di tipo ingegneristico;
l benchmarking;
l funzioni di costo standard per indicare
casi “anomali da approfondire”;
l “forchette” di valori da utilizzare per
i capitolati di gara al fine di estromettere
le offerte anomale.
Dall’emanazione del D.P.R. n. 158/1999 e
dall’introduzione della “tariffa”, è in uso il
“metodo normalizzato” che si fonda su
una determinazione contabile dei costi e
sulla seguente considerazione; in altri ter­
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Costi di pulizia strade (spazzamento, lavaggio)
Costi di raccolta e trasporto
Costi di trattamento e smaltimento
Costi di raccolta differenziata
TABELLA 3
Costi di trattamento e riciclo al netto della vendita
dei materiali
Costigeneralidigestione,comprensivideicostidelpersonale
(salarioreale)
Costidiaccertamentoriscossioneecontenzioso
Costicomunidiversi
Ammortamenti
Accantonamenti
Remunerazionedel
capitale
Rendimento annuo titoli
Investimenti
Differenza tra investimenti previsti e realizzati nell’anno
• coefficiente di incremento delle entrate entro le scadenze;
• prezzo dell’energia;
• grado di copertura medio dei costi dalla TARSU
mini, il “costo”, che deve essere oggetto
di copertura della tariffa, è quello effettivamente
sostenuto dal gestore.
Secondo alcuni autori, questo metodo
presenta numerosi punti deboli e
un’applicazione insoddisfacente le cui
ragioni risiedono nelle modalità di determinazione
del “limite di prezzo”,
nella scarsità di una reale incentivazione
economica e nel fatto che, nella determinazione
del costo, lo smaltimento
è considerato come un dato esterno
alla gestione, un addendo da sommare
semplicemente agli altri costi sostenuti
dal gestore.
In realtà, la formazione di questa voce di
costo inficia le valutazioni di costo globale
in modo pregnante al punto che
alcuni autori ritengono che debba essere
considerata come voce di costo “interna”
al servizio, in modo da rendere evidente
l’effetto dei costi di smaltimento e
dei contributi di riciclaggio e, dunque,
da compiere le corrette scelte di gestione
14 agosto 2007 ­ N. 16

come, ad esempio, spingere il recupero
di materia, anche sostenendo i maggiori
costi di raccolta differenziata nel breve
termine, in maniera direttamente proporzionale
al costo di gestione delle discariche.
È stato finora sopravvalutato l’effetto dei
cosiddetti fattori “ambientali” locali e
delle variabili che definiscono la qualità
del servizio. In effetti, la specificità locale
influisce esclusivamente sul mix di servizi
ritenuti idonei al contesto, ma non altrettanto
sul costo totale, soprattutto
per la tendenza “smussante” all’esternalizzazione.
È, invece, opinione consolidata
che esistano determinate relazioni:
l fra costo totale della raccolta e del
servizio complessivo e livello di differenziazione,
meno evidente all’aumentare
di questi;
l positiva, fra il grado di copertura dei
costi attraverso la tariffa e il livello qualitativo
del ciclo di servizi attivati (effetto
incentivante della TARSU);
l tra performance qualitative ­ anche
se non sempre a costi inferiori ­ e dimensioni
aziendali, che, tuttavia, non influenzano
l’efficienza e l’efficacia del
servizio;
l tra densità urbana e dimensioni dei
centri e costi di produzione.
Inoltre, all’aumentare della domiciliarizzazione
dei servizi di raccolta, crescono
gli utili per l’umido e la carta in termini di
quantitativi recuperati, ma anche i costi.
Da quanto detto si evince che sarebbe
opportuno valutare complessivamente i
costi ­ e gli utili ­ di ogni flusso in modo
integrato poiché le variazioni di uno possono
influenzare, positivamente o negativamente,
i costi di un flusso diverso;
esempio ne sia il fatto che il raggiungimento
di alte rese di intercettazione di
alcune frazioni (come quella umida e gli
imballaggi) possono consentire la modifica
del sistema complessivo di raccolta,
con diminuzione della frequenza e variazione
della modalità di raccolta del rifiuto
indifferenziato.
In conclusione, un sistema di raccolta e
trasporto non “costa” per la quantità di
rifiuti intercettati, ma per la sua configurazione
operativa complessiva (risorse
umane e tecnologiche, frequenze di raccolta,
punti di prelievo, ecc.), reale para­
14 agosto 2007 ­ N. 16
AMBIENTE
metro da considerare come costo complessivo,
utile per determinare la “competitività
economica” di un sistema di
raccolta, oltre che la sua efficacia in termini
di quantità/qualità della raccolta
differenziata. Un’indicazione circa i parametri
di costo da utilizzare è fornita dalla
tabella 3.
Una parentesi a parte meritano i costi del
personale, spesso utilizzati per la determinazione
dei parametri di efficienza e
produttività (si veda il box di approfondimento).
Questi comprendono elementi retributivi,
indennità, oneri aggiuntivi, oneri
previdenziali e assistenziali, TFR e varie.
Le oscillazioni relative ai costi del personale
operativo ai vari livelli, peraltro piuttosto
elevate in alcuni casi, anche a fronte di un
numero di unità invariato o addirittura diminuito,
sono poco significative se paragonate
ai costi dei mezzi; la progettazione
del servizio dovrebbe valutare attentamente
questo dato scaturito dall’osservazione
di alcune aziende del territorio italiano poiché
l’elevata meccanizzazione del sistema
e la conseguente riduzione dei costi delle
risorse umane può condurre a maggiori
costi di investimento e gestione dei mezzi
e attrezzature. Inoltre, un grado spinto di
automazione non consente una struttura
flessibile per soddisfare le esigenze diversificate,
impedendo, dunque, l’adozione di
unmix di servizi in grado di essere efficiente,
efficace ed economico.
La normativa italiana, allo stato attuale,
non è chiara in materia di regolamentazione
economica del settore della gestione
dei rifiuti o, nel caso specifico, del servizio
di raccolta e di igiene urbana, benché, in
passato, si fosse tentato un approccio legislativo
per creare una base di riferimento e
garantire standard di qualità minimi di
qualità del servizio omogenei in tutto il
Paese.
Sia il D.Lgs. n. 22/1997 che stabiliva come
la gestione dei rifiuti dovesse essere effettuata
secondo criteri di efficacia, efficienza
ed economicità, sia il D.P.R. n. 158/
1999, hanno prodotto indicazioni sicuramente
utili, ma di scarsa applicabilità, mai
approfondite né concretizzate da ulteriori
elementi o dalla definizione di standard
minimi da rispettare, di tipo tecnico o economico
o da linee di indirizzi di competenza
dello Stato.
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RIFIUTI
Osservatorio INAIL ­ Articolo
La definizione distandard economici di carattere
applicativo risulterebbe di grande
utilità all’atto di affidamento del servizio
con gara, nel quale rappresenterebbero alcuni
dei “requisiti minimi” necessari per la
partecipazione alla stessa; la loro adozione
potrebbe, inoltre, risultare significativa per
valutare i costi dei gestori con affidamenti
diretti e delle raccolte differenziate, calcolare
la tariffa, facilitare le procedure di gara
e definire i piani di ambito.
Sulla base di queste osservazione e benché
l’omogeneizzazione del servizio abbia raggiunto
un livello tale per cui le variazioni
dei costi si muovono entro limiti noti, anche
se condizionati da elementi territoriali,
organizzativi, tecnologici e gestionali, la
definizione di:
l standard tecnici per le caratteristiche
dei servizi;
l standard di servizio, relativi alle prestazioni
e alle modalità operative;
l standarddiqualità, capaci di incentivare
il servizio offerto,
potrebbe apportare interessanti sviluppi di
miglioramento, in funzione del contesto
dell’area interessata, dalla qualità del servizio
preesistente e di tutti gli aspetti gestionali
e di tempistica.
Gli standard dovrebbero comprendere, in
ampiezza, l’intero spettro di conformazioni
sociali e territoriali presenti sul territorio
nazionale e adattarsi alle realtà territoriali
più diverse.
Nel 2004, l’APAT, sulla base del documento
del 2001 «Definizionedistandardtecnici
nei servizi di igiene urbana», ha avviato
una raccolta con amministrazioni locali,
consorzi e aziende di servizio, di informazioni
tecniche ed economiche circa i servizi
di igiene urbana, finalizzate a definire parametri
e indici di riferimento per la realizzazione
di servizi connessi alle attività di
gestione dei rifiuti. Ciò al fine di costruire
un riferimento per la stesura di bandi di
gara pubblica per l’assegnazione dei servizi
e per una valutazione dell’efficienza e
della qualità degli stessi. A tutt’oggi, l’individuazione,
la definizione e l’adozione di
questi standard rimane, comunque, un
nodo da sciogliere, che, in ogni caso, dovrebbe
perseguire i seguenti obiettivi:
l definire linee guida condivise per la
progettazione dei servizi stessi da parte degli
operatori;
97

RIFIUTI
Osservatorio INAIL ­ Articolo
l consentire l’elaborazione dei documenti
di gara (capitolati, bandi) e degli
elementi contrattuali (contratti di appalto
o di servizio) in modo omogeneo, al
fine di una più precisa comparazione dei
costi;
l consentire la definizione delle carte di
servizio per gli utenti;
l consentire l’aggiornamento del servizio
in armonia con le modifiche normative e
l’andamento dei mercati;
l definire requisiti per l’iscrizione all’Albo
98
AMBIENTE
PARAMETRI DI EFFICIENZA E PRODUTTIVITÀ
Possono essere ritenuti parametri di efficienza e produttività i seguenti rapporti:
• costi/abitante;
• costi/utente;
• costi/kg raccolto;
• costi/contenitore stradale svuotato;
• contenitori stradali svuotati per turno;
• costi/addetto: indice di produttività del lavoro;
• rifiuti raccolti/addetto: indice di produttività fisica del lavoro;
• costi personale su costi totali: indice di intensità del lavoro;
• costi industriali su costi totali;
• ammortamenti su costi totali;
• costi /rifiuti raccolti per modulo;
• costi/cassonetto lavato;
• costi/km spazzato (meccanizzato);
• costi/ore lavorate;
• km spazzati /addetto;
• costi/rifiuti trasportati a km;
• indicatori di produzione totale e diperformance.
dei gestori ambientali, alle associazioni di
categoria e ai consorzi;
l consentire una dettagliata valutazione
dei costi del servizio, al fine di progettare
gli stessi in funzione dell’obiettivo prioritario
di contenimento dei costi di esercizio.
Conclusioni
Gestione integrata dei rifiuti, personalizzazione
dei servizi, definizione di standard
economici, tecnici e di qualità sono
gli elementi fondamentali per assicurare
BIBLIOGRAFIA
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un’elevata protezione dell’ambiente e
della salute dell’uomo, nell’ottica di un
uso razionale delle risorse e con l’obiettivo
di minimizzare i costi dello stesso servizio.
La gestione dei rifiuti è un’attività di
pubblico interesse e come tale deve
contenere anche la tutela dell’uomo­lavoratore,
al momento non ricompresa,
come visto, tra i parametri di progettazione
del servizio, in termini sociali, tecnici
ed economici. l
1. AA.VV., “La sicurezza per gli operatori negli impianti di trattamento e stoccaggio dei rifiuti solidi urbani” INAIL, 2005
2. Agenzia Regione Recupero Risorse, “La raccolta differenziata dei rifiuti nella città di Pisa. Analisi di soddisfazione
del servizio porta a porta”, 2004www.comune.pisa.it/doc/ambiente/pdf/Simurg.pdf
3. ATO 5 Bologna e Provincia di Bologna ­ AA.VV. ­ Atti del Workshop “Gestione dei rifiuti e raccolta differenziata.
Modelli a confronto”, luglio 2006 http://www.rifiutilab.it/
4. ANPA ­ Rapporto Rifiuti 2001, 2002, 2003, 2004, 2005
5. F. Biagi, A. Massarutto, “Efficienza e regolamentazione nei servizi pubblici locali: il caso dell’igiene urbana: stato
o mercato? Intervento pubblico e architettura dei mercati” XIII Conferenza SIEP Pavia, 2001
6. P. De Luca, A. Franchi, V. Pesarino, E. Capraro, D. Limberti, A. De Maio, “Analisi dell’economicità e dell’efficienza
della gestione dei rifiuti urbani”, III Rapporto APAT, 2004­2005
7.www.apat.gov.it/site/files/Pubblicazioni/areeurbane2006/appendice.p
8. ONR ­ ANPA, “Definizione di standard tecnici di igiene urbana” ­ Manuali e linee guida 6/2001
9. M. Ricci, A. Tornavacca, C. Francia, “Gestione integrata dei rifiuti urbani: analisi comparata dei sistemi di
raccolta” Federambiente 2003
10. Tornavacca, “L’efficacia economica e quali­quantitativa dei nuovi modelli di raccolta differenziata integrata in
relazione all’obiettivo di riduzione della produzione di RU” Scuola Agraria del Parco di Monza
11. Gruppo di Studio sul Compostaggio e la Gestione Integrata dei Rifiuti ­ 2004.
14 agosto 2007 ­ N. 16

