esercito e città dall'unità agli anni trenta. tomo i - Sistema ...

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31.05.2013 Views

364 EMILIO FRANZINA dalla presenza in ambito cittadino di centinaia di soldati e di ufficiali consumatori potenziali e incentivatori aggiuntivi di spesa (mercato degli alloggi e delle derrate, vendite al minuto di beni di consumo, incremento degli esercizi di ristoro, commercio o traffico di materiali di casermaggio e"di dotazioni militari dismesse, ecc.), ma che si rapporta piuttosto ai meccanismi dell'esazione del dazio consumo. L'ottenimento di un certo numero di militari, in altre parole, si configura, conti alla mano, come un vero e proprio investimento economico di tipo più che redditizio per i Comuni i quali si battono onde avere all'interno della propria cinta daziaria sempre nuovi reparti e sempre nuovi reggimenti. Ciò dà luogo ad interessanti rapporti fra i Comandi e le autorità civili e amministrative ed anche a fenomeni che sembrerebbero a prima vista incredibili, ma che indirettamente persino il caso francese di Libourne, studiato da Eric Labayle, tende a confermare. Viste le competenze e anche gli oneri gravanti, soprattutto nel primo periodo postunitario, sui Comuni in materia di " approvvigionamento militare » e di fornitura delle infrastrutture - tutti argomenti su cui si sofferma in particolare il Botti secondo la cui definizione " l'esercito degli anni 1861-1870 » era assai più « privatizzato » e « civile » di quelli successivi - proprio la caserma, luogo fisico e simbolo della presenza dell'esercito in città, diviene il banco materiale di prova per tale impegno degli amministratori. I quali, appunto, si fanno in quattro giungendo ad anticipare spese spesso assai rilevanti al fine di attrezzare convenientemente per l'acquartieramento edifici di proprietà comunale ovvero, per lo più, di recente indemaniazione. Di tale affannarsi danno conto, en passant, parecchie relazioni da quella di Colapietra sul caso di Chieti e abruzzese a quella di Sema per il Friuli. E vale la pena subito di osservare come la prevalenza assoluta nell'utilizzo degli stabili di ex conventi o di edifici già appartenuti agli ordini religiosi soppressi contribuisca a modo suo a illuminare la iniziale e relativa freddezza di relazioni fra esercito italiano unitario e mondo cattolico ed ecclesiastico. Su tale argomento s'intrattiene in una relazione piena di notizie e di spunti, non sempre organicamente dominati, G. B. Varnier a cui va il merito, tuttavia, di aver disegnato l'incedere di una prima parabola cronologica nella storia dell'esercito postunitario e delle popolazioni urbane: dall'abbrivio quasi anticlericale e comunque, in modo latente, conflittuale degli anni '60 e '70 all'approdo in termini di convivenza solidale d'età giolittiana e poi addirittura di " supplenza cattolica ,, tra guerra di Libia e prima guerra mondiale. Varnier, fra l'altro, si sofferma su di un aspetto attualizzante della questione, quello " urbanistico , dei riusi, che sarebbe opportuno discutere anche per l'impatto che già ebbe in passato sul corpo vivo e abitativo delle città, e non CASERMA, SOLDATI E POPOLAZIONE 365 solo, s'intende, di Genova. Penso anche ai casi limite, sopra in parte evoca­ ti, di città« stravolte » dal rapporto con l'esercito come la Taranto " navale , presa in esame da Mariano Gabriele o come la stessa Verona, erede del massimo punto di forza del « quadrilatero » austriaco 24. Ma fermandosi pure al capoluogo ligure è sufficiente l'accenno del Varnier che addita l'esempio « principe » della storicità dei « riusi » ripercorrendo la vicenda di un complesso conventuale, quello di S. Ignazio, che da antica villa cinquecentesca adibita a noviziato dai Gesuiti, si trasformò per qualche tempo, più tardi, in monastero ed infine, dopo non poche manomissioni, in caserma. Bombardato e distrutto, e quindi abbandonato, nell'ultimo conflitto mondiale, S. Ignazio è ora in via di recupero e diverrà sede, pare, dell'Archivio di Stato di Genova: senz' altro una bella parabola anche se a contemplarla non dovesse essere uno storico di mestiere! La dimestichezza con i documenti d'archivio e le specializzazioni settoriali (per cui tal uno si occupa maggiormente di cose militari, mentre altri prediligono i temi di storia religiosa ed ecclesiastica) riflesse in qualche modo nella parabola, incoraggiano anch'esse ad affrontare, come fa assai bene Morozzo della Rocca, la questione dei legami (esistiti o mancati) fra Chiesa, cattolici ed esercito, una volta sepolte le memorie e accantonati i retaggi del primo periodo postunitario. Tali legami, infatti, fanno poi registrare, sia pur lento e faticoso, un superamento effettivo delle originarie pregiudiziali anticlericali vive in tanta parte dell'esercito dopo Porta Pia. E giova rimarcare come un simile mutamento sia consentito in sostanza dal cambiamento dei tempi e dei contesti (essendo già iniziata, fra l'altro, la convergenza " coloniale » su cui ritorneremo), ma anche dall'iniziativa e dall'impulso dapprima dei « preti-soldati » e poi di singole personalità o di volonterosi parroci urbani e suburbani che cominciarono la propria azione " rievangelizzatrice , e assistenziale piuttosto slegati dalle proprie gerarchie continuando a suscitare allarmi tra i vertici politici, e in parte anche militari, sin quasi allo scadere del secolo xrx. Non meno dei socialisti, i cattolici ed il clero intensificarono proprio allora un'opera paziente ed efficace nei confronti dei soldati di leva procurando in ambito urbano agevolezze e veri e propri « servizi , (d'ordine per 24 Cfr. in via generale A. FARA, La metropoli difesa. Architettura militare nelle città capitali d'Italia, Roma 1985 e, più in particolare, G. BARBIERI, Momenti economici e sociali ne:la storia veronese dalla Restaurazione alla prima guerra mondiale, in AA.VV., Il Quadrtlatero nella storia militare, politica, economica e sociale del! 'Italia risorgimentale, Verona 1966 e V. jACOBACCI, La piazzaforte di Verona sotto la dominazione a striaca (1814-166), Verona 1981, ma vedi soprattutto: H. SELEM, Il sistema dei forti dt l}oma nella logtca dell'ecosistema urbano per il riuso del costruito, Roma 1979 nonche P. BRUNELLO, La deterrenza impossibile: i campi trincerati in Europa (1870-1915), m IDEM (a cura di), I forti del campo trincerato di Mestre, Venezia 1988, pp. 13-48.

