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esercito e città dall'unità agli anni trenta. tomo i - Sistema ...

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132 MARIO ISNENGHI<br />

analitico di cui oggi parleremo possa essere letto e interpretato solo tenendo<br />

conto di queste due distinte modalità nella maniera di porre, rappresentarsi<br />

e vivere il ruolo militare a fronte della società civile.<br />

La diversità affermata: anzitutto per origine sociale, per appartenenza<br />

aristocratica, per ruolo e per funzioni. L'ufficiale, e in generale l'<strong>esercito</strong>,<br />

educa, simboleggia e, se del caso, reprime. Queste sono tutte forme di diversità<br />

affermata come una prerogativa e un valore. Il materiale del convegno<br />

evidenzia il grande peso dell'aristocrazia, in particolare dell'aristocrazia<br />

piemontese, e cioè della origine socio-culturale e propriamente di classe di<br />

questo senso di diversità affermata come un valore nel produrre un senso<br />

di identità separata. A produrre questo senso di diversità e di separazione,<br />

affermate come un valore, che cos'è dunque? È un'appartenenza sociale, è<br />

un'appartenenza di classe, è un destino familiare, è persino una predisposizione<br />

territoriale. Gli approcci, sia pure parziali ancora, lasciano trapelare,<br />

anche, che lo Stato, la Nazione, l'Esercito - di per se stessi - non sembrano<br />

in grado di alimentare e di sostenere questo modello alto di identità militare<br />

forte e separata, nel rapporto Esercito-Paese. Sembra molto più incisiva,<br />

storicamente, la diversità che promana dal fatto di sentirsi diversi per<br />

ragioni sociali: l'aristocrazia piemontese, e il suo esserci e avere il ruolo che<br />

ha, militare, all'interno dell'Esercito, per più generazioni: non per sempre.<br />

Il secondo tipo di diversità è quella che ho chiamato la diversità subìta.<br />

Infatti, nonostante, contro e a fianco del modello del militare come diversità<br />

non poche relazioni - anche di oggi - fanno vedere numerose spinte, esi:<br />

genze e attese in senso contrario. La nobiltà militare vive la separazione militare<br />

come il naturale prolungamento della sua separazione sociale, ma c'è un<br />

militare borghese - e le cifre ci dicono che vanno crescendo via via nel periodo<br />

che studiamo -, c'è un militare borghese a cui viene richiesta una separazione<br />

ad hoc: di sentirsi diverso in forza del ruolo che è chiamato a ricoprire<br />

nel Paese, costruendo in se stesso una diversità che non gli viene dal sangue.<br />

Io non seguirò lo stesso ordine del programma, nel presentare - come<br />

è possibile, descrittivamente, svolgendo un ruolo di servizio - le diverse<br />

relazioni, ma seguirò un filo che corrisponde all'emergere di queste polarità.<br />

E mi sembra naturale partire dalla relazione di Anthony Cardoza sulla<br />

nobiltà piemontese e il militare nell'Italia liberale. Ecco un primo documento<br />

di relazione fitta di dati e nello stesso tempo di concetti, o di dati-concetti.<br />

L'autore ha affrontato il Piemonte come un bel « caso di studio ,, di interesse<br />

non solamente racchiuso all'interno di una dimensione locale, ma forte<br />

di una sua esemplarità. Si rifà subito a Mayer e alla forte persistenza di elementi<br />

tradizionali sino alla prima guerra. La cultura aristocratico-militare caratterizza<br />

il Piemonte in modo precipuo sin dal xvi secolo; è una questione<br />

CULTURA E RUOLO SOCIALE DELL'UFFICIALE 133<br />

geo-politica e caratterizzante rispetto al resto della penisola. Neppure l'età<br />

napoleonica trasforma sostanzialmente questa situazione, il primato dell'aristocrazia,<br />

la caratteristica identificazione con l'Esercito e in particolare con<br />

certi corpi dell'Esercito. Già entro il 1830 si allarga la base sociale di reclutamento,<br />

tuttavia: ci sono molte cifre in questa relazione, come anche in altre;<br />

io ne ho scelte alcune, necessariamente qui l'oralità sacrifica molto della scrittura.<br />

La proporzione dei nobili dell'Eser€ito si abeassa del 30% fra il 1820<br />

e il 1850. Qui Cardoza riprende anche altri dati e studi. L'unificazione nazionale<br />

accelera il declino della casta militare piemontese e la borghesizzazione<br />

del corpo ufficiali. Questo però, secondo Cardoza, non può oscurare<br />

il continuare di una notevole influenza della nobiltà piemontese nell'Esercito,<br />

divenuto l'Esercito italiano. Fino alla Grande guerra, che è il punto di<br />

riferimento cronologico di questa relazione, rimane costantemente alto il<br />

numero - fra il 1861 e il 1915 - degli ufficiali in servizio effettivo appartenenti<br />

all'aristocrazia piemontese. Si concentrano nell'artiglieria e nella cavalleria,<br />

in cui sono ben 2/3 del totale. Questo gruppo relativamente piccolo<br />

di nobili assume un potere sproporzionato sul piano generale. E ci sono<br />

parecchi dati: dopo circa 15 <strong>anni</strong> dall'Unità, due o tre generali d'armata, 1/3<br />

di tutti i tenenti generali, 25 degli 84 maggiori ecc. ecc. Nel l914la parabola<br />

va declinando, ma il fenomeno non si è esaurito. Si forniscono dei dati per<br />

far vedere che anche in altri settori della classe dirigente sono forti queste<br />

presenze: 53 deputati, 63 senatori ecc. Un gruppo di circa 20 famiglie nobili<br />

piemontesi mandano ben l 02 dei loro figli all' A . ccademia Militare dii Torino<br />

fra il 1816 e il 1870.<br />

Un altro rilievo è quello della tendenza endogama della nobiltà piemontese,<br />

molto al di la della famiglia in senso stretto. C'è una politica matrimoniale<br />

che Cardoza ha verificato su un campione di 38 famiglie: fra il 1750<br />

e il 1914 tutte hanno almeno l matrimonio con una delle altre e 28 ne hanno<br />

da 3 a 9. Il che viene riportato naturalmente alla forza di ciascuno di questi<br />

rampolli di famiglia nel momento in cui entra in Accademia ed è il punto<br />

di arrivo di una ramificazione complessa di tradizioni e di presenze, che non<br />

chiameremo d'ordine clientelare, né Cardoza lo fa, per rispetto dell'aristocrazia<br />

piemontese, ma che si potrebbero classificare con espressioni simili.<br />

Su 29 giovani nobili iscritti all'Accademia di Torino fra il '61 ed il '70, vi<br />

saranno 14 generali, 18 colonnelli, ecc., benché essi formassero solo il 4%<br />

degli iscritti. La seconda parte della relazione riguarda le carriere militari e<br />

l'alta società a Torino, puntando in particolare lo sguardo sulla <strong>città</strong> dei Savoia.<br />

Un dato molto interessante: nel l913 le famiglie nobili di Torino avevano<br />

214 militari, 19 avvocati, 18 magistrati, 8 ingegneri e architetti. Quindi<br />

la vocazione sociale, socio-culturale, per la professione militare risulta ma-

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