Energia Energia termica
14 agosto 2007 ­ N. 16
Indifferenziato in discarica
Energia
elettrica
Energia
termica
AMBIENTE
Sistema integrato di gestione dei rifiuti
Discarica
Compost
Digestione
anaerobica
Energia elettrica Energia termica
Riutilizzazione
Destinazione di rifiuti totali
Termovalorizzazione
Vetro Carta Metalli Plastica Ingombranti Inerti Umido Verde
Recupero
Raccolta frazioni
Energia Energia termica
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RIFIUTI
Osservatorio INAIL ­ Articolo
Invio a smaltimento
Discarica
Termovalorizzazione
Stabilizzazione
Invio a recupero
Secco
Umido
Energia termica
Trattamento
Digestione
anaerobica
Energia
Figura 1
99

RIFIUTI
Commento
AMBIENTE
Veicoli per spurgo pozzi neri e pozzetti stradali abilitati anche alle categorie 3 e 5
Trasporto, iscrizione e fideiussioni:
le novità dall’Albo gestori ambientali
diRosannaLaraia, presidenteAlbogestoriambientali
Èconsentital’iscrizioneall’Albo
deiveicoliadibitialtrasporto
specificospurgopozzineri
epozzettistradalianchealla
categoria3eallacategoria5;
incasodiiscrizionepienamente
efficace,ancheseriferita
aimpresasottopostaaprocedura
concorsuale,nullaostaal
trasferimentodell’iscrizione
stessaaseguitodicessione
diazienda,odiramod’azienda,
nelrispettodiquantoprevisto
dalcitatoarticolo15,D.M.
n.406/1998ediquantostabilito
dallostessoComitatonazionale
inmateriadivariazioni
dell’iscrizione;comeaggiornare,
aseguitodell’entratainvigore
deldecretolegislativo3aprile
2006,n.152,iriferimenti
normativicontenutineglischemi
deicontrattifideiussori
chedevonoesserestipulatiaifini
dellaprestazionedellegaranzie
finanziariecuièsubordinata
l’iscrizioneall’Albo.Questiitemi
alcentrodelletrecircolari
dell’Albogestoriambientalinn.
1126/ALBO/PRES,1131/ALBO/PRES
e1197/ALBO/PRES.
100
gestori ambientali è intervenuto
con tre circolari per
L’Albo
fornire indicazioni alle sezioni
regionali e provinciali, nonché agli
operatori economici interessati in
materia di:
l veicoli adibiti al trasporto di rifiuti
speciali liquidi (circolare 29
maggio 2007, Prot. n. 1126/ALBO/
PRES);
l trasferimento ad altro soggetto
dell’iscrizione all’Albo Gestori Ambientali
unitamente all’azienda o al
ramo di azienda (circolare 29 maggio
2007, Prot. n. 1131/ALBO/
PRES);
l fideiussioni per l’iscrizione all’Albo
Nazionale Gestori Ambientali
(circolare 31 maggio 2007, Prot. n.
1197/ALBO/PRES).
Iltrasportodirifiuti
specialiliquidi
La circolare 29 maggio 2007,
Prot. n. 1126/ALBO/PRES fornisce
chiarimenti circa le tipologie di rifiuti
trasportabili da veicoli adibiti al trasporto
specifico di spurgo pozzi neri
e pozzetti stradali.
In particolare, ai sensi del provvedimento,
è consentita l’iscrizione all’Albo
dei veicoli in questione anche
alla categoria 3 relativa alla raccolta
e trasporto di rifiuti pericolosi ammessi
al regime delle procedure semplificate
e alla categoria 5 sul trasporto
di rifiuti pericolosi.
La circolare si è resa necessaria al
fine di adeguare le disposizioni dell’Albo
a quanto disposto in materia
dal Ministero dei Trasporti e della
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navigazione, tramite l’emissione di
apposite circolari; in particolare:
l con la circolare D.G. 22 dicembre
1997, n. 138/97 prot. n. 2753/4203/
L, il Ministero dei Trasporti e della
navigazione, per adeguarsi alla nuova
disciplina dettata dal D.Lgs. n. 22/
1997, aveva disposto che i veicoli
adibiti al trasporto specifico spurgo
pozzi neri e pozzetti stradali potessero
effettuare, compatibilmente con il
loro regime autorizzativo, il trasporto
dei rifiuti speciali liquidi, fatta eccezione
dei rifiuti classificati tossici e
nocivi ai sensi dell’articolo 2, comma
4, punti 1), 2) e 5), D.P.R. n. 915/
1982 e di quelli aventi caratteristiche
di pericolosità ai sensi del citato
D.Lgs. n. 22/1997. La stessa circolare
ribadiva l’obbligo dei veicoli di
rispondere, per la loro approvazione
tecnica, alle prescrizioni dettate con
le circolari dello stesso Ministero
(D.G. 20 ottobre 1995, n. 174/95;
D.G. 4 aprile 1996, n. 47/96 e D.C.
IV 2 settembre 1997, n. B092). L’Albo,
di conseguenza, aveva limitato le
iscrizioni delle imprese munite dei
veicoli in questione alle sole categorie
relative al trasporto dei rifiuti non
pericolosi (categorie 2 e 4);
l con la circolare 21 maggio 2007,
prot. 47599, il Ministero dei Trasporti
è intervenuto nuovamente a regolamentare
la materia, disponendo che i
veicoli adibiti al trasporto specifico
spurgo pozzi neri e pozzetti stradali
potessero essere utilizzati per il trasporto
dei rifiuti speciali liquidi, fatta
eccezione per quelli rientranti nella
classificazione delle merci pericolose
14 agosto 2007 ­ N. 16

ai sensi della vigente normativa
ADR.
La circolare del 2007 ha, di conseguenza,
abrogato la precedente circolare
22 dicembre 1997, n. 138/97.
Anche in questo caso, l’Albo ha
ritenuto di adeguarsi ai nuovi orientamenti
del Ministero dei Trasporti e
della navigazione, consentendo ai veicoli
adibiti al trasporto specifico
spurgo pozzi neri e pozzetti stradali
di iscriversi anche nelle categorie 3 e
5 relative al trasporto dei rifiuti pericolosi,
purché questi rifiuti non ricadano
nell’ambito della disciplina
ADR.
Al riguardo, va rilevato che le caratteristiche
di pericolo di cui all’Allegato
I alla parte IV, decreto legislativo
3 aprile 2006, n. 152, in materia
di classificazione di rifiuti pericolosi,
non corrispondono perfettamente con
quelle della disciplina tecnica ADR.
Questa impostazione fa sì che alcune
tipologie di rifiuti classificati
come pericolosi ai sensi della vigente
normativa sui rifiuti non siano assoggettati
alla disciplina ADR; un esempio
è dato dalla maggior parte dei
rifiuti classificati come cancerogeni,
mutageni o tossici per il ciclo riproduttivo.
Trasferimento dell’iscrizione
all’Albo
La circolare 29 maggio 2007,
Prot. n. 1131/ALBO/PRES è intervenuta
a fornire chiarimenti alle sezioni
regionali e provinciali dell’Albo nonché
agli operatori economici interessati
in materia di trasferimento ad altro
soggetto dell’iscrizione all’Albo
gestori ambientali.
Da tempo, il Comitato nazionale
dell’Albo, nell’ambito dell’attività di
esame dei ricorsi presentati dai soggetti
interessati avverso le delibera-
[1] In Gazzetta Ufficiale del 26 giugno 1999, n. 148.
[2] In Gazzetta Ufficiale del 14 aprile 2004, n. 87.
[3] In Gazzetta Ufficiale del 17 settembre 2005, n. 217.
14 agosto 2007 ­ N. 16
AMBIENTE
zioni delle sezioni regionali e provinciali
(art. 20, D.M. n. 406/1998), ha
ammesso la possibilità, in caso di curatela
fallimentare di impresa iscritta
all’Albo e dichiarata fallita, di trasferire
ad altro soggetto l’iscrizione all’Albo
unitamente all’azienda o al ramo
d’azienda. Questa fattispecie va
inquadrata e disciplinata nell’ambito
di quanto previsto dall’articolo 15,
citato D.M. n. 406/1998 in materia di
variazioni dell’iscrizione.
Con la circolare in questione si
afferma, dunque, che, in caso di iscrizione
pienamente efficace, anche se
riferita a impresa sottoposta a procedura
concorsuale, nulla osti al trasferimento
dell’iscrizione stessa a seguito
di cessione di azienda, o di ramo
d’azienda, nel rispetto di quanto previsto
dal citato articolo 15, D.M. n.
406/1998 e di quanto stabilito dallo
stesso comitato nazionale in materia
di variazioni dell’iscrizione.
Icontrattifideiussori
La circolare del 31 maggio 2007
Prot. n. 1197/ALBO/PRES riguarda
l’aggiornamento, a seguito dell’entrata
in vigore del decreto legislativo
3 aprile 2006, n. 152, dei riferimenti
normativi contenuti negli schemi dei
contratti fideiussori che devono essere
stipulati ai fini della prestazione
delle garanzie finanziarie cui è subordinata
l’iscrizione all’Albo.
La materia delle modalità e degli
importi delle garanzie finanziarie per
l’iscrizione nelle diverse categorie
dell’Albo gestori ambientali è attualmente
disciplinata dal:
l D.M. 8 ottobre 1996, modificato
con D.M. 23 aprile 1999 «Modalità
e importi delle garanzie finanziarie
a favore dello Stato da
parte delle imprese esercenti attività
di trasporto dei rifiuti» [1] ;
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RIFIUTI
Commento
l D.M. 5 febbraio 2004 «Modalità
ed importi delle garanzie finanziarie
che devono essere prestate a favore
dello Stato dalle imprese che effettuano
le attività di bonifica dei beni
contenenti amianto» [2] ;
l D.M 5 luglio 2005 «Modalità e
importi delle garanzie finanziarie
che devono essere prestate a favore
dello Stato dalle imprese che effettuano
le attività di bonifica dei siti
inquinati» [3] .
In questi provvedimenti sono
contenuti gli schemi dei contratti
fideiussori che devono essere stipulati
ai fini della prestazione delle
garanzie finanziarie; in particolare,
nei decreti relativi alle garanzie finanziarie
per l’attività di trasporto
e di bonifica dei siti, in materia di
risarcimento del danno ambientale
si fa riferimento all’articolo 18,
legge n. 349/1986, abrogata dal
D.Lgs. n. 152/2006.
La nuova disciplina del danno
ambientale è, infatti, contenuta nella
parte VI («Norme in materia di tutela
risarcitoria contro i danni all’ambiente»)
del citato D.Lgs. n. 152/
2006 e costituisce il recepimento della
direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità
ambientale in materia di prevenzione
e riparazione del danno ambientale.
In attesa della modifica normativa
dei decreti ministeriali, il Comitato
nazionale ha ritenuto che le sezioni
regionali e provinciali, preposte all’accettazione
delle garanzie finanziarie
in esame, dovessero, comunque,
richiedere alle imprese interessate
di applicare la nuova disciplina,
sostituendo negli schemi dei contratti
fideiussori i riferimenti «all’articolo
18 della legge 8 luglio 1986, n. 349»
con «ai sensi della parte VI del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n.
152». l
101

