esercito e città dall'unità agli anni trenta. tomo i - Sistema ...

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392 DARIO BlOCCA Nel l900 Matilde Serao scrisse che la ricostruzione non era stata che " opera cosmetica »; il London Times definì Napoli «La Calcutta dell'Occidente "· Al centro di polemiche, scandali, inchieste e procedimenti d'accusa, intorno alla fine del secolo gli organismi amministrativi della città entrarono in crisi. Il Parlamento affidò al senatore ligure Giuseppe Seredo il compito di studiare le ragioni della paralisi e indicare le responsabilità degli organi di governo. I risultati dell'inchiesta, condotta nell'arco di oltre tre anni fu- ' rono quindi pubblicati nel 1904 e giudicati dal Corriere del Mattino « sensazionali ». In realtà, la commissione rese note solo in parte le proprie conclusioni, consegnando al presidente del Consiglio centinaia di documenti e fascicoli riservati 3. Gli studiosi della questione meridionale trassero dalle vicende del Risanamento importanti insegnamenti: Pasquale Villari, ad esempio, sostenne che il governo non fu in grado - per ragioni di natura politica - di affrontare i nodi dello sviluppo economico del Mezzogiorno 4• Altri, fra i quali Francesco Saverio Nitti, conclusero che la classe politica non comprese la gravità della crisi napoletana e concesse fondi inadeguati a garantire il « decollo , civile e industriale. Malgrado le polemiche, la legge del 1885, denominata " Per il Risanamento della città di Napoli " S, venne estesa a tutte le città italiane con oltre centomila abitanti e divenne il perno di una politica nuova, tesa a ridisegnare la geografia urbana del Paese 6. Alcuni studiuosi hanno recentemente posto in evidenza come l'approvazione del nuovo codice urbano coincise con l'adozione di una politica economica destinata in pochi anni ad espandere il sistema industriale italiano. I due processi sarebbero stati complementari, poiché legati entrambi ad un disegno analogo di crescita

