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640 GIOVANNI BATTISTA VARNIER sercito (pur sempre legato a schemi anticlericali) restava escluso proprio per la scarsa incidenza nella vita cittadina. Anche in presenza di arcivescovi non certo ostili alle istituzioni come il savoiardo Andrea Charvaz e il genovese Tommaso Reggio (figure per diversi aspetti vicine alla corte sabauda) nella realtà genovese il riavvicinamento non passerà attraverso il mondo militare. Sarà la grande guerra - ma in generale tutti i momenti di conflitto come il disastro di Dogali 83 o gli esiti vittoriosi dello scontro italo-turco 84 - a far riscoprire a tutti le forze armate e, nel contempo, a segnare una riconciliazione completa, con l'intera partecipazione dei cattolici alle vicende dello Stato unitario e la fine di equivoche posizioni che si trascinavano dagli inizi del Risorgimento. Quello dal 1915 al 1918 fu un periodo in cui la vita diocesana non poté prescindere dallo sforzo bellico in atto nel Paese 85 e, di fronte alla guerra, gli atteggiamenti di un altro arcivescovo genovese, Ludovico Gavotti, furono lineari e chiaramente manifesti; da un lato distinguendosi - in questo seguito da altre istituzioni cattoliche 86 - nelle opere di carità per le quali è rimasto famoso (con particolare interessamento per i prigionieri austriaci e per i profughi veneti, questi ultimi ospitati a Genova anche nel seminario) dall'altro con le sue prese di posizione pubbliche in favore della patria in armi, della dinastia, della sottoscrizione del prestito nazionale s 7. Sempre in quegli anni poco rilievo ebbero localmente le polemiche sul pontefice genovese Benedetto XV e gli echi della vicenda che vedeva il ve­ scovo di Albenga, mons. Angelo Cambiaso, incriminato di disfattismo, a se­ guito di una sua lettera pastorale 88, e poi completamente assolto. Ebbe invece influenza, specialmente tra i giovani, l'impegno religioso e civile di figure come quella di don Marco Porcile, sacerdote genovese, og- 83 Solenni riti funebri per i caduti di Dogali furono celebrati anche nella cattedrale di Genova, il 20 marzo 1888, con l'assistenza dell'arcivescovo Magnasco. Cfr. A. DuRAN­ TE, Mons. Salvatore Magnasco Arcivescovo di Genova, Milano 1942, pp. 213-2 14. 84 Le posizioni in proposito del mondo cattolico genovese, possono rinvenirsi in: "L 'Azione ,, Settimanale dei giovani cattolici liguri, 22 settembre 1912 (Religione e Pa­ tria); 29 settembre 1912 (Ai reduci tripolini). 85 Anche in questo caso sarebbe necessaria una specifica analisi sull'esempio di quel­ la condotta da G. RUM!, Milano cattolica e la guerra 1915-1918. Appunti per una sto­ ria, nella raccolta di saggi dello stesso autore: Milano cattolica nell 'Italia unita Milano 1983. p. 191. 86 Solo un riferimento in M. NEIROTTI, Paola Frassinetti a Genova Genova 1984 , , , 87 Cfr. G. B. VARNIER, Gavotti, Lodovico, in Dizionario storico del movimento cat­ tolico in Italia, vol. III/l, cit., p. 402. 88 Cfr. M. PANICO GIUFFRIDA, Cambiaso, Angelo, in coll. ult. cit., p. 154. CHIESA E ESERCITO A GENOVA: PROPOSTE PER UNA RICERCA 641 gi purtroppo dimenticato, molto vicino al Semeria 89 e fondatore di un istituto per le orfane di guerra e di una congregazione di suore 90. La riconciliazione nazionale e il completo inserimento dei cattolici italiani nello Stato unitario passa, dunque, attraverso il conflitto e il dopo Caporetto accelera il sostegno morale e pratico dato dal clero e dalle organizzazioni cattoliche allo sforzo militare del Paese, tanto che ]emolo poté osservare che il rovescio dell'ottobre 191_7

