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31.05.2013 Views

136 MARIO ISNENGHI storica, le significazioni simboliche della divisa e dell'essere in divisa fra coloro che non lo sono. Per uscire in città, dunque, molti ufficiali - ufficiali borghesi o che si vanno borghesizzando - invece che a distinguersi tendono a mimetizzarsi il più possibile fra i civili. Non sembra quindi esserci a Milano un valore simbolico autoctono della divisa, dell'essere uomo d'armi fra i civili e di affermarlo vistosamente con questo vestiario disusato e marchiante. È il fallimento del pathos e dello stile ascetico, se ve ne fu uno in sé, proprio dei militari in quanto tali e, questo modello alto ed eroico e sublime, non vada invece tutto ascritto all'esser nobili, invece che ufficiali: e cioè a un principio di legittimazioni a priori e in realtà esterno al senso e alle ragioni del nuovo Stato nazionale. Uno Stato che sembrerebbe allora manifestarsi impotente, in quanto tale, a fornire di uno statuto forte sia - per un verso - gli ufficiali in variante piemontese che - per l'altro - gli ufficiali in variante lombarda. Meriggi sottolinea comunque fortemente la specificità di Milano rispetto al rapporto società-militari. E abbiamo così a questo punto già due bei 'casi' di studio, analiticamente affrontati, e una tipologia che si va articolando e che a questo punto ci viene suggerito, da queste due grandi areecampione, di lasciare aperta a successive articolazioni: Napoli anzitutto, che sarebbe necessario vedere a fondo, e spiace che non sia stata prevista, per Napoli, neanche nelle altre giornate, una verifica d'area simile alle due di cui si è parlato sin qui. Abbiamo comunque altri approcci geografici differenziati, per Modena ecc. Ometto una serie di passaggi intermedi, che nella relazione però ci sono, e vado a vedere come va a finire, secondo Meriggi. Va a finire che la separazione in qualche modo si risolve, ma non per via propriamente militare né sul piano dei valori. Milano e l'Esercito si ricongiungono in prossimi_tà della Grande guerra, in età giolittiana, nel momento della modernizzazione tecnica dell'Esercito, cioè il fossato, se si colma, si colma per motivi economici, per una diversa gerarchia di priorità, propriamente 'milanese' e assai diversa rispetto alle gerarchie di priorità propriamente 'torinesi' e piemontesi. Ho inserito a questo punto la descrizione delle tematiche affrontate da Paola Nava: Ufficiale e gentiluomo. Cadetti e ufficiali dell 'Accademia Militare nella società modenese fra Ottocento e Novecento. Avrebbe anche potuto essere introdotta in qualche altro punto di questo itinerario ragionato, ma ho voluto privilegiare il fatto che qui si parla di Modena e quindi la possibilità di inserire, accanto a Torino e Milano, un'altra situazione-tipo, un altro luogo capitale in un'educazione di ceto, con le sue specificità quanto ad antefatti storici e dinamiche interne. Sappiamo bene che ogni storia in CULTURA E RUOLO SOCIALE DELL'UFFICIALE 137 Italia ha bisogno di essere specificata a seconda delle diverse storie al plurale che le stanno dietro. Paola N ava ha studiato in particolare la Scuola militare di Modena, l'Accademia Militare nelle sue diverse tappe: ci sono dei primordi già con gli Estensi, poi nel l 798 con la Repubblica Cisalpina e poi via via si seguono le diverse vicende di fondazione e rifondazione nelle prime pagine del contributo, documentandole sulla base anche dell'Archivio della stessa Accademia e arrivando a far vedere come, fin da subito, al momento della unificazione, il nuovo Regno confermi l'interesse per questa ubicazione di una delle sue scuole militari proprio a Modena. Uno dei motivi di interesse, mi sembra, di questa relazione è la verifica che c'è una fase di sospetto e di estraneità da parte della vecchia classe dirigente estense nei confronti di questa nuova fase dell'Accademia al servizio del nuovo Stato. Questa è una pista che non risulta centrale, naturalmente, nell'occasione e che l'autrice ha potuto solo accennare, ma che credo potrebbe essere utilmente ripresa. Vorrei anche accennare che, a differenza delle precedenti, questa relazione si basa anche su fonti orali. L'autrice inoltre utilizza fonti memorialistiche e anche, in parte, come dicevo, fonti interne all'archivio dell'istituto. Non so se ci fossero altri documenti, se li abbia usati tutti o se ne rimangano ancora riservati ad altri approfondimenti. Gioverebbero a mio avviso, a meglio definire il contesto, dei dati quantitativi sui flussi, la composizione, la geografia delle presenze in Accademia nell'arco di tempo considerato: e questo anche e proprio nella prospettiva, che è quella privilegiata, dell'Accademia di Modena come forma e luogo specifico di mobilità interregionale, di 'nazionalizzazione' di una certa fetta di classe dirigente e di imer-scambio - anche matrimoniale - fra una società femminile di residenti e una società maschile di giovani generazioni aristocratiche o borghesi assiduamente richiamate a Modena, per un periodo di iniziazione, dalle varie parti della penisola. È - questa con cui abbiamo a che fare, nella sua stesura attuale - una ricognizione, direi, di tipo prevalentemente descrittivo, più che valutativo. Uno dei settori che si potrebbero forse approfondire è quello della parabola interna degli atteggiamenti dell'ex-classe dirigente, che rimane classe dirigente dal punto di vista economico, anche se ha qualche battuta d'arresto dal punto di vista politico. Vediamo le famiglie bene di Modena presenti, nell'immediato retroterra dell'Accademia, anche attraverso un sistema di affidamento o di tutoraggio sociale nei confronti dei giovani che arrivano in Accademia da fuori Modena. Ci sono delle famiglie cioè che fungono da raccomandatarie, le " migliori » famiglie di Modena si vedono affidati i giovani che vanno all'Accademia e che vengono da tutta Italia, perché li curino, si occupino del loro tempo libero, li invitino a casa la domenica, li inseriscano nelle case, nei balli, nei salotti, facendo loro conosce-