366 -EMILIO FRANZINA lo più ricreativo, ma con aperture anche di tipo culturale e« assistenziale ») che le strutture cittadine e militari parevano restìe a garantire. Sicché il proliferare d'intrattenimenti di parrocchia e di spazi riservati specificamente al soldato " ospite , in città, fra sedi sociali e « circoli » operai come fra ricreatori " laici , e ricreatori " dei preti », caratterizzava, già ai primi del Novecento, la situazione urbana di molti luoghi sui quali gravitavano ingenti quantità di militari trascurati nei loro bisogni dai comandi e sovente insoddisfatti per le difficoltà di socializzazione incontrate tanto in ambito cittadino, quanto all'interno delle caserme. Mettendo il dito sulla piaga e denunciando " una lacuna colpevole , era il solito Olivieri Sangiacomo a rivendicare a queste ultime un compito di " veri sanatori morali » ovverosia di > genovese. Proprio dalla lettura di questi due contributi si ricava un'impressione assai netta: e cioè che ci si trova di fronte ad una tenace marcia di avvicinamento della Chiesa (più e meno " ufficiale) all'esercito e ai suoi problemi specifici destinata a sfociare quasi inevitabilmente nell'istituzione dei cappellani militari e nella creazione sistematica di quella rete organizzativa di che Morozzo della Rocca ha illustrato a suo tempo studiando impeccabilmente > all'interno delle nostre caserme. Bordelli al momento forse no, ma spacci e ricreatori reggimentali (come quelli di Lucca che stupiscono il Caforio e un po' anche noi per la 26 Cfr. E. FRANZINA, Il tempo libero dalla guerra. Case del soldato e postriboli mi­ litari, in D. LEONI-C. ZADRA (a cura di), La grande guerra. Esperienze, memorie, imma­ gini, Bologna 1986, pp. 161-186. 27 R. MoRozzo DELLA RoccA, La fede e la guerra. Cappellani militari e preti soldati (1915-1919), Roma 1980.

