IL SILLABO TOMISTA - Don Curzio Nitoglia
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<strong>IL</strong> S<strong>IL</strong>LABO <strong>TOMISTA</strong><br />
Commento alle XXIV Tesi del tomismo: IV Tesi<br />
d. CURZIO NITOGLIA<br />
28 marzo 2012<br />
http://www.doncurzionitoglia.com/4a_tesi_tomismo_commento_xxiv.htm<br />
IV Tesi del Tomismo: l’ente, l’essere e l’analogia<br />
“L’ente, che Ç chiamato cosÉ dall’atto d’essere, non si dice di Dio e delle<br />
creature univocamente, nÑ equivocamente, ma analogicamente, di<br />
un’analogia di attribuzione e di proporzionalitÖ”.<br />
*<br />
*<br />
Ente viene da “atto di essere”<br />
1Ä) Il Tomismo Å la metafisica che considera ogni ente alla luce dell’essere<br />
come atto ultimo e non in rapporto al divenire, all’io, all’azione, come fa la<br />
filosofia moderna.<br />
2Ä) Esso risolve tutti i grandi problemi mediante la distinzione di<br />
materia/forma, potenza/atto, essenza/essere/ente dando il primato alla<br />
forma, all’atto e soprattutto all’essere, perfezione ultima di ogni altra<br />
perfezione, ente ed essenza. L’essenza creata e finita (anche quella angelica)
2<br />
non Å il suo atto di essere, ma lo riceve e lo partecipa, essendo realmente<br />
distinta da esso. Solo Dio Å l’Essere per sua essenza; ogni altro ente per<br />
partecipazione riceve ab Alio l’essere nella sua essenza creata e finita. S.<br />
Tommaso insegna esplicitamente che “l’essere Å la realtÑ piÖ perfetta, […]<br />
l’attualitÑ di tutte le cose, degli enti e delle forme stesse” (S. Th., I, q. 4, a.<br />
1, ad 3).<br />
3Ä) L’Angelico distingue nettamente essere come atto ultimo, che perfeziona<br />
anche le essenze, dall’esistenza, che Å il prodotto o l’effetto dell’essere<br />
attuante un’essenza dando cosà luogo al fatto o effetto o prodotto di exsistere<br />
dell’ente; ossia l’ente esce fuori dal nulla essendo causato<br />
efficientemente dall’essere, che perfeziona l’essenza e la rende ente<br />
esistente in atto e realmente. Ecco perchâ l’ente viene dall’atto di essere<br />
come insegna la IV Tesi del Tomismo.<br />
4Ä) L’ente che viene dall’essere per il Tomismo non Å univoco (come dicono<br />
Scoto e Suarez), ma analogo prima di analogia di attribuzione e poi di<br />
proporzionalitÑ, come vedremo meglio dopo. Se l’essere fosse univoco, si<br />
ricadrebbe nell’errore del monismo di Parmenide (ripreso da Spinoza e<br />
dall’immanentismo moderno) giÑ risolto da Aristotele nella Metafisica con la<br />
dottrina della distinzione reale tra potenza ed atto. Infatti ciä che Å univoco<br />
viene diversificato solo da differenze estrinseche. Ora al di fuori dell’essere<br />
non c’Å nulla. Quindi tutto sarebbe un solo ente: mondo e Dio.<br />
Atto d’essere e fatto di esistere<br />
●S. Tommaso Å il filosofo dell’essere come atto ultimo di ogni essenza, forma<br />
e perfezione. Aristotele Å il filosofo dell’essenze o essenzialismo. Per<br />
essenzialismo (o formalismo) si vuol intendere la filosofia che si ferma<br />
all’essenza o alla forma e non giunge all’atto ultimo di ogni essenza, forma e<br />
perfezione, che Å l’atto di essere. Attenzione! Il Tomismo verace (che non si<br />
ferma all’essenzialismo o studio dell’essenze, ma lo trascende arrivando<br />
all’essere, il quale Å la perfezione dell’essenza) non significa neppure<br />
‘esistenzialismo contemporaneo’ o studio dell’esistenza concreta del singolo<br />
individuo con i suoi problemi esistenziali, ma neanche ‘esistenzialismo<br />
classico-antico’, che viene da ex-sistere ossia uscir fuori dal nulla e dalla<br />
propria causa e si ferma allo studio del fatto di esistere degli enti finiti. Il<br />
