esercito e città dall'unità agli anni trenta. tomo i - Sistema ...

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508 GIANNI ISOLA 1876 Torino era costretta a concedere l'autonomia amministrativa, cioè il ciali " di Roma, Firenze, Modena, Livorno e Lucca, che da soli raccoglieva­ controllo diretto dei 2/3 delle quote sociali, anche ai sottocomitati " provin­ no oltre il 10% del totale degli iscritti e che evidentemente non gradivano una posizione subordinata soprattutto sulla questione centrale della gestio­ ne e della distribuzione dei sussidi 17. Segno questo che il procedimento di unificazione calato dall'alto si scontrava con le singole e prevalenti realtà locali, con i nuclei originali del movimento, in particolare sulla spinosa que­ stione dell'assistenza. Settore che al di fuori delle scontate affermazioni di principio era venuto a costituire il vero cemento del patto associativo. I dati organizzativi, di fonte interna, danno alla fine di ottobre 1876, a poco più di un anno cioè dalla fondazione, non più di 6.000 iscritti suddivisi in 64 sottocomitati 18. Programmaticamente « apolitico ", il Comizio centrale aveva emanato sin dalla sua costituzione precise disposizioni in merito: in occasione delle elezioni politiche del l876 aveva espressamente invitati i direttori dei sottocomitati a astenersi da ogni manifestazione pubblica, inaugurazione della bandiera sociale compresa, onde evitare il pericolo che si usi e si abusi della lealtà e del prestigio dei componenti del nostro sodalizio per mistifìcarci e della nostra gloriosa bandiera per travolgerla in acque torbide e forse farla servire, colla sua fulgidezza immacolata, a coprire MERCE A V ARIA T A o rimaner vittima di qualche maneggio elettorale consortesco 19. Ma la questione politica, strettamente unita a quella assistenziale, rima­ neva il nodo dell'esistenza stessa del movimento dei reduci e non poteva essere sufficiente il richiamo tutto militaresco alla disciplina per non affron­ tarne i termini: già pochi mesi dopo, ai primi di gennaio del l877, un gruppo di reduci milanesi si distaccava dal Comizio lombardo e dava vita alla «Società dei reduci delle patrie battaglie ,, . In stretto contatto con il locale Consolato operaio - presso il cui indirizzo fu significativamente stabilita la prima sede sociale e da cui si mutuarono in seguito alcune forme organizzative - essi approvarono lo « statuto fondamentale » l' 11 febbraio succes- 17 Cfr. la circolare 600, 8 maggio 1877 in ACS, RV, Crv, b. l, Rubrica A, posizione 28. 18 Cfr. la circolare 1140, 15 novembre 1876, ibidem, che conferma i dati del già citato Specchio della composizione categorica... . 19 Cfr. la circolare 1022, 8 ottobre 1876 in ACS, RV, Crv, b. l, Rubrica A, posizione 28. UN LUOGO D'INCONTRO FRA ESERCITO E PAESE 509 sivo, per poi modificarlo già l'anno seguente proprio per ,, dare inizio al mutuo soccorso ". La consistenza numerica della Società milanese si attestò in breve sui 300 iscritti, toccando fra il 1880 e il 1881 il tetto di più di mille adesioni: un rigoglio organizzativo testimoniato anche dalla pubblicazione in quel medesimo lasso di tempo del bollettino « Il Reduce italiano >>. Diretto per i primi numeri dall'ambigua figura di democratico del mantovano Alcibiade Moneta, riprendeva l'esperienza maturata sempre a Milano nel l878 con il precedente foglio " n Reduce >>, nel tentativo di aggregare attorno al movimento le disperse forze della democrazia nazionale. I «reduci >>, più omogeneamente e capillarmente diffusi su tutto il territorio nazionale, seppero subito distinguersi dai « veterani " per la consapevole scelta politica, facendosi promotori di iniziative a carattere democratico come la richiesta di estensione del diritto di voto a tutti i reduci. In più di un'occasione anzi scesero in campo a favore di candidati di parte democratica come Giuseppe Marcora, portato al successo nel collegio di Milano V alle suppletive del l881. Le sedi dell'organizzazione si trasformarono in breve in luoghi di ritrovo e di socializzazione degli iscritti, un'alternativa reale alle tradizionali bettole, in cui si abbrutivano i lavoratori al termine della giornata. I « reduci ,, fondarono anche un gran numero di società ginniche e di tiro a segno: attività ritenute necessarie per mantenere « contro l'offesa del tempo, l'energia del carattere, la robustezza fisica, la serenità della mente >>. In realtà il pullulare di queste iniziative sportive riproponevano i termini e le scelte operate nel dibattito mai spento fra fautori dell'esercito stanziale e sostenitori della «nazione armata », propugnata da Garibaldi e in generale da parte democratica. Al contrario uno dei cardini della presenza organizzata e dell'attività pubblica dei « veterani » era, come abbiamo visto, la dichiarata « apoliticità ,, o, meglio, il disimpegno programmatico da qualsiasi manifestazione pubblica, che potesse assumere connotati politici o di parte 20. Non mancarono quindi contrasti anche violenti fra le due associazioni, a cui vennero in tempi successivi aderendo in grande maggioranza le primitive iniziative spontanee, sorte in sede locale: un vero e proprio « caso ,,, ad esempio, scoppiò in se- 2