102
RIFIUTI
Documentazione
AMBIENTE
Circolare del Comitato nazionale Albo gestori ambientali
29 maggio 2007, Prot. n. 1126/ALBO/PRES
Veicoli adibiti al trasporto di rifiuti speciali liquidi
Con la circolare del Ministero dei Trasporti e della
navigazione D.G n. 138/1997 prot. n. 2753/4203/L del 22
dicembre 1997 era stato disposto che i veicoli adibiti al
trasporto specifico spurgo pozzi neri e pozzetti stradali
potessero effettuare, compatibilmente con il loro regime
autorizzativo, il trasporto dei rifiuti speciali liquidi, ad
esclusione di quelli aventi caratteristiche di pericolosità ai
sensi del D.Lgs. n. 22/1997 (all. 1). L’Albo ha tenuto
conto di detta circolare ed ha limitato, di conseguenza, le
iscrizioni delle imprese munite dei suddetti veicoli alle
sole categorie relative al trasporto dei rifiuti non pericolosi
(categorie 2 e 4). Successivamente lo stesso Ministero dei
Trasporti, con circolare prot. 47599 del 21 maggio 2007,
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che ha abrogato la precedente circolare del 22 dicembre
1997, ha disposto che i veicoli adibiti al trasporto specifico
spurgo pozzi neri e pozzetti stradali possono essere utilizzati
per il trasporto dei rifiuti speciali liquidi, fatta esclusione
per quelli rientranti nella classificazione delle merci
pericolose ai sensi della vigente normativa ADR (all. 2).
Sulla base di queste ultime disposizioni, il Comitato Nazionale
ha ritenuto che i veicoli in esame possono essere
utilizzati per l’iscrizione sia nelle categorie 2 e 4, sia nelle
categorie 3 e 5, relative al trasporto dei rifiuti pericolosi,
purché i rifiuti che si intendono trasportare non rientrino
nel campo di applicazione della disciplina ADR. Restano,
ovviamente, salve le eventuali limitazioni imposte dai titoli
autorizzativi in possesso dell’impresa. l
Circolare del Comitato nazionale Albo gestori ambientali
29 maggio 2007, Prot. n. 1131/ALBO/PRES
Alcune Sezioni regionali hanno chiesto di sapere se la
curatela fallimentare di impresa iscritta all’Albo e dichiarata
fallita possa trasferire ad altro soggetto l’iscrizione
all’Albo unitamente all’azienda, o al ramo d’azienda, cui
appartiene l’iscrizione. Al riguardo, il Comitato Nazionale
ha ritenuto che in caso di iscrizione pienamente effica-
ce, anche se riferita ad impresa sottoposta a procedura
concorsuale, nulla osti al trasferimento dell’iscrizione
stessa a seguito di cessione di azienda, o di ramo d’azienda,
nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 15 del
D.M. n. 406/1998 e di quanto stabilito dallo stesso Comitato
Nazionale in materia di variazioni dell’iscrizione. l
Circolare del Comitato nazionale Albo gestori ambientali
31 maggio 2007, Prot. n. 1197/ALBO/PRES
Fideiussioni per l’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali
Con D.M. 8 ottobre 1996, modificato con D.M. 23
aprile 1999, (modalità e importi delle garanzie finanziarie
per l’iscrizione delle imprese di trasporto dei rifiuti) e con
D.M. 5 luglio 2005 (modalità e importi delle garanzie
finanziarie per l’iscrizione delle imprese che effettuano la
bonifica dei siti inquinati) sono stati approvati gli schemi
dei contratti fideiussori che devono essere stipulati ai fini
della prestazione delle garanzie finanziarie cui è subordinata
l’iscrizione all’Albo. In coerenza con le nuove disposizioni
legislative introdotte dal D.Lgs. n. 152/2006, è
stata rilevata la opportunità di modificare i suddetti schemi
contrattuali nelle parti in cui si rinvia all’articolo 18
della legge 8 luglio 1986, n. 349, ormai abrogato e sosti-
tuito dalla parte VI del D.Lgs. n. 152/2006. Pertanto, il
Comitato Nazionale dell’Albo, nell’attesa del previsto aggiornamento
in via normativa, ha disposto quanto segue:
l negli schemi di contratto dove sono riportate le parole
“ai sensi dell’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n.
349”, le stesse devono essere sostituite con le seguenti:
“ai sensi della parte VI del decreto legislativo 3 aprile
2006, 152”.
l la lettera b) dell’articolo 6 degli schemi di contratto
deve essere sostituita con la seguente: “b) per quel che
riguarda il ristoro di ulteriori danni all’ambiente ai sensi
della parte VI del decreto legislativo 3 aprile 2006, 152, la
Società provvederà al pagamento secondo le procedure
previste dal medesimo decreto legislativo”. l
14 agosto 2007 ­ N. 16

AMBIENTE
TUTELA AMBIENTALE
Articolo
Prima della definitiva approvazione devono essere rimosse alcune criticità residue
Penalizzazione dei delitti ambientali:
quali novità dal disegno di legge?
diFrancescoCastoldi, B&PAvvocati
Traipuntidegnidinotadeld.d.l.
governativorecante«Disposizioni
concernentiidelitticontro
l’ambiente»,approvatodurante
lasedutadelConsiglio
deiMinistridel24aprile2007:
ilprincipiogenerale
diresponsabilitàpenaleincampo
ambientale,iltentativo
delLegislatorediconcentrarsi
sulleformediinquinamento
sostanzialeecollegareaqueste
ultimelegravifattispecie
delittuose,lenotevoli
diminuzionidipenaincaso
diravvedimentooperoso
delreoel’estensionedeiprincipi
diresponsabilitàdellapersona
giuridica.Nonmancano,tuttavia,
lecriticitàchesiauspicasiano
attentamenteconsiderateprima
delladefinitivaapprovazione.
Previsti,comunque,tempilunghi
perl’approvazionedefinitiva;
inoltre,incasodimancata
adozionedeidecretilegislativi
necessariarendereefficace
ildisegnodilegge,l’intero
progettodiriforma
potrebbearrestarsi.
14 agosto 2007 ­ N. 16
Il Consiglio dei Ministri, durante
la seduta del 24 aprile 2007, ha
approvato un disegno di legge governativo
recante «Disposizioni concernenti
i delitti contro l’ambiente».
Articolo1
L’articolo 1 del provvedimento
prescrive l’introduzione di nuovi reati
ambientali nel codice penale attualmente
vigente, mediante l’inserimento
di un apposito titolo VI-bis, relativo
ai «Delitti contro l’ambiente». I
principali illeciti penali (configurati,
appunto, come delitti) sono riportati
in tabella 1.
Con questo disegno di legge, il
Governo ha, inoltre, previsto (art.
452-terdecies) la possibilità di applicare
pene ulteriori e accessorie, come
l’interdizione, cioè l’esclusione
temporanea dai pubblici uffici e dagli
uffici direttivi delle persone giuridiche
e delle imprese, l’incapacità di
contrattare con la pubblica amministrazione
o la confisca del materiale
utilizzato per il traffico illecito di rifiuti.
Il disegno di legge introduce,
inoltre, l’obbligo per il condannato, su
ordine del giudice e a seguito della
sentenza di condanna o dell’applicazione
di una pena ridotta su richiesta
(cosiddetto patteggiamento), di procedere
alla bonifica, al recupero e ove
tecnicamente possibile, al ripristino
dello stato dei luoghi (art. 452-quaterdecies
c.p.). Chiunque violi quest’obbligo,
è ulteriormente punito con
la reclusione da uno a quattro anni.
Il disegno di legge prevede, infi-
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ne, la punibilità di alcuni dei menzionati
delitti anche se commessi a titolo
colposo - ovviamente con una pena
ridotta (la metà di quella prevista per
il corrispondente reato doloso: art.
452-duodecies c.p.) - e introduce forti
sconti di pena in caso di ravvedimento
operoso (art. 452-quinquiesdecies
c.p.) e cause di non punibilità
collegate alla volontaria rimozione
del pericolo o eliminazione del danno
«prima che sia esercitata l’azione
penale» (art. 452-sexiesdecies c.p.).
Articolo2
L’articolo 2 del disegno di legge
prevede l’inserimento di una specifica
norma sui reati ambientali anche
nel decreto legislativo 8 giugno
2001, n. 231 [1] , relativo alla responsabilità
amministrativa delle persone
giuridiche (il nuovo art. 25-sexies
D.Lgs. n. 231/2001), che prescrive,
in particolare, specifiche sanzioni pecuniarie
e interdittive a carico dell’ente
o impresa per i delitti già analizzati.
Se l’attività svolta dalla persona
giuridica è effettuata allo scopo
(unico o prevalente) di consentire o
agevolare la commissione dei delitti
di traffico illecito di rifiuti e di materiale
radiogeno e nucleare, la pena
prevista dalla nuova norma è la chiusura
dell’attività (mediante interdizione
definitiva dall’esercizio) [2] .
Articolo3
L’articolo 3 delega il governo, a
seguito dell’entrata in vigore del disegno
di legge in esame, a riordinare,
[1] «Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità
giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300» (in Gazzetta Ufficiale del 19 giugno 2001, n. 140).
[2] Secondo quanto già previsto dall’art 16, comma 3, D.Lgs. n. 231/2001.
103

