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esercito e città dall'unità agli anni trenta. tomo i - Sistema ...

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470 BRUNELLA DALLA CASA - FIORENZA TAROZZI - ANGELO VARNI<br />

Se analizziamo infatti un po' più da vicino i 516 procedimenti istruiti<br />

nell'arco di poco più di otto mesi balza <strong>agli</strong> occhi un dato di estrema rilevanza:<br />

dei 787 reati contestati ai 724 militari inquisiti (alcuni di loro dovevano<br />

rispondere di più reati) ben 598 (cioè il 76%) si riferiscono al reato di<br />

diserzione semplice o aggravata o qualificata. Ciò testimonia clamorosamente<br />

che il primo problema che il nuovo <strong>esercito</strong> nazionale si trovò ad affrontare<br />

fu proprio quello del rifiuto della leva, che nella maggior parte dei casi presi<br />

in esame si manifestò nella forma della diserzione: in questi primi mesi non<br />

ci furono infatti processi a renitenti (si è già comunque detto che la prima<br />

vera e propria leva si ebbe solamente nel 1863) e il rifiuto si manifestava<br />

per lo più non con la sottrazione al reclutamento, ma con la sottrazione alla<br />

chiamata per la partenza per il corpo o, in seconda istanza e in misura minore,<br />

con la fuga dai depositi e dai corpi o con un " prolungamento , volontario<br />

di licenze ottenute. Che il rifiuto della leva si manifestasse soprattutto<br />

all'atto della partenza o, in generale, durante il primo periodo della vita militare<br />

è testimoniato anche dall'età dei soldati costituenti il nostro campione:<br />

più della metà di essi infatti (3 79 su 724, pari al 52%) è costituito da giovani<br />

dai 20 ai 25 <strong>anni</strong>, dei quali quelli di 21 <strong>anni</strong> sono ben 130 (34%).<br />

In questa prima fase, a ulteriore testimonianza della spontaneità e immediatezza<br />

del fenomeno, nella maggioranza dei casi ci troviamo di fronte<br />

alla contestazione di un reato di diserzione semplice; pochissimi infatti sono<br />

i casi di diserzione all'estero (6 in tutto), o di diserzione qualificata previo<br />

complotto (sempre 6); anche in casi clamorosi come quello del Reggimento<br />

Zappatori del Genio dell'Emilia in cui nel maggio 1860 ben 23 soldati<br />

disertarono, il reato contestato fu sempre quello della diserzione semplice,<br />

segno della mancanza di prove di un vero e proprio complotto o accordo<br />

preliminare nell'espletamento del reato stesso.<br />

Il reato di insubordinazione risulta in questo periodo abbastanza contenuto:<br />

32 sono infatti i casi giudicati di cui uno particolarmente grave, con<br />

tentato omicidio; nella maggioranza dei procedimenti, inoltre, ci troviamo<br />

di fronte a insubordinazione commessa da singoli soldati (20 su 32) e il massimo<br />

di insubordinazione collettiva si riferisce a 4 soldati del Reggimento<br />

Vittorio Emanuele o a " vari soldati incogniti " del Corpo di Amministrazione<br />

non meglio identificati.<br />

Sempre 32 sono anche i casi di vendite o alienazione di effetti militari<br />

e 33 i reati di furto contestati; è all'interno di questi procedimenti che risultano<br />

coinvolti anche 5 borghesi; altri 3 civili sono accusati di spionaggio.<br />

Gli altri 92 reati sono i più svariati: si va dalla disobbedienza alle vie<br />

di fatto, dalla truffa alla grassazione, dalla prevaricazione alla subornazione,<br />

dall'abbandono del posto di guardia al tradimento, dall'evasione al ferimen-<br />

DISCIPLINA MILITARE E TERRITORIO 471<br />

to, dall'omicidio al tentato omicidio e anche al tentato suicidio; un solo caso<br />

per ora di mutilazione volontaria, reato destinato a divenire invece, negli<br />

<strong>anni</strong> successivi, una delle vie più percorse di sottrazione al servizio militare.<br />

Una ulteriore considerazione ci preme poi fare sulla condizione dei singoli<br />

inquisiti al momento dell'avvio del procedimento penale: 406 infatti risultano<br />

in stato di detenzione (56%), 259 sono latitanti (36% ), uno solo è<br />

a piede libero; per 58 soldati non c'è alçuna annotazione, ma per la maggior<br />

parte di essi è presumibile pensare a uno stato di latitanza. Se questi dati vengono<br />

ulteriormente disaggregati si può comunque vedere che il maggior numero<br />

dei latitanti si registra nel 1860 (231 su 259, pari all'89%) e che nel<br />

1861 gli accusati in stato di detenzione crescono rispetto al 1860 (232 a fronte<br />

di 174). Inoltre va anche detto che molti degli accusati in stato di detenzione<br />

del 1861 sono disertori arrestati, spesso nelle loro case o nei paesi d'origine,<br />

dai carabinieri reali nei primi mesi di quell'anno, dopo un lungo periodo<br />

di latitanza; segno evidente che la macchina repressiva dello Stato, colta<br />

in un primo momento di sorpresa, si era organizzata velocemente per cercare<br />

di tamponare un fenomeno che altrimenti avrebbe rischiato di assumere<br />

dimensioni e caratteristiche ancora più allarmanti, anche per l'evidente rete<br />

di solidarietà che attorno ai latitanti si doveva per forza creare per consentire<br />

loro di sfuggire per mesi e spesso per <strong>anni</strong> al rigore della legge.<br />

Una duplice strategia di repressione mirata e di indulgenza fu quella sostanzialmente<br />

usata per cercare di stroncare sul nascere il fenomeno della<br />

diserzione. Mentre infatti da una parte il Tribunale militare procedeva a infliggere<br />

una serie di pene sistematiche e sufficientemente pesanti da costituire<br />

un utile deterrente alla propagazione del reato, dall'altra, attraverso i<br />

proscioglimenti in istruttoria e la concessione di amnistie, si cercava di svuotare<br />

il fenomeno e recuperare alla normalità soprattutto i latitanti. Dei 724<br />

militari inquisiti, se si eccettuano 161 i cui procedimenti vennero rinviati<br />

per competenza ad altri tribunali militari o al tribunale civile e 42 per i quali<br />

non è registrato l'iter burocratico della pratica, 140 (19%) vennero prosciolti<br />

in istruttoria dalla Commissione d'inchiesta, con delibera di non luogo a procedere.<br />

Per 188 (26%) la Commissione di inchiesta promosse invece l' accusa<br />

e rinviò al Tribunale militare di Bologna.<br />

Con amnistie successive emesse con regi decreti, di cui il primo risale<br />

addirittura al 29 settembre 1860 e che si susseguirono fino al 1872, veniva<br />

estinto il reato di diserzione di 192 militari (27% ). Da notarsi che dei soldati<br />

amnistiati ben 177 risultavano inquisiti nel 1860 e solo 16 nel 1861, a fronte<br />

di un aumento dei rinviati a giudizio in quell'anno (109 contro i 79 dell'anno<br />

precedente), segno evidente di un mutato atteggiamento nei confronti<br />

di un reato, che poteva essere tollerato e quindi perdonato solo come mani-

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