642 GIOVANNI BATTISTA VARNIER Infine, una ulteriore considerazione, ancora a proposito della preoccupazione della Chiesa genovese per il mondo militare. Perduti gli antichi privilegi - pensiamo al cappellano maggiore dell'esercito o grande elemosiniere di corte - e diventato l'esercito laico e espressione di una realtà politica ostile al fenomeno religioso, la prima manifestazione evidente è quella di una difesa, anche nei confronti del mondo militare. Dopo tale fase, il rapporto Chiesa e esercito si può inquadrare localmente nell'interesse per specifiche categorie sociali, interesse che ha visto la realizzazione di opere come la Casa del soldato, del marittimo, dell'emigrante. Tale preoccupazione si inscrive pertanto in quella cura pastorale che ha realizzato interventi in favore dei marittimi (Stella Maris), degli emigranti (Opera Bonomelli), dei carcerati (Magistrato di misericordia), domestiche (Opera S. Zita), operai (capellani del lavoro), con il solo limite di cui si è detto, cioè della marginalità del fenomeno militare a Genova rispetto a quello dei marittimi o degli emigranti o, più tardi, della presenza dei preti nelle fabbriche. In secondo luogo la difficoltà dell'azione del cappellano militare ha fatto sì che, in una situazione precaria come quella che precette la grande guerra, tale azione potesse essere svolta soltanto da figure di indubbia preparazione, da autentici pionieri, come quel don Casassa, più tardi vicario generale d eli' arcivescovo Mino retti. Con l'istituzione dei cappellani militari nell'esercito 94, il mondo militare diventa, rispetto alla realtà religiosa locale, istituzione ancora più a se stante (sebbene più controllata dall'ordinamento militare), sfuggendo, anche dal punto di vista canonico, a possibilità di contatto con la Chiesa locale. Anche in questo ambito si deve registrare un cambiamento di clima prima e dopo la Conciliazione e il clero al fronte si troverà nella seconda guerra mondiale in condizioni e con spirito diverso rispetto alla prima. 94 Per indicazioni di carattere storico, vedi: Cappellani militari d'Italia. 1918 - 4 Novembre - 1958, Torino 1958; In pace e in guerra sempre e solo Pastori. Contributi per una storia dei Cappellani Militari Italiani, Roma 1986; per riferimenti di ordine giuridico: G. P. MILANO, Cappellani Militari, in Novissimo Digesto Italiano, Appendice, Torino 1980, pp. 1032-1035. Inoltre, Legge 16 gennaio 1936. Servizio dell 'assistenza spirituale presso le forze armate dello Stato. La nuova organizzazione dell'assistenza religiosa nell'Esercito, in « Contenzioso Ecclesiastico ,, , luglio 1936. Di recente mutamenti si sono prodotti sia nell'ordinamento statuale italiano che in quello canonico. Tra la bibliografia in proposito, segnaliamo: G. DALLA TORRE, Aspetti della storicità della Costituzione ecclesiastica. Il caso degli Ordinariati militari, in « Il diritto ecclesiastico e rassegna di diritto matrimoniale >>, 1986, I, pp. 261-274; ID., Evoluzione della disciplina sull'assistenza spirituale tra continuità e innovazione, in Atti del Convegno nazionale di studio su il nuovo Accordo tra Italia e Santa Sede, curati da R. COPPOLA, Milano 1987, pp. 401-425; R. COPPOLA, Lettura della « Spirituali militum curae » in prospettiva di norme per uno statuto del! 'Ordinariato militare in Italia, in « Monitor ecclesiasticus », 1986, pp. 511-519. CHIESA E ESERCITO A GENOVA: PROPOSTE PER UNA RICERCA 643 Personalità significative tra i cappellani militari torneranno ad emerge­ re nell'ambito del clero genovese e ligure 95 in un contesto che ancora una volta va oltre lo spazio cronologico preso in esame da questo convegno, ma che per la città è momento significativo tra quelli della sua storia. Si trat­ ta della Resistenza e dell'azione di alcuni sacerdoti, costretti a rifugiarsi sui monti per i loro sentimenti antifascisti e autorizzati dall'arcivescovo di Genova, card. Boetto, a restare vicini alle_formazioni combattenti partigiane per prestare assistenza religiosa. Queste formazioni - che in Liguria, lo si ricordi, ebbero carattere unitario - trovarono così il « loro cappellano e quando non lo avevano chiedevano la carità di una Messa, di una predica, di una confessione ai preti dei paesi e dei villaggi " 96. Nacquero così i parroci della Resistenza, come don Giovanni Bobbio, parroco di Valletti e cappellano della divisione garibaldina « Coduri "• e veri e propri cappellani militari, come don Berto Ferrari, partigiano combattente nella divisione garibaldina « Mingo , 97• Da quel volontarismo fiorito nelle guerre del Risorgimento e da quella sorta di cappellani che Garibaldi volle vicino a sé, come don Giovanni Verità e Ugo Bassi (vivi nel ricordo dei genovesi che ad entrambi hanno intitolato una strada cittadina), a quel clero semeriano, più aperto e preparato, che per primo torna a rivolgere l'attenzione ad un'azione pastorale nei confronti dei militari, fino alle medaglie d'oro della guerra partigiana è il sacerdote che è fuori dall'istituzione militare quello che meglio può prestare la sua opera di assistenza religiosa. 95 C'è il rammarico che, anche in questo ambito, per il capoluogo ligure le fonti siano ancora disperse; a La Spezia diverse testimonianze sono state raccolte nel volume: Sacerdoti cattolici nella Resistenza. La Spezia, Sarzana, Brugnato, Sarzana 1979. 96 u. v. CAVAZZA, in Cappellani militari d'Italia. V Raduno nazionale, cit., p. 73. 97 Cfr. DoN BERTO, Sulla montagna con i partigiani, 3a ediz., Genova 1985.