394 DARIO BlOCCA denti. Nel l891, inoltre, 51 città raggiunsero i 30.000 abitanti; otto città superarono i 200.000 abitanti, e tre città raggiunsero il mezzo milione. Napoli perse il suo tradizionale primato: il territorio posto intorno alla città conobbe tuttavia una fase di intensa urbanizzazione. Gli economisti dell'Ottocento ritenevano che l'indice della urbanizzazione rispecchiasse il progresso e l'evoluzione del sistema economico. Essi trassero dunque ottimistiche previsioni sul futuro dell'industria italiana. Tuttavia, le strutture sociali ed economiche del Paese si svilupparono in modo discontinuo e contraddittorio. Malgrado una crescita complessiva del prodotto nazionale lordo, tra il 1881 e il 1891 la percentuale della popolazione impiegata nell'agricoltura apparve aumentare, invece di diminuire come in altri paesi europei 8. L'indice dell'analfabetismo, generalmente più alto nelle zone rurali, rimase constantemente intorno a valori molto alti. Ciò malgrado, le città svolsero un ruolo centrale nella vita politica dell'Italia unitaria. La questione romana paralizzò la politica estera dei governi torinesi per circa un decennio. La posizione di Venezia e di Trento, difese dalle truppe asburgiche, diede vita ad aspre controversie; il malcontento per il trasferimento di Nizza alla Francia rimase a lungo diffuso nell'opinione pubblica. Le città divennero simboli dell'eredità storica e delle tradizioni risorgimentali; esse furono dunque poste al centro di complesse strategie politiche, diplomatiche ed economiche. Numerosi studiosi ritenevano infatti che le città svolgessero anche una funzione di « acceleratore ,, dello sviluppo economico. Nel 1865 il governo approvò ad esempio il trasferimento della capitale da Torino a Firenze, collocando il nuovo centro amministrativo della nazione lungo l'asse geografico della penisola. Secondo il Parlamento, la decisione avrebbe incoraggiato una crescita più equilibrata dell'economia e della vita politica del Paese dopo la rimozione delle barriere all'emigrazione interna e al commercio. Tuttavia, anche il rapporto tra città, movimenti demografici e sviluppo economico, seguì ritmi e tendenze diversi da quanto gli economisti previdero. Dieci anni dopo il compimento dell'Unità, Pasquale Villari si avvide che una serie di ostacoli impediva ancora il « naturale , sviluppo dei centri urbani. Alcuni caratteri della proprietà fondiaria ostacolavano la modernizzazione dell'agricoltura e rallentavano l'emigrazione dei contadini verso i borghi rurali e le città. Nel Sud, in particolare, un fenomeno preoccupante interferiva con la equilibrata crescita di città di dimensioni piccole e medie: Napoli era cresciuta oltre i suoi limiti naturali diventando un « parassita nel corpo 8 Si veda S. BRUNI, «La realtà produttiva nei primi censimenti '' , Storia d'Italia, Torino 1981, V. 6, p. 689. COLERA, ESERCITO E VOLONTARI A NAPOLI 395 della nazione " · Anche secondo altri studiosi, Napoli attraeva ormai risorse e popolazione da una vasta regione, non fornendo più ad essa adeguati servizi amministrativi e commerciali. Secondo Villari, Napoli si trovava sulla soglia di una drammatica catastrofe demografica: Se Napoli avesse goduto di un periodo di libertà e di prosperità industriale, molti problemi sarebbero stati risolti, come accadde per Venezia o in Olanda [ ... ] ma gli edifici sono cresciuti oltre misura, le piazze scomparse, e il popolo vive nelle grotte e nelle caverne [ ... ] Napoli non possiede neppure cibo e acqua sufficienti per i suoi abitanti [ ... ] Se la densità della popolazione non sarà ridotta, osserveremo presto gli effetti devastanti della legge di Malthus 3. I timori di Villari si rivelarono infondati. Tra il 1861 e il 1899, l'indice della mortalità diminuì a Napoli dal 3,63 per mille al 2,54 per mille. Anche l'indice della natalità diminuì dal 3,68 per mille al 2,89 per mille. la differenza tra queste cifre e i valori medi nazionali fu di appena + 0,5 e + 0,7 rispettivamente. Inoltre, le autorità locali compilarono statistiche che includevano larghi strati di popolazione non residente. Un nuovo studio condotto intorno al 1900 dimostrò che il tasso di mortalità tra gli iscritti ai registri pubblici di Napoli era stato in media solo lo 0,2 per mille superiore al valore medio nazionale [Figura l]. 28 1951 -1901 Fig. l - Indici della mortalità.

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denti. Nel l891, inoltre, 51 <strong>città</strong> raggiunsero i 30.000 abitanti; otto <strong>città</strong> superarono<br />

i 200.000 abitanti, e tre <strong>città</strong> raggiunsero il mezzo milione. Napoli<br />

perse il suo tradizionale primato: il territorio posto intorno alla <strong>città</strong> conobbe<br />

tuttavia una fase di intensa urbanizzazione.<br />

Gli economisti dell'Ottocento ritenevano che l'indice della urbanizzazione<br />

rispecchiasse il progresso e l'evoluzione del sistema economico. Essi<br />

trassero dunque ottimistiche previsioni sul futuro dell'industria italiana. Tuttavia,<br />

le strutture sociali ed economiche del Paese si svilupparono in modo<br />

discontinuo e contraddittorio. Malgrado una crescita complessiva del prodotto<br />

nazionale lordo, tra il 1881 e il 1891 la percentuale della popolazione<br />

impiegata nell'agricoltura apparve aumentare, invece di diminuire come in<br />

altri paesi europei 8. L'indice dell'analfabetismo, generalmente più alto nelle<br />

zone rurali, rimase constantemente intorno a valori molto alti.<br />

Ciò malgrado, le <strong>città</strong> svolsero un ruolo centrale nella vita politica dell'Italia<br />

unitaria. La questione romana paralizzò la politica estera dei governi<br />

torinesi per circa un decennio. La posizione di Venezia e di Trento, difese<br />

dalle truppe asburgiche, diede vita ad aspre controversie; il malcontento per<br />

il trasferimento di Nizza alla Francia rimase a lungo diffuso nell'opinione pubblica.<br />

