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460 BRUNELLA DALLA CASA - FIORENZA TAROZZI - ANGELO VARNI Un esempio può valere per tutti. Nel 1863, in occasione di quella che a ragione si può considerare la prima leva « unitaria , S, assai rilevante fu l'evasione all'obbligo, anche se in forme difformi sul territorio nazionale, per cui si possono cercare articolate spiegazioni. Vi furono, dietro quella " fuga rilevante '', elementi oggettivi come tesero a sottolineare le relazioni ministeriali coeve (emigrazione, trasferimenti di residenza, propaganda antigovernativa), ma anche motivazioni più profonde- come gli studi più recenti hanno messo in luce - quali il rifiuto della lontananza dal proprio villaggio, dai lavori, la durezza della vita di caserma e, non ultimo, il rifiuto, specie in meridione, dello Stato piemontese. " Dall'insieme dei dati disponibili - scrive Gianni Oliva - è possibile concludere che la leva del 1863 dimostra una diffusa insofferenza verso la coscrizione obbligatoria, dalle motivazioni complesse e diverse ma netto e radicato sintomo di una nazione non militarista, in larga parte estranea alla cultura patriottica della classe dirigente, attraversata da tensioni latenti e da ribellioni aperte '' 6. A organizzare questo malessere confuso e variamente motivato contribuirono le forze politiche d'opposizione che della politica militare del nuovo Stato sottolineavano le eccessive spese, la totale assenza di libertà con­ trapponendovi il mito della nazione armata. La scelta del governo di imbarcarsi in una pericolosa politica coloniale contribuì ad accentuare il rifiuto. « L'Italia che lavora è assetata di giustizia, è assetata di libertà, è assetata di cultura, e come base di ogni suo miglioramento intellettuale, politico e morale vuole il miglioramento delle sue condizioni economiche: perciò vede con orrore sprecato il patrimonio pubblico nelle facili conquiste delle sabbie africane, vede con orrore mandati colà i suoi figli più forti ... , 7. Alla denuncia di Andrea Costa nell'aula parlamentare si aggiunsero, sempre più numerose, le accuse e i rifiuti di partire o, più semplicemente, di prestare il servizio militare formulate davanti ai consigli di leva e ai tribunali militari. L'antimilitarismo divenne oggetto di dibattito ed ebbe sempre più presa sulla pubblica opinione fino ai casi clamorosi di Masetti e Moroni, che videro 5 G. OLIVA, La coscrizione obbligatoria ... , cit., p. 22. (L'obbligo del servizio di leva, regolato secondo la legge sul reclutamento che il governo subalpino aveva approvato nel 1854, venne estesa a tutte le province del Regno, in tappe successive tra il 1860 e il 1862, cosicché nel 1863 fu possibile, come disse alla Camera il ministro della Guerra Agostino Petitti di Roreto « esigere finalmente il tributo di militare servizio con le norme di una sola legge, e sopra individui della stessa età indistintamente, dall'Alpi al Lilibeo "). Cfr. inoltre P. DEL NEGRO, La leva militare in Italia dall 'Unità alla grande guerra, in Esercito . . . , cit., pp. 167-267. 6 G. OLIVA, La coscrizione obbligatoria ... , cit., p. 24. 7 CAMERA DEI DEPUTATI, Atti Parlamentari, Tornata del 7 maggio 1885, Intervento di Andrea Costa. DISCIPLINA MILITARE E TERRITORIO 461 un ampio coinvolgimento di pubblico e portarono addirittura alla nascita, in numerose città, di « comitati unitari contro le compagnie di disciplina e pro Masetti e Moroni '' per organizzare giornate di lotta e coordinare un movimento d'opposizione sempre crescente. In questo contesto i ritardi nella riforma della codificazione appaiono ancora più gravi e sembrano sempre più testimoniare il distacco tra strutture militari e società civile. I tentativi per superar questa barriera furono scarsi e andarono tutti nella direzione di mitigare le norme disciplinari e la durezza delle pene; scelte operate in logica anche del fatto che comunque, col trascorrere degli anni, la leva era entrata a far parte del patrimonio collettivo delle masse come tappa obbligata di ogni giovane, scadenza attorno a cui ruotavano le scelte decisive, e si colorava di usanze e pratiche che in certo qual modo la legittimavano. Il contrasto tra l'antimilitarismo esplodente e la legittimazione « sociale " del servizio militare è sottolineato da Giorgio Rochat e Giulio Masso brio in uno dei primi e più completi studi sulla storia militare italiana: « una contraddizione va segnalata-scrive appunto Rochat - l'ostilità verso l'esercito coesisteva spesso con la convinzione che il servizio militare fosse una fase necessaria nella formazione del giovane e che i riformati per motivi di salute perdessero qualcosa sul piano della dignità virile '' 8. Il 26 novembre 1900 alla Camera venne approvato un ordine del giorno, non accettato dal ministro della guerra, col quale si invitava il governo a presentare un disegno di legge per l'abolizione dei tribunali militari; nell'occasione convinzioni di natura prettamente giuridica si univano ad una generica aspirazione ad eliminare il più possibile ogni inframettenza o bardatura militare nella vita civile. Contemporaneamente vennero presentati al Senato tre disegni di legge di codice penale, di procedura e di ordinamento giudiziario militare. La chiusura della sessione parlamentare fece però cadere ogni iniziativa. Uguale sorte ebbero analoghi progetti del 1907. Negli anni seguenti non si ebbero novità legislative in questo settore e in Italia restarono in vigore le norme dell'esercito sardo. E anche nella prassi, il coordinamento col codice penale comune avvenne esclusivamente con quello del 1859, nonostante nel 1889 fosse entrata in vigore una nuova codificazione. Anche la costituzione dei tribunali militari risale al primo momento postunitario. Il Tribunale territoriale di Bologna venne costituito con il R.D. 9 aprile 1860; con esso si estendeva alle province dell'Emilia il codice penale militare sardo. Esso ampliò la sua giurisdizione anche alle province di Forlì 8 G. ROCHAT-G. MASSOBRIO, Breve storia . . . , cit., p. 133.