tomismo genuino non nega la positivitÑ ontologica dell’essenza o forma dei<br />
vari enti e neppure la necessitÑ di studiare l’esistenza positiva e reale<br />
dell’ente creato che Å il fatto di esistere, il quale Å il semplice risultato della<br />
presenza reale e positiva dell’ente nella realtÑ e non va confuso con l’atto di<br />
essere, che Å l’ultima perfezione metafisica di ogni forma o essenza, termine<br />
della metafisica tomistica, la quale trascende Platone ed Aristotele. Tra<br />
essere come atto ultimo ed esistere come prodotto dell’essere informante<br />
un’essenza passa la stessa differenza che tra causa ed effetto. Ora la causa<br />
non Å l’effetto e quindi l’essere non Å l’esistenza. Purtroppo questa veritÑ<br />
fondamentale del tomismo Å stata trascurata da molti grandi autori della
3<br />
terza scolastica e perciä padre Cornelio Fabro ne ha fatto il suo cavallo di<br />
battaglia.<br />
L’atto d’essere e l’ente<br />
●L’Angelico insegna che çl’essenza, prima di avere l’atto di essere, non esiste<br />
ancoraé (De Pot., q. 3, a. 5, ad 2) e che çÅ necessario che l’atto stesso di<br />
essere stia all’essenza, la quale Å realmente distinta da esso, come l’atto alla<br />
potenzaé (S. Th., I, q. 3, a. 4. Cf. De spir. Creat., a. 1). L’ente Å<br />
composizione di essere partecipato (atto) ed essenza (potenza). Ne proviene<br />
che l’autentico atto di essere (esse) non va mai confuso col fatto<br />
dell’esistenza (ex-sistere), la quale Å il semplice risultato, prodotto o<br />
‘effetto’ della presenza dell’ente nella realtÑ, che non puä assurgere alla<br />
dignitÑ di atto metafisico, il quale Å causa di esistenza. Ossia l’essenza che<br />
riceve l’essere come suo atto ultimo produce o dÑ luogo all’ente, il quale Å<br />
realmente esistente nella realtÑ (ex-sistit, esce dal nulla ed entra nella<br />
realtÑ) grazie all’essere che attua ultimamente un’essenza. Il semplice fatto<br />
dell’esistenza o di essere presente nella realtÑ si puä predicare anche dei<br />
difetti, delle malattie, della morte e dei peccati: tutti danni o deficienze<br />
degli enti, esistenti, ma non certo perfezione di enti o ‘enti in senso proprio’.<br />
Analogamente il poter fare il male Å soltanto segno o difetto di libertÑ, la<br />
quale consiste essenzialmente nel poter fare il bene. Quindi il peccato o male<br />
morale Å difetto o deficienza di vera libertÑ, come la malattia Å difetto di<br />
salute, ma anche segno di presenza nella realtÑ o esistenza dell’ente<br />
ammalato (essentia) e non ancora morto (habens esse). Al contrario, la<br />
possibilitÑ di peccare Å il piÖ grave limite della nostra libertÑ. Si pensi, per<br />
esempio, alla possibilitÑ di un ingegnere di uccidere i cittadini, sbagliando i<br />
calcoli del cemento. L’ingegnere perfetto, invece, Å colui che non sbaglia i<br />
calcoli e fa vivere tranquilli i cittadini; cosà l’uomo perfetto Å colui che non<br />
pecca o non agisce moralmente male e fa il bene. è per questo che ente viene<br />
principalmente da atto di essere o dall’essere come atto ultimo di ogni<br />
essenza.<br />
L’ente perfezionato dall’essere conduce analogicamente a Dio<br />
●è pertanto chiaro che la partecipazione degli enti all’essere (“l’ente Å<br />
un’essenza avente o partecipante l’essere”) puä farci risalire a Dio, secondo<br />
l’insegnamento di S. Tommaso: çAlla struttura metafisica di ogni ente per<br />
partecipazione consegue la sua dipendenza causale, o creaturale, dall’Altroé<br />
(Cf. S. Th., I, q. 44, a. 1, ad 1; ivi, ad 2). Ossia l’ente per partecipazione<br />
dipende e riceve l’essere dall’Ente per essenza o Dio. Appunto su tale<br />