138 MARIO ISNENGHI re le gentildonne e le damigelle. Molto interessante, ricco di lati anche gustosi, questo filone tematico - sociale e socio-culturale - su cui intervengono anche i ricordi di qualche antica frequentatrice di tali conversazioni, e che ha a che fare con i problemi di etichetta e di buone maniere su cui riferisce anche specificamente, nella sua relazione, Filippo Mazzonis. C'è un profilo storico dell'Accademia, come ho già detto, da cui viene fuori che, se Modena è significativa, Torino continua a valere molto di più nella estimazione tecnica e nell'immagine che ha in giro per l'Italia, sia da un punto di vista di immagine, sia da un punto di vista di cultura generale, sia da un punto di vista di cultura tecnica e professionale. Su queste 'due culture' avremo poi da ricordare una relazione specifica. Un altro tema, che qui affiora, ma che viene svolto precipuamente in un altro contributo, è quello del tentato, solo parzialmente riuscito e poi abbandonato controllo statale sui destini matrimoniali della élite militare. Un paragrafo, invece, interno e proprio a questa relazione sono le strategie private delle ragazze e delle famiglie modenesi nei confronti di questi possibili 'partiti' venuti da fuori e che alimentano sistematicamente il 'mercato' matrimoniale cittadino, dando per questo verso alla città emiliana una connotazione tutta particolare nel rapporto generale « Esercito-Città "· Spesso i 'promessi sposi' appartengono a famiglie assai interessanti e appetibili. Passo a trattare della relazione di Fortunato Minniti: Primi orientamenti sulle dislocazioni matrimoniali degli ufficiali dell'Esercito (1861-1906); e lo faccio anche perché ben si collega alla tematica toccata da Paola Nava, l'incontro nei salotti modenesi con i cadetti. Nell'approccio di Minniti la considerazione non è più micro-storica, ma comporta una geografia nazionale, più diffusa e variegata. Non è soltanto l'area considerata diversa, è l'angolatura che diventa di preferenza quella dell'ufficiale, invece che quella della donna. La fonte, molto particolare, viene descritta nelle prime pagine. È il carteggio allegato alle declaratorie del Tribunale Supremo di Guerra e Marina, con le quali gli ufficiali ottenevano il giudizio positivo sul valore, la libertà e la sicurezza della rendita di cui dovevano per legge disporre per poter contrarre matrimonio. Siamo quindi all'interno della strategia - ripeto, realizzata solo in parte - dello Stato per intervenire nel merito e per controllare le sorti anche private, familiari, delle élite militari. Nelle prime cartelle l'autore descrive anche le caratteristiche dei campioni considerati e i limiti interni alla pur significativa fonte. I campioni sono 3, le cifre - per le motivazioni che vengono dall'autore spiegate - sono 721 ufficiali per il primo campione, poi 765 e -il campione si allarga sempre di più - 1359. Questi sono i casi considerati sulla base della documentazione, fra il giuridico e l'economico-sociale - che ho accennato. Il limite - lo denuncia egli CULTURA E RUOLO SOCIALE DELL'UFFICIALE 