462 BRUNELLA DALLA CASA - FIORENZA TAROZZI - ANGELO VARNI e Parma in seguito alla soppressione, avvenute rispettivamente nel 1864 e ne1 1866, dei tribunali esistenti in queste città. Il R.D. 22 febbraio 1906 diede un ulteriore assetto alla suddivisione territoriale inserendo il Tribunale militare di Bologna e Ravenna sotto la giurisdizione di quello di Venezia 9. Le magistrature penali militari (commissione d'inchiesta, tribunale militare territoriale, tribunale militare presso le truppe concentrate, tribunale supremo di guerra e marina) non sono magistrature d'eccezione, ma normali e ordinarie rispetto a coloro che sono soggetti alla loro giurisdizione; in rapporto alle magistrature comuni i tribunali militari, data la loro giurisdizione e competenza, sono da equipararsi, per determinati effetti giuridici, alle corti d'assise; le commissioni d'inchiesta alle sezioni d'accusa presso le corti d'appello. Il fondo documentario su cui si basa la nostra analisi comprende solamente la documentazione relativa all'attività della commissione d'inchiesta, quindi la fase istruttoria e d'accusa, mentre gli atti processuali sono conservati all'Archivio di Stato di La Spezia, sotto la tutela del Ministero della Difesa. Nei registri è comunque sempre indicata la sentenza emessa dal tribunale; quindi per ogni imputato si conosce tutto l'iter processuale dall'incriminazione all'eventuale assoluzione o condanna. È forse opportuno prima di entrare direttamente tra le carte del « nostro » archivio, introdurre una chiarificazione sulla procedura seguita dagli organi competenti in fase istruttoria, quella cioè che più direttamente ci interessa. Presso ogni tribunale militare funzionava un ufficio di istruzione composto da un ufficiale istruttore e da un sostituto istruttore aggiunto; il primo era a capo dell'ufficio, mentre il secondo aveva funzioni di coadiuvante 10. L'ufficiale istruttore era caratteristicamente ufficiale di polizia giudiziaria, ma non giudice, in quanto a differenza dei giudici e dei consiglieri istruttori presso i tribunali comuni, non aveva giurisdizione in senso proprio. Poteva comunque emettere mandati di cattura e comparizione, assumere interrogatori, esaminare testimoni e periti, ma ogni decisione circa i risultati era esclusivamente attribuita alla commissione d'inchiesta, della quale l'istruttore non faceva parte e in cui interveniva prima delle deliberazioni come informatore. Le funzioni di pubblico ministero, cioè di rappresentante del potere esecutivo, erano esercitate da un avvocato militare, presenza insostituibile presso ogni tribunale militare 11. 9 V. MANZINI, Commento ai codici penali militari per l'esercito e per la marina. Procedura penale, Torino 1916, p. 3. 10 V. MANZINI, Commento ai codici .... Procedura penale, art. 298 Esercito, p. 9. 11 lvi, art. 299 Esercito, p. 11. DISCIPLINA MILITARE E TERRITORIO La commissione d'inchiesta, infine, composta da 3 membri, era l'unico ed esclusivo organo giurisdizionale del periodo istruttorio 12. Ad essa spettava il compito di deliberare circa i risultati dell'istruzione: competenze, rinvio a giudizio, proscioglimento, proseguimento dell'istruzione. Essa era totalmente svincolata nelle sue funzioni dal tribunale militare e quindi poteva lavorare in estrema autonomia, i suoi giudici non erano e non potevano essere anche giudici dei tribunali. " Non vi è-scriveva il Manzini nel suo commento ai testi-quindi alcuna relazione di dipendenza tra i due organi della giustizia militare e tra i rispettivi presidenti " 13. L'azione penale per i reati militari - avendo carattere pubblico in senso obiettivo - era esercitata d'ufficio, cioè l'avvocato militare aveva il poteredovere di promuoverla e di proseguirla di propria iniziativa, anche senza denuncia. Tuttavia il regolamento di disciplina militare, faceva obbligo ai comandanti di corpo di denunciare i reati commessi dai loro subordinati. I comandanti dei corpi non potevano tuttavia esercitare alcun potere dispositivo sull'azione penale, né per promuoverla, né per impedirla; l'azione dell'avvocato militare era assolutamente indipendente dalla volontà dei comandanti dei corpi militari e degli altri ufficiali superiori; essa doveva essere promossa " sulla notizia del reato, in qualunque modo e con qualunque modo e con qualunque mezzo questa gli [fosse] pervenuta " 14. Particolari erano poi le norme che tutelavano gli interessi dell'inquisito. Nel periodo istruttorio la difesa legale era esclusa e spettava all'imputato stesso, che poteva avere un difensore solamente dopo il suo rinvio a giudizio 15. Va sottolineato comunque che la fase istruttoria aveva sempre tempi celeri, anche se ovviamente rapportati al tipo di reato contestato o alla complessità del procedimento. In media l'indagine condotta dalla Commissione d'inchiesta occupava una quindicina di giorni e ad essa faceva seguito il rinvio a giudizio o il proscioglimento. Ma già tra i processi visti in questa prima fase della ricerca alcuni hanno tempi più lunghi - circa sei mesi e oltre - e iter abbastanza complessi. È il caso, ad esempio, di un sergente inquisito per omicidio avendo in una colluttazione tra il suo drappello e le guardie di P.S., avvenuta nel febbraio del 1863, ordinato il fuoco con conseguenze mortali per una guardia. Gli atti, giudicando la Commissione d'inchiesta non 12 lvi, art. 300 Esercito, p. 13; art. 301 Esercito, p. 15. 13 lvi, p. 15. 14 lvi, art. 352 Esercito, p. 130. 15 Per quanto riguarda l'istruzione formale cfr. lvi, artt. 373-419 Esercito, pp. 158-192. 463