partecipazione si fonda la “quarta via” tomistica, nella quale Dio Å qualificato<br />
come “causa dell’essere”, ovvero Creatore di tutti gli enti (S. Th., I, q. 2, a.<br />
3). Questo atto di essere trascende ogni essenza e forma, per cui si deve<br />
parlare del supremo atto metafisico di essere. Il termine “ente” esprime
4<br />
anzitutto e soprattutto l’essenza partecipante l’atto di essere (Cfr. In I Sent.,<br />
d. 8, q. 4, a. 2; De Ver., q. 1, a. 1, ad 3). Ed Å perciä stesso che l’ente per<br />
partecipazione, costituito dall’essere partecipato e dall’essenza, fonda il<br />
primo collegamento della dipendenza causale, o creaturale, di ogni ente<br />
finito dall’Essere infinito. Cosà il vero essere da San Tommaso Å riconosciuto<br />
come il costitutivo metafisico proprio di Dio (“Ego sum qui sum”; “Jahweh”);<br />
il Quale, appunto per questo, Å la Causa dell’essere, e dunque il Creatore, di<br />
tutti gli enti. Non Å difficile, allora, vedere che l’onnipresenza creatrice di<br />
Dio negli enti presuppone ed esige la sua infinita trascendenza su di essi tutti<br />
(Cf. S. Th., I, q. 4, a. 2, ad 3; ivi, I, q. 11, a. 4, ivi, I, q. 8, aa. 1-4; ivi, I, q.<br />
105, a. 5).<br />
Analogia di attribuzione e di proporzionalitÉ<br />
●La denominazione di ente a partire dall’atto di essere, con la conseguente<br />
trascendenza di Dio sul creato, fonda anche l’analogia delle creature con il<br />
Creatore: çsomiglianza dissomiglianteé e çdissomiglianza somiglianteé. Infatti<br />
ogni ente creato Å piÖ o meno simile a Dio in virtÖ del suo atto di essere<br />
partecipato; ed Å piÖ o meno dissimile da Dio in sâguito alla sua essenza. Di<br />
qui la distinzione tra l’analogia di attribuzione intrinseca rispetto a quella di<br />
proporzionalitÑ, come spiega la IV Tesi del Tomismo. Essa non solo parla delle<br />
due analogie, ma nomina prima quella di attribuzione e poi quella di<br />
proporzionalitÑ, dando implicitamente il primato a quella di attribuzione e<br />
risolvendo, cosà, la disputa tra il cardinal Gaetano (che concedeva il primato<br />
alla proporzionalitÑ) e il padre domenicano Ferrarrense (che lo concedeva<br />
all’attribuzione). L’analogia di proporzionalitÑ (il sasso, l’albero, l’animale,<br />
l’uomo e l’angelo sono analoghi a Dio, relativamente al fatto di esistere)<br />
accentua specialmente l’infinita distanza metafisica degli enti da Dio (infatti<br />
le loro essenze sono infinitamente lontane da quella divina). Invece l’analogia<br />
di attribuzione (l’essere appartiene essenzialmente a Dio e solo per<br />
partecipazione alle creature, anche se realmente e formalmente o<br />
intrinsecamente) accentua primariamente la dipendenza causale, o<br />
creaturale, degli enti da Dio (Cf. S. Th., I, q.3, a. 7, ad 1; ivi, I, q. 13, a. 5;<br />
Comp. Th., c. 130, n. 261). La IV Tesi ci insegna che non bisogna, perciä,<br />
contrapporre i due concetti di analogia, ma servirsene secondo i loro rispettivi<br />
compiti e scopi (primo: accentuare l’infinita distanza metafisica degli enti da<br />
Dio; secondo: sottolineare la dipendenza causale degli enti da Dio). “Ente<br />
viene da essere e si dice di Dio analogamente, per analogia di attribuzione e<br />
di proporzionalitÑ” (IV Tesi). ‘Ente’ Å il participio presente del verbo ‘essere’<br />
e significa una cosa o ‘essenza’ che ‘esiste’ avendo ricevuto l’‘essere’.<br />
●S. Tommaso insegna e dimostra che Dio Å Causa prima del mondo. Quindi tra<br />
Dio e il mondo vi Å un rapporto di somiglianza (omne agens agit sibi simile),<br />
ma essa Å una “somiglianza dissomigliante” o analogica. L’analogia che si<br />
fonda sulla causalitÑ efficiente ed accentua primariamente la dipendenza<br />
