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esercito e città dall'unità agli anni trenta. tomo i - Sistema ...

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400 DARIO BlOCCA<br />

cittadini vivevano in condizioni di " estrema povertà »; Pasquale Villari, invece,<br />

stimò che la cifra superasse i 50.000. Rocco De Zerbi, adottando i parametri<br />

della " urbanità " del comportamento, defrinì " animali " 450.000 napoletani.<br />

Unanime tuttavia fu la conclusione che le condizioni di vita nella<br />

<strong>città</strong> peggiorarono dopo il 1861, e che l'emigrazione arrecò scarso sollievo<br />

alla <strong>città</strong>, oppressa dalla sovrappopolazione e dalla miseria.<br />

Questa ultima conclusione merita un'attenta analisi. Nonostante la crisi<br />

del commercio marittimo e il declino di Napoli nella gerarchia delle <strong>città</strong><br />

portuali italiane, un crescente numero di navi salpava ogni anno dai moli<br />

della <strong>città</strong>. Tra il 1861 e il 190 l , il numero degli emigranti aumentò da 3. 508<br />

a l O 1.663. Secondo i registri della Capitaneria, solo una parte dei passeggeri<br />

proveniva dalle regioni rurali dell'Italia meridionale. Napoli, dunque, svolse<br />

non solo una funzione di " valvola " per la popolazione di un vasto territorio<br />

privo di risorse e in progressivo spopolamento. L'emigrazione impedì<br />

che la <strong>città</strong> crescesse ulteriormente in una fase in cui essa sosteneva ormai<br />

autonomamente la propria crescita demografica.<br />

Il trasferimento degli uffici amministrativi, dei ministeri e delle rappresentanze<br />

diplomatiche provocò inoltre una diaspora nella borghesia napoletana.<br />

Giuristi, docenti universitari e funzionari dello Stato lasciarono la <strong>città</strong><br />

per trasferirsi a Torino e quindi a Firenze e a Roma. Pasquale Villari, il quale<br />

sosteneva che la crescita civile di Napoli era stata ostacolata da una classe<br />

politica corrotta e inetta, espresse preoccupazione per il brusco allontanamento<br />

di questo strato "parassitario '' della popolazione. La <strong>città</strong>, nell'opinione<br />

della stampa locale e nazionale, rimase infatti priva di una classe dirigente<br />

e di potenti gruppi imprenditoriali.<br />

Limitata dall'emigrazione, la popolazione napoletana crebbe a un ritmo<br />

assai più lento che nelle altre maggiori <strong>città</strong> italiane [Figura 2] 18 •<br />

Tuttavia, gli amministratori comunali osservarono che, al contrario di<br />

quanto avveniva nelle <strong>città</strong> del Nord e del Centro, il territorio di Napoli era<br />

soggetto a un progressivo " strangolamento "· Renato Fucini, per esempio,<br />

spiegò, che la tradizionale espansione della <strong>città</strong> verso sud era stata interrotta<br />

dallo sviluppo delle prime infrastrutture industriali. La <strong>città</strong> era in un cul<br />

de sac poiché la zona pianeggiante posta a sud della stazione delle ferrovie<br />

era occupata da depositi, piccole fabbriche e magazzini di merci. L'industria,<br />

nel giudizio del Fucini, contribuiva ad aggravare il dramma della sovrappopolazione:<br />

essa inibiva, invece di stimolare, lo sviluppo di nuove aree<br />

residenziali 19.<br />

18 Fonte: C. DE SETA, Napoli, cit. p. 276.<br />

19 Si vda A. FuciNI, Napoli a occhio nudo, Firenze 1888, pp. 12-4.<br />

COLERA, ESERCITO E VOLONTARI A NAPOLI 401<br />

1881-1921<br />

·=> Genov.:s + Rorna 1111 Napo 11<br />

Fig. 2 - La crescita delle <strong>città</strong>.<br />

Sin dai primi <strong>anni</strong> dell'età unitaria, anche lo stato in cui le amministrazioni<br />

borboniche abbandonarono le strutture urbane di Napoli suscitò preoccupazione<br />

e allarme. Ancor prima dell'esplosiva crisi del 1884, il colera del<br />

1886 attirò l'attenzione delle giunte sulle carenze degli istituti ospedalieri<br />

e l'insufficiente numero dei medici. Nuovamente, tuttavia, i censimenti rivelarono<br />

dati contraddittorii. Malgrado la continua richiesta di personale medico,<br />

nel 1886 le autorità napoletane dichiararono che il sistema sanitario<br />

della <strong>città</strong> si avvaleva di 1.230 medici generici, 77 chirurghi specialisti, 215<br />

flebotomi, 49 dentisti e 423 levatrici. La consistenza numerica del personale<br />

medico e paramedico era assai elevata anche in confronto con altre <strong>città</strong> italiane,<br />

incluse Torino, Roma, Milano e Firenze 20.<br />

Inesatta si rivelò anche l'ipotesi che il Mezzogiorno soffrisse di una cronica<br />

mancanza di medici e che Napoli svolgesse la funzione di centro sanitario<br />

di un vasto territorio. Nelle regioni poste a sud di Roma, infatti, il numero<br />

di medici era maggiore, in valori assoluti e relativi, di quello registrato<br />

nelle regioni centrali e settentrionali.<br />

I medici di Napoli, tuttavia, non erano in grado di supplire alle carenze<br />

degli istituti di cura. In occasione di epidemie, infatti, le autorità sanitarie<br />

zo Si veda Direzione Generale della Statistica, Indagine sulle condizioni igieniche . ..<br />

cit., vol. l, Parte prima.

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