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Un esempio può valere per tutti. Nel 1863, in occasione di quella che<br />

a ragione si può considerare la prima leva « unitaria , S, assai rilevante fu l'evasione<br />

all'obbligo, anche se in forme difformi sul territorio nazionale, per<br />

cui si possono cercare articolate spiegazioni. Vi furono, dietro quella " fuga<br />

rilevante '', elementi oggettivi come tesero a sottolineare le relazioni ministeriali<br />

coeve (emigrazione, trasferimenti di residenza, propaganda antigovernativa),<br />

ma anche motivazioni più profonde- come gli studi più recenti<br />

hanno messo in luce - quali il rifiuto della lontananza dal proprio villaggio,<br />

dai lavori, la durezza della vita di caserma e, non ultimo, il rifiuto, specie<br />

in meridione, dello Stato piemontese. " Dall'insieme dei dati disponibili -<br />

scrive Gi<strong>anni</strong> Oliva - è possibile concludere che la leva del 1863 dimostra<br />

una diffusa insofferenza verso la coscrizione obbligatoria, dalle motivazioni<br />

complesse e diverse ma netto e radicato sin<strong>tomo</strong> di una nazione non militarista,<br />

in larga parte estranea alla cultura patriottica della classe dirigente, attraversata<br />

da tensioni latenti e da ribellioni aperte '' 6.<br />

A organizzare questo malessere confuso e variamente motivato contribuirono<br />

le forze politiche d'opposizione che della politica militare del nuovo<br />

Stato sottolineavano le eccessive spese, la totale assenza di libertà con­<br />

trapponendovi il mito della nazione armata. La scelta del governo di imbarcarsi<br />

in una pericolosa politica coloniale contribuì ad accentuare il rifiuto.<br />

« L'Italia che lavora è assetata di giustizia, è assetata di libertà, è assetata di<br />

cultura, e come base di ogni suo miglioramento intellettuale, politico e morale<br />

vuole il miglioramento delle sue condizioni economiche: perciò vede<br />

con orrore sprecato il patrimonio pubblico nelle facili conquiste delle sabbie<br />

africane, vede con orrore mandati colà i suoi figli più forti ... , 7. Alla denuncia<br />

di Andrea Costa nell'aula parlamentare si aggiunsero, sempre più numerose,<br />

le accuse e i rifiuti di partire o, più semplicemente, di prestare il<br />

servizio militare formulate davanti ai consigli di leva e ai tribunali militari.<br />