139 stesso - è che gli ufficiali che chiedevano di contrarre matrimonio sottomettendosi alla trafila prevista erano una minoranza. Un fenomeno nel fenomeno è infatti lo strenuo tentativo di molti ufficiali di contrarre matrimonio con una deroga privata alla legge aggirando l'ostacolo normativo , con un matrimonio di nascosto. Questo gruppo di ufficiali sfugge alla fonte. Un saggio, mi sembra, originale, fertile di dati, di tabelle e anche di elaborazioni critiche di molti dati numerici. I 3 campioni pluriennali corrispondono a questi tre periodi: dal 1861 al 1866, dal '66 al 1881, e dal 1901 al 1906, con le tre cifre globali che ho sopra richiamato. Credo che di Minniti sia il caso di leggere un brano, sul tema degli indulti, che operano una sanatoria rispetto a tutti questi patetici vincoli segreti ai bordi della legge. « I 777 ufficiali che chiesero l'indulto del 1871 sanarono situazioni risalenti a volte prima dell'Unità, ma i più di 1000 che approfittarono dell'indulto del 1895 (e anzi col loro numero, approssimativamente noto alle autorità, lo provocarono) erano il frutto di quasi venticinque anni di evasione tollerata '' · Una vera e propria conflittualità strisciante, come si vede, fra il modello 'ascetico' del militare e un modello che va borghesizzandosi e relativizzandosi, rendendo il militare sempre più simile al non-militare. Anche per questo aspetto si intravvedono quelle dinamiche di carattere generale che ho enunciato al principio. I dati che si possono fornire quanto alle percentuali rispettive del matrimonio riconosciuto e legale anche dal punto di vista delle alte sfere militari e del matrimonio di fatto, non ufficialmente riconosciuto, sono che al momento della seconda sanatoria, quella del '95, c'era ancora l ufficiale ammogliato non legalmente rispetto a 4 ammogliati legalmente. Un numero ancora cospicuo, sia pure per un fenomeno in via di declino. Una stima ipotetica è quella che porta a ritenere pari a 2.000 unità gli ufficiali ammogliati all'indomani della costituzione dell'Esercito. Cresceranno successivamente a 3.000 nell"86 ecc. Un altro elemento di interesse è questo, che la spinta per trasformare questa situazione in senso meno ascetico-militaresco e più borghese, viene dagli ufficiali di grado inferiore. I dati principali che mi sembra si possano evincere dalla ricca relazione - e mi scuso anche con questo autore se sono costretto, per forza di cose, a ridurre la portata dei dati e ad essere molto ellittico - sono questi: c'è una certa meridionalizzazione anche per via matrimoniale; vi sono primati ripetuti di Torino, anche su questo terreno; c'è un controllo decrescente dello Stato sui matrimoni, sul filo però dei decenni, non degli anni; c'è una iniziativa ami-controllo, che parte dagli ufficiali inferiori, più giovani, ma, prima che questo tentativo sortisca degli esiti anche d'ordine legale (come spesso avviene, questo accade per via di sanatoria, in una prima fase), gli ufficiali si difendono con una pratica che non coincide con la teoria; ancora, dalla relazione di Minniti si possono 12

