esercito e città dall'unità agli anni trenta. tomo i - Sistema ...

esercito e città dall'unità agli anni trenta. tomo i - Sistema ... esercito e città dall'unità agli anni trenta. tomo i - Sistema ...

archivi.beniculturali.it
from archivi.beniculturali.it More from this publisher
31.05.2013 Views

144 MARIO ISNENGHI sia storicamente esaurita. Ci sarebbero da leggere episodi esemplificativi, come quello del colonnello a cui avevano affibbiato il nome d'arte di 'Ras Alula' , il quale beffa e arriva a minacciare quel suo sottoposto che si mette a leggere dei libri e addirittura ha la pretesa di spingere il suo desiderio di sapere fino a documentarsi sul punto di vista dei socialisti, prima di fare una conferenza sul socialismo. L'ufficiale superiore ricatta l'ufficiale subalterno con la minaccia di ritorsioni sulla carriera, se continua a leggere cose tanto disdicevoli, sia pure a fin di bene. Oppure l'episodio di De Bono, il quale non sa orientarsi usando le carte e però mostra di considerarlo del tutto normale, egli che, del resto, non nasconde la sua predilezione per il militare rozzo ed incondito, felicemente restato cioè in un suo stato di natura, non insidiato dai rischi e dai peccati della coscienza avvertita: l'ignoranza una vera e propria dote sociale e militare, secondo gli ufficiali alla maniera di De Bono. Rispetto a questo deprimente panorama storico, l'impostazione del relatore è fortemente critica. Filippo Mazzonis ha lavorato su Usi della buona società e questioni d'o­ nore. Etichetta e vertenze cavalleresche nei manuali per ufficiali, misuran­ dosi con le successive generazioni di manuali usciti a Torino e a Modena e da lui studiati, uno per uno, dall'interno, avendo cura di verificare anche le successive edizioni e ristampe delle varie opere, per vedere come il gusto e l'insegnamento del gusto, i costumi e il disciplinamento dei costumi, si evolvono nel tempo. Folte letture ottocentesche, in particolare, ma anche novecentesche, sono alla base di questo approccio suggestivo e inconsueto al modo in cui si costruisce una figura e la sociabilità di una figura che è, insieme, appartata, diversa, .e al centro di tutta una serie di relazioni ritualiz­ zate, pubbliche e private. Mazzonis pone anche lui in rapporto Esercito e società civile, ci fa vedere come ci sia, all'origine, un modello aristocratico, un modello che però accetta senza troppi urti di convivere con la realtà di fatto: per cui il modello aristocratico si declina anche in forme molto mode­ ste, insegnando al militare le cose concrete della vita quotidiana: insegnan­ do p. es. che non sta bene mangiare in pubblico negli scompartimenti dei treni - ne avrebbe disdoro e nocumento l'autorità della divisa -, e altri spicchi e ritagli di quotidianità di tale fatta; come ci si comporta bene in un salotto, in rapporto a tutta una casistica dei luoghi e dei salotti; come ci si muove sulla scena del ballo, e poi l'arte della conversazione, quella del salu­ to e così via. Cose più o meno rilevanti in una nostra considerazione del poi, ma più allora, se corrisponde alla mentalità comune l'opinione di una dama piemontese che dichiarava tranquillamente di considerare la vita dell'ufficiale pressoché per intero risolta in questa vita di società: per il resto, sì, le parate militari, il tempo consacrato all'istruzione, ma, in sostanza, la CULTURA E RUOLO SOCIALE DELL'UFFICIALE 145 professione di ufficiale era secondo la dama - che circondata di ufficiali viveva e aveva sempre vissuto, per le particolarità già ricordate della buona società piemontese - proprio il comparire in società, onorando e ripetendo certe convenzioni rigidamente precostituite. Il problema, naturalmente, di tutti questi decaloghi è quello di socializzare e far comparire anche quell'ufficiale che non sia personalmente un aristocratico per nascita. Anche qui ricompare il duello come camera di compensazione, terreno di incontro fra aristocrazia e borghesia e fra etichetta civile e etichetta militare. Questa forma di restaurazione delle gerarchie e delle convenzioni offese travalica il processo di borghesizzazione in corso dall'Esercito e si prolunga, in teoria e anche qualche volta in pratica, sino al periodo fra le due guerre. Si potrebbe forse considerare l'istituto del duello un esempio di doppiezza e di una sorta di doppio regime normativa: quello civile e modernizzante del codice scritto, che lo preclude, e quello di matrice cavalleresca e militare, del codice d'onore non scritto, altrettanto cogente per chi voglia essere e sentirsi considerato interno al codice. Meno ancora dei civili i militari possono sfuggire alla osservanza di questo, che rimane dunque a lungo un marchio distintivo, una delle ridotte della identità separata non sovrapponibile e non riducibile a quella degli uomini qualunque. Daniela Maldini Chiarito ci ha fornito Alcune osservazioni a proposito della vita militare nella narrativa e nella memorialistica dell 'Ottocento. Ho avuto occasione di parlarne direttamente con la mia collega torinese, che non ritiene di aver presentato una relazione completa, ma un abbozzo la cui spinta propulsiva si è esaurita per strada. Io credo che il lavoro farebbe bene a riprenderlo e a continuarlo. Già così riemergono molti romanzi, c'è anche una bibliografia, opere di e sui militari, e l'idea del romanzo come forma specifica di educazione, non semplicemente di intrattenimento educativo. Anche qui una parte eminente ce l'ha il già nominato Arturo Olivieri Sangiacomo, figura veramente interessante, (un'altra del genere potrebbe essere Giulio Bechi), fra le più significative di quelle che si materializzano in queste relazioni, e autore di saggi, interventi pubblicistici e testi narrativi, sempre all'insegna dell'impegno. Una pista particolarmente promettente sembra essere quella che allarga il discorso dal romanzo militare al romanzo per altri pubblici circoscritti e determinati: il romanzo delle donne per le donne, il romanzo per lo scolaro, il romanzo per l'operaio: un tipo di letteratura funzionale, pratica, operativa, che alimenta un circuito di identificazione fra oggetto e destinatario, immettendo non di rado nel circuito - a ulteriore immedesimazione - lo stesso autore, e che sembra avere costituito un genere caratterizzante nella letteratura e para-letteratura dei decenni che hanno all'ordine del giorno, più in generale, il problema di 'fare gli Italiani'.