510 GIANNI ISOLA guito agli incidenti verificatisi nel corso della commemorazione dell'anniversario della Repubblica romana, tenuta a Roma da Matteo Renato Imbriani il 30 aprile 1878. L'oratore non aveva lesinato le accuse a Casa Savoia, colpevole di ritardare la liberazione delle irredente Trento e Trieste " per meschinità dinastiche ,, . Di fronte a questo atteggiamento i " veterani " presenti si ritirarono assieme alla bandiera, venendo quindi alle mani con alcuni gruppi di « reduci "· I tafferugli subito sedati dall'energico intervento della forza pubblica, dettero origine ad un violento scambio di lettere, e richieste di spiegazioni ufficiali fra Menotti Garibaldi, presidente dei

508 GIANNI ISOLA<br />

1876 Torino era costretta a concedere l'autonomia amministrativa, cioè il<br />

ciali " di Roma, Firenze, Modena, Livorno e Lucca, che da soli raccoglieva­<br />

controllo diretto dei 2/3 delle quote sociali, anche ai sottocomitati " provin­<br />

no oltre il 10% del totale degli iscritti e che evidentemente non gradivano<br />

una posizione subordinata soprattutto sulla questione centrale della gestio­<br />

ne e della distribuzione dei sussidi 17. Segno questo che il procedimento di<br />

unificazione calato dall'alto si scontrava con le singole e prevalenti realtà<br />

locali, con i nuclei originali del movimento, in particolare sulla spinosa que­<br />

stione dell'assistenza. Settore che al di fuori delle scontate affermazioni di<br />

principio era venuto a costituire il vero cemento del patto associativo. I dati<br />

organizzativi, di fonte interna, danno alla fine di ottobre 1876, a poco più<br />

di un anno cioè dalla fondazione, non più di 6.000 iscritti suddivisi in 64<br />

sottocomitati 18.<br />

Programmaticamente « apolitico ", il Comizio centrale aveva emanato<br />

sin dalla sua costituzione precise disposizioni in merito: in occasione delle<br />

elezioni politiche del l876 aveva espressamente invitati i direttori dei sottocomitati<br />

a astenersi da ogni manifestazione pubblica, inaugurazione della bandiera<br />

sociale compresa,<br />

onde evitare il pericolo che si usi e si abusi della lealtà e del prestigio dei componenti<br />

del nostro sodalizio per mistifìcarci e della nostra gloriosa bandiera<br />

per travolgerla in acque torbide e forse farla servire, colla sua fulgidezza immacolata,<br />

a coprire MERCE A V ARIA T A o rimaner vittima di qualche maneggio<br />

elettorale consortesco 19.<br />

Ma la questione politica, strettamente unita a quella assistenziale, rima­<br />

neva il nodo dell'esistenza stessa del movimento dei reduci e non poteva<br />

essere sufficiente il richiamo tutto militaresco alla disciplina per non affron­<br />

tarne i termini: già pochi mesi dopo, ai primi di gennaio del l877, un gruppo<br />

di reduci milanesi si distaccava dal Comizio lombardo e dava vita alla<br />

«Società dei reduci delle patrie batt<strong>agli</strong>e ,, . In stretto contatto con il locale<br />