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re le gentildonne e le damigelle. Molto interessante, ricco di lati anche gustosi,<br />

questo filone tematico - sociale e socio-culturale - su cui intervengono<br />

anche i ricordi di qualche antica frequentatrice di tali conversazioni,<br />

e che ha a che fare con i problemi di etichetta e di buone maniere su cui<br />

riferisce anche specificamente, nella sua relazione, Filippo Mazzonis. C'è un<br />

profilo storico dell'Accademia, come ho già detto, da cui viene fuori che,<br />

se Modena è significativa, Torino continua a valere molto di più nella estimazione<br />

tecnica e nell'immagine che ha in giro per l'Italia, sia da un punto<br />

di vista di immagine, sia da un punto di vista di cultura generale, sia da un<br />

punto di vista di cultura tecnica e professionale. Su queste 'due culture' avremo<br />

poi da ricordare una relazione specifica. Un altro tema, che qui affiora,<br />

ma che viene svolto precipuamente in un altro contributo, è quello del tentato,<br />

solo parzialmente riuscito e poi abbandonato controllo statale sui destini<br />

matrimoniali della élite militare. Un paragrafo, invece, interno e proprio<br />

a questa relazione sono le strategie private delle ragazze e delle famiglie<br />

modenesi nei confronti di questi possibili 'partiti' venuti da fuori e che alimentano<br />

sistematicamente il 'mercato' matrimoniale cittadino, dando per<br />

questo verso alla <strong>città</strong> emiliana una connotazione tutta particolare nel rapporto<br />

generale « Esercito-Città "· Spesso i 'promessi sposi' appartengono a<br />

famiglie assai interessanti e appetibili.<br />

Passo a trattare della relazione di Fortunato Minniti: Primi orientamenti<br />

sulle dislocazioni matrimoniali degli ufficiali dell'Esercito (1861-1906);<br />

e lo faccio anche perché ben si collega alla tematica toccata da Paola Nava,<br />

l'incontro nei salotti modenesi con i cadetti. Nell'approccio di Minniti la considerazione<br />

non è più micro-storica, ma comporta una geografia nazionale,<br />

più diffusa e variegata. Non è soltanto l'area considerata diversa, è l'angolatura<br />

che diventa di preferenza quella dell'ufficiale, invece che quella della<br />

donna. La fonte, molto particolare, viene descritta nelle prime pagine. È il<br />

carteggio allegato alle declaratorie del Tribunale Supremo di Guerra e Marina,<br />

con le quali gli ufficiali ottenevano il giudizio positivo sul valore, la libertà<br />

e la sicurezza della rendita di cui dovevano per legge disporre per poter<br />

contrarre matrimonio. Siamo quindi all'interno della strategia - ripeto,<br />

realizzata solo in parte - dello Stato per intervenire nel merito e per controllare<br />

le sorti anche private, familiari, delle élite militari. Nelle prime cartelle<br />

l'autore descrive anche le caratteristiche dei campioni considerati e i<br />

limiti interni alla pur significativa fonte. I campioni sono 3, le cifre - per<br />

le motivazioni che vengono dall'autore spiegate - sono 721 ufficiali per il<br />