146 MARIO ISNENGHI L'ultima relazione di cui debbo occuparmi è quella di Janine Menet­ Genty, che si è proposta di analizzare L 'immagine dell 'ufficiale nel teatro borghese dell 'Italia liberale. Qui entra in scena il teatro, il teatro 'borghese', fino alla Grande guerra in modo particolare. Si forniscono alcune cifre di carattere logistico e organizzativo: nel 1870 si possono elencare 957 teatri ubicati in 711 comuni; si svolgono alcune considerazioni sui testi principali che contemplano vicende e casi della vita militare; si osserva tuttavia che, in forza di una circolare del Ministero dell'Interno negli anni Settanta e di precauzioni divenute abituali, non si possono portare in scena attori con la divisa da ufficiali; e si attribuisce notevole rilievo a questo elemento di dissuasione di carattere giuridico, nel depauperare la scena teatrale italiana di questo personaggio e tipo. Se si voleva parlare di militari, bisognava farlo in modo indiretto. Un residuo di sacralità. Anche qui il duello si riconferma come uno dei temi che permette di sfiorare alnieno la dimensione militare e di parlarne in modo, se non diretto, allusivo. Vorrei informare l'autrice che, per quanto riguarda la prima guerra mondiale - su cui cita un testo di Annie Vivanti e uno di Sabatino Lopez, che non appartengono alla prima fila della letteratura e del teatro italiani - visto che non siamo in prima fila, possiamo calare di genere e di grado ancora di più, e allora di teatro ispirato alla Grande guerra se ne trova e come, proprio come forma di educazione di massa; e anche qualche anno dopo, nell'ambito del fascismo - il nostro convegno avrebbe voluto arrivare agli anni Trenta - si può trovare parecchio teatro del Dopolavoro fascista che si occupa di militari e di guerre; e anche, ancora, le filodrammatiche cattoliche che fra le due guerre continuano (dalla prima guerra mondiale, all'Africa, alla Spagna, più di rado oltre) a produrre e consumare teatro di guerra. Fra gli appunti e spunti suggeritimi dalla lettura dei contributi che - interpretando il mio ruolo odierno - ho cercato di sintetizzare per chi non ha avuto ancora la possibilità di leggerli, non mancherebbero certo possibilità di ulteriore estensione del discorso e per innescare approfondimenti e discussioni, ma confido che ciò possa avvenire anche attraverso l'intervento integrativo degli stessi autori, oltre che degli ascoltatori. RELAZIONI