causale, o creaturale, degli enti da Dio Å quella di attribuzione intrinseca.<br />
Quindi l’analogia piÖ atta a farci discorrere su Dio Å quella di attribuzione
5<br />
intrinseca, anche se l’analogia di proporzionalitÑ serve a rimarcare la<br />
diversitÑ infinita o sostanziale tra l’essenza degli enti creati e quella dell’Ens<br />
a se.<br />
●Infatti l’analogia di proporzionalitÑ accentua specialmente l’infinita distanza<br />
metafisica della natura degli enti da Dio (le loro essenze sono infinitamente<br />
lontane da quella divina). Invece l’analogia di attribuzione intrinseca (l’essere<br />
appartiene per prius, come causa, a Dio e solo come effetto e per posterius<br />
alle creature, anche se intrinsecamente) accentua primariamente la<br />
dipendenza causale, o creaturale, degli enti da Dio (Cf. S. Th., I, q.3, a. 7, ad<br />
1; ivi, I, q. 13, a. 5; Comp. Th., c. 130, n. 261; I Sent., d. 8, q. 4, a. 2; ivi, d.<br />
19, q. 5, a. 2, ad 1; In II Sent., d. 19, q. 9Ä. 5; Comm Ethica, I, lectio 7, n. 95-<br />
96; De pot., q. 7, a. 1, ad 8; De Ver., q. 2, a. 11; S. Th., I, q. 105, a. 1, ad 1;<br />
Commento ai Nomi divini a cura di p. Battista Mondin, Bologna, Edizioni<br />
Studio Domenicano, 2004, 2 voll.).<br />
●Nell’analogia di attribuzione intrinseca vi Å un analogato principale, il quale<br />
possiede una perfezione pura (per es. l’essere/la bontÑ …) per essenza o<br />
infinitamente e vi sono degli analogati secondari, i quali hanno la suddetta<br />
perfezione per partecipationem et non per essentiam, ossia ricevono o<br />
partecipano in maniera limitata e finita la perfezione pura (essere, bontÑ,<br />
veritÑ …) dall’analogato principale che Å Dio. Questa analogia di attribuzione<br />
intrinseca mette bene in risalto l’ordine di prioritÑ e posterioritÑ e la<br />
dipendenza causale/effettiva tra l’analogato principale e l’analogato<br />
secondario.<br />
●San Tommaso grazie all’analogia riesce a poter discorrere su Dio il quale Å<br />
analogo alle creature, ossia sostanzialmente diverso poichâ infinito, ma<br />
relativamente simile quanto all’essere, che le creature hanno limitatamente<br />
mentre solo Dio Å il suo stesso essere per essenza. Negando l’analogia si tende<br />
al nichilismo teologico o apofatismo che ritiene del tutto impossibile all’uomo<br />
dire qualcosa su Dio o conoscere qualche suo attributo divino (Contra Gent., l.<br />
I, cc. 32-34; S. Th., I, q. 4, a. 3 ad 3; ivi, q. 13, a. 5).<br />
●L’analogia riguardo alla teologia o al problema dei ‘Nomi Divini’ per il<br />
Dottore Comune (S. Th., I, qq. 12-13, Commento ai Nomi Divini di Dionigi<br />
l’Areopagita) Å una predicazione unius ad alterum per prius et posterius (per<br />
es. l’essere si attribuisce a Dio e alle creature); questa Å un’attribuzione<br />
intrinseca in quanto l’essere Å intrinseco a Dio e alle creature, ma per prius<br />
et per essentiam al Creatore e per posterius et per partecipationem alle<br />
creature. Non Å pertanto la predicazione di duorum vel plurium ad unum (per<br />
es. la salute Å attribuita all’uomo, alla medicina, alla bistecca, all’aria …);<br />
quest’ultima Å un’attribuzione estrinseca e la salute si trova intrinsecamente<br />
solo nell’analogato principale (l’uomo) mentre Å estrinseca agli analogati<br />
secondari e non specifica alcuna prioritÑ/posterioritÑ tra di loro. Mi pare<br />
allora evidente che in teologia sia piÖ consono l’uso dell’analogia di<br />
attribuzione intrinseca che quello dell’analogia di proporzionalitÑ. Infatti Dio<br />
Å Ente e l’uomo Å ente, ma prima di tutto (per prius) Å Ente Dio e poi anche<br />