364 EMILIO FRANZINA<br />

dalla presenza in ambito cittadino di centinaia di soldati e di ufficiali consumatori<br />

potenziali e incentivatori aggiuntivi di spesa (mercato degli alloggi<br />

e delle derrate, vendite al minuto di beni di consumo, incremento degli esercizi<br />

di ristoro, commercio o traffico di materiali di casermaggio e"di dotazioni<br />

militari dismesse, ecc.), ma che si rapporta piuttosto ai meccanismi dell'esazione<br />

del dazio consumo.<br />

L'ottenimento di un certo numero di militari, in altre parole, si configura,<br />

conti alla mano, come un vero e proprio investimento economico di tipo<br />

più che redditizio per i Comuni i quali si battono onde avere all'interno<br />

della propria cinta daziaria sempre nuovi reparti e sempre nuovi reggimenti.<br />

Ciò dà luogo ad interessanti rapporti fra i Comandi e le autorità civili e<br />

amministrative ed anche a fenomeni che sembrerebbero a prima vista incredibili,<br />

ma che indirettamente persino il caso francese di Libourne, studiato<br />

da Eric Labayle, tende a confermare. Viste le competenze e anche gli oneri<br />

gravanti, soprattutto nel primo periodo postunitario, sui Comuni in materia<br />

di " approvvigionamento militare » e di fornitura delle infrastrutture - tutti<br />

argomenti su cui si sofferma in particolare il Botti secondo la cui definizione<br />

" l'<strong>esercito</strong> degli <strong>anni</strong> 1861-1870 » era assai più « privatizzato » e « civile » di<br />

quelli successivi - proprio la caserma, luogo fisico e simbolo della presenza<br />

dell'<strong>esercito</strong> in <strong>città</strong>, diviene il banco materiale di prova per tale impegno<br />

degli amministratori. I quali, appunto, si fanno in quattro giungendo ad anticipare<br />

spese spesso assai rilevanti al fine di attrezzare convenientemente<br />

per l'acquartieramento edifici di proprietà comunale ovvero, per lo più, di<br />

recente indemaniazione.<br />

Di tale affannarsi danno conto, en passant, parecchie relazioni da quella<br />

di Colapietra sul caso di Chieti e abruzzese a quella di Sema per il Friuli.<br />

E vale la pena subito di osservare come la prevalenza assoluta nell'utilizzo<br />

degli stabili di ex conventi o di edifici già appartenuti <strong>agli</strong> ordini religiosi<br />

soppressi contribuisca a modo suo a illuminare la iniziale e relativa freddezza<br />

di relazioni fra <strong>esercito</strong> italiano unitario e mondo cattolico ed ecclesiastico.<br />

Su tale argomento s'intrattiene in una relazione piena di notizie e di spunti,<br />

non sempre organicamente dominati, G. B. Varnier a cui va il merito, tuttavia,<br />

di aver disegnato l'incedere di una prima parabola cronologica nella<br />

storia dell'<strong>esercito</strong> postunitario e delle popolazioni urbane: dall'abbrivio quasi<br />

anticlericale e comunque, in modo latente, conflittuale degli <strong>anni</strong> '60 e '70<br />

all'approdo in termini di convivenza solidale d'età giolittiana e poi addirittura<br />

di " supplenza cattolica ,, tra guerra di Libia e prima guerra mondiale.<br />

Varnier, fra l'altro, si sofferma su di un aspetto attualizzante della questione,<br />

quello " urbanistico , dei riusi, che sarebbe opportuno discutere anche per<br />

l'impatto che già ebbe in passato sul corpo vivo e abitativo delle <strong>città</strong>, e non<br />