146 MARIO ISNENGHI<br />

L'ultima relazione di cui debbo occuparmi è quella di Janine Menet­<br />

Genty, che si è proposta di analizzare L 'immagine dell 'ufficiale nel teatro<br />

borghese dell 'Italia liberale. Qui entra in scena il teatro, il teatro 'borghese',<br />

fino alla Grande guerra in modo particolare. Si forniscono alcune cifre<br />

di carattere logistico e organizzativo: nel 1870 si possono elencare 957 teatri<br />

ubicati in 711 comuni; si svolgono alcune considerazioni sui testi principali<br />

che contemplano vicende e casi della vita militare; si osserva tuttavia<br />

che, in forza di una circolare del Ministero dell'Interno negli <strong>anni</strong> Settanta<br />

e di precauzioni divenute abituali, non si possono portare in scena attori<br />

con la divisa da ufficiali; e si attribuisce notevole rilievo a questo elemento<br />

di dissuasione di carattere giuridico, nel depauperare la scena teatrale italiana<br />

di questo personaggio e tipo. Se si voleva parlare di militari, bisognava<br />

farlo in modo indiretto. Un residuo di sacralità. Anche qui il duello si riconferma<br />

come uno dei temi che permette di sfiorare alnieno la dimensione militare<br />

e di parlarne in modo, se non diretto, allusivo. Vorrei informare l'autrice<br />

che, per quanto riguarda la prima guerra mondiale - su cui cita un<br />

testo di Annie Vivanti e uno di Sabatino Lopez, che non appartengono alla<br />

prima fila della letteratura e del teatro italiani - visto che non siamo in prima<br />

fila, possiamo calare di genere e di grado ancora di più, e allora di teatro<br />

ispirato alla Grande guerra se ne trova e come, proprio come forma di educazione<br />

di massa; e anche qualche anno dopo, nell'ambito del fascismo -<br />

il nostro convegno avrebbe voluto arrivare <strong>agli</strong> <strong>anni</strong> Trenta - si può trovare<br />

parecchio teatro del Dopolavoro fascista che si occupa di militari e di guerre;<br />

e anche, ancora, le filodrammatiche cattoliche che fra le due guerre continuano<br />

(dalla prima guerra mondiale, all'Africa, alla Spagna, più di rado oltre)<br />

a produrre e consumare teatro di guerra.<br />

Fra gli appunti e spunti suggeritimi dalla lettura dei contributi che -<br />

interpretando il mio ruolo odierno - ho cercato di sintetizzare per chi non<br />

ha avuto ancora la possibilità di leggerli, non mancherebbero certo possibilità<br />

di ulteriore estensione del discorso e per innescare approfondimenti e<br />

discussioni, ma confido che ciò possa avvenire anche attraverso l'intervento<br />

integrativo degli stessi autori, oltre che degli ascoltatori.<br />

RELAZIONI

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!