Le <strong>città</strong> divennero simboli dell'eredità storica e delle tradizioni risorgimentali;<br />

esse furono dunque poste al centro di complesse strategie politiche,<br />

diplomatiche ed economiche.<br />

Numerosi studiosi ritenevano infatti che le <strong>città</strong> svolgessero anche una<br />

funzione di « acceleratore ,, dello sviluppo economico. Nel 1865 il governo<br />

approvò ad esempio il trasferimento della capitale da Torino a Firenze, collocando<br />

il nuovo centro amministrativo della nazione lungo l'asse geografico<br />

della penisola. Secondo il Parlamento, la decisione avrebbe incoraggiato<br />

una crescita più equilibrata dell'economia e della vita politica del Paese dopo<br />

la rimozione delle barriere all'emigrazione interna e al commercio. Tuttavia,<br />

anche il rapporto tra <strong>città</strong>, movimenti demografici e sviluppo economico,<br />

seguì ritmi e tendenze diversi da quanto gli economisti previdero.<br />

Dieci <strong>anni</strong> dopo il compimento dell'Unità, Pasquale Villari si avvide che<br />

una serie di ostacoli impediva ancora il « naturale , sviluppo dei centri urbani.<br />

Alcuni caratteri della proprietà fondiaria ostacolavano la modernizzazione<br />

dell'agricoltura e rallentavano l'emigrazione dei contadini verso i borghi<br />

rurali e le <strong>città</strong>. Nel Sud, in particolare, un fenomeno preoccupante interferiva<br />

con la equilibrata crescita di <strong>città</strong> di dimensioni piccole e medie: Napoli<br />

era cresciuta oltre i suoi limiti naturali diventando un « parassita nel corpo<br />

8 Si veda S. BRUNI, «La realtà produttiva nei primi censimenti '' , Storia d'Italia, Torino<br />

1981, V. 6, p. 689.<br />

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della nazione " · Anche secondo altri studiosi, Napoli attraeva ormai risorse<br />

e popolazione da una vasta regione, non fornendo più ad essa adeguati servizi<br />

amministrativi e commerciali.<br />

Secondo Villari, Napoli si trovava sulla soglia di una drammatica catastrofe<br />

demografica:<br />

Se Napoli avesse goduto di un periodo di libertà e di prosperità industriale,<br />

molti problemi sarebbero stati risolti, come accadde per Venezia o in Olanda [ ... ]<br />

ma gli edifici sono cresciuti oltre misura, le piazze scomparse, e il popolo vive<br />

nelle grotte e nelle caverne [ ... ] Napoli non possiede neppure cibo e acqua sufficienti<br />

per i suoi abitanti [ ... ] Se la densità della popolazione non sarà ridotta, osserveremo<br />

presto gli effetti devastanti della legge di Malthus 3.<br />

I timori di Villari si rivelarono infondati. Tra il 1861 e il 1899, l'indice<br />

della mortalità diminuì a Napoli dal 3,63 per mille al 2,54 per mille. Anche<br />

l'indice della natalità diminuì dal 3,68 per mille al 2,89 per mille. la differenza<br />

tra queste cifre e i valori medi nazionali fu di appena + 0,5 e + 0,7 rispettivamente.<br />

Inoltre, le autorità locali compilarono statistiche che includevano<br />

larghi strati di popolazione non residente. Un nuovo studio condotto intorno<br />

al 1900 dimostrò che il tasso di mortalità tra gli iscritti ai registri pubblici<br />

di Napoli era stato in media solo lo 0,2 per mille superiore al valore<br />

medio nazionale [Figura l].<br />

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Fig. l - Indici della mortalità.

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