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esercito e città dall'unità agli anni trenta. tomo i - Sistema ...

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514 GIANNI ISOLA<br />

come ha osservato Ragionieri 3 0. Non meno importante si rivela lo studio<br />

ravvicinato di questa esperienza per cogliere il processo di organizzazione<br />

e di rappresentazione degli interessi della piccola e media borghesia,<br />

priva di una propria autonomia politica e di un moderno partito, e costretta<br />

perciò a rinnovare le tradizionali forme di presenza organizzata nella società<br />

senza la forza di intaccare il tessuto connettivo preesistente: quale altra migliore<br />

occasione poteva offrirsi a quei ceti che erano usciti con la partecipazione<br />

alle batt<strong>agli</strong>e risorgimentali da una subalternità storica, che ripetere<br />

a livello organizzativo le forme e le gerarchie della fase eroica della « rivoluzione<br />

borghese " mancata 31?<br />

Perciò i circoli dei reduci e dei veterani fornirono ai piccoli professionisti<br />

usciti dall'anonimato della vita di provincia e legati ai modelli della ancora<br />

solida struttura feudale della società italiana come alla perdurante forza<br />

della massoneria, la possibilità di ripetere attraverso i modelli gerarchici dell'<strong>esercito</strong><br />

la funzione mediatrice fra popolo e classe dirigente con accentuate<br />

funzioni di controllo sul primo: qualcosa di simile, ma anche di profondamente<br />

diverso da quello che accadrà durante e dopo il primo conflitto<br />

mondiale. Non a caso in questa fase i dirigenti delle associazioni furono per<br />

lo più ufficiali superiori, aristocratici e notabili, mentre i frequenti contatti<br />

con i presidi locali in occasione della definizione dello stato di servizio dei<br />

soci, necessario per poter accedere ai modesti contributi previsti dallo Stato,<br />

costituivano la prosecuzione di questo rapporto privilegiato con il potere<br />

e con lo Stato, di cui l'<strong>esercito</strong> rappresentava la manifestazione tangibile<br />

e più evidente. Contatti resi più frequenti dalla partecipazione a fianco dei<br />

reparti in armi dei reduci decorati e inquadrati militarmente, quasi a testimoniare<br />

un'ideale continuità fra le lotte risorgimentali e l'attività dell'<strong>esercito</strong><br />

in periodo di pace, simbolo essi stessi, con i loro mutilati ed i loro cronici,<br />

della continuità del sacrificio per gli ideali patriottici e nazionali. Contatti<br />

ancor più enfatizzati nel corso delle numerose occasioni conviviali, promosse,<br />

ad esempio, in onore dell'arrivo del nuovo comandante del presidio<br />

militare o della visita del deputato locale, in cui rappresentanti dei reduci<br />

e militari sedevano l'uno accanto all'altro, al tavolo delle autorità. Episodi<br />

evidenti di una fraternizzazione che andava ben al di là delle occasioni contingenti<br />

per fornire l'immagine di una continuità fra <strong>esercito</strong> e paese, fra militari<br />

e società civile di cui i reduci, ambiguamente sospesi fra gli uni e l'altra,<br />

costituivano il debole e critico anello di congiunzione. La festosa acco-<br />

3° Cfr. E. RAGIONIERI, La storia politica e sociale, in Storia d'Italia, v. 4: Dall'Unità<br />

ad oggi, t. 3, Torino, Einaudi, p. 1717.<br />

3! Sui problemi e le frustrazioni della piccola e media borghesia nell'Italia unitaria<br />

v. R. ROMANELLI, L 'Italia liberale (1861-1900), Bologna, Il Mulino, 1979, pp. 115 e sgg.<br />

UN LUOGO D'INCONTRO FRA ESERCITO E PAESE 515<br />

glienza ad essi riservata, la frequente concessione delle bande militari in occasione<br />

dello scoprimento di lapidi o dell'inaugurazione di monumenti a<br />

quanto era ormai consegnato al mito e imbalsamato dalla retorica patriottarda<br />

delle feste di beneficenza promosse per autofinanziare le magre casse dei<br />

sodalizi, l'appoggio morale e formale, più che sostanziale, offerto da comandi<br />

soprattutto in sede locale favorirono la superficiale impresssione che i reduci<br />

avessero raggiunto nella scala sociale un posto di tutto rispetto; solo in<br />

ritardo però si cercò di provvedere concretamente ai bisogni degli ormai<br />

vecchi superstiti con l'istituzione di alcune case di riposo, come quella milanese<br />

di Turate, dove i pochi sopravvissuti poterono godere delle briciole<br />

di un'assistenza occasionale.<br />

Della duplicità e della doppiezza di questo ruolo fanno fede sia pubblicazioni<br />

fortunate come l'Almanacco dei reduci, dedicato nel 1885 all'agiografia<br />

di Casa Savoia 3 2 , sia le descrizioni letterarie, ad esempio del « Cuore<br />

, di De Amicis, uno dei romanzieri che più spesso cercò di affrontare il<br />

tema del rapporto fra <strong>esercito</strong> e paese: come l'episodio del padre di Precotti,<br />

venditore di legna veterano del '66 che si entusiasma al passaggio di Umberto<br />

I per le strade di Torino sino a carezzare il volto del figlio con la mano<br />

ancora "calda , della stretta regale 33 o dell'anziano ufficiale con « all'occhiello<br />

del vestito il nastrino azzurro della campagna di Crimea ,,, che di fronte<br />

al saluto alla bandiera degli scolari si lascia sfuggire un significativo, quanto<br />

minaccioso e patetico: " chi rispetta la bandiera da piccolo la saprà difendere<br />

da grande " 34 .<br />

Nell'immaginario popolare il reduce. tuttavia, - come abbiamo già accennato<br />

-, non tardò ad identificarsi con quella dell'eroe illuso e vilipeso,<br />

oltraggiato e dimenticato 35 : perfino il teatro popolare e anarchico se ne appropriò<br />

in una delle realizzazioni più note come il dramma Senza patria di<br />

32 V. Anno 1885. Almanacco del reduce delle patrié batt<strong>agli</strong>e, Torino, Civelli, 1885,,<br />

che nella Prefazione diceva: « Il primo, il più imperioso di tutti i bisogni per uno Stato<br />

è quello dell'unione. L'Italia ebbe la somma ventura che la meravigliosa sua unificazione,<br />

si avverò sotto un Principe tanto prode quanto amato appartenente ad una dinastia popolare<br />

da secoli ''· Seguivano i ritratti mensili di Amedeo VI, VII, VIII, di Emanuele Filiberto,<br />

sino a Carlo Alberto, a cui era dedicato lo spanio maggiore, a Maria Adelaide, moglie<br />

di Vittorio Emanuele IL<br />

33 Cfr. E. DE AMICIS, Cuore, Libro per ragazzi, Milano, Treves, 1910, p. 174.<br />

34 lvi, p. 37.<br />

35 Valga per tutti l'esemplare racconto di ANNIE VIVANTI, [Veterani] in Memorialisti<br />

dell '800, t. 3, a cura di C. Cappuccio, Milano-Napoli, Ricciardi, s. d. [ma 1972], pp. 646-53,<br />

che racconta di una visita della scrittrice ad un gruppo di reduci garibaldini, ex-commilitoni<br />

del padre, ora residenti a Londra e ancora privi di pensione nel 1918, e si conclude con<br />

l'enfatico "Oh Italia, non dimenticare! "·

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