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288 MARCO MERIGGI commentava a questo proposito con trasporto i progressi dello spirito di associazione tra i militari, che corrispondeva a suo parere all'emergere di un nuovo modello di ufficiale "( ... ) amante del risparmio e previdente, persuaso che queste doti rappresentano una forma speciale di eroismo, non meno ammirevole dell'eroismo marziale, che assicura una tranquilla e dignitosa esistenza " 32 . Ma con pragmatismo tutto milanese replicava indirettamente a queste affermazioni colme di retorica un'iniziativa organizzata nel l904 dal Circolo Ufficiali in congedo di Milano, che invitava l'Unione militare ad assumersi « l'incarico di aderire alle richieste di prestito da parte degli ufficiali soci in attività di servizio od in pensione " facendo leva sulla clausola della cedibilità del quinto dello stipendio, accordata « a tutti gli impiegati governativi " e di cui tuttavia " finora gli ufficiali non hanno potuto fruire ( ... ) poiché, per varie ragioni e specialmente per la loro instabile residenza, le loro richieste di prestiti non sono prese in considerazione dalle principali banche del Regno " 33. Si riannodano qui, con buona evidenza, molti fili via via emersi in precedenza da altri punti prospettici; e le specificità del caso milanese riflettono ed amplificano dati probabilmente estensibili a buona parte degli altri centri urbani maggiori della penisola. Il conflitto tra « povertà e decoro ", che Marselli segnalava tra i problemi più scottanti dell'ufficialità, e come aspetto quasi fisiologico della carriera militare nelle fasi, contingenti ma prolungate, contraddistinte dal blocco delle opportunità di ascesa gerarchica 34, ri- 32 F. DE CHAURAND DE ST. EusTACHE, Come l'esercito italiano entrò in guerra, Milano 1929, p. 139. A prescindere dall'Unione militare, va ricordato che esistevano anche società di mutuo soccorso tra ex militari. A Milano, ad esempio, oltre a varie associazioni di reduci, sorte soprattutto dopo il 1882 per contrastare l'avanzata elettorale delle sinistre dopo l'allargamento del suffragio (la Società dei reduci dalle patrie battaglie Italia e Casa Savoja, la Società di mutuo soccorso tra reduci della Crimea, il Comizio dei veterani lombardi, la Fratellanza militare), era stata fondata nel 1881 una Società di mutuo soccorso fra i sott 'ufficiali, caporali e soldati in congedo. I contatti di tali società di civili con gli ufficiali in servizio risultano tuttavia, a misura dei rapporti di Questura, scarsi o nulli. Cfr. ASM, Questura, b. 105 (Rapporti sullo spirito pubblico in città 1861-1882). 33 Circolare del circolo ufficiali in congedo di Milano (associazione diversa da quella citata nella nota precedente, e sorta probabilmente nei primi anni del secolo) inviata alla " sala di convegno degli ufficiali del 28° Fanteria ", in ACS, Fondo fO Aiutante di campo di S. Maestà, filza 102 (1904), fase. XXIX, sottofasc. 613. 34 Sui problemi di carriera degli ufficiali cfr. ora N. LABANCA, Il generale Cesare Ricotti e le politica militare italiana dal 1884 al 1887, Roma 1986, che riassume e arricchisce tutta la letteratura precedente. In particolare cfr. le pp. 155-179. L'UFFICIALE A MILANO IN ETÀ LIBERALE 289 sultava infatti implicitamente inasprito dalla cornice di mobilità in cui si svolgeva la " vita del reggimento ». La frequenza degli spostamenti di guarnigione, che risponde alle esigenze non solo logistiche, ma anche politiche, della macchina militare, fa dunque degli ufficiali un frammento di borghesia burocratica di credibilità sociale minorata rispetto a quella goduta dalla « stanziale " borghesia impiegatizia, di cui pure la prima condivide, a grandi linee,-le altezze salariali. Qui a dispetto della retorica sulla funzione unificatrice dell'esercito, si tocca con mano una non secondaria conseguenza della scelta compiuta dalle dirigenze politiche del paese optando per il sistema di stanziamento nazionale, che " ( ... ) deve preferire le destinazioni non regionali. Il temporaneo avvicinamento dell'ufficiale alla propria regione, peggio alla propria casa, è stato pertanto considerato come un male, che il governo doveva studiarsi di evitare e di combattere 35. Se l'ufficiale di carriera non diventa, dal punto di vista sociale, parte integrata del blocco dirigente, diversamente da vasti settori della pur non molto meglio retribuita burocrazia di stato, ciò è dovuto dunque anche alla sua fisiologica « lontananza » dall'humus regionale di origine, in un paese al cui interno, per decenni dopo l'unificazione, i moduli della socialità continuano a riprodursi ricalcando una matrice sostanzialmente regionale. Constatazione, quest'ultima, che può in parte essere eretta a modulo interpretativo generale per il regno, ma che in una regione così programmaticamente « altra » da Roma quale è la Lombardia acquista una pregnanza tutta particolare. Diversamente dagli ufficiali prussiani, che, a prescindere dalla rilevanza, in quel paese, della tradizione militare come elemento costitutivo dello stesso spirito civile, vivono in larga parte nel quadro regionale di origine la loro esperienza di casta che è al tempo stesso ceto dirigente nazionale e o dagli ufficiali austroungarici che, pur in condizioni finanziarie non rosee, ed in un quadro di mobilità addirittura transnazionale, risultano tuttavia investiti della forte legittimazione derivante dalla persistenza del carisma monarchico in area danubiana e da una tradizione di servizio ormai più che secolare; o, infine, diversamente dagli ufficiali francesi, di origini sociali spesso più umili, e anch'essi mo5ili, ma tuttavia ammantati dal prestigio di cui storicamente godono nel paese transalpino i funzionari dei grandi « corpi di Stato ", gli ufficiali di carriera dell'esercito italiano attingono perciò ad un gradiente di considerazione sociale diffusa mediocre, che si esprime da 35 N. MARSELLI, La vita, cit., pp. 274-275.