L'antimilitarismo divenne oggetto di dibattito ed ebbe sempre più presa sulla<br />

pubblica opinione fino ai casi clamorosi di Masetti e Moroni, che videro<br />

5 G. OLIVA, La coscrizione obbligatoria ... , cit., p. 22. (L'obbligo del servizio di leva,<br />

regolato secondo la legge sul reclutamento che il governo subalpino aveva approvato<br />

nel 1854, venne estesa a tutte le province del Regno, in tappe successive tra il 1860 e<br />

il 1862, cosicché nel 1863 fu possibile, come disse alla Camera il ministro della Guerra<br />

Agostino Petitti di Roreto « esigere finalmente il tributo di militare servizio con le norme<br />

di una sola legge, e sopra individui della stessa età indistintamente, dall'Alpi al Lilibeo ").<br />

Cfr. inoltre P. DEL NEGRO, La leva militare in Italia dall 'Unità alla grande guerra, in<br />

Esercito . . . , cit., pp. 167-267.<br />

6 G. OLIVA, La coscrizione obbligatoria ... , cit., p. 24.<br />

7 CAMERA DEI DEPUTATI, Atti Parlamentari, Tornata del 7 maggio 1885, Intervento<br />

di Andrea Costa.<br />

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un ampio coinvolgimento di pubblico e portarono addirittura alla nascita,<br />

in numerose <strong>città</strong>, di « comitati unitari contro le compagnie di disciplina e<br />

pro Masetti e Moroni '' per organizzare giornate di lotta e coordinare un movimento<br />

d'opposizione sempre crescente.<br />

In questo contesto i ritardi nella riforma della codificazione appaiono<br />

ancora più gravi e sembrano sempre più testimoniare il distacco tra strutture<br />

militari e società civile. I tentativi per superar questa barriera furono scarsi<br />

e andarono tutti nella direzione di mitigare le norme disciplinari e la durezza<br />

delle pene; scelte operate in logica anche del fatto che comunque, col<br />

trascorrere degli <strong>anni</strong>, la leva era entrata a far parte del patrimonio collettivo<br />

delle masse come tappa obbligata di ogni giovane, scadenza attorno a<br />

cui ruotavano le scelte decisive, e si colorava di usanze e pratiche che in<br />

certo qual modo la legittimavano.<br />

Il contrasto tra l'antimilitarismo esplodente e la legittimazione « sociale<br />

" del servizio militare è sottolineato da Giorgio Rochat e Giulio Masso brio<br />

in uno dei primi e più completi studi sulla storia militare italiana: « una contraddizione<br />

va segnalata-scrive appunto Rochat - l'ostilità verso l'<strong>esercito</strong><br />

coesisteva spesso con la convinzione che il servizio militare fosse una fase<br />

necessaria nella formazione del giovane e che i riformati per motivi di<br />

salute perdessero qualcosa sul piano della dignità virile '' 8.<br />

Il 26 novembre 1900 alla Camera venne approvato un ordine del giorno,<br />

non accettato dal ministro della guerra, col quale si invitava il governo<br />

a presentare un disegno di legge per l'abolizione dei tribunali militari; nell'occasione<br />

convinzioni di natura prettamente giuridica si univano ad una<br />

generica aspirazione ad eliminare il più possibile ogni inframettenza o bardatura<br />

militare nella vita civile. Contemporaneamente vennero presentati al<br />

Senato tre disegni di legge di codice penale, di procedura e di ordinamento<br />

giudiziario militare. La chiusura della sessione parlamentare fece però cadere<br />

ogni iniziativa. Uguale sorte ebbero analoghi progetti del 1907. Negli <strong>anni</strong><br />

seguenti non si ebbero novità legislative in questo settore e in Italia restarono<br />

in vigore le norme dell'<strong>esercito</strong> sardo. E anche nella prassi, il coordinamento<br />

col codice penale comune avvenne esclusivamente con quello del<br />

1859, nonostante nel 1889 fosse entrata in vigore una nuova codificazione.<br />

Anche la costituzione dei tribunali militari risale al primo momento postunitario.<br />

Il Tribunale territoriale di Bologna venne costituito con il R.D. 9<br />

aprile 1860; con esso si estendeva alle province dell'Emilia il codice penale<br />

militare sardo. Esso ampliò la sua giurisdizione anche alle province di Forlì<br />

8 G. ROCHAT-G. MASSOBRIO, Breve storia . . . , cit., p. 133.

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