l’uomo (per posterius) e lo Å grazie all’Ente o Essere (per essentiam o infinito)
6<br />
di Dio, che Å ricevuto dall’ente creato (per partecipationem o limitatamente).<br />
Come si vede, l’analogia di attribuzione intrinseca esprime la presenza di Dio<br />
nelle creature come loro causa efficiente e la sua infinita trascendenza, come<br />
Esse per essentiam. Nell’analogia di proporzionalitÑ, invece, non vi Å un<br />
primo e un secondo analogato, ma tutti sono analogati senza una prioritÑ e<br />
posterioritÑ.<br />
●L’analogia si fonda sulla causalitÑ efficiente. Ora il rapporto tra causa ed<br />
effetto comporta necessariamente una certa somiglianza tra di loro. Omne<br />
agens agit sibi simile. Quando la causa Å Dio, l’effetto, essendo una creatura<br />
finita, non puä essere eguale a Dio, ma vi Å solo una lieve somiglianza assieme<br />
ad una grandissima dissomiglianza, e questa Å una somiglianza analogica.<br />
Tutte le perfezioni che Dio comunica alle creature (anche le perfezioni pure)<br />
non hanno mai paritÑ di possesso: esse sono possedute per essentiam o per<br />
partecipationem. Inoltre tale possesso avviene secondo un prius et posterius<br />
ossia una prioritÑ e una dipendenza. Soprattutto per capire il significato di<br />
essere/essenza/ente (che Å il cuore della metafisica tomistica ascendente a<br />
Dio e discendente da Dio) l’analogia piÖ consona Å quella di attribuzione<br />
intrinseca. Il concetto forte di essere come atto ultimo di ogni essenza e di<br />
ente si capisce meglio ricorrendo all’analogia di attribuzione intrinseca, la<br />
quale considera i rapporti tra gli analogati (rapporto di soggetto a soggetto e<br />
non rapporto di rapporti o proporzioni) secondo prioritÑ e posterioritÑ. Ora<br />
l’essere come atto ha un analogato principale a cui l’esse appartiene in tutta<br />
la sua pienezza e perfezione, senza nessun limite, mentre l’esse si dice<br />
secondariamente degli analogati secondari, enti per partecipationem, dove si<br />
realizza solo parzialmente e finitamente grazie al loro rapporto con<br />
l’analogato principale da cui derivano la loro parte di essere. Non si puä dire<br />
che l’intrinsecitÑ dell’analogia di attribuzione le derivi dalla proporzionalitÑ.<br />
Invece le viene dal rapporto tra analogato principale e analogato secondario,<br />
che Å di causalitÑ/effetto e di prioritÑ/posterioritÑ. Quindi l’attribuzione Å<br />
intrinseca proprio perchâ l’essere Å attribuito per prius et causaliter all’Esse<br />
per essentiam e per posterius et effectualiter all’ens per partecipationem.<br />
L’atto di essere appartiene a tutti gli analogati, ma a pieno titolo solo all’Esse<br />
per essentiam dal quale ogni altro ente analogato secondario riceve l’esse per<br />
partecipationem. Solo Dio Å il suo stesso essere (Ego sum qui sum, JahwÅh),<br />
mentre tutte le creature hanno solo una parte finita di essere dato loro da<br />
Dio. Cosà il rapporto di prioritÑ e posterioritÑ non Å soltanto estrinseco o<br />
nominale, ma intrinseco e reale, come quello che intercorre tra la causa<br />
efficiente e il suo effetto: un rapporto di partecipazione. Gli enti finiti hanno<br />
l’atto di essere perchâ l’hanno ricevuto dall’Esse per essentiam, che non ha<br />
l’essere, ma Å l’Essere stesso sussistente, l’Esse ipsum subsistens. L’analogia<br />
di attribuzione intrinseca mette bene in luce il nesso di causa/effetto e<br />
l’ordine di prioritÑ/posterioritÑ tra Dio e gli enti creati. Quindi Å la sentinella<br />
piÖ valida contro il panteismo, il quale si trova virtualmente in Scoto e Suarez<br />
per la loro concezione dell’essere come univoco e non per la buona<br />