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solo, s'intende, di Genova. Penso anche ai casi limite, sopra in parte evoca­<br />

ti, di <strong>città</strong>« stravolte » dal rapporto con l'<strong>esercito</strong> come la Taranto " navale ,<br />

presa in esame da Mariano Gabriele o come la stessa Verona, erede del massimo<br />

punto di forza del « quadrilatero » austriaco 24. Ma fermandosi pure al<br />

capoluogo ligure è sufficiente l'accenno del Varnier che addita l'esempio<br />

« principe » della storicità dei « riusi » ripercorrendo la vicenda di un complesso<br />

conventuale, quello di S. Ignazio, che da antica villa cinquecentesca<br />

adibita a noviziato dai Gesuiti, si trasformò per qualche tempo, più tardi,<br />

in monastero ed infine, dopo non poche manomissioni, in caserma. Bombardato<br />

e distrutto, e quindi abbandonato, nell'ultimo conflitto mondiale,<br />

S. Ignazio è ora in via di recupero e diverrà sede, pare, dell'Archivio di Stato<br />

di Genova: senz' altro una bella parabola anche se a contemplarla non dovesse<br />

essere uno storico di mestiere!<br />

La dimestichezza con i documenti d'archivio e le specializzazioni settoriali<br />

(per cui tal uno si occupa maggiormente di cose militari, mentre altri prediligono<br />

i temi di storia religiosa ed ecclesiastica) riflesse in qualche modo<br />

nella parabola, incoraggiano anch'esse ad affrontare, come fa assai bene Morozzo<br />

della Rocca, la questione dei legami (esistiti o mancati) fra Chiesa, cattolici<br />

ed <strong>esercito</strong>, una volta sepolte le memorie e accantonati i retaggi del<br />

primo periodo postunitario. Tali legami, infatti, fanno poi registrare, sia pur<br />

lento e faticoso, un superamento effettivo delle originarie pregiudiziali anticlericali<br />

vive in tanta parte dell'<strong>esercito</strong> dopo Porta Pia. E giova rimarcare<br />

come un simile mutamento sia consentito in sostanza dal cambiamento dei<br />

tempi e dei contesti (essendo già iniziata, fra l'altro, la convergenza " coloniale<br />

» su cui ritorneremo), ma anche dall'iniziativa e dall'impulso dapprima<br />

dei « preti-soldati » e poi di singole personalità o di volonterosi parroci urbani<br />

e suburbani che cominciarono la propria azione " rievangelizzatrice ,<br />

e assistenziale piuttosto slegati dalle proprie gerarchie continuando a suscitare<br />

allarmi tra i vertici politici, e in parte anche militari, sin quasi allo scadere<br />

del secolo xrx.<br />

Non meno dei socialisti, i cattolici ed il clero intensificarono proprio<br />

allora un'opera paziente ed efficace nei confronti dei soldati di leva procurando<br />

in ambito urbano agevolezze e veri e propri « servizi , (d'ordine per<br />

24 Cfr. in via generale A. FARA, La metropoli difesa. Architettura militare nelle <strong>città</strong><br />

capitali d'Italia, Roma 1985 e, più in particolare, G. BARBIERI, Momenti economici e<br />

sociali ne:la storia veronese dalla Restaurazione alla prima guerra mondiale, in AA.VV.,<br />

Il Quadrtlatero nella storia militare, politica, economica e sociale del! 'Italia risorgimentale,<br />

Verona 1966 e V. jACOBACCI, La piazzaforte di Verona sotto la dominazione<br />

a striaca (1814-166), Verona 1981, ma vedi soprattutto: H. SELEM, Il sistema dei forti<br />

dt l}oma nella logtca dell'ecosistema urbano per il riuso del costruito, Roma 1979 nonche<br />

P. BRUNELLO, La deterrenza impossibile: i campi trincerati in Europa (1870-1915),<br />

m IDEM (a cura di), I forti del campo trincerato di Mestre, Venezia 1988, pp. 13-48.

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