TUTELA AMBIENTALE
Articolo
entro diciotto mesi, le norme sugli
illeciti penali e amministrativi in materia
di difesa dell’ambiente e del territorio,
nonché a prevedere modalità
di estinzione agevolata delle sanzioni
conseguenti a questi illeciti.
Articolo5
L’articolo 5 specifica, infine, che
solo dopo che saranno stati emanati i
decreti legislativi “di riordino e coordinamento”
previsti dall’art. 3, gli articoli
1 e 2 del disegno di legge in
esame potranno acquistare efficacia
(e sarà perciò concretamente possibile
applicare le nuove figure di delitto).
Il disegno di legge si inserisce nel
quadro che si delinea in sede comunitaria,
a seguito delle proposte formulate
dal Parlamento europeo in data
9 febbraio 2007, relative alla tutela
penale dell’ambiente [3] .
Tempidiapprovazione
Nonostante l’indubbia urgenza e la
rilevanza dei temi trattati, è prevedibile
che i tempi di approvazione del
disegno di legge siano lunghi. Inoltre,
in base all’art. 5 già analizzato, l’efficacia
del disegno di legge è, a sua
volta, subordinata all’emanazione di
successivi decreti legislativi di coordinamento
tra i nuovi reati e le sanzioni
penali già esistenti in campo ambientale.
In caso di mancata adozione dei
decreti legislativi, l’intero progetto di
riforma potrebbe arrestarsi.
Profiliapprezzabili
Tra i principali profili apprezzabili
del disegno di legge possono elencarsi
sicuramente i seguenti:
104
AMBIENTE
l viene accolto un principio generale
di responsabilità penale in campo
ambientale, con allungamento dei
tempi di prescrizione, almeno per le
forme più gravi di illecito e conseguente
maggiore effettività e certezza
della pena per i delitti contro l’ambiente
(classificati per lo più come
delitti di pericolo). Inoltre, viste le
rilevanti sanzioni penali previste per i
nuovi delitti, sarà possibile l’utilizzo
di mezzi di ricerca della prova notevolmente
invasivi, come le intercettazioni
telefoniche e delle conversazioni
tra i presenti, ai sensi dell’art.
266 cpp. [4] .
l il Legislatore ha cercato, per
quanto possibile, di concentrarsi sulle
forme di inquinamento sostanziale
e collegare a queste ultime le gravi
fattispecie delittuose di cui è prevista
l’introduzione;
l i gravi reati introdotti sono temperati
da notevoli diminuzioni di pena
(dalla metà fino ai due terzi), in caso
di ravvedimento operoso del reo
(bozza di art. 452-quinquiesdecies
c.p.). Nella visione del Governo, la
figura del ravvedimento operoso è
funzionale a stimolare tutta una serie
di attività di collaborazione con le
forze dell’ordine. Lo spirito “collaborazionistico”
del reo sarà rilevante, in
particolare, per fronteggiare i reati
cosiddetti di “eco-mafia”, cioè commessi
tramite la costituzione di associazioni
per delinquere di cui alla
bozza di art. 452-nonies c.p.;
l grande importanza riveste l’estensione
dei principi di responsabilità
della persona giuridica, attraverso
l’introduzione dei delitti ambientali
di cui all’art. 1 del disegno di legge
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alle persone giuridiche. L’obiettivo,
sulla base dei principi generali ispiratori
del D.Lgs. n. 231/2001 [5] , è quello
di coinvolgere nella punizione di
taluni illeciti penali direttamente gli
enti che abbiano tratto vantaggio dalla
commissione del reato, indebolendone
l’organizzazione.
Criticità
Non mancano, per contro, diverse
criticità; le più evidenti sono le seguenti:
l il Legislatore non ha ben definito
il confine esistente tra le forme più
gravi di reato e le semplici violazioni
di natura amministrativa. Pare eccessiva
l’estensione di fattispecie di reato
anche a mere violazioni di obblighi
autorizzatori e di registrazione
documentale, come per esempio l’erronea
tenuta dei documenti necessari
per il trasporto dei rifiuti [6] ;
l la definizione di “falso” è formulata
in termini che appaiono incompatibili
con le esigenze di precisione
dei precetti penali. La norma sul falso
si riferisce, infatti, genericamente
alla falsificazione di tutta la “documentazione
prescritta”, senza svolgere
le necessarie distinzioni tra i vari
documenti [7] ;
l genera forti dubbi la proposta di
art. 452-sexiesdecies c.p., che introduce
una causa di esclusione di
punibilità per il soggetto che «volontariamente»,
prima dell’esercizio
dell’azione penale, nella forma
del rinvio a giudizio, rimuova il pericolo
o elimini il danno da lui provocato,
attuando un ripristino. Oltre
all’eccessiva vaghezza dell’espressione
«volontariamente», la norma
[3] COM 2007/51. La proposta, peraltro, ha recepito la sentenza emessa dalla Corte europea di Giustizia del 13 settembre 2005 (causa
C-176/03, Commissione contro Consiglio), con la quale la Corte aveva annullato la precedente decisione quadro del Consiglio n.
2003/80/GAI sulla protezione dell’ambiente.
[4] Questa norma pone, come limite per poter esperire questi mezzi di ricerca della prova, la pena superiore nel massimo a cinque anni
di reclusione.
[5] Com’è noto, il D.Lgs. n. 231/2001, ha introdotto nell’ordinamento italiano un regime di responsabilità amministrativa (riferibile
sostanzialmente alla responsabilità penale) a carico degli enti per alcuni reati commessi, nell’interesse o a vantaggio degli stessi, da
rappresentanti, amministratori e dirigenti o da loro dipendenti.
[6] Come per esempio, il registro di carico e scarico, la cui omessa o erronea tenuta è attualmente sanzionata, ai sensi dell’art. 258,
D.Lgs n. 152/2006, con sanzioni pecuniarie amministrative.
[7] Vi sono enormi differenze, per esempio, tra una erronea indicazione, magari dell’indirizzo della società, su un registro di carico e
scarico e una falsificazione della tipologia del rifiuto in un formulario di identificazione per rifiuti pericolosi.
14 agosto 2007 ­ N. 16

così formulata, sottrae alla punizione
tutti quei reati di cui sia possibile
rimuovere il risultato dannoso
prima della chiusura delle indagini
preliminari; è, infatti, solo con la
chiusura delle indagini che il PM
esercita l’azione penale, ai sensi
dell’art. 405 c.p.p. [8] ;
14 agosto 2007 ­ N. 16
AMBIENTE
l ulteriori fondamentali espressioni
utilizzate dal disegno di legge sono
vaghe e poco chiare; in particolare,
l’espressione «qualunque compromissione
all’ambiente», non accompagnata
da alcun riferimento alla
“gravità”, e il nuovo concetto di disastro
ambientale [9] .
Principaliillecitipenaliambientali
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TUTELA AMBIENTALE
Articolo
Conclusione
In conclusione, alla notevole importanza
del disegno di legge governativo,
sicuramente opportuno, si sovrappongono
numerosi profili di criticità
dello stesso, che si auspica siano
attentamente considerati prima
della definitiva approvazione. l
Fattispecie Descrizione Penaprevista
Inquinamento
ambientale
(art.452-bisc.p.)
Danno ambientale.
Pericoloperlavita
ol’incolumità
personale
(art.452-terc.p.)
Disastro ambientale
(art.452-quaterc.p.)
Alterazionedel
patrimonio naturale,
dellaflora
edellafauna
(art.452-quinques
c.p.)
Trafficoillecito
dirifiuti
(art.452-septiesc.p.)
Ildelittoècaratterizzatodaimmissioniillegittime
nell’ambiente che creino, o anche
solo contribuiscano a determinare, il
pericoloconcretodiundannodurevoleo
rilevanteaibeniambientali(comprendenti
suolo, sottosuolo, acque, aria e flora e
faunaselvatiche).
Perché si verifichi questo delitto, è necessario
che l’ambiente sia stato effettivamente
compromesso in modo durevole e
rilevante.
La norma introduce il delitto di disastro
ambientalenell’ordinamentoitaliano,definendolo
come un fatto che, per la rilevanza
oggettiva, per l’estensione della
compromissione,perilnumerodipersone
offeseoespostealpericolooperl’alterazione
irreversibile all’equilibrio dell’ecosistema,siaidoneoaoffenderelapubblica
incolumità.
TABELLA1
Lapenaprevistaèlareclusionedaunoacinqueannielamultadacinquemilaatrentamilaeuro.
Lapenaprevistainquestocasoèlareclusione
dadueaseiannielamultadaventimilaasessantamilaeuro.
Una pena detentiva più elevata (la reclusionedadueannieseimesiasetteanni),èprevistasedall’immissioneèderivatoilpericolo
concreto per l’incolumità della vita o delle
persone.
Lapenaprevistaèlareclusionedatreadieci
annielamultadatrentamilaaduecentocinquantamilaeuro.
Questodelittoècostituitodallacreazione Lapenaprevistaèlareclusionedaunoatre
del pericolo di compromettere la flora e annielamultadaduemilaaventimilaeuro.
l’ambiente in genere, sottraendo o danneggiandominerali,vegetalioanimali,o
sottoponendoquestiultimiatrattamenti
talidacreareilpericolodicompromissione.
La violazione comprende tutte le operazioni
di cessione, acquisto, importazione,
esportazione, intermediazione e smaltimento,comunqueeffettuateillegittima­
Lapenaprevistaèlareclusionedaunoacinqueannielamultadadiecimilaatrentamila
euro. La pena è aumentata se il traffico riguardarifiutipericolosi(reclusionedaduea
[8] Quantomeno, la causa di non punibilità dovrebbe essere limitata alla rimozione dei reati di pericolo e non anche a quelli di danno,
per i quali sarebbe maggiormente auspicabile un semplice sconto di pena.
[9] Il disastro ambientale è già stata richiamato più volte dal giudice nazionale, nella forma dolosa di cui all’art 434, c.p. (con
particolare riferimento all’espressione “altro disastro” contenuta nella norma) e nella forma colposa, in riferimento al successivo
art. 449 c.p. (disastro colposo). Si vedano, in proposito e per un approfondimento, l’ordinanza di custodia cautelare del GIP del
Tribunale di S. Maria Capua Vetere 8 novembre 2004 e le sentenze della Cassazione civ., sez. Unite, 21 febbraio 2002, n. 2515, e
Cassazione penale, 17 luglio 2003, n. 30216 e 21 maggio 2003, n. 22350. Il problema interpretativo nasce dall’ampiezza e della
genericità delle condizioni sulla base delle quali è possibile che questo disastro si verifichi, ai sensi della bozza dell’art. 452-quater
c.p. È dunque prevedibile che, qualora dovesse essere approvata mantenendo questa definizione di disastro, la norma sarà soggetta
alle applicazioni e interpretazioni più varie e disparate sul piano giurisprudenziale.
105

TUTELA AMBIENTALE
Articolo
Traffico di materiale
radioattivo
onucleare.
Abbandono
(art.452-octiesc.p.)
Delitti ambientali in
forma organizzata
(art.452-noniesc.p.)
Frodeinmateria
ambientale
(art.452-deciesc.p.)
Impedimento
alcontrollo
(art.452-undecies
c.p.)
Danneggiamento
dellerisorse
economiche
ambientali
(art.498-bisc.p.)
106
AMBIENTE
mente,eriprendequantogiàprevistoanchedall’art.260,D.Lgs.n.152/2006.
Lanormaprescrivelaspecificatipologiadi
trafficoillecitodimaterialenucleare.
Questanormaintroduceildelittodiassociazioneperdelinquerefinalizzataacommettere
uno dei reati ambientali che si
stannoanalizzando.
Ildelittoprevistodallanormaèrelativoallafalsificazionedituttaladocumentazioneprescrittainmateriaambientale,punitatantoseditipomateriale
quantosedi
tipoideologico.
Perchiarezza,lafalsitàideologicasiverificaquandoildocumento,purprovenendo
dall’autoreapparente,indicacircostanzeo
avvenimentinonconformialvero.Siha,invece,unfalsomaterialequandovièdivergenzatral’autoreapparenteequello
effettivo del documento, a seguito della
falsificazionedellafirmaalmomentodella
creazionedeldocumento,odiunasuccessivaalterazionedellamedesima.Esisteancheunadiversaricostruzione,secondolaqualesihafalsomaterialequandomancalalegittimazionedell’autoreaemanareildocumentomedesimo,mentreilfalsoideologicosiverificaquandol’autore,ancorchélegittimato,abusidellasuaposizione,
eccedendo i limiti della propria
legittimazione.
Questodelittoriguardatuttelesituazioni
incuiiltitolarediunimpiantointralcial’attivitàdicontrollosudiesso,ancheparzialmente,dapartedeisoggettilegittimati,inparticolarepredisponendoostacolioalte­
randoartificiosamentelostatodeiluoghi.
Ildelittoriguardailpregiudiziocausatoallafunzionalitàeconomicadellerisorseambientali.
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seianniemultadaventimilaacinquantamila
euro),rifiutiradioattivi(reclusionedadueanni
eseimesiaottoanniemultadacinquantamila
aduecentomilaeuro)esedall’illecitoèderivatounpericoloconcretodiundannodurevoleo
rilevanteperl’ambiente(penaaumentatadi
unterzo)ounpericoloconcretoperlavitao
l’incolumitàdellepersone(nelqualcaso,lepenesonoaumentatefinoallametàelostesso
aumentononpuòessereinferioreaunterzo).
Perquestotipologiaditrafficoillecito,particolarmentegrave,sonoprevistepenepiùsevere
di quelle del precedente articolo, quali
lareclusionedadueaseiannielamultada
cinquantamilaaduecentocinquantamilaeuro,peneaumentatefinoaunterzosedalfatto
deriva il pericolo di una compromissione
durevoleorilevantedell’ambiente,dellafauna
e della flora e ulteriormente gravosa (da
treadieciannidireclusioneeconlamultada
quindicimilaacentomilaeuro),sedaltraffico
illecitoderivaunpericoloconcretoperlavita
umanaoperl’incolumitàdellepersone.
La norma aumenta di un terzo, per questo
delitto,lepenegiàprevisteperl’associazione
adelinquere“semplice”dicuiall’art416,c.p.
efinoallametàperquelledistampomafioso
dicuil’art.416­bis,c.p.(inognicaso,l’aumen­
tononpuòessereinferioreaunterzo).
Lapenaprevistaèlareclusionedaseimesia
quattroannielamultafinoadiecimilaeuro.
Lapenaprevistaèlareclusionedaseimesia
treanni.
La pena prevista è la reclusione da uno a
quattro anni e la multa da ventimila a cinquantamilaeuro.
14 agosto 2007 ­ N. 16