sistematizzazione suareziana della divisione del concetto di analogia, anche<br />
se la sua concezione o definizione di analogia non puä essere seguita.<br />
●L’analogia di attribuzione intrinseca non Å solo una somiglianza di rapporti o
7<br />
di proporzionalitÑ, ma Å una somiglianza diretta tra gli analogati. Si badi<br />
bene: questo non Å un difetto ma un pregio. Ora S. Tommaso insiste<br />
specialmente nel Commento al De Divinis Nominibus di Dionigi il Mistico<br />
nell’insegnare che l’analogia piÖ atta a parlare di Dio Å l’analogia di unius ad<br />
alterum ossia quella di attribuzione intrinseca, la quale comporta tre<br />
elementi: 1Ä) ordine di prioritÑ (Dio) e posterioritÑ (enti creati); 2Ä)<br />
dipendenza dell’analogato secondario (ente creato) da quello principale (Dio);<br />
3Ä) somiglianza tra analogati (Dio/enti creati; altrimenti non si potrebbe dire<br />
nulla su Dio e si scivolerebbe nell’apofatismo o nichilismo teologico di MosÅ<br />
Maimonide + 1204).<br />
L’analogia come miglior critica del panteismo<br />
●San Tommaso d’Aquino nel Commento alle Sentenze (I, d. 8, q. 1, a. 2) si<br />
pone la questione “se Dio sia l’essere di tutte le cose” e risponde che “Dio Å<br />
l’essere di tutte le cose non essenzialmente ma causativamente”. Ossia Dio<br />
non Å coessenziale al mondo, ma ne Å la causa efficiente e realmente distinta<br />
pur essendo onnipresente. Poi lo prova distinguendo tre tipi di causalitÑ<br />
efficiente: a) causa univoca: causa ed effetto sono identici o della stessa<br />
specie (padre e figlio); b) causa equivoca: non vi Å nessuna identitÑ reale, ma<br />
solo una certa vaga somiglianza qualitativa nominale (il sole che scalda e le<br />
pietre scaldate si somigliano quanto alla qualitÑ del calore, ma non sono della<br />
stessa specie); c) causa analoga: vi Å una certa somiglianza accidentale tra<br />
causa ed effetto (omne agens agit simile sibi) mista ad una dissomiglianza<br />
sostanziale piÖ marcata: per esempio tra Dio e l’uomo vi Å una certa<br />
somiglianza relativa al rapporto di causa/effetto, ma essi sono<br />
sostanzialmente diversi poichâ Dio Å ‘a Se’, l’uomo ‘ab Alio’. Da ciä risulta<br />
che Dio produce l’essere del mondo secondo una debole ed imperfetta<br />
somiglianza in rapporto alla sostanziale diversitÑ tra loro due. Quindi<br />
“l’Essere divino produce l’essere del mondo in quanto dall’Essere infinito<br />
procede o Å causato efficientemente l’essere di tutti gli enti creati” (I Sent.,<br />
d. 8, q. 1, a. 2). Nella Summa contra Gentiles (Lib. III, cap. 68) l’Angelico<br />
precisa che Dio Å onnipresente, ma “non si trova mescolato al mondo: Egli<br />
non Å nâ forma nâ tanto meno materia di alcuna cosa, ma si trova nelle sue<br />
creature come causa agente efficiente”. Quindi il mondo e le creature<br />
possono essere chiamati “divini” solo per partecipazione e imitazione in<br />
quanto creati da Dio (S. Th., I, q. 45, a. 7; I, q. 91, a. 4). L’Aquinate elimina<br />
cosà anche ogni possibile equivoco immanentistico, distinguendo presenza,<br />
inerenza o immanenza da immanentismo. Cosà Dio non solo Å l’ “Ens a Se”,<br />
ma Å anche “Ens a quo omnia alia derivantur”. Come dice ancora S.<br />
Tommaso: “quod dicitur maxime tale in aliquo genere est causa omnium quae<br />
sunt illius generis” (S. Th., I, q. 2, a. 3) ossia Dio, che Å l’Essere massimo, Å<br />
causa di tutti gli enti; come pure “omnia quae sunt in aliquo genere,<br />
derivantur a principio illius generis” (S. Th., I-II, q. 1, a. 1, sed contra), cioÅ<br />
tutti gli enti derivano o partecipano dal Principio dell’ente. Perciä Dio Å Ens a<br />
se a quo omnia alia sunt; mentre la creatura Å ens ab alio derivans et
