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esercito e città dall'unità agli anni trenta. tomo i - Sistema ...

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344<br />

LA DISCUSSIONE<br />

della Marina italiana, dovette condurre dopo la morte della moglie, una<br />

delle sorelle inglesi Bacon, e l'estinzione delle sue rendite dotali) e naturalmente<br />

il duca degli Abruzzi, che alla vigilia della Grande Guerra si era acquistato<br />

una solida ed indiscussa fama di marinaio e di esploratore.<br />

Per quanto riguarda poi l'apporto concreto dei suddetti personaggi alle<br />

gesta della Marina italiana, l'infelice esito dello scontro navale di Lissa e l'inconcludenza<br />

operativa che caratterizza la condotta strategica della guerra<br />

adriatica nel periodo di diretta gestione da parte del duca degli Abruzzi, ci<br />

porta all'inevitabile conclusione che forse sarebbe stato ancora meglio per<br />

la Marina come istituzione avere qualche rappresentante in meno di alto lignaggio.<br />

Qualche mese fa in una discussione « inter pocula >> , Giorgio Rochat,<br />

« maligno ,, come sempre, mi chiese tra il serio e il faceto se il duca<br />

degli Abruzzi si dovesse apprezzare di più come marinaio o come esploratore;<br />

diplomaticamente risposi che forse sarebbe stato meglio sorvolare sopra<br />

entrambe le attività del duca se si andava ad esaminarle a fondo, ma che in<br />

ogni caso l'attività di esploratore era quella che ci avrebbe dato meglio la<br />

caratura del nostro personaggio, di cui peraltro recentemente, rileggendo<br />

le pagine del Diario del maresciallo Caviglia (pp. 112-114), sono stato pienamente<br />

confortato nel mio giudizio.<br />

RENATO GRISPO: Prima di passare la parola al prof. Isnenghi, per la conclusione,<br />

vorrei fare qualche breve osservazione. Premesso, naturalmente,<br />

che in convegni dalla tematica così ampia è ovvio possano presentarsi dei<br />

vuoti, premesso anche che possano essermi sfuggiti alcuni interventi, ho l'im­<br />

pressione che non si sia parlato abbastanza dell'ufficialità meridionale e soprattutto<br />

del passaggio dell'ufficialità borbonica nelle file dell'<strong>esercito</strong> italiano,<br />

con le conseguenze che ciò può aver avuto su tutta la struttura del corpo<br />

degli ufficiali e sui rapporti sociali, per i trasferimenti in altre sedi, per<br />

i matrimoni con persone appartenenti ad altri ambienti o regioni.<br />

In particolare non si è parlato affatto, mi pare, della Nunziatella, di cui<br />

proprio pochi mesi fa ricorreva il bicentenario della fondazione, e che ha<br />

costituito un elemento centrale nella formazione dell'ufficialità borbonica<br />

e poi unitaria.<br />

Evidentemente non è il caso di riaprire qui la discussione, ma non è<br />

nemmeno da escludere che ne possa essere sollecitato qualche studio da introdurre<br />

poi negli Atti. E ciò al fine di evitare al quadro dei rapporti tra <strong>esercito</strong><br />

e <strong>città</strong> una lacuna, circa la formazione e la presenza degli ufficiali del<br />

Mezzogiorno, analoga, in un certo senso, a quella che si avverte in ogni discorso<br />

sulla burocrazia meridionale, sulla diplomazia borbonica nel momento<br />

del passaggio allo Stato unitario: come e perché in alcuni settori questo tra-<br />

LA DISCUSSIONE 345<br />

vaso fu quasi totale, come in altri settori invece ci furono resistenze e da<br />

parte di chi, e come la classe dirigente meridionale a poco a poco sia entrata<br />

nei gangli vitali dello Stato più rapidamente da una parte e meno rapidamente<br />

dall'altra. Al convegno che si è tenuto l'anno scorso a Lecce, sulla formazione<br />

della diplomazia nazionale, questo problema è stato affrontato anche se,<br />

per carenza di documentazione, non è stato completamente risolto. Ma è<br />

già interessante che si ponga, e penso appunto che la presidenza della Deputazione<br />

di storia patria per l'Umbria possa recuperare anche ai fini degli<br />

Atti qualche contributo in questo senso. Passo ora la parola al prof. Isnenghi.<br />

MARIO ISNENGHI: Dispongo di cinque minuti in questa carambola di interpretazioni<br />

più o meno " autentiche >> , repliche e controrepliche. Mi sembra<br />

che la discussione si sia focalizzata su due o tre temi su cui sono ritornati<br />

diversi interventi. Uno è quello dello Stato debole; uno è quello del Piemonte<br />

e dell'aristocrazia, o delle aristocrazie al plurale; un terzo è quello delle malattie<br />

da caserma. Poi c'è l'intervento esplicativo del, mi pare unico, relatore<br />

che non si è riconosciuto nella mia, lo ammetto, succinta presentazione,<br />

cioè la dott. Nava.<br />

Per quanto riguarda lo Stato debole, questo sarebbe il tema più suggestivo<br />

e di fondo da affrontare, ma non è neppure possibile provarci in questa<br />

occasione. Gli interventi che ci sono stati in materia hanno ripreso con<br />

interesse un concetto iniziale della mia relazione, invitando a svolgerlo ulteriormente<br />

(ci troviamo di fronte - per una strada diversa da quelle consuete<br />

- ad una constatazione che certo non è nuova: la debolezza dello Stato-istituzione<br />

e la maggiore forza, semmai, di altre forme di aggregazione e<br />

di appartenenza. Poiché partivo dalla relazione sull'aristocrazia, ero portato<br />

a sottolineare in quel momento l'appartenenza aristocratica piemontese, ma<br />

, forse, tra le cose che non sono venute fuori in questa sessione, ma potrebbero<br />

venire fuori in quelle prossime, o negli sviluppi degli studi, c'è questa<br />

constatazione: lo Stato, per la sua genesi storica e per la sua complessione<br />

sociale, è debole in Italia, a paragone di altri Stati e di altri assetti istituzionali;<br />

e la società- e le società -, e le diverse aree e la geografia delle società?<br />

Se ci apriamo a questo, allora probabilmente non è più sufficiente parlare<br />

in termini di aristocrazia, borghesia - anzi, borghesie, dice Romanelli, e bisogna<br />

precisare quali -, non è più sufficiente concentrare il nostro sguardo<br />

sugli ufficiali, rientrano i soldati; rientra la società, e a questo punto la materia<br />

che già abbiamo visto dilatarsi e articolarsi !imitandoci <strong>agli</strong> ufficiali e <strong>agli</strong><br />

ambienti di provenienza e di frequenza, alle classi alte e allo Stato, si dilaterebbe<br />

ulteriormente; ma probabilmente se riscontriamo questa debolezza<br />

dell'istituzione-Stato, e quindi la sua scarsa attitudine a sostenere un'idea forte

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