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esercito e città dall'unità agli anni trenta. tomo i - Sistema ...

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274 MARCO MERIGGI<br />

Dal tardo 1848 al l854 il polo militare azzerò virtualmente quello civile<br />

nel governo lombardo; sotto il controllo di Radetzky Milano trascorse <strong>anni</strong><br />

di stato di assedio durante i quali l'ufficialità assurse al ruolo di interprete<br />

principale di una vera e propria occupazione armata. Esclusi dal monde dei<br />

salotti privati, gli ufficiali facevano in quegli <strong>anni</strong> la loro beffarda ricomparsa<br />

in società nella prima fila della Scala, dove un privilegio risalente al 1815<br />

assegnava loro un congruo numero di posti.<br />

Ma sarebbe in realtà semplicistico e fuorviante spiegare con la chiave<br />

del « patriottismo " il senso di un rapporto di estraneità tra la <strong>città</strong> - o meglio,<br />

il suo ceto dirigente aristocratico-borghese - e l'istituzione militare,<br />

che affondava le sue radici in un passato largamente prerisorgimentale. Diversamente<br />

da quella piemontese, l'aristocrazia lombarda, e quella milanese<br />

in particolare, non possedeva infatti storicamente una vocazione militare;<br />

così che alla corposa e sgradita presenza di ufficiali « esteri " (e spesso aristocratici)<br />

nella Milano austriaca - il risultato di una scelta di integrazione sovraregionale<br />

delle province della Monarchia - non faceva riscontro, come<br />

pure sarebbe stato possibile, esistendo una positiva volontà in tal senso da<br />

parte dei diretti interessati, una presenza apprezzabile di ufficiali lombardi<br />

in altre <strong>città</strong> o regioni imperiali.<br />

" Les jeunes gens de famille ne montrent guères la disposition en Lombardie<br />

à embrasser l'état militaire, comme dans les autres parties de la monarchie ,, 3,<br />

commentava un osservatore in servizio in <strong>città</strong> alla metà degli <strong>anni</strong> '30. Claudio<br />

Donati, dal canto suo, ha dimostrato come questa assenza di vocazione<br />

- di per sé intuibile come dato fisiologico in una aristocrazia patriziocittadina,<br />

e di origine e costume mercantile assai più che feudal-militare -<br />

si fosse particolarmente accentuata nel tardo Settecento, assumendo un significato<br />

di netto rifiuto dell'integrazione sovraregionale da parte di una élite<br />

locale gelosa della propria centralità regionale e della propria autonomia<br />

storica 4• In età rivoluzionario-napoleonica, poi, a mostrare interessamento<br />

per una carriera delle armi modernamente aperta all'ingegno e al merito,<br />

erano stati ovviamente - salvo qualche sporadica eccezione offerta da cadetti<br />

nobili - soprattutto elementi dell'emergente milieu borghese. Ma si<br />

era trattato, per questi ultimi, di una opportunità presto troncata. L'<strong>esercito</strong><br />

3 Memoriale del 1833 del consigliere Menz, citato in M. MERIGGI, Amministrazione<br />

e classi sociali nel Lombardo-Veneto (1814-1848), Bologna 1983, p. 246.<br />

4 C. DoNATI, Esercito e società civile nella Lombardia austriaca, in A. DE MADDA­<br />

LENA, E. RoTELLI, G. BARBARISI (a c. di), Economia, istituzioni, cultura in Lombardia nell'età<br />

di Maria Teresa, 3 voli., Bologna 1981, vol. III, pp. 241-267.<br />

L'UFFICIALE A MILANO IN ETÀ LIBERALE<br />

austriaco della restaurazione, con il suo impianto largamente aristocratico<br />

e tradizionale, avrebbe infatti semmai schiuso le sue porte, tra i lombardi,<br />

quasi esclusivamente ai nobili. Riscoprirli, a distanza di un ventennio, incapaci<br />

di por mano alla spada e privi di passione « per il gioco nobile della<br />

scherma , 5 significò toccare con mano uno dei tasselli fondanti di quel tracciato<br />

di mutua diffidenza tra potere centrale e notabilato regionale di cui<br />

la malcerta posizione degli ufficiali austriaci a Milano offriva sul piano del<br />

quotidiano una spia significativa.<br />

Ma l'" antimilitarismo " milanese, come è noto, non doveva poi risultare,<br />

alla prova dei fatti, un biglietto da visita riservato dalla <strong>città</strong> al solo '' oppressore<br />

, austriaco ed al solo impero asburgico, come avrebbe appreso Crispi<br />

ancora a fine secolo.<br />

I primi scampoli di vita civile post-unitari avevano per altro proposto<br />

suggestioni di tutt'altro genere. Il notabilato della Milano dei primi <strong>anni</strong> sessanta,<br />

pervaso dall'entusiasmo per l'appena conseguita indipendenza, e ancora<br />

lontano dall'avvertire il peso del fiscalismo e del centralismo del nuovo<br />

nesso pluriregionale italiano, riservava - pare - un trattamento d'onore<br />

<strong>agli</strong> ufficiali dell'<strong>esercito</strong> liberatore, tra i quali, del resto, accanto ai molti pariceto<br />

piemontesi, era dato di trovare non pochi milanesi o lombardi emigrati<br />

nel Regno di Sardegna durante il decennio precedente o più spesso arruolatisi<br />

come volontari nel 1859 appena prima della guerra di indipendenza.<br />

Ai primi spettacoli che si tengono alla Scala dopo la liberazione « ( . .. )<br />

nei palchi, troneggiano le dame più eleganti, visitate da ufficiali italiani , . Se<br />

dal tempio dell'Opera ci si sposta nelle sale conviviali della Società del Giardino,<br />

uno dei circoli socialmente più selezionati della <strong>città</strong>, ci si presenta<br />

" brillantissimo e numeroso il gruppo degli ufficiali, risplendenti di galloni<br />

dorati, di spalline scintillanti, di ricche decorazioni , 6. Ma queste immagini<br />

di maniera, l ungi dal restituirei l'ordinaria fisiologia del rapporto tra istituzione<br />

militare e <strong>città</strong>, sono piuttosto inscritte nell'atmosfera « magica " di<br />

un momento particolare, dominato dall'incombenza dell'entusiasmo « nazionale<br />

'' e dal suo contingente dilatarsi a paradigma primario del vivere civile<br />

nel panorama cittadino. Aprendo le porte delle sue istituzioni sociali più<br />

esclusive <strong>agli</strong> ufficiali, la società milanese pagava in quegli <strong>anni</strong> un tributo<br />

cerimoniale al conseguimento dell'indipendenza, di cui del resto l'<strong>esercito</strong><br />

nazionale rappresentava, in una regione sin lì soggetta ad una dinastia stra-<br />

5 Opinione di un osservatore, citata in M. MERIGGI, Arh ministrazione, cit., p. 246.<br />

6 Le citazioni sono tratte rispettivamente da R. BARBIERA, Il salotto, cit. p. 244 e da<br />

A. BRUSCHETTI, La Società del Giardino a Milano. Memorie e appunti, Milano 1899, p.<br />

107.<br />

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