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Infine, una ulteriore considerazione, ancora a proposito della preoccupazione<br />

della Chiesa genovese per il mondo militare.<br />

Perduti gli antichi privilegi - pensiamo al cappellano maggiore dell'<strong>esercito</strong><br />

o grande elemosiniere di corte - e diventato l'<strong>esercito</strong> laico e espressione<br />

di una realtà politica ostile al fenomeno religioso, la prima manifestazione<br />

evidente è quella di una difesa, anche nei confronti del mondo militare.<br />

Dopo tale fase, il rapporto Chiesa e <strong>esercito</strong> si può inquadrare localmente<br />

nell'interesse per specifiche categorie sociali, interesse che ha visto la realizzazione<br />

di opere come la Casa del soldato, del marittimo, dell'emigrante.<br />

Tale preoccupazione si inscrive pertanto in quella cura pastorale che ha realizzato<br />

interventi in favore dei marittimi (Stella Maris), degli emigranti (Opera<br />

Bonomelli), dei carcerati (Magistrato di misericordia), domestiche (Opera S.<br />

Zita), operai (capellani del lavoro), con il solo limite di cui si è detto, cioè<br />

della marginalità del fenomeno militare a Genova rispetto a quello dei marittimi<br />

o degli emigranti o, più tardi, della presenza dei preti nelle fabbriche.<br />

In secondo luogo la difficoltà dell'azione del cappellano militare ha fatto<br />

sì che, in una situazione precaria come quella che precette la grande guerra,<br />

tale azione potesse essere svolta soltanto da figure di indubbia preparazione,<br />

da autentici pionieri, come quel don Casassa, più tardi vicario generale<br />

d eli' arcivescovo Mino retti.<br />

Con l'istituzione dei cappellani militari nell'<strong>esercito</strong> 94, il mondo militare<br />

diventa, rispetto alla realtà religiosa locale, istituzione ancora più a se<br />

stante (sebbene più controllata dall'ordinamento militare), sfuggendo, anche<br />

dal punto di vista canonico, a possibilità di contatto con la Chiesa locale.<br />

Anche in questo ambito si deve registrare un cambiamento di clima prima<br />

e dopo la Conciliazione e il clero al fronte si troverà nella seconda guerra<br />

mondiale in condizioni e con spirito diverso rispetto alla prima.<br />

94 Per indicazioni di carattere storico, vedi: Cappellani militari d'Italia. 1918 - 4<br />

Novembre - 1958, Torino 1958; In pace e in guerra sempre e solo Pastori. Contributi<br />

per una storia dei Cappellani Militari Italiani, Roma 1986; per riferimenti di ordine giuridico:<br />