8<br />
participans.<br />
●La Filosofia Tomistica ha compendiato il pensiero del Dottore Comune cosà:<br />
il vero problema Å quello della coesistenza e conciliazione del finito<br />
coll’Infinito. Posto ciä, vi sono diverse scuole filosofiche: a) o si dice che Dio<br />
assorbe in Sâ tutto e che non vi sono enti finiti all’infuori dell’Essere Infinito<br />
di Dio (panteismo monista); b) o, se esistono altri enti, essi si<br />
aggiungerebbero a Dio formando assieme a Lui una perfezione ancora piÖ<br />
grande, ma questa Å una falsa nozione di Dio ed equivale a negare il vero<br />
concetto di Dio (ateismo); c) tuttavia vi Å una terza possibilitÑ: l’ente finito<br />
esiste, Å un fatto, ora esso suppone una Causa incausata e Infinita, poichâ una<br />
serie infinita di cause finite e causate non spiega se stessa. Infatti si resta nel<br />
campo dell’effetto e non si giunge alla causa prima o spiegazione della realtÑ<br />
creata e causata. La creatura Å distinta da Dio perchâ essa Å finita, perä tutto<br />
ciä che ha lo ha o lo partecipa da Dio, che Å l’Essere per essenza e non ha<br />
l’essere da nessuno. Onde, tutto quel che c’Å di perfezione nella creatura Å in<br />
maniera sovra-eminente ed infinita in Dio. Cosà la perfezione della creatura<br />
non aggiunge nulla a Dio. Dio e creature non formano “piÖ-Essere” o un<br />
“Super-Essere”, ma solo piÖ enti, poichâ l’essere della creatura Å partecipato<br />
o dato da Dio, cosà come, se un allievo sa qualcosa in quanto glielo ha<br />
insegnato, dato o partecipato il maestro, maestro e scolaro non fanno piÖ<br />
scienza ma solo piÖ scienti.<br />
●Cosà a) tra panteismo (l’essere finito assorbito in Dio) e b) dualismo reale o<br />
Deismo (essere finito estraneo a Dio) vi Å un a terza posizione: c) l’essere<br />
finito delle creature, che Å partecipato o derivato da Dio (Essere Infinito),<br />
contiene in grado limitato quella perfezione che in Dio Å Infinita. Vi sono piÖ<br />
enti, ma non cresce l’Essere divino (contro il monismo panteista). Perciä se si<br />
esclude a) l’identitÑ o univocitÑ tra Dio e mondo, come pure b) la separazione<br />
assoluta o equivocitÑ dualistica (specialmente del Deismo moderno), resta c)<br />
la partecipazione causale e analogica. Dio Å distinto dagli altri enti, ma non<br />
ne Å separato: in quanto Infinito Å distinto dagli enti finiti, ma Å anche<br />
presente dappertutto come Causa efficiente ed anche finale ed esemplare.<br />
Onde çl’ente e l’essere si dice di Dio e degli altri enti secondo l’analogia di<br />
proporzionalitÑ propria e di attribuzione intrinseca. Dio sta al suo Essere in<br />
modo simile a come ogni altro ente sta al suo essere. Tuttavia l’Essere di Dio<br />
Å essenzialmente diverso da quello degli altri enti: Dio Å lo stesso Essere per<br />
sua essenza, mentre ogni altro ente riceve, ha o partecipa dell’essere. C’Å<br />
quindi una certa relativa somiglianza e una sostanziale diversitÑ tra l’essere<br />
degli enti e quello di Dioé.<br />
Conclusione<br />
●La IV Tesi distingue ente da essere e da essenza. Mostra che l’essere Å l’atto<br />
ultimo di ogni perfezione. Inoltre applica analogicamente l’ente e l’essere a<br />
Dio e alle creature e ammette la duplice analogia di attribuzione e di<br />
proporzionalitÑ, citando per prima e dando, cosà, il primato a quella di<br />
attribuzione. Tesi questa che non tutti, anche tra i migliori tomisti, hanno<br />
ritenuto di dover far propria (Gaetano, Garrigou-Lagrange, Tyn, Vanni-
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Rovighi). L’insegnamento del Magistero ecclesiastico (come abbiamo giÑ visto<br />