290 MARCO MERIGGI un lato nell'estraneità delle loro radici familiari rispetto all'humus regionale di volta in volta circostante, dall'altro nella assai tiepida adesione di molte realtà regionali ad un ideale burocratico e nazionale unitario del cui radicamento alle periferie essi dovrebbero essere, paradossalmente, i latori più efficaci 36. Se riprendiamo in mano le memorie di De Rossi, l' « ufficialità milanese » ci si presenta tutta non lombarda 37• E, tornando ad un caso in cui ci siamo imbattuti, analizzandolo da un altro punto di vista; in occasione dei « fatti del caffè Madera » l'unica strada possibile per l'identificazione degli ufficiali coinvolti è parsa al generale Ricotti, comandante della divisione territoriale, quella di chiedere " ( ... )se dal dialetto usato o dalla pronuncia si potesse dedurne le provincie da cui provengono ,, 38. Non saranno, infine, milanesi gli ufficiali che nel '98, agli ordini di Bava Beccaris, cannoneggeranno la città ambrosiana provocando la compatta presa di posizione antimilitarista da parte dei suoi ceti dirigenti. Mentre vale certamente anche per Milano quella risposta che un ricco negoziaThte genovese, rievocato da De Rossi, riserva a un ufficiale che gli ha chiesto la figlia in sposa: « Scià! Vor sposae la mea figgia? Se non guadagna ninte! , 39. Ne sono di sicuro ben coscienti gli ufficiali che nel 1904 il Circolo Ufficiali in congedo cerca di indurre a batter cassa agli sportelli dell'Unione Militare. Alla seduzione esercitata dalla metropoli sull'ufficialità in transito non corrisponde alcuna reciprocità di fascinazione. Nel luglio 1870 circolava per Milano un manifesto associativo che annunciava la fondazione di « La Pallade », « una società nazionale di assicurazione a premio fisso per l'affrancazione dei giovani dal servizio militare ». Alla società, fiera di rendere « un incalcolabile beneficio ( ... ) al commercio, all'industria, all'agricoltura della Nazione », e onorata dell'« obbligo di affran- 36 Per un quadro sugli ufficiali dei tre paesi ricordati cfr. rispettivamente S. FòRSTER, Der doppelte Militarismus. Die deutsche Heresriistungspolitik zwischen Status-quo­ Sicherung und Aggression I890-I9I3, Wiesbaden 1985, in particolare pp. 17-27; ]. CH. ALLMAYER BECK, Die bewaffnete Macht in Staat und Gesellschaft, in A. WANDRUSZKA-P. URBANITSCH (Hrsgg.), Die Habsburgermonarchie I848-I9I8. Band V. Die bewaffnete Macht, Wien 1987, pp. 1-141 (in particolare p. 104); W. SERMAN, Les origines des offi­ ciers français I848-I870, Paris 1979. 37 E. DE ROSSI, La vita, cit., pp. 170-71. 