primo campione, poi 765 e -il campione si allarga sempre di più - 1359.<br />

Questi sono i casi considerati sulla base della documentazione, fra il giuridico<br />

e l'economico-sociale - che ho accennato. Il limite - lo denuncia egli<br />

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stesso - è che gli ufficiali che chiedevano di contrarre matrimonio sottomettendosi<br />

alla trafila prevista erano una minoranza. Un fenomeno nel fenomeno<br />

è infatti lo strenuo tentativo di molti ufficiali di contrarre matrimonio<br />

con una deroga privata alla legge aggirando l'ostacolo normativo , con<br />

un matrimonio di nascosto. Questo gruppo di ufficiali sfugge alla fonte. Un<br />

saggio, mi sembra, originale, fertile di dati, di tabelle e anche di elaborazioni<br />

critiche di molti dati numerici. I 3 campioni pluriennali corrispondono a questi<br />

tre periodi: dal 1861 al 1866, dal '66 al 1881, e dal 1901 al 1906, con<br />

le tre cifre globali che ho sopra richiamato. Credo che di Minniti sia il caso<br />

di leggere un brano, sul tema degli indulti, che operano una sanatoria rispetto<br />

a tutti questi patetici vincoli segreti ai bordi della legge. « I 777 ufficiali<br />

che chiesero l'indulto del 1871 sanarono situazioni risalenti a volte prima<br />

dell'Unità, ma i più di 1000 che approfittarono dell'indulto del 1895 (e anzi<br />

col loro numero, approssimativamente noto alle autorità, lo provocarono)<br />

erano il frutto di quasi venticinque <strong>anni</strong> di evasione tollerata '' · Una vera e<br />

propria conflittualità strisciante, come si vede, fra il modello 'ascetico' del<br />

militare e un modello che va borghesizzandosi e relativizzandosi, rendendo<br />

il militare sempre più simile al non-militare. Anche per questo aspetto si intravvedono<br />

quelle dinamiche di carattere generale che ho enunciato al principio.<br />

I dati che si possono fornire quanto alle percentuali rispettive del matrimonio<br />

riconosciuto e legale anche dal punto di vista delle alte sfere militari<br />

e del matrimonio di fatto, non ufficialmente riconosciuto, sono che al<br />

momento della seconda sanatoria, quella del '95, c'era ancora l ufficiale ammogliato<br />

non legalmente rispetto a 4 ammogliati legalmente. Un numero ancora<br />

cospicuo, sia pure per un fenomeno in via di declino. Una stima ipotetica<br />

è quella che porta a ritenere pari a 2.000 unità gli ufficiali ammogliati<br />

all'indomani della costituzione dell'Esercito. Cresceranno successivamente<br />

a 3.000 nell"86 ecc. Un altro elemento di interesse è questo, che la spinta<br />

per trasformare questa situazione in senso meno ascetico-militaresco e più<br />

borghese, viene d<strong>agli</strong> ufficiali di grado inferiore. I dati principali che mi sembra<br />

si possano evincere dalla ricca relazione - e mi scuso anche con questo<br />

autore se sono costretto, per forza di cose, a ridurre la portata dei dati e ad<br />

essere molto ellittico - sono questi: c'è una certa meridionalizzazione anche<br />

per via matrimoniale; vi sono primati ripetuti di Torino, anche su questo<br />

terreno; c'è un controllo decrescente dello Stato sui matrimoni, sul filo<br />

però dei decenni, non degli <strong>anni</strong>; c'è una iniziativa ami-controllo, che parte<br />

d<strong>agli</strong> ufficiali inferiori, più giovani, ma, prima che questo tentativo sortisca<br />

degli esiti anche d'ordine legale (come spesso avviene, questo accade per<br />

via di sanatoria, in una prima fase), gli ufficiali si difendono con una pratica<br />

che non coincide con la teoria; ancora, dalla relazione di Minniti si possono<br />

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