AMBIENTE
RASSEGNADILEGISLAZIONE
a cura diMarcoFabrizio, avvocatoinRoma
ITALIA
ACQUE DA BALNEAZIONE
Decretolegislativo11luglio2007,n.94
«Attuazione della direttiva 2006/7/CE, concernente
la gestione delle acque di balneazione, nella parte
relativa all’ossigeno disciolto» (G.U. del 16 luglio
2007, n. 163)
Il decreto rinnova la disciplina in materia di qualità
delle acque per la balneazione, affermando come
«in sede di svolgimento delle indagini per determinare
i potenziali rischi per la salute umana» non
rilevi più la valutazione del parametro “ossigeno
disciolto” di cui al D.P.R. n. 470/1982. L’innovazione
prende atto delle conclusioni delle evidenze scientifiche
relative al parametro stesso (di per sé considerato),
che hanno evidenziato sempre l’assenza di
pericoli per la tutela della salute pubblica (con conseguente
reiterata deroga,inpartequa, del D.P.R. n.
470/1982), nonché della nuova versione della disciplina
comunitaria in materia (direttiva 2006/7/CE)
non recante più, diversamente dalla disciplina pregressa
(direttiva 76/160/CE), l’ossigeno disciolto tra i
parametri necessari per la valutazione della balneabilità
delle acque (I e II considerando).
Il decreto richiede, peraltro, il proseguimento delle
misure di gestione adeguate, in particolare, il controllo
algale e l’informazione al pubblico.
La nuova normativa è entrata in vigore il giorno
successivo alla data di pubblicazione inGazzettaUfficiale.
RIORDINO DELMINISTERO DELL’AMBIENTE
E DELLATUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Decreto del Presidente della Repubblica
14maggio2007,n.90
«Regolamentoperilriordinodegliorganismioperanti
presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
territorioedelmare,anormadell’articolo29deldecreto­legge4luglio2006,n.223,convertito,conmodificazioni,
dalla legge 4 agosto 2006, n. 248» (S.O. n.
157 alla G.U. del 10 luglio 2007, n. 158)
Il decreto prevede il riordino degli organismi ope­
14 agosto 2007 ­ N. 16
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LEGISLAZIONE
In breve
ranti presso il Ministero dell’Ambiente e della tutela
del territorio e del mare, ai sensi dell’art. 29, D.L. n.
223/2006, convertito, con modificazioni, dalla legge
n. 248/2006, il quale prevede una riduzione della
spesa complessiva sostenuta dalle amministrazioni
pubbliche per le commissioni, i comitati e gli altri
organismi, del 30%, con riordino ed eventuale soppressione
o accorpamento degli organismi medesimi.
L’art. 1 del regolamento conferma l’esistenza (e
l’operatività) di:
• la Commissione interministeriale di valutazione ex
art. 6, D.Lgs. n. 224/2003(«Commissioneperl’elaborazionedeiparerisullenotificheesulleinformazionidi
cui agli articoli 8, 11, 16 e 20, D.Lgs. n. 224/2003 in
materiadiemissionedeliberatanell’ambientediorganismigeneticamentemodificati»);
• i Comitati tecnici delle Autorità di bacino di rilievi
nazionale e interregionale ex art. 12, legge n. 183/
1989;
• la Commissione scientifica CITESex art. 4, legge n.
150/1992, e art. 12­bis, D.L. n. 2/1993, convertito, con
modificazioni, in legge n. 59/1993;
• l’Osservatorio nazionale sui rifiutiex art. 26, D.Lgs. n.
22/1997, art. 1, comma 5, D.Lgs. n. 284/2006, come
ridisciplinato dall’art. 7, D.P.R. n. 90/2007;
• gli Osservatori ambientali per la verifica dell’ottemperanza
alle prescrizioni VIA ex art. 5, legge n.
179/2002 («Osservatori ambientali, finalizzati alla
verifica dell’ottemperanza alle pronunce di compatibilitàambientalenonchéalmonitoraggiodeiproblemi
ambientali nelle fasi di realizzazione e primo
esercizioditaluneoperediparticolarerilevanzatra
quelle sottoposte a valutazione di impatto ambientale»);
• il Comitato per la comunicazione ambientale ex
art. 6, legge n. 179/2002;
• il Comitato di vigilanza sull’uso delle risorse idriche
ex art. 21, legge n. 36/1994, art. 1, comma 5, D.Lgs.
n. 284/2006, come ridisciplinato dall’art. 5, D.P.R. n.
90/2007;
• il Consiglio nazionale ambienteex art. 12, legge n.
349/1986;
• l’Osservatorio nazionale sulle fonti rinnovabili ex
art. 16, D.Lgs. n. 387/2003 («Osservatorio nazionale
sulle fonti rinnovabili e l’efficienza negli usi finali
dell’energia»).
Il nuovo decreto appronta, inoltre, un riordino di
numerose altre amministrazioni quali:
• la Commissione di valutazione degli investimenti e
107

LEGISLAZIONE
In breve
di supporto alla programmazione e gestione degli
interventi ambientali, già Commissione tecnicoscientifica
ex art. 14, comma 7, legge n. 41/1986,
composta da 33 membri di comprovata esperienza,
con compiti, tra gli altri, di erogare pareri in merito
alla valutazione di fattibilità tecnico­economica con
particolare riferimento all’analisi costi/benefici per
iniziative, piani e progetti di prevenzione, protezione
e risanamento ambientale del Ministero dell’Ambiente
e della tutela del territorio e del mare;
• la Segreteria tecnica per la protezione della natura,
già Segreteria tecnica per le aree naturali protette
ex art. 3, comma 9, legge n. 394/1991, composta
da 20 esperti provenienti dalla PA e 20 esperti di
elevata qualificazione giuridico­amministrativa e
tecnico­scientifica;
• la Segreteria tecnica per la tutela del mare e la
navigazione sostenibile, composta da 20 esperti di
elevata qualificazione giuridico­amministrativa, accorpante
la Segreteria tecnica per le aree protette
marine ex art. 2, comma 14, legge n. 426/1998, e la
Segreteria tecnica per la sicurezza ambientale della
navigazione e del trasporto marittimo già istituita ai
sensi dell’art. 14, comma 2, legge n. 93/2001;
• la Segreteria tecnica per la qualità della vita, neo
istituita ai sensi dell’art. 1, comma 42, legge n. 308/
2004, composta da non più di 18 esperti scelti tra
persone di elevata qualificazione giuridico­amministrativa
e tecnico­scientifica, con compiti di supporto
al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio
e del mare, al fine di migliorare, di incrementare
e di adeguare agli standard europei, alle migliori
tecnologie disponibili e alle migliori pratiche
ambientali gli interventi in materia di tutela delle
acque interne, di rifiuti e di bonifica (art. 5);
• il Comitato di vigilanza sull’uso delle risorse idriche,
già istituito ai sensi dell’art. 21, legge n. 36/
1994, e sugli usi delle acque, composto da 7 membri,
scelti tra persone di elevata qualificazione giuridicoamministrativa
e tecnico­scientifica, con compiti, tra
gli altri, di garantire l’efficienza, l’economicità e l’efficacia
del servizio idrico integrato (art. 6);
• l’Osservatorio nazionale sui rifiuti, già istituito ai
sensi dell’art. 26, D.Lgs. n. 22/1997, e ricostituito, dopo
la sua abrogazione a opera del D.Lgs. n. 152/
2006, dall’art. 1, D.Lgs. n. 284/2006, è composto da 9
membri scelti tra persone, esperti in materia di rifiuti,
di elevata qualificazione giuridico­amministrativa
e tecnico­scientifica, esercente i compiti di vigilanza
sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti
di imballaggio, di elaborazione di un quadro di riferimento
sulla prevenzione e sulla gestione dei rifiuti,
di un programma generale di prevenzione ex art.
225, D.Lgs. n. 152/2006 (Programma generale di prevenzione
e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti
108
AMBIENTE
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di imballaggio) qualora il CONAI non provveda in tal
senso entro i termini previsti (con analisi del raggiungimento
degli obiettivi prefissati), e ancora con compiti
di verifica circa i costi di recupero e di smaltimento,
di verifica dei livelli di qualità dei servizi erogati e
di predisposizione di un Rapporto annuale sulla gestione
dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio
(art. 7);
• la Segreteria tecnica per la tutela del territorio,
composta da 15 esperti di elevata qualificazione
giuridico­amministrativa e tecnico­scientifica, con
competenze varie in materia di tutela del territorio,
dal raccordo tra il Ministero dell’Ambiente e della
tutela del territorio e del mare e le Autorità di bacino
distrettuali all’assistenza tecnico­amministrativa
e contabile agli enti locali per gli interessi di difesa
del suolo (art. 8, D.P.R. n. 90/2007);
• la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale
­ VIA e VAS, accorpante, dalla data di entrata
in vigore del regolamento in questione, la Commissione
per la valutazione di impatto ambientale istituita
ai sensi dell’art. 18, comma 5, legge n. 67/1988, e la
Commissione speciale per la valutazione di impatto
ambientale, istituita ai sensi dell’art. 184, comma 2,
D.Lgs. n. 163/2006, composta da 60 commissari di nomina
ministeriale e scelti tra liberi professionisti ed
esperti provenienti dalle pubbliche amministrazioni,
con adeguata qualificazione in materie progettuali,
ambientali, economiche e giuridiche, esercente i compiti
di istruttoria dei progetti presentati dai proponenti
di opere/attività soggette a valutazione di impatto
ambientale ai sensi della normativa “ordinaria”
di fine anni ’80 e dei progetti relativi alla realizzazioni
di “grandi opere” ai sensi dell’art. 184, D.Lgs. n. 163/
2006, nonché esercente le attività tecnico­istruttorie
per la valutazione ambientale strategica (VAS) dei
piani e dei programmi la cui approvazione compete
agli organi dello Stato (art. 9);
• la Commissione istruttoria per l’autorizzazione
ambientale integrata ­ IPPC, istituita ai sensi dell’art.
5, comma 9, D.Lgs. n. 59/2005, e composta da 25
esperti di elevata qualificazione giuridico ­ amministrativa
e tecnico­scientifica, con compiti istruttori e
di consulenza al fine del rilascio delle autorizzazioni
integrate ambientali di competenza statale (art. 10).
Il D.P.R. n. 90/2007 prevede, inoltre, che tutti gli
organismi dureranno in carica tre anni, decorrenti
dalla data di entrata in vigore del regolamento, con
obbligo di rendicontazione, alla scadenza, circa le
attività svolte. Infine, viene ridotta del 30% la spesa
complessiva prevista per il funzionamento di questi
organismi (esclusi il Consiglio nazionale ambiente e
l’Osservatorio nazionale sulle fonti rinnovabili) rispetto
a quella sostenuta nel 2006. l
14 agosto 2007 ­ N. 16