3S ASM, Questura, b. 40, fase. 2a, Ricotti al Questore 20.10.1869: 39 E. DE ROSSI, La vita, cit., p. 253. L'UFFICIALE A MILANO IN ETÀ LIBERALE 291 care, e completamente liberare dal servizio militare i giovani assicurati, qualunque possa essere il prezzo d'affidamento decretato dal governo ", avevano già aderito una novantina di soci promotori, informava un rapporto di polizia « di buona fama e per lo più provveduti di ricchissimo censo ed assai conosciuti nel gran ceto commerciale e sociale di questa città » 40• Ma si trattava di una società fantasma. Nel febbraio 1871 venne sciolta, e i suoi registri sequestrati, dopo che le prime riunioni per-costituirla a norma di legge eran risultate nulle per mancanza di numero legale. Nell'aprile 1871 il suo ideatore, tale Guglielmo Finotti, ricercato per truffa da altre prefetture del Regno, risultava già frettolosamente emigrato in Egitto. Che molti dei soci pt'Omotori avessero firmato il manifesto associativo e pagato le 15 lire di quota di adesione solo « per vista di filantropia o per liberarsi delle continue seccature di qualche raccoglitore di firme » 41 era certamente cosa verosimile. Ma che qualcuno avesse cercato di dar vita al progetto truffaldino in una città che già in quegli anni andava fiera dei suoi valori corposamente produttivi non era certo un caso. Non era forse « per vista di filantropia » che molti cittadini « di buona fama » e di « ricchissimo censo » avevan ceduto alle insistenze del seccatore Finotti? La dinamica delle « vocazioni » militari nella Lombardia liberale dimostra del resto che il protagonista della fuga in Egitto aveva scelto con intelligenza il terreno per la sua truffa. Le rilevazioni statistiche sul tasso di « militarismo » delle regioni italiane presentate nel 1897 da Ridolfo Livi, opportunamente articolate, corrette ed arricchite da alcuni saggi di Del Negro, sono state ancora assai di recente integrate da una ricerca di Langella 4 2 , e ci consentono di affermare con sicurezza che, all'interno del quadro italiano, e malgrado la presenza, per alcuni decenni, a Milano di uno dei pochi istituti di formazione militare del regno (il collegio di S. Luca), la propensione alla professione delle armi come carriera nella regione e in città fu assai mediocre. E ciò malgrado fosse « nel Settentrione (più) che nel Mezzogiorno » e « nelle città » più che nelle 4o ASM, Questura, b. 109, fase. 13855/70, rapporto della Prefettura di Milano a quella di Parma, 14.9.1870. Ivi anche una copia del manifesto associativo 5.7.1870. 41 lvi, Rapporto della Prefettura 14.9.1870. 4 2 Cfr. R. LIVI, Saggio di geografia del militarismo in Italia, in « La Riforma sociale ,, IV (1897), pp. 548-577; P. DEL NEGRO, La leva militare in Italia dall 'Unità alla grande guerra, in ID., Esercito, stato, società. Saggi di storia militare, Bologna 1979, pp. 169-270; ID ., Ufficiali di carriera e ufficiali di complemento nell'esercito italiano della grande guerra: la provenienza regionale, in G. CANINI (a. c. di), Les fronts invisibles. Nourrir-Fournir-Soigner, Nancy 1984, pp. 263-286; P. LANGELLA, L 'Accademia militare di Torino nell'età giolittiana, relazione presentata al Convegno internazionale di studi La professione militare: sociologia e storia. Lucca I0-12 ottobre I986.