Consolato operaio - presso il cui indirizzo fu significativamente stabilita<br />

la prima sede sociale e da cui si mutuarono in seguito alcune forme organizzative<br />

- essi approvarono lo « statuto fondamentale » l' 11 febbraio succes-<br />

17 Cfr. la circolare 600, 8 maggio 1877 in ACS, RV, Crv, b. l, Rubrica A, posizione<br />

28.<br />

18 Cfr. la circolare 1140, 15 novembre 1876, ibidem, che conferma i dati del già citato<br />

Specchio della composizione categorica... .<br />

19 Cfr. la circolare 1022, 8 ottobre 1876 in ACS, RV, Crv, b. l, Rubrica A, posizione<br />

28.<br />

UN LUOGO D'INCONTRO FRA ESERCITO E PAESE 509<br />

sivo, per poi modificarlo già l'anno seguente proprio per ,, dare inizio al mutuo<br />

soccorso ". La consistenza numerica della Società milanese si attestò in<br />

breve sui 300 iscritti, toccando fra il 1880 e il 1881 il tetto di più di mille<br />

adesioni: un rigoglio organizzativo testimoniato anche dalla pubblicazione<br />

in quel medesimo lasso di tempo del bollettino « Il Reduce italiano >>. Diretto<br />

per i primi numeri dall'ambigua figura di democratico del mantovano Alcibiade<br />

Moneta, riprendeva l'esperienza maturata sempre a Milano nel l878<br />

con il precedente foglio " n Reduce >>, nel tentativo di aggregare attorno al<br />

movimento le disperse forze della democrazia nazionale. I «reduci >>, più<br />

omogeneamente e capillarmente diffusi su tutto il territorio nazionale, seppero<br />

subito distinguersi dai « veterani " per la consapevole scelta politica,<br />

facendosi promotori di iniziative a carattere democratico come la richiesta<br />

di estensione del diritto di voto a tutti i reduci. In più di un'occasione anzi<br />

scesero in campo a favore di candidati di parte democratica come Giuseppe<br />

Marcora, portato al successo nel collegio di Milano V alle suppletive del l881.<br />

Le sedi dell'organizzazione si trasformarono in breve in luoghi di ritrovo<br />

e di socializzazione degli iscritti, un'alternativa reale alle tradizionali bettole,<br />

in cui si abbrutivano i lavoratori al termine della giornata. I « reduci ,,<br />

fondarono anche un gran numero di società ginniche e di tiro a segno: attività<br />

ritenute necessarie per mantenere « contro l'offesa del tempo, l'energia<br />

del carattere, la robustezza fisica, la serenità della mente >>. In realtà il pullulare<br />

di queste iniziative sportive riproponevano i termini e le scelte operate<br />

nel dibattito mai spento fra fautori dell'<strong>esercito</strong> stanziale e sostenitori della<br />

«nazione armata », propugnata da Garibaldi e in generale da parte<br />

democratica.<br />

Al contrario uno dei cardini della presenza organizzata e dell'attività pubblica<br />

dei « veterani » era, come abbiamo visto, la dichiarata « apoliticità ,, o,<br />

meglio, il disimpegno programmatico da qualsiasi manifestazione pubblica,<br />

che potesse assumere connotati politici o di parte 20. Non mancarono quindi<br />

contrasti anche violenti fra le due associazioni, a cui vennero in tempi<br />

successivi aderendo in grande maggioranza le primitive iniziative spontanee,<br />

sorte in sede locale: un vero e proprio « caso ,,, ad esempio, scoppiò in se-<br />

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