ILCASO
PRESCRIZIONI ALL’ESERCIZIO DI UNO SCARICO
E DISCREZIONALITÀ DELLAPA
Quando e in quali termini le prescrizioni
all’esercizio di uno scarico possono essere
considerate illogiche, arbitrarie e/o vessatorie?
Sulla base di quali principi generali è ammesso
un sindacato al proposito?
L’individuazione delle prescrizioni per l’esercizio
di uno scarico rappresenta non solo un
momento fondamentale ­ sul piano strettamente
formale e burocratico ­ dell’esercizio della discrezionalità
amministrativa in campo ambientale,
quanto anche e soprattutto ­ sul versante tecnico
e sostanziale ­ l’espressione di un potere funzionale
alla tutela effettiva dell’ambiente stesso, che,
peraltro, deve essere esercitato nel pieno rispetto
dei principi di trasparenza nell’applicazione dei
criteri che improntano l’attività dell’ente.
Inoltre, proprio attraverso l’indicazione delle
prescrizioni per l’esercizio di uno scarico (come
del resto accade per le emissioni o per
l’esercizio di una discarica) la pubblica amministrazione
configura formalmente il proprio
legittimo e doveroso rapporto di forza rispetto
al titolare della autorizzazione. Indicazioni,
quindi, che, laddove non risultino correttamente
delineate rispetto all’equilibrio di
interessi che l’ente pubblico deve tutelare,
possono penalizzare fortemente sia le ragioni
tecnico­economiche dell’impresa che il bene
ambientale. Non si può, quindi, escludere
che, laddove le prescrizioni non risultino congrue
e tecnicamente condivisibili, possano di
fatto svuotare il significato dell’autorizzazione,
soprattutto in quei casi nei quali l’esercizio
dello scarico sia reso dal complesso delle
disposizioni imposte dall’ente pubblico particolarmente
oneroso.
Per le ragioni sopra esposte non è infrequente che
in sede amministrativa, ancor più che in quella
penale, la valutazione delle prescrizioni assuma
un rilievo particolare ­ alle volte essenziale ­ in
14 agosto 2007 ­ N. 16
AMBIENTE
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LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI
diCesareParodi, Procura della Repubblica di Torino, docente a contratto Diritto dell’ambiente,
Università di Torino, Facoltà Scienze MFN
[1] Con la sentenza TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 1° dicembre 2006, n. 3254.
funzione dei contrapposti interessi che in sede
giudiziaria devono essere valutati.
Una serie di tematiche al proposito sono state
affrontate recentemente da una decisione
del TAR Sicilia [1] , avente a oggetto la richiesta
di annullamento ­ parzialmente accolta ­ di
un comune concernente il rinnovo dell’autorizzazione
allo scarico nonché la legittimità
di alcune prescrizioni contenute nel provvedimento
stesso.
In termini generali, il TAR ha precisato che le
prescrizioni contenute nell’autorizzazione allo
scarico dei reflui depurati rientrano nell’esercizio
del potere tecnico discrezionale
dell’amministrazione, che può essere oggetto
di sindacato giurisdizionale solamente sotto
il profilo dell’erroneità, illogicità o contraddittorietà
manifesta. Conseguentemente,
sfuggirebbero ai vizi sopraindicati le condizioni
e le prescrizioni in linea con le finalità
perseguite dal D.Lgs. n. 152/1999 (e attualmente
dal D.Lgs. n. 152/2006), che richiedono
l’attivazione di metodologie finalizzate alla
prevenzione del rischio ambientale, di fronte
alla potenziale pericolosità dei reflui della
produzione industriale dell’azienda interessata.
Come risulta dai criteri generali espressi
dall’art. 1, D.Lgs. n. 152/1999, l’obiettivo
principale di questo corpo normativo sarebbe
quello di «prevenire e ridurre l’inquinamento
e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati»,
anche attraverso «l’individuazione di
misure per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento
nelle zone vulnerabili e nelle
aree sensibili»; a sua volta, in quest’ottica
l’art. 45, comma 9, citato decreto prevede
che «in relazione alle caratteristiche tecniche
dello scarico, alla sua localizzazione e alle
condizioni locali dell’ambiente interessato,
l’autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni
tecniche volte a garantire che gli scarichi,
ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente
connesse, siano effettuati in
109

LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI
conformità alle disposizioni del presente decreto
e senza pregiudizio del corpo ricettore,
per la salute pubblica e per l’ambiente» [2] .
Dovrebbero, quindi, considerarsi legittime la
prescrizioni e le condizioni espressive delle
finalità così sintetizzate, come la maggiore
parte di quelle esaminate nel caso di specie
in quanto volte: «a garantire un efficace monitoraggio
degli scarichi (…) in ragione di
una coerente prevenzione di fronte alla potenziale
pericolosità dei reflui della produzione
industriale della stessa. Trattasi, in sostanza,
di attivazione di metodologie finalizzate
ulteriormente alla prevenzione del rischio
ambientale».
La società ricorrente aveva, al contrario, rilevato
­ con riguardo a una serie di prescrizioni
e condizioni ­ una violazione dei principi di
logica e congruità dell’atto amministrativo
con riferimento alla tutela della libertà economica
ex artt. 41 e 47 della Costituzione,
reputando le stesse «arbitrarie e vessatorie»;
del pari, veniva stimata essere non condivisibile,
a giudizio del ricorrente, l’estensione,
agli scarichi di reflui contenenti sostanze
non pericolose, delle stesse prescrizioni (installazione
di uno strumento d’analisi in continuo)
previste per gli scarichi di sostanze
pericolose.
Date queste premesse, è interessante rilevare
­ a titolo esemplificativo ­ la tipologia di prescrizioni
e condizioni reputate legittime dal
TAR, tra le quali si segnala:
• la realizzazione di due pozzetti fiscali di
ispezione, con annessi adeguati contatori volumetrici,
da allocare all’esterno del muro
dello stabilimento, sul marciapiede pubblico,
al fine di controllare gli scarichi di tipo civile
provenienti dall’insediamento;
• l’installazione su ciascuna tubazione di adduzione
di acqua da un pozzo, subito dopo
l’entrata nello stabilimento, di apposito con­
110
AMBIENTE
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tatore volumetrico e valvola unidirezionale,
tale da evitare il ritorno di liquido [3] .
Di particolare significato risulta la previsione
­ reputata legittima dal TAR ­ avente a
oggetto l’installazione di un sistema di monitoraggio
on­line (telecontrollo) dello scarico,
tale da definire in continuo la misura
della sostanza organica totale ivi presente
espressa come TOC (carbonio organico totale),
con registrazione dei dati su personal
computer, visionabili e scaricabili a mezzo
connesione “remota” attivabile dagli uffici
comunali di controllo e con inserimento di
valore di allarme segnalabili a mezzo cellulari
agli uffici comunali preposti alla vigilanza,
per un controllo da esercitarsi in tempo
reale sulla qualità dello scarico sia da parte
della società ricorrente che dall’amministrazione
comunale.
La rilevanza di quest’ultima affermazione è
data dal fatto che il TAR ha riconosciuto sostanzialmente
estensibile la logica di controllo
espressa in termini generali e astratti per
la gestione degli scarichi di sostanze pericolose
dall’art. 131, D.Lgs. n. 152/2006 (già prevista
dall’art. 52 D.Lgs. n. 152/1999) : «Per gli
scarichi contenenti le sostanze di cui alla tabella
5 dell’Allegato 5 alla parte terza del
presente decreto, l’autorità competente al rilascio
dell’autorizzazione può prescrivere, a
carico del titolare dello scarico, l’installazione
di strumenti di controllo in automatico,
nonché le modalità di gestione degli stessi e
di conservazione dei relativi risultati, che devono
rimanere a disposizione dell’autorità
competente al controllo per un periodo non
inferiore a tre anni dalla data di effettuazione
dei singoli controlli».
Al contrario, il TAR ha accolto sotto due differenti
profili le doglianze del ricorrente, tramite
una prassi che, lungi dal risultare contraddittoria
rispetto alle affermazioni di
[2] Attualmente l’art. 124, comma 10, D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce in termini generali che «In relazione alle caratteristiche
tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell’ambiente interessato, l’autorizzazione contiene le
ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che lo scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse,
avvenga in conformità alle disposizioni della parte terza del presente decreto e senza che consegua alcun pregiudizio per il
corpo ricettore, per la salute pubblica e l’ambiente».
[3] In relazione alle condizioni, il TAR ha riconosciuto come legittime: la comunicazione con cadenza semestrale della quantità
di materia prima lavorata e dei prodotti finali ottenuti; l’effettuazione dello scarico tutti i giorni, escluse le domeniche, dalle
ore 8.00 alle ore 20.00 per un totale di 72 ore settimanali, ovvero 3.744 ore annue; il valore della temperatura del refluo da
depurare prima dell’immissione nel depuratore biologico non potrà superare il valore di 32° C.
14 agosto 2007 ­ N. 16

principio sopra esaminate, era espressiva di
una medesima logica, sintetabile nel fatto
che ogni “compressione” dell’attività imprenditoriale
derivante dall’imposizione di
prescrizione non può che essere, in concreto,
funzionale alla tutela del bene ambientale.
Il TAR ha così riconosciuto come illegittima la
prescrizione che imponeva la sospensione
dell’attività industriale nel caso di mancato
funzionamento degli strumenti e delle apparecchiature
di controllo dei reflui. Osserva il
TAR, al riguardo, che «il suddetto obbligo
appare incoerente ed irragionevole, ove appunto
si ponga mente che l’eventuale anomalia
degli strumenti di controllo non refluisce
sulla qualità dei reflui. In altri termini, il
pericolo di danno all’ambiente ed alla salute
non è correlato alle avarie degli strumenti ed
apparecchiature di controllo bensì al funzionamento
dell’impianto di depurazione, in ordine
al quale l’Amministrazione ben può continuare,
come per il passato, ad effettuare i
relativi controlli. A quanto sopra va aggiunto
che l’art. 51 del D.L.vo n. 152/1999 non prevede
la sospensione automatica dell’attività
produttiva, ma stabilisce che l’autorità competente
al controllo, in caso di inosservanza
delle prescrizioni dell’autorizzazione allo scarico,
provveda a diffidare il titolare dello scarico,
stabilendo un termine entro il quale devono
essere eliminate le irregolarità».
Ad analoghe conclusioni il TAR giunge con
riguardo alla censura mossa dal ricorrente ­
in particolare erronea e falsa applicazione
dell’art. 51, D.Lgs. n. 152/1999 ­ poiché il Comune
aveva disposto la sospensione del rinnovo
dell’autorizzazione allo scarico omettendo
di adottare la previa diffida.
Posto che il censurato provvedimento sarebbe
stato basato sulla mancata ottemperanza
alle prescrizioni contenute nel provvedimento
di rinnovo dell’autorizzazione allo scarico,
il TAR Sicilia ha sottolineato che l’amministrazione
avrebbe dovuto previamente diffidare
la società ricorrente ad adempiere entro
un dato termine, anziché provvedere con immediatezza
alla sospensione dell’autorizzazione.
Al proposito, l’art. 51, D.Lgs. n. 152/1999 (at­
AMBIENTE
[4] Si veda la sentenza della Corte d’Appello di Trento 5 maggio 1993.
14 agosto 2007 ­ N. 16
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LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI
tualmente art. 130, D.Lgs. n. 152/2006) stabilisce
che l’autorità competente al controllo,
in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione
allo scarico, provveda a diffidare
il titolare dello scarico, stabilendo un
termine entro il quale devono essere eliminate
le irregolarità. Conseguentemente, deve
ritenersi «illegittimo il provvedimento di sospensione
del rinnovo dell’autorizzazione allo
scarico adottato dal Comune in difetto di
una preventiva diffida ad eliminare le irregolarità
riscontrate».
Il TAR ribadisce, quindi, che, in nessun caso,
l’ente chiamato a indicare le prescrizioni e a
verificarne la corretta e tempestiva osservanza
può derogare dalla naturale “scansione”
logica e cronologia disciplinata dal Legislatore
al proposito.
Per altri versi, l’espressione di un principio di
effettività e concretezza della tutela a fronte
delle imposizioni è stato già oggetto di decisioni
in sede penale. Al proposito, occorre
osservare che, se le prescrizioni dell’autorizzazione
sono norme tecniche che l’ente preposto
al rilascio impone per garantire che
l’esercizio dell’attività posta in essere dal privato
non leda o non ponga in pericolo il bene
giuridico tutelato dalla norma, le stesse dovrebbero
perdere ogni caratteristica di cogenza
laddove l’attività che espone a pericolo
il bene giuridico tutelato non venga effettivamente
esercitata.
Non potrà così essere ravvisata alcuna lesione
o messa in pericolo del bene giuridico sotteso
alla previsione incriminatrice ­ in tema di prescrizioni
­ in caso di guasto di un apparecchio
deputato al campionamento automatico di
uno scarico che in concreto non è operativo.
Il principio è di evidenza tale da rendere assai
raro incontrare pronunzie giurisprudenziali
in termini; al proposito si segnala una decisione
di merito, pronunciata con riferimento
alle disposizioni del D.P.R. n. 915/1982, ma
certamente ancora attuale: «ai fini della sussistenza
del reato di inosservanza delle prescrizioni
dell’autorizzazione allo smaltimento
è necessario che vi sia effettuazione di una
delle fasi dello smaltimento dei rifiuti da parte
del soggetto» [4] . l
111