288 MARCO MERIGGI<br />

commentava a questo proposito con trasporto i progressi dello spirito di<br />

associazione tra i militari, che corrispondeva a suo parere all'emergere di<br />

un nuovo modello di ufficiale<br />

"( ... ) amante del risparmio e previdente, persuaso che queste doti rappresentano<br />

una forma speciale di eroismo, non meno ammirevole dell'eroismo<br />

marziale, che assicura una tranquilla e dignitosa esistenza " 32 .<br />

Ma con pragmatismo tutto milanese replicava indirettamente a queste<br />

affermazioni colme di retorica un'iniziativa organizzata nel l904 dal Circolo<br />

Ufficiali in congedo di Milano, che invitava l'Unione militare ad assumersi<br />

« l'incarico di aderire alle richieste di prestito da parte degli ufficiali soci in<br />

attività di servizio od in pensione " facendo leva sulla clausola della cedibilità<br />

del quinto dello stipendio, accordata « a tutti gli impiegati governativi "<br />

e di cui tuttavia<br />

" finora gli ufficiali non hanno potuto fruire ( ... ) poiché, per varie ragioni<br />

e specialmente per la loro instabile residenza, le loro richieste di prestiti non<br />

sono prese in considerazione dalle principali banche del Regno " 33.<br />

Si riannodano qui, con buona evidenza, molti fili via via emersi in precedenza<br />

da altri punti prospettici; e le specificità del caso milanese riflettono<br />

ed amplificano dati probabilmente estensibili a buona parte degli altri<br />

centri urbani maggiori della penisola. Il conflitto tra « povertà e decoro ",<br />

che Marselli segnalava tra i problemi più scottanti dell'ufficialità, e come aspetto<br />

quasi fisiologico della carriera militare nelle fasi, contingenti ma prolungate,<br />

contraddistinte dal blocco delle opportunità di ascesa gerarchica 34, ri-<br />

32 F. DE CHAURAND DE ST. EusTACHE, Come l'<strong>esercito</strong> italiano entrò in guerra, Milano<br />

1929, p. 139. A prescindere dall'Unione militare, va ricordato che esistevano anche società<br />

di mutuo soccorso tra ex militari. A Milano, ad esempio, oltre a varie associazioni<br />

di reduci, sorte soprattutto dopo il 1882 per contrastare l'avanzata elettorale delle sinistre<br />

dopo l'allargamento del suffragio (la Società dei reduci dalle patrie batt<strong>agli</strong>e Italia<br />

e Casa Savoja, la Società di mutuo soccorso tra reduci della Crimea, il Comizio dei veterani<br />

lombardi, la Fratellanza militare), era stata fondata nel 1881 una Società di mutuo<br />

soccorso fra i sott 'ufficiali, caporali e soldati in congedo. I contatti di tali società di civili<br />

con gli ufficiali in servizio risultano tuttavia, a misura dei rapporti di Questura, scarsi<br />

o nulli. Cfr. ASM, Questura, b. 105 (Rapporti sullo spirito pubblico in <strong>città</strong> 1861-1882).<br />