G. P. MILANO, Cappellani Militari, in Novissimo Digesto Italiano, Appendice, Torino<br />

1980, pp. 1032-1035.<br />

Inoltre, Legge 16 gennaio 1936. Servizio dell 'assistenza spirituale presso le forze<br />

armate dello Stato. La nuova organizzazione dell'assistenza religiosa nell'Esercito, in<br />

« Contenzioso Ecclesiastico ,, , luglio 1936. Di recente mutamenti si sono prodotti sia nell'ordinamento<br />

statuale italiano che in quello canonico. Tra la bibliografia in proposito,<br />

segnaliamo: G. DALLA TORRE, Aspetti della storicità della Costituzione ecclesiastica. Il caso<br />

degli Ordinariati militari, in « Il diritto ecclesiastico e rassegna di diritto matrimoniale<br />

>>, 1986, I, pp. 261-274; ID., Evoluzione della disciplina sull'assistenza spirituale tra<br />

continuità e innovazione, in Atti del Convegno nazionale di studio su il nuovo Accordo<br />

tra Italia e Santa Sede, curati da R. COPPOLA, Milano 1987, pp. 401-425; R. COPPOLA, Lettura<br />

della « Spirituali militum curae » in prospettiva di norme per uno statuto del! 'Ordinariato<br />

militare in Italia, in « Monitor ecclesiasticus », 1986, pp. 511-519.<br />

CHIESA E ESERCITO A GENOVA: PROPOSTE PER UNA RICERCA<br />

643<br />

Personalità significative tra i cappellani militari torneranno ad emerge­<br />

re nell'ambito del clero genovese e ligure 95 in un contesto che ancora una<br />

volta va oltre lo spazio cronologico preso in esame da questo convegno,<br />

ma che per la <strong>città</strong> è momento significativo tra quelli della sua storia. Si trat­<br />

ta della Resistenza e dell'azione di alcuni sacerdoti, costretti a rifugiarsi sui<br />

monti per i loro sentimenti antifascisti e autorizzati dall'arcivescovo di Genova,<br />

card. Boetto, a restare vicini alle_formazioni combattenti partigiane<br />

per prestare assistenza religiosa. Queste formazioni - che in Liguria, lo si<br />

ricordi, ebbero carattere unitario - trovarono così il « loro cappellano e<br />

quando non lo avevano chiedevano la carità di una Messa, di una predica,<br />

di una confessione ai preti dei paesi e dei villaggi " 96.<br />

Nacquero così i parroci della Resistenza, come don Giov<strong>anni</strong> Bobbio,<br />

parroco di Valletti e cappellano della divisione garibaldina « Coduri "• e veri<br />

e propri cappellani militari, come don Berto Ferrari, partigiano combattente<br />

nella divisione garibaldina « Mingo , 97• Da quel volontarismo fiorito nelle<br />

guerre del Risorgimento e da quella sorta di cappellani che Garibaldi volle<br />

vicino a sé, come don Giov<strong>anni</strong> Verità e Ugo Bassi (vivi nel ricordo dei genovesi<br />

che ad entrambi hanno intitolato una strada cittadina), a quel clero<br />

semeriano, più aperto e preparato, che per primo torna a rivolgere l'attenzione<br />

ad un'azione pastorale nei confronti dei militari, fino alle med<strong>agli</strong>e d'oro<br />

della guerra partigiana è il sacerdote che è fuori dall'istituzione militare quello<br />

che meglio può prestare la sua opera di assistenza religiosa.<br />

95 C'è il rammarico che, anche in questo ambito, per il capoluogo ligure le fonti siano<br />

ancora disperse; a La Spezia diverse testimonianze sono state raccolte nel volume:<br />

Sacerdoti cattolici nella Resistenza. La Spezia, Sarzana, Brugnato, Sarzana 1979.<br />

96 u. v. CAVAZZA, in Cappellani militari d'Italia. V Raduno nazionale, cit., p. 73.<br />

97 Cfr. DoN BERTO, Sulla montagna con i partigiani, 3a ediz., Genova 1985.

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