GIURISPRUDENZA
Massime
AMBIENTE
RASSEGNADIGIURISPRUDENZA
acuradiMariaMelizzi, consulente legale
112
DANNO MORALE
DA ELETTROMAGNETISMO
Cassazionecivile,sez.II,(18ottobre
2006),23gennaio2007,n.1391,
Pres.Pontorieri,Rel.Malpica
Elettromagnetismo­Emissioni­Limiti­Danno
biologico ­ Danno morale ­ Art. 674 c.p. ­
D.M.n.387/1998
L’impossibilità di affermare il superamento dei limitilegalidiimmissionielettromagnetiche,dicui
al D.M. n. 387/1998, esclude che possa ipotizzarsi
ilreatodicuiall’art.674c.p.e,conseguentemente,ilriconoscimentodiundannomorale.
Nota
La Corte di Cassazione, seguendo il sopra citato
principio di diritto, ha ritenuto destituito di fondamento
il ricorso avanzato dalla difesa degli attori
di un procedimento civile che si opponevano
al rigetto, da parte delle Corti di merito, della
domanda di risarcimento per presunti danni conseguenti
alla diffusione di onde elettromagnetiche
da parte di una società proprietaria di una
stazione televisiva.
I ricorrenti avevano basato la loro richiesta sulla
base del solo elemento che le emissioni elettromagnetiche
non superavano i limiti fissati dal
D.M. n. 391/1998 e assumendo che l’impossibilità
di ritenere integrato il reato di cui all’art. 674,
c.p., non escludesse la possibilità di ritenere, comunque,
sussistente una responsabilità di carattere
civile, in quanto, a loro dire, il non superamento
della “soglia” precludeva la responsabilità
penale ma non quella civile.
In ordine al rigetto in sede di appello della
domanda di risarcimento del danno morale, i
ricorrenti invocavano, inoltre, l’interpretazione
evolutiva dell’art. 2059, c.c., che consente di
ritenere risarcibili tutti quei danni non patrimoniali
che si traducono in un pregiudizio esistenziale,
nella specie accertato e provato nelle
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condizioni di ansia, stress, frustrazione, abbattimento
psicologico, afflizione e menomazione
della capacità di relazione, causati ai ricorrenti
dal dover vivere costantemente a contatto con
un antenna di notevoli dimensioni e nel timore
degli effetti dannosi delle relative emissioni
elettromagnetiche.
La Suprema Corte, confermando quanto statuito
dalla Corte territoriale, ha evidenziando il fatto,
dimostrato nei precedenti gradi di giudizio, che
le emissioni elettromagnetiche, nel caso di specie,
non hanno superato mediamente il limite di cui
al D.M. n. 387/1989, ponendo, pertanto, in rilievo
come questo limite sia assistito da una presunzione
di pericolosità e come l’atteggiamento prudenziale,
che talvolta ha indotto l’autorità giudiziaria
a emettere inibitorie per il pericolo di danno
alla salute, non consentirebbe il riconoscimento
del danno biologico puramente ipotetico non
supportato da fatti concreti.
La Corte, inoltre, non ha ritenuto di pregio le
argomentazioni a sostegno della risarcibilità di
un danno esistenziale individuabile nello stato
psicologico di insicurezza e timore indotti dalla
consapevolezza di essere esposti alle emissioni
elettromagnetiche.
Rimane, pertanto, fuori dubbio che la risarcibilità
di un simile danno a carico della società resistente
non potrebbe prescindere dall’accertata illiceità
del suo comportamento, individuabile, tuttavia,
soltanto nell’ipotesi di superamento dei limiti di
immissione previsti dalla normativa vigente.
RIFIUTI: COMPETENZA RISERVATA E SEPARATA
CorteCostituzionale,
26giugno2007,n.239/2007,
Pres.Bile,Rel.Quaranta
Rifiuti ­ Questione di legittimità costituzionale
­ Protezione civile ­ Situazioni di emergenza­RegioneTrentinoAltoAdige­RegioneCampania
14 agosto 2007 ­ N. 16

Gliartt.90e91delloStatutodellaRegioneTrentino­AltoAdige/Südtirolel’art.3dellarelativadisciplina
di attuazione (D.P.R. n. 426/1984) svolgono
esclusivamente la funzione di regolare «l’assetto
organizzativo»delTribunaleregionaledigiustizia
amministrativa di Trento e della sezione autonoma
di Bolzano, facendone oggetto di «una competenzariservataeseparata»dellaProvincia.
Nota
La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata
la questione di legittimità costituzionale, avanzata
con ricorso dalla Provincia autonoma di
Trento, dell’art. 3, comma 2­bis, decreto­legge 30
novembre 2005, n. 245(«Misurestraordinarieper
fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti
nella Regione Campania»), aggiunto dalla legge
di conversione 27 gennaio 2006, n. 21, promossa
in riferimento all’art. 90, D.P.R. 31 agosto 1972, n.
670 («Approvazione del testo unico delle leggi
costituzionali concernenti lo statuto speciale per
il Trentino­Alto Adige»), e all’art. 3, commi 1 e 4,
D.P.R. 6 aprile 1984, n. 426(«Normediattuazione
dellostatutospecialeperlaRegioneTrentino­Alto
Adige concernenti istituzione del Tribunale
amministrativo regionale di Trento e della sezioneautonomadiBolzano»).
La disposizione impugnata dalla Provincia stabilisce
che, in tutte le situazioni di emergenza dichiarate
ai sensi dell’art. 5, comma 1, legge 24 febbraio
1992, n. 225(«IstituzionedelServizionazionale
della protezione civile»), «la competenza di primogradoaconosceredellalegittimitàdelleordinanze
adottate e dei consequenziali provvedimenti
commissariali spetta in via esclusiva, anche
perl’emanazionedimisurecautelari,alTribunale
amministrativo regionale del Lazio, con sede in
Roma».
Secondo la ricorrente, tuttavia, questa disposizione
violerebbe gli indicati parametri, giacché i medesimi,
«definendo l’ordinamento del Tribunale
regionale di giustizia amministrativa di Trento»,
ne individuano la competenza con riferimento ai
criteri basati sulla sede dell’organo, ovvero sull’efficacia
provinciale o intraprovinciale di atti
emanati anche da organi non aventi sede nella
Provincia o nella Regione.
La ricorrente, pertanto, pur riconoscendo che
«non ha in materia di giurisdizione amministrativacompetenzaalcunadareclamare»,
ha concluso
14 agosto 2007 ­ N. 16
AMBIENTE
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GIURISPRUDENZA
Massime
per la declaratoria di illegittimità costituzionale
della norma censurata, in quanto«lagaranziache
in primo grado determinate controversie vengano
decise da un giudice locale, la cui composizione
la Provincia concorre a determinare», costituirebbe
«parte integrante della complessiva autonomiadelleistituzioniregionalieprovinciali».
La Corte Costituzionale, invece, ha ritenuto che la
competenza del Tribunale regionale amministrativo
con sede in Trento non risulta violata dalla
norma censurata, non incidendo sui suddetti profili
di organizzazione del Tribunale de quo e, segnatamente,
sul potere spettante alla Provincia
autonoma di designazione di due dei suoi giudici.
Né, d’altra parte, trova fondamento alcuno la
pretesa della Provincia ricorrente volta a rivendicare
(evocando quale parametro, in particolare,
l’art. 3, D.P.R. n. 426/1984) il rispetto della«garanzia
che in primo grado determinate controversie»,
ed esattamente quelle individuate dalla suddetta
norma di attuazione dello statuto,«venganodecisedaungiudicelocale,lacuicomposizionelaProvinciaconcorreadeterminare».
I commi 1 e 4 del citato art. 3, si limitano, infatti, a
effettuare la ripartizione della competenza territoriale
tra i due organi di giustizia amministrativa
operanti nella Regione e aventi, rispettivamente,
sede a Trento e a Bolzano, attesa la loro particolarità
d’essere non regionali, ma provinciali, a composizione
distinta e dotati, ciascuno, della propria
autonomia organizzativa. Se tale è, dunque, lo
scopo per il quale la suddetta normativa di attuazione
statutaria è stata dettata, se ne può dedurre
che essa, attenendo esclusivamente a profili
organizzativi dei due indicati Tribunali, non è idonea
a incidere sui criteri generali di individuazione
della competenza territoriale degli organi decentrati
di giustizia amministrativa.
CONCRETA IDONEITÀ
DELLA CONDOTTA RUMOROSA
Cassazionepenale,sez.I,
19gennaio2007,n.1561,
Pres.Gianvittore,Rel.Giordano
Rumore ­ Emissioni ­ Limite ­ Salubrità dell’ambiente­Tutela­Art.659c.p.
113

GIURISPRUDENZA
Massime
Nelcasoincuisiaaddebitabileall’imputatosoloil
mancatorispettodeilimitidiemissionedelrumorestabilitidalD.P.CM.1°marzo1991,nonèapplicabile
il principio di specialità di cui all’articolo 9,
legge n. 689/1981, in quanto la fattispecie di cui
all’articolo 659, comma 2, c.p., contiene un elemento,mutuatodaquellodelcomma1concuiilcomma2,vapostoinrelazione,estraneoallafattispecie
prevista dall’articolo 10, legge n. 447/
1995, che tutela genericamente la salubrità ambientale
limitandosi a stabilire ­ e a sanzionarne
in via amministrativa ­ il superamento, i limiti di
rumorosità delle sorgenti sonore oltre i quali deveritenersisussistentel’inquinamentoacustico.
Nota
Sulla scorta del principio sopra riportato, la Suprema
Corte ha respinto il ricorso presentato dalla
difesa dell’imputato condannato, dai Giudici di
merito, per aver colpevolmente violato l’art. 659
del Codice penale, in quanto aveva recato disturbo
ai titolari e avventori degli esercizi commerciali
vicini con il rumore, eccedente i limiti della nor­
114
AMBIENTE
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male tollerabilità, generato dall’orchestrina posta
all’esterno del locale­bar.
La difesa aveva proposto il ricorso sostenendo
che il fatto si sarebbe dovuto qualificare non come
violazione dell’articolo 659, comma 1, c.p.,
come sostanzialmente ritenuto dal Tribunale che
ha, per questa ragione, respinto la domanda di
oblazione, bensì come violazione del comma 2,
con conseguente configurabilità, trattandosi di
superamento dei limiti di emissione del rumore
stabiliti dal D.P.CM. 1° marzo 1991, solo dell’illecito
amministrativo di cui all’articolo 10, comma 2,
legge­quadro sull’inquinamento acustico (legge
n. 447/1995).
La Corte, non aderendo alla tesi avanzata dalla
difesa, ha ritenuto che nell’art. 659, comma 2,
c.p., vi sia un elemento rappresentato proprio da
quella concreta idoneità della condotta rumorosa
che determina la messa in pericolo del bene della
pubblica tranquillità tutelato da entrambi i commi
dell’articolo 659 c.p., a recare disturbo a una
pluralità indeterminata di persone, della quale,
nel caso di specie, è stata data dal Giudice del
merito congrua dimostrazione. l
14 agosto 2007 ­ N. 16