parlando delle XXIV Tesi in generale, volute da S. Pio X e promulgate da<br />
Benedetto XV) ci aiuta a capire piÖ facilmente, sicuramente e senza pericolo<br />
di errori la dottrina tomistica verace.<br />
d. CURZIO NITOGLIA<br />
28 marzo 2012<br />
http://www.doncurzionitoglia.com/4a_tesi_tomismo_commento_xxiv.htm<br />
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[1] Cfr. Summa contra Gentiles, lib. I, capp. 32-34; De Potentia, q. 7, a. 7; S. Th., I, q.<br />
13, a. 5.<br />
[2] La nozione metafisica di partecipazione secondo S. Tommaso d’Aquino, [1939], Segni,<br />
2005, IV ed. Id., Partecipazione e causalitÅ secondo S. Tommaso d’Aquino [1961], Segni, 2010,<br />
II ed.<br />
[3] L’analogia di proporzionalitÅ propria dice similitudine di rapporto. Ogni categoria di enti ha<br />
un suo proprio modo di essere e tra questi modi di essere c’Ç una certa somiglianza di<br />
rapporto. Per esempio Dio sta al suo essere, come l’uomo sta al suo, come l’animale sta al suo,<br />
come la pianta e il minerale stanno al loro. L’essenza di Dio e quella delle creature menzionate<br />
sono sostanzialmente diverse, perÉ essi sono simili perchÑ ognuno di loro ha l’essere che gli Ç<br />
proporzionato (somiglianza proporzionale e non di uno all’altro). Si tratta di una somiglianza di<br />
rapporti nel modo di avere - ognuno a modo suo - l’essere che gli corrisponde o che gli Ç<br />
proporzionato. Si tratta di un rapporto complesso, un rapporto di rapporti o proporzioni.<br />
Invece nell’analogia di attribuzione intrinseca si tratta di un rapporto semplice di uno ad un<br />
altro, di Dio alla creatura, secondo causalitÅ efficiente che comporta una dipendenza<br />
dell’effetto dalla causa e una prioritÅ/posterioritÅ della causa sull’effetto. Essa Ç tutto il<br />
contrario del panteismo, anzi ne Ç la piÖ esplicita confutazione. Infatti solo nella quarta via<br />
(fondata sul concetto di partecipazione e sull’analogia di attribuzione), nella quale Dio Ç<br />
qualificato come “causa dell’essere”, S. Tommaso giunge a Dio come Creatore di tutti gli enti.<br />
(S. Th., I, q. 2, a. 3). L’analogato secondario (ente) puÉ essere concepito e definito solo in<br />
relazione all’analogato principale (Dio), che entra intrinsecamente nell’analogato secondario<br />
come sua causa efficiente. Per esempio quando si parla di ens ab alio, l’alio (che Ç l’Aseitas)<br />
entra intrinsecamente e direttamente nella creatura o analogato secondario e le dÅ una parte
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del suo Ens a se. PerciÉ essere/essenza/ente si dicono intrinsecamente e formalmente anche<br />
dell’analogato secondario, non in virtÖ della proporzionalitÅ, ma dell’attribuzione che si fonda<br />
sulla causalitÅ efficiente (cfr. R. M. Mc Inerny, The Logic of Analogy, Den Haag, 1961).<br />
[4] Cfr. C. Fabro, La nozione metafisica di partecipazione secondo S. Tommaso d’Aquino,<br />
Milano, Vita e Pensiero, 1939; Id., Partecipazione e causalitÅ in S. Tommaso, Torino, SEI, 1961.<br />
[5] P. Carosi, Corso di filosofia, IV vol., Ontologia: Dio, Roma, Paoline, 1959, p. 228.<br />
NOTA BENE:<br />
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(http://www.totustuus.it/), alla voce Saggi Teologici, vi sono, tra le tante,<br />
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F. Spadafora, Dizionario Biblico;<br />
A. Tanquerey, Compendio di Teologia ascetica e mistica;<br />
C. Fabro, L’avventura della Teologia progressista;<br />
Id., La svolta antropologica di Karl Rahner;<br />
A. LÑmann, L’Anticristo;<br />
S. Cartechini, dall’opinione al dogma;<br />
G. Casali, Somma di teologia dogmatica.<br />
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