33 Circolare del circolo ufficiali in congedo di Milano (associazione diversa da quella<br />

citata nella nota precedente, e sorta probabilmente nei primi <strong>anni</strong> del secolo) inviata alla<br />

" sala di convegno degli ufficiali del 28° Fanteria ", in ACS, Fondo fO Aiutante di campo<br />

di S. Maestà, filza 102 (1904), fase. XXIX, sottofasc. 613.<br />

34 Sui problemi di carriera degli ufficiali cfr. ora N. LABANCA, Il generale Cesare Ricotti<br />

e le politica militare italiana dal 1884 al 1887, Roma 1986, che riassume e arricchisce<br />

tutta la letteratura precedente. In particolare cfr. le pp. 155-179.<br />

L'UFFICIALE A MILANO IN ETÀ LIBERALE 289<br />

sultava infatti implicitamente inasprito dalla cornice di mobilità in cui si svolgeva<br />

la " vita del reggimento ».<br />

La frequenza degli spostamenti di guarnigione, che risponde alle esigenze<br />

non solo logistiche, ma anche politiche, della macchina militare, fa dunque<br />

degli ufficiali un frammento di borghesia burocratica di credibilità sociale<br />

minorata rispetto a quella goduta dalla « stanziale " borghesia impiegatizia,<br />

di cui pure la prima condivide, a grandi linee,-le altezze salariali. Qui a dispetto<br />

della retorica sulla funzione unificatrice dell'<strong>esercito</strong>, si tocca con mano<br />

una non secondaria conseguenza della scelta compiuta dalle dirigenze politiche<br />

del paese optando per il sistema di stanziamento nazionale, che<br />

" ( ... ) deve preferire le destinazioni non regionali. Il temporaneo avvicinamento<br />

dell'ufficiale alla propria regione, peggio alla propria casa, è stato pertanto<br />

considerato come un male, che il governo doveva studiarsi di evitare<br />

e di combattere 35.<br />

Se l'ufficiale di carriera non diventa, dal punto di vista sociale, parte integrata<br />

del blocco dirigente, diversamente da vasti settori della pur non molto<br />

meglio retribuita burocrazia di stato, ciò è dovuto dunque anche alla sua fisiologica<br />

« lontananza » dall'humus regionale di origine, in un paese al cui<br />

interno, per decenni dopo l'unificazione, i moduli della socialità continuano<br />

a riprodursi ricalcando una matrice sostanzialmente regionale. Constatazione,<br />

quest'ultima, che può in parte essere eretta a modulo interpretativo<br />

generale per il regno, ma che in una regione così programmaticamente « altra<br />

» da Roma quale è la Lombardia acquista una pregnanza tutta particolare.<br />

Diversamente d<strong>agli</strong> ufficiali prussiani, che, a prescindere dalla rilevanza,<br />

in quel paese, della tradizione militare come elemento costitutivo dello<br />

stesso spirito civile, vivono in larga parte nel quadro regionale di origine<br />

la loro esperienza di casta che è al tempo stesso ceto dirigente nazionale e<br />

o d<strong>agli</strong> ufficiali austroungarici che, pur in condizioni finanziarie non<br />

rosee, ed in un quadro di mobilità addirittura transnazionale, risultano tuttavia<br />

investiti della forte legittimazione derivante dalla persistenza del carisma<br />

monarchico in area danubiana e da una tradizione di servizio ormai più<br />

che secolare; o, infine, diversamente d<strong>agli</strong> ufficiali francesi, di origini sociali<br />

spesso più umili, e anch'essi mo5ili, ma tuttavia ammantati dal prestigio di<br />

cui storicamente godono nel paese transalpino i funzionari dei grandi « corpi<br />

di Stato ", gli ufficiali di carriera dell'<strong>esercito</strong> italiano attingono perciò ad<br />

un gradiente di considerazione sociale diffusa mediocre, che si esprime da<br />

35 N. MARSELLI, La vita, cit., pp. 274-275.

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