14 agosto 2007 ­ N. 16
INSERTO
PRONTUARIODELLEBONIFICHE
Questionariod’indagine
perlesocietàoperantinelsettoredella
PROGETTAZIONEEDESECUZIONEDIBONIFICHE
disiticontaminati
ISCRITTEALLACATEGORIA9
DELL’ALBONAZIONALEDEIGESTORIAMBIENTALI
Monitoraggiodell’applicazione
dell’AlboNazionaledeiGestoriAmbientali,Categoria9
EDIZIONE2007
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PRONTUARIO DELLE BONIFICHE 2007
Questionario dati aziendali
In vista dell’edizione 2007 del Prontuario delle Bonifiche, repertorio nazionale delle sole imprese
ISCRITTE ALLA CATEGORIA 9 DELL’ALBO GESTORI AMBIENTALI, che sarà allegato al n. 21/2007 di
Ambiente&Sicurezza,leaziendeiscrittepossono,giàfind’ora,inviareipropridati.
Le aziende interessate devono compilare, in ogni sua parte, il questionario. L’adesione non comporta
alcuncostoacaricodell’azienda.
Ilquestionariocompilatodeveessereinviatoa:
UNIPARMASSICURAZIONI
c/oUniversitàdiParma,FacoltàdiEconomia­IstitutodiCreditoeFinanza
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43100PARMA
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I

PRONTUARIO DELLE BONIFICHE 2007
Questionario dati aziendali
II
INSERTO
IdatirichiestidiseguitosonoriferitiallasolaattivitàsvoltainItalia
1) SOCIETÀ
Ragionesociale: ..............................................................................................................................................
Annodifondazione: ..............................................................................................................................................
Sedelegale: ..............................................................................................................................................
Sedeoperativa: ..............................................................................................................................................
Telefono: ........./ ..................................................................................................................................
Fax: ........./...................................................................................................................................
Sitointernet(facoltativo): .............................................................................................................................................
Referente:
Nome:.........................………….. Qualifica: ...................................................................
Tel.:…...../…….........................…. E­mail: ........................................................................
2) SETTORIMERCEOLOGICIDIATTIVITÀ
FatturatocomplessivodellaSocietà 2005 2006 2007
negliultimitreanni [E] ..................... .................... ....................
IndicareilcodiceISTATdeisettoridiattività
elacorrispondentepercentualedifatturato
Cod.ISTAT Settore [%]
................................. ........................................................................................................................ ....................................
................................. ........................................................................................................................ ....................................
................................. ........................................................................................................................ ....................................
................................. ........................................................................................................................ ....................................
................................. ........................................................................................................................ ....................................
................................. ........................................................................................................................ ....................................
3) ATTIVITÀNELSETTOREAMBIENTALE
Fatturatocomplessivonelsettore 2005 2006 2007
ambientalenegliultimitreanni [E] ..................... .................... ....................
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14 agosto 2007 ­ N. 16

14 agosto 2007 ­ N. 16
INSERTO
Indicarelapercentualedifatturatorelativaaiseguentisettori
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PRONTUARIO DELLE BONIFICHE 2007
Questionario dati aziendali
Settore [%]
a Bonificasitiebenicontaminati ........................................................................................ ........................................
b Venditaonoleggiomacchinarieimpiantiperbonifiche(suolo,acquesotterranee).. ........................................
c Gestioneimpiantiditrattamentorifiutinonpericolosiepericolosi ............................. ........................................
d Gestioneimpiantiditrattamentoacque.......................................................................... ........................................
e Gestioneimpiantiditrattamentosuoli ............................................................................ ........................................
f Altro(specificare) ............................................................................................................... ........................................
4) INTERVENTIDIBONIFICA:CATEGORIADIATTIVITÀ PREVALENTE
Fatto100ilvaloreindicatoperilsolosettore“a”dellaprecedentetabella,
indicarnelasuddivisionefraleseguentiattività
a Decontaminazionedaamianto ......................
b Analisichimiche,fisicheebiologiche ......................
c Apparecchiatureperilmonitoraggioedilcontrollo ......................
d Attrezzatureematerialispecifici ......................
e Prontointervento ......................
f Caratterizzazioneeprogettazionedegliinterventi ......................
g Direzionelavori ......................
h Riqualificazioneambientale ......................
i Scavi,demolizioni,trattamentomacerieemovimentoterra ......................
l Bonificaerecuperodiimpianti ......................
m Smaltimentodirifiuti ......................
n Spurgopozzineriefognature ......................
o Trivellazioniesondaggi ......................
p Trasportorifiuti ......................
q Altro(specificare)…………………………………… ......................
Relativamentealsolovaloreindicatoalp.to“a”dellatab.3,indicarelasuddivisione
percentualedelfatturato2006pertipologiediintervento
a Messainsicurezzad’emergenzae/opermanentedelsuolo................................................................. ...............
b Messainsicurezzad’emergenzae/opermanentedellafalda .............................................................. ...............
c Bonifica“insitu” ....................................................................................................................................... ...............
d Bonifica“onsite”....................................................................................................................................... ...............
e Bonifica“offsite”....................................................................................................................................... ...............
f Altro(specificare) ...................................................................................................................................... ...............
[%]
[%]
III

PRONTUARIO DELLE BONIFICHE 2007
Questionario dati aziendali
IV
INSERTO
Relativamentealsolovaloreindicatoalp.to“a”dellatab.3,indicarelasuddivisione
percentualedelfatturato2006perareageografica
a Nord
b Centro
c Sud
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[%]
............................
............................
............................
d Isole ............................
5) QUALIFICAZIONE
Annodiiscrizioneall’Albo: ............................................................................................................................................
Evoluzionedell’iscrizioneall’Albo­Categoria9
Anno Classe
2005 ..........................................................................................................................................................................
2006 ..........................................................................................................................................................................
2007 ..........................................................................................................................................................................
Certificazione SI o NO o
ISO9000 o
ISO14000 o
OHSAS18000 o
SINAL o
RegistrazioneEMAS SI o NO o
QualificazioneSOA SI o NO o Categoria Classifica
(Opereedimpiantidibonificaeprotezioneambientale) OG12 .....................
(Indaginisuoloesottosuoloesecuzione,realizzazioneprogettierelazioni) OS21 .....................
(Demolizioniopereingenere) OS23 .....................
(Smaltimentoetrasportorifiuti) SEA00 .....................
(Spurgo pozzetti servizio di autospurgo ispezioni fognarie e televisive serbatoi
manutenzione)
SEA06
.....................
(Bonificaambientaledecoibentazionedaamianto) SEA07 .....................
(Analisisuoloesottosuolo) SEC31 .....................
(Impattoambientaleriqualificazioneambientale) PRA15 .....................
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INSERTO
6) STRUTTURA
14 agosto 2007 ­ N. 16
N. Addetti Qualifica
................................................................................................ Dirigenti
................................................................................................ Commerciali
................................................................................................ Tecnicispecializzati
................................................................................................ Operai
................................................................................................ Altro........................
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PRONTUARIO DELLE BONIFICHE 2007
Questionario dati aziendali
Partecipazioniazionariedigruppicheoperanonelsettoreambientale
Gruppo Partecipazione[%]
................................................................................................ ................................................................................................
................................................................................................ ................................................................................................
................................................................................................ ................................................................................................
Partecipazioniazionariedigruppicheoperanoinsettoridiversi
Gruppo Partecipazione[%]
................................................................................................ ................................................................................................
................................................................................................ ................................................................................................
................................................................................................ ................................................................................................
Ruoloprincipalmentericopertonelleattivitàdibonifica
Maincontractor o
Subappaltatore o
Esecutorediretto o
Suddivisionepercentualedegliinterventieffettuatidal2005al2007
secondol’entitàdelvaloredell’appalto
Valoredell’appalto [%]
Interventiconimporto ≤€500.000 ...................................
Interventiconimporto>€500.000 ...................................
Sedioperative
Indirizzo Provincia
.................................................................................................................................................. ..............................................
.................................................................................................................................................. ..............................................
.................................................................................................................................................. ..............................................
.................................................................................................................................................. ..............................................
Note:........................................................................................................................................................................................
V

PRONTUARIO DELLE BONIFICHE 2007
Questionario dati aziendali
VI
INSERTO
7) TECNICHEDIINTERVENTO
Suddivisionepercentualeindicativadelletecnicheutilizzate
negliinterventieffettuatidal2005al2007(*)
specificandoseinqualitàdimaincontractor(M)odisubappaltatore(S)(**)
FASE TIPO [%]
Contenimentostatico M S ...................................
Messainsicurezza
Bonifica“insitu”
Bonifica“onsite”
Bonifica“offsite”
Utilizzocongiunto
delletecniche
cheprecedono
Bonificadaamianto
Contenimentodinamico M S ...................................
Capping M S ...................................
Trattamentoacque M S ...................................
Immobilizzazione M S ...................................
Degradazionebiologica M S ...................................
Detossificazione M S ...................................
Rimozionedelcontaminante M S ...................................
Trattamentitermici M S ...................................
Trattamentiestrattivi M S ...................................
Trattamentibiologici M S ...................................
Trattamentichimico­fisici M S ...................................
Trattamentitermici M S ...................................
Trattamentiestrattivi M S ...................................
Trattamentibiologici M S ...................................
Trattamentichimico­fisici M S ...................................
Ricollocamentodiscarica M S ...................................
Trattamentitermici M S ...................................
Trattamentiestrattivi M S ...................................
Trattamentibiologici M S ...................................
Trattamentichimico­fisici M S ...................................
Ricollocamentoindiscarica M S ...................................
“Onsite” M S ...................................
“Offsite” M S ...................................
Note:........................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
(*)Lasommadellesingolepercentualipotrebbeancheesseresuperiorea100considerandochenelsingolointerventopossono
essereutilizzatecongiuntamentepiùtecniche.
(**)Barrarelacasellacorrispondente.
Avvertenza
Idatifornitiverrannoriportatiedordinatifedelmentesenzaalcunaelaborazioneinterpretativa
da parte di Uniparmassicurazioni che declina sin da ora ogni responsabilità sulla veridicità,
esattezzaecorrettezzadeglistessi.
IdaticosìfornitiverrannodiffusidaUniparmassicurazioniaisolifinidellapresenteiniziativa(Il
ProntuariodelleBonifiche).
Con l’invio dei propri dati ogni impresa aderisce all’iniziativa consentendone implicitamente
l’utilizzosecondoifinidellastessa.
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InformativaaisensidellaLeggen.675/1996
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Questionario dati aziendali
Uniparmassicurazioni, dichiara di trattare i dati nel pieno rispetto della legge sulla privacy n. 675/1996 in
formaautomatizzataalfinedipermetterelosvolgimentodell’attivitàeconlefinalitàenunciate.IlconferimentodituttiidatirichiestiadUniparmassicurazioni,ènecessarioperaccedereall’inserimentodellapropria
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normativi,perfinistatisticieperfinidiinformazionesenzascopodilucro.
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operazioniditrattamentodati.
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cancellazione ed opporsi al trattamento, inviando una comunicazione scritta a Uniparmassicurazioni ­
UniversitàdiParma,FacoltàdiEconomia,IstitutodiCreditoeFinanza­Ing.AldoBertelle­ViaKennedy,6­
43100Parma.
TitolaredeltrattamentoèUniparmassicurazioni­ViaKennedy,6­43100Parma.
Accetto o Nonaccetto o
Timbroefirma
…………………………………………..
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